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La produzione manifatturiera italiana cresce e traina quella europea

Buone notizie per la manifattura italiana che, dopo il brusco crollo di oltre 40 punti percentuali nel bimestre marzo-aprile del 2020, non solo ha recuperato stabilmente i livelli di attività precedenti lo scoppio della pandemia, ma è diventata uno dei principali motori della crescita industriale nell’Eurozona. Faticano, invece, Francia e Germania che, nonostante un calo meno drastico dei volumi di produzione nei mesi più critici del 2020, vedono ancora lontano il pieno riassorbimento dello shock: ancora sotto del 10% dai livelli pre-crisi la produzione tedesca, del 5% quella francese. È quanto emerso dal Rapporto “La manifattura al tempo della pandemia: la ripresa e le sue incognite” presentato nel convegno del Centro studi Confindustria dello scorso 20 novembre alla presenza del Ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, e del vice presidente per le filiere e le medie imprese di Confindustria, Maurizio Marchesini.

Dopo il crollo dei primi mesi del 2020, ha spiegato Alessandro Fontana, direttore del CsC di Viale dell’Astronomia, l’attività industriale a livello mondiale ha risalito velocemente la china. Successivamente al rimbalzo, tuttavia, il percorso di crescita si è sostanzialmente interrotto nel 2021, tanto nei Paesi avanzati quanto in quelli emergenti. Nell’Unione europea e negli Stati Uniti l’indice di produzione manifatturiera è tornato a toccare i livelli pre-crisi a gennaio 2021, senza però superarli stabilmente nei mesi successivi. La Cina è avanzata fino a luglio 2021 di un modesto +1,6%. Altrove è andata peggio. Al rallentamento strutturale della crescita industriale globale che ha preceduto lo scoppio della pandemia, nel corso dell’ultimo anno si sono aggiunti gli effetti negativi prodotti da misure di lockdown in molti paesi emergenti rese necessarie dal dilagare ancora incontrollato del Covid-19, la crisi della logistica marittima che ha fatto impennare i costi di trasporto e rallentato i flussi commerciali di materie prime, semilavorati e beni finiti, e la crisi energetica in Cina che ha costretto a sospensioni forzate di molte attività industriali, con effetti a cascata per gli approvvigionamenti in tutto il resto del mondo.

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Fonte: elaborazioni Centro Sudi Confindustria su dati ISTAT

In questo difficile contesto internazionale, alcuni settori hanno continuato ad espandersi nel corso del 2021. A livello mondiale, farmaceutica, elettronica e meccanica strumentale, sotto la duplice spinta della domanda di vaccini e di digitalizzazione, hanno superato nel corso di quest’anno di oltre il 10% i livelli del quarto trimestre del 2019. Male, invece, sia per la debole ripresa della domanda sia per le strozzature nelle forniture, i comparti legati ai mezzi di trasporto (non solo automotive) e quelli della moda.

Poiché l’insorgere della crisi pandemica ha determinato in tutto il mondo una caduta dell’attività manifatturiera nel primo semestre del 2020 a cui ha fatto seguito un recupero nella restante parte dello stesso anno, le quote nazionali del valore aggiunto manifatturiero globale (calcolate a prezzi correnti) mostrano una sostanziale stabilità. L’Italia conserva il settimo posto a livello mondiale. Non sono però mancate alcune eccezioni degne di rilievo. La Cina, che già da anni riveste il ruolo di primo produttore manifatturiero mondiale, ha registrato una crescita di oltre due punti percentuali della propria quota di mercato, passata dal 28,6% del valore aggiunto totale nel 2019 al 30,1% nel 2020. Il distacco dagli Stati Uniti (16,6%) è cresciuto ulteriormente, arrivando quasi a quattordici punti percentuali. Anche Corea del Sud e Taiwan, i cui sistemi manifatturieri hanno sviluppato una forte specializzazione nelle produzioni legate all’elettronica – ossia in uno dei comparti più in salute nel 2020 – sono riuscite lo scorso anno a guadagnare posizioni in classifica (rispettivamente una e due). Taiwan, in particolare, grazie a una crescita del valore aggiunto nel 2020 che è stata superiore anche a quella cinese, è salita, per la prima volta nella sua storia, all’undicesimo posto della classifica, scavalcando Russia e Messico.

Il nostro Paese, ha spiegato Fontana, in questo difficile scenario ha dunque mostrato un’ottima tenuta. A determinare la maggiore resilienza del nostro Paese è stata la tenuta della domanda interna, sostenuta dalle misure messe in campo dal governo di sostegno ai redditi da lavoro prima e di stimolo alla spesa dopo. A fronte di un fatturato estero che ad agosto del 2021 ha segnato un +2,8% in valore rispetto al picco di febbraio 2020, il fatturato interno ha registrato nello stesso arco temporale un +7,0%.

