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La Bella Storia. Russia e Italia: un amore ricambiato

La cultura, la storia e il turismo sono trait-d’union indissolubili

Russia e Italia Un amore ricambiato

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Nell’immagine grande: uno scorcio del ristorante “Barbaresco” nel cuore del centro storico di San Pietroburgo, che per un lustro è stato “un falò di Langa tra le onde di zinco del Baltico” . Dal punto di vista culturale vi sono accordi di collaborazione fra l’Ermitage e la nostra regione di elevatissimo spessore, con eventi straordinari

Pietro Giovannini

«Non si può capire la Russia con la mente,

nella Russia si può solo credere». Parafrasando il celebre afori-

sma di Fëdor Ivanovič Tjutčev,

oggi «non bisogna credere alla Russia», almeno a ciò che se ne scrive in occidente: un misto di propaganda, demonizzazione, disinformazione e profonda ignoranza che spinge il mondo verso una seconda guerra fredda, in cui però stavolta i “cattivi” certo non sono loro. Esistono voci fuori dal coro, professionisti ed esperti (come Fulvio Scaglione o Giorgio Bianchi), ma non li vedete in prima serata in tv. Ed è un peccato, perché, se è vero che non esiste il lupo cattivo delle fiabe, meno ancora esiste l’orso cattivo di tutte le Russie. Il “Paese più grande del mondo” ha vissuto trent’anni incredibili, sopravvivendo a tragedie, saccheggi, scempi e devastazione economica, bruciando sulla pira del Mercato anche le (poche) cose buone del socialismo, soprattutto un assetto sociale che garantiva un welfare reale a quasi 300 milioni di cittadini sovietici. C’era libertà? No. C’era felicità? Sì. In ogni caso la Russia ancora una volta è risorta e oggi è un Paese a tratti all’avanguardia (scientifica, culturale, geopolitica). Per capire cosa è davvero successo si leggano i libri bellissimi, commoventi e drammaticamente autentici di Svjatlana Aleksievich (premio “Nobel”

Nel “Paese più grande del mondo” l’attento interesse (che poi è vera ammirazione) verso tutto ciò che arriva dalla penisola (e anche dalla Granda) è mai venuto meno

2015), soprattutto “Tempo di seconda mano” che racconta

gli anni ’90 di Boris Nikolaevič

El’cin, uno che in occidente piaceva tantissimo sebbene facesse bombardare la Duma (con un migliaio di morti) nel golpe del 1993, evento praticamente ignorato dagli stessi media che poi avrebbero documentato minuziosamente le guerre cecene. Chi scrive in Russia va da oltre 15 anni e ha visto cambiare il Paese a una velocità impensabile, la stessa con cui mutava il parco auto di Pietroburgo o lo skyline di Mosca. Dai concerti della rock band “Leningrad” agli stadi dei mondiali di calcio, dai social media alle serie tv, dagli stilisti ai ristoranti, davvero la Russia non ha nulla da invidiare all’Europa (e tanto meno all’America). Un proverbio russo dice: «La Russia ci mette molto a sellare il cavallo. Però poi cavalca veloce!» ed è così. Però qui racconto solo due cose tra le mille: l’amore sconfinato dei russi per l’Italia (ben oltre il Festival di Sanremo) e i legami a volte insospettabili che ci legano a quel Paese meraviglioso ben più ricco e sorprendente dei triti luoghi comuni. I legami sono anche, lo scrivo con gioia, molto piemontesi.

Ad esempio lo stesso Tjutčev è stato un poeta, ma

anche un diplomatico, accreditato a Torino a metà ’800. E se entrate al Consolato di Pietroburgo (dove il nostro personale, come all’Ambasciata di Mosca, all’Enit e alla Camera di commercio, è meraviglioso) vi accoglierà il busto di Costantino Nigra, primo ambasciatore del Regno d’Italia presso l’Impero russo, nonché uno dei protagonisti del Risorgimento accanto a Cavour. Tutti sanno che Pietroburgo venne “disegnata” (palazzi, giardini e chiese) dagli italiani: Rastrelli, Quarenghi, Rossi sono solo i nomi più noti dei tanti architetti che affrontarono quel compito sovrumano. Meno persone sanno che anche le mura del Cremlino (le prime mura in mattoni della Russia) furono edificate da muratori toscani chiamati da Ivan il Grande a meta ’400 e che la nuova piazza, per la bivalenza della radice Kras, non era affatto la Rossa, ma, molto meno internazionalmente, solo la Bella: la piazza più bella di Mosca,

L’ambasciatore d’Italia nella Federazione russa, Pasquale Terracciano, durante il collegamento in diretta con Mosca dell’Asta mondiale del tartufo bianco d’Alba. A destra: la Cattedrale della Resurrezione (Cattedrale di Smol’nyj), una delle più importanti chiese rococò di San Pietroburgo

