Cooperativa Migros Ticino
G.A.A. 6592 Sant’Antonino
Settimanale di informazione e cultura Anno LXXVII 2 giugno 2014
Azione 23
Società e Territorio Un microcredito che premia le idee: dal 2010 Lugano sostiene imprenditorialità e occupazione
Ambiente e Benessere Quali sono le emergenze pediatriche più comuni? Intervista con il dottor Giovanni Rossetti
Politica e Economia L’Europa ha votato. Da Renzi la richiesta di cambiamento
Cultura e Spettacoli A novant’anni dalla morte di Franz Kafka
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di Simona Sala pagina 35
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L’incanto di Finzi Pasca
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L’Europa scricchiola di Peter Schiesser Le recenti elezioni europee hanno rivelato una nuova Europa. Due secoli fa, con la Rivoluzione francese, si era data un’identità al grido di libertà, uguaglianza, fratellanza. Sessant’anni fa, sulle ceneri ancora calde della Seconda guerra mondiale, nell’affrontare un nuovo progetto d’integrazione l’Europa aveva fissato nuovi obiettivi, promettendo pace, sicurezza, benessere. Oggi, il terzo di voti andati ai più disparati gruppi euro-scettici, euro-critici o semplicemente eurofobi, e soprattutto la vittoria di Marine le Pen in Francia e di Nigel Farage in Gran Bretagna indicano che il Vecchio Continente sta nuovamente modificando i suoi valori: sovranità ha preso il posto di pace, sicurezza ha assunto un diverso significato e benessere è la promessa tradita. Il valore della pace resta importante, ma la guerra nell’ex Jugoslavia vent’anni fa (risolta solo grazie all’intervento degli Stati Uniti, una volta di più) e l’assoluta incapacità di disinnescare la guerra civile in Ucraina oggi, la collocano su un piano minore: per ora resiste, poi si vedrà. Per contro, nel contesto socio-economico odierno, generato dalla globalizzazione dell’economia e dallo shock finanziario del
2008, in un’Unione europea considerata sempre più distante, burocratizzata e centralistica, il bisogno di sovranità, di sentirsi «padroni in casa nostra», diventa acuto. Sicurezza si tramuta quindi da volontà di difesa da possibili guerre (come ai tempi della Guerra fredda) in difesa dei propri confini dall’immigrazione e da chiunque venga percepito come una minaccia alla propria sicurezza economica. Le elezioni per il parlamento europeo hanno la particolarità di essere anche un voto di protesta nazionale (vedi articoli alle pagine 23 e 25). Quel francese su quattro che ha votato per il Fronte nazionale di Marine le Pen ha sì inteso esprimere la sua avversione a Bruxelles, ma anche ai tradizionali partiti politici dominanti, che si cedono le poltrone ad ogni elezione ma non sono in grado di mantenere la promessa di un benessere nazionale e individuale. Perciò, anche se Marine Le Pen e Nigel Farage restassero fuori dalle stanze del potere alle prossime elezioni nazionali, queste Europee sono un termometro da non sottovalutare, soprattutto a Parigi. E se Parigi traballa, si indebolisce ulteriormente l’asse portante dell’Unione europea, fra Germania e Francia. Può recuperare consensi l’idea di un’Europa unita? E come? Le alternative sono due: trasformarsi o morire. Lo percepiscono anche capi di
governo e di Stato come l’italiano Matteo Renzi, il francese François Hollande, il britannico David Cameron. In particolare Renzi ha oggi la credibilità, in virtù del 40 per cento di consensi ottenuto alle elezioni europee, per perorare a Bruxelles la necessità di un’Unione europea meno liberista e più attenta alle sorti dei suoi cittadini. Che l’Italia abbia ascoltato il messaggio di Renzi per un’Europa diversa, anziché dare credito alla truppa anti-europeista composta da Grillo, Berlusconi e Lega Nord ha dello straordinario. Le premesse per un voto di protesta contro un’UE dominata dalla Germania di Angela Merkel e dalla burocrazia di Bruxelles c’erano tutte, ha vinto invece la speranza di poter riformare il progetto di integrazione europea. Resta il dilemma sul come. Le fragilità economiche, dell’Eurozona in particolare, che per i cittadini si manifestano anche in un tasso di disoccupazione elevato (oltre il 10 per cento in media nell’UE; del 23 per cento quella giovanile), non facilitano cambiamenti di rotta radicali. Volente o nolente l’Europa resta invischiata nella ragnatela della finanza e dell’economia mondiale globalizzata. Ma, se non troverà un modo per onorare la sua promessa fondamentale, di più benessere, l’Unione europea si autoconsegnerà alla Storia.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 2 giugno 2014 ¶ N. 23
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Attualità Migros
Valle di Muggio, Paesaggio dell’anno Riconoscimenti Il prestigioso premio della Fondazione svizzera per la tutela del paesaggio assegnato
al Museo etnografico della Valle di Muggio – Presente alle celebrazioni anche la consigliera federale Doris Leuthard È stata premiata anche dal sole, la giornata di sabato 24 maggio a Lattecaldo, in cui si è celebrata la consegna del premio «Paesaggio dell’anno 2014» al Museo etnografico della Valle di Muggio da parte della Fondazione svizzera per la tutela del paesaggio (SL-FP). Una giornata delle grandi occasioni, svoltasi al centro scolastico della frazione di Morbio Superiore e iscrittasi nell’ambito di due giorni di manifestazioni di vario genere ed escursioni nella regione, onorata dalla presenza della consigliera federale Doris Leuthard, da tre membri del governo cantonale, parlamentari ticinesi cantonali e federali, sindaci, il direttore di Migros Ticino Lorenzo Emma e numerose altre personalità, con un pubblico di alcune centinaia di persone. Filo rosso dei numerosi discorsi, ovviamente l’importanza della tutela del paesaggio, il riconoscimento del lavoro svolto nei 34 anni di esistenza dal Museo etnografico della Valle di Muggio, il grande rispetto per le opere realizzate e l’impegno profuso nei decenni dagli abitanti della Valle a difesa del patrimonio edilizio e paesaggistico. Come ha precisato il direttore della Fondazione svizzera per la tutela del paesaggio Raimund Rodewald, la decisione di assegnare quest’anno il premio alla Valle di Muggio è stata presa all’unanimità dal Consiglio di fondazione, in virtù dell’unicità del suo paesaggio culturale e ambientale, variato e sorprendentemente intatto. Un entusiasmo condiviso dalla consigliera federale Doris Leuthard che, dopo aver spronato i presenti a proseguire su questa strada, ha concluso il suo discorso con un accorato e apprezzato «Viva la Val da Mücc!». E l’orgoglio mostrato dagli abitanti della Valle, che in questi anni hanno sostenuto gli sforzi
Da sinistra, Paolo Crivelli, Silvia Ghirlanda, Lorenzo Emma, Doris Leuthard, Erika ForsterVannini (SL-FP), Martin Schläpfer (responsabile Direzione politica economica FCM), Raimund Rodewald (direttore SL-FP). (Rémy Steinegger)
del Museo etnografico e in particolare delle sue due anime Paolo Crivelli e Silvia Ghirlanda, è stato condiviso anche dal presidente del Consiglio di Stato Manuele Bertoli, originario del Mendrisiotto, che ha tenuto a sottolineare l’importanza della rete di musei etnografici (10) cantonali, e da Franco Lurà, direttore del Centro di dialettologia e di etnografia, anch’egli momò e intimo conoscitore della Valle di Muggio. Il premio assegnato annualmente dalla Fondazione per la tutela del paesaggio è senza dubbio il più prestigioso riconoscimento nazionale in questo ambito. E benché sia più che altro di carattere simbolico (con un assegno di 5000 franchi), ha un alto valore morale.
Nelle parole di Raimund Rodewald, «è una distinzione che crea l’occasione per sensibilizzare sul valore dei paesaggi svizzeri, informare sui pericoli che essi corrono e onorare l’impegno profuso dalla popolazione locale per curarli». Una missione che ha trovato un partner anche in Migros, co-sponsor del premio. Lorenzo Emma, direttore di Migros Ticino, nel suo intervento ha sottolineato due aspetti che fanno di Migros una realtà molto legata al territorio e impegnata in favore della qualità di vita dei suoi abitanti: la sua struttura di federazione di cooperative e il suo impegno a favore dello sviluppo economico, sociale e culturale delle regioni in cui opera. Un aspetto, quest’ultimo, che si manifesta
con iniziative a più livelli (cultura, ambiente, salute, ecc.), naturalmente anche nella nostra regione, in cui Migros Ticino lo declina anche nelle attività commerciali collaborando con fornitori e aziende della regione, promuovendo alimentari locali e assumendo preferibilmente collaboratori residenti nella regione (che costituiscono il 90% del personale). Un legame con il territorio che nel caso della Valle di Muggio risale in particolare al 1941, come ha ricordato Lorenzo Emma, quando il fondatore di Migros Gottlieb Duttweiler decise di acquistare la Ferrovia Monte Generoso per salvarla dal fallimento. Perché premiare proprio questa piccola valle (37 km quadrati), la più meri-
dionale della Svizzera, più volte definita ieri e oggi «la più bella delle Alpi», e il suo Museo etnografico? Nella motivazione scritta, la Fondazione svizzera per la tutela del paesaggio ha ricordato i numerosi obiettivi raggiunti in 34 anni da Paolo Crivelli e Silvia Ghirlanda, ma anche la visione che sta alla base del loro decennale lavoro: una sistematica raccolta di documentazione del patrimonio etnografico e delle testimonianze orali, il restauro del mulino ad acqua di Bruzella (durato dal 1983 al 1996), di cinque nevère (a suo tempo utilizzate per la conservazione al fresco del latte prima della sua lavorazione – dal 1997 al 2012), di due roccoli, di numerosi muri a secco e di tanti altri elementi del paesaggio culturale tradizionale, senza dimenticare l’apertura della sede del Museo nella Casa Cantoni di Cabbio nel 2003 (visitata sabato anche dalla consigliera federale Doris Leuthard). Se va ricordato che è stato possibile raggiungere i numerosi obiettivi grazie al sostegno di numerosi enti e associazioni, assegnando il premio «Paesaggio dell’anno» alla Valle di Muggio, la Fondazione svizzera per la tutela del paesaggio ha espressamente voluto onorare il Museo etnografico perché «si dedica con grande continuità, successo, precisione scientifica al restauro e la valorizzazione del patrimonio edilizio e paesaggistico della Valle». La Fondazione svizzera per la tutela del paesaggio ha dunque elevato oggi la Valle di Muggio a modello di una coesistenza fra uomo e ambiente. I suoi abitanti hanno a ragione festeggiato il prestigioso riconoscimento, ma sono altrettanto consapevoli che l’impegno non si ferma qui e che il futuro presenterà nuove difficili sfide per riuscire a mantenere questo equilibrio così tenacemente ricercato.
M Assegnato il premio per la ricerca storica Migros Ticino Il riconoscimento va ex aequo alla linguista Rachele Delucchi e all’ingegnere
forestale Mark Bertogliati. Menzione speciale alla storica dell’arte Patricia Lurati RICHIAMO VOTAZIONE GENERALE 2014 La votazione generale giunge al termine – Le schede di voto devono essere deposte nelle apposite urne delle filiali o spedite entro
SABATO 7 GIUGNO 2014 Azione Settimanale edito da Migros Ticino Fondato nel 1938 Redazione Peter Schiesser (redattore responsabile), Barbara Manzoni, Manuela Mazzi, Monica Puffi Poma, Simona Sala, Alessandro Zanoli, Ivan Leoni
È stato assegnato ex aequo alla linguista Rachele Delucchi e all’ingegnere forestale Mark Bertogliati il «premio Migros Ticino 2013 per ricerche di storia locale e regionale della Svizzera italiana», del valore di 12mila franchi. Commentando il 15.esimo premio (biennale), il presidente della giuria Carlo Agliati (composta inoltre da Giuseppe Chiesi, Angelo Rossi, Yvonne Pesenti-Salazar, Franco Lurà e Lucia Pedrini-Stanga) si è rallegrato dell’alto livello qualitativo dei lavori in concorso. Un premio, come ha ricordato la presidente del Consiglio d’Amministrazione di Migros Ticino Monica Duca Widmer, che è stato istituito nel 1983 in occasione del cinquantenario dell’azienda per sostenere giovani ricercatori e favorire la pubblicazione di ricerche in lingua italiana su argomenti di carattere storico artistico o etnografico relativi a una località o a una regione della Svizzera italiana. Dal 1997 vengono attribuite anche delle menzioni speciali, quest’anno assegnata alla storica dell’arte Patricia Lurati, per il suo studio sugli affreschi quattrocenteschi di una chiesa di Morcote (Che gran cosa il Purgatorio!
La chiesa di S. Antonino Abate di Morcote), del valore di 3mila franchi. Lodato in assenza dell’autrice dal professore di linguistica romanza Michele Loporcaro, dell’università di Zurigo, il lavoro di tesi universitaria di Rachele Delucchi è stato definito «un saggio che sarà d’ora in poi opera di riferimento nel settore». Esiti di – A finale e armonia vocalica. I dialetti della Svizzera italiana in prospettiva romanza e generale (quasi 400 pagine) è uno studio che descrive alcuni particolari aspetti fonetici dei dialetti del Ticino e del Grigioni italiano, con un’ampia inchiesta sul campo in Val Leventina, Val di Blenio e Val Calanca. Nelle motivazioni della giuria, «a Rachele Delucchi è riuscito un lavoro senza precedenti, che mette a reagire un enorme volume di documentazione (in parte dalla bibliografia e dai materiali sonori sinora disponibili, ma in larghissima parte raccolti di prima mano) con una verve analitica straordinaria». Rachele Delucchi è assistente, post-doc e docente all’università di Zurigo presso la cattedra di Linguistica storica dell’italiano. Il lavoro di dissertazione di Mark Bertogliati (Dai boschi protetti alle fore-
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Da sinistra, Monica Duca Widmer, presidente del CdA di Migros Ticino, Carlo Agliati, Michele Loporcaro, Mark Bertogliati, Jon Mathieu, Patricia Lurati. (Ti-Press)
ste di protezione. Comunità locali, risorse e logiche forestali nella Svizzera italiana fra il XVIII e XIX secolo) è invece una visione d’insieme sugli aspetti storici legati all’uso e alla tutela dei boschi della Svizzera italiana (con tre specifici casi di studio: Broglio in Valmaggia, Sobrio in Leventina e Soazza in Mesolcina), in cui viene posto l’accento sui cambiamenti politici, socio-economici del bosco e
sulle dinamiche di sfruttamento e tutela delle risorse forestali. Come ricordato anche dal professor Jon Mathieu, ordinario di storia dell’età moderna all’università di Lucerna, «ogni albero è un libro aperto» che a saperlo leggere – come fa Bertogliati – ci racconta, non solo la sua storia individuale, ma anche quella dell’ambiente circostante e delle realtà socio-economiche della società.
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Società e Territorio Le vacanze con il «Tandem» Tornano le proposte creative, sportive, manuali e a contatto con la natura per bambini e adolescenti e in ottobre si svolgerà una giornata di studio sul significato e il valore del tempo libero giovanile
La casalinga perfetta Il libro d’oro della sposa è un manualetto stampato in Ticino tra gli anni 50 e 60 del Novecento, tra consigli pratici e raccomandazioni mostra come in un cinquantennio il mondo femminile sia radicalmente cambiato
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Nello e Pierfranco Sofia di Irradia. (Stefano Spinelli)
La Città di Lugano premia le idee Microcredito Un concorso giunto alla sua terza edizione sostiene i progetti di chi vuole avviare la propria impresa
o ampliarne una già esistente; obiettivo: creare occupazione Sara Rossi L’economia è creare, fabbricare, vendere e comprare, all’origine però c’è sempre un’idea. E sono proprio le idee che sono messe a concorso dal Comune di Lugano ogni anno; chi vince riceve un piccolo prestito per creare qualche posto di lavoro, al minimo uno. I giovani non sono inoperosi e senza capacità progettuale, non sono passivamente in attesa che la società venga a imboccarli di sussidi, posti fissi di lavoro, tempi di vacanza e una vita tranquilla; ormai la realtà gli ha fatto perdere il sogno del lavoro fisso che avevano i loro genitori e i loro nonni ancora di più. Spesso i desideri, i disegni nella mente ci sono, ma quello che manca è la spinta a partire, per esempio il capitale iniziale o la capacità di formulare chiaramente quello che si sta profilando nei propri pensieri. Perché ogni cosa, diceva la filosofa Glouberman, qualsiasi cosa creiamo nella vita, che sia una frittata, un’azienda multinazionale o una storia d’amore, essa inizia sempre con un’idea. Nel 2010 viene emesso il primo bando della Città di Lugano per raccogliere progetti meritevoli di essere sostenuti. Da dove muove quest’iniziativa? «Volevamo combattere la crisi e la
disoccupazione», spiegano dal Dicastero Giovani e Lavoro. «La Città di Lugano ha dunque pensato di stanziare una somma di denaro a tale scopo e mettere una parte di questi, 250mila franchi, a disposizione sotto forma di microcredito per incentivare le persone e le imprese a creare nuovi posti di lavoro». Il Concorso, giunto alla terza edizione, ha già stanziato 750mila franchi. Le modalità e scadenze del bando 2014 saranno comunicate a mezzo stampa e sul sito www.luganonetwork.ch. Il concorso si rivolge a cittadini domiciliati a Lugano da almeno due anni; non è previsto nessun vincolo di età, ma la maggior parte dei candidati finora sono stati giovani. Premia progetti che favoriscono l’occupazione sul territorio e creano nuove attività imprenditoriali in settori innovativi o in settori tradizionali ma che decidono di produrre o commercializzare in modo «diverso» rispetto al solito. Infine sono premiati quei progetti di aziende già esistenti sul territorio che intendono ampliare e/o diversificare la loro attività di impresa. Il contributo per ciascuno è di 30mila franchi (massimo), che non è certo sufficiente per avviare o sviluppare un’impresa. Però è un aiuto, un utile e concreto incoraggiamento, e il fatto
che Lugano abbia scelto il progetto gli dà credibilità presso altri possibili sostenitori o presso le banche per un prestito. Inoltre due terzi del credito sono da restituire in 3-5 anni senza interessi mentre un terzo è a fondo perso. Il Dicastero Giovani e Lavoro fornisce informazioni riguardo alle modalità di partecipazione al concorso, mentre a valutare le candidature è una giuria di esperti di settore e persone del Municipio. In media arrivano circa 2030 progetti all’anno dei quali circa uno su tre è giudicato valido, quindi scelto e finanziato. Le società nate grazie al microcredito appartengono a svariati campi; dai media alle telecomunicazioni, dalla tecnologia dell’informazione all’informatica, dal mondo del sociale a quello dell’arte. I primi anni si trattava soprattutto di idee innovative, molte nel campo delle nuove tecnologie, ma anche dell’arte come Ego Gallery, il primo spazio espositivo e di vendita a Lugano per giovani artisti emergenti, o Stagend. com che raccoglie e classifica un gran numero di musicisti, live band e dj, in modo da poter fornire l’intrattenimento musicale più adatto a chi ne richiede uno. Tra i concorrenti dello scorso anno invece troviamo una società di servizi innovativi di illuminotecnica per lo
spettacolo (Irradia, di Pierfranco e Nello Sofia); un sistema di prenotazione alberghiera per disabili, gestito da Romolo Pignone della Fondazione Romolus; Saetta Verde, ovvero l’idea di trasportare piccoli oggetti, pacchi e pubblicità in bicicletta a vantaggio dell’ecologia. In ogni caso, spiegano dal Dicastero, si cercano di evitare ambiti come la ristorazione, che è un settore già maturo e saturo e aiutare un ulteriore concorrente non sarebbe utile agli scopi di ridurre la precarietà sul lavoro. «Sono venuto a sapere del bando nel 2012 perché tengo contatti costanti con il Dicastero», racconta Pierfranco Sofia di Irradia. «Il mio era un progetto di ricerca che intendevo sviluppare all’interno della mia azienda; era già vivo e in parte finanziato da fondi della Confederazione per ricercatori Supsi che elaborano progetti di ricerca tecnologica all’interno di un’azienda. Però questo tipo di ricerca è molto costosa e il microcredito della Città di Lugano mi è utilissimo. L’idea che sto realizzando è quella di creare un prototipo di nuove apparecchiature e di brevettarle; l’ho spiegata bene nel fascicolo di presentazione richiesto dal bando della Città di Lugano e il mio progetto è stato giudicato positivamente. Ho dunque ottenuto il
microcredito e pochi mesi dopo ho ricevuto 30mila franchi, di cui 10mila sono a fondo perso e 20mila da restituire senza interessi. Inoltre sono monitorato, nel senso che devo rendere conto al Dicastero dell’andamento del mio progetto». Infine c’è un progetto che esce un po’ da questi schemi ed è la Social Business Earth Sagl, che ha vinto nel 2011: si tratta di una società senza scopo di lucro che si è resa attiva nella promozione di un nuovo modello economico con finalità sociali, atto ad aiutare le fasce di popolazione socialmente ed economicamente svantaggiate; questo Social Business, per la sua scelta di non fare profitti, ha ricevuto l’apporto del microcredito dei soli 10mila franchi in forma di sostegno a fondo perduto. Pierfranco Sofia consiglierebbe dunque a chi ha un’idea di sottoporla all’esame del Dicastero Giovani e Lavoro per questo fondo di aiuto alle imprese? «Assolutamente! È molto positivo ricevere un credito di 30mila franchi e oggi come oggi non è evidente ottenerlo da banche o istituti privati; oltretutto è praticamente un’occasione unica di ricevere un prestito senza dovervi pagare gli interessi... Chi ha una buona idea può essere premiato in questo modo e io lo trovo eccezionale».
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IN PALIO FR. 4500.– Attacca questo adesivo che hai ricevuto con il materiale di voto sul retro della tua autovettura ENTRO IL 7 GIUGNO e potrai partecipare a questo concorso gratuito. LE AUTOVETTURE IN CIRCOLAZIONE MUNITE DI QUESTO ADESIVO POTRANNO ESSERE FOTOGRAFATE E FRA QUESTE NE SORTEGGEREMO 9. OGNI VINCITORE SI AGGIUDICHERÀ UNA CARTA REGALO MIGROS DEL VALORE DI FR. 500.– Su Azione di lunedì 30 giugno 2014 saranno pubblicate le fotografie vincitrici – www.azione.ch Non sei socio? Richiedi questo adesivo* al punto accoglienza clienti del tuo supermercato Migros. * Fino ad esaurimento delle scorte
CONDIZIONI DI PARTECIPAZIONE La partecipazione al concorso non implica nessun obbligo d’acquisto. Possono partecipare tutte le persone legalmente domiciliate in Svizzera che hanno compiuto 18 anni. I vincitori se possibile saranno avvisati da Migros Ticino per iscritto o potranno annunciarsi telefonicamente (nel caso il numero di targa fosse protetto) a partire dal 30 giugno 2014 allo 091 850 82 95. Migros Ticino non è tenuta a effettuare ulteriori ricerche. Se entro il 30 settembre 2014 i vincitori non si saranno annunciati, il premio decade. I premi non vengono corrisposti in contanti.
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 2 giugno 2014 ¶ N. 23
Società e Territorio
Spicchi di vacanza anche alle medie Tandem Tornano le numerose attività ricreative per l’estate rivolte a bambini e adolescenti, tra le novità ci sono tre
giornate dedicate a «Professioni in campo» durante le quali i ragazzi delle medie potranno visitare alcune aziende Stefania Hubmann Attività estive per i giovani sì, ma non a qualsiasi costo. Soprattutto non a scapito di quel tempo libero che tale dovrebbe rimanere. In queste settimane «Tandem», il popolare giornale che presenta ben 300 spicchi di vacanza per bambini e adolescenti, circola come ogni primavera nelle famiglie, portato dai figli che lo ricevono a scuola. Le proposte sono aumentate, così come i nuovi enti che offrono animazioni di diverso genere. La Conferenza di Tandem – chiamata a gestire il progetto in rappresentanza di undici organizzazioni attive a favore dell’infanzia e della gioventù nella Svizzera italiana – li seleziona puntando alla qualità, a costi contenuti, all’attenzione per le tematiche legate alla salvaguardia dell’ambiente e allo sviluppo di uno spirito di collaborazione e rispetto fra i partecipanti con particolare riguardo all’integrazione dei giovani diversamente abili. Questi principi educativi saranno anche al centro di un convegno che si svolgerà in autunno. «Tandem», nei suoi diciotto anni di pubblicazione (oggi le copie sono 36mila), è diventato un punto di riferimento non solo per i bambini che frequentano le scuole elementari, ma anche per i più piccoli e gli adolescenti. Le proposte creative, sportive, manuali, a contatto con la natura, hanno coinvolto l’anno scorso 16 mila partecipanti. Serena Giudicetti, da quattro anni coordinatrice del progetto, sottolinea il costante rinnovamento garantito dal ricambio degli enti che promuovono le animazioni come pure l’elevato numero di possibilità, circa sessanta, adatte anche ai diversamente abili. «Quest’anno abbiamo deciso di rivolgere un’attenzione particolare ai ragazzi delle scuole medie. In collaborazione con l’Ufficio dell’orientamento scolastico e professionale abbiamo organizzato dal 16 al 18 luglio tre giornate per avvicinare gli adolescenti (dalla fine della terza media) al mondo del lavoro. Con “Professioni in campo” Tandem permette ai ragazzi di visitare alcune aziende sia nel Sopraceneri sia nel Sottoceneri». Anche la creazione della App gratuita e della pagina Facebook vanno nella direzione di coinvolgere maggiormente questa fascia d’età. Programma, notizie e aggiornamenti sono così a portata di click e quindi più vicini ai giovani. Inoltre «Tandem», che di solito si presenta direttamente in alcune scuole elementari, quest’anno entrerà nelle scuole medie. Serena Giudicetti: «Lo spettacolo teatrale “L’isola
del tempo perso”, messo in scena dalla compagnia Sugo d’inchiostro, permetterà fra pochi giorni agli allievi di terza media di Stabio e Locarno di riflettere sul significato del tempo libero, scambiando le loro opinioni con animatori dell’associazione PerCorsoGenitori e della Conferenza di Tandem-Spicchi
focalizzare l’attenzione sull’aspetto principale della sua attività. In questo ventennio le proposte sono cresciute così tanto, perché sollecitate da una domanda sempre maggiore e cambiata nel tempo. I responsabili desiderano interrogarsi e riflettere su questa evoluzione, creando nel contempo un’oc-
temente riducendo. Eppure si tratta di una tappa fondamentale di crescita e acquisizione di esperienze che passano attraverso momenti d’incontro e di relazione informale all’interno del “gruppo dei pari”. Gli adulti però tendono a vedere questi tempi come “momenti persi” e alcuni genitori cer-
Attività creative, manuali, a contatto con la natura e tanto sport: Tandem l’anno scorso ha coinvolto 16 mila giovani. (Ti-Press)
di vacanza. PerCorsoGenitori propone quest’anno due attività interessanti sul tema “Giovani proiettati al futuro”, relative al cammino verso l’autonomia e la cittadinanza attiva». Significato e valore del tempo libero giovanile sono al centro di una giornata di studio che Tandem organizzerà l’11 ottobre alla Scuola cantonale di commercio di Bellinzona per
casione di incontro e formazione per gli enti organizzatori. Nel corso della mattinata una serie di interventi approfondirà il concetto di tempo libero. A questo proposito Marco Baudino dell’Ufficio del sostegno a enti e attività per famiglie e giovani, dal quale «Tandem» riceve un supporto finanziario, rileva che «il tempo libero a disposizione degli adolescenti si sta costan-
cano pertanto di trasformare il tempo libero in tempo occupato». Considerato il crescente impegno richiesto nell’ambito formativo e le molteplici attività extrascolastiche, l’adolescente fatica a ritagliarsi un tempo da gestire autonomamente. «Affinché i giovani riscoprano degli spazi di progettazione e possano diventare attori del proprio tempo e non solo spettatori, occorre
guadagno facile, che comporta l’abbattimento della foresta e degli animali, sarà proprio Wilen a cercare una soluzione. Unendo la saggezza antica insegnatagli dal nonno alla ricerca scientifica più illuminata, Wilen troverà la collaborazione di un’organizzazione che realizza progetti di conservazione delle foreste, per creare un «corridoio verde» attraverso il quale gli elefanti possano transitare, senza interferire con le attività del villaggio. Oltre alla scrittura ritmata e leggera e ai contenuti narrativi appassionanti, vanno apprezzati anche altri aspetti della collana: il prezzo contenuto; il fatto che sia stampata al 100% su carta riciclata; e la snella ma chiara appendice di approfondimento finale.
Aino Pervik, candidata quest’anno all’Andersen Award per la sua lunga carriera dedicata alla letteratura per l’infanzia, e la più giovane Catherine Zarip, dal personalissimo tratto delicatamente onirico, creano questo albo, che va ad arricchire la bella collana «I Tradotti» dell’editore Sinnos. Con un’intelligente e preziosa operazione editoriale, Sinnos va a scoprire, come recita il sottotitolo della collana, «degli altri, quello che ci piace di più», e traduce libri interessanti da culture meno conosciute e frequentate (abbiamo già segnalato qui, ad esempio, Leo otto volte eroe della scrittrice turca Sara Sahinkanat). Nel caso di questa recente opera, pubblicata con il sostegno del Centro per la Cultura Estone, ci viene raccontata la storia semplice di una gattina vagabonda che diventa mamma: «è facile fare la gatta vagabonda finché te ne stai da sola. […] Ma quando na-
domandarsi come riuscire a passare da un tempo occupato a un tempo, non solo libero, ma finalmente liberato». Le attività proposte da «Tandem» durante l’estate non sono quindi la soluzione per collocare i figli a lungo termine, necessità oggi sempre più sentita dalle famiglie. Sono pensate in primo luogo per offrire piacere e divertimento ai partecipanti, affinché possano scoprire nuovi interessi attraverso il confronto e la collaborazione senza misurarsi in termini di competizione. La durata dei corsi, il loro obiettivo, l’organizzazione, i costi, sono aspetti che la Conferenza per l’attività di animazione valuta con estrema attenzione, rifiutando proposte che esulano dai suoi principi. I costi, ad esempio, sono stati oggetto di uno studio promosso l’anno scorso per valutarne l’evoluzione, risultata piuttosto stabile e limitata a dieci franchi all’ora. In questo modo le famiglie più bisognose possono trovare spicchi di vacanza alla loro portata. «Le linee guida di Tandem saranno ribadite nella seconda parte del convegno», spiega Paolo Bernasconi, segretario generale di CEMEA (Centri di esercitazione ai metodi dell’educazione attiva), ente membro di «Tandem». «Sono previsti sette laboratori gestiti dalle associazioni della Conferenza con il duplice scopo di mettere a fuoco i nostri principi educativi e di fornire informazioni pratiche, ad esempio in campo amministrativo e giuridico. Desideriamo mettere a disposizione degli enti organizzatori gli strumenti adeguati per migliorare la qualità dell’offerta di animazione giovanile a tutti i livelli». Per i nostri interlocutori è prioritario che al centro degli incontri estivi rimangano i bisogni dei bambini, rispettivamente degli adolescenti. Alcune proposte, come i campi diurni e le colonie residenziali, offrono un’esperienza di vita più intensa, rispondendo anche alle esigenze pratiche dei genitori. Senza dimenticare l’importante aspetto del volontariato giovanile che sarà valorizzato anche durante la giornata di studio. Ogni anno nella Svizzera italiana le colonie sono possibili grazie all’impegno volontario di oltre mille giovani tra i 16 e i 26 anni. Giovani che dimostrano capacità organizzative, senso di responsabilità e grande disponibilità verso il prossimo. Informazioni
www.tandem-ticino.ch www.facebook.com/tandemspicchidivacanza
Viale dei ciliegi di Letizia Bolzani Nicola Davies, La via degli elefanti, Editoriale Scienza. Da 9 anni Editoriale Scienza si dedica perlopiù a libri di ottima divulgazione scientifica (per ogni fascia d’età, dai piccolissimi agli adolescenti) e a biografie di scienziate e scienziati. La novità è che ora propone anche una collana di narrativa vera e propria: «Fili d’erba», romanzi dedicati a progetti di salvaguardia di animali in via di estinzione, scritti dalla zoologa inglese Nicola Davies. Finora sono usciti due titoli, La via degli elefanti e Le orme del leone: storie coinvolgenti e al contempo, coerentemente con il profilo della casa editrice, inserite in un contesto scientifico, ispirato a storie vere. Infatti Nicola Davies, di cui i giovani lettori hanno già potuto apprezzare la vivacità espositiva (citiamo almeno, dai molti suoi titoli pubblicati da Editoriale Scienza, il grande successo La cacca. Storia naturale dell’in-
nominabile), per questi suoi nuovi romanzi si è ispirata a storie vere, da lei vissute nel corso dei suoi viaggi di ricerca per progetti di conservazione della fauna e dell’ambiente. Sono storie positive, in cui al centro, oltre agli animali minacciati, c’è sempre un ragazzino: ne La via degli elefanti, ad esempio, ambientato in India, è il giovane Wilen che sensibilizza la sua comunità sulla tutela della foresta e degli elefanti. Quando il villaggio, spaventato dai danni che gli elefanti causano attraversando le zone coltivate e abitate, si farà tentare da una losca prospettiva di
Aino Pervik (testo), Catherine Zarip (illustrazioni), La gatta vagabonda, Sinnos. Da 3 anni Due autrici estoni, l’ottantaduenne
scono dei gattini, hai assolutamente bisogno di una casa…». La casa sarà, all’inizio, un nido di cicogna abbandonato; poi, dopo l’avventura di un temporale, il rifugio sarà sotto un ponte; e poi… e poi i gattini saranno abbastanza cresciuti per fare i vagabondi anche loro. Una storia adatta alla lettura ad alta voce rivolta ai più piccoli, che ne ammireranno le suggestive illustrazioni, e adatta alla lettura autonoma da parte dei più grandicelli, anche grazie al carattere stampatello maiuscolo.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 2 giugno 2014 ¶ N. 23
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Società e Territorio
Poche chiacchiere, tanto lavoro
Il rosso e il blu Ticino La scelta del colore della bandiera:
incertezze del passato e certezze del presente
In soffitta Ritrovato per caso e riletto per curiosità Il libro d’oro
della sposa spiegava alle donne ticinesi degli anni ’50 e ’60 come diventare una «moglie perfetta»
Nicola Pini
Le donne del nostro cantone che si sono fidanzate o sposate in Ticino tra gli anni 50 e 60 del Novecento avranno forse ricevuto in dono, da mamme, nonne, suocere o zie, un volumetto di un centinaio di pagine, con la copertina dorata rilegata in filo di cotone. Si tratta del Libro d’oro della sposa, a cura di Iva Cantoreggi, edito a Montagnola da Carlo Brodmann a partire dal 1953; libro che aveva lo scopo di insegnare loro come diventare una brava moglie e una buona casalinga. La «piccola guida per la fidanzata, la sposa, la madre», come recita il sottotitolo, aveva infatti il fine di accompagnare le giovani ticinesi attraverso quelle che erano considerate le tappe più importanti nella vita di una donna degli anni 50 e 60: il fidanzamento, il matrimonio e la nascita dei figli. Il manuale è suddiviso in nove capitoli, che trattano ognuno di un aspetto particolare delle mansioni della sposa e della donna di casa: una parte, completa di ricettario e consigli alimentari, è dedicata alla cucina; un’altra spiega come gestire al meglio la casa, dall’arredamento alle pulizie; si discute poi della scelta del corredo, della cura dei malati, dell’igiene; infine, alcuni medici forniscono consigli specifici relativi al momento della gravidanza, al parto e alla cura dei bambini. Insomma, un vero e proprio manuale della perfetta donna di casa. Ma come deve essere, e quali qualità deve possedere «la sposa perfetta» degli anni 50? Prima di tutto, in cucina, la donna deve avere la pazienza e il tempo per preparare, con le sue mani, piatti salutari: «le minestre all’antica, quelle da prepararsi con mezza giornata di lavoro, non appaiono quasi più in tavola, sostituite da brodini di concentrato. Qui, purtroppo, il rimprovero vien mosso, dai medici e dagli educatori, alla donna non sempre disposta a lottare ed insistere per creare in casa abitudini più semplici di alimentazione». Ma oltre a saper cucinare i piatti all’antica, la casalinga deve anche riuscire a conciliare le esigenze di un’alimentazione sana con quelle del bilancio economico della famiglia, per non «dar luogo a recriminazioni, da parte del marito, sulle doti di amministratrice della moglie». Oltre a
Keystone
Daniela Delmenico
questi compiti maggiori, la donna è impegnata in una miriade di altre attività, tutte da svolgere nel migliore dei modi. Deve saper anche preparare un buon caffè, poiché «le cose che sembrano le più semplici sono quelle che talvolta esigono le cure maggiori»… La futura sposa è invitata a imparare a salire e scendere con grazia le scale, affinché questa attività si dimostri un utile esercizio fisico per favorire «l’elasticità e la snellezza». Deve inoltre scegliere con cura il corredo e i servizi di porcellana: «tazze spaiate, piatti sbrecciati non devono più essere visti su alcuna tavola (…). Le nostre donne di casa preferiscono le porcellane di Langenthal, il prodotto svizzero di qualità!». Deve inoltre sapersi adattare alle novità, come quella rappresentata dall’armadio frigorifero, che è «l’aspirazione della massaia moderna insieme all’aspirapolvere, alla lucidatrice elettrica, al macinino elettrico per il caffè, al frullatore e infine a tutti gli oggetti ormai definiti con la parola: elettrodomestici». Si sconsiglia inoltre, alla novella sposa, l’acquisto di abiti già fatti, poiché anche se «evitano la noia delle prove (…) non convengono però a tutte le corporature». Meglio allora affidarsi a una buona sarta per farsi confezionare abiti su misura, soprattutto per il marito. Un’attività assolutamente da evitare, per la donna che aspira a essere una buona «regina del focolare», è quella delle chiacchiere che «sono purtroppo una piaga ormai diffusa» e «impediscono alla massaia di occuparsi della sua casa,
la portano ad occuparsi troppo degli affari altrui, fan perdere tempo e nascere guai». Essa dovrà, invece, gestire accuratamente il tempo dedicato alle faccende domestiche: il consiglio è quello di dedicare un giorno intero al bucato, due pomeriggi al controllo e alla stiratura dei capi appena lavati, e un giorno intero alla pulizia di un solo locale. Infine, la casalinga non deve dimenticare di curare il proprio aspetto, anche perché «i mariti fanno presto confronti tra una moglie sciatta e spettinata, pronta a mettersi in ordine soltanto per uscire con le amiche, e i visetti allegri e puliti che incontrano per la strada…». Mezza giornata di lavoro per preparare una minestra, un’altra per pulire una stanza della casa, fare i conti e gestire il budget domestico, saper preparare un buon caffè, scegliere il corredo, salire le scale nel modo corretto, organizzare al meglio l’armadio frigorifero, il tutto mantenendo un aspetto curato e soprattutto evitando le chiacchiere… Una bella fatica per le casalinghe degli anni 50! Testimone di un’epoca che non c’è più, Il libro d’oro della sposa, nascosto nelle soffitte o riposto nelle cantine delle donne ticinesi è un volume particolare, interessante e a tratti anche molto divertente, se letto con gli occhi di chi vive nel ventunesimo secolo. Un libro che ci permette di fare un salto indietro nel tempo, ma che soprattutto ci mostra come, in poco più di un cinquantennio, il mondo, e quello femminile in particolare, sia radicalmente cambiato.
