Anapi News - anno 2 numero 2/2014

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rivista della Associazione Nazionale Amministratori Professionisti d’Immobili

RIFORMA DEL CONDOMINIO

Art. 1122 bis c.c. ANTENNE TELEVISIVE E IMPIANTI PER ENERGIA RINNOVABILE Chi è il vero amministratore di condominio post-riforma Bimestrale di informazione e aggiornamento professionale ANNO 2 | N. 2 / 2014 anno 2, n. 2/2014

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SOMMARIO Il condominio ha una nuova strada davanti ma stenta a imboccarla a cura di Saverio Fossati

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Casi concreti: le domande dei condomini

Se il condominio si scioglie e poi rinasce “super” a cura di Enzo Vitiello

Condominio sostenibile, si può! a cura di Franco Leli

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Riforma del condominio

Art. 1122 bis c.c.: gli impianti non centralizzati di ricezione radiotelevisiva e di produzione di energia da fonti rinnovabili

Anapi News

Organo Ufficiale di Anapi Anno 2 numero 2 / Giugno 2014 Registrazione

Tribunale di Bari Registro Periodici al numero 8307

Direttore responsabile Avv. Vincenzo Vitiello

Coordinatore Stampa e Redazione Maria Sancilio

Hanno collaborato

Roberto Bonasia, Francesco Casillo, Saverio Fossati, Vittorio Fusco, Giuseppe Latour, Franco Leli, Giuseppina Longo, Anna Nicola, Maurizio Palmisano, Maria Sancilio, Enzo Vitiello, Il Sole 24 Ore

Editore

Italia Didacta

Impaginazione e grafica Eido Lab srl www.eidolab.com

Realizzato in Giugno 2014

Segreteria Organizzativa e Ufficio Stampa

Maria Sancilio ufficiostampanapi@gmail.com Via Junipero Serra, 19 - 70100 Bari Tel. 080 5640867 info@anapi.it www.anapi.net

© Anapi – Tutti i diritti riservati Vietata la riproduzione anche parziale anno 2, n. 2/2014

a cura di Anna Nicola

Le Associazioni di categoria fra carenze normative e requisiti per l’esercizio della professione di Maurizio Palmisano

Riforma del condominio

Art.1135 c.c.: fondo straordinario o anticipo spese Chi è il vero amministratore di condominio a cura di Roberto Bonasia

Nasce il manager sociale ed immobiliare del condominio: l’amministratore di Condominioconsumatore di Enzo Vitiello

Vincolo del regolamento di condominio e diritto di provvigione al mediatore a cura di Giuseppina Longo

La sicurezza sul lavoro del portiere condominiale

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a cura di Francesco Casillo

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Quanti di voi conoscono la normativa sulle cassette postali?

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Lo sportello dei cittadini dell’Anapi a cura di Enzo Vitiello

Il fascicolo del fabbricato. Nuova legge regionale pugliese a cura di Roberto Bonasia

L’esperto risponde - Rubrica a cura di Vittorio Fusco

Premiata la piattaforma Cdp-Groma per gestire e valorizzare i patrimoni della Pa di Giuseppe Latour

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Il condominio ha una nuova strada davanti ma stenta a imboccarla a cura del dott. Saverio FOSSATI – Il Sole 24 Ore La ragione per la quale gli operatori del settore (amministratori e giuristi, in primo luogo) fanno a gara per manifestare perplessità ed esaminare con enorme attenzione gli innegabili difetti della nuova normativa è una sola: la forza dell’abitudine. Dopo 70 anni di lenti, lentissimi adattamenti del diritto alle esigenze di una società sempre più veloce nel cambiare, arriva una normativa nuova (almeno in una cospicua percentuale). Il risultato dell’innesto delle novità sul corpo (un po’ cadente) degli articoli del Codice civile dedicati al condominio è, di fatto, una disciplina nuova e come tale andrebbe considerata. In sostanza, si dovrebbe ricominciare a studiare ex novo, certo facendo tesoro di quanto già appreso ma considerandolo un supporto per la comprensione delle nuove regole e non la base delle stese. Il problema dell’approccio alla nuova disciplina è, quindi, essenzialmente culturale. Una volta accettata questa idea di fondo, ci si può dedicare alle critiche e alle correzioni. La rivoluzione normativa, dunque, è in atto e va affrontata prendendola anzitutto per quello che è: nuove regole che vanno rispettate, gestite e attuate nel modo migliore, in attesa che la Cassazione e i correttivi realizzati dal Parlamento (come è già avvenuto) pongano nuovi paletti e diano nuove linee guida cui ispirare l’azione degli operatori. Le novità più recenti, comunque sono dei semplici (ma essenziali) correttivi alla legge 220/2012, apportati dal Dl 145/2013 (convertito in legge 9/2014): chiesti dalle associazioni (tra le quali l’Anapi) riunite in un forum organizzato dal Sole 24 Ore si sono concretizzati in quattro punti: anzitutto l’avocazione al ministero della giustizia dei criteri per la formazione degli amministratori (da quanto è emerso, sarà libera ma con paletti di competenza e onorabilità precisi sia per i docenti che per i responsabili scientifici dei corsi, e con un elenco preciso di materie da apprendere); poi la cancellazione dell’obbligo, per l’amministratore, di raccogliere i dati sulle condizioni di sicurezza delle singole unità immobiliari (sarebbe stata un’impresa quasi impossibile); e ancora la possibilità di aggirare la raccolta preventiva di tutta la somma stanziata per anno 2, n. 2/2014

le opere straordinarie, rateizzandola in ragione dello stato di avanzamento lavori; infine, l’accollo all’assemblea dell’irrogazione delle sanzioni per le violazioni al regolamento condominiale ha sollevato l’amministratore da una posizione difficilissima di “giudice monocratico”. Partendo dunque dalla norma (il Sole 24 Ore ha messo a disposizione dei lettori, in edicola sino al 19 aprile, il “Codice del condominio” con tutte le norme aggiornate), possiamo però fare alcuni esempi per rendere più evidente l’approccio che il professionista deve mettere in atto per “entrare” nelle regole da applicare. Per gli amministratori condominiali, andando in ordine, gli aspetti pratici più evidenti si aprono con la vexata quaestio del distacco dal riscaldamento: già qui è evidente che le pretese più sciocche troveranno (e già trovano) nella norma un sostegno per affermarsi: il primo compito dell’amministratore dovrà essere quello di spiegare ai condòmini che il problema non è quello di trasformare il proprio appartamento in una villetta ma di risparmiare energia nell’interesse generale di chi abita nell’edificio e, perché no, anche della società in generale. Ponendo mano a una diagnosi energetica seria emergerà la prova scientifica che il distacco è impossibile anche ai termini di legge, a meno che non serva invece da sprone a una sostituzione dell’impianto obsoleto, approfittando anche del notevolissimo risparmio fiscale (il 65% per tutte le spese sostenute nel 2014). Anche il cambiamento delle maggioranze per le innovazioni aventi a oggetto la rimozione delle barriere architettoniche, ora elevata alla metà dei millesimi (prima bastava un terzo) non potrà non vedere l’amministratore impegnarsi per far effettuare lavori di rilievo umano e sociale la cui spesa ora cozza contro l’avarizia e l’egoismo di molti. Per non parlare della necessità di aiutare l’assemblea e il condòmino a valutare il “minor pregiudizio” derivante dai lavori di installazione di antenne e cavi per trasmissioni in digitale senza vessare nessuno, e identificare la “superficie idonea” a installare impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili. Solo questi due esempi, contenuti nei primi articoli del Codice civile interessati dai

mutamenti, fanno capire come sia diventato oneroso l’impegno dell’amministratore, chiamato in prima persona a gestire i problemi e a guidare assemblea e singoli proprietari verso decisioni assennate. Ecco, forse questa è la differenza sostanziale, il nòcciolo della riforma: l’amministratore è diventato il cardine della vita condominiale e, anche se l’assemblea ne resta padrona, ora il professionista sta a quest’ultima come il Governo sta al Parlamento, almeno negli ultimi decenni: non solo una funzione esecutiva ma anche propositiva, di guida e di sostegno. E la marea di nuove responsabilità dirette, nonché la maglia strettissima dei motivi di revoca, stanno a confermare questo ruolo più impegnativo, tanto che la formazione periodica è stabilita obbligatoria per tutti anche in considerazione di questi adempimenti così pressanti. Certo, a fronte di tutto questo non c’è il riconoscimento atteso da tanti professionisti almeno sotto la forma di un elenco pubblico (con indicati i condomìni amministrati, come in una delle prime versioni della legge 220/2012) e neppure con la creazione di un tariffario che possa mettere le persone serie al riparo da quelle poco serie che giocano sull’avidità di risparmio tipica di tanti condòmini. Ma proprio per questo occorre dar tempo al tempo: sarà il mercato a fare giustizia dei “dopolavoristi”, che non saranno in gradi di reggere gli impegni richiesti dal nuovo condominio. E poi forse anche nei condòmini si farà strada l’idea che per compiti tanto complessi occorrono onorari proporzionati.

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casi concreti: le domande dei condomini

a cura dell’avv. Enzo VITIELLO

SE IL CONDOMINIO SI SCIOGLIE E POI RINASCE “SUPER” Vorremmo sciogliere un condominio di 85 appartamenti e farne un supercondominio. Vorrei sapere quale procedura seguire, tenuto conto che il condominio è stato costituito in seguito agli atti di assegnazione degli alloggi, essendo una cooperativa a proprietà individuale con mutuo agevolato per la prima casa. Inoltre, vorrei sapere se è possibile formare un condominio tipo cooperativa con un consiglio di amministrazione con elezione di un presidente e di consiglieri. Cooperativa edilizia Anfora – POZZUOLI Come è consentito che un complesso immobiliare o un gruppo di immobili per certi beni e servizi si frazioni in più condomini, conservando l’assetto del condominio unico, così è consentito che più edifici contigui costituiscano beni di proprietà comune destinati al servizio di tutti gli edifici. Anche a questi beni (cortili, impianto di riscaldamento, etc) si applicano le norme sul condominio e quindi anche il principio secondo cui i regolamenti contrattuali possono essere modificati soltanto dall’unanimità dei consensi di tutti i partecipanti. Il requisito dell’unanimità può peraltro essere escluso dal regolamento contrattuale, con la possibilità che la comunione sia sciolta senza il limite temporale previsto dall’art. 1111 del Codice Civile (cinque anni) dettato in tema di comunione ordinaria e quindi con facoltà di recesso dalla comunione senza il consenso di tutti i condomini (Cassazione, 11 giugno 1963, n. 1553). E ciò in forza degli articoli 61 e 62 delle disposizioni attuative del Codice civile. In particolare, per il richiamato articolo 61, è consentito lo scioglimento del condominio originario a mezzo di delibera assembleare adottata con la maggioranza prevista dall’articolo 1136, comma 2, del codice civile (maggioranza degli intervenuti oltre ad almeno la metà delle quote millesimali di proprietà). Nel caso in cui non si raggiunga questa maggioranza, ma ricorrano i presupposti di fatto per lo scioglimento del condominio, 1/3 dei condomini di quella parte dell’edificio per la quale si chiede la separazione, si può ricorrere all’Autorità giudiziaria perché disponga lo scioglimento. Il quorum di 1/3 deve peraltro essere inteso in relazione al numero dei condomini della parte che si stacca e non in relazione ai millesimi (articolo 62, disposizioni attuative del Codice civile), tenuto conto che nella materia si è al di fuori del campo dell’ordinaria gestione condominiale e si è in presenza di una norma eccezionale (articolo 62 citato), cui non anno 2, n. 2/2014

