Cooperativa Migros Ticino
G.A.A. 6592 Sant’Antonino
Settimanale di informazione e cultura Anno LXXVIII 19 gennaio 2015
M sh alle p opping agine 27-3 1/
Azione 04
Società e Territorio I giovani e il tempo: una riflessione del sociologo Stefano Laffi
Ambiente e Benessere Conoscere i «reumatismi»: esce oggi il primo di una serie di cinque articoli sulle malattie reumatiche
45-5 1
Politica e Economia Offendere Maometto è libertà di pensiero?
Cultura e Spettacoli Chagall in mostra a Milano, la poesia nella pittura
pagina 8
pagina 19
pagina 21
pagina 3
pagine 16-17-18-20
Keystone
Parigi capitale della resistenza
di Peduzzi, Emiliani, Venturi, Cazzullo
Aspettando un illuminismo islamico di Peter Schiesser Il feroce attacco a «Charlie Hebdo» e alla libertà d’espressione ha colpito la Francia al cuore, e il cuore della Francia ha risposto portando nelle strade di Parigi e nel resto della nazione da 3 a 4 milioni di persone a manifestare contro la violenza e i fanatismi. Né l’11 settembre 2001, atto di guerra contro il potere politico, militare, finanziario americano, né gli attentati di Madrid e Londra su treni e metrò nel 2004 e nel 2005, atti di terrore indiscriminato contro cittadini qualunque, hanno risvegliato in Occidente una tale, travolgente, volontà di resistere, di difendere una delle libertà più importanti, di opporsi con coraggio all’oscurantismo. E un certo coraggio c’è voluto per scendere in strada a Parigi: un altro attacco jihadista, per nulla da escludere, avrebbe provocato una strage. Non è un caso che il riscatto sia partito da Parigi, la città dove l’Illuminismo, sorto in Inghilterra nel Settecento, ebbe il suo massimo sviluppo. Quel vasto movimento, sociale, politico, culturale e filosofico, intendeva liberare gli esseri umani dall’ignoranza e dalla superstizione servendosi della ragione, della critica, della scienza
(sono figli dell’Illuminismo le rivoluzioni, a partire da quella francese, la separazione fra Stato e Chiesa). Proprio ciò che i radicalismi islamici aborrono maggiormente: la parola di Dio, quindi le parole del Corano e quelle del profeta Maometto, sono insindacabili. È la verità rivelata, e come tale non può essere discussa, può solo essere accettata. E imposta, secondo i più fanatici. Non che noi figli dell’Illuminismo possiamo dirci tutti illuminati: fanatismi, ignoranza, intolleranza, incapacità di accettare la libertà di pensiero, di usare la ragione e la critica (nel senso inteso da Kant), sono ancora molto diffusi, forse oggi anche più di qualche decennio fa; e non dimentichiamo che nazismo e fascismo sorsero dal ventre dell’Occidente. Ma i valori e le libertà figli dell’Illuminismo ispirano ancora le nostre leggi fondamentali e rappresentano la base delle società occidentali moderne. Nonostante tutti i contraccolpi di cui siamo testimoni anche in Occidente, le lancette del tempo non possono essere riportate indietro. Per contro, nel mondo islamico un’evoluzione simile non c’è stata. Negli ultimi due secoli non è più nato alcun dibattito critico all’interno dell’Islam, ciò che per contro era avvenuto in precedenza. E finché non ci sarà – finché la religione avrà una dimensione
totalizzante e totalitaria e non sarà un fatto privato di fede personale, finché l’uso della ragione e della critica porta con sé condanne a morte – l’Islam non troverà il suo posto nella modernità come la intendiamo idealmente noi: laica, democratica, libera, tollerante, rispettosa dei diritti umani, della parità fra uomo e donna. Dall’11 settembre 2001, gli estremismi islamici si sono ulteriormente radicalizzati, innalzando lentamente un muro fra cristiani e musulmani. È vero che a pagare il maggiore tributo di sangue sono gli stessi musulmani. Tuttavia, non è più sufficiente distanziarsi dagli atti di terrorismo, dichiarare che l’Islam è una religione di pace, come fanno la maggior parte delle autorità religiose musulmane, senza affrontare in profondità un dibattito su dove affondino le radici del radicalismo all’interno dell’Islam. Poche sono ancora le voci che si levano con la richiesta di riformare l’Islam, ma ci sono. Tuttavia, se non diventassero maggioritarie, le cose potrebbero anche peggiorare. Non dimentichiamo che gli jihadisti possono contare su importanti finanziamenti e simpatie nel mondo arabo, e sembra che oggi non ci sia nulla di più facile che trovare armi in abbondanza e carne da cannone disposta ad immolarsi in nome di Dio.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 19 gennaio 2015 ¶ N. 04
2
Attualità Migros
M Gruppo Migros in netta crescita Bilancio Nel 2014 il Gruppo Migros ha realizzato una crescita del 2 per cento, generando 27,3 miliardi di franchi
di fatturato. Il settore del commercio al dettaglio registra in Svizzera una crescita dell’1 per cento (del 2,3% senza Migrol), mentre i supermercati avanzano dell’1,6 per cento riuscendo a conquistare nuove quote di mercato La Migros può guardare a testa alta all’esercizio trascorso. L’intero gruppo registra un vivace incremento in tutti i settori di attività. Nel settore dei supermercati / ipermercati, è di nuovo riuscita a conquistare ulteriori quote di mercato e a incrementare la frequenza dei clienti. In totale la Migros ha emesso 341,5 milioni di scontrini di cassa, ossia l’1,3 per cento in più rispetto al precedente esercizio. Alla crescita hanno contribuito in misura straordinaria i prodotti da fonti sostenibili e di provenienza regionale, che registrano un fatturato complessivo di 3,343 miliardi di franchi. Lo stesso andamento si registra nel commercio online, che con un fatturato globale di 1,086 miliardi di franchi fa segnare un aumento del 16,6 per cento. La Migros rimane dunque regina incontrastata del mercato anche in questo settore. «Il buon andamento del fatturato dimostra la correttezza delle scelte strategiche da noi adottate negli ultimi anni. Nonostante la forte concorrenza alla quale siamo esposti, e l’ulteriore intensificarsi del turismo degli acquisti, l’anno scorso siamo riusciti ad allargare ulteriormente la cerchia della nostra clientela. Un ulteriore motivo di soddisfazione è anche il fatto che il settore viaggi, confrontato alle difficoltà indotte da influssi esterni, abbia comunque saputo compiere solidi passi avanti, e che anche Interio sia riuscita a conquistare rilevanti quote di mercato» ha dichiarato Herbert Bolliger, presidente della Direzione generale della Federazione delle Cooperative Migros (FCM). Fatturato consolidato
Nel 2014 l’utile complessivo del Gruppo Migros ha registrato un in-
Gruppo Hotelplan, quelle di Ex Libris, del Gruppo Office-World, di Migrol, Probikeshop, Micasa, SportXX, Melectronics, Denner, Frey, Delica e Gries Deco. Il fatturato del commercio al dettaglio online ha raggiunto la cifra di 881,7 milioni di franchi (+19,1%). Industria
L’Industria Migros ha realizzato un’ulteriore espansione sul mercato nazionale ed estero. Il fatturato dell’ultimo esercizio si attesta a 6,020 miliardi di franchi (esercizio precedente: 5,764 miliardi di franchi) e supera dunque del 4,5 per cento le cifre dell’esercizio precedente. Dal 1.4.2014 le cifre comprendono anche il risultato del gruppo imprenditoriale SweetWorks, con sede negli Stati Uniti.
La concorrenza resta forte, ma i risultati premiano le strategie adottate. (Keystone)
cremento di 546,2 milioni di franchi (+2,0%), attestandosi a 27,283 miliardi (esercizio precedente: 26,7 miliardi di franchi). Il fatturato nel commercio al dettaglio (al netto dell’IVA) si attesta a 23,054 miliardi di franchi (esercizio precedente: 22,9 miliardi), registrando una crescita dello 0,8 per cento in termini nominali. In particolare, di questi, 15,909 miliardi sono da ascrivere alle cooperative regionali e all’estero (+0,4%), 2,917 miliardi a Denner (+1,5%), 960,1 milioni a Globus incluso Schild, 164,9 milioni a LeShop.ch (+4,3%). Commercio al dettaglio delle cooperative
Il fatturato generato dai supermercati e ipermercati in Svizzera si attesta a 11,829 miliardi di franchi. Il settore realizza dunque un incremento dell’1,6
Un saluto ai colleghi neo-pensionati
Gruppo Hotelplan
per cento rispetto al precedente esercizio. Aderendo al motto «Ciò che ci sta più a cuore lo facciamo noi stessi!» e con il sostegno della campagna «Noi firmiamo. Noi garantiamo», i marchi propri della Migros hanno conseguito risultati assai brillanti (in special modo Frey, Total e I am). I mercati specializzati Micasa, SportXX, Melectronics, Do it + Garden e OBI hanno per contro realizzato un fatturato di 1,673 miliardi (–0,6 %). Sul fronte delle cooperative (compresi Gastronomia, Scuole Club, centri ricreativi ecc.), la crescita in Svizzera si attesta all’1,0 per cento e il fatturato sale a 14,603 miliardi di franchi. Il rincaro medio sull’insieme degli assortimenti Migros corrisponde allo 0,3 per cento. Considerando anche l’estero, il fatturato del commercio al dettaglio delle cooperative registra un incremento dello 0,4 per cento e si attesta a 15,909 miliardi di franchi. Le attività all’estero dalle cooperative hanno generato un fatturato di 1,176 miliardi con il Gruppo Tegut (–2,1% al netto del cambio), e di 130,1 milioni con Migros Francia (–7,7% al netto del cambio). I prodotti sostenibili e di provenienza regionale generano 3,3 miliardi di franchi di fatturato
Nelle scorse settimane è stato organizzato un aperitivo di commiato per i neo-pensionati di Migros Ticino che hanno concluso la loro attività. La foto li ritrae riuniti in gruppo. Si tratta di Graciela Braendli, Maria Teresa Caggiano, Mirvana Costa,
Maria Luisa De Giorgi, Laura Giacosa, Antonietta Grossi, Antonio Mattioli, Giovanni Meschiari, Branislav Mirkovic, Carmela Mondini, Angelo Nisi, Isaia Porro, Maria Maddalena Rainoldi Gandola e Madeleine Riva. Non presenti Ramona Arias e Giuseppina Di Meo.
Azione
Sede Via Pretorio 11 CH-6900 Lugano (TI) Tel 091 922 77 40 fax 091 923 18 89 info@azione.ch www.azione.ch
Settimanale edito da Migros Ticino Fondato nel 1938 Redazione Peter Schiesser (redattore responsabile), Barbara Manzoni, Manuela Mazzi, Monica Puffi Poma, Simona Sala, Alessandro Zanoli, Ivan Leoni
La corrispondenza va indirizzata impersonalmente a «Azione» CP 6315, CH-6901 Lugano oppure alle singole redazioni
Nell’esercizio trascorso il fatturato realizzato dalla Migros con prodotti certificati da fonti sostenibili ha fatto segnare un rallegrante aumento del 10,4 per cento. Complessivamente sono stati venduti circa 2,5 miliardi di prodotti a valore aggiunto ecologico o sociale. Principali artefici di questa crescita sono i prodotti dell’assortimenti Bio (+14,8%), i prodotti certificati UTZ da coltivazioni socialmente ed ecologicamente compatibili (+47,1%) e il pesce sostenibile certificato MSC e ASC (+21,1%). La domanda di prodotti «Dalla regione. Per la regione» («I Nostrani del Ticino») è aumentata del 5 per cento e oltre. Il fatturato di questi prodotti, certificati da un marchio introdotto ormai 15 anni fa, ha superato gli 870 milioni di franchi, mentre il fatturato complessivo realizzato con la vendita di prodotti sostenibili e di provenienza regionale si attesta a ben 3,343 miliardi di franchi. Editore e amministrazione Cooperativa Migros Ticino CP, 6592 S. Antonino Telefono 091 850 81 11 Stampa Centro Stampa Ticino SA Via Industria 6933 Muzzano Telefono 091 960 31 31
Gastronomia in leggero calo
Il settore Gastronomia ha chiuso il 2014 con un fatturato di 675,8 milioni di franchi, attestandosi appena al di sotto del precedente esercizio (–0,4%). Se da una parte i ristoranti Migros hanno perso leggermente terreno (–2,4%), i take away hanno fatto segnare un’avanzata del 3,0 % e il fatturato della gastronomia collettiva registra addirittura un brillante incremento dell’ 11,4 %.
Il fatturato del Gruppo Hotelplan registra un incremento del 17 per cento e si attesta a 1,322 miliardi di franchi (2013: fr. 1’1300 miliardi). La crescita organica è stata indotta soprattutto dall’agenzia viaggi svizzera Hotelplan Svizzera, dal Gruppo Interhome e da Hotelplan Regno Unito. L’incremento registrato è sostanzialmente ascrivibile al consolidamento totale della Inter Chalet Sagl, agenzia specializzata nell’affitto di case di vacanza. Banca Migros
Commercio online
Nel settore del commercio online Migros ha ulteriormente rafforzato il proprio incontrastato ruolo di regina del mercato. Il fatturato complessivo del settore ha superato per la prima volta la soglia del miliardo di franchi, attestandosi a 1,086 miliardi (+16,6%). Principali protagonisti di questa avanzata sono LeShop.ch, le attività online del
La Banca Migros prosegue sulla rotta della crescita. Il massiccio afflusso di depositi dei clienti è continuato e ha manifestato un ulteriore positivo sviluppo anche il volume dei mutui ipotecari. Nell’ultimo esercizio il totale di bilancio ha così superato per la prima volta la soglia dei 40 miliardi di franchi. Hanno raggiunto cifre record anche il reddito aziendale e l’utile lordo.
Attualità Migros Raccolta fondi natalizia 2014: un grande successo I clienti di Migros hanno dato prova di grande generosità nei confronti delle persone in difficoltà che vivono in Svizzera. A fine dicembre le loro donazioni avevano raggiunto quota 1’033’922 franchi. Migros ha raddoppiato la somma e vi ha aggiunto altri 280’000 franchi, portando quindi a un totale di 2,4 milioni di franchi l’importo destinato alle organizzazioni caritatevoli Caritas, Heks, Pro Juventute e Soccorso svizzero d’inverno. Al grande successo della colletta ha contribuito anche la canzone natalizia Ensemble, composta in esclusiva per la Migros e interpretata da 23 noti artisti svizzeri. La canzone è stata scaricata più di 61’000 volte, ottenendo ben due dischi di platino. Composta appositamente da Roman Camenzind e Georg Schlunegger e interpretata da 23 noti artisti svizzeri, è piaciuta in tutto il Paese. «Siamo quasi increduli e felicissimi della grande partecipazione della popolazione svizzera alla nostra raccolta di fondi», dichiara Herbert Bolliger, Presidente della direzione generale della Federazione delle coope-
Tiratura 98’645 copie Inserzioni: Migros Ticino Reparto pubblicità CH-6592 S. Antonino Tel 091 850 82 91 fax 091 850 84 00 pubblicita@migrosticino.ch
rative Migros. Il grosso delle donazioni proviene direttamente dalle filiali Migros, seguite a ruota dalle donazioni per SMS, dai versamenti postali e dagli introiti generati dal download della canzone. In Svizzera una canzone scaricabile non ha mai conquistato due dischi di platino in così poco tempo come la nostra canzone natalizia. Nel giro di sole cinque settimane, Ensemble è stata venduta in totale 61’632 volte. Ma anche l’asta di oggetti personali appartenenti agli interpreti della canzone ha alimentato la raccolta con un rallegrante apporto. Il prezzo più elevato è stato pagato per il sassofono di Pepe Lienhard, aggiudicato per 2900 franchi. Migros ha raddoppiato la somma complessiva donata dai clienti. Nel weekend del 12-14 dicembre, in cui la Migros ha triplicato ogni donazione, è stato raccolto un ulteriore importo di 280’000 franchi. In totale, quindi, Caritas, Heks, Pro Juventute e Soccorso svizzero d’inverno hanno ricevuto 2,4 milioni di franchi, vale a dire 600’000 franchi ciascuna. Il denaro sarà utilizzato per realizzare vari progetti a favore delle persone in difficoltà in Svizzera.
Abbonamenti e cambio indirizzi Telefono 091 850 82 31 dalle 9.00 alle 11.00 e dalle 14.00 alle 16.00 dal lunedì al venerdì fax 091 850 83 75 registro.soci@migrosticino.ch Costi di abbonamento annuo Svizzera: Fr. 48.– Estero: a partire da Fr. 70.–
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 19 gennaio 2015 ¶ N. 04
3
Società e Territorio Acquarossa a dieci anni dall’aggregazione L’aggregazione dei nove ex comuni della Media Blenio è stata la prima nell’Alto Ticino: il bilancio del sindaco Ivo Gianola pagina 4
Veicoli militari d’epoca Hanno una vera passione per i Pinzgauer ma non sono affatto militaristi e si impegnano a livello sociale: Vittorio Moruzzi e Mirto Sanvì sono l’anima del Gruppo HafliPinz Ticino pagina 5
Il presente è tutto
I giovani e il tempo Una riflessione
del sociologo Stefano Laffi sulle esperienze dei ragazzi e il loro rapporto con il tempo
Stefania Hubmann Per offrire una chance di affermazione alle nuove generazioni cresciute nell’era tecnologica, sono gli adulti a dover cambiare. Devono modificare in primo luogo gli schemi educativi, in modo che i ragazzi non scambino gli automatismi digitali, dove tutto succede subito grazie a un piccolo gesto, con lo schema di vita naturale, caratterizzato da altri tempi e relazioni. È necessario formare pionieri, sostiene l’esperto in culture giovanili Stefano Laffi, affinché in questo mondo che evolve rapidamente i giovani siano in grado di costruire i loro modelli rispetto alla famiglia, al lavoro e al loro ruolo nella società. Il sociologo italiano, ricercatore presso l’agenzia Codici a Milano e autore di diverse pubblicazioni, ha condiviso le sue riflessioni con i partecipanti al convegno sul tempo libero giovanile organizzato da Tandem-Spicchi di vacanza lo scorso autunno a Bellinzona. L’esperienza quasi ventennale del progetto ticinese, che attraverso l’omonimo giornale propone una selezione di animazioni per bambini e ragazzi durante i mesi estivi, è sfociata in un’occasione d’incontro formativa e informativa destinata agli enti che promuovono le diverse attività. Il tempo è stato il concetto chiave sul quale si è soffermato Stefano Laffi. Quando il tempo non scorre, ma scade: ragazzi ed esperienze di vita negli anni 2000 il titolo della sua riflessione, volta a dimostrare l’urgente necessità di cambiamento. Abbiamo chiesto al ricercatore di spiegare l’importanza del fattore tempo nella crescita dei giovani. «Ragazzi e adulti – spiega Stefano Laffi – hanno un rapporto con il tempo radicalmente diverso, rapporto ulteriormente differente in questa epoca storica rispetto al passato. Per i giovani il presente è tutto, anche perché il passato è limitato a pochi anni. La loro vita si concentra sul presente e sul futuro, caratterizzato da una grande incognita. L’adulto vive invece il presente quale dimostrazione del passato che rappresenta la sua storia, mentre il futuro è associato ai concetti di continuità e stabilità. Non è quindi possibile utilizzare la percezione degli adulti quale schema di scambio con i giovani. Eppure anche la scuola riproduce questo modello. Basti pensare alla cultura, intesa quasi esclusivamente come rapporto con il passato, mentre il futuro è lasciato in prevalenza all’economia». L’adolescente si trova pertanto confrontato da un
lato con una cultura che non gli parla e dall’altro con un’economia che, attraversando una profonda crisi, lo proietta in un futuro buio e cupo. Il secondo aspetto del tempo evidenziato dal sociologo è legato al modo in cui crescono le nuove generazioni, fortemente condizionate dal consumo tecnologico. «È qui che il tempo non scorre ma scade. Nell’oggetto digitale non c’è spazio per la sospensione del desiderio, tutto è immediato secondo il principio plug and play. Non esiste nemmeno più il tempo del foglio delle istruzioni. Se si cresce secondo questo principio, si rischia di perdere concetti quali l’attesa, la fatica, la pazienza e appunto la sospensione del desiderio. Questi elementi sono però caratteristici dei processi di apprendimento e quindi il giovane si ritrova al centro di una contraddizione». Come è possibile superare questa impasse? Risponde Stefano Laffi: «Nei processi di apprendimento bisogna cercare di anticipare la fase dell’esperienza, lasciando che la spiegazione diventi la didascalia di ciò che si sta facendo. L’inversione di tendenza non deve però avere quale conseguenza una perdita di competenze e abilità. Bisogna quindi introdurre alcune “finestre” sul piano educativo, dedicate in particolare al “mondo senza” e al “mondo prima”. Nel primo caso si tratta di provare a fare a meno di un oggetto tecnologico (cellulare, computer), nel secondo di soffermarsi sul come si faceva prima, ad esempio quando si utilizzava il fax, mezzo completamente sconosciuto ai più giovani. Queste situazioni evitano di perdere abilità mentali e manuali, come pure il senso dell’evoluzione». Famiglia e scuola devono entrambe «rompere l’incantesimo di onnipotenza», per aiutare i giovani a interrogarsi sul mondo materiale che li circonda, evitando di considerarlo l’unico mondo possibile. Questa specie di mondo magico, nel quale l’essere umano compie quotidianamente molteplici azioni complesse attraverso gesti semplici e senza fatica, mostra però i suoi limiti anche ai ragazzi stessi. «Le relazioni interpersonali, soprattutto quelle sentimentali, sfuggono agli automatismi. Insomma non basta schiacciare il pulsante per ottenere un sì. La complessità e i tempi lunghi di questi rapporti sono all’origine di grande paura e senso di inadeguatezza da parte dei giovani». Elementi presenti anche nel percorso di formazione e nell’ambito professionale che tendono a disorien-
Con le nuove tecnologie negli ultimi anni «è cambiato il modo di scrivere, di cercare amici, di fare musica. Non si tratta più di formare bravi studenti ma pionieri». (Keystone)
tare e per affrontare i quali è necessario, secondo Laffi, applicare nuovi schemi educativi. Viviamo in un’epoca di grandi cambiamenti, dove è indispensabile capire che le soluzioni di oggi saranno superate nel giro di poco tempo. Il ricercatore ricorda le enormi trasformazioni subite dai piccoli gesti quotidiani negli ultimi 10-15 anni: «È cambiato il modo di scrivere, di cercare gli amici, di fare musica. Non si tratta più di formare bravi studenti ma pionieri che guideranno la società di domani. L’approccio scolastico deve cam-
biare prospettiva, mettendo a tema il futuro. Occorre lavorare insieme ai ragazzi sulle trasformazioni che sono avvenute e che potrebbero verificarsi. Sono gli elementi di sfida, coraggio e immaginazione che dovrebbero essere valorizzati, in modo da preparare i giovani a superare l’ignoto piuttosto che a eseguire meticolosamente i compiti o ad apprendere perfettamente la lezione. Lo schema scolastico del corso frontale va superato a favore di un insegnamento che punti al dialogo e che permetta di ragionare insieme. Il sapere non è già dato, ma si costruisce. Più
persone partecipano, più possibilità ha di crescere». Stefano Laffi affronta quindi il disagio giovanile ribaltando luoghi comuni e proponendo soluzioni concrete da mettere in atto in famiglia e nella scuola. Maggiori approfondimenti sui meccanismi che hanno portato a questa situazione e sulle forme di cambiamento sono raccolti nel volume che ha pubblicato un anno fa per Feltrinelli, intitolato La congiura contro i giovani. Giovani che «non devono ricevere la conoscenza ma costruirla in uno scambio continuo, considerando gli altri una risorsa».
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 19 gennaio 2015 ¶ N. 04
4
Società e Territorio
I nostri primi dieci anni insieme Acquarossa Il bilancio del sindaco Ivo Gianora a dieci anni dall’aggregazione dei nove ex comuni della Media Blenio
Mara Zanetti Maestrani Nell’aprile del 2014, il comune di Acquarossa ha compiuto i 10 anni di vita dall’aggregazione dei nove ex comuni della Media Blenio (Castro, Corzoneso, Dongio, Marolta, Largario, Leontica, Lottigna, Ponto Valentino e Prugiasco). È stato il primo comune aggregato della Valle di Blenio (dal 2006 c’è anche il comune di Blenio e dal 2012 Serravalle), il primo nell’Alto Ticino e tra i primi a livello cantonale. Dopo 10 anni, il bilancio che si può stilare è, nel complesso, positivo, anche se le insidie e le incertezze non mancheranno in futuro. Oggi il comune della Media Blenio, che si estende per ben 6614 ettari prevalentemente montani (gli insediamenti abitati sono su soli 141 ettari), conta in totale 1860 abitanti, popolazione più o meno stabile a partire dal 2000 e pressoché uguale a quella degli altri due nuovi comuni bleniesi. Difficilmente si raggiungerà la popolazione del 1850, ossia 2664 abitanti, anche se da qualche tempo si registra la tendenza di famiglie giovani a lasciare i centri urbani per una vita più tranquilla e a contatto con la natura in valle. Nelle sue attuali 17 frazioni e sui numerosi monti, Acquarossa conta 980 residenze primarie e praticamente altrettante (960) abitazioni secondarie, adibite quindi a vacanze o soggiorni temporanei. Come in parecchi dei comuni montani, dunque, la quota di residenze secondarie già esistenti supera considerevolmente il limite del 20% imposto dalla discussa iniziativa Weber. Ed è una presenza, questa, molto apprezzata ed importante, dato che, specie in estate e in inverno, queste residenze si popolano di persone (bleniesi domiciliati fuori valle o villeggianti) che danno un significativo impulso all’economia della valle. Sul suo vasto territorio, Acquarossa annovera un migliaio di rustici, di cui il 25% non riattati, e ben 120 km di strade comunali da gestire. Due sono le Scuole dell’infanzia frequentate da complessivi 40 allievi, mentre le sezioni di Scuola elementare sono 4 per un totale di 80 allievi. A livello economico è interessante osservare come, pur essendo il primario il settore ancora maggiormente presente nell’intera valle, ad Acquarossa a prevalere è il numero delle aziende del terziario (70 contro le 40 aziende agricole). I servizi danno lavoro a 480 persone, di cui circa 200 impiegati divisi tra l’Ospedale di Acquarossa e la vicina Casa per anziani. Il primario, con i suoi 800 capi da reddito, dà lavoro a 90 persone, mentre il secondario conta una trentina di aziende che impiegano 190 dipendenti. A livello politico, il comune è gestito da un Municipio formato da 5
membri (di cui il sindaco Ivo Gianora e il vicesindaco Ermelindo Taddei in carica dall’anno della fusione) e da un Consiglio comunale di 25 membri. In 10 anni, l’Esecutivo ha svolto ben 480 sedute, i messaggi municipali redatti all’indirizzo del Consiglio comunale sono stati 243, 7000 le risoluzioni adottate. Il Consiglio comunale, dal canto suo, si è riunito per 41 sedute, approvando crediti complessivi (al lordo di sussidi e aiuti) per poco meno di 40 milioni di franchi. E le finanze del comune come stanno dopo aver ricevuto 9 milioni e 750 mila franchi dal Cantone quale contributo mirato per l’aggregazione, suddiviso in 5’750’000 per il risanamento delle finanze dei nove ex comuni e in 4 milioni per gli investimenti? Da diversi anni il saldo costi/ricavi è positivo: nel 2013 la maggior entrata era di poco più di 450 mila franchi. Questo grazie alla principale fonte d’entrata (dopo le imposte), ossia i contributi cantonali di livellamento e di localizzazione geografica. Questi fattori uniti ad un’attenta valutazione delle spese, hanno permesso di mantenere per l’intero decennio il moltiplicatore d’imposta fisso al 95%. Tuttavia la prudenza si impone di fronte alle serie incognite future che, prevedibilmente, andranno ad incidere in modo negativo sui risultati d’esercizio riducendo il potenziale per gli investimenti ed aumentando il debito pubblico. Già per il 2015, ed è un primo campanello d’allarme, le cifre a preventivo indicano una leggera perdita. Ad incidere sulla situazione finanziaria futura potranno essere i probabili riversamenti di altri costi dal Cantone ai Comuni, i risvolti della Pianificazione ospedaliera, il forte calo previsto del contributo di livellamento e, non da ultimo, il rinnovamento delle condotte dell’acqua potabile e il 60% delle canalizzazioni ancora da concretizzare. Se molto si è quindi dovuto investire (e ancora si investirà) in «opere tanto nascoste quanto necessarie come le canalizzazioni», molto si è voluto investire in opere pubbliche a beneficio diretto della popolazione. Meritano una citazione l’acquisto (quale primo comune in Ticino, poi altri ne sono seguiti) della stazione invernale del Nara, la ristrutturazione del Cinema Teatro-Blenio, la nuova passerella verso la Chiesetta di Negrentino, il rinnovo delle infrastrutture sportive di Dongio, l’acquisto dello stabile ex Fehlmann dove è stato realizzato il Centro giovanile per la Valle e la realizzazione di centrali idroelettriche e fotovoltaiche. Per quel che riguarda il Nara, Acquarossa ha investito, tra acquisto degli impianti e manutenzioni straordinarie, oltre 1,8 milioni di franchi, e nei prossimi 10 anni sono da
prevedere altri investimenti per oltre 1 milione di franchi, in particolare per il rinnovo delle concessioni federali di trasporto. Sperando nelle nevicate, la stazione della Media Blenio è in grado di attirare oltre 30 mila sciatori ogni stagione e rappresenta un tassello fondamentale dell’economia locale. Il fermo proposito dell’acquisto della stazione da parte del Comune si è quindi rilevato essere una mossa vincente. E in futuro l’operosità di Acquarossa non sembra ridursi. È infatti prevista la costruzione della nuova Casa comunale, di un nuovo spogliatoio del Centro sportivo, nonché la realizzazione di una Centrale a biomassa con rete di teleriscaldamento. Attualmente, tema caldo è la salvaguardia dell’Ospedale di Acquarossa nell’ambito della nuova Pianificazione ospedaliera cantonale; ma si parla anche di Parc Adula (Acquarossa è presente nella futura zona periferica) e ovviamente del discusso Centro turistico-alberghiero (terme), per il quale recentemente il Comune ha deciso di diventare proprietario dei terreni dove dovrebbe sorgere il complesso e dei diritti sulle acque.
i vantaggi dell’aggregazione, scelta sicuramente pagante. Un piccolo comune di montagna simbolo dunque del successo delle aggregazioni: qual è la ricetta che ha permesso tutta questa progettualità?
Il grosso lavoro svolto grazie all’ottima collaborazione sin dall’inizio tra Esecutivo e Legislativo; cosa che ha permesso di attuare una politica costruttiva nell’interesse dei cittadini. E un aneddoto positivo, in questi 10 anni, lo ricorda?
La descriverei come un comune attivo e propositivo che ha saputo sfruttare
Come è nata l’aggregazione. Probabilmente il primo seme risale al 1978 con la creazione del Consorzio scuole elementari Media Blenio, anche se coloro che hanno promosso il progetto aggregativo appartengono alla generazione precedente. Nella seconda metà degli anni Novanta il Cantone aveva pubblicato lo studio Il Cantone e i suoi Comuni, l’esigenza di cambiare. A quei tempi ero sindaco a Leontica, e con un paio di colleghi decidemmo di affrontare la sfida. La prima riunione degli amministratori comunali sul tema risale al marzo del 1999. Anche se, inizialmente, non pochi erano scettici, la consapevolezza della necessità di un cambiamento per adattarsi ai tempi fece il resto, permettendoci di concretizzare il progetto in occasione delle elezioni comunali del 2004.
colo: persone di ogni provenienza e nazionalità erano lì, senza violenza, senza rabbia anzi con quella gioia e quell’euforia di chi sa che sta facendo la cosa giusta, di chi dopo giornate di dolore, violenza e barbarie vuole contribuire a scrivere una pagina di speranza, di giustizia e di libertà. Il climax in rete si è raggiunto quando ha iniziato a circolare la gigantografia degli occhi di Charb, il direttore del settimanale satirico «Charlie Hebdo». Una stretta al cuore. Segue poco dopo quella di una bambina di dodici anni con in mano un cartello «quando sarò grande sarò una giornalista, io non ho paura» e poi l’immagine del volto di una ragazza, occhi azzurri decisi, matite rosse disegnate sulle guance, e un nastro adesivo sulla bocca che dice «Liberté». I cittadini della democrazia e il po-
polo della Rete si sono riappropriati dei propri spazi con dignità e coraggio cantando la marsigliese. Lo hanno fatto scendendo in piazza, per le strade di Parigi ma anche seguendo e condividendo quanto stava accadendo sul Web e sui social. Era incredibile vedere il susseguirsi di post, di commenti, di opinioni e testimonianze, come anche i titoli degli articoli della stampa che sul Web si sono rincorsi per tutto il pomeriggio. E protagoniste erano le persone, i cittadini, utenti della Rete e non, erano i redattori di «Charlie Hebdo» e ciò che «Charlie» rappresenta. I protagonisti eravamo tutti noi. Si accusano spesso i social e la Rete di mostrare solo una fetta della realtà, di essere un bel giardino effimero creato ad arte e somiglianza degli interessi degli utenti, di essere
Sindaco Gianora, con quali aggettivi descriverebbe oggi la «sua» Acquarossa?
La popolazione, ora, come vive l’aggregazione? Percepisce un «allontanamento» dalle autorità?
