Iran - Focus 2

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FOCUS

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Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo


Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo FOCUS

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Focus Iran

Iran, rivoluzione generazionale Cosa sta davvero succedendo in Iran? Sono in molti a farsi questa domanda dopo aver visto le immagini delle violenze seguite alla rielezione del presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad. Le cronache giornalistiche pubblicate dai media occidentali in quei giorni di giugno del 2009, ci hanno per lo più raccontato di un ‘movimento verde’ sceso in piazza all’improvviso per protestare - contro la rielezione di un presidente odiato e colpevole di brogli elettorali - al grido di ‘where is my vote?’, ‘dov’è il mio voto?’. A capeggiare la protesta, ci hanno raccontato, i leader dell’area cosiddetta ‘riformista’: Mir Hossein Mussavi e Mehdi Karoubi. Entrambi, subito dopo la sconfitta elettorale, si facevano riprendere e fotografare in piazza insieme ai manifestanti. Oggi, a distanza di mesi dalle elezioni presidenziali iraniane, sembra più facile cogliere i contorni di quella protesta, che continua nonostante la repressione del governo e che appare ormai del tutto autonoma anche rispetto all’opposizione politica iraniana. L’occasione per dare sfogo ad un malcontento che, soprattutto tra i giovani e le donne, covava da tempo, è stato lo scontro politico in atto ai vertici del potere del clero iraniano, in particolare tra la Guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei e l’ayatollah ‘riformista’ Ali Akbar Hashemi Rafsanjani. Rafsanjani, che nel 2005 è stato battuto alle presidenziali proprio da Ahmadinejad, nonostante fosse dato per favorito, è stato eletto nel 2007 alla guida dell’Assemblea degli Esperti, un consesso di 86 membri eletti dal popolo, che ha il compito principale di scegliere la Guida suprema della rivoluzione e di verificarne l’operato. Dopo la sconfitta del 2005 i ‘riformisti’ si aspettavano di vincere le elezioni di giugno e spezzare l’ultrapotere conservatore. Così non è stato e le tensioni già presenti, si sono trasformate in uno scontro aperto, feroce, che i media arabi hanno contribuito in modo decisivo a svelare permettendo una lettura diversa di quanto stava accadendo in Iran. E’ nel varco aperto da questo scontro politico tutto interno ai vertici religiosi iraniani che la protesta si è inserita, solo in un primo momento al fianco dell’opposizione sconfitta alle elezioni presidenziali. I leader ‘riformisti’ hanno sempre rincorso e provato a cavalcare il ‘movimento verde’ più che guidarlo. Oggi la protesta sembra puntare dritto, non certo contro un singolo presidente conservatore, ma contro il regime stesso dei mullah, contro il clero, contro lo stato confessionale basato sul principio totalizzante del velayat-e faqih il “governo del giurista islamico”. Nei nuovi sanguinosi scontri a Teheran, scoppiati nel dicembre scorso in occasione della celebrazione dell’Ashura (la commemorazione del martirio dell’Imām Husayn e di 72 suoi partigiani ad opera delle truppe del califfo omayyade Yazid I), i manifestanti questa volta erano soli. I leader riformisti defilati e intimoriti dal pugno duro del governo, non hanno partecipato alle manifestazioni e sembrano aver preso le distanze da un movimento che ora mira ad un cambiamento radicale nel Paese. D’altra parte questi ‘leader per caso’ sono tutti ex funzionari di alto livello della Repubblica Islamica, sostenitori di un sistema politico teocratico all’interno del quale sono perfettamente inseriti. Diversamente dalle manifestazioni del giugno 2009, la piazza questa volta ha urlato altri slogan: “Morte a Khamenei” e “Morte a Khomeini”. Morte ad un intero sistema che in Iran vige dal 1979, anno della rivoluzione islamica Khomeinista.

