Azione 21 del 19 maggio 2014

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Cooperativa Migros Ticino

G.A.A. 6592 Sant’Antonino

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXVII 19 maggio 2014

Azione 21

Società e Territorio Una nuova campagna contro il bullismo promossa dalla Sezione del Luganese della Croce Rossa

Politica e Economia Rapite in Nigeria duecento studentesse dalla banda islamica di Boko Haram

Ambiente e Benessere Come utilizzare le opsine per influenzare a comando i neuroni accendendo e spegnendo una luce

Cultura e Spettacoli Vermeer a Bologna: operazione meramente commerciale?

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I fantasmi europei alleati di Blocher

Aperte le danze al Festival di Cannes

di Peter Schiesser

di Fabio Fumagalli

pagina 45

AFP

Prepariamoci: sarà la madre di tutte le battaglie, quella annunciata da Christoph Blocher contro «la strisciante adesione all’Unione europea» a spiegazione delle sue dimissioni da consigliere nazionale (vedi articolo a pagina 32). E rispetto al 1992, quando opponendosi a tutto l’establishment elvetico vinse la battaglia contro l’adesione allo Spazio economico europeo in un contesto storico in cui l’Ue era un gigante in rapida crescita, nella Svizzera di oggi il tribuno zurighese avrà come alleati anche i fantasmi europei, rievocati dalla crisi economica che ha scosso il Vecchio continente negli ultimi 5-6 anni e dal venir meno di consolidate certezze spazzate via dalla globalizzazione economica. Attendiamo di vedere quanto dirompente sarà la forza dei nazional-populismi alle elezioni europee del prossimo finesettimana, ma non c’è dubbio che dalla Francia, dall’Inghilterra, dall’Olanda, dall’Austria (senza contare l’Ungheria e la Polonia) giungono oggi segnali di una consistente crescita delle forze anti-europeiste. Gli slogan anti-Bruxelles di Blocher riecheggiano come un mantra in numerosi altri Paesi, accompagnati da promesse salvifiche di stampo populista. 100 anni dopo che l’Europa divorò i propri figli a decine di milioni in un titanico scontro fra nazionalismi che generò la prima e la seconda guerra mondiale, riecco esaltare le frontiere nazionali, la chiusura verso lo straniero e il diverso (anche se altrettanto europeo), la presunzione di potersi garantire la ricchezza guadagnandosela da soli e difendendola dal prossimo (straniero). Ecco dimenticati in un battito d’ali di farfalla decenni di scambi arricchenti, commerciali culturali umani. Va ricordato che l’Europa dei nazional-populismi è accomunata da un solo denominatore, quello di essere anti-comunitari, isolazionisti – ciò che però non potrà agire da collante, poiché un nazionalismo estremizzato si scontra per legge naturale con altri nazionalismi. Il contesto europeo può indurre al pessimismo, sul breve e sul medio periodo, perché i contraccolpi della crisi economico-finanziaria continentale non si esauriranno tanto rapidamente, acuiti dalla destabilizzazione di equilibri che le ultime generazioni hanno creduto essere perenni, provocata o favorita dalla globalizzazione dell’economia mondiale (che ha portato all’affermazione di nuove potenze in Asia e in altri Paesi emergenti). E di certo non induce all’ottimismo un clima politico che qua e là (Ticino compreso) brilla per l’assenza di visioni costruttive, si alimenta di proposte velleitarie e per nulla consensuali. Deve anzi preccupare la tendenza visibile nell’opinione pubblica di voler credere a chi offre risposte tanto semplici quanto irrealizzabili alle questioni complesse che una società moderna porta con se. Tuttavia, la sfida andrebbe accolta, le forze che credono nell’apertura della Svizzera al mondo dovrebbero oggi affrontare il confronto delle idee e fare ogni sforzo per convincere i cittadini dei vantaggi del superamento di un nazionalismo chiuso su se stesso. Allo stesso tempo devono però anche dimostrare che i vantaggi si possono riverberare continua a pagina 32

Invito ai soci per la votazione 2014 Sant’Antonino. La scheda di voto sarà inviata per posta a tutti gli aventi diritto di voto, in base al registro dei soci, al più tardi dieci giorni prima della scadenza della votazione. Eventuali reclami concernenti schede di voto non ricevute o inesatte relativa all’esercizio 2013 della Cooperativa Migros Ticino, con sono da indirizzare all’Ufficio elettorale di Migros Ticino, l’invito a rispondere alle seguenti domande: 6592 Sant’Antonino, al più presto sei giorni lavorativi e al più 1. Approva i conti dell’esercizio 2013, dà scarico al tardi tre giorni lavorativi prima dello scrutinio. Consiglio di amministrazione e accetta la proposta di La votazione si svolge secondo le disposizioni dello Statuto riportare il risultato di bilancio all’esercizio nuovo? e del Regolamento per votazioni, elezioni e iniziative. Questi 2. Legge Azione, il settimanale della Cooperativa Migros documenti, unitamente al rapporto annuo, possono essere Ticino? consultati presso le nostre filiali o Scuole Club, presentando A questo numero di Azione è allegato il rapporto annuo 2013, la quota di partecipazione o la tessera di socio. che comprende i conti, il rapporto dell’Ufficio di revisione, la Secondo l’art. 30 dello Statuto, il Consiglio di proposta del Consiglio di amministrazione di riportare il amministrazione ha nominato un Ufficio elettorale che risultato di bilancio all’esercizio nuovo, così come pure il sorveglia lo svolgimento della votazione e che si compone rapporto delle attività della Cooperativa. Questi documenti delle seguenti persone: sono pure a disposizione dei soci presso la nostra sede di Avv. Filippo Gianoni (presidente), Alfredo Kägi

Gentile cooperatrice, egregio cooperatore, riceve in questi giorni il materiale di voto per la

votazione generale 2014

(vicepresidente), Roberto Bozzini, Myrto Fedeli e Giovanni Jegen (membri). Vogliate compilare al più presto la scheda di voto e depositarla nelle apposite urne esposte nelle nostre filiali o Scuole Club. Così facendo ci aiutate a risparmiare spese postali permettendoci di offrirvi una tavoletta di cioccolato. Le urne sono a disposizione durante il normale periodo di apertura delle nostre sedi. Ultimo termine per la spedizione o consegna della scheda (giorno di votazione): SABATO 7 GIUGNO 2014 Con la vostra partecipazione non solo fate uso del vostro diritto, ma esprimete anche l’apprezzamento per l’impegno dei collaboratori di Migros Ticino. Vi ringraziamo in anticipo.

Sant’Antonino, 19 maggio 2014 Cooperativa Migros Ticino Il Consiglio di amministrazione


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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 19 maggio 2014 ¶ N. 21

Attualità Migros

M Per libera scelta, senza imposizioni

M per la Magica estate

L’economia svizzera diventerà più ecologica grazie all’introduzione di nuove leggi ma, in virtù del suo programma legato alla sostenibilità Generazione M, Migros si impegna già ora e autonomamente per un’economia «più verde»

da fare nella prossima stagione estiva

Andreas Dürrenberger* Se in tutto il mondo si vivesse secondo lo standard di consumi in Svizzera, ci vorrebbero 2,8 volte le risorse naturali messe a disposizione dal pianeta. Questa constatazione non è una convinzione espressa solo dagli ecologisti ma è condivisa anche dal Consiglio federale. Con la revisione della legge per la protezione dell’ambiente il governo vuole imporre all’economia svizzera una conversione dei processi produttivi in modo da introdurre un uso responsabile delle materie prime. La proposta legislativa è il controprogetto indiretto all’iniziativa popolare dei Verdi «Per un’economia sostenibile ed efficiente in materia di gestione delle risorse (Economia verde)». Migros si impegna già ora a perseguire un’economia verde con un gran numero di promesse espresse nell’ambito del suo programma legato alla sostenibilità, Generazione M. Della regolamentazione nazionale e del complessivo impegno di Migros abbiamo parlato con Christine Wiederkehr Luther, responsabile del settore ecologia della Federazione delle cooperative Migros. Christine Wiederkehr Luther, perché, così come il Consiglio federale, Migros si oppone all’iniziativa popolare «Economia verde»?