Non dovrei essere io a dirlo, ma mi sembra che l’aggregazione sia ben percepita. Abbiamo potuto realizzare diverse opere, ma anche migliorare o professionalizzare i servizi. Quello dell’allontanamento della popolazione dalle istituzioni è un problema generale, molto sentito anche da noi. Ne è la prova la difficoltà a trovare giovani che possano garantire la continuità nella guida delle istituzioni, in modo particolare per i municipi, ma anche le basse partecipazioni alle votazioni. Dieci anni di sindaco e già prima sindaco a Leontica. Ha decisamente la politica nel sangue! Cosa l’ha avvicinata al piacere di «far politica»?
Nulla di particolare, se non la passione e l’interesse per la gestione della cosa pubblica oltre alla volontà di contribuire al rilancio della nostra bella regione. Che cosa augura per il 2015 ad Acquarossa?
Innanzitutto tanta salute a tutti i cittadini, con la speranza che nel nuovo anno possano essere compiuti passi concreti per lo sviluppo dei progetti più importanti per il futuro della Valle. Non da ultimo che si riesca a garantire la continuità dell’offerta sanitaria dell’Ospedale di Acquarossa.
La società connessa di Natascha Fioretti Dalla Rete alla Place de la République
Emozioni simili le avevo provate nel 2008 seguendo sul Web la diretta streaming del discorso del primo presidente afro-americano della storia: Barack Obama. Vedere tutta quella folla accorsa a Capitol Hill, Washington, per ascoltare le parole del nuovo presidente, il primo ad avere promosso una campagna mediatica social sul Web a suon di slogan «yeswecan», era grandioso. Improvvisamente parte di quelle persone che per mesi avevano seguito, sostenuto, commentato la campagna di Obama aveva un volto, uno sguardo, un sorriso. Il desiderio da spettatore, da cittadino di un altro paese, era quello di esserci, di condividere la gioia, i festeggiamenti per un successo raggiunto, essere parte di una
collettività così motivata e fiera che credeva in qualcosa. Così come domenica 11 gennaio 2015 eravamo tutti francesi, Parigi era la capitale del mondo e Hollande il nostro presidente. Chi, nello schermo del suo computer, alla vista delle due milioni di persone in marcia per le strade di Parigi per rendere omaggio alla vittime, non avrebbe voluto trovarsi lì, essere parte di quella marea umana spinta da uno spirito coraggioso e ardito? Ancora una volta grazie alla Rete, ai social, quell’assenza veniva colmata, e le emozioni riuscivano a passare, così come lo stupore quando allo scandire dei minuti le persone si materializzavano e pian piano aumentavano sempre di più fino ad arrivare ad essere più di due milioni. Dalla Rete alla place de la République, in poche ore c’è stato un mira-
veicoli di violenza e di annidare infiniti pericoli e rischi. Sarà, ma oggi, all’indomani della marcia di Parigi, credo si possano vederne ed elogiarne gli aspetti positivi, in particolare la forza di condividere contenuti, di rendere protagoniste le persone, i cittadini, di creare comunità virtuose, di raggiungere tutti con una velocità e una schiettezza disarmanti, di riuscire a rendere tutti partecipi, contemporaneamente e in spazi e luoghi diversi, di creare dibattiti e confronti rispettosi e costruttivi, di fare circolare le informazioni oltre i confini e le barriere linguistiche. Sono cose che in teoria sappiamo, di cui parliamo spesso ma di cui realizziamo davvero la portata soprattutto in occasioni come queste, in cui tutti eravamo e siamo «Charlie in difesa della libertà».
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 19 gennaio 2015 ¶ N. 04
5
Società e Territorio
La passione per il Pinzgauer
20% DI RIDUZIONE
Veicoli militari Ha compiuto dieci anni
il Gruppo HafliPinz Ti
Guido Grilli «Non siamo militaristi». Lo chiariscono subito, Vittorio Moruzzi e Mirto Sanvì, quasi coetanei, 73 anni il primo, 71 il secondo, che ora siedono uno accanto all’altro nel loro bar sociale, come sintonizzati su un comune e condiviso ideale. «C’è chi ama collezionare francobolli, noi siamo appassionati di veicoli militari d’epoca» – sostiene Sanvì. Potrebbe sembrare una contraddizione. Eppure, lontani da ogni ideale di guerra o di violenza, i due amici amano non il fine dell’esercito, quanto piuttosto i suoi mezzi: i veicoli. E così, il 14 ottobre 2004 hanno fondato un’associazione con all’attivo un centinaio di affiliati provenienti da tutto il cantone: il Gruppo Haflinger e Pinzgauer Ticino (l’acronimo è «HafliPinz Ti»), con sede operativa presso il Dicastero sport di Lugano. Ogni socio possiede uno o più veicoli dell’esercito risalenti ad almeno trent’anni fa, come richiede lo statuto, o rintracciabile indietro nel tempo persino a sessanta anni fa. Ognuno custodisce il proprio «gioiellino» con estrema cura. «Se piove, certo che non mi viene in mente di tirare fuori dal garage la mia Jeep del ’58» – esclama, tra il serio e il faceto, Vittorio Moruzzi, deus ex machina dell’associazione, che ha curato il regolamento, l’istoriato del sodalizio, il sito web e coordina buona parte dell’intera attività. Sul tavolo può già esibire la stampa del programma 2015, che contempla il tradizionale raduno annuale, in agenda il prossimo 13 giugno, che vedrà la sfilata di veicoli militari d’epoca alle falde del Monte Tamaro. Un viaggio su carrareccia sterrata, per una decina di chilometri e che ha già ottenuto l’indispensabile autorizzazione da parte di patriziato, Comune e alpigiani locali. Veicoli militari di diversa fabbricazione, altrimenti dismessi, posti all’asta dall’esercito oppure venduti su Internet da una miriade di appassionati di tutto il mondo, ritrovano vita – spesso dopo un accurato lavoro di officina realizzato dal nuovo proprietario. «C’è tutto un universo, una fervente compravendita, soprattutto su Internet» – spiega Mirto Sanvì, presidente del Gruppo Haflinger e Pinzgauer Ticino sin dal giorno della nascita del sodalizio, il quale annota tuttavia che l’associazione non conosce troppe gerarchie, mantenendo così vivo il più possibile lo spirito di amicizia, lontano da schemi e formalità. Quindicimila franchi è il valore medio di un veicolo. «Ma difficilmente si scambia o si vende. Noi vi siamo affezionati a tal punto, che difficilmente cediamo un nostro veicolo, ci teniamo tanto da esserne gelosi», evidenzia Moruzzi. Ma oltre alla natura estetica e edonistica, i cultori dei veicoli milita-
ri d’epoca perseguono anche finalità squisitamente sociali. «Con il Gruppo Terza Età di Canobbio organizziamo periodiche escursioni in montagna con i nostri veicoli: al Monte Bar, sopra Corticiasca; al Passo San Lucio, ai piedi del Gazzirola» – spiegano i fondatori dell’associazione, che aggiungono: «Per il “Trekking over 60” di Lugano abbiamo svolto il ruolo di assistenti, trasportando fino alle capanne alpine il materiale necessario». Così HafliPinz Ti alleggerisce il peso dell’escursione ai suoi partecipanti. Grazie ai veicoli militari d’epoca – «sempre nel rispetto della natura, e percorrendo strade rigorosamente battute» – gli escursionisti possono raggiungere mete altrimenti impensabili. Il Club storico culturale veicoli militari d’epoca, che annovera tra i suoi associati anche due noti politici, Filippo Lombardi e il municipale di Lugano, Michele Bertini, ha già reso servizio, sempre in forma di volontariato come è nella natura dell’associazione, a granconiglieri, caricati a bordo su questi mezzi d’altri tempi e d’altri luoghi. «È stato il caso del presidente del Gran Consiglio Gianrico Corti e di altri parlamentari» – fa sapere con un certo orgoglio, il presidente dell’associazione, che aggiunge: «Quando salgono sui nostri veicoli d’epoca, iniziano a evocare d’incanto i giorni della loro lontana scuola reclute, rivivendo quello che definiscono un momento importante della loro vita». Sono molte le associazioni presenti in Europa con l’analogo culto dei veicoli militari d’epoca, basta cliccare su Internet per rendersi conto di quanto il collezionismo di veicoli militari d’epoca rappresenti una realtà diffusa. Tra questi sodalizi, il più vicino geograficamente è il Club Veicoli Militari Storici di Oltrona S.M., con cui il sodalizio luganese condivide da tempo innumerevoli raduni. «Condividiamo gli stessi ideali», evidenziano Moruzzi e Sanvì, che ricordano i fondamenti del loro regolamento: «I promotori della nostra associazione sono degli amatori interessati al collezionismo di veicoli militari storici, ritenuti “beni culturali tecnici” degni di essere conservati e valorizzati. I promotori reputano che automezzi le cui caratteristiche e prestazioni erano da considerare eccezionali al momento dell’entrata in servizio militare, oggi meritino di essere ricordati e fatti conocere ai più giovani». HafliPinz Ti si propone inoltre di sensibilizzare i propri associati alla tutela della flora e della fauna e alla valorizzazione del paesaggio, promuove il perfezionamento della guida in tutta sicurezza sia su strada sia fuori strada, nel rispetto delle norme di legge, della natura e dell’ambiente. Insomma, tutto in un mondo ideale di pace.
amarlo Per
come lui
ti ama
3.60 0 invece di 4.55
Il logo dell’associazione su un veicolo d’epoca. (HafliPinzTi)
Annuncio pubblicitario
per es. Ce esar ® RICETTE DI NA Selezione di menù, CAMPAGN aschette 4 × 150 g va
SU TUTTI I PRODOTTI CESAR®. OFFERTE VALIDE SOLO DAL 20.1 AL 26.1.2015, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 19 gennaio 2015 ¶ N. 04
6
Società e Territorio Rubriche
Lo specchio dei tempi di Franco Zambelloni La scuola futuribile Nel Sei e Settecento ci furono europei e americani che, mossi da carità cristiana, si misero d’impegno a comprare schiavi appena arrivati dall’Africa per poi liberarli. Animati dall’umanissimo intento di sollevare quegli infelici dal peso della schiavitù, reclutarono sempre più numerosi aderenti alla causa, che a loro volta si diedero all’acquisto e alla liberazione degli schiavi. Il risultato fu disastroso: l’intento umanitario incrementò lo schiavismo, crebbe il numero dei velieri stracolmi di neri in ceppi. Il nobile intento aggravò il male. Questo esempio – con numerosi altri simili – mi è venuto in mente leggendo il recente rapporto del Decs dal titolo La scuola che verrà. Il rapporto progetta una prossima riforma della scuola dell’obbligo in base a princípi degnissimi. Il primo – e che fa da fondamento a tutto l’edificio – è «non discriminare». Giustamente: discri-
minare significa considerare qualcuno inferiore in dignità e diritti e trattarlo di conseguenza. Purtroppo, la vaghezza delle parole e dei concetti rende sfumato il confine tra diversità e discriminazione, e questo genera non pochi equivoci. Ad esempio, mi pare che esistano squadre di calcio di serie A e altre di serie B: è una discriminazione? Oppure è semplicemente il riscontro di gradi diversi di abilità? Nella scuola media i livelli – A e B – sono stati aboliti. L’attuale ripartizione in corsi attitudinali e corsi base (e solo per poche materie) non è affatto una condanna definitiva: il ragazzo che dimostri di migliorare può sempre passare dal livello inferiore a quello superiore. Ma, in base al principio dominante, si può ravvisare in questa classificazione una prassi discriminatoria, che verrà dunque abolita. Coerentemente con il principio, bisognerà abolire le bocciature, che sono, con
evidenza ancora maggiore, la discriminazione tra vincitori e perdenti: adottando «scale valutative diversificate», adattate alle diverse prestazioni, nessuno dovrebbe più incorrere in un fallimento scolastico. Al termine degli studi obbligatori tutti avranno un uguale attestato che consentirà a tutti di accedere a qualsiasi formazione successiva indipendentemente dalle capacità e dai meriti. Il Rapporto non nega affatto l’esistenza di «diversità socioculturali, cognitive, affettive e comportamentali tra alunni»; vuole appunto evitare che «si trasformino in insuccesso scolastico, in differenze di opportunità nei confronti dell’apprendimento e della riuscita scolastica». Deve dunque essere una scuola dove tutti gli svantaggiati «possano imparare meglio e costruire un sapere più solido». Fin qui, dunque, tutto bene. Adesso viene la domanda: come si fa? Qui il
Rapporto risulta meno convincente: in primo luogo, perché, come viene detto, «non sono ancora stati elaborati i dettagli applicativi»; per ora si indicano solo alcune strategie generiche, come la «differenziazione pedagogica», la «personalizzazione», la «cultura collaborativa». La mancanza di una precisa definizione della procedura solleva inevitabili domande: quanto personale in più (docenti, docenti di sostegno, orientatori, logopedisti, psicologi…) sarà necessario? Quanto grande sarà l’aggravio di lavoro (previsto nel Rapporto) e di stress dei docenti, molti dei quali finiscono già ora in burnout? Che ne sarà del ragazzino che non ha deficit di capacità, ma semplicemente non ha voglia di impegnarsi? Sinora, un incentivo all’impegno era lo spettro – sia pure improbabile – di dover ripetere l’anno; ora lo spettro svanisce. Chi ha voglia d’impegnarsi a giocare, se è impossibile perdere? L’abolizione
della sanzione non sarà un deterrente dell’impegno di molti, compresi i migliori (pardon: i non-svantaggiati)? Sono domande che il Rapporto non si pone. C’è un unico modo per avere risposte: una verifica sperimentale condotta con rigore e con tutto lo scetticismo necessario. Una simile verifica andrebbe affidata non alle parti proponenti (Decs e Dfa), ma a competenze super partes. Meglio ancora sarebbe – come si è fatto in alcuni Paesi nordici – istituire due commissioni di verifica: una con il compito di cercare gli aspetti positivi, l’altra impegnata a trovare ciò che non funziona. Perché, come è ben noto dagli studi sociologici, in questo genere di ricerche si trova in genere quello che si cerca, non quello che non si pensa di trovare. Dunque, prima di attuare la riforma, meglio procedere con i piedi di piombo: non avrebbe senso imporre nobili princípi sconfessandoli con disastrosi risultati.
tango nella nostalgica sala da pranzo. Porto in fretta la borsa in camera, un occhio alla classica loggia e corro giù a chiedere una slitta alla reception. La tipa mi accompagna fuori a prenderla. A passeggio nella neve con slitta al guinzaglio lungo la facciata principale sud, affiancando la veranda con le vecchie sedie in vimini e coperte, respiro a pieni polmoni. Ecco una pila dei famosi lettini in vimini per le ore di cura all’aria aperta. La pista parte al fianco ovest dell’edificio, raggiungibile anche costeggiando il retro. E allora via. Verso le cinque a metà gennaio, dopo il ponticello, alla seconda curva della pista da slitta dello Schatzalp (1861 m), entro nella pineta. Zauberwald scrivono sulla «Davoser Zeitung», sempre sull’onda del Mann-marketing. Se lo Schatzalp, con classe, getta fumo negli occhi vendendo persino i sigari Maria Mancini fumati da Hans Castorp, il sanatorio della Montagna incantata, seppur identificato per via della cupola nel Valbella
(1912), non c’è più. Stravolto già negli anni Cinquanta da un rinnovamento, è stato demolito. Lassù le piste da sci dello Jakobshorn sono baciate dall’ultimo sole: ghirigori sciistici che scintillano fin qui. Gli interni del sanatorio immortalato da Mann sono invece rivendicati dal lussuoso Waldhotel, un tempo Wald Sanatorium (1911). Visto che lì era andata in cura Katia, la moglie di Mann. Ad ogni modo il sanatorio romanzato della Montagna incantata è sempre stato introvabile, se non esotericamente, dentro il libro stesso; con l’immaginazione dei grandi lettori. Ora la luce sulla montagne è rosa. Prendo confidenza e vado giù a perdifiato, frenando con il tallone in curva. Faccio il bis, scafato, la pista è ghiacciata. La slitta però non mi sembra il massimo, in vetrina ecco una vera Davos in legno di frassino. Anche se costa un occhio, la prendo, antico sogno. La terza discesa, dopo un earl grey al bar dello Schatzalp, al buio, è magica.
dell’ironia rivolti verso la propria realtà, sia una prerogativa ereditaria, legata a luoghi, contingenze politiche, sociali, a motivazioni ideologiche, religiose, o addirittura a fattori climatici. Per cui dovrebbe esistere una barriera invalicabile fra paesi dove si può o invece non si può ridere e neppure sorridere. I recenti fatti di Parigi l’hanno del resto, evidenziato. Ma, lasciando l’interpretazione di questi eventi ai politologi e agli specialisti di intelligence, è il caso di portare il discorso, più modestamente, entro i confini di casa nostra: in luoghi dove esercitare la satira, l’ironia, lo scherzo, nelle più svariate forme, scritte, parlate, disegnate, si può. È un diritto, ufficialmente garantito dalla Costituzione. E di conseguenza un uso, entrato nel costume quotidiano. Ora, proprio qui, una libertà conclamata si scontra, non di rado, con l’incapacità di praticarla. In altre parole, far ridere si può ma non si sa. Basta guardarsi attorno. La satira, o il semplice umorismo, stentano a esprimersi e raggiungere il loro
obiettivo: divertire, provocare la risata liberatrice, o addirittura far pensare, pizzicare la cattiva coscienza. Insomma, fra l’autore del messaggio, sia una vignetta, una commedia, una battuta, e il suo destinatario, non si stabilisce un contatto. Niente reazioni. Un disegno e delle parole spettacolo caduti nel vuoto. Colpa di chi? Si è portati a processare l’autore. E, difatti, certe vignette, che compaiono sui nostri giornali, dimostrano quanto sia difficile l’arte della denuncia che esige una matita agile e un occhio perspicace. Cose che, spesso, non coincidono. Ma a provocare il fallimento di quest’incontro, interviene soprattutto un atteggiamento mentale, largamente diffuso: la refrattarietà all’humour, l’incapacità di percepire il lato ridicolo delle cose, anzi il compiacimento nell’ingigantire guai e presagire disgrazie. Certo, le dimensioni del paese non aiutano. Anche disegnatori, scrittori, showmen locali si vedono costretti a ricorrere all’autocensura. Con risultati di segno opposto all’obiettivo: rattristano.
Passeggiate svizzere di Oliver Scharpf La pista da slitta dello Schatzalp a Davos Sanatori e slitte, si sa, hanno fatto, in parte, la gloria di Davos. Due mondi che s’incontrano presto nel mirabile romanzo mattone di Thomas Mann: La montagna incantata (1924). Quando Joachim – il cugino del protagonista, Hans Castorp, ventitreenne appena arrivato al Sanatorio Berghof in visita per tre settimane che diventeranno poi sette anni – dice: «Più in alto di tutti è il Sanatorio Schatzalp lassù, di qui non si vede. D’inverno quelli devono far scendere le loro salme con la guidoslitta, perché le loro strade non sono transitabili». In realtà non ci sono mai state strade per lo Schatzalp, solo una funicolare, nel bosco. Se il mondo dei sanatori di Davos si è estinto, il toponimo è ancora oggi, nel caratteristico corsivo coreografico, marchiato a fuoco sulla iconica slitta chiamata proprio modello Davos. E dallo Schatzalp, ex sanatorio di lusso inaugurato a Natale del 1900 e hotel dal 1954, parte la più antica pista da slitta dei Grigioni. Quasi
tre chilometri, diciotto curve, l’arrivo a Davos Platz. Tra l’altro è qui a Davos nel febbraio 1883 che avviene la prima gara internazionale di slitta. Camminando lungo la «Promenade», così si chiama ufficialmente la via principale di Davos-Platz, a metà circa, un cartello indica Schatzalp. Zauberberg c’è scritto sulla funicolare blu. Il titolo del libro di Thomas Mann lo si attribuisce così a un luogo ben preciso: la montagna scelta con cura per il suo sanatorio da Willem Jan Holsboer (1834-1898). Un olandese imbarcatosi a quattordici anni come mozzo e diventanto poi capitano, nonché direttore di banca a Londra. Capitato a Davos nel 1867 per via della moglie inglese tubercolotica, diventa socio del medico tedesco Alexander Spengler, il pionere di Davos come stazione climatica per il «mal sottile», la cui cura era aria buona e vino rosso. Promotore di sanatori vari, Holsboer è anche l’apripista della linea ferroviaria retica che contribuirà molto allo
sviluppo di Davos come luogo di cura e sport invernali. Salgo in compagnia di una coppia uruguaiana con due slitte e un signore con bagaglio. Quattro minuti panoramici e si è su all’ex sanatorio Art Nouveau, ora Berghotel Schatzalp come si legge in oro, su sfondo crema. Berghotel richiama il «Berghof» del libro. Inoltre, sulla passerella che porta all’entrata, citazione capitolo sette messa lì sotto il naso e un sentiero è il «Thomas Mann-Weg». Così, chi non l’ha mai letto o solo iniziato e poi lasciato perdere ma anche chi l’ha letto tutto tempo fa, si crede un po’ nel sanatorio della Montagna incantata. Il posto, del resto, è molto romanzesco. Universo tisico-Belle Époque rimasto intatto e trasformato con gusto in hotel. E se Davos è quello che è, qui la storia cambia. Vista pazzesca sulle montagne innevate e maestose pinete attorno. Senza contare che è luogo di forza misurato in ventiseimila unità Bovis e ha quarantatré fonti sorgive. Corso di
Mode e modi di Luciana Caglio Ridere: dove non si può e dove non si sa «Quando in un paese non si sa più ridere vuol dire che le cose vanno male»: con questo motto, scherzoso ma non troppo, Altan, il vignettista di «Repubblica» aveva presentato, nell’estate 2012, al Museo della Satira di Forte dei Marmi, la retrospettiva dei suoi quarant’anni di attività. Il creatore di Cipputi, prototipo del comunista in apparenza tutto d’un pezzo, illustrava, attraverso le illusioni e disillusioni del suo personaggio l’itinerario di un’evoluzione individuale e poi collettiva, dimostrando come in un paese democratico cambiare, criticare, ricredersi sia possibile. A un artista, dotato di talento grafico e di sensibilità morale, si affida, insomma, il compito dell’osservatore disinibito che rivela e smaschera realtà scomode e taciute. Tanto da diventare una presenza utile e impareggiabile nell’apparato dell’informazione. «Altan è stato spesso il vero editorialista del nostro giornale» ha dichiarato il direttore di «Repubblica», Enzo Mauro. Lo stesso vale per Sergio Staino, ospite nel 2013 di Forte
dei Marmi, e creatore di un’altra figura storica del fumetto italiano: Bobo, pure lui un compagno alle prese con i turbamenti del dopo muro di Berlino, a cui, comunque, va riconosciuto «l’orgoglio del perdente», per dirla con Umberto Eco. Fatto sta che queste strisce, pubblicate dall’«Unità», da «Linus», da «Tango», al pari delle vignette, magari più tranquille, firmate da Giannelli per il
Cipputi, il personaggio creato da Altan.
«Corriere della Sera», o da Vincino per il «Foglio» o da Forattini, hanno fatto da contraltare alla cronaca ufficiale, inducendo alla riflessione e al dubbio. Ora, questo Museo della Satira che, guarda caso sorge in una località considerata mondana, snob, destrorsa, svolge da oltre quattro decenni una funzione unica, in Italia, quasi una sorta di anomalia. Quando nacque, nel 1972, il corrispondente del «Times» non nascose la sua britannica incredulità: «Strano che in Italia si riesca a ridere di se stessi». Una virtù di cui, come si sa, gli inglesi si ritengono i più accreditati depositari. Certo, il sense of humour gli appartiene. Basti pensare, nell’ambito politico, alle battute di Churchill, riproposte, recentemente, da Boris Johnson, il sindaco di Londra, a sua volta campione di umorismo. A questo punto, però, si rischia di sbandare su un terreno minato da convenzioni e pregiudizi, d’ordine nazionale e culturale. Ci si deve chiedere se, effettivamente, l’arte di far ridere, con gli strumenti della satira, del sarcasmo,
PUNTI. RISPARMIO. EMOZIONI. ANCORA PIÙ OFFERTE CUMULUS: www.migros.ch/cumulus
AUMENTA IL VALORE DEI TUOI BUONI CUMULUS BUONO DI FR.
BUONO DI FR.
5.–
5.–
BUONO EDELWEISS
BUONO BLITZ
fr. 10.–
fr. 50.–
BUONO DI FR.
BUONO DI FR.
5.–
10.–
BUONO DOMINO’S
BUONO PRIVATE SELECTION HOTELS
fr. 10.–
fr. 50.–
Scambia i tuoi buoni Cumulus blu con buoni di questi quattro partner Cumulus e di molti altri ancora. In questo modo aumenti il valore almeno del doppio. Su www.migros.ch/cumulus-extra o per telefono al numero 0848 85 0848. I tuoi buoni valgono di più.
PUNTI MOLTIPLICATI CON EUROCENTRES Imparare una lingua, vivere una cultura e al contempo raccogliere punti Cumulus? Con Eurocentres puoi scegliere la combinazione ottimale. Impara una delle otto lingue disponibili, su richiesta con diploma di lingue, e goditi l’ampia offerta per il tempo libero in una delle innumerevoli e interessanti destinazioni. Contatta il team di consulenti esperti e poliglotti per telefono, e-mail, live chat sul sito internet oppure recandoti personalmente a Zurigo (Wollishofen). In questo modo troverai la tua destinazione ideale e potrai farti fare un’offerta su misura senza impegno.
GODITI IL SOLE A GRAN CANARIA E FUERTEVENTURA
Durata dell’azione: dal 20 gennaio al 15 febbraio 2015, per tutte le sedi scolastiche. Approfittane: prenota adesso un corso di lingue con soggiorno su www.eurocentres.com o chiamando il numero gratuito 0800 855 875 e sulla tua prenotazione ricevi punti Cumulus moltiplicati per 2. Per un soggiorno di 4 settimane con alloggio a Cairns, ricevi ad esempio 4000 punti Cumulus invece di 2000. Al momento della prenotazione indica la parola chiave «2x Cumulus». Ulteriori informazioni: www.eurocentres.com/it/cumulus
P U N TI
2x
Gran Canaria è la più variegata tra le isole canarie: le gigantesche dune di sabbia sulla costa meridionale e le fantastiche spiagge creano un avvincente contrasto con le rigogliose piantagioni di banane e pomodori nel nord. Su Fuerteventura, l’isola più antica, troverai innumerevoli chilometri di spiagge bianche da sogno. Nell’entroterra vi sono da scoprire paesi idilliaci, mandrie di capre e, celate in piccole vallate, inaspettate oasi verdi di palme. Durata dell’azione: dal 19 gennaio al 9 febbraio 2015 per partenze tra il 2 maggio e il 31 ottobre 2015
Approfittane: prenota adesso la tua vacanza da sogno volo incluso per Gran Canaria su www.vacances-migros.ch/d-102, per Fuerteventura su www.vacances-migros.ch/d-103, oppure chiamando il numero gratuito 0800 88 88 12. Indica il tuo numero Cumulus quando effettui la prenotazione e durante l’azione benefici di punti Cumulus moltiplicati per 5. Osservazione: con Vacanze Migros ogni 2 franchi spesi ricevi 1 punto Cumulus. Ulteriori informazioni: www.vacances-migros.ch
P U N TI
5x
PER DOMANDE SUL PROGRAMMA CUMULUS: INFOLINE CUMULUS 0848 85 0848
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 19 gennaio 2015 ¶ N. 04
8
Ambiente e Benessere Il febbraio della Stachyurus È una pianta rara molto facile da allevare in giardino, estremamente rustica, resistente al freddo intenso e si adatta al pieno sole come alla mezz’ombra
Pedologia, scienza giovane I suoli come fedeli indicatori di paleo-climi e paleo-superfici, testimonianze del passato pagina 11
Nuove forme di ospitalità Le mode si accavallano e si inseguono e questo è il momento della condivisione pagina 14
pagina 9
Le malattie reumatiche Salute I reumatismi affliggono molte
persone; ma almeno quelli degenerativi si possono prevenire e tenere a bada con un corretto e costante esercizio fisico Maria Grazia Buletti Tra la popolazione, ancora oggi, si sa troppo poco sulle malattie reumatiche. Parliamo dei «reumatismi», come sono comunemente definiti quei dolori che interessano le ossa, i legamenti, i tendini, le articolazioni o i muscoli, e che affliggono la maggior parte delle persone, anche nel nostro Paese. «Si tratta delle malattie più diffuse in Svizzera e se ne conoscono più di 200: ne soffre uno svizzero su 5, le donne più degli uomini. Una persona su 50 è colpita da forme gravi, distruttive e invalidanti», esordisce il medico reumatologo Nicola Keller, presidente della Lega ticinese per la lotta contro il reumatismo, che ci ha aiutati a comprendere un po’ meglio queste patologie. «Le possiamo raggruppare in cinque classi di patologie che le caratterizzano, distinguendole come segue: abbiamo le problematiche di tipo degenerativo, provocate dall’invecchiamento delle articolazioni, come le varie forme di artrosi; le malattie infiammatorie, che comprendono le malattie autoimmuni e infiammatorie che vanno a colpire le articolazioni e i tessuti connettivi e/o muscolari; la terza classe è rappresentata dall’osteoporosi, subdola per l’apparato scheletrico che ne è impoverito attraverso la decalcificazione delle ossa che sopraggiunge con l’età; le malattie delle parti molli come la fibromialgia, le tendiniti e le affezioni muscolari degenerative o post traumatiche; e infine il mal di schiena, che comprende tutte le patologie correlate alla colonna vertebrale, siano esse di origine degenerativa, le più frequenti, infiammatoria, congenita, posturale…». Abbiamo chiesto al nostro interlocutore le ragioni della grande diffusione delle malattie reumatiche ed egli ci ha risposto che se per reumatismo si intende un disturbo muscolare o scheletrico, allora possiamo affermare che tutti, prima o poi, possono soffrirne nel corso della propria vita: «Chi non si è mai dovuto confrontare, un momento o l’altro, con dolori legati alle articolazioni, con una tendinite o con il mal di schiena? A una certa età, tutti saremo accomunati dai disturbi legati all’artrosi e alle problematiche degenerative del sistema muscolo-scheletrico. Fortunatamente non tutti soffriremo però di un’artrite». Il dottor Keller ci fa presente che già nei giovani si possono manifestare degenerazioni discali o articolari che rientrano tra le patologie reumatiche.