Sulla provenienza dei colori dello stemma del Canton Ticino si possono leggere le più svariate e fantasiose ipotesi. Alcune con un forte legame con il territorio e la cultura rurale del tempo, come quella che identifica nel blu e nel rosso la rappresentazione di laghi e focolari, vale a dire la natura e la casa, il lavoro e il riposo. Oppure – in un’ottica più istituzionale e all’insegna del rispetto delle sensibilità regionali, ieri come oggi molto presenti (si pensi al fatto che la capitale ruotava tra Bellinzona, Lugano e Locarno) – quella che ritrova nei colori scelti quelli predominanti sugli stemmi degli otto Distretti che compongono il canton Ticino: da una parte il blu di Locarnese e Vallemaggia, dall’altra il rosso degli altri sei, Lugano e Bellinzona in testa. Altre ipotesi, invece, valorizzano le peculiarità linguistiche e culturali della regione: e allora ecco il rosso della Confederazione unirsi all’azzurro dell’Italia, o il quantomeno ardito rimando ai colori dello stemma di Dante Alighieri. Ma l’ipotesi storicamente più verosimile – anche se non vi è nessuna certezza, poiché le motivazioni alla base della scelta operata dal parlamento ticinese non sono ad oggi conosciute in quanto, fino al 1830, i verbali del Gran Consiglio riportavano unicamente le decisioni prese – è che i colori sono ispirati a quelli della Francia rivoluzionaria o, più precisamente, a quelli dello stemma di Parigi. Il tutto, evidentemente, in onore di Napoleone, che, nel 1803, impose l’Atto di mediazione creando di fatto il canton Ticino e dotandolo di una costituzione simile a quella degli altri cantoni. Un intervento dall’alto determinato, vale la pena ricordarlo, dall’ostilità del popolo ticinese verso gli obblighi e le leggi della neonata Repubblica elvetica (1798), come anche da una litigiosa frammentazione tra i cantoni di Bellinzona e Lugano. Secondo
questa ipotesi, dunque, il rosso e il blu di Parigi – colori tradizionali della Ville lumière già dal 1300, probabilmente per ragioni religiose, con il blu a rappresentare Saint Martin e il rosso Saint Denis – non solo diedero origine, unendosi al bianco della casa reale, al celebre tricolore francese, ma servirono anche a creare una coscienza collettiva unitaria e un’identità condivisa in un territorio diviso come lo era il canton Ticino. Se sull’origine parigina – nonostante l’interesse di Bruno Guidi negli anni 30 e più tardi dello specialista di araldica Gastone Cambin e dello storico Giuseppe Martinola – non vi è ancora assoluta certezza, quel che è certo è che dal 2000 i colori dello stemma cantonale riprendono effettivamente quelli della capitale francese. E a deciderlo non è stata la ricerca storica, ma la politica, mettendo fine a un dibattito sulle sfumature dei colori durato quasi due secoli. Sì, perché anche a quale rosso e a quale blu pensassero i nostrani padri fondatori non è dato a sapersi con precisione. Quando lo stemma del canton Ticino fu scelto dal Gran Consiglio, con decreto del 26 maggio 1803, la Legge sui colori e sigillo del Cantone citava infatti molto generalmente il rosso e l’azzurro. Sì, l’azzurro. Per evitare interpretazioni erronee, nel 1930 il parlamento cantonale definì con maggiore precisione i colori «rosso tegola» e «azzurro pallido» e, nel 1996, il Consiglio di Stato adeguò il tutto alla scala universale Pantone stabilendo, quali colori ufficiali, il Rosso Pantone Warm Red e il Blu Pantone 285, secondo gli esperti i più idonei a rappresentare le definizioni generiche formulate in precedenza dal legislatore. E poi ecco la sorpresa: nel 1999 il Gran Consiglio, contro il parere di Governo e maggioranza commissionale, accolse una mozione di Silvano Bergonzoli volta in sostanza a scurire i colori dello stemma cantonale. Decisivo è stato l’intervento dello stesso deputato che, in aula, ha presentato una nuova documentazione proveniente dal Servizio del Protocollo di Parigi riportante i colori dello stemma della capitale francese: rosso Pantone 032 e azzurro Pantone 293. Se quella è l’origine, quelli devono essere i colori. Una decisione, questa, attuata nel 2000 con una modifica legislativa che sancì una volta per tutte il fatto che i colori dello stemma del canton Ticino riprendono pari pari i colori dello stemma parigino. Decretando di fatto, all’alba del ventunesimo secolo, l’ultima conquista di Napoleone Bonaparte e della Francia repubblicana. Annuncio pubblicitario
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Società e Territorio Rubriche
L’altropologo di Cesare Poppi Questo matrimonio non s’ha da fare. Genserico Se ci pensate un attimo, la cosa è ben strana. Che due persone, una donna e un uomo, decidano di mettersi assieme (diciamo pure di sposarsi) può anche starci, senza chiedersi tanti perché. Dopotutto, tanto per volare bassi, almeno fino ad oggi quello era l’unico modo per perpetuare la specie, ovvero, dicono alcuni, per trasmettere il proprio patrimonio genetico al futuro che è poi l’unica maniera per non dover sottostare del tutto a quell’evento della vita che non piace a nessuno che è la morte. Così fanno, ognuno a modo suo, anche tutti gli organismi che non hanno il privilegio della riproduzione agamica, quella, ovvero, secondo la quale uno fa tutto per conto suo. Ma la parentela? La parentela è una roba che si sono inventati gli umani. Già, perché criceti e bufali parenti non ne hanno, cioè: li hanno in teoria ma non li riconoscono, e così nemmeno i tacchini e i pesci gatto. La parentela è dunque una cosa tutta umana e, a pensarci su, ben strana: per quale motivo uno che si sposa debba tirarsi dietro anche cognati e cugini ag-
giunti, come se già non bastassero quelli che già uno si ritrova suo malgrado per il semplice motivo di esser nato, è uno di quei misteri che, se non ha fatto gli antropologi ricchi, certo li ha tenuti impegnati per parecchio tempo. Lo studio della parentela, difatti, è stato uno dei campi sui quali l’antropologia moderna ha dimostrato il suo valore come fondamentale fra le scienze umane. La cosiddetta Scuola di Cambridge, poi, nella persona del grande Meyer Fortes, scopriva negli anni 30 del secolo scorso che intere e importanti formazioni sociali fondavano la propria coesione sulla parentela elevata a fondamento dell’ordine sociale. Ma non occorre andare in Africa come fecero gli antropologi di allora per accorgersi che il linguaggio parentale pervade ancora la nostra percezione della socialità e – anche! – dei suoi risvolti meno piacevoli. «La Nazione è una Famiglia», «siamo tutti fratelli», «la Madrepatria», «i cugini d’Oltralpe», «una guerra fratricida», «un rapporto incestuoso»: quanti fenomeni della vita associata sono ancora
– figlio, nipote o cugino che fosse – decidesse di affrettare l’uscita di scena del suo predecessore, gli Imperatori romani spesso ricorrevano all’adozione di un successore degno di quel nome (onore al merito!) quando si accorgevano che ormai la decisione era improcrastinabile. Fra i barbari invece no: la famiglia prima di tutto. Era stato così allora che Genserico, Re di Vandali, aveva pensato bene di fidanzare suo figlio Unerico a Eudocia, la figlia dell’Imperatore Romano d’Occidente Valentiniano III. Lo scopo era di rafforzare il patto dall’alleanza stipulato nel 442. I Vandali allora dominavano l’intero territorio del Maghreb, e per i Romani erano alleati essenziali per tenere a bada le altre tribù barbare che premevano ai confini. Ma Eudocia era ancora una bambina, e le nozze si facevano attendere. Intanto Valentiniano vinceva al gioco una somma che il suo compagno di merende, il potente senatore Petronio Massimo, non poteva pagare. Fattosi dare in pegno l’anello personale dello sconfitto, Valentiniano ne convocò a corte la
moglie – e la sedusse. Petronio Massimo se la legò al dito: pochi mesi dopo partecipava all’assassinio di Valentiniano, ne sposava la moglie Licinia Eudoxia diventando Imperatore e faceva sposare Eudocia a suo figlio Palladio. Genserico pensò che quel matrimonio proprio non s’aveva da fare. Fatta vela per Roma, il 2 giugno del 455, millecinquecentocinquantanove anni fa, si presentò sotto le sue porte deciso a vendicare l’onore di famiglia. Il Papa Leone I si presentò al Re ed ottenne che lo cose si svolgessero senza far troppi danni. A Petronio ci pensarono i Romani stessi, disgustati dalla sua scarsa considerazione per i limiti della decenza: massacrarono lui e il figlio Palladio mentre fuggivano dalla città impauriti dall’arrivo dei Vandali. Pare che questi non si comportassero poi così male come la storia ha poi loro imputato. Dopo due settimane Genserico se ne tornò a Cartagine con l’Imperatrice Licinia Eudoxia e le sue figlie come ostaggi. Alla fine della storia, tuttavia, l’amore trionfò: Unerico sposò Eudocia e vissero tutti eccetera eccetera...
quando tutti i giochi sono aperti e il domani è ancora illuminato dai raggi della giovinezza. Perché dunque si lascia ardere sul rogo della disperazione? Perché si crogiola nel collocarsi, ultima tra gli ultimi, nelle schiere dei «paria dell’amore» contrapposti alle persone «normali», contraddistinte dal successo, dal consenso, dall’esibizione di una completa, realizzata felicità? Ma dove sono questi extraterrestri? Le confesso che non ne ho mai incontrati. Tanti più che quelli che lei considera «paria», sarebbero tali solo nella sfera affettiva perché, dal punto di vista sociale, li presenta invece come «affermati professionisti o stimati e onesti collaboratori». Suppongo che lei si collochi tra questi e che i problemi siano piuttosto psicologici, indotti da un’identità confusa e contraddittoria, come mostra la descrizione dei «seconda scelta»: sfigati, immaturi, insicuri, con bassa autostima, esigenti, «belli ma impossibili», altezzosi, intelligenti e sensibili ma soli, sempre soli! Come è possibili sentirsi «belli, intel-
ligenti, sensibili e altezzosi» e nutrire nello stesso tempo bassa autostima? È probabile che il senso di inadeguatezza sia provocato dalla «ricerca costante di un equilibrio perfetto». Quando una persona pretende la perfezione da sé e dagli altri entra inesorabilmente in un groviglio di contraddizioni perché, come ho già avuto modo di osservare, la perfezione non esiste, è un ideale e, come tale, irraggiungibile. Se lo assumiamo come una condizione da realizzare per esistere, tutto diventa inadeguato, insoddisfacente, persecutorio. In questo momento lei sente gli altri come nemici da invidiare, temere e sfuggire, compresa lei stessa o per lo meno la sua parte più fragile, dipendente, bisognosa di riconoscimento e d’amore. Sostenendo che ogni relazione è impossibile, lei sta semplicemente difendendo la sua indipendenza. Nella sua lettera non c’è nessuna richiesta di aiuto, domanda d’amore, offerta di reciprocità. Come una rocca sull’onda, mentre piange la sua solitudine, la difende e la conferma
furiosamente. La sua lettera di accuse rivolte al mondo si conclude con l’affermazione di aver speso (almeno sinora) la sua vita al servizio degli altri. Ma è proprio sicura di aver seguito questa vocazione francescana? Se è una lavoratrice onesta e stimata, come sembra di capire, sarà stata adeguatamente retribuita e, di questi tempi, non è poco. Poiché la ritengo una persona impegnata e intelligente, la esorto a rileggere la sua lettera rilevando le numerose incongruenze. Spesso basta argomentare correttamente i problemi per comprendere che la causa è già iscritta nella loro formulazione. Ci provi e rimanga in contatto con noi perché, nella stanza del dialogo, lei non è e non sarà mai sola.
un comune denominatore? Sta di fatto che il cambiamento in atto solleva un giustificato allarme, raccolto, la scorsa settimana, dalla «Neue Zürcher Zeitung». Il tema del disagio, in cui versano le associazioni a corto di soci, si presta infatti a una lettura allargata. Non si tratta soltanto di registrare una penuria di persone, desiderose d’iscriversi a una corale, a un club sportivo o a un gruppo di volontariato. Qui, infatti, è in gioco un aspetto tipico e fondamentale dell’elvetismo, un collante sociale che ha anticipato l’avvento della socialità statalizzata. Le maggiori organizzazioni nazionali, Pro Juventute, Pro Senectute, Pro Infirmis sono nate, più di un secolo fa, nell’ambito della quotidianità, con prestazioni d’aiuto tra familiari e vicini e poi estese agli estranei e infine all’intera collettività. Ciò che, del resto, costituì un primo
nucleo di vita comunitaria, e in pari tempo un primo approccio alla realtà democratica. Non a caso, le associazioni sono fiorite nelle democrazie. A partire da quella americana. Vale la pena di ricordare l’episodio dei «100 mila uomini riuniti per lottare contro l’alcolismo, bevendo pubblicamente acqua» che fece riflettere, agli inizi dell’800, Alexis de Toqueville, sull’utilità delle associazioni: considerate, appunto, «una scuola di democrazia». La definizione, che può sembrare retorica, compare anche nel servizio della «NZZ», dove si mette in risalto l’aspetto non solo socializzante, utile ai rapporti interpersonali, ma anche formativo e stimolante, sul piano individuale. Qui s’impara a parlare, discutere, decidere: assimilando, quindi, capacità necessarie nella vita professionale e civile. Mentre rifiutare quest’appartenenza può
esprimere, certo, un bisogno di libertà, ma, forse, più prosaicamente, un po’ di pigrizia e menefreghismo. Le sedute di comitato rubano tempo e pochi sono disposti a sedere nei comitati, ascoltare, stilare rapporti. Prevale il farsi i fatti propri. Nel club di tennis, che frequento da decenni, il numero dei soci iscritti continua a calare. I campi sono occupati da giocatori che li affittano a ore, estranei che neppure ti salutano. Sono aspetti, in apparenza secondari, in realtà rivelatori. Si allenta sempre più quella rete di relazioni umane che, incanalate nell’associazionismo, cementavano la vita collettiva della Confederazione. Un ricordo personale: negli anni 80, durante un’intervista sul tema del terrorismo, il sociologo Francesco Alberoni disse «Voi svizzeri siete protetti dalle associazioni che assorbono le spinte eversive. Difendetele».
concepiti come rapporti di parentela anche in una società – quella postmoderna, postindustriale e – per alcuni – oramai post-sociale, dove l’individuo e non il gruppo di parentela è ormai il centro del network di socialità. Meyer Fortes lo chiamava «l’assioma dell’amicizia» (« ») – il fatto, ovvero, che fra parenti si presuma in prima istanza che si sia amici e sodali, se non altro, secondo i più cinici, perché si instauri quella famigliarità e quella confidenza tali da poter permettere un giorno di scatenare quelle faide intra-famigliari per la divisione della sostanza del caro estinto con la disinvoltura ed il senso di essere dalla parte della ragione che magari con un estraneo stenteremmo di più… Genserico, Re dei Vandali del V secolo, non era antropologo ma certo viveva in un tipo di società dove la parentela ancora contava. Anzi, paradossalmente contava di più presso i cosiddetti barbari che non all’interno del loro interlocutore storico: l’Impero Romano. Se per evitare rogne in famiglia, per così dire, o per evitare che un successore designato
La stanza del dialogo di Silvia Vegetti Finzi Tra gli ultimi in amore Ricevo da una lettrice, che si firma «Una paria dell’amore», una lettera molto amara che, spero, sia stata dettata da un momento di sconforto: Il mondo è pieno di «paria dell’amore», io stessa ne faccio parte. Siamo quelli non corrisposti, quelli della «seconda scelta»: sfigati, immaturi, insicuri, con bassa autostima, esigenti, belli ma «impossibili», altezzosi, intelligenti e sensibili, ma soli, sempre soli. Affermati professionisti, stimati e onesti collaboratori, alla ricerca costante dell’equilibrio perfetto e delle ragioni profonde della loro solitudine, della non possibilità di avere una famiglia, un bacio, un abbraccio, un/a compagno/a attento/a con cui condividere la vita e i suoi avvenimenti. Cosa vuole che sappiano le persone «normali» di noi? Nulla. Avrei camminato sui carboni ardenti per avere un ragazzo quando ero giovane. Avrei dato cinque anni della mia vita per un matrimonio felice e dei figli. Siamo in tanti a meritare rispetto per il non corrisposto amore, anche se noi ne diamo tanto e non ne riceviamo niente.
Eppure dobbiamo solo tacere perché gli altri hanno esperienza, sanno come conquistare, sono individui «sessualmente attivi», «cittadini che fanno figli»!, li sanno educare (!!), vanno al mercato o al Tea Room per farli vedere agli altri e sentirsi «parte attiva e giusta» della società. Bello. Gli altri stanno fuori a guardare sentendosi dire: cosa vuoi tu? Non troverai più nessuno ora che hai 40 anni!! Sei vecchio/a. Lascia perdere. Inizio adesso a pensare alla mia vecchiaia, a come mi sentirò sola, riflettendo sul fatto che non ho avuto nessuna chance di sposarmi, di fare conoscenze, di avere una casa mia… Una vita triste, sempre e solo al servizio degli altri. Una vita da «paria dell’amore», come tanti altri. Leggendo la sua lettera, cara lettrice, credevo fosse stata scritta da una persona di oltre sessant’anni, tanto è intrisa di rimpianti, di impossibilità, di chiusure. Apprendo invece, verso la fine, che di anni ne ha solo 40!! Si trova quindi all’inizio dell’età adulta,
Informazioni
Inviate le vostre domande o riflessioni a Silvia Vegetti Finzi, scrivendo a: La Stanza del dialogo, Azione, Via Pretorio 11, 6900 Lugano; oppure a lastanzadeldialogo@azione.ch
Mode e modi di Luciana Caglio Tante associazioni, pochi soci Gap generazionale, anche qui. Le tante, forse troppe associazioni svizzere – 80 mila secondo una ricerca dell’università di Friborgo – sono in affanno. Appunto perché stentano a ottenere nuove adesioni, da parte dei giovani soprattutto. Si sta entrando, così, in un circolo vizioso: con più cresce l’età degli iscritti, e con più l’associazione diventa, rovesciando il titolo di un film di successo, «un luogo per vecchi». E quindi non attira, anzi respinge, le schiere dei teenagers, dei ventenni, dei trentenni che, oggi più che mai, aspirano a spazi a loro esclusiva disposizione, in cui muoversi in piena libertà. Qui risiede il punto sensibile della questione. Ciò che allontana i giovani da associazioni, circoli, club d’ogni sorta, è l’impianto organizzativo, con le sue regole, le sue gerarchie, i suoi obblighi. Si rifiuta un legame prolungato nel tempo e la sottomissione a un
comitato direttivo e un presidente che guidano, secondo statuto, le sorti di una società legalmente autorizzata. Il che non significa che giovani e giovanissimi non si diano da fare per allestire spettacoli, concerti, mostre, e persino occuparsi di malati e invalidi. Sempre, però, a modo loro, con un intervento istintivo e magari sporadico, al di fuori di un’appartenenza tesserata. Si assiste, insomma, a due filoni paralleli attraverso i quali l’epoca esprime le sue contraddizioni. Da un lato, una forma di partecipazione sociale affidata a una tradizione consolidata, le benemerite associazioni storiche, che oggi temono per il loro futuro. Dall’altro, una forma di spontaneismo, affidata al caso, all’intuito, all’entusiasmo passeggero di persone allergiche alla disciplina e alla perseveranza. Come rispondere a esigenze tanto diverse? Come trovare
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Ambiente e Benessere La sfida dei motori «verdi» Mentre la vendita del «Cinquino a pile» Fiat è in perdita, le altre elettriche puntano al successo
Elefantologia apocrifa Una serie di illustrazioni rendono omaggio al pachiderma incontrato da Stefano Faravelli durante molti viaggi in tutto il mondo
Torna la «straLugano» Tra le novità della gara anche la modifica del percorso: il 28 settembre partenza in via Campo Marzio pagina 20
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Allenarsi con Sergio Ramos Nell’ambito della campagna «Live for Now» della Pepsi, la stampa Migros sorteggia un soggiorno a Madrid con il campione spagnolo
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Il pediatra Giovanni Rossetti di Biasca. (Vincenzo Cammarata)
Urgenza medica in età pediatrica Infanzia e salute Prevenire è sempre meglio che curare, ma quando avviene un incidente bisogna sapere come agire Maria Grazia Buletti Per i bambini e i ragazzi, l’incidente può essere letteralmente dietro l’angolo. Parecchi sono infatti i pericoli di cui bisognerebbe essere coscienti e di cui si dovrebbe tenere conto, come genitori o persone che si prendono cura dei piccoli, se non altro per riuscire ad attuare un minimo di prevenzione che eviterebbe di trovarsi di fronte a situazioni d’emergenza, differenti per ciascuna fascia d’età. Ne abbiamo discusso con lo specialista in pediatria e medicina interna dottor Giovanni Rossetti, di Biasca, autore del Manuale delle giovani marmotte per genitori in erba: un libro di divulgazione pediatrica giunto alla tredicesima edizione. «Penso che il successo di questo libro risieda nella sua semplicità e nella praticità della sua lettura», esordisce il dottor Rossetti prima di iniziare a orientarci sulle emergenze più comuni con cui ci si può trovare a fare i conti, a partire dal primo anno di vita del bambino quando morte bianca, cadute dal fasciatoio e quelle col girello rappresentano gli incidenti più frequenti: «La morte bianca è annoverata tra gli incidenti, perché ci siamo resi conto che la sua frequenza è diminuita parecchio da quando abbiamo consigliato ai genitori di attuare una serie di misure come non fumare dove il bimbo dor-
me, metterlo a dormire sempre e solo sulla schiena, usare un materasso duro evitando cuscino e piumino, non riscaldare più di 19° C la temperatura della stanza, allattare, non usare droghe il più a lungo possibile e altri accorgimenti». Per le cadute dal fasciatoio Rossetti mette in guardia sul fatto che quelle più frequenti sono dalla parte anteriore, quando mamma o papà, ad esempio, si girano a cercare un vestito, raccogliere un pannolino o inumidire una salvietta. Per quanto attiene al girello è categorico: «Il suo uso è severamente sconsigliato dai pediatri svizzeri e gli infortuni che lo riguardano possono essere letali, mentre le frequenti cadute con questo aggeggio sono addirittura a rischio di tetraplegia». E non c’è da rilassarsi fra il primo e il quinto anno di vita, quando intossicazioni, cadute dal fasciatoio o dai letti a castello e cadute dalla bicicletta sono fra gli incidenti più frequenti, insieme all’ingestione di corpi estranei: «In Europa, la causa di soffocamento più comune è rappresentata dai pezzi di mela, pera, carote crude, caramelline e salsicce che ostruiscono accidentalmente le vie respiratorie. È fortemente sconsigliato dare a un bimbo al di sotto dei quattro anni spagnolette, semi di zucca, noci piccole, smarties, tic tac, quarti di mela o carote intere da rosicchiare e fette intere di carne secca perché, se masticata, forma
un lungo filamento che potrebbe soffocare il bambino». Rossetti osserva che il nostro retaggio culturale ci porta ancora spesso a dare cibo ai bambini mentre stanno giocando o camminando (dunque: in piedi), cosa che aumenta il rischio di soffocamento: «Il bambino deve mangiare a tavola, con la tele spenta, non solo per prevenire il sovrappeso, ma pure per evitare che si strozzi con il cibo». Senza dimenticare che fra le cause di asfissia vi sono i palloncini gonfiabili e i sacchettini di plastica. In caso di situazioni di soffocamento e ostruzione delle vie aeree ogni adulto dovrebbe riuscire a reagire con calma, senza farsi prendere dal panico: «Sul Manuale, nel capitolo Mio figlio ha ingoiato qualcosa, è indicato come agire in questi casi, e viene anche detto che bisogna immediatamente chiamare il 144 per ricevere soccorso: durante la situazione d’urgenza non bisogna mettere in auto il bambino e andare in fretta e furia verso l’ospedale più vicino. Chiamare il 144 significa assicurarsi un’ottima consulenza, rassicura, viene spiegato ai genitori cosa fare esattamente a domicilio mentre l’ambulanza, con ossigeno e professionisti, si dirige verso casa». Queste indicazioni sono preziose soprattutto in caso di grave urgenza respiratoria: «Non fate i piloti di Formula 1, mettendo a repentaglio la vostra vita
e quella di vostro figlio, ma seguite esattamente le indicazioni dei professionisti che giungeranno in loco equipaggiati e nel minor tempo possibile». Il pediatra non nasconde però di prediligere un atteggiamento di prevenzione: «Preferisco consigliare di evitare di dare ai piccoli alimenti o cose che possono facilmente ingerire come corpi estranei, di evitare l’uso dei letti a castello, di fare sempre indossare loro il casco in bicicletta, di fare attenzione al fasciatoio e alle cinture di sicurezza in auto, di utilizzare sempre i seggiolini omologati per il trasporto dei bambini e di nascondere i medicamenti degli adulti che possono essere scambiati per caramelle e ingeriti dai bambini». Infatti, tra le altre importanti cause di incidenti che occorrono ai bambini tra il primo e il quinto anno d’età, si situano pure le intossicazioni con medicine: «Spesso i genitori sono attenti con i medicamenti principali, ma dimenticano in giro anticoncezionali, vitamine o ferro. Le intossicazioni medicamentose capitano spesso anche dai nonni, quando questi si occupano dei nipoti; anche perché le persone anziane usano più medicine». L’ingestione di batterie rotonde e piatte («Quelle degli orologi, ad esempio») sono considerate tra le intossicazioni più gravi, così come pure la pastiglia della lavastoviglie («Pericolosissima perché può bucare l’esofago»).
E con la loro crescita non si può certo abbassare la guardia: «Tra i cinque e i quindici anni la novità fra gli incidenti è data dai trampolini esterni che hanno causato un netto aumento degli infortuni agli arti, nonostante le protezioni attorno. Il rischio di farsi male aumenta quando si mangia sul trampolino, se saltano diversi bambini insieme, se non c’è la supervisione di un adulto e se non ci si riscalda prima». Allenare le funzioni motorie semplici come camminare, arrampicarsi e correre prima di cimentarsi con sport più pericolosi come lo sci o il giocare con i trampolini, ad esempio, è molto importante: «Non possiamo chiedere a un bimbo di quattro anni, che si muove cinque minuti al giorno, di essere agile sulle piste di sci per due giorni all’anno!». Prevenzione è ancora una volta la parola chiave, «insieme al perdere le “brutte abitudini ticinesi” come quella di non allacciare la cintura in auto, oppure quella di dimenticare di usare i seggiolini preposti». Infine, restando in tema: per evitare gli incidenti stradali, sia per i pedoni sia per ciclisti e motociclisti, il dottor Rossetti propone di proibire di ascoltare la musica quando si cammina su una strada trafficata: «È stato dimostrato che quest’abitudine aumenta il numero di incidenti che coinvolgono bambini».
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Ambiente e Benessere
La nuova i3 già nella top five europea Motori Fra tanti buoni risultati, c’è chi fa un passo indietro nella corsa verso il successo globale delle auto elettriche
Mario Alberto Cucchi «Se state valutando di acquistare una Fiat 500e spero non lo facciate. Ogni volta che ne vendo una mi costa ben 14mila dollari». A dirlo pochi giorni fa a Washington, in occasione di un convegno del centro studi Brooking Institution, è stato l’amministratore delegato del gruppo Fiat Sergio Marchionne. Il paradosso scelto dal manager italocanadese si riferisce alla Fiat 500e, dove la «e» sta per elettrica, distribuita negli States dalla scorsa estate al costo di 32’300 dollari. Prezzo di listino che può scendere sin sotto i 20’000 grazie a sconti e incentivi.
I primi tre gradini del podio europeo sono per Nissan Leaf, Tesla Model S e Mitsubishi Outlander Phev
La nuova Bmw i3.
Il numero uno di Fiat Chrysler Automobiles aveva già dichiarato alla fine dello scorso anno che la vendita del «Cinquino a pile» era in perdita, ma un invito così provocatorio alla clientela non era mai stato rivolto. Allora perché vendere questa elettrica? Marchionne non ne può fare a meno, dato che avere in gamma la 500e sembra essere il solo modo per poter continuare a vendere nell’ecologica California e sulla ricca costa occidentale degli U.S.A. D’altronde Marchionne
lo sa, anche il Gruppo Chrysler, al pari degli altri costruttori americani, dovrà adeguarsi al rispetto dei severi standard su consumi ed emissioni previste negli Stati Uniti per il 2015. Marchionne ha infatti dichiarato che nel lungo periodo la tecnologia ibrida diventerà una priorità per la Casa americana. In sostanza, le vetture ibride rappresenteranno in futuro una buona fetta della gamma Chrysler. Ibride, ma non esclusivamente elettriche. Marchionne oggi crede solo in una delle due tecnologie: l’ibrida.
Di parere diverso i giapponesi di Nissan. Soddisfatti dell’andamento delle vendite dell’elettrica pura Leaf, lanciata a fine 2010, sono già al lavoro per migliorare ulteriormente le qualità di quella che sarà la seconda generazione. In un’intervista rilasciata ad «Automotive News», il responsabile del business «elettrico» di Nissan, Andy Palmer, ne ha anticipato le principali novità: il design, in modo da rendere Leaf sempre più simile a un’auto tradizionale, e l’estensione dell’autonomia sino a 300 chilometri.
