Cooperativa Migros Ticino
G.A.A. 6592 Sant’Antonino
Settimanale di informazione e cultura Anno LXXVII 29 dicembre 2014
Azione 01 Ms alle hopping pag ine 23-2 5
Società e Territorio Gli alberi secolari del Ticino nelle fotografie di Ely Riva
Ambiente e Benessere Capodanno al Nord: come si festeggia il 31 nel cuore gelido dell’Islanda, per le strade della capitale o in una minuscola capanna
/ 42 -43
Politica e Economia Inquietanti prospettive per l’eurozona
Cultura e Spettacoli Berlino ieri e oggi, nel cuore e nella cultura - si chiude un ciclo di articoli
pagina 6
pagina 2
pagina 13 pagina 17
Primo bilancio del 2014 e divagazioni sul traffico
Auguri di un buon 2015 a tutti i lettori e le lettrici!
Anche nel 2014 l’apertura di nuovi negozi e supermercati nella nostra regione e appena oltre la frontiera ha contribuito da una parte ad ampliare l’offerta di beni di consumo a disposizione dei consumatori, ma d’altra parte a rendere ancora più competitivo il commercio al dettaglio ticinese. Un settore che, nell’anno appena concluso, a livello nazionale è cresciuto più dell’1%, mentre in Ticino ha marcato una leggera flessione nonostante l’aumento della popolazione di circa l’1%. Uno sviluppo probabilmente causato dal turismo degli acquisti oltre frontiera, che per il 2014 ha raggiunto circa 500 milioni di franchi, equivalenti a circa il 13% del valore degli acquisti effettuati dalla popolazione ticinese. Una situazione difficile che impone ai commercianti il compito di migliorare costantemente la qualità e la convenienza della loro offerta, coinvolgendo fornitori e collaboratori e investendo nella modernizzazione e nello sviluppo delle infrastrutture aziendali. Sono condizioni quadro in cui Migros Ticino ha praticamente mantenuto la cifra d’affari e i posti di lavoro dell’anno precedente, malgrado l’apertura di due nuovi punti di vendita. Uno sviluppo in linea con un mercato in leggera flessione, in cui gli operatori del settore devono diventare sempre più efficienti e possono mantenere i posti di lavoro solo se si ampliano, anche se così facendo contribuiscono a rendere ancora più competitivo il mercato. Un trend che porta vantaggi ai consumatori anche in termini di praticità: ormai quasi tutti possono trovare beni di prima necessità a pochi minuti da casa o dal proprio posto di lavoro. Per chi deve fare acquisti più importanti, inoltre, oltre ai centri cittadini, ci sono una decina di centri commerciali in cui si può effettuare acquisti di beni diversi in un solo luogo e quindi evitando spostamenti. Per questo motivo, i centri commerciali dovrebbero essere definiti inibitori e non generatori di traffico, com’è invece in voga affermare da un paio di anni. Un appellativo basato sulla teoria dei «generatori» e dell’uomo che ne sarebbe succube, che porta tra le altre cose alla convinzione che i centri commerciali hanno il potere di circuire persone perché facciano dello shopping, che i supermercati riescono ad attirare e fare acquistare alimentari a persone che altrimenti rimarrebbero a casa a digiunare e che i parcheggi inducono la popolazione ad usare le automobili, tanto è vero che basterebbe eliminarli per risolvere il problema del traffico. Una teoria che potrebbe trovare applicazioni interessanti per esempio nella lotta al tabagismo, con il divieto dei posacenere che generano fumatori o per risolvere il problema del calo della natalità in Europa con un programma di sovvenzionamento per l’acquisto di letti... Una teoria che a molti fa comodo, perché deresponsabilizza e decolpevolizza, ma che non sta in piedi se si ritiene che generalmente l’uomo agisce con una certa logica, anche se non sempre razionale. Nel caso specifico del traffico: se molti vanno a lavorare in automobile, non è perché ci sono parcheggi aziendali, ma perché non ci sono alternative per recarsi al lavoro, oppure perché queste alternative sono talmente disagevoli da giustificare estenuanti trasferte in coda. Togliere i parcheggi non è una soluzione, vuol dire forzare il sistema mettendo le persone a disagio. Per risolvere il problema bisogna agire sugli elementi che influenzano il sistema e cioè sviluppare la rete stradale e di trasporto pubblico, favorire il tele-lavoro, ripartire gli orari di inizio/ fine lavoro, promuovere il car-sharing/pooling e disincentivare il ricorso al mezzo di trasporto individuale privato sui percorsi con traffico eccessivo durante gli orari di punta. Una serie di misure che vanno valutate e combinate ottimizzando costi/investimenti e benefici, coinvolgendo tutti gli attori (pubblico e privato), tenendo in conto i motivi per i quali si usa l’automobile, che sono – secondo una valutazione effettuata dall’Ufficio Federale di Statistica in Svizzera nel 2010 – il tempo libero (40% del traffico), il lavoro (24%), gli acquisti (13%) e per finire la formazione, i viaggi di lavoro, i servizi e diversi che assieme corrispondono al 23% del traffico. In questi ultimi anni, Migros Ticino si è data molto da fare per ridurre il consumo energetico e l’impatto ambientale, riciclare rifiuti e scarti, trasferire trasporti merce dalla strada sui binari e produrre energia sostenibile, ma ha fatto relativamente poco, dobbiamo ammetterlo, per quanto concerne le trasferte dei collaboratori dal domicilio al posto di lavoro. Una decisione presa per default con la sola scusante di averlo ritenuto un tema privato e che non giustifichiamo con il fatto che occupiamo pochi frontalieri (il 90% dei nostri collaboratori è infatti domiciliato in Ticino). I crescenti problemi di mobilità delle strade ci hanno però spinto a valutare le possibilità di intervento in questo settore. Una prima misura è già stata realizzata alcuni mesi fa mettendo a disposizione dei collaboratori abbonamenti per trasporti pubblici dal domicilio al posto di lavoro con tariffa ridotta del 50% (proposta che è stata seguita da un centinaio dei 1700 collaboratori). Ulteriori misure (sostegno al car-sharing/pooling, alla mobilità lenta, ecc.) sono allo studio e verranno realizzate nei prossimi mesi con l’obiettivo di contribuire anche in questo modo alla qualità della vita nella nostra regione. Concludo queste divagazioni con la parte più importante di questo mio breve scritto e cioè i ringraziamenti: anche a nome del consiglio di amministrazione e dei colleghi del comitato di direzione, ringrazio i clienti ed i soci per la fiducia accordata frequentando i nostri punti di vendita, i nostri fornitori e partner per la collaborazione e per finire i colleghi per l’impegno profuso anche nel 2014 a favore della cooperativa. A tutti auguriamo un felice e prospero Anno Nuovo!
Marka
di Lorenzo Emma, direttore di Migros Ticino
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 29 dicembre 2014 ¶ N. 01
2
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 29 dicembre 2014 ¶ N. 01
3
Società e Territorio Incontriamoci Un primo bilancio dopo quattro anni di attività del progetto pensato per favorire l’integrazione dei bambini alla Scuola dell’infanzia
Il senso della vecchiaia In un’epoca contraddistinta dall’oblio i vecchi sono i nostri archivi del tempo: una riflessione di Silvia Vegetti Finzi sulla vecchiaia
pagina 3
pagina 5
Un tRaGitto per incontrarsi Socialità Il progetto Incontriamoci aiuta mamme e bambini favorendo l’inserimento nella Scuola dell’infanzia.
Dopo quattro anni di attività il bilancio di Monica Frigerio e Verena Petrocchi
Elisabetta Oppo Non tutti i bambini vivono il delicato momento dell’inserimento nella scuola dell’obbligo in modo positivo, con entusiasmo, curiosità e voglia di confrontarsi con altri bambini e con le regole che l’istituzione impone. Per molti, al contrario, la nuova esperienza rappresenta un ostacolo piuttosto arduo e in alcuni casi se non si è preparati ad un adeguato inserimento nella Scuola dell’Infanzia possono sorgere disagi che senza un sostegno è difficile superare. Un periodo faticoso, dunque, per un bambino quello dell’ingresso nell’asilo che può diventare ancora più complesso per chi proviene da famiglie straniere che non conoscono bene la realtà ticinese e la sua struttura scolastica. Per i minori originari di altre nazioni, infatti, è senza dubbio più duro separarsi dalla famiglia, relazionarsi con una lingua diversa dalla loro, affrontare luoghi e spazi per loro inusuali, utilizzare materiali e giochi, che vengono proposti nella Scuola dell’infanzia, e che talvolta non hanno mai usato. Proprio dall’osservazione di questi aspetti nel corso della loro esperienza professionale, Monica Frigerio e Verena Petrocchi, membri dell’Associazione di Psicologia generativa della Svizzera italiana, hanno deciso di ideare «Incontriamoci», un progetto mirato ad ovviare eventuali disagi che possono emergere con l’ingresso nella scuola dell’obbligo. «Dalle nostre esperienze a contatto con bambini, ragazzi, genitori, educatori, docenti e monitori sportivi – spiega Monica Frigerio – abbiamo ritenuto importante creare un luogo d’incontro e di ascolto dove poter costruire legami e conoscenze che favoriscano l’inserimento delle famiglie e dei loro bambini così da prevenire o diminuire un eventuale disagio». Il progetto Incontriamoci, nato nel 2010, è diventato ormai una realtà importante per il Luganese, e gode del sostegno di Infofamiglie, della Divisione dell’azione sociale e delle famiglie, del
Verdi patriarchi Fotografie L’ultimo volume di Ely Riva
è dedicato agli alberi secolari del Ticino
Elena Robert Per una volta soffermiamoci ad ammirare la loro grande bellezza, in particolare quella degli esemplari più longevi, che di Capodanni nella loro vita ne hanno visti parecchi. Anche il piccolo Ticino vanta alberi molto vecchi. Il naturalista Luigi Lavizzari nelle sue escursioni pubblicate nel 1859 ne descrisse a decine annotando anche le misure delle circonferenze. Sappiamo così che un bosso a Tenero aveva un diametro di 0,82 metri e un castagno a Peccia raggiungeva 8,90 metri. Ma, si sa, non sempre la grandezza del tronco è sinonimo di vecchiaia, anche se spesso più un albero è grosso maggiori saranno le probabilità che oltrepassi il secolo. Altri mezzi e una passione naturalistica sconfinata hanno consentito negli ultimi quarant’anni al fotoreporter Ely Riva di documentare 1600 specie diverse di piante, sulle 2400 attestate in Ticino. La ricerca continua ad alimentare il suo archivio che conta già 1,5 milioni di immagini. Una piccola parte di esse la presenta ora nel suo volume Alberi secolari del Ticino (Salvioni Edizioni) pubblicato nelle ultime settimane e dedicato a monumenti verdi presenti sul territorio. L’autore ha dovuto fare una scelta, privilegiando ventotto alberi «nostrani» e sette «venuti da lontano»: piante che possono diventare ultracentenarie, che si conoscono o che non sono irraggiungibili, nel caso in cui le si volesse cercare. «Con gli alberi sento di avere una grande familiarità. Li percepisco come presenze vive. Andando molto spesso in montagna da solo – ci racconta – quando mi capita di rivedere esemplari che conosco, li saluto come amici e ci parlo. È difficile dire quanto sia vecchia una pianta, per poche si va sul sicuro. I cipressi davanti alla Chiesa dei SS. Pietro e Paolo a Brissago furono piantati nel 1574 e esistono ancora: sono i più antichi del Cantone. Nella maggior parte dei casi, per contro, l’età è solo stimata. Un tasso della Val Lodrino è tra i più longevi che conosco di questa specie. I castagni dell’Alpe di Brusino possono essere tra i più vecchi in Ticino, raggiungono diverse centinaia di anni se non mille, chissà. Fuori
Azione Settimanale edito da Migros Ticino Fondato nel 1938 Redazione Peter Schiesser (redattore responsabile), Barbara Manzoni, Manuela Mazzi, Monica Puffi Poma, Simona Sala, Alessandro Zanoli, Ivan Leoni
sentiero incontro tanti alberi probabilmente millenari, tra i quali abeti bianchi di una bellezza straordinaria. La sorpresa più bella è proprio quando scopri nuovi esemplari in ambienti quasi inaccessibili, della Val Bavona o della Val d’Osogna, dove per arrivarci si è obbligati a cimentarsi con difficoltà alpinistiche». In Ticino le testimonianze arboree più antiche risalgono addirittura al Carbonifero: i due tronchi fossili di Sigillaria, un lontanissimo parente dei Licopodi, rinvenuti sulle rocce di Manno, hanno infatti più di 300 milioni di anni. Frammenti di piante terrestri come equiseti, felci con semi e conifere sono stati scoperti, in particolare in indagini recenti, negli strati del Triassico medio marino del Monte San Giorgio (243-239 milioni di anni fa) a conferma che terraferma o isole non erano lontane. «Il passato è scritto nel legno, l’albero è l’unico vero signore degli anelli» ci ricorda Ely Riva. Una sorpresa fu il ritrovamento nel sottosuolo dei Mulini di Bioggio di un tronco unico e isolato di quercia utilizzato come palo di palafitta: attesta la presenza dell’uomo anche nel Luganese, lungo le rive del paleo-Ceresio nel golfo di Agno, durante la fine del III millennio. Siamo nell’ultima fase del Neolitico ed è la prima testimonianza di una stazione palafitticola sull’antico lago. La datazione al radiocarbonio e la dendrocronologia fanno miracoli. Oggi possiamo ancora ammirare diversi «patriarchi arborei», alcuni dei quali sono curati come i tre grossi canfori di Locarno, tra la chiesa di San Francesco e il castello. Di altri invece purtroppo non ci resta che il ricordo: sono scomparsi, vittime di un fulmine o della neve appesantita dalla pioggia (così nel 2013 sono andati distrutti parecchi alberi secolari), sacrificati per privilegiare il passaggio di strade o segati per far posto a nuove costruzioni. «L’uomo ha poco rispetto per le piante e per quelle secolari, soprattutto nei centri urbani, ma non solo». Uno dei tigli della Cascina d’Armirone sul Generoso è stato abbattuto perché le sue radici si sono infilate sotto il pavimento della chiesetta; il larice dell’Alpe di Formazzora in Val Sede Via Pretorio 11 CH-6900 Lugano (TI) Tel 091 922 77 40 fax 091 923 18 89 info@azione.ch www.azione.ch La corrispondenza va indirizzata impersonalmente a «Azione» CP 6315, CH-6901 Lugano oppure alle singole redazioni
Credito all’integrazione della Confederazione (UFM), della Commissione cantonale per l’integrazione degli stranieri, del Dicastero integrazione e informazione sociale della città di Lugano. A seguirlo 15-20 mamme provenienti da Siria, Eritrea, Afghanistan, India, Iraq, Iran, Italia, Turchia, Congo, Togo, Serbia, ma anche mamme ticinesi, che traggono arricchimento dal contatto con culture e lingue diverse. Il progetto consiste in una serie di incontri con mamme e bambini dagli 0 ai 4 anni, che si tengono tutti i giovedì dalle 9 alle 11, nel centro di socializzazione Il tRaGitto, in via Vicari 30, a Cassarate. Gli appuntamenti si svolgono in tre spazi distinti, in uno si confrontano appunto le mamme; uno è dedicato ai più piccoli che hanno bisogno di essere seguiti costantemente; infine, uno per i bimbi più grandi, che svol-
gono delle attività insieme ad un’insegnante della Scuola dell’Infanzia. «Abbiamo cercato di creare uno spazio accogliente nel quale le mamme si possano raccontare nella loro diversità e confrontare su ciò che le accomuna – spiega ancora Monica Frigerio –, si parte dalle loro competenze, dalla loro conoscenza reciproca, per arrivare a quella delle strutture esistenti nel territorio e al tempo stesso si presta particolare attenzione alla relazione affettiva ed educativa dei bambini e dei genitori. Si tratta di incontri non giudicanti e nel corso dei quali non si tenta di insegnare qualcosa». Uno spazio, insomma, in cui potere osservare ed eventualmente prevenire eventuali disturbi nella prima fase dello sviluppo dei minori, offrendo un sostegno ai bambini e ai genitori in questa fase di cambiamento. In particolare il supporto ai bambini è
mirato a favorirne l’inserimento nella Scuola dell’infanzia, introducendoli a quella che è l’organizzazione della scuola stessa, partendo dalle cose più semplici, come indossare le pantofole prima di entrare in aula, a quelle più complesse, quali le attività educative che fanno parte del programma educativo scolastico ticinese. L’appoggio alle mamme parte invece dalla conoscenza della lingua, che resta il primo ostacolo per queste famiglie, per arrivare alla conoscenza del territorio e delle istituzioni ticinesi, in particolare di quella scolastica. Una volta al mese, inoltre, partecipa a un incontro anche un’infermiera pediatrica per rispondere ad eventuali quesiti su malattie, cura dei bambini o alimentazione. Gli incontri rappresentano in sostanza una risorsa evolutiva perché permettono la condivisione di disagi e
fatiche che accompagnano l’essere genitore; l’appoggio tra genitori e il reciproco ascolto favoriscono l’individuazione di competenze utili ad affrontare il futuro, riacquistare il proprio sapere sulla cura dei figli e recuperare la fiducia nelle proprie capacità. E dopo quattro anni di attività è possibile fare il punto della situazione. «Se consideriamo i risultati dal punto di vista di chi partecipa agli incontri si può effettivamente constatare che mamme e bambini vivono l’inserimento nella scuola dell’obbligo con maggiore tranquillità, riuscendo a contrastare eventuali disagi – conclude Monica Frigerio –. Per noi, invece, il continuo esercizio molto faticoso, ma altrettanto bello, di entrare di volta in volta in contatto con qualcosa di diverso non può che essere un arricchimento personale e professionale».
Viale dei ciliegi di Letizia Bolzani
Faggio a Rosone, Sonvico. (Ely Riva)
Bedretto, che durante la seconda guerra mondiale ospitò nella sua radice cava una sentinella armata, si è trasformato non molti anni fa in una torcia dopo che alcuni ragazzi, per gioco, accesero un fuoco all’interno. L’acero di Sobrio, sotto il quale anticamente si riunivano i rappresentanti della «vicinia», è stato tagliato; il Faggio delle parole sul Generoso, con le incisioni di finanzieri e contrabbandieri, è stato abbattuto per un dispetto una cinquantina di anni fa. Anche il famoso tiglio di Morat (più antico della battaglia) all’inizio degli anni Ottanta è andato distrutto, investito da un automobilista ubriaco. Il volume di Ely Riva racconta di
alberi monumentali: esso stesso è imponente per le dimensioni, per l’ampiezza e ricchezza di contenuti, per le immagini che esaltano con efficacia la bellezza, le caratteristiche, l’architettura, il portamento e il contesto nel quale vivono le piante segnalate. L’obiettivo è puntato sull’estetica degli esemplari, di cui si rivelano notizie, anche storiche, curiosità, aneddoti e proverbi, peculiarità, lo sfruttamento che ne ha fatto l’uomo nei secoli e l’utilizzazione di sue parti a scopo alimentare in tempi di difficoltà economiche. Una miniera di informazioni. Altre culture, diverse dalla nostra, riconoscono la nobiltà dell’albero e lo
Editore e amministrazione Cooperativa Migros Ticino CP, 6592 S. Antonino Telefono 091 850 81 11
Tiratura 98’645 copie
Stampa Centro Stampa Ticino SA Via Industria 6933 Muzzano Telefono 091 960 31 31
Gli incontri con mamme e bambini dagli 0 ai 4 anni avvengono al centro di socializzazione Il tRaGitto di Lugano. (Ti-Press)
Inserzioni: Migros Ticino Reparto pubblicità CH-6592 S. Antonino Tel 091 850 82 91 fax 091 850 84 00 pubblicita@migrosticino.ch
ringraziano per il solo fatto di esistere. Simbolo della vita e dell’elevazione spirituale, esprime una capacità di resistenza e di rigenerazione senza limiti nel tempo. In Giappone i canfori millenari che si vedono nelle vicinanze dei santuari shintoisti sono particolarmente rispettati anche perché una credenza dice che girandoci attorno si prolunga la vita di un anno per ogni circonferenza che si percorre. Bibliografia
Alberi secolari del Ticino foto e testo di Ely Riva, pref. di Marco Delucchi, SalvioniEdizioni, Bellinzona 2014.
Abbonamenti e cambio indirizzi Telefono 091 850 82 31 dalle 9.00 alle 11.00 e dalle 14.00 alle 16.00 dal lunedì al venerdì fax 091 850 83 75 registro.soci@migrosticino.ch Costi di abbonamento annuo Svizzera: Fr. 48.– Estero: a partire da Fr. 70.–
Paul Biegel, Il piccolo capitano, illustrazioni di Carl Hollander, La Nuova Frontiera Junior. Da 7 anni Non limitarsi a rincorrere pedestremente le novità, ma esplorare la letteratura di altri paesi e del passato, alla ricerca di tesori ancora sconosciuti in italiano, da recuperare e da tradurre. È quanto dovrebbe fare ogni editore illuminato, ed è senz’altro quanto ha fatto La Nuova Frontiera, proponendo finalmente anche ai lettori di lingua italiana – grazie all’ottima traduzione di Anna Patrucco Becchi – questo piccolo capolavoro della letteratura olandese per l’infanzia, uscito nel 1970. Il piccolo capitano è uno di quei bambini misteriosi e senza tempo, senza genitori e apparentemente senza storia, surreale e autorevole al contempo, una sorta di Pippi Calzelunghe in versione maschile, capace di condurre con tranquillo coraggio tre piccoli amici in un’avventura per mare. «Odissea per bambini» è stato definito questo romanzo, probabilmente allu-
dendo al tema del ritorno rimandato, perché c’è sempre un’altra isola, un altro porto, un’altra prova da superare. Ma la dimensione qui non è tanto epica e eroica, quanto corale e fantastica, e il valore del romanzo è soprattutto quello (tipico della migliore letteratura per l’infanzia) di presentarci l’infanzia, appunto, nella sua sostanziale «alterità»: alterità di sguardo, rispetto al modo scontato di guardare alle cose, e alterità ontologica, perché i personaggi appartengono a una dimensione
di soglia, aperta all’Altrove e caratterizzata dalla fluidità delle forme dell’esistere, mai «date» una volta per tutte, e sempre aperte al «facciamo che era». La prima tappa del viaggio del piccolo capitano con i tre amici Tonino, Bombolo e Marinella, a bordo della barchetta Maiunafalla, è all’isola dove si diventa grandi. Ma non basta diventare grandi e grossi per essere davvero «grandi»: occorre compiere fino alla fine il proprio viaggio di formazione, avventura dopo avventura. I bambini lo sanno, saggiamente lasciano la prima isola, ritornano piccoli, e continuano il loro viaggio. Per la gioia loro e dei loro (grandi e piccoli) lettori. Emanuela Bussolati, An ghìn gò, Edizioni Il Castoro. Da 2 anni «Questa è la danza del serpente che vien giù dal monte…»; «Un elefante si dondolava appeso al filo di una ragnatela…»; «Alla fiera di Mastro André ho comprato un bel tamburo…»; «C’era una volta un re seduto sul sofà…»: da qualche parte, nel nido intimo e privato
racchiuso nella memoria di tutti noi, ci sono questi suoni e questi ritmi, che in modo deliziosamente visionario cantavano e cantano di serpenti in cerca di pezzi di coda, di elefanti incauti acrobati, di re con serve narratrici, per non parlare delle figlie da marito di Madama Doré, dei tortelli dell’egoista Crapapelata, o del mito apocrifo di un tale Apelle figlio di Apollo. È lo straordinario patrimonio delle filastrocche, delle conte, delle ninne nanne, dei giochi in rima tradizionali,
che vivono dovunque ci siano bambini, dentro le case e fuori (oggi meno nei cortili e più nei saloni delle scuole dell’infanzia). È il primo approccio del bambino, ancora neonato, con la parola poetica, la parola materica, fatta di suono prima che di senso, parola che risuona all’inizio dalla voce della mamma (attraverso le cosiddette finger nursery ryhmes, «il pollice dice ho fame… fino al mignolino», o le filastrocche cavalluccio da dire col bambino sulle ginocchia) e poi si fa meno simbiotica e più sociale, giocata nel gruppo dei pari. Per ripercorrere, ritrovare, e recitare tutti insieme, in famiglia, questo prezioso tesoro di filastrocche tradizionali, si possono sfogliare le belle pagine di An ghìn gò, scritte e illustrate da Emanuela Bussolati in un libro di grande formato che è appena stato ripubblicato da Il Castoro, un’edizione speciale con incluso un grande Gioco dell’Oca tutto da giocare: su quale casella giungerà la tua pedina? Quale filastrocca ci canterai? La voce è regina!
