Azione 35 del 25 agosto 2014

Page 1

Cooperativa Migros Ticino

G.A.A. 6592 Sant’Antonino

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXVII 25 agosto 2014

Azione 35

Società e Territorio Per chi vuole scoprire il mondo della filatelia dal 12 al 14 settembre arriva Luganophila

Ambiente e Benessere Sempre più spesso, termini scientifici un tempo riservati agli specialisti entrano nel linguaggio comune

Politica e Economia Anche le banche Raiffeisen considerate di rilevanza sistemica

Cultura e Spettacoli Puntuale e ricco di offerte torna il nuovo programma della Scuola Club Migros Ticino

pagina 10

pagina 3

ping -67 M shop ne 41-49 / 60 i alle pag pagina 25

pagina 33

Keystone

La parola del Papa sulla guerra

di Giorgio Bernardelli pagina 21

Se il Ticino piange, Elvezia non ride di Peter Schiesser Sono consolanti le immagini del bagno di folla in Piazza Riforma a Lugano che ha accolto la settimana scorsa sei consiglieri federali, giunti sulle rive del Ceresio per la Conferenza degli ambasciatori. Gli applausi hanno fatto dimenticare i fischi riservati a Eveline WidmerSchlumpf in febbraio. Non importa se questa e altre precedenti visite fossero programmate prima del voto del 9 febbraio sull’immigrazione di massa: il Ticino si sente un po’ meno dimenticato, i suoi problemi meno trascurati, si ha l’impressione che lentamente «Berna» capisca meglio il nostro cantone e la crisi in cui si dibatte. Ma si può dire altrettanto all’inverso? Il Ticino è consapevole di che cosa sta succedendo nel resto della Confederazione, della crisi che dall’inizio del secolo sta sempre più bloccando e svuotando di credibilità il sistema politico, dopo decenni di politica di concordanza, frenando lo sviluppo del Paese ed impedendo riforme più che necessarie? Noi ticinesi ci aspettiamo che Berna ci aiuti – e così facendo ci autoreleghiamo in un ruolo di vittime impotenti –, perché percepiamo che è in pericolo la nostra stabilità (sotto la pressione dell’Italia, di cui

ci spaventano la manodopera a basso costo e le pressioni sul segreto bancario), ma, siamo sinceri, quanti di noi sono consapevoli che oggi è in pericolo anche la stabilità del «modello Elvezia»? Osserviamo i fatti: oggi viviamo in un panorama politico polarizzato, in cui un’Udc assurta a forza principale a destra e un Pss sempre dominante a sinistra hanno il potere di bloccare, o in parlamento o in votazione popolare, molte riforme, mentre un centro svuotato e frammentato resta incerto sull’identità da darsi e vede diminuire il suo influsso. I toni accesi e populisti che si accompagnano a questa polarizzazione minano la credibilità delle istituzioni, sempre più spesso il Consiglio federale si ritrova perdente nelle votazioni popolari: solo in questa legislatura, in 9 casi su 30, fra cui in occasione dell’acquisto dei Gripen, dell’iniziativa sulle residenze secondarie, del modello sanitario Managed care, dell’iniziativa contro le retribuzioni abusive, dell’iniziativa sull’immigrazione di massa. Non solo: le posizioni del governo non trovano più come un tempo solide maggioranze in parlamento, negli ultimi 12 anni sono state bocciate le riforme dell’Avs, della sanità, della riforma dello Stato, più recentemente la Lex USA sul contenzioso fiscale, per fare alcuni

esempi. Ma la più grossa sberla a governo e Parlamento (anch’esso più spesso sconfessato) è senza dubbio il voto del 9 febbraio, che rimette in discussione i rapporti con l’Unione europea, a tutt’oggi il partner commerciale più importante per la Svizzera. Tuttavia, lo stallo in cui lentamente sta scivolando il nostro Paese preoccupa solo a parole la maggior parte dei politici, i partiti sembrano interessati soprattutto a salvare o ampliare la propria base di potere, che oggi si esprime nella facoltà di bloccare anziché di favorire riforme. In questo clima, «compromesso» suona come una parolaccia e non porta voti, mentre la «politica di concordanza» viene svalutata a una mera formula aritmetica a garanzia delle poltrone nella stanza dei bottoni. Tuttavia, i problemi restano sul tappeto: la popolazione invecchia, quindi l’Avs dovrà essere riformata, la sanità costerà sempre di più se vogliamo mantenerci sani anche in età avanzata, l’economia potrà continuare a crescere solo se troverà sufficiente manodopera qualificata, le infrastrutture andranno ammodernate, i rapporti con l’Europa chiariti, la svolta energetica concretizzata e via dicendo. In questo contesto, noi ticinesi in che modo possiamo contribuire a rendere più solida la Svizzera, e quindi il nostro futuro?


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 25 agosto 2014 ¶ N. 35

2

Attualità Migros

M Senza zucchero ma con mordente Ormai da 40 anni, Chocolat Frey è l’unica azienda svizzera che produce gomme da masticare Marc Bodmer A prima vista sembrano dei chicchi di grano grezzo. Tuttavia, queste perle biancastre, ammassate in una cassetta di plastica protetta da una sottile pellicola, non si trovano di certo lì per essere cotte al forno: «Questa è la gomma base per l’impasto di una chewing gum made in Switzerland», esordisce Thomas Meyer (36), vicedirettore della produzione. A Buchs (AG) si trova, infatti, l’unica fabbrica di gomme da masticare della Svizzera, inaugurata ormai 40 anni fa. Fa parte dell’Industria Migros Chocolat Frey, che dopo la produzione di cioccolato ha questo secondo importante settore d’attività. L’80 percento della sua produzione di chewing gum viene esportata. Tuttavia, per la Svizzera ne resta a sufficienza: le gomme delle linee M-Budget e M-Classic sono infatti le più vendute nel nostro Paese. Assieme alla gomma base, nella macchina impastatrice vanno a finire edulcoranti e altre materie prime, come il calcio delle gomme per l’igiene dentale. Da notare che dal 1988 Chocolat Frey produce soltanto chewing gum senza zucchero. Nella prima fase di produzione tutti gli ingredienti vengono disidratati e polverizzati, ed è que-

sto il motivo per cui i macchinari sono ricoperti di un sottile strato di polvere, proprio come in un panificio. «Non è solo la miscelazione degli ingredienti a farci assomigliare alle panetterie», afferma Thomas Meyer. «Qui da noi lavorano molti pasticceri, cuochi e tecnologi alimentari. La produzione di gomma da masticare non è un mestiere che ha una formazione specifica». Successivamente si aggiungono gli aromi liquidi. Questi si basano su un vettore oleoso, come ad esempio la menta piperita, così il gusto dura di più perché gli oli si diluiscono meno velocemente degli aromi di frutta idrosolubili. «Man mano che vengono aggiunti, gli ingredienti sono registrati dalla centrale di controllo computerizzata», spiega il vicedirettore della produzione. «Solo dopo si possono avviare le altre fasi». I controlli intervengono durante l’intero processo di fabbricazione. Quando infine si apre l’impastatrice, si direbbe di trovarsi davanti a una ciclopica pagnotta. L’impasto viscoso viene poi immesso in un cosiddetto estrusore, che lo rigira come nella spirale di un tritacarne e lo comprime su un nastro trasportatore. Lungo il percorso verso un altro estrusore, i blocchi passano attraverso un primo me-

tal detector. In seguito, quattro rulli spianano progressivamente il tappeto di gomma cosparso di amido di riso in polvere. «Alla fine del laminatoio, la massa spianata viene incisa dapprima per il lungo e poi trasversalmente», spiega Thomas Meyer. Un altro metal detector assicura che nel canale di raffreddamento non finiscano anche dei residui indesiderati. Poi la gomma viene lasciata raffreddare per 20 minuti, diventando più solida. Infine le lastrine di gomma da masticare vengono immagazzinate per 5-10 giorni. «Qui stanno riposando 140 tonnellate, ma abbiamo affittato anche alcuni depositi esterni», informa lo specialista. Cicche a perdita d’occhio… Nel commercio della gomma da masticare non esistono quasi fluttuazioni stagionali. «Cerchiamo di portare un po’ di dinamismo sul mercato tramite qualche aroma in edizione speciale», indica Patrick Kurmann (42), responsabile del marketing delle chewing gum di Chocolat Frey. «L’estate scorsa abbiamo lanciato con successo il gusto di Cola e in inverno quello chiamato Chai Latte». Ed anche quest’estate ci sono nuovi sapori: ad esempio, si è impazienti di vedere come sta andando l’Ice Tea Peach, prodotto con l’aroma

La grande specialista di gusti Da dodici anni Liliane Stampfli (46 anni) è direttrice del reparto sviluppo di Chocolat Frey Chewing Gum. Durante questo periodo molto è cambiato; non solo i suoi collaboratori sono raddoppiati da tre a sei, ma si sono modificati pure i desideri dei clienti: «Un tempo venivamo spesso incaricati di copiare semplicemente un gusto di questa o quella marca di successo», rivela l’ingegnera alimentare laureata al Politecnico di Zurigo. «Oggi, invece, sono richiesti sapori unici e particolari».

I tempi di sviluppo di un nuovo prodotto sono variabili: «Può rendersi necessario un mese o perfino due anni e 150 diversi campioni», dichiara Liliane Stampfli. Tutti i campioni di gomme da masticare sono realizzati in laboratorio in piccole quantità, poi il processo si conclude nei macchinari per il rivestimento a strati. Da sempre le maggiori quantità sono costituite dai gusti classici, come «spearmint» e «peppermint» (menta e menta piperita). A volte, però, i consumatori vogliono provare qualcosa

di nuovo. Allora si orientano verso aromi più esotici quali mela-cannella, Chai Latte o Pina Colada. «Ma esperimenti del genere sono fattibili solo dopo che un marchio, come per esempio Skai di Migros, si è già ben radicato e si è fatto un nome», afferma convinta la signora Stampfli. «A quel punto le innovazioni sono possibili, perché la varietà è apprezzata. Tuttavia il requisito dominante resta quello della freschezza e in questo la menta ha un chiaro vantaggio», afferma l’esperta.

La gomma base ha la forma di un granulato. (Nik Hunger)

originale del tè freddo della Migros. La maggior parte delle gomme da masticare sono formate da vari strati: tramite un nastro trasportatore, 1200 chili di tavolette di chewing gum vengono infilati in un tamburo che sembra quello di un’enorme lavatrice. All’interno di questa vasca rotante d’acciaio viene applicata una miscela riscaldata a 60 gradi. Poi viene asciugata e vi viene spruzzata sopra una sostanza senza zucchero, dopodiché viene nuovamente essiccata e così via. «A dipendenza del tipo di chewing gum ci possono essere tra i 40 e i 60 rivestimenti», spiega Meyer. A titolo di paragone: sulla leggendaria Rolls Royce Silver Cloud venivano passati 12 strati di vernice. Durante la stratificazione, la gomma riceve degli aromi supplementari e diventa croccante. In 24 ore vengono fabbricate in questo modo 14 tonnellate di cicche da masticare, la maggior parte

Migros mantiene le promesse Generazione M Due volte all’anno Migros verifica lo stato delle promesse

del suo programma Generazione M. I risultati sono pubblicati sul suo sito Internet Andreas Dürrenberger È una cifra di cui andare fieri: attualmente il programma di sostenibilità Generazione M contempla 43 promesse. Tre di queste sono state assunte all’inizio di luglio e saranno verificate a fine anno, mentre per le altre la verifica semestrale era prevista per fine giugno. Migros affida il controllo a una società di revisione indipendente e pubblica il punto della situazione sul sito Internet di Generazione M, sia i risultati positivi (34 promesse a buon punto), sia le promesse la cui attuazione non è a buon punto (6 promesse in ritardo). Ne è un esempio quella che riguarda gli elettrodomestici: «Promettiamo che entro il 2015 almeno un terzo dei nostri elettrodomestici sarà conforme alle classi di massima efficienza». Per raggiungere l’obiettivo Migros punta sul marchio «Topten», che contrassegna gli elettrodomestici a consumo energetico

Azione Settimanale edito da Migros Ticino Fondato nel 1938 Redazione Peter Schiesser (redattore responsabile), Barbara Manzoni, Manuela Mazzi, Monica Puffi Poma, Simona Sala, Alessandro Zanoli, Ivan Leoni

Il complesso residenziale della cassa pensioni Migros ad Allschwill (BL).

particolarmente basso. Un anno fa la quota degli apparecchi Topten venduti alla Migros raggiungeva il 34 percento, oggi si attesta solo al 31 percento. «All’inizio del 2013 Topten ha inasprito le prescrizioni per le categorie dei televisori, delle macchine per il caffè e dei congelatori», spiega Sandro Glanzmann, esper-

to di sostenibilità della Federazione delle Cooperative Migros. «Di conseguenza, gli apparecchi che in precedenza rientravano nel 10% dei più efficienti sul mercato, non fanno più parte del gruppo di testa, ma siamo fiduciosi di recuperare il terreno perso entro il 2015». In vista del traguardo è invece un

Sede Via Pretorio 11 CH-6900 Lugano (TI) Tel 091 922 77 40 fax 091 923 18 89 info@azione.ch www.azione.ch

Editore e amministrazione Cooperativa Migros Ticino CP, 6592 S. Antonino Telefono 091 850 81 11

La corrispondenza va indirizzata impersonalmente a «Azione» CP 6315, CH-6901 Lugano oppure alle singole redazioni

Stampa: Centro Stampa Ticino SA Via Industria 6933 Muzzano Telefono 091 960 31 31

altro obiettivo: «Promettiamo che entro la fine del 2015 creeremo almeno 2,5 milioni di m2 di spazio vitale in sintonia con la natura per piante e animali». La Migros promuove la biodiversità attorno ai suoi edifici con prati fioriti, piante indigene, tetti piatti ricoperti di verde, filari di alberi o muri a secco. Queste superfici sono certificate dalla Fondazione Natur & Wirtschaft. Il requisito indispensabile è che almeno il 30 per cento del terreno attorno agli edifici sia sfruttato in modo naturale. A gennaio, la Migros disponeva di oltre 700’000 metri quadrati di superfici verdi. Oggi si superano già i 2 milioni. «Ad Allschwil siamo riusciti a far certificare per la prima volta in Svizzera un progetto residenziale», annuncia Oswald. Nel complesso abitativo, di proprietà della cassa pensioni Migros, stagni, siepi e prati fanno in modo che vi si sentano a casa non solo le famiglie, ma anche ricci, picchi e salamandre. Tiratura 98’645 copie Inserzioni: Migros Ticino Reparto pubblicità CH-6592 S. Antonino Tel 091 850 82 91 fax 091 850 84 00 pubblicita@migrosticino.ch

delle quali è destinata ai mercati esteri. Chocolat Frey è, infatti, il più grande produttore europeo di chewing gum vendute con marchio proprio. «E stiamo ampliando ulteriormente la produzione», annuncia Patrick Kurmann. Prima che le gomme nuove di zecca siano infilate in sacchetti, scatolette e altri tipi di imballaggi, gli esemplari difettosi vengono scartati. Segue poi un ultimo controllo al metal detector. «Il sensore proviene dalla tecnologia medica e riconosce tracce di metallo anche di soli 0,2 millimetri», sottolinea Thomas Meyer. In questo modo si garantisce la sicurezza delle gomme da masticare M-Budget, M-Classic, Candida, Fruity e Skai. Comunque, la produzione principale della fabbrica è costituita dai giganteschi sacchi da 144 chilogrammi destinati all’estero. Un solo sacco potrebbe soddisfare a vita anche il più sfrenato dei masticatori.

La confezione che rispetta l’ambiente Una delle tre nuove promesse di Generazione M, assunte nel mese di luglio, riguarda gli imballaggi: entro la fine del 2020 la Migros intende ottimizzare sotto il profilo ecologico oltre 6000 tonnellate di materiale da imballaggio, attenendosi al principio «Evitare – Ridurre – Riutilizzare», in base al quale le confezioni dei prodotti saranno innanzitutto fabbricate con meno materiale e, ove possibile, con materiali riciclati. Comunque, ogni imballaggio dovrà continuare a svolgere la propria funzione principale: proteggere il prodotto da effetti dannosi potenzialmente dannosi e garantire l’igiene. Sulle nuove capsule del Café Royal, invece, ora si risparmia addirittura il 60 percento del materiale: gli ingegneri sono riusciti a sigillare a tenuta d’aria le capsule, rendendo superflui i sacchetti di plastica che le avvolgevano. Adesso sono contenute in una scatola di cartone più piccola e molto più leggera. Solo nel 2014 sono state vendute 45 milioni di capsule Café Royal e risparmiate 216 tonnellate di materiale da imballaggio.

Abbonamenti e cambio indirizzi Telefono 091 850 82 31 dalle 9.00alle 11.00 e dalle 14.00 alle 16.00 dal lunedì al venerdì fax 091 850 83 75 registro.soci@migrosticino.ch Costi di abbonamento annuo Svizzera: Fr. 48.– Estero: a partire da Fr. 70.–


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 25 agosto 2014 ¶ N. 35

3

Società e Territorio Multiculturalità e nuove generazioni Intervista alla pedagogista Anna Granata autrice di due studi sulla realtà di una giovane generazione che sembra aver fatto dell’interculturalità uno stile di vita

Integrazione scolastica L’esperienza delle scuole elementari della Vallemaggia che hanno aderito al progetto della Ftia «Diverso da chi?» pagina 6

pagine 4-5

Francobolli da scoprire Luganophila Dal 12 al 14 settembre si terrà

a Lugano un’esposizione nazionale di filatelia. Ne abbiamo parlato con Gianfranco Bellini vicepresidente del Club filatelico cittadino

Eliana Bernasconi Conoscere la geografia, la storia, la cultura e la politica di una regione, di un Paese. La filatelia è anche questo e lo si potrà scoprire dal 12 al 14 settembre presso il Padiglione Conza di Lugano dove sarà ospitata Luganophila, un’esposizione nazionale di Filatelia (www.luganophila.ch). L’avvenimento è prestigioso anche per la partecipazione di espositori internazionali di AlpeAdria, una comunità di lavoro alla quale aderiscono anche il Ticino e la Lombardia (oltre che la Baviera, il Friuli Venezia Giulia, la Carinzia, l’alta Austria, il Burgenland, la Stiria, la Slovenia, la Croazia e alcune regioni dell’Ungheria) nata negli anni 70 per favorire la collaborazione tra enti regionali di culture e lingue diverse, tra le Alpi e l’Adriatico. Sull’importanza di questa manifestazione e sull’incredibilmente esteso tema della filatelia abbiamo interrogato Gianfranco Bellini, vicepresidente del Club filatelico di Lugano e collezionista di documenti prefilatelici. «L’esposizione di Lugano – ci spiega – sarà di rango II, nelle esposizioni a livello nazionale si parte dal rango III e si arriva al rango I, dopo di che, raggiungendo con il materiale i punteggi necessari si può accedere alle grandi esposizioni estere organizzate dalla Federazione internazionale di Filatelia (FIP) in vari luoghi: l’ultima, dal 7 al 12 agosto scorsi, è stata a Seoul e nel 2016 sarà a New York. Nel collezionismo filatelico, si va dalla Prefilatelia, che colleziona documenti postali, alla Filatelia classica, che raccoglie francobolli vecchi e nuovi divisi per nazioni, a quella tematica, cioè francobolli di qualsiasi nazione suddidivisi per temi e argomenti, a quella specializzata che raccoglie le varianti dei francobolli, a quella che riguarda la storia postale e a molto altro». «Sembra che Goethe – continua il signor Bellini – abbia detto che i collezionisti di francobolli sono gente felice. Di solito sono persone che hanno ereditato dal padre, dal nonno o da una zia qualche album e qualche

bella collezione completa e si sono poi interessati, ma vi è anche chi inizia da niente. Sono molti i francobolli che in questi ultimi 10-15 anni hanno raggiunto prezzi vertiginosi, l’ultimo, considerato la Monna Lisa tra i francobolli, un esemplare unico rarissimo, è un francobollo color magenta della Guyana britannica del valore di un cent. È stato battuto dalla casa d’aste Sotheby’s di New York il 17 giugno 2014 al prezzo record di 9,5 milioni di dollari ad un collezionista anonimo». «Il primo francobollo – ci informa ancora il vicepresidente del Club filatelico luganese – nasce in Gran Bretagna, a conferma del grande senso pratico degli inglesi: il 6 maggio 1840 viene venduto al pubblico inglese il primo francobollo in assoluto, il famoso “Penny Black”, il suo inventore, sir Rowland Hill, insegnante e politico, attuò un’importante riforma postale nel 1839 introducendo per primo al mondo l’uso di una marca con cui affrancare la posta come prova del pagamento. La Svizzera fu una delle le prime nazioni a seguire l’Inghilterra nell’uso dei francobolli, che furono dapprima esclusivamente cantonali, solo nel 1850 nacquero i francobolli federali: il canton Zurigo nel 1843 emise francobolli da 4 e 6 centesimi, lo seguì il canton Ginevra, il primo luglio del 1845 nel canton Basilea uscì il famoso francobollo della Colomba». La signora Esther Pfister vive presso Lucerna e possiede appunto una bellissima collezione di francobolli con l’effige delle colombe di tutto il mondo. «Ho incominciato ad appassionarmi di Filatelia seguendo mio marito che frequenta esposizioni fin dall’infanzia – racconta la signora Pfister – lui colleziona esclusivamente francobolli con l’immagine dell’Helvetia seduta e dell’Helvetia in piedi, io ho incominciato a collezionare colombe nel ’93, dopo aver visto che gli espositori che erano concentrati su un motivo solo vedevano aumentare il valore della propria collezione, sono così arrivata all’Esposizione nazionale svizzera di rango I tenutasi a Stans nel 2012». Recentemente una maestra di

«Sembra che Goethe abbia detto che i collezionisti di francobolli sono gente felice». (Ti-Press)

quarta elementare di Mendrisio, accortasi che i giovani non scrivono più lettere né cartoline, volendo creare interesse per la corrispondenza si è rivolta ad alcuni soci del Circolo filatelico del Mendrisiotto. Ne è nata un’interessante esperienza di cui ci ha parlato Mario Maccanelli: «Entrando in questa classe avevamo preparato un intervento secondo un ordine logico delle presentazioni, ma dopo pochi minuti i ragazzi ci hanno insegnato, con i loro perché, a gestire il loro entusiasmo e la loro voglia di sapere. Assecondando la loro naturale curiosità, in ordine sparso abbiamo toccato tutti gli argomenti

che volevamo trattare». Maccanelli ha ideato per i ragazzi un coinvolgente itinerario intitolato Dalla buca lettere al libro per introdurli a tutto quanto ruota attorno al francobollo: i ragazzi sono invitati, partendo da tutto ciò che si trova nella buca delle lettere, ad analizzare e interrogarsi sulla funzione del francobollo, su quello che comunica, sulle infinite storie che racconta. Si passa così dalla conoscenza della tipologia della busta alla cartolina postale, da come usare la lente per analizzare le condizioni dei francobolli alla capacità di staccarli dalla busta, asciugarli, pressarli, ai molti modi per raccoglier-

li, collezionarli, sistemarli con ordine in buste trasparenti, album di raccolta, album prestampati. Ne è nata un’esperienza entusiasmante e arricchente, molti ragazzi hanno scoperto che con i francobolli si può parlare di tutto, sport, fotografia, geografia… e hanno portato in classe con orgoglio le collezioni dei rispettivi nonni. Non resta qui lo spazio per parlare della bellezza di colori e forme racchiusi nel francobollo, dell’arte e della storia che trasmettono a chi sa guardarli, emozionante scoperta che rimandiamo a chi vorrà visitare la prossima esposizione luganese.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 25 agosto 2014 ¶ N. 35

4

Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 25 agosto 2014 ¶ N. 35

5

Società e Territorio

Società e Territorio

Il nuovo mondo visto dai giovani

scurata dalla ricerca in pedagogia che li considera ormai “troppo cresciuti”, e la ricerca in ambito sociologico, che si concentra più spesso sui più maturi trentenni. Si crea quindi un gap sociologico che è molto interessante da studiare». Il quadro che si delinea nelle interviste realizzate con questi ragazzi è in effetti interessante. «L’idea che questi giovani hanno della cittadinanza, dell’immigrazione, dell’identità, è molto diversa da quella dei loro genitori e dei loro nonni. La cittadinanza non è certamente legata al passato: è qualcosa che ti costruisci nel tempo. Se chiedevo loro, ad esempio “hai compagni di classe di origine straniera”, tutti mi hanno risposto no, quando le statistiche ci dicono che almeno due o tre compagni di origine straniera dovrebbero averli... Per loro “straniero” è chi non parla l’italiano, ovvero chi è appena arrivato in Italia. Da questo punto di vista è un grosso salto di qualità rispetto alla precedente generazione, per cui straniero è chi ha dei tratti somatici diversi dagli altri, chi porta un tratto fisico caratteristico». I diciottenni sembrerebbero dunque più aperti all’incontro con la diversità: «È una generazione di cittadini europei. Questo è naturalmente un discorso che riguarda l’Italia, ma credo si possa applicare anche alla Svizzera. L’apertura all’altro non significa che non abbiano atteggiamenti razzisti, che non siano impauriti rispetto allo straniero appena arrivato. Sembrano distinguere bene, però, tra prima e seconda generazione, tra chi è appena arrivato e i figli di chi è arrivato da tempo. E questi ultimi sono dati come già “italiani di fatto”». Si sta creando una nuova generazione più disponibile ad accettare le differenze culturali? «Assolutamente. Sono temi che i ragazzi sentono molto, molto vicini. Temi che occorre dire sono trascurati dalla scuola italiana: la

Radici intrecciate A colloquio con

la pedagogista Anna Granata, autrice di due studi sulla percezione della multiculturalità nelle nuove generazioni – Terza puntata

La ricercatrice Anna Granata. (Stefano Spinelli)

paura. In questa situazione, però, mi viene da aggiungere che un’iniezione di coraggio c’è, e viene da fuori. Senza contare cosa significa ciò semplicemente dal punto di vista demografico». La difficile situazione congiunturale, i problemi legati all’ecologia, l’apparente distanza dei vertici politici dalle necessità della popolazione, complicano ulteriormente le cose. «Le persone hanno una percezione forte di mancanza di futuro, di mancanza di progettualità. Tutto questo crea paure e le paure sono la base più fertile per i pregiudizi, per gli stereotipi. I sociologi, devo dirle, non è che siano positivi in assoluto rispetto al futuro, assolutamente. Io sono pedagogista e da pedagogista guardo più gli aspetti educativi, concreti della situazione. Direi semplicemente che il pluralismo è la realtà. William Faulkner diceva “Vivere nel mondo di oggi ed essere contro gli immigrati è come vivere in Alaska ed essere contro la neve”. Mi pare poco realista, ecco, essere contrari all’apertura». Tornando alla nuova ricerca che ha elaborato, Anna Granata sottolinea ulteriormente la maggiore disponibilità delle giovani generazioni ad accettare le differenze di provenienza, in nome di una visione del mondo più ampia, ma anche di un più ampio concetto di identità. «Io dico spesso che l’identità è sempre plurale. Identità è una parola strana in italiano, perché non ha il plurale, ma effettivamente noi tutti abbiamo delle identità plurali: io sono una ricercatrice, sono una donna, sono una mamma, sono una cittadina italiana, poi milanese, però vivo a Torino in parte... Se tutti noi ci concepiamo al plurale, allora possiamo riconoscere la pluralità anche nell’altro. Se invece ci consideriamo al singolare, allora chiederemo anche all’altro una risposta al singolare, una risposta singola, univoca». La risposta di un’unicità impossibile, inumana.

Fan püsée da Bertoldu Dialetto Per chi ne combina di tutti i colori Emilio Magni «N’ha fan püsée che Bertoldu», ha sorriso tutta contenta l’altro giorno al parco una nonna che, come me, aveva portato il nipotino a divertirsi con i giochi e con i compagni. La signora «non stava più nella pelle» osservando i bambini salire e scendere per le scale di corda, volteggiare sulle altalene, scendere dagli scivoli, poi rincorrersi e inseguire una palla. La donna evidentemente possiede anche l’abitudine di parlare il bel dialetto milanese e quindi dar sfogo a stati d’animo e gaiezze ricorrendo ai modi di dire che la parlata meneghina mette a disposizione con grande abbondanza. «N’ha fan püsée che Bertoldu», è una di queste espressioni dialettali. Significa che una o più persone ne combinano di tutti i colori e in grande abbondanza. Il ventaglio di queste performance è assai ampio. Si va dagli allegri giochi, come nel caso dei nostri nipotini, alle imprese di balordi, lestofanti e banditi il cui curriculum (si dovrebbe dire fedina penale) è lungo. Mi ricordo, quando facevo il cronista, di aver ascoltato un carabiniere commentare con modo di dire di Bertoldo la carriera di un grosso ladro che era stato appena arrestato per l’ennesima volta. Ma l’uomo dell’Arma era meridionale e la sua storpiatura del meneghino ci divertì molto, lui compreso. Ma perché si fa il paragone con Bertoldo? Chi era costui lo sanno pressappoco tutti. Bertoldo ne combinò davve-

ro di tutti i colori. Il personaggio nacque nel 1600 dalla fantasia dello scrittore Giulio Cesare Croce autore de Le sottilissime astuzie di Bertoldo. Il protagonista è un contadino corpulento e rozzo, ma assai astuto e spiritoso tanto da riuscire a far ridere pure il re longobardo Alboino solitamente assai triste. Ogni giorno inventa una nuova impresa singolare. È anche condannato a morte ma, come ultimo desiderio, chiede di avere la facoltà di scegliere l’albero dal quale dovrà penzolare. Opta per un alberello così piccolo che ora si chiamerebbe bonsai. Il re divertito lo grazia. Combina un sacco di imbrogli e di raggiri. Ma alla fine se la cava sempre. Spicciola ma reale è la sua filosofia secondo la quale quando piove bisogna rallegrarsi perché poi arriverà il bel tempo. E quando splende il sole Bertoldo è malinconico perché poi, una volta o l’altra arriveranno le nuvole. Nei primi decenni del secolo scorso a Milano dicevano anche: «Ni ha fa pesc de Ravètta». Chi era questo povero Ravètta? Era uno di quei personaggi protagonisti nel mondo della «mala». In realtà il suo cognome era Rava, ma la gente del popolo lo chiamava familiarmente Ravètta perché era piccolo e smilzo. Dicevano che era un ladro acrobata, perché riusciva a penetrare anche nelle case all’ultimo piano. Si faceva però quasi sempre prendere. E così il suo curriculum penale si era fatto assai lungo, tanto da essere citato quasi sempre come esempio. Combinare più ribalderie di lui era performance da record.

Annuncio pubblicitario

Annuncio pubblicitario

Vinci il tuo aquilone Mini Babybel Su ogni etichetta una nuova possibilità di vincita.

Approfittare con buoni alla Migrol Condizioni di partecipazione su:

La Migrol aspetta la vostra visita!

www.win.babybel.ch Termine di partecipazione: 29.11.2014. Invio soltanto in Svizzera.

Mini Babybel è in vendita alla vostra Migros e LeShop.ch

RITAGLIARE E APPROFITTARE NELLO SHOP DELLA SUA STAZIONE MIGROL * FINO AL 21 SETTEMBRE 2014

5

cts./l.

Sconto

* Valido alle stazioni di servizio Migrol e alle stazioni Shell/migrolino della Migrol SA (elenco su www.migrol.ch). Buono valido per un rifornimento di carburante (gas escluso). Non cumulabile, nemmeno con altri buoni o sconti.

✁ BUONO

Continuiamo la nostra riflessione sul tema della diversità culturale con un’escursione in campo scientifico. Negli ultimi anni le dinamiche sociali (spesso conflittuali) che si creano nel contesto della convivenza interculturale hanno suscitato l’interesse di sociologi, antropologi, psicologi e hanno offerto spunti a numerose ricerche. La dottoressa Anna Granata, ad esempio, è una ricercatrice in pedagogia all’Università di Torino che lavora da diverso tempo sui temi legati alla multiculturalità. È autrice di una pubblicazione tra le più interessanti in questo campo, anche perché molto chiara e piacevole alla lettura. Il libro si intitola Sono qui da una vita. Dialogo aperto con le seconde generazioni (Carocci editore, 2011) ed è dedicato al vissuto di integrazione di ragazzi appartenenti a seconde generazioni di migranti. Per realizzarlo Anna Granata ha avvicinato giovani appartenenti a diverse co-

munità straniere che vivono a Milano. Intervistandoli e invitandoli a parlare della propria esperienza ha cercato di individuare le diverse strategie di adattamento messe in opera per conciliare appartenenza alla loro cultura originaria e integrazione alla società italiana. Il suo libro propone quindi un viaggio nella realtà di una giovane generazione, che, in definitiva, ha fatto dell’interculturalità uno stile di vita. Di recente Anna Granata ha condotto a termine un ulteriore studio che si concentra nuovamente su un ambito giovanile, ma osservandolo in un contesto diverso. «Ho intervistato ragazzi, figli di immigrati o di italiani, accomunati semplicemente dal fatto di avere 18 anni e di aver partecipato a esperienze interculturali come la permanenza di studio all’estero di un anno, nell’ambito di uno scambio promosso dalla Fondazione Intercultura». La ricerca cerca di sondare le loro reazioni al contatto con le culture extraeuropee. «I diciottenni sono una fascia di età un po’ tra-

BUONO

Alessandro Zanoli

scuola non parla di immigrazione né di cittadinanza, e se ne parla lo fa in modo arcaico, intendendo la cittadinanza come qualcosa che si trasmette di padre in figlio». Parlando di diversità culturale Anna Granata ci tiene a mettere in luce alcuni termini della questione che le stanno a cuore: «Fermo restando che il razzismo non ha nessuna valenza scientifica, è una teoria considerata come “non operante” nella condizione umana (proprio perché le nostre conoscenze scientifiche certificano senza dubbio alcuno che gli uomini sono tutti diversi), vorrei sottolineare che il discorso legato alla presenza degli stranieri deve considerare la differenza tra chi sceglie di emigrare e chi di rimanere sedentario». Secondo Anna Granata il fenomeno immigrazione deve essere osservato da un’angolazione diversa rispetto a quella della semplice «invasione territoriale». «Penso che l’emigrazione sia un atto di coraggio. Lasciare il proprio Paese, lasciare la propria lingua, le proprie sicurezze, lasciare una rete famigliare allargata, le proprie amicizie o anche solo la confidenza con un luogo, richiede un grande coraggio. E c’è invece chi questa scelta non la fa. Il coraggio dell’emigrazione si può vedere poi anche nelle scelte successive, ad esempio parlando di imprenditoria. In Italia abbiamo quasi un 10 per cento del Pil che dipende dalle imprese di emigranti, un numero molto alto. Chi oggi ancora ha il coraggio di fare impresa, è pronto a perdere tutto, sono gli immigrati più che gli italiani. Altri dati statistici mostrano poi che gli italiani assunti in aziende messe in piedi da immigrati sono molto numerosi». Questo discorso, lo vediamo bene, può essere applicato in termini più ampi, su scala europea, ma anche svizzera. «Il famoso libro di Dominique Moïsi, Geopolitica delle emozioni, definisce l’Europa come il continente della

RITAGLIARE E APPROFITTARE NELLO SHOP DELLA SUA STAZIONE MIGROL * FINO AL 21 SETTEMBRE 2014

5

cts./l.

Sconto

* Valido alle stazioni di servizio Migrol e alle stazioni Shell/migrolino della Migrol SA (elenco su www.migrol.ch). Buono valido per un rifornimento di carburante (gas escluso). Non cumulabile, nemmeno con altri buoni o sconti.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 25 agosto 2014 ¶ N. 35

6

Società e Territorio

A tu per tu con la diversità Integrazione scolastica In Vallemaggia l’integrazione di bambini con andicap nella scuola elementare

a scopo di socializzazione è una realtà arricchente vissuta attraverso il progetto di sensibilizzazione della Ftia «Diverso da chi?»

Stefania Hubmann L’integrazione dei bambini con andicap nelle scuole elementari è possibile e non solo favorisce la loro socializzazione ma rappresenta un arricchimento per la classe, l’istituto scolastico e l’intera comunità. Lo dimostra l’esempio della Vallemaggia che si muove con successo in questa direzione grazie anche alla proficua collaborazione con la Federazione Ticinese Integrazione Andicap (Ftia). Il suo progetto di sensibilizzazione per ragazzi di scuola elementare «Diversi da chi?», basato sull’incontro diretto con l’andicap e già proposto nel 2011 e 2012 a Mendrisio, è stato esplicitamente richiesto dalle scuole della Vallemaggia nell’ambito del loro percorso integrativo.