Scopriamo inoltre la complessità di queste malattie: «Parecchie persone possono presentare problematiche reumatiche, ma non tutti sentono dolori: in pratica tutti gli anziani hanno l’artrosi, ma non tutti lamentano dolori perché spesso le alterazioni degenerative restano asintomatiche». Artrite, artrosi, osteoporosi, fibromialgia e mal di schiena – la prevenzione aiuta a tenere a bada tutte queste malattie reumatiche: «A titolo preventivo, e per controllare il decorso delle malattie reumatiche, dobbiamo esorcizzare la sedentarietà e imparare a muoverci correttamente. Ad esempio: le persone che soffrono di mal di schiena possono fare dell’attività fisica adeguata, la loro grande alleata terapeutica: il 95% dei mal di schiena deve essere così trattato per rinforzare la muscolatura», racconta il dottor Keller, che aggiunge come pure l’artrosi e le altre forme degenerative debbano essere supportate da un corretto allenamento fisico, affinché la tonicità muscolare sia sufficiente a ridurre il più possibile il sovraccarico articolare. «Fino a circa 20 anni fa, con la lombalgia acuta si consigliava di restare a letto per due settimane, col risultato di trovarsi un’atrofia muscolare e i suoi conseguenti problemi. Oggi consigliamo di rispettare un paio di giorni di riposo durante la fase più acuta, e poi di ricominciare immediatamente con una terapia funzionale che eviterà forme di cronicizzazione e perdita del tono muscolare», osserva il nostro interlocutore che pure ci spiega la nascita e gli obiettivi della Lega ticinese per la lotta contro i reumatismi (Ltcr) che l’anno scorso ha compiuto 50 anni: «Con pochi mezzi, ma con molto entusiasmo, il dottor Giorgio Rezzonico è stato fondatore della Ltcr e primo suo presidente: egli ha dato avvio a tutta una serie di attività che ancora oggi permettono a migliaia di ticinesi di svolgere regolarmente della ginnastica medica di gruppo. La Ltcr ha saputo avviare un concetto di movimento che si è dimostrato sempre più importante per il mantenimento della salute pubblica». Su www.reumatismo.ch/ti si possono trovare tutte le offerte e gli eventi che il sodalizio propone. Per approfondire le conoscenze a proposito delle malattie reumatiche, mensilmente parleremo di ciascuna delle cinque classi più diffuse, a cominciare dalla fibromialgia che si manifesta con dolori cronici e disturbi concomitanti: una sindrome reumatica difficile
Il medico reumatologo Nicola Keller, presidente della Lega ticinese per la lotta contro il reumatismo. (Stefano Spinelli)
da diagnosticare, con la quale è però possibile vivere dignitosamente. Già nel 2012 avevamo approfondito la fibromialgia («Azione» numero 36, del 3 settembre) e ora, con il dottor Keller, ne riassumiamo gli aspetti salienti, insieme alle nuove frontiere diagnostiche: «La sindrome fibromialgica in Svizzera è stata sviluppata, con insorgenza fra i 20 e i 55 anni, da ben 400mila persone, per lo più donne. E, sebbene i disturbi non portino all’invalidità, né abbreviano la speranza di vita, questa malattia è in grado di influenzare notevolmente la qualità della vita di chi ne è afflitto, perché comporta una serie di disturbi poco oggettivabili che accompagnano
i dolori diffusi e continui, presenti sia di giorno sia di notte, peggiorano con il clima freddo e umido e migliorano generalmente con il caldo secco». Dolori che si sopportano sempre meno e comportano una carica di problematiche di tipo sociale e psicologico che ne rende complicata anche la diagnosi: «Alla diagnosi di fibromialgia si giunge per esclusione, spesso dopo lunghe ed estenuanti visite mediche ed esami». Ma il dottor Keller accenna pure ai nuovi criteri diagnostici posti da un reumatologo statunitense nel 2010: «Essi poggiano sulla compilazione di due formulari che tracciano un quadro della sindrome dolorosa e dei disturbi
neurovegetativi ad essa correlati. Un modo per definire i pazienti con dolori cronici diffusi e per dare maggiore rilevanza ai disturbi neurovegetativi che in passato non erano considerati: parliamo dei disturbi del sonno, funzionali gastrointestinali, urogenitali, bruciori, formicolii nelle braccia e nelle gambe, cefalee e quant’altro». Comprensione e accettazione della fibromialgia dipendono parecchio dalle risorse del paziente nel comprendere la situazione e nel saper adottare una conseguente corretta igiene di vita che non solo gli permette di conviverci, ma spesso migliora sensibilmente la sintomatologia.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 19 gennaio 2015 ¶ N. 04
9
Ambiente e Benessere
Stachyurus: rarità in giardino Mondoverde Un’insolita pianta favolosa,
Lotos Leo
affascinante soprattutto in febbraio e marzo
Anita Negretti Vi sono piante particolari, definite rare, che lasciano i giardinieri meno esperti un po’ titubanti sul loro impiego. Forse spaventati dal fatto che potrebbero richiedere esigenze speciali, si trovano difficilmente nei giardini. Tuttavia non è sempre così complicato come sembra, o perlomeno vi sono delle eccezioni: la bella Stachyurus praecox, pianta sicuramente insolita, è infatti molto facile da allevare in giardino. Estremamente rustica, con una buona resistenza al freddo intenso, non necessita di potature e si adatta al pieno sole come alla mezz’ombra. Ha un buono sviluppo nei diversi tipi di terreni, anche se predilige quelli ricchi di humus e ben drenati; inoltre non necessita di trattamenti antiparassitari. Tutte queste note positive si accompagnano anche a un aspetto estetico veramente gradevole lungo tutte e quattro le stagioni: alla fine dell’inverno, tra febbraio e marzo, ancora spoglio di foglie, si riempie di lunghi racemi penduli di color giallo acceso; in primavera compaiono, insieme alle foglie, piccole bacche verdi e tonde che perdurano sulla pianta fino all’inverno; mentre in autunno ecco le foglie accendersi di colore. Bello dunque tutto l’anno, per me rimane favoloso in febbraio, quando le altre piante sono quasi tutte spoglie e infreddolite, ecco che Stachyurus praecox riempie letteralmente i suoi rami di fiori, rendendoli simili ad allegri festoni, che danno tra l’altro nutrimento alle prime api in cerca di cibo. Della famiglia delle Stachyuraceae, essa proviene dall’Asia centrale e dall’Himalaya. Il genere è composto da una decina di specie, tra cui la più nota è appunto S. praecox, seguita da S. chinensis, che si distingue per avere i
racemi più lunghi, raggiungono infatti i dieci centimetri e sono composti da 30-35 fiorellini giallo chiaro, mentre S. praecox ha i racemi più corti, composti da una ventina di fiori, ma più grandi e di un bel giallo intenso con calice bronzo. Se avete la fortuna di imbattervi in un vivaio di piante rare, cercate S. praecox «Rubriflorus», una vera perla tra le piante insolite, con fiorellini rosa porpora. S. praecox, alto 3-4 metri e dalla chioma espansa, è consigliabile piantarlo in una zona isolata, per meglio valorizzarlo magari circondandolo con un tappeto di bulbose invernali, come bucaneve o muscari. Se invece desiderate inserirlo in un’aiuola ampia, vi consiglio di abbinarlo a delle ortensie, oppure con altre piante a fioritura invernale, come Hamamelis, Chimonanthus, Cornus mas e Mahonia x media «Winter Sun». Con l’arrivo dei primi tepori ecco schiudersi le foglie: intere, alterne, dalla forma ovale e con apice acuminato, di un bel verde lucente, mentre la varietà S. chinensis «Magpie», si distingue per avere foglie verde argentato, screziate di bianco rosato e crema lungo i margini. E se non avete più posto in giardino? Ebbene, potrete comunque coltivarlo in un ampio vaso intervenendo con delle potature di contenimento e senza altre particolari esigenze, sempre che non vi imbattiate nell’acquisto del raro e delicato S. himalaicus, che è preferibile coltivare a ridosso di un muro esposto a sud. Come si diceva all’inizio, la potatura per gli esemplari in piena terra non è necessaria, ma si possono ridurre i rami troppo vigorosi, quelli rovinati e quelli vecchi; in questo caso si recide subito dopo la fioritura, per non compromettere la formazione dei nuovi boccioli.
Medicamento fitoterapeutico in caso di infiammazioni dei seni paranasali e delle vie respiratorie.
Un esemplare di Stachyurus praecox. (Qwert)
Annuncio pubblicitario
{ Con 5 piante medicinali { Scioglie il muco viscoso { Diminuisce il gonfiore nel naso chiuso
SUPER OFFERTA GIOVEDÌ 22, VENERDÌ 23 e SABATO 24 GENNAIO fino ad esaurimento dello stock
30% 4.90 invece di 7.– Entrecôte di manzo, TerraSuisse Svizzera, in vendita al banco macelleria, per 100 g
© 2015 The Coca-Cola Company. Coca-Cola, Coca-Cola zero, Coca-Cola light, the Contour Bottle and the Dynamic Ribbon Device are registered trademarks of The Coca-Cola Company.
E N O I Z U D I R I D 25 %
9.90 invece di 13.20 SU TUTTI I PRODOTTI COCA-COLA 6 × 1,5 L, OFFERTE VALIDE SOLO DAL 20. 01 AL 26. 01. 2015, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
Coca-Cola Coca-Cola light Coca-Cola zero 6 × 1,5 L 25% di riduzione
Coca-Cola è in vendita alla tua Migros
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 19 gennaio 2015 ¶ N. 04
11
Ambiente e Benessere
Dalla Madre Terra alla scienza dei suoli Pedologia Già i nostri antenati scoprirono e appresero il valore e l’importanza della fertilità terrestre
Alessandro Focarile Può sembrare un’ovvia osservazione: per nutrirsi (e quindi per vivere), l’uomo ha bisogno dei prodotti della terra. Che siano i vegetali da essa prodotti, oppure che questi siano trasformati in carne (o latte) grazie agli erbivori, esattamente come faceva il nostro antenato di novemila anni or sono. L’umanità, nonostante gli enormi progressi, non ha ancora escogitato il sistema di mangiare bulloni o cemento, e deve tuttora ricorrere ai prodotti offerti dalla Terra Madre. Parlare di terra – il pèdon dei Greci – vuol dire aprire uno spiraglio di curiosità sulla più antica ed essenziale attività umana, quando i nostri antenati iniziarono a imparare a coltivare la terra per nutrirsi e tentare di sopravvivere tra non poche difficoltà. Fu un decisivo e lento evolvere delle loro abitudini, dopo millenni di vita randagia, durante la quale cacciavano, pescavano, raccoglievano lumache, funghi, erbe, bacche e frutti per alimentarsi. Dal costruire la sua «esperienza alimentare» con l’ineluttabile susseguirsi di avvelenamenti, si passò in seguito alla fase di transumante vagabondo, grazie alla progressiva addomesticazione delle pecore, delle capre, dei bovini e dei suini. Infine, agli albori della storia, come attore primario e modificatore decisivo del territorio in qualità di agricoltore stanziale e sedentario, lo attendeva un’immensa e continua foresta che, con la scoperta del fuoco e le favorevoli situazioni climatiche, gli consentiva di insediarsi. Il tutto, in un ambiente che sarebbe stato incessantemente rosicchiato un po’ alla volta con l’apertura di sempre più ampie radure. L’uomo agricoltore imparò a utilizzare il suolo e a usare, ma anche creare, delle pratiche colturali, come l’aratura e la semina. Imparò a utilizzare anche il seme più grande e l’acqua in modo sapiente grazie all’irrigazione. Il nostro antenato, a seguito di continui, empirici apprendimenti, scoprì che il suolo doveva essere «nutrito» con l’apporto di sostanze che potevano aumentarne la fertilità. Ed ebbe così origine il primo apporto di fertilizzanti e concimi, grazie agli escrementi degli animali addomesticati e alle ceneri derivate dagli incendi volontari. Fu un continuo provare e riprovare per ottenere successi, ed eventualmente subire le conseguenze degli errori. Tutto accadde nell’arco di pochi millenni, a noi relativamente vicini. Dapprima in Cina, in India e in Persia, poi espandendosi sempre più verso occidente, e sempre in virtù delle favorevoli condizioni climatiche, nell’Anatolia, nella Mesopotamia tra Tigri ed Eufrate (la «Mezzaluna fertile»). Infine, dalle rive del Mediterraneo fino alle «Colonne d’Ercole», estremo limite occidentale del mondo allora conosciuto, ovvero la Gibilterra di oggi. Abbiamo numerose testimonianze sulle origini e lo sviluppo dell’agricoltura (dal Latino ager, campo). I primi insediamenti permanenti sono stati rinvenuti a Gerico, nell’attuale Palestina, e datati novemila anni da oggi. La datazione con il metodo del C14 ha rivelato che il più antico chicco di grano conosciuto in Occidente ha un’età di seimila anni BP (Before Present, prima d’ora; per convenzione in archeologia è stabilito come presente l’anno 1950) ed è stato rinvenuto nel corso di scavi archeologici realizzati a Rocamadour, nella Francia meridionale, nel Dipartimento del Lot (Boulaine, 1989). Conclusosi il relativamente lungo periodo post-glaciale – intervallo a seguito della definitiva ritirata dei ghiacciai in Europa e durato tra gli otto e i diecimila anni a seconda delle zone – l’uomo sentì la concorren-
Aratura, Vasil Dimov, 1929.
za dei suoi simili che occuparono le zone pianeggianti. Si affacciò quindi con spirito avventuroso al mondo alpino: Oetzi nel Sud Tirolo (5400 anni or sono) a tremila metri di quota; viandanti nell’Oberland Bernese a 2800 metri (6500 anni BP); focolari di pastori nell’alta Valle Bavona (Valle Maggia) a 2370 metri della Randinascia. Tutti episodi questi, che documentano la presenza dei nostri antenati già in un’epoca remota (vedi «Azione» del 21.1.2014, no. 4) e anche la presenza del bosco costruttore di suoli organici fino a 2200/2400 metri d’altitudine. Il suolo (dal latino solum) ricopre come una pellicola tutte le superfici terrestri, sostenendo e nutrendo la copertura vegetale – che popola prati e praterie, savane e boschi – dalla quale dipendono tutti gli animali terrestri, uomo compreso. Nel corso del tempo, il suolo si è formato grazie alle vicende climatiche, all’erosione e il susseguente deposito, all’azione degli organismi viventi e morti, grandi e piccoli. Il suolo è il risultato dell’incontro tra il mondo minerale e quello vivente (V. Agafonov). Il tutto su un imbasamento costituito dalla roccia madre, dal quale ha tratto la sua origine primaria. Per formare un suolo sono necessari tempi molto lunghi, nell’ordine di migliaia d’anni. Il suolo è un bene prezioso, non rinnovabile, magari alterabile. Con i suoi mezzi tecnici attuali, l’uomo è in grado di distruggere in poco tempo strutture che la Natura ha elaborato molto, ma molto lentamente. Basti ricordare quello che sta realizzando l’uomo in Amazzonia e in Indonesia (con disboscamento, sfruttamento delle risorse e monocolture).
Il padre della pedologia, Vasil Dokoutschaev (1846-1903), da Boulaine, 1989.
Sobrio, in Val Leventina. (Ao) strato erbaceo – (A1) terra bruna forestale – (B1) livello di transizione – (B2) un ampio strato di podsol ocraceo. (Alessandro Focarile)
Novaggio (Cima Pianca). Notevole spessore (60 cm) di terra nera, causa prolungate forti precipitazioni (A1) – (B1) livello di transizione – (B2) podsol ocraceo. (Alessandro Focarile)
Il suolo ha un peso considerevole: una superficie di un ettaro, votata all’agricoltura e profonda venti centimetri pesa da tremila a quattromila tonnellate. Questi pesi enormi, nel corso di un consueto intervento colturale, devono essere una o più volte all’anno rimaneggiati, attraverso il sollevamento, il rimescolamento, il trasporto, la frammentazione e l’aratura. In epoca attuale, tutte queste operazioni sono eseguite fino a notevole profondità, generando la distruzione della materia organica preesistente in superficie, che deve essere surrogata con la concimazione attraverso l’impiego di fertilizzanti d’origine artificiale. A seguito di questi presupposti, si è enormemente sviluppata l’industria dei concimi. A livello macro-climatico, i risultati si stanno rivelando disastrosi: il considerevole apporto di azoto (l’agricoltura ne è responsabile nella misura dell’80 per cento) è un fattore massicciamente influente nel fenomeno dell’effetto-serra. La pedologia (dal Greco pèdon + logos, suolo + studio) è una scienza giovane: in Tedesco Bodenkunde, in Russo Pocdovedenije, nelle lingue Anglosassoni Soil Science, in Spagnolo Edafología. I risultati, conseguiti in campo pratico dalla pedologia, trovano larga applicazione nell’agricoltura per l’individuazione dell’attitudine dei terreni
agrari, e per una loro utilizzazione ottimale. I suoli, studiati dalla pedologia, sono utilizzati anche come fedeli indicatori di paleo-climi e paleo-superfici, testimonianze di passati aspetti ambientali. Molti Paesi hanno creato una cartografia dei suoli, quale valido strumento per la programmazione e l’utilizzo del patrimonio «terra». Quale strumento di lavoro per le sue diagnosi, lo studioso del suolo (il pedologo) esegue uno scavo per rilevare le caratteristiche fisiche e biologiche (foto). A seguito delle modalità di formazione, lo scavo mette in risalto un profilo. Questo si differenzia chiaramente in orizzonti di colore contrastato, in funzione della progressiva trasformazione, dalla successiva incorporazione e dal mescolamento della componente biologica e di quella minerale, essendo il suolo il risultato dinamico dell’azione delle seguenti componenti: tempo, clima, topografia, altitudine, esposizione, roccia madre e organismi viventi (fauna, vegetazione). Nell’ambito della sua attività, il pedologo si occupa di: geologia, geomorfologia, climatologia, ingegneria civile, ecologia, agronomia e silvologia (selvicoltura). Inoltre, deve possedere sufficienti conoscenze di base in materie quali la biologia, la chimica e la fisica. La pedologia (la scienza dei suoli) è dunque una border-science (scienza
di confine), in quanto si avvale degli apporti conoscitivi di differenti discipline. Vasil Dokoutchaev (1847-1903) contribuì validamente al fiorire della pedologia durante tutta la seconda metà dell’Ottocento. Si laureò brillantemente all’Accademia delle Scienze di San Pietroburgo, ed emerse sin da subito nel vivace panorama scientifico russo dell’epoca. Concretamente assecondato dall’autorità zarista, che intravedeva gli aspetti reali della pedologia – e grazie al suo profondo sapere ed entusiasmo – fu subito chiamato a studiare per tentare di risolvere una questione pratica. Si ritrovò così a indagare sulla singolarità del «cernozem», la terra nera. Il suolo coltivato che, con la sua grande fertilità, rendeva la Russia uno dei più importanti (se non il più importante) produttori di grano a livello mondiale. Dal porto di Odessa, in Ucraina, il grano russo riforniva tutti i mercati. All’epoca circolava il detto «Quello che è il grano per la Russia, è il carbone per l’Inghilterra». Altro quesito, posto al giovane Vasil Dokoutchaev, fu lo stabilire e definire concretamente il valore fiscale delle «terre a cernozem». Tale valore veniva riconosciuto in base al grado di fertilità e quindi di produttività. Lo studioso russo fu il vero fondatore della pedologia. Grazie alle sue notevoli capacità di Maestro e d’organizzatore, presentò all’Esposizione universale di Parigi (1900) un’imponente documentazione della produzione scientifica, sua e dei suoi discepoli e collaboratori, sulla Pedologia russa, mostrando inoltre un monolito di otto metri cubi di «cernozem». Il suo grande merito, infine, fu quello di avere formato una numerosa schiera di allievi, divenuti emeriti continuatori della sua opera. Tuttora, la pedologia russa è ai primi livelli su scala mondiale, per numero di contributi scientifici, di realizzazioni pratiche, e per la ricchezza di concetti innovativi. Bibliografia
Jean Boulaine, Histoire des pédologues et de la science des sols, Institut National de la Recherche Agronomique (INRA), Paris 1989, 295 pp. Philippe Duchaufour, Abrégé de Pédologie, Masson Editeur (Paris), 1988, 224 pp. Stuart G. Mac Rae, Practical Pedology. Studying soils in the field, Ellis Horwoo Ltd. (New York, Brisbane, Toronto), 1988, 253 pp. Pierre Waguet, Pédologie appliquée à l’Agricolture, La Maison Rustique (Paris), 1955, 180 pp.
DI PIĂ™ NEL SACCO.
I T T O D O R 500 P battibili
a prezzi im
Non compresi nel prezzo raffigurato: stoviglie, posate, pentole. Dettagli sui prezzi singoli sono disponibili su www.migros.ch/m-budget.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 19 gennaio 2015 ¶ N. 04
14
Ambiente e Benessere
La mia casa è il mondo
Al seguito di un pastore errante
Viaggiatori d’Occidente Il tempo degli alberghi sta per finire?
Bussole Inviti
a letture per viaggiare
Claudio Visentin «La tua casa lontano da casa» («Home away from home»), così gli alberghi migliori amano definirsi. Gli hotel, come li conosciamo, risalgono alla metà dell’Ottocento (per esempio l’Hotel du Parc, poi Grand Hotel Palace, aperto a Lugano nel 1855), ma quella lunga stagione potrebbe essere prossima alla fine per una semplice ragione di prezzo. Negli ultimi anni, infatti, i viaggiatori hanno potuto ridurre regolarmente le loro spese. Le compagnie low cost sono riuscite nell’impresa di abbattere il costo del trasporto aereo, mentre fast food e street food hanno permesso di sfamarsi con pochi spiccioli. Resta però la voce «alloggio» a gravare sui bilanci. Il tentativo di proporre alberghi a basso costo (ne parlavamo già su «Azione» no. 34 del 23 agosto 2010) non ha dato risultati significativi: del resto i costi fissi degli hotel sono troppo elevati per essere comprimibili oltre un certo limite. E così, se da una parte i sistemi di prenotazione online (per esempio www.booking.com) – mettendo in concorrenza tutti gli alberghi di una determinata zona – hanno contribuito a mantenere basso il prezzo medio delle camere, dall’altra hanno anche messo sotto forte pressione i bilanci degli alberghi, ai quali chiedono oltretutto commissioni elevate. L’albergo low cost insomma è forse semplicemente impossibile, ma la soluzione al problema potrebbe arrivare da nuove forme di affitto, condivisione o scambio della propria casa? Le intuizioni geniali nascono spesso dalla capacità di vedere per primi quel che pure era sotto gli occhi di tutti: nel mondo, in ogni momento è disponibile un’enorme quantità di camere e di appartamenti temporaneamente liberi, per esempio perché i proprietari hanno una stanza per gli ospiti che usano di rado, o un figlio all’università, o semplicemente sono a loro volta in viaggio. Ma come approfittare di questa opportunità? La rete ha dato un contributo decisivo nel mettere in contatto domanda e offerta, con proposte diverse a seconda del pubblico di riferimento, ma tutte all’interno di un orizzonte comune. Il primo modello adottato è stato quello dei Bed and Breakfast, che si sono diffusi molto rapidamente (e anche con
«“Che fas po’ de ’ste foto?”. “Non lo so. Se le faccio mi sembra di capire di più. Forse mi lasci venire con te a camminare in transumanza?”. Camminare con Ruggero, i suoi tre pastori e le sue pecore è stato un onore e un piacere. Non una decisione a priori, piuttosto una richiesta naturale dopo alcuni mesi di conoscenza reciproca, di rispetto per il lavoro l’uno dell’altra. Ruggero è un baio – nel gergo dei pastori “colui che conduce un gregge”…»
In realtà la condivisione sta coinvolgendo molti settori. (OuiShare)
qualche abuso): una stanza della casa viene occasionalmente affittata a ospiti che condividono gli spazi comuni. È in crescita anche lo scambio di casa durante il tempo delle vacanze (per esempio www.scambiocasa.com). I più giovani hanno invece scoperto il couchsurfing, ovvero l’ospitalità sul divano in salotto (www.couchsurfing.com, che si presenta con il significativo motto «Stai coi locali invece che in albergo»). Le mode si accavallano e si inseguono e ora per esempio sui media si parla molto di Airbnb (www.airbnb.it), che offre in affitto una casa (ma anche un castello o un igloo…) in 190 Paesi e 34mila città del pianeta. Queste nuove proposte sono certamente più di una curiosità temporanea alimentata dai mezzi di comunicazione, ma il loro sviluppo è solo agli inizi. Il ruolo degli alberghi non è ancora stato scalfito veramente: basti pensare che nel mondo ci sono circa 14 milioni di stanze d’hotel disponibili che, considerato il tasso di occupazione medio, rappresentano due miliardi e mezzo di pernottamenti ogni anno. Per ora nessuna forma di alloggio alternativo si avvicina nemmeno da lontano a questi volumi. E un informale sondaggio tra i vostri amici vi mostrerà che se tutti o quasi hanno
sentito parlare di queste nuove possibilità, solo alcuni le hanno davvero provate di persona. Ma il tempo gioca in loro favore e le potenzialità di crescita sono impressionanti. Aiuta la crisi naturalmente, che rende più disponibili al cambiamento, così come la crescente diffusione di nuovi strumenti di comunicazione, come gli smartphone sempre connessi. L’elemento decisivo potrebbe essere però l’immagine fortemente positiva di queste nuove forme di alloggio: la possibilità di condividere spazi ed esperienze coi locali è percepita come una forma di viaggio più autentica e moderna, e non per esempio come una limitazione della propria libertà. Per molti il confort e la sicurezza degli alberghi al contrario sanno di vecchio, di polverosa prevedibilità borghese. Quello che ancora limita la piena affermazione di queste nuove forme di ospitalità è semmai la necessità di imparare regole diverse, un nuovo galateo in viaggio. Sappiamo tutti come ci si comporta in un albergo, ma cosa possiamo e dobbiamo fare nel caso per esempio di uno scambio di case? Possiamo usare l’auto del proprietario? Dobbiamo innaffiare i fiori del giardino o dar da mangiare al suo gatto? Quali spese dobbiamo condividere con
chi ci ospita gratuitamente sul divano del soggiorno? Dobbiamo presentarci con un dono? Sono piccoli dubbi che si dissolvono con la pratica, ma senza dubbio trattengono ancora molti dal fare nuove esperienze. Entrare nella logica dello scambio e dell’ospitalità comporta anche una trasformazione della propria casa, che deve diventare più semplice, essenziale, meno intima e personale, così da poter essere più facilmente utilizzata da estranei anche in nostra assenza. Non sembrano comunque difficoltà insuperabili e dunque i cambiamenti potrebbero essere straordinariamente rapidi, una volta superato il punto di non ritorno. Certo gli alberghi, dai quali abbiamo preso le mosse, resteranno importanti, specie per i clienti più tradizionali o per chi viaggia per lavoro; e naturalmente hanno un punto di forza nell’offerta di tutta una varietà di servizi, che vanno ben al di là del semplice alloggio, importanti per chi in vacanza cerca soprattutto il riposo. Ma anche così in futuro potrebbero veder ridotto il loro spazio, nelle statistiche e nell’immaginario collettivo. «La mia casa è la tua casa» («Mi casa es tu casa») dicono gli spagnoli a chi fa loro visita. Sarà il nuovo motto dell’ospitalità internazionale?
I viaggi con gli asini o al seguito di greggi e mandrie sono stati riscoperti proprio quando sembravano destinati all’oblio e sono oggi popolari, soprattutto in Francia. Per averli praticati, ne posso testimoniare l’austera bellezza, che percorre anche le pagine di questo libro: con un testo svelto e molte belle foto, si racconta un anno di transumanza e alpeggio (agosto 2012-agosto 2013) dalla Val di Fiemme alla Pianura padana. È la storia di un pastore e delle sue 2200 pecore, dei cani che le governano come un prolungamento del braccio umano, degli asini che trasportano coperte, pentole, abiti di ricambio, scarpe, cibo. È un viaggio senza retorica, con la puzza, il freddo, la fatica, lo sconforto come compagni di viaggio. Tutto si riduce a una lineare semplicità, l’insaziabile fame d’erba delle pecore da sola giustifica il cammino, scandito da alcuni momenti importanti: la nascita e la morte, la tosatura, l’allattamento, la preparazione dell’aia per la notte. È un viaggio senza tempo o all’origine dei tempi, per risvegliare in ciascuno l’uomo nomade (letteralmente: «colui che va errando per mutare pascoli»): un uomo che segue solo la legge della natura distaccandosi così da noi tutti, uomini normali, cioè vincolati da norme, e dunque non liberi (o portatori di una diversa libertà). Bibliografia
Valentina Musmeci, Un anno col baio. Dalle Dolomiti all’Adriatico con un pastore errante e duemila pecore, Ediciclo, 2014, pp.160, € 24,90.
Labili test contestabili Giochi di parole Quali sono i limiti delle prove che dovrebbero misurare l’intelligenza? to alto. A dimostrazione del fatto che non sempre, però, una persona dotata di un alto Q.I. è in grado di pensare cose intelligenti, può essere utile sapere che, alcuni anni fa, la direttrice della newsletter del Mensa Club statunitense, Nikki Frey, dichiarò pubblicamente (senza mai ritrattare) che, per risolvere i problemi della Terra, bisognerebbe sopprimere i vecchi, i barboni e i malati mentali…
Numeri d’ordine Numeri primi Sequenza
1° 2 1
2° 3 1+2 = 3
3° 5 3+3 = 6
4° 7 6+5 = 11
5° 11 11+7 = 18
Se si prende in considerazione la successione dei numeri primi (nell’ordine: 2, 3, 5, 7, 11, 13…), la sequenza: 1, 3, 6, 11… può ottenersi anche nel seguente modo: – il primo termine viene posto uguale a 1; – ogni termine successivo si ottiene sommando al precedente il numero primo che, nella relativa successione, occupa la posizione immediatamente precedente. La seguente tabella dovrebbe chiarire tale concetto. Soluzione
Qualche anno fa, i due matematici italiani, Lorenzo Barone e Renato Spigler, pubblicarono un articolo per contestare l’attendibilità di quei cosiddetti test di intelligenza, che si basano sulla ricerca di un numero che completi logicamente una determinata sequenza di altri numeri. Barone e Spigler dimostrarono che problemi del genere, in teoria, possono
ammettere infinite soluzioni, tutte legittime da un punto di vista matematico. A loro avviso, quindi, tentare di risolverli equivale a chiedersi: «Qual è il cognome di Giovanni?» Nell’articolo in questione, presero come esempio il seguente test: «Dati i numeri: 1, 3, 6, 11... qual è il numero successivo?». Quindi, misero in evidenza come gli elementi di tale sequenza possa-
difficile definizione; come si può misurare una cosa che non si riesce neanche a definire bene? A mio avviso, l’unica attitudine che i test di intelligenza possono misurare con precisione è… l’attitudine a risolvere i test di intelligenza. Certamente, non la pensano così i membri del Mensa Club, un’associazione internazionale di cui possono far parte solo le persone che posseggono un Q.I. (quoziente d’intelligenza) mol-
Adottando questo criterio, il termine cercato è: 18.
Ennio Peres
no scaturire dalla semplice funzione: 2N+N, per N = 0, 1, 2, 3… (in questo caso, la soluzione sarebbe 20). Ma mostrarono che possono essere generati anche da altre innumerevoli funzioni polinomiali, di struttura più o meno complessa (con soluzioni diverse). In realtà, agli autori dell’articolo è sfuggito che il test preso ad esempio ammette una soluzione più semplice di quelle da loro proposte, che non ricorre ad elevazioni a potenza (siete in grado di trovarla?). In ogni caso, il loro giudizio sulla fallacia dei test di intelligenza, a mio avviso, è da condividere in pieno. Anzi, ritengo che prove del genere vadano criticate non solo per il valore dei quesiti proposti, ma anche e soprattutto per l’attendibilità del risultato che pretendono di fornire. I test d’intelligenza, come tutti i giochi di ragionamento, possono servire a tenere in allenamento l’intelligenza, ma non certo a misurarla. L’intelligenza è un’attitudine di
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 19 gennaio 2015 ¶ N. 04
15
Ambiente e Benessere
Giochi Cruciverba Per scoprire quanto misura l’apertura alare dell’aquila reale, a cruciverba ultimato leggi nelle caselle evidenziate. (Frase: 5, 3, 5, 1, 6)
1
2
3
4
5
6
7
9
10
11 13
14
15
8
12
16
17
18
19
20
21
22
24
23
25
27
26 28
Sudoku Livello facile
ORIZZONTALI 1. Il famoso... de Bergerac 6. Nella mitologia erano dei semidei 7. Iniziali dell’attrice Alt 9. Rintocco di campana 10. Moneta rumena 11. Le iniziali dell’attore Scamarcio 12. Era una divinità cananea 13. Insaziabile 17. Lo era il carbone 18. Agognato traguardo 19. Le ha bianche il macellaio 20. La Giunone dei greci 21. Duro, sodo 23. Le iniziali dell’attrice Braschi 24. Uno in tedesco 25. Una consonante 27. Leone di mare 28. Onda all’asciutto
Scopo del gioco
Completare lo schema classico (81 caselle, 9 blocchi, 9 righe per 9 colonne) in modo che ogni colonna, ogni riga e ogni blocco contengano tutti i numeri da 1 a 9, nessuno escluso e senza ripetizioni.
2011, Puglia, Italia, 6 x 75 cl
Negroamaro
9
prezzo Superofferta vino!
2 9
6 5 4
2 2
7
1 6
8
Soluzione del numero 02
Ridiamo insieme – «Se proprio si rifiuta di alzarmi lo stipendio…: …me lo dia almeno più spesso!»