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 29 dicembre 2014 ¶ N. 01
5
Società e Territorio Rubriche
L’altropologo di Cesare Poppi Il cuore dell’ammiraglio Chi, come l’Altropologo, si sfila dal flusso incessante di turisti che percorrono avanti e indietro il Corso Repubblica a La Valletta, la capitale di Malta e, via dalla pazza folla, si sposta verso il lato Sud del porto ecco che improvvisamente si troverà di fronte alla statua di Jean Parisot de Valette. Il nobile francese fu, fra il 1557 ed il 1568, il Gran Maestro dei Cavalieri dell’Ordine dell’Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme, ex Cavalieri di Rodi e meglio noti oggi al grande pubblico come Cavalieri di Malta. Il Gran Maestro – forse il più noto fra tutti i colleghi – è rappresentato con una statua senza piedistallo – come usa da quando anche i Grandi sono stati tirati giù dal piedistallo e portati a livello dei comuni mortali. La Valette tiene in mano il progetto architettonico della «sua» capitale. Fu infatti lui stesso a volere e a finanziare la costruzione di una cittadella fortificata all’indomani della grande vittoria contro i Turchi, costretti ad abbandonare l’isola l’8 settembre 1565, dopo un assedio senza precedenti per spiegamento di mezzi e perdite di vite umane. Il 28 marzo dell’anno seguente (mica si
perdeva tempo allora) La Valette pose la prima pietra della città nella sua parte più alta, dalla quale si domina la baia. Immediatamente volle che si iniziasse la costruzione della Chiesa della Natività di Maria, divenuta poi, col trasferimento del quartier generale dell’Ordine da Birgu alla Valletta, Nostra Signora della Vittoria: la sua statua sorge oggi nella piazza antistante l’edificio. Lo sguardo di chi oggi entra nella chiesa è immediatamente attirato da un monumento sepolcrale alla sinistra dell’ingresso. L’arca, sormontata da un busto, è troppo piccola per essere un sarcofago e troppo grande per essere un semplice cenotafio. Si tratta dell’arca che contiene il cuore – nient’altro – di un altro grande protagonista della storia del Mediterraneo. Il Grandammiraglio Angelo Emo della Repubblica di Venezia, ultimo portatore del titolo, moriva a Malta l’1 marzo 1792 dopo una breve malattia. Il decesso avvenne a Floriana, a casa di Antonio Poussielgues, il console veneziano a Malta. Il Gran Maestro dei Cavalieri Rohan non solo organizzò un funerale di Stato per l’ospite illustre, ma acconsentì addirittura a far
seppellire il cuore di Elmo nella chiesa di Santa Maria della Vittoria per poi fare erigere il monumento attuale. Non era certo uno scherzo: in Santa Maria della Vittoria erano stati sepolti solo lo stesso La Valette ed il suo successore, per poi essere entrambi trasferiti alla Cattedrale di San Giovanni una volta che questa fu ultimata. Che ci azzeccava, dunque, il cuore di un Grandammiraglio veneziano nella chiesa-simbolo della Sovranità dell’Ordine? Le guide ufficiali vorrebbero che così sia stato per il grande amore che Elmo portava alla Madonna della Vittoria – lui che di vittorie per mare e per terra ne aveva godute senza uguali a punto che il suo nome – si diceva – era abbastanza da mettere in fuga i turchi dal Quarnaro a Capo Bon. Sarà anche – che sia. Ma la storia, quella reale che sempre è cinica e bara, la storia la racconta in maniera diversa. Venezia e Malta si guardavano da sempre in cagnesco. Fin dai tempi di Rodi, dove gli Ospitalieri si erano trasferiti alla caduta del Regno di Gerusalemme nel 1291, la grande maggioranza delle entrate dell’Ordine venivano dalla guerra di corsa contro il
traffico mercantile turco: merci e schiavi, rivendita dei legni catturati e – all’occasione – anche l’assalto a navi veneziane che trasportassero merci e prigionieri turchi – erano il core business dell’Ordine ancora nel 1792. E Venezia ne aveva abbastanza, molto più interessata a mantenere coi Turchi una pace favorevole al commercio che a scambiarsi cannonate fondamentaliste. E una dimostrazione di «forza diplomatica», diremmo oggi, ci stava, di quando in quando. Al momento della morte il Grandammiraglio Emo era in «visita» a Malta tanto per ricordare ai Maltesi che Venezia non vedeva di buon occhio che Malta insistesse con la guerra di corsa in tempo di pace relativa. La «visita» era cominciata male: già la flotta veneziana non aveva risposto al saluto dei cannoni maltesi all’ingresso in porto: la scusa di Emo (udite! udite! – e immaginate il senso implicito) è che i cannoni erano caricati a palle e non c’era stato tempo per cambiare etc… In altre parole: è Malta che deve salutare Venezia, e non viceversa. Così che alcuni Cavalieri di Malta, notorie teste calde, erano immediatamente andati sotto la galea di
Emo a gridare insulti a lui e a tutta la sua famiglia. Disastro diplomatico: il Gran Maestro Rohan, preso fra l’incudine e il martello, si trovò a condannare due Cavalieri a vent’anni di galera (sic!) e ad allontanare discretamente dall’isola gli altri complici della bravata. Poi quell’altra rogna del cuore da essere sepolto nel sancta sanctorum dei Cavalieri… insomma, quando il 24 aprile la flotta veneziana finalmente salpò da La Valletta portandosi il corpo imbalsamato del Grandammiraglio Angelo Emo – salvo il cuore, s’intende – il Gran Maestro deve aver tirato un sospiro di sollievo. Ma l’ironia della storia non finisce qui. L’8 settembre è a Malta festa nazionale. Ma non solo per la fine del Grande Assedio l’8 settembre 1565, ma anche perché l’8 settembre 1943 la flotta italiana – la più grande e la più imbelle del Mediterraneo si arrendeva proprio a Malta. Commentava un amico maltese, certo discendente di pirati: «Povero Emo. Tutti gli anni una messa solenne a celebrare l’Otto Settembre. Passi il primo, ma il secondo?! Per me gli viene un infarto tutte le volte…»
con la nostra. «Voi (occidentali) – diceva – quando diventate vecchi guardate in avanti e osservate mestamente: «che poco mi resta da vivere!». Noi invece guardiamo indietro e, con soddisfazione commentiamo: «Quanto ho vissuto!»». Certo è difficile per noi mutare un atteggiamento che ha alimentato la storia e favorito il progresso, ma in un’epoca di stagnazione, come quella che stiamo vivendo, occorre mutare il modo di considerare la vita. Si rischia altrimenti di finire come un vecchio ubriacone che, ridotto alla condizione di mendicante sentenziava: «I vecchi dovrebbero morir giovani!». I filosofi hanno da sempre cercato di codificare un’arte di invecchiare. Scrive Schopenhauer: «Tutti vogliono vivere, ma nessuno sa perché». In realtà il senso della nostra vita non si trova in noi stessi ma nelle relazioni che instauriamo con gli altri. Mi sento autorizzato a vivere se la mia esistenza è utile a qualcuno, se attendo il compimento dei suoi progetti
come fossero miei, se, nella sua felicità, ritrovo la mia. Il passato cessa di essere una zavorra inerte quando lo collego al presente, lo metto a disposizione degli altri, ne divengo testimone per le generazioni più giovani. In un’epoca contraddistinta dall’oblio, i vecchi sono i nostri archivi del tempo. Solo loro conoscono il passato prossimo, le tradizioni legate alla vita quotidiana, saperi e pratiche trasmessi da una generazione all’altra prima che venissero sequestrati dalla scienza e dalle istituzioni. La memoria è amore come suggeriscono i vocabolari francese e inglese quando, per dire «imparare a memoria», usano le espressioni par coeur e by heart.
nelle nostre scuole, non pratica lo sci. Si tratta di uno sport estraneo alla loro tradizione e ai loro divertimenti, dove predomina il calcio, o semmai la spiaggia e la piscina. Non a caso, l’ente turistico di Arosa ha scelto un calciatore, Xherdan Shaqiri, come testimonial di una campagna per il rilancio degli sport invernali: rivolta, appunto, ai giovani, magari di origine balcanica. E non solo. Anche le generazioni mature e anziane cedono al fascino delle vacanze sotto le palme. Così vuole, adesso, un’epoca in vertiginoso cambiamento. A cui è giocoforza arrendersi. Lo sci non sarà più lo sport nazionale che accomunava sulle piste? Lasciando la previsione agli indovini, certo è che le vacanze bianche hanno perso potere di seduzione. Come sta succedendo, e con ben altre conseguenze, con la «Neue Zürcher
Zeitung», sinora un vero e proprio baluardo dell’informazione, in grado di fare opinione sul piano mondiale, e che adesso ha fatto notizia per se stessa: perché traballa. Per la prima volta, in ben 234 anni di attività, la NZZ ha licenziato un suo direttore rivelando, in pari tempo, una crisi interna, sul piano degli indirizzi ideologici: ci sarà da aspettarsi una virata verso la destra blocheriana, dopo un presunto sbandamento a sinistra? In proposito si stanno sprecando le supposizioni e le speculazioni. Un fatto è certo: un punto di riferimento addirittura leggendario denuncia le crepe di una fragilità, segno dei tempi. E, qui, rispetto allo sci, ci si muove ovviamente in ben altro ambito. Dove agganciare le nostre scelte se persino la NZZ è alla deriva, fra le turbolenze di partiti in stato confusionale e di fronte allo scoglio dell’antipolitica?
La stanza del dialogo di Silvia Vegetti Finzi Il senso della vecchiaia Cara Signora, tra poco giungerà il nuovo anno e, come al solito, tutti lo festeggeranno con brindisi e cenoni. Ma io non me la sento di partecipare perché compirò settant’anni e, dal 2015, non mi aspetto niente di buono. Sinora sono stato bene, anche perché mi curo molto. Cerco di restare nel peso forma mangiando poco, bevendo il minimo, dormendo otto ore, andando in palestra e, appena possibile, in montagna. Per mantenere allenata la mente, risolvo parole incrociate, Sudoku, rebus ed enigmi vari e mi pare di non perder colpi. Ma, come dicono le statistiche, a settanta comincia la vecchiaia e la frana sarà lenta ma inesorabile. Non mi lamento ma il futuro mi fa paura. Cosa posso fare per vivere con serenità gli anni che mancano alla fine? / Giovanni Caro signor Giovanni, complimenti per l’attenzione con cui cerca di preservare la sua integrità fisica e psichica. Aver cura di sé costituisce
un modo intelligente per prevenire i piccoli acciacchi e i gravi malanni della vecchiaia. Ma diffidi delle statistiche quando pretendono di fissare le scadenze della nostra biografia. Si guardi intorno e vedrà che esistono giovani-vecchi e vecchi-giovani. L’età, più che un dato anagrafico, è un vissuto personale. C’è chi si spegne a vent’anni, chi non si è mai acceso, e chi rimane curioso, vigile e attento per tutta la vita. Qualcuno, al risveglio, esclama: «che bello, un altro giorno! Chissà cosa mi aspetta?» e un altro, nelle stesse condizioni borbotta: «mio Dio, non è ancora finita, che fatica ricominciare!». Il colore delle lenti esistenziali che s’inforcano non è privo di effetti. Il rosa rende la realtà più gradevole, il grigio la rattrista, il nero la rende minacciosa. Lei usa un’espressione molto forte, su cui la invito a riflettere: «il futuro mi fa paura». Ma come? Proprio adesso, quando ha superato le prove decisive della vita, teme il futuro? Non cono-
sco la sua storia ma, in ogni caso, la vecchiaia coincide con una diminuzione degli obblighi, dei doveri, delle responsabilità. Si apre un ambito di libertà in cui si può recuperare ciò che, in passato, è rimasto incompiuto. Il mio vicino di casa ha ripreso a dipingere acquerelli, una passione giovanile cui aveva dovuto rinunciare per troppi impegni di famiglia e di lavoro. Molti si dedicano alla lettura di romanzi in modo da non limitarsi ad allenare la mente ma anche a «nutrirla». Come le dicevo, lei fa benissimo a dedicarsi alla cura di sé, ma da sola non basta. Se riversiamo tutte le energie fisiche e psichiche su noi stessi rischiamo di andare in overdose, di aumentare la tensione sino a suscitare stati di panico come è, in piccolo, la sua paura del domani. Mi ha colpito, in questo senso, la saggezza di un vecchio residente in uno sperduto villaggio africano che, interrogato da un antropologo americano, così confrontava la sua percezione del tempo
Informazioni
Inviate le vostre domande o riflessioni a Silvia Vegetti Finzi, scrivendo a: La Stanza del dialogo, Azione, Via Pretorio 11, 6900 Lugano; oppure a lastanzadeldialogo@azione.ch
Mode e modi di Luciana Caglio Dallo sci alla «NZZ», la Svizzera cambia Fra uno sport di stagione e un quotidiano di prestigio, l’accostamento può sembrare azzardato, addirittura campato in aria. Lo propone, invece, la cronaca attraverso fatti concreti, casualmente concomitanti. Proprio in questi giorni, di sole e di tepore, è alla ribalta lo sci: perché minacciato dalla scarsità della materia prima che rischia di compromettere l’avvio della stagione bianca. Fanno, quindi, notizia i giustificati malumori di albergatori, maestri di sport, gestori d’impianti di risalita, venditori di tute e scarponi, insomma gli addetti ai lavori di un settore economico, vitale e oltretutto tipicamente svizzero. Ma a preoccupare non è tanto un fattore climatico imperscrutabile, la neve, che adesso manca e prima o poi arriverà, quanto quello, ormai prevedibile, del calo degli sciatori: e sciatori svizzeri. Ciò che rappresenta
una svolta nelle abitudini popolari, dove la pratica dello sci sta perdendo seguito e simpatie, paradossalmente nel Paese che, agli occhi del mondo, ne è il simbolo. Il peggio è che latitanti sono soprattutto i giovani. Lo confermano i dati dell’Ufficio federale dello sport: fra il 2005 e il 2011 è calato del 20 per cento il numero dei campi sciistici, organizzati da Gioventù e Sport. Le cosiddette settimane bianche, un tempo d’obbligo nei calendari scolastici, sono ormai in disuso: perché costose, sfibranti per i docenti e poco apprezzate dagli studenti. Indicativo il caso del canton Obvaldo, dove recentemente un quarto soltanto degli allievi aveva partecipato a uno di questi corsi. Una generazione di possibili campioni perduta? Se lo chiedono, giustamente allarmati, i responsabili della formazione sportiva sul piano nazio-
nale: la Svizzera rischia, nei prossimi decenni, di essere a corto di atleti da mettere in pista. Ma questo diffuso disamore per la neve sta avendo effetti di più ampia portata modificando l’immagine e i contenuti di uno sport che, proprio nel nostro Paese, aveva connotati popolari, interclassisti, socializzanti. Ed era considerato una sorta di dovere patriottico, da assolvere a costo di sacrifici fisici, levatacce, pelli di foca, rifugi alpini scomodi, e anche finanziari, con la rinuncia ad altri svaghi. Così voleva il costume dell’epoca. Insomma, come diceva una canzone di mezzo secolo fa, «Alles fährt Ski, Ski fährt die ganze Nation». Cioè, un intero Paese sugli sci. Oggi non più, e per motivi che fanno capo a un nuovo assetto sociale: l’85 per cento dei figli di immigrati, presenza numerica sempre più rilevante
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 29 dicembre 2014 ¶ N. 01
6
Ambiente e Benessere Sogno di Capodanno La Casa di Maranello ha svelato la sua nuova vettura laboratorio: una rossissima Ferrari FXX Kw
Festeggiare con lo spumante Piace alle donne perché è dolce e poco alcolico; agli uomini per il suo aroma intenso e muschiato: è il Moscato d’Asti pagina 10
L’impronta fedele nei film Che fine hanno fatto i protagonisti, co-protagonisti o compagni fedeli di attori, che hanno raggiunto la notorietà? pagina 12
pagina 9
Cose da islandesi Reportage dal nord Come festeggiano Capodanno nella terra del fuoco e del ghiaccio? Amanda Ronzoni, testo e foto 31 dicembre, ore 17. Più o meno 64° parallelo nord. Guidiamo alla cieca da più di un’ora. La luce è sparita verso le 15.30. Il termometro segna –5°C. I fari illuminano enormi fiocchi di neve che scendono a velocità warp. Più che su un Patrol, pare di essere su un caccia di Guerre Stellari. Il nostro amico al volante, che per altro potrebbe fare questa strada bendato, fissa unicamente il monitor del GPS. Segue la strada come in un videogioco. Si chiama Sigurdur Bjarni Sveinsson, figlio di Svein, islandese DOC, nato poco lontano da dove ci troviamo. Manovra superjeep come fossero giocattoli fin da ragazzino. Le monta e le smonta come qualcuno fa da noi con i motorini. Volontario dell’Icelandic Association for Search and Rescue (ICE-SAR), dirige la South Iceland Adventure (www.siadv.is) ed è già una guida esperta, nonostante i suoi trent’anni. Con lui, sono in una botte di ferro. Siamo partiti con due mezzi da Reykjavik, e sulla Ring Road siamo passati da Selfoss. Abbiamo proseguito per 15 chilometri e svoltato a sinistra sulla stra-
da nr. 30. Dopo una ventina di chilometri abbiamo imboccato la 32 in direzione nord, poi la 26 fino a Hrauneyjar, l’ultimo avamposto abitato, con guest house, ristorante e pompa di benzina. Fanno degli hamburger da sballo. Siggi ha riempito il serbatoio, sgonfiato le gomme della superjeep, controllato l’attrezzatura. Con il pieno di caffè bollente, ripartiamo. Le luci della guest house spariscono subito. Da qui in poi: il nulla. La strada è una pista di neve. Ogni tanto sfioriamo i paletti giallo fosforescente che segnalano il percorso. Dietro di noi il pickup con Haaron alla guida, carico di viveri e generi di conforto per la serata e due giorni a venire. Festeggeremo l’arrivo del nuovo anno a Miðgarðr, nel cuore dell’Islanda. Secondo la mitologia norrena, Midgard, la terra di mezzo, è il regno degli esseri umani. Sospesa tra inferno e paradiso, è circondata da un mondo d’acqua, impenetrabile. Non fa una piega. Lasciamo la pista, scolliniamo e arriviamo davanti a una piccola, minuscola casa di legno: una cinquantina di metri quadri. Le finestre illuminate, il fumo dal cami-
no. Ragnar e Tanya ci hanno preceduti con la legna. La stufa di ghisa pompa da diverse ore. C’è un generatore per la luce, ma niente acqua corrente. Vige il sistema dei secchi. Si prende un po’ di neve e la si scalda sul fuoco per cucinare e per lavarsi. In estate, con il lago qui davanti libero dal ghiaccio, è un’altra storia. La casa è stata costruita quarant’anni or sono dal nonno di Siggi, Sigurdur Jonsson, per fuggire dallo stress e dalla calca della vita in città. Considerando che la densità abitativa dell’Islanda oggi è di 3,9 persone per chilometro quadrato, a uno svizzero, che condivide un chilometro quadrato con altre 197 persone, vien da ridere. Scarichiamo armi e bagagli, allineiamo gli scarponi all’ingresso. Una sola raccomandazione: chiudere bene la doppia porta. Il vento è forte, così forte che le assi delle pareti scricchiolano. Meno 6 ore alla mezzanotte e Siggi si mette all’opera. Si infila giacca, guanti, cappello e con un cosciotto di agnello sotto braccio esce. Sì, perché il barbecue è fuori. A –7°C, con il vento polare a mille. Prepariamo un po’ di aperitivi,
ognuno ci mette qualcosa del suo paese. Lattine di Víking e di Lava alla mano, ascoltiamo Siggi e Haaron raccontare di quando sono corsi a portar via cavalli e pecore da Þórsmörk (Thórsmörk) durante l’eruzione del famigerato vulcano dal nome impronunciabile. O di quando sono andati di notte a recuperare un geologo francese che si era perso sul ghiacciaio. Insomma, roba da islandesi. Nel frattempo a Reykjavik ci si trova coi vicini davanti ai brenna, tradizionali roghi di vecchiume vario, si va alla messa in Cattedrale, e ci si prepara per il cenone. Ma verso le 22.30 nelle strade regna il vuoto pneumatico. E non c’è da meravigliarsi. Il 90 per cento della popolazione, a quell’ora accende la TV, si sintonizza sulla rete nazionale e passa un’ora a sganasciarsi davanti ad Áramótaskaup, programma satirico che riassume i principali fatti e misfatti dell’anno morente. Vittime designate: politici, uomini d’affari, artisti, artistoidi e gente comune alle prese con la vita. Il format è diventato un must dal suo esordio nel 1966 e da allora colleziona indici d’ascolto da record. Cercatelo su
YouTube. Si ride alle lacrime anche senza capire una parola di islandese. Verso le 23.30 la gente torna in strada in attesa dei fuochi d’artificio. Nella capitale ne sparano oltre 500 tonnellate. Fedeli al motto «più fredda la temperatura, più bollente la nottata», gruppi di ragazze con improbabili minigonne passano da un locale all’altro in compagnia di baldi giovani in giacchetta o maniche di camicia. Gli stranieri si riconoscono subito dall’abbigliamento multistrato, modello omino Michelin. Noi, nella terra di mezzo, affumicati dal fuoco, bicchiere in mano, a mezzanotte usciamo per scoprire che il vento si è calmato. L’aria è secca. Il cielo pulito. Senza luci all’orizzonte, ci lasciamo ipnotizzare dall’aurora boreale. Il respiro verde del vento solare. L’alba è prevista alle 11.20. Intorno a noi, un deserto bianco. A perdita d’occhio, è lo Sprengisandur. Sulle superjeep seguiremo Jérôme che con il suo snowkite si sta allenando per tentare la traversata dell’Islanda in un giorno solo. Non sarà un caso se Jules Verne ha fatto cominciare il suo Viaggio al centro della Terra proprio qui.
PUNTI. RISPARMIO. EMOZIONI. ANCORA PIÙ OFFERTE CUMULUS: www.migros.ch/cumulus
VOLI PIÙ CONVENIENTI CON CUMULUS EXTRA Voli a corto e medio raggio a prezzo ridotto: scambia adesso il tuo buono Cumulus blu del valore di fr. 5.– con un buono Edelweiss del valore di fr. 50.– utilizzabile per tutti i voli a corto e medio raggio a partire da una prenotazione di fr. 299.–. Voli a lungo raggio a prezzo ridotto: scambia adesso il tuo buono Cumulus blu del valore di fr. 10.– con un buono Edelweiss del valore di fr. 100.– utilizzabile per tutti i voli a lungo raggio a partire da una prenotazione di fr. 999.–.
Ulteriori informazioni: www.migros.ch/cumulus-extra/ edelweiss Scambia i tuoi buoni Cumulus blu su www.migros.ch/cumulus-extra o chiamando lo 0848 85 0848.
BUONO DI FR.
BUONO DI FR.
5.–
10.–
BUONO EDELWEISS
BUONO EDELWEISS
fr. 50.–
fr. 100.–
RILASSATI NELLA NUOVA OASI DEL WELLNESS DI BAD ZURZACH Goditi una giornata di relax nell’oasi del wellness «Sal Aqua Natura» del bagno termale di Zurzach. Nel bagno intensivo di acqua salina, situato in una grotta, si galleggia come nel Mar Morto mentre suoni, colori e luci trasportano i sensi in un altro mondo. Che tu preferisca la sauna o i bagni di vapore, la sauna nelle torri per l’estrazione del sale saprà viziare anima e corpo. Oppure appaga i sensi con le proprietà benefiche dell’acqua termale lasciandoti trascinare nell’acqua corrente o rilassandoti grazie all’idromassaggio. Il bagno nell’acqua calda è particolarmente allettante nelle fredde giornate invernali.
Durata dell’azione: dal 29 dicembre 2014 al 1º febbraio 2015 (offerta valida dal lunedì al sabato) Prezzo: fr. 25.– anziché fr. 31.– (ingresso giornaliero per adulti) Approfittane: mostra la tua carta Cumulus alla cassa del bagno termale Zurzach e approfitta dello sconto Cumulus. Ulteriori informazioni: www.thermalbad.ch
6.-
I tuoi buoni valgono di più.
DI SCONTO
© Felix Eicher
ALLE PARTITE DELL’HOCKEY CLUB LUGANO A PREZZO RIDOTTO
SWISS MUSIC AWARDS 2015: FESTEGGIA CON LE STAR
Per alcuni l’hockey su ghiaccio è il re degli sport! L’entrata in pista alla Resega dei bianconeri davanti a 5000 tifosi vocianti fa venire i brividi. Anche quest’anno l’Hockey Club Lugano lotterà per i primi posti in classifica con la speranza di competere per un altro titolo nazionale, vinto l’ultima volta nel mese di aprile del 2006. In quell’occasione migliaia di persone accolsero i neo campioni in Piazza Riforma a Lugano. Poter rivivere questo momento di euforia collettiva farebbe la gioia di un’intera regione. Goditi l’azione sul ghiaccio ai massimi livelli
Il 27 febbraio 2015 all’Hallenstadion di Zurigo si premieranno nuovi talenti e artisti di successo in più di 10 categorie. Riservati un posto tra le star nazionali e internazionali! Scegli tu se preferisci applaudire le star dalla prima fila o seguire l’evento ricco di glamour da un posto a sedere. Consegnati i premi, la festa continuerà al leggendario after show party presso il Kaufleuten di Zurigo. Assicurati subito i biglietti e approfittane.
a Lugano con Cumulus fino al 20 febbraio 2015. Quando: partite in casa selezionate fino al termine delle qualificazioni, Lugano Prezzo: fr. 36.– invece di fr. 45.– / fr. 44.– invece di fr. 55.– Informazioni e prenotazione: www.cumulus-ticketshop.ch
Quando: 27 febbraio 2015, Zurigo Prezzo: senza after show party da fr. 32.– a fr. 48.– invece che da fr. 40.–
20%
DI SCONTO
a fr. 60.–, con after show party da fr. 56.– a fr. 72.– invece che da fr. 70.– a fr. 90.– (tasse amministrative escluse). Approfittane: inserisci il tuo numero Cumulus nel Ticketshop Cumulus su www.cumulus-ticketshop.ch. Carica i tuoi biglietti sulla tua carta Cumulus e risparmi le tasse di spedizione. Osservazioni: al massimo quattro biglietti per carta Cumulus. Le ordinazioni multiple vengono annullate senza darne comunicazione. Biglietti disponibili fino a esaurimento dello stock. Informazioni e prenotazione: www.cumulus-ticketshop.ch
20%
DI SCONTO
PER DOMANDE SUL PROGRAMMA CUMULUS: INFOLINE CUMULUS 0848 85 0848
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 29 dicembre 2014 ¶ N. 01
9
Ambiente e Benessere
A Capodanno si porta il... rosso Motori La Casa di Maranello ha scelto proprio il mese di dicembre per presentare la sua FXX K Mario Alberto Cucchi In molti Paesi, la tradizione vuole che a Capodanno sia beneaugurante indossare qualcosa di rosso. Ecco allora che l’ultima auto ad apparire sulle pagine di «Azione» nel 2014 è una rossissima Ferrari FXX K. La Casa di Maranello ha scelto proprio il mese di dicembre per svelarla sul circuito automobilistico Yas Marina di Abu Dhabi.