La presenza di bambini con andicap nelle scuole dell’infanzia ed elementare regolari non è ancora una prassi comune, ma buoni esempi non mancano La presenza di bambini con andicap nelle scuole dell’infanzia ed elementari regolari non è prassi comune, anche se i buoni esempi non mancano. Molto dipende dalla disponibilità dell’istituto scolastico, da chi lo dirige e dai docenti che vi operano. Così si esprime Daphne Settimo, responsabile della comunicazione presso la Ftia e promotrice del progetto di sensibilizzazione. «Il caso della Vallemaggia lascia ben sperare, soprattutto perché la richiesta è giunta direttamente dalla scuola. A questa età i bambini incontrano le persone disabili con spontaneità e naturalezza. Non hanno ancora costruito un pensiero effettivo nei confronti dell’andicap, ragion per cui non esistono pregiudizi o preconcetti. I bambini sono solo curiosi, pongono domande semplici per capire e una volta ottenute le risposte, non si creano falsi problemi». Sfruttare questo momento permette di superare i dubbi legati all’integrazione e dovuti in gran parte a difficoltà di comunicazione. La rappresentante della Ftia l’ha sperimentato personalmente nel 2010

in una situazione inizialmente poco favorevole verificatasi in una scuola dell’infanzia, esperienza da cui è poi nato il progetto «Diversi da chi?». In Vallemaggia la direttrice Alma Pedretti è invece riuscita a costruire un consenso allargato sin dal primo caso di richiesta d’integrazione. Dapprima insegnante di scuola elementare a Bosco Gurin e Cevio, da tre anni è alla guida congiunta degli istituti scolastici dei Comuni di Cevio, Lavizzara e del Consorzio Centro Scolastico Bassa Vallemaggia. «Una famiglia proveniente dalla città – racconta la direttrice – ha iscritto il figlio maggiore alla scuola elementare e chiesto di poter inserire anche la sorellina con sindrome di Down. Quest’ultima, continuando a frequentare la scuola speciale a Locarno, avrebbe avuto poche occasioni di confrontarsi con il contesto della valle. Con l’accordo dell’ispettrice delle scuole speciali, la disponibilità di una docente, una sezione di prima con soli 16 allievi, tutte le condizioni erano riunite per tentare con successo l’integrazione. Abbiamo organizzato un incontro informativo con i genitori della classe al quale hanno partecipato anche le insegnanti di scuola speciale. Le famiglie hanno dimostrato senza indugio apertura e sensibilità». Nella realtà di valle, dove tutti si conoscono, l’approccio è più immediato e il senso di comunità più forte. Alma Pedretti si è comunque mossa con cautela e rispetto, costruendo la collaborazione fra tutti gli attori coinvolti. La direttrice è la prima ad ammettere che un ruolo chiave spetta al docente. «Se un insegnante non se la sente di affrontare questa proposta, non ha senso imporla dall’alto». In Vallemaggia il problema fortunatamente non si è posto. Nella primavera 2013 la classe ha accolto la bambina per mezza giornata alla settimana come concordato con l’ispettrice. Obiettivo, la socializzazione, facilitata dall’inserimento nella griglia oraria di lezioni alle quali lei potesse partecipare, come educazione fisica, attività creative e musica. L’esperienza è stata così gratificante per tutti da proseguire nell’anno scolastico 2013/14 e fungere da apripista per altri bambini. Gli allievi hanno subito integrato la nuova compagna tanto che le loro famiglie hanno chiesto che potesse frequentare per più tempo

Il progetto «Diversi da chi?» prevede anche incontri con persone con diverse disabilità. (Ftia)

la classe. «A settembre questa bambina sarà al suo terzo anno nella scuola regolare unitamente ad un’altra bimba con disturbi di udito integrata successivamente in un’altra classe. Grazie alla disponibilità dei docenti interessati entrambe hanno potuto seguire il gruppo di anno in anno a tutto vantaggio dei rapporti stabiliti con i compagni». L’obiettivo di favorire l’integrazione è quindi stato raggiunto. La soddisfazione della direttrice è duplice, perché facendo appello alla Ftia è riuscita a coinvolgere l’intera comunità scolastica. Il tema della diversità è stato scelto come progetto d’istituto nell’anno 2013/14 con la partecipazione estesa a 360 allievi e 38 docenti, suddivisi in 14 sezioni di scuola elementare e 7 di scuola dell’infanzia. «Un ruolo importante è stato svolto dalle famiglie», precisa Alma Pedretti. «Anche le tre assemblee dei genitori hanno approfondito il tema, organizzando una serata con una persona cieca, cui è seguita la cena al buio a casa Andreina a Lugano».

L’ interesse effettivo delle famiglie è sottolineato anche da Daphne Settimo: «Questo approccio diretto da parte degli adulti permette al progetto di acquisire nuova vitalità e di ampliarne la portata di sensibilizzazione». Caratteristica di «Diversi da chi?» è la possibilità di confrontarsi personalmente con diverse tipologie di andicap. Ogni classe tratta sull’arco dell’anno scolastico un tema prescelto legato al progetto, come ad esempio la cecità, la disabilità fisica, la lingua dei segni o lo sport paralimpico. La Ftia funge da tramite per assicurare il supporto didattico e l’intervento in classe di persone con andicap. Sulla base di queste esperienze organizza inoltre la giornata finale con percorsi specifici per i diversi gruppi. A quel momento le classi, oltre ad incontrare diverse persone con andicap, partecipano a giochi, atelier e spettacoli in modo da poter capire e accettare la diversità. Utilizzare una carrozzina come mezzo ausiliario per un gioco, conoscere una persona cieca e il

suo cane guida, sperimentare attraverso un’attività ludica l’importanza dei cinque sensi e la difficoltà di affrontarla senza l’aiuto di uno di essi rendono immediata la comprensione. La Vallemaggia nel campo dell’integrazione ha ottenuto in poco tempo, grazie anche alla direzione unica delle scuole dell’infanzia ed elementari (primo esempio in Ticino già seguito da Terre di Pedemonte e Blenio) risultati che le nostre interlocutrici non esitano a definire eccellenti. Merita di esser citato anche il percorso sensoriale a favore delle persone con problemi di vista e delle attività di sensibilizzazione realizzato da un insegnante all’interno del parco giochi delle scuole. Un tale coinvolgimento da parte di docenti, allievi e genitori permette al progetto «Diversi da chi?», sostenuto dal Decs e per la prima volta dall’Ufficio federale delle pari opportunità per le persone con disabilità, di rafforzare il suo valore e la sua visibilità in attesa di nuove richieste da parte di altri istituti scolastici.

Viale dei ciliegi di Letizia Bolzani Luigi Ballerini, La signorina Euforbia, San Paolo. Da 9 anni Da molto prima che la cultura del cibo diventasse (anche) una moda, la letteratura per ragazzi ha sempre riservato un posto d’onore alle storie nelle quali il gusto venisse valorizzato. Non soltanto nei paesi della cuccagna o nelle casette di marzapane della tradizione fiabistica, ma anche in tutti quei romanzi in cui le preparazioni culinarie acquistano un intenso valore simbolico, affettivo e relazionale, come ad esempio in La vita è una crêpe di Polly Horvath, Strudel Stories di Joanne Rocklin (entrambi purtroppo fuori catalogo), o nel più recente Gastón e la ricetta perfetta di Anna Lavatelli (Giunti Junior). Al cibo, e alla sua preparazione, come metafora esistenziale, si ispira anche il delicato La signorina Euforbia, di Luigi Ballerini (medico e psicoanalista oltre che scrittore), uscito quest’anno da San Paolo e insignito del Premio Andersen come miglior libro 9/12 anni. Euforbia è una pasticciera molto particolare: il suo negozio, di cui

«colpiva la luce, tantissima luce», è un negozio vuoto, senza nulla di esposto, perché i pasticcini lei li confeziona «ad personam», con la massima adesione alle necessità interiori del cliente. Ci si arriva per caso, o forse trascinati lì «per una specie di magia», e si resta affascinati dalla sua proprietaria, una signorina di mezz’età, alta, con lunghissimi piedi e occhi verdi: una sorta di Mary Poppins, austera ed empatica al contempo, che dà del lei ai ragazzini, e che sembra venire da un misterioso

altrove. Euforbia prepara pasticcini su misura: a qualcuno andranno i pasticcini devo-trovare-presto-una-alternativa; a un altro non-abbattiamocie-troviamo-una-soluzione; e così via. Ogni ingrediente ha un senso preciso dentro quella particolare ricetta e così anche i due giovani protagonisti, Marta e Matteo, allievi estivi di Euforbia, compiranno, in quel giardino segreto che è la pasticceria, il loro percorso di guarigione dalle piccole e grandi ferite della vita. Chiara Lossani, Le ribelli di Challant, Rizzoli. Da 12 anni Castelli, montagne, venti di guerra. La Valle d’Aosta come scenario. L’anno 1450 come sfondo storico. Un momento di grandi trasformazioni: il Medio Evo sta cedendo il passo a epoche nuove e, in parallelo, intimi e intensi cambiamenti avvengono anche nell’animo dei protagonisti di questo bel romanzo. Soprattutto nei protagonisti adolescenti, a cui l’età stessa impone un percorso di formazione,

che compiranno con coraggio, come se camminassero sugli ardui sentieri della loro valle. Così accade a Dora, la figlia dell’amministratore dei beni della contessa Catherine di Challant; così accade al giovane cavaliere Laurent de la Chavre e al suo fido scudiero Mirò. Dora, timidamente ma risolutamente, si rifiuta di seguire il sentiero tracciato per le fanciulle come lei: non sarà una vacua dama di corte come la matrigna,

ma affermerà la propria autonomia di persona, imparando ad ascoltare il suo desiderio profondo, che è quello di diventare pittrice. E, poiché non le sarà d’aiuto la famiglia – né l’egoista matrigna, né l’algido padre –, Dora troverà altri due positivi riferimenti adulti: come figura maschile il bel personaggio del pittore, Mastro Philippe; come figura femminile l’intelligente Contessa Catherine, anche lei una ribelle, accomunata a Dora nel titolo del libro. Ma anche Laurent e Mirò hanno un percorso da compiere, quello della scoperta delle proprie radici, e anche loro troveranno delle fondamentali figure paterne. A ognuno di questi personaggi è affidata una porzione del racconto, con un risultato di prospettive cangianti. Naturalmente, le storie dei personaggi s’intrecciano sempre con la Storia, come è documentato nella postfazione della stessa autrice, e vanno notati i preziosi inserti letterari, tra cui brilla la «Città delle Dame» di Christine de Pizan, scritto nei primi anni del XV secolo.



Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 25 agosto 2014 ¶ N. 35

8

Società e Territorio Rubriche

L’altropologo di Cesare Poppi Pirati – Ops!: Corsari Se mai qualcuno degli affezionati lettori di questa rubrica dovesse essere abbordato da un ceffo bruttino con una gamba di legno, la benda all’occhio ed un querulo pappagallo sulla spalla, faccia attenzione a chiamarlo «pirata»: potrebbe offendersi e non sarebbe bello. Ed aggiungiamo, per buona misura, che anche «filibustiere» rischierebbe di non tornare gradito. Questo perché le parole hanno un loro peso, vedete, specie nelle circostanze di un abbordaggio. Prendiamo il pirata: il pirata ha un’antica origine greca: peira-tes, «colui che cerca la fortuna nelle avventure», a sua volta da peirao/peirazo, «cerco, esploro», vicino peraltro a peirô, «passo o navigo per mare» Insomma, capite bene come all’inizio anche quella del pirata fosse una professione onorevole (quanti di noi, per inciso, non hanno in qualche modo cercato fortuna nelle avventure?), prima che qualcuno cominciasse ad esagerare e facesse sì che il termine acquisisse connotazioni negative. Ma anche così – diciamocelo pure – tutti, chi più chi meno, abbiamo desiderato di

fare da grandi i pirati. E ce lo testimoniano i parchi a tema, dove Capitan Uncino e la sua ciurma di pendagli da forca sono sempre pronti a darci il benvenuto con ventiquattro golpes de caῆon, oppure le versioni teatrali e cinematografiche sul tema che riempiono le sale a scadenze regolari. E non si creda che la cosa si limiti a nostalgie infantili. L’associazione internazionale dei Fratelli della Costa, fondata in Cile nel 1951, conta «covi» in tutto il mondo (ufficialmente detti «tavole») e spara golpes a babordo e tribordo nella forma di formidabili pugni sbattuti sul tavolo dai commensali, bordate seguite – mi dicono fonti bene informate – da libagioni più devastanti delle palle di cannone. I bucanieri, gli originali Fratelli della Costa, erano peraltro in origine cacciatori di frodo dei Caraibi che campavano affumicando carne (da cui il francese boucanier) che vendevano agli equipaggi in cronica astinenza dalle proteine delle navi di passaggio. I bucanieri sembra avessero appreso l’arte di affumicare la carne sulla barbecoa (da cui barbecue) dagli

autorità, oltre ad armare navi speciali al comando di capitani alla testa di ciurme che altro non erano – spesso – che pirati in ferie (altrettanto spesso temporanee, nel senso che spesso e volentieri ci davano dentro con amici e nemici, tanto per non discriminare) invitavano chiunque mettesse le mani addosso ad un sospetto di pirateria ad impiccarlo sul pennone più alto senza tante cerimonie. Ma qui cominciavano i guai: chi erano in effetti i «pirati»? Sì, perché fra pirati e corsari c’è una bella differenza. Il pirata lavora – per così dire – pro domo sua: quel che guadagna se lo porta a casa. Il corsaro no. Il corsaro lavora per il suo Sovrano, del quale mostra una Patente di Corsa che lo intitola legalmente a perseguire, abbordare, saccheggiare ed affondare i navigli delle nazioni nemiche. Certo, la distinzione è sottile: Sir Francis Drake, il corsaro di Elisabetta I, saccheggiava le navi spagnole anche quando Inghilterra e Spagna non erano in guerra. «Questione di prevenzione», si sentivano rispondere con grande aplomb le frustratissime autorità iberiche che il

Sir in questione lo avrebbero volentieri issato sul pennone più alto. E idem dicasi per quell’altro Sir – borderline fra il corsaro ed il pirata – che fu Henry Morgan. Di questa straordinaria figura di avventuriero corre oggi il 326esimo anniversario della morte, avvenuta poco meno un secolo dopo quella del suo grande predecessore. Morgan il Gallese morì nel suo letto, rispettato ex-governatore della Giamaica, al termine di una vita che lo vide conquistare ricchissimi gioielli della Corona Spagnola aggiunti al suo personale palmares come perle di una collana: Porto Bello, Cartagena, Maracaibo, Gibilterra, Panama – audaci colpi di mano che facevano accorrere al suo bottino i peggiori schiumatori dei sette mari, per una volta trasfigurati in legittimi corsari di Sua Maestà Britannica. Si racconta ancora nelle peggiori bettole di Maracaibo di come Morgan abbia trascorso gli ultimi anni della sua vita fra sbronze colossali coi suoi antichi compagni di deboscia: ventiquattro golpes de caῆon al gran Capitan! – e che Dio ce ne scampi.

è particolarmente varia, elaborata e disponibile. Inoltre, in quest’ambito, una pubblicità lusinghiera, ingannevole ed efficace induce a credere che la felicità sia contenuta in una bottiglia. L’associazione tra consumo di bevande alcoliche e situazioni di giovinezza, bellezza, agio e successo mette in scena le fantasie degli adolescenti, la realizzazione dei loro sogni ad occhi aperti. Di fatto, anche se assunto a piccole dosi, l’alcol induce a sentirsi liberi da norme e divieti. Basta un bicchiere per dissolvere i sensi di colpa, sottovalutare i rischi e minimizzare il timore di rimproveri e castighi. Quando, nelle festicciole dei ragazzi, oltre alle solite bibite, si introducono alcuni liquori, il clima cambia radicalmente. Ai timidi approcci infantili tra maschi e femmine si sostituiscono strategie di corteggiamento più libere e disinibite. Il Super-io (rappresentante delle istanze morali) si dimostra così «solubile in alcol». Ma gli effetti più pericolosi si rivelano soprattutto nella

guida automobilistica. La maggior parte degli «incidenti del sabato sera» sono infatti provocati da eccessi di velocità provocati da stati di ebbrezza. Avendo condotto alcune ricerche sull’argomento, confermo e ribadisco quindi la vostra preoccupazione. Ma, come dimostra l’inefficacia dei provvedimenti disciplinari adottati da suo marito, la famiglia da sola non basta. Occorre che la scuola s’impegni con iniziative di informazione e formazione abbastanza forti e coinvolgenti da contrastare le suggestioni della pubblicità. A quanto pare poi, oltre ai ragazzi, anche i genitori avrebbero bisogno di saperne di più sui rischi indotti dall’alcol sui loro figli. Lo «sballo», cui concorre una sinergia di bevande tossiche, musica ossessiva, danza, luci psichedeliche, stimoli erotici e altro, non può essere considerato un normale fine settimana. A sedici anni i ragazzi hanno bisogno di incontrare dei limiti che, con le loro forze, non si sanno dare. Ma che neppure accettano dagli adulti.

Si tratta allora di inserirli in un ambiente positivo, come un’associazione sportiva, culturale, solidale, dove figure autorevoli affianchino i genitori, le regole siano funzionali ai progetti da realizzare e il senso di appartenenza scacci il timore dell’isolamento e della solitudine. So che è difficile ma la responsabilità collettiva e l’offerta di valide alternative sono le uniche possibilità di risolvere un problema che il proibizionismo fine a se stesso, recepito come una sfida, finirebbe per esasperare. Spero che il vostro impegno e la maturazione di vostro figlio risolvano il problema e vi ringrazio se ci terrete informati su una questione che riguarda tutti.

che non proponeva ricette di matrice religiosa, non emanava condanne d’ordine morale, non respingeva nessuno, né divorziati, né ragazze madri, né omosessuali, né anticlericali, né agnostici, né libertari. Insomma, si spalancavano le porte a quelli che, secondo un moralismo ancora in auge, e non soltanto fra i cattolici, erano i reprobi, i peccatori. Per Padre Callisto, invece, erano persone, magari ideologicamente lontane, comunque interlocutori con cui bisognava discutere e interrogarsi. Ciò che, a scanso di equivoci, non va inteso come rinuncia al proprio ruolo di religioso. Anzi. Si trattava, per lui, di un’appartenenza testimoniata anche esteriormente: con il saio del cappuccino, i sandali, la lunga barba, che gli conferiva un aspetto un po’ ieratico. E, soprattutto, vissuta intensamente sul piano spirituale e

culturale, e poi trasmessa agli altri, attraverso le opere e la parola. Ha fatto molto, Padre Callisto: animatore di interventi sociali, promotore d’incontri educativi e culturali, ricercatore storico, estimatore delle arti (basta pensare alla sua chiesa del Sacro Cuore, opera giovanile di Rino Tami, con la Via Crucis di Guido Gonzato). E ha molto parlato, anche qui intuendo l’importanza della comunicazione, nell’era dei mezzi elettronici, e sfruttando il dono della parola, non però fine a se stesso bensì come strumento per diffondere il messaggio evangelico. Un compito delicato e urgente, da svolgere con accortezza, senza montare in cattedra, per farsi ascoltare e anche per ascoltare gli altri. E capace di scoprire, in una collettività, apparentemente, distratta e indifferente, valori e disponibilità da mobilitare.

indigeni Arawak. Dal momento che fra una querelle sul prezzo della carne al saccheggio di chi non voleva pagare il passo era – come divenne presto il caso – piuttosto breve, alla fine del XVII secolo i bucanieri avevano abbandonato gli spiedi per le sciabole d’arrembaggio. Concorrenti in questo di quell’altra tristissima genia che furono i filibustieri. Il termine deriva dall’olandese vrij buiter e dall’inglese free booter – coloro, ovvero, che tenevano liberamente (vrij, free) per sé il bottino guadagnato in audaci quanto spesso incruenti colpi di mano. Riferiscono le fonti che, più spesso che no, il dispiegamento all’ultimo minuto, con le navi ormai a tiro di moschetto, del Jolly Roger – la bandiera nera dei pirati che equivaleva a dire: «o resa, o morte» – fosse abbastanza da persuadere i capitani più esperti ad abbandonare qualsiasi resistenza. Dunque, per ricapitolare: pirati, bucanieri, filibustieri: quelli che l’Ammiragliato inglese definiva al tempo della loro massima attività (XVII-XVIII secolo) the scourge of the seven seas – «il flagello dei sette mari». Le stesse

La stanza del dialogo di Silvia Vegetti Finzi Giovani e alcol Cara Silvia, sono una mamma di due figli di 16 e 21 anni e, mentre la primogenita non mi ha mai dato problemi in questo senso, il secondogenito, di 16, mi sta dando dei grattacapi. In questa nostra società il giovane che si ubriaca è tollerato. La maggior parte degli altri genitori che conosco accettano di buon grado il figlio che eccede con l’alcol e ne parla ridendo. IO NO! Non accetto e non intendo accettare che mio figlio, regolarmente, arrivi ad un livello tale di ubriacatura da stare male. Proprio non ci sto. Ma anche se io e mio marito abbiamo adottato dei provvedimenti e castighi per farlo desistere, a volte ci sentiamo impotenti. È per questo che le chiediamo un consiglio su quale comportamento dobbiamo adottare per poter uscire «quasi» indenni da questo che speriamo sia un periodo transitorio di ricerca d’identità e di volersi mostrare all’altezza degli amici. Grazie e un caro saluto. / mamma66

Sì, cara mamma66, sedici anni, e dintorni, sono i più critici dell’adolescenza. I ragazzi intendono abbandonare l’identità infantile, quella del «bravo bambino» e cercano, nelle trasgressioni, la conferma della loro metamorfosi. Senza avvedersene finiscono così col sostituire, alla dipendenza dalla famiglia, quella dal gruppo di coetanei. Con la differenza, salvo eccezioni, di lasciare valori e stili di vita positivi per adottare condotte asociali e comportamenti pericolosi. Hai perfettamente ragione nel non sottovalutare i rischi degli abusi di alcol che, soprattutto per i minori, sono gravissimi. Non c’è niente da ridere! L’immaturità della loro fisiologia rende molto più tossica, rispetto agli adulti, quella che è una vera e propria droga. Bastano piccole dosi d’alcol per provocare alterazioni fisiche e psichiche che possono diventare irreversibili. È vero che la cultura latina è sempre stata molto tollerante rispetto all’uso e all’abuso del vino ma adesso la gamma degli alcolici

Informazioni

Inviate le vostre domande o riflessioni a Silvia Vegetti Finzi, scrivendo a: La Stanza del dialogo, Azione, Via Pretorio 11, 6900 Lugano; oppure a lastanzadeldialogo@azione.ch

Mode e modi di Luciana Caglio Padre Callisto e gli altri Capire il proprio tempo, percepirne i bisogni materiali e morali e cercare di risolverli: Padre Callisto Caldelari ci ha provato, percorrendo, anzi inventando un itinerario tutto suo. Quando avviò la sua esperienza di sacerdote operatore sociale, si era in quegli anni 70 che portavano le tracce degli scombussolamenti sessantottini: il rifiuto di ogni forma d’autorità, un femminismo oltranzista, la libertà sessuale illimitata e, non da ultimo, le tentazioni di un esotismo che proponeva filosofie e spiritualità orientaleggianti. Questi influssi, assorbiti soprattutto dai giovani, avevano provocato, anche in un Ticino per definizione tranquillo e rispettoso dell’ordine costituito, uno scontro generazionale senza precedenti. I figli voltavano le spalle alla famiglia, andavano a vivere con la propria compagna inaugurando la stagione

delle libere unioni, le ragazze rivendicavano il diritto all’aborto legalizzato. E via enumerando scelte di vita che segnarono una svolta nel costume senza, però, risolvere i problemi impliciti in ogni forma di convivenza. Anche le nuove unioni dovevano rivelare la loro fragilità: con l’incessante aumento dei divorzi e il disagio economico delle famiglie monoparentali. In questo clima di confusione e disorientamento, Padre Callisto Caldelari avvertì, con l’intuito dei precursori, l’esigenza d’intervenire creando «Comunità familiare», un centro di consulenza e accoglienza che rappresentò una primizia: poi imitata e anche discussa. Certo svolgeva una funzione di riconosciuta utilità pubblica ma, in pari tempo, portava l’impronta di una figura persino sconcertante: un cappuccino, non ancora quarantenne,

Com’è avvenuto nell’ambito del volontariato, dell’attenzione verso i disabili, dove Comunità familiare ha fatto da battistrada. Proprio così, lungo un percorso movimentato, questo cappuccino bellinzonese, attaccato alle radici locali e aperto alle esigenze di una società ormai globale, a volte barricadiero e a volte riflessivo, doveva crescere a personaggio pubblico di rilievo: affrontando, con ciò, i rischi della popolarità e del presenzialismo. Che è lo scotto da pagare per il successo. Ma, nel caso di Padre Callisto Caldelari, il successo non aveva i connotati effimeri, che di solito spettano ai personaggi della cronaca. Qui ci si trova alle prese con una figura che ha lasciato un segno inconfondibile nella vita e nella storia del Paese: «Il Ticino – ha detto il vescovo Valerio Lazzeri – gli è debitore».


APPROFITTATE SUBITO

-25% SULL’INTERO ASSORTIMENTO

BIOTHERM

Prodotti disponibili in alcune filiali selezionate. Non cumulabile con altri sconti. Valido dal 18.08 al 31.08.2014 o fino ad esaurimento scorte.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 25 agosto 2014 ¶ N. 35

10

Ambiente e Benessere Carnet di viaggio da Matera Faravelli: «Una città scavata, cavata e cava. Una città palombara e corallina»

Save The Dog e adozioni sostenibili I consigli di un’associazione nata per dare una risposta alla tragica emergenza che coinvolge i cani randagi in Romania pagina 15

Il fascino del gigante Anche la natura contribuisce a meravigliarci con le sue dimensioni: come le piante dalle grandi foglie

La corsa della speranza Torna a Lugano l’evento a scopo benefico. L’appuntamento è per sabato 13 settembre

pagina 17

pagina 13

Associazione Culturale Fotografica 36° Fotogramma - R. Ponsano

pagina 19

Parliamo scientifico

Neologismi semantici Sempre più termini «scientifici» vengono introdotti nel linguaggio comune,

dal DNA ai prodotti biologici Marco Martucci «I nostri succhi di frutta sono privi di conservanti e coloranti, biologici al cento per cento, senza OGM, poveri di sodio e ricchi di antiossidanti. Ecologia e rispetto dell’ambiente fanno parte del nostro DNA». Forse è un po’ tirata per i capelli, ma una pubblicità del genere non è poi tanto lontana dalla realtà. Sempre più spesso, termini un tempo riservati agli specialisti entrano nel linguaggio comune, in modo più o meno sincero, più o meno corretto, talvolta in senso figurato ma raramente compresi fino in fondo da chi li ascolta, li legge o li adopera. Da dove vengono? Cosa vogliono dire veramente? Sono soltanto degli slogan o dietro c’è qualcosa di più serio? DNA, tanto per cominciare: un termine, fino a non molti anni or sono, totalmente sconosciuto ai più. Concedetemi un piccolo ricordo personale. Alla fine degli anni Settanta quando, giovane docente di scienze nell’allora Ginnasio cantonale, pronunciai la sigla DNA, l’unico risultato, per me sorprendente, fu di scatenare una rumorosa manifestazione d’ilarità da parte della classe. Per gli allievi, in particolare i

maschi, fra i quali, guarda caso, ce n’era uno che sarebbe diventato un famoso calciatore, la sigla DNA significava soltanto una cosa: Divisione Nazionale A, cioè la «Serie A» del campionato svizzero di calcio. Sembra preistoria, vero? Eppure era quasi ieri. In pochissimi anni il termine DNA cambiò significato e, anche se molti non sanno quali parole stanno dietro quelle tre lettere dell’alfabeto (in inglese, perché nella nostra lingua si dovrebbe dire ADN), tutti, più o meno, sappiamo che è qualcosa che c’entra con i caratteri ereditari o, per dirla con un altro termine di moda, che sta nei geni. Quello che una volta si diceva, più romanticamente ma meno correttamente, «ce l’ha nel sangue» oggi si dice «ce l’ha nel DNA»: il senso è lo stesso. L’entrata nel campo del linguaggio popolare, il DNA non la deve alla scuola, non solo almeno, ma soprattutto a quel grande diffusore di «cultura osmotica» che è la televisione. Possiamo perfino azzardare una data: il 21 settembre del 1987 quando, per la prima volta, vennero impiegate le «impronte digitali genetiche» (DNA fingerprinting). In quel giorno, tale Colin Pitchfork, 27 anni, fu accusato dal tribunale inglese di Leice-

ster di omicidio sulla base della prova del DNA, una tecnica messa a punto l’anno prima da un ricercatore dell’università della stessa città, Alec Jeffreys e che si fonda sull’unicità di alcune parti del DNA comune a ogni essere umano. È una vera e propria «impronta genetica» che può trovarsi ripetuta soltanto in un caso ogni mille miliardi di persone. Con il succo di frutta «biologico» il discorso è decisamente più ampio. Di per sé, il termine «biologico» significa attinente alla biologia, la scienza che studia la vita, neologismo ispirato al greco «bios», vita e «logos», discorso, studio, proposto a inizio Ottocento dal naturalista francese Jean Baptiste de Lamarck. «Biologico» è privo di connotazione morale; non è «buono» né «cattivo». Lo stesso vale per «chimico», aggettivo della chimica, la scienza che studia la materia e le sue trasformazioni, disciplina nata a fine Settecento, parola d’origine antica e oscura. Per ragioni in parte ricostruibili in parte meno, a un certo momento nella sensibilità popolare la chimica è diventata «cattiva» e la biologia è diventata «buona». Non esistono però una chimica «cattiva» e una biologia «buona».

Che dire allora della biochimica, la scienza delle trasformazioni chimiche negli organismi viventi, come la respirazione o la digestione? È forse mezza buona e mezzo cattiva? Scherzi a parte, un certo giorno la chimica è diventata quasi sinonimo di «artificiale» mentre la biologia s’è aggiudicata la qualifica di «naturale». E «naturale», soprattutto in epoca recente, più o meno da Jean-Jacques Rousseau in avanti, diventa sinonimo di «buono». Nella pubblicità commerciale, l’aggettivo «biologico» fa il suo ingresso, per quanto ricordi, a inizio anni Sessanta, con i primi detersivi «bio» per lavatrice. Contenevano enzimi, in principio sostanze prodotte da organismi viventi, capaci di «digerire» diversi tipi di «sporco». Col passare degli anni, «biologico» assume significati sempre più «naturali» e «sani», spesso riferito a prodotti alimentari ottenuti tutelando salute e ambiente. Nasce il marchio «bio» a garanzia del rispetto di chiare regole, consultabili facilmente, per esempio, sul sito web di Migros. L’agricoltura diventa così non solo «biologica» ma anche «ecologica», aggettivo pure lui adoperato in senso molto lato. «Ecologico», infatti, non vuol dire «ri-

spettoso della natura e dell’ambiente», almeno non nel suo significato originale. «Ecologico» significa «relativo all’ecologia» e l’ecologia non è una filosofia, un modo di pensare o una politica. È una scienza, una disciplina della biologia che studia i rapporti che gli esseri viventi intrattengono fra loro e con l’ambiente in cui vivono. Per fare un esempio, le catene e le reti alimentari sono un argomento di ecologia. La parola fu coniata nel 1866 dal biologo tedesco Ernst Heinrich Haeckel, prendendola dal greco «óikos», la casa e «logos», intendendo la «casa» l’insieme di tutte le creature, piante e animali, uomo compreso, che vivono in un determinato ambiente, piccolo o grande, con tutte le relazioni fra di loro e con il loro territorio. L’idea di «Gaia», il pianeta Terra come immenso ecosistema fluttuante nell’universo, è l’espressione forse più eloquente di quella «coscienza planetaria» oggi ormai acquisita, sviluppatasi negli anni Sessanta dello scorso secolo, anche grazie all’astronautica e alla celeberrima fotografia della Terra vista dallo spazio inviataci dagli uomini della missione Apollo 8 nel dicembre 1968, i primi che hanno visto tutta la nostra «casa» da fuori.


Il nostro regalo per te: un buono di prova Cumulus Extra del valore di fr. 5.–. I tuoi buoni Cumulus valgono di più: in aggiunta ai buoni Cumulus blu, che ti saranno inviati per posta nei prossimi giorni, ti regaliamo un buono di prova digitale del valore di fr. 5.–! Scambia il tuo buono di prova a partire dal 1° settembre fino al 31 ottobre 2014 sul sito www.migros.ch/cumulus/bon oppure telefonicamente al numero 0848 85 0848 con un buono partner con almeno il doppio del valore.

I tuoi buoni valgono di più.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 25 agosto 2014 ¶ N. 35

12

Ambiente e Benessere

Ecosostenibile, sì, ma anche economica Motori Fra un paio d’anni potrebbe uscire sul mercato un’auto elettrica alla portata di tutti

Mario Alberto Cucchi Un’automobile elettrica a poco più di 13mila franchi? Potrebbe essere realtà nel 2016-2017. Nissan e Mitsubishi Motors hanno, infatti, siglato un accordo preliminare che porterà alla creazione di una joint venture paritetica per lo sviluppo congiunto di una nuova minicar elettrica che dovrebbe costare attorno al milione e mezzo di yen ovvero circa 13’300 franchi svizzeri. A scriverlo ai primi di agosto è stato l’autorevole settimanale giapponese «Nikkei Asian Review». Le due Case automobilistiche lavoreranno quindi insieme sin da subito anche per procurarsi un componente chiave per il progetto: delle batterie agli ioni di litio ad alta efficienza. Va detto che da una parte Nissan è oggi tra i leader nel campo delle emissioni zero grazie alla berlina Leaf che dal suo esordio ha venduto 124mila unità e che, dall’altra, Mitsubishi ha nella sua gamma l’ecologica i.MiEV che oggi è la più economica auto elettrica in vendita sul mercato giapponese grazie al suo prezzo di 2,52 milioni di yen. Prezzo che è sceso sino a 1,78 milioni di yen grazie agli incentivi governativi. Parlando di aiuti statali, proprio in questi giorni Toyota ha sollevato una serie di obiezioni al programma di incentivi ecologici varato dal Governo di Oslo che sta rendendo la Norvegia un esempio virtuoso nella diffusione dell’ecosostenibilità. La Casa giapponese sostiene, infatti, che il piano favorisca eccessivamente alcuni modelli, in particolare quelli elettrici, a scapito di altre

vetture rispettose dell’ambiente, come appunto le ibride targate Toyota. Il costruttore orientale sta vivendo un momento di grande rinnovamento con risultati che la stanno premiando in tutta Europa. Nei primi sei mesi dell’anno ha venduto ben 452mila auto con un incremento del 10%. Eclatante è il risultato ottenuto con le ibride, autentico manifesto per Toyota: il 20% del totale delle vendite è proprio rappresentato da

modelli ibridi cresciuti del 20% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Nel successo di una mobilità ecosostenibile credono anche i tedeschi. In realtà sono vent’anni che il Gruppo Daimler è impegnato nello sviluppo dell’alimentazione alternativa dell’idrogeno e sarebbe anche già pronto per il lancio sui mercati, ma in questi giorni ha annunciato che non lo farà prima del 2017. Lo ha spiegato il responsabile della

ricerca, Herbert Kohler, alla rivista tedesca «Automobilwoche». Il perché del rinvio rispetto al target originale che prevedeva un’introduzione nel 2014/15 è presto detto: i costi per la realizzazione delle fuel cell sono ancora troppo eccessivi. E proprio per tagliare le spese, Daimler si è alleata nel settore con Ford e Nissan per perseguire l’obiettivo di uno sviluppo congiunto del sistema a idrogeno: «Utilizzeremo gli stessi

componenti, ma ci vuole tempo: saremo pronti entro il 2017». Daimler, che per le fuel cell non teme la concorrenza di Toyota (la quale ha già presentato la sua Fuel Cell Vehicle da circa 68mila dollari), ritiene che un prezzo competitivo per le fuel cell possa essere quello simile a versioni ibride comparabili. Insomma, sembra proprio che nel mondo dell’auto il vecchio detto «tutti per uno e uno per tutti» valga a momenti alterni. Annuncio pubblicitario

20% SU TUTTE LE CONFEZIONI DI CAFFÈ, IN CHICCHI O MACINATO.

In vendita nelle maggiori filiali Migros. Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli M-Budget e quelli già ridotti. OFFERTE VALIDE SOLO DAL 26.8 ALL’8.9.2014, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 25 agosto 2014 ¶ N. 35

13

Ambiente e Benessere

Matera è una goccia fossile Viaggiatori d’Occidente Nelle viscere

della caverna platonica, fra veri tesori, visite mercenarie e musei tarocchi

Stefano Faravelli, testi e disegni Al numero uno di via Sette dolori, una delle calate a gradini che scendono al Sasso barisano, è dato visitare la caverna platonica. Ovvero il magico mondo di Filippo. I turisti trafelati, dal polpaccio dolente per il faticoso saliscendi che la città impone, di rado si fermano davanti alla porta di questo andito buio; tutt’al più lanciano un’occhiata sospettosa alla farneticante segnaletica che all’esterno ne elenca i tesori: «Goccia fossile. Piatto dell’orologio. Origine della statua. Grotta Azzurra. Alveo…». Il turista naturalmente passa oltre; Matera è anche la città delle guide abusive, delle visite mercenarie e dei musei tarocchi (come quello di sgarbica invenzione, detto «della follia», che da Salemi è stato trapiantato a Matera). Scoraggia anche il fatto che, a volte, Filippo se ne stia impalato, come un soldatino, sulla soglia del suo museo, dietro a una corda che ne delimita l’accesso, gli occhi persi in lontananze autistiche. Capita che puzzi di vino. Ma se gli chiedete di entrare (ingresso 1,50 euro) assisterete a uno spettacolo memorabile: con la voce atona di un’audioguida e una bacchetta da direttore d’orchestra, ogni palmo di quello speco, ogni crepa o asperità, verrà trasmutata in vivente figura immaginale. Vedrete serpenti e araldi, vedrete corone, altari e volti di statue, vedrete la Goccia Fossile; l’impossibile negativo di un’acqua solida. La volta, le pareti, anche il pavimento della grotta, divengono il palinsesto di un’altra Matera, che sta a quella reale come un sigillo alla sua impronta. In questi pochi metri di roccia calcarea, madre natura ha, secondo Filippo, bizzarramente inscritto gli archetipi del mondo di fuori: lui li ha solo scoperti e li mostra ai rari, esterrefatti visitatori, con un incoerente repertorio di schemi ed emblemi, disegni, fili, contrappesi, intarsi, mappe, sentenze, cartigli… Sono convinto che alla Tate Modern, o in qualche altro tempio dell’arte contemporanea, farebbe furore la sua installazione. Ma la Casa Cisterna – così Filippo chiama il suo museo – è l’opera d’arte di un outsider e appartiene a quella schiera di creazioni, come il «palais ideal» del postino Cheval, dove l’arte si inoltra nei sentieri solitari e dolorosi della psicosi.