Anche la responsabile del programma a zero emissioni di Renault, Beatrice Foucher, rimane decisamente ottimista sul successo globale delle auto elettriche. Questo nonostante l’avvio di carriera non rispettoso delle aspettative da parte di Zoe, che è stata prodotta in 11’300 unità lo scorso anno contro le 50mila ipotizzate. A mantenere fiduciosa la manager, il previsto deciso incremento delle stazioni di ricarica in Europa: «Le strutture di ricarica pubbliche sono necessarie per offrire alla clientela l’autonomia di cui ha bi-
sogno». La Foucher ha ricordato anche come la concorrenza faccia bene, citando la Bmw i3. Proprio la nuova i3 è già entrata a far parte della top five delle elettriche più vendute in Europa. Nel primo trimestre 2014 ne sono state immatricolate 2022 unità. Quarto posto davanti alla Volvo V60 Phev. I primi tre gradini del podio sono occupati da Nissan Leaf, Tesla Model S e Mitsubishi Outlander Phev. Infine va riportata una dichiarazione di Roberto Colaninno rilasciata a margine della presentazione parigina del nuovo Piaggio: «L’Mp3, che debutta nella sua seconda generazione, è il perfetto emblema di quanto sappiamo fare in Piaggio e di quanto intendiamo sempre più fare in futuro. Vogliamo produrre cose del tutto nuove, non solo introdurre costanti innovazioni. Lo scooter a tre ruote prima non esisteva, poi con Mp3 è nato. Lo stesso accadde con Vespa quasi settant’anni fa, e il mondo della mobilità è cambiato». Il presidente e amministratore delegato del Gruppo Piaggio ha poi proseguito il suo intervento parlando delle future strategie del Gruppo italiano: «Nei prossimi dieci anni cambierà completamente il mondo della mobilità. Saranno totalmente diverse le richieste dei clienti, sorgeranno nuovi bisogni che saranno sempre più legati allo sviluppo delle grandi aree metropolitane, penso a realtà quali Parigi, Londra, New York, ma anche Il Cairo, San Paolo, Delhi, Hanoi, Shanghai». Annuncio pubblicitario
Notizie scientifiche Medicina e dintorni Marialuigia Bagni Anche i non vedenti «vedono» Secondo un’équipe ginevrina, i fotorecettori dei non vedenti sono situati in uno strato profondo della retina e sono diversi da quelli che servono alla visione consapevole. L’esperimento, condotto su volontari non vedenti, nel corso di un test sulla memoria uditiva, ha dimostrato che flash di luce azzurra hanno stimolato anche le loro regioni cerebrali legate all’attenzione. Questo può spiegare perché i non vedenti si muovono meglio di notte. Così la pelle si cicatrizza Notizia dalla Svizzera. Quando la pelle è danneggiata, le cellule dell’epidermide o cheratinociti, situati al bordo della ferita, la colmano progressivamente. I ricercatori svizzeri hanno scoperto che, durante questa «migrazione», i cheratinociti costruiscono passaggi multicellulari – una sorta di ponti sospesi – per poter raggiungere le zone alle quali non possono aderire. Per spostarsi, infatti, le cellule devono potersi appoggiare su un supporto. Questa scoperta potrebbe permettere di costruire, sulle epidermidi artificiali, «armature» che facilitino la migrazione delle cellule e quindi la cicatrizzazione. Più donne malate di Alzheimer? Tre sono le ipotesi sulle cause. La prima riguarda la speranza di vita, più alta nelle donne. La seconda si riferisce al sovrappeso: il 17 per cento di quanti si ammalano sono obesi contro il 5 per cento di chi ha un peso nella norma. La terza ipotesi riguarda il trattamento ormonale sostitutivo, che viene somministrato in menopausa per rimpiazzare gli estrogeni che non sono più prodotti dall’apparato riproduttivo. Futuri papà: mangiate spinaci! Sempre più numerosi sono gli studi secondo cui l’alimentazione dei padri
influenza la salute dei nascituri. Una ricerca condotta in laboratorio sulle cavie ha dimostrato che un’alimentazione dei padri povera di vitamina B9 mette maggiormente a rischio di malformazioni, di cancro e di diabete i figli. Anche a chi non ci credesse, suggeriscono i ricercatori, mangiare verdure in foglia non fa male.
Si può contrastare la vitiligine? Questa malattia, di cui non sono ancora ben note le cause, può essere ereditaria, legata a meccanismi autoimmuni, a stress o a minori difese autossidanti. Le possibili terapie sono diverse, dall’uso di farmaci al trapianto di melanociti e cheratinociti. Ottimi risultati, quando non è molto diffusa, si ottengono con la fototerapia, che combatte anche i tumori della pelle legati all’eccessiva esposizione al sole. La sindrome delle vetrine Le gambe «si fermano» perché il sangue non arriva. La chiamano sindrome delle vetrine perché chi ne soffre deve smettere di camminare per un dolore acuto alla gamba, come un crampo, che costringe a frequenti pause, come quando si guardano le vetrine. Da qui il termine. Tecnicamente, si tratta del sintomo dell’arteriopatia periferica, condizione caratterizzata da occlusioni o restringimenti nelle arterie degli arti. I fattori che la favoriscono sono gli stessi coinvolti nel processo arteriosclerotico di tutto l’organismo (età avanzata, diabete, fumo, obesità, vita sedentaria, ipertensione, predisposizione genetica). La terapia può essere farmacologica, endovascolare o chirurgica.
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Ambiente e Benessere
Elefanti di foresta, elefanti di atelier Viaggiatori d’Occidente I pachidermi incontrati tra i meridiani
e i paralleli di questo mondo, riprodotti e moltiplicati in elefanti immaginati
Stefano Faravelli, testo e disegni «Io voglio rupie; lui vuole bonbon!». Lui è un elefante indiano, un maschio adulto con tre zanne, una delle quali cerchiata da anelli d’argento. L’incontro avvenne anni or sono sulla strada malamente asfaltata che conduceva da Udaipur a Monte Abu, in Rajasthan. Dietro un tornante, in mezzo alla carreggiata, torreggiava il pachiderma, in cima al quale se ne stava appollaiato un mahout inturbantato. Il nostro autista, Singh Ji, frenò all’ultimo bestemmiando e premendo freneticamente il clacson. L’elefante, a un cenno del suo conducente, sollevò imperturbabile una zampa e la depose sul cofano della Ambassador. Nel trambusto si levarono nuove invettive furibonde dell’autista, responsabile della vettura per conto dell’agenzia di Delhi. In tutta risposta, a un ulteriore impercettibile tocco sulla nuca, l’elefante si sollevò sulle zampe posteriori e si appoggiò con entrambe le anteriori sul cofano. Cigolio sinistro di balestre e sospensioni.
Al di là della fantasia ci sono elefanti sacri, ma anche quelli prigionieri e ridotti in schiavitù Sing Ji, fuori di sé, calò il finestrino e sporgendo fuori il testone impomatato si lanciò in una nuova filza di improperi e minacce. L’elefante fu svelto a inserire
la proboscide sbuffante nel varco, e fu allora, che in inglese, giunse la richiesta di estorsione. Raccolta una piccola somma di banconote, le porsi a quell’arto mobile e prensile che, guidato solo da un olfatto sensibilissimo (nell’elefante l’olfatto, l’udito e il tatto sono molto più sviluppati della vista), le afferrò con stupefacente delicatezza, recapitandole al mahout appollaiato sulla sua groppa. Poi, nuovamente, la proboscide tornò a sbuffare il suo fiato caldo su di noi, questuando. Le caramelle comprate a Jodhpur in previsione di una distribuzione ai bambini di Monte Abu, finirono una dopo l’altra in quel tubo vivente e da lì in bocca al bestione, che ben sapeva distinguere tra ciò che gli era destinato e ciò che richiedeva il suo complice.
Solo quando i due briganti da strada ebbero la loro tangente cedettero il passo e riuscimmo a riprendere il cammino. Questa memorabile avventura con «l’animale con una sola mano» (così nei Veda è detto l’elefante) è solo uno tra tanti della mia amorosa collezione di incontri con la stirpe proboscidata. Tra questi, anzitutto, ci sono quelli con gli elefanti allo stato selvatico, sempre più rari e perseguitati. Ho inseguito il Loxodonta, immenso elefante africano, nella savana al confine tra Burkina e Mali: si tratta dei branchi più settentrionali d’Africa, che compiono puntuali migrazioni dopo la stagione delle piogge. A Peryar, nel Kerala, ho assistito ai bagni antelucani dell’Elephas maximus… Nell’albore del mattino famiglie di elefanti scendevano a spruzzarsi nelle
acque immote. Accanto, una mandria di gaur (tori selvaggi di inaudita mole) si abbeveravano placidamente. Ci si sente intrusi assistendo a spettacoli così. Spettacoli di una natura primigenia, che ancora non sa dell’uomo. Poi ci sono gli elefanti prigionieri. Quelli a cui Kipling dà voce in un poema intitolato Il sogno di uno schiavo: «Dimenticherò l’anello che mi serra il piede e strapperò il mio picchetto. Ritroverò i miei perduti amori e i miei liberi compagni di giochi». Sapeva Kipling (sì, sapeva!) che l’immagine dell’elefante prigioniero è, nella poesia mistica persiana, simbolo del sufi che anela alla patria spirituale celeste dall’esilio di questo mondo di tenebra? Animale capace di autocoscienza (lo ha provato un esperimento del primatologo Frans de Waal), la sua riduzione in schiavitù ci offende particolarmente, come quella delle grandi scimmie. Personalmente mi offende anche quando assume forme mascherate: l’elefante Suda che dipinge un elefantino, per meccanica coazione da addestramento, nel parco di Khiang Mai in Thailandia, davanti a turisti estatici e fotografanti, appiattisce e mortifica l’intelligenza del pachiderma. Tuttavia, come il cammello e il cavallo, l’elefante vanta una plurimillenaria storia di addomesticamento e cooperazione con l’uomo: storia che avrà certo nobilitato l’umano più di quanto il già nobile animale abbia ricevuto in contropartita. Ne ebbi la prova assistendo ai lavori di disboscamento nella tenuta di una mia amica a Kottayam, in Kerala. Si trattava di prelevare, trasportare e caricare qualche albero in una zona di foresta dove mezzi meccanici non potevano avere accesso. Ebbi modo, in quell’occasione, di osservare – e di raccontare in un «reportage» disegnato – la loro straordinaria sintonia con il mahout: l’associazione dell’animale «con due mani» con quello «a una mano sola» generava un essere unico, di superiore intelligenza e irresistibile forza. Questa simbiosi non è certo frutto dell’inculcazione arti-
ficiale di una disciplina, ma di amorosa corrispondenza empatica, di storie antichissime e, credo, del ricordo di un’antica alleanza spirituale. Fu pura meraviglia vedere come l’elefante, condotto dal mahout con parole e toccamenti, intuisse con prodigiosa versatilità i compiti da eseguire, sottomettendo i muscoli di un bestione a una finezza che è paradossale, come può essere solo l’ossimoro. Infine c’è l’elefante sacro: né libero né schiavo. Forse allo stesso tempo l’uno e l’altro. Penso alle mandrie di elefanti bianchi del re thailandese Bhumibol Adulyadej, inaccessibili ai profani e custoditi nei sacri penetrali della reggia a Bangkok o agli elefanti brahmani dei templi nel Tamil Nadu. Di Parvati, elefantessa che vigila paziente alle porte del tempio di Menakshi a Madurai, ho un ricordo dolcissimo. Come dimenticare il tocco della sua proboscide calda e flessuosa sul mio capo, in un gesto ieratico di benedizione. Ricordo soprattutto i suoi occhi gialli, miopi, dalla pupilla piccola e curiosa. Su quanta miseria umana si sarà posato quello sguardo mite? Così è lo sguardo di un Buddha della compassione. Gli elefanti incontrati tra i meridiani e i paralleli di questo mondo si sono poi riprodotti e moltiplicati in elefanti immaginati. Il mio lavoro di pittore distilla nell’alambicco dell’immaginazione la materia vivente che i viaggi offrono con prodiga generosità. Gli schizzi e i disegni nati sul posto, dal contatto con la cosa vista, si decantano per germinare, nello spazio claustrale dell’atelier, nuove forme, nuove storie. Dall’osservazione zoologica e antropologica ecco allora proliferare un’elefantologia apocrifa: antichi liofanti araldici e turriti, pachidermi scatenati in serre tra preziosi vasi di porcellana, elefanti sognanti, evasioni da protocolli e parate, proverbiali complicità tra il più grande dei mammiferi terrestri e il più piccolo: topi ed elefanti insieme, divertiti e divertenti. Omaggi, tutti al grande bestione le cui virtù, diceva Plinio, faremmo bene a imitare.
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Ambiente e Benessere
Il tonno degli scrittori Bacco a tavola È il pesce che unisce Ernest Hemingway, soldato, cacciatore e pescatore e Yukio Mishima,
uno degli ultimi samurai della setta militarista del Bushido Davide Comoli Elegante e potente corsaro, mito dei riti di pesca, il tonno da qualche tempo, complice la passione dei giapponesi per questo pesce e la diffusione del culto del crudo, è diventato anche da noi una vera moda. La carne compatta del Re del Mediterraneo, dal colore simile al manzo, è molto saporita e regge molto bene l’accostamento a vini strutturati. Oltre alle classiche e popolari (nella versione conservato sott’olio) salse tonnate o sughi per condire la pasta, nei nostri ristoranti vengono proposti carpacci, tartare o tagliate leggermente scottate di questo pesce che può arrivare sino a tre metri di lunghezza e a 400 kg di peso. Proprio per queste caratteristiche, il famoso gastronomo Grimod de la Reynière, definiva il tonno come «il vitello dei certosini». Pare che il vivaio migliore per questo pregiato pesce sia il mare Mediterraneo, ma tale scoperta ha portato a un calo sensibile del numero di prede pescate: i tonni stanno forse scomparendo? Le ragioni? Possono essere parecchie, certo è che la bontà della carne ha forse spinto noi umani che li gustiamo a tavola, a una pesca talvolta indiscriminata. Un tempo, quando i tonni si accoppiavano, si formavano branchi talmente numerosi e compatti da creare problemi alla navigazione dei natanti. Da un resoconto del greco Aristotele (284322 a.C.) apprendiamo che un branco enorme di tonni si trovò compatto sulla rotta delle navi del grande condottiero
Alessandro Magno (356-323 a.C.), che questi dovette ordinare lo schieramento in formazione di battaglia per aprirsi un varco. Quello che Aristotele non specifica è se di una tale dovizia di tonni, i cuochi di Alessandro Magno avessero poi fatto buon uso. Il siculo Archestrato di Gela nella sua Delizia del gusto (Hedyphageia) ci fornisce una ricetta sopraffina, anche se si riferisce più propriamente alla «bonita» o «palamita» che altro non è che una varietà di tonno giovane: «La bonita servila d’autunno quando tramontano le Pleiadi, in tutti i modi che vorrai. Che? Dovrei elencarli tutti? Ma se proprio vuoi sapere, mio caro Mosco, come prepararla nel modo migliore, allora avvolgila in foglie di fico e origano aggiungi, ma non troppo, niente formaggio, niente sofisticherie e adagiala con cura così semplicemente legata in cima con un po’ di spago, e poi spingila sotto la calda cenere, ma bada che non bruci». Questa antica ricetta ci fa tornare alla mente il bonita cotto alla plancha, come si usa nel sud-ovest francese e sulle coste basche. Un piatto che può essere accompagnato da un vino dorato con un leggero riflesso verdognolo come il Côtes de Duras, bianco dal profumo di ananas e pesche bianche, fresco d’acidità e molto seducente. Il tonno fa parte di quei pesci definiti semigrassi: contengono tra il 3 e il 10 per cento di grasso e le sue carni hanno un sapore molto fine; si prestano alle più svariate preparazioni e – come abbiamo già accennato – vengono an-
Con il carpaccio di tonno è ottimo un bianco fresco ticinese. Franz Conde
che conservate sott’olio. Con le uova del tonno salate, essiccate e pressate a mo’ di salsiccia larga e piatta, si fa la bottarga, usata per insaporire spaghetti e altri primi piatti, ma anche omelette alle erbe o un’insalata di patate allo scalogno, ai quali dona sapidità e aromaticità molto intense. Per l’abbinamento, il vino dovrebbe essere molto morbido, strutturato e lungo in bocca; tentate con una Vernaccia d’Oristano. Con una tartare di tonno accompagnata da capperi di Pantelleria, consigliamo invece un bianco fresco, di media struttura come un Cortese di Gavi o un Vermentino di Sardegna. Con sottilissime fette di questo pesce sottoposto a marinatura con deliziosa citronette e finocchio selvatico, è meglio un morbido Riesling dell’Alto Adige, ma anche
le eleganti bollicine di un Trento brut possono dare soddisfazione. Cosa abbinare a un sashimi di tonno ovviamente freschissimo che sa ancora di mare? Troverete la risposta in un Saten della Franciacorta, ma anche in un Cremant della Loira o dell’Alsazia. Con una tagliata di tonno appena scottata, come si addice a una carne rossa, ci sentiamo di consigliare un vino rosso giovane, di non troppo corpo come ad esempio un Rosso Piceno o un Lagrein dell’Alto Adige. Un nostro rosato di Merlot lo raccomandiamo con delle polpettine di tonno fritte con aglio, mollica, pecorino e prezzemolo. Un Lambrusco Grasparossa di Castelvetro, credeteci, sarà lo sposo ideale per degli spaghetti, con filetti di tonno fresco, cipolla e pomodori freschi.
Due dei miei scrittori preferiti hanno in comune il tonno, nelle loro famose opere: Ernest Hemingway, soldato, cacciatore e pescatore, autore de Il vecchio e il mare e Yukio Mishima, uno degli ultimi samurai della setta militarista del Bushido. Entrambi provenienti da culture e civiltà diverse, ma con punti di vista letterari molto simili, in cui il coraggio e la virilità dei loro eroi vengono costantemente messi alla prova con le sfide della società e dalla inesorabile forza della natura, furono simili anche nel loro tragico destino. Si sa che Hemingway andava a pesca di grandi tonni e pescispada e che questi erano anche i suoi cibi preferiti da Venezia a Cuba. Forse è invece meno risaputo, che il tonno è il piatto quasi rituale dei samurai giapponesi. Mentre la carne sfilettata di questo pesce decorata con trasparenti fettine di rafano giapponese, zenzero fresco e salsa di soia, rinvigorivano lo spirito dei Samurai di Mishima, in perenne contrasto con la civiltà occidentale, il rapporto gastronomico di Hemingway con il tonno è tipicamente occidentale e legato al mitico «Harry’s bar», dove nacque il celebre carpaccio di manzo. Quello di tonno con cipolla di Tropea e salsa di soia emulsionata con olio e poche gocce di limone, che abbiamo preparato stasera, sembra quasi un cerchio chiuso di ghiotte associazioni che collegano due autori lontani, ma vicini nelle loro opere. Alziamo in loro onore il calice colmo di un fresco, gradevole e fruttato bianco prodotto nel nostro cantone. Salute! Annuncio pubblicitario
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Ambiente e Benessere
Tre specialità a base di pane Oggi pane. Spunto di gentile lettrice, Dolores, che mi chiede le ricette del pane al sambuco e all’uvetta; di mio aggiungo quella di un pane che ben completa il terzetto, quello di grano duro al sesamo. Premessa: oggi molti, moltissimi appassionati tributano una venerazione per il lievito madre. Io no, anche se non so spiegare il perché. È tutta la vita che mi trovo bene con il lievito di birra, continuo a usarlo e quindi mi sento di caldeggiarlo. Comunque se volete utilizzare il lievito madre, non c’è assolutamente problema, sia chiaro, salvo quello di allungare un po’ i tempi di lievitazione.
Per portare in tavola non solo mille sapori diversi, ma anche forme e consistenze varie: dal pane intero, al panino, passando per i filoncini Pane al sambuco. Ingredienti per ottenere un pane intero. Per i fiori di sambuco, raccogliete i fiori, diciamo una manciata abbondante, quando le infiorescenze non sono ancora aperte. Sciacquateli rapidamente e lasciateli asciugare bene su un canovaccio, poi spezzettateli a dovere. Stemperate 25 g di lievito di birra in 1 dl di acqua tiepida, unite un pizzico di zucchero e lasciate riposare per 10’. Versate 500 g di farina in una ciotola, unite il lievito e un pizzico di sale e mescolate velocemente con una forchetta, unendo poco per volta 1,5 dl di acqua. Unite i fiori, impastate poi con le mani per 10’ fino a ottenere un composto liscio e omogeneo. Passatelo in una ciotola infarinata, incidetelo in superficie con una croce, infarinate leggermente, coprite la ciotola con un canovaccio e lasciate
lievitare per un’ora in un luogo tiepido. Formate un unico pane, tondo e un po’ schiacciato, lavorandolo bene, poi lasciate lievitare ancora per un’ora. Mettetelo sopra una piastra antiaderente e cuocete in forno a 250° per un’ora. Lasciatelo raffreddare in un luogo non freddo e riparato da correnti d’aria. Panini all’uvetta. Per 20 panini. Stemperate 25 g di lievito di birra in 1 dl di acqua tiepida, unite un pizzico di zucchero e lasciate riposare per 10’. Versate la farina a fontana in una ciotola, aggiungete nel centro il lievito e un cucchiaino di sale, quindi impastate, unendo poco per volta 1,5 dl di acqua. Coprite e lasciate riposare per un’ ora. Mettete a mollo 150 g di uvetta in acqua tiepida – ma se utilizzate tè tiepido è meglio – per 30’, poi scolatela e strizzatela. In una ciotola infarinata, impastate la pasta di pane con l’uvetta, un cucchiaio di zucchero e 50 g di burro a temperatura ambiente. Impastate bene. Riducete l’impasto a palla schiacciata, mettetelo in una ciotola, copritelo con un canovaccio e fatelo lievitare per un’ora in un luogo tiepido. Dividete l’impasto in 20 parti, formate 20 panini e fateli ri-lievitare per un’ora. Disponeteli sulla placca del forno pennellata con poco burro e cuocete in forno a 250° per 10’. Abbassate la temperatura a 200° e cuocete per altri 20’. Pane al sesamo. Per 8 filoncini. Stemperate 25 g di lievito di birra in 1 dl di acqua tiepida, unite un pizzico di zucchero e lasciate riposare per 10’. Mescolatelo in una ciotola con 500 g di farina di grano duro, unite un pizzico di sale e impastate per 10’, unendo poco per volta 1,5 dl di acqua, sino a ottenere un composto liscio e omogeneo. Lasciatelo lievitare in un luogo tiepido per un’ora. Dividete l’impasto in 8 parti, formate 8 filoncini, spennellateli con poca acqua e rollateli bene sopra i semi di sesamo. Lasciate poi lievitare ancora per un’ora. Incidete i filoncini con qualche taglio obliquo e cuoceteli in forno a 220° per 40’.
CSF (come si fa)
Toughkidcst
Allan Bay
Garry Knight
Gastronomia Le ricette per preparare quello al sambuco, all’uvetta e al sesamo
Qui accanto vi ho dato una ricetta di pane al sesamo. Ecco altre tre ricette dove svolgono un ruolo importante gli amati semi di sesamo. Vediamo come si fanno. Spiedini alla coreana. Per 4 persone. Tagliate 600 g di filetto di manzo in striscioline lunghe circa 10 cm, infilate ogni strisciolina su spiedini di legno cercando di mantenerle più piatte
possibile e adagiate gli spiedini su un vassoio. In una ciotola amalgamate 4 cucchiai di salsa di soia con 1 cucchiaio di semi di sesamo tostati e pestati, 1 cucchiaio d’acqua fredda, 2 cucchiaini di zucchero, Tabasco a piacere e uno spicchio d’aglio privato dell’anima verde e tritato. Mescolate fino a quando lo zucchero si è completamente sciolto e versate la salsa sugli spiedini, rigirandoli perché la salsa intrida la carne da ogni parte. Lasciate gli spiedini nella marinata per circa 30’, poi trasferiteli su una griglia che possa andare in forno. Grigliateli a forno ben caldo per pochi minuti. Accompagnate con riso basmati meglio se cotto pilaf, oppure con verdure stufate. Salsa al sesamo all’orientale. Fate tostare 80 g di semi di sesamo in una padellina per pochi minuti, pestateli
nel mortaio fino a ridurli a una pasta e amalgamate bene 1 dl di brodo vegetale, 80 g di salsa di soia, 3 cucchiai di vermut secco e 2 cucchiaini di zucchero. Salsa al sesamo per carne alla griglia. Pestate in un mortaio 1 cucchiaino di pepe nero, meglio se di Sichuan, con 1 cucchiaio e mezzo di semi di sesamo. Tritate finemente 1 scalogno e 1 spicchio di aglio, pelate e grattugiate 15 g di zenzero. Amalgamate pepe, semi di sesamo, scalogno, aglio, 1 peperoncino secco piccante sbriciolato, 2 cucc. di zucchero di canna e 3 cucc. di olio, di oliva o di sesamo a piacere. Mettete a marinare in questa salsa la carne che intendete cuocere alla griglia per 24 ore in frigorifero. Grigliatela e servitela con riso basmati, meglio se cotto pilaf oppure con verdure stufate.
Ballando coi gusti
Manuela Vanni
Manuela Vanni
Oggi vi propongo due panzanelle, ovvero due piatti a base di pane, la prima a base di carciofi e la seconda di carne.
Panzanella di carciofi e feta
Panzanella di manzo e pecorino
Ingredienti per 4 persone: 4 carciofi · 120 g di feta · 200 g di pane secco integrale ·
Ingredienti per 4 persone: 400 g di fesa o noce manzo · 50 g di vino rosso · 6 fette
1 mazzetto di menta · 1 spicchio d’aglio · limone · olio di oliva · sale e pepe.
di pane integrale · formaggio pecorino · 2 peperoni lunghi verdi · 1 pizzico di cannella · 1 bacca di ginepro · 1 chiodo di garofano · zucchero · olio di oliva · sale e pepe.
Lavate e mondate i carciofi eliminando le foglie esterne più coriacee e con uno scavino levate anche le barbe nel centro del carciofo. Tagliate i carciofi a listarelle molto sottili passandole subito in acqua e limone. Scaldate un filo di olio in una padella con l’aglio mondato e leggermente schiacciato e cuocete i carciofi per 10’, mescolando. Spegnete e lasciate intiepidire. Immergete per pochi secondi il pane in acqua, scolatelo e lasciate riposare per almeno 15’ in modo che il pane si ammorbidisca ma mantenga le sue caratteristiche. In una terrina mettete i carciofi, la feta tagliata a dadini, le foglie di menta e il pane spezzato in piccoli tocchetti, condite con olio, sale e pepe. Quindi servite.
Pestate le spezie in un mortaio. Tagliate la carne di manzo a dadini, conditela con il vino, il mix di spezie in polvere, sale, poco zucchero e pepe. Poi lasciatela marinare per circa 10’ in frigorifero coperto con pellicola. Lavate e mondate i peperoni e tagliateli a fettine. Tagliate il pane in piccoli cubetti di circa 5 mm per lato. Unite alla carne marinata i peperoni e il pane tagliato a cubetti e mescolate brevemente. Unite il formaggio tagliato a dadini, regolate di olio, sale e pepe e servite.
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Ambiente e Benessere
Aria e luce nuova alla straLugano 2014 Sport Diverse le novità per l’importante evento del calendario podistico ticinese, dalle sfumature internazionali
Elia Stampanoni Il 28 settembre torna l’appuntamento autunnale con la straLugano, la manifestazione podistica giunta alla nona edizione. Per l’occasione, il comitato d’organizzazione ha previsto diverse novità, sempre allo scopo di migliorare l’offerta sportiva dell’evento, da anni punto fisso del calendario podistico e non solo. La prima novità è senz’altro la modifica del percorso, in particolare della partenza, spostata all’altezza del Centro Manifestazioni in via Campo Marzio. Qui saranno allestiti anche il punto di ritiro dei numeri, gli spogliatoi, le docce, la zona massaggiatori e il Pasta Party di Migros Ticino, offerto a tutti i concorrenti dopo lo sforzo profuso. Il tragitto della prova regina, la 30 chilometri «Panoramica», ricalca quello delle scorse edizioni, con una fase introduttiva nella zona di Cassarate, prima di dirigersi verso Paradiso. Dopo il primo strappo di San Martino, la gara (con partenza alle 10.00) procede perlopiù in pianura, lambendo il lago e transitando da Melide a Morcote, Figino e Grancia, prima della salita finale di Pambio-Noranco al chilometro 25, che riporta i podisti in città. Per coloro che tra il pubblico vorranno assistere agli arrivi, l’appuntamento è fissato sul lungolago all’altezza di Piazza Manzoni, a partire dalle 11.30. Come antipasto si potrà assistere alla prova sui 10 km, con un rinnovato circuito cittadino che vedrà gli atleti transitare dal Parco Ciani, prima di affrontare il lungolago fino a Paradiso e rientrare in città dopo un ulteriore circuito. Per loro la partenza è prevista alle 10.15 e i primi arrivi sono annunciati già alle 10.45, sempre in zona Piazza Manzoni.
La modifica del percorso è sicuramente un elemento di grande interesse per questa nuova edizione Confermata pure la staffetta 3x10 km, dove tre atleti si suddividono il percorso della 30 km (partenza ore 10.00). Il primo cambio è a Melide, mentre il
L’arrivo di Sang Chelangat, Kenya, vincitrice della 30 Km nel 2013. (Mario Curti)
secondo è a Barbengo, all’altezza del chilometro 21. Infine, per i bambini e i ragazzi sotto i 16 anni, verrà riproposta la KidsRun (dalle ore 14.00), una prova in circuito dove l’anno scorso sono stati quasi 300 i piccoli atleti a tagliare il traguardo. La straLugano aderisce pure al programma «I’M fit» (vedi articolo in basso), promosso da Migros a livello nazionale in collaborazione con «sant“e”scalade» e Swiss Athletics allo scopo di incitare il movimento giovanile. Tutte le squadre che si iscriveranno alla KidsRun della straLugano avranno la possibilità di qualificarsi per la finale svizzera di «I’M fit» che si
svolgerà il 14 marzo 2015 a Kerzers e vedrà confrontarsi i cinque team più veloci di ogni corsa popolare inserita in questo programma (per tutti gli interessati a iscrivere una squadra «I’M fit» alla straLugano: www.migros.ch/ it/sulla-migros/sponsoring/bambinie-ragazzi/i-m-fit/partecipare-a-i-m-fit. html). StraLugano è diventata da tempo persino sinonimo di handbike e nel 2014 Lugano ospiterà l’ultima tappa del Giro d’Italia di questa disciplina e del Nationaler Handbike Cup svizzero, dove gli sportivi (dalle 15.00) si affronteranno sul suggestivo circuito di 3500 metri da ripetere più volte in un’affasci-
nante sfida tra i migliori atleti svizzeri e italiani. Le rive del Ceresio saranno animate quindi da diversi momenti di sport, ma pure di movimento e di allegria. Il piatto forte è previsto quindi per tutta la giornata di domenica 28 settembre, mentre l’«antipasto» agonistico verrà servito già sabato dalle 20.00 con la FluoRun, un incontro non competitivo, dove si corre per 45 minuti attrezzati di colori fluorescenti, ciò che darà un tocco magico alla serata luganese. Per raggiungere Lugano si raccomanda di servirsi di bus e treni, anche perché nell’iscrizione è incluso un biglietto di trasporto pubblico
per tutto il Ticino e Moesano. In merito alle varie gare della straLugano, di cui Migros anche quest’anno è lo sponsor principale, ricordiamo invece che le iscrizioni sono aperte e si possono eseguire online sul sito web ufficiale www.stralugano.ch. Da subito e fino al prossimo 30 agosto presso gli SportXX Migros di Serfontana e S. Antonino, tutti gli interessati potranno provare la propria taglia della maglia tecnica Craft personalizzata per la competizione luganese.
straLugano, 28 settembre 2014
I’M fit motiva i giovani al movimento Podismo Un’iniziativa sostenuta da Migros vuole avvicinare bambini e ragazzi alle manifestazioni
di corsa popolare: l’obiettivo è anche quello di partecipare alla finale nazionale In Svizzera un bambino su cinque è obeso e limitato dal sovrappeso nella sua libertà di movimento. Le cause di questo problema sono da ricercare di regola in un’alimentazione sbilanciata e in una vita quotidiana in cui si pratica poco movimento fisco. «Fare sport ogni giorno non è solo un esercizio sano ma può essere anche un’abitudine divertente»: questo è uno dei messaggi principali che vuole diffondere I’M fit, un progetto di Migros, elaborato in collaborazione con «sant‘‘e’’scalade» (l’associazione ginevrina che prepara i giovani a partecipare alla storica manifestazione podistica, la «Course de l’Escalade») e con Swiss Athletics. L’iniziativa I’M fit è stata lanciata nel 2008 e ha come obiettivo quello di motivare il maggiorn numero possibile di bambini a partecipare alle manifestazioni di podismo popolare. Tuttavia, chi non si accontenta semplicemente di
Il prospetto informativo è scaricabile dal web gratuitamente (in francese).
«partecipare» alla corsa, da quest’ anno può cercare di qualificarsi per la finale svizzera di I’M fit. Le gare di qualificazione si svolgeranno in varie regioni della Svizzera (per il Ticino vedi qui sopra) e come lo scorso anno la finale si terrà a Kerzers, nel canton Friburgo: vi si confronteranno i cinque team più veloci di ogni corsa popolare. L’impegno della Migros, in questa e in tutte le numerose altre attività legate allo sport di massa, si propone di motivare i giovani a partecipare attivamente. L’intenzione è quella di mostrare soprattutto che il movimento è divertente e che, insieme a un’alimentazione equilibrata, è un fattore centrale per la salute. Nell’ambito di Generazione M Migros assicura, in collaborazione con i suoi partner, che entro il 2015 consentirà a 1,2 milioni di bambini di vivere eventi culturali, ambientali e sportivi. Così facendo l’azienda sottolinea quanto le stiano a
cuore i bambini e i giovani, cioè la generazione di domani. Per tutti coloro che desiderassero comprendere meglio cos’è e come funziona I’M fit, è disponibile un libretto di allenamento con indicazioni relative all’alimentazione e numerosi consigli per la corsa che potranno aiutare i team durante le loro sessioni di preparazione. Il pratico Diario sul movimento per i bambini non è solo un consigliere ideale per la fase di preparazione sportiva ma trasmette in modo divertente informazioni preziose sui temi dell’alimentazione, del movimento e della salute. Il libretto e il rispettivo vademecum (in francese) per i docenti possono essere ordinati (imfit@mgb.ch) o scaricati gratuitamente dal sito www.migros.ch/imfit.