possono essere estesi i principi che governano il computo delle maggioranze ordinarie in condominio (Cassazione, 11 febbraio 1974, n. 397). Ipotesi diversa è invece quella prevista dall’articolo 62, comma 2, delle disposizioni attuative del Codice civile, che si verifica quando la divisione non possa attuarsi senza modificare lo stato delle cose e occorrano innovazioni (opere per la sistemazione dei locali o delle dipendenze tra i diversi condomini). In tal caso, poiché lo scioglimento del condominio comporta un aggravio delle posizioni dei condomini che devono affrontare le spese per le opere necessarie alla divisione, per quest’ultima è richiesta una diversa maggioranza, quella per le innovazioni di cui all’articolo 1136 codice civile (la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio). È tuttavia da valutare attentamente ed in concreto se per la costituzione di un supercondominio con scioglimento e divisione del condominio originario sia preferibile il ricorso alla procedura di cui agli articoli 61 e 62 citati, anziché il ricorso ai principi giurisprudenziali consolidati, in ordine alle cosiddette comunioni parziali o condomini parziali. Sul punto, vale la pena di ricordare le sentenze 27 settembre 1994, n. 7385 e 21 gennaio 2000, n. 651 della Cassazione, che del condominio parziale ha fornito una puntuale definizione. Secondo la richiamata sentenza, sussiste condominio parziale quando le cose, i servizi e gli impianti comuni di un condominio, per oggettivi caratteri materiali e funzionali, siano necessari per l’esistenza o per l’uso, ovvero siano destinati all’uso non di tutto l’edificio, ma di alcuno o di alcune parti di esso. Da tale pronuncia deriva che: a) ove vi sia una comunione parziale, le spese relative alla manutenzione sono a carico del solo gruppo di condomini che ne trae utilità; b) solo i condomini partecipanti alla comunione parziale hanno diritto di essere

convocati all’assemblea e di deliberare nella materia della gestione dei beni oggetto della comunione parziale; c) nei condomini parziali non viene meno la rappresentanza unitaria, processuale e sostanziale, dell’amministratore del complesso, quale unico soggetto che ha la rappresentanza del condominio. In materia di condomini parziali, si veda anche Cassazione, 19 giungo 2000, n. 8292, per la quale – tenuto conto che ai sensi degli articoli 1104 e 1123 del Codice civile, le quote condominiali per le spese di conservazione si ripartiscono in proporzione delle quote millesimali, mentre le spese d’uso si dividono in proporzione alla concreta misura di esse, indipendentemente dalla quota di proprietà – ne consegue, con particolare riguardo alle norme di cui all’articolo 1123, comma 3, del Codice civile, che il criterio della ripartizione delle spese ivi disciplinato deve ritenersi applicabile alle ipotesi di condominio cosiddetto parziale, cosicché qualora le cose, gli impianti e i servizi comuni siano destinati a servire una parte soltanto del fabbricato, l’articolo 1123, comma 3, identifica principalmente i soggetti obbligati a concorrere alle spese. E, dunque, a parte casi particolari e specifici, lo stesso risultato della gestione supercondominiale può ottenersi anche con una più puntuale applicazione dell’articolo 1123, comma 3, del Codice civile, in ordine alla distinzione tra le spese afferenti ai singoli edifici del complesso condominiale e spese afferenti alla totalità del complesso. Tanto più che, in materia edilizia economico-popolare, le disposizioni dettate in materia di condominio vincolano i condomini e i loro successori a qualsiasi titolo sino a che tutti gli alloggi compresi nell’edificio non siano ammortizzati o riscattati. Solo se si verifica quest’ultima situazione, il condominio può sciogliersi a norma degli articoli 61 e 62 delle disposizioni attuative del Codice civile (Cassazione, 11 febbraio 1974, n. 397). 7


Condominio sostenibile, si può! a cura di Franco LELI - amministratore ANAPI

«Quest’incontro è un’occasione per la città e per i condomini.» A dirlo è stato il Presidente del Gruppo ANAPI Communication, Roberto Bonasia, durante l’evento aperto alla cittadinanza sul tema condominio sostenibile al quale hanno partecipato il presidente ANAPI Vittorio Fusco e il candidato Sindaco Mimmo Di Paola. Si è parlato di impianti di riscaldamento centralizzato nei termini di emissioni e tutela dell’ambiente, di impianti fotovoltaici e di costruzioni di edifici ecosostenibili e delle differenze che intercorrono tra condomini standard e condomini ecosostenibili. L’ANAPI, che nella Legge 220/2012 è entrata nel merito anche della riqualificazione energetica, ha sottolineato, attraverso le parole del proprio Presidente, come l’ecosostenibilità sia una vera e propria innovazione in seno al godimento delle parti comuni che modificano la destinazione d’uso di una parte del condominio a favore di un risparmio energetico mediante l’utilizzo di fonti eoliche, solari o comunque rinnovabili. In riferimento alla gestione di una città come Bari, la soluzione del candidato di centrodestra è il green lab, ossia un luogo di produzione di cultura della sostenibilità con l’istituzione di una riunione tra l’amministrazione e gli stakeholder al fine di calibrare gli interventi in seno ad un concreto programma di città ecosostenibile. In un’opportunità dove l’amministratore di condominio ha la possibilità di proporre progetti con le P.A., la pragmaticità diventa la forza che permette ai condomini di riacquisire il proprio ruolo. In tale prospettiva, quindi, è possibile risparmiare sull’energia piuttosto che sulla professionalità dell’amministratore competente. 8

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RIFORMA DEL CONDOMINIO

Art. 1122 bis c.c.: gli impianti non centralizzati di ricezione radiotelevisiva e di produzione di energia da fonti rinnovabili a cura dell’avv. Anna NICOLA ABSTRACT Il legislatore, con l’introduzione dell’art. 1122bis c.c., ha previsto ex novo la possibilità del singolo condomino di avere a servizio del proprio alloggio un impianto in ambito radiotelevisivo e/o di produzione di energia. Questa facoltà deve rispettare alcuni limiti sanciti dall’art. 1122bis c.c. introdotto dalla novella. La volontà legislativa è adeguare il dettato normativo alla realtà cittadina, prevedendo espressamente alcune facoltà in capo al singolo condomino. Così è anche per il nuovo art. 1122 c.c. sulla cui base il condomino può eseguire interventi, anche edili, nel suo appartamento se non lede le parti condominiali e se rispetta la sicurezza, la stabilità e il decoro architettonico dell’edificio. Il presente lavoro non ha intenti esaustivi, volendo solo fornire un primo approccio pratico alla lettura del nuovo art. 1122bis c.c. e alla sua possibile interpretazione nel tentativo di coordinarlo con i principi e le altre disposizioni in tema di condominio. I dubbi più rilevanti che a oggi paiono porsi a riguardo di questa norma sono i seguenti: – l’amministratore si libera del suo obbligo di rendere edotto il condominio con la sola comunicazione, in sede di prima riunione utile, che il singolo condomino vuole installare gli impianti in oggetto o occorre che il mandatario dell’edificio convochi un assemblea specifica: il testo normativo non contempla uno specifico passaggio né in un senso né nell’altro; – l’assemblea è chiamata a esprimere una vera e propria autorizzazione agli interventi comunicati dal singolo o “può”, come recita la norma, indicare semplici misure alternative; – cosa succede se queste possibili modalità diverse, indicate dal condominio, non sono seguite puntualmente dal condomino nell’esecuzione dell’impianto; – quale è il reale significato della “forme comunque in atto” del lastrico solare o di altro luogo condominiale, idoneo a ricevere il singolo impianto di produzione di energia, eventualmente previsto da una clausola del regolamento di condominio che deve essere salvaguardato dalla riunione di condominio; – occorre sempre verbalizzare quanto succede in assemblea, anche se la riunione nulla dispone in merito all’esecuzione degli interventi né alla prestazione della garanzia per eventuali danni al cui pericolo il condominio potrebbe trovarsi esposto a causa degli interventi di interesse del singolo condomino; – perché il condomino che non ha interesse all’impianto e che non ne è titolare deve permettere l’accesso nel proprio alloggio a chi vuole installare il suo impianto radioTv o di produzione di energia.

1. Il testo del nuovo art. 1122 bis c.c. L’art. 1122 bis c.c. così recita: “Le installazioni di impianti non centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione per le singole utenze sono realizzati in modo da recare il minor pregiudizio alle parti comuni e alle unità immobiliari di proprietà individuale, preservando in ogni caso il decoro architettonico dell’edificio, salvo quanto previsto in materia di reti pubbliche. È consentita l’installazione di impianti per la produzione di energia di fonti rinnovabili destinati al servizio di singole unità del condominio sul lastrico solare, su ogni altra idonea superficie comune e sulle parti di proprietà individuale dell’interessato. Qualora si rendano necessarie modificazioni delle parti comuni, l’interessato ne dà comunicazione all’amministratore indicando il contenuto specifico e le modalità di esecuzione degli interventi. L’assemblea può prescrivere con la maggioranza di cui al quinto comma dell’articolo 1136 adeguate modalità alternative di esecuzione o imporre cautele a salvaguardia della stabilità, della sicurezza o del decoro architettonico anno 2, n. 2/2014

dell’edificio e ai fini dell’installazione degli impianti di cui al secondo comma, provvede a richiesta degli interessati, a ripartire l’uso del lastrico solare e delle altre superfici comuni, salvaguardando le diverse forme di utilizzo previste dal regolamento di condominio o comunque in atto. L’assemblea, con la medesima maggioranza, può altresì subordinare l’esecuzione alla prestazione, da parte dell’interessato, di idonea garanzia per i danni eventuali. L’accesso alle unità immobiliari di proprietà individuale deve essere consentito ove necessario per la progettazione e per l’esecuzione delle opere. Non sono soggetti ad autorizzazione gli impianti destinati alle singole unità abitative.” 2. L’intento della norma La norma in oggetto è di nuova introduzione ad opera della Novella (di cui alla L. 11 dicembre 2012, n. 220, intitolata “Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici”, pubblicata nella Gazz. Uff. 17 dicembre 2012, n. 293): essa sarà operativa a partire dal 18 giugno 2013. Questa previsione normativa si affianca a altre disposizioni il cui intento è la tutela dell’immobile del singolo condomino, nel rispetto

della coesistenza di altre unità immobiliari all’interno di una struttura condominiale. Così è ad esempio per l’art. 1122 c.c., dove il nuovo testo della disposizione permette al singolo di eseguire interventi nel suo alloggio e nelle parti comuni a lui destinate sulla base di uno specifico atto di disposizione con cui ha conseguito il diritto di proprietà o il diritto d’uso di un bene altrimenti comune. Il limite è dato, da un lato, dal non recare danno alle parti comuni, dall’altro, dal rispetto della sicurezza, della stabilità e del decoro architettonico dell’edificio. È da notare che gli interventi del condomino non trovano ostacolo dalla ricorrenza del pericolo di danno ma deve sussistere un danno concreto che si riversa sui beni comuni: solo in questi termini il singolo vede il divieto di procedere agli interventi sulla propria unità immobiliare. Ritornando all’analisi della norma in esame, l’intento è quello di adeguare la normativa alla realtà e di simultanea salvaguardia (o tentativo di salvaguardia, per quanto verrà detto in seguito) dell’edificio condominiale, contemplando qualunque tipologia di impianto non centralizzato di radio diffusione e di generazione di energia non rinnovabile. 9


3. Esame della norma e della sua concreta portata: differenze tra impianti radiotelevisivi e di energia I primi due commi dell’art. 1122bis c.c. trattano in modo assolutamente autonomo gli impianti radiotelevisivi (primo comma) e quelli relativi alle fonti di energia rinnovabili (secondo comma) per poi avere una disciplina unitaria nelle disposizioni successive.