Perché dal nostro punto di vista questa iniziativa impone parametri troppo restrittivi e provocherebbe un’ulteriore ondata regolamentatoria. Uno dei punti di forza del sistema economico svizzero è che le imprese, attraverso un’autoregolamentazione, si impegnano in modo fortemente responsabile. Se tutto fosse regolato da un punto di vista legislativo, il risultato sarebbe un programma ambientale guidato dall’alto, per intervento dello Stato. In questo modo si perderebbe la possibilità di mantenere un terreno fertile per soluzioni introdotte liberamente, come quelle legate all’impegno di Migros e di altri commercianti al dettaglio. Il Consiglio federale oppone come controprogetto una revisione della legge per la protezione dell’ambiente. In che modo questa differisce dalla proposta dell’iniziativa popolare?

Il Consiglio federale ha definito un piano d’azione concreto. Comprende due punti di forza essenziali particolarmente centrati sul commercio al dettaglio: l’assortimento deve essere strutturato in modo ecologico, mentre i rifiuti e l’industria del riciclaggio devono essere fortemente regolati.

Un impegno pionieristico: come prima azienda tra i dettaglianti, Migros ha deciso di ritirare anche le bottiglie in plastica usate nelle economie domestiche. (Daniel Ammann) Cosa significa questo, in concreto?

Ad esempio?

I commercianti al dettaglio devono ad esempio impegnarsi a ritirare un maggior numero di imballaggi. Migros lo fa già: come unico dettagliante raccoglie già in tutte le sue filiali anche le bottiglie di prodotti per l’igiene personale e di pulizia per la casa. Questo tipo importante di rifiuti è una materia prima molto utile nella produzione del rivestimento di cavi o di tubi in plastica. Contemporaneamente, grazie a un risparmio nel numero di imballaggi, ci impegniamo a diminuire la quantità globale di rifiuti sin dall’inizio della catena di produzione.

Siamo contrari all’introduzione di una dichiarazione ambientale obbligatoria, grazie alla quale su ogni prodotto sia evidenziato il grado di nocività per l’ambiente, espresso con una cifra. Non siamo convinti che un simile tipo di etichettatura possa modificare il comportamento del consumatore.

Migros è soddisfatta del controprogetto?

Siamo chiaramente dell’opinione che occorrano ulteriori passi verso la riduzione dell’impatto ecologico complessivo. In questo senso sosteniamo il piano d’azione del Consiglio federale nel disegno del suo intervento generale. Ad esempio l’idea che contiene di creare una piattaforma di dialogo denominata «Economia verde», con l’obiettivo di definire misure decise di comune accordo tra attori della politica e dell’economia. Questo perché all’economia deve essere data la possibilità di dare un proprio contributo volontario, prima che lo Stato intervenga con i suoi regolamenti. Tuttavia, ci sono alcune misure che non sosteniamo.

Migros dovrebbe, potendo, educare i propri consumatori?

No, non si tratta nemmeno di questo. Possiamo però mostrare che esistono altri tipi di comportamenti. E lo facciamo già, nell’ambito della campagna Generazione M. Con il mantenimento delle promesse ci assumiamo la nostra responsabilità sociale e permettiamo al nostro cliente di fare la stessa cosa. Migros, ad esempio, incrementa costantemente il suo assortimento di prodotti che offrono un plusvalore ecologico e sociale. L’anno scorso in questo settore abbiamo superato i due miliardi di franchi di cifra d’affari. Siamo convinti che in questo modo possiamo dare un maggiore aiuto all’ambiente. In ambito politico si discute in modo acceso, di questi tempi, del tema del littering. A Berna si discute se introdurre una tassa sul littering da imporre ai punti di vendita, mentre a livello federale si parla di una tassa sugli imballaggi

delle bevande. È un buon modo per affrontare il problema?

Il littering è un problema sociale, e ciò è indiscutibile. Ma uno studio recente mostra che la maggior parte della popolazione non scarica i propri rifiuti selvaggiamente sul suolo pubblico: in altre parole, la norma sociale rispettata è l’anti-littering. Per questo le tasse contro il littering feriscono il sentimento personale di correttezza dei commercianti e dei consumatori: si viene puniti per qualcosa che non si è commesso. Le tasse possono essere anche controproducenti e condurre proprio ad un aumento del littering: in fondo, può pensare il singolo, lo smaltimento dei rifiuti è già stato pagato… tanto vale lasciarli in giro.

di bronzo nella categoria «Beni di consumo e di uso corrente» per la campagna «Everlasting T-Shirt» del detersivo Total. Un altro importante riconoscimento è stato assegnato invece al Mibelle Group Biochemistry, un laboratorio di ricerca che fa parte fa parte del Mibelle Group. Nell’ambito del «BSB Innovation Prize» 2014, assegnato durante l’European Cosmetics Innovation Prize, Mibelle è stata nuovamente insignita del primo premio per aver scoperto un principio attivo contro

Informazioni

www.100cose.ch.

All’entrata di ogni filiale ci sono raccoglitori per i rifiuti, in modo che i clienti dei Take-Away possano smaltire in modo semplice e veloce gli imballaggi. Nelle città di Basilea e Lucerna i collaboratori di Migros gestiscono anche alcuni contenitori esterni per i rifiuti nei dintorni delle filiali. A Berna stiamo sperimentando l’introduzione di contenitori riutilizzabili nei Take-Away, un’offerta che sembra molto apprezzata dei clienti. *Redattore di Migros Magazin In vendita a Fr. 7.70 in tutte le filiali.

Nelle ultime settimane la nostra azienda ha ricevuto alcuni importanti riconoscimenti internazionali in ambito pubblicitario e industriale Tra le 93 campagne candidate, la giuria specializzata ha conferito a Migros addirittura quattro premi: all’azienda è stato assegnato l’oro nella categoria «Servizi, commercio e media» per il programma Generazione M a favore della sostenibilità e nella categoria «Generi alimentari e bibite» per la campagna della linea Sélection «Sulla preparazione si può discutere, sulla qualità no!». Chocolat Frey è stata premiata con l’Effie Award d’argento nella categoria «Generi alimentari e bibite». Infine Migros ha conquistato l’Effie

Quest’estate Migros ha in serbo per i propri clienti molte sorprese, che garantiranno loro svago e divertimento. Una di queste è un effervescente libretto arancione dal titolo molto promettente: 100 cose da fare quest’estate. In 143 pagine illustrate Migros propone attività ricreative di ogni genere, da praticare al coperto e all’aperto, con la pioggia e con il sole e ad ogni età. Oltre alle allettanti attività da svolgere all’aria aperta (quali andare alla scoperta dei passi di montagna, saltare da un’isola all’altra o andare in escursione con gli animali) il libretto fornisce anche una grande quantità di suggerimenti. Ad esempio sul modo di organizzare un bivacco attorno al fuoco, su come inventare un modo di marinare la carne e persino per imparare a ballare la samba. Altre attività entusiasmanti e di sicuro divertimento sono pensate per i bambini: costruire draghi e barche con le bottiglie di PET. E dato che alle nostre latitudini la meteorologia può essere imprevedibile anche d’estate, il vademecum contiene poi idee adatte ai giorni piovosi e freschi. Perché non organizzare un party sotto la pioggia o una caccia al tesoro nella cantina di casa? Anche con un tempo da lupi o una pioggia battente le 100 proposte e idee sono dinamiche, spiritose e variate quanto il libro è allegro e colorato. Il vademecum per l’estate darà il via a una serie di ulteriori sorprese che Migros riserva ai suoi clienti per quest’estate. Il brillante libretto si trova in tutte le filiali al prezzo di Fr. 7.70. I membri Cumulus potranno acquistarlo a metà prezzo presentando l’apposito buono. Il contenuto del libretto può essere visionato anche sul suo sito web.