La missione di FXX K è contribuire alla ricerca e allo sviluppo di nuove tecnologie che arriveranno sulle prossime Ferrari Si tratta di una vettura laboratorio basata sulla prima auto ibrida di Maranello, il cui nome è LaFerrari, destinata a clienti-collaudatori che vorranno firmare un assegno di una cifra di poco inferiore ai 2,5 milioni di euro per poter diventare protagonisti di un programma di test su piste che si svilupperà nell’arco dei prossimi due anni e mezzo. La missione della FXX K è quella di contribuire alla ricerca e allo sviluppo delle tecnologie che arriveranno sulle prossime Ferrari. Destinata al solo
utilizzo su circuito e quindi libera da norme omologative, questa supercar è votata a «divorare» l’asfalto delle piste. Diamo allora un po’ di numeri: 1050 cavalli di potenza massima complessiva di cui 860 cavalli sono erogati dal motore a benzina da 6262 cc a dodici cilindri a V, mentre gli altri 190 cavalli sono assicurati dal propulsore elettrico. Esplosiva la coppia massima totale di oltre 900 Newton Metro. Il cambio è un F1 doppia frizione a sette rapporti. Nel nome FXX K la lettera K richiama la tecnologia Kers di recupero dell’energia cinetica per l’ottimizzazione delle prestazioni. Il sistema HY-Kers è gestibile attraverso un manettino a 4 posizioni. La prima è qualify che si utilizza per ottenere la massima prestazione entro un numero limitato di giri. La seconda è Long Run che serve per ottimizzare la costanza delle performance. La terza è Manual Boost che permette l’erogazione istantanea della massima coppia. Il quarto e ultimo settaggio configurabile attraverso il manettino è Fast Charge che provvede ad attivare la ricarica rapida della batteria. Le linee della FXX K sono state disegnate per raggiungere la massima efficienza aerodinamica. Nella parte anteriore spicca l’ala a due elementi con lo splitter maggiorato che applica concetti volti a migliorare il bilanciamento del carico. Nozioni derivate dal mondiale Endurance GT, in cui la
La rossissima Ferrari FXX K.
Ferrari ha trionfato per tre anni consecutivi. Una doppia coppia di turning vane laterali e pinne verticali ha la funzione di indirizzare l’aria verso la parte alta della fiancata richiamando la scia dell’anteriore. Posteriormente la coda della carrozzeria è alzata. Infine una serie di interventi hanno portato a un miglioramento del 50 per cento del carico verticale in configurazione a bassa resistenza.
Tutte queste soluzioni contribuiscono, in parole povere, a dotare la Ferrari FXX K di una tenuta di strada elevatissima. Risultato ottenuto anche grazie all’introduzione di pneumatici slick Pirelli dotati di sensori che permettono di monitorare in modo costante l’accelerazione longitudinale, laterale e radiale oltre a temperatura e pressione. A disposizione del pilota anche uno specifico manettino derivato
dalle competizioni e dotato di cinque posizioni. Gestibile dal volante, durante la guida permette di controllare il livello d’intervento del differenziale elettronico EDiff, del controllo di trazione F1-Trac, del controllo elettronico dell’angolo di assetto e infine dell’abs prestazionale. Insomma un vero sogno da Capodanno e, per fortuna, sognare è ancora gratis. Annuncio pubblicitario
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 29 dicembre 2014 ¶ N. 01
10
Ambiente e Benessere
Asti e il suo moscato Vini senza frontiere Una storia plurisecolare, di un vino che oggi conosce una seconda giovinezza
Grimod Capodanno è alle porte. E allora pensiamo a un vino per molte persone legato al ricordo di pranzi e cene per le festività: l’Asti, lo spumante italiano più conosciuto nel mondo. Molti dicono sia un vino da panettone. Mica si può dar loro torto. Attualmente vive una seconda giovinezza grazie alla sua poliedricità e quindi a nuove occasioni di consumo. È il solo vino spumante che si può bere in coppa larga, quella una volta usata per bere lo champagne. Niente di più naturale, per esaltare l’intensità aromatica, di questo bicchiere che si dice sia stato disegnato prendendo a modello un seno di donna. Difficile trovare qualcuno cui non piaccia l’Asti spumante. Piace alle donne perché è dolce senza stucchevolezze e non è molto alcolico; agli uomini piace perché il suo colore ambrato, il suo aroma intenso e muschiato possono ricordare certi caratteristici profumi femminili. A entrambi probabilmente piace perché il suo particolare bouquet con sentori di fiori d’acacia, di glicine e arancio frammisto al miele selvatico, unito al sottofondo di spezie può richiamare piacevoli mollezze orientali. Credo che per molti di noi, posto che ricordiamo momenti dell’infanzia e dell’adolescenza, risvegli le rimembranze di certi antiche festività. La storia vuole che verso la fine del XVI secolo sia un vino frutto della passione di un gioielliere milanese dei Du-
Difficile trovare qualcuno cui non piaccia lo spumante d’Asti. (Keystone)
chi di Savoia, Giovanni Battista Croce, trasferitosi a Torino alla fine del ’500. Proprietario di una vigna sulla collina torinese tra Montevecchio e Candia, il Croce si innamorò da subito dell’uva Moscatello bianco, parente stretta dell’attuale Moscato. Utilizzò le tecniche vinificatorie dell’epoca adattandole
alle sue esigenze. Poi inventò, perfezionò, sperimentò e assaggiò in compagnia di amici, che lo pressarono per farsi rivelare i suoi segreti. Invece, per accontentarli, stampò nel 1606 un volumetto dal titolo Dell’eccellenza e della diversità dei vini che sulla montagna di Torino si fanno e del modo di farli.
Per concludere, sarà opportuno fare qualche provvista. In qualche enoteca ben fornita posso comperare l’ottimo «Nivole 2013» di Michele Chiarlo di Calamandrana spendendo CHF 15.50 la bottiglia di 75 cl. È reperibile anche in mezza bottiglia, di 37,5 cl. È giallo chiaro con gli aromi ti-
pici dell’uva, dolce e non stucchevole. Trovo pure un altro squisito Moscato d’Asti, più o meno allo stesso prezzo, il «Moscato d’autunno Saracco 2012», anch’esso in bottiglia dotata di bella etichetta. Con tanti auguri di buona degustazione e di ottime feste. Annuncio pubblicitario
In aggiunta alle oltre 400 etichette
Tarapacá Cabernet Sauvignon 2012/2013, Central Valley, Cile, 6 x 75 cl
Ora ti propone anche le migliori offerte di vini
Mandorla Negroamaro Primitivo Puglia IGT 2013, Puglia, Italia, 6 x 75 cl
Rating della clientela:
Rating della clientela:
2013, Vallese, Svizzera, 70 cl
17,5 pti Weinseller
Rating della clientela: Carne rossa, carne bianca, formaggio saporito e stagionato, pasta Cabernet Sauvignon
1/ez2zo pr
Carne rossa, pizza, lasagne Negroamaro, Primitivo
3di3sc% onto
1–4 anni
1–5 anni
Birra Heineken Premium
Vieux Murets Johannisberg du Valais AOC
in bottiglia, 24 x 25 cl
3di3sc% onto
2di6sc% onto
Carne bianca, formaggio a pasta molle Sylvaner 1–3 anni
29.85
39.70
invece di 59.70
invece di 59.70
5.– a bottiglia invece di 9.95
6.65 a bottiglia invece di 9.95
6.95
invece di 9.45
16.90
invece ddii 225.50 5 50
Offerte valide dal 30 dicembre 2014 al 5 gennaio 2015 / fi no a esaurimento / i prezzi promozionali delle singole bottiglie sono validi solo nella rispettiva settimana promozionale / decliniamo ogni responsabilità per modifiche di annata, errori di stampa e di composizione
Enoteca Vinarte, Centro Migros S. Antonino
Enoteca Vinarte, Centro Migros Agno
Orari d’apertura: lu–ve 9.00–18.30 / gi 9.00–21.00 / sa 8.00–17.00 tel.: +41 91 858 21 49
Orari d’apertura: lu–ve 8.00–18.30 / gi 8.00–21.00 / sa 8.00–17.00 tel.: +41 91 605 65 66
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 29 dicembre 2014 ¶ N. 01
11
Ambiente e Benessere
La ricchezza degli avanzi Le feste sono bellissime. Alla fine, soprattutto per la festa delle feste, alla quale si aggiunge un’ulteriore festa – parliamo ovviamente di Natale e di Capodanno – restano solo due controindicazioni. La prima: abbiamo mangiato e bevuto troppo; rimediare è facile, basta mettersi un po’ a dieta. La seconda: abbiamo prodotto una montagna di avanzi; che sono più difficili da smaltire. Certo, possiamo mangiarli freddi, così come sono, ma non certo tutti. Oppure possiamo riscaldarli al microonde, che non li stracuoce. Oppure ancora possiamo cercare di trasformarli in nuovi buoni piatti, che è molto più divertente. Raggruppo qui di seguito una serie di consigli in proposito (di alcuni ho già parlato in questi anni, di altri no, comunque ragioniamoci insieme). Di grande successo è il salmagundi. Si tratta di una preparazione della tradizione inglese a base di tutti gli ingredienti – pasta compresa – spezzettati e saltati rapidamente in padella con un grasso. Il tutto mescolato come si vuole, anche carne con pesce. Funziona alla grande. Tutti i piatti a base di amidi (pasta, riso, polenta e quant’altro) danno un ottimo risultato frullandoli: basterà unire un po’ di brodo o di acqua per farli diventare delle vellutate. La quale può diventare cremosa se lasciamo girare il mixer a lungo, oppure se dopo averli frullati poi li passiamo al passino fine. Il risultato va alla fine guarnito con alcuni degli stessi ingredienti presenti nel sugo che condiva gli amidi, saltati un attimo in padella. Per la pasta, va bene anche farne una frittata sebbene sarebbe più corretto chiamare il prodotto finale «tortino». Lo si ottiene mescolando l’avanzo di pasta con uova sbattute. In seguito andrà cotto il tutto non sul fornello ma in forno. In alternativa la si potrà mescolare con la besciamella e cuocerla in forno. Per la carne comunque cotta, l’ide-
ale sono sempre le polpette. Con un’avvertenza. La carne che mangiamo è sempre molto magra, questo fa sì che tritandola e trasformandola in polpette queste possano risultare stoppose. Quindi è bene aggiungere all’impasto un grasso tipo pancetta grassa, lardo o quant’altro. E magari arricchire con patate lessate e passate, pane imbevuto nel latte e strizzato e quant’altro possa renderle più morbide. La trita arricchita può anche diventare un ripieno per ravioli. La carne può altrimenti essere tagliata a dadini con un coltello per farne un ragù. Basta aggiungere un peso eguale di carote, cipolle, porri, sedano, sedano rapa e altro, tagliati a dadini e stufati per una mezzo’ora con poca acqua. Poi si mescolano alla carne, si aggiungono erbe e spezie a volontà, si unisce un poco di concentrato di pomodoro stemperato in acqua e si cuoce per una decina di minuti o fino a quando il tutto è asciutto. Il pesce non si può invece arricchire con lardo ed essendo più magro, quando viene ridotto in polpetta resta sempre stopposo. Quindi via con l’aggiunta di patate e pane strizzato. La miglior cottura in questo caso sarà quella in umido, non la frittura. Ma il pesce può essere anche un ottimo ripieno per ravioli. Oppure diventare un saporito ragù, fatto con le verdure canoniche come descritto sopra. Per gli avanzi delle verdure, meglio salmagundi o vellutate, arricchite con pane o patate per renderle della giusta consistenza. Altrimenti trasformatele in polpette vegetali, legando bene l’impasto con farina e quant’altro. Per il pane avanzato, fatelo invece seccare e poi convertitelo in knodel, magari arricchiti con verdure avanzate. Quanto ai dolci, si possono frullare con latte o con vino per farli diventare una crema da mettere su fette di panettone. Oppure possono finire in una torta di pane, alternando fette di pane avanzato con la crema e cuocendo rapidamente in forno.
CSF (come si fa)
Frank C. Müller
Allan Bay
Accuruss
Gastronomia Tutto ciò che resta dai cenoni può essere trasformato in saporiti piatti
Oggi vi propongo un dolce della tradizione austro-germanica proprio buono, i Mohrenkoepfe, ovvero le teste di moro, sempre declinato al plurale. Inoltre vi parlerò anche di un curioso dolce – in realtà è un piatto dolce-salato – della tradizione dei Paesi Bassi, i Pannekoeken, che sono delle crespelle di mele e, ohibò, pancetta: ma si sa che nei Paesi Bassi (non chiamateli Olanda, che è solo una regione, la più im-
portante, ma solo una, di quel Paese) mettono la pancetta un po’ dovunque. Vediamo come si fanno. Pannekoeken alla mela e pancetta. Per 4 persone. Riunite in una ciotola 250 g di farina, 1 pizzico di sale e 3 cucchiai di zucchero e incorporatevi 3 uova leggermente sbattute, 2,5 dl di latte e altrettanta birra sino a ottenere una pastella liscia e scorrevole. Sciogliere 30 g di burro in un piccolo tegame e aggiungetelo al composto, poi coprite con un canovaccio e lasciate riposare a 25° per 2 ore. Fondete in una piccola padella 10 g di burro e insaporitevi 25 g di fette di mela e altrettanta pancetta a dadini. Versatevi sopra un fine strato di pastella distribuendola in modo omogeneo e cuocete a fuoco basso per 4’. Voltate la preparazione e concludete la cottura dopo altri 4’. Ripetete l’o-
perazione per 4 volte, impiegando lo stesso procedimento e utilizzando lo stesso quantitativo di mele e pancetta. Mohrenkoepfe. Per 4 persone. Mettete 300 g di castagne secche ovviamente private del guscio in ammollo in acqua per 12 ore. Sgocciolatele e fatele cuocere in 1 litro di latte per 40’ o sino quando saranno morbide. Passatele allo schiacciapatate raccogliendole in una terrina. Incorporatevi 30 g di cacao amaro, 80 g di zucchero e amalgamate il tutto. Aggiungete 1 bicchierino di liquore a piacere, mescolate ancora e passate al setaccio il composto ottenuto. Ricavate 8 sfere e sistematele in 4 coppette individuali. Ricopritele con 2 dl di panna montata addolcita con 20 g di restante zucchero. Decorate con ciliegine sotto spirito.
Manuela Vanni
Ancora dolci per oggi. È la volta della ricetta di simpatiche frittelle all’arancio con miele e di quella per un crumble che credo sia in assoluto il dolce più facile da fare che esista.
Manuela Vanni
Ballando coi gusti
Frittelle all’arancio con miele
Crumble di datteri
Ingredienti per 8 persone: 500 g di farina · 5 uova · 150 g di zucchero semolato ·
Ingredienti per 4 persone: 200 g di farina integrale · 100 g di zucchero di canna
1 arancia non trattata · 2 cucchiai di Grand Marnier o di un liquore all’arancia · miele · olio di semi di arachide · mompariglia (granuli di zucchero colorati).
grezzo · 16/20 datteri, meglio se freschi · 1 arancia non trattata · burro · cannella · noce moscata · chiodi di garofano.
Setacciate la farina in una ciotola, al centro unite le uova sgusciate, lo zucchero, la scorza dell’arancia (solo la parte colorata) grattugiata, il liquore, 2 cucchiai di olio e un pizzico di sale; impastate fino a ottenere un composto omogeneo. Ricavate dall’impasto delle palline grosse come noci e sbollentatele brevemente; sgocciolatele, tamponatele con carta assorbente da cucina e friggetele, poche per volta, in abbondante olio bollente. Sgocciolate le frittelle con il mestolo forato non appena saranno dorate, tamponatele con carta assorbente da cucina, disponetele su un vassoio, irroratele con il miele, guarnite con poca mompariglia e servite.
Denocciolate i datteri, tagliateli a dadini e insaporiteli con cannella in polvere, chiodi di garofano pestati, noce moscata grattugiata e 1 cucchiaio di scorza d’arancia (solo la parte colorata) grattugiata. Mescolate bene. Tagliate 100 g di burro, freddo da frigorifero, a dadini, e metteteli in una ciotola con la farina setacciata e lo zucchero. Impastate rapidamente fino a che l’impasto non assumerà l’aspetto di grosse briciole. Ungete con burro 4 cocottine, mettete sul fondo un terzo delle briciole, aggiungete metà della frutta e ricoprite con un altro terzo di briciole, completate con il resto della frutta e chiudete con il resto delle briciole. Cuocete in forno a 180° per 20’. Servite tiepido.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 29 dicembre 2014 ¶ N. 01
12
Ambiente e Benessere
Giochi Cruciverba Per scoprire cosa vuole dirvi la redazione di «Azione», leggete a soluzione ultimata le lettere nelle caselle grigie (Frase: 4, 4, 1, 5, 1, 6, 7)
Moritz e Smarty sul palcoscenico del cinema Alhambra di Berlino. (Keystone)
ORIZZONTALI 1. Periodi difficili – 4. Ordine perentorio – 5. Lubrificante americano – 7. Lettera dell’alfabeto greco – 8. Articolo – 9. Un anagramma di Noè – 11. Fiume della Francia – 13. Dove in francese – 14. Profeta dell’Antico Testamento – 16. Una macchina a gettoni – 18. La showgirl Toniolo – 19. Cumuli di rovine – 21. Lo uccise Polifemo – 22. Bizzarre, strane – 25. Il fiume di Sparta – 26. Il politico Alfano (iniziali) – 27. A Londra è il numero uno – 29. Le iniziali della conduttrice Toffanin – 31. Scomparso – 33. Le iniziali dell’attore Preziosi – 34. Si portano sulle spalle – 35. Nome femminile – 37. Il prefisso che dimezza – 39. Regione della Cina – 41. Un mare – 43. Viene dopo il «bi» – 44. Un Ricky regista (iniziali) – 45. Due vocali – 46. Anagramma di gaio.
Animali Vip Mondoanimale Che fine hanno fatto gli animali resi famosi
1
2
3
4
dal grande schermo?
5
6 7
8
Maria Grazia Buletti Protagonisti indiscussi della cinematografia internazionale, hanno accompagnato intere generazioni di bambini e ragazzi attraverso una serie di puntate o lungometraggi che sono rimasti nella memoria per sempre: sono gli animali resi famosi dalla loro «professione» di attore. L’essere umano ha da sempre coltivato una vera e propria mania nel coinvolgere nella propria vita ogni sorta di animale domestico o no. Oggi, gli assidui navigatori di Internet, non possono negare di imbattersi nelle migliaia e migliaia di fotografie di cuccioli d’ogni genere, di animali d’ogni sorta, condivise sui social network.
Ricordate Babe? Nel corso delle riprese furono impiegati ben 48 maialini che furono poi salvati dal macello D’altronde, la spiegazione di cotanta attenzione dell’uomo verso gli animali potrebbe risiedere nel fatto che li vediamo come esseri indifesi e disinteressati, coinquilini terreni che ci permettono di accantonare per un momento il cinismo crescente del nostro presente di esseri umani. Ma questa vera e propria mania è sempre esistita e la cinematografia ne è testimone, perché nel tempo ci ha consegnato animali che sono divenuti dei veri e propri mostri sacri, dei cosiddetti VIP: Very Important Pets! Essi sono protagonisti, co-protagonisti o compagni fedeli, non importa, di film nei quali hanno lasciato la
loro impronta di fedeltà assoluta e intelligenza animale. Non si contano gli esempi che potremmo portare a suffragio di queste considerazioni, ma possiamo comunque elencarne alcuni fra i più conosciuti, a cominciare da uno degli ultimi che si è pure aggiudicato uno spazio tutto suo con le sue impronte nella Hollywood Boulevard: Uggie, il Jack Russel terrier di The Artist di Michel Haznavicius, che ha recitato accanto all’attore umano Jean Dujardin. Non poteva mancare Lassie, il Collie più famoso del mondo, star della serie tv datata 1943 Torna a casa Lassie di Fred McLeod Wilcox, che ha avuto il privilegio di recitare accanto a una giovanissima Elizabeth Taylor. Hachiko, il cane Akita, è rimasto nei nostri cuori e ancora ci viene il nodo alla gola nel ricordare la sua devozione a un sempre brillante Richard Gere nell’omonimo commovente lungometraggio che, peraltro, narra la reale storia di Hachiko. E per non fare torto a nessuno, citiamo il micio indipendente, intelligente e con orologio al collo del film FBI – Operazione gatto, nel quale esso guida agenti dell’FBI sulle tracce di due furfanti che hanno sequestrato una donna. Potremmo allungare questo elenco quasi all’infinito, con Furia cavallo del West, Babe il maialino e tanti altri ancora: beniamini altrettanto bravi e indimenticabili dei quali ci siamo chiesti che fine abbiano fatto una volta spente le luci del set cinematografico. Siamo riusciti a trovare qualche notizia di alcuni di essi, a cominciare dal Lassie originale del lungometraggio del 1943 (vero nome Pal), che è stato uno dei primi grandi attori a quattro zampe di Hollywood. Pare che nel 1954 si ritirò a vita di lusso totale, con
VIP & Animali Molte star si circondano dell’affetto di animali che, inevitabilmente, diventano famosi a loro volta. I più gettonati sono cani e gatti. Ad esempio, Katy Perry è una vera amante dei felini al punto da aver lanciato un profumo con la bottiglia a forma di gatto. Il suo gatto si chiama Kitty Purry. Alice era una barboncina che morì di vecchiaia a 15 anni, famosa perché accompagnava Lady Gaga che pare soffrì parecchio per la sua dipartita. La cantante Adele ha un bassotto: Louie, mentre Kim Kardashian è gattofila e la sua micia si chiama Mercy. Anche Karl Lagerfeld ha un’inseparabile
gatta di nome Choupette che porta sempre con sé. La star del burlesque Dita Von Teese ha invece un gatto di nome Aleister. E come poteva mancare Paris Hilton? L’ereditiera ha lanciato per prima la moda dell’animale da compagnia esibito come accessorio, a torto o a ragione. A testimoniarlo il Chihuahua Tinkerbell che l’ha accompagnata anche in carcere, quando fu arrestata per guida senza patente. Anche un coniglio nell’elenco degli animali amici dei VIP: Cecil è il coniglio di Cara Delevigne. E non poteva mancare una menzione a Max, il maiale di George Clooney.
toelettatori specializzati e cibo personalizzato; inoltre anche lui ottenne pure una stella sulla Walk of Fame. Pal divenne padre di cinque cuccioli che, a loro volta, continuarono a interpretare il ruolo di Lassie nei film e in televisione, prima di morire di vecchiaia nel 1958. Vi ricordate di Babe, il maialino dell’omonimo lungometraggio? Nel corso delle riprese furono impiegati ben 48 maialini ai quali fu poi risparmiata la temuta visita al macello: essi hanno vissuto in diverse fattorie, senza lo spauracchio di tramutarsi in salsicce. Una giusta ricompensa se pensiamo che hanno contribuito a far incassare al film oltre 250 milioni di dollari e a ottenere sette nomination agli Oscar. Arriviamo a una star «ingombrante»: l’orca marina Keiko, protagonista insieme al suo amico ragazzino del film Free Willy. Essa fu catturata nel 1979 ed esposta in un parco marino messicano fino al 1992, quando sono iniziate le riprese. Il successo del film ha mosso gli attivisti che hanno chiesto e ottenuto la sua liberazione, nel 2001, in Norvegia, dove morì di morte naturale 18 mesi più tardi. Una nota di rammarico per la scimmia protagonista di Una notte da leoni 2, che durante le riprese è diventata dipendente dalle sigarette, mettendo nei guai il regista Todd Philips a causa delle proteste del gruppo per il benessere degli animali PETA. Ad ogni modo, la scimmietta ha partecipato poi al film di Cameron Crowe La mia vita è uno zoo, dove il fumo ha continuato a causarle problemi. È bene sapere che oggi, tutti i film che utilizzano animali sono tenuti d’occhio con estremo zelo da parte di chi pone il loro benessere come condizione essenziale. E per finire, nella nostra carrellata sul destino degli attori animali non poteva mancare lui: Seabiscuit, il film del 2003 con Tobey Maguire che cavalcava l’omonimo cavallo. Ebbene, anche per questo lungometraggio sono stati ben sei i cavalli che si sono succeduti nelle riprese. Quello utilizzato nelle scene di corsa era Popcorn Deelites, il purosangue americano di successo preferito dagli scommettitori. Dopo il film, Popcorn ha proseguito con la sua carriera agonistica, vincendo numerose gare in Colorado, dove viveva. Oggi si trova in un paddock di pensionamento per cavalli a Georgetown, in Kentucky, e lo immaginiamo intento nelle sue attività preferite di brucare erba, mangiare biada e carote. Il film dove interpretava il cavallo Seabiscuit, con tutta la sua forza di volontà che lo ha portato agli allori, è ormai esperienza passata.
9
10
11
12
13
14
16
15
17
VERTICALI 1. Spenna i polli giocando – 2. Le prime delle ultime... – 3. Una materia scolastica – 6. Fiume del Tirolo – 8. Era un popolo di guerrieri – 10. Ha le caratteristiche di una cantina – 11. Luogo di apprendimento – 12. Figlia di Urano e Gea – 13. Diffusione di liquidi attraverso una membrana – 15. Capitale europea – 17. Uno strumento musicale – 20. Patrizia lo fa con Letizia! – 23. Eccedono la misura – 24. Navi da carico – 28. Perso al centro – 30. In italiano e in tedesco – 31. Vi si beve il tè – 32. Galleggia sui mari polari – 36. Oscuri, tenebrosi – 38. Andato... alla latina – 40. Andar col vate... in giro 42. Fa trascendere.