che la sua collocazione non lede l’armonia della facciata dello stabile. In questo modo il servizio non centralizzato Tv può essere realizzato dal singolo senza che vi possa essere una legittima opposizione da parte degli altri abitanti dell’edificio. Sempre in tema di impianti Tv, il primo comma della norma in esame prevede la clausola di chiusura che “Resta salvo quanto previsto in materia di reti pubbliche”. La dizione della disposizione pare comportare la prevalenza del rispetto della normativa pubblica a discapito degli interessi del condominio. Ciò potrebbe significare che se la normativa pubblica sancisce una certa collocazione delle diramazioni e dei relativi impianti, potrebbe venire sacrificato l’interesse del condominio – e quindi la previsione del “minor pregiudizio” – a favore della normativa pubblica. Quanto sin qui detto concerne gli impianti non centralizzati di radiodiffusione, in qualunque forma vogliano essere realizzati. 3.2. Gli impianti produttivi di energia Per quanto riguarda gli impianti relativi alle individuali fonti di energia rinnovabili, la produzione di questa energia viene considerata di primaria importanza. Per essi

Lele Lelosky,CC BY-SA 3.0

3.1. Gli impianti radiotelevisivi Gli impianti Tv non centralizzati sono disciplinati dal legislatore non solo per il loro corpo centrale ma per tutta la loro diramazione nella struttura dell’edificio condominiale sino ad arrivare all’utenza, cioè all’interno del singolo alloggio a cui servono. Essi possono essere installati e collocati – lungo il percorso dei cavi o comunque delle strutture atte a portare il servizio all’appartamento del condomino – dove creano minor fastidio all’edificio. La norma permette la loro creazione a tutto campo, in quanto prevede che essi “sono realizzati in modo da recare il minor pregiudizio alle parti comuni e alle unità immobiliari di proprietà individuale”. Il legislatore utilizza il termine “pregiudizio” e non danno, volendo far intendere che il pregiudizio deve essere minimo per

il condominio. Poiché si esprime in termini di “minor pregiudizio”, sembra prevalere l’interesse del singolo all’impianto TV: verificati i luoghi dove eseguire l’intervento e dove collocare le diramazioni, l’impianto può essere realizzato anche se c’è pregiudizio al condominio o ad altro condomino se il condomino al cui favore vi è l’impianto dimostra che ricorre “il minor pregiudizio”. Trattandosi di minor pregiudizio, la comparazione dei possibili luoghi dove poterli posizionare porta come risultato l’installazione e la diramazione dell’impianto dove la complessiva struttura crea meno fastidio alle parti comuni del condominio e/o agli alloggi degli altri condomini. Una perizia tecnica che dimostri questa comparazione e che esponga il progetto in termini di minor invasività, stando al rigore letterale della norma, rende lecita tutta la struttura dell’impianto. L’unico limite che deve essere rispettato è il decoro architettonico. Il decoro architettonico deve essere sempre garantito: la sua tutela è non solo “in ogni caso” ma anche in via preventiva, dovendo esserne “preservato” il valore. Se quindi l’impianto dovesse essere collocato all’esterno del condominio, l’elaborato tecnico deve evidenziare, ad esempio,

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non è previsto alcun limite, neppure in termini di pregiudizio: l’installazione può essere eseguita in qualunque luogo comune purchè idoneo. L’idoneità pare fare riferimento agli interessi del singolo. La norma si esprime in termini di “superficie” idonea, come se l’impianto non dovesse essere collocata al di sotto del piano ma semplicemente appoggiato. È chiaro che il termine è utilizzato per specificare che il luogo condominiale deve essere tale da contenere l’impianto. Si può trattare del lastrico solare o di un qualunque altro bene comune. L’art. 1122bis c.c. non pone limiti alle parti condominiali dove posizionare la struttura individuale. Naturalmente, non è concessa la costruzione di questi servizi individuali sulla singola proprietà di altri condomini. Se così fosse, vi sarebbe la lesione del diritto di proprietà come definito in termini generali dall’art. 832 c.c. Come accennato, dal terzo comma in avanti la disciplina è unitaria per entrambi gli impianti. 4. La disciplina unitaria: le modifiche delle parti del condominio Ove si rendano opportune modificazioni delle parti comuni, l’interessato ne dà comunicazione all’amministratore, indicando il contenuto specifico nonché le modalità di esecuzione degli interventi. Ciò comporta che nel momento in cui gli interventi in oggetto non comportano variazioni alle parti comuni, l’intervento è liberamente eseguibile, salvo i limiti sopra visti. Non è comunque necessario interpellare il mandatario dello stabile, inviandogli la comunicazione qui prescritta. 4.1. La comunicazione del condomino La comunicazione del condomino deve indicare il “contenuto specifico” degli interventi che vuole attuare: deve specificare i termini concreti dell’intervento, compresa l’estensione dei lavori sui beni condominiali. Presumendo che, nella quasi totalità dei casi, il condomino non è un tecnico professionista, questa comunicazione deve essere accompagnata da una relazione tecnica che evidenzi quanto prescritto dalla norma. L’avviso del condomino è al fine di permettere all’amministratore e all’assemblea di evidenziare all’interessato un eventuale intervento sostitutivo rispetto a quello preventivato e presentato dall’interessato, di contenuto meno invasivo per le parti condominiali coinvolte dall’intervento. Così può essere anche per l’indicazione di un diverso luogo, dove posizionare l’impianto. anno 2, n. 2/2014

4.2. L’assemblea di condominio La normativa prevede subito cosa può disporre la riunione di condominio. Vi è un vuoto normativo, non essendo sancito alcun obbligo dell’amministratore di convocare appositamente l’assemblea o di attendere di porre questo tema come argomento all’ordine del giorno della prima assemblea utile. La norma omette questo passaggio, sancendo subito cosa può decidere l’assemblea di condominio. 4.2.1. Assemblea ad hoc A parere di chi scrive, l’amministratore ha sempre e comunque l’onere di convocare un’assemblea ad hoc se si considera che • l’intervento del singolo interessa le parti comuni dell’edificio • queste subiscono una modifica in ragione del progetto del condomino, • parlando di beni comuni, la titolarità spetta all’assemblea, trattandosi di sua specifica competenza • la riunione di condominio può indicare certe modalità di esecuzione, oltre a poter dettare particolari cautele per l’esecuzione dell’intervento È gioco forza quindi che il mandatario sia tenuto a chiamare la riunione dell’edificio. Poiché l’assemblea può dettare modalità alternative, sarebbe opportuno che la stessa si svolga prima dell’inizio dei lavori. L’iter dovrebbe essere pertanto il seguente: • il singolo dà comunicazione all’amministratore degli interventi che intende eseguire a cui conseguono la modificazioni delle parti comuni; • alla predetta comunicazione allega la relazione peritale redatta dal professionista che espone “il contenuto specifico e le modalità di esecuzione degli interventi”; • in alternativa, il contenuto della perizia può essere riportato pari, pari nel testo della comunicazione del condomino; • in quest’ultimo caso, il singolo evidenzia nella comunicazione che si tratta di un progetto di un certo professionista onde evitare eventuali opposizioni sotto il profilo tecnico dell’esecuzione dell’intervento; • l’amministratore, ricevuta questa documentazione convoca l’assemblea, evidenziando che i lavori saranno eseguiti come da perizia – o da comunicazione – a sue mani, liberamente consultabile e visionabile da tutti i condomini presso il suo ufficio in vista dell’indetta assemblea.

4.2.2. La deliberazione assembleare La riunione, per poter dettare le regole alternative, deve deliberare con le maggioranze prescritte dal quinto comma dell’art. 1136 c.c. cioè a maggioranza degli intervenuti che rappresentino almeno i 2/3 del valore dell’edificio. Ci si domanda perchè occorre una maggioranza così alta, vista la necessità di tutela dell’interesse della collettività a fronte di un interesse di un singolo condominio. Stante questo quorum qualificato, viene da osservare che pare avere prevalenza l’interesse del singolo rispetto a quello del condominio. Questa conclusione potrebbe essere valida per gli impianti di energia di fonti rinnovabili, stante il risparmio energetico e il rispetto del diritto alla salute, a cui questi servizi tendono, non così è invece per le strutture di radiodiffusione, dove non pare sussistere un interesse superiore da salvaguardare. Il rispetto della maggioranza in questione è sia per la prima, sia per la seconda convocazione. Potrebbe risultare difficile che l’assemblea raggiunga la maggioranza qualificata qui prescritta, anche in caso di seconda convocazione. Ci si interroga sul valore che deve essere attribuito alla mancata deliberazione in ragione del mancato raggiungimento di questo quorum deliberativo. Si tratta di una deliberazione c.d. negativa, dove l’argomento non è stato deciso in alcun modo in quanto i voti espressi, sia in senso favorevole, sia in senso contrario, non sono stati tali da raggiungere i 2/3 del valore dell’edificio. Si dovrebbe forse concludere che il singolo può installare l’impianto secondo le modalità da lui indicate – nella comunicazione e nella relativa perizia – all’amministratore. 4.2.3. L’autorizzazione del condominio e il suo contenuto La norma in esame afferma che “L’assemblea può prescrivere … adeguate modalità alternative di esecuzione o imporre cautele …”. Il termine possibilità non si qualifica quale necessaria autorizzazione assembleare. Questa conclusione a parere di chi scrive, non pare corretta. Se si intendesse quale semplice presa d’atto da parte del condominio, si avrebbe un’illecita possibile invasione dei beni condominiali da parte del singolo. Occorre tutelare i beni comuni che rischiano di essere modificati in ragione di un interesse di un singolo condomino; comparando le esigenze del condomino a quelle della collettività, pare logico che debbano 11


prevalere gli interessi dei più, quindi del condominio. In questo senso può venire in aiuto l’ultimo comma della norma, dove dispone che “Non sono soggetti ad autorizzazione gli impianti destinati alle singole unità abitative.” Se gli impianti sono realizzati nella sola struttura immobiliare di chi è titolare dell’alloggio al cui servizio sono questi impianti, non occorre l’autorizzazione dell’assemblea del condominio. Non essendovi alcuna invasione nelle parti collettive, il diritto di proprietà dell’alloggio permette al singolo di eseguire i lavori in piena libertà. A contrariis, si deduce che occorre l’autorizzazione dell’assemblea di condominio nel caso in cui l’intervento del singolo vada a toccare parti comuni del condominio. Il legislatore si esprime in termini di autorizzazione assembleare, permettendo l’estensione di questa previsione anche – e soprattutto – laddove l’impianto va a modificare le parti condominiali sulla scorta del terzo comma della norma di cui sopra. Con ciò si può concludere che l’assemblea, mentre detta le modalità alternative dell’intervento, autorizza l’impianto nei termini con cui la stessa assemblea indica che i lavori devono essere eseguiti. Il termine “destinati” – utilizzato dal legislatore per identificare gli impianti posizionati nella proprietà del condomino titolare dell’impianto di cui all’ultimo comma della norma in esame (“Non sono soggetti ad autorizzazione gli impianti destinati alle singole unità abitative.”) – non pare corretto. Tutta la norma in esame disciplina gli impianti che sono sì a servizio di un singolo alloggio ma che invadono altre parti non di proprietà solitaria dell’interessato. Se la terminologia venisse intesa nel senso stretto di destinazione, cadrebbe l’intera struttura normativa: la relativa disciplina perderebbe di significato in quanto significherebbe che, anche ove l’impianto invade le parti comuni dell’edificio, non è necessario alcun intervento assembleare. Si ritiene pertanto che la “destinazione” sia da essere sostituita con il termine “collocazione”. Ritornando al contenuto della deliberazione, le modalità alternative che possono essere autorizzate dalla riunione di condominio devono, secondo la Novella, essere “adeguate”. Non è dato comprendere il relativo termine di riferimento: l’adeguatezza può essere letta sia a tutela dell’interesse della collettività sia – e al pari – dell’interesse del singolo che intende realizzare l’intervento. La norma prosegue prevedendo che l’assemblea può “… imporre cautele a sal12