Quali sono le misure intraprese da Migros per gestire i rifiuti sul suolo pubblico?

Migros pluripremiata L’associazione delle agenzie pubblicitarie svizzere BSW premia ogni due anni le più brillanti campagne realizzate in Svizzera. Le candidate vengono valutate da una giuria di 24 membri presieduta dal prof. Torsten Tomczak, direttore del Centro di ricerca «Customer Insight» dell’Università di San Gallo. Lo «Swiss Effie Award» premia le campagne di marketing che si distinguono per la loro comprovata efficacia, creatività ed efficienza rispetto al rapporto costi/utilità e agli obiettivi di marketing perseguiti.

Libri Le 100 cose

l’invecchiamento della pelle, denominato Snow Algae Powder. L’azienda di Buchs, in Argovia, opera in modo autonomo nel settore della biochimica. È specializzata in ricerca, sviluppo e produzione di principi attivi che vengono venduti in tutto il mondo alle ditte che operano nel settore dei cosmetici. Con il suo nuovo preparato ha segnato un ulteriore successo nella sua storia. Il prodotto premiato è tratto da una fonte naturale del tutto nuova e utilizza una biotecnologia sviluppata

autonomamente per ottenere un effetto anti-invecchiamento sulla base di una sostanza altamente innovativa tratta dalle alghe della neve. Il prodotto si basa infatti sugli estratti di un’alga estremofila (che vive in condizioni naturali estreme) e che ha la capacità di sopravvivere nelle regioni di nevi perenni e sui ghiacciai. Gli studi clinici hanno mostrato che la Snow Algae Powder migliora la struttura cellulare dell’epidermide e del derma. La pelle ne è ringiovanita, protetta e riacquista la sua elasticità naturale. La motivazione per l’assegnazione del premio «BSB Innovation Prize 2014» nel settore dell’industria cosmetica sta nella scelta di una nuova fonte originaria, nell’uso di una nuova tecnologia, nell’aver fissato un nuovo punto di partenza nel settore dei prodotti contro l’invecchiamento e nell’originalità del metodo di studio.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 19 maggio 2014 ¶ N. 21

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Società e Territorio Archeologia rupestre In un libro le ricerche di Franco Binda che indagano le incisioni sulle rocce nella Svizzera italiana pagina 5

Fare storie con i bambini L’Istituto Ricerche di Gruppo e il metodo di intervento psicoterapeutico e psicopedagogico ideato da Ferruccio Marcoli pagina 6

Bullismo: se sai non fai! Ragazzi Punta sull’educazione fra pari

il nuovo progetto pilota della Sezione del Luganese di Croce Rossa Svizzera per contrastare il fenomeno sempre più diffuso del cyberbullismo

Stefania Hubmann «Non postare nessuna immagine che non sei disposta/o a vedere riprodotta sulla fiancata del bus!». Parole forti e molto chiare quelle che Aline Esposito rivolge ai giovani quale responsabile del corso di sensibilizzazione sul bullismo promosso da Croce Rossa Svizzera (CRS) – Sezione del Luganese. «Sai del bullismo? Se sai non fai!» è un progetto pilota avviato quest’anno a seguito della crescente diffusione del fenomeno nelle scuole, dove la Sezione del Luganese di CRS è presente da diversi anni con l’attività di prevenzione per la gestione costruttiva dei conflitti denominata «Chili». Il problema più attuale e acuto riguarda il cyberbullismo al quale si riferisce la frase iniziale. La proliferazione degli smartphone ha contribuito all’imperversare di pratiche vessatorie che non danno tregua, raggiungendo il bersaglio 24 ore su 24. La vittima può così ritrovarsi la mattina sul social network con decine di commenti dai contenuti devastanti. Chi li scrive non vede la persona e si spinge oltre ogni limite. E chi li riceve? Se non li legge, quando arriva a scuola è l’unica del gruppo a non sapere cosa hanno scritto di lei. Se lo fa, è distrutta prima ancora di uscire dalla porta di casa. Quella casa che nel bullismo tradizionale rappresenta seppur temporaneamente un rifugio contro la persecuzione. Il bullismo è, infatti, caratterizzato da un comportamento aggressivo intenzionale che dura nel tempo e il

cui obiettivo è una vittima designata. «L’azione coinvolge tutte le persone che entrano in relazione con il bullo o la vittima», precisa Aline Esposito. «Uno dei primi obiettivi del nostro progetto è proprio quello di capire cosa è il bullismo, come affermato anche nel titolo: se sai non fai! A questo scopo è necessario creare innanzitutto uno spazio di parola riconosciuto. Ci siamo resi conto sul campo che i ragazzi sentono il bisogno di esprimersi. Poter parlare dei social network e di tutto ciò che li riguarda è una necessità. Le riflessioni sulle loro esperienze reali, unite alla visione di filmati e ad attività di gruppo, sono il mezzo per affrontare in modo dinamico e interattivo il problema». Una fase essenziale del percorso è l’identificazione degli attori del bullismo. Spiega la nostra interlocutrice: «Il bullo e la vittima vivono entrambi un disagio che si manifesta in ruoli opposti. A volte il bullo è stato a sua volta perseguitato nell’ordine di scuola precedente. È attorniato da “aiutanti” (intervengono fisicamente) e spettatori. Fra questi c’è chi assiste e non dice nulla e chi vorrebbe intervenire ma ha paura. Genitori e docenti sono pure coinvolti, anche quando non si rendono conto di ciò che sta succedendo». Per uscire dal tunnel esiste una sola via: attivare le risorse personali dei protagonisti, in particolare della vittima. L’obiettivo è di riuscire a stare in modo sano nel gruppo di pari. Sviluppare le proprie forze, l’autostima e beneficiare di un’educazione di tipo emotivo è la base della prevenzione,