Generalità Nome completo: Repubblica Islamica dell’Iran Popolazione: Circa 70 milioni di abitanti Capitale: Teheran Superficie Totale: 1.648.000 kmq Lingue ufficiali: Farsi, persiano Religione: 89% musulmana sciita, 10% musulmana sunnita, 1% zoroastrica, ebraica, cristiana, baha’i Moneta: Riyal iraniano Principali esportazioni: Petrolio, petrolchimici, gas naturale, prodotti tessili, tappeti, cemento e altri materiali da costruzione, acciaio e ferro, lavorazione dei metalli, armamenti, caviale PIL procapite: 7000 $

Federica Ramacci

46° Parallelo


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Map No. 3891 Rev. 1 UNITED NATIONS January 2004

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The boundaries and names shown and the designations used on this map do not imply official endorsement or acceptance by the United Nations.

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Department of Peacekeeping Operations Cartographic Section

Mentre lo scorso giugno poi, sembrava che la protesta fosse limitata entro i confini di Teheran, centro nevralgico della politica iraniana, con poche altre eccezioni come la città universitaria di Esfahan, oggi la capitale iraniana appare solo l’epicentro di un’onda d’urto che si propaga lenta ma inesorabile in tutto l’Iran: Shiraz, , Ahwaz, Shar-e-Kurd, Neishabour, Touiserkan, Mahshahr, Yasuj, Gachsaran, Omidieh. Il cuore del ‘movimento verde’, che già nelle immagini più recenti ha ormai quasi del tutto abbandonato il caratteristico colore per lasciare spazio unicamente agli intenti, è un insieme di studenti e di donne. L’Iran è un Paese giovane, dei 70 milioni di abitanti circa, il 70% è composto di persone con un’età media tra i 25 e i 27 anni. L’alfabetizzazione è all’86% e il 63% delle matricole universitarie sono donne. La miccia che ha acceso la protesta è la voglia di cambiamento, la ribellione tipica dei vent’anni che nasce legittima e incontrollabile in un pezzo di popolazione colta e consapevole. Gli studenti iraniani erano già scesi in piazza nel 2001, poi nel 2002 e ancora nel 2003. Proteste simili non sono nuove nelle strade di Teheran. Oggi c’è chi parla di una nuova rivoluzione dopo quella islamica del 1979, di una controrivoluzione. Altri temono, e non a torto, che la protesta possa essere strumentalizzare dall’esterno e sfruttata per piegare all’influenza occidentale un Paese che ormai controlla gli equilibri dell’intera area e possiede il 10% dei giacimenti globali di petrolio. Staremo a vedere. Fino ad oggi però, non si può negarlo, il popolo iraniano ha dimostrato più di una volta di poter guidare con fermezza il proprio destino e di non avere bisogno di ‘liberatori’.


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Il sistema di potere in Iran

Al vertice della piramide del potere in Iran c’è la Guida Suprema, dal 1989 l’Ayatollah Ali Khamenei. Tra i compiti quello di nominare i sei membri religiosi del Consiglio dei Guardiani della Costituzione. La Guida Suprema è inoltre comandante in capo delle forze armate. Il Consiglio dei Guardiani E’ composto da sei giuristi laici (nominati dal vertice del potere giudiziario e poi ratificati dal parlamento) e da sei membri religiosi (eletti direttamente dalla Guida Suprema). Ha il compito di approvare le leggi e di verificarne la conformità con la Costituzione e con la legge islamica. Il Consiglio per i pareri di conformità È un organo consultivo della Guida suprema soprattutto quando si tratta di decidere in materia di dispute legislative tra il parlamento e il Consiglio dei Guardiani. I suoi membri sono nominati direttamente dalla Guida suprema.

Gli organi eletti dal popolo

Il presidente eletto a maggioranza assoluta con suffragio universale ogni quattro anni. Il parlamento iraniano, monocamerale, chiamato Majles, e composto da 290 membri, eletti con voto diretto ogni quattro anni. L’Assemblea degli Esperti eletta, ogni otto anni dal 1983, a suffragio universale e diretto è composta da 86 membri ed ha il compito di eleggere la Guida Suprema.