Con Filippo feci amicizia due anni fa: fu la voragine di dolore che gli lessi negli occhi ad avvicinarmelo, anima nuda e inerme; ma scoprii subito una segreta affinità con il mondo di questo giovane lucano e con le sue creazioni, visitate da un’Immaginazione tiranna e possessiva. Un’Immaginazione che sceglie i suoi come veicoli e li cavalca, allontanandoli da questa piccola realtà che chiamiamo mondo sensibile. È l’Immaginazione a cui si rivolge Dante: «O imaginativa che ne rube / talvolta sì di fuor, ch’om non s’accorge / perché dintorno suonin mille tube» (Pg XVII, 13). Quest’anno, ritrovandomelo sull’attenti alla svolta di Via Sette Dolori, e tornando a esplorare la sua specola, ho pensato che qualsiasi visita alla città dei Sassi dovrebbe cominciare da qui. Nella Casa Cisterna ci sono davvero le chiavi della città. Filippo ce ne offre un esemplare, e soprattutto ci insegna a decifrarla. Per farlo, senza saperlo, ha seguito un metodo antico, già praticato da Leonardo, ma codificato dal pittore taoista Sung Ti fin dall’XI secolo: «Scegliete un vecchio muro in rovina, stendete su di esso un pezzo di seta bianca. Guardatelo poi sera e mattina, finché attraverso la seta possiate vedere questa rovina, le sue protuberanze, i suoi livelli, gli zigzag, le fenditure, fissandoli nel vostro spirito e nei vostri occhi. Fate delle prominenze le vostre montagne, delle parti più basse le vostre acque, degli incavi i vostri burroni, delle fenditure i torrenti, delle parti più chiare i punti più vicini, di quelle più oscure i punti più lontani. Fissate tutto ciò profondamente in voi e ben presto vedrete uomini, uccelli, piante e figure che volano e si muovono in mezzo a essi. Voi potrete allora usare il pennello seguendo la vostra fantasia. E il risultato sarà una cosa del cielo e non dell’uomo». Chiedete a Filippo di essere la vostra guida a Matera e vedrete una città palombara dove ogni sasso è una bocca di balena e dove noi siamo come Giona nel ventre di un pesce. Vedrete una città dove il calcare eroso genera paesaggi che sono mise en abyme, Matera dentro Matera. Vedrete foreste nei ciuffi di capperi che erompono dal tufo ed elefanti romanici (come quelli meravigliosi nella chiesa di S. Giovanni Battista) nelle concrezioni di Casa Cava. Vedrete che questa è la città dell’Immaginazione.

Ritratto di Filippo mentre sogna di essere Giona nel ventre della balena. Quante balene ci sono a Matera! Per esempio c’è quella dipinta nell’affresco in S. Maria della Bruna: il giorno del giudizio, quando il mare restituisce i suoi morti, i pesci sputano gli annegati; ma dalla bocca della balena esce Giona, simbolo del corpo risorto. Balene nuotano in una città sommersa: memoria di un misticeto lungo 15 metri trovato a S. Giuliano nei pressi di Matera. Se ne può osservare il fossile al Museo Ridola. In realtà ogni casa nei sassi è modellata nel grembo di antichi fondali e si apre come bocca di balena agli occhi dell’immaginazione.

«Una ragnatela minerale. Una città le cui case sono teschi che ti fissano dalle loro vuote occhiaie…»

«Grigia Matera, saggia come una vecchia maga…»


LA NATURA SA COSA FA BENE.

33% 10.60 invece di 15.90 Filetti di trota affumicati in conf. da 3, bio* d’allevamento, Danimarca, 3 x 100 g

6.– invece di 7.50

1.50 invece di 1.90

Carne secca di manzo, bio, Svizzera, o pancetta alle erbe, bio, Germania 20% di riduzione, per es. carne secca di manzo, per 100 g

Fagottini con ripieno alle pere, bio 2 pezzi, 150 g, 20% di riduzione

2.70 1.05 invece di 1.35

1.15 invece di 1.45

Tutti i sughi per la pasta o i pomodori tritati Migros bio 20% di riduzione, per es. pomodori pelati e tritati, 280 g

Tutti i tipi di senape, maionese o ketchup bio 20% di riduzione, per es. senape dolce, 200 g

* In vendita nelle maggiori filiali Migros. Società Cooperativa Migros Ticino OFFERTE VALIDE SOLO DAL 26.8 ALL’1.9.2014, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK

Carote, bio Svizzera, busta da 1 kg


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 25 agosto 2014 ¶ N. 35

15

Ambiente e Benessere

Guardami negli occhi Mondoanimale L’aiuto e l’adozione responsabile di cani randagi

che arrivano da lontano nell’esperienza diretta di chi se ne occupa in prima linea Maria Grazia Buletti Il fondatore della moderna etologia scientifica Konrad Lorenz lo aveva capito molto bene: i cuccioli di mammiferi e i pulcini posseggono alcune caratteristiche che in noi umani evocano atteggiamenti protettivi. Peculiarità come testa grossa rispetto al tronco, cranio grande rispetto al viso e occhi grandi hanno la funzione di stimolare l’istinto del genitore a occuparsi del cucciolo e tentare di bloccare anche eventuali predatori, suscitando in loro tenerezza. Questo vale pure per quello sguardo perso o timido, quegli occhioni sgranati di un cane che ci guarda e pare chieda di prenderlo con noi. Così succede che alcuni si lascino abbindolare da adozioni di cagnolini che vengono da chissà dove, senza garanzie sanitarie e di età, che ben presto potrebbero riservare tristi sorprese. Da queste storie sorgono l’annosa questione e le infinite domande, accompagnate dalle consuete deduzioni: che fare se si vuole adottare un trovatello? Bisogna andare a cercarlo nei nostri canili? A chi ci dobbiamo rivolgere? Come valutare l’affidabilità delle tante organizzazioni o sedicenti sodalizi che li importano da noi per trovare loro una nuova casa e finalmente un po’ di fortuna? Nel disincanto dell’argomento abbiamo incontrato Claudia De Palma, attiva da oramai otto anni nell’organizzazione Save The Dog (S.T.D.). E siccome si è prestata senza remore alla nostra inquisizione, le abbiamo fatto

tutte quelle domande scottanti a cui vorremmo trovare una schietta risposta. «Save The Dog è un’associazione che nasce per dare una risposta alla tragica emergenza che coinvolge i cani randagi in Romania: centinaia di migliaia di animali sterminati ogni anno dalle autorità, nell’indifferenza generale, e un randagismo endemico al di fuori di ogni controllo, generato dal 2000 circa, dopo che ai rumeni sono state tolte le case e i cani si sono moltiplicati fuori controllo per le strade», esordisce Claudia De Palma, alla quale subito chiediamo come si è arrivati a focalizzare l’aiuto in un Paese come la Romania piuttosto che da un’altra parte: «La fondatrice di S.T.D., Sara Turetta, aveva amici italiani trasferitisi in Romania che le avevano parlato dell’emergenza. Attiva nell’Ente nazionale italiano protezione animali, è andata a vedere la situazione e ha deciso di operare affinché qualcosa si potesse migliorare, per mezzo di progetti specifici che si sviluppano attraverso attività qualificate di tipo medico-veterinario, formazione di una nuova classe di medici veterinari, piani di educazione rivolti ai giovani delle scuole dell’obbligo e quant’altro». Claudia ci spiega che lei stessa si è persuasa di come tutto il Paese sia molto sofferente, anche dal punto di vista degli esseri umani: «Non dimentichiamo che si tratta di un popolo per certi versi duro, ma perché a sua volta è stato trattato in modo duro. Il maltrattamento animale ha sempre alle spalle un disagio sociale

e questa consapevolezza mi ha fatto maturare come persona: ho compreso meglio i locali e non li colpevolizzo per ciò che succede ai loro cani, maltrattati tanto quanto lo sono stati anziani, bambini e donne». Di fatto la nostra interlocutrice spiega a chi obietta che non bisogna pensare solo agli animali, come attraverso l’opera prestata a favore dei cani, il sodalizio dia una mano anche alla popolazione rumena: «Questo progetto non dimentica il lato umano, sostenendo e offrendo lavoro a dipendenti rumeni, sensibilizzando la gente e stigmatizzando chi dice che là sono tutti cattivi con gli animali: ci armiamo di buona volontà anche se il compito è durissimo e ci solleva il fatto che, a piccoli passi, facciamo progressi anche a favore delle persone oltre che dei cani». È inevitabile, però, pensare pure ai nostri di cani e ci permettiamo di chiedere a Claudia se non sia più saggio occuparsene adottando quelli ticinesi invece di farli arrivare dalla Romania. Sorride e si permette un’interessante riflessione: «Basterebbe applicare semplicemente un po’ di buonsenso: in Romania vedo animali maltrattati e in estrema sofferenza. Qui da noi vedo situazioni di maltrattamento psicologico all’opposto, perché stiamo umanizzando troppo gli animali. Ci vorrebbe una via di mezzo, perché non dobbiamo dimenticare che si tratta di animali, fanno del loro meglio per comprendere noi umani anche se non parliamo la stessa

Cani randagi fotografati in Romania. (Columbo222)

lingua e umanizzandoli creiamo in loro grande confusione». Detto ciò, Claudia risponde alla nostra domanda sull’adozione di cani indigeni: «Conosco la realtà dei nostri canili e posso affermare che fortunatamente non abbiamo canili in difficoltà. Chi desidera adottare questi cani non deve far altro che andare a visitarne qualcuno». Molte persone cercano, però, cagnolini di piccola taglia che spesso non si trovano nemmeno qui da noi e perciò si rivolgono ad associazioni come S.T.D.: «È nostro compito trovare famiglie competenti, che hanno il tempo di seguire e accudire questi cani già segnati dalla vita, con problematiche che talvolta rendono difficile il compito di adattamento. Per il bene dell’animale e della famiglia è necessario fare scelte ben ponderate». La nostra interlocutrice aggiunge di comprendere il discorso campanilistico, tuttavia molti si rivolgono a loro. «Purtroppo i cani rumeni hanno un grande svantaggio perché le persone li associano al popolo rumeno che qui non gode di buona reputazione». Ed è sempre Claudia a spiegarci come si può avere la garanzia di un’organizzazione di adozione seria: «La si

riconosce da come viene proposto e consegnato il cane, dalle vaccinazioni e dai controlli sanitari obbligatori, dall’antirabbia effettuata almeno 21 giorni prima dell’entrata in Svizzera, e dal fatto che, se qualcosa non dovesse funzionare, si possa fare riferimento all’associazione stessa per un’eventuale restituzione del cane». Claudia De Palma ci rende attenti su un fatto: «Abbiamo la tendenza a generalizzare, ma dovremmo informarci sui differenti aspetti di chi opera sul campo per farci un’opinione, senza mai dimenticare comunque l’essere umano». Un aiuto che non sembra mai essere sufficiente: «Sì, talvolta mi sento come una goccia nell’oceano, quando sono là, ma se non si prova comunque a fare qualcosa o non ci si pone qualche obiettivo, in che mondo vivremmo? Senza speranza, che mondo sarebbe? Sono pienamente convinta di questo progetto che coinvolge persone e cani, mi permette di dare concretamente una mano. E se ciascuno trovasse un proprio modo per aiutare il prossimo, anche dando una mano ad anziani o handicappati piuttosto che ai cani… il mondo sarebbe diverso!». Annuncio pubblicitario

Un giovane chef direttamente nella tua cucina! Partecipa al concorso! Puoi vincere: UNO DEI TRE CORSI DI CUCINA CON IL GIOVANE CHEF RALPH SCHELLING a casa tua, uno dei 10 corsi di cucina oppure uno dei 100 ricettari Green Gourmet Family. Per informazioni dettagliate sul concorso visita il sito: www.famigros.ch/greengourmet. Il termine ultimo di partecipazione è l’1.9.2014.

Partecipa ora e vinci: www.famigros.ch/greengourmet

TUTTA LA FAMIGLIA AI FORNELLI! 124 pagine, 70 ricette. In vendita in tutte le filiali Migros fino al 29.9.2014, fino a esaurimento dello stock.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 25 agosto 2014 ¶ N. 35

16

Ambiente e Benessere

Le spezie e il vino Bacco a tavola Vi sono tre grandi categorie distinguibili:

quelle dolci, quelle pepate e quelle acidule

In concomitanza con il tracciare in modo decisivo il carattere di un piatto, le spezie mettono in rilievo la storia degli uomini. A volte quegli accenti di chiodi di garofano, di pepe nero, di cannella, vaniglia, zenzero, zafferano, sono gli stessi che percepiamo nel profumo di molti vini. Già 40mila anni or sono, l’uomo cacciatore-raccoglitore del paleolitico, nel regime alimentare dell’età della pietra, faceva uso di bacche, rizomi e tutta una sorta di erbe e vegetali mangiati crudi. Fu la rivoluzione neolitica a far nascere l’agricoltura circa diecimila anni or sono. I popoli dell’antico Messico coltivavano già il peperoncino circa 7mila anni a.C. per dare sapore ai loro alimenti. Gli Egizi usavano la cannella ed altre spezie per imbalsamare i loro defunti e in India la medicina ayurvedica aveva cominciato la sua opera da più di 10 mila anni, usando piante e spezie nel loro sistema sanitario: lo stesso popolo è stato il primo ad usare e consumare la curcuma, lo zenzero, il cardamomo e la galanga. Sotto l’imperatore cinese ChenNong (si parla di più di 5 mila anni or sono) si hanno già tracce di scritti sulle spezie da parte di funzionari addetti agli erbari imperiali, ed è proprio tra Cina e India che in quel periodo nasce la famosa Via delle Spezie. Questa rete commerciale comprendeva inoltre la Persia, la Mesopotamia e l’Egitto. Il mercato delle spezie tra Oriente e Occidente non cessa nemmeno durante l’epopea del grande

conquistatore Alessandro Magno (IV sec. a.C.) e nella stessa Bibbia sono più volte citate spezie come il cumino, lo zafferano e la cannella che provenivano dalla Cina. Nell’antichità le spezie ebbero un grosso valore commerciale e raggiunsero prezzi altissimi, gli europei puntarono molto sulle voci che parlavano tanto degli effetti magici e afrodisiaci di alcune di queste. In effetti, anche se non tutte, in parte erano vere: i loro oli essenziali possono risvegliare la libido, com’è il caso della cannella, della vaniglia e dello zenzero. Marco Polo scopre le virtù dello zenzero e di numerose spezie in Cina nel XIII secolo, Cristoforo Colombo nel XIV secolo scopre le Americhe e fa conoscere all’Europa il pepe della Giamaica e la vaniglia. Tra la fine del XIV e l’inizio del XV secolo, vengono importate quasi 500 tonnellate di spezie. E sarà Venezia, la più grande potenza del Mediterraneo che controllerà la quasi totalità di questi commerci provenienti dall’Oriente. Olandesi, Inglesi, Spagnoli e Portoghesi combatterono duramente tra di loro nei secoli a cavallo tra il XVI e XVII secolo, per il predominio su questo importante settore; furono gli Olandesi alla fine a prevalere e ad aprire il primo emporio sull’isola di Giava. Essi s’impossessarono anche del monopolio della noce moscata e dei chiodi di garofano. Dopo varie scaramucce tra Olandesi e Francesi sul ruolo di leader nell’importazione, nella metà del XVIII secolo si avrà un cambiamento di rotta nel commercio

delle spezie, che verrà parzialmente soppiantato dall’arrivo del caffè, del cacao e dello zucchero. Bisognerà aspettare la fine della seconda guerra mondiale per riannodare il filo del discorso tra l’utilizzo delle spezie e la gastronomia. La cucina del XXI secolo si sta riunendo e fondendo con le spezie, sia in cucina come sugli scaffali dei supermercati. Le industrie tentano anche di valutare l’impatto delle spezie sulla salute per far passare l’indispensabile messaggio di benessere che queste apportano. Grazie al loro potere termogeno, infatti, le spezie stimolano in modo naturale l’organismo e tutto questo trasforma i nostri cibi in combustibile per il benessere del nostro cervello e del nostro corpo. Non stiamo a elencare tutte le loro proprietà benefiche, purtroppo manca lo spazio, ma ricordatevi che se vi prenderete il tempo per meglio conoscerle, e parliamo soprattutto con chi non ama i piatti speziati, esse sono passionali e risvegliano letteralmente i sensi sopiti. Le spezie forniscono sensazioni piccanti e pungenti, nella maggior parte dei casi, caratterizzano in modo dominante la preparazione nella quale vengono impiegate donandoci bouquet intensi e vari. Per meglio abbinarle al vino, abbiamo pensato di dividerle in tre categorie: dolci, acidule e pepate. Iniziamo da quelle dolci. A questa categoria appartengono le spezie ricche di aromi, dolci – per l’appunto – in bocca e molto persistenti come: la cannella, la vaniglia, la noce

Luz Adriana Villa

Davide Comoli

moscata; in pratica quelle più usate in pasticceria, tant’è che l’olio essenziale della noce moscata è impiegato nella produzione dell’Alchermes. A uno strudel di noci al papavero e cannella abbinate un Recioto del Soave dolce e di corpo, mentre a una bavarese con salsa vaniglia preferite un Gewürtztraminer vendemmia tardiva, dal sapore vellutato che sfuma in un finale mielato. Passiamo ora alle spezie acidule, che sono ragionevolmente molto intense al naso e molto lunghe in bocca. Questa categoria vanta un gusto rimarchevole per l’acidità come: l’anice, la curcuma, il cardamomo, lo zafferano, eccetera. Abbinateli a vini molto rotondi e dal bouquet aromatico. Con il classico risotto alla milanese o la paella oppure ancora con la bouillabaisse provate il raffinato e morbido perlage di un Metodo Classico Rosé fresco e setoso. Un Riesling non dolcissimo, ma sapido ottenuto da una vendemmia tardiva, sarà benvenuto con le frittelle di castagne all’anice stellato. E ora arriviamo alle spezie pepate. Esse danno fuoco al piatto, sono intense al naso e forti in bocca. Vengono spesso usate nella cucina asiatica, e tra quelle

più note troviamo: i vari pepi, neri, rosa, verde, bianco, la paprika, il coriandolo, il curry e il chiodo di garofano da usare nella Sangria e nel Vin Brulè. Con un piatto di gulasch all’ungherese, dove la paprika domina con la sua sensazione speziata, abbiniamo un rosso fruttato, poco tannico come un Gamay, ma anche un Pignolo del Friuli, mentre un Torgiano Riserva potrebbe essere il compagno di un filetto al pepe nero. Il curry – elemento dominante nella cucina indiana, ma diffuso in tutto l’oriente – non è propriamente una spezia, bensì una serie di miscele. In realtà esiste una pianticella del curry e le sue foglioline sono usate in Sri Lanka per profumare molti piatti. Delicato, medio o forte, con sfumature che vanno dal giallo al marrone, nelle ricette orientali il curry entra a far parte delle preparazioni culinarie fin dall’inizio, mentre in Occidente viene spesso addizionato solo all’ultimo momento. Con un piatto di scampi al curry e riso pilaf, che attenua la forte speziatura, provate un morbido e profumato Graves bianco (semillon-sauvignon) e un Nero d’Avola con il famoso pollo alla tandoori, da cuocere a lungo negli omonimi piccoli forni di terracotta. Annuncio pubblicitario

In aggiunta alle oltre 400 etichette

Epicuro Oro Merlot/ Primitivo Tarantino IGT 2013, Puglia, Italia, 6 x 75 cl

Ora ti propone anche le migliori offerte di vini

J. P. Chenet Cinsault/Grenache rosé

Antica Torre Rosso Toscana IGT 2013, Toscana, Italia, 6 x 75 cl

Rating della clientela:

2013, Pays d’Oc IGP, Francia, 6 x 75 cl

Rating della clientela:

Carne bianca, carne rossa, grigliate Merlot, Primitivo

14.– di sconto

2–4 anni

39.70

Risotto, pasta, verdure Sangiovese 1–4 anni

2013, Veneto, Italia, 75 cl

Rating della clientela:

1/ez2zo pr

22.50

Votate ora!

Prodotti di salumeria, carne bianca, carne rossa, verdura Cinsault, Grenache

9.– di sconto

Cucina esotica, dessert

3di0sco% nto

Moscato Bianco 1 anno dall’acquisto

1–3 anni

26.70

invece di 53.70*

invece di 45.–*

invece di 35.70

6.65 a bottiglia invece di 8.95*

3.75 a bottiglia invece di 7.50*

4.45 a bottiglia invece di 5.95

*Confronto con la concorrenza

Casa Sant’Orsola Moscato D’Asti DOCG

6.25

invece di 8.95*

Offerte valide dal 26 agosto al 1o settembre 2014 / fino a esaurimento / i prezzi promozionali delle singole bottiglie sono validi solo nella rispettiva settimana promozionale / decliniamo ogni responsabilità per modifiche di annata, errori di stampa e di composizione

Enoteca Vinarte, Centro Migros S. Antonino

Enoteca Vinarte, Centro Migros Agno

Orari d’apertura: lu–ve 9.00–18.30 / gi 9.00–21.00 / sa 8.00–17.00 tel.: +41 91 858 21 49

Orari d’apertura: lu–ve 8.00–18.30 / gi 8.00–21.00 / sa 8.00–17.00 tel.: +41 91 605 65 66


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 25 agosto 2014 ¶ N. 35

17

Ambiente e Benessere

Le più belle piante dalle foglie giganti ®

Biotin-Biomed forte In caso di disturbi della crescita di capelli e unghie,

Mondoverde Dall’esotico Orecchio

d’elefante al finocchio selvatico mediterraneo

Non bisogna a tutti i costi andare a migliaia di chilometri di distanza per trovare piante con foglie giganti Da questa prima esperienza è nata la mia curiosità per queste vere piante da record, che hanno intrapreso una via particolare lungo il cammino dell’evoluzione: hanno deciso di sviluppare le foglie in modo abnorme, per una maggior raccolta dell’energia luminosa e favorire così la conseguente fabbricazione degli zuccheri. Un altro esempio? Victoria regia, pianta acquatica galleggiante, è indimenticabile per chiunque l’abbia vista dal vivo nelle vasche delle serre tropicali o direttamente nella foresta amazzonica, suo luogo d’origine. Le sue grandi foglie si estendono come grandi bacinelle sulla superficie di acque calde e immobili, arrivando a misurare anche due metri di larghezza. Non solo le foglie, anche i fiori sono sovradimensionati: larghi circa 30 centimetri, hanno petali interni bianchi ed esterni color carminio. Se Victoria regia è confinata alle nostre latitudini alle sole serre riscaldate, molte altre piante, sebbene di provenienza tropicale, sono in grado di prosperare anche da noi. In giardino, a bordo di un laghetto o di una grande vasca, potreste teoricamente piantare una Gunnera manicata, una perenne dal passaporto brasiliano, che nei luoghi d’origine cresce spontanea in ambienti molto umidi, accanto a corsi d’acqua e pozze ferme. Ma attenzione:

in seguito a carenza di biotina.

biotina.ch

1 compressa 1 volta al giorno • Diminuisce la caduta dei capelli • Migliora la qualità di capelli e unghie • Aumenta lo spessore di capelli e unghie

Annuncio pubblicitario

Belle e impressionanti. Lo scorso anno mi è stata regalata una radichetta (rizoma) grande qualche centimetro di lunghezza. Chi mi ha fatto il dono sosteneva che sarei rimasta stupita per le dimensioni delle foglie che quel piccolo rizoma avrebbe generato. Un anno dopo, nel capiente vaso, oggi splende un’incredibile Alocasia macrorrhiza (foto), nota anche con la denominazione di «orecchio d’elefante», e non serve spiegarne il motivo. Piccioli lunghi 5060 centimetri terminano con foglie verde brillante, dalle nervature evidenti e dalle dimensioni veramente insolite: alcune superano i 60 centimetri.

da noi a causa delle sue caratteristiche e delle dimensioni, in certe circostanze può diventare sin troppo facilmente infestante e dannosa, in quanto soffoca la vegetazione autoctona, intasa canali e drenaggi dei terreni, e può ostacolare la fruizione ad esempio dei sentieri. Ha fusti robusti, spinosi, che terminano con foglie verde scuro, lobate e dentate, in grado di raggiungere i tre metri di larghezza e i due in altezza; all’opposto ha fiori minuscoli, giallo verdastri, riuniti in compatte spighe erette, dalla forma di spazzole. Ma non finisce qui. Le piante dalle foglie giganti annoverano anche altre due meraviglie: il banano Musa spp. e il rabarbaro cinese, Rheum palmatum. Conosciuto anche con il nome di Rabarbaro della Mongolia, quest’ultimo è una pianta erbacea perenne originaria dell’Asia centrale, ha voluminose foglie palmato-lobate color rosso porpora e robuste radici rizomatose. I fusti, alti fino a due metri portano le infiorescenze: grandi pannocchie apicali con numerosi fiori di colore bianco-giallastro o purpureo. Il banano, altra pianta che ora risiede in forma stabile sul mio terrazzo, è una pianta perenne, sempreverde con foglie ellittiche lunghe ben un metro e larghe 30-40 cm, con nervature molto evidenti e chi fosse indeciso su quale banano coltivare può trovare una risposta tra ben 35 specie. Un poco più discreta, per via delle dimensioni leggermente inferiori, ecco Rodgersia podophylla, perenne, giapponese, alta un metro e cinquanta, ha grandi foglie palmate simili a quelle dell’ippocastano, con fiori solitamente bianchi riuniti in pannocchie di 30-40 cm. Non per forza bisogna andare a migliaia di chilometri di distanza per trovare piante con foglie giganti: ad esempio il finocchio selvatico, Foeniculum vulgare, è tipico della flora mediterranea. Spontanea, perenne e dal fusto ramificato, arriva ai due metri d’altezza, con foglie di colore verde e profumate, produce in estate ombrelle portanti piccoli fiori gialli. Seguono i frutti, degli acheni, prima verdi e poi grigiastri, molto usati in erboristeria. Vi consiglio di coltivarla accanto all’Angelica archangelica, del Nord Europa, pianta biennale della famiglia delle Apiaceae (Ombrellifere), che oltre all’aspetto vi conquisterà anche grazie all’aroma fragrante e delicata delle sue foglie.

Fred Hsu

Anita Negretti

Si prega di leggere il foglietto illustrativo. Disponibile nelle farmacie e drogherie. Biomed AG, 8600 Dübendorf © Biomed AG. All rights reserved.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 25 agosto 2014 ¶ N. 35

18

Ambiente e Benessere

La scomparsa della frittata Allan Bay Ma perché nei ristoranti non si trovano più frittate? Io adoro le uova e soprattutto le frittate e, facendo il critico gastronomico, ho avuto la possibilità di porre questo mio interrogativo a tanti cuochi. Sostanzialmente nessuno ha dato risposte soddisfacenti. Molti hanno detto che le uova fresche sono a rischio di salmonella – ma le frittate sono comunque cotte e poi moltissimi chef utilizzano i tuorli a crudo, nei dolci ma anche in piatti come la carbonara; senza parlare del fatto che per le frittate si possono utilizzare i comodissimi brik di tuorlo e di albume, perfettamente sanificati. Qualcuno ha detto che sono pesanti, ma non è vero: un uovo ha solo 80 calorie e in più è ricco di proteine di elevato valore biologico e di vitamine, fosforo, ferro, potassio, magnesio, calcio e zolfo, oltre al fatto che i grassi sono prevalentemente insaturi, cioè quelli che fanno bene alle arterie. Altri hanno detto che i clienti non le chiedono, ma dato che i cuochi non le offrono come fanno i clienti a chiederle? Alla fine della mia analisi ho capito che i cuochi, i quali hanno tutti un’altissima idea di sé, si sentono come sviliti a preparare un piatto a base di umili uova: costano troppo poco per essere prese sul serio, così pensano… Io dico che però questo non succedeva nella grande e ricca cucina francese, anche detta internazionale classica, che proponeva centinaia di ricette a base di uova nei grandi ristoranti di allora. Quindi… Quindi viva le uova e viva le frittate! Ma vediamo cosa si intende oggi con frittata. In prima battuta c’è la versione classica, fatta saltando uova sbattute in una padella e poi voltandole. Ad essa si aggiungono due alternative: le uova possono essere saltate in padella, facendo finire poi la cottura in forno;

oppure ancora è possibile cuocerle direttamente in forno sin dall’inizio. La versione classica tutta in padella ha infatti un limite: si può fare al massimo per due persone e con un ripieno scarso e ben sminuzzato, dato che nessuno riesce a voltare una frittata grossa e guarnita. La ricetta sul come si fa è orami nota a tutti: bisogna prestare attenzione praticamente solo quando la si gira, ma già le nonne dicevano che bastava utilizzare un coperchio o un piatto piano più grande della padella, bagnati d’acqua calda, e rigirare con fredda determinazione d’un solo colpo la padella. Certo, ogni tanto cade per terra, succede, a me è successo l’anno scorso in Toscana da mia sorella, che là vive: ci sono rimasto un po’ male ma poi tutto è passato; Gea, il suo cane, che si è pappata la frittata caduta, mi ringrazia ancora oggi. La seconda alternativa è una scelta sempre attuabile, ma che diventa indispensabile se la frittata è particolarmente ricca, con la guarnizione che sovrasta in peso le uova. Procedete come per la frittata, ovviamente con una padella a due manici che possa andare in forno. Dopo averla cotta da un lato passate la padella in forno a 200° e completate la cottura, la quale dipende dallo spessore, ma calcolate al massimo una decina di minuti. La terza alternativa è veramente ottimale se la frittata è ancora più ricca, ovvero quando c’è una massa di farcia. In questo caso prendete gli ingredienti e legateli con poche uova. Versate in una teglia di alluminio usa-e-getta pennellata di burro, livellate e cuocete in forno a 200° per una quindicina di minuti. D’accordo, tecnicamente sarebbe giusto chiamarla torta salata e non frittata, ma è inutile disquisire, resta comunque buona. È una soluzione ottimale per riciclare gli avanzi, è particolarmente perfetta con la pasta avanzata.

wEnDaLicious

Gastronomia Anche se non si trova più sui menù dei ristoranti, possiamo pur sempre farcela da soli in casa

CSF (come si fa)

Un paio di volte abbiamo parlato di come fare in casa un dado vegetale. Questa è una nuova proposta per ottenere una variante granulare secca. Vediamo come si fa. Ingredienti per circa 500 g di dado: 2 cipolle, 2 carote, 2 porri, 2 coste di sedano, 1 zucchina, 1 ciuffo di prezzemolo, 1 ciuffo di timo, 1 ciuffo di basilico, 1 rametto di salvia, 1 spicchio d’aglio, curcuma, sale. Mondate e tritate le erbe. Mondate le

verdure, lavatele, asciugatele e tagliatele a rondelle sottili. Sbucciate l’aglio, tagliatelo a metà, privatelo del germoglio verde interno e poi tagliatelo a fettine. Distribuite le verdure e le erbe sui cestelli di un essiccatore elettrico e fate essiccare per 10 ore circa. Se non possedete un essiccatore, potete procedere lasciando le verdure stese su una placca coperta con carta oleata e passandola in forno ventilato a 50-60° per 12 ore. Se il forno è statico, lasciate socchiuso lo sportello per far circolare l’aria. Per velocizzare, potete usare il microonde in questo modo: distribuire poche verdure alla volta sul piatto girevole ricoperto con un disco di carta oleata. Cuocete a 100/150 watt per 10’, poi trasferite le verdure nel frullatore e frullate

fino a ridurle quasi in crema. «Spalmate» la crema di verdure sullo stesso disco di carta da forno, rimettete il piatto girevole nel forno e cuocete a 450 watt per 3’. Aprite il forno, mescolate il composto e cuocete ancora per 3’. Ripetete l’operazione un’ultima volta, cuocete per 3’ ancora. Alla fine il composto deve risultare ben secco: se così non fosse, cuocete ancora per qualche minuto. Alla fine frullate le verdure essiccate con 1 cucchiaio di curcuma, pesatele, aggiungete la metà del peso in sale marino grigio e frullate a fondo. Trasferite il dado granulare in un vaso di vetro a chiusura ermetica e tenetelo in dispensa. Se ben asciutto e secco il dado si conserva anche per più di 1 mese: poi non va a male ma inizia a perdere parte del suo profumo.

Ballando coi gusti

Manuela Vanni

Manuela Vanni

Oggi due risotti: sapete che per me è il più buon piatto del mondo, non ne sono mai sazio né mai stufo…

Risotto con fiori di zucca

Risotto del Doge

Ingredienti per 4 persone: 320 g di riso da risotti · 200 g di fiori di zucca · 1 ci-

Ingredienti per 4 persone: 320 g di riso da risotti · 300 g di pisellini freschi · 16

polla · 1 patata · 1 mazzetto di prezzemolo · 40 g di grana grattugiato · vino bianco secco · brodo vegetale · burro · sale e pepe.

scampi · 1 cipolla · farina · 40 g di grana grattugiato · vino bianco secco · brodo di carne · burro · olio di semi di arachide · sale e pepe.

Preparazione: Pelate, lavate la patata e tagliatela a cubetti. Fate la stessa cosa con la cipolla. Tostate il riso per 2’ in una casseruola. Sfumate con 1 bicchiere di vino bianco secco sobbollito per 3’, unite la patata, la cipolla e 2 mestoli di brodo bollente, quindi portate il riso a cottura mescolando e unendo il brodo bollente necessario, mestolo dopo mestolo, quello successivo dopo che quello precedente sarà stato assorbito. Nel frattempo, pulite i fiori di zucca. Mondateli dei gambi, lavateli sotto acqua corrente, asciugateli con un canovaccio e infine tagliateli a listarelle. Quando il riso è pronto unite i fiori di zucca, 1 cucchiaiata di prezzemolo tritato e il grana. Non vi resta che regolare di sale e di pepe e mantecare con 40 g di burro. Mescolate bene e fate riposare per 2’, poi servite.

Preparazione: Tostate il riso per 2’ in una casseruola. Sfumate con 1 bicchiere

di vino bianco secco sobbollito per 3’, unite la cipolla tritata, i pisellini, 2 mestoli di brodo bollente e portate il riso a cottura unendo il brodo bollente necessario. Alla fine mantecate con 40 g di burro e il grana grattugiato, regolate di sale e di pepe e fate riposare coperto per un paio di minuti. Mentre il riso cuoce sciacquate e asciugate gli scampi che poi infarinerete, scuotendoli dalla farina in eccesso. Scaldate abbondante olio in una casseruola per fritti e friggeteci gli scampi 2’. Scolateli, asciugateli su carta assorbente da cucina e salateli. Distribuite il risotto sui piatti da portata e disponete sopra gli scampi fritti.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 25 agosto 2014 ¶ N. 35

19

Ambiente e Benessere

La speranza vola in Canada Evento Una corsa a favore della ricerca contro il cancro; un’occasione per parlarne con il dottor Francesco Ceppi,

oncologo pediatra ticinese

intervistato il dottor Francesco Ceppi, oncologo pediatra ticinese, attivo in Canada – al quale è destinata una parte del ricavato della corsa della speranza – e che svolge un importante lavoro «dietro le quinte».

Giorgia Masoni L’estate avanza e allo stesso modo procedono anche i preparativi per la corsa della Speranza che si svolgerà a Lugano, in piazza Riforma, sabato 13 settembre. Manifestazione a scopo benefico, alla base, ma che vuole rappresentare anche un momento d’incontro e di riflessione, da esprimersi attraverso gioia e serenità che, da sempre, accompagnano l’evento. Non si tratta però solo di un evento da inserire nel calendario, questa giornata di solidarietà simboleggia pure il lungo lavoro di un comitato organizzativo e, al contempo, l’impegno, durante tutto l’anno, per la ricerca contro il cancro. Entrambi possibili grazie all’importante sostegno dei partecipanti e dei volontari, che da nove anni corrono in piazza per portare il loro aiuto. A questo proposito, abbiamo

Cosa l’ha portata a studiare medicina? Come mai ha deciso di orientarsi alla pediatria e, più nello specifico, all’oncologia pediatrica?

Ho deciso di studiare medicina poiché in accordo con la mia filosofia di vita: volevo esercitare una professione che fosse utile alla società e alle persone. Data la mia simpatia per i bambini, era chiaro, già prima di iniziare medicina, che mi sarei orientato alla pediatra. Quindi avevo già l’idea fissa di diventare pediatra e di voler operare nell’aiuto allo sviluppo della medicina nei Paesi con meno capacità economiche. Dopo

La storia della corsa della speranza tributo di fr. 25.– per adulti e fr. 10.– per bambini e AVS) si riceve il kit di partecipazione contenente maglietta, gadget e giornaliera arcobaleno (valevole su tutto il territorio). La giornata di sabato 13 settembre sarà inoltre animata da diversi spettacoli che avranno luogo, a partire dalle 15, in piazza Riforma. Per le 18.30 è invece previsto l’inizio della corsa solidale che, attraverso un percorso di circa cinque chilometri, animerà le vie della città. In fine è previsto, come di consueto, il pasta party. A partire dal 29 agosto sarà aperta la prevendita in diversi negozi del Cantone. Per chi volesse saperne ancora di più: www.corsadellasperanza.ch.