18
19
20 21
22
23
24
25
26 27
28
31 34
35
36 39
37
38
40
42
43 45
30
32
33
41
29
44 46
Sudoku di fine anno Scopo del gioco – Completare
3
lo schema classico (81 caselle, noveblocchi, nove righe per nove colonne) in modo che ogni colonna, ogni riga e ogni blocco contengano tutti i numeri da 1 a 9, nessuno escluso e senza ripetizioni.
7
8
5
5
9
3 8
6
6
7
2
9
6
1
3
2
6
7 4 9 7
8
6 1
4
Soluzione della settimana precedente
I più bei regali – i due regali da mettere sotto l’albero sono: Amore e comprensione.
M E A L F O N A T
E V A S O R I
A A L T M I O M I C R O E E S T C O O I O L T T G A Z E T A S I E C A P A T A E I O L G E L A N I M O M A N I E
L A B I A L E
O R C E I O O S O
8 1 3 6 2 5 9 4 7
2 6 7 9 4 8 5 1 3
9 5 4 3 1 7 6 2 8
1 8 2 4 5 6 7 3 9
6 7 5 2 3 9 1 8 4
4 3 9 7 8 1 2 5 6
5 2 6 8 7 3 4 9 1
7 4 8 1 9 2 3 6 5
3 9 1 5 6 4 8 7 2
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 29 dicembre 2014 ¶ N. 01
13
Politica e Economia Nuovo capitolo fra le due Americhe Il 2015 si aprirà sotto il segno dell’Obama Liberato. Il disgelo storico tra gli Stati Uniti e Cuba, oltre a chiudere l’ultima eredità della Guerra fredda (se si eccettua la folle anomalìa della Corea del Nord), annuncia un nuovo capitolo nella storia di questo presidente, che ha stupito l’America e il mondo con un crescendo di iniziative
Libera circolazione non negoziabile Nel rapporto sulle relazioni con i Paesi non membri dell’UE, Bruxelles ha ribadito la sua posizione. Ma in Svizzera il dibattito nazionale su come salvare gli Accordi bilaterali partirà solo dopo le elezioni federali del 2015 pagina 15
pagina 14
La Bundesbank si batterà in nome della fedeltà alla politica del rigore, quale che sia la scelta della Banca centrale europea. (Keystone)
Europa tedesca o caos Nuovo rischio crisi nel 2015 Nello scenario dell’eurozona emerge il ruolo sempre più assertivo della Germania
che condizionerà il resto del Continente – Ma anche la crisi Mosca-Ucraina-petrolio peserà sui destini dell’Europa
Lucio Caracciolo Francoforte, Berlino e Mosca: a queste tre città conviene dedicare la nostra attenzione per cercare di capire quale 2015 ci attenda. Francoforte è la sede della Banca Centrale Europea, dunque la cabina di comando dell’Eurozona. Qui si prenderanno le decisioni più importanti per frenare la deriva geopolitica, economica e finanziaria dei Paesi agganciati alla cosiddetta moneta unica. In particolare, l’esecutivo presieduto da Mario Draghi si troverà di fronte alla scelta strategica di immettere forti dosi di liquidità nel sistema euro, per tentare in extremis di rilanciarne la crescita, ciò che comporterebbe prima o poi l’acquisto comunque mascherato di titoli di Stato di alcuni Paesi in sofferenza. Contro questa prospettiva si batte la Bundesbank, in nome della fedeltà alla politica del rigore, anche a costo di imprimere una deriva deflazionistica alla periferia dell’Eurozona. È una partita di portata sistemica. Quale che sia la scelta della Banca Centrale Europea,
essa segnerà il futuro dell’Eurozona oppure il suo collasso. C’è infatti chi sostiene che l’anno prossimo assisteremo a una nuova crisi dell’euro, persino più acuta di quella di tre anni fa provvisoriamente sedata da Draghi con la miracolosa frasetta «Whatever it takes». Nel caso, il rischio dell’eurocrisi, in partenza probabilmente dalla Grecia, sarebbe quello di convincere i tedeschi a costruirsi una moneta a propria immagine e somiglianza, che leghi insieme le economie inscritte nel sistema tedesco, dalla Scandinavia all’Europa centrale e (forse) alla Francia. Per conseguenza, i cosiddetti Pigs, in primo luogo l’Italia, dovrebbero scegliere fra il ritorno alla valuta nazionale e l’accettazione di un euro di serie B, più o meno collegato all’euro maggiore. Tutto ciò nel caso di un’uscita relativamente ordinata dai meccanismi vigenti. Esiste infatti un’ipotesi meno ottimistica, per cui questa crisi possa semplicemente finire nel caos, con conseguenze sociali e politiche che è meglio non immaginare.
Nello scenario euro – e non solo – emerge in Europa il ruolo sempre più assertivo e determinante della Germania. Berlino dirà una parola decisiva sulla questione monetaria, quindi sugli assetti più complessivi del Continente. Non sembra che la signora Merkel abbia ancora definito una linea strategica, o anche solo concepito una visione di medio periodo. D’altronde, la Bundesrepublik ha maturato nei lunghi decenni del dopoguerra una strutturale refrattarietà al pensiero strategico, preferendo il basso profilo e gli aggiustamenti tattici. Ora però Berlino è chiamata dalle circostanze a individuare un suo percorso che inevitabilmente condizionerà il resto del continente. La scelta di fondo è tra la protezione degli interessi nazionali di breve periodo, anche scontando di far pagare con una forte deflazione la sua inflessibilità sulla stretta monetaria e fiscale, oppure la disponibilità a discutere insieme ai partner europei un progetto per il futuro che non potrà non essere anche geopolitico. Per riprendere il vecchio
motto di Thomas Mann la scelta sembrerebbe essere tra «Europa tedesca» e «Germania europea». Ma da quella formula è passato molto tempo. Aggiornandola, potremmo affermare che il bivio indica due direzioni: Europa (più o meno tedesca) o caos. Infine Mosca. La guerra di Ucraina sta impegnando la Russia fino allo stremo. Dopo aver perso Kiev, Putin ha ritenuto di dover annettere la Crimea e di doversi impegnare a sostenere la ribellione nel Donbas per una questione di orgoglio nazionale e, più concretamente, per evitare di essere pensionato da qualche concorrente ipernazionalista che lo accusasse di mollezza. In questa partita Mosca è venuta a collidere non solo con gli Stati Uniti d’America ma anche con i Paesi dell’Unione Europea. Infatti la partita ucraina è cominciata nel novembre 2013 quando Bruxelles intimò a Janukovic di firmare un trattato di associazione con l’Unione Europea, che di fatto era un trattato di dissociazione dalla Russia. Da allora è partita una dinamica di rilanci
e contro-rilanci, sfociata in una guerra indiretta fra Russia e Occidente. Le sanzioni americane ed europee contro il Cremlino, parallelamente al crollo del prezzo del petrolio stanno pesando sempre più fortemente sull’economia russa e in particolare sul cambio del rublo. Se la crisi dovesse toccare, come è possibile, la stessa stabilità del regime, le ripercussioni sarebbero inevitabilmente globali, ma riguarderebbero soprattutto l’Europa. Dove già nel 2014 l’impatto delle sanzioni ha provocato la perdita di qualche frazione di pil, almeno nei Paesi più esposti al commercio (energetico e non solo) con la Russia. In primo luogo Germania e Italia. In altri tempi questo convergere di crisi europee sarebbe diventato tema americano. Ma oggi gli Stati Uniti sono concentrati sulla competizione con la Cina e sul contenimento della minaccia del terrorismo islamista. L’Europa viene dopo. Almeno fin quando le sue dinamiche critiche non dovessero intaccare la sicurezza degli Stati Uniti. Non è detto che questo non accada durante il 2015.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 29 dicembre 2014 ¶ N. 01
14
Politica e Economia
Usa-Cuba, tutti americani Storico disgelo La svolta fra i due acerrimi nemici, che avrà nuovi importanti sviluppi, ha rimesso in movimento
la diplomazia arrugginita dalla Guerra fredda
Federico Rampini Il 2015 si aprirà sotto il segno dell’Obama Liberato. Il disgelo storico tra gli Stati Uniti e Cuba, oltre a chiudere l’ultima eredità della Guerra fredda (se si eccettua la folle anomalìa della Corea del Nord), annuncia un nuovo capitolo nella storia di questo presidente. I luoghi comuni del politichese americano lo avevano già catalogato come «anatra zoppa»: è il termine che viene usato quando un presidente si avvia a concludere il suo ultimo mandato in condizioni di debolezza. Obama appena un mese e mezzo fa sembrava aver toccato un abisso: all’inizio di novembre il suo partito aveva incassato una pesante sconfitta alle elezioni legislative di midterm, perdendo anche il Senato (dopo che la Camera era passata ai repubblicani già nel 2010). Quasi tutti erano concordi nel pronosticare un mesto declino di Obama, descrivendo una presidenza impotente, paralizzata dal Congresso, fino alla sua conclusione nel 2016. E invece in questo mese e mezzo Obama ha stupito l’America e il mondo con un crescendo di iniziative. Appena finite le elezioni di midterm era partito per la Cina dove aveva raggiunto un insperato accordo con il suo omologo Xi Jinping per la riduzione delle emissioni carboniche. Sul piano interno aveva annunciato una sanatoria per cinque milioni di immigrati clandestini. Infine il gran botto finale, prima di partirsene nelle native Hawaii per le vacanze natalizie: l’annuncio della riapertura delle relazioni diplomatiche con Cuba. È come se la sconfitta del suo partito avesse davvero «liberato» Obama, spingendolo ad affrontare quest’ultimo biennio con il piglio di chi vuole imprimere un’eredità importante, un lascito storico di grande rilievo. In un certo senso è proprio così. Dobbiamo aspettarci un Obama che sfrutterà fino in fondo le prerogative presidenziali: e non sono poche. Lui stesso, a chi lo descriveva come un leader ridotto all’impotenza da un Congresso ostile, aveva risposto con questa frase: «Mi rimangono la penna e il telefono, so come usarli». La metafora è chiara. La penna è quella con cui il presidente può firmare una serie di direttive amministrative, in tutti quei settori dove il potere esecutivo ha facoltà di agire. Ne sono escluse le leggi di spesa e di nuova tassazione, per le quali l’approvazione del Congresso è indispensabile. Ma in molti altri settori, come si è visto con l’immigrazione, il potere esecutivo ha un’ampia sfera di azione autonoma. Il telefono, è il simbolo della diplomazia. E proprio una lunga telefonata di 45 minuti a tu per tu con Raul Castro, fratello di Fidel e attuale presidente cubano, ha suggellato l’atto più denso di conseguenze nell’attività diplomatica del 2014. Anche qui, Obama ha potuto aggirare il Congresso: riaprire un’ambasciata dipende da lui, è una prerogativa presidenziale.
Obama evoca le nuove generazioni di cubaniamericani che non condividono l’approccio dei genitori anti-castristi «Si apre un capitolo nuovo nella storia delle Americhe. Todos somos americanos». Con questa frase pronunciata dalla Casa Bianca mercoledì 19 dicembre Obama concludeva una crisi durata 53 anni, mentre Raul Castro parlava in simultanea alla tv cubana. Ora Washington può ristabilire le relazioni
Il presidente cubano Raul Castro, fratello di Fidel. (AFP)
diplomatiche con «l’isola più odiata», una spina nel fianco a sole 90 miglia dalle sue coste. Malgrado la furia della destra, inizia a sgretolarsi un embargo di cui il presidente non vede più le ragioni. Le relazioni con L’Avana erano state interrotte nel 1961 in seguito alla rivoluzione di Fidel Castro (1959). Obama affida al segretario di Stato John Kerry anche la cancellazione di Cuba dalla lista di Paesi che sponsorizzano il terrorismo. Inizia a smantellare l’edificio delle sanzioni, per quella parte che non richiede il sì del Congresso: più facilità per viaggi e turismo, affari e comunicazioni, carte di credito e Internet. Le rimesse degli emigrati possono affluire più generose. La reazione della destra Usa è furibonda. Il presidente della Camera, il repubblicano John Boehner, definisce la svolta «una concessione insensata ad una dittatura che infierisce sul suo popolo e trama con i nostri nemici». Marco Rubio, senatore repubblicano della Florida che è figlio d’immigrati cubani, e potenziale candidato alla nomination presidenziale del suo partito: «Un altro cedimento ad un tiranno».
Obama parte da una constatazione severa e al tempo stesso pragmatica: l’embargo ha fallito. Ha contribuito a impoverire l’isola, «ma mezzo secolo dopo i comunisti di Castro sono sempre al potere». Per contro la politica delle sanzioni ha ridotto la capacità d’influenza degli Stati Uniti, sia nei confronti di Cuba sia verso altri Paesi d’America latina. «A tratti ci siamo isolati nell’emisfero occidentale». Ovvero: gli Stati Uniti si sono messi ai margini rispetto ad un ampio consenso delle nazioni latinoamericane che non avevano condiviso la demonizzazione di Castro. L’errore degli Usa ha regalato a Castro un ruolo da martire e un podio per la sua propaganda. «Non si favoriscono i diritti umani cercando di far fallire gli Stati, ma dialogando», dice Obama. Tra le aperture concrete, non a caso il presidente americano mette in prima linea la liberalizzazione degli investimenti nelle telecom: per portare Internet su un’isola dove solo il 5% della popolazione naviga online. È quello che stava facendo Alan Gross, il 65enne americano che portava tecnologie di
accesso alla Rete, ed era finito in carcere all’Avana cinque anni fa. La sua liberazione, per ragioni umanitarie, è avvenuta separatamente dagli scambi di prigionieri (tre spie cubane per una spia americana), nonché dalla liberazione di 53 prigionieri politici cubani. Obama ha rievocato anche la sua autobiografia – è nato pochi mesi dopo la fallita invasione della Baia dei Porci e pochi mesi prima della crisi dei missili con l’Urss – per segnalare il lungo tempo trascorso da quelle tensioni della Guerra fredda, l’assurdità di restare aggrappati a un passato ormai remoto. Il «New York Times» gli dà credito per avere «rimesso in movimento la diplomazia arrugginita della Guerra fredda». Il presidente rivendica con orgoglio la battaglia per i diritti umani. Ma il metodo era sbagliato, dice, «ha dato un alibi al regime». Fa un paragone con Cina, Vietnam, altre nazioni dove i diritti dei cittadini non sono rispettati ma coi quali tuttavia l’America sceglie di avere relazioni aperte. Evoca «le nuove generazioni di cubani-americani», che non condividono l’approccio dei genitori anti-castristi, roccaforte elettorale
della destra e sostenitori dell’embargo. «D’ora in avanti quando siamo in disaccordo, sulla democrazia e i diritti umani, lo diremo direttamente. Cuba non cambierà da oggi all’indomani. Ma diventa più facile per noi appoggiare il cambiamento». Un appuntamento l’anno prossimo: Cuba e Stati Uniti parteciperanno insieme, per la prima volta, al Summit of the Americas a Panama, dove si discuterà anche di diritti umani. Una frase «galeotta» di Barack Obama sei anni fa. 18 mesi di trattative ultrasegrete Usa-Cuba, in sedi clandestine. L’aiuto di diplomazie straniere e di papa Francesco. Infine l’accelerazione anche grazie al contro-shock petrolifero che ha stremato il Venezuela e prosciugato gli aiuti economici all’Avana. La storia del disgelo che ha riavvicinato gli acerrimi nemici della Guerra fredda, ora avrà altri sviluppi. Si prepara una visita di Stato di Raul Castro a Washington e non si esclude che lo stesso Obama vada a sua volta all’Avana prima di lasciare la Casa Bianca nel gennaio 2017. E poi si preannuncia uno tsunami di affari privati: dalla Coca Cola alla General Motors, dalla Cisco a Carlos Slim, i grandi del capitalismo Usa si apprestano a celebrare il «ritorno all’ovile» di quella che fu una colonia yankee. L’antefatto-chiave è un’uscita che poteva costare cara al candidato Obama nel 2008. In un dibattito pre-elettorale con il suo rivale repubblicano John McCain, l’allora senatore dell’Illinois scoprì le sue carte in modo quasi imprudente. «Se divento presidente – disse allora Obama in tv – vorrei ristabilire i rapporti con Cuba. Sono pronto anche ad avere relazioni con l’Iran. Non parlare coi propri avversari, non è una politica che mi convince. Non fa progredire i nostri interessi». Apriti cielo. «Sei un ingenuo», lo rimbeccò a muso duro McCain. Ma il dialogo con Cuba rimase un’opzione virtuale a lungo. Un incidente grave rinviò tutto, cinque anni fa: proprio l’arresto di Alan Gross, il funzionario addetto agli aiuti all’estero liberato mercoledì, che a Cuba voleva portare tecnologie per l’accesso a Internet. Sbattuto in carcere nel 2009, Gross divenne un ostacolo permanente al disgelo. La salute di Gross in carcere si deteriorava. Se fosse morto in prigionia a Cuba, il disgelo sarebbe diventato impossibile. Per questo la storia di Gross ha intersecato continuamente il grande negoziato sul ristabilimento delle relazioni diplomatiche bilaterali. Fino alla convulsa accelerazione degli eventi, concentrata negli ultimi 18 mesi. Per non bruciare il fragile filo dei contatti la diplomazia Usa chiese ospitalità ai canadesi perché le riunioni clandestine fra le due delegazioni si svolgessero fuori dal territorio Usa, lontane dai media, blindate contro le fughe di notizie. Un passaggio cruciale ci fu quest’anno a fine marzo, quando Obama andò da papa Francesco in Vaticano. «Nel vertice a Roma i due a un certo punto si isolarono – narra la ricostruzione del «New York Times» – il dialogo divenne a tu per tu, senza testimoni. Pochi giorni dopo il Papa scriveva una lettera personale a Raul Castro». Un’altra accelerazione è venuta dal tracollo dei prezzi petroliferi. Dopo la fine dell’Urss, il Venezuela di Hugo Chavez era diventato il puntello economico del regime castrista. Ma l’economia venezuelana, già in crisi, negli ultimi mesi si è avvitata in una spirale disastrosa. Col petrolio che ha perso il 50% del suo valore da giugno, Caracas è sull’orlo della bancarotta.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 29 dicembre 2014 ¶ N. 01
15
Politica e Economia
Il 2016 sarà decisivo CH-UE Il rapporto dell’UE sulle relazioni con i Paesi europei non
membri dell’Unione è chiaro: Bruxelles non rinegozierà la libera circolazione delle persone. Ma in Svizzera lo scontro su come salvare i Bilaterali è rinviato a dopo le elezioni federali del 2015
Marzio Rigonalli Sono passati ormai più di dieci mesi dal 9 febbraio scorso, dall’approvazione popolare dell’iniziativa contro l’immigrazione di massa, e l’impasse nella quale si sono ritrovati i nostri rapporti con l’Unione europea non lascia intravvedere ancora una possibile via d’uscita. Anzi, l’incertezza che domina sul futuro del quadro bilaterale è stata aggravata dal rapporto che l’UE ha dedicato alle sue relazioni con i Paesi europei non membri dell’Unione, tra i quali la Svizzera. In sintesi, attraverso questo rapporto, l’UE ribadisce il suo rifiuto a rinegoziare con la Svizzera la libera circolazione delle persone. Per Bruxelles, questa libertà fa parte del DNA dell’Unione, è un principio fondamentale che non può essere negoziato e che non è compatibile con scelte, come l’introduzione di quozienti o l’applicazione della preferenza nazionale, per limitare l’immigrazione. Per questo, l’applicazione dell’iniziativa popolare contro l’immigrazione di massa rischia di compromettere seriamente i rapporti bilaterali, e di colpire in primo luogo il pacchetto di accordi firmati nel 1999 ed entrati in vigore nel 2002. Trattasi di sette accordi, tra i quali quello sulla libera circolazione delle persone, connessi tra di loro tramite la cosiddetta «clausola-ghigliottina», secondo la quale la denuncia di un accordo porta automaticamente alla fine degli altri accordi. Sono intese che hanno offerto all’economia svizzera un ampio accesso al mercato interno dell’Unione europea. Ma il recente rapporto di Bruxelles non si limita a questo. Aggiunge che l’applicazione dell’iniziativa approvata il 9 febbraio scorso metterà in discussione anche la partecipazione della Svizzera agli accordi di Schengen e di Dublino ed a numerosi programmi europei. La posizione di Bruxelles è molto chiara e non lascia intravvedere margini di manovra. Lo scorso mese di luglio, l’UE aveva già espresso il suo rifiuto a rinegoziare la libera circolazione delle persone, ma nella lettera firmata dall’allora Alto responsabile per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Catherine Ashton, e inviata al presidente della Confederazione, Didier Burkhalter, s’intravvedeva per lo meno la disponibilità a discutere problemi tecnici relativi all’applicazione della libera circolazione delle persone. Disponibilità di cui non si trova più traccia nel rapporto diffuso alcuni giorni or sono. Anche sugli altri capitoli ancora aperti tra le due parti, l’UE riafferma una certa intransigenza. Pone in testa alle priorità l’accordo istituzionale,
senza il quale non sarà possibile concludere nuovi accordi sull’accesso al mercato unico, come quello sull’elettricità, che è in discussione, o quello sui servizi finanziari, che Berna vorrebbe negoziare con Bruxelles, per facilitare l’accesso al mercato unico alle banche ed alle assicurazioni elvetiche. Grazie alla conclusione di un accordo istituzionale, l’Unione europea vorrebbe istituire con la Svizzera un sistema in cui il controllo dell’applicazione degli accordi esistenti verrebbe esercitato dalle istituzioni comunitarie ed i litigi verrebbero sottoposti alla Corte di giustizia dell’UE. È una posizione che la Svizzera non può accettare senza dover rinunciare ad una fetta della sua sovranità.
Il rapporto dell’UE non è frutto del lavoro di alcuni funzionari, ma rispecchia le decisioni prese all’unanimità dai 28 Paesi membri In alcune interviste rilasciate nei giorni scorsi, il presidente della Confederazione, Didier Burkhalter, ha minimizzato la portata del rapporto. Risulta però difficile intuire le ragioni che l’hanno indotto ad assumere questa posizione, poiché dalle pagine del rapporto emerge un messaggio politico molto chiaro, che non è il frutto del lavoro di alcuni funzionari della Commissione europea, bensì il risultato di una decisione presa da tutti i 28 Stati membri dell’Unione. E la posizione assunta non lascia apparire divergenze tra i Paesi membri, sulle quali la diplomazia elvetica potrebbe tentare di agire per trarne qualche vantaggio. Due sono le principali ragioni che spiegano l’intransigenza dell’UE sul rispetto della libera circolazione delle persone. In primo luogo l’importanza di questa libertà per il progetto europeo. La discussione sui limiti che converrebbe porre all’immigrazione è in corso non soltanto in Svizzera, bensì anche all’interno dell’Unione europea, per esempio in Gran Bretagna ed in Francia. Accettare di fare concessioni alla Confederazione, significherebbe aprire la porta ad una serie di rivendicazioni, provenienti da Londra, da Parigi e da altre capitali, che sarebbero difficili da gestire e che costituirebbero un freno al processo integrativo interno. In secondo luogo, la libera circolazione delle persone costituisce una delle principali conquiste che i Paesi dell’Europa centrale ed orientale
hanno ottenuto, grazie al loro ingresso nell’UE. È una conquista cui, ovviamente, non sono disposti a rinunciare. In che modo il rapporto sulle relazioni tra l’UE e la Svizzera si ripercuoterà sulla posizione elvetica, nella ricerca di una soluzione ai problemi che sono sorti dopo l’approvazione dell’iniziativa popolare dell’UDC? Il rapporto distrugge buona parte delle illusioni, o degli auspici, di chi sperava di poter trovare un compromesso che consentisse di controllare l’immigrazione e di conservare gli accordi bilaterali con l’UE, ma nella sostanza non modifica l’intricata situazione nella quale il Consiglio federale si trova da oltre dieci mesi. L’iniziativa approvata il 9 febbraio va applicata entro tre anni. Rimangono a disposizione poco più di due anni. Nell’autunno 2015, però, ci saranno le elezioni federali e, di solito, i mesi che li precedono non sono propizi per assumere nuove posizioni ben delineate, sia sul piano interno che in politica estera. L’anno decisivo sarà, dunque, il 2016. Nessuno può dire oggi che cosa succederà, ma con ogni probabilità avremo una o più votazioni popolari, che potrebbero riguardare l’estensione della libera circolazione delle persone alla Croazia, l’ultimo Paese arrivato nella famiglia europea, per consentire alla Svizzera di partecipare ai programmi di ricerca europei, la regolamentazione dell’immigrazione, voluta dalla maggioranza della popolazione, e la preservazione della via e degli accordi bilaterali con l’UE, importanti per l’economia e per il benessere del Paese. Restano da definire i contenuti delle scelte che verranno sottoposte al popolo sovrano. È un compito che spetta al Consiglio federale ed al Parlamento. È un esercizio difficile, che va affrontato senza contare su un possibile aiuto da parte dell’UE, e forse nemmeno senza cercare di propiziarlo, per esempio versando soldi al fondo di coesione a vantaggio dei Paesi dell’UE economicamente più deboli, entrati per ultimi nella Comunità, o contribuendo al piano di investimenti di 300 miliardi di euro, lanciato dal presidente della Commissione Jean-Claude Juncker per stimolare la crescita economica. La posta in gioco è molto elevata. I cittadini hanno il diritto di trovarsi un giorno di fronte a scelte chiare e di fronte ad una panoramica altrettanto chiara delle conseguenze possibili che ne deriverebbero, positive e negative. La crisi che si è aperta lo scorso 9 febbraio va superata, possibilmente senza traumi, con l’ausilio di molta abilità politica e di una paziente e constante azione d’informazione.