Cyberbullismo: sul social network la vittima può trovare decine di commenti dai contenuti devastanti. (Keystone)

completata da consigli pratici sull’uso delle nuove tecnologie e in particolare dei social network, soprattutto Facebook e Twitter. La frase iniziale torna quindi come una sorta di fil rouge nell’intervista ad Aline Esposito. Docente di scuola elementare per dieci anni, specializzata in mediazione, la responsabile di «Chili» e del nuovo progetto ha incontrato in questi mesi alcune classi di due scuole superiori e due gruppi di genitori, unitamente a direttori e insegnanti. L’attività si concentra, in questa fase sperimentale, nelle scuole superiori, dove il cyberbullismo è più diffuso. Si constata però che il fenomeno inizia sempre prima e tende a dilagare. Ecco perché una vera prevenzione dovrebbe cominciare già nelle scuole elementari e proseguire nel tempo. Dipendenti dai like (mi piace) che ricevono, gli adolescenti non si rendono conto del carattere effimero di questi commenti contrapposto alla perennità delle immagini postate, frutto soprattutto di selfie (autoscatti). A quest’età il ruolo del gruppo è basilare ma farne parte non è sempre scontato. La tecnologia è il nuovo metro di confronto che può tramutarsi in un rapido e impietoso mezzo di esclusione. Difficile anche la posizione di genitori e

docenti in mancanza di un chiaro iter da seguire di fronte ad atti di bullismo e di disposizioni di legge specifiche. Per questi motivi la sensibilizzazione promossa da enti quali Croce Rossa Svizzera assume un’importanza ancora maggiore. «Stiamo introducendo anche la peer education (educazione tra pari) – spiega Aline Esposito – formando ragazzi delle scuole superiori. Il messaggio passerà sicuramente meglio quando saranno loro a entrare da soli nelle classi delle medie per discutere con i loro compagni». Così come «Chili» si è consolidato negli oltre dieci anni di presenza in Ticino (è nato nella Svizzera tedesca negli anni Novanta partendo da un lavoro di diploma ed è poi stato tradotto e adattato nella versione italiana), anche «Sai del bullismo? Se sai non fai!» è destinato a svilupparsi sulla base delle esigenze del mondo giovanile. Per quanto riguarda «Chili», ad esempio, il programma rivolto alle aziende è il frutto di questo continuo adeguamento ai bisogni provenienti dal territorio. Chiunque sia il destinatario – scuole, gruppi di genitori, associazioni sportive, aziende – la gestione del conflitto può essere affrontata sia in termini generali come

prevenzione, sia come intervento di mediazione di fronte a un problema concreto. «Purtroppo tende a prevalere questa seconda opportunità a scapito di un’azione di prevenzione a lungo termine», conclude Aline Esposito. «Per ottenere i risultati sperati, come detto, bisognerebbe iniziare a lavorare con i bambini e concentrare gli sforzi sull’arco di tutti e quattro gli anni di scuola media. Solo con due sedi lavoriamo regolarmente da cinque anni sulla gestione del conflitto. Quest’ultimo, se dosato in piccole quantità come il condimento messicano da cui prende il nome, rappresenta un’opportunità per ridefinire e migliorare la relazione». Conflitto e bullismo, se affrontati alla radice e in modo positivo, sono occasioni di crescita, preludio di una vita sana ed equilibrata da adulti quando le situazioni a rischio si chiamano lavoro, separazione, divorzio. Informazioni

www.crs-luganese.ch/conflitti-bullismo Aline Esposito terrà una conferenza sul tema dei conflitti questa sera, 19 maggio, alle 20.15 nella sede della Sezione del Luganese di CRS (Via alla Campagna 9).


ATTACCAMI SULLA TUA AUTO e TI .934

VINCI

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IN PALIO FR. 4500.– Attacca questo adesivo che hai ricevuto con il materiale di voto sul retro della tua autovettura ENTRO IL 7 GIUGNO e potrai partecipare a questo concorso gratuito. LE AUTOVETTURE IN CIRCOLAZIONE MUNITE DI QUESTO ADESIVO POTRANNO ESSERE FOTOGRAFATE E FRA QUESTE NE SORTEGGEREMO 9. OGNI VINCITORE SI AGGIUDICHERÀ UNA CARTA REGALO MIGROS DEL VALORE DI FR. 500.– Su Azione di lunedì 30 giugno 2014 saranno pubblicate le fotografie vincitrici – www.azione.ch Non sei socio? Richiedi questo adesivo* al punto accoglienza clienti del tuo supermercato Migros. * Fino ad esaurimento delle scorte

CONDIZIONI DI PARTECIPAZIONE La partecipazione al concorso non implica nessun obbligo d’acquisto. Possono partecipare tutte le persone legalmente domiciliate in Svizzera che hanno compiuto 18 anni. I vincitori se possibile saranno avvisati da Migros Ticino per iscritto o potranno annunciarsi telefonicamente (nel caso il numero di targa fosse protetto) a partire dal 30 giugno 2014 allo 091 850 82 95. Migros Ticino non è tenuta a effettuare ulteriori ricerche. Se entro il 30 settembre 2014 i vincitori non si saranno annunciati, il premio decade. I premi non vengono corrisposti in contanti.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 19 maggio 2014 ¶ N. 21

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Società e Territorio

Magici segni incisi sulle rocce Archeologia rupestre Il nuovo libro di Franco Binda arricchisce il repertorio di coppelle, croci e altri segni

sui massi della Svizzera italiana: una traccia dell’uomo che trova ancora poche interpretazioni

Elia Stampanoni Le incisioni rupestri o petroglifi sono dei segni scavati nella roccia che anche in Ticino si trovano con una certa frequenza. Il nostro territorio è di fatto ricco di massi su cui scorgiamo coppelle, croci o altri segni, simboli di un passato ormai molto lontano e che lasciano spazio a disparate interpretazioni. Incontrarli non è cosa rara e, lungo il sentiero etnografico di Odro, al centro dell’insediamento verzaschese, sono per esempio ben visibili alcune coppelle su di un masso affiorante. Si tratta di tracce lasciate dall’uomo, ma loro datazione, così come il loro significato, sono tuttora incerti.

Franco Binda nel corso delle sue ricerche ha curato più di 700 schede registrate nell’Inventario svizzero delle incisioni rupestri I massi coppellari, in pratica dei macigni di natura mineralogica in cui sono state fatte delle incisioni, possono affascinare o annoiare. Ammaliato è rimasto di certo Franco Binda, contabile originario di Lostallo che, incuriosito da un articolo che riportava la presenza di questi massi nel suo paese natale,

Masso di confine tra TeneroContra, Brione sopra Minusio e Mergoscia. (entrambe le fotografie sono tratte da F. Binda, Il mistero delle incisioni, A. Dadò Editore)

negli anni ’80 si appassionò, dedicando tutto i suoi momenti liberi all’argomento. Oggi, dopo oltre trent’anni di lavoro, è sicuramente tra i massimi esperti della tematica e l’anno scorso ha pubblicato il suo secondo libro: Il mistero delle incisioni (Dadò edizioni). Nel corso della sua carriera ha saputo censire e schedare oltre 700 oggetti d’interesse, professionalizzando nel contempo i suoi metodi di ricerca. Dopo i ritrovamenti, possibili grazie a segnalazioni

Il Sass lombard in località Stabiei Sot nel comune di Mesocco è il più ricco di incisioni finora conosciuto in Svizzera.