La corsa della speranza è una corsa benefica che trae ispirazione dalla storia di Terry Fox. Dopo la perdita di una gamba, Terry decise di correre per migliaia di chilometri chiedendo, a chi incontrava, un dollaro per combattere la malattia. La sua storia si è trasformata in una tradizione. Da una trentina d’anni è, infatti, possibile assistere, in tutto il mondo, a manifestazioni benefiche che intendono ricordare il giovane Terry, scomparso nel 1981. Il ricavato della corsa della speranza è devoluto alla Fondazione Ticinese per la Ricerca sul Cancro che lo impiega in progetti di ricerca legati allo studio della malattia, come quelli del dottor Ceppi. Iscrivendosi alla manifestazione (con-

il mio primo anno di medicina, ho convinto Franco Cavalli a lasciarmi partire in Nicaragua (con Amca), sebbene avessi solo 20 anni e un solo anno di medicina alle spalle. Volevo toccare con mano e immergermi nella realtà di un ospedale pediatrico di un Paese in via di sviluppo, per capire se era davvero la mia strada. Da questa esperienza è nato un amore per questo Paese che mi ha portato, ogni estate, a lavorare all’Ospedale la Mascota di Managua; durante questi mesi estivi ho trascorso la maggior parte del tempo nel dipartimento di Ematologiaoncologia pediatrica, da qui la passione per l’Emato-Oncologia pediatrica… e non ho più avuto dubbi sul mio futuro professionale. Ero convintissimo e pronto a tutto pur di realizzare il mio sogno: lavorare nell’ambito dei tumori infantili. In questo campo si creano intensi e, al contempo, bellissimi legami con i piccoli pazienti e le famiglie. Oltre agli aspetti sociali e psicologici, vi è l’aspetto scientifico che è affascinante: un ambito della medicina con tantissimo ancora da scoprire. Un lavoro perfetto per me! Come mai ha scelto di partire per il Canada?

Il Canada l’ho scelto poiché era una delle possibilità che avevo a disposizione per affinare la formazione. Le altre due erano Parigi e Stati Uniti. Restare in Europa mi sembrava peccato poiché avrei visto una presa a carico simile alla Svizzera. Il Canada mi sembrava perfetto, per la spiccata sanità pubblica, per l’approccio completamente differente dal nostro e per la possibilità di fare ricerca con maggiore facilità rispetto alla Svizzera. Può raccontarci qualcosa della sua esperienza canadese?

Per il momento sono stati tre anni fantastici. Ho imparato moltissimo sul

Il dottor Francesco Ceppi e una piccola paziente ad Haiti.

attività. Tengo dunque a ringraziare di cuore tutte le persone che mantengono in vita questa manifestazione.

piano clinico e dell’esperienza, essendo il centro di Oncologia pediatrica dell’ospedale Sainte Justine di Montreal modernissimo e il secondo più grande del Canada. Ho un’esposizione clinica enorme. Sul piano della ricerca ho appreso davvero tanto se non «tutto», dalla pianificazione, alla realizzazione e alla sintesi scrivendo articoli scientifici! Insomma meglio di così…

Perché partecipare alla Corsa?

Credo sia importante per le persone sentirsi partecipi alla lotta per combattere il cancro, che oggi coinvolge la società nella sua globalità. È una possibilità semplice e divertente per aiutare lo sviluppo di nuove terapie e strategie per combattere le malattie oncologiche con risultati migliori e con meno effetti secondari.

Come incide sul suo lavoro la Corsa della Speranza?

L’Ospedale pediatrico Sainte Justine e l’università di Montreal mettono a disposizione i fondi per effettuare le mie ricerche, ma non mi danno nessun salario per vivere. L’aiuto economico della borsa di studio Mario Luvini è fondamentale per la mia permanenza in Canada. I fondi raccolti dalla Corsa della Speranza, che sono versati alla Fondazione Ticinese per la Ricerca sul Cancro, rendono possibili queste mie

Sogni nel cassetto?

Poter sviluppare un polo di ricerca nell’ambito dell’immunoterapia per curare leucemie e linfomi, quando sarò di ritorno in Svizzera. Ritengo che utilizzare il nostro sistema immunitario, per combattere i tumori sia una maniera elegantissima e con pochi effetti collaterali. I primi risultati in quest’ambito sono molto promettenti.

Giochi Cruciverba Risolvi il cruciverba e leggi le lettere evidenziate, per scoprire il vero nome di Drupi e il titolo di un suo famoso successo. (Frase: 9, 6, 4, 3)

1

2

3

4

5

6

10

7

8

9

11

Scopo del gioco

13

12 14

15

17

16

18 19

20

Sudoku Livello geni Completare lo schema classico (81 caselle, 9 blocchi, 9 righe per 9 colonne) in modo che ogni colonna, ogni riga e ogni blocco contengano tutti i numeri da 1 a 9, nessuno escluso e senza ripetizioni.

21

22

23

24

Soluzione della settimana precedente

I castori rosicchiano continuamente: … per consumare i denti che crescono sempre. ORIZZONTALI 1. Un parente 6. Si stacca dal tutolo 10. Si trasforma in zucchero 11. Parsimonioso 12. Procedure liturgiche 13. Risultato a cui mira un’azione 14. Piccola rana verde 15. Abbattuti, sconfortati 16. Le iniziali del Duca della Vittoria 17. Due di spade 18. Indispensabili al cuoco 19. Differente, diversa

20. Feticcio 22. Bambola inglese 23. Due in vita 24. Repubblica dell’Europa settentrionale VERTICALI 1. Scultura umana, utilizzata come colonna 2. Modesto, dimesso 3. Si organizza per diporto 4. Giorni sacri a Giove

5. Non sa dirlo l’indulgente 6. Aumentano in età avanzata 7. Erano sacre alle Vestali 8. 99 romani 9. Un noto Alberto attore 11. Grossa pentola 13. Strette aperture tondeggianti 15. Scuro 16. Centro dell’Italia 18. Prevede una punizione 19. Unità di forza elettromotrice 21. Due a Madrid 23. Le iniziali dell’Incontrada della TV

I N R I N E B O

P A O L O

E M M A U S

R I S A R E D T C R U O V I N B E S O

C O U B R E R I A I T E O P

D O S S O

E M C C T E R T

A H I M E


20% DI RIDUZIONE

2.85 invece di 3.60 Tutta la frutta secca e le noci Sun Queen 20% di riduzione, per es. miscela di noci, 200 g

–.80 invece di 1.05

3.50 invece di 4.40

Tutte le conserve Sun Queen 20% di riduzione, per es. fette d’ananas, 140 g

Tutte le noci o le miscele di noci Sun Queen Premium, salate 20% di riduzione, per es. miscela di noci, 170 g

OFFERTE VALIDE SOLO DAL 26.8 ALL’1.9.2014, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 25 agosto 2014 ¶ N. 35

21

Politica e Economia Pil da rivedere Tutte le ambiguità dell’indicatore dello stato di salute economica di un Paese

Idrocarburi argentini Tutti pazzi per il mega-giacimento di idrocarburi di Vaca Muerta, il più grande al mondo, che la Kirchner vuole sfruttare in tempo di crisi pagina 23

Migrazioni di massa Fuggono dal Continente africano affamato e in lotta verso l’Europa, cercando di lasciarsi alle spalle ex colonie cui l’indipendenza non è riuscita a garantire uno sviluppo pagina 24

pagina 22

Come si ferma l’aggressore? Iraq e Siria Papa Francesco interviene

su quanto accade in Medio Oriente e afferma che è lecito fermare la guerra ma non con le bombe. E non può deciderlo una nazione da sola

Giorgio Bernardelli «Dove c’è un’aggressione ingiusta è lecito fermarla. In Iraq c’è un aggressore ingiusto? Sembra di sì. E allora come lo fermiamo?». Con la consueta schiettezza, di ritorno dal suo viaggio in Corea, Papa Francesco ha posto senza falsi pudori la questione dell’Iraq. Aprendo in maniera chiara la porta a un’azione anche armata per fermare l’avanzata dello Stato islamico, l’autoproclamatosi califfato fondamentalista che da settimane semina il terrore nel territorio a cavallo tra la Siria e l’Iraq. Non è una posizione nuova per la Chiesa quella espressa da Papa Francesco: assomiglia molto, ad esempio, alla dottrina dell’«ingerenza umanitaria», formulata negli anni Novanta da Giovanni Paolo II di fronte ai massacri che andavano avanti in Bosnia Erzegovina senza che il mondo avesse la forza di intervenire. Del resto i racconti giunti nelle ultime settimane da Mosul, dalla Piana di Ninive e dal monte Sinjar sulle violenze subite dalle minoranze cristiane e yazide non hanno nulla da invidiare al dramma di Srebrenica. E – nella mappa del cattolicesimo globale – toccano proprio quel Medio Oriente che balza a occhio nudo come il luogo in cui i cristiani si trovano a patire la persecuzione più dura. Si tratta, dunque, di un ritorno alla dottrina della «guerra giusta» sotto un’etichetta politicamente più corretta? Non proprio. I limiti richiamati da Papa Francesco sono estremamente significativi. Innanzi tutto la sottolineatura sull’obiettivo limitato di «fermare» l’aggressione: Bergoglio ha tenuto subito a prendere le distanze dai casi in cui, in nome della difesa di popoli minacciati, si sono combattute guerre di conquista (e le orecchie di più di qualcuno avrebbero dovuto

fischiare in Medio Oriente). Inoltre ha messo in chiaro che esiste un discrimine etico intorno ai mezzi utilizzabili; che è poi un modo per porre in altri termini la tanto discussa questione della proporzionalità. Ad esempio ha detto esplicitamente che tra i mezzi per fermare l’aggressore non ci può essere un via libera indiscriminato a bombardamenti che possono mietere vittime tra i civili innocenti. Basta fare due più due per constatare che è proprio quanto Israele sta facendo da settimane nella Striscia di Gaza, ma anche quanto l’aviazione del presidente siriano Bashar al Assad fa da mesi ad Aleppo, giustificandosi proprio con la necessità di combattere il terrorismo islamista. Specificando poi che «non può essere una nazione sola a giudicare come si ferma un aggressore ingiusto», ha sgombrato il campo da indebite benedizioni a priori dell’intervento americano, riportando la questione nell’ambito multilaterale delle Nazioni Unite. Proprio qui, però, emerge tutta la difficoltà dell’attuale situazione (e il forte rischio di utopismo insito in questa posizione vaticana). Perché la crisi irachena, con l’emergere di un soggetto come lo Stato islamico, è proprio il frutto dell’attuale debolezza dell’Onu, paralizzato ormai da tre anni in Medio Oriente dai giochi incrociati delle alleanze nel pantano siriano. Dal marzo 2011 – intorno alla sorte del presidente siriano Bashar al Assad, contestato inizialmente dai giovani sunniti sull’onda delle primavere arabe – le potenze della regione (Arabia Saudita, Paesi del Golfo e Turchia da una parte e Iran dall’altra) sul suolo siriano si sono combattute senza esclusione di colpi attraverso milizie (locali o straniere) abbondantemente foraggiate e armate. E con grandi potenze interna-

Rifugiati yazidi scampati alle violenze dello Stato islamico nella città di Sanjar. (AFP)

zionali come la Russia o gli Stati Uniti che hanno giocato la loro partita. Ed è proprio su questo campo di battaglia che una di queste formazioni – l’Isis, appunto – ha cominciato a perseguire un’agenda propria (il califfato in Siria ed Iraq) che oggi fa paura anche agli apprendisti stregoni di ieri. Per tornare allora alla domanda di Papa Francesco – come si ferma l’aggressore? – c’è un’ambiguità di fondo che va risolta. Da quando (con grave ritardo) è scattato l’allarme per la sorte dei cristiani e degli yazidi sono state messe in atto due contromisure importanti: il sostegno militare ai curdi e il processo politico che a Baghdad ha portato alla liquidazione di al Maliki, rendendo più vicina la possibilità della nascita di un governo di unità nazionale che comprenda anche i sunniti. Queste due mosse hanno per il momento fermato l’avanzata dello Stato

islamico in Iraq. Ma la stessa cosa non si può dire sul fronte siriano: lì – mentre il mondo oggi continua a guardare solo al Kurdistan – le milizie di al Baghdadi stanno guadagnando posizioni, in alcuni casi liquidando e in altri riassorbendo quel che è rimasto dell’opposizione ad Assad. E lo Stato islamico non fa mistero di aver oggi nel mirino Aleppo molto più di Erbil o Baghdad. Il vero problema allora oggi diventa: come si ferma l’aggressore non solo in Iraq, ma anche in una situazione come quella siriana, dove l’alternativa è sempre più tra Bashar al Assad e al Baghdadi? Non saranno certo i curdi a sbrogliare una matassa del genere. Ci vorrebbe un accordo tra le potenze regionali che – incoraggiate da Stati Uniti, Russia, Cina ed Europa – stabiliscano che lo Stato islamico oggi è una minaccia troppo grave per tutti. E at-

traverso una via d’uscita onorevole per tutti portino prima di chiunque altro chi fino a ieri si è combattuto in Siria a coalizzarsi per fermarlo. «Quante divisioni ha il Vaticano?», chiedeva sarcasticamente un tempo Stalin. Poche o tante che siano, oggi Papa Francesco dovrebbe schierarle con un po’ più di decisione per aiutare quelle Nazioni Unite a cui si appella a raggiungere un obiettivo al limite dell’impossibile. Mettere intorno a un tavolo Arabia Saudita, Paesi del Golfo, Turchia ed Iran con l’obiettivo politico di porre fine alla guerra in Siria e liquidare l’esperienza del califfato. Perché una cosa è certa: da quella che Papa Francesco ha definito la «terza guerra mondiale, combattuta come a capitoli», Iraq e Siria possono uscire solo insieme. E debbono farlo molto in fretta, prima che nel vortice finiscano trascinati anche tanti altri Paesi.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 25 agosto 2014 ¶ N. 35

22

Politica e Economia

Pil, indicatore malato Dogmi Un tempo erano soltanto gli economisti di sinistra a contestare la credibilità dell’indicatore

sullo stato di salute di un Paese. La novità è che ora gli attacchi vengono dall’establishment, i mercati e gli organi del neoliberismo – Seconda parte –

Federico Rampini Il più duro da ingoiare fra tutti i sondaggi negativi per Barack Obama è quello dell’autorevole Quinnipiac University. Obama ne viene fuori come «il peggior presidente dalla seconda guerra mondiale». Lo considerano tale il 33% degli intervistati. Hanno meno giudizi negativi di lui perfino George W. Bush (28%), Richard Nixon che dovette dimettersi per lo scandalo Watergate (13%) e Jimmy Carter distrutto dalla crisi degli ostaggi a Teheran (8%). Mike Allen, blogger di Politico.com e uno dei più acuti analisti politici, sottolinea un altro numero allarmante: «Il 54% considera Obama incompetente come uomo di governo, e questa percentuale va al di là del tradizionale schieramento di destra». «More Jobs, Less War, Low Polls: The Obama Disconnect». La Cnn descrive così la stupefacente «sconnessione» tra i risultati di Barack Obama e il giudizio degli americani. Più occupazione, meno guerre, sondaggi a picco. «Con l’economia in crescita da cinque anni, una Borsa ai massimi storici, di solito arrivano alti consensi – constata il servizio della Cnn. Riportare a casa i soldati dal fronte ha sempre rafforzato la popolarità dei nostri presidenti. Non questa volta, non con questo presidente».

Il Pil è diventato un’ossessione globale degli economisti che effettuano operazioni contabili del tutto arbitrarie Lo stesso presidente vede la «sconnessione» di cui parla Cnn. Il mercato del lavoro americano genera in media più di duecentomila nuovi posti al mese, «ma troppi americani – riconosce Obama – sono ancora in difficoltà; io spero che capiscano, anche alla luce di questi numeri, che siamo nella direzione giusta». A conferma che la situazione è grave, Hillary Clinton sta cominciando a prendere le distanze dal presidente che la nominò segretario di Stato. «La maggioranza degli americani – dichiara lei – non pensa che la ripresa economica degli ultimi cinque anni li abbia aiutati». La «sconnessione» che cita la Cnn ha qui la sua spiegazione. È vero, l’America entra nel suo sesto anno consecutivo di crescita economica. Qualsiasi leader europeo sarebbe felice di esibire una simile performance. E tuttavia questa ripresa è molto diseguale nella ripartizione dei benefici. Il reddito della famiglia media americana oggi è più basso del 3,7% rispetto al livello del 2009, quando la nazione era nel mezzo della recessione. Per questo una parte dei giudizi severi su Obama vengono dalla sua constituency di sinistra, da quei lavoratori che si aspettavano molto di più, quelli che la ripresa la vedono nelle statistiche ma non nelle proprie buste paga. È possibile che il giudizio futuro sia più clemente verso Obama. A consolarlo c’è questo dato: oggi il secondo miglior presidente della storia (nello stesso sondaggio Quinnipiac) è Bill Clinton, che invece alla fine della sua presidenza era odiato da metà degli americani, macchiato da scandali e quasi-impeachment. Ma perché il bilancio su Obama possa migliorare in futuro, qualcosa deve cambiare nel capitalismo americano, e mondiale. A cominciare dagli stessi indicatori che ci

Il riesame del Pil cinese è stato deciso per correggere gli errori del passato facendo diventare Pechino pari all’America nel suo potere d’acquisto. (Keystone)

guidano nella comprensione dei fenomeni economici. Indicatori malati, che ci spingono sulla strada sbagliata. «Perché il Pil puzza e perché nessuno ci fa attenzione»: con questo titolo colorito il «Wall Street Journal» riassumeva le reazioni delle Borse alla notizia di una presunta «frenataccia» dell’economia americana nel primo trimestre del 2014. Meno 2,9%, il Pil tra il primo gennaio e il 31 marzo di quest’anno. Un dato pessimo, poi parzialmente ridimensionato ma comunque negativo, metteva l’America «in rosso» dopo cinque anni di ripresa, la sbatteva provvisoriamente dietro ai malati cronici dell’eurozona. Era il peggiore dato dal primo trimestre del 2009, quando gli Stati Uniti erano ancora nel mezzo della recessione. Ma questo Pil ha lasciato indifferenti i mercati e gli esperti. L’unica vittima? La credibilità stessa del Prodotto interno lordo come indicatore sullo stato di salute dell’economia. Un tempo a contestare il Pil erano soprattutto economisti di sinistra, come i premi Nobel Amartya Sen e Joseph Stiglitz, ambedue autori di statistiche «alternative». Oppure, ancora più radicali, c’erano le critiche dei teorici della decrescita come Serge Latouche, per i quali l’aumento del Pil è sinonimo di sviluppo insostenibile, distruzione di risorse naturali. La novità: adesso agli attacchi contro il Pil si uniscono l’establishment, i mercati, gli organi del neoliberismo. «L’incidente del primo trimestre 2014», come si può intitolare la vicenda dello scivolone in negativo, è davvero esemplare. Tra i fattori che hanno fre-

nato la crescita Usa, il più potente è la riforma sanitaria di Barack Obama. A gennaio di quest’anno entrava in vigore il nuovo sistema assicurativo. La sua prima conseguenza è stata un calo delle tariffe sulle polizze sanitarie. E qui si tocca l’incongruenza dell’indicatore Pil: se gli americani hanno finalmente speso un po’ meno per le assicurazioni mediche questa è un’ottima notizia, ma riduce il Pil che è un aggregato di tutte le spese. Il Pil non dice se stia migliorando la qualità delle cure mediche e quindi la salute, misura solo la spesa nominale. Una sanità inefficiente e costosa «fa bene» alla crescita, se invece si riducono sprechi e rendite parassitarie delle compagnie assicurative, l’economia apparentemente ne soffre. L’attacco al Pil trova concorde il «Financial Times». «Come il Pil è diventato un’ossessione globale», è il tema di un’inchiesta del quotidiano inglese. Che parte da alcune sconcertanti revisioni nella contabilità nazionale che hanno fatto notizia. La Cina, secondo uno studio recente della Banca mondiale, è molto più ricca di quanto credevamo: sta per sorpassare gli Stati Uniti, da un mese all’altro. Anche l’Inghilterra ha un’economia più prospera di quanto si pensava. Perché? Il «riesame» del Pil cinese, è stato deciso per correggere errori del passato. Sopravvalutando il costo reale di alcuni generi di prima necessità come gli spaghetti, si era simmetricamente «impoverito» (nelle statistiche) il potere d’acquisto dei consumatori. Errore corretto, e oplà, di colpo la Cina nel suo nuovo Pil misurato «a parità di potere d’acquisto»

diventa quasi eguale all’America. Per quanto riguarda la Gran Bretagna, il suo «arricchimento» improvviso (+5%) nasce dall’inclusione nel Pil di attività illecite e sommerse come la prostituzione e il traffico di droga. Nel caso cinese come in quello inglese è evidente che siamo di fronte a operazioni contabili del tutto discrezionali, arbitrarie. Non è cambiato nulla per il cittadino, il lavoratore, l’imprenditore di quei Paesi. È cambiato solo un numero, deciso dagli economisti. Per la Gran Bretagna, poi, è evidente l’aspetto paradossale di questo massaggio delle statistiche: siamo proprio sicuri che l’inclusione della droga nel Pil sia un indicatore fedele del benessere nazionale? L’economista Diane Coyle, che è stata consigliera del ministero del Tesoro britannico, ha pubblicato un libro sulla storia del Pil: Gdp: A Brief But Affectionate History. Documentato, erudito, ironico, ma anche sferzante. La Coyle ci ricorda che «non esiste una cosa reale che gli economisti misurano e chiamano Pil». Quell’indicatore statistico è un’astrazione, un aggregato di spese dove entra di tutto: dai manicure alla produzione di trattori ai corsi di yoga. Primo consiglio della Coyle: liberiamoci dall’idea che la rilevazione del Pil sia come la misurazione del perimetro terrestre, un’operazione complessa ma scientificamente rigorosa. Del resto il Pil è un’invenzione recente, e strumentale. Il primo a lavorarci fu l’economista americano di origine bielorussa Simon Kuznets, negli anni Trenta. La missione gli era stata affidata dal presidente Franklin

Delano Roosevelt. Nel bel mezzo della Grande Depressione, Roosevelt aveva bisogno di una misura dello stato di salute dell’economia, che non fosse di tipo settoriale o aneddotico come quelle usate fino ad allora. Ma lo stesso Kuznets dopo avere «inventato» il Pil cominciò a esprimere serie riserve sulla sua validità. Nella maggior parte dei Paesi sviluppati bisogna attendere gli anni Cinquanta perché il Pil entri nelle consuetudini. Un indicatore ben più completo e utile è quello elaborato per le Nazioni Unite da Amartya Sen ed altri, lo Human Development Index (indice dello sviluppo umano): misura per esempio la qualità della salute e dell’istruzione. Perché non riesce a spodestare il Pil nel dibattito pubblico? La spiegazione che dà Sen è disarmante, o inquietante: «Il Pil misura un tipo di crescita quantitativa che ha coinciso con l’arricchimento di minoranze privilegiate. L’indice dello sviluppo umano sposterebbe l’attenzione verso attività e settori che vanno a beneficio degli altri». La forza delle ideologie può essere micidiale. Come diceva Keynes: uomini pratici e pragmatici, sono schiavi dei preconcetti di qualche economista defunto da molti anni. La lezione di Sen prosegue: la democrazia è quello che ne facciamo noi. La sua forza, la sua capacità di risolvere i problemi, è direttamente legata al nostro livello di attenzione, alle priorità che le assegniamo. È una grande lezione di passione civile e di responsabilità. L’economia è una costruzione umana, è il riflesso della gerarchia di valori che noi decidiamo di imprimerle.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 25 agosto 2014 ¶ N. 35

23

Politica e Economia

Buenos Aires vuole mungere la Vaca Muerta Petrolio argentino In tempo di default – di cui è vietato parlare – la presidente Cristina

Kirchner si è lanciata nel recupero della sovranità del megagiacimento

Angela Nocioni In tempi di vacche magre, ci si accapiglia per la Vaca Muerta. Il posto meriterebbe un nome migliore. Si tratta di una terra spazzata dai venti gelidi dell’Antartide, molto più a sud della Patagonia argentina, sotto il cielo di smalto della fine del mondo. Qui, a tremila metri di profondità, protetto da pareti di rocce sotterranee, è nascosto uno dei giacimenti di petrolio più ricchi del pianeta, la quarta riserva di shale oil (petrolio non convenzionale) secondo le stime del Dipartimento di stato americano. Trentamila chilometri quadrati di oro nero. Un tesoro prezioso, in tempi di crisi.

Il giacimento, scoperto nel 2011, è stato il regalo più grande che la sorte ha fatto a Cristina Kirchner Cristina Kirchner, la presidente argentina, costretta al default tecnico dopo aver perso il 30 luglio a New York il round di negoziati contro i fondi speculativi di Paul Singer, suoi creditori, è passata al contrattacco. Innanzitutto: vietato pronunciare la parola default. L’idea della propaganda della Casa Rosada è far passare a forza il concetto che non l’Argentina è vittima di una «congiura dei poteri forti» (nello specifico sarebbero gli hedge funds statunitensi, il giudice newyorkese Thomas Griesa, più la Corte suprema). Non si deve parlare di default, intima il governo di Buenos Aires. Che infatti non l’ha mai dichiarato. La situazione finanziaria argentina, ossia il drammatico «non pagherò», è stato sancito dall’agenzia Standing & Poor prima della mezzanotte del 30 luglio. Una forzatura, si infuria la Kirchner perché, dice lei, «l’Argentina ha pagato le rate dei suoi debiti ed era pronta a pagare ancora, solo che il giudice Griesa ha bloccato i nostri soldi». Quindi

non si dica «cessazione dei pagamenti». L’espressione autorizzata è «restrizione dei pagamenti». E guai a sbagliarsi, i kirchneristi si arrabbiano moltissimo. Adirittura è diventato strategia di governo l’urlo lanciato via twitter dal capo di gabinetto, Jorge Capitanich, che ha dato la sveglia: «Van por nuestra Vaca muerta!», ci vogliono rubare la nostra Vaca Muerta. Poi, però, vengono i guai con le province, con i governatori ribelli che si preparano già al dopo Cristina. Secondo la legge in vigore, i soldi (pochi) pagati dagli investitori esteri che vengono a estrarre petrolio in Argentina, rimangono nelle casse dei governi locali. Le province mettono a disposizione il titolo di proprietà e incassano dalle multinazionali le royalities. Con la scusa che estrarre lo shale oil costa molto caro, Cristina ha presentato un disegno di legge di quaranta articoli per avviare «un nuovo regime di promozione degli investimenti per lo sfruttamento degli idrocarburi». Non saranno più le province a chiudere accordi con gli investitori privati, ma il governo centrale. Ovviamente i governatori scalzati non l’hanno presa bene. «Buenos Aires vuol venire a mungere la mucca che non è sua», protesta Omar Gutierrez, ministro dell’Economia della petrolifera provincia di Neuquen, dove giace placida la Vaca Muerta. Cristina ha i voti sufficienti per far passare il suo progetto. Lascia quindi che i governatori nemici protestino contro l’avidità del potere centrale in una riedizione australe dei lamenti sulla Roma ladrona e si lancia nella campagna in difesa della proprietà nazionale di Vaca Muerta. La storia è questa. Il giacimento, scoperto nel 2011, è stato il regalo più grande che la sorte ha fatto a Cristina Kirchner da quando è al governo. Valutata la grande ricchezza sepolta sotto le rocce di Neuquen, anche se al ribasso perché gran parte delle risorse sono ancora inesplorate, la presidente si è precipitata a nazionalizzarla. Con un progetto di legge approvato dalle Camere nel 2012, ha deciso di «recuperare la sovranità nel settore degli idrocarbu-

ri». Ha espropriato alla Repsol il 51 per cento delle azioni di Ypf (Yacimientos petrolíferos fiscales) l’impresa degli idrocarburi argentini, che la multinazionale aveva in mano da vent’anni, dai tempi delle privatizzazioni a prezzi stracciati fatte dall’ex presidente Carlos Menem che si vendette buona parte del patrimonio statale argentino. Vaca Muerta è ora gestita dalla Ypf nella sua nuova veste di società mista, con capitali cinesi, brasiliani (Petrobras), venezuelani (Pdvsa), boliviani (Petrobol). Il 16% ce l’ha la Chevron. La campagna sulle minacce straniere al «petroleo nacional y peronista» è costruita a tavolino sopra un articolo di Bernard Weinstein, economista del George W. Bush Institute, pubblicato dall’«Investor Business Daily» prima del default argentino. L’articolo di Weinstein, repubblicano ultraconservatore distante anni luce dal peronismo in auge in Argentina, ipotizza che, in caso di insolvenza argentina con gli hedge funds, potrebbero cadere gli accordi firmati dalle società straniere per lo sfruttamento degli idrocarburi. Per esempio quello con la Chevron, impegnatasi a investire un miliardo e seicento milioni di dollari entro il 2014 e altri 15 miliardi nel prossimo futuro. «Gli investitori stranieri potrebbero chiedere condizioni più favorevoli per partecipare» ha scritto Weinstein. Da lì, ai manifesti peronisti con truci avvoltoi vestiti a stelle e strisce, il passo è stato brevissimo. Nel far circolare la sua versione della spiegazione del default, con fondi speculativi rapaci, tribunali consenzienti e il solito rosario di piagnistei nazionalistici, la Kirchner è aiutata dagli amici al governo in altri Paesi dell’America latina. Dal Venezuela di Maduro l’appoggio è totale. Ma anche dal Brasile di Dilma Rousseff, mai stata una fan di Cristina, è arrivato un salvagente prezioso. Il ministro brasiliano dell’Industria, Guido Mantega, ha detto subito: «Non credo si possa dire che l’Argentina è in default. Ha depositato il denaro necessario a pagare i suoi creditori, ha pagato quel che doveva al

Club de Paris (gruppo di 19 Paesi ricchi n.d.r.) però si trova in una situazione sui generis, eccezionale, perché chi le impedisce di continuare ad onorare i suoi debiti è un giudice statunitense». Il colpevole da schiaffare sui manifesti sarebbe quindi, secondo la versione kirchnerista del default, l’ottantaquattrenne giudice newyorkese Thomas Griesa, l’incubo di Cristina da quando, il 30 giugno, ha dato ragione ai fondi speculativi statunitensi a lui ricorsi per esigere il pagamento per intero del valore nominale in dollari dei bonus in loro possesso, circa l’1% del totale dei creditori. E, con Griesa, è indicato come il male assoluto anche il mediatore da lui nominato, Daniel Pollack, accusato dall’Argentina di non essere imparziale. Pollack doveva facilitare il dialogo tra gli inviati di Buenos Aires a New York e i fondi speculativi. «Gli è caduta la maschera», ha protestato il ministro dell’Economia argentino, Alex Kicilloff. «Dovevate vederlo come si muoveva insieme agli avvocati dei fondi avvoltoi, è loro amico, noi non lo vogliamo vedere più seduto al tavolo». Perché in realtà, dopo la dichiarazione del «default tecnico», la trattativa continua. Tutto fa pensare che, propaganda a parte, la Kirchner tirerà la questione per le lunghe nell’attesa della mezzanotte del 31 dicembre. Allora scadrà la clausola Rufo, la clausola del «diritto al miglior trattamento». Quella che permetterebbe a tutti i creditori, anche a quelli già accordatisi con Buenos Aires su un rimborso del solo 30% del dovuto, di chiedere l’accesso alle stesse condizioni concesse ai fondi. Per accontentarli tutti l’Argentina dovrebbe sborsare 12 miliardi di dollari, la metà delle sue riserve internazionali. Più prudente aspettare la fine dell’anno, far scadere la Rufo e pagare un milione e mezzo di dollari ai fondi speculativi (rimborsati così del 100% del valore nominale del titolo, con un guadagno netto per loro del 300%). Vorrà dire lasciare tutti gli altri creditori con un palmo di naso, ma sempre meglio (sussurrano alla Casa Rosada) che pagare 12 miliardi.

Notizie dal mondo Tensioni razziali nel Missouri Mentre proseguono le proteste e gli scontri dopo il caso di Michael Brown, il 18enne nero disarmato ucciso il 9 agosto a Ferguson da un agente di polizia, un altro afroamericano di 23 anni è morto in una sparatoria avvenuta a nord di St. Louis, a tre miglia dal luogo dell’uccisione del ragazzo di colore. L’uomo aveva tentato di rapinare il discount 5-Star Market quando la polizia, chiamata dal proprietario del negozio, è giunta sul posto. Il ragazzo si è rifiutato di gettare il coltello col quale ha minacciato alcuni poliziotti e uno degli agenti ha reagito sparando. A Ferguson le proteste non si placano. Nonostante la presenza dell’esercito e l’invito di Obama a «manifestare in maniera pacifica», anche lunedì sera il sobborgo di St.Louis, diventato il simbolo delle tensioni razziali che persistono nella società americana, è stato teatro di nuovi scontri. Solo lunedì notte, come ha riferito il capo della polizia stradale Ron Johnson, sono state arrestate almeno 78 persone. Per ore la protesta è stata pacifica, ma la tensione era tangibile con la polizia ancora una volta in tenuta antisommossa e la presenza della Guardia nazionale. La situazione è degenerata quando alcuni manifestanti hanno lanciato bottiglie, pietre e molotov contro la polizia. Si attendono intanto i risultati dell’autopsia dei federali. L’altro esame autoptico, dopo il primo effettuato dall’ufficio di medicina legale della contea, è stato eseguito da Michael Baden, uno dei patologi più noti del Paese, e ha rivelato che il 18enne è stato colpito da 6 proiettili, ma quello fatale è stato l’ultimo, sparato contro la testa. Il medico ha anche aggiunto che sul corpo non ci sono segni di colluttazione, fatto questo che smentirebbe la tesi della polizia secondo cui la vittima avrebbe tentato di afferrare la pistola dell’agente Darren Wilson e ne è nato uno scontro fisico. Testimoni hanno sempre raccontato che Michael era disarmato quando il poliziotto gli ha sparato. E ora spunta anche un video a ribadire la tesi. A fornirlo è stata una ragazza, Piaget Crenshaw, che ha assistito, per caso, all’uccisione di Michael. Piaget ha raccontato di aver visto Brown e il poliziotto litigare. L’agente ha cercato di tirare Michael dentro l’auto, ma lui è riuscito a divincolarsi. Quindi, il poliziotto ha sparato dal finestrino mancando Michael. A un certo punto il ragazzo si è fermato, si è girato con le mani alzate e in quel momento l’agente ha sparato. La dinamica dell’uccisione rimane ancora poco chiara e nessuna accusa è stata formulata nei confronti del poliziotto. Il procuratore della contea di St. Louis ha fatto sapere che il grand jury ha iniziato a esaminare le prove. Guarito il medico Usa infettato dall’ebola Il dottore-missionario americano Kent Brantly, contagiato ai primi di agosto dal virus dell’ebola in Liberia, sarebbe guarito dopo essere stato curato per primo con il siero sperimentale Zmapp. La notizia è stata data dalla «Samaritan’s Purse», l’organizzazione per cui il medico lavorava in Liberia. Il medico e la sua collega, l’infermiera Nancy Writebol, erano stati trasferiti negli Usa il 2 agosto. Lo Zmapp era stato testato fino ad allora solo sulle scimmie ma le condizioni disperate di Brantly lo indussero ad accettare il trattamento sperimentale. Da allora i miglioramenti dei due pazienti sono stati costanti. Lo stesso siero si è rivelato inutile per un missionario spagnolo 75enne, Miguel Pajares, a cui era stato somministrato però poche ore prima del decesso.