Il presidente della Commissione europea Juncker davanti al parlamento a Strasburgo: l’UE non sembra disposta a venire incontro alla Svizzera in materia di libera circolazione delle persone. (Keystone)
Misure eccezionali per frenare il franco Politica monetaria La BNS introduce tassi
d’interesse negativi per difendere il tasso minimo di cambio di 1,20 franchi per euro
Lavori in corso per garantire la difesa della moneta svizzera da un eccessivo rafforzamento. (Keystone)
Ignazio Bonoli Che la politica monetaria svizzera viva in un perenne stato di tensione è noto da tempo. Probabilmente le stesse autorità monetarie si sono abituate al punto da affermare, poco prima di metà dicembre, che misure di politica monetaria particolare in vista della fine dell’anno non sarebbero state necessarie. Un giudizio troppo ottimistico? In realtà, le pressioni sull’euro a 1,20 franchi si facevano sentire da qualche tempo, anche se la politica monetaria della Banca centrale europea manteneva un certo effetto calmierante. Che qualcosa di grosso potesse però avverarsi, lo si poteva chiaramente vedere nei prezzi del petrolio, scesi a livelli inconsueti. L’effetto sulla tendenza dei prezzi in Svizzera si è quindi fatto sentire, al punto da indurre la Banca Nazionale a rivedere la previsione del tasso di inflazione, portandola di nuovo a zero per il 2014 e anche al di sotto per il prossimo anno. D’altro canto però le minori spese per il petrolio e i suoi derivati lasciano ampi spazi a un aumento dei consumi e degli investimenti. Da qui la ripresa dell’economia svizzera nel secondo trimestre, ma anche i rinnovati timori della Banca Nazionale per il settore immobiliare, nonostante il rallentamento del credito ipotecario negli ultimi sei mesi. Su questo panorama tutto sommato gestibile senza scossoni, ecco scoppiare la bomba del rublo russo, vittima delle sanzioni del mondo occidentale per l’annessione della Crimea alla Russia e la conseguente crisi ucraina e anche dei prezzi del petrolio e del gas naturale. L’ampiezza della crisi, con un forte calo delle esportazioni in Russia ha lasciato temere forti ripercussioni sull’Europa, già alle prese con difficoltà congiunturali. Niente di meglio per favorire la cosiddetta corsa ai beni rifugio, fra i quali il franco svizzero occupa sempre un posto di primo piano. La Banca Nazionale, che stava pensando a misure particolari per frenare le spinte provenienti dall’euro, ha dovuto sfoderare il suo arsenale a causa del rublo e di qualche altra spinta da esso provocata. Ecco quindi riapparire uno strumento che non si vedeva più dagli anni Settanta, cioè dallo sconvolgimento dell’intero sistema monetario mondiale. Nulla di travolgente però per il momento, poiché la Banca Nazionale è stata molto prudente: tasso di interesse negativo dello 0,25% per depositi delle
banche in conto giro, a partire dai 10 milioni al minimo per le banche estere. Per il momento la soglia minima è però molto più alta: 20 volte le riserve minime legali per le banche svizzere. Le misure entreranno in vigore soltanto il 22 gennaio 2015 e, nel frattempo, potrebbero subire qualche adeguamento. Per il momento, si pensa che questa misura non avrà conseguenze dirette sui depositi dei clienti e anche sulle loro rimunerazioni. Le banche con rilevanza sistemica (UBS, CS, Banca Cantonale di Zurigo, Raiffeisen e anche Postfinance) non temono conseguenze per i loro clienti, che continueranno a mantenere depositi in conto corrente con rimunerazioni già molto ridotte. Un interesse negativo potrebbe essere chiesto per depositi temporanei di grossi investitori, in attesa di piazzamenti. Se, però, la BNS dovesse inasprire questa politica, è probabile che le banche procedano ad aumenti delle loro tariffe. Quale altra misura la Banca Nazionale ha inoltre allargato il margine di fluttuazione del tasso Libor sul franco svizzero, portandolo fra il –0,75% e il +0,25%. L’intenzione è di spingere questo tasso pure in territorio negativo. Le misure adottate negli anni 70, accompagnate da un Decreto federale di protezione del franco, non cambiarono di molto la tendenza dei capitali a rifugiarsi nel franco svizzero. Oggi le condizioni dei mercati finanziari mondiali non sono quelle provocate allora dalla caduta del dollaro. Difficile dire se le conseguenze saranno simili, tanto più che le misure sono oggi molto meno incisive. Per il momento, le misure decise hanno sostanzialmente il carattere di un segnale. Infatti, quasi il 90% dei depositi non saranno colpiti dall’interesse negativo. Una variazione di queste condizioni potrebbe però avere effetti più sensibili. Così come concepiti ora non potranno però essere molto efficaci nella gestione del tasso di cambio con l’euro. Il limite fissato in 1,20 franchi per un euro lega in pratica la politica dei tassi di cambio a quella dell’UE. È sintomatico quindi che l’entrata in vigore sia stata fissata al 22 gennaio, giorno in cui la Banca Centrale Europea annuncerà le sue prossime mosse di politica monetaria. Se – come probabile – confermerà la politica espansiva a sostegno dell’economia, le pressioni sul franco si accentueranno, ma in uno scenario mondiale esente da inflazione e con tassi di interesse molto bassi.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 29 dicembre 2014 ¶ N. 01
16
Politica e Economia Rubriche
Il Mercato e la Piazza di Angelo Rossi Le cose sono forse più facili quando sono difficili In uno dei contributi contenuti nel bel libro che la Banca Nazionale Svizzera ha pubblicato nel 2007 per celebrare il suo primo secolo di vita, un autore ricorda che, negli anni Settanta dello scorso secolo, il presidente del direttorio Leutwiler avrebbe dichiarato a un suo collaboratore, alla vigilia delle liberalizzazione del mercato delle divise, che non sapeva proprio quale politica monetaria potesse essere adottata in una situazione di cambi flessibili. Perché? Perché da decenni la politica della BNS era stata definita in funzione di un mercato dei cambi fissi. Al lettore non parrà vero che il maggior dirigente della nostra politica monetaria non sapesse, in una circostanza così importante, cosa fare. Eppure questa era la realtà di quel tempo. Tutti sappiamo quel che successe in seguito. Nel giro di 7-8 anni,
il franco svizzero venne rivalutato nei confronti di tutte le divise del mondo, anche di quelle che venivano considerate le divise forti, come il marco, il dollaro, lo yen e la lira sterlina. Non di pochi punti percentuali ma, a seconda della divisa in questione, almeno del 20%. Questa forte rivalutazione promosse le grandi banche svizzere nella lega delle maggiori banche del mondo e annientò circa 350’000 posti di lavoro della nostra economia, situati, per la maggior parte nel settore industriale. Dal ritorno alla convertibilità delle divise ad oggi, la BNS non ha avuto mai lunghi periodi di pace. Ha sempre dovuto adattarsi alle bizze del mercato delle divise, trovando, di volta in volta nuovi ripieghi per cercare di conciliare le esigenze dettate dal mercato dei cambi con quelle del mantenimento delle concorrenzialità internazionale
della produzione di beni e servizi della nostra economia. Vi posso assicurare, perché almeno in un’occasione ho avuto modo di essere presente di persona alle discussioni sul da farsi, che non si tratta di un compito facile anche perché i responsabili della BNS hanno sempre sul collo il fiato dei politici che non perdono mai un’occasione per attaccare la banca centrale. Per evitare una sopravvalutazione del franco rispetto all’euro, la BNS ha, già da qualche anno, fissato il prezzo dell’euro a 1,20 franchi. I lettori ricorderanno che, prima di questa decisione, il prezzo dell’euro era sceso fino a un franco circa. La Banca nazionale ha precisato più volte, anche in data recente, di voler mantenere questo rapporto di cambio. Ha però anche ricordato che la pressione per una rivalutazione del franco si fa sempre più forte. Ancora in
settembre, tuttavia, i suoi responsabili affermavano che, se fosse stato necessario, la Banca avrebbe adottato anche altre misure per mantenere il cambio con l’euro. Ora siamo arrivati ai tassi negativi. Il cambio fisso con l’euro era una misura provvisoria. I tassi negativi, ce lo dice l’esperienza dell’inizio degli anni Settanta, sono una misura ancora più limitata nel tempo. La maretta in atto sul mercato delle divise potrebbe però durare – se diamo retta a Putin – anche due anni. Durante questo periodo la pressione sul franco non cesserà. Sembra quindi essere venuto il momento per la BNS di rivedere la propria posizione. Il cambio fisso con l’euro è stato sin qui una misura opportuna che ha garantito la concorrenzialità della produzione svizzera sui mercati internazionali. Per le ragioni già evocate, non sembra che
la BNS possa mantenere questa misura ancora per due anni. Le alternative sono diverse. Si parla della possibilità di un nuovo cambio fisso a 1,15 o 1,10. Si parla di fissare il cambio del franco non più con l’euro ma con il dollaro che, al momento, viene rivalutato rispetto all’euro. Ci sono poi quelli che sostengono che, tutto sommato, la soluzione più difficile, ossia il ritorno ai cambi flessibili generalizzati, sia la soluzione più conveniente. Sono opinioni che possono cambiare da un giorno all’altro. La decisione della BNS verrà invece presa tenendo conto della probabile evoluzione a medio termine del mercato delle divise e dopo aver valutato le conseguenze di ognuna di queste alternative. E se la BNS, nonostante tutto, dovesse pronunciarsi per lo statu quo, non saremo certamente noi a lanciare la prima pietra.
gli scarsi successi elettorali e di governo, schierati con i libertari. Negli ambienti dei Tea Party, che ancora rumoreggiano carichi di finanziamenti (ricordate i temuti fratelli Koch? Ecco, da anni lavorano per trovare un candidato votabile, quest’anno pare ci sia Rand Paul, figlio ben più presidenziabile di Ron, ma ancora lontano dal mainstream), Jeb Bush è definito un «Rino», un «republican in name only», cioè troppo progressista per essere considerato un repubblicano vero. Anzi, troppo obamiano. Su temi cruciali come l’istruzione e soprattutto l’immigrazione, Jeb Bush la pensa in modo pressoché uguale al presidente Barack Obama, cosa che negli ambienti conservatori è considerata inaccettabile. Ora che la Casa Bianca ha sparigliato con l’apertura dei rapporti con Cuba (si badi bene: per l’embargo bisognerà aspettare un voto al Congresso, e a gennaio s’inaugura un’assemblea a maggioranza repubblicana, e il processo pare molto complicato), anche per Jeb Bush sono aumentate le difficoltà. Pur essendo a favore di un piano per
l’immigrazione «aperto» come quello annunciato da Obama, sulla questione cubana Jeb Bush ha una sensibilità, una competenza particolari. Ha governato la Florida, da quelle parti Cuba non è un’isoletta perduta in un tempo antico, ci vivono quelli che sono dovuti scappare, che hanno subito le torture del regime di Castro, e ci vivono anche i loro figli e nipoti, quei millennials che sono liberi dal senso disperato della storia, e sperano soltanto di superarlo. Per Jeb, la mossa di Obama, storica e simbolica, è sbagliata, oltre che pericolosa: si apre a un regime senza ottenere nulla in cambio, un regime che appena ha l’occasione ribadisce la sua natura comunista e dittatoriale. Per lui, l’embargo dovrebbe diventare più duro, altro che allentarsi. Lo spirito del tempo è di segno contrario, ma per Jeb Bush essere l’unico ufficialmente dedito a una prossima candidatura ha costituito, in campo repubblicano, un gran vantaggio, soprattutto alla luce dell’apertura cubana. Annaspa infatti l’astro nascente Marco Rubio, figlio di esiliati cubani, che ha sempre avuto un
appeal solido nei confronti dei cubani e dei latinos (per quanto siano gruppi molto diversi) e che ora si vede scippare la questione dai democratici e la leadership dell’opposizione da Jeb Bush. Ma anche gli altri big, come il gigantesco Chris Christie, soffrono, pure se forse dentro di loro aspettano. È vero, come ha scritto spietato «Bloomberg News», che Jeb Bush è un «mini-Mitt», un piccolo Mitt Romney, con lo stesso scarso charme e ancora meno soldi (anche se consigliamo di vedere il documentario Mitt durante le feste per ricredersi su tutto l’affaire Romney)? Una cosa è certa: per Jeb Bush le primarie saranno durissime. Dovrà dimostrare di essere sufficientemente conservatore per vincerle, ma allo stesso tempo dovrà salvaguardare il suo spirito moderato per poi sfidare il democratico che uscirà dalle primarie. E se si dovesse trattare di Hillary Clinton, come tutti stancamente dicono (nessuno pare più così convinto) preparatevi a sentir parlare solo di dinastie, con l’augurio di non morire di nostalgia kennediana.
spesa pubblica): ricerche pubblicate nei Quaderni della Banca del Gottardo. Fautore di un keynesismo rigoroso, l’autore consegnava al Ticino un attestato di socialità assai elevato, inusuale nella maggior parte dei cantoni elvetici. Ambedue, sia Ratti che Baranzini, hanno sempre cercato il dialogo con i partiti e con le associazioni, nella consapevolezza che la politica e l’economia dovessero marciare assieme. Era questo un convincimento ch’era maturato nei primissimi anni 60, tra le pareti e le atmosfere, per certi versi uniche, dell’Ufficio delle ricerche economiche. Le trasformazioni che allora stavano rimodellando il tessuto socio-produttivo della regione esigevano l’avvio di un’opera scientifica che fornisse all’amministrazione un bagaglio conoscitivo aggiornato, ovvero statistiche, rapporti, studi e scenari. L’Ure doveva certo render conto del suo operato ai poteri politici, ma godeva di un ampio margine di manovra, un’autonomia che gli permetteva di pungolare i dipartimenti senza temere
ritorsioni per lesa maestà. Una libertà che è poi svanita a partire dagli anni Novanta. Meriti scientifici a parte, facilmente rintracciabili nelle bibliografie, occorre infine sottolineare l’impegno civile dei nostri due settantenni. Ratti è stato, ed è tuttora, uno dei motori di Coscienza Svizzera, fucina di iniziative nel campo della cultura politica (identità, federalismo, coesione, lingue) e ora dell’incidenza delle frontiere, sia esterne che interne; Baranzini ha contribuito a fondare l’Università della Svizzera italiana, in particolare la Facoltà di scienze economiche, di cui è stato anche decano. Insomma, due uomini di scienza al servizio del Paese, dediti agli studi ma mai sganciati da quella concretezza che per secoli è stata la cifra del Ticino operoso e risparmiatore, diciamo pure terragno. Certo, sul progetto europeo le loro opinioni non coincidono, anzi divergono assai nettamente. Ma questo fa parte della dialettica democratica, lievito di ogni progresso civile.
Affari Esteri di Paola Peduzzi Dynasty alla Casa Bianca Il primo a usare parole più esplicite rispetto alle presidenziali del 2016 in America – esploriamo «attivamente» per vedere se c’è la possibilità di candidarsi– è stato Jeb Bush (nella foto), l’ex governatore della Florida, ultimo rampollo della famiglia che ha gestito e occupato la Casa Bianca dalla fine degli anni Ottanta, sul versante repubblicano. Di solito quando si esplora poi ci si candida, e tutti i commentatori americani fanno come se Jeb Bush fosse già alle primarie, con quel fardello che si porta nel cognome, un volano in certi ambienti – quelli legati al conservatorismo compassionevole – e un ostacolo insormontabile in altri – quelli legati allo small government, per non parlare del centro swing, indeciso ma con un ricordo non memorabile dei Bush. Due volte governatore, spostato da quarant’anni con una signora messicana, che si dedica alla filantropia e ai tre figli, cattolico, moderato, Jeb Bush è considerato il più pratico della famiglia: poche ideologie, molto buon senso. È con questo spirito che ha deciso di bruciare tutti gli altri possibili candidati sul tempo: si
sapeva che ci avrebbe provato, il terzo Bush, tanto vale smetterla con le speculazioni e vedere se davvero ci sono le possibilità per sopravvivere. Il 2015 sarà l’anno in cui l’esplorazione diventerà – o no – un solido conto in banca, ché è su questo fronte che Jeb Bush soffre maggiormente: i big donors repubblicani sono, in questo momento, nonostante
Cantoni e spigoli di Orazio Martinetti Due economisti al servizio del Paese Tra i 65 e i 70 anni anche i docenti universitari devono imboccare la via del pensionamento. Negli atenei elvetici, negli ultimi tempi, la data-limite è stata progressivamente abbassata a 65, creando non pochi malumori e qualche rimostranza. Molti infatti ritengono che sia troppo presto uscire dall’aula proprio mentre si è all’apice della carriera, sia come esperienza didattica, sia come messa a frutto degli studi compiuti. D’altra parte, è pur vero che la maggioranza rientra dalla finestra, nel senso che ri-ottiene incarichi liberi, mandati, o la possibilità, finalmente, di pubblicare ricerche e libri rimasti nel cassetto. Quest’anno hanno raggiunto la soglia dei settant’anni due accademici ben noti all’opinione pubblica non solo svizzero-italiana, due economisti nati nel 1944: Remigio Ratti e Mauro Baranzini. Entrambi figli di ferrovieri, entrambi studenti all’Università di Friburgo e poi, per un tratto di tempo, colleghi all’USI di Lugano, Ratti e Baranzini sono cresciuti nel secondo
dopoguerra, nel periodo del «trentennio glorioso» e dell’alta congiuntura. L’università l’hanno frequentata in un periodo in cui il Ticino muoveva i primi passi verso la società dei servizi. Dall’Italia governata dal centro-sinistra giungeva nel cantone un flusso di capitali alla ricerca di una caletta sicura che permettesse di attutire gli effetti dell’inflazione e di un prelievo fiscale giudicato vessatorio. Già da qualche anno, nelle stanze governative bellinzonesi spirava un vento nuovo, portato da un’élite intellettuale che dopo aver terminato gli studi nelle scuole d’oltralpe rientrava nel cantone natale munita di teorie e metodologie ancora poco conosciute dalla classe politica e amministrativa locale. Termini come primario, secondario e terziario generavano ancora qualche confusione. Non miglior sorte toccava a nomi come Keynes, Myrdal, Galbraith, Samuelson, e come Ugo La Malfa, quest’ultimo assertore – nell’Italia repubblicana – della programmazione economica. Il lettore interessato troverà ripercorsa
questa stagione (feconda ma anche sfortunata) sull’ultimo numero del Cantonetto diretto da Carlo Agliati, nei due saggi che Angelo Rossi e Pompeo Macaluso hanno dedicato al rapporto Kneschaurek e ai dibattiti che suscitò sui giornali di partito e in parlamento. Il secondo fronte che vide quella generazione mobilitarsi riguardava la rete viaria, in particolare lo scavo della galleria stradale sotto il San Gottardo, segmento vitale per assicurare al Ticino uno sviluppo e un’integrazione nell’economia nazionale non effimeri. Fu una campagna che andò avanti per tutti gli anni 60, fatta di simposi ma anche di manifestazioni di piazza sotto la cupola di Berna. La questione dei trasporti – che sempre ritorna nella storia nostra, sia pure ogni volta in forme diverse – ha occupato la mente di Remigio Ratti fin dalla tesi su I traffici internazionali di transito e la regione di Chiasso (1971). Baranzini ha invece rivolto i suoi interessi allo Stato sociale, alla sua evoluzione e articolazione interna (fiscalità, previdenza sociale,
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 29 dicembre 2014 ¶ N. 01
17
Cultura e Spettacoli La quotidianità in foto Giuseppe Chietera e Fabio Tasca in una doppia mostra che celebra i non luoghi
Le note blues di Archie Shepp Quasi alla soglia degli 80 anni, il grande sassofonista ci parla della musica e della cultura neroamericane, rievocando le radici del jazz moderno pagina 19
Un artista che amò Locarno Lo scultore lituano Lipchitz avrebbe desiderato trascorrere un periodo a Locarno, ma il destino decise diversamente. Una mostra gli rende ora omaggio pagina 20
pagina 18
Il Brandenburger Tor, simbolo di Berlino. (Keystone)
Il futuro di una capitale Berlino, porta del mondo Si chiude il ciclo di articoli dedicati alla capitale tedesca: un ricco passato
e un generoso presente fanno sì che la città sia sempre amata, dai semplici turisti e dagli artisti
Luigi Forte Che cosa attiri a Berlino turisti di mezzo mondo ancora oggi non è facile capirlo. Forse il fatto che la città ha molti volti, svariate identità. Una metropoli composta da agglomerati che un tempo erano quartieri autonomi, microunità urbane con un proprio comune. Una realtà in fieri, in cui la tradizione non ha soffocato la voglia di futuro. Anzi, se mai, il contrario. E ciascuno proietta in quel grande contenitore aspirazioni, prospettive, velleità. Guardarsi indietro è possibile, ma ora sembra più impellente anticipare il domani su un orizzonte mutevole e dinamico. Come se il passato si fosse rifugiato in pochi dettagli, in resti slabbrati dal tempo, in angoli discosti. Non è scomparso, ha lasciato indizi che la città accantona, archivia nel suo febbrile rinnovarsi. Senza affatto dimenticare. Basti pensare alle molte testimonianze architettoniche e museali che ricordano la tragedia del nazismo per capire che la memoria non si è assopita. Ma la città guarda finalmente altrove, così come ha me-
tabolizzato la sua divisione fra est e ovest con un rinnovamento senza pari. Quartieri come Mitte, Prenzlauerberg o Friedrichshain hanno in gran parte rimosso le tracce del passato. Ieri e oggi non vivono più in rapporto dialettico: il presente corre senza sosta e trasforma intere zone della città lasciando al margine frammenti di una civiltà estinta. Eppure Berlino non è viva solo come laboratorio di futuro, ma anche come sito archeologico della modernità e delle sue tragiche contraddizioni. Già negli anni Trenta il filosofo Ernst Bloch osservava che la Germania aveva conservato il passato in forma di lacerazioni che attraversavano tutta la sua storia. Oggi si può dire la stessa cosa della sua capitale: dietro i suoi vuoti o fra vecchi stabili mimetizzati da graffiti estemporanei occhieggia un mondo che nemmeno i nuovi templi della modernità come l’insieme urbanistico di Potsdamer Platz possono far dimenticare. A far riemergere vecchi fantasmi ci sono nomi altisonanti, dal Reichstag al Brandenburger Tor, o le memorie inestinguibili del quartiere ebraico, il
Scheunenviertel, dove negli anni Venti s’aggiravano figure diversissime: piccoli e grandi commercianti e venditori ambulanti, ma anche speculatori e falsari. Berlino va auscultata in profondità e tutte le patologie come il più sfrenato vitalismo culturale dei suoi primi decenni metropolitani riemergono con forza, in un’originale mescolanza di progresso e stasi, futuro e passato. Una pluralità di scenari che rende così singolare la sua storia, coinvolgendo città e campagna, metropoli e provincia, oriente e occidente, forme molteplici di uno sviluppo ineguale e con diversità di ritmi temporali che lo stesso Bloch riassunse nel concetto di non-contemporaneità. È il centro, il cuore di un Paese come la Germania, che a differenza dell’Inghilterra e della Francia non ha mai realizzato con successo nessuna rivoluzione borghese fino al 1918, un Paese «dei residui non superati di un’esistenza e di una coscienza economiche più antiche». Ma la sua capitale resta, per molti aspetti, un caso a sé: è in prima fila per quanto riguarda l’ultima fase della borghesia, ripete il filo-
sofo, e sembra, nonostante tutto, assai contemporanea, costruita, com’è, nel vuoto; città sempre nuova dove forse – sosteneva Bloch – lo stesso borghese, spinto in avanti da forze che ignora è «prigioniero del movimento fantomatico e deificato delle merci». Nasce per molti intellettuali la sensazione di estraneità che il viandante sociologo Kracauer ritrova paradossalmente tra la folla e nell’atmosfera del Kurfürstendamm dove il tempo ruota su di sé e nulla è destinato a durare. Negozi che aprono e chiudono, vecchi caffè inghiottiti dal silenzio. Nessuna esperienza si stratifica nel solco della realtà, le cose non mettono radici, risucchiate da un attivismo febbrile che rivoluziona la fisionomia urbana e detta nuove regole allo scambio e al commercio. «Il mutamento incessante – egli ribatte – cancella il ricordo». Per il diciassettenne Klaus Mann, figlio del grande Thomas, le cose andavano meglio: perfino la città deserta gli appare nei primi anni Venti fatata e piena di seducenti segreti. «Che delizia percorrere quelle strade ai cui nomi si
collegava per me il pensiero di vizi di gran classe e di high life», scrisse nel suo libro autobiografico La svolta. Come allora, forse anche oggi i giovani provenienti da Paesi diversissimi si aggirano per la rinata Berlino con piglio leggero ed estroso. Ciò che induce molti di loro a guardare alla capitale come a una realtà che ha i piedi nell’oggi e la testa nel domani è forse la consapevolezza che si possa già programmare ciò che verrà vivendo in un presente generoso e ricco di proposte. A questo punto guardare al passato pur fra tante contraddizioni diventa non solo un modo per aggiornare e integrare la memoria, ma anche per credere che qui l’utopia sia finalmente possibile. Berlino – direbbe ancora Bloch – come il luogo più avanzato e istruttivo, non solo nella distrazione e nel relax, ma anche nell’esperimento. È l’impronta nuova e stimolante di una metropoli che a tutti i livelli, nelle attività professionali come nella routine quotidiana, offre un impareggiabile esempio di creativa integrazione. Il futuro è già qui e non aspetta che di essere riconosciuto.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 29 dicembre 2014 ¶ N. 01
18
Cultura e Spettacoli
Il territorio privato a scapito della condivisione
Virna Lisi, supplemento di memoria
Biennale dell’immagine/1 Chietera e Tasca si occupano di insediamenti
riciclaggio su Raiuno la bellissima diva è la discrezione fatta persona
del contemporaneo, in un (riuscito) tentativo di lettura del presente
Gian Franco Ragno Due fotografi (Giuseppe Chietera e Fabio Tasca), per un doppio progetto (Litoranee Sparse e Zone Condivise), per due sedi espositive (Camera di Commercio di Como e la Fondazione Rolla) il tutto riunito sotto il titolo comune di Visioni Parallele. Questo è uno dei progetti sostenuti e inseriti nell’ambito di «ViaVai – Contrabbando culturale Svizzera Lombardia» di Pro Helvetia, rassegna transfrontaliera che ha visto partire da quest’autunno un ricco e variegato calendario di iniziative, nonché parte della 9a Biennale dell’Immagine di Chiasso. Della prima esposizione alla Camera di Commercio di Como circa la doppia visione litoranea (Litoranee Sparse), una del lago di Como l’altra del Verbano, cercheremo di parlare in un’altra occasione. Al momento ci occupiamo del progetto esposto presso la Fondazione Rolla a Bruzella. Il progetto dei due fotografi si declina ancora ai due lati della frontiera e prende il titolo di Zone Condivise. Gli oggetti dell’indagine fotografica sono gli insediamenti periurbani, a margine dei grandi centri – non solo da un punto di vista urbanistico ma anche ideologico, di visione del mondo. Si tratta spesso di costruzioni unifamiliari, in cui si recinta la propria proprietà, simbolo di benessere. Luoghi in cui si è dipendenti dal mezzo privato, e dove manca ogni traccia di spazio condiviso – nessuna fermata di autobus, panchine, marciapiedi o piccoli parchi. Ma per i fotografi, un’occasione propizia per giocare con le for-
Un’immagine dal lavoro Zone condivise di Giuseppe Chietera.
me, per mettere alla prova il proprio linguaggio fotografico, per indagare circa un aspetto poco rappresentato del vivere contemporaneo. Fabio Tasca conduce la sua ricerca nella zona tra Como e Saronno, attorno all’autostrada A9. Egli abbandona le sue solide e abituali composizioni fotografiche per dedicarsi a un progetto più lirico e assai più intimo. Si affida alle piccole pellicole polaroid, sviluppate in modo da produrre verdi e gialli sulfurei nel tentativo di afferrare ciò che sa essere sfuggente, inafferrabile ovvero il paesaggio «frequente» tra insediamento urbano e campagna, senza un centro di riferimento.