M A D I E
A R D A M E O L
E A A R E T A L L I O C , U A P S A R
L O P I N E A P P S U D R S E
R I T A
C E R R I
A R I E T E
S E Z A I O N I O
3
1
5
6
2
9
4
8
7
4
2
9
8
7
3
1
6
5
6
7
8
4
1
5
2
9
3
2
8
7
5
6
1
9
3
4
5
3
6
9
4
7
8
2
1
1
9
4
3
8
2
7
5
6
9
6
1
7
3
8
5
4
2
8
4
2
1
5
6
3
7
9
7
5
3
2
9
4
6
1
8
Ora ti propone anche le migliori offerte di vini
2013, California, USA, 6 x 75 cl
Zinfandel
3 7 5
Rating della clientela:
Marengo Ripasso della Valpolicella DOC Superiore 2013, Veneto, Italia, 75 cl
Rating della clientela:
1/2
8
7 4
Robert Mondavi Séduction Cabernet/Syrah 2013, Pays d’Oc IGP, Woodbridge Zinfandel Francia, 6 x 75 cl
Carne rossa, grigliate
4 1 6
6 9 8 4
VERTICALI 1. Conifera originaria dell’Asia Minore 2. Nome femminile 3. Il cantante Rosalino Cellamare 4. Preposizione articolata 5. Sono tre sulla Terra 8. Sala per riunioni 10. Lo è spesso il bambino annoiato 12. Canta «E la luna bussò» 13. Termine liturgico 14. È coniugato 15. Andata per Virgilio 16. Si ripetono nella domanda 17. Articolo spagnolo 19. Li vende il gelataio 21. Un gigante in autostrada 22. Quinto satellite di Saturno 24. Le iniziali dell’imitatrice Aureli 26. Le iniziali del regista Lee
Rating della clientela:
Selvaggina, grigliate, formaggio stagionato
2
8 4 5 7
In aggiunta alle oltre 400 etichette
Le Masserie Torcuddia Salice Salentino DOC Riserva
4 3
1/ez2zo pr
Carne rossa, carne bianca, insalata, verdura Cabernet Sauvignon, Syrah
Rating della clientela:
6.– di sconto
1–3 anni
1–5 anni
3di 2sco% nto
Pasta, grigliate Corvina, Molinara, Rondinella 2–5 anni
4–5 anni
35.85
38.85
23.70
invece di 71.70*
invece di 77.70
invece di 29.70
6.– a bottiglia invece di 11.95*
6.50 a bottiglia invece di 12.95
3.95 a bottiglia invece di 4.95
*Confronto con la concorrenza
8.45
invece di 12.45*
Offerte valide dal 20 al 26 gennaio 2015 / fi no a esaurimento / i prezzi promozionali delle singole bottiglie sono validi solo nella rispettiva settimana promozionale / decliniamo ogni responsabilità per modifiche di annata, errori di stampa e di composizione
Enoteca Vinarte, Centro Migros S. Antonino
Enoteca Vinarte, Centro Migros Agno
Orari d’apertura: lu–ve 9.00–18.30 / gi 9.00–21.00 / sa 8.00–17.00 tel.: +41 91 858 21 49
Orari d’apertura: lu–ve 8.00–18.30 / gi 8.00–21.00 / sa 8.00–17.00 tel.: +41 91 605 65 66
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 19 gennaio 2015 ¶ N. 04
16
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 19 gennaio 2015 ¶ N. 04
17
Politica e Economia Da al-Qaeda all’Isis Reti flessibili e uomini addestrati, l’ultima frontiera del terrorismo islamico
Il vero terreno di scontro Non è la religione il motore del diabolico meccanismo messo in atto nella redazione di «Charlie Hebdo». L’Islam non è che un pretesto e lo scontro è soprattutto politico
La satira e i dilemmi etici È un diritto garantito dalla legge, ma può essere ragionevole e legittimo rinunciarvi in segno di rispetto e per prudenza pagina 19
Non è più il jihad dei puri Terrorismo Gli attentatori di Parigi sono collegati fra loro ma di fumosa e incerta affiliazione islamica. La minaccia
pagina 18
di ultima generazione si è fatta liquida, sganciata da una vera rete di comando rigida ed efficiente Marcella Emiliani
pagina 17
Il fallimento dell’integrazione Il modello francese Un cantiere sociale che coinvolge la più larga popolazione d’Europa:
ma più che di integrazione bisogna parlare di esclusione che affonda le sue radici nella povertà e nel postcolonialismo
Paola Peduzzi Il parco di Buttes-Chaumont, nella zona nordest di Parigi, era il punto di ritrovo dei ragazzi del Diciannovesimo arrondissement, la filiera di giovani radicalizzati islamici che volevano partire per combattere in Iraq che fu scoperta nel 2005 dalle autorità francesi. La cellula – che era formata anche da teenager, era guidata da Farid Benyettou, un bidello nato da una famiglia franco-algerina nel 1981, e aveva come eroe di riferimento Boubaker al Hakim, che era andato a combattare in Iraq – fu smantellata, alcuni finirono in carcere, altri sotto sorveglianza, altri erano già morti in guerra: gli inquirenti in questi anni si sono chiesti se davvero quel gruppo costituisse una minaccia per la Francia. Oggi, dopo gli attacchi a Parigi, tra esecuzioni e ostaggi, tre giorni di terrore, hanno scoperto che sì, quella cellula era una minaccia: gli attentatori della settimana scorsa ne avevano fatto parte. E nel frattempo le connessioni si sono allargate, complice anche il sistema penitenziario francese. È in prigione che buona parte della formazione islamista ha avuto luogo: l’avvocato di Cherif Kouachi, uno dei due fratelli che hanno decimato la redazione di «Charlie Hebdo», ha detto che il ragazzo «era molto più radicalizzato quando fu condannato nel 2008 di quanto non fosse nel 2005, quando fu arrestato. Con tutta probabilità in prigione è diventato il Kouachi che abbiamo conosciuto in questi giorni». Amedy Coulibaly, che ha preso gli ostaggi nell’épicerie ebraica e nel video rilasciato postumo si è definito «soldato del Califfo», aveva detto a «Le Monde» nel 2008: «La prison, c’est la putain de meilleure école de la criminalité». Kouachi, dopo aver trascorso tre anni nella prigione di Fleury-Mérogis, a sud di Parigi, quando apparve davanti al giudice si rifiutò di alzarsi in piedi: il giudice era una donna. Secondo un report dell’intelligence della polizia francese, trapelato sui media, l’estremismo islamico è dilagato nelle prigioni, con molti carcerati che tenevano in cella poster di Osama Bin Laden. Il documento stabilisce che almeno 200 musulmani detenuti erano radicali abbastanza da «meritare attenzione», 95 erano definiti «pericolosi». Quando saranno rilasciati, dice il report, saranno «bombe a orologeria». Adesso che l’ora è scattata, ci facciamo molte domande sull’intelligence francese, che conosceva la minaccia e che con tutta probabilità l’ha sottovalutata, e più in generale sul sistema di integrazione francese, quel modello sociale che coinvolge la più larga popolazione musulmana d’Europa – circa 7 milioni
Funerali di stato dei tre poliziotti uccisi dai terroristi. (AFP)
di persone – e che in questi anni è stato messo sotto esame – e accusa – in molte occasioni. Prima di tutto alcuni dati: circa il 60 per cento dei musulmani francesi ha tra i 18 e i 34 anni, mentre sul totale della popolazione questa fascia rappresenta il 30 per cento. Un musulmano su due ha un lavoro remunerato pochissimo, mentre la media nazionale è al 30 per cento. Cioè la popolazione islamica è più giovane – siamo alla terza generazione – e più arrabbiata, o «frustrata», come amano dire i sociologi. Ma la percezione degli immigrati, da parte dei francesi, è pure fuori fuoco: secondo un sondaggio pubblicato alla fine dell’anno scorso, i francesi pensano che gli immigrati siano il 30 per cento della popolazione, cioè quattro volte il numero reale. Nella visione distorta rientra naturalmente il dibattito politico, l’ascesa del Front National che sull’immigrazione fonda la sua esistenza, la destra gollista che, anche negli anni al governo con Nicolas Sarkozy, ha adottato una strategia di contrasto dura (nei toni più che nei fatti) e il ritorno allo spirito repubblicano dell’unità con i socialisti al potere (sempre con sfumature contraddittorie). Ma il
«cantiere sociale» può funzionare così com’è? Jennifer Fredette ha scritto l’anno scorso un libro sul modello francese, Constructing Muslims in France, in cui spiega la debolezza dell’integrazione in Francia, soprattutto per quel che riguarda la comunità musulmana, che ha difficoltà a trovare lavoro, ha difficoltà ad avere finanziamenti nelle banche, ha difficoltà a trovare casa – non è un caso che le banlieues dalle mille antenne satellitari, una per ogni balconcino, e dalla povertà assoluta siano le uniche che molti musulmani possono permettersi. Più che di integrazione si può parlare di esclusione, il suo esatto contrario, che affonda le sue radici nella povertà di oggi come nella storia francese, il colonialismo e il post colonialismo, e quel rapporto mai risolto per cui Zinedin Zidane è francese quando fa vincere la nazionale di calcio di Francia ed è algerino quando tira le testate. Il tema della frustrazione è spesso stato evocato come una giustificazione per quei musulmani che non si sentono francesi, e che anzi diventano anti francesi, per questioni di discriminazione e perché non condividono il secolarismo di stato del paese in cui vivono. A torto:
non tutti i frustrati fanno strage nelle redazioni di un giornale satirico. Certo conta l’insofferenza per un sistema che si vuole il più egualitario d’Europa – con quel che la Francia spende in welfare! – e che non riesce a includere i più poveri, ma il problema si presenta quando quell’insofferenza si salda con una più generale, che ha a che fare con i valori occidentali e con la democrazia. Non è un caso infatti che i più gravi attacchi antisemiti degli ultimi anni siano avvenuti in Francia, che quando c’è crisi nelle periferie si parla di «intifada di Francia» e che, di contro, il più grande partito che fa dell’islamofobia la sua bandiera, i frontisti di Marine Le Pen, sia radicato in Francia. In senso più ampio il problema francese, con le sue diverse declinazioni (la migliore è stata evocata su «Le Monde»: multiculturalismo moderato, qualsiasi cosa questo voglia dire), è un problema europeo, che ha a che fare con l’immigrazione. In media il 12 per cento degli abitanti dell’Unione europea è nato fuori dall’Unione, per lo più nella regione mediterranea (per questo è per lo più di religione musulmana). A livello centrale però non c’è alcun coordinamento, soprattutto per quel
che riguarda l’immigrazione clandestina, per cui ogni paese adotta una sua policy: è il motivo per cui la Germania ha accolto tantissimi profughi siriani (e oggi ha la piazza riempita dal movimento contro l’islamizzazione dell’Occidente, Pegida) e la Francia nessuno. Nella mancanza di coordinamento però non conta soltanto la questione dei finanziamenti – grave: come abbiamo visto, se gli immigrati sono lasciati a vivere in povertà è più facile che si facciano «calmare», termine usato dalla moglie di un attentatore di Parigi ora in Siria, dall’Islam radicale – ma anche e soprattutto quello culturale. Nel melting pot di stampo anglosassone, comunque non al riparo dal cosiddetto «homegrown terrorismo», il terrorismo cresciuto in casa, il mercato aperto e la flessibilità del sistema lavorativo fanno da collante per l’integrazione: in Europa questo collante non esiste, certo non a livello economico. Per questo deve essere creato a livello culturale, facendo attenzione a non perdere di vista la condivisione di informazioni, altro grande deficit europeo: sono già piuttosto evidenti, e pericolose, le connessioni tra la cellula parigina e i predicatori islamisti del Regno Unito.
Collegati tra di loro, ma di fumosa e incerta affiliazione islamica: per ora è quanto si sa dei fratelli Kouachi e di Amedy Coulibaly che hanno tenuto in scacco per 52 ore Parigi e la Francia intera per vendicare «l’onore del Profeta» infangato da vignette ritenute blasfeme. Cherif e Said Kouachi il 7 gennaio scorso hanno freddato a colpi di kalashnikov il fior fiore della redazione di «Charlie Hebdo» nella sede del settimanale satirico in rue Nicolas Appert 6 a Parigi, lasciando dietro di sé 12 morti e 11 feriti, per poi darsi alla fuga. Il giorno dopo i due fratelli venivano ripresi dalle telecamere di un distributore di benzina a Crépy en Valois, mentre Amedy Coulibaly uccideva, apparentemente senza alcun motivo, un’inerme allieva del corpo dei vigili urbani a Montrouge. Lì per lì l’episodio non viene collegato alla strage di «Charlie Hebdo» anche se la tecnica usata da Coulibaly è ferocemente militare e il terrorista, protetto da un giubbetto anti-proiettile e impugnando due mitra, agisce con la stessa rapidità e la stessa freddezza dei fratelli Kouachi. Venerdì 9 gennaio infine, sempre in due località diverse dei dintorni di Parigi, Amedy Coulibaly fa irruzione in mattinata nell’Hipercacher di Port de Vincennes, prendendo in ostaggio i clienti del supermercato ebraico e uccidendone quattro; Cherif e Said Kouachi, braccati, si rifugiano invece in una tipografia di Dammartin dove vengono abbattuti dai poliziotti nel tardo pomeriggio, più o meno alla stessa ora in cui un blitz delle forze speciali uccide Coulibaly e libera i sopravvissuti alla strage dell’Hipercacher. La Francia è letteralmente sotto shock e con la Francia l’intera Europa, l’Occidente tutto e la stragrande maggioranza dei musulmani ad ogni latitudine. Come è potuto succedere? Chi sono davvero i «fratelli Terrore» e Coulibaly, nonché la sua sedicente fidanzata Hayat Boumedienne, peraltro latitante, partita per la Siria alla vigilia delle stragi? Non è un problema di identità. Le forze dell’ordine conoscono fin troppo bene i tre uomini, sono schedati da tempo e sono anche finiti in galera. Semmai bisogna chiedersi perché gli apparati di sicurezza li abbiano persi di vista o, venuti in possesso delle foto di Coulibaly e signora in addestramento con pistole e balestre, non ne abbiano tenuto conto. Non bastasse, in piena fuga, mentre erano asserragliati – i fratelli Kouachi nella tipografia e Coulibaly nel supermercato – Cherif Kouachi e Coulibaly hanno comunicato per telefono con l’emittente televisiva Bfmtv, spiegando le loro ragioni. Cherif non ha avuto problemi ad affermare di essere stato «mandato» da al-Qaeda in
Un fotogramma della strage di Parigi, avvenuta il 7 gennaio, che ha scioccato la Francia e il mondo intero. (AFP)
Yemen nonché di essere stato «finanziato dall’imam al-Awlaki». Coulibaly invece ha detto di aver fatto quello che ha fatto «perché il governo francese ha attaccato lo Stato islamico» o Califfato islamico che dir si voglia, di cui ha affermato di essere un affiliato. Fino ad oggi non risultava che il Califfato islamico di Abu Bakr alBaghdadi collaborasse con la vecchia al-Qaeda, nella fattispecie al-Qaeda nella penisola arabica (con acronimo inglese Aqap, in pratica al-Qaeda in Yemen) poiché le due organizzazioni sono in competizione, per non dire in rotta dall’anno scorso. L’Aqap è stata creata nel 2009 da islamisti yemeniti e sauditi, tra i quali è ben presto emerso per carisma Anwar al-Awlaki, un imam di origine yemenita ma nato negli Stati Uniti e cittadino americano a tutti gli effetti. Al-Awlaki è stato uno dei principali artefici della mutazione genetica di al-Qaeda quando Osama Bin Laden era ancora vivo ma ormai ridotto a un fantasma braccato in quel di Abbottabad – Pakistan, come abbiamo imparato dopo il blitz dei Navy Seals Usa del 2 maggio 2011 che lo ha ucciso. Si deve ad al-Awlaki lo spostamento del baricentro di al-Qaeda dal Pakistan allo Yemen, e l’opera di indottrinamento di seguaci di nuova generazione – un indottrinamento costante, ma improntato alla flessibilità – attraverso colloqui di persona o via internet con video-prediche e il suo manuale in inglese: «I 44 modi per sostenere il
Jihad», meglio noto come il vademecum del jihad fai-da-te. Al-Awlaki è morto lo stesso anno di Bin Laden, nel settembre 2011, centrato da un drone americano in Yemen. Ma le sue prediche e il suo manuale sono ancora in rete, e l’Aqap, non il Califfato islamico, si è fatta viva il 14 gennaio per rivendicare la strage di Parigi. Va comunque detto che da tempo la rivista del Califfato, «Dabiq», aveva indicato in «Charlie Hebdo» un bersaglio da colpire. Quali siano oggi i reali rapporti tra Aqap e Califfato è difficile dire. Resta il fatto che i Kouachi e Coulibaly si sono coordinati e si sono spartiti i compiti («Loro “Charlie Hebdo”, io i poliziotti e gli ebrei» ha detto Coulibaly), mostrando che ormai il terrorismo islamico si è fatto molto «liquido» cioè non risponde a gerarchie e ad affiliazioni precise. Niente più cellule addestrate per compiti definiti nei tempi e nei modi (Cherif Kouachi avrebbe ideato l’attacco a «Charlie Hebdo» assieme ad al-Awlaki nel 2011, ma ha aspettato tre anni prima di attuare il piano). Niente più cellule pronte ad entrare in azione in una catena di comando rigida ed efficiente sul modello di quella che agì l’11 settembre 2001 negli Usa per abbattere le Torri Gemelle, il Pentagono e il bersaglio fortunatamente fallito: la Casa Bianca. Niente più jihad «dei puri» visto che il quarto uomo che avrebbe aiutato Coulibaly, è un criminale comune che gli inquirenti sono arrivati a identificare attraverso le chiavi di una moto
trovate nel nascondiglio di Coulibaly a Gentilly (Val-de-Marne). Dell’uomo è stato reso noto solo il soprannome, Doly, e secondo la polizia anche lui avrebbe già preso la via della Siria. Oggi il terrorismo islamico si organizza in reti flessibili, tra individui addestrati in vario grado, ma più che altro legati da esperienze comuni di lotta o di vita: la guerra in Siria e la permanenza in Yemen per i Kouachi; la galera assieme a loro e al fantomatico Doly per Coulibaly che nella prigione di Fleury-Mérogis nel 2005 aveva incontrato Cherif e si era convertito all’Islam. Come i Kouachi, poi, frequentava a Parigi l’imam radicale Djamel Beghal, condannato a 10 anni per aver pianificato diversi attacchi terroristici, tra cui un attentato all’ambasciata americana nella capitale francese. Insomma quello a cui ci troviamo di fronte è un terrorismo che coglie l’attimo quando lo ritiene favorevole, nei luoghi che conosce meglio, coi mezzi che ha a disposizione e anche con una notevole dose di improvvisazione visti gli errori a dir poco pacchiani compiuti dai tre: dal chiedere ai passanti l’indirizzo esatto di ««Charlie Hebdo» al freddare nella redazione del settimanale un addetto alla sicurezza e una donna (pur vantandosi – come hanno fatto dopo al telefono – di non aver colpito «innocenti» e donne) fino a dimenticare nell’auto usata per la fuga addirittura la carta d’identità. Ma nel jihad fai-da-te rientrano anche gli errori visto che il premio più
ambito che questi terroristi si aspettano è di finire uccisi e diventare martiri, rispettati e venerati come tali. La strage che è stata compiuta a Parigi, come dicevamo dunque, non significa necessariamente che al-Qaeda in Yemen e il Califfato islamico abbiano stipulato un’alleanza, ma la minaccia del terrorismo islamico di ultima generazione non è meno reale e temibile. Quello che spaventa di più, infatti, è che sia i Kouachi, sia Coulibaly non erano immigrati dell’ultima ora. Erano i jihadisti della porta accanto, cittadini francesi a tutti gli effetti, immigrati di terza o quarta generazione che nel terrorismo camaleontico di oggi avevano trovato la risposta alla loro emarginazione (presunta o reale che fosse) o semplicemente alla loro pazzia. E non erano mosche bianche. Il primo ministro francese Manuel Valls ha reso noto che i cittadini francesi partiti verso la Siria sono almeno 1200, e potrebbero sempre tornare a casa per replicare le imprese degli stragisti di «Charlie Hebdo». Gli apparati di sicurezza europei hanno poi stimato che i jihadisti partiti dall’Unione verso il Califfato sono da 3000 a 5000 (dall’Italia 53). Numeri esigui se si ragiona in termini di eserciti tradizionali, numeri spaventosi se si pensa al «potenziale terroristico» che potrebbero esprimere una volta tornati in patria, qualora dovessero sopravvivere alla mattanza siriana e irachena. L’Europa è preparata all’incubo di questa sfida? Annuncio pubblicitario
Viaggiate gratuitamente un anno sull‘autostrada! Anno nuovo – nuova vignetta autostradale!
w w w.des a - autoglas s.ch
Su presentazione di questo annuncio, per ogni riparazione o ogni sostituzione del parabrezza riceverete gratuitamente una vignetta 2015! (Promozione valida dal 1° dicembre 2014 al 31 gennaio 2015). – Solo per clienti privati! Valido solo nelle filiali DESA. Hotline 0840 30 60 90
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 19 gennaio 2015 ¶ N. 04
18
Politica e Economia
Scontro politico o religioso? L’analisi Le radici di quanto è avvenuto a Parigi affondano in un terreno più politico che religioso: l’ultimo esempio
è l’Isis che fra Iraq e Siria sogna uno stato islamico organizzato sul piano istituzionale Alfredo Venturi È tutto perdonato. Sotto questo titolo Maometto versa una grossa lacrima e stringe un cartello che lo immedesima nel clima emotivo di questi giorni: Je suis Charlie. Così la copertina di «Charlie Hebdo», il settimanale satirico che ha conosciuto il furore sanguinario del fanatismo islamista. È un’edizione straordinaria, la prima dopo il massacro: otto pagine tradotte in sedici lingue, cinque milioni di copie, cento volte la tiratura consueta. I superstiti del periodico parigino non hanno rinunciato, come vorrebbero i jihadisti nemici delle vignette profane, a tratteggiare le sembianze del Profeta. Hanno onorato il sacrificio dei colleghi e riproposto il loro spirito collocando idealmente Maometto in quella parte della umma, la comunità islamica, che lo interpreta non come spietato guerriero, ma come annunciatore di un Dio «clemente e misericordioso». Del resto lo sanno benissimo, le donne e gli uomini di «Charlie Hebdo»: non è la religione il motore del diabolico meccanismo che tiene il mondo col fiato sospeso. L’Islam non è che un pretesto, peraltro non nuovo. Lo fu per esempio, anzi lo diventò, in Cecenia, dove la lotta per l’indipendenza dal potere di Mosca, frenata dall’intransigenza russa, cercò di riprendere forza trasformandosi in qualcosa di simile a una guerra santa: nuova motivazione e nuovi alleati. Il pretesto religioso è efficace per almeno tre ragioni. Prima di tutto il vessillo della fede permette di sacralizzare, per così dire, un’azione che proprio per questo può varcare qualsiasi limite: un jihad è per natura una guerra totale. Seconda ragione: il richiamo religioso offre vaste opportunità di reclutamento, non soltanto nel mondo islamico ma anche nelle periferie urbane dell’Occidente, dove vivono in condizioni spesso difficili milioni di musulmani di più o meno recente immigrazione, molti con cittadinanza europea come gli assassini del 7 gennaio. Infine il terrorismo jihadista si atteggia a difensore dell’Islam puntando all’obiettivo di consolidare attorno a sé una comunità che conta oltre un miliardo e mezzo di fedeli, più di un quinto della popolazione mondiale. Ma le radici del fenomeno affondano in un terreno più politico che religioso. In alcuni Paesi privi o quasi di efficaci istituzioni di governo, immersi in una sorta di anarchico brodo primordiale, come lo Yemen, la Libia, la Somalia, in qualche misura la Siria, hanno libero campo le formazioni più o meno vicine a al-Qaeda, che agitano il vessillo nero del jihad. Forti di un’etichetta religiosa alla quale affidano il compito di costruire un’identità nazionale, muovono all’assalto del palazzo d’inverno. A questi scenari si è aggiunta negli ultimi anni l’esperienza senza precedenti di un movimento armato che si assicura il controllo di un vasto territorio, fra il nord dell’Iraq e la Siria sconvolta dalla guerra civile, e contestando non senza qualche ragione l’arbitrarietà delle frontiere post-coloniali
Il presidente egiziano al-Sisi: in un recente discorso ha condannato la deriva violenta dell’Islam e ha auspicato una rivoluzione religiosa. (Keystone)
vi proclama la nascita di un Califfato, uno Stato islamico che cerca di organizzarsi sul piano istituzionale. Il leader di questa inedita creatura politica, Abu Bakr al-Baghdadi, può contare su generose sovvenzioni da molti Paesi della regione impauriti dal contagio e sulla riluttanza della Turchia, convinta che distruggendo il Califfato rilancerebbe il sogno d’indipendenza della nazione curda. Comunque sia, proprio da qui e da al-Qaeda proviene la grande sfida: di fronte ai due poli del terrore sta una vasta umanità giovanile, piena di frustrazioni e rancori, facile preda della predicazione infiammata di qualche imam fondamentalista. Gli ultimi avvenimenti mostrano sempre più chiaramente che queste due entità, il qaedismo ormai tradizionale che muove dai Paesi senza Stato e il nuovo jihadismo fiorito entro i labili confini del Califfato, sono a loro volta impegnate in una serrata concorrenza a colpi di azioni terroristiche. Lo conferma l’ambiguità delle rivendicazioni: a chi va il «merito» delle imprese parigine? I fratelli Said e Cherif Kouachi, autori della strage nel-
la redazione di «Charlie Hebdo», avevano agganci con lo Yemen e dunque gravitavano attorno a al-Qaeda, che di fatto ha rivendicato la paternità dell’azione. Ma Amedy Coulibaly, il loro complice, l’assassino degli ebrei nel supermercato di Vincennes, si proclamava emissario del Califfato. Alleate, le due centrali del terrore? Certo, alleate di fatto, ma in lotta per la supremazia: anche questo contribuisce ad ammantare di cupe prospettive la fase storica che stiamo vivendo. La sfida che dobbiamo fronteggiare è assai complessa. Del resto non è soltanto sfida all’Occidente, anche se l’Occidente laico e spregiudicato, l’Occidente di «Charlie Hebdo» che si fa beffe dei dogmi e della seriosità sacerdotale, si presta benissimo come bersaglio da additare a giovani imbevuti di mistica del martirio, e nel nome di Dio addestrati a combattere, uccidere e morire. Ma non è il solo bersaglio: il cosiddetto «scontro di civiltà», per riprendere la terminologia con la quale Samuel Huntington oltre vent’anni or sono contestava la «fine della storia» decretata da Francis Fukuyama, si svolge an-
che all’interno dell’Islam. È la cruenta riedizione, in realtà, di un confronto storico dal contenuto eminentemente politico: non contrappone tanto religioni o culture diverse, quanto tensioni verso il passato e verso il futuro all’interno delle singole religioni o culture. Proprio questo aspetto permette d’intravvedere, nel momento tragico che stiamo vivendo, un barlume se non di ottimismo almeno di speranza. Probabilmente gli assassini di Parigi hanno passato il segno, superando la soglia oltre la quale non ci può essere adesione se non da parte di frange marginali di esaltati. Le reazioni del mondo musulmano hanno oscillato come sempre fra il minoritario plauso dei gruppi estremi, accompagnato dalla minaccia di altre azioni esemplari, e il maggioritario rifiuto da parte del cosiddetto Islam moderato. A quest’ultimo si sono aggiunte condanne da parte di chi non potrebbe definirsi propriamente moderato: prendono infatti le distanze dalla strage i dirigenti della formazione palestinese Hamas e della libanese Hezbollah. Da quest’ultima sponda è arrivata un’accusa durissima: simili azioni of-
fendono l’Islam ancor più delle vignette, dice il capo del movimento Hassan Nasrallah. Il presidente egiziano Abd al-Fattah al-Sisi parlando all’università al-Azhar ha invitato i dottori della legge islamica a condannare la deriva violenta, auspicando che i fedeli non siano più percepiti come nemici dal resto del mondo. Le parole di al-Sisi hanno preceduto di qualche giorno l’attacco del 7 gennaio, e hanno ricevuto un’implicita conferma dalla massiccia risposta popolare seguita alla strage. Nella straordinaria sfilata parigina dell’11 gennaio non abbiamo visto soltanto il palestinese Abu Mazen accanto all’israeliano Benjamin Netanyahu, ma anche una quantità di cittadini francesi o immigrati in attesa di cittadinanza che proclamavano la perfetta compatibilità della loro fede musulmana con il rifiuto della violenza islamista: Je suis musulman, je suis Charlie. Del resto non era forse musulmano il poliziotto barbaramente finito a colpi di kalashnikov sul marciapiede davanti a «Charlie Hebdo»? E non lo era quel dipendente del supermercato ebraico che ha salvato una decina di clienti nascondendoli nella cella frigorifera? Certo i jihadisti potranno contare su fenomeni di emulazione favoriti dalla desolazione delle banlieues, dispongono di migliaia di militanti fanatici e sicuramente colpiranno ancora: ma hanno mancato l’obiettivo di conquistare alla loro causa il popolo sterminato della umma. Eppure c’è una parte d’Europa che non accetta compromessi: il mondo islamico ci è nemico, siamo sotto tiro, dobbiamo reagire senza cedere ai buoni sentimenti. Un giornale italiano titola le cronache della strage con una formula che non lascia scampo: Questo è l’Islam. In Germania la cancelliera Angela Merkel, dopo essere sfilata a Parigi accanto a François Hollande e agli altri capi di stato e di governo, partecipa a una manifestazione dei gruppi islamici tedeschi contro il terrorismo, ma intanto gli oltranzisti di Pegida sfilano a migliaia invocando la cacciata dei musulmani. In Francia Marine Le Pen chiede pugno di ferro e pena di morte, in Italia Matteo Salvini dichiara il governo di Roma complice dei terroristi per non avere fermato l’invasione dei migranti. Un prete lefebvriano evidentemente nostalgico delle crociate, l’austriaco Florian Abrahamowicz, attacca duramente il Papa colpevole d’invocare il dialogo con l’Islam per interrompere la spirale dell’odio. Tutti costoro non vogliono rendersene conto, ma sono caduti nella trappola preparata da chi manda i terroristi allo sbaraglio o sfrutta nell’ombra le azioni dei «lupi solitari». Infatti gli strateghi del jihadismo auspicano precisamente questo: che l’Europa e l’Occidente reagiscano agli attacchi prendendosela con l’Islam in quanto tale, e dunque compattando la comunità musulmana in difesa della sua identità. Quel fiume di folla nel boulevard parigino intitolato a Voltaire, campione del libero pensiero, ci dice che fortunatamente non è andata così. Annuncio pubblicitario
valido fino al 31 dicembre
Buono sconto di
200.CHF + esame dell’udito gratuito
BELLINZONA Viale Stazione 27 <wm>10CAsNsjY0MDAy0bWwMDExtgAAsdMd1Q8AAAA=</wm>
<wm>10CFXKIQ7DQAwEwBf5tF7biR3DKiwKiMqPVMX9P6oaVjBsjqNj4PbYz-d-tQJ0yXS37DQbUWtr2MCirWQR6hsygrQVf1_oDgfm74hSWBMpboKazBqf1_sLxtZitHIAAAA=</wm>
+ prova gratuita dei nuovi apparecchi acustici
ReSound 100% invisibili
Ticinese
apparecchi acustici
091/825.23.69
AGNO 091/857.41.41 Piazza Vicari 4 PREGASSONA (LUGANO) 091/940.30.30 Via alla Bozzoreda 37
www.centroacusticoticinese.ch
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 19 gennaio 2015 ¶ N. 04
19
Politica e Economia
Perché la satira è offesa Libertà di espressione? L’irrisione del profeta Maometto è una blasfemia insopportabile per il credente
musulmano. Anche se è difficile trovare nel Corano una giustificazione per la punizione di chi offende
Afferma il Corano che «Voi [si riferisce agli uomini tutti] avete nel Messaggero di Dio [cioè Muhammad/Maometto] un esempio buono per chiunque speri in Dio e nell’ultimo giorno e molto menzioni Iddio» (33,21). Dunque, Muhammad costituisce il punto di riferimento per l’azione del credente, a tal punto che la sua imitazione risulta indispensabile per conseguire la salvezza eterna. Il grande teologo medievale al-Ghazali (m. 1111) diceva che l’imitazione del Profeta purifica l’esteriorità del credente per renderlo idoneo alla purificazione interiore dell’anima. Così bisogna fare come il Profeta anche nei gesti quotidiani della vita, come lo scendere dal letto o il tagliarsi le unghie o il non mangiare cibi che lui non consumava. E non bisogna sorridere di ciò, ammoniva al-Ghazali, perché nessuno può pretendere di essere puro dentro se non osserva un comportamento esteriore adeguato. E siccome Muhammad è stato l’uomo perfetto, si capisce quanta importanza abbia la sua sunna (ovvero il suo modo di essere e di pensare). La venerazione per il Profeta ha raggiunto nell’Islam punti estremi. Alcuni mistici lo hanno descritto come il compasso che equilibra l’ordinamento cosmico. Vi è una tradizione misticoteologica secondo la quale dalla preeternità esiste una sostanza muhammadica che costituisce in certo senso il modello della profezia, cui tutti gli altri profeti riconosciuti dalla tradizione islamica (come Adamo, Noè, Abramo, Mosè, Gesù…) si sono conformati. È importante ricordare che queste esagerazioni, che arrivano quasi alla divinizzazione di Muhammad, non sono coraniche, ma sono state elaborate nei secoli dalla pietà musulmana. Il Corano, da parte sua, dice più volte che Muhammad è solo un uomo con capacità e abilità ordinarie (per esempio 7, 188 e molti altri luoghi ancora), sebbene abbia avuto il dono straordinario di
AFP
Massimo Campanini
ricevere in modo diretto la rivelazione. I musulmani, sulla base di un oscuro accenno coranico (capitolo 7, 157-158), credono che Muhammad fosse analfabeta e ciò per dimostrare la veridicità della sua missione profetica: com’è possibile, infatti, che un uomo analfabeta abbia potuto ricevere e recitare un libro così santo e perfetto come il Corano se non per miracolo di Dio? La stessa festa del compleanno del Profeta (mawlid), oggi molto sentita dai musulmani, fu istituita tardi, su imitazione del Natale cristiano, e non esisteva nei primi tempi dell’Islam. Quanto detto spiega come mai molti musulmani si possano sentire profondamente feriti e offesi da vignette satiriche che dileggiano il loro Profeta. Da una parte, tengo a precisare che a mio avviso il dileggio dei personaggi sacri delle altre religioni non rappresenta in alcun modo «libertà di pensiero». Dall’altra, un musulmano non si permetterebbe mai di dileggiare
Gesù Cristo, proprio perché lo ritiene un grandissimo profeta inserito nella storia della rivelazione. La questione è ulteriormente complicata dal divieto di raffigurare la persona di Muhammad. È ben noto che l’Islam, come del resto l’Ebraismo, proibisce di farsi rappresentazioni di Dio: disegnare Dio come ha fatto Michelangelo nella Cappella sistina è, per un ebreo o un musulmano, un’empietà blasfema. Nell’Ebraismo si arriva al punto di vietare la pronuncia del nome stesso di Dio (il tetragramma YHWH) sostituendolo con altre espressioni lecite. Per analogia, la regola è che neppure Muhammad possa essere raffigurato. Questo non vuol dire che nell’Islam non ci sia stata una tradizione iconica che ha voluto rappresentare il Profeta. Ma caratteristicamente si tratta di una tradizione tarda e non araba (oserei dire non semitica, tenendo conto che arabi ed ebrei sono entrambi semiti). Sono stati infatti prima i persiani e poi
i turchi ad ammettere, soprattutto nelle loro miniature, la possibilità di raffigurare il corpo di Muhammad. Solo il corpo, però, non la testa, il volto, che viene sostituito da una fiamma. Oggidì, in alcuni paesi musulmani come l’Iran, circolano «immaginette» che riproducono un presunto, bellissimo, volto di un Muhammad giovane e sorridente. Naturalmente, nessuna raffigurazione del genere è ammessa in moschea, le cui pareti possono ospitare solo i grafemi artistici della calligrafia araba, e questo, ovviamente, non solo per gli arabi, ma anche per i persiani e i turchi. Questa è anche la ragione per cui la cinematografia musulmana, pur assai prolifica, dall’Egitto all’Iran, non abbia mai girato un film sul Profeta, laddove moltissime pellicole sono state girate in Occidente con Gesù, regolarmente mostrato, come protagonista. Un’unica volta un regista siriano ha osato raccontare al cinema la vita di Muhammad (il film si intitola Il messaggio), ma,
a parte il fatto che la pellicola sostanzialmente non ha circolato nei paesi musulmani ed è stata vista da pochissime persone per una sorta di naturale ritrosia, il regista ha dovuto escogitare trucchi diversi per non mostrare in alcun modo la persona del Profeta. Ancor di più, credo, si comprende perché la sensibilità musulmana riguardo alle vignette satiriche sia stata provocata. L’irrisione del Profeta è una blasfemia che offende sanguinosamente la coscienza del credente. Ciò, è ovvio, non giustifica né il terrorismo né l’omicidio, ma può costituire un motivo di profonda rabbia per un estremista, già convinto, a ragione o a torto, che l’Occidente lo colonizzi e lo sfrutti. Peraltro, è difficile trovare giustificazione per la punizione della blasfemia nei testi sacri. Innanzi tutto, bisogna ricordare che la bestemmia è inesistente nell’Islam; è un non-problema. Nessuno, nemmeno un ateo convinto, si permetterebbe di bestemmiare il nome di Dio o di Muhammad. La pronuncia continua, ritmata, del nome di Dio (Allah) è anzi un mezzo assai praticato per entrare in comunicazione spirituale con Lui. Si spiega così perché il Corano (almeno per quanto io lo conosco – ma il Corano è un oceano senza limiti, come dice al-Ghazali) non si occupa neppure di denunciare e sanzionare la blasfemia. Piuttosto, il Corano si occupa più di una volta di denunciare l’apostasia, l’abbandono della religione. Ma anche in questo caso, non prevede alcuna punizione «fisica». Sarà Dio nell’aldilà, al momento del giudizio, a sanzionare l’apostata con la punizione che vorrà. Alcuni dottori conservatori, già nel Medioevo, hanno invece deciso che l’apostasia sia passibile di pena di morte: ma appunto, non vi è alcuna base coranica per giustificare una simile prescrizione. E lo stesso vale per la blasfemia. L’estremista che pretenderebbe di punire con la morte l’autore blasfemo di una vignetta satirica non troverebbe conforto dottrinale nel Corano.