Il giacimento di idrocarburi di Vaca Muerta a sud della Patagonia. (AFP)


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 25 agosto 2014 ¶ N. 35

24

Politica e Economia

Migranti per forza Flussi umanitari Una volta erano gli europei ad andare in Africa

Alfredo Venturi Fuggono dal «cuore di tenebra» africano oppresso dalla fame e dall’Asia occidentale sconvolta dai conflitti, incuranti del fatto che la doppia traversata, del deserto e del mare, li espone a un elevatissimo tasso di mortalità. Soltanto nel tratto marittimo ne periscono mediamente tre ogni cento, il che significa che fra il 1998 e il 2013, quando oltre seicentomila migranti hanno raggiunto l’Europa attraverso il Mediterraneo, ne sono finiti in fondo al mare almeno diciottomila. Sono morti per il naufragio delle precarie imbarcazioni, talvolta sono stati scaraventati fuori bordo per alleggerire il carico. Alcuni muoiono perché li hanno rinchiusi nelle stive, dove li avvelena lo scarico dei motori mentre l’istinto di sopravvivenza induce i loro compagni in coperta a tenere bloccati i boccaporti. Molte donne sono gravide o stringono neonati al seno, spesso frutto delle violenze subite nella lunga attesa dell’imbarco nei campi di raccolta in Libia o altrove. I superstiti sbarcano sfiniti, denutriti, disidratati. È il quadro infernale di un fenomeno dei nostri tempi, del diabolico cortocircuito innescato fra Africa e Europa dallo squilibrio delle condizioni di vita. Questo flusso di umanità in cerca di riscatto applica alla geopolitica il principio dei vasi comunicanti: infatti c’è da una parte demografia in eccesso e risorse in difetto, dall’altra una condizione percepita come speculare. Secondo quella ineludibile legge fisica, il sistema tende a bilanciarsi. Poiché la stessa Europa, o almeno parte di essa, non se la passa proprio bene di questi tempi, la biblica migrazione determina reazioni di rigetto, che se in parte sono comprensibili alla luce degli enormi problemi che provoca, alimentano dall’altro crudeli sussulti di ostilità favorendo il successo, lo si è visto alle recenti elezioni del parlamento europeo, di forze politiche xenofobe. Tutto questo non sarebbe possibile senza lo stimolo di chi ne trae spregiudicatamente profitto, caricando fino

all’inverosimile quei gusci di noce che dovrebbero garantire l’ingresso in una nuova vita e spesso portano verso la morte. Questa tragedia, che richiama per certi aspetti gli orrori della tratta degli schiavi, si trascina ormai da anni ed è destinata a condizionare il nostro domani, mentre si rincorrono valutazioni inquietanti sui suoi potenziali sviluppi. Sono in discussione sia i modi e le politiche dell’accoglienza, sia le tecniche per colpire e neutralizzare chi organizza questi traffici, sia infine le possibili strategie volte ad affrontare il problema alla radice, favorendo condizioni di stabilità e di sviluppo nei Paesi di partenza. Il malessere economico che affligge l’Europa ostacola qualsiasi visione di ampio respiro, e così la polemica investe soprattutto la distribuzione del carico umano e dei costi dell’accoglienza. Poiché l’impatto colpisce direttamente i Paesi mediterranei, dall’Italia alla Spagna, da Malta alla Grecia, dove sono i naturali punti di approdo, si discute sulla responsabilità dell’Europa nel suo insieme. Infatti è l’Europa la meta agognata, non necessariamente la sua sponda meridionale. Si tentano accordi con i Paesi d’imbarco: per esempio l’Italia ha cercato a più riprese di negoziare con la Libia misure di contenimento dei flussi. Ma l’impresa ha dovuto fare i conti con problemi umanitari (Amnesty International fa notare che Tripoli non ha mai aderito alla convenzione di Ginevra sui rifugiati), e soprattutto con il caos in cui è sprofondato il Paese nordafricano, lacerato dopo la sua illusoria «primavera» dalle lotte fra le varie milizie. Non c’è una politica comune e dunque la risposta europea è disomogenea: mentre la Spagna circonda d’impenetrabili barriere le sue enclave marocchine di Ceuta e Melilla, in cui i primi migranti misero piede nell’Unione Europea senza dovere attraversare il mare, Bulgaria e Grecia blindano il confine con la Turchia, l’Italia manda la marina militare a intercettare le imbarcazioni pericolanti mettendo in salvo il loro carico umano. Altrove si oscilla fra di-

stratte dichiarazioni di buona volontà e rimozione. Il riferimento a Ceuta e Melilla permette d’inquadrare il fenomeno in una prospettiva storica dominata dall’esperienza coloniale. Basta scorrere l’elenco delle nazionalità prevalenti fra i profughi: Tunisia, Eritrea, Nigeria, Somalia, Siria, Afghanistan, Ghana, Mali... Su questi nomi si stagliano le ombre dell’impero britannico, dei possedimenti francesi d’Africa e d’Asia, del tardivo colonialismo italiano. Il ricordo di un mondo, di quello che un giorno sarà chiamato terzo mondo, assoggettato all’Europa. Oggi siamo di fronte a una spettacolare inversione dei flussi. Per esempio quella stessa Libia dalla quale prendono il mare le imbarcazioni che cercano di raggiungere Lampedusa o gli altri porti siciliani, non è altro che la «quarta sponda» in cui oltre un secolo fa sbarcarono le truppe italiane al canto di «Tripoli bel suol d’amore», applaudite persino da un socialista umanitario come il poeta Giovanni Pascoli: «La grande proletaria si è mossa...» Nelle intenzioni del governo di Roma, determinato a strappare quelle terre al declinante impero ottomano, la Libia doveva essere, e in parte lo fu, una colonia di popolamento, in cui indirizzare la propensione migratoria degli italiani che era diretta ormai da tempo soprattutto verso le Americhe. Oggi è la plaque tournante dell’esodo africano verso l’Europa, il punto di raccordo fra i due atti del dramma: la traversata del Sahara e la traversata del Mediterraneo. Come ogni fenomeno collettivo anche questo è la risultante di tante condizioni individuali, difficili da distinguere nell’apparente omogeneità delle folle che si accalcano su quelle imbarcazioni. Ovviamente la massa è fatta di singoli, ognuno dei quali ha la sua storia personale. C’è chi fugge la fame e chi fugge la guerra. Molti giovani eritrei scappano per evitare la lunghissima ferma militare imposta dai governanti di Asmara per affrontare la perenne crisi di frontiera con l’Etiopia: una indeterminazione dei confini che è

Keystone

per spartirsela, oggi sono gli africani che partono dalle ex colonie – Eritrea, Somalia, Libia – cui l’indipendenza non ha garantito lo sviluppo

un altro penoso lascito dell’età coloniale. I migranti somali cercano di sottrarsi all’anarchia priva di prospettive in cui è precipitato il loro Paese stravolto da guerre insensate. I servizi d’informazione segnalano che le centrali terroristiche, a cominciare dalla galassia jihadista, approfittano di questi passaggi per infiltrare in Europa i loro uomini. Dalla Nigeria e dal Ghana arrivano giovani donne, non di rado convogliate da organizzazioni criminali che le sfrutteranno come prostitute forzate nelle strade delle nostre città. Si racconta che in alcuni villaggi africani si fanno collette per finanziare la partenza di giovani ai quali vengono affidate le speranze di riscatto dell’intera comunità: ci penseranno loro, trovando lavoro in Europa, a risollevare finalmente le sorti di tutti. A volte il depositario di questo sogno comune non dà più notizie di sé: forse ha concluso la sua avventura sigillato in un sacco di plastica, perché la somma raccolta nel villaggio non è bastata ad assicurare la traversata in coperta, ma solo a garantire un posto nella stiva satura di veleni. E con lui è morta una speranza collettiva. Siriani e afghani fuggono le rispettive guerre. Rientrano dunque nella categoria protetta dei profughi politici, ai quali le legislazioni europee garantiscono diritto d’asilo. Eppure sono

costretti, come molti altri che spesso si lasciano alle spalle regimi autoritari, a imbarcarsi clandestinamente affidandosi ai trafficanti di uomini, perché le condizioni politiche in cui si trovano i loro Paesi non permettono di andare a chiedere visti in sedi diplomatiche europee. Devono dunque seguire la trafila di tutti, sborsare prezzi esorbitanti, accalcarsi nei campi di raccolta alla mercé di guardiani senza scrupoli, subire furti e violenze, affrontare il mare sulle barche sovraccariche e se tutto va bene perdersi, dopo l’approdo, nel labirinto delle burocrazie. Alcuni scappano di nuovo perpetuando la condizione di clandestini, a volte cercano di raggiungere parenti già emigrati che li attendono in qualche Paese europeo. Li chiamano viaggi della speranza, sono piuttosto viaggi della disperazione. Rappresentano una sfida epocale che investe l’Europa, i suoi valori e i suoi interessi, alla quale l’Europa non può sottrarsi. Dovrebbe affrontarla con la stessa determinazione messa in mostra a suo tempo, quando mandò i suoi eserciti e i suoi coloni a occupare gli altri continenti. Purtroppo davanti al dramma l’Europa balbetta, gli xenofobi seminano odio, incontrollate reazioni emotive ostacolano l’uso della ragione. E così il grande problema del secolo si aggrava ogni giorno di più e la soluzione appare sempre più lontana.

Quando gli dei diventano supereroi La seta indiana La storia diventa irresistibile quando è raccontata in chiave fantasy Francesca Marino Mi ero sempre rifiutata di leggerlo, The Immortals of Meluha. La copertina a fumetti da romanzo fantasy e la grancassa pubblicitaria che lo aveva accolto all’uscita mi avevano sempre fatto desistere a favore di libri più, come si dice, «intellettualmente impegnati». Finché una sera a Delhi, in preda alla noia più assoluta e senza nulla da leggere, ho preso in mano la copia della mia adolescente nipote adottiva e non sono più riuscita a chiudere il libro. Non solo: sono corsa a comprare il seguito, The secret of the Nagas, e mi sono resa piuttosto ridicola giorni dopo cercando disperatamente nell’unica e poco fornita libreria di Imphal in Manipur l’ultima parte della trilogia, The Oath of the Vayuputras. La saga, scritta da Amish Tripati che da sconosciuto è diventato in poco tempo milionario, è una rivisitazione in chiave fantasy dell’epica e della mitologia induista. Ha fatto arricciare il naso a intellettuali, teologi e puristi (cominciando da me medesima), che però alla fine si sono dovuti arrendere: Shiva e

Ganesh trasformati in due supereroi sono irresistibili, e in qualche modo la saga di Tripathi è molto più aderente all’ortodossia di quanto non possa pensare un lettore sprovveduto. Di battaglie aeree, razzi sparati nel cielo, presentazioni dell’atomo e descrizioni di qualcosa che assomiglia moltissimo all’energia nucleare sono piene le Sacre Scritture induiste, dal Mahaba-

rata allo Yoga Vasishta. Come e perché nessuno è ancora riuscito a spiegarlo, ma in fondo va bene così. In fondo, trasformare gli dei in una specie di supereroi capaci di colpire la fantasia di bambini e adolescenti fa parte del gioco e non è neanche nuovissima. Almeno due generazioni di viaggiatori, difatti, e tre-quattro di bambini indiani, sono cresciute leggendo le saghe a fumetti che avevano per protagonisti, invece che Batman o Superman, Shiva, Hanuman o Ganesh. A noi, sbarcati in India quando l’India era ancora l’altrove per eccellenza, servivano a capire ed entrare in contatto con la religiosità popolare che era ed è ancora spesso molto distante da quella cosiddetta «alta». Tutti noi avevamo letto Siddartha, quasi tutti il Diario Indiano di Ginsberg. Molti avevano letto il Mahabarata o il Ramayana e la Bhagavadgita, qualcuno si era perfino cimentato con i commenti di Alain Danielou sui Veda: nessuno però sapeva nulla delle storie che costituivano il cuore pulsante e vivo dell’induismo. Le storie che si raccontano ai bambini per avvicinarli alla religione, quelle su

cui si basano tutte le feste e le cerimonie. Così, leggevamo fumetti. Fumetti bellissimi e colorati, nati nel 1967 da una geniale intuizione dello scrittore e pedagogo Anant Pai che aveva cercato di avvicinare i ragazzini indiani alla loro cultura distogliendoli in qualche modo da Superman e Batman. Nelle avventure a fumetti Shiva era grande, forte e muscoloso e aveva occhi che mandavano fiamme. Hanuman era la scimmia volante dai bicipiti d’acciaio, Lakshmi e Durga somigliavano alle più belle attrici di Bollywood del momento. Le storie erano tratte dal Mahabarata, dal Ramayana, dai Purana o perfino dai Veda. C’erano leggende popolari e vere e proprie favole, storie di dei ma anche di santi e di figure leggendarie della storia locale. Ho insegnato a mio nipote la mitologia indiana e l’inglese sugli stessi fumetti, quelli che riportavo ogni volta dai miei viaggi e che conservavo come tesori. Ormai, a dire la verità, sono quasi introvabili. A Delhi bisogna cercarli nei negozi di libri usati di Janpath o di Connaught Place, ad esempio. Anche in India la lettura lascia ormai il

posto alla televisione o all’Ipad e mia figlia di quattro anni e i suoi amichetti, più che sfogliare libri a fumetti, preferiscono guardare in TV le avventure di Chota Bhim: un altro semidio trasformato in supereroe bambino. E siccome l’India è pur sempre l’India, può capitare anche che dalla mitologia un personaggio trasmigri nel mondo dei cartoon per tornare, sotto quelle fattezze, sugli altari. Mi è capitato di vedere tempo fa dei ragazzi che, in occasione di una particolare cerimonia, trasportavano al tempio un’effigie del suddetto Chota Bhim. Se portate dei bambini in India, cercate di procurarvi i fumetti in questione e cercate poi di non appropriarvene. Così come, se andate a Benares, non perdete la storia della città raccontata a fumetti: idea assolutamente geniale venuta anni fa a un viaggiatore spagnolo. Il libro, documentatissimo, racconta sulla storia e sulle tradizioni della città tutto ciò che avete bisogno di conoscere: soprattutto, tutto ciò che nessuna guida locale sarà mai in grado di raccontare in modo così chiaro, sistematico e divertente.


25

Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 25 agosto 2014 ¶ N. 35

Politica e Economia

Anche il gruppo Raiffeisen considerato di rilevanza sistemica Finanza La Banca Nazionale ha inserito anche le banche Raiffeisen nel ristretto gruppo di istituti

con rilevanza sistemica. Dato il carattere particolare, molto dipenderà dall’applicazione pratica del principio. Prossimo candidato: Postfinance Ignazio Bonoli Dopo il grande progresso registrato nell’accogliere capitali in fuga dalle altre banche, ma anche e soprattutto nelle concessioni di crediti ipotecari, ci si poteva aspettare che anche il gruppo Raiffeisen fosse oggetto di particolare attenzione da parte della Banca Nazionale (BNS). E infatti a Ferragosto la BNS ha incluso il gruppo Raiffeisen nel ristretto gruppo di istituti con rilevanza sistemica. Come noto, dopo la crisi di UBS, questo nuovo concetto ha trovato una realizzazione pratica con esigenze di sicurezza particolari per banche come UBS, Credit Suisse e la Banca cantonale di Zurigo. Per il gruppo Raiffeisen si tratta però di un caso molto particolare. Il gruppo si compone infatti di 305 banche formalmente indipendenti, tra l’altro gestite sotto forma di cooperative, quale eccezione alla forma societaria (SA) imposta dalla legge sulle banche. Il problema Raiffeisen si era già posto al momento del varo della nuova legge bancaria e l’eccezione era stata concessa solo a patto che all’organismo centrale, cioè l’Unione Svizzera della banche Raiffeisen, con sede a San Gallo, venissero concesse più ampie facoltà di controllo sulle banche regionali. Una decisione che ha anche contribuito a rinforzare la tendenza già in atto a concentrare le banche in istituti più grandi, più professionalizzati e, in sostanza, meno indipendenti rispetto al «potere» centrale esercitato dall’Unione. Questa tendenza viene ora ulte-

Occhi puntati sulla FINMA, ora, per vedere quali parametri vorrà applicare al gruppo Raiffeisen. (Keystone)

riormente rinforzata dall’inclusione del gruppo nelle banche con rilevanza sistemica almeno sul piano teorico, poiché sul piano pratico bisognerà vedere come la FINMA vorrà applicare il concetto generale a un istituto molto particolare come Raiffeisen. Basta, per esempio, ricordare che la struttura cooperativa implica anche la responsabilità dei soci dei singoli istituti regionali, che la partecipazione dei soci è limitata a una sola parte sociale (200 franchi) e che lo scopo non è necessariamente la realizzazione dei massimi utili possi-

bili, con una limitazione a un massimo del 6% dell’utile distribuibile come dividendo. In pratica però il gruppo Raiffeisen, compresa la banca Notenstein, creata dopo aver acquisito la parte svizzera della disciolta banca Wegelin, ha realizzato una cifra d’affari di 183 miliardi di franchi. La posizione di forza sul mercato elvetico è ribadita anche dai risultati del primo semestre di quest’anno: il volume delle ipoteche concesse è cresciuto del 2,4%, salendo a 147,2 miliardi di franchi. Pure i patrimoni gestiti sono

aumentati del 2,8% salendo a 192,3 miliardi di franchi. Anche dal lato dei risultati l’esito semestrale è soddisfacente: nonostante il livello tuttora basso dei tassi di interesse, i ricavi sono aumentati dell’1,3%, mentre le operazioni da commissioni e servizi sono salite del 5,6%. A causa dell’aumento dei costi, in particolare del personale, l’utile lordo è sceso dello 0,2%, mentre l’utile netto è calato dell’1,5%, attestandosi a 363,4 milioni. Recenti operazioni dimostrano anche l’evoluzione delle

attività della banca che cerca di diversificare, non limitandosi alla classica gestione dei portafogli immobiliari e al differenziale sui tassi di interesse. Il presidente della direzione generale ha detto – alla presentazione dei conti – che la banca rispetta già le nuove disposizioni del cuscinetto anticiclico chieste dalla BNS. Le banche del gruppo hanno infatti aumentato dall’1 al 2 per cento i fondi propri per i prestiti ipotecari. La quota di capitale proprio richiesta è oggi del 14,8%, mentre la media annuale raggiunge il 15%, poco sotto quindi il 15,6% che dovrebbe essere richiesta per il 2016. Bisognerà ora vedere se la FINMA richiederà un supplemento di mezzi propri, a causa della rilevanza sistemica del gruppo. Al momento, il problema è proprio questo, poiché non sarebbe logico applicare gli stessi parametri per grandi banche con fortissime attività all’estero a un gruppo essenzialmente concentrato sul mercato elvetico. E anche qui, le Raiffeisen, con il 17% del mercato ipotecario, non detengono una quota determinante. Si dovrà anche tener conto del grado di indipendenza delle singole banche, delle responsabilità dei soci locali e della grande diffusione sul territorio. Infine, anche per quanto concerne il traffico dei pagamenti, il rischio di insolvenza non è superiore a quello delle molte altre banche in Svizzera e, del resto, Postfinance è incaricata di garantirne il funzionamento. Ma proprio Postfinance è uno dei prossimi candidati a far parte del ristretto gruppo degli istituti di rilevanza sistemica.

Attenzione alla previdenza con il part time La consulenza della Banca Migros Albert Steck Dopo la maternità vorrei ricominciare a lavorare a tempo parziale. Come posso evitare una lacuna nella previdenza per la vecchiaia?

Albert Steck è responsabile delle analisi di mercato e dei prodotti presso la Banca Migros

Chi lavora a tempo parziale dovrebbe occuparsi a fondo della propria previdenza. Purtroppo molte persone ne sono inconsapevoli, nonostante il tempo parziale sia sempre più diffuso. Con una quota del 60 percento interessa addirittura la maggioranza delle donne. Tra gli uomini è molto meno comune, con una quota dell’11 percento. Le persone con un impiego a tempo parziale sono complessivamente 1,5 milioni, di cui circa 650’000 lavorano meno del 50 percento. Per queste il rischio di una lacuna previdenziale è particolarmente elevato. Il motivo è la cosiddetta «trattenuta di coordinamento». Il legislatore prevede infatti che lo stipendio lordo per la cassa pensioni venga ridotto di una trattenuta fissa di coordinamento pari a 24’570 franchi. Con uno stipendio annuo di 70’000 franchi per un impiego al 100 percento il salario assicurato nella cassa pensioni è quindi pari a 45’430 franchi. Nel grafico è riportato lo stesso calcolo per un impiego al 50 percento: il salario annuo assicurato scende a soli 10’430 franchi (35’000 meno la trattenuta di coordinamento

di 24’570). In altri termini, chi lavora al 50 percento riduce le prestazioni della cassa pensioni non della metà, bensì di tre quarti. Ciò riguarda sia la rendita per la vecchiaia sia un’eventuale rendita d’invalidità o per orfani.

Il pilastro 3a colma le lacune della previdenza

Questa è la lacuna previdenziale 80 000 70 000

Salario lordo Salario assicurato

60 000

Lacuna previdenziale

50 000 40 000 30 000

Molte casse pensioni, tra cui la Cassa Pensioni Migros, sono tuttavia più generose di quanto previsto dal legislatore e adeguano la trattenuta di coordinamento in misura proporzionale al grado di occupazione, invece di utilizzarne una fissa. Nell’esempio menzionato il salario assicurato aumenta così da 10’430 a 22’715 franchi – un notevole miglioramento! Nella scelta di un lavoro a tempo parziale è bene considerare anche le prestazioni della cassa pensioni. La situazione previdenziale è ancora più complicata nel caso di due lavori a tempo parziale con un basso grado di occupazione, se il singolo salario è inferiore a 21’060 franchi l’anno (v. esempio a destra nel grafico). In questo caso il datore di lavoro non è obbligato ad affiliare il dipendente alla cassa pensioni. Se non lo fa volontariamente, il lavoratore può assicurare il proprio reddito presso

20 000 10 000 0 Grado di occupazione

(CP standard)

(CP Migros)

2 impieghi

Con un lavoro a tempo parziale del 50 percento, il salario assicurato nella cassa pensioni può variare notevolmente: nel grafico è riportato per una cassa pensioni standard, per la CP Migros e per due impieghi a tempo parziale del 30 e del 20 percento.

la Fondazione istituto collettore LPP (www.aeis.ch). Conclusione: chi lavora a tempo parziale deve prestare particolare attenzione alla previdenza. Il mio consiglio è di compensare una modesta prestazione della cassa pensioni con versamenti regolari nel pilastro 3a. Può essere eventualmen-

te considerato anche un riscatto della cassa pensioni. La variante più indicata nel suo caso è illustrata nel blog della Banca Migros. Attualità su blog.bancamigros.ch: «Meglio il secondo o il terzo pilastro?» Consigli per la previdenza.



Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 25 agosto 2014 ¶ N. 35

27

Politica e Economia Rubriche

Il Mercato e la piazza di Angelo Rossi Più imprenditori in Ticino, ma non tutti ticinesi Uno stereotipo che ha dominato per molto tempo nelle discussioni sulle possibilità di sviluppo dell’economia ticinese afferma che i ticinesi non sono imprenditori. In Ticino, gli indipendenti – è questo il termine che la statistica usa per definire gli imprenditori – formavano una quota consistente della popolazione attiva quando l’agricoltura era ancora il settore dominante. Dopo la seconda guerra mondiale, con la sua decadenza, la quota degli indipendenti si è ridotta in modo continuo, fino al 1970. Da quella data ha ricominciato a crescere lentamente, per la crescita dell’occupazione nel settore terziario dove vi sono più imprenditori perché la dimensione media dell’azienda è minima. Tanto per farsene un’idea: nel 1910, gli indipendenti rappresentavano in Ticino il 30,5% della popolazione attiva.

Subito dopo la seconda guerra mondiale, nel 1950, la quota degli indipendenti era ancora pari al 21,7%. Alla fine del processo di decadenza, nel 1970, si era ridotta al 10,4%. Nel 2000, gli indipendenti erano il 12% della popolazione attiva. Nel corso degli ultimi anni, però, il progresso è stato folgorante: la quota degli indipendenti è infatti salita, nel 2012, al 21,4% ossia più o meno al valore che aveva nel 1950 quando il patrimonio di aziende agricole era ancora consistente. A prima vista l’evoluzione recente dell’effettivo di indipendenti, dunque del numero di imprenditori in Ticino, ha dell’incredibile. Pensate, stando all’annuario statistico (i dati sono quelli del censimento federale del 2000 e della stima nazionale della popolazione del 2012) nel 2000 si contavano, in Ticino, 17’876 indipendenti; nel

2012 il loro effettivo era salito a 35’100. L’evoluzione è ancora più impressionante se si tiene conto che nel periodo analizzato la popolazione attiva del cantone è aumentata di 15’591 unità, mentre l’effettivo degli indipendenti sarebbe aumentato di 17’224 unità. Se i dati della statistica sono affidabili qui ci troviamo di fronte a una vera e propria rivoluzione nella cultura del rapporto di lavoro: molti lavoratori, residenti in Ticino, hanno manifestato una drastica scelta di campo per l’imprenditorialità, ossia l’auto-occupazione. A sostegno della forte progressione della quota degli indipendenti nel totale della popolazione attiva si possono citare anche le cifre relative alla creazione di nuove aziende. Nel corso degli ultimi anni il Ticino è sempre stato nelle prime posizioni della classifica dei cantoni per

numero di nuove aziende create. In media, dal 2001 al 2011, si sono create in Ticino, ogni anno, 680 aziende che hanno generato sull’arco del decennio 15’000 nuovi posti di lavoro. Si tratta in generale di micro-aziende che dopo 5 anni di attività occupano dai 3 ai 4 lavoratori. Ma come osservano Siegfried Alberton e Andrea Huber, in un articolo sulla formazione in imprenditorialità, pubblicato di recente nella rivista «Dati» dell’Ufficio cantonale di statistica, il Ticino non è solo uno dei cantoni con il numero più elevato di nuove aziende, ma anche uno di quelli in testa alla classifica dei fallimenti. Secondo questi due autori, il tasso di sopravvivenza delle aziende ticinesi si attesta, dopo un anno di vita, a poco più dell’80%. Dopo 5 anni, però solo una nuova azienda su due sopravvive. Abbiamo quindi in Ti-

cino tanti nuovi imprenditori, ma pochi di successo. Questo pone il problema della formazione in imprenditorialità. Imprenditore è chi è in grado di far sopravvivere la sua azienda nel tempo. Nell’articolo citato qui sopra sono riportati anche i risultati di un’inchiesta sulla propensione all’imprenditorialità degli studenti della SUPSI. Dalla stessa risulta che per essere imprenditore occorre una certa esperienza del mondo aziendale, che diventarlo è più facile per gli uomini che per le donne e che la quota di imprenditori tra gli studenti di nazionalità straniera è doppia rispetto a quella degli studenti svizzeri. Per finire, quindi, il luogo comune sembra rispuntare perché l’aspirazione ad avere un’azienda propria è più forte tra gli stranieri, residenti nel cantone, che tra gli svizzeri.

piuttosto meste per i liberal (rischiano di perdere anche il Senato). Elisabeth Warren è un’esperta di legge, specializzata in fallimenti, è sempre stata dalla parte dei consumatori e di «Main Street» nella gestione dei bailout statali, contro lo strapotere di banchieri e finanze, e a favore della regolamentazione. È il volto politico più vicino a Occupy Wall Street, per intenderci, a quella sinistra alla Bill De Blasio, sindaco di New York, che prende le distanze dai «poteri forti» legati all’establishment (anche se una delle sue più care amiche della Warren è Elena Kagan, giudice della Corte Suprema nominata da Obama, così come la signora Petraeus, moglie tradita del generaleantropologo ex capo della Cia) per recuperare la middle class martoriata dallo shock economico degli ultimi anni. In un ritratto pubblicato qualche mese fa da «New Republic», molte fonti spiegavano che la Warren non lascia

niente al caso, è precisa, non vendicativa, molto orientata al risultato: anche la sua immagine pubblica è stata creata così, in modo molto hillaryano oseremmo dire. Al punto che i suoi detrattori hanno preso la sua vena polemica durante i dibattimenti al Senato come un modo di apparire e di costruire una candidatura perfetta: guardate quanto posso davvero portare un «change», io. Lei non si scompone più di tanto, sorride molto, ricorda la sua infanzia scandita dalle malattie di cuore di suo padre e gli anni passati nelle scuole a occuparsi di bambini problematici. La svolta è arrivata con il libro – scritto in coppia con la figlia, Amelia: il network delle donne della Warren è molto serio e molto impegnato, non c’è quell’odio che circonda Hillary, non ci sono le corna nemmeno, soltanto un divorzio dall’ingegnere Warren, ma il cognome è rimasto – sulla trappola del «doppio reddito». Il libro è pensato per i genitori

della classe media che s’illudono di un benessere che in realtà la società americana non garantisce. Lo Stato non pensa a voi è la sintesi del pensiero della Warren che quando si articola sulla fine della diseguaglianza – ricchi vs poveri – diventa mainstream in un Partito democratico che ha fatto della battaglia alla povertà la sua bandiera degli ultimi anni. Quando la governatrice della Fed, Janet Yellen, è andata al Senato a riferire dell’operato della Banca centrale, s’è trovata davanti una Warren inferocita, «è stata massacrata», ha sentenziato «Business Insider». Forse era soltanto una prova per la costruzione della sua candidatura, forse è soltanto che la Warren è fatta così. Una volta è stata intervistata sulla riforma del sistema finanziario e ha detto: «La mia prima scelta è un’agenzia per i consumatori forte. La mia seconda scelta è nessuna agenzia e un pavimento pieno di sangue e denti».

Gallo) intendeva avviare un processo di analisi e di intervento fondato su chiare categorie mutuate dalla scienza economica moderna. La relazione, in sostanza, apriva una nuova fase nel modo di intendere la politica economica nel nostro cantone, fondata non più sull’improvvisazione e misure occasionali, ma su strategie organiche e coordinate. Parallelamente iniziava la discussione sulla Legge urbanistica, normativa considerata ormai indifferibile, poiché il territorio stava subendo trasformazioni mai viste prima, come un’edi-

ficazione galoppante, specie lungo le rive dei laghi, la costruzione di nuove vie di comunicazione, lo spopolamento della fascia alpina, la crescita delle città e dei borghi, che pian piano diventavano «agglomerati» , melasse di cemento prive di un centro storico identificabile. «Piano» e «programmazione» erano però nozioni che destavano sospetti e diffidenze, perché rammentavano la pianificazione di matrice sovietica, i piani quinquennali ecc., un armamentario improponibile nel clima della guerra fredda. In realtà le teorie keynesiane, che allora stavano prendendo piede in molte amministrazioni pubbliche occidentali, suggerivano proprio che si compisse un passo del genere, ossia che lo Stato si assumesse compiti prima lasciati al libero gioco delle forze di mercato. Anche in Ticino si guardava con interesse alle proposte di Ezio Vanoni, economista valtellinese di fede democristiana, già protagonista, nel 1951, di un’incisiva riforma della fiscalità che rafforzava l’imposizione diretta e personale. Nel 1955 elaborò uno schema a sostegno dell’occupazione e del reddito, noto come «piano Vanoni». Nella medesima direzione

lavorava un suo coetaneo, il repubblicano Ugo La Malfa, pure lui fautore di un crescente intervento dello Stato in campo economico. La sua «Nota aggiuntiva alla relazione generale sulla situazione economica del paese per il 1961» fu ripresa dal liberale-radicale Libero Olgiati per trapiantare anche da noi l’idea di programmazione economica. Fu un plagio bello e buono; fatto sta che l’operazione di Olgiati ebbe il merito di rilanciare la riflessione su questi temi. Iniziava così un cammino faticoso e tortuoso, che presto avrebbe incrociato le strade della contestazione giovanile, con le relative polarizzazioni partitiche. La Legge urbanistica cadde in votazione popolare nel 1969. Ma la condanna a morte era già stata pronunciata in Gran consiglio dal deputato conservatore Gian Mario Pagani in occasione dei dibattimenti: sotto accusa era l’«impostazione ideologica» data alla Legge dal socialista Pietro Martinelli, un preambolo d’«ispirazione marcusiana» da cui sortiva un «quadro poco fedele e per molti versi addirittura ingeneroso del nostro paese, dove i concittadini sembrano esclusivamente posseduti da prorompenti stimoli di accaparramento».

Affari Esteri di Paola Peduzzi Elizabeth Warren, l’anti-Hillary Elizabeth Warren è l’anti Hillary Clinton: donna, democratica, tosta, senza il fardello clintoniano e con un’idea di sinistra più egualitarista e meno centrista. Nessuna delle due dame del Partito democratico americano ha fatto dichiarazioni riguardo alla propria candidatura (anzi, a ben vedere la Warren ha detto più volte che non pensa alla Casa Bianca nel 2016, però anche lei ha pubblicato un libro che ha che fare con le «scelte», qualche mese prima di Hillary, alludendo a una scelta più combattiva delle altre, ancora da prendere), ma si sa che una cat fight non sarebbe per niente male nel disamore per la politica che regna (anche) negli Stati Uniti e così la sfida, a livello mediatico, è già iniziata. Al punto che il «New York Post», tabloid murdocchiano che non perde occasione per ricamare sulle faide, è già riuscito a creare uno scandalo: tra la Warren e la Clinton, Barack Obama sceglierebbe la

Warren, ha scritto in una delle sue sobrie copertine con i caratteri cubitali. Poi sono arrivate le smentite scontate, ma la guerra era dichiarata: chi c’è nel cuore del presidente? La ex segretaria di Stato, ex first lady, che ha scritto un’autobiografia fatta apposta per corteggiare Obama ma anche per dire «io non sono come lui», con la macchina elettorale collaudata dei Clinton (e tutte le cattiverie a essa collegata), o la Warren, anche lei collaboratrice della Casa Bianca, oggi senatrice del Massachusetts famosa per le sue intemerate contro Wall Street e per la difesa dell’eguaglianza sociale ed economica? Non è dato saperlo, ovviamente, del resto poco si sa in generale di quel che pensa Obama, ma le due signore non soltanto presentano profili politicamente opposti, ma servono con la loro carriere e le loro mosse a proiettare il Partito democratico oltre le elezioni di midterm, a novembre, che si prospettano

Cantoni e spigoli di Orazio Martinetti Elogio della vecchia politica È un lamento ricorrente, quello riguardante la miopia della politica attuale, e in generale lo scadimento del dibattito pubblico. La proliferazione dei canali comunicativi, con l’irruzione sulla scena dei media sociali, non sembra generare effetti qualitativi rilevanti; anzi, al momento funzionano perlopiù come amplificatori di gazzarre verbali e travasi di bile favoriti dall’anonimato. Forse è solo una crisi di crescenza; forse un dato connaturato al medium, chissà. Solo il tempo ci dirà se l’attuale fase di grande agitazione avrà conseguenze positive sulla vita della polis. Noi lo speriamo, perché se ciò non avvenisse l’edificio democratico subirebbe danni ingenti, e alla fine non più rimediabili. In quest’occasione vorremmo però richiamare un altro risvolto della citata miopia: l’assenza di progetti che abbiano una gittata medio-lunga. Tutto rimane schiacciato sul presente, sulla contingenza, sullo stretto giro di posta. A sentire parole come «programmazione» o «piano» molta gente mette mano alla rivoltella. Nessuno vuole più aspettare. Anche perché è venuta meno la fiducia nei confronti degli attori presenti nell’arena politica: partiti, sindacati e associazioni.

Non è nostra intenzione glorificare il passato, ma se risaliamo i gradini della storia agli anni ’50 e ’60 del Novecento vediamo che anche il nostro cantone amava pensare in grande. Mezzo secolo fa, nel luglio del 1964, Francesco Kneschaurek consegnava al committente, il Consiglio di Stato, un rapporto intitolato «Stato e sviluppo dell’economia ticinese, analisi e prospettive». Con quella diagnosi, poi diventata giustamente celebre, pietra angolare di ogni successiva riflessione scientifica, Kneschaurek (professore d’origine luganese, docente all’università di San

Francesco Kneschaurek, negli anni Settanta: quando ancora in Ticino si osava pensare in grande. (Keystone)


NEW

ROSSETTO LACCATO CREMOSO

COLORE, BRILLANTEZZA EUNASENSAZIONE INCREDIBILEIN UNSOLOGESTO. Maybelline è in vendita alla tua Migros


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 25 agosto 2014 ¶ N. 35

29

Cultura e Spettacoli Montagna al cinema Anche quest’anno il Festival di Diablerets ha presentato opere degne di nota e apprezzate

Ma quanto si legge? Sotto l’attenta lente di Valerio Spinazzola, curatore dell’annuario «Tirature» quest’anno vi sono anche i giochi, elettronici

Gli amici di J.J. Cale Un doveroso omaggio al cantautore J.J. Cale a un anno dalla scomparsa

Un festival, due anime Alcune considerazioni sul Festival di Locarno e sui possibili scenari futuri pagina 39

pagina 35

pagina 31

pagina 37

I demoni della realtà

Personaggi Le vicissitudini di Truman

Capote nel 30mo anniversario della morte

Daniele Bernardi Il Cinema Olympia si trovava a New York, nella parte alta di Broadway. Lì, negli anni ’30, per un certo periodo, tra le poltrone dell’ultima fila pare ebbe luogo la «ben misera iniziazione ai misteri del sesso» del giovanissimo Truman Capote (New Orleans, 1924 – Los Angeles, 1984). All’epoca il ragazzo era iscritto alla Trinity School, una scuola episcopale privata della «Chiesa alta» considerata una delle migliori di tutta la città. Si trattava di un istituto esigente, dove lo studio era cadenzato da preghiere e inginocchiamenti. Uno dei suoi insegnanti prese la regolare abitudine di accompagnare il piccolo Truman a casa a piedi. Fu durante queste passeggiate che cominciarono le soste all’Olympia – dove, nella penombra, Capote venne ripetutamente molestato dal professore. Il futuro scrittore era nato dall’infelice unione tra Arch Persons (il cognome Capote lo prese, successivamente, dal secondo marito di sua madre) e Lillie Mae Faulk, una giovane dell’Alabama che ambiva, più di ogni cosa, ad elevare il proprio status sociale. Il loro matrimonio cominciò ben presto ad andare a rotoli (Arch era un cialtrone che prometteva mari e monti senza mai concludere nulla) e quando Lillie si rese conto di essere incinta questo le parve «una condanna alla prigione, qualcosa che avrebbe reso permanente e irrevocabile l’errore che aveva fatto». Ma il marito non ne volle sapere della sua intenzione di abortire – e un martedì di settembre, nel pomeriggio, la ragazza mise al mondo l’indesiderato Truman Streckfus Persons. Capote si sentì, fin da subito, di troppo e non voluto. Il rapporto con sua madre (che, tra l’altro, morì suicida dopo essersi risposata con Joseph Garcia Capote, aver cambiato nome ed aver ottenuto il tanto agognato riscatto a cui aspirava) fu una morbosa commistione di attaccamento e vergogna: «È stata la persona che mi ha fatto più male in tutta la vita» affermò lapidariamente in un’occasione. Un precoce desiderio di plasmare e mutare il proprio destino di figlio sgradito gli si mostrò allora con estrema chiarezza. «Per qualche ragione (…) cominciai a leggere e scoprii che mi piaceva

(…), quando avevo nove o dieci anni, mentre camminavo lungo la strada prendendo a calci dei sassi mi sono reso conto che volevo diventare scrittore, artista. Com’è successo? È quello che mi chiedo. I miei parenti non erano nessuno, erano poveri agricoltori. Non credo nell’invasamento, ma qualcosa dentro di me prese il sopravvento». E fu con una feroce determinazione che egli cominciò la propria scalata al successo (Capote ambiva ardentemente al riconoscimento pubblico) e si mise all’opera facendosi largo nei salotti e nella scena letteraria statunitense – si pensi, ad esempio, che la rivista «Life», nel 1947, gli dedicò la foto di copertina ancora prima che uscisse il suo romanzo d’esordio, Altre voci, altre stanze (1948). A questo libro, opera di un ventenne definita dall’amico George Davis, con un misto di stima e irriverenza, «l’Huckleberry Finn dei finocchi», seguirono Un albero di notte (1949), Colore locale (1950), L’arpa d’erba (1951), Si sentono le muse (1956) e il celebre Colazione da Tiffany (1958). Truman Capote aveva dato il via al suo meticoloso progetto di scrittura, e di questo dava l’impressione di conoscere ogni risvolto: «Un giorno Truman ci tracciò il suo programma letterario per i vent’anni seguenti,» racconta Paul Bowles «era tanto dettagliato che naturalmente lo presi per una fantasia. (…) Eppure le opere che aveva descritto nel 1949 comparvero tutte, una dietro l’altra, negli anni seguenti». Ma in tutte le epopee artistiche ciò che più conta è quanto non si è previsto, il punto in cui un insieme di tracce che ha definito la costruzione di un discorso si snoda in modo inconsueto, dando corpo, nella realtà, ad un incontro con qualcosa a cui si è predestinati e di cui si ignora il significato profondo – ma è questo qualcosa che, spesso, getta una nuova luce (o una nuova ombra) sull’ampiezza del disegno generale, ridefinendone i contorni. Se, ad esempio, per Ezra Pound questo evento inaspettato furono i Canti Pisani (1948), nel caso di Capote si trattò della stesura di quello che oggi viene ricordato come il suo maggiore romanzo, A sangue freddo (1966). Quello che avvenne quando, la mattina del 16 novembre 1959, lo scrit-

Truman Capote in un ritratto realizzato da Giona Bernardi. (Giona Bernardi)

tore aprì il «New York Times» a pagina 39 e lesse la notizia del massacro della famiglia Clutter nel Kansas, è oggi noto a molti – specialmente da quando, nel 2005, la pellicola di Bennett Miller (tratta dalla biografia di Gerald Clarke) riportò al pubblico di oggi gli esiti della vicenda legata all’ideazione del libroindagine di Capote. Il rapporto tra lo scrittore, Dick Hickock e Perry Smith (i due assassini con cui egli ebbe un intimo legame nel corso del processo che, infine, li condannò a morte mediante impiccagione) è stato spesso fonte di disquisizioni sulla condotta morale dell’artista e permette di meditare sui rapporti intricati tra l’opera di un autore e la sua biografia. Capote, a quanto si dice e per quanto è dato immaginare, non avreb-

be potuto fare nulla per salvare i due uomini dalla forca. Ma il punto su cui, morbosamente, l’attenzione di molti si sofferma è un altro: egli, a un dato momento, non volle più fare niente e non rispose alle loro richieste perché, altrimenti, il suo libro non avrebbe visto la luce (va anche detto che egli li incontrò un’ora prima dell’esecuzione, alla quale assistette personalmente). Ciò che seguì è altrettanto noto. Dopo la pubblicazione del suo bellissimo romanzo, nonostante il grande successo e la crescente fama, Capote non riuscì più a terminare un libro (eccetto la raccolta di novelle Musica per camaleonti, del 1980) e consumò sconsideratamente la propria esistenza tra innamoramenti patologici, alcool e stupefacenti – fino a quando, dopo sva-

riati ricoveri e disintossicazioni fallite, la morte lo colse all’età di sessant’anni. Parlando dell’opera di Jack Kerouac, William S. Burroughs ha detto «un torero che combatte contro un toro è diverso da uno smerda-tori che fa mosse senza nessun toro. Lo scrittore è stato là o non potrebbe scriverne. E andando là rischia di rimanere incornato». Le vicissitudini faustiane di Capote potrebbero volerci dire questo: egli, allontanando i carnefici, consegnò il suo capolavoro e compromise forse una parte di sé, spingendosi in una zona pericolosa dell’esistenza dove venne travolto dai demoni della realtà (e non dell’immaginario) – demoni che lo esposero alle fiamme di quella perdita dell’innocenza che aveva già permeato la sua letteratura.