Per la parte svizzera, Giuseppe Chietera si mette alla prova confinando la sua ricerca ad un perimetro di case, che probabilmente nessuno fino ad oggi avrebbe prese in esame proprio per la sua completa estraneità al concetto di pittoresco. In una luce estiva, diafana, rappresenta con esattezza una zona residenziale (nella fattispecie Losone, ma potrebbe trattarsi di molti altri luoghi del cantone) del tutto non partecipe a una prospettiva di vivere in comune. Private muraglie cinesi di siepi, labirinti di strade senza marciapiedi delimitano quella che, agli occhi dei costruttori, dovrebbe essere una rasserenante distanza tra noi e gli altri. Universi
privati e stanche riproduzioni di modelli costruttivi – villette e case a schiera – ormai difficilmente sostenibili a lungo termine per sfruttamento del territorio, dipendenza dal mezzo privato, invecchiamento della popolazione. Non è un caso che, da più fronti, anche istituzionali, si cerchi di creare spazi abitativi più comunitari, più razionali nei costi e nella gestione delle risorse, condivisi – intergenerazionali e interculturali. I due fotografi svolgono con bravura il loro compito e la loro sicurezza emerge anche in qualche tratto ironico oppure in qualche còlto riferimento. Come quando Chietera riprende un Bulli, storico furgoncino della Volkswagen, chiaro rimando a una celebre immagine di Stephen Shore, protagonista della schiera dei New Topographics, in visita in Germania. Il doppio progetto di Chietera e Tasca ha il merito di far coincidere due letture appunto «parallele» di due territori storicamente e culturalmente molto simili – la Lombardia e il Ticino – oggi divisi da una frontiera amministrativa. Da parte loro, i due autori hanno in comune la volontà di leggere il territorio senza condizionamenti, in modo fenomenologico, per quello che è: ovvero luoghi senza storia, in cui la nostra porzione di socialità pare essere demandata allo schermo di un televisore.
Visti in tivù In un
Antonella Rainoldi Sulla tv generalista un altro anno finisce così com’era cominciato, con le solite strenne e un’abbuffata di film e telefilm, più in replica che in prima visione. Difficile recensire qualcosa di decente nel periodo delle feste natalizie, quando i palinsesti vanno in vacanza insieme ai soliti noti. Per fortuna, è venuta in soccorso l’ultima puntata di Arena, il programma della domenica pomeriggio dell’ammiraglia RAI. Ci siamo capitati per caso, in un giro di zapping, e non siamo più riusciti a staccare. Come abbiamo già scritto, Massimo Giletti non è un santo del nostro paradiso: si erge a maestro della tv di qualità ma abbraccia sistematicamente la raffinatezza del cattivo gusto. Sarebbe però ingiusto non riconoscergli il merito di averci
Dove e quando
Visioni parallele. Zone condivise. Bruzella, Fondazione Rolla. Fino al 12 febbraio 2015. Info: www.rolla.info
Bischof, l’omaggio al vero Biennale dell’immagine/2 In mostra a Chiasso le immagini
Virna Lisi nel film Come uccidere vostra moglie di Richard Quine, 1965.
di un antesignano del reportage fotografico Giovanni Medolago Sono in molti a sostenere che il fotogiornalismo sia nato in Ungheria. Tra questi anche il reporter italiano Mario Dondero, il quale – nel suo recente Lo scatto umano, ed. Laterza – fa parecchi nomi. Ungheresi erano pure Bert Garai, fondatore a Londra della «Keystone Press Agency» addirittura all’inizio del ’900; Stefan Loran, dapprima fondatore del Picture Post, poi tra i grandi ispiratori di Life Magazine; Charles Rado, che nel 1933 nasce a Parigi crea la «Rapho», la prima agenzia di fotogiornalismo transalpina; e poi ancora Simon Guttmann: «Sarà proprio lui a creare la grande «Dephot» (Deutscher Photodienst), la mitica agenzia berlinese che è forse la grande madre di tutte le agenzie fotografiche» – scrive sempre Dondero, il quale poi precisa: «In tutta Europa, e non solo in Ungheria, c’era un’atmosfera propizia a quella che è poi stata una grande stagione creativa nel campo del fotogiornalismo: forse c’è una venatura tzigana in tutto questo, uno spirito vagabondo, zingaresco, nomade tipico del fotoreporter. Questi, credo, dev’essere una persona poliedrica, flessibile, capace di più cose». Paradossalmente, vi proponiamo questo preambolo sul fotogiornalismo proprio per parlare di un Maestro quale Werner Bischof, il quale davvero non voleva saperne di essere definito fotoreporter. «Non voglio produrre la robaccia che si vede in tutti i rotocalchi del mondo», annotava con rabbia sul suo diario nel 1952, «brividi a buon mercato, storie stupide che non dicono
nulla e non dovrebbero mai finire su una pagina. Questo lavoro non è per me, non sono un reporter. Mi sono prostituito, ma ora ne ho abbastanza. Nel profondo sento di essere ancora, e sarò sempre, un artista». Il comportamento dei colleghi, «iene sul campo di battaglia», addirittura lo inorridiva. Presuntuoso? Sgombriamo subito il campo da questa maliziosa insinuazione, e lo facciamo grazie a Michele Smargiassi: «Piano, prima di tirare conclusioni. Lui scriveva quelle righe con i piedi a mollo nelle risaie dello sperduto villaggio indocinese di Barau, “oasi in mezzo a una guerra crudele”, dove aveva voluto andare a vivere per un po’, per avere il tempo di capire e di rappresentare un mondo sconosciuto di fatica e di umanità; non nel calduccio di uno studio da pittore con vista sui monti della Svizzera, dove forse sarebbe finito, appunto, se non ci fosse stata di mezzo la Storia». Era nato a Zurigo nel 1916, Werner Bischof, in una famiglia più che benestante. Già sicuro di sé a sedici anni, volle frequentare la Scuola d’arti e mestieri; capitò un po’ per caso al corso di fotografia di Hans Finsler e cominciò a scattare ritratti a conchiglie, uova, fiori e modelle svestite, come esigeva lo spirito del tempo, dominato dal formalismo e dal modernismo di Albert Renger-Patsch e di Laszlo MoholyNagy. Se la cavava benone, puntava ad aprire uno studio a Parigi, sulle orme di Man Ray, gli si apriva un roseo futuro nella fotografia commerciale. Sennonché quelli erano tempi poco formali, mentre le bombe che cominciavano a sbriciolare l’Europa erano piuttosto so-
stanziali. Ad Arnold Kübler, fondatore di «Du», un’originale rivista illustrata svizzera, uova e conchiglie interessavano poco; però aveva intuito il valore dell’occhio che stava dietro a quelle foto: «Mettici delle persone». E lui ce le mise. Solo che i volti delle persone, in quel 1941, dicevano una sola cosa: paura, ansia, dolore, rabbia. E quel ragazzo svizzero allampanato e poco elegante cominciò a fotografare i rifugiati senza tetto della Germania, i partigiani e gli esuli politici italiani riparati in Ticino. Non avrebbe più smesso. «Papà, non posso più fotografare belle scarpe», scrisse nel ’49 al genitore che lo richiamava alla vita tranquilla, visto che la guerra era ormai finita. La guerra non finisce mai e Bischof lo aveva capito: nel cosiddetto dopoguerra cercava i segni della speranza: «Voglio raccontare come l’Europa educherà la prossima generazione, come la tirerà fuori dalle macerie». Oggi molti fotografi, come Koudelka e Salgado, scelgono di lavorare in tempi lunghi, lui fu il primo, e dovette lottare con le richieste superficiali e i tempi stretti dei rotocalchi che gli compravano i servizi («Life», «Picture Post», «Paris Match», in Italia «Epoca»), a volte ribellandosi: «Non ha senso che mi metta a fare documentazione di eventi politici che qualsiasi bravo reporter statunitense sa fare», reagì con stizza ai richiami alla produttività della sua prima agenzia, la Black Star. Per sua fortuna in quegli anni nasceva il sogno di un altro fotogiornalismo, indipendente e ambizioso: la Magnum di Capa e di Cartier-Bresson, di cui Bischof fu la prima giovane recluta.
Werner Bischof, Indiano, Jaipur città vecchia, India, 1950, vintage, stampa alla gelatina sali d’argento. Collezione Marco Antonetto. (© Werner Bischof / Magnum Photos)
Tra le sale del Max Museo di Chiasso abbiamo tuttavia l’impressione di essere di fronte all’opera di un fotoreporter. E qui ci viene incontro il suo amico fotografo Ernst Haas il quale in un’intervista del 1964, definisce Bischof un uomo «assoluto». Nei suoi lavori vi è una forte tensione alla ricerca della profondità dei fenomeni. La sua lotta per dar voce a chi non ne ha si interruppe tragicamente il 16 maggio 1954, quando Bischof muore, con due accompagnatori, precipitando con l’automobile in un burrone nelle Ande. Nove giorni dopo sua moglie Rosellina darà alla luce il loro secondogenito. È lo stesso giorno in cui Robert Capa, calpestando una mina, muore in Indocina. Forse la fine del fotogiornalismo è cominciata in quel maledetto maggio del 1954... Dove e quando
Werner Bischof. La trasformazione dell’immagine. Chiasso, m.a.x. museo. Fino al 18.1.2015. Informazioni: www.maxmuseo.ch
regalato un momento toccante: quello della riproposizione dell’ultima intervista televisiva di Virna Lisi, ospite dell’Arena lo scorso 20 aprile. Com’è noto, la bellissima attrice marchigiana se n’è andata con discrezione il 18 dicembre, a 78 anni, nella sua casa di Roma, e a Giletti è parso giusto dedicarle un supplemento di memoria, senza ricorrere all’escamotage del fiocchetto rosso. Ottimo. Virna Pieralisi, in arte Lisi, ha parlato di un sogno iniziato prestissimo grazie a una segnalazione di Giacomo Rondinella, cantante e amico di famiglia. Ha raccontato il mondo del cinema italiano, i film girati con Mario Monicelli, Pietro Germi e Luigi Comencini, i premi (sei Nastri d’argento, due David di Donatello, una Palma d’oro a Cannes per La regina Margot di Patrice Chéreau), il periodo trascorso a Hollywood, gli incontri con divi come Frank Sinatra, Tony Curtis, Jack Lemmon, William Holden, il ritorno definitivo a Roma per estraneità dichiarata al marketing delle major americane, intenzionate a fare di lei una nuova Marilyn Monroe svampita. In 30 minuti di intervista, Virna Lisi non ha mai messo in piazza i momenti più intimi, più personali. Ha opposto resistenza a domande pruriginose riguardanti i partner cinematografici, in modo particolare Sinatra, ha sorvolato con infinita eleganza sulla figura di Franco Pesci, il marito amatissimo scomparso pochi mesi prima. Forse è solo un dettaglio tecnico, una cosa di poco conto ma, per una volta, l’intervistato è riuscito a sfregiare la raffinatezza del cattivo gusto dell’intervistatore.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 29 dicembre 2014 ¶ N. 01
19
Cultura e Spettacoli
Note dell’uguaglianza, note della tolleranza Personaggi Intervista ad Archie Shepp, uno dei grandi maestri
L’ascesa di CeeLo Musica Dal coro parrocchiale alla poltrona
rossa della versione statunitense di The Voice, la storia di un’icona mediatica
del jazz moderno, per parlare di musica e cultura neroamericana Alessandro Zanoli
Big Bang Family
Gli mancano solo tre anni per arrivare agli 80, però soffia nel suo sassofono e canta aggredendo il microfono con la grinta di un teenager. Negli ultimi anni sembra aver iniziato un viaggio a ritroso nel tempo, fino a riscoprire le ruvide radici blues che sono alla base del jazz. Ma, vista criticamente, tutta la sua carriera somiglia a una curiosa piroetta all’indietro. Quando cominciò a suonare negli anni ’60 era considerato uno dei più coraggiosi giovani sperimentatori. Tanto che persino John Coltrane, affascinato dal suo stile, aveva deciso di produrgli il primo disco. Era il 1964. «Io ero una specie di apprendista, con lui. Per me e per molti altri musicisti, John è stato una sorta di maestro musicale. Sentivo una forte affinità con le cose che suonava, con la sua profonda spiritualità. Lui mi vedeva come un musicista da sostenere, cosa che ha fatto producendo il mio primo disco. Quando l’ho conosciuto stavo ancora studiando, ricercando, e non mi sentivo sicuramente al suo stesso livello». Ha una voce profonda, da vecchio saggio. Parla soppesando le parole, con calma, cercando i termini più calzanti. Archie Shepp è una persona dall’eleganza molto curata. Completo grigio scuro, gilet, camicia bianca e cravatta, cappello a tesa corta con piega perfetta, bastone da passeggio con pomo in avorio a forma di testa d’anitra. A tratti si esprime in un francese impeccabile. È stato uno dei più importanti sassofonisti dell’epoca free e uno dei più radicali sostenitori dei diritti dei neri americani. Ammiratore di Malcolm X, si è spesso ispirato alla sua figura e ha celebrato la sua battaglia antirazzista. Nel corso degli anni, poi, la rabbia musicale di Shepp si è come stemperata, spingendolo a guardare indietro. È tornato a suonare brani standard del jazz, ma mantenendo in qualche modo una nota tesa, ruvida, nel suo stile. «Qualcuno dice che nel mio suono si sente l’influenza di Coleman Hawkins. Non posso negarlo, era uno dei nostri eroi. Ma io amavo piuttosto Ben Webster, il sassofonista dell’orchestra di Ellington. Era il musicista che ascoltavamo in casa. Mio padre era un musicista blues e amava Ellington, ma anche Benny Goodman o Artie Shaw: lo swing ritmato di quei tempi. Quando ho imboccato per la prima volta il sassofono, è stato inevitabile che venisse fuori il sound del mio preferito».
Nato ad Atlanta nel 1974 Thomas DeCarlo Callaway, meglio noto come CeeLo o CeeLo Green comincia la sua gavetta nel coro parrocchiale sfruttando l’opportunità di avvicinarsi alla musica senza allontanarsi da sua madre, vittima di un terribile incidente stradale. Co-fondatore del collettivo Goodie Mob, CeeLo trova nella musica un’ottima valvola di sfogo capace di rilassarlo e gratificarlo anche nei periodi in cui soffre di depressione, come quello legato alla morte della madre. Nonostante le potenzialità dei singoli componenti, i Goodie Mob non riescono ad imporsi come vorrebbero sul mercato discografico. Dirty South, Soul Food, Cell Therapy e Black Ice ft. OutKast sono senz’altro i singoli che meglio rappresentano le sonorità del team abbracciando alcune tematiche di stampo Native Tongues, un collettivo black di cui facevano parte, A Tribe Called Quest, Jungle Brothers, De La Soul, Queen Latifah, ecc. volto a promuovere un hip-hop maggiormente «consapevole» e culturalmente più elevato rispetto allo «stile gangsta» o al «soul sdolcinato». In seguito CeeLo si distanzia dai Goodie Mob intraprendendo una carriera solista che lo porta, tra le altre cose, alla vittoria di molteplici Grammy Awards. L’esempio perfetto del suo successo è Crazy il singolo ottenuto grazie alla collaborazione con il produttore Danger Mouse con il quale forma il duo Gnarls Barkley, un miscuglio che ha radici in ben più di un genere musicale e che ha, sin da subito, incuriosito gli ascoltatori e i critici del settore. Crazy è un formidabile brano dalle sfumature soul capace di coinvolgere l’ascoltatore anche visivamente grazie all’aiuto del suggestivo videoclip in cui appaiono i volti degli artisti camuffati tra le «macchie di Rorschach». Una nuova sperimentazione video-musicale che per molti versi precede l’odierna tendenza/necessità di rendere un prodotto «audio» più multimediale e fruibile al pubblico, anche se spesso, oggi, questa strategia serve a disperdere le attenzioni dalla canzone, talvolta, di dubbio gusto. Carismatico, ironico ed estroverso CeeLo Green diventa un’icona mediatica prendendo posto sulla poltrona rossa del programma The Voice USA e presenziando in svariati album di colleghi e amici, ma a far parlare di lui sono soprattutto due pettegolezzi che coinvolgono Eminem e Pharrell Williams. Durante un’intervista CeeLo ha dichiarato che in occasione dell’uscita dell’ultimo album dei Goodie Mob avevano contattato Eminem per una collaborazione intitolata White Power, dove gli esponenti del collettivo esprimevano il loro punto di vista sull’argomento. Eminem fu subito molto colpito dalla richiesta e si fece raccontare i dettagli
Dal free alla riscoperta degli standard americani e ora il ritorno al blues: una lunga carriera in continua evoluzione Negli ultimi anni, come detto, un nuovo ritorno al passato. L’amore per il blues ha riportato Archie Shepp alle origini: «Il primo musicista con cui ho suonato a Philadelphia, era Lee Morgan. Eravamo molto amici. Lui aveva 15 anni, io 16. Lui era già un fenomeno, suonava la tromba da un paio d’anni ed era molto bravo. Io sapevo suonare il blues, imparato da mio padre, ma Lee era molto più bravo con le progressioni armoniche. Così mi chiamava per suonare soltanto nei suoi gruppi blues». Ride di gusto, ricordando questi suoi esordi che a un appassionato di jazz sembrano oggi quasi mitologici. Risulta persino difficile trovare in questo anziano, elegante signore, l’intransigente attivista per l’uguaglianza
Nel 2015 compirà 78 anni. (Monette Berthomier)
razziale. Eppure il suo impegno non è mai venuto meno. Anche il suo ultimo album, un lavoro orchestrale di ampio respiro, contiene nuovi arrangiamenti di un disco che Shepp aveva presentato per la prima volta nel 1972. Attica Blues era stato scritto per protesta, dopo l’eccidio perpetrato nella prigione americana di Attica, nello Stato di New York, dove ventinove detenuti furono uccisi al termine di una rivolta. I nuovi arrangiamenti di quell’album sono affidati oggi alla Attica Blues Orchestra, una formazione di ventisei elementi, e il nuovo disco si chiama I hear the sound (Archieball, 2013). Cerchiamo di spiegare a Shepp che in Europa, a volte, il pubblico non riesce a comprendere esattamente i termini e la portata della questione razziale americana. Nel vecchio continente abbiamo l’impressione di non essere altrettanto razzisti: «Non lo so, in America il razzismo può sembrare più radicato, ma ho l’impressione che anche in Europa questi aspetti siano presenti, anche se la scena culturale qui appare maggiormente tollerante. Certo i musicisti neri, qui, hanno più opportunità». L’Attica Blues Orchestra, in effetti, è una formazione in gran parte europea, ma i musicisti neri, in Europa, non sembrano certo condizionati dal razzismo. Shepp guarda all’argomento con disincanto: «A me sembra che, in generale, gli artisti bianchi abbiano maggiori possibilità di essere retribuiti meglio di quanto non lo siano quelli neri. Europa inclusa. In generale penso che si possa dire che lei ha ragione: in Europa i musicisti neri sono più accettati». Il discorso però non si chiude qui, è sempre d’attualità : «Non so se sta seguendo la polemica degli scorsi mesi: in America c’è questo chitarrista rock,
Ted Nugent, che ha iniziato una campagna di discredito verso il presidente Obama. Lo apostrofa con nomi ridicoli, come «subhuman mongrel» «bastardino subumano», chiedendosi come un nero abbia fatto a diventare presidente degli Stati Uniti...». Attento alla realtà che lo circonda, Archie Shepp continua comunque a vedere nella propria musica un elemento che potrebbe attenuare lo scontro razziale, promuovendo la tolleranza: «C’è la speranza che il jazz possa servire come cultura unificante per tutte le componenti della società. Il razzismo potrebbe essere combattuto dall’esempio musicale del jazz, una musica che è creata in modo spontaneo; viene dal cuore e dall’anima, non è una musica accademica, è improvvisata e promuove la comunicazione». Secondo Shepp il jazz eredita la sua carta vincente dall’estetica musicale africana, dove la musica funge da ponte tra gli individui. «L’ascoltatore è chiamato a vivere un’esperienza personale perché nella tradizione africana esiste questo scambio costante tra musicisti e pubblico, tra pubblico e cantastorie. Modelli che chiamiamo di call and response, in cui il leader rivolge un richiamo al pubblico e ne riceve una reazione: questa dinamica si è trasportata nella musica americana dei neri, nella musica da chiesa, nel gospel». Jazz come modello di tolleranza, come ponte tra culture, ma anche come strumento per reclamare i propri diritti contro le ingiustizie sociali. La proposta di Archie Shepp non è idealismo di facciata, ma si manifesta in una pratica musicale coerente e tenace, durata cinquant’anni. Ciò lo rende un personaggio degno di assoluto rispetto e ammirazione.