I dilemmi etici della libertà di satira Giornalismo La tutela di questo diritto è sostenuta da un’ampia giurisprudenza, ma ci sono motivi e momenti
per cui può essere più saggio e giustificato rinunciarvi Enrico Morresi «Je suis Charlie». Perché? Perché la sproporzione tra la causa (l’asserita blasfemia delle vignette satiriche del periodico) e l’effetto (l’orrenda strage nella redazione di «Charlie Hebdo») è così enorme da vanificare ogni tentativo di delegittimazione del diritto di satira. Questo ha capito la moltitudine che si è riversata domenica 11 gennaio nelle strade di Parigi e verso la quale mi sento di affermare piena solidarietà. La mia vicinanza con le vittime dell’atto terroristico e con le testate che pubblicano vignette satiriche non è scalfita dalle discussioni sui limiti della satira. Perciò mi sento pure io di esibire la scritta «Je suis Charlie». La tutela di questo diritto è del resto sostenuta da un’ampia giurisprudenza (rimando per i particolari al servizio pubblicato da «Azione» del 2 settembre 2013: «La satira è permessa ma può far molto male»). Una sentenza italiana del 1989 riconosce alla satira un valore anche politico: «un’elementare funzione di moderazione dei potenti, di smitizzazione e “umanizzazione” dei famosi, di umiliazione dei protervi, una funzione, in breve, di controllo sociale anche verso il potere politico ed economico, che usa contro gli aspetti più arroganti del potere e della notorietà l’arma incruen-
ta del sorriso». L’unico limite, come ha scritto bene Orio Galli, è il Codice penale. La satira non è ammissibile se allude a un atteggiamento disonorevole, presunto ma non provato, del soggetto. Ma il diritto alla libertà deve prevalere nell’incertezza: in dubiis libertas. «Je ne suis pas Charlie». Potrebbe tuttavia essere ragionevole e non solo legittimo rinunciare a fare uso di questo diritto senza diminuire la considerazione per la libertà di satira. Due possono essere le ragioni per rinunciare a mettere in caricatura un soggetto:
Una libertà costata 12 vite. (Keystone)
(a) il rispetto, (b) la prudenza. Collegare direttamente la figura di Maometto con il terrorismo, come faceva una delle famose vignette del quotidiano danese «Jyllands-Posten» nel 2005 (lo rappresentava con il turbante trasformato in una bomba innescata), significa attribuire al Profeta una condotta disonorevole e, poiché in lui si identificano milioni di seguaci, affermare che ogni musulmano è un terrorista, il che è evidentemente assurdo. La prudenza, d’altro canto, può consigliare di non buttare olio sul fuoco di una questione sociale aperta, come la difficile integrazione dei figli di immigrati musulmani nelle periferie di grandi città, non solo francesi. Chi ricorda il film La haine del regista Mathieu Kassovitz (1995) lo può capire. Accusare di codardia chi fa prevalere il rispetto o la prudenza non ha dunque senso. Una battaglia necessaria? Il giornalismo si esercita su vari piani, con diversi mezzi, e i modi di combattere per una giusta causa sono moltissimi. Le vignette difficilmente possono rispettare le necessarie distinzioni. Non ogni destra è neo-fascista o nazista, non ogni sinistra è neo-comunista. Ma il fascio, la svastica o la falce e martello hanno una tale capacità di suggestione da indurre spesso i vignettisti a forzare la realtà semplificandone i connotati.
Così pure i simboli religiosi. È un limite che la satira deve riconoscere. La relativa imprecisione in cui si muove si dimostra tuttavia preziosa quando attira l’attenzione ove i problemi siano negati o dissimulati. Ma il suo limite va riconosciuto. Nessun dubbio che si giustifichi l’allarme nei riguardi del sedicente Califfato o di qualunque altra diramazione del terrorismo di matrice islamica. Se ciò, tuttavia, oltre la mobilitazione delle forze militari necessarie per reprimerlo, ha per effetto di gettare il discredito – come fa chi parla di «islamizzazione» dell’Europa – su un’intera collettività di persone che da noi vive e lavora, le conseguenze di tale errato atteggiamento possono essere gravi. La satira in Ticino. Anche in Ticino, nel passato, la satira ha avuto un senso: di fronte alle granitiche certezze di partiti contrapposti, per esempio, oppure per aggirare i tentativi di soffocare la critica con la forza. Isolati vignettisti hanno lottato e spesso hanno pagato per il loro coraggio. Una storia di queste vicissitudini non è stata scritta. Neppure esiste un catalogo ragionato delle vignette pubblicate, più vicino a noi, dal «Diavolo» o dai vignettisti ospitati dai giornali. Peccato che quando si parla di satira in Ticino ci si riferisca subito alle campagne del «Mattino della domenica». Senza negare che lo
spirito irridente di Giuliano Bignasca talvolta cogliesse nel segno, va citata almeno la confessione di Flavio Maspoli in un testo pubblicato postumo (morì nel 2007): «Non ci si accontentava di fare un giornalismo aggressivo: bisognava offendere la gente, bisognava sparlare. Si è insomma entrati in una spirale che io non trovavo giusta e pertinente […]. Si cercava lo scandalo a tutti i costi. E quando lo scandalo non c’era lo si inventava». Spiritosi? Mah! Una delle mie letture preferite quando studiavo in Inghilterra era, ogni giorno, la pagina delle lettere alla redazione pubblicate dal «Times». Ammiravo la leggerezza con cui critiche pertinenti e pure severe si esprimevano, lo humour tipico di una cultura diffusa ben oltre l’élite: in parte, mi si dice, oggi venuta meno. I Ticinesi non sono spiritosi, salvo eccezioni: segno forse di un rapporto con la lingua di cultura («matrigna» la definiva Sandro Bianconi) non spontaneo né compiutamente assimilato. La media non è di qualità: il tono pesante, l’insinuazione scoperta, la critica facilmente offensiva. Non frequento Facebook, ma mi si dice che lì si trova anche di peggio. Vale allora – ora che abbiamo affermato con forza solidarietà con «Charlie-Hébdo» – anche l’invito a tener presenti tutte le altre ragioni.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 19 gennaio 2015 ¶ N. 04
20
Politica e Economia Rubriche
In&outlet di Aldo Cazzullo L’Europa nelle strade di Parigi L’11 gennaio 2015 resterà nella storia di Francia come un giorno decisivo. È stato il giorno della svolta per la presidenza Hollande, fino a quel momento il leader più impopolare del mondo. Toccato il fondo con il libro della sua ex compagna Valérie Trierweiler, il presidente socialista ha cominciato a risalire la china nelle giornate drammatiche in cui ha saputo interpretare il desiderio dei francesi di essere ricompattati e tranquillizzati. Hollande (nella foto) ha giocato con abilità con Marine Le Pen, invitandola all’Eliseo ma non alla marcia unitaria di Parigi, dove ha fatto la sua vera rentrée il leader della destra tradizionale, Nicolas Sarkozy. Davanti alle prime drammatiche notizie della strage islamica a «Charlie Hebdo», seguita dall’orrendo attacco agli ebrei, un po’ tutti abbiamo pensato che si sarebbe rafforzata la posizione della famiglia Le Pen; ma è una valutazione sbagliata, la Francia cerca oggi normalità, e anche Marine l’ha capito, infatti si è comportata non da incendiaria ma da madre che rassicura figli spaventati.
La partita però va molto oltre la Francia. È in corso una guerra; ed è in primo luogo una guerra civile tra i musulmani. Una minoranza fanatica e violenta cerca di portare la maggioranza sulle proprie posizioni di odio e di brutalità, attaccando i simboli dell’Occidente, che tanto popolari in questo momento non sono. L’11 settembre resta l’attacco più grave, cui l’America di Bush reagì proprio come gli ideatori dell’11 settembre avevano sperato, portando la guerra in Medio Oriente, esponendo i soldati americani come bersagli, rinfocolando la polveriera del fondamentalismo e della guerriglia islamica. Oggi è nostro dovere e pure nostro interesse non omologare tutti i musulmani, trovare i nostri interlocutori, combattere la minoranza violenta, aiutare la maggioranza pacifica. Il problema è che alcuni autocrati dell’Antico Regime, come Assad, sono indifendibili. In Siria Obama ha pasticciato parecchio: prima è arrivato a un passo dall’attaccare lo sciita Assad, ora attacca i suoi nemici sunniti dell’Isis. La guerra
d’espressione. Dissacrare però non basta. È anche il momento di costruire: valori, regole, convivenza basata sul rispetto reciproco e sulla legalità. Negare che sia in corso una guerra, che l’altra sponda del nostro mare sia il campo di battaglia e l’Europa la retrovia in cui l’esercito islamico tenta di reclutare o infiltrare i suoi combattenti, sarebbe negare la realtà. Ma il confronto con l’Islam non può essere ridotto alla guerra. È un tema cruciale della modernità, del nostro tempo segnato dalle migrazioni e dal mondo globale. Attraverserà le nostre vite. Chiama in causa non soltanto le capacità militari e di intelligence dell’Europa; ne sollecita l’identità culturale, la coesione sociale. Contrapporre violenza a violenza, uniformare tutti i musulmani in un’unica condanna farebbe il gioco degli assassini di Parigi; che sperano di suscitare l’intolleranza proprio nella terra di Voltaire, che contano di seminare l’odio tra popoli che la storia ha condannato a combattersi, come nell’Algeria degli Anni ’50, ma anche a convivere, attorno a un
unico mare e talora nella stessa terra. In Italia Salvini ne ha approfittato per porre la questione dell’immigrazione. È vero che gli assassini di Parigi erano nati in Francia, e potrebbero venire in Italia o in qualsiasi altro Paese aderente agli accordi di Schengen anche senza passaporto. Ma se la Francia il suo Islam l’ha ereditato dalla storia, l’Italia lo sta importando. Fermare la rotta di Lampedusa, arrestare gli scafisti, impedire che vengano lanciate imbarcazioni a dieci nodi contro le coste meridionali con il pilota automatico – autentici atti ostili – non significa alimentare la xenofobia; significa prevenirla. Nelle strade di Parigi si è vista per la prima volta l’Europa. È un’occasione che va colta. Anziché dividersi sull’opportunità di sospendere Schengen e innalzare nuove frontiere interne, l’Europa farebbe bene a vigilare sulle sue frontiere esterne. Un nuovo spirito unitario farà bene anche al governo dell’economia, chiamato proprio in questi giorni ad assorbire l’urto delle elezioni greche.
da geografi svizzeri. Ma con l’avvento della mondializzazione anche la rivista dei geografi svizzeri ha dovuto aggiornarsi. Nel 1997 arriva la prima ristrutturazione: i nuovi editori si ripromettono di fare di «Geographica Helvetica» una rivista internazionale. La rivista si dota, per la prima volta, di un «editorial board» del quale fanno parte non solo ricercatori svizzeri, ma anche colleghi di università europee e perfino degli Stati Uniti. Al vecchio precetto federalistico, stando al quale si cercava di bilanciare gli articoli pubblicati nelle lingue nazionali, in particolare in tedesco e francese, si sostituisce il nuovo trend globalizzatore che dà una parte sempre più importante ai contributi in inglese. Tirando le somme di questa ristrutturazione, nel 2010, in un numero speciale dedicato al rapporto tra
cambiamento globale e geografia, la redattrice responsabile affermava che il passaggio di categoria era riuscito: la visibilità internazionale della rivista era cresciuta. Ora la rivista si trovava in un buon numero di biblioteche universitarie di tutto il mondo. A «Geographica Helvetica», continuava la redattrice responsabile, era però anche riuscito di restare un monumento del patrimonio culturale svizzero. Bisogna però aggiungere che la rivista non si era solamente internazionalizzata, ma aveva cambiato anche il suo orientamento. I contributi di natura statistica o descrittiva, relativi a realtà svizzere della geografia fisica o della geografia umana, erano diminuiti ed erano stati sostituiti da molte analisi di carattere epistemologico sul divenire della geografia come scienza. Non da ultimo perché, come rilevavano
gli autori di un saggio sulle geografie della globalizzazione, pubblicato nel numero speciale, citato qui sopra, la mondializzazione aveva cambiato l’oggetto della geografia. Essa aveva infatti trasformato lo spazio in un fascio di relazioni che rimangono temporalmente e spazialmente indeterminate. Con la perdita di importanza dei confini nazionali è così venuto meno anche l’obiettivo tradizionale di «Geographia Helvetica». A livello scientifico la sua internazionalizzazione è riuscita. Ma il successo non è stato tale da salvare l’impresa dal profilo finanziario. E così, oggi, questo monumento del patrimonio culturale elvetico scompare. Non solo dagli scaffali della mia biblioteca, ma da quelli di tutte le biblioteche scientifiche del mondo. I bibliotecari avranno un problema di spazio in meno.
contempo assumere la mentalità di chi vuole risolvere i problemi. Indispensabile un’amministrazione pubblica che capisca che il suo ruolo non si esaurisce nel controllo e nel divieto, ma deve invece essere quello del sostegno e dell’aiuto all’iniziativa privata (…) La politica? Passate le elezioni, se si riuscisse a mettere tregua alle risse da pollaio, si dovrebbe stringere un patto per il Paese su alcune condizioni quadro che necessitano il sostegno di un’ampissima maggioranza e che non possono continuare a peggiorare». Chissà se qualche partito, o anche solo qualche candidato, saprà dare priorità al «cambio di mentalità» preconizzato da Tito Tettamanti, inserendolo tra i temi elettorali di chi scende in lizza per guidare il Ticino dopo aprile! Certo non sarà cosa facile a giudicare dal generale arroccamento verso il centro, dal riaccendersi di divisioni e particolarismi regionali, per finire con i quotidiani salti della quaglia ormai ostentati senza troppe preoccupazioni. Il marasma pre-elettorale trae sostegno
non più, o non tanto, da sane rivalità ideologiche o da scontri generazionali (quindi addio dialogo fra «piccoli statisti» e «grandi vecchi»), ma piuttosto dall’estinguersi di correnti che in un passato ancora recente alimentavano quella che in definitiva era già una «democrazia del pubblico», cioè con rappresentanze sempre più estranee a scelte o a indicazioni dei partiti, ma «avallate» da consensi più da audience che politici. Per superare questo malessere i partiti storici, oltre a capire di non poter più dare per scontata la propria sopravvivenza, dovrebbero indirizzare il Paese a rinnovi elettorali dominati non da personalismi o da maggioranze evanescenti, ma dalla necessità di approdare a condizioni quadro condivise ed entro le quali il popolo, quindi gli elettori stessi prima ancora che gli eletti e i governanti, vorrà impegnarsi per il futuro del Paese. Altrimenti sarà difficile evitare che la campagna elettorale passi dalle risse di pollaio all’urlo di battaglia di Fred Flinstone: «Wilma, dammi la clava!».
Termino con una divagazione dal tema, per segnalare che, cercando di riguadagnare terra ferma e mente libera dopo il niagara di testi, vignette, immagini, video, twitter, commenti, considerazioni e quant’altro ancora, scatenato dall’infame attentato terroristico jihadista di Parigi, alla fine ho salvato l’inizio di una preghiera che Camillo Langone ha scritto su «Il Foglio»: «Perché i coranisti anziché di preti hanno fatto strage di vignettisti? Perché la verità sul Corano non la dicono i preti, la dicono i vignettisti. Perché anziché contro i politici si sono accaniti contro i vignettisti? Perché a difenderci dal Corano non sono i politici, sono i vignettisti. I coranisti hanno individuato l’unico vero argine contro la sottomissione dell’Europa al loro libro nefasto, un argine che si chiama Libertà di Espressione, hanno notato quanto fosse già corroso dalle nutrie del politicamente corretto e hanno cominciato a farlo saltare. I morti di Charlie Hebdo non sono semplicemente vittime, sono martiri».
civile all’interno dell’Islam sarà lunga. Se prevarranno gli estremisti, la guerra la faranno a noi. Bisognerà vigilare e agire con discernimento. Non è solo un confronto militare. È anche un confronto culturale. L’Occidente deve difendere la libertà
Il Mercato e la Piazza di Angelo Rossi Addio a «Geographica Helvetica» Con il numero 4 del 2014, che uscirà nei prossimi giorni, «Geographica Helvetica», la rivista dei geografi svizzeri, cesserà la pubblicazione dei suoi esemplari in carta. Dal 2015 questa rivista scientifica sarà leggibile solo in internet. Per i responsabili della rivista si tratta di un passo inevitabile in un mondo nel quale le tecnologie IT non cessano di progredire. Per noi lettori, che siamo stati educati a leggere voltando le pagine, la digitalizzazione di questa rivista è invece la fine di un’epoca, l’epoca delle riviste scientifiche a carattere nazionale. Il bacino della ricerca nazionale non basta più oggi, né come contributi di peso, né come lettori, per fare una rivista scientifica. Di conseguenza la si internazionalizza. Ma la rivista internazionalizzata interessa meno i lettori svizzeri mentre d’altra parte fatica a
conquistare nuove cerchie di lettori fuori dai confini del nostro paese. I ricavi dagli abbonamenti diminuiscono mentre i costi non cessano di aumentare. Alla fine bisogna cessare la pubblicazione. Ma andiamo con ordine. La rivista dei geografi svizzeri era nata nel 1946 dalla fusione, si può dire, di tre pubblicazioni preesistenti di minore portata. Il suo baricentro è sempre stato l’istituto di geografia dell’università di Zurigo, ma, col tempo, la rivista ha cercato di diventare la pubblicazione di tutte le facoltà di geografia svizzere. Durante tutto il ventesimo secolo, «Geographica Helvetica» è restata fedele al programma che illustra il suo titolo: una rivista per i geografi svizzeri che pubblicava contributi di geografia fisica e di geografia umana relativi alla Svizzera o alle ricerche fatte nel resto del mondo
Zig-Zag di Ovidio Biffi L’intesa come isola che non c’è Nel corso del lunghissimo autunno – iniziato a maggio, ora sembra non voler cedere il posto nemmeno all’inverno – mi è capitato di seguire in tv diversi interventi dedicati ai «grandi vecchi» del mondo politico e professionisti «che hanno segnato la storia cantonale». Non li ho visti tutti (ne potete ritrovare alcuni su www.teleticino.ch/i-grandivecchi), ma abbastanza da ricavarne una valutazione rimasta impressa nei miei pensieri. Spenti schermi e microfoni, qualunque fosse il personaggio «tornato» per uno spicchio di tempo (magistrato, notabile, finanziere o altro ancora) ritrovavo sempre la stessa domanda: il Ticino sarà ora in grado di sostituire questi pilastri della nostra vita democratica, non solo negli esecutivi e nei legislativi che ci apprestiamo a rinnovare, ma anche nei posti di comando dello Stato, del parastato, come pure in quelli altrettanto importanti dell’economia privata? Qualcuno, partendo da posizioni assai privilegiate rispetto alla mia, di recente ha suonato lo stesso allarme
evocando sulla stampa la necessità per il Ticino che si appresta a sostituire la sua classe dirigente di adottare un sistema elettorale diverso (maggioritario al posto del proporzionale) se vorrà uscire dal ghetto in cui si è chiuso. Però il mio interrogativo ha continuato a prendere consistenza dapprima scorrendo gli elenchi dei personaggi scelti dai partiti per le elezioni di aprile, poi di fronte alle «estenuanti» (ed anche un po’ melodrammatiche, io trovo) indecisioni venute a galla nel listino del partitone, inteso come PLRT. Ma soprattutto l’ho ritrovato, poco prima di Natale, leggendo una delle ormai puntuali remarques di Tito Tettamanti, perspicace notista socio-politico sul CdT e, non a caso, uno dei nostri più lucidi «grandi vecchi». La sua disamina dei nodi che la nuova legislatura dovrà cercare di sciogliere mi è sembrata una cartolina augurale inviata ai partiti di governo, sigillata con questa esortazione: «La nostra società deve prendere coscienza della gravità della situazione, ma al
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 19 gennaio 2015 ¶ N. 04
21
Cultura e Spettacoli Lo Zibaldone di Romano Amerio Il doveroso ricordo dell’opera di un grande intellettuale della Svizzera italiana, a 110 anni dalla nascita
Robert e Gerda Una mostra a Lugano testimonia il profondo legame tra Capa e l’amata Gerda Taro pagina 22
Una fiorente scena teatrale La scena teatrale ticinese si fa sempre più ricca, anche con produzioni proprie e grazie all’importante appoggio delle istituzioni locali; tre esempi pagina 24
pagina 23
Ogni cosa può volare Mostre Palazzo Reale a Milano dedica una grande retrospettiva a Marc Chagall Alessia Brughera Nell’arte del Novecento, Marc Chagall è considerato il «pittore-poeta». A valergli questa definizione è stato il suo stile visionario, nutrito di forme e di simboli che affiorano dall’inconscio, dalla memoria e dal sogno. Tuttavia, se ci si limitasse a tener conto solo della componente liricofantastica del suo linguaggio, non si riuscirebbe a comprendere pienamente la portata di Chagall, perché il suo mondo pittorico è fatto sì di metafore depositate sulla tela a creare universi da fiaba, ma anche di un forte legame con la storia e con i travagliati accadimenti che spesso hanno coinvolto direttamente l’artista. La grande retrospettiva che Palazzo Reale a Milano dedica a Chagall parte proprio dalla volontà di presentare il pittore russo nella sua complessità, discostandosi dall’immagine un po’ troppo addolcita che nel tempo gli hanno assegnato la critica e il pensiero collettivo. In questa esposizione, che è la più completa rassegna sull’artista realizzata in Italia nell’ultimo mezzo secolo (nonché un preludio di respiro internazionale alle grandi mostre milanesi per Expo), le oltre duecento opere raccolte rivelano la trama sottile tra fantastico e reale che pervade interamente la pittura di Chagall. Una pittura che rappresenta e racconta la storia mediante mirabili allegorie, trasfigurandola nello spazio del dipinto in colori brillanti e in forme oniriche. Senza mai perdere la gioia di vivere e la speranza, Chagall traghetta ricordi e sogni sulla tela, con un senso di stupore rimasto intatto nonostante due conflitti mondiali, le atrocità naziste e la condizione di esiliato in cui lui, di origine ebraica, si trova per tanta parte della vita. Nelle sue opere passano dunque la sua storia personale, quella del suo popolo e quella del Novecento intero, a testimonianza di come le vicende del mondo influiscano su quelle individuali. La patria, la famiglia, l’amore e la fede si confrontano con la guerra e con lo sradicamento, attraverso un’arte che non si arrende al caos ma da questo trae ispirazione e audacia. Nel percorso rigorosamente cronologico della mostra, i dipinti sono testimonianza di quella felice fusione tra figurazione immaginaria e rappresentazione reale che prende vita dai richiami alla cultura ebraica e alla tradizione popolare russa. Quel che emerge dalle opere esposte è la coerenza espressiva che l’artista ha saputo mantenere lungo tutta la sua attività, una sorta di inattaccabile integrità infantile che gli ha permesso di confrontarsi con molteplici linguaggi senza mai tradire il proprio stile, sempre mirabilmente sospeso tra ironia e malinconia, tra misticismo e vita interiore, tra sperimentazione e ricordo delle proprie radici.
Marc Chagall, Il compleanno, 1915. (© The Museum of Modern Art, New York)
Quando nel 1911 giunge nella frenetica Parigi dalla piccola Vitebsk, Chagall incrocia le avanguardie (cubismo e fauvismo su tutte), ma la sua ricerca è volta a una modernità alternativa («Ho vissuto voltando le spalle a ciò che avevo davanti» sosteneva), a una formula personale in cui poter utilizzare il suo ricco patrimonio di sensazioni irrazionali collegate con il mondo della visione e della leggenda. Nel dipinto Io e il mio paese, ad esempio, del 1912, una delle opere con cui si apre la mostra di Milano e che appartiene al periodo del primo viaggio nella capitale francese, Chagall ritrae sé stesso in un semplificato profilo rilucente di verde intento a fissare meravigliato il muso di una mucca bianca. Attorno compaiono un piccolo villaggio con una chiesa a cupola, alcuni contadini con falci alla mano e una lattaia che munge. Trapelano qui le immagini dell’infanzia trascorsa in Russia, accostate alle figure
allegoriche che popolano di frequente i suoi dipinti. Negli universi in bilico tra la vita contingente e l’esistenza sognata dell’artista, difatti, c’è sempre spazio per una fitta costellazione di simboli: galli, capre, asini, mucche, violinisti, clown, pendole e candelabri volano liberi in cieli blu cobalto o rosso fuoco, ambasciatori di significati metaforici. L’esistenza di Chagall è fatta di scoraggiamenti e di entusiasmi, di crisi e di riconoscimenti. L’amore, soprattutto quello per Bella Rosenfeld, fedele compagna che appare spesso in molti dei suoi capolavori, aiuta il pittore a serbare sempre un atteggiamento positivo. In mostra troviamo alcuni iconici spaccati di complicità di coppia e di felicità casalinga, come Il compleanno del 1913, prestato dal Museum of Modern Art di New York, o la celeberrima Passeggiata, in cui Bella sventola in estasi contro l’immenso fondale del cielo sostenuta dal braccio dell’artista divertito e vestito a festa.
Chagall viaggia molto, diventa la firma favorita dai grandi mecenati – come l’editore Ambroise Vollard che gli commissiona le illustrazioni delle Favole di La Fontaine (bellissime le gouaches in mostra a Milano) – lavora per il teatro e per la danza (a Palazzo Reale sono esposti alcuni vivaci e ironici schizzi per le scenografie del Teatro Ebraico di Mosca e i bozzetti dei costumi per il balletto L’uccello di fuoco di Igor Stravinskij). Nella sua travagliata vita, però, Chagall percepisce sempre sé stesso come un esule, al pari dell’ebreo errante che molte volte raffigura nei suoi dipinti. Il mondo ebraico e la sofferenza di un popolo tormentato vengono raccontati spesso dall’artista, in particolare quando nel 1941 è costretto all’esilio negli Stati Uniti. Nella rassegna milanese è presente un’opera emblematica dei terribili anni di guerra: La caduta dell’angelo, terminata nel 1947, una visione apocalittica dalle tinte ardenti che
riflette tutta l’angoscia di quel momento storico. Alla fine del conflitto mondiale, Chagall può ritornare in Europa, dove si stabilisce in Costa Azzurra. Qui ritrova la serenità e una rinnovata creatività, sperimenta nuove tecniche artistiche (mosaici, affreschi, arazzi e vetrate) e torna a dipingere cieli trasparenti e presenze fluttuanti immerse nella luce. E permette ancora alla sua pittura di farsi interprete di quell’utopia e di quella poesia che non hanno mai smesso di mescolarsi con la verità della sua esistenza. Dove e quando
Marc Chagall. Una retrospettiva 19081985. Palazzo Reale, Milano. Fino al 1. febbraio 2015. A cura di Claudia Zevi. Orari: lu 14.30-19.30; ma, me, ve e do 9.30-19.30; gio e sa 9.30-22.30. Catalogo GAmm Giunti – 24 ORE Cultura. www.mostrachagall.it
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 19 gennaio 2015 ¶ N. 04
22
Cultura e Spettacoli
Pazzia condivisa e abbandono della fiaba
Capa, amore e fotografia Mostre Robert Capa e Gerda Taro, un connubio di amore, arte e ideali espresso
anche attraverso la fotografia, come dimostra una bella esposizione a Lugano
Cinemando Godibile
provocazione argentina, poco convincente Burton Fabio Fumagalli
**(*) Storie pazzesche (Relatos Salvajes) , di Damian Szifron, con Ricardo
Darin, Oscar Martinez, Leonardo Sbaraglia, Rita Cortese (Argentina 2014) L’ultima uscita della sempre stimolante scuola argentina costituisce una coincidenza clamorosa nei giorni di Charlie Hebdo. Ma la reciprocità è solo apparente; poiché Storie pazzesche è un film più comico che tragico, più ironicamente provocatorio che crudele. Anche se il filo conduttore che lega i sei episodi (sulla traccia celebre di I mostri di Dino Risi) è la barbarie che si nasconde dietro ai personaggi, il passaggio dall’indignazione alla collera, dal rancore alla vendetta, dalla protesta alla violenza. Un seguito tragicomico di casualità nella cabina di un aereo, la rabbia omicida dopo un sorpasso sull’autostrada, la rivolta fino alle estreme conseguenze per una multa di posteggio ingiustificata, il sotterfugio cinico di un genitore per salvare il figlio che ha investito una passante, il caramelloso banchetto di nozze che si trasforma in furibonda resa dei conti: un assemblaggio paradossale, a tratti irresistibilmente comico, a volte testimone di una riflessione un po’ stramba che traduce la presenza fra i fortunati produttori di Pedro e Agustin Almodovar. Certo, sarebbe eccessivo pretendere che Relatos Salvajes si costruisse a immagine del magistrale delirio barocco di La legge del desiderio o di Donne sull’orlo di una crisi di nervi: ma Damian Szifron fonde qualità di dialoghi, musiche, attori e anche regia da cinema d’autore con un’energia ai confini del goliardico, che però gli assicura un godimento popolare. Perché privarcene? *(*) Big Eyes, di Tim Burton, con Amy
Adams, Christoph Waltz. Danny Huston, Terence Stamp (Stati Uniti 2014) Nessuno dimentica il grande visionario gotico. La fede nelle fiabe, nella diversità, nella fragilità dell’autore di Batman, lo spasso sfrontato di Mars Attack!, la meraviglia del rifugio assieme a Johnny Depp nel fantastico delirante e tenero di Sleepy Hollow. Ma a partire da Alice in Wonderland sembra chiaro che a Burton non interessi più (o non riesca più) quello spazio poetico. Big Eyes è certo un film piccolo che, come il capolavoro Ed Wood, non è solo una biografia, pur avendo abbandonato la fiaba. Chiara è allora la scelta di questa storia autentica della pittrice Margaret Keane che negli anni Sessanta conquista un successo immenso come gli occhi malinconicamente spalancati che raffigura in tutti i suoi soggetti infantili. Con un problema: che il marito si faceva credere autore dei quadri, usurpando una fama divenuta nel frattempo internazionale. Il «nuovo» Tim Burton si dilunga con encomiabile attenzione nello spaccato di un’epoca pop che non disdegnava la commercializzazione su poster e accendini; ci mette pure del suo, affidandosi ai fedeli pastelli verdini e rosatelli, alle scenografie con l’infilata di casette nei sobborghi e gli interni da casa delle bambole. Ma Christoph Waltz gigioneggia speculando all’infinito sul rimando al suo mellifluo, indimenticabile personaggio in Bastardi senza gloria. In quanto alla remissiva protagonista Amy Adams, fresca di Golden Globe e già prenotata all’Oscar, al sottoscritto ricorda troppo Doris Day perché riesca un’identificazione con il suo slancio prefemminista a lungo atteso.