o scoperti durante il peregrinare sul territorio, la fase di rilievo prevede la pulizia del masso, a volte nascosto dalla crescita della vegetazione, a volte sotterrato da accumuli di terra. Le incisioni vengono in seguito fotografate, disegnate e marcate con del gesso per ulteriori immagini da riportare negli archivi. La descrizione e l’aggiunta delle coordinate del luogo di rinvenimento arricchiscono ogni scheda, riportata poi nell’inventario svizzero (www.ssdi. ch). Il lavoro di Franco Binda è il frutto di anni di ricerche, eseguite con la felice collaborazione del professor Urs Schwegler di Meggen (canton Lucerna), autore a sua volta del libro Schalen- und Zeichensteine der Schweiz (a cura della Società svizzera di preistoria e archeologia, oggi Archeologia Svizzera), che costituisce un punto di riferimento preciso e puntuale del panorama dell’archeologia rupestre. Queste pubblicazioni sono senz’altro uno spunto per avvicinarsi alle incisioni rupestri, un mondo dove le coppelle sono tra i segni più rappresentati. Si tratta di cavità con una profondità compresa tra qualche millimetro e 15 centimetri e con un diametro variabile tra 1 e 15 centimetri. Altri segni tipici dei petroglifi sono le croci: greca o latina. La prima, contraddistinta da quattro braccia di uguale misura, è per esempio l’emblema di un masso coppellare rinvenuto sul confine tra Tenero-Contra, Brione sopra Minusio

e Mergoscia. Questo sasso ne è particolarmente ricco, 224 croci, ed è forse quello con il più alto numero rinvenuto nell’arco alpino. La croce latina è invece caratterizzata da due segmenti di diversa misura, dove il primo braccio è circa i tre quarti dell’altro. Anche questo segno collega le incisioni rupestri al culto religioso, ma non mancano pure nessi e indizi correlati al paganesimo. Sui massi scopriamo anche segni di piedi, come a Lelgio dove, sul masso denominato pè del Crist, ritroviamo delle impronte eseguite in modo prefetto. Altri simboli sono ferri di cavallo, mani, forme geometriche, canaletti e altri segni che lasciano spazio alle più svariate interpretazioni. Nel secondo libro di Franco Binda, che segue la pubblicazione Archeologia rupestre nella Svizzera italiana del 1996 (vedi «Azione» del 3 giugno 2008), vengono pure ripresi e approfonditi alcuni massi già noti, aggiungendo aneddoti e curiosità. È il caso del masso degli incavi geometrici di Corticiasca oppure delle coppelle sui muri di cinta sul sagrato della chiesa di Carona. Un capitolo particolare del volume è riservato ai massi di confine, frutto di un lavoro ultimato nel 2006. Numerosi sono di fatto le incisioni rupestri ritrovate sui sassi delimitanti comuni o territorio patriziali. Anche qui diverse le croci e le coppelle, a conferma dei diversi significati che questi segni pos-

Tra l’altro il libro è stato dipinto con le dita, a sottolinearne ulteriormente il valore.

di animali (un orso, una volpe, un rospo, una formica e un elefante), rappresentati non realisticamente ma tramite cerchi di varie misure e di vari colori (ovviamente l’elefante sarà la macchia grigia più grande e la formica quella nera più piccola), attraverso vari ambienti (deserto, fiume, bosco) anch’essi rappresentati «solo» attraverso linee colorate, con andamento diritto, o a zigzag, o a onde. Il risultato è una storia vivace e coinvolgente, che apre a ulteriori possibilità creative, come ci dimostra la bellissima sezione «giochiamo con» del sito dell’editore: www.minibombo.it.

sono assumere. Risalire alla data della marcatura, come detto, risulta per ora impossibile (si spazia dall’era ancestrale fino all’epoca recente), ma per alcuni massi di confine è stato possibile ritrovare della analogie con dei documenti, aprendo così uno spiraglio d’interpretazione. Il lavoro eseguito in questi trent’anni da Franco Binda (ha raccolto e schedato oltre 700 oggetti del Ticino e Grigioni italiano, poi registrati nell’inventario svizzero curato da Urs Schwegler) è sicuramente un punto di partenza per ulteriori lavori di ricerca, nel tentativo di comprende qualcosa di più sulle incisioni rupestri. Le figure rappresentano sia realtà della vita quotidiana, caratterizzata dall’attività pastorale e agricola, sia figure simboliche e fantastiche. L’interpretazione spazia da quella magica e simbolica, legata a riti religiosi, a quella agricola. Si pensa anche che i pastori al seguito delle greggi usassero scavare alcune delle coppelle per abbeverare gli animali con l’acqua piovana ivi raccolta. Ma sono supposizioni e, come sottolinea l’autore nel suo volume, «Guai se tutto, proprio tutto fosse svelato. Cos’altro ci rimarrebbe ancora da sognare?». Informazioni

Schweizerisches Steindenkmäler- Inventar. http://www.ssdi.ch/

Viale dei ciliegi di Letizia Bolzani La settimana scorsa, al Salone Internazionale del Libro di Torino, erano numerosi gli eventi dedicati alla letteratura per l’infanzia. Uno dei più importanti è stato sicuramente il conferimento del premio Nati per Leggere 2014, giunto alla sua quinta edizione. Tra le varie sezioni considerate, ci sembra di particolare interesse per la nostra rubrica segnalare qui i libri vincitori della sezione «Nascere con i libri». Emile Jadoul, Le mani di papà, Babalibri Miglior libro 6-18 mesi è stato decretato Le mani di papà, dell’autore/illustratore belga Emile Jadoul. Pubblicato da Babalibri, come altri suoi albi (ricordiamo almeno il recente Bacioespresso, su un papà sempre di fretta), mette in scena ancora una volta, in sintonia con le corde dell’autore, la funzione paterna. O meglio la relazione tra bebè

e papà. Qui protagoniste sono le mani del papà, che sorreggono, sostengono, rassicurano, stringono in un abbraccio, mani che accompagnano le prime fasi dello sviluppo del bambino, staccandolo un po’ dalla mamma (emblematica la sequenza delle prime tre pagine: «Toc toc», dice il papà accarezzando il pancione della mamma; «Ben arrivato bebè», al bimbo tra le braccia della mamma; e poi «Andiamo!», una passeggiata nel marsupio, solo con il papà). Tanta sicurezza danno quelle mani, fino a che il bambino non ne avrà più bisogno, se non per le coccole.

Nicola Grossi, Orso, buco!, Minibombo A un libro originale, astratto, apparentemente difficile e invece di immediata comprensione per i bambini (come ci hanno confermato i piccolissimi spettatori ospiti al Salone), è andato il premio per il miglior libro 18-36 mesi. Quella realizzata dalla giovane autrice/illustratrice italiana Nicola Grossi è un’avventura

Nadine Brun-Cosme (testo), Olivier Tallec (illustrazioni), Lupo & Lupetto, Clichy Non sono padre e figlio, non sono fratelli, all’inizio non sono nemmeno amici. Sono solo un Lupo grande abituato a stare da solo, e un Lupo piccolo che un

bel giorno arriva «da lontano» e si piazza lì vicino. Di un avvicinamento progressivo, non privo di iniziale diffidenza, racconta questo libro, che si è aggiudicato il premio Nati per Leggere per la fascia 3-6 anni. Valorizzata dalle belle, teneramente surreali illustrazioni di Tallec, la storia ci parla del rapporto con l’«altro», che non sempre è facile, ma che può dare più senso alla vita. E sarà la preoccupazione e la nostalgia per Lupetto che non torna, a far capire a Lupo quanto grande è il posto che Lupetto ha «preso nel suo cuore». Il finale è quieto e rassicurante, nel calore dell’amicizia ritrovata.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 19 maggio 2014 ¶ N. 21

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Società e Territorio

Fare storie con i bambini

Istituto Ricerche di Gruppo Fondato nel 1988 da Ferruccio Marcoli si occupa di bambini, ragazzi e adolescenti

che incontrano difficoltà nello sviluppo delle loro capacità di pensare Elisabetta Oppo I bambini possono essere interlocutori brillanti e dialogare con loro può essere un’occasione per misurarsi con problemi etici, logici ed ontologici di varia natura. Domande a volte apparentemente illogiche, al contrario riconducono spesso a intuizioni inattese che nascono da una visione ancora sconosciuta del mondo e da una sorta di «stupore intelligente» dei bambini. Tuttavia a causa di varie interferenze emotive può capitare che alcuni bambini e adolescenti non siano in grado di sviluppare e usare in modo adeguato le loro capacità di pensare. Alcuni minori per immaturità affettiva, ritardo evolutivo, disarmonia evolutiva o difficoltà relazionali si sovraccaricano in modo eccessivo di emozioni e di sensazioni incontrando difficoltà nelle loro più elementari funzioni del pensare.