appunto, come è ancora e come sarà sempre. Quasi nessuno sa poi che a Pietroburgo c’è una scuola, dedicata a Gianni Rodari (Cipollino in Russia è una star!), molto richiesta e in cui le lezioni sono in italiano. Quando i militari e gli scienziati russi arrivarono a Bergamo, a marzo 2020, qualcuno, afflitto da sindrome da caccia alle streghe, storse il naso dimenticando che spesso in passato la Russia era già venuta in aiuto dell’Italia e che comunque dispone di uno dei dipartimenti di ricerca militare più avanzati del mondo: lo prova l’efficacia dello Sputnik V che oggi, dopo tante ironie fuori luogo, è richiesto da tutti. Potremmo ricordare che fu la flotta russa la prima a soccorrere la popolazione di Messina dopo il terribile sisma del 1908 (al porto c’è un tardivo monumento del 2012) e che furono sempre i russi dell’esploratore Rudolf Lazarevich Samojlovich a salvare al Polo nord l’equipaggio del dirigibile “Italia” di Umberto Nobile. Ma torniamo ai giorni nostri: i rapporti economici bilaterali tra Italia e Russia sono molto solidi fin dai tempi di Togliattigrad (la città della Fiat) e delle prime forniture di gas del 1969. Malgrado lo sciagurato embargo, restano numerosissime le aziende con interessi e investimenti in Russia, e molte di esse sono piemontesi, quando non cuneesi. Vale anche il contrario: le aziende vinicole Gancia e Scarpa sono oggi proprietà russe, migliorando nettamente le prestazioni sui mercati. A Pietroburgo di solito dormo in un hotel di una catena italiana (Domina) e a Mosca sono tanti i grandi cuochi italiani famosissimi, tra cui ricordo i tre amici

I legami culturali, turistici e connessi all’enogastronomia della Russia con il Piemonte sono decisamente... bipartisan

L’inaugurazione a Pietroburgo, nel 2011, del “Barbaresco”, locale che spopolò per cinque anni, presente Gérard Depardieu, che in alto vediamo “sfidare” Pietro Giovannini, deus ex machina dell’evento

come Mircko Zago (della celebre rete di locali di Arkadij Novikov), Nino Graziano (stellato siciliano del Semifreddo) e Davide Corso (lo chef nientemeno del Bosco Café ai Gum, i grandi magazzini belle époque sulla piazza Rossa). Con loro (e con Ente Fiera internazionale del tartufo bianco d’Alba, Atl Langhe, Monferrato, Roero e Atl del Cuneese), abbiamo indetto tanti eventi di promozione, tra cui il prestigioso traguardo dell’Asta mondiale del 2019 e del 2020, grazie a Ambasciata, Enit ed Enoteca regionale piemontese “Cavour”, con sede nel castello di Grinzane. Ma le cose più belle forse le abbiamo fatte a Pietroburgo, dove ho abitato (cercando di imparare il russo, alla mia età) e che, parafrasando Iosif Brodskij, considero «una mia personale forma di paradiso». Nel 2011, come Enoteca regionale del Barbaresco, abbiamo “fatto” aprire un locale meraviglioso nel cuore del centro, chiamato proprio “Barbaresco”, che è stato per 5 anni un falò di Langa tra le onde di zinco del Baltico: all’inaugurazione c’erano il Gotha delle istituzioni piemontesi (Alberto Cirio in testa), tutta la Pietroburgo che conta, un Gerard Depardieu in gran spolvero (che parlava in italiano e chiamava il Piemonte sua seconda patria) e solo Barbaresco servito in magnum. Gli effetti li abbiamo visti negli anni successivi, con la crescita vertiginosa di turismo e consumi dalla Russia (feci apposta monitorare all’Enoteca spesa pro

La pista di pattinaggio che ogni inverno viene allestita sulla piazza Rossa dall’Enit Russia, oggi diretta da Irina Petrenko. In basso: un altro momento dell’Asta mondiale del tartufo bianco d’Alba

capite e provenienza dei turisti). Nel 2017 Mikhail Piotrovskij, il direttore dell’Ermitage, volle una mostra del Museo egizio di Torino, chiudendo con Antonella Parigi (sia lode a lei!) un accordo di collaborazione tra i musei piemontesi e quello russo per scambi annuali di eventi. Il direttore dell’Egizio, Christian Greco, realizzò una mostra incredibile, ospitata nella galleria più prestigiosa dell’Ermitage. Come si vede la Russia per il Piemonte è davvero bipartisan! Io mi occupai, come sempre, di cibo e vino con il grandissimo Luciano Tona, Mauro Carbone dell’Atl Langhe, Monferrato, Roero e l’agenzia regionale Spt (oggi Visit Piemonte), dal buffet all’Ermitage alle due perfette cene di gala (la prima da Rudy presso Romeo, la seconda da Antonio Fresia presso Jérôme). E intanto girai “i sotterranei del museo” con un invidiatissimo pass “all areas” tra campi di volley e gatti strafottenti, consegnando infine un magnum di Barbaresco istituzionale alle commosse mani di Piotrovskij... il quale pareva ricevesse un Caravaggio! Venerdì 5 marzo si è tenuta a Mosca la tavola rotonda su “Russia-Attendere prego”, a cura di Arium Lab, con Irina Petrenko (bravissima responsabile dell’Enit Russia), Fabio Mastrangelo (direttore Teatro di Stato di San Pietroburgo e della Filarmonica di Mosca), Marc Innaro (sede Rai di Mosca), Marisa Florio (Camera di commercio italo-russa) e Marzio Scamolla (S7 Airlines): un seminario sulle relazioni Italia-Russia in àmbito economico, turistico e culturale che ha toccato anche il problema dei visti reciproci che paralizzano i rispettivi mercati turistici, in attesa magari di una maggiore circolazione dei vaccini, propedeutica a quella delle persone. Sappiate comunque che in ogni momento il “Paese più grande del mondo” vi attende a braccia aperte, con tutto l’amore e l’ospitalità di cui è capace, per accogliervi, coccolarvi, sorprendervi e farvi felici. Cosa che a me è capitata ogni volta che ci sono andato. Soprattutto, sappiate che i russi, malgrado la cattiva stampa, sono tra i nostri turisti ideali: sono spesso persone timide, gentili e generose che parlano una lingua difficile, con un altro alfabeto. Ma quando sognano, credetemi, lo fanno in italiano.

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