CAPI PULITI A TEMPO DI RECORD. PUNTI

20x MPO E T TI A CORD. I L U IP DI RE CAP

15.90 per es. Total Express White 1,32 l

NOI FIRMIAMO. NOI GARANTIAMO.

Total, la soluzione a qualsiasi problema di lavaggio. Adesso c’è la forza lavante Total anche per il programma di lavaggio rapido: in soli 30 minuti Total Express lava i tuoi capi penetrando in profondità. Con Total Express i tuoi capi, siano essi chiari, scuri o colorati, tornano subito puliti e piacevolmente freschi. OFFERTE VALIDE SOLO DAL 26.8 ALL’8.9.2014, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 25 agosto 2014 ¶ N. 35

31

Cultura e Spettacoli

Il Piccolo Diavolo parla gallese Filmfestival Grande successo per la 45ma edizione del Festival di Les Diablerets.

Dal 29 agosto, appuntamento a Lugano

Visti in tivù Torna

lunedì prossimo su RSI La1 il resistibile Soldati con il quiz delle scatole

Carla Baroni Edizione bagnata, edizione fortunata. Possono ben dirlo gli organizzatori della 45ma edizione del Festival del film di montagna, esplorazione, ambiente e avventura, capitanati dall’instancabile Jean-Philippe Rapp. Un pubblico record, 18’000 persone, ha seguito con passione i film e gli incontri proposti da una rassegna per sua natura evidentemente aliena da divismi, red carpet e polemiche. Un successo che si spiega in particolare con la presenza al festival di personaggi di spicco, come lo spagnolo Kilian Jornet, campione di ultra-trail, che ha assistito alla presentazione in anteprima svizzera del suo film (fuori concorso) Déjame vivir, un invito a non temere di fallire e di sognare, perché «nella vita non bisogna aver paura di vivere». Quest’anno il Gran Premio del festival parla la lingua di Ioan Doyle, il giovane gallese protagonista di Defaid a dringo, del regista Alan Hughes. Il ragazzo, uno dei più brillanti arrampicatori britannici, già muratore e falegname, si trova davanti a un dilemma: diventare scalatore professionista o allevatore di pecore. Sceglierà la vita agreste, dura e piena d’incognite, ma che lo tiene legato al suo paese e alle sue radici, senza comunque abbandonare completamente l’altra sua passione, a dispetto di un incidente sul lavoro che gli fa perdere in parte l’uso di una mano. Con grande coraggio e determinazione riuscirà infine a coronare un sogno accarezzato a lungo: conquistare l’Ogwen Crack, una parete di grado E76C. La giuria, ha rilevato «l’intensità del suo impegno, altrettanto grande nell’esercizio dei suoi mestieri, nella sua fedeltà a una linea, come nella sua arte dell’arrampicata.» Anne e Erik Lapied formano una collaudatissima coppia di cineasti, autori di straordinari film sugli animali e sulle valli himalayane, tutti girati con grande rispetto e attenzione e insigniti di innumerevoli premi e riconosci-

Federico si salvi con la magia

Antonella Rainoldi

Ioan Doyle, protagonista del film Defaid a dringo.

menti. Ospiti abituali di Les Diablerets, quest’anno vi hanno presentato Mille e une traces, realizzato appunto sulle tracce di camosci, stambecchi, lepri, lupi, aquile e gipeti. Meritatissimo il premio per la miglior fotografia. C’è una scena che, toute proportion gardée, vale quella della famosa carrozzella sulla scalinata della Corazzata Potëmkin: una lepre variabile, bianca nella sua divisa invernale con l’eccezione delle orecchie rimaste nere, si affaccia dal suo rifugio fra le rocce e comincia a uscirne allungando quasi impercettibilmente, una dopo l’altra, le sue lunghe zampe. Un quarto d’ora per spostarsi di un metro: un minuetto al rallentatore (sottolineato da un perfetto accompagnamento musicale), un andamento lento telecomandato dalle vibrazioni del naso e dei baffi e dall’intensità dello sguardo, che inchioda gli occhi allo schermo. Uno spettacolo. Proprio «la densità dei personaggi e la qualità degli sguardi» sono i criteri che hanno determinato in gran parte le scelte della giuria. Ma gli sguardi che hanno emozionato e commosso all’in-

verosimile il pubblico del festival sono quelli dei minatori boliviani protagonisti di Tous les jours la nuit, un film documentario realizzato dal fotografo Jean-Claude Wicky (che ne ha ricavato anche un libro e una mostra fotografica) nell’inferno delle miniere andine. La durezza estrema delle condizioni di lavoro, la fatica disumana, i rischi mortali, la mancanza di sicurezza, ma anche la dignità delle persone, la loro generosità, la fierezza della propria cultura e delle proprie tradizioni vi sono illustrati senza enfasi ma con profonda partecipazione. E quegli sguardi saranno difficili da dimenticare. Il pubblico, che ha tributato all’autore presente in sala un interminabile applauso, non poteva che assegnare il suo premio all’opera di Wicky, che ha incassato anche quello della categoria Cultura del mondo. Altri occhi intriganti, quelli dei protagonisti di Ligne de vie, adepti di quello sport estremo, quasi da circo, detto slackline: camminare su una corda tesa anche a parecchie decine di metri dal suolo, sopra terrificanti abis-

si, con l’unica sicurezza di una corda legata alla caviglia. E a volte anche senza... La pellicola realizzata dal francese Jean-Daniel Lagant ha comprensibilmente conquistato la giuria dei giovani, che le ha attribuito il suo premio. Sul piano prettamente alpinistico ha trionfato Cerro Torre, di Thomas Dirnhofer, vincitore del Diavolo d’oro nella categoria Montagna: un film altamente spettacolare che ha per protagonista David Lama, giovane prodigio austriaco della scalata che affronta l’Urlo di pietra, quel monumento di storia alpinistica grondante drammi e polemiche, fin dalla contestatissima prima salita di Cesare Maestri e Toni Egger del 1959. Per gli appassionati del genere, l’appuntamento è ora a Lugano, dove dal 29 agosto al 6 settembre prossimi si terrà il Festival dei festival, Rassegna internazionale dei festival della cinematografia di montagna. Il film vincitore a Les Diablerets vi sarà presentato la sera di giovedì 4 settembre. L’intero programma è consultabile sul sito www.festival-dei-festival.ch.

Archiviata un’altra estate, si apre una nuova stagione televisiva, un autunno caldo tra conferme e qualche novità. Da settimane circola uno spot realizzato dalla RSI per lanciare la nuova edizione de Il Rompiscatole, il quiz degli indizi, dei pacchi, dei diversi premi, del sogno proibito dei cinquantamila franchi (La1, dal lunedì al venerdì, ore 19.45, a partire dal primo settembre). Mentre lo seguivamo, l’altro giorno, ci siamo divertiti a porci alcune domande e a trovare le risposte. Speriamo che il dottor Francesco Coluccia, responsabile del Dipartimento Intrattenimento, prenda nota. 1) Si sentiva il bisogno di una nuova edizione de Il Rompiscatole? Francamente no. L’aspetto più apprezzabile di questo quiz è la durata: cinque minuti di pazienza e parte la sigla finale. Se i minuti fossero dieci, o quindici, lo spettatore cambierebbe canale, un po’ per noia, un po’ perché è difficile capacitarsi della presenza di Federico Soldati in studio. Sarebbe come dare l’addio agli ascolti e all’effetto traino. 2) Perché affidare la conduzione di un quiz a Federico Soldati? Risposta di comodo, ma neanche tanto. Perché nella Svizzera italiana la meritocrazia ha sempre cognome. Soldati sembra promettere un futuro luminoso, qualunque

Alessandro Fo, tra latino e italiano Meridiani e paralleli In difesa della poesia (perché sembra essercene bisogno)

anche grazie al lavoro di ricerca e scrittura del nipote del Premio Nobel Giovanni Orelli Alessandro Fo è nato a Legnano nel 1955. È nipote di Dario Fo, premio Nobel per la letteratura ma, quanto a letteratura in senso un po’ stretto, il nipote vale più dello zio. Alessandro Fo insegna letteratura latina all’Università di Siena. E per il latino bisogna almeno segnalare la recente traduzione dell’Eneide di Virgilio, testo latino di fronte,

Il poeta italiano Alessandro Fo. (profilo Facebook di Alessandro Fo)

Einaudi 2012, senza dimenticare, per carità!, quelle da Apuleio, secondo secolo d.C.: v. Le Metamorfosi o L’asino d’oro, Frassinelli, 2010, e La favola di Amore e Psiche, Einaudi 2014. Ma qui, per una segnalazione breve, preferisco «provocare» il lettore con una delle poesie scritte da Fo in italiano, che ha per titolo Assenza del Trecento, che si trova alla pagina 101 del volumetto Mancanze, Einaudi 2014, euro 11. Parentesi: La parola mancanze del titolo traduce un primitivo titolo latino «reliquia desiderantur» che lo stesso Fo traduce con «il resto manca». È questa una formula che potrebbe far da titolo a un lungo elenco di severi tagli subiti da molti artisti. Per la scrittura basti qui l’esempio di due sommi: a) Dante Alighieri: molti ricorderanno la conclusione di Piccarda Donati strappata dal convento per…: «…Uomini poi, a mal più ch’a bene usi, / fuor mi rapiron della dolce chiostra / Iddio si sa qual poi mia vita fusi». (Paradiso III, 34-108), e il brevissimo autoritratto di Pia dei Tolomei, Purgatorio V, 130-136. b) Alessandro Manzoni: vada il lettore a vedere, nel meridiano della Mondadori con il primitivo Fermo e Lucia, le pagine, facciamo 211 e sgg., dedicate alla «passione» tra lo scellerato Egidio e Gertrude, la

monaca di Monza, che tanta parte avrà nella vita di Lucia Mondella e di Renzo Tramaglino – e il Manzoni, fin dall’inizio, era nella perplessità: p. 225 «Siamo stati più volte in dubbio se non convenisse stralciare dalla nostra storia queste turpi ed atroci avventure…»: pagine che nei Promessi Sposi, cap. X, p.186, diventano tre parole: «La sventurata rispose». Ma veniamo alla promessa poesia di Alessandro Fo, Assenza del Trecento: Per dissolvere un po’ di delusione circoscrivendo la malinconia, dissipo passi lenti lungo Siena, ne misuro la sera priva d’angeli o affetti, insufficienza. Scivolano ombre dagli angoli bui scorrono incerte, in profili, di schiena come alludendo a una certa presenza. Così vo cercand’io fra opachi effetti, donna, quanto è possibile in altrui, per nostalgia di amorosa visione, la disiata vostra forma vera. Per capire il titolo (come non pochi insegnanti o ex insegnanti sono un po’ pedante) dovrei trascrivere il sonetto n. 16 dal Canzoniere di France-

sco Petrarca (Movesi il vecchierel…), ma offenderei il lettore. Mi limito a trascrivere i tre versi finali del sonetto petrarchesco, perché sono quasi interamente rubati (non si scandalizzi il lettore: i buoni poeti «rubano», i mediocri imitano) «…così, lasso, talor vo cerchand’io, / donna, quanto è possibile, in altrui / la disiata vostra forma vera». Certamente Alessandro Fo ama il Petrarca (e tanti altri), e qui lo «ruba» per dire quanto è alta la sua «nostalgia di amorosa visione», come qui ama l’Ave Maria, ama Chopin, gli angeli… Trascrivo qui una poesia della serie Figure d’angeli. Anche perché spero sia una frottola o calunnia la diceria per la quale molti maestri e maestre non fanno più poesia nella scuola. Questo Angelo Pesciolino, che chiude la bella raccolta di Alessandro Fo, dovrebbe piacere, oppure il mondo nostro è storto, a scolare e scolari delle elementari, ai loro maestri e maestre, e alle loro madri. E ai padri perché no? Angelo Pesciolino. Le volò il palloncino / fatto a coniglio blu. / Prendilo, mamma, presto / che lassù / troverà tuoni fulmini e tempeste / avrà freddo e paura / senza di me, e non ci vedremo più.

Federico Soldati. (CdT - Gonnella)

sia il campo di elezione. Per i più distratti, Federico è figlio di Fabio, avvocato di Lugano, presidente di Timedia e del Consiglio di Fondazione del «Corriere del Ticino». Risposta tecnica. Con quella sua aria da Emanuele Filiberto di Savoia senza la erre moscia, quella sua espressività monocorde, Federico non movimenta il programma ma ingentilisce le maniere. Sarà anche una goccia nel mare del decoro professionale, ma è pur sempre una goccia nel mare. 3) Basta la gentilezza, la buona educazione, per essere all’altezza del compito? Temiamo di no. Un presentatore di quiz è pronto, agile, creativo. Quando un concorrente chiede l’aiutino, bisogna offrirgli l’aiutino, non la riproposizione delle domande, una specialità di Federico. L’illusionismo è l’unica speranza di rovesciare la situazione. Forte del successo a Italia’s got talent, una delle trasmissioni più brutte della tv italiana, Federico potrebbe confermare la fama meritata e trasformare se stesso in un vero presentatore. Lo invitiamo a farlo. Per una volta non ci deluda. Ci illuda.


59.00 Disponibile nei colori :

69.00 Zinal Giacca polarfleece per uomo

Nero

Blanc cassé

Mallow

Rapsberry

Montreal 2 Giacca polarfleece per donna

PUNTI

Disponibile nei colori : Rosso

Marine

Taglie S M L XL XXL 100% poliestere polar fleece

Blue Bay Nero

PROMOZIONI

20x

Tutte le giacche polarfleece Zinal e Montreal 2, nei colori indicati. Offerta valida dal 26.08.14 al 08.09.14 fino ad esaurimento.

Switcher è in vendita alla tua Migros

E N O I Z U D I R I D % 20 10.70 invece di 13.40

13.20 invece di 16.60

per es. shampoo e balsamo Syoss Shine* in conf. da 2, 2 x 500 ml

7.20 invece di 9.00

per es. Syoss Volume Aerosol* in conf. da 2, 2 x 200 ml

per es. Taft Ultra Strong Hair spray Aerosol in conf. da 2, 2 x 250 ml

*

In vendita nelle maggiori filiali Migros.

SU TUTTI I PRODOTTI TAFT E SYOSS IN CONFEZIONE DA 2, ESCLUSE LE COLORAZIONI, OFFERTE VALIDE SOLO DAL 26.8 AL 8.9.2014, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK

Taft e Syoss sono in vendita alla tua Migros


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 25 agosto 2014 ¶ N. 35

33

Cultura e Spettacoli

70 anni di passione Formazione Giovedì scorso Yvonne Pesenti Salazar ha presentato il nuovo programma

della Scuola Club di Migros Ticino: un’offerta variegata e al passo con i tempi

Simona Sala «Il brillante maschio svizzero è fiero quando sua moglie fa qualcosa di propria iniziativa. Sono molti gli uomini che hanno modo di continuare ad apprendere grazie alla propria professione, grazie agli scambi di natura sociale, alle lingue, alla conoscenza e alle competenze. Se le loro mogli si dedicano unicamente alle faccende domestiche, perdendo il passo con i tempi, la cosa può diventare pericolosa. [...] Il legame più forte è dato dalla parità dello spirito». Queste parole, sebbene pronunciate oltre settant’anni or sono, non hanno perso nulla della propria freschezza e ci danno la misura della statura straordinaria di un personaggio antesignano come il fondatore della Migros Gottlieb Duttweiler. Era infatti il 1944 quando il geniale imprenditore ebbe l’idea di lanciare i primi corsi di italiano, francese, inglese, spagnolo e russo tramite un annuncio sul settimanale «Brückenbauer». Ad annunciarsi furono in 1400 e da allora quella della Scuola Club è stata una storia di costante e rinnovato successo. Sebbene solo un paio di decenni più tardi, anche il Cantone riconobbe l’importanza della formazione continua (un articolo dell’epoca apparso su «Libera stampa» sosteneva che un dipartimento della cultura che si fa precedere da un negoziante dovrebbe «arrossire di vergogna»), e sull’esempio della Scuola Club creò i Corsi per adulti. L’investimento finanziario deciso a suo tempo da Gottlieb Duttweiler negli anni non ha fatto che rafforzarsi, permettendo così a quella che ormai è un’istituzione nazionale, di rimanere al passo con i tempi, adattandosi alle esigenze sempre nuove dell’utenza, ossia un pubblico in costante trasformazione. È stato calcolato che dalla sua apertura in Ticino nel 1957, nella Scuola Club siano stati investiti qualcosa come 57 milioni di franchi.

Tenendo in considerazione il fatto che molti frequentatori della Scuola Club sono ormai nativi digitali, si è deciso di introdurre (con un notevole impegno finanziario) le modalità di apprendimento dell’ultima ora, costituite da invenzioni di natura tecnologica quali la lavagna digitale, il Pod Cast – in cinque lingue, ora anche con sottotitoli – o le lezioni one-to-one anche via Skype. Ma vi è anche molto altro, i test di lingue si possono infatti fare ora online e le app per studiare le lingue si moltiplicano. Durante la presentazione del nuovo programma della Scuola Club di Migros Ticino lo scorso giovedì a Lugano, la responsabile Yvonne Pesenti Salazar, ha sottolineato a più riprese gli sforzi che si rinnovano di anno in anno al fine di non perdere nemmeno un briciolo dell’attrattività che ha fatto la storia di questa scuola. Un mondo in costante evoluzione, dicevamo, ma non sono unicamente le forme a cambiare, bensì anche i contenuti. Se un tempo si frequentavano dei corsi per impiegare in modo sano e costruttivo il proprio tempo libero, oggigiorno questo concetto si mescola sempre più spesso alle esigenze professionali di ognuno di noi. Il tempo libero è dunque impiegato per accrescere i propri skill professionali, mentre non di rado anche la professione può nascere da quello che all’inizio era semplicemente un hobby. «È proprio così», conferma Yvonne Pesenti Salazar, «andiamo sempre più verso il concetto di worklife balance, la frequentazione di un corso rappresenta spesso un modo ideale per armonizzare vita privata e professionale, in modo che entrambi gli ambiti ne possano trarre vicendevole beneficio. La gente persegue sempre più un progetto in senso lato». E la Scuola Club sostiene questi progetti, ad esempio offrendo tutta una serie di corsi di diploma che spaziano dalle lingue (da quest’anno la

Lezioni one-to-one, anche da casa: una delle possibilità offerte dalla Scuola Club Migros.

Scuola è Cambridge English Language Assessment Exam Preparation Centre) ai master nell’ambito del fitness, senza tralasciare l’economia, l’informatica, la cucina e la cultura. Sei sono infatti le aree tematiche in cui si muove la Scuola: Lingue, Management & Economia, Informatica & Nuovi Media, Cultura & Creatività, Movimento, Benessere & Salute e Formazione per formatori. Fra le novità di rilievo in ambito di Management & Economia segnaliamo la creazione di corsi per diventare assistente del personale (con certificato), di Basi di marketing, Presentazione perfetta e Impiegato amministrativo. Indispensabile per chi insegna e vuole restare al passo con i tempi il corso per imparare ad utilizzare la LIM (lavagna

interattiva multimediale), così come di grande utilità è il corso di Easy Salary. Per chi invece ama dilettarsi e sogna sin da piccolo di diventare inventore, da quest’anno vi è anche un corso per imparare a costruire il proprio robot con Lego Mindstorms EV3. Grande attenzione è rivolta anche quest’anno al campo del wellbeing personale, rappresentato sia da una sana disposizione mentale sia da un vero e proprio arricchimento culturale. A questo proposito segnaliamo i corsi di Sofrologia caycediana per vivere senza stress, con autostima, la creazione di un orto casalingo o i laboratori sperimentali, così come le Letture ebraiche del Midrashim, o i viaggi dietro l’angolo per scoprire le eccellenze ticinesi in campo agroali-

mentare. Oltre ai classici corsi di cucina (che quest’anno a Lugano si tengono presso Ernestomoda) in cui spicca quello di cucina vegana, la Scuola Club offre da sempre anche il fitness, ora più individualizzato che mai: dal Pilates si passa al Karate dolce over 50. Last but not least: per essere più vicina alla propria utenza, a Bellinzona la Scuola Club ha deciso di ritornare in città. Il 12 settembre infatti vi sarà l’inaugurazione della nuova sede scolastica in centro, sulla scia della decisione della Scuola di Lugano, determinata a rimanere tra la gente, laddove è possibile osservare da vicino l’evoluzione della società e tastare con mano il polso alle nuove esigenze. Gottlieb Duttweiler approverebbe…

Giordano Rush Compagni di viaggio Strani, i suoi amici Musicisti (con la emme maiuscola), gente che ha una visione leggermente

diversa da quella di Giordano, ma che, ciò nonostante, lo accompagna ovunque Zeno Gabaglio Nato a San Diego, in California, nel 1989, Giordano Rush è cresciuto in Ticino e si è laureato in arti performative alla Haute École d’art et de design di Ginevra. Ha lavorato come figurante al Grand Théâtre de Genève, incarnando un servitore di champagne ne La Traviata, un corvo ne La Valchiria, e un angelo nero volante nel Nabucco. Nipote del canzoniere ticinese Angelo Dresti – definito «l’ultimo romantico» – ha cominciato un percorso musicale nell’ambito del jazz d’albergo, nel 2009 ha pubblicato un disco con il gruppo Meadow, nel 2011 il suo singolo Your Vacations ha raggiunto il primo posto della classifica «10 e Lode» di Rete 3 e ha suonato in tutta Europa con il gruppo zurighese Gre-

at Black Waters. Oggi, col nome d’arte Tatum Rush, è attivo come cantautore pop-soul. Compagni di viaggio

L’altra sera ho litigato con i miei vecchi amici musicisti. Dicono che dovrei evitare le cattive influenze e darmi solo alla Musica con la M maiuscola, tipo Bach o Duke Ellington. Un po’ come un alcolista dovrebbe cercare la lucidità fra gli alcolisti anonimi, insomma. Ma la grama realtà è che non riesco a starmene alla larga da certi stupefacenti quali Robert Sylvester Kelly, in arte R. Kelly, e il suo epico Trapped in the Closet: 33 episodi videomusicali di ciò che lui chiama hip-hopera, ovvero un fitto intreccio alla Cervantes di personaggi, tradimenti, afro-virilismo, nani, pisto-

Una curiosa immagine del musicista.

le puntate, e ritmatissimi colpi di scena. Il tutto vocalizzato immagine per immagine, personaggio per personaggio, dalla voce onnisciente dall’autoincoronatosi Re dell’R&B. Qui si sfocia in un universo parallelo, avviluppato in musica delle sfere con cori gospel, tastiere e campanelline cosmiche. R. Kelly è dio compositore, e tutti possono volare, se convinti di volerlo fare, come nel brano di programmazione neurolinguistica I Believe I can Fly. Bisogna solo abbandonare al suolo le nostre nozioni di cattivo o di buon gusto. Siamo ai livelli del Pissoir di Duchamp, e no, non mi riferisco al processo in cui R. Kelly era accusato di aver urinato su una minorenne. Il fatto è che il mondo è accomunato dal desiderio di fare le cose bene: fare un bel film, comporre una bella canzone, e chi non lo farebbe? Chi avrebbe mai voglia di umiliarsi? Chi vorrebbe fare consapevolmente male una determinata cosa? Vi sfido perciò ad ascoltare per intero il brano Der Hölle Rache interpretato dalla cantante Florence Foster Jenkins, diventata famosa per il motivo più sbagliato, ovvero per la mancanza più totale di talento. Ma non è anche questo un talento? Giusto prima della sua morte (nel 1944, all’età di 76 anni) e dopo incessanti richieste da parte del pubblico newyorkese, Florence si esibì

finalmente in un sontuoso e incredibilmente rozzo concerto d’incoronamento della carriera alla prestigiosa Carnegie Hall, non per niente luogo di eccellenza musicale. Poco dopo la Jenkins morì con lo stesso felice e fiducioso senso di appagamento che pervase la sua intera vita artistica. Quei miei vecchi amici Musicisti sono tutti d’accordo che è vera musica quella che trascende. Ma qui non è la musica, è l’artista stesso che trascende. E bisogna essere leggeri per trascendere. Si sarà ormai capito che preferisco compagni di viaggio assai poco saggi, gente come Townes Van Zandt. Forse il più grande poeta della musica folk statunitense, autore di innumerevoli canzoni ormai diventate standard del genere. Nato in Texas nel 1944 da una famiglia agiata, dopo essersi buttato dal quarto piano di una casa per «provare la sensazione del volo» fu sottoposto alla famigerata terapia dell’elettroshock in voga in quegli anni, cancellando completamente la memoria della sua infanzia. La prima canzone che scrisse è forse il suo vero capolavoro: Waiting Around to Die. Si iniettava whisky e coca-cola nelle vene. Una volta, davanti ad un suo amico, prese una rivoltella, ci infilò un colpo nel cilindro, se la puntò alla testa e premette il grilletto tre volte di seguito. Continuò a scrivere le più oneste canzoni di sempre

fino alla morte, all’età di 53 anni. Forse più che la trascendenza, cercava il trapasso da molto in alto, in modo obliquo verso il basso. È proprio dal basso delle periferie di Roma che viene un altro personaggio che stimo particolarmente: Richard Benson. Don Chisciotte dei musicisti/ animatori/conduttori televisivi italiani, ha acquisito con gli anni una relativa fama e un preciso ruolo: fungere da bersaglio per i repressi della società che durante i suoi spettacoli – mentre lui cerca di suonare la chitarra fra un bestemmia e l’altra – gli lanciano addosso gli oggetti più disparati. Polli, spazzoloni da cesso, bistecche andate a male. Meriterebbe un Grammy solo per il coraggio di salire sul palco sera dopo sera, e di rimanerci impassibile con la moglie Ester Esposito a levargli l’immondizia di dosso come una devota madonna. Gli altri posti liberi per il mio viaggio li riserverei ai miei cari vecchi amici Musicisti, a cui voglio comunque tanto bene, nonostante le incomprensioni. I compagni

R. Kelly Florence Foster Jenkins Townes Van Zandt Richard Benson I cari vecchi amici Musicisti


BASTA FATICARE A SPALMARE.

E CA R I T A R E. TA F BAS PALMA AS

5.30 Blévita Sandwich ad es. alle olive e ai pomodori, 4 x 4 porzioni, 216 g

I GHIOTTI SNACK DA PORTARE SEMPRE CON TE. Scopri i Sandwiches Blévita alle erbe aromatiche, alle olive e ai pomodori oppure allo yogurt e ai frutti di bosco, adesso alla tua Migros. Uno snack gustoso realizzato da Midor attenendosi ai dettami dell’autentica tradizione svizzera, che va ad ampliare il raffinato assortimento Blévita. Cosa aspetti a provarlo? Ti aspetta uno spuntino subito pronto da gustare per placare i tuoi languorini più improvvisi. In vendita nelle maggiori filiali Migros.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 25 agosto 2014 ¶ N. 35

35

Cultura e Spettacoli

Videostorie Editoria È solo digitale, a partire

da quest’anno, «Tirature», l’annuario di cose librarie curato da Vittorio Spinazzola

Stefano Vassere «I videogame sono una realtà relativamente giovane eppure, dalla fine degli anni Settanta, quando i primi arcade, le grandi cabine da gioco a gettoni, facevano il loro timido esordio nei locali pubblici, hanno vissuto uno sviluppo impetuoso, evolvendosi da semplici raffigurazioni di linee bianche e quadratini su uno schermo, che alludevano a una partita di tennis, a vere e proprie narrazioni in cui le immagini aspirano al massimo realismo rappresentativo e gli intrecci emulano quelli del cinema e della letteratura». Rassegniamoci, nella libreria di casa, la bella parata di volumi, tutti con il loro bel pallino rosso al centro e la loro puntuale indicazione millesimata, finisce all’anno scorso. La prima notizia è che questa edizione di «Tirature», annuario-osservatorio sull’editoria e la lettura in Italia, curato con confortante regolarità ogni anno da Vittorio Spinazzola, uscirà da ora solo come libro elettronico. La versione ufficiale di questa migrazione verso il digitale, ripetuta parola per parola per due pagine successive, è «per intercettare e ampliare il pubblico leggente di giovane generazione»; e per altre motivazioni bisognerebbe chiedere al curatore o alla Fondazione Mondadori, cui magari si potrebbero anche mostrare certi dati sulla solo relativa diffusione dell’e-book presso i giovani… Certo è che la cosa è a suo modo simbolica: perché questo libro ricorrente oltre a essere un prodotto editoriale di pregio era anche a suo modo un implicito luogo di resistenza, con articoli civilissimi per esempio sul libro tradizionale, sulle librerie e sulle biblioteche. Ora, visto che uno dei vantaggi dell’e-book è quello della ricerca nel testo completo, se inserite la stringa «bibliotec» troverete solo una decina di occorrenze generiche, mentre un tempo c’erano intere sezioni. Ma è così, e c’è anche per onore di cronaca la concessione generosa di un link per scaricarsi, se si vuole, le ultime sedici annate di Tirature in formato pdf. Come sempre, la prima abbondante parte del volume è dedicata a un tema portante e di tendenza. Quest’anno sono

Top10 DVD & Blu Ray 1. Captain America 2

C. Evans. S. Johansson 2. Noah

R. Crowe, E. Watson / novità 3. Storia di una ladra di libri

S. Nélisse, G. Rush 4. 47 Ronin

K. Reeves, C. Tagawa 5. The Wolf of Wall Street

L. Di Caprio, C. Blanchett 6. Pompei

K. Harington, E. Browning

i videogames. C’è una notizia in esordio che sembra una provocazione: un paio di anni fa il Museo di arte moderna di New York «ha annunciato l’acquisizione di quattordici videogiochi storici» (PacMan, Tetris, Another World, Myst, Sim City…). Ora, al di là di quello che voglia dire o non dire «acquisizione» in questo campo, quello che interessa è l’entrata di questi prodotti in un’istituzione di prestigio culturale come il MoMa e soprattutto una certificazione di valore culturale. È così che si giustificano le decine di pagine di questo libro dedicate a spiegare com’è che un gioco elettronico diventa qualcosa di culturale. Beh, c’è il fatto che un gioco di questi è per esempio e per diversi motivi un’impresa narrativa: perché la narrazione può essere interpretata come un gioco linguistico e un gioco in senso stretto può essere narrato, e spesso lo è. A partire dalle prime rudimentali partite di tennis con i segmenti mobili verticalmente a mo’ di giocatore, il videogioco è sempre più diventato un’impresa che può essere raccontata, almeno a posteriori e nonostante il fatto che è un po’ complicato identificarne il narratore: l’autore del gioco, il giocatore, entrambi? Quindi, come detto, pagine e pagine dedicate a narrazioni semplici e lineari, vicende di alter ego digitali che deliziano gli amanti della narratologia semiotica, generi letterali oggetto di conguagli festosi tra letteratura e mondo elettronico: guardando i giochi hard boiled, all’autore di uno di questi saggi vengono in mente nomi importanti, come quelli di Ellroy, Chandler, Tarantino. «Se si ordinano i videogiochi in base all’importanza che la narrazione riveste al loro interno, si scopre che in cima alla scala dominano in generi – soprattutto science fiction, fantasy e noir –, declinati in forme prossime a quelle delle serie tv, e che non è difficile rintracciare i primi debiti di ritorno della letteratura nei confronti del videogame». Bibliografia

Vittorio Spinazzola (a cura di), Tirature ’14. Autori, editori, pubblico, Milano, Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, Il Saggiatore, 2014.

Top10 Libri 1. Andrea Camilleri

La piramide di fango, Sellerio 2. Gianrico Carofiglio

Una mutevole verità, Einaudi 3. Markus Zusak

Storia di una ladra di libri, Frassinelli 4. Paulo Coelho

Adulterio, Bompiani 5. John Green

Colpa delle stelle, Rizzoli 6. Marcello Simoni

L’abbazia dei cento peccati, Newton

7. The To Do List

A. Plaza, R. Bilson

7. Autori Vari

Vacanze in giallo, Sellerio 8. La Bella e la Bestia

V. Cassel, L. Seydoux / novità

8. Sveva Casati Modignani

La moglie magica, Sperling 9. Supercondriaco

D. Boon, K. Merad / novità 10. Monuments Men

9. Joël Dicker

La verità sul caso Harry Quebert, Bompiani

G. Clooney, M. Damon 10. Anna Premoli

Finché amore non ci separi, Newton

Karl Marx al cimitero di Highgate, Londra. (Marka)

Un ingombrante inquilino Pubblicazioni Nel suo recente romanzo Errico Buonanno

immagina Karl Marx alle prese con un problema di sfratto Mariarosa Mancuso Anche i barbuti filosofi – anche i teorici del capitale fermamente convinti che lo spettro del comunismo si aggirasse ai tempi suoi per l’Europa – ricevono lo sfratto. Dallo sfruttatore e padrone Alan John Huckabee, proprietario dell’appartamento al terzo piano interno sette preso in affitto sei mesi prima in un casermone popolare londinese. Non ci sono margini per un negoziato: i termini per il pagamento delle tre mensilità pendenti sono scaduti già da tre giorni, al primo maggio 1862. Ne resta parecchio per l’ironia consentita dal senno di poi. E dalla bravura di Errico Buonanno – classe 1979, premio Calvino per Piccola serenata notturna, autore per la radio e la televisione italiana – che ha appena pubblicato da Rizzoli Lotta di classe al terzo piano.