Giovanni Medolago Nel dicembre del 1938 la prestigiosa rivista britannica «Picture Post» dedica otto pagine alle immagini della feroce Guerra Civile spagnola scattate dal 25enne Robert Capa. L’impatto sul pubblico è enorme e l’entusiasmo di un redattore della rivista è tale da spingerlo a definire Capa «il più grande fotografo di guerra del mondo». Cos’era successo immediatamente prima di questa importante consacrazione? In realtà Robert Capa aveva già ottenuto gloria e celebrità con la celebre (e più tardi discussa) foto del «Miliziano ucciso», apparsa per la prima volta il 23 settembre 1936 sulla rivista «VU», poi su «Life» e sulla stessa «Picture Post». Ma già prima nella vita di Endre o Andre Friedman – vero nome di Capa – c’era materiale per un romanzo d’avventure... Andre nasce a Budapest da una famiglia ebraica e giovanissimo si iscrive al Partito Comunista ungherese. Coinvolto nelle manifestazioni contro il governo di destra alla guida del suo Paese, decide di andarsene in Germania e a Berlino si avvicina per la prima volta alla fotografia. Dopo l’avvento del nazismo si trasferisce a Parigi, dove incontra Gerda Pohorylle, anche lei ebrea e comunista. I due si fidanzano, ma siccome è dura sbarcare il lunario col loro lavoro di fotografi precari, la coppia di innamorati decide di giocare la carta degli pseudonimi: lei diventa Gerda Taro mentre nasce la figura di Robert Capa, un fantomatico quanto «illustre» fotografo statunitense desideroso di lavorare in Europa. L’escamotage funziona e nella casa CapaTaro-Friedman-Pohorylle cominciano a entrare parecchi soldi. Ma lo scoppio della Guerra Civile in Spagna spinge entrambi a lasciare Parigi sia per dar seguito alla loro fede politica, sia per mettere il talento al servizio delle Brigate Internazionali attaccate dalle truppe
Robert Capa Piccola rifugiata in lacrime, Sha’ar Ha’aliya, Haifa, Israele, 1950.
fasciste comandate dal generale Franco. In terra iberica le loro strade si dividono e Gerda ne imboccherà una, tragica, che la porterà alla morte durante la battaglia di Brunete il 26 luglio 1937. Il suo nome resterà sconosciuto per decenni, sino a una parziale riscoperta iniziata negli Anni ’90 del secolo scorso. Dal canto suo Capa è così sconvolto da spingere più d’uno a sostenere che da allora se ne sia andato a documentare le guerre proprio per cercare una morte simile a quella di Gerda – morte che troverà in Indocina nel maggio del 1954. Forse sono solo fantasie (Capa amava la vita e le belle donne!), ma sono indubbi la sua foga nel documentare i conflitti e il suo fuoco sacro per farsi testimone degli orrori delle guerre, evidenze ben riassunte nella frase: «Se una foto è mal riuscita, è perché non eri abbastanza vicino quando l’hai scattata», celebre quanto: «Vorrei essere un fotoreporter di guerra disoccupato!» La coppia Taro-Capa si ritrova ora
a decenni di distanza negli spazi della Photograpica FineArt Gallery di Lugano, che propone una trentina di scatti (vintage ai sali d’argento!) firmati dai due sfortunati reporter e riuniti sotto il titolo Storie di Guerra. È una mostra da non perdere per diversi motivi. Molti degli scatti sulla Guerra civile spagnola provengono infatti da un gruppo di negativi ritrovati recentemente e noto con il nome The Mexican Suitcase. SI tratta di una valigetta rinvenuta sul finire del 2007, misteriosamente recapitata all’International Center of Photography di New York contenente 126 rotoli di pellicola appartenenti a Robert Capa, alla sua compagna e a David «Chim» Seymour (co-fodatore dell’Agenzia Magnum), eseguiti tra il 1936 e il 1939. Il fatto che i negativi originali fossero scomparsi alla fine del 1939 e poi riapparsi nel 2007, ha reso le immagini originali particolarmente rare. Oltre alle immagini della Guerra civile di Spagna particolarmente effica-
ci (ecco Hemingway mentre discute in un’osteria con dei miliziani o le insegne colte da Gerda poco prima di morire), vi sono immagini della guerra sino-giapponese (Hankow 1938), della Seconda guerra mondiale sul fronte europeo, con scatti ripresi in Italia con la 34° Divisione di Fanteria (Salerno e Napoli), in Francia con la IV Armata di Patton fino alla liberazione di Parigi, in Germania per documentarne la resa, e infine in Israele nel 1948 dove Capa documenta l’insediamento dei primi profughi ebrei ad Haifa e la vita nei kibbutz. Di rara intensità anche i due ritratti di Capa, firmati George Rodger (Indocina, nel 1954, anno della morte) e Ruth Orkin. Dove e quando
Storie di guerra. Photographica Fine Art Gallery, Lugano (Via Cantonale 9). Orari: ma-ve 9.00-12.30; 14.00-18.00. Fino al 30 gennaio 2015. www.photographicafineart.com
Status Quo, senza orpelli né vestiti Musica La retrospettiva che non ti aspetti: la storica formazione degli Status Quo gioca
la carta della rivisitazione acustica – e dona ai suoi fan un album per molti versi irresistibile Benedicta Froelich Sarà perché di questi tempi le idee originali scarseggiano, o sarà colpa della solita, risaputa passione per la retrospettiva, ma è innegabile che una diffusa attitudine all’autocelebrazione abbia recentemente colpito la maggior parte delle band la cui carriera ha superato la cruciale boa dei quarant’anni di attività. Una tendenza che si manifesta non solo tramite la proliferazione di «greatest hits» e raccolte antologiche, ma anche in modo più sottile, attraverso un desiderio di rielaborazione che spesso coinvolge l’intero repertorio dell’artista in questione: lo abbiamo visto con le recenti pubblicazioni di celebrità quali Richard Thompson, e lo vediamo oggi con questo nuovo lavoro della storica rock band inglese degli Status Quo. Nel corso degli anni il gruppo, formatosi a Londra nel 1962, ha conosciuto varie incarnazioni e line-up, fino ad arrivare ai giorni nostri sotto forma di un quintetto che conserva tuttora la leadership dei membri originari Francis Rossi e Rick Parfitt – i quali sembrano peraltro sul punto di vivere una sorta di seconda giovinezza, come dimostrato dalla recente uscita di un surreale film d’avventura interpretato dal duo (Bula Quo!, del 2013). Forse anche per questo, proprio oggi gli Status Quo decidono di affidarsi a una formula collaudata, realizzando un disco di rivisitazioni
La copertina della recente fatica degli Status Quo.
acustiche di classici del loro repertorio: il risultato è il nuovo album Aquostic – Stripped Bare, una vera e propria immersione nel catalogo della band, qui interpretato secondo uno spirito essenzialmente roots che, come evidenziato dal sottotitolo del disco e dall’allusiva copertina, «spoglia» i brani di qualsiasi orpello. In questo modo, pezzi che rappresentano la quintessenza di un certo genere di rock popolare e molto umorale, profondamente legato alla corrente easy listening degli anni ’70, si ammantano di uno spirito a tratti country-folk, intriso del tipico stile cantautorale angloamericano, e tuttavia molto rispettoso dell’originale: infatti, consapevoli di quanto la loro
musica comporti una connotazione profondamente elettrica, con sfumature a tratti perfino hard rock, gli Status Quo compiono la saggia scelta di non alleggerire eccessivamente la strumentazione, evitando così di convertire le proprie ballate da stadio in scarne e scontate versioni per sole voce e chitarra. Rossi e colleghi si concentrano quindi su atmosfere «unplugged», in cui gli arrangiamenti brillano per la ricchezza e varietà della strumentazione acustica offerta, che comprende un’ampia sezione di archi (ben quattro violini, più una viola e un violoncello) con l’aggiunta, tra gli altri, di ukulele e mandolino. La band riesce così a mantenere il carattere boogie che distingue molte delle proprie composizioni, effettuando ardite contaminazioni country e cajun; l’intera operazione si dimostra azzeccata, anche grazie all’equilibrio nella scelta delle canzoni, che vede la tracklist unire capisaldi assoluti del repertorio del gruppo (Pictures of Matchstick Men, Paper Plane) a scelte meno scontate (And It’s Better Now, Na Na Na), ma altrettanto riuscite. Certo, volendo trovare dei difetti a una simile operazione, è probabile che alcune rivisitazioni appaiano forse un po’ superflue, in quanto brani profondamente uptempo come Down Down o What You’re Proposing non possono essere alterati più di tanto da una rielaborazione che nulla aggiunge al loro
carattere di fondo; tuttavia, perfino in questi casi l’operazione di riarrangiamento non risulta in alcuna perdita di efficacia, tanto che pure i brani apparentemente più «ostici» sembrano beneficiare del trattamento acustico, conservando la loro forza anche una volta derubati dell’impronta tipicamente rock. Ne sono un esempio le versioni «old-fashioned» di Caroline e, soprattutto, di Burning Bridges, in cui i gaudenti accenti elettronici dell’originale vengono tramutati in intriganti suggestioni quasi balkan, rivitalizzando un pezzo dal carattere innegabilmente commerciale per renderlo più fresco e godibile; così come accade anche con i tentativi temerari effettuati sul celeberrimo inno rock Whatever You Want e perfino sull’epico Rockin’ All Over the World, che offre una gradevole intro di pianoforte in stile ragtime, con tanto di impeccabili assoli di fisarmonica. Grazie a ciò, il lavoro di rielaborazione cessa di essere un’operazione fine a se stessa per divenire piuttosto occasione di confronto stilistico e di nuova valorizzazione di un grande catalogo; cosicché la scommessa di Aquostic può dirsi vinta, grazie alla cura impiegata negli arrangiamenti e alla professionalità dei musicisti coinvolti. Il che certo permetterà agli Status Quo non solo di compiacere i vecchi fan ma, con ogni probabilità, di conquistarne di nuovi.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 19 gennaio 2015 ¶ N. 04
23
Cultura e Spettacoli
Un’opera preziosa, lo Zibaldone di Amerio
Jihad a Parigi, si poteva fare di più Visti in tivù La sera
Meridiani e paralleli Le parole del bravo teologo, filosofo e scrittore ticinese anche a distanza dell’attacco
a partire dalla lingua che usa per dire le sue cose sode), alcuni dei suoi pensieri. Non dimentico, per qualcuno di questi pochi pensieri, una «attualità» con alcuni problemi dei giorni nostri. Proviamo: Il numero 280 (zibaldone 2) parte da sant’Agostino (in latino): «bene vivamus, et bona sunt tempora». Viviamo con decenza e decenti, buoni, saranno i tempi»: è detto in risposta alla diffusa opinione secondo cui viviamo in tempi in cui «abundant mala». La risposta di sant’Agostino è: viviamo bene, e i tempi si fanno buoni» È risposta «cattolica»: «Non sumus tempora quales sumus, talia sunt tempora». Mi
pare un latino così chiaro che non trascrivo la un po’ lunghetta traduzione. Piuttosto, il pensiero 163 (zib. 1): «…le esortazioni di Giovanni Paolo II al popolo del Ghana durante il viaggio pastorale in Africa: «Non prendete esempio dall’Europa. Voi possedete dei valori che dovete esaltare e che i paesi evoluti dovrebbero copiare da voi». Invece di fomentare sensi di stima e di gratitudine verso gli incivilitori il Papa attizza la boria e gli odi nazionali». Detto un totale no ai violenti terroristi di Parigi e… a tutti i terroristi, cerchiamo di distinguere «frequenter». Per fare il bene bisogna conoscerlo, diceva Alessandro Manzoni.
Salto al quaderno 6 perché al numero 702 si parla di letteratura dell’empietà, «… anche opere che offrono tuttora materia di meditazione ai nostri teologi. La più celebre (di quelle opere) è forse il testamento del curato Meslier, il quale era parroco a Etrépigny presso Parigi alla fine del Settecento, e dopo una lunga vita intemerata come parroco pio devoto e caritatevole, svelò nel suo testamento ai propri parrocchiani di averli ingannati tutta la vita predicando loro gli articoli della fede cristiana, che sono tutti menzogne (…)». Sono molte, moltissime le pagine che andrebbero meditate. Per es. quella sul suicidio, qui occasionata dalla tragica morte di un giovane allievo e insegnante molto caro ad Amerio (e fraterno amico a chi annota queste cose), quelle sulla morte e il culto dei morti, la donazione degli organi (vedere tra l’altro I, 100, specialmente il quaderno 6, pp. 40-41 e dintorni). C’è anche una parte aneddotica. Per es. nel II 258. Il tema è la passione sportiva. L’aneddoto: «Quando si corse nel 1953 sulla Crespera (Lugano) il campionato del mondo, vinto da Fausto Coppi, il vescovo non solo fece scampanare tutta la Pieve, non solo assistette dalla tribuna al passaggio dei corridori, ma travolto egli pure dall’universale entusiasmo, desiderò di seguire in auto la prova del campionissimo. Me lo raccontò egli stesso. Sedeva in auto col Consigliere di Stato Guglielmo Canevascini, suo compaesano ed amico. E sedendo il vescovo alla destra e facendo cenni alla folla schierata lungo il percorso, il suo compagno gli disse scherzosamente: Tu benedici a destra e io benedirò a sinistra». Per finire, ecco il 147 (quaderno primo): Tolstoj parlando con la nipotina, spiegava il valore personale con una analogia matematica. L’uomo è come una frazione in cui il numeratore rappresenta il valore reale e il denominatore l’opinione che si ha di sé stesso: più il denominatore è grande e più la frazione è piccola, mentre se il numeratore è piccolo ma piccolo è pure il denominatore, la frazione costituisce sempre una certa quantità.
San Materno Programma 2015 Teatro San Materno, Ascona Gio 29 - Ve 30 gennaio, ore 20.30
Swiss Chamber Concert Rassegna concertistica Conservatorio, Lugano Ve 30 gennaio, ore 19.00
Minispettacoli Rassegna per l’infanzia Oratorio San Giovanni, Minusio Do 1 febbraio, ore 15.00 e 17.00
La cognizione del dolore
Orizzonte Schubert
Stelle di San Lorenzo
Dal romanzo di Carlo Emilio Gadda. Regia di Lorenzo Loris. Con Mario Sala, Claudio Marconi, Monica Bonomi, Nicola Ciammarughi, Cristina Caridi. Scene di Daniela Gardinazzi. Coproduzione Teatro Out Off Milano – Teatro San Materno Ascona.
FRANZ SCHUBERT Winterreise D. 911 op. 89 (1827) trascrizione di N. Forget SWISS CHAMBER SOLOISTS Julian Prégardien tenore; Viviane Chassot fisarmonica; Felix Renggli flauto; Emmanuel Abbühl oboe; François Benda clarinetto; Diego Chenna fagotto; Christian Lampert corno.
Compagnia Testoni Ragazzi, Bologna Nella magica notte di San Lorenzo, quando i bambini dormono, ogni stella ha un bambino da visitare a cui portare un dono. Spettacolo per bambini dai 3 anni.
www.sanmaterno.ch
www.swisschamberconcerts.ch
www.minispettacoli.ch
Regolamento Migros Ticino offre ai lettori biglietti gratuiti per le manifestazioni sopra menzionate.
Massimo due biglietti per economia domestica. La partecipazione è riservata a chi non ha beneficiato di vincite in occasione di analoghe promozioni nel corso degli scorsi mesi.
Per aggiudicarsi i biglietti basta telefonare mercoledì 21 gennaio al numero sulla sinistra nell’orario indicato. Buona fortuna!
Giovanni Orelli
Concorsi
Centodieci anni fa, il 17 di gennaio, nasceva Romano Amerio, tra i più illustri uomini di cultura della Svizzera italiana. Per me, se posso esprimere un’opinione personale, egli è il maggior studioso e scrittore di cose filosofiche del nostro Paese. Ricordare questo è più che doveroso in un Paese (e non è il solo!) che preferisce le strade della dimenticanza ai sentieri della memoria. Parlare di un uomo così è disagevole, tanto è vasta e intensa la sua opera di insegnante e di scrittore. Poiché quest’anno corre anche il venticinquesimo dall’uscita del suo Zibaldone 1, dedicherò queste poche righe ad alcuni momenti (pochissimi) di quest’opera. Ho sei numeri (1960-1966, uno per anno) di questi volumetti. Non so se sono tutti (ma lo spero), perché in un’Avvertenza all’inizio del numero 1 Amerio scriveva: «Questo zibaldone fu avviato nell’aprile del 1939 e in più di mezzo secolo è cresciuto a 30 quaderni e vi si sono ammontati 4300 pensieri (…)». Ora l’ultimo numero del quaderno 6 è il 725, se sono usciti sei quaderni vorrebbe dire che quasi i cinque sesti dell’opera sono rimasti inediti. È che non c’è più Mario Agliati, che animava le Edizioni del Cantonetto, che hanno il grande merito di avere dato vita ai primi quaderni (6?) di questa opera: ecco finalmente l’indicazione bibliografica: Romano Amerio, Zibaldone, Lugano, Via Ciseri 6, 1960-1966. Ma gli altri editori continueranno a non muoversi? O vorranno continuare, ciecamente, a prendere alla lettera queste parole conclusive della citata Avvertenza. Dove Amerio dice il suo grazie a Mario Agliati «che, mettendosi colla sua benevolenza e la sua autorità dal canto dei miei cari discepoli ed amici, mi ha proposto questa parziale pubblicazione di uno zibaldone che non la meriterebbe né parziale né intera». A me pare di fare cosa doverosa e (spero) utile, nel ricorso fatto di ammirazione per Amerio, di proporre all’attenzione di alcuni lettori che stanno lontani dalla chiacchiera e vogliono stare al sodo (Amerio è di solidità soda,
091/821 71 62 Orario per le telefonate: dalle 11.00 alle 12.00
L’intellettuale ticinese Romano Amerio (1905-1997).
Biglietti in palio per gli eventi sostenuti dal Percento culturale di Migros Ticino
a «Charlie Hebdo», solo Mentana ha dimostrato cosa si deve intendere per Servizio pubblico
Antonella Rainoldi Speriamo di non dover rinunciare a un grande sogno, e lo speriamo di cuore. Prima di occuparci d’altro ci piacerebbe che la difesa della libertà di espressione fosse non solo una reazione alla strage di «Charlie Hebdo», ma anche una costante rivendicazione del mondo giornalistico. La libertà di espressione è un valore assoluto da difendere sempre, con coerenza e onestà, tutti i giorni, 365 giorni l’anno, anche in Ticino. Vero colleghi? Vero Ruben Rossello, presidente ATG? Vero signori editori e direttori di gruppi e testate locali e nazionali? Mercoledì scorso, sul «Corriere del Ticino», abbiamo letto la memoria della barbarie di Barbara Bassi, segretaria sindacale cantonale di Syndicom. Gran bel pezzo, dove si ricordano i giornalisti ammazzati, aggrediti, rapiti, incarcerati, esiliati, ma anche le vittime della censura, e cioè «tutti coloro che, pur non pagando un prezzo di sangue o con la loro libertà, sono impossibilitati a svolgere il loro lavoro perché più o meno velatamente censurati (succede purtroppo ancora anche nei Paesi democratici). Questo comporta annichilimento per taluni, fuga dalla professione per altri e sempre e comunque una perdita del valore di autorevolezza professionale». Degli attentati terroristici al cuore della Francia dei diritti dell’uomo
Keystone
di anni non hanno perso nulla della propria attualità
si è già detto e scritto molto, anche su «Azione». Si può tentare qualche riflessione in più sui palinsesti generalisti, giustamente stravolti dall’attenzione per l’11 settembre francese. Come si è comportata la tv di fronte a fatti così gravi? Nei giorni dell’orrore tutte le reti hanno raccontato l’evento e mostrato le immagini della fuga dei carnefici e la sequenza dell’assalto delle forze speciali di polizia all’Hyper Cacher. Ma sono stati soprattutto i telegiornali a prendere in mano la situazione, con una serie di edizioni straordinarie della durata di circa 10-15 minuti ciascuna. Francamente, ci saremmo aspettati qualcosa di più dalla tv, specie dal Servizio pubblico. In Italia, la sera dell’attacco al settimanale satirico, Enrico Mentana ha prontamente sospeso il previsto film su La7 per organizzare un lungo speciale, nella più totale solitudine. Infatti la programmazione di mercoledì sera, sugli altri canali generalisti, ha mantenuto immutata la sua scelta. E la RSI dov’era? Perché non ha modificato i palinsesti?
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 19 gennaio 2015 ¶ N. 04
24
Cultura e Spettacoli
Due prime donne e una ferrovia: riparte la scena ticinese Teatro Il nostro territorio si conferma ancora una volta come trasversale terra ricca di spunti,
creatività e voglia di recitare – da Minusio a Lugano, passando per Bellinzona
Giorgio Thoeni La ripresa stagionale delle proposte teatrali della nostra regione ha cominciato a manifestarsi con un particolare accento sul fronte del monologo, da un lato, e con il debutto di un laborioso progetto collettivo, dall’altro. Dapprima ci occupiamo di due attrici che, con modi e finalità differenti, hanno trovato (o ritrovato) nella nostra regione terreno ideale: Arianna Scommegna e Patrizia Schiavo.
Tra le donne protagoniste in scena troviamo Arianna Scommegna e Patrizia Schiavo; a Bellinzona ci si china invece sulla storia della ferrovia Vincitrice del Premio Ubu 2014 come miglior attrice per Il ritorno a casa di Harold Pinter diretto da Peter Stein (sarà a Lugano il 3 febbraio al Palacongressi), Arianna Scommegna (1973) appartiene a quella classe interpretativa della nuova generazione di attori che va a braccetto con la drammaturgia contemporanea e una moderna concezione dell’attore: scenografia e costumi ridotti all’osso, parola fluida, fortemente espressiva. La Scommegna ha scelto la nostra regione per un’amichevole simbiosi con il Teatro Cambusa di Minusio dove l’abbiamo vista in Qui città di M., uno spettacolo cucito per lei nel 2011 da Piero Colaprico con la regia di Serena Sinigaglia. È una specie di «noir» che sembra uscito dalle pagine del Pasticciaccio gaddiano ma ambientato a Milano. È un
gioco al rimbalzo fra sette personaggi nell’intreccio di tipologie sociali che raccontano la metropoli, le sue nevrosi, fra il grigio dell’asfalto, il rosso del sangue di cadaveri trovati ai margini di un cantiere edile e un intricato caso da risolvere. Fra i personaggi troviamo l’operaio bergamasco, l’investigatrice pugliese, la giornalista a caccia di scoop, l’agente della scientifica… tutti resi perfettamente dall’interprete che giostra fra uno e l’altro senza fretta e con una bravura straordinaria. Lo spettacolo ormai appartiene al repertorio dell’attrice milanese, ma vederlo corrisponde ancora a un respiro artistico davvero profondo. Di Patrizia Schiavo ci siamo occupati parecchio durante un periodo che l’ha vista autrice, regista e attrice molto attiva con la Compagnia C.N.T. (Compagnia Nuovo Teatro) da lei fondata a Locarno nel 1994, sciolta nel 2010 poi ricostituita a Roma. L’abbiamo rivista tornare in scena nello spazio de «Il Cortile» di Emanuele Santoro, suo «vecchio compagno d’armi», se ci è concessa l’espressione. L’ha fatto con Donne senza censura, uno spettacolo da lei scritto per tre attrici che oggi la Schiavo ha adattato in un monologo che possiamo considerare come un generoso, sincero e emblematico «portfolio» per uno «sdoganamento» sulla scena ticinese. Una scrittrice di successo (Letizia Servo) si svela in un’intervista: è il pretesto per un racconto che si snoda fra le maglie di personaggi femminili in momenti autobiografici (fra invenzione e verità) con momenti ironici, altri malinconici o provocatori dove l’attrice, con grande bravura e intensità, si rimette in gioco con onestà e generosità teatrale. Prossimamente Patrizia Schiavo sarà protagonista, con Emanuele Santoro, di Le sedie di
Eugène Ionesco, una nuova produzione e.s.teatro. Infine ecco il debutto di Ultima fermata Bellinzona di Flavio Stroppini e Monica De Benedictis, una produzione del Teatro Sociale di Bellinzona con Nucleo Meccanico allestita per una platea in gran spolvero venuta ad assistere a uno spettacolo che coglie appieno il bersaglio della territorialità. Due anni di meticoloso lavoro d’archivio, fra documenti, testimonianze in video e sonore, hanno finalmente visto la luce dei riflettori in un articolato racconto che, sulla metafora del tempo, ripercorre la storia della ferrovia bellinzonese, gli episodi che hanno costellato generazioni di lavoratori ambientando il tutto in un Magazzino della Memoria Ferroviaria dove anche i personaggi fanno parte dell’inventario: gli stessi archivisti, la silenziosa presenza del ferroviere Schmied, morto sul lavoro, la popolare Teresina, la giovane e moderna Sharon. Sono personaggi che dialogano, cantano ripercorrendo l’attaccamento di una città per la via ferrata, dal 1844 fino alla vigilia della prossima galleria di base del S. Gottardo, ricordando le vittime sul lavoro, passando dal famoso disastro di S. Paolo (1924: 15 morti) fino al memorabile sciopero delle Officine (2008) con tanto di coinvolgimento sul palco di Gianni Frizzo per la lettura di una memoria di lotta che parte dal cuore. Fra mobili e costumi d’epoca sormontati da una gigantesca immagine animata del quadrante di un orologio (scene e light design di Giovanni Vögeli, costumi di Annalisa Messina e Marianna Peruzzo), il testo (con qualche lungaggine) è tutto degli attori, bravi e misurati: Antonio Ballerio, Igor Horvat, Cito Steiger, Anahì Traversi e Tatiana Winteler con i musicisti Thomas Guggia e Andrea Manzoni.
L’attrice ticinese Anahì Traversi in Ultima fermata Bellinzona.
Col cane dietro Il racconto Del bisogno di partire per dimostrare che la Terra è piatta, con un cane per amico – Prima parte S’a vòmm a vamm sou ag n’amm sentéi dananz e dadré Non c’erano più scuse, bastava guardare le cartine sciolte o quelle raccolte nell’atlante. Oppure partire a piedi, misurando altitudini, fino a trovare il bordo. «La Terra si è appiattita, come una focaccia», declamò ad alta voce al pubblico inesistente, nella polvere della soffitta. Glauco, il cane, sobbalzò. Fuori pioveva e un dubbio traditore assalì il giovane Melchiade: quell’acqua che veniva giù, come faceva poi a tornar su? Decise di pensarci più tardi, era il momento di gustarsi certezze costruite in anni di osservazioni. Tipo la gravità, che ancorava corpi e liquidi alla terra esattamente come al pavimento della cucina. L’attrazione era, semplicemente, lo stare sopra qualcosa. «Vi sfido a stare appesi senza mani, seduti o sdraiati, come cazzo volete, ma sotto però» argomentava, sfidando dissensi. Nessuna infuocata calamita gigante nel cuore di una palla. «La Terra sta appiattita nell’universo, galleggiando. Non si schianta su nessun fondo perché il fondo non c’è, visto che l’universo è infinito, come dicono in tanti e io ci credo a questa cosa qua».
Alle obiezioni era pronto. «Una volta era rotonda, probabile, una forma che però non conveniva. Si stava di traverso, tranne in cima al polo nord, o appesi sotto e le acque andavano dappertutto senza controllo. Una fatica assurda. Non so come hanno fatto e chi o quando, ma hanno fatto come con la pasta sfoglia: spianata». Non c’erano più scuse. Era ora di partire con il cane Glauco, per misurare la focaccia chiamata Terra e trovarne il bordo. Il primo giorno, da Preonzo arrivarono a Léis, un gruppo di case in sasso deserte a quasi duemila metri d’altezza. Era settembre, faceva freddo, accesero il fuoco, mangiarono salame, lui e Glauco, poi fecero piani. «In cima alla montagna decideremo dove anda-
re, da lì si vede tutto, fino a Catania, dicono». Il cane parve perplesso. E infatti. Scavalcata la montagna, non si vedeva niente e si persero nella nebbia per mezza giornata, rischiando l’osso del collo più volte dentro canaloni dirupati, non fosse stato per il senno del cane. A sera avanzata arrivarono giù a Vogorno come se fosse l’India. Raggiunsero Locarno il terzo giorno e anche al cane parve giusta la questione dell’acqua che sta piatta dentro una ciotola, mica su una palla. Al Canetti li accolsero come eroi preceduti dalla loro stessa fama. Busecca a Melchiade, avanzi di lesso a Glauco. Un palchetto era pronto dentro l’osteria, e il pubblico accolse i due con un entusiasmo da fine del mondo, alla
La copertina del racconto, pubblicato da ANAedizioni, disegnata da Gabriele Zeller.
Coloane. Il cane si accucciò come un suggeritore a teatro, Melchiade salì sul pulpito. Sfondò porte aperte, dato che in quell’avamposto ribelle ogni sovvertimento era buono per l’antagonismo. Se poi anche la scienza consolidata cadeva in frantumi, allora avanti popolo. Un discorso di due ore su questioni basilari e sviluppate con ingegno visionario, che provocarono inondazioni di birra fino all’alba. Per poco non trombava con una matura al limite del mancamento, ma l’unico bordo costeggiato, il coma etilico, sventò l’atto. Senza ricordi e guidato da Glauco, partì nel pomeriggio verso la Valmaggia con l’idea fissa di fermarsi il prima possibile. Si lasciò trascinare come un cieco fino ad Avegno, dove crollò su una panca di sasso del Mai Morire, lasciando al cane la risoluzione delle incombenze. Il quinto giorno si annunciò limpido, nell’aria e nelle menti, anche se con le vesciche ai piedi e un leggero cerchio alla testa. A Gordevio incantarono la fornaia con la metafora della pasta spianata, al punto che da quel giorno la ragazza si vanta del suo prodotto di punta, la Terapiata, il cui successo è proporzionale alla capacità dei turisti tedeschi di indovinarne l’accento, come per il merlot. Al Botegon di Moghegno piombarono ala Fescta di Pèss,
dividendosi i compiti al volo: a Melchiade le arringhe, a Glauco le aringhe. Ed era subito sera. Di questo passo, sarebbe occorso un bus e amen. Con quel mezzo, raggiunsero Cavergno all’alba del sesto giorno. La Terra, lì, cominciava a farsi martoriata di pareti e anfratti, ma sempre e indubitabilmente piatta nei cuori dei due. «Da scià o da là?» chiese al cane indicando le due valli che si diramavano dal paese del Martini, ma Glauco non sapeva bene. / © Giorgio Genetelli Biografia
Giorgio Genetelli è nato nel 1960 a Preonzo, luogo di molte sue storie. Falegname, giornalista, scrittore, blogger e libertario a tempo pieno. Tra le sue opere, il romanzo Il becaària, pubblicato nel 2010 per ANAedizioni, e due raccolte di poesie dialettali nella collana Leporello. Anche lui, da Carèe. Informazioni
Coordinate per abbonarsi ai racconti del collettivo Arbok Group: impressione.anaedizioni@gmail.com (Franco Lafranca, tel 079 655 96 26) giorgiogene@bluewin.ch (Giorgio Genetelli, tel 078 807 92 10) http://arbokanaedizioni.blogspot.com
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 19 gennaio 2015 ¶ N. 04
25
Cultura e Spettacoli Rubriche
In fin della fiera di Bruno Gambarotta E il selfie di James Joyce? I ristoratori, titolari di quei locali con le pareti tappezzate di fotografie di celebrità satolle e sorridenti, furono i primi. Tenevano nel cassetto sotto il registratore di cassa l’arma carica, una fotocamera con il rullino e il flash. L’estraevano al momento giusto, dopo l’offerta del digestivo della casa, quando il cliente famoso stava avviandosi verso l’uscita: «Possiamo fare una foto ricordo?», domandavano, mentre dalla cucina usciva lo chef che finiva di asciugarsi le mani sul grembiule. Il cliente si sottoponeva al sacrificio ma non poteva fare a meno di pensare che sarebbe finito immortalato su quella parete, lui che aveva trascorso la serata a sghignazzare con gli amici su quelle immagini. Poi è arrivata la rivoluzione digitale e ha messo tutti in condizione di scattare una fotografia senza pagare il dazio della pellicola e dello sviluppo. Come fai a dire «no, grazie» se qualcuno ti chiede di farsi un selfie con te? Se persino il papa e il presidente del consiglio si sottomettono al rito, chi sei tu per dire di no? Osservate la camminata
del ragazzo Renzi in un luogo pubblico; quel continuo ruotare la testa di qua e di là manda a dire: «Vado di fretta, non vi capiterà un’altra volta la fortuna di incrociarmi, cosa aspettate a farvi ’sto selfie con me?». Va bene, d’accordo, facciamoci ’sto selfie. Che espressione del viso devo fare? Seria, pensosa dei destini dell’Italia, un tantino accigliata? Neanche per sogno: devo mostrarmi sorridente, amicone, complice persino. E la postura? Viene naturale allargare le braccia e abbracciare il richiedente selfie posando una mano sulla sua spalla e stringerlo al petto. Nel linguaggio del corpo la fotografia di quei due abbracciati e sorridenti una volta era il cemento di una lunga amicizia fra commilitoni, colleghi di lavoro, compagni di scalata, di traversata, di pellegrinaggio. Certificava il punto d’arrivo d’un rapporto umano, ora documenta un incontro fugace e occasionale. In compenso, mentre la prima fotografia era destinata a finire in fondo a un cassetto, la seconda inizia una diffusione planetaria, fra pochi secondi può
status di allievo sotto esame: «Dia qua. Vediamo com’è venuta». L’aspirante selfando scuoteva la testa: «Non ci siamo, eppure non è difficile, anche un bambino ci riuscirebbe. Riproviamo». Si andava avanti fino a raggiungere un risultato soddisfacente, non importa se il bersaglio intanto perdeva il treno. Chi è stato il primo ad allungare il braccio e sperimentare la partenogenesi del selfie? Un genio ignoto ha svelato la sua natura di macchina celibe. La vicinanza fra fotocamera e soggetti deforma i lineamenti, diventiamo dei mascheroni da carnevale di Viareggio. Va bene così, perché il selfie si può praticare solo nei primi istanti del contatto casuale o ricercato. Più passa il tempo e si approfondisce la conoscenza, più la richiesta di farsi un selfie diventa improponibile, al limite sconveniente. Diventa la prova di una sostanziale estraneità, l’esatto contrario dello scopo per cui è stato inventato. Non è la prima volta che succede. Facciamo un esperimento, proviamo a immaginarci nella condizione di un allievo
nei riguardi di un maestro elettivo; capita alle persone che obbediscono a una vocazione, a quello che Hillman ne Il codice dell’anima chiama daimon. Decidi una volta per sempre che da grande farai lo scrittore, il cuoco, il ballerino di tango, il cantante, lo stilista, l’illusionista e nel contempo ti trovi un modello di riferimento. Sei fortunato, riesci a conoscerlo, a frequentarlo, poco per volta conquisti la sua fiducia, ti fai coraggio, ti candidi a fargli da aiutante, da autista, da segretario. Pian piano cresce la vostra famigliarità, il maestro si confida, accetta la tua presenza nel suo laboratorio o nel suo studio, comincia ad affidarti dei lavori minori che firmerà con il suo nome dopo averli corretti. Giunto a questo punto, tu cosa fai? Hai il coraggio di estrarre dalla tasca il cellulare e gli chiedi di fare un selfie da mandare in rete agli amici? Chissà che prima o poi non salti fuori il selfie che James Joyce permise di fare al suo segretario Samuel Beckett; o Colette con Georges Simenon, dopo avergli corretto l’ennesimo racconto.
