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Arte Industriale. Carlo Mollino, la molteplicità architettonica

Mollino Carlo

Molteplicità architettonica

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La sede della Federazione Provinciale Fascista Agricoltori di Cuneo

L’edificio cuneese progettato da questa eclettica personalità dà lo spunto per presentare una delle più belle intelligenze del XX secolo

Carlo Mollino (Torino, 1905-1973) fu architetto, designer, fotografo e aviatore

Fabrizio Gardinali

La tela ha una doppia focalizzazione: lo sfondo richiama Cuneo e la vallata dello Stura tagliata dai profili dei due ponti che sfumano fra le tracce degli edifici cittadini sulla destra e l’azzurro acciaio delle montagne sullo sfondo, sovrastate da nubi grigio-bianche che quasi si posano sulle arcate del nuovo ponte. Il primo piano è dominato da una figura femminile gradevole e nel contempo “quotidiana”, una sorta di ninfa domestica; accanto ha i frutti della terra, quasi un’allegoria del mondo rurale. Però la vegetazione circostante è insolita, esotica, in un certo senso irreale; un albero spezzato, cavalli al galoppo nell’alveo del fiume. L’atmosfera complessiva è nel contempo semplice e sospesa, vagamente surreale. È opera di Italo Cremona, risente dell’influenza del suo maestro Casorati e dell’ambiente vivace della Torino di quello scorcio di anni ’30 ancorato fra suggestioni metafisiche e “ritorno all’ordine” di “Novecento” di Margherita Sarfatti. Il dipinto era di sicuro collocato nell’atrio della Federazione Provinciale Fascista Agricoltori, in corso IV novembre a Cuneo, palazzo realizzato dal giovane Carlo Mollino, da poco laureato, in collaborazione con Vittorio Baudi di Selve, cuneese di Confreria, su progetto definito nel 1933 e completato nell’estate del ’35 (il collaudo avvenne ad agosto). Diversi elementi lo confermano: intanto, per dimensioni, il quadro corrisponde perfettamente al vano con cornice presente all’ingresso. In secondo luogo la figura femminile tiene in mano, ben visibile, la planimetria dell’edificio di Mollino. Per la datazione ci si può riferire tra l’altro alla presenza del “ponte nuovo” di Cuneo, la cui costruzione terminò nel 1933 per quanto riguarda la viabilità stradale e completata nel 1937 per quella ferroviaria. Quindi coincide con la costruzione di Mollino, anzi un documento del gennaio 1935 dà la certezza che l’opera sia stata “commissionata” da quest’ultimo a decorazione dell’edificio rappresentandone allegoricamente le finalità e che essa sia stata realizzata alla fine dell’anno precedente. Va poi sottolineata l’amicizia fra i due scaturita nella Torino dopo la metà degli anni ’20 che vede la contemporanea presenza di personalità quali Lionello Venturi, Felice Casorati, la nascita del gruppo pittorico dei “Sei di Torino”, l’imprenditore e amante d’arte Riccardo Gualino ed Edoardo Persico. Sono gli anni in cui è direttore de “La Stampa” Curzio Malaparte, il quale chiama nel capoluogo piemontese Mino

La tela di Italo Cremona da cui parte l’analisi di Fabrizio Gardinali. Il Qr Code porta al sito dedicato a Carlo Mollino curato da Fulvio e Napoleone Ferrari

La Società Ippica Torinese, capolavoro architettonico, la cui demolizione avvenne nel 1960. A destra: un tavolino in compensato curvato ideato nel 1950 da Mollino. Sotto: l’auto “Bisiluro DaMolNar”, studiata in collaborazione con Enrico Nardi e Mario Damonte

Maccari, fondatore del “Selvaggio”, la rivista antiborghese della corrente “Strapaese”, sulla quale Mollino pubblica a puntate, fra il 1934 e il 1936, il suo romanzo “L’amante del Duca”. Mentre su “Casabella”, fra luglio e novembre 1933, uscì “Vita di Oberon”, sorta di autobiografia di formazione. Sul palazzo cuneese il progettista sarà in seguito alquanto severo, considerandola un’esercitazione ordinata, di corretta composizione in linea con il razionalismo dominante nel periodo, ma priva di slanci originali che ne denotassero un preciso carattere. Il progetto, che era stato presentato con il titolo “Luce”, è il frutto di un percorso di maturazione ancora in atto. Rivela, accanto all’attenzione rigorosa per la tecnica, la commistione fra un linguaggio razionale arricchito dalle istanze del secondo futurismo, con l’introduzione di almeno un elemento innovatore: è la prima realizzazione in Italia di una finestra “a nastro” su tutta la facciata curva ad angolo e completamente aggettante sulla scalinata di ingresso. Figura non facilmente inquadrabile, Carlo Mollino nasce a Torino il 6 maggio 1905, figlio di Eugenio, ingegnere e architetto alquanto stimato all’epoca, tra l’altro progettista delle Molinette. Era benestante, il che gli consentì di perseguire le sue molteplici passioni, quali lo sci, il volo, l’automobilismo, parti importanti di una personalità poliedrica, positivamente inquieta e ansiosa di esperienze e vitalismo. Si laurea in architettura nel 1931, lavora per un breve periodo nello studio del padre, per poi distaccarsene alla ricerca di una dimensione autonoma. Dopo il progetto per la Federazione Agricoltori di Cuneo, fra il 1937 e il 1940 realizza, sempre Per la prima volta in Italia, a Cuneo viene realizzata una finestra “a nastro” su tutta la facciata curva ad angolo e completamente aggettante sulla scalinata di ingresso