Ferruccio Marcoli: «Se manca il terreno adatto ad accogliere i segni dell’affetto non si può costruire nulla» Sull’influenza e l’interazione che pensieri, affetti, emozioni e sentimenti hanno sullo sviluppo della capacità del pensare è incentrata dal 1988 l’attività dell’Istituto Ricerche di Gruppo di Lugano, fondato dallo psicoterapeuta e socioanalista Ferruccio Marcoli. Lo stesso Marcoli è l’ideatore di «Fare storie che si susseguono con i bambini, i ragazzi e gli adolescenti» conosciuto con la denominazione semplificata di «Fare storie». Un metodo di intervento psicoterapeutico e psicopedagogico che, operando attorno al fulcro costituito da linguaggio, parola e lingua, offre a bambini e ragazzi un’opportunità di sviluppo della capacità di pensare. Per capire meglio in che cosa consiste il metodo è necessario vedere in che modo viene predisposto il campo di lavoro. «L’esperienza mi ha insegnato che se manca il terreno adatto ad accogliere i segni dell’affetto non si può costruire nulla», spiega Ferruccio Marcoli. «Il primo passo per insediare il cantiere

Nelle storie i bambini vivono la duplice condizione di agire «per finta» e «sentire per davvero». (Keystone)

delle storie – continua – consiste quindi nell’organizzare un ambiente nel quale i bambini possano disporre i loro segni». Ecco quindi che nell’Istituto Ricerche di Gruppo, è stata allestita la stanza di «Fare storie», nella quale si possono individuare immediatamente tre ambienti ben distinti, chiamati la casa solo dei grandi, la casa comune e la casa solo dei bambini, collegate tra loro tramite dei telefoni. Un ambiente tripartito che, frequentato e conosciuto dai bambini, attiva le loro capacità intellettuali che servono per fare scambi e attuare confronti. «Affinché l’esperienza possa dare i suoi frutti – spiega ancora Marcoli – è necessario far capire bene i limiti: i

bambini non possono entrare nella casa solo dei grandi; i grandi non possono entrare nella stanza solo dei bambini; per stare insieme c’è la stanza comune. La prescrizione riguarda in primo luogo l’adulto. È lui che si vieta di entrare nella stanza dei bambini mostrando loro di saperlo fare. In tal modo si pone come modello della capacità di non fare; la capacità negativa, che viene proposta come esempio da seguire. Lo scopo è quello di tollerare l’attesa, di praticare sin dall’inizio la frustrazione e suscitare la loro naturale curiosità. Provocazione particolarmente adatta ad attivare le funzioni del pensare». Non appena i bambini prendo-

no possesso e si ambientano nei nuovi spazi si entra nel vivo di «Fare storie»: il terapeuta invita i bambini a esporre un racconto e trascrive puntualmente le loro narrazioni e le loro pratiche in un apposito quaderno. «La trascrizione non è solo un espediente didattico – sottolinea sempre Ferruccio Marcoli – essa svolge una precisa funzione di argine psicologico contro la disposizione dei bambini a straripare emotivamente». Altro momento fondamentale è quello della rappresentazione delle narrazioni come a teatro. «All’inizio di ogni seduta successiva il terapeuta interpreta le trascrizioni come un attore recita un brano teatrale – prosegue

Marcoli – prestando così gesti, voce e sensibilità a forme che senza la sua interpretazione andrebbero perdute. Ne consegue che il corpo, che è voce e gesto, trova le parole per tradurre le emozioni e i sentimenti in un pensiero verbale comunicabile e condivisibile conferendo al linguaggio il ruolo chiave che gli spetta di diritto in un sistema sociale evoluto». Nel 1997, il metodo «Fare storie» ha trovato una sua prima presentazione nell’opera di Ferruccio Marcoli, Il pensiero affettivo, pubblicata nella collana «Educare curare pensare» delle edizioni Red. Un ulteriore sviluppo del metodo è in attesa di pubblicazione nella nuova opera di Marcoli, Fare storie con i bambini. Il pensare generativo, in cui rispetto agli inizi è posto un accento ancora maggiore sugli inciampi, sulle accelerazioni e decelerazioni, sulle ripetizioni, sulle ridondanze che contrassegnano il senso delle storie. Accanto al racconto delle storie i bambini, i ragazzi, gli adolescenti si mettono nella duplice condizione di agire «per finta» ma di sentire «per davvero» lo stare dentro la storia e vivere contemporaneamente gli smarrimenti dell’avventura che si compie con la parola e la lingua quando queste consentono l’apertura verso la conoscenza. I risultati del metodo possono essere riassunti nelle poche parole di Ferruccio Marcoli: «il primo risultato è che il metodo non è morto ed è rimasto in vita senza troppe esibizioni. L’importante è avere fatto qualcosa non per avere successo ma per le persone che abbiamo aiutato». Questa disciplina psicoterapeutica ha avuto negli ultimi anni degli sviluppi importanti soprattutto nella Svizzera italiana e nel nord Italia. Come sottolinea Saul Branca, direttore dell’Istituto Ricerche di Gruppo di Lugano, nella sua prefazione alla ristampa del libro Il pensiero affettivo di Marcoli: «Ciò che è importante sottolineare è che, in questo tempo ancora breve, la psicologia generativa ha dato prova di grande vigore e vitalità. Pur operando al di fuori dei circuiti istituzionali ufficiali, ha saputo ottenere quei riconoscimenti ufficiosi e ufficiali che le consentono di presentarsi come una corrente psicoanalitica a tutti gli effetti».

Viaggio nel tempo con gli X-Men Anteprima Una nuova avventura dei celebri supereroi arriva in Ticino, anche in 3D Dal 22 maggio nelle sale cinematografiche ticinesi tornano gli amati protagonisti della saga X-Men, ma con un’interessante novità. Gli appassionati del genere potranno perdersi nelle avventure dei famosi mutanti che questa volta prenderanno letteralmente vita: il settimo capitolo della trilogia originale infatti, sarà finalmente in 3D, con favolosi effetti speciali e nuove comparse che arricchiranno il cast. Dopo più di trent’anni dall’uscita dell’omonimo fumetto, basato anch’esso sui viaggi nel tempo e dalla cui trama prende spunto l’intrigante storia di questo nuovo capolavoro, gli spettatori si perderanno in una realtà sospesa tra passato e presente. Bryan Singer che già aveva diretto i primi due film della trilogia X-Men, torna con un ulteriore colpo di genio che renderà il film originale, oltre che avvincente: un viaggio nel tempo nel quale gli eroici mutanti incontreranno sé stessi in versione giovane e dovranno unire le forze per sventare l’ennesima catastrofe, che questa volta è più vicina che mai. Gli X-Men saranno dunque in scena in un’entusiasmante

collaborazione con i loro alter-ego che vivivono nel passato. Il connubio fra trama mozzafiato, altissima qualità della grafica e possibilità di lasciarsi coinvolgere nelle spettacolari scene in 3D (con la realistica illusione visiva di essere catapultati davvero in un’altra dimensione) ha fatto sì che il film abbia già riscosso enorme successo in America. Oggi anche il pubblico tici-

nese ha l’occasione di vivere l’avventura fantascientifica degli X-Men in tutte le sale cinematografiche del cantone. Informazioni

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Gadget in palio per i nostri lettori In occasione dell’uscita in Ticino il 22 maggio (anche in 3D) di X-Men: giorni di un futuro passato (www.x-mendayosoffuturepast.ch), la Twentieth Century Fox in collaborazione con Migros Ticino mette in palio: 5 agende 5 paia di occhiali 5 magliette che cambiano colore al sole 3 felpe La locandina del film.