tegrità con cui si dovrebbe sempre aderire a degli ideali o a una fede. Ecco, la fede: gli integralisti ateisti si sono scatenati. La frase ricorrente è stata «le guerre sono scatenate dalle religioni», con l’aggiunta di «spesso» o «sempre», a seconda del grado di -ismo. Prima di tutto un pensierino alla storia. Davvero riteniamo che la prima e la seconda guerra mondiale, con i loro milioni di morti da triste record, siano scoppiate per motivi religiosi? E che l’avvento di Comunismo e Nazismo, cause di morti e tanti, si sia dato per motivi di religione? Se è così, raccontatemi a che Dio o a che dèi credeva Lenin, a chi era devoto Hitler. E non vale dire che avevano fatto delle loro idee la loro religione, perché di questo passo non esisterebbero atei e ateisti, e spiace per loro. E che dire delle «guerre di religione» dell’Europa tra Riforma e Controriforma: non crederemo certo che gli Elettori si separarono da Roma solo per lo scandalo della simonia delle indulgenze. La religione è stata, sì, una scusa per molti crimini e vere e
proprie lotte di potere, da Costantino che la considerò l’ultima speranza per l’unità dell’Impero alle conquiste dell’Islam nel settimo e ottavo secolo, alla «reconquista» dei Crociati prima, dei re spagnoli poi. Isabella e Ferdinando ne fecero un uso perfezionato e crudele, affidando al tribunale dell’Inquisizione i processi che anche su base minima potevano essere definiti religiosi. Gli Inquisitori dunque avevano potere di vita e di morte sui sudditi, e los reyes catòlicos poterono cacciare ebrei e musulmani dalle loro terre, impunemente. Ma l’Islam non applicò poi leggi tanto diverse in diversi suoi territori. Finiamola qui con la classifica dei buoni e cattivi, che i «cattivi» sono bravissimi a nascondersi dietro a nobili ideali. Riflettiamo piuttosto sul perché il nascondiglio ahinoi migliore sia quello della religione. Perché è più facile da spiegare e capire di una teoria, politica o filosofica? Non credo, anche se è vero: tutte le religioni si possono illustrare con un paio di frasi, mentre vi sfido
a fare altrettanto con la Scienza della Logica di Hegel o il Leviatano di Hobbes o la Politica di Aristotele. Il motivo ritengo che sia invece nelle certezze delle religioni sul senso dell’esistenza, quindi sul valore dell’unica certezza, la morte. La politica insegna come vivere, l’economia come vivere bene, la filosofia forse come vivere meglio. Ma solo una religione insegna a morire, e a morire bene, nel migliore dei modi. Esperimento che non può essere ripetuto nella vita di chiunque, quindi da affrontare con il massimo della preparazione. Da una promessa simile, dare un senso alla morte e quindi alla vita, è difficile non essere attratti. Infatti, dono della fede o no, è difficile trovare l’ateo convintissimo, che tra l’altro deve ricorrere alla contraddizione di avere fede nella non esistenza di Dio, che non si può dimostrare, naturalmente. Secondo Kant nemmeno l’esistenza si può dimostrare, ma per il credente la fede non è un’arma impropria, lo diventa se abusata, violentata da uso improprio.
verranno tratti un film, un disco, un musical, un profumo e un liquore». Del resto, Frassica un giorno ha detto di essere balbuziente, però quando c’è gente si vergogna e allora parla normale. Per fortuna ci sono i comici, che sono i grandi saggi del presente. Meglio loro dei lugubri editorialisti politici. Sono tra i pochi che si avvicinano alla verità, per di più con il vantaggio che fanno ridere. Ne L’amorte, il suo primo libro di poesie (Garzanti), Alessandro Bergonzoni (5+) invita a parlare non della vita e della morte, ma della vita della morte. Con domande fondamentali e inquietanti, tipo: «Lasceresti solo un calabrone / l’ultima ora della sua vita / se sapessi che ha volato ottanta ore ininterrotte / per poter morire proprio vicino a te?». E con confidenze sorprendenti: «Ho avuto la custodia di mia figlia, ma dentro lei non c’era». Bisogna leggere Altan (6 tondo) per
sapere come vanno le cose del mondo. Sfogliare l’«Espresso». Quattro rapidi esempi. 1. Una donna dice al marito spruzzando uno spray nell’aria: «Tolgo l’odore di muffa». E lui: «No! Che poi si sente la puzza di marcio». 2. Prima di Natale, un angelo biondo, triste, vestito di bianco, con le ali ma con il solito naso alla Cipputi: «Pace in terra agli ultimi quattro gatti di buona volontà». 3. Un vecchietto malmesso, con cappellaccio e bastone, dice davanti a un microfono: «Oggi ho mangiato». E l’intervistatrice d’assalto lo incalza: «E cos’ha provato in quel momento?» 4. Lo stesso vecchietto confida a un amico: «Vivo con 500 euro al mese». L’amico: «Ma ti conviene?». Finché si ride c’è speranza, anche se a qualcuno può dar fastidio. Si ride anche nel nuovo romanzo di Umberto Eco, Numero zero, appena uscito per Bompiani. Per esempio, quando elenca certi luoghi comuni del giornalismo (5+):
muro contro muro, lacrime e sangue, la strada è in salita, sparare alzo zero, il tempo stringe, siamo con l’acqua alla gola, siamo nell’occhio del ciclone, il presidente tuona, la stanza dei bottoni, scendere in campo, siamo fuori dal tunnel, non abbassiamo la guardia, salvare capra e cavoli, a trecentosessanta gradi, è iniziato il controesodo… Si potrebbero aggiungere: la tragica morte, è scoppiato l’inferno, il giovane diciottenne, la povera vittima, stimolare la ripresa, puntare sul rilancio, reggere alla crisi, mostrare il book, salvare il «Made in Italy», l’ottica di sistema, aprire il capitolo, riaprire il capitolo, un blitz a sorpresa, la drammatica deriva, l’inversione di tendenza, il cambiamento epocale, l’indiziato numero uno, l’intervista-choc, la rivelazione-choc, il video-choc, l’inchiesta-choc, la dichiarazione-choc… Il giornalismo ha le sue ragioni-choc che la ragione non conosce.
comparire in Australia o in Giappone sullo schermo impugnato dal cugino del selfista trionfante. L’inarrestabile trionfo del selfie ha visto un’evoluzione ma la prima fase è rimasta immutata: individuato il bersaglio, bisogna controllare la sua identità: «Scusi, ma lei è proprio lei?»; «È inutile che lei cerchi di passare inosservato, io l’ho riconosciuta»; «L’ho vista alla tele, ma non mi ricordo più il suo nome»; «Come mai non la vediamo più alla tele? Avete litigato? L’hanno licenziata?». Ottenuto l’assenso della vittima, una volta l’aspirante selfista si guardava attorno alla ricerca negli immediati dintorni di un complice ignaro. Dopo averlo individuato, si avvicinava e gli domandava: «Scusi, potrebbe farci una foto?» L’altro, in segno di assenso, allungava il braccio per prendere in consegna l’apparecchio e le necessarie spiegazioni: «Guardi, è semplice, basta inquadrare e poi schiacciare questo pulsante». L’altro eseguiva e di fatto, senza saperlo, si sottoponeva a un test sulla sua intelligenza. Da passante ignaro passava allo
Postille filosofiche di Maria Bettetini L’uso improprio della fede Sono questi giorni in cui gli integralisti si scatenano. Non sto banalmente riferendomi alle azioni di guerra che hanno ferito il mondo cosiddetto occidentale, queste sono state oggetto della cronaca e dei commenti alla cronaca. E a questi mi riferisco, ai commenti. Chi ha stigmatizzato la disorganizzazione dei servizi segreti francesi: che prevedano meglio il luogo e l’ora degli attentati, santo cielo. O i mancati contatti tra le intelligence: lo stesso uomo che per gli Stati Uniti era pericoloso e da tenere d’occhio, per la Francia era un ragazzino immaturo, una testa calda che non destava preoccupazione. Solo poco tempo fa aveva rappresentato gli operai di un’intera fabbrica davanti a Sarkozy, quindi era un lavoratore, quasi sindacalista, degno di fiducia. Poi da più parti si è criticata la blandizia con cui il governo francese tratterebbe immigrati, sospetti, in generale terroristi in un possibile futuro, o terroristi per il loro passato, molti italiani ricordano il volontario e non sgradevole esilio parigino di più
di un brigatista. Però ci si dimentica in fretta anche la necessità della Francia di recuperare le ferite del colonialismo: un milione di morti per la guerra d’Algeria, e ora non dobbiamo accogliere gli algerini, ovviamente musulmani, che da generazioni parlano francese e sono già parte dell’identità francese? Le critiche alla Francia rimangono poi spuntate quando allo stadio e alle olimpiadi si esibiscono quasi più Mohamed che Jean, più Yussuf che François. È la legge dello spettacolo, bellezza (bruttissima questa citazione, ma non l’avevo mai usata e nella vita non si deve rinunciare ai brividi, se pur perversi. Se però cominciassi a scrivere «una vista mozzafiato» oppure «la ragazza e il suo fidanzatino» o cose come «un romanzo a tinte forti» siete autorizzati a passarmi per le armi – lo dico anche per la rima, a passarmi / per le armi). Ma torniamo alle cose serie, agli integralismi di chi commenta le vicende francesi in questi giorni. Che poi integral-ismo significa degenerazione di una cosa bella, dell’in-
Voti d’aria di Paolo Di Stefano Balbuzienti e dichiarazioni-choc Diceva lo scrittore argentino Osvaldo Soriano, parafrasando Blaise Pascal, che il calcio ha le sue ragioni che la ragione non conosce. «Cinque minuti prima di morire diventerò milanista, così morirà uno di loro», ha detto un famoso interista, l’avvocato e vicepresidente storico dei nerazzurri Peppino Prisco (5½ alla memoria). «È andata positivamente bene», ha dichiarato l’allenatore del Cagliari Gianfranco Zola (6– all’ex calciatore) dopo la vittoria con il Cesena. «È andata negativamente male», avrebbe potuto rispondere l’allenatore della squadra avversaria. Difficile che vada positivamente male o negativamente bene. Dicono che lo sport sia una scuola di vita. Non certo una scuola di grammatica, a quanto pare. Il repertorio degli strafalcioni nel calcio è interminabile. Una volta il grande terzino della Juventus Antonio Cabrini (5+), in procinto di
essere ceduto, rispose a un giornalista che gli chiedeva di confermare il passaggio al Bologna: «Confermare? Non è l’aggettivo giusto». Neanche l’avverbio e il pronome. Il famoso centrocampista tedesco Lothar Matthäus (5+), con il suo italiano malfermo, proclamò, dopo una sconfitta, che era arrivato il momento di «rimboccarsi le mani». Sembra un elenco di svarioni pronunciato dal comico Nino Frassica (5½), che ha appena pubblicato, per Electa, un libro intitolato La mia autobiografia (70% vera, 80% falsa). Comincia così: «Cuc Cuc Cuc Cuc Cuc Cuc Cuc Cuc Cuc Cuc Cuc Cuc. Un grosso orologio a cucù davanti al mio lettino batteva dodici colpi. Sono nato in un ospedale di Messina alle ore 12 esatte dell’11 dicembre 1950. Ammazza che coincidenza – pensai – a mezzogiorno in punto non un minuto in più, non un minuto in meno». Recita la quarta di copertina: «Da questo libro
REPORTAGE PUBBLICITARIO
Proposito nazionale per il 2015: : n o f i Ampl sentirci meglio. 0.–*
so s e r p Ora ta i u t a r g prova ità mondialei
ov io d della no V» e prem «Audé
CHF 5
Q
uando saltano i tappi per il brindisi di capodanno, è tutto un fiorire di buoni propositi. Amplifon e Phonak, i due leader del mercato svizzero degli apparecchi acustici, sono al vostro fianco con il loro know-how pluriennale e la più moderna tecnologia per aiutarvi a realizzare il vostro proposito: tornare a sentirci meglio e assaporare così una vita piena e attiva. Provate subito gratuitamente per 4 settimane una novità mondiale assoluta: l’apparecchio acustico «Audéo V» di Phonak. A titolo di ringraziamento Amplifon vi offrirà un premio di CHF 50.–*. Test dell’udito e prova dell’apparecchio gratis In occasione delle festività o allegramente riuniti intorno a una fonduta: quando fuori fa freddo, una piacevole serata in famiglia o con gli amici è un’occasione da gustare fino in fondo. Proprio in queste situazioni, però, le persone con problemi di udito si sentono spesso isolate. Forse durante l’ultima serata in compagnia anche voi vi siete accorti di seguire a fatica la conversazione intorno al tavolo e vi siete sentiti esclusi. Come leader del mercato svizzero con 60 anni di esperienza nella consulenza uditiva, sappiamo bene come possano essere difficili queste situazioni. Per questo ci
siamo prefissi di aiutarvi a sentirci meglio in ogni occasione e a ritrovare così la gioia di vivere. Vi basterà un piccolo passo per tornare ad essere al centro della vita.
Sentirci meglio in 4 passaggi: <wm>10CAsNsjY0MDQx0TU2szA1MAYAY9DZaw8AAAA=</wm>
1. Fissate un colloquio di consulenza e venite a trovarci nel nostro centro specializzato.
<wm>10CFWKIQ7DMBAEX3TW7nmvsXuwMosCqnCTqLj_R0nKCobMzLpmFPx4jW0f7yQoWX20QM3GXpw16VqKK0GGg_GkajC49L_fXIKAeT8GGmPyijJerqN8j88JGEIZsnIAAAA=</wm>
Provate subito l’ultima novità del settore e assicuratevi un premio di CHF 50.–*. Amplifon mette a vostra disposizione la novità mondiale «Audéo V» di Phonak e vi invita a una prova gratuita e non vincolante di 4 settimane. Questi modelli quasi invisibili sono disponibili in diverse versioni e categorie di prezzo – per ogni esigenza e per ogni tasca. Al termine delle 4 settimane raccoglieremo la vostra opinione su questo nuovo prodotto.
2. Sottoponetevi a un’analisi dell’udito gratuita da parte dei professionisti Amplifon. 3. Provate gratuitamente e senza impegno per 4 settimane il nostro nuovissimo apparecchio acustico. 4. I primi 500 partecipanti riceveranno un premio di CHF 50.–* semplicemente compilando un questionario.
Affrettarsi conviene: i primi 500 interessati che aderiranno all’iniziativa entro il 20 marzo 2015 e ci racconteranno poi della loro esperienza riceveranno a titolo di ringra-
Buono per la prova gratuita – la novità mondiale «AudéoV» di Phonak. Registratevi subito e assicuratevi un premio di CHF 50.–*. Provate gratuitamente per 4 settimane il nuovissimo apparecchio acustico di Phonak. Vi basterà compilare il coupon e inviarlo ad Amplifon SA, Casella postale 306, 8706 Meilen. Potete iscrivervi anche per telefono chiamando il numero gratuito 0800 800 881, sul sito www.proposito-nazionale.ch o direttamente nel vostro centro specializzato Amplifon. o:
Concceotresil
Telefono (obbligatorio)
Via
NPA/località
Data di nascita
*Solo per i primi 500 partecipanti che saranno ammessi alla prova degli apparecchi acustici e compileranno in seguito un breve questionario. Le iscrizioni dovranno pervenire entro il 20 marzo 2015.
v in ovo vostro nuacustico hio apparecc ». V o é d u A « rizioni: Per le isc-nazionale.ch osito www.prop
MM_P
Nome/cognome
ziamento un premio di CHF 50.–*. Concordate oggi stesso un appuntamento presso uno dei circa 80 centri specializzati Amplifon chiamando il numero gratuito 0800 800 881 o visitando il nostro sito: www.proposito-nazionale.ch
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 19 gennaio 2015 ¶ N. 04
27
Idee e acquisti per la settimana
shopping Pane Léger e qualche trucco per raggiungere la forma perfetta Attualità Il giusto apporto di proteine e carboidrati, dalla colazione allo spuntino, senza rinunciare mai al gusto
Pane proteico Léger 320 g Fr. 3.20
L’anno nuovo è iniziato da un po’ e molti avranno salutato il 2015 con lo stesso buon proposito: perdere peso. A volte non basta tagliare gli eccessi alimentari ed è necessario adottare un regime alimentare attento, in modo da tornare al proprio peso ideale e stabilizzarlo. È consigliato stare attenti soprattutto ai grassi e ai carboidrati semplici, tra cui i prodotti fatti con farine raffinate. Un’ottima alternativa al pane bianco è proposta dalla linea Léger della Migros, con due pani ricchi di fibre e proteine. Il pane proteico da 320 g si presenta già tagliato a fette. Comodissimo grazie alla sua alta conservazione (circa 22 giorni) ricorda il pane tedesco alla segale cui somiglia nell’aspetto denso e umido. Farina di segale, farina integrale di frumento, soia, avena e piselli ne fanno un prodotto ricco di proteine, ottime alleate della dieta in quanto prolungano il senso di sazietà. Il pane proteico fresco, dalla forma di classico pane in cassetta, è più ricco in carboidrati complessi. La loro assunzione, specie la mattina, è necessaria per far sì che corpo e mente funzionino in maniera ottimale. I carboidrati complessi
Flavia Leuenberger
Pane proteico fresco Léger 400 g Fr. 3.70
rilasciano il glucosio nel sangue lentamente mantenendone i livelli costanti, fattore molto importante in quanto sono i cali di zucchero a causare improvvisi attacchi di fame. Ideale iniziare la giornata con i pani proteici Léger. Il pane proteico da 400 grammi, dal sapore ricco, conferito dalla presenza di semi misti, lupini, e soia è ideale per gli
amanti dei sapori rustici. Delizioso tostato, può essere addolcito con un velo di marmellata Léger. Poche fette inducono un senso di sazietà prolungato, ma è importante fare piccoli bocconi e masticarli a lungo, in quanto la masticazione aiuta sia la digestione che a saziarsi prima. I pani Léger sono versatili e si prestano anche per gli spuntini
salati. Accoppiata perfetta quella con le proteine, che possono essere animali (uova, pollo o tacchino) oppure vegetali (legumi ridotti in crema). La combinazione di proteine e carboidrati aiuta a prevenire picchi dei livelli di zucchero nel sangue, prolungando il naturale senso di sazietà. Altro trucco che aiuta a mangiare meno è quello di fare delle
mini tartine con il pane proteico da 320 g, in modo da ingannare il cervello proponendo un piatto che sembra più abbondante essendoci sul piatto più elementi. Semplici accorgimenti che uniti ad una attività fisica possono aiutare a ritrovare la forma fisica ottimale senza troppe rinunce, soprattutto al gusto. / Luisa Jane Rusconi
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 19 gennaio 2015 ¶ N. 04
28
Idee e acquisti per la settimana
L’equilibrio alimentare Attualità Un’alimentazione che concilia piacere ed equilibrio è alla base del nostro benessere
Principi fondamentali Snack dolci e salati ‡ Calmare la sete bevendo soprattutto acqua ‡ Avere un’alimentazione diversificata e all’insegna della varietà ‡ Assumere ogni giorno 5 porzioni di frutta e verdura
Oli e grassi
‡ Evitare la carenza di latticini ‡ Mantenere o aspirare al proprio peso ideale Pamela Beltrametti, dietista diplomata S.S.S.
Probabilmente mai come ai giorni nostri si è tanto discusso a proposito di alimentazione: quel che fa bene e quel che fa male, il troppo o il troppo poco, gli alimenti speciali, il rischio di carenze... Si parla di cibo come si parla del tempo, e il consumatore si trova sotto una specie di fuoco di fila di informazioni, nel quale è complesso orientarsi. E allora, come conciliare il piacere di mangiare con il bisogno del corpo umano in materia di nutrizione? Il concetto della piramide alimentare della Società Svizzera di Nutrizione vuole illustrare come un’alimentazione che allea piacere e equilibrio alimentare sia una componente di un modo di vita salutare: essa fornisce al corpo l’energia e le sostanze protettrici indispensabili, e si tratta di un concetto basato sulle evidenze scientifiche attuali. La piramide degli alimenti svizzera rappresenta una fotografia dell’ali-
‡ Mangiare con gioia e condividere il piacere del mangiare con gli amici
Latticini, carne, pesce, uova
mentazione in equilibrio: La nostra alimentazione può essere cioè divisa in sei grandi famiglie. Le famiglie alla base e nella parte inferiore della piramide sono necessarie al corpo in quantità maggiore, mentre salendo le famiglie sono necessarie in quantità minore. L’equilibrio alimentare deriva dalla combinazione dei cibi in giuste proporzioni, senza escludere alcun cibo, e ciò fornisce all’organismo un apporto ottimale di sostanze nutritive e protettrici indispensabili. L’equilibrio alimentare si può ottenere sul pasto, ma anche sulla giornata e sulla settimana, alternando cibi diversi della stessa famiglia. La varietà è garantita dal nostro calendario, poiché ogni stagione può offrire cibi diversi. Ciò si traduce in nutrienti e micronutrienti diversi, completando la nostra alimentazione sia a livello di gusti e colori che di copertura del fabbisogno nutrizionale.
Cereali, patate e legumi
Frutta e verdura
Bevande
Dolcezze carnascialesche Nuove ricette per lasagne & Co.
Terminate le festività natalizie, è ora tempo di carnevale! Questa settimana, infatti, già si terranno i primissimi appuntamenti con la festa più divertente dell’anno, per poi entrare nel clou dei festeggiamenti durante la metà di febbraio con i carnevali più importanti del Cantone. Ma carnevale è anche sinonimo di golose specialità. Come le due croccanti proposte che ci giungono direttamente dalla vicina penisola: i Galani dei Dogi e i Pettegolezzi di Colombina. Entrambe sono preparate con solo burro, sono ricche di uova e vengono fritte in olio di semi di girasole di prima qualità. Si caratterizzano per la loro fragranza e digeribilità.
Flavia Leuenberger
Galani dei Dogi 200 g Fr. 3.40
Pettegolezzi di Colombina 125 g Fr. 2.70 In vendita nelle maggiori filiali Migros.
Grazie all’ottimizzazione delle ricette, alcune apprezzate specialità dei banchi gastronomia Migros sono ora ancora più invitanti. I prodotti interessati – tutti pronti in pochi minuti in forno o nel microonde – sono tra i più classici della tradizione gastronomica mediterranea, nella fattispecie lasagne alla bolognese, lasagne alle verdure e agli spinaci; cannelloni alla bolognese e
cannelloni con carne di vitello e verdure; nonché parmigiana di melanzane. Ricordiamo che i piatti vengono preparati artigianalmente dal Pastificio L’Oste di Quartino con ingredienti di prima scelta – preferibilmente locali – e non contengono nessun tipo di conservante o additivo. Essendo prodotti con ingredienti freschissimi, si possono tranquillamente congelare.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 19 gennaio 2015 ¶ N. 04
29
Idee e acquisti per la settimana
Gastronomia Migros: carne di provenienza svizzera Dall’inizio dell’anno nei ristoranti e take-away Migros trovate solo carne di manzo, vitello, maiale e pollo di origine svizzera
Gli oltre 330’000 clienti che quotidianamente frequentano i ristoranti o i takeaway Migros, quando consumano carne, vogliono conoscerne l’origine. Oltre al gusto e alla qualità, i consumatori svizzeri vogliono infatti anche che gli animali vengano allevati in modo conforme alle loro esigenze. La Gastronomia Migros ha dunque deciso di andare incontro a questo desiderio. Dall’inizio dell’anno acquista soltanto carne di manzo, vitello, maiale e pollo di origine svizzera. In questo modo mantiene la promessa fatta nell’ambito di Generazione M impegnandosi ancora di più a favore dell’agricoltura e dell’allevamento svizzeri. Da questa misura sono esclusi la carne di tacchino, di agnello, di coniglio e di cavallo, alcuni tipi di affettato e la selvaggina. Per questi prodotti la produzione interna svizzera non è sufficiente e la Gastronomia Migros è costretta a ricorrere alle importazioni. Un cambiamento non facile
Questo cambiamento ha comportato una vera sfida in quanto la Gastrono-
mia Migros d’ora in poi si rifornirà esclusivamente in Svizzera non solo per i pezzi di carne, ma anche per ingredienti vari usati nelle insalate, nelle salse e nei ripieni. Riuscire a mantenere la promessa nel settore della carne di pollo è stato particolarmente difficile: la Gastronomia Migros necessita infatti ogni anno di più di 2’500 tonnellate di questo tipo di carne. In passato i chicken nuggets e lo sminuzzato di pollo erano spesso preparati con carne di petto di pollo d’importazione. Per far fronte alla nuova mole di lavoro, l’impresa Migros Micarna ha acquistato uno speciale macchinario per la preparazione di chicken nuggets e sminuzzato. «L’utilizzo esclusivo di carne e in particolare di pollame svizzero, è una vera novità. Il progetto ha potuto essere realizzato soltanto grazie alla nostra pluriennale collaborazione con i contadini svizzeri e grazie al lavoro eccezionale delle nostre imprese Migros», spiega Sandro Bedin, responsabile Gastronomia presso la Federazione delle Cooperative Migros.
Condy aceto alle erbe 750 ml Fr. 2.20* *Azione dal 20 al 26.1, a partire da due prodotti, Fr. 1.- di riduzione l’uno.
Uno svizzero aromatico La preparazione dell’aceto è uno dei più antichi metodi di fabbricazione per gli alimenti. Culture elevate quali gli Egizi e i Romani già avevano un debole per l’acre prodotto fermentato: mischiato all’acqua serviva da rimedio curativo e bevanda rinfrescante. Oggi l’aceto è usato principalmente in cucina. E tutti i cuochi per hobby lo sanno bene: senza aceto non si può stare. Con l’aceto si aromatizzano le salse per l’insalata, si perfeziona la selvaggina
oppure si cuociono le verdure. Qualche goccia nell’acqua di cottura di verdure quali il cavolo rosso ne preserva il colore. L’aceto alle erbe Condy è uno svizzero a tutto campo. Proviene dalla località neocastellana di Chez-le-Bart, dove già dal 1938 si produce un aceto di elevata qualità. Tutti gli ingredienti, compresi basilico, alloro, prezzemolo e aglio orsino, sono coltivati in Svizzera e conferiscono all’aceto alle erbe il suo caratteristico bouquet.
L’industria Migros produce molti apprezzati prodotti, tra cui anche gli aceti Condy.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 19 gennaio 2015 ¶ N. 04
31
Idee e acquisti per la settimana
nnazione, A i li d presenta g i s i e Conerimentioodné glutin le
s g r Sug a latto ndo a z m sen con urro llina b l o ia rle Fior rba cip one e. ndo erent e a m d ed 1 porzi i lo io d la antia ! e fate a i Per h l c aha 15 g ade cuc te 1 n una p i burro . Unite dite a r Do glie i hiai d asso a. Con 200 g c a b a sc e 2 cuc fuoco liuzzat l burro e t g i a a n e t U glier te n rvite. a a n s i l s l e . scio a cipo epe. Pa otta e s una iato b r c p d’e sale e aci e ri re con rattug g e con ori spin a piac igiano e i t F m a r i d plet di pa Com verata l spo
Foto e Styling Claudia Linsi
Anche il burro fuso con mandorle ed erba cipollina è completamente senza glutine e lattosio.
Il buon tortello antiallergico Dieta mediterranea per allergici: i tortelli certificati aha! di Anna’s Best
Il marchio aha! contrassegna i prodotti particolarmente adatti anche a coloro che soffrono di intolleranze o allergie.
Pasta di frumento? Neppure per scherzo! Le persone che soffrono di allergie o intolleranze sono spesso costrette a un regime alimentare limitato. Mangiare le cose giuste, che però abbiano anche un buon sapore, non è per nulla semplice. I tortelli certificati aha! di Anna’s Best sono senza glutine, frumento e lattosio. Infatti, per produrli si usa la farina di riso e di tapioca al posto del frumento. E con il loro impasto compatto, farcito di morbidi ripieni di ricotta e spinaci, mozzarella e pomodori secchi oppure di manzo, hanno lo stesso gusto dei comuni tortelli. Oltretutto, grazie al fatto che sono fatti di pasta fresca, non bisogna aspettare molto per averli nel piatto: basta farli sobbollire per circa un minuto e mezzo nell’acqua leggermente salata. / NO
Anna’s Best aha! Fiori spinaci e ricotta 200 g Fr. 4.90
Parte di
Generazione M è il programma della Migros a favore della sostenibilità, al quale anche aha! apporta un prezioso contributo.
Anna’s Best aha! Mezzelune manzo e pomodoro 200 g Fr. 4.90
Anna’s Best aha! Mezzelune mozzarella e pomodori secchi 200 g Fr. 4.90
e r A you e
e d n Gra orso! c n o c stici premi col turoiton!ome
e a f t e r n p a e r f o i l o c c n i o u PVo e nel tu
: o m i s s i l i c a f è e r a p i c e t r Pa Un codice per ogni confe ezione. Inserisci il tuo codice e su my.smarties.ch. Scopri subito se hai viinto!
my.smarties.ch Condizioni di partecipazione: la partecipazione al concorso è gratuita e senza obbligo di acquisto. Il concorso è riservato a coloro che sono domiciliati in Svizzera o nel Principato del Liechtenstein e termina il 31.12.2015. I premi possono variare: informati prima di partecipare. Vedi dettagli e codice gratuito su my.smarties.ch. I prodotti illustrati in alto sono disponibili assieme al dépliant promozionale in filiali selezionate.
Smarties è in vendita alla tua Migros
ARTICOLI DI NOSTRA PRODUZION E ORA IN AZIONE.
. O C S E R F E T N E M IL IB INCRED 50%
Maggiori informazioni a partire dalla 4° pagina delle azioni.
CONSIGLIAMO Con lo zucchero a velo decorare con fantasia il cake all’arancia e olio d’oliva. Trovi la ricetta su www. saison.ch/it/consigliamo e tutti gli ingredienti freschi alla tua Migros.