I’M Fit, campagna nazionale 2014
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Ambiente e Benessere
Vincete un incontro con Sergio Ramos Concorso Lo spagnolo è uno dei migliori difensori al mondo. In esclusiva per la stampa Migros,
Pepsi sorteggia un incontro con il grande campione
Reto Meisser * Il 28enne spagnolo Sergio Ramos, terzino del Real Madrid, è indiscutibilmente un uomo da record: il 22 marzo 2013 è diventato il più giovane calciatore al mondo ad aver disputato 100 partite internazionali. Dopo aver esordito nel marzo 2005 nella squadra nazionale spagnola «La Roja» – quale primo diciottenne nel dopoguerra – si trasferisce quasi subito dal «suo»
Concorso online
di catapultare in doppia cifra il suo bottino personale di grandi trofei. Oltre al successo in Champions, l’andaluso ha già conquistato un titolo mondiale e due europei, tre campionati spagnoli e due vittorie in Coppa. Manca solo un altro Campionato mondiale per far apparire il numero dieci sul bilancio personale del difensore del Real. Una bazzecola, per un Sergio Ramos.
FC Siviglia al Real Madrid per circa 30 milioni di euro. Settimana scorsa, con i «galacticos» ha vinto la Champions League contro i rivali cittadini dell’Atlético. Da un campione del genere c’è solo da imparare. Ed è proprio quel che farà il vincitore del nostro sorteggio (vedi sotto), che potrà andare a Madrid e imparare un paio di trucchetti dal giocatore della nazionale spagnola. E chissà, magari il premiato verrà a sapere di prima mano chi ingaggerà prossimamente il Real Madrid, o se anche nello spogliatoio Cristiano Ronaldo è così vanitoso come in campo.
Pubblicata una biografia già a 26 anni
Sempre all’insegna dei record anche la pubblicazione della sua biografia. Nel dicembre 2012 – Ramos aveva appena 26 anni – è apparso Cuore, carattere e passione. L’autore ha tenuto a sottolineare che per lui la modestia è importantissima, e spera che la gente lo ricordi proprio per questa sua caratteristica. Durante la presentazione del libro, il fortissimo difensore ha avuto più di un attimo di commozione quando ha ringraziato la mamma e la sua famiglia. Legato alla giornalista televisiva Pilar Rubio, il ragazzone – alto 1,83 metri – è padre orgoglioso del piccolo Sergio junior, nato quattro settimane or sono. Ma ai Campionati del mondo gli attaccanti avversari non potranno sperare di ottenere misericordia. Sul campo questo grande terzino non conosce pietà. Al massimo potrà spremere una lacrimuccia quando risuonerà l’inno nazionale spagnolo o un avversario gli pianterà una gomitata in faccia. E forse quando Sergio Ramos alzerà la Coppa al cielo e festeggerà il suo decimo grande trofeo. Ma questa è musica del futuro.
Quattro giorni a Madrid
Nell’ambito della campagna della Pepsi sul calcio, il vincitore e il suo accompagnatore avranno l’occasione di scoprire la capitale spagnola durante un soggiorno con tre pernottamenti per due persone in un albergo a quattro stelle. Il premio, che comprende una seduta d’allenamento con Ramos, ha un valore complessivo di 23’000 franchi. Dettagli e partecipazione: www.azione.ch.
Ramos vuol restare al Real fino al termine della carriera
Dopo i Mondiali brasiliani, Sergio Ramos inizierà la sua decima stagione al Real. Non sarà l’ultima, in quanto il 28enne intende restare fedele al club madrileno fino al termine della sua carriera. Il dieci è un numero col quale pare aver molto a che fare: non solo la sua rete di testa ottenuta in extremis ha permesso al Real Madrid di vincere la sua decima Coppa nella Champions League, ma la vittoria di quest’anno permette anche a Ramos
La campagna sul calcio della Pepsi Oltre a Sergio Ramos, i sei campioni della campagna sul calcio della Pepsi sono Lionel Messi, Robin van Persie, Jack Wilshere, Sergio Agüero e David Luiz. Guardatevi il video su www. azione.ch e festeggiate con i campioni il più bello sport del mondo.
Ramos è fiero di far parte della supersquadra di Pepsi, intende godersi appieno l’anno calcistico 2014 e «vivere ed amare assieme ai nostri tifosi ogni singolo momento». Quanto durerà questo momento si capirà già nei prossimi giorni.
Ramos riesce quasi sempre ad anticipare gli avversari: qui durante i quarti di finale dei Campionati europei contro il francese Jérémy Ménez. (Keystone)
*Redattore di Migros Magazin
Giochi Sudoku Livello per geni
Cruciverba In questo cruciverba è nascosto un proverbio, lo troverai a soluzione ultimata nelle caselle evidenziate.
ORIZZONTALI
1. Bianca per chi lascia fare 5. Si alzano discutendo 9. Donna senza precedenti 10. Rampicanti tropicali 12. Iniziali dell’attore Depardieu 13. Lascia l’amaro in bocca 14. Vi si adagiano i neonati 15. Costringe il tennista a ripetere il servizio 16. Imbarcazioni per un solo passeggero 17. Combattè a fianco di Garibaldi 18. Affluente della Garonna 19. Isola corallina con lagune 21. Così si chiamava la Francia 23. Frequentata dal 4 verticale 24. Primo elemento di parole scientifiche con significato di «interno»
Scopo del gioco
Completare lo schema classico (81 caselle, 9 blocchi, 9 righe per 9 colonne) in modo che ogni colonna, ogni riga e ogni blocco contenga tutti i numeri da 1 a 9, nessuno escluso e senza ripetizioni.
25. Isola del golfo di Napoli 28. Un mezzo di questo... 29. Il filosofo e scrittore francese Diderot 30. Le iniziali della Littizzetto 31. Una consonante 32. Stato del Medio Oriente 33. Senatore in breve 34. Contrapposto a disparo 35. Stato dell’Asia VERTICALI 1. L’Ultima... opera di Leonardo Da Vinci 2. Progenitore 3. Le iniziali di Arbore 4. Non sempre imparano la lezione 5. Frammento di pianta che ne genera un’altra 6. È il numero uno in Inghilterra 7. Particella negativa
8. Si può soffiare... 11. Il nonno di Priamo 12. Una cesta sulle spalle 14. Il conduttore tv Conti 15. Invalidati 16. Così si batte il ferro 17. Giri in Francia 18. Così sono gli auguri che si cantano 20. Vengono distribuiti da «Striscia la notizia» 21. Cenno, mossa 22. Può essere balsamico 26. Termine da ricette 27. Osso del corpo umano 29. Consegnar 30. Pronome personale 32. Gli estremi della querela 33. Le iniziali del pittore Dalì
Soluzione della settimana precedente
Le proprietà delle piante – Resto della frase: …Schiarisce le lentiggini.
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Politica e Economia La via di Matteo Renzi Reduce dalla vittoria alle europee, il premier italiano vuole salvare l’Europa
Expo 2015 Il grande giro di appalti e mazzette che ruota attorno alla manifestazione milanese riporta alla memoria Tangentopoli
Argentina allo sfascio Produzione industriale ferma e impennata dei prezzi. Mentre la Cina si compra il suo petrolio
La consulenza economica A differenza dal resto dell’Europa, dal 2007 in Svizzera c’è stato un boom di nuovi impieghi: mezzo milione pagina 29
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L’Europa del futuro dovrà tenere conto del forte messaggio uscito dalla urne. (Keystone)
Una corsa in salita
Elezioni europee La costruzione dell’Ue ha subìto un grave colpo dai partiti nazionalisti e intanto si fanno avanti
i leader che processano l’Europa per introdurvi sostanziali cambiamenti Marzio Rigonalli La botta data dall’estrema destra ai partiti tradizionali, impegnati nella costruzione dell’Unione europea, ha lasciato il segno ed è destinata ad incidere sul futuro percorso politico ed economico dell’Europa. Il colpo è partito da più Paesi e non da aree geograficamente ben delimitate. In Francia, Gran Bretagna e Danimarca, i partiti contrari all’Ue sono usciti in testa dalla consultazione elettorale. Altrove, come in Austria, Ungheria, e Svezia, hanno ottenuto un buon risultato. Pochi, invece, sono i paesi, come l’Olanda, dove non sono riusciti ad emergere smentendo le previsioni dei sondaggi. E accanto a queste forze, se ne sono aggiunte altre, dichiaratamente naziste, come l’ungherese Jobbik (il Movimento per un’Ungheria Migliore) che è riuscito a fare eleggere tre deputati, o la greca Alba Dorata, che porterà al parlamento europeo due suoi membri. Insieme, tutti questi partiti hanno ottenuto più di 140 eurodeputati, pari a circa un quinto del parlamento. Non si tratta di un gruppo omogeneo, con posizioni fortemente condivise, ma pur sempre di una forza in grado di ostacolare, rallentare, ed in certi casi, perfino bloccare le decisioni del legisla-
tivo europeo. Non si tratta nemmeno di un’onda antieuropea che investe soltanto i Paesi maggiormente colpiti dalla crisi economica. L’Austria, con l’FPÖ (il Partito della Libertà), e la Danimarca, con il DFP (Il Partito del Popolo), sono paesi che non sono stati travolti dalla crisi. Infine, questi partiti e movimenti di estrema destra non sono fioriti soltanto nell’area dell’euro, bensì anche in Stati che stanno fuori e che hanno ancora la loro moneta nazionale. Accanto ai rappresentanti dell’onda antieuropea, nel nuovo parlamento sono entrate anche forze non contrarie all’Europa, come progetto comune di condivisione dei compiti e di solidarietà tra le nazioni, ma molto critiche nei confronti dell’attuale costruzione europea. Sono forze collocate soprattutto all’estrema sinistra, come Tsipras, che è uscito primo fra i partiti in Grecia. E poi vi sono partiti, come quello di Renzi in Italia, che sono favorevoli al progetto europeo, ma che vorrebbero introdurvi sostanziali cambiamenti. In che modo questa nuova realtà politica, critica, scettica, o addirittura schierata contro l’Europa, si ripercuoterà sul processo d’integrazione, in corso da più di 50 anni? Le forze moderate hanno perso parecchi consensi, ma sono comunque riuscite a conservare
la maggioranza nell’europarlamento, nel quale siedono 751 deputati. Il Partito Popolare (213), i Socialdemocratici (190), i Liberali (64) ed i Verdi (53) totalizzano insieme 520 deputati, ben sopra alla maggioranza assoluta che è di 376. È una maggioranza numerica, ovviamente, che per concretarsi richiederà convergenze politiche, in particolare un’intesa tra popolari e socialdemocratici. Una sorta di Grosse Koalition, seguendo il modello tedesco. Sarebbe, però, un grosso errore continuare sulla falsariga di quanto è stato fatto negli ultimi anni, sia a livello di europarlamento, sia in seno alla Commissione europea, sia nel Consiglio europeo, che è composto dai capi di Stato e di governo dei 28 Paesi membri, che definisce i grandi orientamenti e che prende le decisioni più importanti. Dalle urne elettorali sono usciti un grido di dolore e una gran voglia di cambiamento. Il dolore di chi ha sofferto e soffre tutt’ora della crisi economica, e non ha trovato nell’Unione europea il sostegno e l’aiuto che si aspettava. Il dolore di chi non arriva ad immaginare un futuro migliore e che tutti i giorni sente dire dai politici nazionali che è tutta colpa dell’Europa e di Bruxelles e che loro non sono responsabili della disoccupazione, della mancanza di in-
vestimenti, della debole crescita, della corruzione, della burocrazia soffocante e così via. La voglia di cambiamento viene da chi auspica un modello europeo diverso. Innanzitutto, più democratico e più vicino alla gente. Il fossato tra il cosiddetto eurocrate ed i cittadini è immenso e va colmato con l’elezione, od un’altra forma di designazione democratica, dei responsabili dell’Unione europea. Poi, più solidale, in grado di garantire forme di aiuto reciproco tra i paesi, senza abbandonare i cittadini di uno Stato, costringendoli a pagare per le malefatte dei loro governanti. Infine, un modello strutturalmente adeguato per affrontare i grandi problemi che l’Europa si trova di fronte. Dalle grandi scelte economiche e monetarie alla gestione dell’immigrazione, dall’affermazione sul piano internazionale alle sfide che pone la competitività con le altre grandi potenze regionali. L’Europa del futuro dovrà tener conto di questo forte messaggio, dovrà attuare i cambiamenti necessari, favorendo quello che conta nella vita di tutti i cittadini, ossia il lavoro, la formazione ed un avvenire decente. Se, invece, non muterà rotta, se continuerà ad operare con gli stessi criteri applicati negli ultimi anni, in particolare difendendo
a spada tratta la politica economica di austerità, allora la schiera degli euroscettici e degli eurofobi s’infoltirà e il progetto d’integrazione rischierà, un giorno, di tornare nel mondo dei sogni. La nomina del futuro presidente della Commissione europea, prevista entro la metà di luglio, fornirà già un primo segnale. Il futuro dell’Europa e dell’europarlamento interessa, ovviamente, anche la Svizzera. Il nuovo parlamento renderà più facili le relazioni con il nostro Paese, o complicherà ulteriormente la già problematica situazione? È difficile fare un pronostico, però la nuova costellazione politica non lascia molto spazio all’ottimismo. Per almeno due ragioni. Primo, perché tutti i partiti antieuropei difendono i propri interessi nazionali e, probabilmente, non avranno buone ragioni per mostrarsi comprensibili nei confronti della Svizzera. Secondo, perché i partiti che formano la maggioranza si dimostreranno intransigenti sui valori dell’Unione, come per esempio sulla libera circolazione delle persone, un po’ per non dare l’impressione di cedere alle pressioni esterne, un po’ per non aprire uno spiraglio, del quale i partiti antieuropei potrebbero servirsi per far passare le loro rivendicazioni.
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Politica e Economia
L’Europa di Renzi Il voto italiano Si è votato per eleggere la propria rappresentanza a Strasburgo, ma i due principali contendenti
– il premier e il leader di M5S – hanno dato alla contesa un carattere nazionale. Risoltasi a favore del primo
Alfredo Venturi Un punto avanti o un punto indietro rispetto a Beppe Grillo non cambierà niente. Così diceva Matteo Renzi poche ore prima del voto, quando tutto, compresi i sondaggi una volta ancora fallimentari, lasciava presagire fra lui e il rivale a cinque stelle un arrivo sul filo di lana. Non se l’aspettava proprio, e nessuno si aspettava, la voragine che a spoglio avvenuto li ha separati. Il Partito democratico che sfiora il 41 per cento, il Movimento grillino appena sopra il 21. Un risultato spettacolare e quasi inedito, soltanto la Democrazia cristiana era riuscita nel 1958, in pieno boom economico, a superare la soglia del 40 per cento. Nella sua trionfale serata il presidente del consiglio preferisce non farsi vedere. Parlano i suoi fedelissimi: increduli, entusiasti. La mattina dopo Renzi, insignito da «Le Monde» del titolo di «campione d’Europa», veste i panni del vincitore magnanimo: l’Italia ha bisogno di riforme, se i cinque stelle vogliono collaborare siedano pure al tavolo del confronto e della collaborazione...
Con meno del 17 per cento dei voti, Forza Italia è al suo minimo storico. Molti fanno notare che il vero successore di Berlusconi è Renzi Anche Grillo ha taciuto a lungo dopo la tremenda batosta, mentre nel suo adorato web si rincorrevano le più velenose irrisioni. Un hashtag del capo, #vinciamonoi, si è rapidamente tramutato in #vinciamopoi. Per l’ex comico la delusione è cocente. Inebriato dalle piazze gremite dei suoi comizi (molto più affollate di quelle di Renzi), non aveva dubbi sul successo. Non aveva capito che si trattava non tanto di una platea elettorale, quanto di un pubblico accorso allo spettacolo del comico prestato alla politica. Nell’ultima orazione aveva prefigurato il KO: «Noi non vinciamo, stravinciamo!» È necessario aspettare l’indomani del voto per rivederlo in video. Teso, visibilmente contratto, dice che sì, è andata male, ma il M5S resta pur sempre la seconda forza politica e «il tempo lavora per noi». Poi tenta la strada dell’ironia: prendetemi pure in giro, ma certo, vinceremo poi! Poco prima, sul blog, aveva scritto che gli ita-
liani si pentiranno della loro scelta, ora rincara la dose parlando di una «generazione di pensionati» che non ha voglia né coraggio per cambiare. Si è votato per eleggere la rappresentanza italiana al Parlamento europeo, ma i due principali contendenti avevano dato alla contesa un carattere nazionale. Dopo la nostra vittoria Renzi dovrà dimettersi, sbraitava Grillo nelle piazze. Comunque vadano le cose, non avranno conseguenze sul governo, ribatteva il rivale, implicitamente confermando la previsione generale di un arrivo testa a testa. Ora il capo del governo, criticato fin qui perché privo di legittimazione popolare, potrebbe chiedere lo scioglimento delle camere e le elezioni anticipate, si garantirebbe una schiacciante maggioranza con qualsiasi legge elettorale. Eppure lo esclude: niente interruzione della legislatura, abbiamo un sacco di lavoro da fare e dunque andiamo avanti fino alla scadenza naturale nel 2018. Continuerà a vedersela con la maggioranza assai ristretta in senato, ma la forza politica che gli deriva dal plebiscito del voto europeo è tale da garantirgli una navigazione tranquilla. Avanti dunque con l’alleato interno, i transfughi ex Pdl del Nuovo centro destra che hanno ottenuto un 4 per cento dei voti, e con il socio esterno, quel Silvio Berlusconi che stipulò con lui un patto per realizzare alcune riforme, e che il voto europeo ha duramente ridimensionato. Con meno del 17 per cento dei voti, Forza Italia è al suo minimo storico. Nel terzetto di testa, Renzi, Grillo e Berlusconi, a quest’ultimo tocca il ruolo di principale perdente. Nel dopo-voto si apre un interessante dibattito supplementare: Berlusconi ha perduto perché il suo tempo è finito e i processi e la condanna per frode fiscale lo hanno squalificato agli occhi degli elettori, come sostengono gli avversari, o piuttosto, come argomentano i fedelissimi, per le costrizioni con cui l’«ingiusta» condanna e l’affidamento ai servizi sociali lo hanno incatenato? Sta di fatto che proprio questa «ingiustizia» è stata fra i temi della sua campagna, l’ex presidente ha rischiato addirittura, per amor di polemica, di compromettere il delicato equilibrio formale che gli permette di ridurre la condanna a quattro ore settimanali di lavoro in un centro per anziani. Nella giornata del suo più grave rovescio politico, nemmeno Berlusconi si fa sentire, preferisce lasciar parlare i suoi. Lo dicono turbato ma ancora ben determinato a far pesare la superstite forza del suo schieramento, il terzo
Matteo Renzi, insignito da «Le Monde» del titolo di campione d’Europa. (Keystone)
dopo Pd e M5S. Dice che i suoi voti sono ancora necessari per varare le riforme. Non è abituato a battersi in terza posizione, eppure si ripropone come il punto di aggregazione dei moderati, vorrebbe ricomporre la frattura che a suo tempo lacerò il Popolo della libertà, preparare la riscossa attraverso la riunione con il Ncd del «traditore» Angelino Alfano. Ma quest’ultimo la esclude, invita piuttosto Renzi a non trascurare il ruolo del Ncd, a non considerare il governo un monocolore Pd. Berlusconi sa di non avere più la grinta degli anni migliori, come ha dimostrato la sua diafana campagna elettorale, e pensa alla successione. Poiché la disfatta ha bruciato il delfino Giovanni Toti, si è riaffacciato per un attimo il nome della figlia Marina. Ma c’è chi fa notare, con sarcasmo non privo di realismo, che Berlusconi un successore ce l’ha già: è Matteo Renzi. Una sommaria analisi del voto porta alla conclusione che per raggiungere il suo straordinario risultato il Pd non ha pescato soltanto nel tradizionale bacino elettorale di centro-sinistra, né soltanto fra i grillini delusi dalle intemperanze del capo. Una parte di quel 40 per cento viene proprio dal centro-destra, che
individua nel giovane capo del governo un nuovo «uomo della provvidenza», uno che non si fa condizionare dall’ideologismo gauchiste, uno che sa cantarle chiare ai sindacati. Se è vero che nella storia elettorale italiana un partito di sinistra non aveva mai raccolto una simile messe di voti, è anche vero che qualcuno fatica a considerare il Pd di Renzi come un partito di sinistra. C’è chi lo vede come una sorta di Democrazia cristiana, una Democrazia renziana... Un elemento interessante di questo voto è il rapporto fra i tre personaggi principali, l’intrecciarsi dei loro destini. Al declino di Berlusconi fa riscontro il sorgere dell’astro Renzi, a sua volta quest’ultimo deve molto alla presenza di Grillo. Era frequentemente citata, nei giorni che hanno preceduto il 25 maggio, una famosa espressione di Indro Montanelli. Risale agli anni in cui si fronteggiavano il Partito comunista più forte dell’Occidente e la Democrazia cristiana. Dovendo scegliere fra gli inconvenienti tipicamente democristiani di una gestione disinvolta del potere, la prospettiva di mettere in pericolo l’assetto sociale e il rischio di disperdere i voti
fra i partiti minori, il celebre giornalista tranciava: «Turiamoci il naso e votiamo Dc». Ora questa formula è tornata di moda, impiegata stavolta per motivare un voto al Pd, «nonostante Renzi», con il desiderio di fermare la deriva populista di Grillo. Nasce di qui una parte della valanga di voti che ha investito il presidente del consiglio: il resto da un’autentica volontà di cambiamento, affidata a mani considerate più sicure di quelle gesticolanti del tribuno a cinque stelle. All’indomani del trionfo, poco prima di volare a Bruxelles, Renzi ricorda la natura di questo appuntamento elettorale, un voto europeo affiancato da elezioni locali (anche in queste il Pd ha stravinto, in particolare riconquistando la regione Piemonte). A poche settimane dall’assunzione della presidenza semestrale del consiglio dell’Ue, il capo del governo di Roma riprende uno dei temi della sua campagna, il più ambizioso: cambiare l’Europa. Chiede che l’Unione corregga le sue politiche a proposito di due emergenze: la crisi economico-finanziaria e i flussi migratori. Renzi proverà a convincere gli altri Ventisette, in particolare l’egemone Germania di Angela Merkel, che la politica fondata esclusivamente sul rigore ha sì risanato i conti ma ha profondamente ferito l’economia produttiva in Italia e altrove generando disoccupazione e miseria: occorre dunque allentare l’austerità, intervenire su vincoli paralizzanti come il fiscal compact, far ripartire gli investimenti. Sul secondo punto si tratta di prospettare un’evidente realtà geopolitica: la Sicilia e le altre isole del Sud non sono soltanto il confine dell’Italia, sono la frontiera dell’Europa. I clandestini che vi approdano a migliaia, dopo che la marina italiana li ha soccorsi al largo con profondo impegno umanitario e grande dispendio di risorse, viaggiano verso l’Europa, non necessariamente verso l’Italia. Dunque dev’essere l’Unione nel suo insieme a farsi carico di questo problema, che tutto lascia credere destinato ad aggravarsi sempre più. Renzi si presenta a Bruxelles rafforzato da una straordinaria affermazione elettorale, ma il suo profilo vincente è offuscato dal mancato successo degli altri partiti che nel parlamento di Strasburgo costituiscono il gruppo dei socialisti e democratici. A questo gruppo il Pd italiano contribuisce con la delegazione più numerosa. Ma il crollo dei socialisti francesi e dei laburisti britannici ne fa la seconda forza alle spalle del fronte conservatore, i popolari della cancelliera Merkel. Annuncio pubblicitario
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Politica e Economia
Le mani su Expo 2015 Fiera universale L’esposizione milanese è risultata un lato del triangolo di un enorme giro di tangenti –
La speranza risiede ora nella nomina di un nuovo direttore e di un magistrato incaricato di vigilare sugli appalti
Il cantiere di Milano-Rho di Expo 2015. (© Ti-Press)
Alfio Caruso L’Expo, capace nel 1906 di trasformare Milano e di lanciarla verso l’ambito riconoscimento di «capitale morale» d’Italia, costò 13 milioni di lire (l’equivalente di 50 milioni di euro). I padiglioni furono costruiti alle spalle del Castello Sforzesco e lasciarono in eredità il Parco Sempione, l’acquario civico, una serie di edifici, che poi furono la base della Fiera Campionaria, inaugurata nel 1923, e di una clamorosa crescita urbanistica. Sei anni addietro, al momento dell’aggiudicazione, molti avevano pensato e sperato che pure l’Expo del 2015 avrebbe potuto favorire una nuova resurrezione. Oggi la domanda è se si riuscirà a completare le strutture in tempo per l’inaugurazione del 1° maggio prossimo e che cosa ne sarà di progetti in grado di muovere, tra pubblico e privato, oltre 2,65 miliardi di euro. D’altronde è dal 2010 che le nubi si addensano sulla manifestazione. Già allora si era capito che più del risultato importavano la gestione dei terreni e degli appalti. Per la prima volta nella storia delle esposizioni universali, le aree non erano pubbliche, ma private: valore di esproprio 10, prezzo assegnato 161. A vendere una nota famiglia d’immobiliaristi, i Cabassi, bene intrecciata con altre dinastie del denaro. A comprare Arexpo (quote suddivise tra Regione, Comune di Milano, Comune di Rho, Provincia e Fondazione Fiera), che ha ceduto a Expo spa (Governo 40%, regione Lombardia 20%, comune di Milano 20%, provincia di Milano 10%, camera di commercio, industria, agricoltura e artigianato 10%) i diritti di superficie fino al 30 giugno 2016. Dal 1° luglio Arexpo potrà avviare «un processo di sviluppo del piano urbanistico dell’area» e una variante, opportunamente inserita nel 2011, apre prospettive sconfinate di guadagno: si parla di una cifra superiore ai 350 milioni di euro.
Le inchieste e gli arresti orchestrati negli ultimi mesi dalla procura di Milano raccontano un rabbrividente assalto alla diligenza, dove l’Expo costituiva soltanto un lato del triangolo. Gli altri due erano la sanità milanese – dall’inutile e costosissima Città della Salute all’immenso patrimonio immobiliare del Policlinico – e la bonifica dell’immensa area Falck di Sesto San Giovanni, alle porte di Milano. Terreni, cantieri, appalti, carriere, affidamenti, designazioni sono finite nell’orbita di Infrastrutture Lombarde, la sperimentata macchina da guerra voluta dall’ex presidente della regione Roberto Formigoni per gestire «al meglio» le infrastrutture di competenza. Dopo aver dominato la politica regionale per un ventennio e aver accarezzato il sogno di succedere a Berlusconi, Formigoni è imputato di corruzione e associazione a delinquere per i presunti benefici ricevuti da alcune case di cura. In un anno è stato costretto a rinunciare alla poltrona presidenziale e alla candidatura europea, tuttavia non voleva neppure lasciare l’incarico di commissario generale dell’Esposizione. Tra le sue nomine quella dell’ex colonnello dei carabinieri Giuseppe De Donno nel «Comitato per la legalità e la trasparenza delle procedure regionali dell’Expo». Il curriculum del colonnello, ora fra gli indagati, è assai controverso: dalla cattura di Riina alla presunta trattativa Stato-mafia, appare anche in una telefonata di complimenti a Marcello Dell’Utri, dopo che la Cassazione aveva annullato la prima condanna per concorso esterno in associazione mafiosa. Il direttore generale di Infrastrutture Lombarde era l’ingegner Antonio Rognoni, arrestato in marzo assieme ad altri dirigenti con 66 capi d’imputazioni. Eppure proprio a lui, su indicazione della Regione, ci si era rivolti quando i ritardi, le polemiche, il braccio di ferro sul nome dell’amministratore – da Gli-
senti, voluto dall’ex sindaco Letizia Moratti, all’ex ministro Stanca, imposto da Berlusconi, prima di confluire sull’ex direttore generale del Comune, Sala – avevano alimentato grosse incertezze sul completamento dei cantieri. Sotto la supervisione di Rognoni, era stato nominato direttore l’ingegner Angelo Paris, reduce da una brillante esperienza nelle Olimpiadi invernali di Torino (2006). Nessuna protesta per la brusca defenestrazione dell’ingegner Renzo Gorini, cui non difettava la competenza, ma che si era ritrovato senza santi protettori nel momento in cui prevaleva l’appartenenza alla «banda».
È dal 2010 che le nubi si addensano sulla manifestazione a causa della gestione dei terreni e degli appalti Quella che ha operato fino all’inizio di maggio fa un po’ sorridere: reduci e vecchi arnesi della Tangentopoli degli anni Novanta – l’ex dc Gian Stefano Frigerio, l’ex deputato berlusconiano Luigi Grillo, l’ex pci Primo Greganti, l’imprenditore Enrico Maltauro, il lobbista Sergio Cattozzo, – tuttavia i risultati sono stati stupefacenti. Da qui l’interrogativo se possono aver agito da soli o se hanno sfruttato la rete dei politici: nelle intercettazioni sono tirati in ballo il Nuovo Centro Destra del ministro dell’Interno Alfano, con cui militano Frigerio, Grillo e Cattozzo; un paio di collaboratori di Renzi nel Pd, per il quale è tesserato Greganti; il ministro Galletti e il segretario Cesa, entrambi dell’Unione di centro di Casini. Le indagini non hanno finora individuato complicità di spicco, bensì il nuovo piano della banda: gestire, attraverso la nomina di dirigenti amici, gli investimenti di Finmeccanica
– circa 3 miliardi di euro – per l’eliminazione di scorie radioattive. La calibrata suddivisione degli appalti Expo ha consentito la vittoria di aziende legate a Comunione e Liberazione, l’associazione cattolica trasformatasi in un’idrovora affaristica, di aziende legate alle Cooperative rosse, di aziende come quella di Maltauro disposte a sborsare 1’200’000 euro di mance. Tutte pronte a pagare il favore di ricevere bandi tagliati su misura, di conoscere in anticipo le offerte rivali e di poter, dunque, ridurre le proprie confidando di rifarsi con i ribassi e con le immancabili variazioni in corso d’opera. In aiuto giocavano anche i tempi sempre più stretti e l’avvicinarsi del semestre di presidenza italiana del Consiglio europeo. L’urgenza di fare in fretta è diventata la copertura perfetta di ogni forzatura. Solo che di forzatura in forzatura sono state segate tutte le regole predisposte per salvare la legittimità di ogni atto. Fondamentale il ruolo di Paris, anch’egli in manette, prono a ogni richiesta del comitato delle tangenti (tra lo 0,3 e lo 0,5 dell’importo): per sé chiedeva soltanto di essere agevolato nella carriera. Così le diverse norme approvate di volta in volta hanno consentito di derogare a ben 78 articoli del codice dei contratti pubblici. Nessuna fase si è salvata: termini per le offerte, progettazione, aggiudicazione degli appalti, direzione dei lavori, procedure di affidamento, disciplina dei lavori complementari, subappalti, varianti in corso d’opera, adeguamento dei prezzi, penali. Le deroghe non sono valse soltanto per le opere dell’Expo, ma anche per quelle definite strettamente funzionali all’evento. Ovvero, le linee M4 e M5 della metropolitana, l’interconnessione fra la statale 11 e l’autostrada Torino-Milano, il collegamento fra la stessa statale e l’autostrada dei Laghi, l’adeguamento della medesima autostrada tra gli svin-
coli Expo e Fiera, i cosiddetti parcheggi remoti. Negli anni di attività dei cantieri Expo sono state evase 1836 pratiche, 255 quelle ancora sotto esame; sono stati emessi 33 provvedimenti di interdizione, solo 3 aziende risultano escluse; il tetto per gli appalti da sottoporre ai controlli antimafia è stato alzato da 50 mila a oltre 100 mila euro di importo. Ancora in marzo il commissario unico dell’Expo Giuseppe Sala, alla presenza del sindaco di Milano Giuliano Pisapia, del presidente della Regione Roberto Maroni e di quattro ministri (Maurizio Lupi, Federica Guidi, Dario Franceschini e Maurizio Martina), ha affermato che se non si fossero allentati i controlli antimafia le opere non sarebbero state concluse in tempo. Adesso indaga anche la Corte dei conti. Eppure i segnali d’allarme non erano mancati. Un’inchiesta del settimanale «L’Espresso» ha rivelato che il sostituto procuratore Pier Luigi Dall’Osso, in prima linea nel contrasto al malaffare, aveva allertato sui metodi della Maltauro. L’interdizione nei suoi confronti non era stata però firmata per l’opposizione del provveditore delle Opere Pubbliche, Pietro Baratono. A suo dire, «l’adozione di un eventuale provvedimento interdittivo potrebbe mettere a rischio la realizzazione dell’evento». Sempre il solito ricatto, come se in Italia non avessimo imparato già con i Grandi Eventi gestiti dalla Protezione civile che dietro l’assillo delle scadenze si nasconde sempre l’imbroglio. La speranza di ripristinare la legalità risiede in due nomine: quella di Raffaele Cantone, il magistrato presidente dell’Autorità anticorruzione (Anac), incaricato di vigilare sugli appalti, e quella di Marco Rettighieri, reduce dai lavori della Tav, a direttore generale. In contemporanea il governo pare deciso a reintrodurre il reato di falso bilancio, azzerato da Berlusconi nel 2002.
