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Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo
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Focus Kenia
Kenia, una pericolosa instabilità “NAIROBI - La commissione elettorale ha proclamato la vittoria di Mwai Kibaki nelle elezioni presidenziali. Kibaki era il presidente uscente e ha avuto la meglio sul leader dell’opposizione Raila Odinga, che era stato dato in testa a lungo nei giorni scorsi, a spoglio in corso. Il ritardo nella proclamazione dei risultati ufficiali avevano messo in allarme i sostenitori dell’opposizione. La tensione ha creato le premesse per una serie di gravi disordini in tutto il Paese, con numerosi morti.” (Corriere della Sera, 30 dicembre 2007) Le elezioni presidenziali del 27 dicembre 2007 costituisco l’inizio di un periodo di scontri fra le diverse tribù in Kenya come non si era visto da molto tempo. Già i segnali potevano leggersi in una campagna elettorale caratterizzata da una forte esasperazione tribale. Ma nessuno avrebbe pensato che il tranquillo Kenya, paese strategico per tutta l’Africa centrale con la sua capitale Nairobi che è di fatto vero luogo di snodo per le organizzazioni internazionali, per l’economia e gli spostamenti in tutta l’Africa del “Grande Corno” fino all’Atlantico congolese, potesse davvero cadere in una lotta tribale fratricida così violenta. Infatti i mesi successivi alla proclamazione dei risultati di una fase elettorale caratterizzata anche da brogli, intimidazioni e violenza, sono stati mesi di feroci conflitti. In diversi i cronisti che hanno raccontato quelle settimane tremende hanno paragonato gli scontri kenyani alla tragedia rwandese del 1994. Certamente non nei numeri e nella durata, ma nella crudeltà messa in atto certamente sì. Ma chi sono i principali protagonisti e responsabili di questa situazione? I due sfidanti alla presidenza, l’uscente presidente Mwai Kibaki, 76 anni kikuyo e lo sfidante luo Raila Odinga, hanno condotto una campagna elettorale all’insegna della esaltazione tribale, Odinga in particolar modo aveva annunciato la sua possibile vittoria sostenuta da diversi sondaggi a suo dire a lui favorevoli. Le elezioni svoltesi il 27 dicembre hanno suscitato dubbi di regolarità da subito, la stessa Unione Europea esprime subito dubbi sulla effettiva regolarità elettorale. Probabilmente pressioni e brogli sono avvenuti da entrambe le parti, ma durante le tre giornate che hanno preceduto la proclamazione del verdetto finale, lo sfidante Odinga ha cominciato ad annunciare che se il risultato non fosse stato in suo favore tale risultato non sarebbe mai stato accettato. Questo atteggiamento sommato alle continue denunce di brogli hanno contribuito a montare la tensione sfociata presto in scontri. Lo stesso 30 dicembre, giorno della proclamazione del risultato viene indetta una manifestazione di protesta che sfocia in scontri con la polizia. 5 i morti. Ma purtroppo sono solo i primi di una lunga serie di vittime che si sono susseguite nelle settimane successive. Lo scontro tribale fra Luo e Kikuyo si sposta nelle campagne. Rift Valley, Nayvasha, Nakuru, Kisumu sono fra le località che divengono tristemente famose per le crudeltà perpetrate. La diplomazia internazionale si muove ai massimi livelli. Non ci si può permettere di mantenere il Kenya e Nairobi, principale snodo dell’Africa sub-sahariana, in questo stato di caos. A metà aprile 2008 si trova la via d’uscita. Il presidente Kibaki annuncia la nomina di Raila Odinga a Primo Ministro. Un governo di larga coalizione viene formato da Ministri dell’una e dell’altra parte. La situazione di conflitto si lascia alle spalle però 1500 morti e oltre 300mila sfollati.
Generalità Nome completo: Repubblica del Kenya Popolazione: 31.138 mila Capitale: Nairobi Superficie Totale: 582.650 kmq Lingue ufficiali: Swahili, Inglese Religione: 45% anglicani e quaccheri, 35% cattolici, 11% musulmani, 9% religioni tradizionali. Altri includono induismo, sikhismo, jainismo e il credo di bahá’í. Moneta: Scellino keniota Principali esportazioni: Agricoltura. Industria turistica PIL procapite: 1.445 $
Francesco Cavalli
Premio Ilaria Alpi
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La storia
Ex colonia britannica, il Kenya ottiene la sua indipendenza il 12 dicembre 1963. Jomo Kenyatta diviene il primo presidente dopo essere stato uno dei principali attori della lotta per l’indipendenza. La sua politica permise importanti riforme e una crescita economico sociale del paese. Scelse di mantenere buoni rapporti e relazioni con l’occidente e la Gran Bretagna. Considerato un vero padre della patria
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e un grande politico, muore il 22 agosto del 1978. Gli succede Daniel Arap Moi già nominato vicepresidente del Kenya da Kenyatta nel 1967. I metodi politici di Moi si dimostrano nel tempo più autoritari e da regime. Il primo agosto 1982 un gruppo di militari guidati da Hezekiah Ochuka tentarono di prendere il potere con un colpo di stato. Il fallimento del colpo di stato consentì a Moi di allontanare gli oppositori e rafforzare la sua posizione fino ad arrivare alla istituzione di un sistema politico a partito unico. I tentativi di opposizione democratica furono sistematicamente soffocati con esili e violazioni dei diritti umani. Il Kenya era funzionale anche ad una geografia politica internazionale che vedeva in Moi uno degli oppositori di riferimento al comunismo. Tuttavia con la caduta del muro di Berlino e la conclusione della guerra fredda, Moi fu costretto dagli Stati Uniti a ripristinare un sistema politico a più partiti. Vinse le elezioni presidenziali del 1992 e 1997. Nel 2002 non potendo più presentarsi alle elezioni lanciò alla carica di presidente il figlio di Kenyatta, Uhuru Kenyatta che perse contro Mwai Kibaki proclamato presidente il 29 dicembre 2002. Anche Kibaki era già stato vicepresidente dal 1978 al 1988.