Intervista alla dissidente Shahrzad Sholeh

E’ il regime il vero avversario “La protesta questa volta non si fermerà”

Shahrzad Sholeh ha lasciato l’Iran 28 anni fa. Rifugiata politica in Italia e presidentessa dell’associazione delle Donne democratiche d’Iran è convinta che la protesta del ‘movimento verde’ sia destinata a continuare. “Questa volta non si fermerà” ci dice e fa sapere che i manifestanti torneranno in piazza già l’8 febbraio, alla vigilia dell’anniversario della Rivoluzione islamica. Chi sono i manifestanti che stanno protestando in Iran? In questa momento è la gente, il popolo che non ce la fa più. Tutti, ma soprattutto le donne e gli studenti, i giovani che poi sono il 70% della popolazione iraniana. E’ una protesta legata alle elezioni presidenziali e dunque contro il gover-

Ali Hoseyni Khamenei Attuale Guida Suprema dell’Iran


Quindi la protesta in Iran è qualcosa di diverso da come viene descritta e i manifestanti non sono legati all’opposizione? C’è una grande distanza tra i manifestanti, gli studenti e le donne e per esempio Mussavi o Karoubi che vogliono una riforma all’interno del regime. Gli studenti e le donne gridano morte a Khamenei e alla dittatura. Vogliono un cambiamento totale. Quando tu dici morte a Khamenei, che è il leader spirituale, si capisce cosa vuol dire. Secondo lei quello che chiedono i manifestanti è un cambiamento possibile ora? Sì. Se i Paesi occidentali diventassero neutrali e non aiutassero il regime iraniano economicamente entro un anno questo regime cadrebbe. Una posizione ferma da parte dell’Europa non l’abbiamo ancora vista. L’Europa non è unita purtroppo. Noi chiediamo sanzioni economiche ma ancora l’Europa non ha fatto niente, chiediamo che vengano condannati questi massacri. L’Europa potrebbe farlo, potrebbe dire al governo ‘finché tu non fermi questi arresti e questi massacri noi non avremo con te nessun rapporto’.

Shahrzad Sholeh Presidente delle donne democratiche d’Iran in Italia

Adesso l’opposizione cosa sta facendo? Come si stanno comportando i leader riformisti? Fanno poco, sono molto deboli. La distanza con la protesta è grande, proprio perché loro vogliono una riforma ma all’interno del sistema, dentro il regime iraniano. Ma ormai non è possibile. Il carcere, le minacce e le violenze del regime nei confronti dei manifestanti ormai non hanno più alcun effetto. Chi scende in strada ormai lo sa che fine farà, ma scende lo stesso. La prossima manifestazione è prevista per l’8 febbraio. La gente scenderà in piazza nonostante le minacce. Le proteste andranno avanti dunque, non si fermeranno? Questa volta no. Quando Ahmadinejad ha vinto le elezioni, la protesta dei riformisti, che hanno accusato il regime di brogli elettorali, ha dato il via alla manifestazione popolare. Ora non c’è più niente che possa fermarla. Ci sono state anche manifestazione in sostegno del presidente iraniano Ahmadinejad Sì ma sono manifestazioni governative, organizzate dal regime. Lei come immagina l’Iran, come lo vorrebbe? Un Iran laico. Il popolo iraniano è un popolo laico non è un popolo islamico.

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Le proteste allora non sono contro il presidente Ahmadinejad? Sono contro tutto il sistema, il regime. Vede in Iran sono in molti ad avere qualcosa contro il regime. A volte perché hanno ucciso o sequestrato un figlio o una figlia.

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no guidato da Ahmadinejad oppure è qualcosa di diverso? No le elezioni di giugno sono state un pretesto. Prima delle elezioni il regime ha fatto cominciare, dopo trent’anni che non succedeva in Iran, un dibattito pubblico tra i candidati che hanno cominciato a litigare tra di loro a dividersi in fazioni. La gente allora ha colto la palla al balzo per dare il via ad una protesta ma il malcontento bolliva da anni.


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