L’artista statunitense CeeLo Green. (Keystone)
della collaborazione, ma appena gli venne spiegato l’argomento e chiarito il «tono» della canzone, si rifiutò. In seguito al successo planetario di Happy, Pharrell, colui che ha «rimpiazzato» CeeLo in questa stagione di The Voice, ha dichiarato in un’intervista che inizialmente Happy era stata registrata da CeeLo Green. Pharrell Williams ha ribadito: «dovevate sentire la sua versione di Happy, avrebbe stracciato la mia, era davvero fantastica, una canzone speciale in cui CeeLo si è davvero superato» ma quando si parla di «business musicale» la musica viene sempre contemplata per seconda. Pharrell era l’uomo giusto al momento giusto, reduce da moltissime hit e con un disco pronto. Musicalmente parlando F*ck you, meglio nota nella sua versione censurata Forget you è l’apice del successo di CeeLo Green, un brano disimpegnato che racconta una storia d’amore finita male. Una cotta che ancora brucia all’artista, nonostante definisca la sua ex fiamma una materialista ipocrita. Forse è solo gelosia ma non è la prima volta che una canzone di questo genere raggiunge il gradino più altro delle classifiche internazionali. CeeLo ha comunque sempre avuto stile, non solo nello sfoggiare abiti stravaganti durante le sue performance e circondandosi di belle musiciste. È così che lo abbiamo visto all’Hip Hop Kemp di quest’anno, in uno show incredibile che con le sue tinte soul ha riscaldato l’aria di Praga. Big Bang Block Party 2015
Il prossimo 3 gennaio nella palestra delle scuole medie di Stabio ritorna per il sesto anno consecutivo il Big Bang Block Party. Nata da un’idea di Luca Costanzo, presidente e fondatore della Big Bang Associazione la serata si propone come un’occasione per ascoltare musica dal vivo, consacrando la cultura hip-hop. Quest’anno l’associazione, aiutata da Spazio Giovani, Progetto Giovani, comune di Stabio, bar Indios e la fondazione Emanuele Puricelli, ha deciso di puntare su «vecchi» e nuovi guest. A presentare la serata si alterneranno i padroni di casa della Big Bang Family accompagnati da Nx (Massakrasta) mentre sul palco della sesta edizione si esibiranno artisti locali come il collettivo Ticino Project Mayhem aka quelli delle Posse Track firmate TPM, una crew di svariati elementi noti per le loro pubblicazioni mensili, Dj P-Kut e Michel, uno dei pionieri ticinesi di questa cultura, membro dei Metrostars. La serata proseguirà con il live di Musteeno, con Stokka & MadBuddy, accompagnati da dj Shocca aka Roc Beats. A chiudere la sesta edizione del Block Party una leggenda dell’hiphop italiano, ovvero, Kaos One accompagnato da Dj Craim.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 29 dicembre 2014 ¶ N. 01
20
Cultura e Spettacoli
L’energia delle forme Mostre Casa Rusca a Locarno ospita le sculture di Jacques Lipchitz Alessia Brughera Era il 1972 quando lo scultore lituano Jacques Lipchitz fece un breve soggiorno a Locarno. La cittadina sul Lago Maggiore dovette affascinarlo non poco se in quell’occasione prese accordi con lo scultore Remo Rossi per sistemarsi in uno degli atelier che questi metteva a disposizione degli artisti per lavorare. Purtroppo Lipchitz morì pochi mesi prima del trasferimento, e quella visita rimase così il suo unico incontro con Locarno. Esiste anche un suo disegno, realizzato sul posto e oggi conservato presso la Fondazione Remo Rossi, che testimonia questa fugace presenza nonché il rapporto di stima e amicizia che lo legava al collega locarnese. Da questa vicenda è nata l’idea di organizzare proprio a Locarno una mostra su Lipchitz, figura di grande importanza per lo sviluppo della scultura del Novecento. La retrospettiva è allestita alla Pinacoteca Casa Rusca ed è organizzata in collaborazione con la Marlborough Gallery di New York, che rappresenta e cura le opere del maestro. «Considero la scultura una sorta di forza cosmica in azione. Può piacere o meno; la si può capire o non capire, ma se sei in contatto con essa, funziona», questo sosteneva Lipchitz, quasi a voler introdurci alla sua arte, non sempre di facile comprensione ma estremamente suggestiva. Le sue sculture, infatti, si fanno conoscere lentamente: se dapprima si presentano ambigue e complesse, a poco a
poco si rivelano più chiaramente nelle loro forme incisive e ben ritmate. I temi privilegiati da Lipchitz provengono dalla tradizione religiosa ebraica e cristiana, a cui si affiancano soggetti tratti dalla mitologia grecoromana ed elementi desunti dall’arte egizia, da quella africana e dal Barocco. In questa mescolanza di contenuti, Lipchitz non manca mai di conferire un significato politico e sociale alle sue opere, che diventano così espressione non solo dei suoi interessi stilistici ma anche della sua visione del mondo, improntata a nobilitare l’essere umano e a innalzarlo al di sopra delle circostanze terrene segnate spesso dalle ostilità. La sua stessa esistenza, attraversata da numerose sventure tra cui il dramma dell’esilio, gli aveva insegnato a lottare e a credere in un destino migliore. Nella mostra di Casa Rusca sono presenti opere che coprono tutta la carriera artistica di Lipchitz e che ci raccontano del suo modo di lavorare e di concepire la scultura. Troviamo molti disegni, imprescindibili tappe del processo creativo in cui l’artista indaga i temi e le figure da tramutare in strutture plastiche, i bozzetti, che mantengono tutta la spontaneità dell’ispirazione primigenia, e le sculture vere e proprie, da cui emerge il linguaggio peculiare di Lipchitz basato sull’energica interazione dei volumi e delle forme. Il percorso di Locarno parte dal periodo di apprendistato e dalla fase cubista di Lipchitz. Sono questi gli anni in cui l’artista vive a Parigi (vi arriva nel 1909), dove conosce Le Corbusier, Die-
go Rivera, Modigliani, ma soprattutto Picasso e Braque, con cui condivide le idee e i progetti che sono alla base della sua applicazione del lessico cubista all’arte scultorea. Di questo momento, esposte a Locarno, sono di grande interesse le due Sculture in bronzo realizzate nel 1915 e nel 1916, che appaiono come pezzi quasi architettonici plasmati con un forte senso della costruzione e una rigorosa semplicità formale. Questi lavori dimostrano come il Cubismo abbia indicato a Lipchitz la via a lui più congeniale attraverso cui rimodellare lo spazio. La sua ricerca lo porta poi a sostituire le brusche strutture cubiste con volumi più arrotondati e dinamici fondati sull’intreccio degli elementi spaziali. Nascono così le cosiddette «sculture trasparenti», create con cartone e cera e poi fuse in bronzo, a cui Lipchitz lavora a più riprese esplorando le potenzialità del vuoto. Il passo successivo è il perfezionamento di un linguaggio plastico che si affida alla simultaneità dei piani e alla compenetrazione delle forme, con cui l’artista riesce a conferire movimento all’opera rimuovendo il superfluo a favore dell’essenzialità. La sua scultura adesso vive di connessioni e di contrasti e il suo articolato universo iconografico si correda di figure dalla grande forza evocativa. I lavori di piccole dimensioni non gli bastano più. Lipchitz avverte l’esigenza della creazione su grande scala e intraprende rilevanti progetti per spazi pubblici.
Jacques Lipchitz Hagar, 1949-57 Bronzo. (© The Estate of Jacques Lipchitz, courtesy Marlborough International Fine Art)
L’esposizione prosegue documentando questa evoluzione con un’opera alta quasi tre metri dal titolo Government of the People, del 1967, collocata nel cortile, e con una nutrita serie di bozzetti per sculture monumentali compiute soprattutto negli Stati Uniti, dove Lipchitz emigra nel 1941 (dopo l’occupazione di Parigi da parte dei tedeschi) grazie all’aiuto di importanti amici americani. Tra i vari studi raccolti a Casa Rusca ci sono quelli per l’opera del 1954 The Spirit of Enterprise, installata nel Fairmount Art Park di Philadelphia, e per Bellerofonte che doma Pegaso, situata davanti alla Columbia University di New York. Interessanti sono anche i modelli per la scultura e la porta della Roofles Church di New Harmony in Indiana: Between Heaven and Earth III del 1958, ad esempio, è un bozzetto dalla marcata verticalità e dal ritmo ascensionale che l’artista riveste di un significato fortemente simbolico. Negli anni Sessanta Lipchitz incomincia a frequentare anche l’Italia. Acquista una casa a Pieve di Camaiore
e si reca spesso alla Fonderia Tommasi di Pietrasanta per ricavare i suoi bronzi. La mostra presenta alcune sculture che richiamano immagini e impressioni tipicamente italiane, come quelle dedicate alla Commedia dell’Arte. I bozzetti per l’imponente opera Our Tree of Life, l’ultima fatica di Lipchitz, concludono il percorso espositivo. Anche in questi lavori, la poetica e vigorosa tensione tra le forme e la figurazione intrisa di contenuti sociali proiettano la sua scultura al di là della semplice rappresentazione artistica, facendola diventare uno strumento di scoperta dell’uomo. Dove e quando
Jacques Lipchitz (1891-1973). Retrospettiva. Pinacoteca comunale Casa Rusca, Locarno. Fino al 6 gennaio 2015. Mostra a cura di Riccardo Carazzetti e Kosme de Barañano, in collaborazione con la Marlborough Gallery di New York. Orari: da ma a do 10.00-12.00/14.00-17.00, lu chiuso. www.locarno.ch Annuncio pubblicitario
A B M O B E N A M I T SET Offerte valide dal 30 dicembre 2014 al 12 gennaio 2015
Bibita a scelta da 5 dl 1.50 all’acquisto di un sandwich a partire da 6.–
Assapora la varietà.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 29 dicembre 2014 ¶ N. 01
21
Cultura e Spettacoli
Una quaterna fortunata e funesta Teatro Divertente commedia di Eduardo in scena a Chiasso l’8 gennaio
Giovanni Fattorini Credo che sia impossibile pensare Napoli senza pensare anche al gioco del lotto e alla Smorfia, il ponderoso libro cabalistico (quello di mia proprietà conta 583 pagine) dove le parole, gli eventi, le persone, gli animali e gli oggetti che si vedono e si ascoltano nei sogni sono associati a uno o più numeri coi quali è legalmente permesso di tentare la fortuna: tentazione costante – e quasi sempre illusoria – per chi vive in condizioni disagiate o miserevoli. Se non è possibile pensarla ai giorni nostri, lo era ancor meno nel 1936, quando Eduardo De Filippo scrisse e mise in scena la commedia in due atti Sogno di una notte di mezza sbornia, liberamente tratta da La Fortuna si diverte di Athos Setti. (Quattro anni dopo scriverà Non ti pago: altra commedia, bellissima, che parla del gioco del lotto).
Luca De Filippo in una pièce che porta in scena i temi più cari al grande teatro napoletano Protagonista del Sogno eduardiano (il titolo richiama parodicamente lo shakespeariano Sogno di una notte di mezza estate) è Pasquale Grifone, un facchino che vive in un basso disadorno insieme con la moglie Filomena e i
figli Arturo e Gina. A Pasquale non dispiace alzare il gomito. Una notte – lui pensa per effetto di un mezzo litro «misturato» – sogna di trovarsi in un fantasmagorico Paradiso, faccia a faccia con Dante Alighieri (di cui possiede un busto che ha tentato invano di vendere). Il sommo poeta gli dà quattro numeri, e dopo avergli annunciato che lo renderanno milionario, lo avverte che indicano anche l’ora e la data non remota della sua morte. Pasquale gioca una quaterna secca, e spera alternamente di vincere e non vincere. I numeri vengono estratti. Con l’arrivo dei soldi, lo stile di vita dei Grifone (Filomena e figli) cambia radicalmente. Sempre più posseduto dal pensiero della morte imminente, Pasquale rimane invece fedele a sé stesso. Come poi vadano le cose, mi pare giusto tacerlo, anche perché la sorpresa finale rimette tutto in questione e rinnova la suspense. A tratti in bilico tra commedia e farsa, a tratti decisamente farsesco, Sogno di una notte di mezza sbornia è un testo in lingua e in dialetto che ha dei momenti di spiritata lievità. Il regista Armando Pugliese ha saputo valorizzarli grazie anche alle musiche di Nicola Piovani, e ne ha creati di nuovi sfruttando con tocco quasi favolistico la scena di Bruno Buonincontri, che ha immaginato il basso dei Grifone come una pedana leggermente soprelevata, circondata più sotto da una stradicciola che i personaggi in arrivo percorrono con diversa andatura, e accompagnati da musiche diverse, prima di
Carolina Rosi e Luca De Filippo nella pièce Sogno di una notte di mezza sbornia. (© Federico Riva)
varcare la porta d’ingresso che si apre sul fondo. Nell’affettare gesti e intonazioni da signora elegante, la strafalcionesca e ingioiellata Filomena di Carolina Rosi – appariscente parvenue con tacchi a spillo, acconciatura adorna di un’aigrette purpurea, passettini da musmè per via dell’abito fasciante che la stringe ai ginocchi – è ancor più caricaturale di quella disegnata da Pupella Maggio nella trasposizione cinematografica realizzata da Eduardo nel ’59. Di fronte a
tanta artificiosità, il Pasquale Grifone di Luca De Filippo, benché impostato lui pure in chiave antinaturalistica, manifesta costantemente un fondo di genuinità popolaresca – quella stessa del primo atto – rimasta incorrotta per disposizione caratteriale e per effetto sia del pensiero ossessivo della morte, sia del timore di sembrare «un lazzaro arricchito». Pur ricalcando in qualche breve passaggio – ma con palese intenzione di rendere omaggio al genitore – certi modi recitativi di Eduardo, Luca
De Filippo ci offre un’interpretazione ammirevolmente personale, che in prevalenza diverte e a tratti inquieta. Quanto agli altri componenti la compagnia, sono con maggiore o minor rilievo tutti degni eredi della grande tradizione del teatro napoletano. Dove e quando
Milano, Teatro Franco Parenti, fino al 6 gennaio; Chiasso, Cinema Teatro, l’8 gennaio. Annuncio pubblicitario
E N O I Z U D I R I D 30%
30% 8.25 8 25 invence di 11.80 Set di 4 squisite salse HEINZ 4 x 220 ml
OFFERTA VALIDA SOLO DAL 30.12.2014 AL 05.01.2015, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
Trovi le deliziose salse Heinz è in vendita alla tua Migros
R E T T A B N U IN F E H C D’OCCHIO.
USTA I G A Z A. PEZI LA S I PIETAN OGN PER
3.50 Condimento per carne LeChef 65 g
GRAZIE ALLE NUOVE MISCELE DI SPEZIE LE CHEF PREPARI PIATTI GUSTOSI IN MEN CHE NON SI DICA. Spezie di uso quotidiano senza additivi per una qualità tutta da gustare.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 29 dicembre 2014 ¶ N. 01
23
Idee e acquisti per la settimana
shopping San Silvestro stuzzicante
Specialità Le pescherie di Migros Ticino offrono alcune varietà della «regina dei molluschi»: l’ostrica
Per molti è impensabile un cenone di San Silvestro senza ostriche. Si gustano al meglio crude, semplicemente con uno spruzzo di succo di limone, servite su un letto di ghiaccio. Si possono anche abbinare ad una fetta di pane imburrato, ma vanno evitati condimenti troppo pronunciati per non comprometterne il delicato sapore. Anche se le loro virtù afrodisiache non sono certe, le ostriche sono sicuramente un alimento sano, dal momento che hanno poche calorie e grassi, ma sono ricche di importanti proteine, vitamine e minerali. Inoltre hanno un basso contenuto di colesterolo. Infine, presso le pescherie trovate pure lo speciale coltello apriostriche.
Ostriche in degustazione il 31.12 a S. Antonino
Keystone
Appuntamento imperdibile per tutti gli amanti delle ostriche, quello proposto presso il Centro S. Antonino l’ultimo giorno dell’anno. A partire dalle 11.00 si potranno infatti degustare le pregiate ostriche francesi Marennes. Per l’occasione le medesime saranno in vendita nella confezione da sei ad un prezzo particolarmente vantaggioso.
Flavia Leuenberger
Tradizione nel piatto Gli insaccati da cuocere sono parte integrante del periodo festivo e invernale. Senza scordare che, come vuole la tradizione, gustare cotechino o zampone con lenticchie la notte di Capodanno è di buon augurio per l’anno nuovo. I cotechini e il borsotto dei Nostrani del Ticino Migros nascono dalla pluriennale esperienza e passione della Salumi Val Mara di Maroggia per le cose genuine e ricche di gusto. A base di carni di animali nati e allevati in Ticino, vengono lavorati con cura da mani esperte nel rispetto di ricette di un tempo. Consigli di preparazione: il borsotto va riscaldato per 45 minuti in acqua calda, mentre al cotechino serve un’oretta di cottura in acqua calda ma non bollente. Bucherellare quest’ultimo solo a fine cottura per non disperderne i succhi.
Borsotto 100 g Fr. 3.10 Cotechino di vitello 100 g Fr. 2.70
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 29 dicembre 2014 ¶ N. 01
24
Idee e acquisti per la settimana
La corona dei Re Magi Attualità Il tradizionale dolce dell’Epifania è già disponibile da questa settimana Ingredienti semplici e genuini quali zucchero, burro, uova, farina, mandorle e uva sultanina: lavorati con maestria dagli abili pasticceri Jowa, danno vita al dolce lievitato dell’Epifania per antonomasia: la corona dei Re Magi. Come vuole la tradizione, il 6 gennaio tutta la famiglia si riunisce per gustarsi la specialità e chi in una fetta trova la figurina a forma di re o regina potrà regnare per un giorno intero indossando la corona acclusa alla confezione. Quest’anno la corona dei Re Magi Migros è disponibile anche nella variante da 420 grammi con ingredienti esclusivamente di produzione biologica, vale a dire ottenuti nel pieno rispetto della natura e dell’ambiente.
Corona dei Re Magi bio* 420 g Fr. 4.70 Flavia Leuenberger
Corona dei Re Magi con uva sultanina 420 g Fr. 3.90 Corona dei Re Magi senza uva sultanina 420 g Fr. 3.90 *In vendita nelle maggiori filiali Migros.
Arriva la Befana!
Cosa lascerà la Befana nella calza appesa al camino il giorno dell’Epifania, il 6 gennaio, quando arriverà a cavallo della sua scopa? Dolcetti o carbone? A noi piace pensare che tutti i bambini, anche i più birichini, riceveranno qualcosa di bello e buono. Come quello contenuto nella calza «Dolce magia» dove, oltre a dolcetti vari, vi è pure una gradita sorpresa. Calza della Befana 350 g Fr. 8.90 In vendita nelle maggiori filiali Migros.
Uva portafortuna
Il 31 dicembre mangiare dodici chicchi d’uva prima dello scoccare della mezzanotte porterà ricchezza e fortuna nel nuovo anno. Questa tradizione di origini spagnole è nata all’inizio del ventesimo secolo allorquando vi fu un raccolto molto abbondante e i viticoltori invitarono la popolazione a consumare dodici acini ciascuno per smaltire le scorte. Il momento scelto fu proprio l’ultimo giorno dell’anno e da allora divenne un’usanza fissa. Se anche voi volete seguire questa tradizione iberica, attualmente alla Migros trovate la squisita uva bianca spagnola Aledo in promozione.
Melagrana per l’abbondanza
In molte culture simbolo di vita, fertilità e potenza, la melagrana non dovrebbe mai mancare nella fruttiera durante le Feste. I suoi arilli cristallini e traslucidi si staccano dal frutto con un cucchiaio. Il loro sapore è piacevolmente acidulo e rinfrescante. Sotto forma di sciroppo diventa granatina ed è molto amata dai bambini. I chicchi di melagrana regalano un sapore originale e rinfrescante all’insalata; ma si apprezzano anche nelle zuppe, nel risotto oppure come guarnizione in una flûte di spumante.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 29 dicembre 2014 ¶ N. 01
25
Idee e acquisti per la settimana
«Qui si parla itagliano!» Torta i punti vendita Migros del Ticino
beneaugurante
Per un breve periodo di tre giorni – martedì 16, mercoledì 17 e giovedì 18 dicembre – in gran parte dei supermercati Migros il DVD dei Frontaliers era andato esaurito. Finora in Ticino sono state vendute qualcosa come oltre 30’000 copie. Se non volete restare a bocca asciutta, affrettatevi a procurarvelo. Per quanto riguarda il Canton Grigioni, il DVD resta in vendita alla sede della Pro Grigioni italiano di Soazza e agli sportelli dei comuni di Castaneda, Bregaglia, Soazza, Roveredo, Brusio e Poschiavo. Tutto il ricavato della vendita del DVD sarà devoluto a un progetto che intende promuovere l’italiano in Svizzera.
Ecco un dolce perfetto per la notte di Capodanno: la torta di pan di spagna e crema ricoperta di prelibata crema al burro. Oltre che per la sua bontà, il dolce colpisce anche per l’originale guarnizione di cioccolato che raffigura un orologio
Attualità Il DVD dei Frontaliers è ancora disponibile in quasi tutti
puntato a cinque minuti da mezzanotte. Ce la faranno tutti gli ospiti a gustarsi la propria fetta entro l’arrivo del nuovo anno? Crediamo proprio di sì. La torta è in vendita solo il 30 e 31 dicembre presso i banchi pasticceria artigianale Migros. Annuncio pubblicitario
AZIONE E
RIDUZION di
CHF 2.– NO SU OGNU TTI O D DEI 2 PRO TI A T ACQUIS
7.40 invece di 9.40 per es. colorazione Syoss, nuance 8-6, Biondo Chiaro
In vendita nelle maggiori filiali Migros.
SU TUTTE LE COLORAZIONI DI SCHWARZKOPF E SYOSS, OFFERTA VALIDA SOLO DAL 31.12.2014 AL 12.01.2015, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
Schwarzkopf e Syoss sono in vendita alla tua Migros
Tutte le offerte sono valide dal 30.12.2014 al 12.1.2015, fino a esaurimento dello stock.
50%
40% 30%
448.– Head Sci da donna Mya No. 5 Con attacchi Mya 10 PR.
164.50
498.–
Jack Wolfskin Giacca piumino da donna Taglie S – XL.
Rossignol Sci da gara Radical 8SL Con attacchi Axium 120S TPI.
50%
124.–
40%
348.– Völkl Sci da gara Code PSI Con attacchi SMotion 12.0 TC.
www.sportxx.ch Ordina ora online senza costi di spedizione.
Obscure Giacca da neve da donna Taglie 36 – 44.
50%
94.50 Puma Scarponcino invernale Caminar III Gore-Tex Numeri 37– 45.
50%
129.50
Extend Giacca da neve da uomo Taglie S – 3XL.
30%
119.– Giro Casco da sci e da snowboard G10
. A B M O B E N SETTIMA
20% 40%
50%
11.50 invece di 19.20
7.10 invece di 14.25
Pizza M-Classic in conf. da 4 per es. pizza del padrone, 4 x 370 g
Wienerli M-Classic in conf. da 5 Svizzera, 5 x 4 pezzi, 1 kg
Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli M-Budget e quelli già ridotti. OFFERTE VALIDE SOLO DAL 30.12.2014 AL 5.1.2015, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
–.75 invece di –.95 Tutti gli yogurt Excellence per es. al caramello, 150 g
FRESCHEZZA STRAORDINA RIA A PREZZI BOMBA. 30%
50%
25%
30%
30%
40%
4.90 invece di 7.10
1.15 invece di 1.70
2.65 invece di 3.80
7.80 invece di 13.–
Fettine fesa di vitello, TerraSuisse Svizzera, imballate, per 100 g
Spezzatino di maiale, TerraSuisse Svizzera, imballato, per 100 g
Prosciutto cotto al forno Svizzera, per 100 g
Cosce di pollo Optigal Svizzera, al kg, per es. al naturale, 4 pezzi
30%
40%
30%
1.65 invece di 3.30
2.95 invece di 3.95
4.30 invece di 6.20
1.85 invece di 2.70
3.35 invece di 5.60
Pomodori ciliegia a grappolo Spagna / Italia, vaschetta da 500 g
Formentino Ticino, imballato, per 100 g
Scamone di manzo Uruguay, imballato, per 100 g
Mini filetti di pollo Unione Europea, imballati, per 100 g
Gamberetti tail-on cotti* d’allevamento, Vietnam, per 100 g
30%
25%
30%
30%
25%
2.30 invece di 3.30
3.65 invece di 4.90
17.– invece di 24.35
1.85 invece di 2.50
4.10 invece di 5.15
Zucchine Spagna / Italia, al kg
Clementine a foglia Italia, imballate, 1,5 kg
Caseificio Leventina prodotto in Ticino, a libero servizio, al kg
Orata reale 300–600 g Grecia, per 100 g (fino al 3.1)
Tutti i prodotti di salumeria Gusto del Sol Roastbeef cotto 20% di riduzione, per es. prosciutto crudo Serrano, Svizzera / Germania, affettato in vaschetta, Spagna, per 100 g per 100 g
*In vendita nelle maggiori filiali Migros. Società Cooperativa Migros Ticino OFFERTE VALIDE SOLO DAL 30.12.2014 AL 5.1.2015, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
4.95 invece di 7.20
PIÙ BONTÀ PER MENO SOLDI. 40%
30%
20%
33%
50%
2.50 invece di 4.20
9.– invece di 12.90
1.30 invece di 1.65
8.50 invece di 17.–
14.45 invece di 21.60
Arance bionde Spagna, retina da 2 kg
Cappelletti ai funghi o al prosciutto M-Classic in conf. da 3 3 x 250 g, per es. ai funghi
Appenzeller Classic per 100 g
Tavolette di cioccolato Frey da 100 g in conf. da 10, UTZ per es. al latte e alle nocciole
Cafino in sacchetto in conf. da 2, UTZ 2 x 550 g
30%
30%
20%
50%
2.50 invece di 3.60
5.90 invece di 7.50
5.85 invece di 7.35
4.30 invece di 6.15
4.05 invece di 8.10
Pere Kaiser Alexander Svizzera, al kg
Tulipani diversi colori, mazzo da 10, 20% di riduzione
Mini Babybel 15 x 22 g
Rösti Original in conf. da 3 3 x 500 g
Tutti gli Ice Tea in bottiglie di PET in conf. da 6 x 1,5 l per es. al limone
30%
33% 9.90 invece di 12.90
5.95 invece di 8.90
1.90 invece di 2.40
8.25 invece di 11.80
Azalea Christine in vaso da 12 cm, la pianta, 20% di riduzione
Tutti i tipi di caffè in chicchi da 1 kg, UTZ per es. Boncampo
Tutte le noci Party 20% di riduzione, per es. noci miste salate, 200 g
Salse Heinz Homestyle in conf. da 4 4 x 230 g
OFFERTE VALIDE SOLO DAL 30.12.2014 AL 5.1.2015, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
MIGGY FA SCOPPIARE I PREZZI.