Regolamento: partecipazione riservata a chi non ha beneficiato di vincite in occasione di analoghi concorsi promossi da «Azione» nel corso degli scorsi mesi. Per partecipare al concorso telefona allo 091 8217162 mercoledì 21 maggio dalle 14.30 fino a esaurimento dei premi. Buona fortuna!


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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 19 maggio 2014 ¶ N. 21

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Società e Territorio Rubriche

L’altropologo di Cesare Poppi Uno contro otto: Malta 1565 Queste le stime delle forze in campo calcolate da Francesco Balbi di Correggio, mercenario del corpo di spedizione spagnolo, all’inizio del Grande Assedio di Malta, del quale ieri correva il 449simo anniversario: dalla parte dei Cavalieri di Malta, in difesa, stavano un totale di seimila e cento combattenti. Almeno la metà di questi erano peraltro comuni cittadini, poco avvezzi alle armi ma determinati a combattere fino all’ultimo. Cinquecento altri erano schiavi delle galee. Forze dunque poco affidabili: la promessa di libertà in caso di vittoria andava comunque valutata di contro alle controfferte della parte avversa: Jean de la Valette, Gran Maestro dei Cavalieri di Malta, ben lo sapeva e stava in guardia. Sui cento servi personali dei Cavalieri poco si poteva contare. Rimanevano pertanto alla difesa cinquecento Cavalieri e circa duemila fra soldati italiani, siciliani e greci – molti dei quali mercenari sulla cui lealtà era difficile poter contare. L’opposizione era invece formidabile: parliamo della

più grande flotta d’assedio dai tempi antichi: 131 galee, sette galliote (galee di stazza minore), quattro grandi galeazze ed un numero imprecisato di navi da trasporto e supporto logistico. A bordo una forza combattente di professionisti e semi-professionisti stimata attorno ai 40’000 effettivi – il nucleo forte formato da seimila cavalieri – i temuti spahis – ed altrettanti giannizzeri, la temutissima crème de la crème dell’esercito ottomano. A questo va aggiunta una formidabile quantità di pezzi d’artiglieria, alcuni dei quali mai visti prima di allora e da allora mai più visti: pesanti sì da richiedere giornate prima di essere messi in batteria e far fuoco, giganteschi al punto da dover essere lasciati ore e giornate a raffreddare fra un colpo e l’altro – per poi eventualmente esplodere sul posto per surriscaldamento con grave nocumento di chi fosse suo malgrado passato nei pressi…Il primo errore tattico commesso dagli Ottomani fu di ritenere che la chiave per la caduta di Malta fosse la riduzione di Forte

Sant’Elmo, al vertice del triangolo che aveva come punti d’ancoraggio – per così dire – i Forti di Sant’Angelo e di San Michele. Jean de la Valette, settantenne lucido di mente e imbattibile con la spada, l’aveva capita: fece rinforzare Sant’Elmo con metà della sua artiglieria corroborando così l’idea che lì fosse l’intera chiave per risolvere la questione. L’accanimento contro Sant’Elmo e l’epopea di una fortezza costruita in meno di due anni – e pure saldissima – fa da contrappunto ad una delle pagine più tristi della storia moderna del Mediterraneo. La determinazione Ottomana per la caduta del Forte e l’opposizione dei Cavalieri acquistano tratti surreali qualora si consideri l’intensità dei bombardamenti e degli assalti che si susseguirono fino al 23 di giugno, quando Sant’Elmo finalmente crollò agli Ottomani. Tutti i 1500 difensori rimasti – un buon quarto della forza totale dei difensori di Malta – furono passati a fil di spada. Fortunati i nove Cavalieri che furono risparmiati poiché costituivano good business

sull’attivissimo mercato dei riscatti. Jean de la Valette aveva – nella sconfitta – ottenuto una grande vittoria, e lo sapeva. In primo luogo Dragut Alì Pasha, comandante supremo delle forze assedianti, era stato ucciso nell’ultima settimana dell’assedio. Le cronache di parte Maltese dicono che «il colpo fortunato» fu sparato da Forte Sant’Elmo, ma fonti più critiche farebbero invece pensare ad uno dei tanti colpi sparati da un’artiglieria Ottomana non in grado di gestire le micidiali potenze dei cannoni in dotazione. In secondo luogo, così come tutti sapevano, Don Garcia, Vicerè spagnolo di Sicilia, stava organizzando una task force per soccorrere i difensori di Malta. Le cose andavano per le lunghe anche per le complicate relazioni fra le potenze occidentali: «Se i Turchi dovessero prevalere contro l’Isola di Malta, è dubbio quanti futuri pericoli potrebbero incombere per l’intera cristianità». Questo understatement di Elisabetta I riassume la portata della Questione Maltese al tempo. Caduto Sant’Elmo,

gli Ottomani risolsero di far cadere Forte San Michele: privi ormai del loro Comandante rinnovarono i loro sforzi. Fra il 15 luglio ed i primi di agosto la stima è che 130’000 palle di cannone di vario calibro siano state sparate contro le difese maltesi. Quando però fra il 7 ed il 21 agosto le truppe ottomane andarono all’assalto per completare l’opera dell’artiglieria, si trovarono di fronte una resistenza feroce e determinata: il settantenne Jean de la Valette guidava indomito quanto poco era rimasto della forza difensiva. A primi di settembre gli Ottomani si erano persi d’animo: il 7 settembre Don Garcia aveva finalmente sbarcato una forza di 8000 soldati alla baia di San Paolo. Il giorno seguente gli Ottomani partivano lasciando sul campo almeno un terzo delle loro forze e molti dei loro disegni sul Mediterraneo: Lepanto (1571) era lì, dietro l’angolo della Storia. Ma dell’assedio di Malta scrisse Voltaire: «Nulla è più conosciuto dell’Assedio di Malta». Alzi la mano chi, fra i fedeli lettori dell’Altropologo, etc...