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Politica e Economia
Tsunami Modi India Da 12 anni alla guida dello Stato nord
occidentale del Gujarat, il politico del partito Bharatiya Janata Party (Bjp), diventa premier sbaragliando la famiglia Gandhi Francesca Marino A Caleta Olivia la grande statua è un omaggio ai lavoratori del petrolio. (Keystone)
Tango cinese Argentina A salvare il Paese in piena stagflazione si moltiplicano
gli investimenti speculativi di Pechino in campo petrolifero Angela Nocioni Si chiama stagflazione il nuovo spettro che terrorizza l’Argentina. Stagnazione più inflazione allo stesso tempo. La pericolosa convivenza tra il ristagno della produzione industriale e un’impennata dei prezzi, minaccia l’economia di Buenos Aires e avvelena il clima politico del Paese, già in piena campagna elettorale nonostante manchi più di un anno alle prossime presidenziali. Cala l’attività industriale, calano i consumi, scende il potere d’acquisto. L’inflazione è al 35%. La crescita è tracollata dal 4% allo 0,5%, per essere un’economia emergente è un valore critico. Questo scenario ha conseguenze tragiche sul livello di accesso al consumo, anche di base, di grandi fasce della popolazione e sulla possibilità di guadagno nelle imprese. La stagflazione è esistita negli Stati Uniti degli anni 60 e in Inghilterra, Francia e Italia dopo il boom industriale in Europa, ma lì si trattava di un fenomeno che aveva impatto su economie robuste con grosse imprese pubbliche e private su cui contare. Con tutt’altro tipo di conseguenze. In Argentina la stagflazione si fa invece drammatica perché l’industria pubblica, quasi interamente svenduta durante gli anni 90, e quella privata, poco produttiva e concentrata in poche mani, sono debolissime. È su questo tessuto economico assai fragile che l’inflazione cresce senza posa da due anni e la produzione cala ininterrottamente. Per il 2014 tutte le previsioni private danno la crescita a un massimo dell’1% e quell’uno per cento è sostenuto soltanto dall’esportazione di prodotti agricoli. Le conseguenze della stagflazione in una situazione simile rischiano di essere una nulla capacità di generazione di occupazione, salari negativi in termini reali e riduzione dei margini di guadagni delle imprese. L’unica àncora di salvezza alla quale può affidarsi l’Argentina in questo momento sembrano gli investimenti cinesi. Speculativi, rapaci e comunque vincolati a interessi lontani, estranei alle necessità nazionali. La Cina porta tonnellate di valuta fresca in Argentina per comprare petrolio, risorse minerarie, strutture finanziarie, opere pubbliche e intere porzioni di territorio destinate alla produzione agricola (di riso e soia soprattutto). Il prossimo 19 luglio il presidente cinese, Xi Jinping, arriverà in Argentina per inaugurare ben due dighe finanziate da Pechino. Il suo ministro degli Esteri, Wang Yi, ha incontrato a fine aprile la presidente argentina Cristina Kirchner con cui ha concordato nuovi investimenti nell’agrobusiness, parte di un fiume di capitale in arrivo da Pechino finalizzato a sviluppare e sostenere la produzione argentina per poter poi esportare quei prodotti in Cina. Questa politica cinese, riprodotta nello stesso schema in
gran parte dell’America latina, è l’esecuzione di un disegno politico deciso dal gigante asiatico nel 1999 destinato a promuovere gli investimenti delle imprese cinesi all’estero utilizzando l’enorme quantità di valuta accumulata negli anni di successo commerciale cinese. Secondo le cifre fornite dall’ambasciata cinese a Buenos Aires, più di 30 compagnie cinesi stanno investendo in Argentina nei settori più vari: dalla produzione di apparecchi televisivi, alla finanza, alla pesca d’altura. Pechino è ormai il secondo partner commerciale dell’Argentina e il terzo fornitore di capitale estero dopo Stati Uniti e Spagna, storici investitori. La China National Offshore Oil Company (Cnocc), per esempio, ha comperato tutto ciò che di petrolifero c’era da comprare in Argentina e ora è la seconda impresa del settore a Buenos Aires, preceduta solo dalla Ypf, che è l’impresa pubblica di petrolio, nazionalizzata due anni fa dopo la cacciata della spagnola Repsol, a cui è stato recentemente accordato un lauto indennizzo. Il provvedimento, passato definitivamente con 135 voti a favore, 59 contrari e 42 astensioni alla Camera, dopo essere stato approvato in Senato, è stato promulgato dal governo. Si tratta di un pagamento di 5 miliardi di dollari al gruppo spagnolo attraverso l’emissione di una serie di titoli con scadenze comprese tra il 2017 ed il 2033 e tassi di interesse compresi tra il 7% e l’8,75%. Con questo atto, si pone fine al contenzioso con la multinazionale che ha già annunciato il ritiro dei ricorsi internazionali presentati finora. Un capitolo necessario per Buenos Aires che, altrimenti, si sarebbe trovata con la porta chiusa in faccia da tutti gli investitori potenziali, di cui ha terribilmente bisogno, al di là delle dichiarazioni favoleggianti sull’autarchia di cui si ammanta il governo neoperonista per semplici ragioni ideologiche. Perché poi quando c’è da presentarsi nei consessi dei grandi organismi internazionali il governo peronista si presenta, eccome. Nel pieno della baraonda economica l’uomo più potente del governo della Kirchner, il quarantenne ministro dell’Economia, Axel Kichillof, ha fatto il suo debutto alla riunione del Fondo monetario internazionale a Washington, la prima da quando è in carica. Nel suo intervento, Kichillof ha ribadito che il FMI «non è più creditore del Paese,» ricordando che la sua presenza non aveva l’obiettivo di «chiedere soldi», ma era solo dovuta «all’essere tuttora membro dell’organismo». È stata questa la prima occasione ufficiale di dialogo del governo argentino con il FMI. Altro gigante cinese in Argentina è la Sinopec, l’impresa petrolifera più grande della Cina, la settima a livello mondiale, che ha comperato la Oxi, altra grande impresa di petrolio una volta associata alla Repsol Brasil. Altri capitali cinesi hanno già messo le mani
sui ricchi giacimenti minerari di Rio Negro e Jujuy, dove sono situate le migliori miniere del Paese. Tre anni fa grande scandalo e grandi rivolte causò l’accordo con la regione cinese di Heilongjiang per realizzare in Argentina un’opera gigantesca, dal costo di 400 milioni di dollari, finalizzata a irrigare 200’000 ettari dove dovevano essere prodotti alimenti esclusivamente destinati all’esportazione in Cina. Tale fu la protesta che l’accordo venne cancellato. Ora nemmeno un dito è stato alzato contro la China State Construction Engineering, l’impresa che con 200 milioni di dollari sta costruendo un sistema di irrigazione di campi argentini dove sarà prodotto riso destinato al solo export verso Pechino. In questa situazione assai mutevole e precaria, la poltrona di Cristina Kirchner traballa. Secondo un’inchiesta pubblicata dal quotidiano «La Naciòn», il leader del Frente Renovador, Sergio Massa (emerso alle ultime legislative di ottobre come astro nascente alternativo al kirchnerismo), sembra essere tra i candidati favoriti per la successione, con un 25% dei voti; segue Mauricio Macri, del Pro, destra liberista classica, al 19%; con percentuali ad una sola cifra resterebbero tutte le aree riconducibii alla sinistra: Hermes Binner, del Frente Amplio Progresista, con il 9%; Julio Cobos, dell’UCR con l’8%; ed Elisa Carrió, con il 6%. Questa fotografia, ancora molto lontana dallo scenario che caratterizzerà l’appuntamento elettorale del 2015, indica comunque un forte dinamismo dei settori non kirchneristi. L’enorme bacino di voti e di forze sindacali, tradizionale riserva politica argentina dai tempi del generale Peròn, pur presentandosi frammentato in mille sigle mostra un’omogenea piattaforma di richieste sull’aumento del salario minimo, delle pensioni, e della soglia minima di reddito non imponibile (che vada oltre quanto concesso la scorsa estate, la soglia di 15 mila pesos). Il governo, spaventato dall’inflazione al galoppo, ha fatto un grosso regalo alle forze armate, con incrementi degli stipendi fino al 44%. Si tratta degli aumenti più consistenti concessi. I professori hanno ottenuto il 28,7%, e sul 30% concesso agli statali ancora non c’è accordo. A fornire un elemento di preoccupazione sono i dati sulla povertà elaborati dalla Universidad Católica Argentina (UCA), solitamente molto attendibile, per il periodo del IV trimestre del 2013, che attestano una soglia di povertà oltre il 25% della popolazione. Il Ministro dell’Economia Kichillof ha criticato questi dati: «Se si è duplicato il PIL e si sono creati 6 milioni di posti di lavoro non è credibile che non sia diminuito il dato sulla povertà» ha dichiarato, riferendosi al periodo di governo dei Kirchner, senza presentare però dati ufficiali in merito.
Più che una vittoria, un vero e proprio tsunami. Anzi, come dicono in India, uno «tsuNaMo». La vittoria di Narendra Modi (NaMo per i suoi sostenitori) alle ultime elezioni politiche indiane ha colorato, almeno per i prossimi quattro anni, la carta dell’India di color zafferano e riportato trionfalmente al potere il Bharatiya Janata Party (Bjp) che si dibatteva dal 2004, quando aveva perso le elezioni vinte da Sonia Gandhi, in una oscura palude di recriminazioni e lotte intestine alla ricerca di un leader capace di riportarlo alla guida del Paese. La vittoria è stata appunto, più che una vittoria, un trionfo: il neonato governo Modi è il primo governo indiano, da moltissimi anni, a non avere alcun bisogno di formare una coalizione e di negoziare con alleati più o meno improbabili per governare. Il Bjp più che vincere ha stravinto facendo man bassa di seggi in Parlamento e lasciando le opposizioni, e soprattutto la famiglia Gandhi, decisamente attonite. Perché se è vero che la vittoria della destra nazionalista era data per scontata dai più, è vero anche che nessuno, a cominciare dagli stessi sostenitori di Modi, aveva previsto una vittoria di tale portata. L’autore del miracolo e nuovo premier indiano, era difatti inviso a molti anche e soprattutto all’interno del suo stesso partito. Si tratta difatti di uno dei più discussi politici indiani, oltre che di uno dei più abili. Figlio di un chaiwallah, di un venditore di tè, Modi ha scalato con abilità e spregiudicatezza tutti i gradini che conducono alla poltrona di premier. Partendo dai ranghi del Rashtriya Swayamsevak Sangh (Rss), organizzazione di estrema destra ispirata al nazifascismo, è diventato Chief Minister dello Stato del Gujarat, che ha guidato con pugno di ferro dal 2001. Sostenitore del liberismo più sfrenato, viene definito anche dai suoi detrattori «uno dei migliori amministratori dell’India». Sotto la sua guida il Gujarat è cresciuto costantemente di un buon 10-12% contro le magre performance del 5-6% degli ultimi anni dell’India nel suo complesso. Grazie a un’accorto mix di politiche fiscali, sviluppo di infrastrutture e semplificazione delle procedure burocratiche, NaMo è riuscito ad attirare nello Stato investimenti sia esteri che nazionali: adesso il Gujarat vanta circa il 16% della produzione manifatturiera nazionale e concorre al prodotto interno lordo per più di un quarto delle esportazioni. L’altra faccia della medaglia è un po’ meno brillante, almeno per una
Narendra Modi, NaMo per i suoi sostenitori. (AFP)
buona fetta degli indiani. Modi non ha mai reciso i suoi legami con la destra estrema nazionalista, è un sostenitore convinto della supremazia hindu e del cosiddetto Hindutva ed è stato pesantemente implicato, moralmente e politicamente, nei massacri di musulmani avvenuti in Gujarat nel 2002-2003 a seguito dell’incidente di Godhra. Nonostante il suo ruolo nell’accaduto non sia mai stato del tutto chiarito, NaMo è riuscito a compiere un certosino lavoro di ripulitura della sua immagine sdoganandosi in patria e anche agli occhi della comunità internazionale. A parte questo, ha fama di essere un politico incorrotto e incorruttibile e, soprattutto, un geniale manipolatore di media e un eccezionale oratore. A votare per lui non è stata soltanto la città santa di Varanasi in cui si era candidato o il «suo» Gujarat, ma buona parte dell’India: e il voto è stato assolutamente trasversale per convinzioni politiche, casta, ceto sociale. A votare per lui sono stati gli uomini d’affari, i piccoli e i medi commercianti, i giovani alla ricerca di un lavoro e anche le masse di contadini e lavoratori che nel figlio del chaiwallah assurto al potere hanno visto l’incarnazione di un neonato «sogno indiano». A votare per lui sono stati tutti quelli delusi dall’immobilità stagnante dell’ultimo governo del Congress, quelli che sperano e vogliono traghettare l’India nel futuro. NaMo spera e vuole applicare al Paese la ricetta già applicata con successo in Gujarat e trasformare l’India in un vero e proprio marchio da vendere all’estero basandosi sulle «cinque T»: technology, trade, tourism, talent and tradition. Alla cerimonia del giuramento il nuovo Primo ministro ha invitato le massime autorità dei Paesi appartenenti alla Saarc, la South Asian Association for Cooperation portando a casa un altro risultato incredibile: non era mai successo prima difatti che un premier pakistano assistesse, come ha fatto Nawaz Sharif, al giuramento di un premier indiano. I due hanno avuto anche un incontro bilaterale, immortalato da una storica stretta di mano, in cui si è discusso di commercio e di terrorismo. Formato il governo e passata l’ubriacatura di festeggiamenti e celebrazioni, adesso NaMo e il suo gabinetto dovranno darsi da fare e mettere a punto un programma e un’agenda di politiche di governo che, al di là del populismo da campagna elettorale, diano risposte serie e concrete sia a livello economico che di politica estera e interna. E non sarà facilissimo. Quando si ottiene una tale messe di consensi, difatti, non deludere l’elettorato è piuttosto difficile.
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 2 giugno 2014 ¶ N. 23
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Politica e Economia
Lavoro: croce e delizia La consulenza della Banca Migros
Albert Steck Per lungo tempo la Svizzera è cresciuta di pari passo con l’Europa, ma dallo scoppio della crisi finanziaria si è creata una spaccatura. Il nostro Paese vive un autentico boom, mentre gran parte del Continente annaspa nell’acqua alta della crisi. Quale male affligge l’Europa?
Albert Steck è responsabile delle analisi di mercato e dei prodotti presso la Banca Migros
È impressionante (e nel contempo angosciante) la velocità alla quale è aumentato il divario economico tra Svizzera ed Europa. Diversi fattori rivelano questa spaccatura: gli investimenti, la produzione industriale, il debito pubblico. Particolarmente marcata è la discrepanza sul mercato del lavoro. L’enorme schiera di disoccupati, che hanno ormai raggiunto i 19 milioni, rivela lo stato di salute tuttora precario dell’Unione monetaria. Una sana economia crea posti di lavoro. Lo dimostra l’esempio della Svizzera: da noi i nuovi posti di lavoro dall’inizio del 2007 hanno raggiunto il mezzo milione, ossia l’11 percento in più nell’arco di appena sette anni (v. grafico). La crisi finanziaria in Europa ha invece annientato milioni di posti di lavoro. Nel grafico è riportata la curva della zona euro, dove l’evoluzione positiva della Germania rasserena un po’ il quadro complessivo a tinte
fosche. La Francia e l’Europa meridionale hanno invece vissuto un tracollo. In Spagna il numero dei posti di lavoro si è ridotto di oltre il 16 percento.
L’euro forte penalizza i Paesi dell’Europa meridionale
Boom di posti di lavoro in Svizzera 115% 110% 105%
Svizzera
100%
Il crescente divario tra la Germania e l’Europa meridionale ostacola una rapida ripresa della zona euro: mentre la solida crescita dell’occupazione in Germania rafforza l’euro, i Paesi dell’Europa meridionale e la Francia, colpiti dalla contrazione dei posti di lavoro, avrebbero urgente bisogno di una svalutazione dell’euro, che favorirebbe il loro export e frenerebbe le importazioni. Nonostante la crisi, l’euro si è comunque apprezzato, rivalutandosi dal 2007 nei confronti sia del dollaro sia della sterlina britannica. L’enorme vantaggio di avere una moneta propria è dimostrato dalla Gran Bretagna: dopo la crisi finanziaria la sterlina ha perso parecchio terreno, migliorando immediatamente la competitività dell’economia britannica, anch’essa in affanno. Come risulta dal grafico, la Gran Bretagna ha superato la crisi molto meglio e ha ricominciato a creare occu-
Germania
Gran Bretagna Eurozona
95% Spagna
90% 85% 80% 2007
2008
2009
2010
2011
2012
2013
2014
Dal 2007 il numero degli occupati in Svizzera è aumentato dell’11 percento. La zona euro, invece, soffre di un mercato del lavoro ancora molto debole. Dati: Trading Economics
pazione. Il tasso di disoccupazione è già sceso al di sotto del 7 percento, rispetto a quasi il 12 percento della zona euro. Con il suo liberale mercato del lavoro la Svizzera, fortunatamente, non conosce simili preoccupazioni. La nostra economia crea continuamente posti di lavoro. A vantaggio di tutti: chi ha un lavoro
consuma di più, paga le tasse, sostiene le opere sociali e, non da ultimo, apprezza molto meglio la propria qualità di vita. Partecipate al dibattito nel blog della Banca Migros: perché la Svizzera crea occupazione e la zona euro no? http://blog.bancamigros.ch Annuncio pubblicitario
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 2 giugno 2014 ¶ N. 23
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Politica e Economia Rubriche
Il Mercato e la piazza di Angelo Rossi Come sta l’Europa? Da quasi un semestre, giornali, radio e televisione, dedicano meno attenzione alla situazione finanziaria dei Paesi europei, un tema che aveva invece dominato i loro servizi sull’economia per quasi quattro anni. Se è così è perché le cose vanno meglio. Quando un problema si avvia verso la sua soluzione perde di interesse per gli organi di informazione. Diventa invece ancora più attrattivo per gli addetti ai lavori, ossia i ricercatori e i consulenti, che vorrebbero scoprire le ricette adatte per eliminare le difficoltà nelle quali si imbatte l’evoluzione della finanza pubblica. Tra questi troviamo, in Svizzera, la Direzione di politica economica della Segreteria di Stato all’economia che, di recente, ha cercato di fare il punto sulla situazione delle finanze pubbliche nei Paesi europei all’inizio del 2014, ossia all’inizio del quarto anno di crisi della
zona euro. Reputiamo sia utile presentare, in questo articolo, alcuni dei risultati di questa analisi. Dapprima gli autori della stessa ricordano che, con il trattato firmato dai Paesi dell’UE nel 2013, per definire la politica di consolidamento finanziario non si considera più il deficit effettivo, ma il deficit strutturale. Per non complicare le cose aggiungeremo qui solamente che il deficit strutturale misura l’evoluzione di fondo delle finanze pubbliche e dovrebbe essere indipendente dalle fluttuazioni indotte dalla congiuntura. Detto in altre parole, introducendo il concetto di deficit strutturale l’UE ha deciso di distinguere tra situazioni finanziarie difficili, di carattere provvisorio, che sono causate da cedimenti della congiuntura e situazioni difficili che, invece, si protraggono nel tempo, indipendentemente dall’evoluzione
della congiuntura. Di passaggio ricordiamo che questa distinzione potrebbe aiutare a meglio comprendere anche l’evoluzione delle eccedenze negative, sia nel conto di gestione corrente del Cantone Ticino, sia in quello della città di Lugano. Tenendo però sempre presente che quello che deve essere eliminato non è il deficit strutturale, ma il deficit effettivo. Ma andiamo avanti. Nello studio della Direzione di politica economica si esamina l’evoluzione del deficit strutturale della Svizzera, della Francia, della Germania, dell’Italia, della Spagna e della Grecia dal 2003 al 2013 e si fanno previsioni per gli anni 2014 e 2015. La Svizzera è naturalmente il primo della classe in quanto i suoi saldi strutturali, sia nel periodo analizzato, sia in quello di previsione, sono, con l’eccezione degli anni 2003 e 2004, sempre positivi, anche se non
superano mai il 2% del prodotto interno lordo. Dopo la Svizzera, abbastanza sorprendentemente, le situazioni migliori le presentano oggi Germania, Grecia e Italia. Questi tre Paesi sono partiti nel 2003 con saldi strutturali negativi, varianti tra il –3,5 e il –6% del loro Pil. Nel 2014, invece, Germania e Grecia chiuderanno i conti con una piccola eccedenza mentre l’Italia, pur continuando a migliorare la sua situazione, si ritroverà con un saldo strutturale negativo pari circa all’1% del Pil. Per la Grecia si tratta di una prestazione particolarmente eccellente. Ricordiamo infatti che, nel 2009, il deficit strutturale delle sue finanze pubbliche era pari al 14% del Pil. I due allievi con prestazioni sicuramente insufficienti sono invece la Spagna e la Francia. Il caso peggiore è quello della Spagna. Fino al 2007, le finanze di
questo Paese avevano conosciuto solo saldi strutturali positivi; oggi, invece, la Spagna possiede un saldo strutturale pari al –4%, il peggiore di quelli dei Paesi esaminati. In previsione, poi, il saldo strutturale della Spagna dovrebbe addirittura peggiorare e scendere, nel 2015, al –6%. La Francia che, fino al 2008, aveva conosciuto la stessa evoluzione dell’Italia, non è più stata in grado, negli ultimi anni, di ridurre il saldo strutturale negativo nella stessa misura del suo vicino. In conclusione, dal 2008 in poi, i governi di tutti i Paesi considerati hanno fatto sforzi considerevoli per ridurre il loro deficit strutturale. I risultati di queste politiche sono però diversi. Mentre Grecia, Germania e Italia cominciano a vedere la luce in fondo al tunnel, per Spagna e Francia il percorso del risanamento delle finanze pubbliche resta ancora lungo.
parlare con il nuovo presidente, pur non riconoscendolo – ma «rispetta» la decisione degli ucraini – e pur non volendo organizzare alcuna visita ufficiale. I media americani registrano un cambiamento di tono da parte del Cremlino di Vladimir Putin, più accondiscendente, ma è lo stesso che la Russia ha usato quando ha dichiarato che le elezioni dovevano essere organizzate
anche se poi non ha facilitato la buona riuscita del voto. Decifrare la strategia di Putin è difficile, più passa il tempo più aumentano i rischi di questa guerriglia permanente anche per la Russia. La Nato si innervosisce e avanza, che è proprio quello che Mosca vuole evitare; l’est dell’Ucraina s’impoverisce, paralizzato com’è tra la guerra e l’instabilità (è la regione più produttiva del Paese), rendendo ancora più costoso ogni progetto per il futuro; il logorio quotidiano condanna la crisi a un disinteresse deliberato – è lo stesso meccanismo che si è realizzato in Siria, dove ormai tutte le battaglie campali sembrano uguali, e tutte le bombe, anche quelle al cloro, s’assomigliano tra loro. La comunità internazionale cerca di rafforzare il ruolo di Poroshenko come mediatore e pacificatore, sottolineando il fatto che è stato alleato sia dell’ex presidente Viktor Yanukovich (e non parla mai di una eventuale adesione alla Nato) sia degli europeisti rappresentati in passato dai leader della rivoluzione arancione. Poroshenko dovrebbe mettere fine
allo scontro militare e favorire una soluzione negoziata, convincendo Mosca a usare la propria influenza sui separatisti. A quel punto, il negoziato per il futuro dell’Ucraina potrebbe cominciare. Ma resta l’indecisione strategica dell’Occidente nei confronti della Russia. Gli europei sono divisi, l’opinione pubblica americana, stanca delle guerre e ancor più «stanca del mondo» come scrive in un bel saggio su «New Republic» l’intellettuale neoconservatore Robert Kagan, spinge per tenere l’Amministrazione Obama lontana da ogni aggressività nei confronti della Russia. E Vladimir Putin è invitato alle celebrazioni in Normandia del 6 giugno per il 70esimo anniversario del D-Day, lo sbarco degli alleati nella Seconda guerra mondiale per combattere i nazisti. Parigi ha proposto colloqui bilaterali in quell’occasione, ma resta il paradosso di fondo, storico e attualissimo: per Mosca quelli che hanno manifestato a Kiev in nome di un futuro per l’Ucraina liberale, democratico e orientato all’Occidente, non sono altro che neo nazisti.
ribadiva l’antica volontà di difesa ereditata dagli antenati; intorno tuttavia affioravano grappoli tematici nuovi, come il potere della tecnica, la fine della civiltà rurale, l’avvento della società dei consumi, le tensioni giurassiane, l’immigrazione... Soprattutto sulla scena irrompevano due soggetti che fino a quel momento erano rimasti nell’ombra o confinati nelle accademie: gli intellettuali e gli scienziati sociali. Il capofila dei primi era senz’ombra di dubbio Max Frisch (alcuni suoi testi «storici» sono ora stati tradotti e raccolti da Mattia Mantovani nel volume Cercavamo braccia, sono arrivati uomini, edizioni Dadò); la pattuglia dei secondi era invece composta da sociologi, antropologi, etnografi, glottologi. In comune questi indirizzi avevano il metodo della ricerca empirica, ossia l’indagine svolta sul campo, attraverso questionari e interviste. E fu da una di queste«enquêtes» che Luc Boltanski ricavò un saggio intitolato Le bonheur suisse, testo in cui l’autore sondava anche l’altra faccia di questa supposta
«felicità» elvetica, ovvero il disagio, le mal suisse. Qualche parola bisognerebbe ora spendere su Expo.01, diventata poi Expo.02, ricordare le doglie del parto e il buco finanziario lasciato ai contribuenti. Ma il discorso si farebbe lungo. Un’ultima considerazione: di esposizioni si torna ora a parlare in tre cantoni della Svizzera orientale: Turgovia, San Gallo, Appenzello esterno. L’intenzione è di organizzarne una per il 2027. Che dire? Nonostante tutto (diverbi, scandali, sgambetti reciproci), l’idea di expo non smette di sedurre le generazioni che si alternano alla guida di questo complicato Paese. Auguri.
Affari Esteri di Paola Peduzzi Kiev vota l’Europa Con l’elezione a presidente di Petro Poroshenko, l’Ucraina ha dato un voto europeista in una giornata, il 25 maggio scorso, in cui in molti Paesi europei chiamati al voto si sono confermate le forze antieuropee. Per l’Ucraina, votare per l’Europa ha un significato identitario forte, visto che per tutta la sua storia moderna ha vacillato, nella violenza, tra est e ovest. Poroshenko, un oligarca meglio conosciuto come «il re del cioccolato» (o «il coniglio di cioccolato», nella versione dei media russi), ora deve sanare la frattura esistente nel Paese e soprattutto ristabilire un’indipendenza economica senza la quale la sostenibilità di qualsiasi progetto non è ipotizzabile. Non sarà facile, prima di tutto perché nell’est dell’Ucraina la sua legittimità non è riconosciuta: in molte parti di quest’enorme fetta di Paese non si è nemmeno votato, perché i separatisti, che vogliono abbracciare la grande madre Russia, hanno impedito che si organizzassero i seggi (se ne sono aperti 800 su tremila). A Donetsk, dove ci sono stati gli scontri più violenti degli ultimi
giorni, con decine di morti soprattutto nella battaglia per la riconquista dell’aeroporto, non c’era nemmeno un seggio ufficiale aperto. Le notizie dal terreno confermano che l’est è fuori controllo: continua l’offensiva dell’esercito di Kiev – l’operazione sciaguratamente chiamata di «anti terrorismo» – e si registrano ogni ora assalti e contrassalti, con la sparizione degli osservatori dell’Osce che sono l’unico punto saldo, si fa per dire, cui s’aggrappa la comunità internazionale per sentirsi in pace con sé stessa. Secondo fonti americane, sono arrivati i guerriglieri ceceni nell’est ucraino per dare sostegno ai separatisti: tutti smentiscono, naturalmente, a Grozny e a Mosca, ma ormai s’è capito che la questione ucraina vive di una disinformazione che va di pari passo con una dimensione internazionale della crisi sempre più pericolosa. Poroshenko vuole mettere fine alle violenze, ma con la collaborazione dei separatisti, non in via unilaterale come vorrebbero i russi. Il negoziato pare incerto, anche se Mosca dice di voler
Il re del cioccolato Petro Poroshenko.
Cantoni e spigoli di Orazio Martinetti Expo, un cimento per ogni generazione Non si può certo affermare che le esposizioni nazionali abbiano assunto, nella Svizzera del Novecento, i toni di una marcia trionfale. La prima, tenutasi a Berna nel 1914, assistette incredula e smarrita allo scoppio del primo conflitto mondiale; destino analogo ebbe la seconda, la mitica «Landi» allestita a Zurigo nel 1939, mentre la Germania hitleriana si apprestava ad invadere la Polonia. La terza manifestazione, l’Expo losannese del 1964, si svolse sotto la cappa sulfurea della guerra fredda, appena due anni dopo la crisi dei missili di Cuba. La quarta, programmata per il 1991, l’anno del Settecentenario della Confederazione, non vide nemmeno la luce, affossata dai cantoni della Svizzera centrale che avrebbero dovuto ospitarla. Ogni volta idea, progetto e realizzazione dovettero superare alti muri di sospettosità, eretti dall’uno o dall’altro gruppo linguistico. Magnificare le conquiste della tecnica, i prodotti dell’industria di punta, i progressi nella zootecnia non sollevava obiezioni. Molto meno serena
era invece l’accoglienza che l’opinione pubblica riservava al contributo di artisti e architetti. Così il manifesto ufficiale del 1914, opera del grafico di Muri Emil Cardinaux, suscitò sconcerto; il cavallo ritratto sul cartellone, un robusto quadrupede decorato con pallini verdi e rossi, fu squalificato dalla stampa romanda come un «cheval d’épinards». Ma tutta l’architettura dei padiglioni e del villaggio svizzero risentiva, a detta dei critici, di un inconfondibile «stile bavarese»; per i romandi era un segno inconfondibile della perdurante simpatia che gli svizzeri tedeschi, in particolare i vertici dell’esercito, nutrivano per la Germania e l’Austria-Ungheria. La qual cosa fu all’origine di un clima invelenito che si protrasse fin quasi al termine delle ostilità in Europa. Le relazioni si rasserenarono solo negli anni Trenta. L’affermazione dei regimi totalitari (in Italia, Germania, Spagna, Portogallo, Unione Sovietica) provvide a ricostruire l’unità del Paese e quindi a ricementare la coesione interna. La
difesa spirituale («geistige Landesverteidung»), da tempo avviata, giunse all’apoteosi con la Landi del 1939 sulle rive del Lago di Zurigo. Anch’essa ebbe il suo emblema, destinato ad imprimersi nella mente dei visitatori: il cittadino-soldato intento ad infilarsi con gesto imperioso la giubba militare, una statua realizzata da Hans Brandenberger e oggi collocata nel parco del Museo dei patti federali a Svitto. Era la rappresentazione di una Svizzera in grigioverde, pronta a mobilitarsi e a difendere le frontiere. La presenza del Ticino fu meno marziale nelle forme, ma altrettanto convinta sul piano dei valori confederati, come emergeva dal Festspiel «Sacra Terra del Ticino», ideato e portato in scena da Guido Calgari su musiche di Gian Battista Mantegazzi. L’Expo 64 si collocò nel solco della precedente, ma nel contempo registrava un mutamento di mentalità, incorporando motivi di inquietudine e di malessere prima assenti. Il padiglione dell’esercito, a forma di porcospino,
Errata corrige
Per una sfortunata serie di coincidenze, due settimane fa è apparso un articolo di Orazio Martinetti già pubblicato in settembre (dai contenuti peraltro ancora attuali). Ci scusiamo con l’autore e con i lettori per il disguido.
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 2 giugno 2014 ¶ N. 23
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Cultura e Spettacoli Il ritorno dei Coldplay Musica meno commerciale per la celebre band inglese grazie a Ghost Stories pagina 36
Libro, quo vadis? È uno degli oggetti più discussi (e forse sacrificati) della nostra èra. Ce la farà il libro a salvarsi?
In ricordo di Peter Liechti Il documentarista svizzero recentemente scomparso ha saputo reinventare un genere
Weston a Bruzella La Fondazione Rolla propone alcuni incredibili scatti di un grande fotografo del Novecento
pagina 37
Il piccolo giardino dell’anima Personaggi Il regista ticinese Daniele Finzi Pasca racconta il suo popoloso mondo magico, il valore dell’amicizia
e la paura di scrivere parole che si trasformino in pietra
Simona Sala pagina 41
pagina 43
L’asteroide K. Anniversari Riflessioni attorno all’opera
di Franz Kafka a 90 anni dalla morte
Daniele Bernardi Solo veicoli aerospaziali senza equipaggio sono potuti passare attraverso la «fascia principale», tra le orbite di Marte e Giove. In quella regione a forma d’anello, dove ogni cubo di 100 milioni di chilometri di lato contiene, solitamente, un solo corpo celeste più grande di 100 chilometri, tra il 1973 e il 1974, per sette lunghi mesi, si avventurarono due sonde della NASA in viaggio verso Giove: Pioneer 10 e Pioneer 11. Ed è proprio in quella zona desolata del Sistema Solare che, nel 1983, Randolph Kirk e Donald Rudy scoprirono 3412 Kafka – un asteroide sospeso nel nulla dello Spazio. Per tutta la sua vita Franz Kafka (Praga, 1883 – Kierling, 1924), lo scrittore di lingua tedesca più importante del Novecento, vide se stesso come una specie di oggetto insignificante abbandonato nel vuoto. «Un’immagine della mia esistenza» scrisse in una nota «mostrerebbe un inutile legno coperto di neve... infisso di sbieco nel terreno di un campo arato sul margine di una vasta pianura». Questo spietato punto di vista fu quello che determinò la visionarietà dell’autore ceco, il quale, nel corso della sua opera, elaborò dimensioni narrative in cui la presenza del soggetto pare corrispondere a qualcosa «di molto piccolo e subordinato», per usare un’espressione presa in prestito dal Jakob von Gunten di Robert Walser (libro, peraltro, fortemente amato dallo stesso Kafka). Ma questo non è tutto. La produzione letteraria dello scrittore è una miniera di suggestioni e di spunti di riflessione (difficile dire quanti saggisti, critici e filosofi si siano chinati sinora sulle sue carte). I suoi testi sono lo specchio di un enigma senza fondo, non esemplificabile con le generalizzazioni che hanno dato corpo all’abusato aggettivo «kafkiano». Ed anche su questo punto ci sarebbe da riflettere: quale altro artista ha saputo imprimere così a fondo il proprio marchio nella carne dei segni, tanto da metamorfizzarsi e divenire egli stesso parola di uso corrente, nota a tutti? I primi nomi che vengono alla mente sono certo quelli del Marchese de Sade (1740-1814) e di Leopold Von Sacher-Masoch (1836-1895), da cui provengono, come certo molti sanno, i termini «sadismo» e «masochismo». «Il genere del racconto» ha sottolineato Giulio Schiavoni nell’edizione
delle novelle da lui curata per l’editore Rizzoli «è applicabile (…) “soltanto in maniera insoddisfacente”» alle prose dello scrittore. In quanto a queste «“vi andrebbero aggiunte forme narrative come la favola, la parabola o la metafora”». Con Kafka ha inizio una nuova letteratura, e non solo. Il secolo stesso, con le sue grottesche aberrazioni e la sua tragicità, pare dispiegarsi sotto l’influsso dello sguardo implacabile dell’impiegato che lavorava presso l’Istituto delle Assicurazioni contro gli Incidenti sul Lavoro del Regno di Boemia. Il gracile omino che la notte dava forma alle proprie ossessioni riversandole sulla carta probabilmente in quel momento non sapeva di scrivere una monumentale indagine sulle «relazioni di potere». Nel 1924, prostrato dalla tubercolosi alla faringe e ridotto a uno scheletro, lo scrittore moriva di consunzione nel sanatorio di Kierling. Con la bocca atrofizzata, incapace di emettere suoni, si esprimeva ormai solo per iscritto. Ma prima di spirare Kafka corresse le bozze di un meraviglioso racconto, scritto nel 1922. Si trattava di Un digiunatore, una novella che, assieme ad altre tre, sarebbe poi apparsa postuma nel 1924 all’interno del volume («Un artista della fame», tradotto alla lettera). Il protagonista di questa breve storia, come recita il titolo, è un uomo che si rifiuta categoricamente di mangiare ed esibisce, all’interno di una gabbia, il proprio corpo sciupato allo sguardo di una folla che viene a contemplarlo. Nelle ultime righe del testo egli ci rivela il segreto del suo diniego: «io son costretto a digiunare, non posso farne a meno (…) perché non sono riuscito a trovare il cibo che mi soddisfacesse. Se l’avessi trovato (…) non avrei fatto tante storie, e mi sarei rimpinzato come te e come tutti». Kafka con questo testo ci rivela qualcosa che ha a che fare con il problematico destino dell’arte. Il digiunatore espone se stesso agli occhi della gente e, afferma, potrebbe privarsi del cibo oltre ogni limite. Ma la soglia massima di astinenza consentitagli dal suo impresario sono quaranta giorni. Egli vorrebbe ardentemente proseguire nel digiuno con assoluta libertà, ma la legge del mondo non lo permette. Quel mondo che gode dello spettacolo del suo fisico divorato dalla magrezza e vede in esso, oltre le sbarre, qualcosa di inspiegabilmente attraente:
Sochi è stata la prova più recente: davanti agli occhi del mondo hanno sfilato la storia, la letteratura, la cultura. In uno sfarzo di colori che in nessun momento è sfociato nella ridondanza, ma che ha strappato uno stupore permeato di incanto ai quattro angoli del mondo. La bacchetta di questa magia che pare rinnovarsi di volta in volta è quella di Daniele Finzi Pasca, incontrato recentemente a Lugano tra le amate persone del suo grande staff-famiglia pochi giorni prima della partenza per Napoli. Al Teatro San Carlo infatti dal 22 maggio (e fino all’8 giugno) è di nuovo in scena Pagliacci di Ruggero Leoncavallo. A vedere Daniele Finzi Pasca di persona, a parlare con i suoi collaboratori-amici non si ha la sensazione di essere davanti all’artefice di una «macchina dell’incanto» dalle proporzioni così incredibilmente grandi, ma piuttosto (e ce lo ribadirà nel corso dell’intervista) che le cose siano «semplicemente semplici». Daniele Finzi Pasca, a contraddistinguere la vostra compagnia è il fatto che siete capaci di regalare dei sogni. Ma Daniele cosa sogna?
