Sempre più esperti confermano la dannosità dei social per
i preadolescenti
di bambini e adolescenti. E temo che i social ne siano uno dei
principali motori. Dobbiamo rispondere con urgenza.
Vivek Murthy, Surgeon General degli Stati Uniti “Siamo davanti a una vera crisi nazionale di salute mentale
“I pericoli che si nascondono dietro un uso poco attento dei
social sono tanti. […] Il pericolo per i bambini è quello di vedere limitato il proprio ambito di interesse, in conseguenza delle offerte o dei contenuti che vengono loro mostrati perché
considerati “già di loro interesse”, chiudendoli in una bolla.
Questo impedisce una sana evoluzione. ”
Carla Garlatti, Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza
I giovani passano sempre più tempo sui social e questo sta
comportando un aumento dei danni alla salute
Le conseguenze
L’81% degli adolescenti è attivo su Instagram.
L’età di iscrizione ai social sta diminuendo e si attesta attorno agli 11 anni
Sviluppo di dipendenza da social media
affligge circa 100 mila ragazzi tra gli 11 e i 17 anni
Oltre la metà dei giovani utilizza gli smartphone per più di 3 ore al giorno.
Aumento dell’incidenza di depressione giovanile
del 12% tra i ragazzi che fanno maggior uso dei social
Crescita di disturbi dell’alimentazione
soprattutto tra la popolazione femminile in fase adolescenziale
Diminuzione della qualità del sonno
con conseguenti alterazioni neurologiche e, nei casi più estremi, tendenze al suicidio
Cyberbullismo
coinvolge il 19% degli undicenni e il 16% dei tredicenni
Attualmente
in Italia si deve avere 14 anni per accedere ai social,
ma di fatto non ci sono controlli
La normativa attuale:
• Il Regolamento Europeo «GDPR» prevede che l’età minima per prestare il consenso al trattamento dei dati online sia di 16 anni e che le legislazioni nazionali possano ridurre tale limite fino a 13 anni.
• Il Codice della Privacy, che recepisce il GDPR in Italia, stabilisce che l’età minima per l’espressione del consenso al trattamento dei dati personali sia 14 anni, età sotto la quale è necessaria l’autorizzazione dei genitori.
• Molte piattaforme social, tramite autoregolamentazione, prevedono un’età minima di accesso a 13 anni che tuttavia viene verificata mediante un’autocertificazione da parte dell’utente, quindi è facilmente falsificabile.
Anche Francia e Stati Uniti si stanno muovendo per limitare
dei social ai minori
Francia
Il 2 Marzo 2023 l’Assemblea Nazionale ha approvato a larghissima maggioranza in prima lettura la legge che:
• Vieta l’utilizzo dei social ai minori di 15 anni
senza il consenso dei genitori;
• Obbliga controlli più severi sull’età degli
utenti da parte dei social media;
• Prevede pesanti sanzioni per le violazioni in capo ai social media (fino a 1% del fatturato).
Stati Uniti
Il 26 aprile 2023 un gruppo bipartisan di senatori ha avanzato il disegno di legge "Protecting Kids on Social Media Act" che vuole:
• Vietare i social ai minori di 13 anni;
• Vietare l’utilizzo di algoritmi personalizzati che creano dipendenza dai social per gli utenti minori di 18 anni.
Il 23 marzo 2023 lo Utah è diventato il primo stato americano ad approvare una legge che:
• Vieta i social ai minori di 18 anni dalle 22:30 alle 06:30 di ogni giorno;
• Prevede deroghe con il consenso dei genitori.
Proponiamo di vietare l’utilizzo dei social ai minori di 13 anni e permetterne l’utilizzo solo con il consenso dei genitori fino ai 15 in linea con la normativa europea
La nostra proposta:
• Innalzare l’età per esprimere il consenso al trattamento dei dati per l’accesso ai social da 14 a 15 anni.
• Vietare l’accesso ai social ai minori di 13 anni e permetterne l’utilizzo tra i 13 e i 15 anni solo con il consenso dei genitori.