40% 3.30 invece di 5.50 Arance Tarocco Italia, retina da 2 kg
20% 50%
40%
2.20 invece di 4.40
8.70 invece di 14.50
Pomodorini datterini Italia / Spagna, vaschetta da 500 g
Tulipani diversi colori, mazzo da 20
Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli M-Budget e quelli già ridotti. OFFERTE VALIDE SOLO DAL 20.1 AL 26.1.2015, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
22.40 invece di 28.– Fondue Swiss-Style moitié-moitié o Tradition in conf. da 2 2 x 800 g, per es. moitié-moitié
. A Z Z E H C S E R F A L L E D O P IM L O L’ BENVENUTI NEL 20%
30%
25%
50%
7.70 invece di 11.–
2.80
9.60 invece di 12.–
1.80 invece di 2.50
9.– invece di 18.–
Tutte le cozze MSC* per es. cozze con verdura, pesca, Atlantico nordorientale, 750 g
Finocchi Italia, al kg
Tutto l’assortimento di sushi per es. sushi Nigiri Classic, prodotto in Svizzera, in conf. da 180 g, fino al 24.1
Fettine e arrosto coscia di maiale, TerraSuisse Svizzera, imballati, per 100 g
Carne macinata di manzo in conf. da 2 Svizzera / Germania, 2 x 500 g
33% 3.95 invece di 5.90 Mirtilli Cile, in conf. da 250 g
20%
30%
30%
30%
2.30 invece di 2.90
1.80
6.70 invece di 9.60
4.70 invece di 6.75
3.75 invece di 5.40
Lattuga rossa Anna’s Best in conf. da 150 g
Peperoni misti Paesi Bassi, 500 g
Minipic in conf. da 3 Svizzera, 3 x 90 g
Prosciutto crudo ticinese prodotto in Ticino, affettato in vaschetta, per 100 g
Lombatine d’agnello Australia / Nuova Zelanda, imballate, per 100 g
30%
25%
30%
3.45 invece di 4.60
2.80 invece di 3.50
19.90
1.45 invece di 1.85
3.50 invece di 5.10
2.85 invece di 4.10
Noci Grenoble Francia, imballate, 500 g
Tutte le mele a libero servizio Svizzera, per es. mele Gala, al kg, 20% di riduzione
Orchidee in coprivaso la pianta
Appenzeller surchoix per 100 g, 20% di riduzione
Salame Strolghino di culatello Italia, pezzo da ca. 250 g, per 100 g
Filetto di salmone con o senza pelle* per es. senza pelle, d’allevamento, Norvegia, per 100 g
*In vendita nelle maggiori filiali Migros. Società Cooperativa Migros Ticino OFFERTE VALIDE SOLO DAL 20.1 AL 26.1.2015, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
SCONTI SU TANTISSI MI PRODOTTI MIGROS. 40%
30% 6.60 invece di 9.50
1.05 invece di 1.80
6.70 invece di 8.40
3.– invece di 3.75
4.50 invece di 6.–
Pollo Optigal intero Svizzera, al kg, per es. al naturale, 2 pezzi
Saucisson Tradition, TerraSuisse, o Saucisson de Vully per es. Saucisson Tradition, TerraSuisse, per 100 g
Spätzli Anna’s Best in conf. da 3 3 x 500 g, 20% di riduzione
Insalata del mese Anna’s Best 200 g, 20% di riduzione
Tutti i cornetti precotti refrigerati in conf. da 2 25% di riduzione, per es. cornetti al burro M-Classic, 2 x 210 g
–.70 invece di –.90
2.55 invece di 3.20
2.30 invece di 2.90
Tutti gli yogurt Passion da 180 g 20% di riduzione, per es. ai frutti di bosco
Cake alla tirolese, alla finanziera e all’albicocca 20% di riduzione, per es. cake alla finanziera, 330 g
Bastoncini alle nocciole, fagottini alle pere o fagottini alle pere bio 20% di riduzione, per es. fagottini alle pere, 3 pezzi, 225 g
40% 1.45 invece di 2.45
5.20 invece di 6.55
Sminuzzato di maiale M-Classic Svizzera, per 100 g
Drink Bifidus in conf. da 8 8 x 100 ml, 20% di riduzione, per es. multivitaminico
30% 1.95 invece di 2.80 Prosciutto cotto in conf. da 2, TerraSuisse per 100 g
OFFERTE VALIDE SOLO DAL 20.1 AL 26.1.2015, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
TANTISSIMI PRODOTTI MIGROS IN AZIONE.
PUNTI
20x NOVITÀ
33% 1.20 invece di 2.20
7.70 invece di 11.55
3.05
Aceto alle erbe aromatiche Condy a partire dall’acquisto di 2 prodotti, 750 ml, 1.– di riduzione l’uno
Prodotti per i capelli I am e Belherbal in confezioni multiple per es. shampoo antigrasso Belherbal in conf. da 3, 3 x 250 ml, offerta valida fino al 2.2.2015
Tutti i prodotti per capelli I am Professional (escluse confezioni multiple), per es. shampoo Color, 250 ml
50% 5.20 invece di 10.40
2.95 invece di 3.95
3.60 invece di 4.60
Lasagne verdi o alla bolognese Buon Gusto in conf. da 2 surgelate, per es. alla bolognese, 2 x 600 g
Tutta la pasta Tradition a partire dall’acquisto di 2 confezioni, 1.– di riduzione l’una, per es. tagliatelle, 500 g
Mister Rice Jasmin, bio con il 30% di contenuto in più, 1,3 kg, 20% di riduzione
30% 2.70 invece di 3.30
4.25 invece di 6.10
Tutte le stecche, le confezioni da 4 e da 6 e i mini Blévita a partire dall’acquisto di 2 confezioni, –.60 di riduzione l’una, per es. al sesamo, 295 g
Tutte le miscele per dolci e i dessert in polvere (prodotti Alnatura esclusi), per es. brownies, 490 g
50%
30%
6.60 invece di 8.25
3.25 invece di 6.50
14.50 invece di 20.85
Miscela di frutta secca e noci M-Classic in conf. da 3 3 x 250 g, 20% di riduzione
Detersivi Elan e ammorbidenti Exelia per es. Exelia all’orchidea, 1,5 l
Smacchiatori e decalcificanti Total in conf. da 2 o in confezione risparmio per es. smacchiatore Oxi Booster Color, 1,5 kg, offerta valida fino al 2.2.2015
L’INDUSTRIA MIGROS E I SUOI PRODOT TI. Latte, bevande a base di latte, yogurt, formaggio fresco, salse, maionese. Collaboratori: 580
Caffè, caffè in capsule, frutta secca, spezie, noci. Collaboratori: 330 Ice Tea, succhi di frutta, prodotti pronti, prodotti a base di patate e prodotti a base di frutta. Collaboratori: 860
Carne fresca, pesce, salumi, pollame. Collaboratori: 2800
4.55 invece di 5.70 Tutte le tavolette di cioccolato M-Classic da 100 g in conf. da 6, UTZ Chocolata o Bona Splitter, 20% di riduzione, per es. Bona Splitter, 6 x 100 g
40% 6.95 invece di 8.70
10.60 invece di 17.70
Noisette burro e nocciole o Marie Croccant in conf. da 3 (in conf. monovarietà), 20% di riduzione, per es. Noisette burro e nocciole, 3 x 245 g
Tutte le palline di cioccolato Frey in sacchetto da 750 g, UTZ al latte finissimo, Giandor o assortite, per es. assortite
OFFERTE VALIDE SOLO DAL 20.1 AL 26.1.2015, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
Pane, prodotti da forno, pasticceria, paste. Collaboratori: 3280
Formaggio per raclette Raccard, Gruyère AOP, Appenzeller, fondue. Collaboratori: 260
Acqua minerale, sciroppo, succhi di frutta. Collaboratori: 120
Biscotti, Blévita, gelati, dessert in polvere, frittelle di Carnevale, prodotti da forno per l’aperitivo. Collaboratori: 630
Prodotti trattanti, sostanze cosmetiche attive, detersivi e detergenti, margarine, grassi commestibili. Collaboratori: 730
Diverse varietà di riso, riso al latte, varietà speciali di riso. Collaboratori: 24
Cioccolato, gomma da masticare. Collaboratori: 900
. IO M R A P IS R I D À IT IL IB S S O P ANCORA PIÙ 25%
30% 4.50 invece di 5.40
9.80 invece di 14.–
4.05 invece di 5.10
4.40 invece di 4.65
9.90 invece di 13.20
Uova svizzere da allevamento all’aperto 9 pezzi da 53 g+, 15% di riduzione
Filetti di pangasio Pelican, ASC surgelati, 1 kg
Tutte le salse per insalata Frifrench 25 cl, 50 cl e 1 l, per es. Frifrench French, 50 cl, 20% di riduzione
Diversi articoli di cioccolato Kinder Ferrero in confezioni grandi e multiple (prodotti a base di latte del reparto frigo esclusi), per es. Kinder cioccolato, 18 barrette
Tutte le confezioni di Coca-Cola da 6 x 1,5 l per es. Classic
33%
30% 5.80 invece di 7.30
12.– invece di 17.20
2.60 invece di 3.10
5.60 invece di 7.–
Leerdammer a fette in conf. da 2 2 x 200 g, 20% di riduzione
Crispy di pollo impanati Don Pollo surgelati, 1,4 kg
Tutti i prodotti da forno per l’aperitivo Gran Pavesi, Olivia & Marino o Roberto a partire dall’acquisto di 2 prodotti, –.50 di riduzione l’uno, per es. Gran Pavesi salati, 250 g
Tutte le salse liquide Thomy in conf. da 2 Risotto Subito al pomodoro, ai funghi porcini 20% di riduzione, per es. salsa olandese, 2 x 250 ml o alla milanese in conf. da 3 per es. risotto alla milanese, 3 x 250 g
5.40 invece di 8.10
1.15 invece di 1.55 Tutte le tisane Klostergarten in bustina a partire dall’acquisto di 2 confezioni, –.40 di riduzione l’una, per es. finocchio, bio, 20 bustine
50% 8.30 invece di 10.40
6.–
4.80 invece di 6.–
5.75 invece di 7.20
14.90 invece di 29.80
3.60 invece di 4.55
Focaccia all’alsaziana Anna’s Best in conf. da 2 20% di riduzione, per es. 2 x 350 g
Nutella in barattolo da 1 kg
Tutti i dadi per brodo Bon Chef in conf. da 2 20% di riduzione, per es. brodo di verdure, 2 x 120 g
Saponi Esthetic, pH balance, Nivea o I am in conf. da 2 20% di riduzione, per es. sapone al latte e al miele I am in confezione di ricarica, 2 x 500 ml, offerta valida fino al 2.2.2015
Tutte le caraffe isolanti e le macchine per caffè espresso Cucina & Tavola per es. caffettiera Bialetti in alluminio argento per 6 tazze, offerta valida fino al 2.2.2015
Tutto l’assortimento di alimenti per cani Cesar 20% di riduzione, per es. ricette di campagna, mini filetti, 4 x 150 g
OFFERTE VALIDE SOLO DAL 20.1 AL 26.1.2015, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
A L L E D O L IL BEL . A Z N E I N CONVE
ALTRE OFFERTE. FRUTTA E VERDURA Pomodorini datterini, Italia / Spagna, vaschetta da 500 g 2.20 invece di 4.40 50% Arance Tarocco, Italia, retina da 2 kg 3.30 invece di 5.50 40% Insalata del mese Anna’s Best, 200 g 3.– invece di 3.75 20% Lattuga rossa Anna’s Best, in conf. da 150 g 2.30 invece di 2.90 20% Peperoni misti, Paesi Bassi, 500 g 1.80 Tutte le mele a libero servizio, Svizzera, per es. mele Gala, al kg 2.80 invece di 3.50 20% Noci Grenoble, Francia, imballate, 500 g 3.45 invece di 4.60 25% Mirtilli, Cile, in conf. da 250 g 3.95 invece di 5.90 33% Finocchi, Italia, al kg 2.80
30% 6.20 invece di 7.80
13.20 invece di 18.90
Salviettine umide Soft in conf. da 3 20% di riduzione, per es. Sensitive, 3 x 50 pezzi
Carta igienica Soft in confezioni multiple, FSC per es. Comfort, 32 rotoli, offerta valida fino al 2.2.2015
3.– invece di 3.80
14.90
9.90
Prodotti di ovatta Primella in conf. da 2 20% di riduzione, per es. dischetti di ovatta, 2 x 80 pezzi
Boxer da uomo in conf. da 3 disponibili in diversi colori, per es. blu, taglie S–XL
Diversi slip da donna Ellen Amber Lifestyle in confezioni multiple per es. slip mini in conf. da 3, 3 pezzi
5.25 invece di 6.60
14.80 invece di 19.80
Docciaschiuma I am o Fanjo in confezioni multiple 20% di riduzione, per es. docciaschiuma Milk & Honey I am in conf. da 3, 3 x 250 ml
Tutti i reggiseni nell’assortimento da donna (esclusi prodotti Classics by Triumph e MEY), 5.– di riduzione, per es. reggiseno con coppe Ellen Amber, rosso
Per la tua spesa ritaglia qui.
PESCE, CARNE E POLLAME Prosciutto cotto in conf. da 2, TerraSuisse, per 100 g 1.95 invece di 2.80 30% Saucisson Tradition, TerraSuisse, o Saucisson de Vully, per es. Saucisson Tradition, TerraSuisse, per 100 g 1.05 invece di 1.80 40% Salame Chips Rapelli, Svizzera, 60 g 3.90 NOVITÀ *,** 20x Minipic in conf. da 3, Svizzera, 3 x 90 g 6.70 invece di 9.60 30% Pollo Optigal intero, Svizzera, per es. al naturale, 2 pezzi, al kg 6.60 invece di 9.50 30% Sminuzzato di maiale M-Classic, Svizzera, per 100 g 1.45 invece di 2.45 40% Tutte le cozze MSC, per es. cozze con verdura, pesca, Atlantico nordorientale, 750 g 7.70 invece di 11.– 30% * Arrosto di vitello cotto, Svizzera, affettato in vaschetta, per 100 g 3.40 invece di 4.25 20% Salame Strolghino di culatello, Italia, pezzo da ca. 250 g, per 100 g 3.50 invece di 5.10 30% Prosciutto crudo ticinese, prodotto in Ticino, affettato in vaschetta, per 100 g 4.70 invece di 6.75 30% Fettine e arrosto coscia di maiale, TerraSuisse, Svizzera, imballati, per 100 g 1.80 invece di 2.50 25% Carne macinata di manzo in conf. da 2, Svizzera / Germania, 2 x 500 g 9.– invece di 18.– 50% Lombatine d’agnello, Australia / Nuova Zelanda, imballate, per 100 g 3.75 invece di 5.40 30% Tutto l’assortimento di sushi, per es. sushi Nigiri Classic, prodotto in Svizzera, in conf. da 180 g 9.60 invece di 12.– 20% fino al 24.1
*In vendita nelle maggiori filiali Migros.
Filetto di salmone con o senza pelle, per es. senza pelle, d’allevamento, Norvegia, per 100 g 2.85 invece di 4.10 30% *
PANE E LATTICINI Drink Bifidus in conf. da 8, 8 x 100 ml, per es. multivitaminico 5.20 invece di 6.55 20% Tutti gli yogurt Passion da 180 g, per es. ai frutti di bosco –.70 invece di –.90 20% Fondue Swiss-Style moitié-moitié o Tradition in conf. da 2, 2 x 800 g, per es. moitié-moitié 22.40 invece di 28.– 20% Appenzeller surchoix, per 100 g 1.45 invece di 1.85 20% Leerdammer a fette in conf. da 2, 2 x 200 g 5.80 invece di 7.30 20% Pane proteico Léger, 320 g 20x 3.20 NOVITÀ *,** Pancarré bianco o integrale, bio, per es. integrale, 280 g 20x 1.90 NOVITÀ *,** Pane ticinese –.40 di riduzione, 400 g 2.10 invece di 2.50
FIORI E PIANTE Tulipani, diversi colori, mazzo da 20 8.70 invece di 14.50 40% Orchidee in coprivaso, la pianta 19.90
ALTRI ALIMENTI Diversi articoli di cioccolato Kinder Ferrero in confezioni grandi e multiple (prodotti a base di latte del reparto frigo esclusi), per es. Kinder cioccolato, 18 barrette 4.40 invece di 4.65 Tutte le palline di cioccolato Frey in sacchetto da 750 g, UTZ, al latte finissimo, Giandor o assortite, per es. assortite 10.60 invece di 17.70 40% Tutte le tavolette di cioccolato M-Classic da 100 g in conf. da 6, UTZ, Chocolata o Bona Splitter, per es. Bona Splitter, 6 x 100 g 4.55 invece di 5.70 20% Noisette burro e nocciole o Marie Croccant in conf. da 3 (in conf. monovarietà), per es. Noisette burro e nocciole, 3 x 245 g 6.95 invece di 8.70 20% Tutte le stecche, le confezioni da 4 e da 6 e i mini Blévita, a partire dall’acquisto di 2 confezioni, –.60 di riduzione l’una, per es. al sesamo, 295 g 2.70 invece di 3.30 Gold de Luxe e Gold Finesse Nescafé, per es. Gold de Luxe, 20x 180 g 10.60 NOVITÀ ** Tutte le tisane Klostergarten in bustina, a partire dall’acquisto di 2 confezioni, –.40 di riduzione l’una, per es. finocchio, bio, 20 bustine 1.15 invece di 1.55 **Offerta valida fino al 2.2
Nutella in barattolo da 1 kg 6.– Tutto l’assortimento Actilife, per es. Crunchy Mix Plus, 600 g 4.55 invece di 5.70 20% Miscela di frutta secca e noci M-Classic in conf. da 3, 3 x 250 g 6.60 invece di 8.25 20% Tutte le miscele per dolci e i dessert in polvere (prodotti Alnatura esclusi), per es. brownies, 490 g 4.25 invece di 6.10 30% Lasagne verdi o alla bolognese Buon Gusto in conf. da 2, surgelate, per es. alla bolognese, 2 x 600 g 5.20 invece di 10.40 50% Filetti di pangasio Pelican, ASC, surgelati, 1 kg 9.80 invece di 14.– 30% Crispy di pollo impanati Don Pollo, surgelati, 1,4 kg 12.– invece di 17.20 30% Tutte le confezioni di Coca-Cola da 6 x 1,5 l, per es. Classic 9.90 invece di 13.20 25% Mister Rice Jasmin, bio, con il 30% di contenuto in più, 1,3 kg 3.60 invece di 4.60 20% Pomodori cherry Longobardi, 20x 240 g 1.50 NOVITÀ *,** Tutta la pasta Tradition, a partire dall’acquisto di 2 confezioni, 1.– di riduzione l’una, per es. tagliatelle, 500 g 2.95 invece di 3.95 Aceto alle erbe aromatiche Condy, a partire dall’acquisto di 2 prodotti, 1.– di riduzione l’uno, 750 ml 1.20 invece di 2.20 Ketchup Heinz con il 50% di zucchero in meno, 20x 500 ml 4.50 NOVITÀ ** Olive nere, olive a rondelle o olive per snack Polli, per es. olive 20x nere, 80 g 1.80 NOVITÀ *,** Tutte le salse liquide Thomy in conf. da 2, per es. salsa olandese, 2 x 250 ml 5.60 invece di 7.– 20% Tutti i dadi per brodo Bon Chef in conf. da 2, per es. brodo di verdure, 2 x 120 g 4.80 invece di 6.– 20% Risotto Subito al pomodoro, ai funghi porcini o alla milanese in conf. da 3, per es. risotto alla milanese, 3 x 250 g 5.40 invece di 8.10 33% Tutti i prodotti da forno per l’aperitivo Gran Pavesi, Olivia & Marino o Roberto, a partire dall’acquisto di 2 prodotti, –.50 di riduzione l’uno, per es. Gran Pavesi salati, 250 g 2.60 invece di 3.10 Tutti i cornetti precotti refrigerati in conf. da 2, per es. cornetti al burro M-Classic, 2 x 210 g 4.50 invece di 6.– 25% Cake alla tirolese, alla finanziera e all’albicocca, per es. cake alla finanziera, 330 g 2.55 invece di 3.20 20% Bastoncini alle nocciole, fagottini alle pere o fagottini alle pere bio, per es. fagottini alle pere, 3 pezzi, 225 g 2.30 invece di 2.90 20% Spätzli Anna’s Best in conf. da 3, 3 x 500 g 6.70 invece di 8.40 20% Zuppa di carote e mango con crostini Anna’s Best, 20x 300 ml 3.90 NOVITÀ *,** Focaccia all’alsaziana Anna’s Best in conf. da 2, per es. 2 x 350 g 8.30 invece di 10.40 20%
Società Cooperativa Migros Ticino
OFFERTE VALIDE SOLO DAL 20.1 AL 26.1.2015, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
OFFERTE VALIDE SOLO DAL 20.1 AL 2.2.2015, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
Uova svizzere da allevamento all’aperto, 9 pezzi da 53 g+ 4.50 invece di 5.40 15% Tutte le salse per insalata Frifrench, 25 cl, 50 cl e 1 l, per es. Frifrench French, 50 cl 4.05 invece di 5.10 20% Torta svedese e Coppa svedese M-Classic, 2/242 g e 100 g, per es. torta svedese, 2/242 g 4.40 invece di 5.50 20%
NEAR FOOD / NON FOOD Tutto l’assortimento di alimenti per cani Cesar, per es. ricette di campagna, mini filetti, 4 x 150 g 3.60 invece di 4.55 20% Mascara e eyeliner L’Oréal Paris, a partire dall’acquisto di 2 prodotti, 4.– di riduzione l’uno, per es. False Lash Butterfly Black, 7 ml 17.90 invece di 21.90 ** Tutti i prodotti per capelli I am Professional (escluse confezioni multiple), per es. shampoo 20x Color, 250 ml 3.05 NOVITÀ ** Prodotti per i capelli I am e Belherbal in confezioni multiple, per es. shampoo antigrasso Belherbal in conf. da 3, 3 x 250 ml 7.70 invece di 11.55 33% ** Docciaschiuma Fanjo al tamarillo e al litchi o peeling doccia Fanjo ai mirtilli rossi e alle bacche di acai, Limited Edition, per es. docciaschiuma al tamarillo e al litchi, 20x 150 ml 3.50 NOVITÀ *,** Tutti i bagnoschiuma (esclusi Axanova e confezioni multiple), per es. bagnoschiuma all’eucalipto Herbs, 400 ml 4.70 invece di 5.90 20% ** Docciaschiuma I am o Fanjo in confezioni multiple, per es. docciaschiuma Milk & Honey I am in conf. da 3, 3 x 250 ml 5.25 invece di 6.60 20% ** Saponi Esthetic, pH balance, Nivea o I am in conf. da 2, per es. sapone al latte e al miele I am in confezione di ricarica, 2 x 500 ml 5.75 invece di 7.20 20% ** Slip da donna midi e mini Elegance Ellen Amber in conf. da 3, disponibili in diversi colori, per es. slip midi, taglie S–XL 12.90 ** Pigiama corto da uomo, per es. pigiama corto a righe, taglie S–XL 14.90 ** Leggings da bambina, disponibili in diversi colori, per es. leggings col. prugna, taglie 86–164 19.60 invece di 29.40 3 per 2 ** Smacchiatori e decalcificanti Total in conf. da 2 o in confezione risparmio, per es. smacchiatore Oxi Booster Color, 1,5 kg 14.50 invece di 20.85 30% ** Detersivi Elan e ammorbidenti Exelia, per es. Exelia all’orchidea, 1,5 l 3.25 invece di 6.50 50% Migros Fresh Orange Blossom per dosatore in conf. di ricarica, 30 ml 4.90 NOVITÀ *,** 20x Tutte le caraffe isolanti e le macchine per caffè espresso Cucina & Tavola, per es. caffettiera Bialetti in alluminio argento, per 6 tazze 14.90 invece di 29.80 50% **
. S O R IG M A U T A L L A À IT V O N
NOVITÀ
NOVITÀ
NOVITÀ
1.80
1.50
3.90
Olive nere, olive a rondelle o olive per snack Polli per es. olive nere, 80 g
Pomodori cherry Longobardi 240 g
Zuppa di carote e mango con crostini Anna’s Best 300 ml
NOVITÀ
NOVITÀ
NOVITÀ
3.50
3.90
3.20
Docciaschiuma Fanjo al tamarillo e al litchi o peeling doccia Fanjo ai mirtilli rossi e alle bacche di acai Limited Edition, per es. docciaschiuma al tamarillo e al litchi, 150 ml
Salame Chips Rapelli Svizzera, 60 g
Pane proteico Léger 320 g
NOVITÀ
NOVITÀ
4.90
1.90
Migros Fresh Orange Blossom per dosatore in conf. di ricarica 30 ml
Pancarré bianco o integrale, bio per es. integrale, 280 g
In vendita nelle maggiori filiali Migros. OFFERTE VALIDE SOLO DAL 20.1 AL 2.2.2015, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 19 gennaio 2015 ¶ N. 04
45
Idee e acquisti per la settimana
A ognuno il suo: l’assortimento di biscotti freschi conta diverse varietà, tra cui i nidi alle nocciole, gli amaretti e i discoletti.
A ognuno il suo biscotto I biscotti freschi della Migros mantengono ora la loro freschezza più a lungo, grazie ad un imballaggio richiudibile con apertura a strappo Un sabato pomeriggio a casa vostra: suona il campanello, due amiche sono venute a trovarvi. Se l’una preferisce un cappuccino, l’altra apprezza il caffellatte; mentre voi vi concedete un fumante tè. Ovviamente non può mancare qualcosa da sgranocchiare e i gusti delle tre amiche sono differenti quanto lo sono le loro personalità. C’è chi ama l’ariosità degli amaretti e chi invece ha un debole per i discoletti. Voi preferite i nidi alle nocciole perché richiamano alla memoria i tempi in cui li facevate con la nonna. Una cosa in comune ce l’hanno tuttavia sia le amiche che i biscotti: sono assolutamente naturali ed evitano i conservanti. E grazie alla nuova confezione richiudibile con apertura a strappo sapete che i biscotti saranno freschi e croccanti anche il giorno dopo. / AB
L’industria Migros produce molti apprezzati prodotti, tra cui anche i biscotti freschi.
Nidi alle nocciole 216 g Fr. 3.10
Discoletti 207 g Fr. 2.90
Amaretti 180 g Fr. 3.20
Amaretti alle nocciole 207g CHF 3.30
20x punti Cumulus su tutto l’assortimento di biscotti freschi fino al 26.1.
Tutte le offerte sono valide dal 20.1 al 2.2.2015, fino a esaurimento dello stock.
20%
127.20
50%
20% 59.50
20 – 50%
238.–
su tutti gli sc i e gli snowboard e sui caschi da sci e da snowboard
Esempio: Salomon Casco da sci e da snowboard Brigade red Esempio: Giro Casco da sci e da snowboard Era white
20%
358.–
Esempio: Uvex Casco da sci e da snowboard Hlmt 300 visor
50%
299.–
20%
463.20
30%
448.–
Esempio: Salomon Sci da donna W-Kart Con attacchi Z10.
40%
Esempio: Head Sci da donna Mya No. 5 Con attacchi Mya 10 PR.
498.– Esempio: Rossignol Sci da gara Radical 8SL Con attacchi Axium 120S Tpi.
50%
499.–
Esempio: Salomon Tavola da snowboard da donna Lotus Con attacchi Spell.
Esempio: Nitro Tavola da snowboard Haze Con attacchi Wizard.
www.sportxx.ch Ordina ora online senza costi di spedizione.
20%
718.40 Esempio: Head Sci da gara i. Supershape Magnum Con attacchi PRX 12 S.
Esempio: K2 Sci All Mountain AMP Charger Con attacchi MX 12.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 19 gennaio 2015 ¶ N. 04
47
Idee e acquisti per la settimana
A ridurre la sensazione di tensione, calmando la pelle secca durante l’inverno, ci pensano i prodotti della linea Zoé Ultra Sensitive.
Zoé Ultra Sensitive 24 h Trattamento all’estratto di liquirizia 50 ml Fr. 12.80
Zoé Ultra Sensitive Anti-Age Crema da giorno IP 15 50 ml Fr. 15.80
Zoé Ultra Sensitive Anti-Age Crema da notte 50 ml Fr. 16.40
Un grazie dalla pelle sensibile Se la pelle si secca, la sua naturale funzione barriera viene compromessa. Il nuovo principio attivo delisens è un ottimo rimedio
Zoé Ultra Sensitive Anti-Age Crema contorno occhi 15 ml Fr. 12.80 Nelle maggiori filiali
I grossi sbalzi di temperatura tra interno ed esterno rendono secca la pelle durante l’inverno. Allo scopo di non irritarla ancora di più è, quindi, estremamente importante usare il trattamento più appropriato. La linea Zoé Ultra Sensitive la lenisce e la protegge. Questi prodotti per la cura della pelle, senza profumi né conservanti o coloranti, contengono il pregiato burro di karité (Shea butter) e sono indicati anche per le persone che soffrono di allergie, come attesta l’eti-
chetta aha! sulla confezione. Inoltre, la loro formula è stata arricchita con gli ultimi ritrovati della ricerca scientifica, fra cui lo straordinario principio attivo delisens che rafforza la naturale funzione barriera, rendendo la pelle in grado di accumulare una quantità di umidità nettamente maggiore. Per le donne ultraquarantenni con pelli sensibili sono a disposizione tre prodotti antirughe, che oltre al delisens contengono il principio anti-invecchiamento Chronoline. / DH
L’Industria Migros produce numerosi prodotti molto apprezzati, tra cui anche la linea per la cura della pelle Zoé Ultra Sensitive.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 19 gennaio 2015 ¶ N. 04
48
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 19 gennaio 2015 ¶ N. 04
49
Idee e acquisti per la settimana
LA FAMIGLIA RISOLETTO
Fedele accompagnatore
Per tutti c’è qualcosa Raramente un Risoletto viene da solo. Il prodotto di culto è disponibile in svariati formati e varianti in filiali selezionate.
In passeggiata scolastica, a scuola reclute, al corso di sci o nelle escursioni: da generazioni Risoletto fa parte dell’inventario. Con tutte queste emozioni non c’è da stupirsi che la barretta sia diventata oggetto di culto Testo: Dora Horvath Foto: Yves Roth Styling: Marlise Isler
Di scorta o da condividere: Risoletto Classic 5 pezzi 210 g Fr. 4.50
Classico formato cioccolato: Risoletto tavoletta 100 g Fr. 2.10
Una piccola ricompensa per ogni giorno della settimana: Risoletto Classic 100 kcal 7 pezzi 154 g Fr. 3.50
Per i languorini: Risoletto Classic Minis 210 g Fr. 3.50
Disponibile solo nelle zone cassa: Risoletto Classic 42 g Fr. 1.20
Da sgranocchiare direttamente dal sacchetto: Risolettini 250 g Fr. 3.90
Risoletto ha già quasi 50 anni sul groppone, e questa barretta di cioccolato è sempre ancora apprezzata come non mai. Per molti, che sono cresciuti con la Migros, è un pezzo d’infanzia. Migros ha in assortimento Risoletto dal 1967, dopo che il nome era già stato registrato come marca nel maggio 1966. Il marchio di fabbrica del Risoletto è il riso soffiato, splendidamente croccante, quando si addenta la copertura di cioccolato al latte. Il riso proviene dal Piemonte ed è lavorato nella Riseria Taverne in Ticino. Un’ulteriore caratteristica è naturalmente il suo cuore, la barra di caramello. Quest’ultima nel Risoletto Classic da 42 g è lunga oltre dieci centimetri. Comune a tutti i Risoletto è l’inconfondibile design con i chicchi di riso rossi e blu, che piovono uniformemente sulla confezione.
SERIE
Per gli amanti del cioccolato bianco: Risoletto Blanco Minis 210 g Fr. 3.50
Gelato: Risoletto Classic ice 8 x 65 ml Fr. 8.40
Noi firmiamo. Noi garantiamo. Parte 2 Dal detersivo di culto alla barretta di cioccolato fino al famoso tè freddo. Questa settimana: Risoletto
IN CIFRE
53 per cento del Risoletto è costituito dal suo cuore, la barra di caramello.
11,25 centimetri è la lunghezza della barra di caramello nel Risoletto Classic 42 g.
Questione d’onore: in ogni situazione Risoletto si presenta dal suo lato più dolce.
13’440 Risoletti sono prodotti ogni ora. L’industria Migros produce molti apprezzati prodotti, fra cui anche Risoletto.
40 per cento è la parte di cioccolato al latte di un Risoletto Classic.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 19 gennaio 2015 ¶ N. 04
50
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 19 gennaio 2015 ¶ N. 04
51
Idee e acquisti per la settimana
Muffin con risoletto Appaga l’occhio e il palato: in ogni muffin c’è un Risoletto Classic Mini.
Per 8 pezzi Ingredienti 2 baccelli di vaniglia 5 uova 150 g di burro 120 g di zucchero 100 g di mandorle macinate 100 g di farina ½ bustina di lievito in polvere, ca. 7 g 8 pirottini da muffin 8 Risoletto Classic Mini Preparazione Scaldate il forno a 180 °C. Dimezzate i baccelli di vaniglia per lungo e estraete i semini. Separate le uova. Sbattete a neve i tuorli, il burro, lo zucchero e i semini di vaniglia con lo sbattitore elettrico. Montate gli albumi a neve ben ferma. Mescolate le mandorle, la farina e il lievito in polvere. Incorporateli a porzioni alla massa di tuorli, burro e zucchero alternandoli con cucchiaiate di albume. Distribuite l’impasto nelle formine. Infilzate in ognuna un risoletto mini. Cuocete in forno i muffin per ca. 25 minuti. Estraeteli e lasciateli raffreddare. Consiglio A piacimento decorare con i Risolettini. Tempo di preparazione ca. 20 minuti + cottura in forno ca. 25 minuti Un muffin ca. 10 g di proteine, 28 g di grassi, 38 g carboidrati, 1850 kJ/445 kcal
Ricetta di
Christian Schnur
Le barrette al caramello vengono prima ricoperte di cioccolato al latte, successivamente cosparse di croccante riso soffiato e quindi nuovamente ricoperte di cioccolato. Gli impianti di produzione possono produrre qualcosa come 13’440 barrette all’ora.
20% DI RIDUZIONE.
1.45 invece di 1.85
1.45 invece di 1.85
Tutto l’assortimento Actilife 20% di riduzione, per es. bevanda da tavola Omega 3, 1 l
Tutto l’assortimento Actilife 20% di riduzione, per es. Breakfast, 1 l
1.45 invece di 1.85
1.30 invece di 1.65
2.80 invece di 3.50
Tutto l’assortimento Actilife 20% di riduzione, per es. Bun Di, 1 l
Tutto l’assortimento Actilife 20% di riduzione, per es. tondelli di riso integrale allo yogurt, 6 pezzi
Tutto l’assortimento Actilife 20% di riduzione, per es. Wellness Crisp, 225 g
5.– invece di 6.30 4.55 invece di 5.70
5.50 invece di 6.90
Tutto l’assortimento Actilife 20% di riduzione, per es. Crunchy Mix Plus, 600 g
Tutto l’assortimento Actilife 20% di riduzione, per es. Crunchy Mix Sport, 600 g*
* In vendita nelle maggiori filiali Migros. OFFERTE VALIDE SOLO DAL 20.1 AL 26.1.2015, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
Tutto l’assortimento Actilife 20% di riduzione, per es. Crunchy Mix Fibre, 600 g