vaguardia della stabilità, della sicurezza o del decoro architettonico dell’edificio.” La previsione di cautele significa che gli interventi non devono creare pregiudizio all’edificio sotto i profili della sicurezza, della stabilità o del decoro architettonico. Mentre i primi due parametri sono di facile comprensione, con l’indicazione del decoro architettonico si intende il complesso armonico della struttura dell’edificio e delle sue parti (es. recente, Tribunale Bologna, 6 aprile 2011, n. 1064; Tribunale Roma, 23 marzo 2011, n. 6130). Si tratta dell’estetica del fabbricato data dall’insieme delle linee e delle strutture che connotano lo stabile stesso e gli imprimono una determinata, armonica fisionomia ed una specifica identità (Cass. civ. Sez. II, 22/01/2004, n. 1025; Cass. civ. Sez. II, 16/01/2007, n. 851). Per quanto riguarda la sola installazione degli impianti di fonti rinnovabili, l’assemblea “provvede a richiesta degli interessati, a ripartire l’uso del lastrico solare e delle altre superfici comuni, salvaguardando le diverse forme di utilizzo previste dal regolamento di condominio o comunque in atto.” Poiché la norma si esprime sempre in termini di comunicazione del singolo condomino, si ritiene che la locuzione “a richiesta degli interessati” contempli in sé anche il caso di un solo condomino interessato agli impianti in questione. 4.2.4. La salvaguardia delle clausole del regolamento per gli impianti di energia La decisione del condominio deve salvaguardare le clausole del regolamento, ove vi siano, che hanno come oggetto le “diverse forme di utilizzo” delle superfici comuni coinvolte dagli interventi in esame, siano il lastrico solare o altro luogo idoneo. Questa formulazione è interpretabile nel senso che lo spazio del lastrico solare (o di altro bene comune) deve permettere l’installazione di tanti impianti quanti sono i singoli condomini, alla luce del principio del pari uso del bene ex art. 1102 c.c., o comunque deve rispettare la specifica destinazione della superficie che è stata alla stessa impressa dal regolamento di condominio. Si ricorda a questo proposito che la clausola del regolamento in termini di uso e/o di godimento di un bene comune non richiede l’unanimità dei consensi, potendo essere assunta anche con il sistema maggioritario. Sotto questo profilo, non vi è alcuna distinzione tra regolamento assembleare e quello contrattuale, diversamente dal caso in cui viene attribuito il diritto di proprietà a un singolo condomino di un certo bene

che altrimenti ricadrebbe nella comunione condominiale o vengono sanciti principi di ripartizione delle spese comuni in termini diversi rispetto alle norme del codice civile. In entrambi i casi da ultimo menzionati, la relativa disciplina può essere contenuta solo nel regolamento contrattuale (cfr., Anna Nicola, Guida al condominio, volume II, casa editrice Utet, 2011) La locuzione finale non pare essere felice: non si comprende cosa debba essere inteso con il l’indicazione che devono essere rispettate le diverse forme di utilizzazione del bene “comunque in atto”. Questa indicazione mostra il fianco al possibile riconoscimento di una situazione di fatto di un certo uso da parte dei condomini – tutti o alcuni di essi – del bene comune di riferimento. Si ritiene più corretto ritenere che, con questa specificazione, il legislatore voglia intendere il rispetto della destinazione, anche potenziale, del bene comune. Occorre ricordare il pari uso potenziale spettante in capo ai singoli condomini ex art. 1102 c.c.: il singolo impianto non può ostacolare o limitare l’altrui uso del bene comune, secondo la sua specifica destinazione, anche se al momento della realizzazione dell’impianto gli altri condomini non lo stanno materialmente usando o godendo. La norma prosegue disponendo che “L’assemblea, con la medesima maggioranza, può altresì subordinare l’esecuzione alla prestazione, da parte dell’interessato, di idonea garanzia per i danni eventuali.” La prestazione della garanzia per gli eventuali danni ha natura di deposito cauzionale di una somma di denaro. Nel caso in cui i danni paventati non si verifichino, la garanzia viene meno e il condominio ha l’obbligo di restituirne l’importo. La garanzia pare avere natura aggiuntiva e non alternativa alle altre misure che l’assemblea può indicare. Si ritiene più corretto considerarla tale in quanto la norma sancisce “altresì” la sua eventuale prescrizione da parte del condominio. La norma sancisce, anche per questa parte, che la deliberazione deve essere presa a maggioranza degli intervenuti alla riunione rappresentanti almeno i 2/3 dei partecipanti al condominio, quindi negli stessi termini delle indicazioni delle modalità alternative di cui sopra. Anche qui ci si domanda perchè occorre una maggioranza così alta, vista la necessità di tutela dell’interesse della collettività a fronte di un interesse di un singolo condomino. Non solo. Poiché si tratta di una formula di tutela dell’edificio da eventuali danni che potrebbero derivare a causa anno 2, n. 2/2014


4.3 Verbalizzazione di assemblea senza misure alternative E se l’assemblea, convocata per i temi in questione, non ritiene di dover richiedere le cautele previste dalla norma, non avendo da prescrivere alcunché al riguardo?Poiché la delibera ha natura di autorizzazione – per le osservazioni sopra formulate – occorre che il verbale riporti che l’assemblea è stata convocata in ragione della comunicazione ricevuta dall’amministratore con cui il singolo ha esposto – allegando la perizia tecnica – le modalità di installazione dell’impianto, sia esso di radiodiffusione o di fonti rinnovabili. Nel verbale bisogna anche curare la parte concernente il deliberato condominiale, indicando che l’assemblea non ha nulla da evidenziare al riguardo, “autorizzando” la realizzazione del singolo impianto come da comunicazione e documentazione prodotta dal condomino. Questa verbalizzazione assume natura necessaria se si considera che • la riunione di condominio è stata convocata affinché la stessa procedesse a prenderne atto o – meglio – a autorizzare l’impianto • la riunione è stata chiamata affinchè possa indicare le modalità alternative a cui il singolo è obbligato a attenersi se vuole realizzare l’impianto, richiedendo, se del caso, la prestazione della garanzia per gli eventuali danni Se così non fosse, gli interventi del singolo sarebbero sempre esposti al possibile rischio di azioni giudiziarie, non avendo ottenuto alcun riscontro dall’assemblea, non essendovene traccia nel verbale della riunione. Ove la riunione non prescrive alcuna diversa modalità di realizzazione dell’impianto, la deliberazione si qualifica come autorizzazione tout court di quanto indicato dalla comunicazione – e relativa perizia – inviata dal singolo. 5. Dubbi sul diritto di accesso alle altre proprietà individuali La norma si chiude prevedendo che l’accesso alle proprietà individuali non interessate all’impianto deve essere consentito al fine di permettere l’esecuzione dei lavori, ove necessario, sia per la progettazione, sia per la realizzazione delle opere. Anche la semplice “progettazione” dell’impianto imanno 2, n. 2/2014

pone agli altri condomini l’obbligo di aprire le porte del proprio alloggio. In caso di diniego di accesso, l’interessato può far intervenire l’amministratore o adire l’autorità giudiziaria. Poiché la possibilità del ricorso al Giudice è sancita in termini generali, ci si domanda se, dove ricorrono i presupposti, si può arrivare a ammettere anche la richiesta di provvedimenti cautelari e d’urgenza. Volendo comprendere la ratio di questa disposizione, sorgono dubbi di legittimità costituzionale in merito all’obbligo in que-

stione. Ci si chiede quale sia la motivazione sulla cui base il condomino – non interessato all’impianto – deve permettere l’accesso al suo alloggio a altro condomino, suo pari, trattandosi della sua proprietà privata. Ci si chiede quale sia l’interesse che deve prevalere e essere tutelato: quello del condomino che vuole avere il proprio impianto Tv o di energia rinnovabile o quello del condomino che vuole godersi l’immobile di sua proprietà senza dover subire turbative di sorta.

Björn Appel, CC-BY-SA-2.5

dell’intervento del singolo, a rigore di logica sarebbe stato più corretto prescrivere le ordinarie maggioranze dell’assemblea di prima e seconda convocazione.

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anno 2, n. 2/2014


Le Associazioni di categoria fra carenze normative e requisiti per l’esercizio della professione L’art. 71-bis, primo comma lett. g), disp. att. c.c., come modificato dalla legge 11 dicembre 2012, n. 220, prescrive che possono assumere l’incarico di amministratore condominiale coloro i quali “hanno frequentato un corso di formazione iniziale e svolgono attività di formazione periodica in materia di amministrazione condominiale”. Con due eccezioni: - per gli amministratori, così detti interni, ossia le persone che sono proprietarie di un’unità immobiliare in condominio e, parzialmente, chi ha già amministrato un condominio per almeno un anno a partire dal 18 giugno 2010; - per chi già svolge tale attività e che deve solo ottemperare all’obbligo di formazione periodica. Purtroppo, il D.L. demanda l’individuazione dei “requisiti necessari per esercitare l’attività di formazione degli amministratori di condominio nonché’ i criteri, i contenuti e le modalità di svolgimento dei corsi della formazione iniziale e periodica prevista dall’articolo 71-bis, primo comma, lettera g), delle disposizioni per l’attuazione del Codice civile, per come modificato dalla legge 11 dicembre 2012, n. 220” ad un ulteriore Regolamento del Ministero di Giustizia, ad oggi non ancora emanato. Con la conseguenza che sussistendo l’obbligo di aggiornamento senza alcun regolamento ministeriale, le singole Associazioni hanno dovuto organizzarsi per ovviare al vuoto legislativo palesatosi. Ciò è possibile in quanto l’acquisizione dei crediti formativi rappresenta quell’aggiornamento professionale previsto dagli stessi scopi associativi che in modo indiretto assicura l’aggiornamento professionale periodico richiesto dalla legge. Neppure la periodicità della formazione è specificata dalla legge e, quindi, rimessa alla responsabilità e serietà delle singole Associazioni. Né è previsto/richiesto un intervallo temporale che individui lo spazio fra un corso di aggiornamento e l’altro. Le associazioni di categoria, con l’ANAPI attivamente coinvolta, stanno operando, nel solco scavato dalla della legge n. 4 del 2013, colmando, di fatto, una enorme carenza normativa che evidenzia – a maggior ragione – le tante lacune di una riforma della materia condominiale affatto impeccabile. Avv. Maurizio PALMISANO anno 2, n. 2/2014

RIFORMA DEL CONDOMINIO

Art.1135 c.c.: fondo straordinario o anticipo spese

a cura della Redazione AnapiNews L’art. 1135 c.c. n 4 del codice civile, così come innovato dalla legge 220/2012 (la “riforma”) prevede la costituzione obbligatoria di un fondo spese pari all’importo dei lavori di manutenzione straordinaria o delle innovazioni deliberate dall’assemblea. Ciò, però, non vuol dire pagamento anticipato dell’impresa. Le norme sull’appalto (art. 1655 c.c. e ss del codice civile) non sono state modificate. Esse si applicano anche ai rapporti tra condomini e imprese. Ai sensi del quinto comma dell’art. 1665 c.c. “salvo diversa pattuizione o uso contrario, l’appaltatore ha diritto al pagamento del corrispettivo quando l’opera è accettata dal committente”. Il successivo art. 1666, al primo comma, c.c. specifica che “se si tratta di opere da eseguire per partite, ciascuno dei contraenti può chiedere che la verifica avvenga per le singole partite. In tal caso l’appaltatore può domandare il pagamento in proporzione dell’opera eseguita”. Si tratta del così detto stato di avanzamento dei lavori (S.A.L.). La norma è chiusa dal secondo comma che recita: “il pagamento fa presumere l’accettazione della parte di opera pagata; non produce questo effetto il versamento di semplici acconti”. In buon sostanza la costituzione del fondo non va ad incidere direttamente sui rapporti economici con l’impresa: questi resteranno rimessi alla libera contrattazione delle parti nell’ambito delle norme appena citate. La questione del fondo obbligatorio va così risolta: fermi restando gli accordi con l’impresa in merito alle modalità di pagamento delle opere appaltate, il condominio è tenuto ad istituire un fondo di pari importo all’ammontare dei lavori. Se, poi, il costo dei lavori è calcolato a misura e non a corpo, non può che concludersi che il fondo non potrà che essere pari all’importo preventivabile (es. grazie ad un computo metrico) e non a quello definitivo. Di fatto si tratta di un salvadanaio che serve a tener pronte le somme per i pagamenti. Vista l’attuale situazione di generale difficoltà economica, la norma ha sollevato più d’una

critica, tant’è che sono stati già presentati dei disegni di legge per modificare questa disposizione.