Le conversazioni fra Karl Marx e il padrone di casa sono solo uno dei piaceri del libro Mr Huckabee torna a casa dopo una visita all’Esposizione Internazionale di Londra, appena inaugurata dalla regina Vittoria. Si sente sopraffatto davanti a tanto progresso – il primo telegrafo parlante, la prima carrozza automatica, chissà se l’EXPO milanese del 2015 avrà su di noi lo stesso effetto – e intima lo sfratto. Lo fa con fermezza, cortesia, anche un po’ di ironia: «Poiché lei, a quanto si dice, ha una qual certa competenza in dati economici e rapporti sociali, forse già immagina dove vada a parare questa mia lettera ufficiale, l’ultimo atto della nostra dialettica. Non è un attacco personale, è il mero prodotto della lotta tra classi. Lasci le chiavi giù in androne e stabilisca cosa vuol dire avere o perdere, in questa vita che è in affitto». Risulta chiaro dalla lettera di sfratto che nei sei mesi di coabitazione l’affittuario e l’affittante si sono confrontati su molte cose. Il proprietario di tre stabili nel quartiere di Soho, per quanto amante della letteratura in

generale e dei romanzi di Charles Dickens in particolare – così si dichiara a Friedrich Engels, che cerca casa per conto dell’amico Marx e si dichiara – non avrebbe parlato tanto disinvoltamente di dialettica e lotta di classe, senza l’inquilino intento a scrivere Das Kapital. Le loro conversazioni sono uno soltanto tra i piaceri procurati dal romanzo, che a ogni pagina sorprende con una battuta intelligente, un punto di vista originale, un’osservazione che non ci aspettiamo, un cortocircuito con la contemporaneità (è sempre bello constatare che esiste un motivo per cui alcuni scrivono e gli altri leggono: loro sono più bravi, è quando la barriera salta che cominciano i guai). Siccome tutto è già successo (almeno) una volta, siccome tutto il mondo è paese, siccome tutti gli scrittori di tutte le epoche sentono gli editori come nemici, siccome tutti hanno un manoscritto nel cassetto, anche il Padrone che affitta la casa a Karl Marx ha scritto un romanzo. Si intitola La città vivente, rifiutato da tutte le grandi case editrici del Regno Unito. Di genere misticopositivista, immagina una megalopoli pensante che racconta in prima persona e soffre di dissociazione tra bassifondi e centro storico. Anche la vita è in affitto, aveva scritto in calce alla sua lettera di sfratto il saggio A.J. Huckabee. Forte del suo mestiere di affittacamere che offre un

La copertina del libro di Buonanno.

punto di vista vantaggioso per osservare l’umanità: «Riscuotere affitti e, nel caso, sfrattare, rappresentava una forma di studio, un’esperienza intellettuale da concedersi ogni trenta giorni». Per ricavarne leggi generali: «Il condominio è la società criminale, vive di furti e di appropriazioni indebite. Lasci al condòmino uno spazio comune e quello se ne approprierà» (a parte l’uso un po’ allargato del termine condominio, mentre nel caso di Karl Marx si tratta di locazione, chiunque abbia o abbia avuto vicini di casa è pronto a sottoscrivere). In casi più rari, la condivisione del pianerottolo serve per fare nuove conoscenze, e magari cercare conforto presso uno spirito illuminato in questo mondo ostile.

Lo sfratto può toccare a chiunque, anche ai maggiori teorici del capitale Scoperto che l’inquilino del terzo piano interno sette fa un mestiere intellettuale, il proprietario di casa con una lettera disturba la sua privacy. Sa di fare una cosa sbagliata – «Dovrei limitarmi ad avvertirla che la legge impedisce di stendere i panni sulla facciata che dà sulla strada (l’altra sera ho scorto un lenzuolo o una tovaglia pendere dalla sua finestra, e quasi pareva una bandiera)». Ma non resiste alla curiosità: «Non ho mai conosciuto un’intellettuale, mia moglie si è sempre dimostrata amara. Mio padre quando trovava i miei manoscritti li usava come cartoccetti per i semi di zucca di cui è ghiottissimo». Dicono che si scriva soprattutto per se stessi – bugia: lo abbiamo sentito dire dai dilettanti, o dai romanzieri della domenica, gli scrittori seri vogliono pubblicare e avere successo – ma a tutto c’è un limite. La reazione di Karl Marx alle avances del padrone di casa è da scoprire leggendo il romanzo. Notiamo però, quando entra in scena Natasha, che la ragazza «prima di essere marxista era stata bovarista», nel senso di Madame Bovary. Il paragone è audace, ma se ci pensate qualche punto in comune lo si trova.


MAGICO AUTUNNO. 50% 8.90 invece di 17.80

8.40

Cervo in salmì, cotto prodotto in Svizzera con carne della Nuova Zelanda, 600 g

Piatto di salumi di selvaggina* Nuova Zelanda / Svizzera / Austria, per 100 g

9.30 invece di 11.70

9.90

Funghi misti o prataioli M-Classic in conf. da 3 20% di riduzione, per es. funghi misti, 3 x 200 g

Salmì di capriolo con knöpfli Anna’s Best 430 g

PREZZO DEL GIORNO

6.–

1.50

Castagne intere M-Classic surgelate, 500 g

Salsa alla cacciatora Bon Chef busta da 46 g

* In vendita nelle maggiori filiali Migros. OFFERTE VALIDE SOLO DAL 26.8 ALL’1.9.2014, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK

Mele Gala, dolci Svizzera, al kg


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 25 agosto 2014 ¶ N. 35

37

Cultura e Spettacoli

Un omaggio tardivo Musica La natura sfuggente della fama: il genio misconosciuto del solitario J.J. Cale è infine celebrato

dai grandi della scena rock-blues in un album tributo a firma Eric Clapton Benedicta Froelich Il cosiddetto star system, si sa, è una macchina spietata, dalle regole vaghe e, soprattutto, spesso ingiuste. Ne consegue che raramente è possibile individuare i motivi precisi per i quali taluni personaggi assurgono a uno status quasi mitico e altri – magari artisticamente più meritevoli, ma meno competitivi e dalla presenza più «discreta» – rimangono perlopiù sconosciuti al grande pubblico. La scena rock internazionale non fa eccezione a questa regola: ecco quindi che la morte di un personaggio geniale quale il 74enne cantante e chitarrista J.J. Cale, scomparso poco più di un anno fa, è stata trascurata da molta della stampa non specializzata, per essere invece fortemente lamentata dai più grandi musicisti del rock targato USA. Del resto, Cale è sempre stato un personaggio unico quanto sfuggente, refrattario a ogni tipo di classificazione o incasellamento; creatore del cosiddetto «Tulsa Sound» (magistrale fusione di blues, rock e country), J.J. era interessato solo alla musica e quindi beatamente immune alle lusinghe dello show business. Alieno a qualsiasi atteggiamento divistico o alone glamour, si è lasciato alle spalle dischi di scarso successo commerciale, ma dall’indubbia influenza artistica – tanto che il suo nome è non solo rispettato, ma perfino riverito, da parecchi tra i più celebri colleghi, dal compianto Johnny Cash a Eric Clapton, e perfino ai Dire Straits.

Così oggi è proprio Clapton, amico e collaboratore di vecchia data di Cale (da lui più volte definito «una delle figure più importanti della storia del rock»), a compiere quello che ci si augura sia solo il primo passo verso il riconoscimento dell’apporto di J.J. alla musica. E lo fa dando alle stampe un eccellente disco tributo dall’eloquente titolo di The Breeze – An Appreciation of J.J. Cale, che vede sfilare un’invidiabile carrellata di nomi illustri, impegnati a rendere omaggio al collega e maestro di tanti anni tramite l’esecuzione e rivisitazione di sedici storici brani tratti dal suo repertorio. D’altra parte, quando si pensa che Clapton annovera, tra i propri maggiori successi, alcune cover di pezzi di Cale (su tutti, l’immortale Cocaine), appare inevitabile che il disco sia firmato «Eric Clapton & Friends», a indicare che il vecchio «Slowhand» ha curato personalmente la scelta dei brani e i loro arrangiamenti, condividendo però ogni performance con i più illustri seguaci del Tulsa Sound, ognuno dei quali dona al disco il proprio personale apporto stilistico e la propria visione artistica. Ognuna delle tracce di The Breeze è infatti intrisa di un’apparente, ingannevole semplicità e assoluta spontaneità: caratteristiche in realtà rivelatorie dell’abilità dei musicisti e interpreti coinvolti, personaggi di tale eccellenza tecnica da riuscire nell’ardua impresa di far suonare ogni singolo accordo e strofa come del tutto naturali, quasi «facili» nella loro immediatezza. In

Il lavoro con cui Clapton ha voluto omaggiare J.J. Cale.

questo modo, anche i brani apparentemente meno appariscenti, come la ballata Lies (che beneficia della presenza del grande John Mayer), stupiscono per la grazia che ne distingue ogni particolare – dai delicati arabeschi degli assoli all’estrema fluidità dei cori – e per l’assoluta perfezione con cui voce

e strumentazione si fondono; proprio come in un pezzo quale Songbird, caratterizzato dagli accenti country e dalla voce esperta del sempre ottimo Willie Nelson. Allo stesso modo, il celeberrimo blues They Call Me the Breeze, che dà il titolo al disco, viene qui sottoposto al «trattamento Clapton»,

uscendone ammantato di solenne eleganza: del resto, la passione per il blues costituiva forse il legame più profondo tra J.J. e «Slowhand», tanto da aver condotto, nel 2006, alla pubblicazione di un album a quattro mani (The Road to Escondido). Non è quindi un caso che la maggior parte delle tracce di quest’album riecheggino questo genere – come nell’impeccabile The Old Man and Me, che vede la voce suadente di Tom Petty cimentarsi in una ballata dalle atmosfere crepuscolari; o lo struggente Someday, in cui l’inconfondibile chitarra di Mark Knopfler crea suggestioni di toccante malinconia. Un sentimento riscontrabile anche in Crying Eyes (che vede la moglie di Cale, Christine Lakeland, impegnata nei cori) e nel riflessivo Sensitive Kind, cantato da Don White. Del resto, il pregio maggiore di questo lavoro risiede proprio nell’estrema, misurata grazia che caratterizza tutte le incisioni: tracce brevi, che raramente superano i tre minuti e mezzo di durata, registrate con grandissimo gusto e professionalità, tanto da rendere questo uno dei rari casi discografici in cui c’è da supporre si sia impiegato il vecchio principio del «buona la prima», possibile soltanto laddove vi sono estrema serietà ed esperienza da parte dei nomi coinvolti. E queste sono caratteristiche che si possono associare soltanto alla vera, grande musica – quella che va ben al di là delle categorizzazioni e del mero successo commerciale, e che ameremmo vedere più spesso sugli scaffali dei negozi di dischi. Annuncio pubblicitario

Tutte le offerte sono valide dal 26.8 al 15.9.2014, fino a esaurimento dello stock.

invece di

49.90

Esempio: Nike Scarpa sportiva per bambini Tiempo Rio II IC Numeri 33,5 – 38,5.

invece di

179.–

Esempio: Salomon Scarpa multifunzionale da donna XT Hornet Gore-Tex Numeri 37– 41.

invece di

Esempio: Adidas Scarpa indoor da uomo Essence 11 Numeri 40 – 46.

198.–

298.–

www.sportxx.ch Ordina ora online senza costi di spedizione.

invece di

198.–

il paio

invece di invece di

79.90

Esempio: Lowa Scarpa da trekking da uomo Camino Gore-Tex Numeri 41,5 – 47.

Esempio: Meindl Scarpa multifunzionale da donna e da uomo Palma Gore-Tex Numeri 36 – 41/ 41– 47.

51 SportXX in Svizzera.

Esempio: Meindl Scarpa da nordic-walking da uomo CUBA Gore-Tex Numeri 41– 47.


Total Repair Capelli secchi e danneggiati

RIDUZIONE di Repair CHF 2.–* CapelliUltimate molto danneggiati

Million Gloss Capelli opachi e senza brillantezza

2.75 invece di 4.75

NOVITA!

per es. Gliss Kur Million Gloss Shampoo, 250 ml

*SU OGNUNO DEI 2

PRODOTTI ACQUISTATI

SU TUTTI I PRODOTTI GLISS KUR ESCL. CONFEZIONI MULTIPLE, MINI SHAMPOO ULTIMATE REPAIR E TRATTAMENTO IMMEDIATO, OFFERTE VALIDE SOLO DAL 26.8 AL 8.9.2014, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK

Gliss Kur è in vendita alla tua Migros


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 25 agosto 2014 ¶ N. 35

39

Cultura e Spettacoli

C’è folla e folla

Festival di Locarno È necessario indagare le due diverse (e schizofreniche) anime di una rassegna importante

Fabio Fumagalli La Giuria di Locarno ha salvato la faccia a una edizione del Festival che per vari motivi, alcuni arcinoti, una grande figura negli ambienti cinematografici internazionali non la stava facendo. Ha sottolineato saggiamente quanto risultava di notevole: 5 film del Concorso internazionale, 4 della sezione Cineasti del presente, due dell’Opera Prima. Con qualche perplessità d’obbligo: una menzione dedicata (magari al posto di quella andata al filmetto francese Fidelio, l’Odyssée d’Alice) ai due notevoli film coreani Alive e Gyeongju; così come al sottovalutato L’Abri, che conclude il preziosissimo trittico sull’immigrazione del nostro Fernand Melgar. Detto così, il bilancio «cinematografico» (tralasciando, quello al solito trionfalistico sulle presenze e le ovviamente irrinunciabili ricadute economiche) del festival 2014 parrebbe più che soddisfacente. Se non fosse che questa ventina di opere (considerando anche le altre punte di eccellenza) era disseminata in un numero abnorme di sezioni: soltanto con un GPS di nuova rabdomantica concezione sarebbe stato forse possibile intuire in anticipo all’interno di quale sezione andassero reperite. Piazza Grande, Concorso Internazionale, Cineasti del Presente, Fuori concorso, Pardi di domani, Signs of Life, Film dei Premiati (compresi quelli dei quotidiani pataccati d’Onore, almeno 21, dimenticandone qualcuno dell’ultima ora), Histoires du cinéma (?), Film delle Giurie (14), Open Doors, Semaine de la Critique, Panorama Suisse, oltre alla giustificata cinquantina della tradizionale Retrospettiva, costituiscono un dedalo inestricabile. Non un percorso chiaro e leggibile in anticipo, perlomeno nei limiti del possibile. Cosa che un festival dovrebbe offrire in tre, quattro ben motivate selezioni, raggruppando le proprie scelte, assumendo il rischio di eventuali sviste, come accade d’altronde ovunque, a Cannes, a Venezia o

From What is Before di Lav Diaz ha meritatamente vinto il Pardo d’Oro.

Berlino. La dispersione crea altrimenti anche ingiusti sospetti: primo fra tutti, che sia creata ad arte per nascondere l’assenza di autentiche presenze artistiche. Ma queste sono pecche ovviabili. Il vero problema di Locarno (e tutta la stampa d’oltre Gottardo inizia a metterlo a fuoco) è la crescente spaccatura creatasi fra la Piazza e le proiezioni nelle sale. Ossia quella che già abbiamo definito schizofrenia, una incrinatura che si sta facendo voragine. E che arrischia di creare ulteriori danni al già precario potere di contrattazione della manifestazione, alla sua identità, in particolare internazionale, alla sua vocazione storica, alla sua comprensione, per quel grande pubblico che a giusta ragione fa di Locarno il più grande dei festival popolari al mondo. La programmazione nelle sale si sforza da sempre di ottenere delle pellicole nelle quali l’interesse e l’emozione dei contenuti sia avvalorata da una scrittura adeguata, se possibile innovativa, meglio ancora se meravigliosa. Quella della Piazza, si è ormai rassegnata alla famigerata filosofia dei

film «buoni per tutti». Temi e storie, ci mancherebbe, pure encomiabili; ma mortificati da linguaggi qualsiasi. Se la scelta del blockbuster d’apertura Lucy, profittava utilmente dell’abilità egocentrica di Luc Besson, titoli come il culinario The Hundred-Foot Journey, il pseudo provocatorio Love Island, il ricattatorio e maldestro A la vie (ma si potrebbe continuare) erano addirittura diseducativi nel contesto di una mostra di cinema che si considera al tempo storica e attuale. È la conseguenza di avere, nel corso degli anni, compromesso le esigenze dei famosi ottomila, castrato il loro spirito critico, ammutolito quelle reazioni che costituivano l’unicità, il vero interesse di quella platea popolare e disparata. Da non considerare un gregge di pecoroni. «In Piazza non ci vado più», sembra diventare la parola d’ordine per chi continua a frequentare Locarno per il «cinema», e non solo per la sua cornice. Ma adeguarsi a questo diktat sarebbe suicidario. La Piazza è l’anima di Locarno, l’immagine inscindibile sulla quale il suo festival ha affermato nel corso degli anni la propria reputazione

come spazio di ricerca e di conoscenza. Uno spazio che va usato come arma, nei confronti della concorrenza, non come una palla al piede: come argomento da sostenere per ottenere opere sempre migliori. Vivere di quella schizofrenia è una mina vagante che minaccia la manifestazione tutta: rassegnarsi, peggio, compiacersi delle due cosiddette anime del festival sarebbe molto pericoloso. Sono due anime interdipendenti: ma la sola sulla quale è possibile intervenire e innovare, finalmente con un minimo di coraggio, è la Piazza. Che lo si voglia o meno, infatti, a rimanere saranno i film. Rimarrà allora il Pardo d’Oro, il filippino From What is Before di Lav Diaz, che Locarno ha avuto il merito e l’audacia di presentare: non perché duri 338 minuti, come hanno ironizzato alcuni che probabilmente non l’hanno nemmeno visto, ma poiché è un capolavoro dall’ipnotico incanto. Un’elegia meravigliosa nella quale, per chi ne teme l’impegno fisico, ci si può anche immergere a tratti, così come, quasi casualmente, ci si può introdurre in un verso di Dante, una pagina di Proust, un frammento di Wagner, un dettaglio di Rembrandt.

Certo, il fascino insolito di questa vicenda che si avvia in un villaggio perduto nella straordinaria dimensione naturale delle Filippine del 1972, mentre il presidente Marcos impone una legge marziale rimasta di tragica memoria, finisce per premiare chi osa abbandonarsi alla cadenza magica del film, chi si lascia affondare nell’ambiente abbracciato per tutto il tempo necessario nello splendore estatico dei piani-sequenza di Lav Diaz, nel verde ossessionante della natura, la pioggia ricorrente, il vento instancabile nell’eco di un mare minaccioso. Con i personaggi che si avvicinano dall’orizzonte estremo delle colline, che progressivamente si delineano alla nostra attenzione; mentre un’inquietudine indefinibile sembra affiorare da quell’Eden primitivo, gli avvenimenti insoliti iniziano a palesarsi, il degrado dell’ordine naturale preannuncia quello della serenità degli individui. Infine l’arrivo, come dal nulla, dei primi uomini armati. L’ottimo Premio Speciale della Giuria a Listen Up Philip dell’americano Alex Ross Perry conferma l’impressione di trovarci al cospetto di una voce del cinema americano che conterà nei prossimi anni: uno di quei cinici lucidi e assurdi che ricordano Philip Roth e Woody Allen, e che grazie anche a due attori straordinari come Jonathan Pryce e Jason Schwartzman spedisce questa riflessione sulla professione dell’artista nella dimensione godibilissima degli ineffabili misantropi. Mentre Pedro Costa vede il suo Cavalo Dinheiro premiato per la Migliore Regia. È una prova ennesima, da parte del regista portoghese, di un suo lavoro personalissimo, continuo e evolutivo sull’ambiente della colonia nella periferia di Lisbona degli immigrati del CapoVerde. Una riflessione tra le più riuscite dell’autore, che nasce dalla qualità di uno sguardo accorato, certo non condiscendente, ma al tempo stesso politico ed esistenziale che una giuria di cinema non poteva non segnalare.

Venezia sfida Cannes, ma solo in parte Mostra del cinema Mancano pochi giorni all’inizio della 71ma edizione del tradizionale

festival di cinema in Laguna, in programma grandi nomi e vecchi film restaurati Piero Zanotto Quasi un Gentleman Agreement, sostituendo «Gentiluomini» con «Festival». Sembra essere proprio questo lo scambio di cortesie tra Cannes e Venezia, da sempre (quanto meno dall’immediato dopoguerra) sottilmente e talora vistosamente rivali nel proporsi sul gradino più alto delle rassegne mondiali del cinema. Attraverso cosa? I reciproci manifesti promozionali delle rispettive edizioni di questo 2014. A primavera il festival di Cannes aveva esposto nel suo cartellone l’immagine di Marcello Mastroianni dal film felliniano Otto e mezzo. Ora la mostra veneziana, ormai al taglio del nastro inaugurale (27 agosto: con una proiezione apripista la sera del 26 del film Maciste alpino, 1916, con il «gigante buono» Bartolomeo Pagano a ricordare con sorridente sbruffonaggine la prima Grande Guerra ch’era nella realtà in pieno sanguinoso svolgimento) ricambia col manifesto della 71ma edizione creato da Simone Massi, ispirato al François Truffaut di I 400 colpi: l’obiettivo è puntato sull’icona del più sensibile maestro della nouvelle vague, con un primo piano di Jean-Pierre Léaud al suo debutto da ragazzino. Cortesia estesa dal direttore Alberto Barbera nell’iscrivere alla corsa al Leone d’oro, tra i 20 film selezionati

su una rosa di 1500, quattro titoli francesi e «solo» tre italiani? No, di certo. Il lavoro di Barbera, sostenuto in un tandem perfetto dal presidente della Biennale Paolo Baratta, ancora una volta ha messo insieme, almeno sulla carta, un calendario ben ponderato che si spande dal concorso alle opere situate «fuori» (non si sono mai capiti i perché: per volontà dei singoli autori e produttori? Ermanno Olmi, grande assente, di certo lo avrebbe preteso col tormentato assoluto pacifismo ambientato nelle trincee della guerra 1915-1918 del suo film torneranno i prati, lettera t minuscola!, che egli dice ancora sottoposto a rifiniture di post-produzione). E quindi nelle canoniche sezioni Orizzonti, Giornate degli autori, Biennale College, l’indipendente Settimana della critica e – nuova – Punto Luce. Cui vanno aggiunti appuntamenti extra chiamati Eventi. Tra questi l’omaggio per i suoi 80 anni a Sofia Loren. Assisterà alla proiezione di Donne nel mito. Sophia racconta la Loren di Marco Spagnolli: 40 minuti tondi. Spulciando dal calendario, i due previsti Leoni alla carriera verranno consegnati a due personalità, entrambe statunitensi, quasi sconosciute anche al popolo dei cinefili, tuttavia di assoluto prestigio professionale: la montaggista Thelma Schoonmaker, a lungo collaboratrice con determinante responsa-

bilità nella confezione di molti dei film di Martin Scorsese, e il documentarista Frederick Wiseman (80 anni) che, con scelte di straziante aderenza al sociale privo però di ideologismi e all’individuo (da citare almeno Titicut Follies ambientato in un manicomio), ha nobilitato un genere che nel tempo proprio Venezia col suo festival «a parte» degli anni Sessanta ha cercato di porre in primo piano: lo scorso anno il dorato Leone alato veneziano andò a Sacro GRA di Gianfranco Rosi. Si dice che Barbera con coraggiosa volontà ami legittimare figure professionali che non siano i soliti «noti» preferiti per tradizione consueta per accaparrare vistosi titoli e foto sui giornali. Lo sta dimostrando nella Mostra veneziana anche con l’affidamento a sorpresa della guida della giuria internazionale (che ha in Carlo Verdone l’unico italiano: concessione alla commedia, ha detto sorridendo l’attore-regista, genere di solito negletto ai maggiori festival) a un musicista, il parigino Alexandre Desplat. Autore collaudatissimo di una sostanziosa produzione di musiche per film di importante (e anche talora popolare) spessore: da The Queen a Harry Potter, da Monuments Men a Godzilla. Sarà lui a consegnare al vincitore il Leone d’oro della 71ma Mostra internazionale d’arte cinematografica,

la cui apertura è riservata il 27 agosto alla black comedy in prima mondiale Birdman di Alejandro G. Iñárritu, protagonista Michael Keaton con Edward Norton. Il film di chiusura (6 settembre), fuori concorso, parlerà cinese per 178 minuti: Huangjin Shidai (The Golden Era) di Ann Hui. Nel mezzo, tutto il resto di un programma caravanserraglio in undici giorni, anche se Barbera dice, conti alla mano, essere più snello che in passato. Divi sul red carpet che porta al Palazzo del Cinema in numerosi assoli compresi. Il cosiddetto «colore» sarà quindi anch’esso salvo. Da sottolineare almeno i due temi dominanti nella nuova cinematografia mondiale. Ovvero la guerra, dall’eccidio degli armeni ai conflitti del futuro, e le sceneggiature tratte da opere letterarie. Si citano in proposito i tre film in concorso italiani: Anime nere di Francesco Munzi dalle drammatiche pagine di Gioacchino Criaco ambientate nell’Aspromonte; Hungry Hearts di Saverio Costanzo dal romanzo di Marco Franzoso (che trasferisce il paesaggio veneto tra i grattacieli di New York); Il giovane favoloso di Mario Martone dedicato a un grande degli italici poeti, Giacomo Leopardi. Mezzo italiano anche l’atteso film Pasolini di Abel Ferrara, con Willem Dafoe e Riccardo Scamarcio. Racconta le ultime ore di vita

Alexander Desplat, Presidente della giuria a Venezia. (Keystone)

del poeta, vittima di un delitto rimasto ancora oscuro. Il più anziano degli autori sarà il prodigioso prolifico portoghese Manoel De Oliveira: a 104 anni, fedelissimo della Mostra lidense, vi porterà il mediometraggio O velho do Restelo. Fuori concorso. Per coloro che avranno il tempo e la resistenza fisica necessari, di riserva ci sarà anche la parata dei 21 film classici restaurati. Presidente della apposita giuria formata da studenti di cinema, il regista Giuliano Montaldo: verranno assegnati due Premi Venezia al miglior restauro di un lungometraggio e di un corto, scelti da un calendario molto succoso: vi spunta, tra nomi prestigiosi, ancora Truffaut con il film Baci rubati. Montaldo, lo ricordiamo, tra la folta sua produzione, nel 1983 realizzò a Venezia il corto Arlecchino, primo esperimento al mondo di riprese in alta definizione per la televisione, su commissione di una antenna nipponica.


Manutenzione professionale a prezzo speciale. SUSSOTRUTIMTETNO TO L’A

25%

tti RIWA X. Tutti i prodo

Azione valida fino all’1.9.2014, fino a esaurimento dello stock.

doitgarden.ch

In vendita presso le filiali Do it + Garden.

È tempo di lavaggi. SUSSOTRUTIMTETNO TO L’A

25%

i MIOCAR Tutti i prodottzia e la per la puli e dell’auto. manutenzion

Azione valida fino all’1.9.2014, fino a esaurimento dello stock.

doitgarden.ch

In vendita presso le filiali Do it + Garden.

www.riwax.com


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 25 agosto 2014 ¶ N. 35

41

Idee e acquisti per la settimana

shopping Pollo al grill per tutti Eventi Sabato 30 agosto il Centro S. Antonino ospiterà il mega-grill, un originale appuntamento organizzato

in collaborazione con Optigal, il marchio di pollame svizzero della Migros

Gli amanti del pollo allo spiedo non possono assolutamente disertare l’appuntamento previsto il prossimo sabato presso il Centro S. Antonino. Qui, infatti, dalle ore 9.00 alle 15.00 ca., sarà in funzione un singolare mega-grill sul quale saranno preparati contemporaneamente decine di gustosi polli interi svizzeri Optigal, il marchio della Migros sinonimo di pollame di primissima qualità. I polli cotti a puntino dagli specialisti della Optigal potranno successivamente essere acquistati ad un prezzo particolarmente vantaggioso. Questa cottura spettacolare è assicurata da uno spiedo gigante di una lunghezza di oltre 6 metri, in grado di grigliare contempo-

raneamente ben 300 polli. Durante la mattinata il lavoro dei «grigliatori», appositamente attrezzati con il classico abbigliamento di protezione normalmente in dotazione ai pompieri, sarà pressoché continuo. Confidiamo nella meteo, poiché in caso di prevista pioggia l’evento, per ragione organizzative, dovrà essere annullato. Optigal: il pollame svizzero di prima qualità da allevamenti rispettosi degli animali

C’è pollo e pollo! Acquistando del pollame firmato dal marchio Migros «Optigal» potete star certi di scegliere un prodotto di elevata qualità e freschezza.

Gli animali sono allevati in Svizzera nel pieno rispetto delle loro esigenze e del loro benessere. I polli vivono in luoghi con luce diurna e durante tutto l’anno possono accedere ad uno spazio esterno coperto. Tutto il pollame Optigal è elaborato in Svizzera secondo severe direttive in materia di igiene e sicurezza. E questo sin dal 1961, anno della creazione del marchio Optigal. Insomma, che si tratti di pollo intero, fettine, sminuzzato, alette, cosce… con Optigal vi assicurate il massimo gusto allorquando si tratta di cucinare i vostri manicaretti a base di pollame. La carne di pollo è apprezzata in un’infinità di modi e in ogni occasione, anche quelle

più importanti, come quelle legate alle festività di fine anno. Grazie al suo gusto delicato e alla sua tenerezza si sposa alla perfezione con praticamente tutti gli ingredienti. Inoltre è leggera, ipocalorica e facilmente digeribile.

L’industria Migros produce numerosi prodotti molto apprezzati, tra cui anche il pollame Optigal.



Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 25 agosto 2014 ¶ N. 35

43

Idee e acquisti per la settimana

Panettieri per un giorno Appuntamenti Le panetterie della casa Jowa dei supermercati Migros di S. Antonino e Serfontana aprono le loro

porte agli adulti (9 settembre) e ai bambini (17 settembre) Giovanni Barberis

Non c’è niente di più stuzzicante del profumo di pane fresco appena sfornato. Un’irresistibile fragranza che si può percepire più volte al giorno nelle due panetterie della casa Jowa di S. Antonino e Serfontana. Qui, gli abili panettieri preparano e sfornano giornalmente, dalla A alla Z e sotto gli occhi della clientela, tra pane e piccola panetteria, qualcosa come una quarantina di deliziosi prodotti. Dal pane Val Morobbia a quello ticinese, passando per le trecce al burro, la corona del sole bio fino al pane di grano duro, senza dimenticare bontà per la colazione quali gipfel e weggli….ognuno troverà sempre la propria specialità preferita freschissima fino alla chiusura del negozio. Nelle prossime settimane, previa iscrizione (vedi box), potrete curiosare anche voi dietro le quinte delle panetterie della casa, partecipando a due momenti di incontro con i nostri esperti panettieri.

Iscrizione serata in panetteria per adulti

Iscrizione pomeriggio in panetteria per bambini

Le due serate nelle panetterie della casa di S. Antonino e Serfontana rivolte agli adulti si terranno martedì 9 settembre dalle ore 18.30 alle 21.00. I posti sono limitati a 10 persone per supermercato. I partecipanti si cimenteranno nella produzione del Pan del Pepp. L’iscrizione è da effettuarsi telefonando al numero 091 840 12 61, martedì 26 agosto, tra le ore 10.30 e 11.30. Valido per chi non ha partecipato alle ultime due serate.

Mercoledì 17 settembre, dalle ore 14.00 alle 17.00, le panetterie della casa di S. Antonino e Serfontana avranno il piacere di ospitare 20 bambini (10 per filiale) tra i 7 e 14 anni. Durante il pomeriggio i panettieri in erba avranno la possibilità di creare simpatiche figure a base di pasta per treccia. Per iscriversi è necessario chiamare il numero 091 840 12 61, mercoledì 27 agosto, tra le 10.30 e 11.30.

W il primo giorno di scuola

Il barometro dei prezzi Informazioni sui cambiamenti di prezzo

Migros riduce i prezzi di diversi tipi di aceto della marca italiana Ponti. La buona vendemmia in Italia tra settembre e dicembre 2013 ha portato ad un alto raccolto e, conseguentemente, a prezzi più bassi della materia prima. Migros, come consuetudine, fa ora approfittare la propria clientela di questi prezzi d’acquisto più bassi.

Alcuni esempi:

Prezzo vecchio in Fr.

Ponti Aceto Aroma Antico Rosso, 500 ml Ponti Aceto Balsamico di Modena, 250 ml Ponti Aroma Antico aceto di vino bianco, 500 ml Ponti DolceAgro Condimento bianco, 250 ml Bio Ponti Condimento Bianco, 500 ml

2.10 6.20 2.10 3.30 6.40

Nuovo in Fr.

in %

1.90 5.90 1.90 3.10 5.90

-9,5 -4,8 -9,5 -6,1 -7,8

Il conto alla rovescia è cominciato: lunedì prossimo, 1 settembre, saranno migliaia i bambini e i ragazzi del nostro cantone che torneranno sui banchi di scuola con tanta voglia di studiare e di imparare cose nuove. Sicuramente molti si saranno già muniti del materiale scolastico necessario per essere preparati al meglio sin dal primo giorno. A chi invece manca ancora qualcosa, un giretto alla Migros permetterà certamente di trovare qualche utile idea dell’ultim’ora. Tra queste, segnaliamo ad esempio il bellissimo grembiulino unisex color celeste per fare un figurone con i compagni, oppure ancora il praticissimo diario scolastico della Svizzera italiana 2014/2015. Infine, per fare il pieno di energia tra una lezione e l’altra, non bisogna scordare di mettere nello zainetto un delizioso choco drink, un succo di pera op-

pure ancora uno spuntino rompifame nutriente, come una barretta Farmer Junior all’albicocca & mela con il 36%

di frutta e priva di zuccheri aggiunti. Utili consigli per iniziare la scuola alla grande anche su: www.famigros.ch.

Errata Corrige

Nell’articolo apparso nel nr. 33/2014 di Azione, a pagina 40, relativo ai gelati Fragoloso e Limonice, è stato scritto che entrambi i prodotti sono senza glutine. Tuttavia, solo il Fragoloso ne è privo, mentre il Limonice contiene invece del glutine (per il bastoncino di liquirizia viene usata farina di frumento). Ci scusiamo per l’errore.

Diario scolastico della Svizzera italiana 2014/2015* Fr. 9.80

Choco Drink 250 ml Fr. -.45

Grembiulino unisex* 100% cotone/98-116/ celeste Fr. 17.–

Succo di pera Sarasay 25 cl Fr. 1.45

Farmer Junior albicocca & mela bio 6 bastoncini Fr. 3.80

*In vendita nelle maggiori filiali Migros.


ECCO COME APPROFITTARE DEL 20% DI SCONTO ASSAGGIO. 1. ACQUISTA LATTE HEIDI E STACCA IL BUONO SCONTO. 2. DOPODICHÉ, IN OCCASIONE DEI PROSSIMI ACQUISTI, PRESENTA ALLA CASSA IL BUONO SCONTO ASSIEME AI PRODOTTI HEIDI. 3. ECCO FATTO: ORA PUOI APPROFITTARE DEL 20% DI SCONTO SUGLI ALTRI PRODOTTI HEIDI*. * Ad eccezione del latte Heidi

All’acquisto di latte Heidi approfitta del 20% di sconto assaggio sugli altri prodotti Heidi in assortimento (ad eccezione del latte). Basta mostrare alla cassa il buono sconto sulla parte interna dell’etichetta del latte Heidi. Buono sconto valido dall’11.8 al 20.9.2014.

Gustosi saluti dalle montagne svizzere.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 25 agosto 2014 ¶ N. 35

45

Idee e acquisti per la settimana

vande e b le e t t u t u 1,5 l x 6 50% s a d i n io z nfe Jarimba in co.9. dal 26.8 all’1

Jarimba lampone 1,5 l Fr. 1.65 Jarimba limone 1,5 l Fr. 1.45 Jarimba arancia-mango 1,5 l Fr. 1.65

Un allegro trio Una bevanda dolce dovrebbe essere fruttata e colorata. Jarimba possiede entrambe le caratteristiche e ancora di più. È disponibile in tre varianti: lampone, limone e arancia-mango

I fan di Jarimba si ritrovano spesso dove regna il buonumore. Per esempio in piscina, al lago, in colonia oppure al campo sportivo. Le bevande dolci sono molto gettonate tra i bambini e i giovani, in particolar modo

l’aroma ai lamponi: questa variante ha raccolto molte preferenze da quando Jarimba è giunta sugli scaffali. Che questo sia dovuto al fatto che il sapore di lamponi risvegli dei ricordi d’infanzia?

Altre due varianti sono disponibili: arancia-mango (con il 4% di succhi di frutta) e limone (con aromi naturali). Le Jarimba sono tutte prodotte con acqua minerale naturale delle alpi vallesante. / DH

L’industria Migros produce numerosi prodotti molto apprezzati, tra cui anche le bevande dolci Jarimba.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 25 agosto 2014 ¶ N. 35

46

Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 25 agosto 2014 ¶ N. 35

47

Idee e acquisti per la settimana

La tradizione a colazione

Certe cose non cambiano mai. Tra queste c’è la passione per la confettura da spalmare sul pane o su un buon cornetto. Dopo il sidro dolce, la marmellata è stato il secondo prodotto fabbricato in proprio dalla Migros. Anche se oggi è completamente automatizzato, il processo di produzione è rimasto fonda-

La marmellata è un classico immancabile sul tavolo della prima colazione. Con l’acquisto della fabbrica di conserve Bischofszell-Tobler & Co. SA nel 1945 Migros iniziò a produrre da sé il fruttato prodotto da spalmare sul pane. L’azienda prese il nome di Bischofszell Prodotti Alimentari SA, in breve Bina

mentalmente lo stesso. La marmellata viene preparata proprio come a casa, solo che in quantità infinitamente superiori. Oggi la frutta viene cotta sotto vuoto. Ciò mantiene inalterate le sostanze contenute nella polpa. Il punto di ebollizione si situa tra i 75 e gli 80 gradi, ossia più bas-

so che sui fornelli di casa, preservando così l’intenso sapore di frutta. Accanto alle ricette classiche delle linee Favorit ed Extra, c’è a disposizione una scelta estremamente variegata con Favorit Satin e Pure Fruit (con un contenuto di frutta del 100% e senza l’aggiunta di zucchero), le confetture Léger a ridotto contenuto

calorico e l’assortimento Bio. Molto richieste sono quelle di frutta svizzera. A proporre dolci variazioni, ci pensano i lanci di continue novità e, soprattutto, le specialità stagionali. Da sempre la più amata del Paese è la marmellata di fragole. Certe cose non cambiano proprio mai! / Jacqueline Vinzelberg

I manifesti pubblicitari per la marmellata della Migros degli anni 50 sprizzavano buonumore.

Dopo il sidro dolce, la marmellata fu il secondo articolo autoprodotto dalla Migros. Essa veniva cotta in grandi caldaie, proprio come a casa, ma in quantità nettamente più grosse. A seguito della grande richiesta venne aggiunta all’assortimento degli autocarri di vendita.