Tutto quello che si vede nei miei spettacoli è frutto della creazione di un’equipe. Il teatro infatti è una macchina straordinaria che insegna a lavorare insieme ad altri: i sogni sono quindi materia costruita attorno a un tavolo dove parliamo, mangiamo, e ragioniamo. Condivido quest’avventura con quelli che sono i miei collaboratoriamici da anni: mia moglie Julie Hamelin, Maria Bonzanigo, Hugo Gargiulo, Antonio Vergamini e molti altri. Il nostro discorrere quando partiamo verso un nuovo progetto tocca spesso questa parola magica: «sogno». Sogno come desiderio di decidere cosa fare, della direzione da prendere. Ma anche sogno come luogo della narrazione, se è vero che passiamo un terzo della vita in quel luogo scuro ad occhi chiusi. Nel nostro modo di fare teatro e di raccontare cerchiamo di immergerci in una struttura narrativa dove la coerenza non è necessaria. A me personalmente piace entrare nei sogni ricorrenti, mi ci infilo alla volta di luoghi speciali: vado spesso in una casa in cima a una collina dove non sono mai stato nella realtà. A volte invece indosso un impermeabile o un mantello e mi ritrovo a volare. Altre volte faccio sogni strani dove tutto è sconnesso, dove nulla sembra avere un senso. Altre volte mi sembra di vedere cose molto reali. Ritratto di Franz Kafka. (Giona Bernardi)
una libertà sconosciuta. Il digiunatore si sottrae alle leggi della vita e della sua fuga dall’umano ne fa un’arte – cioè un linguaggio. Quindi, paradossalmente, attraverso la sua ripulsa egli costruisce un ponte che si getta verso l’universo civile, perché l’umanità ha bisogno di sapere che quella libertà esiste e che essa ha un nome e un luogo. Quando, un giorno, la «folla smaniosa di divertirsi» cessa di interessarsi all’ostinato digiuno del protagonista, l’ingranaggio si rompe. I mutamenti della modernità, che sono ancora più folli della disciplina del digiunatore, assorbono l’attenzione dei molti e questi non si rispecchiano più in quella che,
ormai, non è che una forma tra le altre. L’assurdità del reale surclassa la spericolatezza dell’arte e di conseguenza anche le più estreme pratiche della creazione entrano profondamente in crisi – questi sono i momenti in cui si giocano le battaglie più importanti nello sviluppo di una cultura. Ora il digiunatore, dimenticato da tutti, può continuare la sua astinenza ad oltranza ma nessuno si affaccerà più nella sua cella. Adesso che il confine è varcato egli prosegue (perché altro non può fare) nella sua missione e questa, agli occhi del mondo, sarà solo un delirio privo di importanza. Una pantera ignara, dopo la sua morte, prenderà posto nella
gabbia. L’animale, con il «suo corpo così nobile e provvisto di tutto l’occorrente per dilaniare», sembrerà «portarsi appresso anche la libertà» più oscura che gli uomini bramano di vedere. Franz Kafka sapeva che lo scrittore deve cercare di tornare dagli abissi e non ignorava l’indole pulsionale della specie, che non ne vuole sapere dell’altro, delle sue ragioni e del senso – perché c’è qualcosa di ben più attrattivo di questi. Perciò la sua sonda non si perse attraversando le zone sconosciute dell’anima e continuò a mandare segnali, raccontando ai lettori ciò che aveva visto là, nei luoghi deserti, dove degli asteroidi non galleggiano che i resti.
Nonostante si affermi spesso il contrario, la gente sembra avere ancora un profondo bisogno di cose belle, di immagini suggestive e di momenti poetici. Si tratta di elementi che la sua compagnia dispensa a piene mani: provate mai ansia nei confronti delle aspettative naturali che conseguono da anni di successi?
Non so se si tratti propriamente di ansia, a volte però avvertiamo una sorta di vertigine. Per esempio in questo momento stiamo iniziando una produzione che si chiamerà Bianco su Bianco, volutamente realizzata con pochissimi elementi. Dopo progetti complessi e i fasti di Sochi vogliamo ritornare al teatro della semplicità, di fronte a ogni idea relativa al nuovo progetto ci costringiamo a ritornare all’essenzialità. Questo pone tutti di fronte alla vertigine,
accompagnata dalla paura di non essere capaci di semplicità. Come regista però non puoi fare sentire di essere senza certezze, e devi condurre la nave con sicurezza: è un gioco particolare, da una parte la vertigine, dall’altra la ricerca di sicurezza. In passato lei ha parlato dello «studio del vento», necessario quando si è al timone di una grossa imbarcazione. In cosa consiste?
Costruire qualcosa è un poco come attraversare un mare, a volte lo si fa sulla barchetta che ti costruisci o già possiedi, a volte ci sono degli armatori che ti mettono in mano la loro nave chiedendoti di attraversare l’immensità che hai davanti. La ricerca del vento è una questione di esperienza: si impara dai vecchi a riconoscere determinati segnali come la struttura e la forma, ma si presta ascolto soprattutto ai segnali della natura, capendo dove ci sarà vento domani. C’è poi un gioco enorme che proviene dall’intuizione: vi è chi ha la capacità di sentire e di annusare l’aria e di sapere cosa provare l’indomani affinché il vento ti porti a buon fine. Questa è la ricerca. Chiaramente cambiando tipo di nave si può veleggiare con maggiore o minore serenità. Su navi grandi non hai tempo né possibi-
sto come taumaturghi di andare alla ricerca di storie che curino. L’incontro con Dalì, nello spettacolo La verità era proprio questo. Da una parte vi è lui che interpreta il mondo dei sogni nella sua oscurità, dall’altra ci siamo noi che vediamo il sogno come una passeggiata in un giardino interiore. Lei continua a tornare sull’aspetto della narrativa e del bisogno di raccontare storie, offrendoci visioni che necessariamente passano anche attraverso la parola. Qual è il suo rapporto con la parola?
Scrivere mi è sempre piaciuto: sono abituato a farlo tutti i giorni prendendo note dettagliate su ciò che ho visto, su quello che succede, su quello che mi capita dentro. Ho scritto teatro e novelle, probabilmente pensando le novelle come pezzi di teatro e al rovescio, scrivendo teatro come fossero novelle. Quello che più mi crea agitazione è l’idea che la parola scritta possa diventare come pietra, immutabile una volta pubblicata, fisicamente spiaccicata su una pagina stampata. Mi costa quasi di più la pagina di presentazione di uno spettacolo della realizzazione dello spettacolo stesso. Quando la scrittura non è a mano o frutto di appunti che scivolano via, ma ha il potere di
tutto il nostro lavoro nella compagnia è che si tratta di un teatro di interprete, dove l’attore riempie tutti gli spazi vuoti che la scrittura non riesce a riempire. Nei suoi spettacoli e in ciò che narra si riconosce una sorta di linguaggio universale, lontano dalle cose della realtà, poiché si tratta, come lei ha detto, di una passeggiata nel giardino interiore. Come è il suo rapporto con la quotidianità, che un tempo Josephine Hart descrisse come il «balsamo dell’anima»?
Io non mi chino sulle questioni universali, vivo con un gruppo di amici in un modo molto quotidiano. Il fatto che vivo una specie di vita di famiglia, di tribù, rimanda me e gli altri – anche nei momenti di follia, come lo sono state le cerimonie in Russia – a una vita normale fatta di piccole cose come tutti, nel mio microcosmo. Anche altrove, all’estero, c’è sempre questo microcosmo di amici/colleghi ad accompagnarla. Vi siete trovati un dappertutto nel mondo, e quindi lei è di casa un po’ ovunque, eppure le chiedo se esiste un luogo che più di altri si sentirebbe di definire «casa»…
Casa mia è la mia famiglia, mia moglie, i miei fratelli… casa mia è la compagnia
Lei sa indubbiamente toccare delle corde nascoste del genere umano, e in qualche modo anche interpretarne quegli aspetti che la nostra sedentarietà normalmente ci cela. Quali sono le radici di questa sua conoscenza dell’archetipo comune a tutti noi?
Sicuramente c’è bisogno di curare determinate ferite o paure che tutti abbiamo. I clown come noi possono raccontare la realtà in varie forme. Si può ad esempio mostrare la lacerazione e il dolore vissuto, rappresentandoli in modo tale da dargli ancora una volta vita con la tensione del rosso, il rosso palpabile del sangue. Ma c’è anche chi racconta le stesse ferite usando la leggerezza, e quindi la luminosità. Dicendo che cerchiamo storie leggere possiamo fare paura, poiché possiamo indurre a pensare che si vada verso l’insulso, l’evasione fine a sé stessa. Ma per noi la leggerezza è la ricerca della luminosità. La compagnia è nata in India, per le strade di Calcutta. Quando siamo andati in Etiopia a lavorare per Terre des Hommes in luoghi con un’enormità di bambini orfani di guerra, per giungere a loro bisognava portare storie che non fossero evasione, non serviva farli divertire, ma bisognava trovare un modo affinché potessero raccontare gli orrori che avevano visto, cercando di trovare un senso. Quello che facciamo è una ricerca di luminosità, credo infatti che ci sia molto bisogno di affrontare il dramma, di sviscerarlo ma di raccontarlo con molta luce. In che tipo di famiglia è cresciuto Daniele Finzi Pasca?
Daniele Finzi Pasca nel Teatro Rosso. (© Viviana Cangialosi)
lità di cambiare direzione: non si può navigare a vista o seguendo l’intuizione. Con una piccola barca invece giri quando lo desideri. Più grande è la nave e maggiore è il bisogno di strategia e di gestione delle emozioni di tutti i partecipanti all’avventura. Sul palco sono presenti anche i vostri fantasmi sotto mentite spoglie?
Io sono lontano dalle immagini che la psicanalisi ci ha offerto, quindi cose come la sublimazione non rientrano nei miei orizzonti. Il nostro è un linguaggio più sciamanico, non porta a cercare di capire come curare determinati dolori come quelli delle grandi perdite, delle separazioni o della paura che i bambini hanno del buio. Cerchiamo piutto-
diventare in futuro monolito, mi fa una paura micidiale. Forse ha paura di una forma prestabilita, che perda di fluidità.
Ho paura di qualcosa che sia definitivo: sono un uomo di teatro e so che ogni giorno è impiegato a rivedere, perfezionare e cesellare. Faccio dunque molta fatica a rileggermi senza rimetterci le mani e intervenire. Si dice che una volta dato alle stampe un testo smetta di appartenere al suo autore. È questa perdita a spaventarla?
A dire il vero no, vi sono abituato: quando disegni e lavori per un attore, sai che il giorno della prima lo spettacolo sarà suo. Una cosa che incoraggia
dove lavoro con le stesse persone da molti anni. Esiste un mondo di gitani e un mondo di sedentari, e le società di sedentari hanno sempre tendenzialmente fatto di tutto per annientare le società di nomadi, non concependo il loro modo di muoversi senza tracciare precisi confini. Come molti che fanno teatro anch’io interiormente sono un nomade: mettiamo casa perché abbiamo una tenda e non perché abbiamo delle mura. Se però devo pensare a un luogo preciso, penso a un piccolo perimetro immaginariamente tracciato e torno a dove sono nato. Quando racconto ritorno in una specie di giardino per lo più fatto di fantasia e di sogno. Ritorno a Piazzale Milano, dove cerco storie e funghi.
Io sono nato in un luogo fortunato, soprattutto ho avuto un papà e una mamma che ci hanno spinti a costruire la nostra individualità. Siamo sempre stati assecondati in questo, e non siamo mai stati aggiustati all’uniformità. Ho un’intesa profonda con i miei fratelli, con cui condivido anche il lavoro: siamo ancora abituati a darci il bacio della buonanotte. Sono cresciuto in una casa in cui vivevano anche una zia e la nonna molto vecchie; quando la zia morì andai al terzo piano a vivere con la nonna, per non lasciarla sola. Alla sera la nonna mi aspettava con il giornale in mano e prima di dormire mi raccontava la vita di tutti quelli che erano morti quel giorno. Poi era il mio turno: dovevo raccontarle la mia di giornata. Oggi tutto continua ad essere come allora: molto semplice, ma pieno di affetto, anche verso il passato. Le radici, la storia degli antenati, l’andare in viaggio alla ricerca dei luoghi e delle religioni di provenienza di ognuno di noi sono stati elementi importanti per capire. Tutto questo è stata la fortuna del mio inizio e del mio continuare... ...a cui ha dato un valore universale, affinché le sue storie diventino archetipo delle storie di tutti.
Una volta tenni un corso destinato a quelli che partivano in viaggio. Oggi la gente infatti parte e va in posti lontanissimi, ma di fatto non viaggia. Se uno vuole viaggiare una cosa se la deve portare appresso: una buona storia. Se una notte i tuareg ti raccontano una storia intorno al fuoco, anche tu ne devi avere in serbo una da raccontare. Io parto con piccole storie di casa mia e ascolto la bellezza delle storie degli altri, credo che il segreto sia questo. Credo non si debba pensare all’universalità, ma al piccolo giardino dentro alla nostra anima.
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Cultura e Spettacoli
Intimamente Coldplay
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come fantasmi: la nuova prova discografica dei Coldplay li conferma abili cantori di intimi e segreti struggimenti, fortunatamente in fuga dalle atmosfere commerciali del precedente album
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Benedicta Froelich Anche nel mondo apparentemente effimero della musica pop «da classifica», a volte può capitare di incontrare artisti in grado di coniugare sound accattivanti e radiofonici a esperimenti lirici e compositivi di un certo spessore. È questo il caso della band inglese dei Coldplay, ormai da diversi anni legittimamente riconosciuta tra gli eredi più interessanti di quel sound «à la Beatles» che tanti emuli ha prodotto nell’ultimo trentennio. Una posizione confermata da questo nuovo Ghost Stories, sesto lavoro in studio del gruppo e da tempo oggetto di grande attesa da parte dei critici musicali – i quali, dopo il successo planetario del bel concept album Viva La Vida or Death And All His Friends (2008), hanno scoperto come la band fosse in grado di muoversi con grazia sulla sottile linea di confine tra le atmosfere cosiddette più mainstream e la raffinatezza di una certa visione cantautorale popolata da liriche ricercate e arrangiamenti curati. Purtroppo, però, come spesso acca-
e Fly On o nella toccante Ghost Story, in cui una melodia più dinamica e ritmata fornisce un piacevole quanto necessario cambio di registro. Il vero problema insito in questa scelta risiede però nella vaga ripetitività percepibile qua e là nella tracklist: un effetto collaterale che non è mitigato nemmeno dalle vibrazioni elettroniche di un brano più sperimentale come Midnight, né, tantomeno, dagli accenti disco di A Sky Full Of Stars (pezzo che, seppur scelto come secondo singolo tratto dall’album, sembra provenire direttamente da Mylo Xyloto e stona vistosamente accanto agli altri brani di Ghost Stories). Questo inevitabile limite espressivo si riflette anche nei testi delle canzoni, i quali appaiono meno ricercati e personali di quanto accaduto con Viva La Vida, dato che stavolta l’attenzione della band sembra essersi concentrata soprattutto sulla creazione di melodie suggestive e leggermente ipnotiche, in cui tuttavia manca quell’interdipendenza assoluta tra parola e musica sperimentata nell’album del 2009; anche perché
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de, il seguito di cotanto successo, Mylo Xyloto (2011), aveva mostrato una certa deriva verso quell’inevitabile livellamento qualitativo prodotto dalla ricerca del successo commerciale a tutti i costi, quasi i Coldplay necessitassero di una conferma della loro posizione multimiliardaria; così, nonostante le vendite non siano mai calate, il sottile interrogativo sul possibile futuro stilistico della formazione è rimasto aperto fino all’uscita di questo nuovo lavoro. Fortunatamente, però, Ghost Stories sembra riprendere suggestioni e tematiche ben più vicine agli aneliti cantautorali di Viva La Vida che non al pop radiofonico di Mylo Xyloto, e questo appare evidente dalle atmosfere rarefatte e intriganti di cui è pervasa la maggior parte delle tracce, cominciando con il brano di apertura, Always In My Head – un lento ipnotico che sembra rimanere in bilico tra la ballata intimista e la classica «intro» da concept album, senza riuscire davvero a decidere in quale direzione collocarsi. Più definita risulta la personalità di tracce quali Ink e Oceans, quest’ultima caratterizzata da cori quasi ultraterreni e da un sapore a tratti surreale; mentre lo spirito dell’album sembra incarnato alla perfezione da ballate romantiche e struggenti come True Love e Another’s Arms. In effetti, l’intera tracklist è costituita da brani sostanzialmente lenti e dalle sfumature sempre più eteree: un approccio che in alcuni casi risulta assai ben riuscito – come in pezzi dal sapore quasi mistico quali O
Ghost Stories sembra piuttosto richiamare alla memoria precedenti dischi della band, quali ad esempio l’esordio Parachutes (2000). Così, sebbene la connotazione stilistica di questo nuovo lavoro rappresenti per i Coldplay un ritorno a sonorità più ricercate e dal respiro introspettivo e malinconico, l’impressione è che l’album non riesca del tutto ad adottare quella sicurezza che un simile esperimento avrebbe richiesto nella composizione e nell’arrangiamento dei singoli brani – alcuni dei quali rischiano di confondersi tra loro, anche dopo ripetuti ascolti. Ad ogni modo, non vi è dubbio che i Coldplay siano perfettamente a loro agio in questa dimensione più introspettiva e rarefatta: il che, del resto, è esemplificato anche dal raffinato gusto estetico che, ancora una volta, la band mostra in dettagli come la grafica e il packaging dell’album e la realizzazione dei videoclip. Questo fa sì che, pur non riuscendo forse a eguagliare la varietà e originalità di alcuni dei suoi predecessori, Ghost Stories resti uno sforzo onesto e sincero da parte dei Coldplay – i quali, dopo lo stordimento mainstream di Mylo Xyloto, tornano infine a un sound e a una visione di respiro profondamente cantautorale e intimista, dando nuovamente vita a un universo coerente e omogeneo, tagliato su misura per loro. Un mondo senz’altro assai più appagante anche per il pubblico e i fan di vecchia data, certo grati della ritrovata sincerità del cantante Chris Martin e dei suoi.
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Cultura e Spettacoli
Un’idea di libro Pubblicazioni Un volume dedicato al libro
e alla lettura dell’umanista e operatore del settore Gian Arturo Ferrari
Stefano Vassere «L’idea che i libri manchino, che non tutti verranno raggiunti, che non tutti verranno letti è consustanziale all’idea di libro. Amare i libri vuol dire non averli, non averli tutti. A questo sentimento del libro, antico e profondo, l’ideologia dell’ebook sostituisce una sfacciata, esibita, propagandata pretesa di totalità, un brivido di onnipotenza». Gian Arturo Ferrari ha decisamente un bel curriculum. Completo. Laureato in Lettere classiche a Pavia, è stato professore di Storia del pensiero scientifico nella stessa università e contemporaneamente collaboratore alla direzione di diverse case editrici fino ad arrivare, all’inizio degli anni Novanta, a capo del settore «Libri» della Mondadori. Negli ultimi quattro anni è stato direttore del «Centro per il libro e la lettura» del Ministero
e delicato umanista moderno e riprende i panni del responsabile di azienda editoriale. Proponendo per esempio un bello stato dell’arte sul libro elettronico, con dati numerici a dir poco sconvolgenti sull’editoria della ricerca scientifica («nel settore più avanzato e profittevole, cioè nello scientificoprofessionale la cosiddetta rivoluzione digitale è cosa fatta. Non c’è da filosofeggiare, c’è poco da dibattere»), altri su quella del settore dell’educazione («crescerà esponenzialmente nei Paesi emergenti e non c’è alcun dubbio che il mezzo insieme più economico e più flessibile per soddisfarla sarà l’ebook»), altri ancora su quella del settore «Varia», libri che sono libri normali (qui, «sarà un lungo addio: ma pur sempre un addio»). Lo studio del libro e della lettura, come le nozioni stesse di libro e di lettura, è multiforme e pieno di piste per la
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tangente: quella che ci porta a studiare la fruizione cognitiva del testo scritto, quelle che concernono le tecniche di stampa, le collocazioni vicendevoli del libro e degli altri mezzi di comunicazione di massa, gli studi di mercato, la prospettiva massmediologica, le simbologie legate alla lettura, ai luoghi di conservazione e produzione e molto altro. Il dibattito attuale sul futuro del libro è, si sa, fortemente polarizzato: di qua l’ideologia digitale, i cui tifosi esaltano la Rete come spazio di totalità («un brivido di onnipotenza») ed estrema libertà, di là quelli che sostengono che esiste il libro ed esiste la relativa parola, solo a patto di conservare loro la consistenza di un oggetto fisico. «Non bisogna essere pessimisti sul futuro del libro. Il libro, lui stesso, è un gesto di ottimismo, di fiducia nella volontà degli uomini, di fiducia nella volontà degli uomini di dirsi, di raccontarsi, di raccontare quello che si è visto e si è scoperto. Il libro è uno scambio del meglio che abbiamo e che riceviamo. Il libro è un dono». Bibliografia
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Cultura e Spettacoli
Una palma e tante dimenticanze Festival di Cannes Le sviste della Giuria non intaccano la solita insostituibile rassegna Fabio Fumagalli
Concorso
Quante volte ci siamo ripromessi di evitare le dissertazioni sulle decisioni più o meno adeguate delle giurie internazionali chiamate a tranciare ferocemente fra i partecipanti ad un festival di cinema? Eppure, perlomeno fino quando la formula competitiva verrà mantenuta (pare indispensabile per garantirne la vivacità dell’attenzione mediatica; anche se un festival sempre più predominante come Toronto ne fa tranquillamente a meno) rimane la strada quasi obbligata per penetrare nei meandri spesso contraddittori di queste vieppiù bulimiche manifestazioni. Rieccoci allora, ma stavolta per un fatto quasi obbligatorio. Disincanto, cari lettori: i migliori film di Cannes 2014, quelli più giusti, esaltanti, toccanti non li trovate nel palmarès. Sfornato, come dubitarne, con i migliori buoni propositi, dal gruppetto condotto da una grande regista come Jane Campion: per nominarli tutti, quattro attori, Willem Dafoe, Gael Garcia Bernal, Leila Hatami e Carole Bouquet, più quattro registi, Nicolas Winding Refn, Jia Zhangke, Sofia Coppola, oltre alla presidente. Cinque donne e quattro uomini ma, soprattutto e quasi incredibilmente, una sola voce su nove di provenienza europea! Ora, già in passato avevamo espresso dubbi sulle garanzie di lucidità di un manipolo di volonterosi e pure qualificati turisti, convocati dai quattro angoli del mondo, sbarcati alla vigilia per un soggiorno di una decina di giornate forse inebrianti; ma in uno spazio geografico, culturale, psicologico provvisorio ed estraneo alle loro abitudini. Che dire allora di Cannes che, per un surplus di glamour da tappeto rosso comunque dilagante, rinuncia di fatto a garantire l’appartenenza alle radici di un pensiero del quale fa parte? Il meglio sta (quasi) tutto altrove. Con una eccezione, ma dall’importanza sufficiente a salvare la faccia, la Palma d’Oro. Già ve lo abbiamo raccontato una settimana fa: Winter Sleep (***) è un grande, assolutamente ammirevole film, anche se sa un po’ troppo di esserlo. Quasi che il suo autore, il turco Nuri Bilge Ceylan (senza dubbio
fra i dieci cineasti contemporanei più importanti) avesse voluto sottolinearlo: forzando non tanto le affascinanti qualità visionarie che avevamo ammirato nel precedente C’era una volta in Anatolia (****), quanto il peso letterario, un po’ moralista, quasi autoreferenziale delle tre ore e venti dell’opera. Un’altra Palma d’Oro riservata a una cerchia elitaria di spettatori, in un’epo-
qualsiasi fra i premi del film dalla Mauritania di Abderrahmane Sissako Timbuktu (***½) è semplicemente aberrante: descrivendo con immagini sublimi, con semplice e violenta efficacia della denuncia, con infinita tenerezza e perfino spassose dosi di umorismo uno degli orrori contemporanei (la presa di potere degli jihadisti sull’Islam moderato in Africa), l’opera di questo gran-
Mai come in quest’ultimo suo film alla regista era riuscita la rappresentazione dell’infilmabile, del non detto ma espresso, dell’iniziazione a quello spazio temibile ma pure confortatore che separa la provenienza della vita dalla prospettiva della morte. Una volta ignorate del tutto queste tre opere di grande valore spirituale ed estetico, i giurati di Jane Campion Timothy Spall, vincitore della Palma per la sua interpretazione in Mister Turner di Mike Leigh. (Keystone)
nome di un giochetto spiritoso un po’ facile, fra i tanti compromessi: il più giovane con il più anziano, il premio più debole all’invenzione del futuro accanto alla gloria ormai riconosciuta universalmente, Xavier Dolan pari merito con Jean-Luc Godard… Mommy (****), sul quale doverosamente ritorneremo, rappresenta ciò che Cannes si rifiuta di essere: l’esplosione, sempre nel segno della continuità, rispetto alle grandi linee dell’ormai lungo cammino cinematografico, della gioia di creare, del disprezzo del pericolo espressivo, della ricerca di nuove forme d’emozione in ogni momento del progetto artistico. Non soltanto i tre protagonisti di Mommy avrebbero potuto risultare fra i premiati, non solo il premio per la regia avrebbe potuto coronare il quinto film (a 24 anni!) del prodigio canadese, ma pure l’impiego delle musiche, l’improvvisazione delle scelte estetiche, la tenerezza sotto l’impudenza. Come Xavier Dolan non si stanca di ripetere, «sono i nostri sogni che possono cambiare il mondo». I premi
ca contrassegnata dal ristagno nel consumo di audiovisivi di qualità? Dopo il precedente Lo zio Boonme che si ricorda delle sue vite di Weerasethakul (poco più di un milione d’incasso nelle sale di tutto il mondo) c’è chi incrocia le dita. Ma le altre distrazioni sono imbarazzanti. Di alcune abbiamo già riferito. Deux jours, une nuit (****) dei fratelli Dardenne era la pellicola alla quale la critica internazionale aveva riservato una quasi unanime priorità: per la straordinaria aderenza alla contemporaneità sociale ed esistenziale, per l’incredibile essenzialità espressiva di questa e dei suoi rinvii poetici. Già sufficientemente segnalata in passato l’ineguagliabile maestria dei due fratelli del Belgio? Ma, allora, perché invitarli a concorrere? L’assenza di una segnalazione
Lugano Festival Rassegna concertistica Palazzo dei Congressi, Lugano Venerdì 20 giugno, ore 20.30
Progetto Martha Argerich
de cineasta di una regione che fatica ad emergere andrebbe mostrata, palma d’oro o meno, in ogni scuola. Terza dimenticanza in ordine di brivido quella della giapponese Naomi Kawase, giunta con questo Still the Water (***½) all’opera più matura e serena di una carriera già segnata dall’originalità espressiva. Come sempre nei grandi maestri di quella cinematografia la semplicità dell’aneddoto (la nascita di un amore fra due adolescenti, l’accompagnamento alla morte della madre della giovane protagonista) si dilata all’infinito nel respiro con l’ambiente che lo contiene, l’immenso soffio vitale e trascendentale della natura, il contrappunto fra una realtà disegnata sempre con minuzia e una filosofia, una religione che permette all’individuo di rapportarsi ad essa con dolcezza e consolazione.
Top10 DVD & Blu Ray
non è che abbiano accompagnato con discernimento la loro encomiabile Palma. Iniziando dall’importanza dei premi, Le meraviglie (**) di Alice Rohrwacher ha rappresentato la sorpresa più clamorosa. Oltre che a motivo di notevole soddisfazione per l’acume della coproduttrice che conosciamo da vicino (l’Amka Film di Tiziana Soudani) il prestigioso Gran Premio della Giuria sottolinea quella che si prospetta essere una bella carriera di un talento istintivo, semplice e diretto, vicino in particolare al mondo dell’adolescenza. Che poi il più alto riconoscimento di Cannes dopo la Palma sia andata a un’opera ben più fragile dell’incisiva che l’ha preceduta, Corpo celeste (***) è un discorso da riproporre. Ma, infine, per cosa sarà ricordata Cannes 2014? Per un film travisato una volta ancora dai nostri: ponendolo, in
Top10 Libri
Top10 CD
1. American Hustle
1. Sveva Casati Modignani
1. Artisti Vari
A. Adams, C. Bale /novità
La moglie magica, Sperling 2. Markus Zusak
Direttore: Alexander Vedernikov Solisti: Sergio Tiempo, pianoforte Karin Lechner, pianoforte Aleksandr Golovin, pianoforte Mischa Maisky, violoncello Martha Argerich, pianoforte Musiche di: B. Martinů, A. Skryabin, A. Dvořák, P. I. Čajkovskij
Palme d’or Winter Sleep di Nuri Bilge Ceylan Grand Prix Le meraviglie di Alice Rohrwacher Prix de la mise en scène Bennett Miller per Foxcatcher Prix du scénario Oleg Negin e Andrey Zvyagintsev per Leviathan Prix d’interprétation féminine Julianne Moore per Maps to the Stars di David Cronenberg Prix d’interprétation masculine Timothy Spall per Mr. Turner di Mike Leigh Prix du Jury Ex aequo Mommy di Xavier Dolan e, Adieu au langage di Jean-Luc Godard Caméra d’or Party Girl di di Claire Burger, Samuel Theis e Marie Amachoukeli Prix Un Certain Regard Fehér Isten (White God) di Kornél Mundruzco
2. Frozen
Animazione
Storia di una ladra di libri, Frassinelli
Bravo Hits Vol. 85 2. Gotthard
Bang! 3. I Nomadi
3. The Butler
F. Whitaker, O. Winfrey
3. Massimo Gramellini
La magia di un buongiorno, Longanesi
5. A spasso con i dinosauri
4. Abba
Gold - 40th Anniversary
4. The Counselor
C. Diaz, J. Bardem
Nomadi 50 + 1
4. Tiziano Terzani
Un’idea di destino, Longanesi
5. Michael Jackson
Xscape
Animazione Orario per le telefonate: dalle 10.30 fino a esaurimento dei biglietti
5. Andrea Vitali 6. Lo Hobbit 2
Quattro sberle benedette, Garzanti
6. Cesare Cremonini
Logico
O. Bloom, I. McKellen
091/821 71 62
6. Jamie McGuire 7. Last Vegas
Un disastro è per sempre, Garzanti
7. George Michael
Symphonica
R. De Niro, M. Douglas
Regolamento Migros Ticino offre ai lettori biglietti gratuiti per le manifestazioni sopra menzionate.
7. Rick Riordan 8. Il grande Match
R. De Niro, S. Stallone
Eroi dell’ Olimpo – Il marchio di Atena, Mondadori
8. Moreno
Incredibile 9. Mondo Marcio
Massimo due biglietti per economia domestica. La partecipazione è riservata a chi non ha beneficiato di vincite in occasione di analoghe promozioni nel corso degli scorsi mesi.
Per aggiudicarsi i biglietti basta telefonare mercoledì 4 giugno al numero indicato sulla sinistra. Buona fortuna!
9. I sogni segreti di Walter Mitty
B. Stiller, S. Penn
8. Anna Premoli
Finché amore non ci separi Newton 9. Paolo Giordano
Il nero e l’argento, Einaudi Biglietti in palio per gli eventi sostenuti dal Percento culturale di Migros Ticino
10. Roby Facchinetti
Ma che vita la mia
10. All is Lost
Robert Redford
Nella bocca della tigre
10. Paolo Cammilli
Maledetta primavera, Newton
I T N A C S E R F IN R E R T S O N E L NOVITÀ PER L’ESTATE.