Fondo obbligatorio al vaglio dell’assemblea: quali conseguenze? Posto che i rapporti con le imprese, sotto questo aspetto, non verranno ad essere modificati dalla legge n. 220/2012, il problema è un altro. Che cosa accadrà se l’assemblea non delibererà (per mancanza di quorum o per dimenticanza) la costituzione del fondo oppure delibererà di non costituirlo? S’è parlato di deliberazioni annullabili e come tali impugnabili davanti all’Autorità Giudiziaria nei modi e nei termini di cui all’art. 1137 c.c. (30 giorni che decorrono per i presenti dissenzienti ed astenuti dalla deliberazione e per gli assenti dalla comunicazione del verbale). A ben vedere questa possibilità dovrebbe valere solamente per la seconda ipotesi. Nel primo caso (che senso avrebbe impugnare una non delibera?) le alternative sono due: a) consentire all’amministratore, che deve riscuotere i contributi di farlo sulla base dei propri poteri (artt. 1130 n. 3 e 1133 c.c.), sopperendo, in tal modo, all’inerzia dell’assemblea; b) se si dovesse ritenere applicabile la prima ipotesi o comunque nell’inerzia dell’amministratore, consentire a ciascun condomino di rivolgersi all’Autorità Giudiziaria per prendere quella decisione di costituzione del fondo obbligatorio, in sostituzione dell’assemblea, ai sensi dell’art. 1105 c.c. Visto, infine, che l’art. 1135 c.c. non è inserito tra quelli assolutamente inderogabili elencati nel quarto comma dell’art. 1138 c.c. resta aperta la possibilità, attraverso un accordo tra tutti i condomini, di derogare a questa imposizione. Così come si fa per i criteri di ripartizione delle spese. Il fondo obbligatorio, c’è da starne certi, creerà più di qualche problema agli amministratori, ai condomini e di conseguenza agli uffici giudiziari.

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Chi è il vero amministratore di condominio a cura del dott. Roberto BONASIA – Presidente ANAPI Communication La novità per l’amministratore di condominio post-riforma, riguarda la previsione normativa delle c.d. amministrazioni societarie di cui al titolo V del libro V del codice civile, (quindi società di persone di capitali) per cui i requisiti di onorabilità richiesti all’amministratore di condominio devono essere posseduti dai soci illimitatamente responsabili, dagli amministratori e dai dipendenti incaricati di svolgere le funzioni di amministrazione dei condominii a favore dei quali la società presta i servizi. L’incipit è indicato nell’art. 71 delle disposizioni attuative al codice civile e precisamente al comma 3 in cui non solo si individua e qualifica che l’incarico di amministratore di condominio può essere svolto da quelle società indicate nel titolo V del libro V del codice civile, ma si conferma che in tal caso i requisiti che devono essere posseduti dai soci il quale sono illimitatamente responsabili, dagli amministratori e dai dipendenti incaricati di svolgere le funzioni di amministrazione dei condominii a favore dei quali la società presta i servizi. Un’importante novità in questa riforma, in cui si riconosce un ruolo alle amministrazioni societarie a seguito dell’incremento dei compiti dell’amministratore rispetto ai nuovi “servizi” condominiali. Un’ulteriore riflessione riguarda l’istituzione di un registro pubblico degli amministratori di condominio, con iscrizione obbligatoria per coloro che avessero voluto svolgere le funzioni di amministratori di condominio, per cui, rispetto all’iniziale disegno di legge di riforma, non è stata confermata la previsione normativa. La questione è importante perché pone un‘interrogativo sul profilo pubblicistico dei registri professionali e sul ruolo delle associazioni di categoria a cui molti amministratori di condominio sono iscritti. Diverse sono le novità di rilievo in tema di nomina e durata dell’incarico di amministratore di condominio; infatti, il nuovo testo dell’art. 1129 c.c. prevede al comma 1 che la nomina dell’amministratore è obbligatoria negli edifici con più di otto condomini, contrariamente a quanto previsto dalle norme condominiali 16

pre-riforma che rendeva obbligatoria la nomina allorquando i condomini fossero più di quattro. Tale disposizione è inderogabile dal regolamento condominiale e, pertanto, tutte le clausole contrarie devono ritenersi inefficaci. Ma la novità di rilievo riguarda la legittimazione a ricorrere all’autorità giudiziaria per la nomina del nuovo amministratore; effettivamente, in caso di inerzia dell’assemblea che non proceda alla nomina del nuovo amministratore, uno o più condomini soprattutto l’amministratore dimissionario, potranno ricorrere all’autorità giudiziaria per ottenere la nomina del nuovo amministratore di condominio. L’amministratore, nominato dal Presidente del Tribunale, avrà le stesse attribuzioni dell’amministratore nominato dall’assemblea, quale mandatario del condomini. Contestualmente all’accettazione della nomina e ad ogni rinnovo dell’incarico, l’amministratore comunica i propri dati anagrafici e professionali, il codice fiscale, o, se si tratta di società, anche la sede legale e la denominazione, il locale ove è ubicato di cui al comma 6 e 7 dell’art. 1130 del c.c., ossia il registro dell’anagrafe condominiale e del registro dei verbali delle assemblee, nonché i giorni e le ore in cui ogni interessato, previa richiesta all’amministratore, può prenderne gratuitamente visione e ottenere, previo rimborso della spesa, copia da lui firmata. Per quanto riguarda il diritto al compenso dell’amministratore, prima della riforma, non v’era traccia nel codice civile, ma solo indirettamente, l’art. 1135, comma I, c.c. individuando le attribuzione dell’assemblea, al n.1 prevedeva il potere di confermare l’amministratore e di stabilire l’eventuale retribuzione. La riforma, invece, ha introdotto al comma 12 dell’art. 1129 c.c., secondo il quale l’amministratore all’atto dell’accettazione della nomina e del suo rinnovo, debba specificare analiticamente, a pena di nullità della nomina stessa, l’importo dovuto a titolo di compenso per l’attività svolta. Per quanto riguarda la durata dell’incarico la riforma del 2012 introduce una novità di rilievo, tendente a garantire un

minimo di continuità nella gestione condominiale. Ed infatti, il comma 10 dell’art. 1129 c.c. dispone che l’incarico dell’amministratore ha la durata di un anno e si intende rinnovato per uguale durata, salvo che l’amministratore venga revocato o si dimetta. Detta norma è inderogabile e pertanto nell’ipotesi di nomina per un periodo superiore deve ritenersi che la durata andrà ridimensionata al periodo legale dell’incarico. Ai sensi del nuovo testo dell’art. 1129, comma 3, c.c., l’assemblea può subordinare la nomina dell’amministratore alla presentazione di una polizza individuale di assicurazione a garanzia degli atti compiuti nell’espletamento del mandato. Come tale, l’amministratore sarà tenuto ad adeguare i massimali di polizza se nel periodo del suo incarico l’assemblea deliberi lavori straordinari. Tale adeguamento però non deve essere inferiore all’importo di spesa deliberato e deve essere effettuato contestualmente all’inizio dei lavori e nell’ipotesi in cui l’amministratore abbia in corso di validità una polizza per la responsabilità professionale che riguardi l’intera attività svolta, la polizza dovrà essere integrata con una dichiarazione dell’impresa di assicurazioni che garantisca le condizioni su indicate per quello specifico condominio, ove verranno eseguiti i lavori straordinari. Merita menzione il nuovo obbligo relativo alla gestione contabile e alla trasparenza richiesta. Infatti l’amministratore è obbligato a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o dai terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio. A seguito di ciò è data facoltà a ciascun condomino, per il tramite dell’amministratore, chiedere di prendere visione ed estrarre copia, a proprie spese della rendicontazione periodica. In ultima analisi è opportuno richiamare le misure urgenti in materia di amministrazione condominiale, tra cui richiamiamo al comma 8 dell’art. 1129 del c.c. indicante l’obbligo da parte dell’amministratore alla cessazione dell’incarico anno 2, n. 2/2014


Photo: Siocaw - public domain

di consegnare tutta la documentazione in suo possesso afferente al condominio e ai singoli condomini per eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi e al comma 10 dello stesso articolo che così recita: “salvo che non sia stato espressamente dispensato dall’assemblea, l’amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso, anche ai sensi dell’articolo 63, primo comma, delle disposizioni per l’attuazione del presente codice.” Norma, quest’ultima, che pone l’amministratore nella possibilità di escutere il condomino moroso e permettere una ordinaria e gestione dei servizi e delle attività condominiali. I compiti imposti dall’Ordinamento giuridico all’Amministratore di condominio impongono una particolare attenzione sulla disamina avente ad oggetto la revoca dell’Amministratore di Condominio. anno 2, n. 2/2014

L’art. 64 delle disposizioni attuative conferma non solo che la revoca dell’amministratore può essere disposta dall’assemblea in qualsiasi momento, in quanto si tratto di un rapporto di natura fiduciaria premesso che qualora non sussiste una giusta causa o un giustificato motivo l’amministratore può adire l’Autorità giudiziaria per essere riconosciuto un risarcimento danni per il mancato lucro cessante. I requisiti aventi ad oggetto la revoca dell’amministratore di condominio vengono enucleati nell’art. 1129 del codice civile in cui si sottolinea non solo che l’eventuale revoca può essere disposta dall’assemblea così come indicato dall’art. 64 delle disposizioni attuative ma anche dall’autorità giudiziaria su ricorso di ciascun condomino se non rende conto della gestione o in caso di gravi irregolarità così come elencate nell’art. 1129 del codice civile. Ancora una volta è opportuno sottolineare non solo il ruolo dell’Amministratore di condominio quale organo esecutivo ed il ruolo di rappresentanza

dell’assemblea condominiale così come rubricato nell’ art. 1131 del codice civile senza omettere ed affermare con cognizione di causa il ruolo collegiale e deliberativo dell’assemblea condominiale al quale spetta il potere decisionale in sede di assemblea. La questione non può e non deve essere sottovalutata premesso che l’esperienza dimostra una incapacità dei condomini in sede di assemblea di decidere e percepire le problematiche tecniche al quale l’organo collegiale deve far fronte. La questione, a parere dello scrivente antepone una fattispecie non affrontata o forse sottovalutata dalla riforma del condominio, ossia la consapevolezza che la formazione e l’informazione di quel sapere tecnico-legislativo non può riguardare solo l’amministratore di condominio ma anche i condomini se è vero che riconosciamo a quest’ultimo il ruolo decisionale di matrice assembleare in antitesi all’ organo esecutivo rappresentato dall’amministratore condominiale.