• Stabilire un processo di certificazione dell’età, mediante un meccanismo che confermi la presenza dei requisiti anagrafici dell’utente per l’accesso alla piattaforma; tale meccanismo sarà utilizzabile anche per tutti gli altri siti a maggior rischio per i minori.
• L’impianto sanzionatorio è quello del GDPR che prevede multe fino al 4% del fatturato globale.
Come potrebbe funzionare il meccanismo di certificazione dell’età da definire con apposito decreto attuativo
L’utente chiede di registrarsi alla piattaforma social L’utente viene rimandato a un servizio di identità digitale (es. CIE o SPID)
Il servizio di identità digitale direttamente o indirettamente conferma il requisito anagrafico
Il social media riceve la conferma del requisito anagrafico e consente o rifiuta la registrazione
I social media non avranno accesso ai dati identificativi personali degli utenti ma solamente a un meccanismo che conferma la presenza dei requisiti anagrafici dell’utente per l’accesso alla piattaforma.
La proposta non avrà un impatto sul funzionamento dei social media: ogni utente potrà continuare ad aprire molteplici profili e pagine (es: account professionale, privato, ecc..) e sarà preservata la libertà di farlo in modo anonimo.
Inoltre, proponiamo la promozione di campagne di sensibilizzazione e consapevolezza per le famiglie, gli studenti e le scuole
La nostra proposta:
• È fondamentale educare gli adolescenti all’utilizzo consapevole dei social media e a comprenderne i rischi e i danni che potrebbero derivarne.
• Per questo proponiamo di avviare campagne di sensibilizzazione e consapevolezza destinate ai giovani e alle famiglie.
• In modo simile a quanto previsto dalla normativa sul cyberbullismo, la programmazione periodica di tali campagne è affidata alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Le campagne dovranno svolgersi nelle scuole, avvalendosi dei principali media, di organi di comunicazione e di stampa e di soggetti privati.
Appendice - FAQ
La vostra proposta è coerente con la normativa europea?
Sì, non solo è coerente, ma serve a realizzare obiettivi di garanzia che la normativa europea indica e la legislazione nazionale in Italia - e non solo in Italia - non persegue come dovrebbe.
Il General Data Protection Regulation o GDPR – Regolamento (UE) 2016/679 – all’articolo 8 stabilisce che "per quanto riguarda l'offerta diretta di servizi della società dell'informazione ai minori", che comportano il consenso al trattamento dei dati personali, "il trattamento di dati personali del minore è lecito ove il minore abbia almeno 16 anni. Ove il minore abbia un'età inferiore ai 16 anni, tale trattamento è lecito soltanto se e nella misura in cui tale consenso è prestato o autorizzato dal titolare della responsabilità genitoriale. Gli Stati membri possono stabilire per legge un'età inferiore a tali fini purché non inferiore ai 13 anni”.
L'Italia ha finora posto l'età per la prestazione autonoma del consenso del minore a 14 anni (articolo 2-quinquies del Codice Privacy). La nostra proposta di legge innalza l’età a 15 anni e prevede che sotto i 15 anni sia vietato in ogni caso - cioè non possa essere autorizzato neppure dai genitori - l’accesso dei minori di 13 anni ai servizi di comunicazione elettronica che comportano maggiori rischi per la loro salute fisica e mentale, sicurezza e incolumità.
Sotto i 13 anni i minori non potranno più navigare su Internet?
La nostra proposta non ha affatto questa conseguenza. Comporta solo che i minori di 13 anni non potranno accedere a determinati servizi, che comportano maggiori rischi per la loro salute, sicurezza e incolumità.
Se la nostra legge venisse approvata un bambino di 10 anni, per fare un esempio concreto, potrebbe tranquillamente andare su Wikipedia, ma non su TikTok. Peraltro l’età di 13 anni è quella che non la legge, ma l’autoregolamentazione interna delle maggiori piattaforme social già prevedono. Ciò che noi facciamo è di introdurre i 13 anni come limite legale e di prevedere un sistema in cui la verifica dell’età non sia finta, come avviene sostanzialmente oggi, con l’autodichiarazione dell’utente e l’autocertificazione del gestore del servizio.
Appendice - FAQ
Chi e come individuerà i servizi di comunicazione elettronica più rischiosi per i minori? Non si rischia una discriminazione arbitraria?