con Baudi di Selve, la sede della Società Ippica Torinese in corso Dante, inopinatamente demolita nel 1960, considerato uno dei suoi lavori più importanti, capolavoro architettonico in cui Giuseppe Pagano vedrà la capacità di «liricizzare il razionalismo» e di «rendere funzionale la poesia». Dagli anni Trenta si dedica anche all’attività di designer, progettando pezzi unici fatti artigianalmente o prodotti in piccola serie, fra questi ad esempio le sedie e gli sgabelli per la sala da ballo “Lutrario” prodotti dall’azienda cuneese “Doro Napoleone” nel 1960. “Doro” del resto aveva

Come designer, Mollino progettò pezzi unici artigianali o prodotti in piccola serie, fra questi le sedie e gli sgabelli per la sala da ballo “Lutrario” prodotti dall’azienda cuneese “Doro Napoleone” nel 1960

già realizzato alcuni elementi per la Federazione Agricoltori. La collaborazione con l’amico Cremona porta alla realizzazione degli arredi di casa Miller, in verità un semplice bilocale in via Talucchi, a Torino, dove il richiamo al surrealismo porta all’uso di accorgimenti, ispirati a forme naturali in una specie di rivisitazione dell’Art Nouveau che trasformano lo spazio e creano una sorta di straniamento. I suoi mobili, in gran parte pezzi unici, modellati su specifiche richieste, non sono destinati alla produzione seriale. Gli anni del secondo dopoguerra sono molto attivi per Mollino e vedono nascere alcuni dei suoi più interessanti lavori, come la Capanna del lago Nero di Sauze d’Oulx e il monumento ai caduti per la libertà a Torino, realizzato insieme allo scultore Umberto Mastroianni. arriverà secondo, l’incarico verrà affidato a Pier Luigi Nervi e sarà una delle maggiori delusioni della sua vita. Si dedicò pure all’insegnamento, prima come docente di “decorazione” poi di “architettura degli interni”. Dal 1953 ha la cattedra di “composizione architettonica” e diventa direttore dell’Istituto di composizione architettonica della Facoltà di architettura di Torino, un’esperienza abbastanza controversa e non pienamente appagante. Tenendo fede alla sua pluralità di interessi e al personale amore per i motori, nel 1954 allestisce per l’Agip-Gas l’autobus promozionale “Nube d’argento”, dall’originalissima livrea, che resterà “in servizio” fino al 1990. Del 1955 è la “Bisiluro DaMolNar”, studiata in collaborazione con Enrico Nardi e Mario Damonte: un’auto da competizione assai particolare, nata adottando il propulsore alla scocca e non viceversa. L’idea era privilegiare l’efficienza aerodinamica, ottenendo le prestazioni anche con un motore di cilindrata e potenza limitate. Ne nacque un veicolo composto da due carlinghe unite da un profilo alare che rivestiva il telaio tubolare a traliccio. Nella fusoliera di destra trovavano posto il pilota e il serbatoio, mentre in quella di sinistra erano alloggiati il propulsore, un Giannini di soli 750 cc, derivato dal quattro cilindri della Moto Guzzi da gran premio, e gli organi di trasmissione. Sul piano centrale campeggiava l’ampio radiatore in ottone di tipo aeronautico costituito da uno scambiatore termico acqua-aria formato da sottili lamelle

Parteciperà anche al concorso per la realizzazione del palazzo del lavoro di “Italia ’61” nel 1959, con Sergio Musmeci, uno dei principali ingegneri del tempo, e Carlo Alberto Bordogna:

La Casa-Museo di via Napione affacciata sul Po

La città di Torino che si espande vorace al ritmo del miracolo economico ingloba, nel 1960, la Società Ippica Torinese, primo capolavoro che ha portato alla ribalta il giovane Carlo Mollino sulle riviste d’architettura anteguerra. Ormai l’edificio e i suoi cavalli non sono più affacciati sui campi di periferia e l’Ippica viene impietosamente demolita. Il colpo è duro per Mollino, lui che non ha discendenza perde una tra le sue creature a cui più è affezionato. Nasce in quel momento la necessità e il progetto della “Casa per il Riposo del Guerriero”. Il Guerriero impiegò otto anni, senza correre (peraltro in quel momento stava costruendo la Camera di commercio e il Teatro Regio a Torino), per ristrutturare con funzionalità esoterica il piano nobile di una palazzina ottocentesca deliziosamente affacciata sul Po di fronte allo zoo. Tende di velluto, specchi, gigantografie di boschi, conchiglie e quant’altro gli era caro sono simbolicamente composti come un viatico per l’avventuroso viaggio nell’oltretomba, quello che sta compiendo ancor oggi tra noi... che non appare propriamente riposo. Mollino non abitò mai la Casa né la fotografò. Per il visitatore oggi il luogo condensa come rugiada la personalità eclettica del suo autore nutrito di cultura politecnica fertilizzata dalla cultura surrealista. Napoleone Ferrari Il Museo Casa Mollino di Torino è in via Giovanni Francesco Napione 2 ed è visitabile soltanto su appuntamento, scrivendo a cm@carlomollino.org.

Grande appassionato di fotografia (celebri le bellezze mulìebri da lui immortalate), Mollino nel 1949 pubblicò “Il messaggio della camera oscura”, fondamentale trattato di storia e di critica fotografica

di rame. Era lunga 3,85 metri, larga 1,56, alta un metro, pesava solo 450 chili e poteva raggiungere i 215 chilometri orari. Partecipò alla “24 ore di Le Mans” guidata da Mario Damonte, ma la sua corsa durò solo due ore: venne buttata fuori pista dallo spostamento d’aria di una grossa Jaguar in fase di sorpasso. Nel periodo dal 1960 al 1968 Mollino realizzò la sua casa di via Napione 2, a Torino, che non fu mai abitata. Venne usata solo come set fotografico. Un luogo privatissimo, in pratica segreto, pieno di oggetti raffinati e costosi: uno spazio solo per sé, per i propri sogni e gli afflati estetisti, dove coltivare le proprie passioni e, perché no, le proprie paure. Come la fotografia, della quale Mollino fu un appassionato tanto da pubblicare nel 1949 “Il messaggio dalla camera oscura”, fondamentale volume di storia e critica fotografica, senza dubbio la sua pubblicazione più importante. Scattò più di duemila immagini, dal 1936 al 1943 in grande formato utilizzando una Leica e dagli anni ’60 esclusivamente la Polaroid (la storia della fotografia di Mollino è consultabile qui: https:// www.carlomollino.org/photography). Esse raffigurano scene, interni, allestimenti, ma soprattutto donne,

Gli architetti Napoleone Ferrari, direttore del Museo Casa Mollino di Torino,e Michelangelo Sabatino stanno per dare alle stampe un volume dedicato all’architettura di Carlo Mollino che conterrà un ampio capitolo dedicato alla sede della Federazione Provinciale Fascista Agricoltori di Cuneo spesso in atteggiamenti sensuali e poco o nulla vestite, conosciute nei vagabondaggi notturni in città, anche negli ambienti un po’ ambigui e rifuggiti dalla borghesia perbenista. Scatti privati non destinati ad essere diffusi. È il periodo in cui ottenne i due incarichi forse più importanti della sua carriera: nel 1964 la progettazione della Camera di commercio e poi quella del Teatro Regio che venne inaugurato nell’aprile 1973. Pochi mesi dopo, il 27 agosto, morì improvvisamente, a soli 68 anni, nel suo studio torinese. Personaggio complesso, a volte ingombrante, fu autonomo sia nelle scelte professionali sia, ancor di più, nella condotta di vita. Giovanni Arpino lo definì «l’ultimo grande bizzarro», Federico Zeri «un inguaribile ragazzino». Mollino fu forse un incompreso, ma non certo un emarginato, più stimato all’estero che in Italia dove i suoi oggetti d’arredo nelle aste raggiungono quotazioni considerevoli. Riferendosi a se stesso, alle sue molte passioni e alla concezione che aveva della professione di architetto, ebbe a dire, con una buona dose di provocatoria ironia: «L’architetto oltre che poeta e matematico, dev’essere anche meccanico, ingegnere, avvocato, becero, maestro di belle maniere, ingoiatore di rospi e charmeur, danzatore con vecchia signora, incantatore di serpenti, pena la morte se rifiuta».

Carlo Mollino progettò la sede della Camera di commerio e il Teatro Regio di Torino (sotto). Morì pochi mesi dopo l’inaugurazione di quest’ultimo

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