Questa vecchia caldaia data degli anni 50. Sull’etichetta è già raffigurato il bastone del vescovo, inserito nel logo aziendale nel 1945.

1909

1945

David Tobler fonda la fabbrica di conserve Bichsofszell-Tobler & Co. AG.

L’azienda viene comprata dalla Migros

Anni 50

Foto: Istockphoto, Konservenfabrik Bischofszell, Archivio FCM, collezione di cartelloni ZHdK

Dalle stoviglie e dai riccioli di burro si può dedurre che questa immagine si riferisce a un buffet della prima colazione degli anni 70. Già allora la Migros annoverava un ampio assortimento di confetture.

Il cosiddetto calderone circolare entrò in funzione nel 1960 e prestò servizio fino al 1983. L’impianto era formato da nove singole caldaie affiancate in cerchio.

1960

1966

1973

Messa in funzione della nuova fabbrica di marmellate con magazzini refrigerati più grandi e un nuovo impianto di bollitura.

Ristrutturazione dell’impianto di fabbricazione e installazione di un moderno impianto di imbottigliamento

Introduzione delle marmellate Favorit in vasetti da 430 grammi.


48

Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 25 agosto 2014 ¶ N. 35

49

Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 25 agosto 2014 ¶ N. 35

Idee e acquisti per la settimana

Le marmellate più amate dagli svizzeri nel 2013

Patrick Bommer è «Mister Marmellata». È responsabile dello sviluppo di nuove ricette e varietà.

Il gusto di fragola guida la classifica delle marmellate della Migros più vendute nel 2013…

1.500.000 vasetti

… alla pari con l’albicocca.

Al secondo posto segue la marmellata di lamponi.

Il classico gusto alle ciliegie si è ormai staccato dai primi posti.

1.500.000 vasetti

1.300.000 vasetti

800.000 vasetti

Extra Marmellata Arance amare 500 g, Fr. 2.10 Extra Confettura Fragole Fr. 2.95 Bio Confettura Mirtilli 350 g, Fr. 2.95 Solo nelle maggiori filiali L’imbottigliamento e l’etichettatura dei vasetti oggi avvengono in modo completamente automatico.

Bio Marmellata Arance amare 350 g, Fr. 3.30 Solo nelle maggiori filiali Favorit Confettura Albicocche vallesane 350 g, Fr. 3.50 Favorit Confettura Fragole svizzere 350 g, Fr. 3.70

Con il nuovo coperchio dotato di sistema «easy open», per aprire le 12 marmellate Extra ci vuole la metà della forza di prima.

Introduzione delle confezioni di ricarica, il cui contenuto veniva prodotto su una propria linea con due caldaie.

1983

1994

Ristrutturazione completa del calderone circolare. Le caldaie furono sostituite da strutture moderne.

Passaggio alla cottura sotto vuoto, più delicata.

1995

2008 Le confetture Fit & Well vengono inserite nell’assortimento Léger.

2014

Léger Confettura Albicocche 325 g, Fr. 1.90 Léger Confettura Fragole 325 g, Fr. 1.90 OFFERTE DELLA SETTIMANA Nel supplemento delle offerte allegato a questa edizione di Azione trovate tutti i prezzi bomba dell’Industria Migros che produce qualcosa come 10’000 prodotti.

L’industria Migros produce numerosi prodotti molto apprezzati, tra i quali i prodotti dell’azienda alimentare Bischofzell. Maggiori informazioni: www.noifirmiamo-noigarantiamo.ch


E N O I Z U D R I E R G I I D T 200% % GÜNS

NIVEA.CH/RANDONNEES

APPROFITTATE ORA DEI PRODOTTI DI CURA NIVEA

7.20 invece di 9.00

4.70 invece di 5.90

4.60 invece di 5.80

7.90 invece di 9.90

Barattolo NIVEA Creme in conf. doppia 2 x 150 ml

Crema idratante intenso e rinfrescante NIVEA Soft in conf. doppia 2 x 75 ml

Crema mani Anti-Age Q10 plus in conf. doppia 2 x 100 ml

SU TUTTI I PRODOTTI NIVEA DOCCIA, CREMA MULTIUSO, CREMA MANI IN CONFEZIONE MULTIPLA, OFFERTE VALIDE SOLO DAL 26.8 AL 8.9.2014, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK

NIVEA.ch

Doccia crema e Docciaschiuma trattante in conf. tripla Creme Soft, Cashmere Moments, Happy Time ou MEN Energy 3 x 250 ml

Nivea è in vendita alla tua Migros


. O C S E R F E T N INCREDIBILME

CONSIGLIAMO Una raffinata specialità della cucina svizzera: involtini di verza con semolino e gruyère. Trovi la ricetta su www.saison. ch/it/consigliamo e tutti gli ingredienti freschi alla tua Migros.

20% 1.45 invece di 1.85 Le Gruyère piccante per 100 g

20% 10.80 invece di 12.80

1.60 invece di 2.–

Rose spray, Fairtrade in diversi colori, gambo da 50 cm, il mazzo da 10

Scaloppine di pollo M-Classic Germania / Francia / Ungheria, per 100 g

Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli M-Budget e quelli già ridotti. OFFERTE VALIDE SOLO DAL 26.8 ALL’1.9.2014, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK

1.– invece di 1.30 Tutti i dessert Tradition 20% di riduzione, per es. crème Chocolat au lait, 175 g


. A Z Z E H C S E R F A L L E D O P IM L O L’ L BENVENUTI NE 25%

33%

30%

30%

33%

3.60 invece di 5.50

2.20 invece di 3.–

1.65 invece di 2.40

2.65 invece di 3.85

10.60 invece di 15.90

Pomodori ciliegia a grappolo Svizzera, vaschetta da 500 g

Uva Americana Italia, imballata, 500 g

Fettine collo di maiale, TerraSuisse Svizzera, imballate, per 100 g

Salametti a pasta grossa prodotti in Ticino, in conf. da 2 pezzi, per 100 g

Filetti di trota affumicati in conf. da 3, bio* d’allevamento, Danimarca, 3 x 100 g

30%

40% –.80 invece di 1.35

2.70

17.60 invece di 22.–

6.– invece di 7.50

3.65 invece di 4.60

1.50 invece di 2.15

Avocado Perù, al pezzo

Carote, bio Svizzera, busta da 1 kg

Caseificio Gottardo prodotto in Ticino, a libero servizio, al kg, 20% di riduzione

Carne secca di manzo, bio, Svizzera, o pancetta alle erbe, bio, Germania 20% di riduzione, per es. carne secca di manzo, per 100 g

Pesce fresco selezionato, bio* 20% di riduzione, per es. filetti di salmone, d’allevamento, Irlanda, per 100 g, fino al 30.8

Polpettine d’impasto per salsicce Svizzera, per 100 g

30%

25%

30%

2.50 invece di 3.70

3.60 invece di 4.80

8.80 invece di 11.–

1.80 invece di 2.40

6.70 invece di 9.–

1.75 invece di 2.50

Pere Williams Svizzera, sciolte, al kg

Patate Amandine Svizzera, imballate, 1,5 kg

Prodotti Cornatur in conf. da 2 20% di riduzione, per es. scaloppine al pepe e al limone, 2 x 220 g

Tutto il lesso di manzo, TerraSuisse Svizzera, 25% di riduzione, per es. lesso magro di manzo, imballato, per 100 g

Carne secca ticinese prodotta in Ticino, affettata in vaschetta, per 100 g, 25% di riduzione

Spezzatino di manzo, TerraSuisse Svizzera, imballato, per 100 g

*In vendita nelle maggiori filiali Migros. Società Cooperativa Migros Ticino OFFERTE VALIDE SOLO DAL 26.8 ALL’1.9.2014, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK


. IO M R A P IS R I D À IT IL IB S S ANCORA PIÙ PO 30%

3 per 2

33%

33%

50%

13.80 invece di 19.80

3.30 invece di 4.95

1.90 invece di 2.85

3.– invece di 3.80

8.40 invece di 12.60

34.50 invece di 69.–

Phalaenopsis multiflora 2 steli in vaso da 12 cm, la pianta

Tondelli di riso con cioccolato o allo yogurt in conf. da 3 per es. con cioccolato, 3 x 100 g

Spaghetti, pennette o cravattine Agnesi con il 50% di contenuto in più, per es. cravattine Agnesi, 750 g

Caramelle gommose Gomz in conf. da 2 20% di riduzione, per es. orsetti gommosi, 2 x 200 g

Carta per uso domestico Twist in confezioni multiple per es. classica, FSC, 16 rotoli, offerta valida fino all’8.9

Batterie di pentole delle linee Titan e Antares per es. padella a induzione Titan, Ø 28 cm, offerta valida fino all’8.9

20% 1.30 invece di 1.65

5.40 invece di 6.80

1.40 invece di 1.80

5.80 invece di 7.25

14.80

39.90

Appenzeller Classic per 100 g, 20% di riduzione

Tutto l’assortimento Kellogg’s per es. Choco Tresor, 600 g

Farina bianca, TerraSuisse 1 kg, 20% di riduzione

Mangimi Asco in conf. da 5 o snack MAX in conf. da 4 20% di riduzione, per es. Asco A’petito al manzo, 5 x 50 g

Cuscino-peluche per la nuca 20 x 29 cm, in diversi colori, offerta valida fino all’8.9

Diverse scarpe per il tempo libero scarpe unisex per il tempo libero, impermeabili, numeri 36–45, offerta valida fino all’8.9

33% 5.90 invece di 7.40

3.80 invece di 4.60

6.70 invece di 8.40

4.20 invece di 5.70

49.– invece di 79.–

16.90

Mini Babybel retina da 15 x 25 g, 20% di riduzione

Chips Zweifel in conf. da 2 al naturale, 2 x 100 g, o alla paprica, 2 x 90 g, per es. alla paprica, 2 x 90 g

Sugo di pomodoro al basilico Agnesi in conf. da 3 3 x 400 g, 20% di riduzione

Tutto l’assortimento di prodotti igienici Secure (esclusi i sacchetti igienici) a partire dall’acquisto di 2 prodotti, 1.50 di riduzione l’uno, per es. assorbenti igienici Light Plus, 24 pezzi, offerta valida fino all’8.9

Borsa da viaggio a rotelle disponibile in grigio o kaki, offerta valida fino all’8.9

Capi di biancheria intima per bambini e bebè per es. pigiama da bambino Mickey Mouse, taglie 98/104–134/140, offerta valida fino all’8.9

OFFERTE VALIDE SOLO DAL 26.8 ALL’1.9.2014, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK


ALTRE OFFERTE. FRUTTA E VERDURA Pomodori ciliegia a grappolo, Svizzera, vaschetta da 500 g 3.60 invece di 5.50 33% Avocado, Perù, al pezzo –.80 invece di 1.35 40% Tutta la frutta tagliata M-Classic e Anna’s Best, per es. macedonia Anna’s Best, 380 g 3.90 invece di 4.90 20%

Farina bianca, TerraSuisse, 1 kg 1.40 invece di 1.80 20% Pizza Contadino M-Classic, surgelata, 355 g 4.30 NOVITÀ **

20x

Crocchette di rösti Delicious, surgelate, 1 kg 5.35 invece di 7.65 30%

PANE E LATTICINI Latte intero UHT, aha! 1 l 1.95 NOVITÀ **

20x

Tutti i dessert Tradition, per es. crème Chocolat au lait, 175 g 1.– invece di 1.30 20% Le Gruyère piccante, per 100 g 1.45 invece di 1.85 20% Appenzeller Classic, per 100 g 1.30 invece di 1.65 20%

Tutte le vaschette di gelato M-Classic da 2000 ml, per es. alla vaniglia 4.10 invece di 5.90 30% Tutte le bibite dolci Jarimba in conf. da 6 x 1,5 l, per es. Himbo 4.95 invece di 9.90 50% Tutti i tipi di Aquella in conf. da 6 x 1,5 l, per es. verde 2.60 invece di 3.30 20%

Patate Amandine, Svizzera, imballate, 1,5 kg 3.60 invece di 4.80 25%

Mini Babybel, retina da 15 x 25 g 5.90 invece di 7.40 20%

Tutti gli Ice Tea in conf. da 6 x 1,5 l, per es. al limone 4.05 invece di 8.10 50%

Carote, bio, Svizzera, busta da 1 kg 2.70

Caseificio Gottardo, prodotto in Ticino, a libero servizio, al kg 17.60 invece di 22.– 20%

Tutti i prodotti Mifloc bio e i rösti bio, per es. Mifloc, 2 x 95 g 3.15 invece di 3.95 20%

Pere Williams, Svizzera, sciolte, al kg 2.50 invece di 3.70 30% Uva Americana, Italia, imballata, 500 g 2.20 invece di 3.– 25%

PESCE, CARNE E POLLAME Polpettine d’impasto per salsicce, Svizzera, per 100 g 1.50 invece di 2.15 30% Carne secca di manzo, bio, Svizzera, o pancetta alle erbe, bio, Germania, per es. carne secca di manzo, per 100 g 6.– invece di 7.50 20% Scaloppine di pollo M-Classic, Germania / Francia / Ungheria, per 100 g 1.60 invece di 2.– 20% Filetti di trota affumicati in conf. da 3, bio, d’allevamento, Danimarca, 3 x 100 g 10.60 invece di 15.90 33% * Luganighetta, Svizzera, imballata, per 100 g 1.40 invece di 2.10 33% Salametti a pasta grossa, prodotti in Ticino, in conf. da 2 pezzi, per 100 g 2.65 invece di 3.85 30% Carne secca ticinese, prodotta in Ticino, affettata in vaschetta, per 100 g 6.70 invece di 9.– 25% Spezzatino di manzo, TerraSuisse, Svizzera, imballato, per 100 g 1.75 invece di 2.50 30% Fettine collo di maiale, TerraSuisse, Svizzera, imballate, per 100 g 1.65 invece di 2.40 30% Tutto il lesso di manzo, TerraSuisse, Svizzera, per es. lesso magro di manzo, imballato, per 100 g 1.80 invece di 2.40 25% Cosce di pollo speziate Optigal, Svizzera, conf. da 6 pezzi, per 100 g 1.05 invece di 1.50 30% Pesce fresco selezionato, bio, per es. filetti di salmone, d’allevamento, Irlanda, per 100 g 3.65 invece di 4.60 20% * fino al 30.8

*In vendita nelle maggiori filiali Migros.

Sugo di pomodoro al basilico Agnesi in conf. da 3, 3 x 400 g 6.70 invece di 8.40 20%

FIORI E PIANTE Rose spray, Fairtrade, in diversi colori, gambo da 50 cm, il mazzo da 10 10.80 invece di 12.80 Phalaenopsis multiflora 2 steli, in vaso da 12 cm, la pianta 13.80 invece di 19.80 30% Crisantemi Indicum in vaso da 12 cm, la pianta 3.50

Spaghetti, pennette o cravattine Agnesi, con il 50% di contenuto in più, per es. cravattine Agnesi, 750 g 1.90 invece di 2.85 33% Tutti i sughi per la pasta o i pomodori tritati Migros bio, per es. pomodori pelati e tritati, 280 g 1.05 invece di 1.35 20% Tutti i tipi di senape, maionese o ketchup bio, per es. senape dolce, 200 g 1.15 invece di 1.45 20%

ALTRI ALIMENTI Tutti i prodotti Les Dragées Frey da 150 g o da 160 g, a partire dall’acquisto di 2 prodotti, 1.– di riduzione l’uno, per es. Princess, UTZ, 150 g 2.70 invece di 3.70 Tutte le tavolette di cioccolato Frey da 100 g, UTZ (M-Classic, Eimalzin, Bio, Suprême e confezioni multiple escluse), a partire dall’acquisto di 3 tavolette, –.30 di riduzione l’una, per es. latte extra 1.60 invece di 1.90 Caramelle gommose Gomz in conf. da 2, per es. orsetti gommosi, 2 x 200 g 3.– invece di 3.80 20% Petit Beurre con cioccolato al latte in conf. da 4, 4 x 150 g 5.50 invece di 9.20 40%

Tutte le mostarde di frutta Sun Queen, per es. 290 g 4.95 invece di 6.20 20% Funghi misti o prataioli M-Classic in conf. da 3, per es. funghi misti, 3 x 200 g 9.30 invece di 11.70 20% Tutte le conserve Sun Queen, per es. fette d’ananas, 140 g –.80 invece di 1.05 20% Tutte le noci o le miscele di noci Sun Queen Premium, salate, per es. miscela di noci, 170 g 3.50 invece di 4.40 20% Chips Zweifel in conf. da 2, al naturale, 2 x 100 g, o alla paprica, 2 x 90 g, per es. alla paprica, 2 x 90 g 3.80 invece di 4.60

Tutto il caffè in chicchi o macinato, UTZ, per es. macinato Exquisito, 500 g 5.20 invece di 6.50 20%

Prodotti Cornatur in conf. da 2, per es. scaloppine al pepe e al limone, 2 x 220 g 8.80 invece di 11.– 20%

Tutti i Crunchy Fruits Sun Queen, per es. fragola, 50 g 4.30 invece di 5.40 20%

Sughi La Reinese 350 g, per es. Sugo al basilico, 350 g 2.30 invece di 2.90 20%

Tutto l’assortimento Kellogg’s, per es. Choco Tresor, 600 g 5.40 invece di 6.80 20% Tondelli di riso con cioccolato o allo yogurt in conf. da 3, per es. con cioccolato, 3 x 100 g 3.30 invece di 4.95 3 per 2

**Offerta valida fino all’8.9

NEAR FOOD / NON FOOD Mangimi Asco in conf. da 5 o snack MAX in conf. da 4, per es. Asco A’petito al manzo, 5 x 50 g 5.80 invece di 7.25 20% Tutto l’assortimento di prodotti Gliss per la riparazione dei capelli (esclusi mini, cura immediata e confezioni multiple), a partire dall’acquisto di 2 prodotti, 2.– di riduzione l’uno, per es. 6 Miracles Oil, 75 ml, 9.80 invece di 11.80 ** Prodotti modellanti Taft e prodotti per la cura dei capelli Syoss in conf. da 2, per es. Ultra Fixing Lacquer Taft, 2 x 200 ml 7.80 invece di 9.80 20% ** Crema da giorno protettiva Zoé Hydra Protect, 50 ml 12.60 invece di 15.80 20% Creme per le mani e multiuso Nivea in confezioni multiple, per es. Nivea Soft in vasetto, 2 x 300 ml 11.10 invece di 13.90 20% ** Docciaschiuma Nivea in confezioni multiple, per es. docciacrema Cashmere Moments in conf. da 3, 3 x 250 ml 7.20 invece di 9.– 20% ** Tutto l’assortimento di prodotti igienici Secure (esclusi i sacchetti igienici), a partire dall’acquisto di 2 prodotti, 1.50 di riduzione l’uno, per es. assorbenti igienici Light Plus, 24 pezzi 4.20 invece di 5.70 ** Maglia da donna in polar fleece Switcher, disponibile in diversi colori, taglie S–XXL 59.– NOVITÀ *,**

20x

Maglia da uomo in polar fleece Switcher 69.– NOVITÀ *,**

20x

Diverse scarpe per il tempo libero, scarpe unisex per il tempo libero, impermeabili, numeri 36–45 39.90 ** Capi di biancheria intima per bambini e bebè, per es. pigiama da bambino Mickey Mouse, taglie 98/104–134/140 16.90 ** Total Express, per es. Express Color, 1,32 l 15.90 NOVITÀ *,**

20x

Carta per uso domestico Twist in confezioni multiple, per es. classica, FSC, 16 rotoli 8.40 invece di 12.60 33% ** Batterie di pentole delle linee Titan e Antares, per es. padella a induzione Titan, Ø 28 cm 34.50 invece di 69.– 50% **

Simmenthal, 3 x 140 g 6.90

Borsa da viaggio a rotelle, disponibile in grigio o kaki 49.– invece di 79.– 33% **

Pane integrale, TerraSuisse, 500 g 1.50 invece di 1.80

Cuscino-peluche per la nuca, 20 x 29 cm, in diversi colori 14.80 **

Panettone al metro, 440 g 5.20 invece di 6.50 20%

Società Cooperativa Migros Ticino

OFFERTE VALIDE SOLO DAL 26.8 ALL’1.9.2014, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK

Per la tua spesa ritaglia qui.

Tutta la frutta secca e le noci Sun Queen, per es. miscela di noci, 200 g 2.85 invece di 3.60 20%


20% DI RIDUZIONE

12.60 invece di 15.80

15.60 invece di 19.50

17.90 invece di 22.40

Crema da giorno protettiva Zoé Hydra Protect 50 ml, 20% di riduzione

Crema da giorno ad azione intensiva Zoé Revital 50 ml, 20% di riduzione

Crema Advanced Day Care Zoé Effect 50 ml, 20% di riduzione

21.20 invece di 26.50 Day Perfect Elixir Zoé Effect 30 ml, 20% di riduzione

10.20 invece di 12.80

9.20 invece di 11.50

Crema da giorno per pelli miste Zoé Ultra Sensitive 50 ml, 20% di riduzione

Latte per il corpo Zoé Perfect Age 250 ml, 20% di riduzione

14.20 invece di 17.80 Crema da giorno colorata Zoé Hydra Protect 50 ml, 20% di riduzione

OFFERTE VALIDE SOLO DAL 26.8 ALL’8.9.2014, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK


GRANDI CITTÀ, GRANDE STILE. 59.00 Gilet in piumino (da uomo e da donna) diversi colori

29.80 Camicetta diversi motivi a quadri

39.80 Pullover blu scuro

49.80 Jeans grigi

In vendita nelle maggiori filiali Migros. FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK

49.80 Pullover blu


E N O I Z U D I R I D 50%

50% 15.90 invece di 31.80 ad es. pile alcaline Energizer Ultra+ AA conf. da 16

Le pile usate devono essere riconsegnate al punto di vendita !

Energizer per un mese* regala a Plant for the Planet oltre 100 alberi al giorno. In totale piantiamo 2500 alberi. Maggiori informazioni su www.energizer.ch

50% 9.95 invece di 19.90 Pile Energizer alcaline HighTech AA o AAA conf. da 8

Più energia 1, meno sprechi 2

In vendita nelle maggiori filiali Migros.

*21 giorni lavorativi nel mese di agosto. rispetto a Energizer Classic o Base; e’ valido per batterie Energizer Ultra Plus, Energizer High Tech, Energizer Ultimate Lithium. 2 utilizzare meno batterie, genera meno sprechi. 1

OFFERTA VALIDA SOLO DAL 26.8 AL 8.9.2014, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK

Energizer è in vendita alla tua Migros


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 25 agosto 2014 ¶ N. 35

60

Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 25 agosto 2014 ¶ N. 35

61

Idee e acquisti per la settimana

Crostata di frutta

Una cucina piena di colore

Piatto principale dolce per 6 persone Per 1 tortiera di 35 × 28 cm

Far da mangiare assieme ai bambini è divertente. Il libro di ricette «Green Gourmet Family» propone 70 piatti stagionali di facilissima preparazione. E contemporaneamente sensibilizza sulla sostenibilità e la tutela dell’ambiente

Ingredienti Pasta 500 g di farina semibianca 1⁄2 cucchiaino di sale (3 g) 160 g di burro, freddo, o margarina 1 uovo 1 dl d’acqua

Come si fa a far felici i bambini? È molto semplice: dedicandogli tempo, ad esempio cucinando assieme a loro. Scommettiamo che poi troveranno che il cibo ha un sapore particolarmente buono? Il nuovo libro di cucina «Green Gourmet Family» propone 70 ricette raccolte secondo criteri stagionali e facili da preparare. Sono state sviluppate con la consulenza di esperti nutrizionali e soddisfano le esigenze di una dieta equilibrata. Ciò che colpisce è la varietà della raccolta che, oltre a numerose ricette di piatti a base di carne, comprende ogni sorta di suggerimenti anche per chi ama la cucina vegetariana e i succulenti dessert.

Salsa 3 uova 1 cucchiaio d’amido di mais 4 dl di latte 3 cucchiai di zucchero di canna Guarnitura 300 g d’albicocche 200 g di ciliegie 200 g di ribes

Preparazione 1. Per la pasta, versate la farina e il sale in una scodella e mescolate. Unite il burro tagliato a pezzetti. Sfregate il burro e la farina tra le mani fredde, formando delle briciole. Formate una conca al centro. Sbattete l’uovo e versatelo nella conca con l’acqua. Impastate velocemente il tutto fino a ottenere una pasta omogenea. Se necessario, aggiungete un po’ d’acqua. Formate una palla con la pasta, avvolgetela nella pellicola trasparente e fate riposare in frigo per ca. 30 minuti.

Il panda fa da guida culinaria

Le emozionanti avventure di un piccolo panda curioso faranno da guida culinaria ai bambini: ogni capitolo tematico è accompagnato da un’immagine divertente e da un breve testo adatto ai bambini. Molte illustrazioni forniscono un aiuto per ciascuna delle fasi in cui i bimbi possono collaborare, dalla preparazione degli ingredienti ai fornelli. Il ricettario è frutto di una collaborazione tra la Migros, il WWF e la nota rivista gastronomica «Cucina di stagione». Siccome fa parte di Generazione M, contiene anche molti consigli su come prendersi cura dell’ambiente, da quando si va a far la spesa a quando si cucina. Testo: Dora Horvath

Generazione M è il programma di sostenibilità della Migros.

Parte di

Libro di cucina Green Gourmet Family 124 pagine, 70 ricette Fr. 9.90* invece di 19.80 * 50% di sconto fino al 29 settembre, fino ad esaurimento in tutte le filiali Migros

Ragù di vitello nella zucca

2. Per la salsa, sbattete le uova con l’amido di mais. Incorporate il latte e lo zucchero. Per la guarnitura, lavate la frutta e i ribes. Snocciolate le albicocche e le ciliegie. Staccate i ribes dai rametti. Spianate la pasta direttamente sulla carta da forno, nella grandezza della tortiera. Adagiatela con la carta nella tortiera. Bucherellatela con una forchetta. Distribuite la frutta a piacere sulla pasta. Versate la salsa. Infornate al centro del forno. Accendete il forno a 200 °C (calore superiore e inferiore). Cuocete la crostata per ca. 35 minuti. Sfornate con i guanti da forno. Lasciate raffreddare brevemente e servite.

Piatto principale per 4 persone Ingredienti 1 zucca di ca. 3 kg, ad es. blu d’Ungheria, Hokkaido 1 cipolla 2 spicchi d’aglio 1 mazzetto d’erbe, ad es. timo, rosmarino, alloro 400 g di spezzatino di vitello magro 2 cucchiai d’olio di colza HOLL (resistente al calore) sale, pepe 1 cucchiaio di concentrato di pomodoro 2 cucchiai di farina 4 dl di brodo di verdura 1 cucchiaino di paprica dolce

Preparazione 1. Tagliate il coperchio della zucca. Eliminate i semi. Scavate la polpa in modo da lasciare solo una parete di ca. 2 cm. Tagliate la polpa a pezzettoni e metteteli da parte. Sbucciate la cipolla e tritatela. Sbucciate l’aglio e tagliatelo a fettine. Lavate le erbe.

Tempo di preparazione ca. 30 minuti + riposo ca. 30 minuti + cottura in forno ca. 35 minuti

2. Tagliate lo spezzatino a dadi di ca. 1 cm. Scaldate l’olio in una brasiera. Rosolatevi la carne, la cipolla e l’aglio per ca. 5 minuti. Condite con sale e pepe. Unite il concentrato di pomodoro e rosolate brevemente. Versate la farina e mescolate. Versate il brodo. Unite le erbe e i pezzettoni di zucca messi da parte. Condite con sale e pepe.

Per persona ca. 19 g di proteine 28 g di grassi 80 g di carboidrati 3050 kJ/730 kcal

3. Trasferite la zucca in una teglia foderata con carta da forno. Riempitela con il ragù di vitello. Sistemate il coperchio. Infornate al centro del forno. Accendete il forno a 200 °C (calore superiore e inferiore). Cuocete la zucca per ca. 90 minuti. Fate la prova cottura: infilzate un coltello nella polpa, che dev’essere morbida. Sfornate con cautela la zucca con i guanti da forno. Portate in tavola il ragù nella zucca. Servite il ragù e la polpa di zucca direttamente dalla zucca intera. Accompagnate con polenta.

Tempo di preparazione ca. 30 minuti + cottura in forno ca. 90 minuti Per persona ca. 25 g di proteine 9 g di grassi 18 g di carboidrati 1100 kJ/260 kcal

Ai bambini piace aiutare a far da mangiare. Il libro di ricette «Green Gourmet Family» dà consigli su come coinvolgerli.


Circa 10’000 articoli di nostra produzione.

––––––––––––––––––––––––––––––––––––

Ciò che ci sta più a cuore lo facciamo noi stessi. Per esempio, il nostro Ice Tea, che produciamo in una delle nostre imprese svizzere. ––––––––––––––––––––––––––––––––––––

Maggiori informazioni su: www.noifirmiamo-noigarantiamo.ch


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 25 agosto 2014 ¶ N. 35

63

Idee e acquisti per la settimana

La caffettiera a filtro Finita nel dimenticatoio per qualche tempo, oggi la caffettiera a filtro sta vivendo una rinascita: e così il filtro è di nuovo «in». Il caffè che gli si addice è

La moka L’invenzione della moka si deve al piemontese Alfonso Bialetti, che negli anni Trenta del Novecento iniziò a fabbricare la popolare caffettiera ottagonale. Il caffè perfetto per la moka si chiama

Exquisito macinato, 500 g Fr. 6.50

La macchina a leva

Espresso Classico macinato, 250 g Fr. 4.–

Si dice che la macchina più adatta a preparare un vero espresso all’italiana sia quella a leva. L’elevata pressione garantisce, infatti, una densa cremosità. Naturalmente, altrettanto importante è la giusta miscela di caffè. Due suggerimenti: Boncampo in chicchi, 500 g Fr. 4.40 Espresso Classico macinato, 250 g Fr. 4.–

L’arte del caffè Automatica o a leva? Quella a filtro o la Bialetti? Il caffè è una questione di gusti personali. Ma non dimenticate: ogni tipo di preparazione richiede la miscela appropriata

Il solubile

L’automatica Le grandi macchine sanno far di tutto. Che si voglia un espresso, un cappuccino oppure un latte macchiato: basta premere un bottone per avere il caffè perfetto. A patto, però, che si disponga anche dei chicchi giusti:

Quando si va di fretta, il caffè solubile è ancora il massimo: si mette la polvere nella tazza, vi si versa sopra dell’acqua bollente ed ecco fatto! Un consiglio per il caffellatte in campeggio: scaldate il latte e aggiungetevi direttamente del caffè solubile. Naturalmente, c’è un solo caffè con cui lo si può fare: Noblesse Oro caffè solubile, 100 g Fr. 6.30 Nelle maggiori filiali.

Caruso Imperiale Crema in chicchi, 500 g Fr. 8.20 Nelle maggiori filiali. Espresso Classico in chicchi, 500 g Fr. 7.40 Nelle maggiori filiali. L’Industria Migros produce numerosi prodotti molto apprezzati, tra i quali i caffè della Delica.


E T n E N A M R E P O S S A B I R

. I Z Z E R P DEI 0 14 2 . 8 . 5 2 L A VAL I Do D

- 9,5 %

R M AN RIBASSO PE

E N TE

1.90 finora 2.10 Ponti Aceto Aroma Antico Rosso 500 ml

-4,8 %

RIBASSO PE

R M AN E N T E

5.90 finora 6.20 Ponti Aceto Balsamico di Modena 250 ml

- 9,5 %

RIBASSO PE

-7,8 %

RIBASSO PE

R M AN E N T E

- 6,1 %

R M AN RIBASSO PE

E N TE

5.90 finora 6.40

3.10 finora 3.30

Bio Ponti Condimento Bianco 500 ml

Ponti DolceAgro Condimento bianco 250 ml

OGNI GIORNO LA MIGROS RINNOVA L’IMPEGNO NEI CONFRONTI DEI SUOI CLIENTI E PER QUESTO HA DECISO DI ABBASSARE IL PREZZO DI DIVERSI ACETI PONTI.

R M AN E N T E

1.90 finora 2.10 Ponti Aroma Antico Aceto di vino bianco 500 ml


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 25 agosto 2014 ¶ N. 35

65

Idee e acquisti per la settimana

Ispirati da Grace Kelly C’è biondo e biondo. Excellence ha creato tre nuove raffinate tonalità di biondo Foto Getty Images

Grace Kelly è stata una degli idoli di stile e bellezza del Ventesimo secolo. Il color biondo dell’attrice hollywoodiana e principessa di Monaco si caratterizzava per eleganza e charme. Ispirati dalla diva, gli esperti di Excellence hanno sviluppato tre nuove raffinate tonalità di biondo. Quest’ultimi vanno ad ampliare l’assortimento della Migros, che ora annovera otto colori. Essi vanno a soddisfare il crescente fabbisogno delle donne che ad una certa età desiderano scoprire nuove colorazioni chiare dei capelli. Il biondo rende meno visibile la ricrescita grigia o bianca dei capelli rispetto ai colori scuri. Excellence è il numero 1 a livello mondiale nella colorazione permanente. Copre i capelli grigi fino al 100% e assicura un risultato omogeneo dalle punte alle radici. Il siero alla ceramide protegge i capelli prima dell’applicazione, la procheratina li rinforza, mentre il balsamo curativo al collagene conferisce volume ai capelli. Lo speciale pettine professionale e la crema non goccolante rendono l’utilizzo particolarmente semplice. / JV

Le tre nuove nuance Excellence si rifanno al biondo di Grace Kelly: Novità Timeless Blonde 9.32 Fr. 13.50 Novità Divine Blonde 8.03 Fr. 13.50 Novità Blond Glamour 8.34 Fr. 13.50 In vendita nelle maggiori filiali Migros.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 25 agosto 2014 ¶ N. 35

66

Idee e acquisti per la settimana

Poulet Mini Zoo Fr. 6.80

Cornatur Scaloppine vegetariane Fr. 5.50

Jogurt Drink Fr. 2.95 e Quark Fr. 2.40

Gallette al granoturco Fr. 1.75

Chocomalt Crunchy Fr. 5.90

Miele Fr. 3.70

Senza dolcificanti

3

3

3*

3*

3

3*

Senza conservanti

3

3

3

3

3

3*

Senza coloranti

3

3

3

3

3

3*

Senza rinforzanti del sapore

3

3

3

3

3

3* * a norma di legge

Per il bene dei vostri bimbi Una cosa è certa: i genitori vogliono solo il meglio per i loro figli. E nel meglio rientra anche un’alimentazione sana ed equilibrata

Il bambino dovrebbe mangiare frutta e verdura, che gli forniscono le sufficienti quantità di vitamine e sali minerali essenziali. All’assunzione di proteine provvedono invece carne, pollo o pesce. Mentre il latte e i suoi derivati sono fondamentali per il loro alto valore nutritivo, che assicura una crescita sana. Molte, dunque, sono le sostanze nutritive importanti, benché purtroppo non tutte siano ben accette dai bambini. Uno studio di «Famigros» ha dimostrato che i genitori vogliono sapere se un prodotto sviluppato appositamente per i loro bimbi contenga sostanze conservanti o dolcificanti. Quasi il 60 per-

cento degli interpellati chiedono che sia possibile vedere a colpo d’occhio se i generi alimentari contengano coloranti o additivi per rafforzare il sapore. Sviluppati e prodotti secondo rigorosi criteri nutrizionali

Padri e madri sono estremamente critici quando si tratta del benessere dei loro piccoli. Per questo motivo, la Migros distribuisce i cibi per bambini con il marchio Lilibiggs, sviluppati ed elaborati secondo severi criteri nutrizionali. Per esempio, nei prodotti alimentari Lilibiggs è assolutamente vietata l’aggiunta di esaltatori del sa-

pore ed edulcoranti, fatta eccezione per le gomme e le caramelle per l’igiene dentale. Che si tratti di gallette di granturco, bocconcini di pollo o Cocomalt Crunchy: gli alimentari della gamma Lilibiggs recano importanti informazioni sulla confezione, segnalate con ampio risalto. Come conferma Annina Erb, responsabile della divisione Alimentazione & Salute della Migros: «Tutti gli articoli Lilibiggs sono testati minuziosamente per verificarne la conformità con le linee guida dietetiche». Proprio come desiderano i genitori, affinché i loro pargoletti crescano forti e felici. / SL



&% "=HD51@H5 4: <0=L?3 -5DD0,J:EE5& !;,==(4#& #- $#/%0 # 5(4;,=,0& 2(4 1>> +

(*$ #%*

&’,! ! & ()$-

?E15 4: B?;;? EB5L:0H5 *BH:80;& !;,==(4#& %0/)3 ’# 6 2(==,& 2(4 1>> +

(*$ (*$ #%"

#%’

&’,! ! & +)%-

#5HH:=5 1?;;? 4: <0:0;53 -5DD0,J:EE5 !;,==(4#& ,.$#--#8(& 2(4 1>> +

&’,! ! & +)"$

,B:54:=: 4: B?;B5HH5 1?= B0=15HH0 !;,==(4#& ,.$#--#8,& 2(4 1>> +

(*$ (%(

(*$ #%!* &’,! !

&’,! ! & %)"-

,0;E:115HH5 955EK $D:;;5D !;,==(4#& %0/)3 ’# 6<9*> +

& +)#

’J80=:895HH0 B5D 8D:;; !;,==(4#& ,.$#--#8#& 2(4 1>> + / ;(/’,8# /(, .#++,04, 5:2(4.(4%#8, ’, ,+405 ",%,/03 *##"+-" / ’%!" ! ’ IFC6 ’ AC>CIMA73 #%)* ! ", .+%(")-* !"’’* ,-* &C


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.