2.– invece di 2.40
17.90
24.90
5.90
Tutto l’assortimento di prodotti da forno per l’aperitivo Party e di mini cracker Pic 15% di riduzione, per es. cracker alla pizzaiola, 150 g
Calze da uomo in tinta unita in conf. da 10 per es. nere, offerta valida fino al 12.1.2015
Pigiama da uomo con 2 paia di pantaloni 1 pantalone corto, 1 pantalone lungo, offerta valida fino al 12.1.2015
Accessori per scarpe in conf. da 2 per es. solette termiche, numeri 36/37–44/45, offerta valida fino al 12.1.2015
30% 9.10 invece di 13.–
11.20 invece di 14.–
9.90
8.90
Délice di pollo Don Pollo surgelati, busta da 1 kg
Involtini primavera con verdura o pollo J. Bank’s in conf. da 2 surgelati, 20% di riduzione, per es. involtini primavera con pollo, 2 x 6 pezzi
Slip maxi da donna e culottes Ellen Amber Lifestyle in conf. da 3 per es. slip maxi, bianco, offerta valida fino al 12.1.2015
Gambaletti da donna 40 den in conf. da 5 per es. colore nero, taglia unica, offerta valida fino al 12.1.2015
30%
30%
40%
50%
3.65 invece di 5.20
3.90 invece di 5.90
9.90
5.– invece di 9.30
23.10 invece di 46.30
10.40 invece di 13.–
Salse per insalata M-Classic pronte in conf. da 2 per es. French Dressing, 2 x 700 ml
Spinaci alla panna o piselli dell’orto Farmer’s Best surgelati, per es. spinaci alla panna, 1 kg
Diversi slip da donna Ellen Amber Lifestyle in confezioni multiple per es. slip midi in conf. da 3, bianco, offerta valida fino al 12.1.2015
Appendiabiti, set da 12 offerta valida fino al 12.1.2015
Detersivi Elan in conf. risparmio XXL per es. Power Fresh, 7,5 kg, offerta valida fino al 12.1.2015
Ammorbidenti Exelia in conf. da 2 20% di riduzione, per es. Florence, 2 x 1,5 l, offerta valida fino al 12.1.2015
OFFERTE VALIDE SOLO DAL 30.12.2014 AL 5.1.2015, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
IL MAIALINO SALVADA NAIO CONSIGLIA. 3 per 2 12.90 invece di 17.–
14.85 invece di 19.80
4.80 invece di 6.40
3.60 invece di 5.40
Sacchi per la spazzatura Cleverbag Herkules, set da 5 5 rotoli da 35 l, 25% di riduzione
Panni di ricambio asciutti o bagnati Twist in conf. da 3 25% di riduzione, per es. panni di ricambio bagnati L, 3 x 20 pezzi
Spugnette Soft & Strong Miobrill 4 x 3 pezzi, 25% di riduzione
Detersivo per i piatti Handy e Manella in conf. da 3 per es. Handy, 3 x 750 ml, offerta valida fino al 12.1.2015
2 per 1
40%
40%
5.60 invece di 6.80
59.– invece di 103.80
14.80
7.90 invece di 15.80
Tutti i cestelli e detergenti per WC Hygo in conf. da 2 1.20 di riduzione, per es. detergente per WC Power al pompelmo, 2 x 750 ml
Padelle Titan Cucina & Tavola, set da 2 indicate anche per i fornelli a induzione, Ø 28 cm e 20 cm
Pirofile da forno Arcuisine, set da 2 per es. rettangolari, 35 x 22 cm e 32 x 20 cm
Bicchieri da long drink o da acqua Cucina & Tavola Tricolore in conf. da 3 per es. bicchieri da long drink, 3 x 36 cl
2 per 1
33%
33%
4 per 2
16.95 invece di 28.30
4.60 invece di 6.90
5.–
9.60 invece di 19.20
35.80 invece di 53.70
5.40 invece di 10.80
Carta igienica Hakle in confezioni multiple per es. camomilla, FSC, 30 rotoli, offerta valida fino al 12.1.2015
Panni in microfibra Miobrill, set da 3 per es. strofinacci, 3 pezzi
Panni detergenti universali in fleece 15 pezzi
Stoviglie per il forno a microonde o shaker Topline per es. shaker, 2 x 500 ml
Avanti Box, set da 3
Tovaglioli di carta Cucina & Tavola in conf. da 4, FSC per es. verde / giallo, 40 x 40 cm, 4 x 30 pezzi
OFFERTE VALIDE SOLO DAL 30.12.2014 AL 12.1.2015, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
a
li pe r i fa n di
M
ri
r
o t ic
A lt
... gy
A I C C A C A È MIGGY DI PREZZI.
ig
A N U T R O F A L CON MIGGY A L L A D E R P M E S SARÀ TUA PARTE.
ul
14.90 Maglie a maniche lunghe per bambini in conf. da 2 disponibili in diversi colori, taglie 104–152, per es. maglia a maniche lunghe per bambini, blu, offerta valida fino al 12.1.2015
8.90
9.90
24.90
Fantasmini, calzini bio e gambaletti da donna in conf. da 3 per es. fantasmini, offerta valida fino al 12.1.2015
Calzini sportivi e calzini da uomo in conf. da 5 per es. calzini sportivi, grigi, offerta valida fino al 12.1.2015
Biancheria intima da uomo in conf. da 10 per es. boxer da uomo, nero
30% 6.10 invece di 8.75 Set di rulli per abiti 1 rullo e 2 rotoli di ricambio, offerta valida fino al 12.1.2015
OFFERTE VALIDE SOLO DAL 30.12.2014 AL 5.1.2015, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
to
p. ch
... s
si
ww
s w.m-fan
ho
FRUTTA E VERDURA Pomodori ciliegia a grappolo, Spagna / Italia, vaschetta da 500 g 1.65 invece di 3.30 50% Zucchine, Spagna / Italia, al kg 2.30 invece di 3.30 30% Pere Kaiser Alexander, Svizzera, al kg 2.50 invece di 3.60 30% Arance bionde, Spagna, retina da 2 kg 2.50 invece di 4.20 40% Formentino, Ticino, imballato, per 100 g 2.95 invece di 3.95 25% Clementine a foglia, Italia, imballate, 1,5 kg 3.65 invece di 4.90 25%
PESCE, CARNE E POLLAME Wienerli M-Classic in conf. da 5, Svizzera, 5 x 4 pezzi, 1 kg 7.10 invece di 14.25 50% Prosciutto cotto al forno, Svizzera, per 100 g 2.65 invece di 3.80 30% Tutti i prodotti di salumeria Gusto del Sol, per es. prosciutto crudo Serrano, Spagna, per 100 g 4.10 invece di 5.15 20% Cosce di pollo Optigal, Svizzera, per es. al naturale, 4 pezzi, al kg 7.80 invece di 13.– 40% Gamberetti tail-on cotti, d’allevamento, Vietnam, per 100 g 3.35 invece di 5.60 40% * Fettine fesa di vitello, TerraSuisse, Svizzera, imballate, per 100 g 4.90 invece di 7.10 30% Mini filetti di pollo, Unione Europea, imballati, per 100 g 1.85 invece di 2.70 30% Orata reale 300–600 g, Grecia, per 100 g (fino al 3.1) 1.85 invece di 2.50 25% Roastbeef cotto, Svizzera / Germania, affettato in vaschetta, per 100 g 4.95 invece di 7.20 30% Scamone di manzo, Uruguay, imballato, per 100 g 4.30 invece di 6.20 30% Spezzatino di maiale, TerraSuisse, Svizzera, imballato, per 100 g 1.15 invece di 1.70 30%
PANE E LATTICINI Mezza panna per salse, mezza panna acidula o M-Dessert Valflora, –.20 di riduzione, per es. mezza panna acidula, 180 ml 1.05 invece di 1.25 Tutti gli yogurt Excellence, per es. al caramello, 150 g –.75 invece di –.95 20% Dessert Tradition, per es. alla crema e al cioccolato, 175 g 1.– invece di 1.30 20% Appenzeller Classic, per 100 g 1.30 invece di 1.65 20% Mini Babybel, 15 x 22 g 5.85 invece di 7.35 20%
*In vendita nelle maggiori filiali Migros. Società Cooperativa Migros Ticino
Caseificio Leventina, prodotto in Ticino, a libero servizio, al kg 17.– invece di 24.35 30%
FIORI E PIANTE Rose, Fairtrade, in diversi colori, gambo da 60 cm, mazzo da 7 14.90 invece di 19.90 25% Tulipani, diversi colori, mazzo da 10 5.90 invece di 7.50 20% Azalea Christine, in vaso da 12 cm, la pianta 9.90 invece di 12.90 20%
ALTRI ALIMENTI Tavolette di cioccolato Frey da 100 g in conf. da 10, UTZ, per es. al latte e alle nocciole 8.50 invece di 17.– 50% Biscotti Walkers Highlanders, Chocolate Chip o Chocolate Chunk in conf. da 3, per es. Highlanders, 3 x 200 g 9.95 invece di 13.50 25% Tutti i biscotti in confezione a tubo (prodotti Alnatura esclusi), –.50 di riduzione l’una, per es. biscotti margherita, 210 g 1.40 invece di 1.90 Bevande istantanee per la colazione Califora, Eimalzin e Banago in conf. da 2, per es. Banago, 2 x 600 g 12.60 invece di 15.80 20% Tutti i tipi di caffè in chicchi da 1 kg, UTZ, per es. Boncampo 5.95 invece di 8.90 33% Cafino in sacchetto in conf. da 2, UTZ, 2 x 550 g 14.45 invece di 21.60 33% Involtini primavera con verdura o pollo J. Bank’s in conf. da 2, surgelati, per es. involtini primavera con pollo, 2 x 6 pezzi 11.20 invece di 14.– 20% Spinaci alla panna o piselli dell’orto Farmer’s Best, surgelati, per es. spinaci alla panna, 1 kg 3.90 invece di 5.90 30% Délice di pollo Don Pollo, surgelati, busta da 1 kg 9.10 invece di 13.– 30% Tutti gli Ice Tea in bottiglie di PET in conf. da 6 x 1,5 l, per es. al limone 4.05 invece di 8.10 50% Rösti Original in conf. da 3, 3 x 500 g 4.30 invece di 6.15 30% Salse per insalata M-Classic pronte in conf. da 2, per es. French Dressing, 2 x 700 ml 3.65 invece di 5.20 30% Salse Heinz Homestyle in conf. da 4, 4 x 230 g 8.25 invece di 11.80 30% Minestre Bon Chef in conf. da 3, per es. minestra con polpettine di carne con vermicelli, 3 x 74 g 3.– invece di 4.50 33% Tutti gli articoli Subito, a partire dall’acquisto di 2 prodotti, –.70 di riduzione l’uno, per es. pasta all’arrabbiata, 160 g 2.– invece di 2.70
NEAR FOOD / NON FOOD Prodotti per capelli Pantene Pro-V in conf. da 2, per es. shampoo Repair & Care, 2 x 250 ml 5.95 invece di 8.50 30% ** Tutte le colorazioni Syoss e Schwarzkopf, a partire dall’acquisto di 2 confezioni, 2.– di riduzione l’una, per es. Syoss castano medio 4–1, la confezione 7.40 invece di 9.40 ** Tutti i prodotti per il viso e multiuso Nivea, prodotti Nivea for Men inclusi (escluse confezioni multiple), per es. ricca crema da giorno, 50 ml 6.– invece di 7.50 20% ** Creme per il corpo, per le mani e multiuso Nivea in conf. da 2 (prodotti Nivea for Men esclusi), per es. latte per il corpo ad azione intensa, 2 x 400 ml 8.40 invece di 10.50 20% ** Gel di base Gillette in conf. da 2, 2 x 200 ml 6.35 invece di 7.50 15% Offerta valida fino al 26.1.2015 Diversi slip da donna Ellen Amber Lifestyle in confezioni multiple, per es. slip midi in conf. da 3, bianco 9.90 ** Slip maxi da donna e culottes Ellen Amber Lifestyle in conf. da 3, per es. slip maxi, bianco 9.90 ** Fantasmini, calzini bio e gambaletti da donna in conf. da 3, per es. fantasmini 8.90 ** Gambaletti da donna 40 den in conf. da 5, per es. neri, taglia unica 8.90 ** Calze da uomo in tinta unita in conf. da 10, per es. nere 17.90 ** Calzini sportivi e calzini da uomo in conf. da 5, per es. calzini sportivi, grigi 9.90 ** Biancheria intima da uomo in conf. da 10, per es. boxer da uomo, nero 24.90 Pigiama da uomo con 2 paia di pantaloni, 1 pantalone corto, 1 pantalone lungo 24.90 ** Accessori per scarpe in conf. da 2, per es. solette termiche, numeri 36/37–44/45 5.90 ** Maglie a maniche lunghe per bambini in conf. da 2, disponibili in diversi colori, per es. maglia a maniche lunghe per bambini, blu, taglie 104–152 14.90 ** Detersivi Elan in conf. risparmio XXL, per es. Power Fresh, 7,5 kg 23.10 invece di 46.30 50% **
**Offerta valida fino al 12.1.2015
OFFERTE VALIDE SOLO DAL 30.12.2014 AL 5.1.2015, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
Ammorbidenti Exelia in conf. da 2, per es. Florence, 2 x 1,5 l 10.40 invece di 13.– 20% ** Detersivo per i piatti Handy e Manella in conf. da 3, per es. Handy, 3 x 750 ml 3.60 invece di 5.40 3 per 2 ** Tutti i cestelli e detergenti per WC Hygo in conf. da 2, 1.20 di riduzione, per es. detergente per WC Power al pompelmo, 2 x 750 ml 5.60 invece di 6.80 ** Carta igienica Hakle in confezioni multiple, per es. camomilla, FSC, 30 rotoli 16.95 invece di 28.30 40% ** Sacchi per la spazzatura Cleverbag Herkules, set da 5, 5 rotoli da 35 l 12.90 invece di 17.– 25% ** Appendiabiti, set da 12, 5.– invece di 9.30 40% ** Avanti Box, set da 3, 35.80 invece di 53.70 33% ** Spugnette Soft & Strong Miobrill, 4 x 3 pezzi 4.80 invece di 6.40 25% ** Panni detergenti universali in fleece, 15 pezzi 5.– ** Set di rulli per abiti Twist, 1 rullo e 2 rotoli di ricambio 6.10 invece di 8.75 30% ** Panni in microfibra Miobrill, set da 3, per es. strofinacci, 3 pezzi 4.60 invece di 6.90 33% ** Panni di ricambio asciutti o bagnati Twist in conf. da 3, per es. panni di ricambio bagnati L, 3 x 20 pezzi 14.85 invece di 19.80 25% ** Candele profumate Ambiance con cambio colore, per es. alla vaniglia, 2 pezzi 6.90 ** Candele scaldavivande Ambiance in conf. da 2, 2 x 100 pezzi 6.– invece di 9.– 33% ** Profumo per ambienti Ambiance in conf. da 2, per es. all’arancia, 2 x 100 ml 9.80 invece di 19.60 50% ** Stoviglie per il forno a microonde o shaker Topline, per es. shaker, 2 x 500 ml 9.60 invece di 19.20 2 per 1 ** Padelle Titan Cucina & Tavola, set da 2, indicate anche per i fornelli a induzione, Ø 28 cm e 20 cm 59.– invece di 103.80 40% ** Pirofile da forno Arcuisine, set da 2, per es. rettangolari, 35 x 22 cm e 32 x 20 cm 14.80 ** Tutte le cartucce per il filtraggio dell’acqua in confezioni multiple (assortimento dei negozi specializzati escluso), per es. cartucce Duomax Cucina & Tavola, 3 x 3 pezzi 33.– invece di 49.50 3 per 2 ** Bicchieri da long drink o da acqua Cucina & Tavola Tricolore in conf. da 3, per es. bicchieri da long drink, 3 x 36 cl 7.90 invece di 15.80 2 per 1 ** Tovaglioli di carta Cucina & Tavola in conf. da 4, FSC, per es. verde / giallo, 40 x 40 cm, 4 x 30 pezzi 5.40 invece di 10.80 4 per 2 ** Contenitori per l’ufficio in conf. da 2, per es. spacebox, trasparente 29.– invece di 58.– 50% **
Per la tua spesa ritaglia qui.
ALTRE OFFERTE.
Tutte le noci Party, per es. noci miste salate, 200 g 1.90 invece di 2.40 20% Tutto l’assortimento di prodotti da forno per l’aperitivo Party e di mini cracker Pic, per es. cracker alla pizzaiola, 150 g 2.– invece di 2.40 15% Cappelletti ai funghi o al prosciutto M-Classic in conf. da 3, per es. ai funghi, 3 x 250 g 9.– invece di 12.90 30% Pizza M-Classic in conf. da 4, per es. pizza del padrone, 4 x 370 g 11.50 invece di 19.20 40%
SALE 50%
99.50 finora 199.–
Pulitrice a vapore DGM 1500 DO IT + GARDEN MIGROS 1500 W, 2,25 bar, serbatoio da 1,6 l, cavo di collegamento di 4 m 6166.393
25%
449.–
Con 2 accumulatori e 12 accessori
finora 599.–
Idropulitrice KÄRCHER K 7 Compact 2200 W, pressione 160 bar, portata max. 510 l/h, con pistola ad altra pressione, tubo ad alta pressione di gomma di 10 m, lancia Vario-Power e ugello rotante 6166.524
33%
99.– finora 149.–
Trapano-avvitatore ad accumulatore 12 BLACK & DECKER 12 V, 1,0 Ah, NiCAD, numero di giri a vuoto max. 750 min-1, momento torcente max. 11 Nm, livelli del momento torcente 24, tempo di ricarica 3 h, con valigetta per attrezzi 6161.065
O SUSSOTRUTIMTENTTO
Con 50 accessori
L’A
40%
40%
239.–
a partire da
111.–
finora 399.–
Deumidificatore EINHELL NLE 20 E
finora 185.–
Tutti i seggiolini per bambini RÖMER
Per es. Kid II Stone Grey, ora fr. 111.–, finora 185.– per es. Kidfix SL Chili Pepper, ora fr. 131.40, finora 219.– per es. Duo Plus Black Thunder, ora fr. 269.40, finora 449.– 6214.532ss.
E-S hop
400 W, potenza deumidificante 19 l/24 h, capacità del serbatoio di 5,3 l, circolazione elicoidale dell’aria 180 m3/h, ideale per locali fino a max. 50 m3 6142.071
Acquista ora nello shop online.
doitgarden.ch
Passa allo scanner il codice QR e inizia subito.
Azioni valide al 5.1.2015, fino a esaurimento dello stock.
33%
79.– finora 119.–
Trapano a percussione 500 BLACK & DECKER 500 W, numero di giri a vuoto 2800 min-1, Ø massimo di perforazione in legno/calcestruzzo/acciaio: 20/13/13 mm, impugnatura supplementare con asta di profondità 6161.066
Giorna ta sugli sci per tut ta * .– 5 8 r. f li so a la famiglia atoriale • Giornaliera • Pranzo • Gara am Medaglia • Regalo Famigros e Swiss-Ski, *Of ferta esclusiva per i membri di a fr. 85.– invece di fr. 110.– per famigli
Calendario 2015 4 gennaio 2015 11 gennaio 2015 18 gennaio 2015 25 gennaio 2015 1° febbraio 2015 8 febbraio 2015 14 febbraio 2015 21 febbraio 2015
Wildhaus Pizol Marbachegg Arosa Diemtigtal Bugnenets-Savagnières Lenk Flumserberg
22 1° 8 14 15 22 29
febbraio marzo marzo marzo marzo marzo marzo
2015 2015 2015 2015 2015 2015 2015
Sörenberg Stoos Bosco-Gurin Braunwald Col des Mosses Meiringen-Hasliberg Morgins
s-ski-day.ch ro ig am .f w w w : su ni io az rm fo Iscrizione e in Organizzatore
Sponsor principale
Co-sponsor
PER UN GIORNO DA RE.
4.70 3.90
3.90
Corona dei Re Magi 420 g
Corona dei Re Magi 420 g
OFFERTE VALIDE SOLO DAL 30.12.2014 AL 6.1.2015, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
Corona dei Re Magi al cioccolato 420 g
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 29 dicembre 2014 ¶ N. 01
42
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 29 dicembre 2014 ¶ N. 01
43
Idee e acquisti per la settimana
Per una buona causa Chi dà il benvenuto al nuovo anno con dei dolci a base di prodotti Max Havelaar, regala un po’ di felicità anche ai piccoli agricoltori e ai lavoratori dei paesi produttori Attualmente almeno 150 prodotti alimentari in vendita alla Migros recano il marchio Fairtrade Max Havelaar e l’assortimento viene costantemente ampliato. Nel 2014 la gamma si è arricchita, tra l’altro, delle mini banane, di cibi in scatola (asparagi, carciofi e cuori di palma) e di uva. La domanda cresce parallelaIl marchio Fairtrade è sinonimo di commercio equo. Questo principio rende possibile il miglioramento delle condizioni di vita delle famiglie dei piccoli agricoltori e dei lavoratori nei paesi emergenti e in via di sviluppo. Maggiori dettagli: www. migros.ch/maxhavelaar
mente al numero di clienti che pongono l’accento su un consumo responsabile. Per costoro è importante sapere a quali condizioni sono coltivati e commercializzati i prodotti e le materie prime. Più autodeterminazione per i produttori
Chi sceglie i prodotti con il marchio Max Havelaar incoraggia l’autodeterminazione dei agricoltori nei paesi emergenti e in via di sviluppo e contribuisce al miglioramento delle loro condizioni di lavoro. Quello che può sembrare ovvio
a noi Svizzeri è, invece, spesso ancora qualcosa irraggiungibile per i popoli di certe nazioni. Per esempio un reddito fisso, un orario di lavoro regolare o l’assistenza sanitaria sul posto di lavoro. In particolare, nel sistema del commercio equo i produttori sono organizzati in cooperative e decidono assieme quali progetti intraprendere con i fondi del premio Fairtrade. In questo modo viene incoraggiata la responsabilità individuale, consentendo ai produttori di decidere sul proprio futuro. Oltre agli standard sociali, sono di primaria importanza anche fattori di natura ecologica ed economica come i requisiti dell’agricoltura sostenibile e condizioni commerciali eque. Inoltre, come fa la Migros, si istituiscono relazioni commerciali a lungo termine, che rappresentano un ulteriore fattore di stabilità.
Talleri di cioccolato con noci e mirtilli rossi
Cupcake alla limetta con mango Per 12 cupcake Per 1 teglia per muffin con 12 incavi
Ingredienti 125 g di burro, morbido 125 g di zucchero greggio 3 uova 100 g di noci d’acagiù 175 g di farina 1 cucchiaino di lievito in polvere 1 limetta 12 pirottini di carta Ingredienti copertura 125 g di formaggio fresco 125 g di burro, morbido 125 g di zucchero a velo 100 g di mango 1 limetta Tempo di preparazione ca. 35 minuti + cottura in forno ca. 25 minuti + raffreddamento + refrigerazione ca. 30 minuti Un cupcake ca. 6 g di proteine, 26 g di grassi, 35 g di carboidrati, 1700 kJ/400 kcal
Per ca. 35 talleri
Preparazione 1. Scaldate il forno a 180 °C. Per i cupcake, lavorate a spuma il burro e lo zucchero con lo sbattitore elettrico. Unite un uovo dopo l’altro. Mescolate per ca. 2 minuti fino a ottenere una crema spumosa. Macinate finemente le noci d’acagiù nel tritatutto. Incorporate la farina, il lievito, e le noci macinate. Grattugiate finemente la scorza di 1 limetta e spremete l’agrume. Otterrete ca. 0,5 dl di succo. Incorporate la scorza e il succo della limetta nell’impasto. Accomodate i pirottini negli incavi della teglia e distribuitevi l’impasto. Cuocete i cupcake nella parte bassa del forno per ca. 25 minuti. Sfornate la teglia e lasciate raffreddare i cupcake.
Ingredienti 200 g di cioccolato, ad es. Crémant Bio Max Havelaar 20 g di noci del Brasile 20 g di cranberries 10 g di pistacchi tritati Tempo di preparazione ca. 30 minuti Un tallero ca. 0 g di proteine, 3 g di grassi, 3 g di carboidrati, 150 kJ/40 kcal
Preparazione Tritate finemente il cioccolato. Fatene sciogliere lentamente la metà in una scodella a bagnomaria. Incorporate il cioccolato restante e mescolate finché tutto il cioccolato si è sciolto. Lasciate raffreddare brevemente finché il cioccolato diventa cremoso. Tritate le noci del Brasile e i cranberries mediamente fini. Foderate una teglia con carta da forno. Formate dei talleri di cioccolato di ca. 2,5 cm Ø con un cucchiaio, lasciando sufficiente spazio tra uno e l’altro. Spargete le noci, i cranberries e i pistacchi sui talleri e lasciateli indurire. Conservateli in una scatola ermetica a temperatura ambiente, avendo cura di separare uno strato dall’altro con un foglio di carta da forno.
2. Per la copertura, lavorate a spuma il formaggio fresco con il burro e lo zucchero a velo con lo sbattitore elettrico per ca. 5 minuti. Trasferite la crema in una tasca da pasticciere con un beccuccio liscio di ca. 7 mm Ø. Spruzzate la crema sui cupcake. Tagliate il mango a dadini e distribuiteli sulla copertura. Mettete in frigo i cupcake per ca. 30 minuti. Grattugiate finemente la scorza della limetta. Prima di servire i cupcake, decorateli con poca scorza.
Tutti questi aspetti fanno sì che gli agricoltori migliorino con le proprie forze le loro condizioni di vita e di lavoro, affinché possano svilupparsi come controparti commerciali indipendenti. / CS
Parte di
Generazione M è il programma della Migros a favore della sostenibilità, al quale anche Max Havelaar apporta un prezioso contributo.
Bio Fairtrade Max Havelaar Zucchero di canna 600 g Fr. 2.30
Bio Fairtrade Max Havelaar Noci di acagiù 100 g Fr. 2.90 Nelle maggiori filiali
Bio Fairtrade Max Havelaar Crémant 100 g Fr. 1.80
Bio Fairtrade Max Havelaar Noci del Brasile 150 g Fr. 4.90 Nelle maggiori filiali
Bio Fairtrade Max Havelaar Caffè macinato 500 g Fr. 9.20
Bio Fairtrade Max Havelaar Sun Queen Fette di mango 250 g Fr. 1.70
Bio Fairtrade Max Havelaar Cannella 27 g Fr. 1.25
Bio Fairtrade Max Havelaar Tè nero 20 bustine Fr. 2.70
Ricette di
Inizia il 2015 ! o n i n o t n A . S I B O con
Venerdì 2 gennaio
15% di riduzione
su tutto l‘assortimento di OBI S. Antonino *
* Ad eccezione di un numero ridotto di prodotti e delle prestazioni di servizio. Promozione valida esclusivamente il 2.1.2015, non cumulabile a buoni sconto.
S. Antonino · OBI Centro bricolage e giardinaggio Centro MMM S. Antonino · 6592 S. Antonino Lunedì–Venerdì dalle ore 9 alle ore 18.30, Giovedì dalle ore 9 alle ore 21, Sabato dalle ore 8 alle ore 17