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Marchio di Qualità Legale e Sociale per il condominio negli edifici

NASCE IL MANAGER SOCIALE ED IMMOBILIARE DEL CONDOMINIO

L’AMMINISTRATORE DI CONDOMINIOCONSUMATORE È il manager sociale ed immobiliare che gestisce il Condominio ed i condòmini come cittadini consumatori-utenti: egli aderisce al “Marchio di Qualità Legale e Sociale Amministratore di CondominioConsumatore Sicurezza e Qualità della Comunione” diventando un Amministratore garantito Anapi e Fiduciario dell’Unione Generale Dei Consumatori Campania ed è tenuto, di conseguenza, a rispettare gli obblighi per la tutela legale e sociale del Condominio e dei condòmini intesi anche come cittadini consumatori-utenti. L’Amministratore di CondominioConsumatore deve rispettare le attribuzioni previste con la riforma del condominio, la Legge 11 dicembre 2012 n. 220 recante “Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici”, i seguenti obblighi sociali del Marchio Amministratore di CondominioConsumatore: • esporre il Marchio nei locali del suo Studio di Amministrazioni Condominiali; • applicare ed osservare il contratto di amministrazione condominiale “L’Amministratore di Condominio Consumatore per la Sicurezza e la Qualità del Condominio”, redatto dallo Studio Legale Avvocati Dei Diritti; • frequentare Corsi di Formazione ed Aggiornamento professionale per Amministratori di Condominio, organizzati dall’ Anapi Campania. L’Amministratore di Condominio Consumatore deve rispettare i seguenti obblighi sociali come Fiduciario dell’Unione Generale Dei Consumatori Campania: • esporre il Marchio di Qualità CondominioConsumatore nei locali dei Condominii che amministra; • regalare a tutti i Condomìni ed a tutti i singoli condòmini che amministra l’iscrizione annuale gratuita all’ Unione Generale Dei Consumatori Campania per la tutela legale dei diritti dei condòmini anche come consumatori-utenti nelle seguenti problematiche: le telecomunicazioni, i trasporti, le banche, le assicurazioni, le Poste, le finanziarie, la vendita e le garanzie, i prodotti difettosi, le utenze domestiche, i contratti e recesso, le clausole vessatorie, le vacanze rovinate, la tutela del risparmiatore, le opposizioni alle multe stradali, le opposizioni alle cartelle esattoriali di Equitalia, gli sfratti, le controversie condominiali; • frequentare Convegni, Incontri, Seminari e Corsi sui diritti dei consumatori e degli utenti, organizzati dall’ Unione Generale Dei Consumatori Campania per informare i condòmini sui loro diritti di consumatori-utenti; • tutelare i diritti dei condòmini come consumatori ed utenti nei confronti delle Aziende Municipalizzate che all’interno del Condominio svolgono servizi pubblici di erogazione dell’acqua, dell’elettricità, del gas e della raccolta rifiuti; • organizzare la raccolta capillare di toner di computers e stampanti e dell’olio vegetale esausto consumati da ogni singolo nucleo familiare residente nel Condominio che amministro; • promuovere la cittadinanza attiva umanitaria per attivare l’effettiva partecipazione dei condòmini-cittadini all’organizzazione solidale di Napoli e della Campania, prendendo attivo interesse al bene civico, culturale e morale della città, raccogliendo le denunce dei condòmini-cittadini, segnalandole all’Unione Generale Dei Consumatori Campania per i dovuti provvedimenti della Pubblica Autorità, sui seguenti problemi di sicurezza e vivibilità dell’ambiente e del territorio ove hanno sede i Condomìni che amministra: – illuminazione pubblica – pulizia e raccolta rifiuti – sicurezza personale – arredo urbano – presenza di verde pubblico o privato – occupazione del suolo pubblico – presenza di parcheggi autorizzati o abusivi – inquinamento atmosferico, acustico, magnetico ed elettromagnetico – trasporti e mobilità – costo della vita – ambiente e territorio – tempo libero – istruzione e formazione – servizi commerciali – salute e servizi sanitari. Avv. Enzo VITIELLO- Presidente Regionale ANAPI Campania

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Vincolo del regolamento di condominio e diritto di provvigione al mediatore a cura dell’avv. Giuseppina LONGO FATTO - Un Condominio decide di locare l’immobile del portiere licenziato e per mezzo del suo amministratore decide di avvalersi di un Agenzia Immobiliare. L’agenzia fa sottoscrivere al promissario locatore una proposta di locazione del suddetto immobile per un canone mensile di € 700,00 ed insieme all’amministratore sottoscrive la proposta riconoscendo l’attività di mediazione svolta dall’agenzia. L’amministratore, però, omette di verificare nel regolamento di condominio il fermo divieto di mutamento della destinazione d’uso delle unità abitative, ed essendo la promittente locatrice una società che avrebbe destinato l’immobile ad un uso commerciale (negozio, nella specie), non avrebbe potuto rispettare il divieto condominiale. A fronte di tale divieto l’amministratore revoca il mandato all’agenzia, che però presenta regolare parcella al condominio per l’attività di intermediazione svolta. L’agenzia non vedendosi riconoscere le provvigioni si rivolge all’Autorità Competente chiedendo l’emissione di un decreto ingiuntivo per il recupero delle provvigioni.

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Il condominio fa opposizione specificando di non poter locare l’immobile ad uso commerciale bensì ad uso abitativo, come previsto dal regolamento condominiale e che l’affittuario trovato dall’agenzia non poteva andare bene perchè un’attività commerciale non poteva essere esercitata in quel condominio. In base a tale circostanze il Condominio opponente chiedeva la revoca del decreto ingiuntivo. MOTIVI DELLA DECISIONE - Il giudice evidenziava che il diritto alla provvigione è sorto nel momento della proposta di vendita/affitto da parte del promissario acquirente/affittuario e della comunicazione della stessa al locatore proprietario del condominio. Indi se il contratto di affitto non poteva essere stipulato per causa non imputante all’agenzia, quest’ultima non avrebbe potuto perdere le provvigioni acquisite di diritto. Secondo la sentenza del Tribunale di Taranto n. 902 del 20014 ”Se si sottoscrive la proposta di acquisto di un immobile, e questa giunge a conoscenza del venditore/ locatore che accetti il contratto potrà considerarsi concluso con tutti gli effetti di legge che ne scaturiscono, primo fra tutti quello di pagare le provvigioni all’agenzia immobiliare se tale obbligo è stato espressamente posto a carico delle parti come conseguen-

za della conclusione dell’affare per il quale l’agenzia ha prestato la sua opera”. Il Condominio dovrà pagare le provvigioni all’agenzia immobiliare e trovarsi un altro affittuario. REGOLAMENTO DI CONDOMINIO - “I divieti e le limitazioni al godimento delle unità immobiliari di proprietà esclusiva spettanti ai singoli condomini contenenti in un regolamento avente natura contrattuale devono risultare da una volontà chiaramente ed espressamente manifesta (Cass. Civ. 10 febbraio 2010 n. 3002) o comunque, desumibile in modo non equivoco dall’atto stesso. I divieti e le limitazioni suddette possono essere formulate nel regolamento sia mediante la elencazione delle attività vietate, e in tal caso, al fine di stabilire se una determinata destinazione sia vietata o limitata, basta verificare sia la destinazione stessa sia inclusa nell’elenco; sia mediante riferimento ai pregiudizi ed agli inconvienienti che si ha intenzione di evitare (Cass. Civ. 13 febbraio 1995 n. 1560) e in questo secondo caso, naturalmente, al fine suddetto, è necessario accertare la idoneità in concreto della destinazione contestata a produrre gli inconvenienti che si vogliono scogiurare (Cass. Civ. 18 settembre 2009, n. 20237)”.

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La sicurezza sul lavoro del portiere condominiale a cura dell’avv. Francesco CASILLO - Ufficio Legale ANAPI Campania

Pochi lo sanno: ma una norma che risale al 1994 (decreto legislativo 626), che si occupa di sicurezza sul luogo del lavoro dei dipendenti, coinvolge anche i portieri di condominio. Ad esserne responsabile è l’amministratore del condominio, nei piccoli condomini, dove può non esistere l’amministratore, tutti sono corresponsabili. Mancando i controlli, l’amministratore spesso non è punito per la sua ignoranza: basta però che accada un incidente, anche non tragico, perché si corrano rischi seri. Per capire quali sono gli obblighi, occorre fare alcune distinzioni.

Quando c’è un solo dipendente I casi sono due. Se l’assunzione del portiere è antecedente a gennaio 1997, l’amministratore può averlo reso edotto dei rischi connessi al suo lavoro, anche attraverso un documento scritto (art. 4 del Dpr 547/1955). Se, viceversa è posteriore, il portiere il dipendente deve frequentare il corso di formazione sulla sicurezza dei luoghi di lavoro. Il costo del corso è a carico del condominio e la frequenza dovrà essere svolta in orario di lavoro, oppure pagata a parte, come ore straordinarie. La formazione deve essere attuata ogni volta che il portiere viene assunto, quando cambia mansioni e quando vengono introdotte nuove attrezzature di lavoro, nuove tecno20

logie, nuove sostanze e preparati pericolosi. Inoltre il portiere va informato sui rischi che corre. Il mezzo pratico può essere una semplice raccomandata con avviso di ricevimento. In questa comunicazione, l’amministratore dovrà, per esempio, segnalare i pericoli connessi all’uso di sostanze pericolose, (per esempio ammoniaca pura per le pulizie), nonché le procedure previste per il pronto soccorso, la prevenzione incendi e l’evacuazione dal posto di lavoro. Non guasta un richiamo specifico a non eseguire compiti per cui il portiere non è qualificato, soprattutto per quel che riguarda certi impianti (come la caldaia centralizzata o l’ascensore) sui quali il portiere non ha quasi mai il diritto di intervenire. La raccomandata non esime l’amministratore dall’ obbligo di redigere anche un documento di autocertificazione dei rischi, da trasmettere al lavoratore (art. 1 del Decreto Ministeriale 5 dicembre 1996 e relativo allegato). L’amministratore ha infine l’obbligo di verificare, anche attraverso l’iscrizione presso le Camere di Commercio, se le ditte a cui viene affidato un appalto sono idonee.

Condomini con più di un dipendente Oltre agli obblighi ricordati, ve ne sono altri. L’amministratore deve conservare il “registro infortuni”, in cui vanno segnate tutte le cause che provocano assenza dal

lavoro per più di un giorno. Se i dipendenti svolgono anche mansioni diverse dai portieri (il giardiniere o l’addetto alla caldaia centralizzata, per esempio), devono eleggere un RLS (rappresentante dei lavori per la sicurezza), che avrà diritto ad un corso specialistico di 32 ore. In tal caso il condominio nomina un RSPP (responsabile del servizio di prevenzione e protezione), segnalando all’ASL e alla Direzione Provinciale del Lavoro competenti. Si tratta in genere di un professionista esterno.

Ditte di pulizia Se il portiere non esiste e parte delle sue mansioni sono svolte da una ditta di pulizia, tutti gli obblighi di sicurezza competono al suo datore di lavoro, cioè l’impresa di pulizie stessa.

Esclusioni Sono escluse dalla sicurezza lavoro le persone che esercitano attività di portierato negli immobili abitati solo dal proprietario o dai suoi parenti e affini entro il terzo grado, anche se in appartamenti separati: i rapporti rientrano infatti nella disciplina del rapporto domestico. Rientrano invece nelle previsioni valide per tutti i dipendenti (e non solo per i dipendenti condominiali) i portieri di immobili occupati in parte prevalente da un’azienda commerciale o industriale. anno 2, n. 2/2014


Quanti di voi conoscono la normativa sulle cassette postali? a cura della Redazione AnapiNews Il posizionamento delle cassette postali ha le sue buone regole da seguire: il riferimento normativo è quello contenuto nel d.m. 9 aprile 2001. Il capo V del decreto riguarda le cassette domiciliari, ossia quelle poste a servizio d’una o più unità immobiliari. Le norme prevedono ben precise regole nel caso di unità immobiliari singole o edifici plurifamiliari, come i condomini. A questo punto vale la pena comprendere come ci si debba comportare. Cassette postali

Innanzitutto ad ogni domicilio, insomma ogni luogo abitato o vissuto per motivi di lavoro (non i box per intendersi) deve corrispondere una cassetta postale.