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 2 giugno 2014 ¶ N. 23
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Cultura e Spettacoli
Il coraggio di Peter Liechti Personaggi Un ricordo, a pochi mesi dalla scomparsa del grande
documentarista svizzero Giorgia Del Don L’importanza della cinematografia di Peter Liechti non è ormai più da dimostrare: le retrospettive dei suoi film sono state presentate in tutto il mondo, trasformandolo nel portavoce di un cinema documentario innovativo, rivoluzionario ed assolutamente svizzero. Seppur il detto «non si è mai profeti in patria» sia in molti casi azzeccato, per Peter Liechti le cose per fortuna sono andate diversamente. Oltre a poter vantare una delle ricompense più prestigiose, ossia lo «European Documentary Film Award», ricevuto nel 2009 per il suo film The Sound of Insects: Record of a Mummy, l’accademia del cinema svizzero l’ha per ben due volte insignito dell’ambitissimo «Quartz» per il miglior film nel 2010, sempre per The Sound of Insects, e miglior film documentario per il suo ultimo Vaters Garten – Die Liebe meiner Eltern. Peter Liechti se n’è andato (lo scorso mese di aprile, dopo una lunga malattia), ma quello che ci ha lasciato è una testimonianza così forte, un’indagine così profonda e sincera su sé stesso, su di noi, sulla Svizzera e sulle sue (non sempre evidenti) contraddizioni, da renderlo unico. Un’unicità che speriamo servirà da guida a tanti, perché di Peter Liechti avremo sempre bisogno, per uscire dal nostro guscio, per sfidare l’ignoranza. I film di Liechti rappresentano una sorta di «studio auto-etnografico», in cui il regista diventa ricettacolo della realtà che lo circonda. Combinando alla perfezione osservazioni dirette con una distanza critica mai sprovvista di una certa ironia squisitamente elvetica, Liechti ci ha regalato film di rara bellezza e sincerità. La sua concezione dell’arte non vaglia l’idea di isolamento fine a sé stesso, al contrario ogni opera si nutre, deve nutrirsi, del suo contesto. Da questo punto di vista il cinema è uno strumento ideale che «rende intelligibili i pensieri, inietta significato nel paesaggio, associa immagini, suono e testo come in un sogno». Per Liechti il dispositivo filmico non è mai stato un’opzione ma piuttosto una necessità, quella di scoprire il vero significato della parola «patria», per capire da dove viene quel sentimento di familiarità o di straniamento ispirato dalle nostre stesse «radici». Il cinema insomma come mezzo privilegiato per riflettere sulla propria vita e, nel migliore dei casi, come ci dice lo stesso Liechti, un’opportunità per progredire. Sin dai suoi primi film risalenti all’inizio degli anni Ottanta è evidente questa ricerca appassionata, compiuta con uno suo sguardo lucido e fantastico allo stesso tempo. Ausflug ins Gebirg e Tauwetter sono in un certo senso due rappresentazioni della stessa realtà, quella alpina, che è vissuta contemporaneamente come claustrofobica e rassicurante. Le montagne diventano una sorta di prigione dalla quale il regista non solo non vuole ma non può scappare, attanagliato dal suo stesso mal du pays che cerca di rigettare con tutte le sue forze. Ancora una volta è l’umore stesso di Liechti, aggressivo e ansioso (ma mai sprovvisto di una certa ironia), a riflettersi sulle vette che si spogliano della loro immagine bucolica per trasformarsi in enormi massi minacciosi. Così come prima di lui l’hanno fatto Alain Tanner e i registi rivoluzionari del cosiddetto «groupe 5», Peter Liechti dà al paesaggio svizzero un altro significato, filtrato attraverso la sua personale sensibilità. Quella che i suoi film ci mostrano è una Svizzera diversa, che attira e respinge allo stesso tempo, un Paese che rassicura ma che spesso non
lascia spazio all’individualità, dove gli umori di ognuno sembrano riecheggiare con rabbia e frustrazione sulle pareti rocciose che li circondano. I film di Liechti hanno indubbiamente iniettato uno spirito nuovo nel panorama del documentario svizzero. Le sperimentazioni cinematografiche, la ricerca di nuove forme d’espressione sono al centro dei suoi lavori, che invece di svilupparsi in modo lineare tendono ad avanzare per associazioni. La digressione diventa in un certo senso il motore dei suoi film, che seppur partendo da un soggetto preciso si sviluppano progressivamente e in
modo inaspettato verso temi più universali (pensiamo per esempio a Hans im Glück). Peter Liechti è curioso ed è proprio questa sua curiosità ad avergli permesso di liberarsi da una messa in scena documentaristica più classica per sperimentare (sulla propria pelle) nuove vie, a volte dolorose, ma sempre completamente sincere. Il suo ultimo film Vaters Garten ha saputo ancora una volta far dialogare in modo assolutamente originale questioni molto personali con temi più universali, trasformando quello che sembra il racconto della riconciliazione con i suoi genitori nella rap-
presentazione di tutta una generazione (e di una mentalità) ormai destinata a scomparire. Senza paura di confrontarsi con i suoi sentimenti più profondi Liechti osserva i suoi genitori, le loro piccole, grandi manie, i loro timorosi caratteri piccolo borghesi, forgiati da anni di sottomissione. Con tenerezza e allo stesso tempo estraneità il regista sangallese si avventura nel cuore di questo rapporto difficile. Il risultato è
un ritratto unico, ambivalente e toccante di una generazione prigioniera di valori che non esistono più ma che si ostina a rivendicare in modo quasi ottuso. Vaters Garten è il tentativo personale di rivedere un passato difficile, la presa di coscienza dolorosa delle somiglianze con un mondo che Liechti ha sempre vissuto come estraneo. Un film importante che avremmo tanto voluto non fosse l’ultimo. Annuncio pubblicitario
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Cultura e Spettacoli
La purezza delle immagini di Edward Weston
Il mezzo tv non giova a Grillo
Fotografia Alla Fondazione Rolla di Bruzella un’imperdibile serie di ritratti scattati
Europee il leader M5S ha parlato invano al pubblico della generalista
dal maestro statunitense Gian Franco Ragno Con l’esposizione attuale alla Fondazione Rolla di Bruzella entriamo nella ristretta cerchia dei grandi classici della fotografia, o universalmente indicati come tali. Vale la pena quindi ricordare chi fu Edward Weston. Nato nei pressi di Chicago nel 1886, ventenne si trasferisce in quella che sarà la sua terra d’elezione, la California. A Los Angeles, città del cinema, già sposatosi, s’innamora di Tina Modotti, al tempo bellissima attrice di film muti, figlia di immigrati friulani. Ella diventerà – al pari di altre donne incontrate nella sua vita – sua assistente e allieva, sua musa ed amante, artista e fotografa a sua volta. Dal 1926 al 1929 compie un viaggio con lei ed uno dei suoi quattro figli in Messico, fondamentale per la maturazione del suo stile. Una terra in pieno tumulto rivoluzionario, in cui operavano gli artisti Diego Rivera e Frida Kahlo, José Clemente Orozco e David Alfaro Siqueiros – da lui ritratti. Tuttavia Weston non trova nel messaggio politico la sua vocazione e ragione di vita, come sarà invece per la Modotti. Di fatto, rimarrà per tutta la vita un raffinato e rivoluzionario esteta, un instancabile innovatore che mette necessariamente da parte la cronaca e i conflitti. Le sue prime opere sono ancora di carattere pittorialista, riprese soffuse come erano di moda ad inizio secolo; ma ben presto si affrancò dal ritocco, troverà un’importante sponda nell’avanguardia di New York, di Alfred Stieglitz e Paul Strand – altri autori fondamentali per la disciplina. Si parla, nel loro caso, di straight photography, ovvero una fotografia diretta, pura, senza abbellimenti e ricami di eco pittorico. Spesso operavano con macchine fotografiche di grande formato, individuando soggetti banali ma rinnovati con una massima definizione, stampe nitidissime e lucide. Non a caso quando nel 1932 formò con altri
fotografi della West Coast, tra cui Ansel Adams, un gruppo fotografico, lo chiamò F.64 prendendo il nome dalla massima chiusura del diaframma, e quindi la massima definizione del soggetto. Come ricorda il fotografo Pino Musi nel catalogo, Weston mise in atto «una rallentata e reiterata attenzione al soggetto, l’assunzione di una postura analitica» che lo portò a coglierne un’essenza quasi astratta. Alcuni suoi soggetti diventeranno celeberrimi ed oggi ampiamente riprodotti: le sue nature morte con cavoli, peperoni e conchiglie; la natura incontaminata californiana – dune, rocce ed alberi. Soggetti che assumono, proprio attraverso un’alta ed inedita definizione, una tensione quasi erotica. Còlti con così tanta attenzione e cura da farli sembrare rinnovati, come visti per la prima volta. Mentre all’opposto i nudi perdono questa prerogativa per diventare un puro regno di forme – una combinazione di linee e curve tra le infinite possibilità. Eppure, non si può fare a meno di rimarcare quanto sia stata difficile economicamente la vita di Weston, soprattutto negli anni della Grande Depressione. Solo ripercorrendo le pagine del diario che ci ha lasciato afferriamo quanto la sua arte sia stata anche scelta di vita, anche perché si pone in ironico contrasto con il successo commerciale che hanno le sue immagini oggi, tra le più richieste del mercato. Ci avviciniamo così all’esposizione attuale nello spazio dell’ex-asilo di Bruzella. Uno spazio sobrio e lontano da ogni rumore, che amplifica una dimensione contemplativa che piacerebbe a Weston. Si tratta di un’esposizione contenuta ma al tempo stesso significativa per il tributo all’ampia attività del fotografo californiano. Presenti gli esordi, con le citate influenze pittorialiste, come la maturità, attraverso le sue stupende nature morte, i nudi e i ritratti – in mostra un esemplare straordinario ritratto di Igor Stravinskij.
Antonella Rainoldi
Igor Stravinskij ritratto da Edward Weston, 1936. (vintage gelatin silver print)
Inoltre qualche ritratto di studio – testimonianza del suo lavoro quotidiano, accanto alle sue ricerche sulle forme. Nell’insieme ventidue opere assai vagliate, preziosi contatti scelti esclusivamente tra vintage, quindi stampati dallo stesso Weston. Un’unica ristampa di un nudo del 1920 riporta agli ultimi suoi anni da fotografo. Infatti, già nel 1948, Weston smise di fotografare a causa del manifestarsi del morbo di Parkinson. Da quella data si dedicò quindi ad un importante lavoro di revisione del suo archivio, mentre le stampe furono eseguite con l’aiuto dei due figli fotografi, Brett e Cole.
Polvere e cenere, musica di qualità CD In uscita per Pulver und Asche i nuovi dischi
di Black Fluo e di Fedora Saura Zeno Gabaglio «La polvere e la cenere possono sembrare uguali – un’indefinibile sabbia grigia – ma in realtà sono molto diverse. La polvere è sedimentazione del tempo, è misura del divenire, è calma riflessiva. Invece la cenere è residuo della vampata, è ardore appena svanito, è materia trasmigrata». Questa è l’altisonante spiegazione che da di sé, del proprio nome, l’etichetta ticinese Pulver und Asche Records. E se non la si prendesse così, cioè sul filosofico spinto, proprio non si
riuscirebbe a capire che senso possa avere, oggi, mantenere viva una struttura come un’etichetta discografica. I dischi praticamente non si vendono più, la musica sembra interessare sempre meno, e se anche esistono nuovi artisti, per la distribuzione dei loro prodotti la rete offre ormai tutti gli sbocchi necessari. Ma Pulver und Asche – polvere e cenere – si è data una precisa missione: vuole «cogliere l’attimo senza dimenticare il passato da cui proviene; riflettere con lucidità ma anche aderire agli imprevedibili slanci del contemporaneo.
Il gruppo Fedora Saura.
Visti in Tivù Alle
E ti si infila tra le dita senza che te ne accorgi, e diventa parte di te». Tutto questo con tirature discografiche limitate e molto curate nella grafica, costantemente rivolte all’inconsueto musicale prodotto nella Svizzera italiana. Black Fluo – Billion sands
Per comprendere l’importanza che in Pulver und Asche riveste l’oggetto discografico basta prendere tra le mani il disco Billion sands del gruppo Black Fluo. Non di solo disco infatti si tratta, ma di un vero e proprio libro formato da una spessa copertina nera e da pagine di carta-carbone. Il titolo è stato impresso sulla prima di copertina, e progressivamente si è andato a perdere tra le pagine del libro, per lasciare solo agli ultimi due fogli i compiti comunicativi di booklet vero e proprio. E non si tratta di apparenza gratuita, questa voluttuosa concessione all’arte grafica. Il segno netto che si disperde nel rumore è anche parte dell’essenza musicale dei Black Fluo, per un tratto complessivo che risulta difficile descrivere unitariamente. Una delle difficoltà principali per la stampa specializzata su scala internazionale – che già ha accolto positivamente il debutto del gruppo chiassese – è proprio quella
Edward Weston si spense a Big Sur – località celebre per i suoi artisti e per il romanzo di Jack Kerouac – il primo giorno del 1958. Le sue ceneri furono sparse nel mare in una baia magnifica che oggi porta il suo nome: Weston Beach. Un ritorno ideale a quella natura che seppe così intensamente celebrare.
Seratina movimentata, affollata come non mai di talk, quella del lunedì post elettorale. Per una volta ci siamo persi 60 minuti (RSI La2), ma in compenso abbiamo assistito in parallelo a Porta a Porta (Raiuno), Quinta Colonna (Retequattro) e Piazzapulita (La7). In studio con Bruno Vespa, così come con Paolo Del Debbio e Corrado Formigli, erano presenti politici e esperti più o meno autorevoli, invitati a commentare i risultati. Siccome le Europee in Italia sono state vissute come le elezioni di Beppe Grillo, si è parlato soprattutto di Beppe Grillo. Perché il leader del Movimento Cinque Stelle ha perso tre milioni di voti rispetto alle Politiche di un anno fa? Perché è stato surclassato da Matteo Renzi? Tutti, da sinistra a destra, si sono detti d’accordo su un punto: una partita tutta basata sulla logica dello scontro personale non poteva non produrre la fuga verso progetti più rassicuranti, nonostante la fola dei sondaggisti prefigurasse un possibile duello finale o addirittura un sorpasso ai danni del PD. Le cose più interessanti le abbiamo sentite a Piazzapulita, non dai politici come Daniela Santanché e Debora Serracchiani, ma da Carlo Freccero, guru della comunicazione e persona degnissima. Se il mezzo televisivo ha ancora
Dove e quando
Edward Weston. Fondazione Rolla. Bruzella. Fino al 27 luglio 2014. Su appuntamento. Per informazioni ed aperture straordinarie: www.rolla.info
di metterlo nella giusta casella: noise? canzone? postrock? spoken words? Forse un po’ di tutto questo, e tornando all’evocatività delle suggestioni extra-musicali proprio l’oscurità fluorescente nel nome della band può suggerire una possibile definizione: per il tono trasversalmente cupo delle sette tracce del disco, ma anche per i lampi di luce che da esse stesse improvvisamente si generano. Un sognante realismo cosmico. Fedora Saura – La via della salute
Ben piantati per terra sono invece i piedi dei Fedora Saura. Talmente a contatto con le cose nostre di noi fragili umani che non saranno in pochi a venir infastiditi dalla sincerità senza filtri de La via della salute, il disco in prossimissima uscita. I Fedora Saura prendono Gaber, il teatro-canzone, la sua radicalità di pensiero. Lo ripassano con il salmodiare programmatico dei CCCP e vi aggiungono frustate no-wave, contrazioni jazz-core, addirittura sprazzi di reggae dimesso e istantanee elucubrazioni prog. Con l’insolita centralità – per le nostre latitudini – dei testi in lingua italiana, che disegnano un’opera anti-capitalistica, contro i fantasmi, per un’Europa laica, in ogni senso e in quello etimologico. La via della salute è un disco eccentrico, provocatorio e destabilizzante che guarda alle avanguardie europee del primo Novecento. Un cabaret-spettacolo, un tazebao filosofico e (im)morale per una generazione che ha perso, sì, ma che più di ogni altra cosa desidera ritrovare la salute.
L’immagine garibaldina di Beppe Grillo ha creato audience, ma non ha portato voti, alle elezioni europee. (Keystone)
un ruolo nella creazione del consenso, come mai Grillo sembra non aver tratto giovamento dalle apparizioni in tv? «Perché è esclusivo, cioè divide. Non è inclusivo come Renzi, come Berlusconi. Ce lo insegna la politica spettacolo. Il problema è che Grillo ha sempre fatto la campagna con toni esasperati, distruttivi, quasi horror. Questi toni andavano bene per una generazione come la mia, abituata a tutto, ma non per il pubblico appassionato del piccolo mondo di Don Matteo, il vero vincitore della stagione televisiva premiato con il record di ascolti più alto. Per questo Grillo non può essere maggioritario. La tv generalista ha bisogno del Mulino Bianco, non di personaggi come Grillo e Casaleggio». Freccero, non dimentichiamolo, è stato il più geniale dei direttori di rete in RAI e a Mediaset, solo per rimanere in Italia. Nessuno più di lui conosce il tipo di audience in cui la generalista si muove. Nessuno più di lui conosce i rischi cui va incontro chi cerca di parlare a un pubblico distante mille miglia da quello più fedele, non riuscendoci.
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 2 giugno 2014 ¶ N. 23
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Idee e acquisti per la settimana
shopping Un assaggio della Valle Morobbia Attualità Due passi per le vie tematiche con Silvano Codiroli, i cui racconti ci parlano dell’importanza
del pane e dell’acqua
«Ovunque vado sono due le cose che cerco per prime. Una è il pane e l’altra è l’acqua». Per Silvano Codiroli – già sindaco di Pianezzo, presidente della Regione ed ora della Fondazione Valle Morobbia – pane e acqua dicono molto di un luogo e di coloro che lo abitano. Il pane della sua infanzia lo ricorda bene: «Il pane era la base della nostra dieta. Noi piccoli compravamo il pane per conto della mamma. Il prestino a Pianezzo impastava a mano e noi assistevamo affascinati alla formatura delle pagnotte. Rimaneva sempre un pezzetto di impasto che mangiavamo crudo oppure lo portavamo a casa, per cuocerlo sulla stufa. Il pane era venduto a peso e spesso il prestino ne aggiungeva un po’ per ottenere la quantità richiesta. Tornavamo a casa felici, sbocconcellando questi pezzi di pane. Seppure si mangiasse pane bianco, quello scuro era più diffuso rispetto a oggi». Un pane simile al Val Morobbia, un pane di farina scura e farina di segale prodotto a Sant’Antonino e dispo-
nibile alla Migros. L’acqua torna invece nei racconti che Codiroli fa della sua Valle. L’acqua che azionava il Maglio di Carena – un grande martello usato per lavorare il ferro a caldo e che dà nome al
Pane Val Morobbia 550 g Fr. 3.40 / 320 g Fr. 2.60
complesso di edifici costruito nel 1792 per la lavorazione del metallo – e l’acqua che fornisce elettricità a gran parte del Bellinzonese sin dal 1903. Il Maglio e la centrale idroelettrica sono, con il
tema del contrabbando, oggetto di Vie tematiche che percorrono la Valle Morobbia. Silvano Codiroli a volte si presta ad accompagnarvi scolaresche e gruppi e da gran conoscitore della zona fà da
Silvano Codiroli, presidente della Fondazione Valle Morobbia. (Flavia Leuenberger)
cicerone illustrando sia le meraviglie naturali – la Valle è ricchissima di sentieri che si prestano a passeggiate o gite in bici – che le opere nate dall’ingegno dell’uomo, come l’impianto siderurgico di Carena e la centrale idroelettrica. Finita la scampagnata, raramente si unisce al gruppo per pranzo o cena. «Preferisco tornare a casa da mia moglie Sonia. Insieme gustiamo qualcosa di semplice, come una taiada nostrana accompagnata dal buon pane Val Morobbia. Ha una crosta croccante e spessa, scura e piena di sapore. La mollica è morbidissima e si conserva tale sull’arco di diversi giorni». Il sapiente mix di farina bigia e farina di segale conferisce a questo pane un gusto aromatico e deciso che ben si sposa con prosciutti, insaccati e formaggi nostrani. Un abbinamento che può essere accompagnato da un buon bicchiere di vino rosso, oppure, come d’abitudine di Silvano Codiroli, da un bicchiere di acqua fresca. / Luisa Jane Rusconi
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Idee e acquisti per la settimana
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Idee e acquisti per la settimana
Il coregone del Lago Maggiore Attualità Il ricercato pesce lo trovate ai banchi pesce di Migros Ticino sotto forma di filetto. Vi vogliamo ingolosire
con una ricetta del giovane chef Pablo Ratti del Ristorante Rodolfo di Vira Gambarogno
Saltimbocca di coregone su passatina di fagioli borlotti (secondo piatto per 4 persone) Ingredienti 4 filetti di coregone* 8 foglie di salvia 8 fette di prosciutto crudo 200 g di fagioli borlotti 1 pz. scalogno 1 pz. carota 1 pz. sedano stanga 1 pz. foglia di alloro sale e pepe 5 dl brodo vegetale 2 dl vino bianco olio d’oliva extra vergine *In vendita nei reparti pesce di Migros Ticino
Il coregone è una specie autoctona di pesce che vive solamente in alcuni laghi alpini (Verbano e Ceresio compresi). È uno dei più apprezzati pesci d’acqua dolce, appartenente alla famiglia dei salmonidi. La carne del coregone è bianca, delicata e compatta, è necessario però che il pesce sia freschissimo perché le sue carni sono fra le più deperibili. Può essere cucinato sia intero sia a filetti, con una cottura non troppo lunga, preferibilmente senza l’aggiunta d’ingredienti piccanti e spezie troppo forti per non annullare la sua estrema delicatezza. Vi ricordiamo che ai banchi pesce di Migros Ticino i pescivendoli sono sempre al vostro servizio per consigli e suggerimenti culinari personalizzati. A proposito di filetti, c’è da dire che nessun altro cibo scuoce rapidamente come il pesce; per questo bisogna fare molta attenzione alla cottura per conservare tutta la sua freschezza e qualità. Infine, il coregone è un pesce magro, con un grasso inferiore al 3%, contiene ca. il 18-20% di proteine e 100 g danno solo 60-100 kcal. / Davide Comoli
Preparazione Con un coltello togliere la pelle dei coregoni e tagliare i filetti a metà. Su ogni metà ottenuta, adagiare una foglia di salvia. Avvolgere i pesci nel prosciutto crudo. Tritare lo scalogno. Lavare e pelare la carota e tagliarla a pezzi piccoli. Lavare e tagliare a pezzi il sedano stanga. Rosolare le verdure. Aggiungere i fagioli lasciati a mollo per una notte in acqua fredda. Sfumare con il vino bianco. Aggiungere il brodo vegetale e la foglia di alloro e cuocere sino a quando i fagioli sono ben cotti (ca. 2 ore). Mixare i fagioli e insaporire con sale, pepe e un filo d’olio d’oliva extravergine. Rosolare i saltimbocca di coregone per 2-3 minuti da entrambi i lati. Disporre la passata al centro del piatto e collocare sopra di essa i saltimbocca.
Pablo Ratti del Ristorante Rodolfo di Vira Gambarogno. (Flavia Leuenberger)
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Idee e acquisti per la settimana
Zucchine nostrane buone come il pane Attualità Un legume sano e del territorio. Da giugno a settembre in vendita a Migros Ticino «Bisogna comprare le zucchine ticinesi perché sono un nostro prodotto», ci dice a gran voce Luigi Cattori, produttore di S. Antonino. «Anzi, a mio avviso bisognerebbe fare ancora più propaganda per “spingere” il prodotto nostrano». Lo prendiamo alla lettera: eccoci qui a scriverne. La stagione è alle porte e la produzione ticinese – come
quella di Cattori – vanta una lunga tradizione. «Il nonno ha cominciato nel 1946 comprando l’azienda. Tutti i maschi della famiglia, me compreso, così come mio padre e mio zio, hanno fatto i coltivatori. Da bambini il mercoledì pomeriggio e il sabato andavamo nei campi, c’era già una macchina semiautomatica per piantare ma, essendo
noi piccoli, guidavamo il trattore!», ricorda divertito Cattori. «Siamo tra i primi che raccolgono la zucchina, ed è una bella coltivazione da fare. Bisogna solo tenerla sotto controllo, perché è molto sensibile al vento». Questo legume ha bisogno di un clima mite, soleggiato e ben aerato ma non troppo ventoso, altrimenti il raccolto si rovi-
Luigi Cattori, orticoltore a S. Antonino. (Giovanni Barberis)
Ti aspettiamo in Valle Onsernone Vuoi trascorrere un pomeriggio diverso dal solito in una delle più belle valli del nostro Cantone? In questo caso prendi il telefono e chiama subito il numero sotto indicato. Con un po’ di fortuna potrai aggiudicarti una visita ai Mulini di Vergeletto e Loco, impianti dove viene elaborata la pregiata Farina Bóna, prodotto alla base di diversi articoli disponibili nei supermercati di Migros Ticino: la Bonella, il gelato artigianale, i biscotti, i raviöö e la farina pura.
La Farina Bóna è il risultato della macinazione molto fine di granturco ticinese tostato. Questo prodotto tradizionale della Valle Onsernone, caduto per diversi decenni nel dimenticatoio e recuperato un ventennio fa dal Museo Onsernonese ed in seguito da alcuni appassionati riuniti nell’Associazione Mulini di Vergeletto, oggi viene in buona parte lavorato all’interno dei mulini di Vergeletto e Loco, recentemente ristrutturati.
Iscrizione Porte aperte ai Mulini di Vergeletto e Loco Sabato 28 giugno 2014 dalle 13.30 alle 18.00 Ritrovo a Vergeletto I primi 30 fortunati lettori di Azione che telefoneranno al numero 091 840 12 61, mercoledì 4 giugno tra le ore 10.30 e 11.30, potranno partecipare a una visita guidata esclusiva dei due mulini orsernonesi e scoprire come si produce la pregiata Farina Bóna.
na. Contiene essenzialmente acqua, pochissime calorie e molte vitamine. Salutare è soprattutto la vitamina P, un antiossidante utile contro il colesterolo e alcune malattie agli occhi. Le zucchine vengono raccolte quando la lunghezza è media (dopo 8-10 settimane dalla semina), altrimenti i troppi semi le rendono meno appetibili. Hanno una storia antichissima e, come tutte le cucurbitacee, provengono dall’America centrale, precisamente dalla zucca selvatica del sud del Messico. Una volta scoperte dai conquistatori spagnoli, per quattrocento anni vengono selezionate dapprima per i loro bei fiori ornamentali nei giardini, poi come legume da mangiare. In Africa e in Asia sono simbolo di abbondanza e di fecondità. Ma saranno gli italiani i loro veri cultori: nel 18° secolo decidono di consumarne una sola varietà, lucida, acquosa e immatura: il prodotto bislungo, cilindrico e dal tipico colore verde scuro che tutti conosciamo. Non a caso la zucchina si è diffusa in tutto il Mediterraneo col nome di «zucca d’Italia» o di «zucca estiva». / Marco Jeitziner
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OLTRE 4 MILIONI DI ACQUISTI DIMOSTRANO CHE LA MIGROS È PIÙ CONVENIENTE DELLA COOP. In collaborazione con l’Istituto di ricerche di mercato indipendente LP, dal 6 al 12 maggio 2014 abbiamo ripetuto il più grande confronto di prezzi nel settore del commercio al dettaglio svizzero, prendendo in considerazione oltre 5000 articoli. Nell’ambito di questo studio oltre 4 milioni di acquisti, realmente effettuati, sono stati messi a confronto con acquisti avvenuti alla Coop. Il risultato? Facendo la spesa alla Migros si risparmia il 10,8%. È quindi dimostrato ciò che i nostri clienti sanno da sempre: LA MIGROS È SEMPRE PIÙ CONVENIENTE.
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Idee e acquisti per la settimana
Pizze da Mondiali Attualità In occasione dei prossimi Mondiali di calcio brasiliani, i De Gustibus lanciano una gustosissima
sfida delle pizze d’asporto
Migros richiama i monopattini modello Chilli Pro 5000 Nell’ambito di un controllo interno effettuato sul monopattino modello Chilli Pro 5000 della ditta Chilli Proscooter, Migros ha riscontrato una serie di non conformità a livello di qualità. Un uso intenso del monopattino può causare la rottura della forcella
A titolo precauzionale la Migros richiama i monopattini modello Chilli Pro 5000 prodotti dalla Chilli Proscooter e prega i clienti di non utilizzare più il prodotto. Un uso intenso può infatti causare il cedimento della forcella. Il modello (articolo n. 4923.618), nei colori viola e nero, poteva essere acquistato da SportXX da febbraio a maggio 2014 al prezzo di vendita di CHF 198.00. Migros prega i suoi clienti di riportare i monopattini nelle filiali di SportXX per far sostituire la forcella. La sostituzione sarà effettuata gratuitamente da M-Service.
Marka
Ormai ci siamo: mancano solo dieci giorni all’apertura di uno degli eventi sportivi più attesi dell’anno. Giovedì 12 giugno, infatti, a San Paolo, con Brasile e Croazia, è previsto il calcio d’inizio del Campionato mondiale di calcio 2014, che per la seconda volta nella storia si tiene nel paese sudamericano, e che vedrà 32 squadre sfidarsi per contendersi il titolo di Campione del mondo nella finale di domenica 13 luglio. Ma anche i De Gustibus Migros vogliono essere della partita e per l’occasione hanno lanciato la grande sfida delle pizze a partire dal 12 giugno. Perché non concedersi una serata tra amici all’insegna del buongusto e dello sport davanti al televisore, guardando la partita della squadra del cuore e gustando una delle amate pizze firmate De Gustibus? Durante le qualificazioni, ogni giorno ti attendono tre pizze differenti sapientemente elaborate affinché richiamino i colori e i sapori di alcune nazioni partecipanti. Al termine del campionato, in occasione della finale, resteranno solo due pizze a contendersi il premio «Pizza World Cup». Qualche gustoso esempio? La pizza Rossocrociata sarà farcita con pomodoro, mozzarella e Gruyère; quella Italia con pomodoro, mozzarella, mascarpone, melanzane, peperoni grigliati, pomodorini cherry e rucola; la pizza Inghilterra sarà con pomodoro, mozzarella, roastbeef e rucola, mentre la pizza Grecia con pomodoro, mozzarella, feta, pomodorini cherry, melanzane e olive verdi. Le pizze speciali saranno in vendita al prezzo di Fr. 5.20 al trancio, oppure Fr. 20.– per quella intera. Insomma, se anche tu ami i Mondiali, tifa con noi, ma fallo con gusto scegliendo De Gustibus!
Apertura straordinaria del 9 giugno in alcune filiali Migros
Il barometro dei prezzi Migros riduce il prezzo della Red Bull Energy Drink in PET. Tutte le varianti di Coca-Cola in lattina da 33 cl e 50 cl in bottiglie di PET invece rincarano, poiché Migros deve pagare di più i fornitori. Inoltre, gli aumenti del prezzo del latte negli anni scorsi si ripercuotono oggi anche sui prodotti lavorati che contengono panna, formaggio o burro. Pertanto saranno più cari, per esempio, la torta foresta nera e la pizza M-Classic. Anche i prezzi delle olive sono aumentati, a causa del cattivo raccolto in Grecia dovuto ad una grande tempesta di sabbia che ne ha distrutto i fiori degli ulivi. Infine, il miele estero rincara: principalmente quello dal Sudamerica e America Latina. ll motivo è da ricercare nel cattivo raccolto di miele dovuto perlopiù alla moria di api Alcuni esempi:
Lunedì prossimo, 9 giugno, lunedì di Pentecoste, come da deroga del Dipartimento delle finanze e dell’economia del Canton Ticino alcuni supermercati Migros e i relativi Ristoranti e De Gustibus potranno restare aperti dalle ore 10.00 alle 18.00 per permettervi di effettuare i vostri acquisti in tutta tranquillità. I punti vendita Migros interessati all’apertura straordinaria sono i seguenti: Locarno; Solduno; Tenero; Cassarate e Lugano.
Prezzo vecchio in Fr.
Red Bull Energy Drink, 330 ml PET Coca-Cola, 50 cl bott. PET Coca-Cola, 33 cl lattina Anna’s Best olive e formaggio morbido, 150 g Anna’s Best olive Italia, 150 g Foresta nera, 440 g M-Classic Pizza del padrone, 370 g M-Classic Mini Pizza al prosciutto, 180 g Max Havelaar miele fiori cremoso, 500 g Miele di bosco, 550 g
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Idee e acquisti per la settimana
Costoletta di vitello alla griglia con formaggio e verdure
Grigliate sostenibili
Piatto principale per 4 persone
Chi desidera del vitello TerraSuisse o pollo biologico per le sue grigliate, alla Migros trova carni deliziose prodotte da contadini svizzeri, che allevano gli animali trattandoli particolarmente bene
Preparazione Portate il grill alla temperatura di ca. 250 °C. Tagliate la zucchina e il pomodoro a fette spesse, salate leggermente e grigliatele brevemente da entrambi i lati. Togliete le verdure dal grill e mettetele da parte. A piacere, staccate la carne dall’estremità dell’osso. Condite la carne con sale e pepe e grigliatela per ca. 15 minuti. Accomodate le verdure sulla carne. Grattugiate grossolanamente il formaggio sulle verdure. Distribuite le foglioline di maggiorana sulle costolette, dimezzate il limone e terminate la cottura per ca. 5 minuti con il coperchio abbassato.
Tempo di preparazione ca. 15 minuti + cottura alla griglia ca. 20 minuti Per persona ca. 35 g di proteine, 9 g di grassi, 1 g di carboidrati, 1000 kJ/220 kcal
INFORMAZIONI Ingredienti 1 zucchina piccola 1 pomodoro Olio di colza svizzero*, p. es. 50 cl, Fr. 3.35 (nelle maggiori filiali) sale, pepe 4 costolette di vitello* di ca. 200 g l’una, per 100 g al prezzo del giorno (nelle maggiori filiali) 50 g di gruyère bio, 100 g Fr. 2.25 (nelle maggiori filiali) 2 gambi di maggiorana, 1 limone *disp. in qualità TerraSuisse
Allevamento: i vitelli crescono vivendo sempre in gruppo
Farmaci: medicina complementare invece di antibiotici
Vitelli sani grazie a latte fresco, a un sacco di fieno e a molto movimento In Svizzera ci sono sempre più persone che si definiscono «flexitariane», ovvero che fondamentalmente sono vegetariane, ma che di tanto in tanto non disdegnano una buona bistecca. Per loro e per molti altri consumatori l’informazione è TerraSuisse promuove un’agricoltura in sintonia con la natura e rispettosa degli animali. Il marchio di sostenibilità poggia sulle linee direttrici di IP-Suisse, l’Associazione svizzera dei contadini che praticano la produzione integrata, che conta 12 000 affiliati. Maggiori informazioni su www.migros.ch/terrasuisse.