Mungiki
E’ una setta politico-religiosa segreta e anche organizzazione criminale messa al bando dal governo del Kenya nel febbraio 2003. L’origine può essere datata verso la fine degli anni ottanta. L’origine e la dottrina sono poco chiare. Supportano un ritorno alle tradizioni e rifiutano l’occidentalizzazione. Nasce come milizia locale atta a proteggere i contadini Kikuyu nel corso delle dispute con i Masai e con le forze governative. I fondatori modellarono il gruppo sulla base dei combattenti Mau Mau che lottarono contro le forze coloniali britanniche. Durante gli anni 90, il gruppo migrò in Nairobi e cominciò a dominare nel campo dei matatu (taxi privati). In questo periodo cominciò a formarsi l’ossatura del gruppo in cellule operative. Ogni cellula constava di 50 membri ed era divisa in 5 plotoni. Tramite le basi economiche formatesi con la gestione dei matatu, il gruppo si mosse poi verso altre aree commerciali, molto remunerative, quali lo smaltimento dei rifiuti, l’edilizia, e verso attività illegali, prima fra tutte il racket e le violenze a sfondo etnico. Alcuni presunti esponenti hanno dichiarato che, al culmine della sua influenza, la setta poteva con-
Mwai Kibaki (Gatuyaini, 15 novembre 1931) è un economista e politico keniota. È il terzo ed attuale presidente del Kenya, rieletto il 30 dicembre 2007.
Si potrebbe dire che la lingua Swahili è la lingua aperta del commercio e dello scambio. Infatti la sua origine mette insieme la tradizione bantu con l’arabo proprio per esigenze di comunicazione dettate dagli interessi commerciali. Essendo una lingua aperta, all’inizio dell’epoca coloniale subisce anche le influenze europee, soprattutto dall’inglese e dal portoghese. Nonostante i numerosi vocaboli acquisiti da lingue straniere, lo swahili ha sempre mantenuto la struttura generale di una lingua bantu, e ha molte più parole in comune con le lingue bantu che con l’arabo, il persiano, e così via; queste caratteristiche ne hanno facilitato la diffusione come seconda o terza lingua in ampie regioni dell’entroterra africano in cui si parlano lingue della stessa famiglia. I missionari cristiani impararono lo swahili, considerandolo la scelta più appropriata per poter comunicare con il maggior numero possibile di indigeni. Ai missionari si deve anche l’invenzione del sistema di trascrizione del swahili in alfabeto latino e la pubblicazione di molti testi swahili. È la lingua nazionale di Tanzania, Kenya e Uganda, nonché lingua ufficiale dell’Unione Africana. Lo parlano più di 90 milioni di persone fra prima e seconda lingua. Il nome “swahili” deriva dall’aggettivo arabo sawahili, plurale di sawahil, che significa “costiero” (da sahel, “costa”). Questo aggettivo ha storicamente assunto la funzione di denotare i popoli della costa orientale africana.
42 tribù per uno stato
I 31milioni di abitanti del Kenya sono suddivisi il 42 gruppi definiti tribù. Le diramazioni in realtà sono molte di più perché non tutte queste 42 tribù “ufficiali” sono identificabili in un umico gruppo etnico. Tre sono i ceppi fondamentali: Bantù, Cushiti e Nilotici. La tribù più popolosa è quella dei kikuyu, stanziata originariamente intorno al Monte Kenya, a nord est di Nairobi. La seconda per ordine di importanza è quella dei Luo, che ha origine sulle rive del lago Vittoria, dove sono anche Luhya e Kisii. Poi vi sono i Kalenjin, gli Elgeyo, i Kipsigis, i Marakwet, i Nandi (nella regione del lago Baringo), Pokot, Sabaot, Terik, Tugen, Kamba (altra tribù molto popolosa), Kuria, i famosi Maasai, e gli altrettanto noti e fieri Samburu, i Turkana dalle parti dell’omonimo lago, i Taita e Taveta al confine con la Tanzania, Sengwer, Meru, Embu, Bukusu, Marama, Maragoli, Isukha. Sulla costa vi sono nove tribù riunite sotto il nome di Miji Kenda (che significa appunto, “nove insieme”: Chonyi, Digo, Duruma, Giriama, Jibana, Kambe, Kauma, Ribe e Rabai. Poi quelle di origine somala: Orma, Pokomo, Somali, Rendille, Okiek e Oromo.
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Kiswahili
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tare su oltre 500.000 affiliati e riceveva sostanziali offerte economiche dalla gente di Nairobi. Altri kenioti affermano che l’influenza della setta è oggi in declino.
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