Art. 45 - Cassette

Per la distribuzione degli invii semplici devono essere installate, a spese di chi le posa, cassette accessibili al portalettere. Lo scomparto di deposito, la forma e le dimensioni dell’apertura devono rispondere alle esigenze del traffico postale e risultare tali da consentire di introdurvi gli invii senza difficoltà particolari. Le cassette devono recare, ben visibile, l’indicazione del nome dell’intestatario e di chi ne fa uso. Devono essere considerate alla stregua di cassette postali anche le feritoie murali o appositamente ricavate sui portoni d’ingresso. L’importante è chi vi sia il nome dell’intestatario e di chi ne fa uso. Esempio: Tizio può aver fissato il domicilio per determinate comunicazioni in via Piave n. 31 pur vivendo il via Po: sulla cassetta di via Piave n. 31 dev’esserci il suo nome. Cassette, feritoie, ecc. devono essere di dimensioni tali da consentire il recapito e devono essere accessibili ai portalettere. Ciò vuol dire che le cassette devono essere posizionate sulla strada pubblica o comunque il luogo aperto al pubblico?

Art. 46 - Ubicazione

Le parti comuni e le cose comuni di un edificio, infatti, sono quelle che vengono destinate ad un uso strumentale e funzionale rispetto alle unità immobiliari di proprietà esclusiva (cfr. tra le tante Cass. SS.UU. n. 7449/93). Le cassette non hanno questa funzione, ma solamente quella di consentire il recapito all’interessato, insomma l’amministratore se ne deve interessare solamente se investito della vicenda dai condomini.

Art. 47 - Edifici plurifamiliari o adibiti ad uso d’impresa

Negli edifici plurifamiliari, nei complessi formati da più edifici e negli edifici adibiti a sede d’impresa, le cassette delle lettere devono essere raggruppate in un unico punto di accesso. Insomma non ognuno per conto suo ma individuazione d’un luogo unico di ubicazione delle cassette. Chiaramente i condomini possono decidere di utilizzare un unico blocco suddiviso in cassette singole. Il costo, in questi casi, salvo particolari accordi, dev’essere suddiviso in parti uguali.

Cassette postali non conformi

Basta pensare a quante cassette postali, soprattutto in condominio, sono posizionate all’interno dell’edificio che non ha nemmeno il portiere. In questi casi si rischia il blocco delle consegne?

L’esperienza ci dice di no, ma si sa, arriva un momento in cui si decide di far rispettare le norme. In questo caso, però, il passaggio sarà comunque soft.

Art. 48 - Adeguamento delle cassette non conformi

I titolari di cassette non conformi alle specifiche richieste da Poste Italiane provvedono ai necessari adattamenti entro un termine concordato con l’ufficio richiedente. Insomma finché le poste non chiedono l’adeguamento nessuno potrà veramente considerarsi fuori legge.

Conclusioni

1. Il postino, potrebbe tranquillamente non consegnare più la posta, se le cassette sono nel cortile; 2. Con delibera condominiale, non ci si può non adeguare a tale normativa; 3. Non c’entra nulla se il vostro condominio è nato prima di questa data, ossia da questa data in poi le norme sono cambiate, mentre prima si faceva in altra maniera, cioè la regola non è retroattiva; 4. Non vedo nessuna nuova costruzione che rispetti tale normativa e a mio avviso giustamente, pensiamo a cosa potrebbe accadere se le nostre cassette fossero alla portata di tutti, la privacy sarebbe a rischio e i vandali, dispettosi e curiosi, avrebbero un bel passatempo.

Le cassette devono essere collocate al limite della proprietà, sulla pubblica via o comunque in luogo liberamente accessibile, salvi accordi particolari con l’ufficio postale di distribuzione.

Quindi...

Sì, le cassette non dovrebbero stare nell’edificio se ciò comporta la necessità di suonare il campanello per ottenere l’accesso.

Cassette postali condominiali

Prima di entrare nel merito della vicenda è bene spendere due considerazioni sulla loro proprietà. Le cassette postali in condominio, anche se disposte in un unico blocco, sono di proprietà esclusiva. anno 2, n. 2/2014

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LO SPORTELLO DEI CITTADINI DELL’ANAPI a cura dell’avv. Enzo Vitiello - ANAPI Campania

L’Anapi ha istituito, con la collaborazione dell’Unione Dei Consumatori Utenti, lo “SPORTELLO DEL CITTADINO” ai sensi della legge 14.01.2013 n. 4 all’art. 2 comma 4 e dell’art. 27ter del Codice del Consumo, che prevede un impegno dell’Anapi per la risoluzione concordata della controversia segnalata dal consumatore, nonché la possibilità per i committenti delle prestazioni professionali di ottenere informazioni relative all’attività professionale e agli standard richiesti agli iscritti. L’UNIONE DEI CONSUMATORI UTENTI è un’ associazione di consumatori e utenti fondata dal Lions Club Napoli Mediterraneo, per iniziativa e sotto l’egida del Lions Club International Association, che ha per oggetto quello di informare, promuovere, assistere, tutelare, rappresentare e difendere i diritti e gli interessi individuali e collettivi dei consumatori di beni e degli utenti di servizi e comunque gli interessi diffusi dei consumatori e degli utenti in genere, anche promuovendo azioni collettive risarcitorie e/o restitutorie, azioni inibitorie giudiziali o stragiudiziali. L’Associazione promuove l’attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale che è prioritariamente diretta al miglioramento del livello dei servizi, al superamento delle disuguaglianze economiche e sociali e alla promozione della cittadinanza attiva umanitaria, intesa come effettiva partecipazione dei cittadini alla organizzazione solidale della comunità, prendendo attivo

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interesse al bene civico, culturale e morale della stessa comunità e favorendo la collaborazione dei cittadini e delle formazioni sociali, secondo la loro specificità, alla amministrazione paritetica della cosa pubblica, per la valorizzazione della persona e dello sviluppo solidale della comunità. L’Associazione opera nel rispetto dei dettami del Decreto Legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del Consumo) e sue successive modifiche e integrazioni. AVVOCATI DELLA SOLIDARIETÀ è l’organizzazione di avvocati Lions che persegue il fine della solidarietà nel settore dell’assistenza dei diritti civili ed umani, mette gratuitamente a disposizione di quei Lions, di quei club, dei cittadini, di quanti fanno volontariato, di associazioni, enti, imprese, circoli ricreativi o culturali, centri di studio o di ricerca, i propri avvocati per interventi concordati a favore di coloro che ne hanno bisogno, offrendo volontariamente e gratuitamente la professionalità

e il lavoro dei propri professionisti. Tutti gli avvocati lavorano gratuitamente per l’Associazione ed Avvocati dei Diritti perché sono Lions. Avvocati della Solidarietà, inoltre organizza le risorse dell’economia alternativa: gruppi d’acquisto per la telefonia cellulare, i computer, le auto, gli elettrodomestici, i servizi bancari e assicurativi, banche del tempo, convenzioni collettive per ottenere sconti e garanzie su servizi e prodotti; organizza riciclo, riuso, recupero di alimenti vicini alla data di scadenza, mercati dell’usato e del baratto; lotta per la difesa del territorio o per bloccare progetti basati sullo spreco e l’irrazionalità; promuove ed organizza missioni, progetti ed iniziative di solidarietà legale ed umanitaria in Italia, all’estero e nei paesi in via di sviluppo, per aiutare i cittadini con prestazioni professionali volontarie nella difesa dei loro diritti umanitari.

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27/29 novembre 2014, Fiera del Levante

i visitatori

progettisti, architetti, geometri, amministratori di condominio, energy manager, manutentori, distributori, ingegneri, costruttori edili, serramentisti, operatori macchine

Un evento patrocinato da:

In contemporanea con l’iniziativa

ASSOCIAZIONE NAZIONALE TERMOTECNICI ED AEROTECNICI

Patrocinio dell’Assessore all’Assetto del Territorio della Regione Puglia

Progetto e direzione

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in collaborazione con

IN CONTEMPORANEA CON: ROADSHOW

contatto diretto

per maggiori informazioni: condominioinmostra@senaf.it - Tel. 02 332039450

www.proenergybari.it - www.expoedil.it anno 2, n. 2/2014


IL FASCICOLO DEL FABBRICATO Nuova legge regionale pugliese a cura del dott. Roberto BONASIA – presidente ANAPI Communication La legislazione in materia, non è soltanto di matrice nazionale o cumunitaria ma definisce il suo percorso attraverso la normativa regionale. La fattispecie in questione richiama Legge Regionale n. 27 del 20 maggio 2014 con la quale la Regione Puglia ha approvato le “Disposizioni urgenti in materia di prevenzione del rischio e sicurezza delle costruzioni e Istituzione del fascicolo del fabbricato”, le quali qualificano gli adempimenti e gli obblighi imposti ai professionisti amministratori di condominio. L’analisi, qualifica la definizione del concetto di fabbricato e di proprietario richiamato dall’art 2 della predetta legge e continua con l’art 3 che individua la figura del “fascicolo del fabbricato e della sua obbligatorietà”. Al comma 3 viene così disciplinato che “Il fascicolo del fabbricato e della sua obbligatorietà” deve essere aggiornato in occasione di ogni lavoro o di modifica significativa dello stato di fatto e/o della destinazione d’uso dell’intero fabbricato o di parte di esso. L’aggiornamento deve essere effettuato anche nel caso di lavori eseguiti da enti erogatori di pubblici servizi (luce, acqua, gas, telefono, ecc.). In ogni caso compete al soggetto obbligato l’aggiornamento nel termine perentorio di dieci anni dall’ultimo deposito della scheda di sintesi di cui al comma 5. Al comma 5, del predetto articolo, viene focalizzata l’attenzione sulla sintesi delle informazioni contenute nel fascicolo nel quale è riportata una scheda denominata “ scheda di sintesi “suscettibile di trattamento informatizzato, da aggiornare contestualmente al fascicolo del fabbricato. Tuttavia non mancano a carico dell’amministratore di condominio gli obblighi e le sanzioni relativamente alle disposizioni in materia regionale. anno 2, n. 2/2014

Infatti all’art 3 comma 4 è cosi disciplinato che: “II fascicolo relativo ai fabbricati pubblici, completo di tutti gli elaborati, deve essere depositato presso l’amministrazione pubblica responsabile e tenuto, in copia, presso l’edificio, a disposizione per ogni controllo da parte delle autorità competenti. In caso di fabbricato privato, il fascicolo deve essere depositato presso l’amministrazione pubblica responsabile e tenuto, in copia, presso l’amministratore del condominio ovvero, in sua mancanza, presso il proprietario o uno dei proprietari all’uopo delegato e deve essere a disposizione per ogni controllo da parte delle autorità competenti”.

f. tipologia degli orizzontamenti (solai, volte, di copertura ed interpiano); g. numero dei piani; h. categoria del terreno di fondazione (decreto ministero delle infrastrutture 14 gennaio 2008, punto 3.2 “Approvazione delle nuove norme tecniche per le costruzioni”); i. interventi di modifiche strutturali eventualmente eseguiti e loro titoli autorizzativi; j. estremi del collaudo statico; k. estremi del certificato di abitabilità e/o d’uso; l. referto tecnico di verifica della condizione statica attuale.