Dal punto di vista formale l’istruttoria, sulla base della nostra proposta, sarebbe condotta dal Dipartimento per la Trasformazione Digitale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e tutti i gestori dei servizi potrebbero condividere informazioni e valutazioni del rischio relative all’accesso e utilizzo dei servizi da parte dei minori.
Dal punto di vista sostanziale vogliamo semplicemente prendere sul serio i dati di studi e ricerche di valore scientifico riconosciuto, che oggi per lo più leggiamo come se descrivessero una calamità naturale su cui non possiamo fare nulla, anziché un problema politico, che riguarda la salute e la libertà dei minori, su cui abbiamo il dovere e la possibilità di intervenire.
Anche se la vostra proposta non riguarda solo i social network, nel mirino ci sono soprattutto le grandi piattaforme social. È possibile darne una definizione giuridica? Non si rischia anche in questo caso di colpire nel mucchio?
Su questo punto c’è una grande discussione sia dal punto di vista tecnologico che giuridico. I social network hanno alcune caratteristiche che li accomunano ai servizi di messaggistica, come ad esempio Whatsapp e a piattaforme partecipative di scambio e diffusione di conoscenze e informazioni, come Wikipedia, che non avrebbe alcun senso sottoporre a una disciplina restrittiva. Noi, anche seguendo la proposta francese, abbiamo individuato nella norma di legge una definizione generale per cui i “social” sono servizi di comunicazione sociale:
a) con finalità commerciali;
b) fondati sulla condivisione di contenuti
c) sull’interazione pubblica degli utenti e
d) sulla classificazione dei relativi profili.
Dato questo perimetro nella norma primaria, spetta poi all’esecutivo in fase attuativa approfondire quali servizi di comunicazione presentino maggiori profili di rischio, non fermandosi ovviamente ai social network.
Appendice - FAQ
Il sistema di verifica dell’età che voi prevedete attualmente non ha uguali in nessuna parte nel mondo. Non è una iniziativa velleitaria che rischia di isolare l’Italia?
Intanto chiariamoci. La soluzione che proponiamo per la verifica dell’età è fondata non solo sull’esigenza di proteggere il minore dai rischi connessi all’uso di alcuni servizi, ma anche di evitare che le piattaforme social, per adempiere all’obbligo di verifica, usino sistemi – intelligenza artificiale, dati biometrici – che incrementano
la loro disponibilità di dati personali degli utenti.
Prevedere che la verifica dell’età del minore avvenga con una parte terza – cioè con un operatore, che può essere la carta di identità elettronica o uno degli Identity
Provider privati accreditati – che fornisce una credenziale anagrafica in forma anonima consente:
a) di rendere effettiva e certa la verifica dell’età degli utenti;
b) di minimizzare i dati degli utenti trasmessi al gestore del servizio;
c) di preservare l’anonimato, perché chi certifica l’età (senza rilasciare alcun dato di identità) dell’utente non può sapere a quali contenuti questi accede e il fornitore del servizio di comunicazione, che dà accesso ai contenuti digitali, non conosce l’identità dell’utente, di cui sono certificati da una parte terza solo i requisiti anagrafici.
Inoltre, sulle soluzioni tecniche si può sempre discutere e se si aprisse una discussione parlamentare vera e approfondita potremmo arrivare anche a soluzioni diverse e migliori. Quello che non è più ammissibile è che, visto che non sono state ancora trovate soluzioni convincenti per tutti, allora si fa finta che il problema non esista e non debba essere affrontato.
Che sanzioni ci sono per chi viola queste disposizioni? Ci sono sanzioni anche per gli utenti minori o per i loro familiari?
Salvo che il fatto non configuri illeciti (ad esempio: truffe), la violazione delle norme sulla verifica dell’età dei minori e della titolarità della responsabilità genitoriale e sul divieto di accesso a determinati servizi per gli under 13, comporta solo per i gestori dei servizi di comunicazione sanzioni amministrative pecuniarie fino al 4 % del
fatturato mondiale totale annuo dell'esercizio precedente (art. 83, paragrafo 5, del GDPR).
Conferenza stampa
8 giugno 2023