La crescita è trainata innanzitutto dai comparti legati alle costruzioni, dove è in corso un boom di investimenti. Un ruolo fondamentale è poi rappresentato dal basso grado di esposizione delle imprese manifatturiere italiane alle strozzature che stanno affliggendo le catene globali del valore. In base alla media delle risposte dalle imprese nella seconda parte del 2021, “solo” il 15,4% di esse ha lamentato vincoli di offerta alla produzione per mancanza di materiali o insufficienza di impianti, contro una media UE del 44,3% e a fronte addirittura del 78,1% dei rispondenti in Germania. Inoltre, la tenuta della capacità produttiva in Italia è stata sostenuta anche da un massiccio

Il punto di vista di ASSICA

“I forti aumenti della bolletta elettrica, i prezzi elevati delle materie prime e ausiliarie (materiali di imballaggio, logistica, additivi, prodotti per la pulizia), il costo del lavoro, l’aumento dei costi di trasporto e la carenza di containers sono solo alcuni dei problemi che stanno gravando sulle nostre imprese, come sulle altre imprese italiane ed europee, mettendone a dura prova la resilienza e la redditività.

Il nostro settore guarda all’evoluzione di questi mercati con estrema attenzione. In particolare, siamo preoccupati per i costi dell’energia e del gas che sono fra i principali fattori che condizionano la competitività delle nostre aziende. Nel periodo settembre-novembre 2021, il prezzo medio dell’energia elettrica è stato di 222 euro/MWh, con un incremento del +373% rispetto al prezzo medio dello stesso periodo di 2020; quello del gas ha raggiunto invece quota 77 euro/MWh contro i 13 euro/MWh dell’omologo periodo 2020 (+496%). Inoltre, nei mesi scorsi hanno evidenziato importanti crescite anche grano soia e mais, che sono fra le principali commodity destinate all’industria mangimistica e anche questo aspetto rientra fra quelli che stiamo monitorando con maggiore attenzione.

Reputiamo la situazione davvero critica perché da un lato vediamo le nostre produzioni minacciate sul mercato interno dall’inflazione che inevitabilmente si sta trasferendo dai beni energetici a tutti gli altri, compresi i generi alimentari; dall’altro sul fronte dell’export, nonostante le esportazioni siano tornate a crescere ad un ritmo sostenuto, siamo alle prese con le difficoltà generate dalle problematiche relative alla logistica e agli aumenti dei costi collegati. In questo scenario già molto complesso, poi, non possiamo dimenticare che l’onda lunga del Covid-19 e delle misure restrittive connesse non si è ancora esaurita e quindi anche fare delle previsioni sulle evoluzioni dei mercati è una operazione tutt’altro che semplice.

Per parte nostra, le aziende di Assica stanno percorrendo la strada dell’efficientamento nell’uso delle risorse, anche in un percorso di sostenibilità che viene da lontano, ma si tratta di processi che richiedono tempi non brevi e investimenti consistenti che mal si conciliano con shock così repentini come quelli che stiamo vivendo”.

ricorso ai prestiti garantiti dallo Stato (il nuovo debito netto contratto dalle imprese manifatturiere italiane nel 2020 è stato pari a 4,1 punti di fatturato, rispetto ad appena 0,3 nel 2019), che ha scongiurato una forte ondata di chiusure ed evitato così pesanti ricadute negative sul fronte dell’occupazione. Alla fine del secondo trimestre 2021, le ore lavorate nell’industria risultavano sotto i livelli pre-pandemici del 4,2% rispetto allo stesso periodo del 2019, gli occupati dell’1,1%. Per la seconda parte dell’anno, le attese delle imprese manifatturiere sul fronte della domanda di lavoro restano positive a preoccupare sono invece gli aumenti dei costi delle materie prime, soprattutto per quanto riguarda gli energetici.

Una conferma del buono stato di salute della manifattura nazionale arriva, inoltre, dal fenomeno del cosiddetto “backshoring”, il rientro della produzione nel paese d’origine. I risultati preliminari di un’analisi realizzata dal Centro Studi Confindustria in collaborazione con il gruppo di ricerca RE4IT, relativa ai processi di backshoring in corso nella manifattura italiana, rivelano che il fenomeno del rientro in Italia di forniture precedentemente esternalizzate non è marginale. Tra i rispondenti che avevano in essere rapporti di fornitura estera, il 23% ha già avviato, negli ultimi cinque anni, processi totali o parziali di backshoring. Al primo posto tra le motivazioni addotte per spiegare il fenomeno compare la disponibilità di fornitori idonei in Italia (il che significa che la passata esternalizzazione non ha determinato la scomparsa di reti di fornitura nazionale nell’ambito in cui opera l’impresa) e la possibilità di abbattere i tempi di consegna (il che implica che il ricorso alla fornitura nazionale è rimasto efficiente sul piano operativo). In tema di sostenibilità ambientale, le stime del Centro Studi Confindustria mostrano come, nel 2020, parallelamente al calo dell’attività manifatturiera vi sia stata una forte riduzione dei livelli di emissioni di CO2 nell’atmosfera in tutte le principali economie industriali del mondo, a partire da UE (-8,4% rispetto al 2019) e USA (-7,7%), con la sola, rilevante, eccezione della Cina (+1,6%). Le emissioni prodotte dalla manifattura cinese sono peraltro stimate in accelerazione rispetto alle media del quadriennio 2015-2019. La manifattura italiana si conferma, anche nel 2020, tra le più virtuose al mondo in termini di ridotte emissioni, insieme a quella tedesca e francese.