Alimentazione: 1000 litri di latte vaccino, oltre a fieno ed acqua a volontà.
bito all’occhio. Infatti, i vitelli IP-Suisse convivono in gruppo tra loro. Il pavimento delle stalle è ricoperto di soffice paglia. Hanno accesso illimitato alla stabulazione all’aria fresca e ricevono cibo ricco di nutrimento e appropriato alla loro specie: almeno 1000 litri di latte vaccino, oltre ad acqua fresca e fieno a volontà. Il fieno, infatti, fornisce al bestiame il ferro, che rafforza il sistema immunitario. Anche la possibilità di uscire influisce positivamente sulla salute dei vitelli. Fondamentalmente, si dovrebbero impiegare meno farmaci possibili, gli antibiotici sono consentiti soltanto in casi di estrema urgenza. Pertanto, chi mette sulla griglia una cotoletta di vitello TerraSuisse, non deve sentirsi con la coscienza sporca. Fedele al motto dei «flexitariani», secondo cui «se è carne, allora che provenga da fonti sostenibili». E chi sceglie verdure di stagione come contorno, può minimizzare ulteriormente il proprio impatto ecologico.
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I vitelli vivono in gruppo sulla paglia e hanno accesso all’aria fresca.
importante, per sapere da dove proviene la carne e in quali condizioni sono stati allevati gli animali. Cosa hanno mangiato? Hanno avuto diritto a una boccata d’aria fresca? In poche parole: vogliono sapere se sono stati trattati correttamente. I contadini di IP-Suisse allevano i loro animali secondo i criteri più avanzati. Per esempio, per quanto riguarda i vitelli la differenza con l’allevamento convenzionale salta su-
Parte di
Generazione M è il programma di sostenibilità della Migros, al quale TerraSuisse apporta un prezioso contributo.
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Idee e acquisti per la settimana
Pollo grigliato al limone Aria fresca, manti erbosi, spazi per razzolare e vasche di sabbia caratterizzano gli allevamenti di polli biologici.
Piatto principale per 4 persone
Preparazione Portate il grill alla temperatura di ca. 250 °C. Tagliate i petti di pollo a metà di traverso. Metteteli con le cosce e le ali di pollo in una scodella ampia. Unite le foglie delle erbe aromatiche. Tagliate le cipolle a spicchi, il limone a fette. Aggiungete entrambi alla carne di pollo. Unite l’olio, il condimento Gourmet Mix e l’aglio schiacciato. Mescolate bene il tutto e mettete i petti di pollo da parte. Accomodate sulla griglia o in una vaschetta di alluminio per grigliare il resto degli ingredienti. Grigliate sul grill per ca. 25 minuti. Dopo 15 minuti di cottura, aggiungete i petti di pollo e cuoceteli con il resto degli ingredienti per 10 minuti. Tempo di preparazione ca. 10 minuti + cottura alla griglia ca. 25 minuti Per persona ca. 29 g di proteine, 23 g di grassi, 5 g di carboidrati, 1450 kJ/350 kcal
Ingredienti Bio 2 petti di pollo*, 100 g Fr. 4.90 4 cosce di pollo*, 100 g Fr. 2.30 4 ali di pollo*, 100 g Fr. 2.10 2 rametti di salvia 2 rametti di rosmarino 2 cipolle 1 limone 3 cucchiai d’olio d’oliva, Grecia, 50 cl Fr. 8.60 2 cucchiaini di condimento Gourmet Mix piccante (non disp. in qualità bio) 2 spicchi d’aglio 1 cucchiaio di senape granulosa, 200 g Fr. 1.30 *nelle maggiori filiali
INFORMAZIONI
Allevamento: il pollo trascorre assieme ai suoi simili almeno 63 giorni.
Farmaci: medicina complementare invece di antibiotici.
Razzolare in libertà, beccando qua e là Alla griglia non sono adatte solo cotolette e salsicce di vitello, ma è molto popolare anche la carne di pollo. Questo perché è tenera e magra, oltre che piena di gusto. Ed anche perché si può insaporire con diverse miscele di spezie. Di recente la
Alimentazione: foraggio di qualità biologica.
Bio è sinonimo di misure rigorose nella produzione di materie prime. Viene concessa la massima priorità al delicato rapporto con l’ambiente, alla naturalezza delle materie prime e dei prodotti, così come al benessere degli animali.
Migros ha ampliato il suo assortimento di pollame biologico. La domanda dei clienti di carne di provenienza sostenibile è forte. Il marchio Bio garantisce il massimo in termini di sostenibilità e benessere degli animali. Per quanto riguarda l’allevamento biologico dei polli ciò significa: gli animali hanno libero accesso a un prato con vasche di sabbia e super-
fici per razzolare. Un branco è composto al massimo di 500 polli e in ogni stabbio non ci sono più di quattro branchi. In questo modo le galline degli allevamenti biologici hanno un terzo di spazio in più rispetto alle strutture d’allevamento convenzionali. I pollai dispongono di finestre, affinché i polli possano vivere secondo il normale ritmo giorno-notte. Il cibo è costituito di cereali da foraggio di qualità bio. Tutti questi fattori fanno sì che i polli Bio siano meno soggetti a malattie. Se nonostante tutto un animale si ammala, viene curato con i delicati metodi della medicina complementare. / Testi: AnnaKatharina Ries
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Generazione M è il programma di sostenibilità della Migros, al quale Migros Bio apporta un prezioso contributo.
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Idee e acquisti per la settimana
Spuntini a centrocampo È il fischio d’inizio… e lo stomaco brontola! Meno male che, per la lunga serata di calcio davanti alla TV, sono già pronti un bel po’ di bocconcini di carne secca. A questo contropiede dello spuntino la fame non può opporre resistenza
L’Industria Migros produce numerosi prodotti molto apprezzati, tra i quali gli spuntini di carne di Micarna.
Dato che oltre ad essere ricche di proteine sono anche povere di grassi, le chips di carne di Micarna si possono arraffare senza problemi. Così non ci si perde neppure un secondo della partita, anche se finisce ai supplementari: infatti, questi speziati antipasti vengono proposti nelle pratiche confezioni doppie in stile americano, affinché il loro aroma resti fresco anche se rimangono a lungo sul tavolino. Gli snack di carne della Migros offrono qualcosa per ogni gusto e per ogni occasione, che si tratti di un aperitivo, di uno spuntino tra i pasti oppure di uno snack guardando la televisione in salotto. Le chips di
carne sono disponibili a base di manzo, tacchino, cavallo, pollo o maiale. Tutte le varietà sono prodotte in Svizzera secondo ricette tradizionali e con carni pregiate. La carne ricca di proteine viene salata solo leggermente e poi essiccata all’aria o affumicata. Ha un bassissimo contenuto di grassi, compreso tra l’1,5 e il 5 percento a dipendenza del tipo. Nell’ambito del rinomato concorso internazionale di qualità della Società degli agricoltori tedeschi (DLG) le «Beef Chips», le «Chicken Chips» e le «Pork Waves», tutte e tre prodotte con carne svizzera, hanno ricevuto il voto migliore. / JV
I saporiti snack di carne esistono in diverse varietà. Sono ottimi anche con una birra senz’alcool.
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Tutti i cornetti al burro precotti, refrigerati, in conf. da 2 25% di riduzione, per es. cornetti al burro, 420 g
Tutte le tavolette di cioccolato, le palline e tutti i Friletti Frey Suprême, UTZ a partire dall’acquisto di 2 prodotti, –.50 di riduzione l’uno, per es. Noir Authentique, 100 g
Tutti i mini cioccolatini Frey Mahony al latte o assortiti in sacchetto da 840 g, UTZ 20% di riduzione, per es. mini cioccolatini Mahony al latte, 840 g
Tutta la pasta Agnesi a partire dall’acquisto di 2 confezioni, –.30 di riduzione l’una, per es. spaghetti, 500 g
Tutti gli Snacketti Zweifel in conf. XXL per es. alla paprica, 225 g
Tutti i tipi di caffè Boncampo in chicchi e macinato, UTZ per es. in chicchi, 500 g
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Tutte le bevande a base di latte Starbucks 220 ml, 20% di riduzione, per es. Seattle Latte
Bouquet di peonie Linda il mazzo
Pasta per crostate e pasta sfoglia già spianate M-Classic in conf. da 2 20% di riduzione, per es. pasta per crostate, 2 x 270 g
Aceto balsamico di Modena Ponti 5 dl a partire dall’acquisto di 2 pezzi, 1.35 di riduzione l’uno
Tutto l’assortimento di alimenti per gatti Selina 20% di riduzione, per es. Adult con manzo, 100 g
Tutte le specialità a base di patate Delicious e TerraSuisse surgelate, 20% di riduzione, per es. Pommes Duchesse, 600 g
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FRUTTA E VERDURA Insalata mista Anna’s Best, 250 g 2.– invece di 2.50 20% Cetrioli, Svizzera / Paesi Bassi, al pezzo 1.20 Pomodorini ciliegia a grappolo, Svizzera / Spagna, vaschetta da 500 g 2.80 Albicocche, Spagna / Francia, al kg 3.95 invece di 6.60 40% Meloni Charentais, Spagna / Francia, al pezzo 2.30 Mirtilli, Spagna, vaschetta da 500 g 5.80 Cicoria bianca, Ticino, imballata, al kg 3.20 invece di 4.70 30% Patate novelle, Svizzera, in conf. da 1,5 kg 2.40 invece di 3.50 30% Fragole, Svizzera, in conf. da 500 g 3.95 invece di 5.80 30%
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Linee di pentole Prima e Gastro per es. padella Gastro, Ø 28 cm, in acciaio inox, indicata anche per i fornelli a induzione, offerta valida fino al 16.6
Tutti i prodotti Handymatic (sale rigeneratore escluso), a partire dall’acquisto di 2 prodotti, 1.20 di riduzione l’uno, per es. Classic in polvere, 1,5 kg, offerta valida fino al 16.6
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Tutti i detergenti per i piatti Handy e Manella a partire dall’acquisto di 2 prodotti, –.60 di riduzione l’uno, per es. Manella Citron, 500 ml, offerta valida fino al 16.6
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Cervelas in conf. da 5, TerraSuisse, 5 x 2 pezzi, 1 kg 6.50 invece di 13.– 50% Prosciutto cotto affettato finemente M-Classic, Svizzera, 2 x 134 g 5.95 invece di 8.50 30% Landjäger M-Classic, Svizzera, 3 x 2 pezzi, 300 g 4.90 invece di 6.15 20% Lombatina d’agnello, Nuova Zelanda / Australia, per 100 g 3.70 invece di 5.30 30% Fettine di pollo Optigal, Svizzera, per 100 g 2.70 invece di 3.30 Tutto l’assortimento di antipasti a base di pesce M-Classic, per es. insalata di frutti di mare, 150 g 5.90 NOVITÀ *,** 20x Salmone dell’Atlantico affumicato, d’allevamento, Norvegia, 330 g 9.90 invece di 19.80 50% Bratwurst XXL, Svizzera, in conf. da 380 g 5.20 invece di 7.50 30% Roastbeef cotto, Svizzera / Germania, affettato in vaschetta, per 100 g 4.80 invece di 6.90 30% Bistecche di manzo, TerraSuisse, Svizzera, imballate, per 100 g 2.95 invece di 4.40 30% Costine di maiale, Svizzera, imballate, per 100 g 1.25 invece di 1.80 30% Galletto speziato Optigal, Svizzera, in conf. da 2 pezzi, per 100 g 1.– invece di 1.45 30% Assortimento di luganighette al banco, per es. luganighetta con finocchio, prodotta in Ticino, per 100 g 2.20 invece di 2.75 20% Filetto di pesce persico, Polonia, per 100 g 3.40 invece di 4.30 20% Fino al 7.6
PANE E LATTICINI Tutte le bevande a base di latte Starbucks, per es. Seattle Latte, 220 ml 1.75 invece di 2.20 20% *In vendita nelle maggiori filiali Migros.
Tutti i dessert Petit Suisse e Petit Choco (Lilibiggs esclusi), per es. all’albicocca, alla mela e ai lamponi, 6 x 50 g 1.95 invece di 2.45 20% Tutti i flan in conf. da 6, –.50 di riduzione, per es. al cioccolato, 6 x 125 g 2.50 invece di 3.– Emmentaler Surchoix, per 100 g 1.50 invece di 1.90 20% Formaggio per insalata, bio, 20x aha!, 150 g 3.60 NOVITÀ *,** Miscela per torta al formaggio M-Classic in conf. da 2, 2 x 250 g 7.10 invece di 8.90 20% Feta Xenia in conf. da 2, 2 x 200 g 5.25 invece di 6.60 20% Pane Val Morobbia, 550 g 2.90 invece di 3.40 Panini M-Classic, TerraSuisse, 5 pezzi, 250 g 1.70 invece di 2.– Formaggella ticinese 1/2 grassa, a libero servizio, per 100 g 1.45 invece di 2.10 30%
FIORI E PIANTE Bouquet di peonie Linda, il mazzo 14.90 Lavanda Hidcote, in vaso da 14 cm, la pianta 6.50
ALTRI ALIMENTI Tutti i mini cioccolatini Frey Mahony al latte o assortiti in sacchetto da 840 g, UTZ, per es. mini cioccolatini Mahony al latte, 840 g 9.20 invece di 11.60 20% Palline di finissimo cioccolato al latte Frey in sacchetto da 1 kg, UTZ, cioccolatini con motivo calcistico 11.80 invece di 23.60 50% Tavolette di cioccolato Frey in conf. da 6, UTZ, per es. cioccolato al latte finissimo, 6 x 100 g 7.70 invece di 11.10 30% Tutte le tavolette di cioccolato, le palline e tutti i Friletti Frey Suprême, UTZ, a partire dall’acquisto di 2 prodotti, –.50 di riduzione l’uno, per es. Noir Authentique, 100 g 2.20 invece di 2.70 Strisce alla fragola Gomz 20x mini, 100 g 2.60 NOVITÀ *,** Tutti i biscotti Tradition, a partire dall’acquisto di 2 confezioni, –.60 di riduzione l’una, per es. Cremisso, 175 g 2.80 invece di 3.40 Tutti i tipi di caffè Boncampo in chicchi e macinato, UTZ, per es. in chicchi, 500 g 3.05 invece di 4.40 30% Barrette di cereali Farmer in conf. da 2, per es. alla mora e alla mela, 2 x 234 g 7.– invece di 8.80 20% Mistura do Brasil Sun Queen in conf. da 2, borsa da sport inclusa, 2 x 175 g 6.90 invece di 7.90 * Tutto lo zucchero gelatinizzante e tutti i gelificanti, per es. zucchero gelatinizzante, 500 g 1.90 invece di 2.40 20% **Offerta valida fino al 16.6
Tutte le specialità a base di patate Delicious e TerraSuisse, surgelate, per es. Pommes Duchesse, 600 g 3.65 invece di 4.60 20% Tutte le tortine e gli strudel M-Classic o bio, surgelati, per es. tortine al formaggio M-Classic, 4 pezzi 2.15 invece di 2.70 20% Filetti dorsali di nasello Pelican in conf. da 2, MSC, surgelati, 2 x 400 g 8.80 invece di 12.60 30% Cornetti assortiti M-Classic in conf. da 16, 2080 ml 6.20 invece di 12.40 50% Cachaçana do Brasil Crème d’or, Limited Edition, 750 ml 8.60 Tutte le confezioni di Pepsi e Schwip Schwap da 6 x 1,5 l, per es. Pepsi Regular 5.50 invece di 11.– 50% Acqua minerale Vittel in conf. da 6 x 1,5 l 3.– invece di 6.– 50% Mister Rice in conf. da 3, 3 x 300 g 3.90 Tutta la pasta Agnesi, a partire dall’acquisto di 2 confezioni, –.30 di riduzione l’una, per es. spaghetti 500 g 1.60 invece di 1.90 Olio di colza, TerraSuisse, 50 cl 2.65 invece di 3.35 20% Aceto balsamico di Modena Ponti 5 dl, a partire dall’acquisto di 2 pezzi, 1.35 di riduzione l’uno 3.15 invece di 4.50 Vinaigrette Monini, 375 ml 20x 4.50 NOVITÀ ** French Dressing, bio, 20x 450 ml 3.60 NOVITÀ *,** Senape, maionese e salsa tartara M-Classic in conf. da 2, per es. maionese, 2 x 265 g 2.15 invece di 3.10 30% Gourmet Mix verdura, 20x 82 g 1.50 NOVITÀ *,** Gourmet Mix pepe arancia, 20x 50 g 1.85 NOVITÀ *,** Tutti i tipi di brodo Bon Chef ed Emma’s in barattolo, a partire dall’acquisto di 2 prodotti, 1.50 di riduzione l’uno, per es. brodo di verdure senza grassi, 225 g 4.10 invece di 5.60 Chips ai gamberetti Sweet Chili Chop Stick, 75 g 20x 1.80 NOVITÀ ** Farm Chips, per es. al naturale, 150 g 20x 2.70 NOVITÀ *,** Tutti gli Snacketti Zweifel in conf. XXL, per es. alla paprica, 225 g 4.60 invece di 5.85 Salsa Dip Hot Tomato, 20x 120 g 2.10 NOVITÀ *,** Cocktail Box Party, 300 g 20x 2.40 NOVITÀ *,** Tutti i cornetti al burro precotti, refrigerati, in conf. da 2, per es. cornetti al burro, 420 g 4.50 invece di 6.– 25% Tutte le torte non refrigerate, per es. torta di Linz, 400 g 2.55 invece di 3.20 20% Pasta per crostate e pasta sfoglia già spianate M-Classic in conf. da 2, per es. pasta per crostate, 540 g 2.15 invece di 2.70 20% Tarte au citron Sélection, 20x 380 g 14.– NOVITÀ ** Tutti i dolci alle fragole, per es. torta alle fragole, 2 x 141 g 4.40 invece di 5.50 20% *
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Tutte le salse per insalata Frifrench da 25 cl, 50 cl e da 1 l, per es. French, 50 cl 4.05 invece di 5.10 20% Tortelloni ricotta e spinaci M-Classic in conf. da 2, 2 x 500 g 6.90 invece di 11.60 40% Basmati Rice Anna’s Best, 20x 340 g 3.80 NOVITÀ *,** Thai Chicken Curry Anna’s 20x Best, 400 g 8.80 NOVITÀ *,** La Pizza in conf. da 2, per es. 4 stagioni, 2 x 420 g 11.70 invece di 15.60 25% Nuove tisane Hipp, per es. tisana di finocchio, 200 g 5.90 20x NOVITÀ ** Tisana disintossicante, tisana gioia di vita o calma-fame Kneipp, per es. tisana disintossicante, 20x 40 g 4.80 NOVITÀ ** Panettone al metro, 440 g 5.20 invece di 6.50 20% Baci di Dama, barchette albicocche e ciliegie e cestini Noisette, per es. barchette albicocche e ciliegie, 440 g e 200 g 2.70 invece di 3.40 20%
NEAR FOOD / NON FOOD Tutto l’assortimento di alimenti per gatti Selina, per es. Adult con manzo, 100 g –.50 invece di –.65 20% Bastoncini ovattati mini Primella custodia da viaggio, 50 pezzi 20x 1.10 NOVITÀ ** Tutto l’assortimento di cosmesi decorativa Manhattan, per es. Eyemazing Effect Eyeshadow 6.80 invece di 8.50 20% Tutti i profumi, i deodoranti per il corpo e i docciaschiuma adidas, per es. EdT get ready for her, 20x 30 ml 17.80 20x PUNTI ** Prodotti per la cura dei capelli Nivea Hair Care in confezioni multiple, per es. shampoo Hydro Care in conf. da 3, 3 x 250 ml 8.80 invece di 13.20 ** Tutto l’assortimento Nivea, per es. crema da giorno idratante, 50 ml 5.50 invece di 6.90 20% ** Prodotti Nivea per la cura del viso e del corpo in conf. multipla, per es. latte per il corpo ad azione intensa in conf. da 2, 2 x 400 ml 8.40 invece di 10.50 20% ** Prodotti per doccia Nivea in conf. multiple, per es. docciacrema Soft in conf. da 3, 3 x 250 ml 6.– invece di 9.– 33% ** Scarpe estive per sole e pioggia, per es. infradito per donne / bambine, disponibili in 4 colori, numeri 30/31–40/41 9.90 Succhietti Bibi, per es. succhietto soporifero Dental, 0–6 mesi 20x 5.90 NOVITÀ ** Bermuda da bambino, blu turchese con stampa integrale, taglie 98–128 23.– NOVITÀ *,** 20x Mascotte dei Mondiali 2014, 13 cm 12.80 Offerta valida fino al 15.6 Calgon in conf. risparmio o in conf. da 2, per es. Calgon in pastiglie, 54 pezzi 16.90 invece di 20.40 ** Vanish in conf. risparmio o in conf. da 2, per es. Oxi Action bianco in polvere 1,5 kg 15.90 invece di 23.85 **
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Idee e acquisti per la settimana
e bolla di sapon Fare una bella facile. non è affatto cosa c’è solo una i, irc sc Per riu ! re va ro rip e are da fare: prov
Diping ere, c orrere e salta re fa v enir
sete.
Caraffa di
diluire lo Il consiglio: eferito in acqua sciroppo pr saporirlo minerale e inlimone e con fette di di menta un mazzettociare riposare piperita. Lasoglierla dopo la menta e tdi minuti. una decina
KUBB Gli scacchi dei Vichinghi Fr. 89.90 In vendita nelle filiali SportXX
Tutti a giocare! Il kubb richiede concentrazione e abilità a grandi e piccini. Come al solito, anche in questo gioco il vincitore è uno solo. Ma chi perde può comunque cercare la rivincita con un altro passatempo. Ma quale? Un’occhiata al libretto «100 cose da fare quest’estate» offre spunti a bizzeffe
plastica F lower Fr. 1 2.80
Gazillion B ubbles Bolle di sa pone Fr. 2 6.80 Nelle magg iori filiali
Per i bambini l’estate è una continua occasione di svago. Sfogano le loro inesauribili energie con giochi di gruppo all’aperto, come palla prigioniera o ruba bandiera, correndo e urlando a più non posso. I giochi all’aria aperta non solo sono divertenti, ma favoriscono anche il movimento e la creatività. I ragazzini, inoltre, imparano che c’è sempre un vincitore e un perdente. L’offerta di giochi adatti a tutta la famiglia è quasi infinita. Per esempio il kubb, il gioco di destrezza d’origine scandinava, in cui squadre composte da un minimo di due a un massimo di sei giocatori si danno battaglia per il proprio re, lanciando semplici bastoncini di legno. Chi invece preferisce lanciare delle sfere può giocare a bocce o alla boule, magari mentre i più piccoli stanno tracciando con i gessetti colorati un’area da gioco sul piazzale vicino. E adesso: tutti a giocare! Direzione del progetto: Anna Bürgin, Nicole Ochsenbein; testo: Sonja Leissing
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Idee e acquisti per la settimana
Blévita Sandwich Yogurt/Frutti di bosco Fr. 5.30 M-Plast Cerotti bambini «Tatuaggi» Fr. 3.70
Bicc h colo ieri di p l rati 20 p astica Fr. 2 ezzi .60
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Sun Queen snack up Cup Fr. 3.50
Boule Fr. 27.90 In vendita nelle filiali SportXX
Bottiglie portatili Systema Fr. 11.80 Fino ad esaurimento dello stock
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Limetta del Brasile al pezzo al prezzo del giorno «100 cose da fare quest’estate» Fr. 7.70 Fino ad esaurimento dello stock.
Bubbles Bolle di sapone l’uno Fr. –.90 Gessetti da strada 20 pezzi Fr. 3.50 Nelle maggiori filiali
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COME FARE…
Pepsi 6 x 1,5 l Fr. 5.50* invece di 11.– * offerta speciale fino al 9 giugno.
… grosse bolle di sapone
1
Far da sé delle bolle di sapone non è un’arte per pochi eletti. Per la mistura c’è bisogno di detergente liquido, un po’ di zucchero, acqua e glicerina, che si può comprare in farmacia o in drogheria. Mischiate in 2 litri d’acqua tiepida: 8 cucchiai da tavola di detergente (es. Manella verde della Migros), 8 cucchiai di glicerina e 4 cucchiai di zucchero. Quindi lasciate riposare l’acqua saponata per alcune ore, preferibilmente di notte.
2
Date la forma che preferite a un filo di metallo e avvolgetelo bene con resti di lana oppure con uno spago. Solo così la mistura per fare le bolle di sapone si attaccherà correttamente. Una cosa però bisogna saperla: anche se componete una forma a cuore, da essa usciranno sempre e solo delle bellissime grosse bolle e nessun cuore da dedicare a qualcuno…
3
Per produrre bolle di sapone particolarmente grandi servono due sottili bastoncini di legno, collegati a una corda nel modo illustrato sopra. Immergete, quindi, la corda nel secchio con la mistura di sapone. Tirandola fuori di colpo si formano delle meravigliose bolle, che lasceranno a bocca aperta tutti gli astanti.
Illustrazioni: Georg Wagenhuber
Farmer Soft Mora & Mela* 234 g Fr. 4.40 *3-9.6 Farmer Barette in conf. doppia 20% di riduzione
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Foto: Getty Images; Oliver Bartenschlager
Idee e acquisti per la settimana
Mozzafiato: la vista dal Pan di Zucchero della metropoli brasiliana Rio di Janeiro.
Sarasay Samba Brazil 1l Fr. 2.80 Sarasay Tropic Summer 1l Fr. 2.80
Una sferzata di esotica freschezza La scorpacciata di calcio vi ha esaurito? Tranquilli: Samba Brazil e Tropic Summer di Sarasay, le due nuove miscele esotiche di succhi di frutta, vi tireranno subito su La prossima settimana finalmente ci siamo: molto probabilmente una buona metà degli svizzeri guarderà verso il Brasile per tifare le star della squadra del cuore e festeggiare il grande evento calcistico. Per queste serate o nottate sportive le bevande rigeneranti e rinfrescanti sono sempre le benvenute. Puntuale per i Mondiali la Migros ha ampliato l’assortimento di bevande Sarasay con due nuove miscele di succhi di frutta: Sarasay
Samba Brazil e Sarasay Tropic Summer. Samba Brazil, un versatile mix di ananas, arance, noci di cocco, banane, cupuacu (frutto imparentato con il cacao) e limetta ridà energia agli stanchi tifosi, così come il Tropic Summer, fatto di uva, arance, mango e frutto della passione. Entrambi questi succhi sono disponibili nella pratica bottiglie di PET da un litro e si conservano a lungo senza refrigerazione. Inoltre
sono certificati Fairtrade. Ciò significa che i produttori nei paesi in via di sviluppo ed emergenti sono sostenuti affinché possano migliorare le proprie condizioni di vita con le proprie forze e in modo sostenibile. Fresca dal frigo o a temperatura ambiente, concedetevi questa deliziosa sferzata di preziose vitamine e sali minerali. Con una bella porzione di atmosfera vacanziera inclusa, gratis. / SL
L’industria Migros produce numerosi prodotti molto apprezzati, tra cui i succhi di frutta Sarasay.
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Idee e acquisti per la settimana
Novità Gourmet Mix Verdure* 82 g Fr. 1.50
Novità Gourmet Mix Pepe all’arancia* 50 g Fr. 1.85 *20x punti Cumulus dal 3 al 16.6
Gourmet Mix all’italiana 83 g Fr. 1.30
Miscele di spezie che fanno la differenza: il Gourmet Mix Verdure conferisce una nota speciale alle verdure al forno. (Stockfood/bab.ch)
Gourmet Mix pollame 49 g Fr. 1.30
Per esaltare i sapori Le miscele di spezie della gamma Gourmet Mix ricavano il meglio dagli ingredienti
L’industria Migros produce numerosi prodotti molto apprezzati, tra cui le miscele di spezie Gourmet Mix della Delica.
Per fortuna sono passati i tempi in cui le spezie erano pregiate e care come l’oro. Perché nella buona cucina sono indispensabili. Solo la spezia giusta è in grado di mettere in risalto con la cottura il sapore intrinseco degli alimenti. Per esempio le verdure: con
un po’ di olio di oliva e con il nuovo Gourmet Mix Verdure, in un batter d’occhio si possono servire gustosissime verdure al forno. La linea completa Gourmet Mix è stata rivista, senza tuttavia modificare le apprezzate ricette delle miscele.
Un gradito ritorno è costituito dalla miscela di pepe all’arancia, che dopo un’assenza temporanea è ora nuovamente disponibile nelle maggiori filiali Migros. Che si voglia dare un tocco piccante alla grigliata, oppure, grazie alle speciali composizioni di
spezie, far risaltare al meglio i sapori di pollame, carne o verdure, non c’è problema: per regalare alle proprie creazioni culinarie quel qualcosa in più, nell’ampio assortimento Gourmet Mix si troverà senz’altro quello che serve. / JV
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Idee e acquisti per la settimana
Una vera delizia da rosicchiare: i nuovi Risolettini hanno il formato più piccolo di tutti i prodotti di culto Risoletto.
L’ESPERTA LETTRICE Martina Stöcklin (40 anni), fisioterapista diplomata di Ettlingen (BL) Impressione generale i Risolettini piacciono molto a me e ai miei bambini. Segni particolari il piccolo formato è pratico da portare in giro. Punti a favore è fantastico che i Risolettini non siano confezionati singolarmente. Gusto i Risolettini sono croccanti fuori e meravigliosamente cremosi dentro.
Barrette in versione topolino Il celebre marchio Risoletto di Frey si è arricchito dei Risolettini. Queste barrette in miniatura sono a dir poco perfette da sgranocchiare Il design è talmente rappresentativo che Risoletto viene riconosciuto a prima vista come uno dei classici prodotti Migros. Lo spuntino di cioccolata con riso soffiato e ripieno di caramello è, infatti, un’apprezzata delizia ininterrottamente da quasi mezzo secolo e si è affermato già da parecchio tempo come prodotto di culto.
solettini le barrette Mini di cioccolata al latte o cioccolata bianca, confezionate singolarmente, sono un po’ più grandi e pesanti con i loro 15 grammi. La variante Risoletto Classico 100 calorie va incontro a chi si cura della linea: infatti, come dice il nome, ogni barretta da 22 grammi contiene esattamente 100 calorie.
Pratico formato spuntino Di recente i Risolettini sono andati a completare la variegata gamma Risoletto. La ricetta è invariata, soltanto la dimensione è stata ridotta di sette grammi al pezzo, diventando così una porzioncina da sgranocchiare in un unico boccone. Rispetto ai Ri-
Partecipate e vincete Non bisognerebbe dimenticare il concorso su www. risoletto.ch. In palio ci sono tre Vespa verniciate nello spumeggiante look Risoletto e altri attraenti premi. / DH
Risoletto Classic Minis 210 g Fr. 3.50
Risoletto Blanco Minis 210 g Fr. 3.50
Risoletto Classic 100 kcal* 154 g Fr. 3.50 * Nelle maggiori filiali
Risolettini 250 g Fr. 3.90
L’Industria Migros produce numerosi prodotti molto apprezzati, tra cui le barrette Risoletto di Frey.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 2 giugno 2014 ¶ N. 23
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Idee e acquisti per la settimana
Dillo coi fiori Il marchio di fabbrica dei Fiorellini al burro svizzeri è proprio la gran quantità di burro. Una qualità che si sente in bocca La gran virtù della cucina tradizionale risiede nella semplicità. Si tratta della filosofia alla base della linea Tradition: dolci e biscotti si basano su rinomate ricette svizzere. Sono creazioni amate ormai da generazioni. E la Midor non solo va alle radici delle ricette, ma fa la stessa cosa con la produzione. La parola magica è naturalezza: senza conservanti, né coloranti o aromi artificiali, con uova provenienti solo da allevamenti all’aperto. Ultimi arrivati nella linea Tradition sono i Fiorellini al burro svizzeri, che fanno onore al loro nome e convincono per l’intenso sapore di burro. Anche il fiore che li caratterizza visivamente è in linea con questa filosofia. Le materie prime con cui sono impastati i Fiorellini provengono quasi esclusivamente dalla Svizzera. Lo stesso gusto di quelli della nonna
L’assenza di conservanti, coloranti ed aromi artificiali è un valore aggiunto per i clienti. Il sapore dei prodotti Tradition è autentico: i Fiorellini al burro, i Discoletti, i Nusshörnli o le soffici tortine hanno lo stesso gusto di quelli che faceva la nonna. Lanciata nel 2009, questa linea annovera già 15 prodotti. / DH
I Fiorellini al burro svizzeri sono biscotti classici con il 20 percento di burro.
Tradition Petit Gâteau aux Amandes 150 g Fr. 3.60
Tradition Cuoricini al limone 200 g Fr. 3.10
Tradition Discoletti 200 g Fr. 3.10
Tradition Fiorellini al burro svizzeri 260 g Fr. 3.40 In vendita nelle maggiori filiali
L’Industria Migros produce numerosi prodotti molto apprezzati, tra i quali anche i biscotti Tradition.
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Quando pulizia fa rima con ecologia Le pastiglie per lavastoviglie Handymatic Supreme Tab fanno risplendere piatti e bicchieri. Ed essendo prive di fosfati, proteggono la natura L’impegno della Migros a favore della sostenibilità si riflette in numerose innovazioni apportate ai prodotti sviluppati dall’Industria Migros. Le pastiglie per la lavastoviglie Handymatic Supreme Tab sono solo uno dei tanti esempi di prodotti orientati all’ecologia indispensabili alla vita di tutti i giorni.
Affinché le acque restino incontaminate, bisognerebbe usare consapevolmente prodotti senza fosfati, come quelli Handymatic.
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Potere detergente concentrato, facilmente biodegradabile È vero che i fosfati riducono la durezza dell’acqua e sciolgono lo sporco, ma inquinano le acque. Handymatic Supreme Tab in pastiglie prive di fosfati riesce a rimuovere la sporcizia anche senza queste sostanze che danneggiano l’ambiente. Pertanto le sue prestazioni non lasciano a desiderare, poiché questo detersivo per i piatti pulisce con l’ossigeno attivo concentrato. Inoltre, è un prodotto «tutto compreso» che include perfino il sale rigenerante contro i depositi di calcare e il brillantante. Le pastiglie si infilano nella macchina direttamente con la pellicola idrosolubile. Niente di più pratico. Una volta in uso, questo detersivo tuttofare agisce energicamente sullo sporco e sul grasso, è delicato sui bicchieri e protegge argento e acciaio. Neutralizza perfino i cattivi odori. E alla fine arriva la parte migliore: le pastiglie, infatti, sono facilmente biodegradabili. / JV
Handymatic Supreme All in One Tab in pastiglie senza fosfati 32 pastiglie da 20 g Fr. 12.50
L’Industria Migros produce numerosi prodotti molto apprezzati, tra cui anche i detersivi Handymatic.
prodotti a km zero di casa nostra. I Nostrani del Ticino sono la riscoperta dei sapori locali e provengono esclusivamente da aziende ticinesi che ne garantiscono la qualitĂ , la freschezza e la genuinitĂ . Essi rappresentano lâ&#x20AC;&#x2122;impegno concreto e coerente nel sostenere agricoltori, allevatori e produttori alimentari della nostra regione.