In tal caso le responsabilità a carico dell’amministratore di condominio, previste in caso di inadempimento sono qualificate con riferimento alle sanzioni richiamate dall’art 10 comma 1 della presente legge: “I comuni provvedono a comminare una sanzione pecuniaria da euro 5 mila a euro 50 mila ai soggetti inadempienti rispetto agli obblighi e ai relativi termini stabiliti dagli articoli 3 e 5 e dai commi 2 e 3 dell’articolo 6” (art. 10, comma 1)”.

La scheda informativa è custodita dal proprietario o dall’amministratore del condominio, deve essere a disposizione per ogni controllo da parte delle autorità competenti e deve essere allegata ai progetti di manutenzione straordinaria, recupero, restauro, ristrutturazione, ampliamento in orizzontale e verticale, da sottoporre a Permesso di Costruire, SCIA, DIA o CIL, pena il diniego dell’autorizzazione o il rifiuto della comunicazione inviata.

L’analisi continua con la “scheda informativa per i fabbricati esistenti” richiamato dall’art 5 che così recita : Per tutti i fabbricati esistenti per i quali non è obbligatoria la redazione del fascicolo del fabbricato, entro il termine perentorio di centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, deve essere redatta, a cura dei proprietari, avvalendosi di tecnici in possesso di idoneo titolo professionale, la “Scheda informativa” del fabbricato, il cui modello è predisposto dalla Regione Puglia e nella quale sono riportati i seguenti dati:

Inoltre, deve essere aggiornata ogni qualvolta mutino i dati in essa riportati, con indicazione delle delibere di assenso dei condomini per gli interventi eseguiti sulle strutture da parte del singolo condomino. In ogni caso compete al soggetto obbligato l’aggiornamento nel termine perentorio di dieci anni dalla data dell’ultimo deposito della scheda informativa.

a. anno di costruzione; b. titolo abilitativo; c. provvedimenti autorizzativi; d. destinazione d’uso delle unità immobiliari; e. tipologia della struttura portante dell’edificio;

La sintesi impone una riflessione sul ruolo dell’amministratore di condominio professionista e sulle finalità richiamate dalla normativa regionale in materia di interessi pubblici e privati diretti a tutelare da una parte la qualità e la sicurezza negli edifici e dall’altra a regolamentare i principi in materia di edificabilità territoriale.

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Esperto Risponde L'

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Buonasera, vorrei sapere se esiste una normativa, nazionale o del comune di Roma, che impone un termine di tempo per dotare di “contabilizzazione del calore” I condominii con riscaldamento centralizzato. Grazie Luciana Di Loreto (iscrizione Z1521) Gent.ma Sig.ra Luciana, in risposta alla Sua richiesta, Le comunichiamo che entro il 31 dicembre 2015 tutti gli stabili del comune di Roma dotati di riscaldamento centralizzato avranno l’obbligo di provvedere ad installare dei sistemi di contabilizzazione del calore, come da supplemento ordinario n. 226 al “Bollettino Ufficiale” n. 48 del 28 dicembre 2010. avv. Giuseppe di Giorgi Anapi Lazio

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Buongiorno, a seguito della riforma della legge cond.le è giustamente previsto che ogni condominio abbia un proprio conto corrente. Per quanto riguarda però le piccole spese quotidiane, ad esempio fotocopie convocazioni/verbali, preventivi/consuntivi (studio non dotato di fotocopiatrice), le spese postali (raccomandate), è possibile gestirle con una piccola cassa in contanti a mani dell’amministratore ovviamente prelevata dal conto corrente condominiale? Giuliana Gandolfo (Torino) 26

Sì certo, è possibile attingere dal conto condominiale quote per effettuare spese di piccolo taglio (per fotocopie, lampadine, etc) l’importante è conservare sempre le relative ricevute di pagamento (scontrini). avv. Giuseppina Longo Anapi Communication

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Chiedo supporto in merito ad una questione di regolarità bilancio condominiale. Il bilancio consuntivo presentato in un condominio è stato contestato da un condomino in quanto inserita una spesa di manutenzione edilizia non supportata da fattura ma bensì da una semplice nota lavori emessa dall’impresa; specifico che la spesa in questione non figurava come pagata ma appariva tra le spese in posticipato (la somma era ancora in cassa) e, naturalmente, approvato il bilancio, prima di procedere al pagamento avrei richiesto l’emissione della regolare fattura. Chiedo un vostro competente parere in materia. Grazie e un saluto cordiale. Otello Manara, amministratore associato ANAPI Z341 Buona sera Sig. Manara Il bilancio condominiale va approvato necessariamente con fatture in appoggio. Pertanto l’osservazione del condomino, ha del vero. Tutt’al più avrebbe dovuto inserire la fattura nello stato patrimoniale come debito verso fornitori in corrispondenza, nelle attività, come fondo cassa a disposizione per il pagamento della stessa fattura. Anche queste piccole situazioni, di sicuro da lei operate in assoluta buona fede, creano differenza di interpretazione soprattutto in assemblea. Restando a sua disposizione e scusandoci per il ritardo nella risposta, porgiamo distinti saluti. Dott. Vittorio Fusco Presidente Anapi

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Il precedente amministratore ha richiesto i dati per la tenuta del registro anagrafe condominiale con una lettera semplicissima, allegata alla presente, a me non sembra affatto corretta, alcuni condomini l’hanno già presentata e, di conseguenza criticata, chi ne è responsabile: l’amministratore precedente che ha predisposto la lettera, o io che le ho accettate? Luigi Venditti Il nuovo amministratore può inoltrare le richieste anagrafiche che ritiene meglio corrette ed andare ad integrare quelle incomplete del vecchio amministratore. Può trovare un utile fac-simile richiesta anagrafica sezione “modulistica” del sito Anapi www. anapi.net avv. Giuseppina Longo Anapi Communication

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Salve, mi chiamo Sandro Coppi e sono un vostro associato. Ho un quesito da porvi. Mio suocero è proprietario di un’abitazione al secondo piano e possiede la proprietà esclusiva del lastrico solare. 1. Mio suocero può chiudere con un lucchetto l’accesso (porta) al lastrico solare? 2. Un condomino che vorrebbe sistemare, installare o rimuovere l’antenna o la parabola posta sul lastrico deve chiedere il permesso al proprietario per potervi accedere o ne ha il diritto senza chiedere alcun permesso? Cortesemente chiedo il riferimento di legge del codice civile o di un’eventuale sentenza qualora ci fosse. In attesa di una vostra certa e celere risposta, colgo l’occasione per porgervi cordiali saluti. Vi ringrazio anticipatamente. Con l’espressione “lastrico solare” s’intende una superficie posta alla sommità di un edificio, avente la cui anno 2, n. 2/2014


destinazione d’uso è finalizzata alla copertura dell’edificio stesso, premesso che il lastrico solare può assolvere ad altre funzioni secondarie, quali consentire l’accesso ad alcuni servizi di utilità comune o esclusiva a uno o più condomini: impianti comuni, quali ad esempio antenne televisive o di altri e diversi impianti di telecomunicazione, anche di matrice satellitare. L’art. 1117 c.c. rubricato “ parti comuni dell’edificio” riporta un elenco di sottoinsiemi che sono da considerarsi «oggetto di proprietà comune dei vari proprietari dei diversi piani o porzioni di piani di un edificio», tra queste ci sono i lastrici solari a meno che non risulti il contrario da un titolo». Il lastrico solare, inoltre, è disciplinato anche dall’art. 1126 c.c., nel quale il legislatore regola l’ipotesi di «lastrici solari di uso esclusivo», pur senza specificare la natura giuridica di tale «uso». Dopo questa doverosa premessa a parere dello scrivente il proprietario del lastrico solare esclusivo non può in alcun caso vietare l’accesso al condomino sottostante o a più condomini qualora ci fossero più titolari di proprietà esclusiva se non fosse vero che nella seconda domanda da lei formulata è sancito un diritto costituzionalmente protetto, infatti il diritto alla ricezione televisiva costituisce una specificazione del diritto all’informazione, sancito dalla Costituzione ex art. 21. Pertanto, il lastrico solare, anche se di uso esclusivo può essere adoperato per l’installazione di antenne da parte dei singoli condomini o nella fattispecie in questione dal condomino sottostante. Ovviamente, la collocazione dell’antenna deve rispettare il decoro architettonico e non deve impedire l’utilizzo del lastrico. Pertanto è consentito l’installazione sul lastrico solare di antenne ricetrasmittenti per i radioamatori, fermo restando la necessità delle autorizzazioni amministrative. Roberto Bonasia Presidente ANAPI Communication anno 2, n. 2/2014

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Premiata la piattaforma Cdp-Groma per gestire e valorizzare i patrimoni della Pa di Giuseppe LATOUR

Al sistema creato da Cassa depositi e prestiti in collaborazione con la Cassa geometri è andato il riconoscimento come best practice per la gestione del patrimonio pubblico nell’edizione 2014 del Forum Pa Una piattaforma on line che aiuti la pubblica amministrazione a creare un fascicolo virtuale degli immobili. Guidandola nei censimenti e nelle operazioni di valorizzazione. È questo l’obiettivo di Vol, il sistema creato da Cassa depositi e prestiti in collaborazione con la Cassa geometri, appena premiato nel corso dell’edizione 2014 di Forum Pa come best practice di gestione del patrimonio pubblico. Un applicativo internet dovrebbe aiutare gli enti a decidere cosa fare con i propri immobili: dismettere, valorizzare, rendere più efficiente, mettere a reddito. Semplicemente accedendo all’apposita pagina web della spa del risparmio postale. L’iniziativa si innesta su una lunga sequela di provvedimenti licenziati dal Governo nel corso degli anni: ultima, la circolare del Mef del 9 luglio del 2010, nella quale si definiscono le linee per la creazione di un fascicolo degli immobili. L’idea è accorpare in un unico pacchetto tutta la documentazione che riguarda l’immobile, catalogarlo e analizzarlo per individuare possibilità di valoriz-

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zazione. Tutto questo, però, si scontra con l’assenza di un sistema informatico unico che consenta di mettere insieme tutte le informazioni sul patrimonio della Pa, individuando le possibili sinergie. Senza contare la bassa qualità dei dati solitamente raccolti dalla Pa e la mancanza di standard di valutazione condivisi. Così nasce Vol, acronimo che sta per “valorizzazione on line”, un sistema promosso da Cassa depositi e prestiti il cui sviluppo è stato affidato a Groma, una società di servizi nata come costola della Cassa di previdenza dei geometri. Il progetto è partito a ottobre del 2012 e in questi mesi sta avviando la sua fase operativa, con la collaborazione dell’Anci e dell’Agenzia del Demanio. Funziona tramite la piattaforma informatica Greta, che consente di organizzare i dati raccolti e renderli disponibili per la consultazione degli utenti. Concretamente, il procedimento si articola in quattro fasi: censimento e verifica docu-

mentale tecnico/amministrativa, razionalizzazione degli spazi e gestione degli immobili, valutazione dei beni, valorizzazione. Si parte dal reperimento della documentazione relativa all’immobile da censire che, successivamente, viene inserita nell’apposito fascicolo virtuale. Una volta creato questo passaporto digitale, è possibile procedere all’analisi dell’immobile per ipotizzare operazioni come la razionalizzazione degli spazi, il loro efficientamento gestionale oppure la valorizzazione, la messa a reddito o la dismissione. Nel caso in cui si verifichi che l’immobile è sottoutilizzato, ad esempio, si potrà disporre la sua liberazione o l’accorpamento con altri, basandosi su standard comuni di occupazione. Grazie alla grande mole di dati a disposizione, anche gli investitori privati possono avere sin da subito un quadro chiaro di quello che si accingono ad acquistare. Fonte: Il Sole 24 Ore, Edilizia e Territorio 30 maggio 2014 www.ediliziaeterritorio.ilsole24ore.com

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Associazione Nazionale Amministratori Professionisti d’Immobili

www.anapi.net

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