Commentando il rapporto CsC, il ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili Enrico Giovannini ha detto che “recuperare la situazione precedente alla pandemia, come se si trattasse di rimettere indietro l’orologio, è, prima di tutto, impraticabile”. “Il ‘mondo di ieri’ è ormai tramontato” e ha aggiunto: “Non si tratta di ricostruire meglio, si tratta di rimbalzare avanti e non di tornare indietro a dove eravamo prima della pandemia”. Quest’ultima rappresenta “una sorta di bivio, e bisogna guardare avanti.

E proprio per rispondere alle sfide che la pandemia e il contesto economico che stiamo vivendo pongono ha parlato della necessità di: • superare la vulnerabilità delle catene del valore, riorganizzandole • avere una visione di più lungo periodo, oltre il 2026, sottolineando che è proprio la logica che, come ministero e come governo, si sta perseguendo, cioè l’idea che nei prossimi dieci anni il rapporto tra investimenti pubblici e Pil sia stabilmente oltre il livello del 3%, cosa che in Italia non registriamo dal 2008». Sono questi gli obiettivi che il governo si propone con il Pnrr e oltre il

Pnrr, in uno sforzo di programmazione decennale, che vorrebbe dare certezze al sistema economico e alle imprese che pianificano la loro attività. «È assolutamente centrale – ha spiegato il ministro - l’idea, un po’ incorporata nel disegno di legge di bilancio, che questa trasformazione prosegua dopo il 2026».

• rendere sostenibili le infrastrutture che si realizzano.

«Il ministero - ha detto Giovannini - è profondamente impegnato a innovare le proprie infrastrutture e reti di trasporto non solo in termini di cosa fare, ma anche di come si fanno le cose. Le linee guida sul piano di fattibilità tecnico-economica, che guida i processi che sono alla base degli appalti e della realizzazione delle infrastrutture, indicano chiaramente un salto di qualità in termini di qualificazione delle imprese, che devono essere in grado di produrre piani che guardino alla sostenibilità ambientali, all’economia circolare, al rispetto dei diritti dei lavoratori, al superamento delle disuguaglianze di genere e intergenerazionali». Questo cambiamento «è permanente e non riguarda soltanto il

Pnrr, ma anche gli altri fondi comunitari, perché tutti i fondi del 2021-27 dovranno essere spesi in ossequio al principio del ’Do not significant harm’».

CAMERA DI COMMERCIO DI PARMA

Sede delle Commissioni “tagli di carne suina” e “grasso e strutto”

La Borsa Merci di Parma è stata istituita dalla Camera di Commercio nel 1967. Prima di spostarsi nell’attuale sede presso Fiere di Parma, dove sono ospitate anche le CUN, ha operato all’interno della stessa Camera di Commercio. È aperta il venerdì, dalle 9 alle 15.30. Nel corso delle contrattazioni sono rilevati i prezzi di undici tipologie di prodotti agroalimentari: salumi, carni fresche suine, suini, carni grassine, derivati del pomodoro, foraggi, granaglie farine e sottoprodotti, zangolato, siero di latte, formaggio e uve. Numero e qualità dei prodotti rilevati ben rappresentano l’importanza della piazza di Parma legata alla straordinaria vocazione agroalimentare del suo territorio. I listini settimanali dei prezzi rilevati sono pubblicati sul sito Internet www.borsamerci.pr.it. Presidente delle Commissioni Prezzi della Borsa Merci è il Segretario Generale della Camera di Commercio o un suo delegato. L’Ufficio Borsa Merci si trova nella sede della Camera di Commercio di Via Verdi, nel centro storico di Parma.

www.borsamerci.pr.it

L’Industria delle Carni e dei Salumi

@Carni_Salumi

Come arrivare

Sede contrattazioni: Borsa Merci della Camera di Commercio presso Fiere di Parma Via Fortunato Rizzi 67/a 43126 Parma

Le Commissioni Uniche Nazionali

La “Commissione Unica Nazionale dei tagli di carne suina” e la “Commissione Unica Nazionale grasso e strutto” si riuniscono settimanalmente a Parma. Le Commissioni Uniche Nazionali (CUN) nascono in attuazione del Protocollo d’intesa sottoscritto il 5 dicembre 2007 dal tavolo tecnico della filiera suinicola. Le due CUN operano il venerdì mattina parallelamente alle attività della Borsa Merci; il loro compito è di prendere atto di una panoramica del mercato dei tagli di carne suina e di grasso e strutto, fissandone i relativi prezzi per la settimana successiva. L’attività di segreteria è svolta da Borsa Merci Telematica Italiana, su incarico del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali.

Modalità di ingresso Nella localizzazione, di 1.200 mq, sono disponibili: • n. 400 posti auto • 90 box • area ristoro

DALL’AUTOSTRADA A1 uscita PARMA seguire le indicazioni per FIERA DALL’AUTOSTRADA A15 uscita PARMA OVEST seguire per Fiera per percorrere la tangenziale oppure seguire per PARMA per utilizzare la via Emilia

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