Diamo ora la parola a un lettore che scrive, con tono appassionato: «Ho letto su “Azione” la lettera e la risposta intitolate Ogni esistenza è unica e mi sono ricordato che l’anno scorso avevo scritto una riflessione per una persona cara che mi sembra pertinente. È intitolata Vivere. “Affacciandoti alla finestra della vita, rimanendovi tranquillamente in osservazione, al calduccio e al riparo dalle intemperie di sicuro non potrai assaporare pienamente la tua esistenza. Da quella posizione scorgerai tante persone che, camminando, trotterellando o correndo, stanno seguendo il loro viaggio; un tragitto che può snodarsi in modo piacevole e fortunato, o purtroppo intricato e contorto. Tuttavia, passo dopo passo, i più sfortunati cercano di evitare gli ostacoli e di apportare le necessarie migliorie per non inciampare. È in ogni caso il loro personale

percorso, quello della loro vita. In alternativa potresti: chiudere la finestra, scendere le scale, uscire all’aperto e metterti con calma vicino a loro per avere l’occasione, anche tu, di seguire il “saliscendi” del sentiero preposto per la tua vita. Solamente così potrai vivere realmente, non accontentandoti, in modo inoperoso e inconcludente, di vederla inesorabilmente passare: la tua vita!», Aldo’13. Grazie, cari amici, per una partecipazione aperta e generosa, che rende la «La stanza del dialogo» veramente tale.

ta. Il personaggio, infatti, si è prestato a una ridda infinita di interpretazioni e di riferimenti. Se ne sono lette e sentite di ogni sorta. A cominciare dal filone politico-ideologico. Grazie a Conchita, così sul «Tages Anzeiger», l’Austria dimostrava uno spirito di tolleranza liberatorio: tale da far dimenticare un passato di connivenza con il nazismo. E sempre sul versante politico, su «Repubblica» si ribadiva come la vittoria di un artista, né donna né uomo, rappresentasse uno schiaffo alla «morale clerico-fascista», che aveva dominato il costume nei Paesi cattolici. Ma c’è dell’altro. Infatti, si sono sprecate le disquisizioni di tipo psicologico-scientifico a proposito della molteplicità degli schemi sessuali: maschile, femminile, omosessuale, trans, middle e fluido. Proprio quest’ultimo aggettivo sarebbe il più idoneo per definire una forma di sessualità in divenire. Volete saperne di più? Secondo Vittorio Lingiardi, docente di psichiatria alla Sapienza di Roma:

«Quello a cui assistiamo è la decostruzione del binarismo di genere, maschio o femmina, a favore di un universo più fluido, aperto ad altre forme di espressione del proprio corpo e della propria sessualità». Il termine, dall’ambito specialistico, è passato a quello popolare di Facebook: «Fluido è l’aggettivo preferito per definire la propria identità di genere». Saremmo, dunque, entrati nell’era del sesso fluido che, del resto, sembra essere un’emanazione della società liquida. Con quest’aggettivo il filosofo polacco Zygmund Bauman denunciava, nel 2000, la labilità di un’epoca che, ribellandosi alle istituzioni, alla stabilità, alla normalità, rischia di sciogliersi. Ed è il destino che incombe, appunto, sulla tendenza a trasformare tutto, al più presto, in un fenomeno apparentemente liberatorio. Certo, oggi ci si vuole tutti diversi, liberi di fare del proprio corpo quel che si vuole. Con il rischio, osserva Massimo Recalcati, di cadere nel narcisismo e nell’esibizionismo.

La stanza del dialogo di Silvia Vegetti Finzi Riflessioni per Ines La lettera inviata da Ines, e pubblicata sul n. 17 del 22 aprile scorso , con il titolo Ogni esistenza è unica, ha affrontato un tema, «la compulsione al confronto», che ha destato molto interesse per la sua attualità. In questi anni infatti, forse per le scarse opportunità offerte dal futuro, molte persone si attardano a commisurare la loro esistenza con quella delle persone più vicine – parenti, amici, colleghi – con un atteggiamento di recriminazione meno maligno dell’invidia ma anche meno positivo dell’empatia. Tra i commenti ricevuti, ne riporto due che mi sembrano particolarmente interessanti. Il primo offre una proposta concreta (interrogarsi sui propri desideri e stabilire relazioni operative con coloro che li condividono) per uscire dall’isolamento che alimenta il rimpianto ed esaspera il confronto; il secondo perché esorta ad abbandonare

la posizione inerte di chi sta a guardare senza partecipare per indurlo a mettersi alla prova, osare e rischiare in prima persona, anche a costo di sbagliare e di soffrire. Solo così il flusso della vita diventa la «nostra storia», importante e significativa perché «scritta e interpretata» da noi che, mettendola in scena, diventiamo soggetti attivi anziché oggetti passivi del destino. Ascoltiamo innanzitutto l’intervento della lettrice: «Cara Ines, capisco molto bene l’invidia, non malevole ma un po’ amareggiata che lei prova nei confronti delle sue due sorelle. Se desidera uscire da questo circolo vizioso di pensieri negativi, deve cercare, in primo luogo, COSA avrebbe voluto o vorrebbe fare della sua vita e smetta di paragonarsi... La vita è ingiusta? Sì, spesso. Io per esempio, a 61 anni, cercando di superare un’ennesima amarezza, ho avuto una illuminazione: ho comin-

ciato a studiare il violoncello e a un certo punto sono riuscita a inserirmi in un’orchestra di amatori... Seguendo i suoi interessi potrebbe incontrare gente interessante. Per me ogni persona ha qualcosa d’interessante da comunicare. La vita è un lungo percorso creativo, anche se spesso irto di spine. Troverà la sua strada se si mette in moto per cercarla seriamente, riflettendo su quello che veramente conta per lei, lasciando perdere i successi degli altri. Non è detto che siano “strafelici”, come pensa, ma solo discretamente contenti, come può esserlo anche lei se accetta l’onestà intellettuale... Le auguro coraggio per costruirsi una bella personalità (ai suoi occhi soprattutto) lungo la strada della vita e tanta felicità. Ma questa parola è un po’ ingannevole, meglio accogliere la contentezza a braccia aperte perché ha più chance di durare a lungo!», Margaretha.

Informazioni

Inviate le vostre domande o riflessioni a Silvia Vegetti Finzi, scrivendo a: La Stanza del dialogo, Azione, Via Pretorio 11, 6900 Lugano; oppure a lastanzadeldialogo@azione.ch

Mode e modi di Luciana Caglio I troppi significati di una canzone vincente Ed è subito fenomeno. Così è successo, anche la scorsa settimana, in occasione del premio Eurosong. Una gara canora, cioè una bella e semplice serata d’intrattenimento, destinata ai fans di un genere popolarissimo e abbinata a uno spontaneo patriottismo, si è trasformata, o deformata, in un evento dai risvolti ambiziosi: con presunti effetti sul piano politico, sociologico, morale. Tanto da attribuire alla finale di Copenhagen il significato di una svolta storica, che segna un prima e un dopo nella nostra quotidianità. E tutto ciò per via di Conchita Wurst, la vincitrice, o il vincitore, di una competizione dove certo si è imposta per il talento ma, anche, per l’aspetto indecifrabile. Questo venticinquenne, austriaco del Salisburgo, ha proposto, su una ribalta internazionale, una presenza ibrida; un vigoroso corpo maschile, avvolto in abito di pizzo nero, il volto truccato, occhi bistrati, mento barbuto, chioma sciolta su ampie spalle virili. Ora è proprio l’ambiguità di una fisionomia umana, ancora da definire,

che ha preso il sopravvento rispetto alle stesse capacità professionali del cantante. Insomma, ha fatto notizia non tanto la Conchita, che canta e si muove bene su una scena, quanto la Conchita che espone, esibisce e forse sfrutta la sua di-

Conchita Wurst. (Albin Olsson)

versità. Qualcosa che, sino all’altro ieri, avrebbe suscitato reazioni d’imbarazzo, di ridicolo, addirittura di scandalo. Oggi non più. Si è fatta l’abitudine ai cosiddetti outing, con cui attori, cantautori, scrittori, persino filosofi (si pensi a Vattimo portabandiera culturale della categoria), rendono pubblica la loro omosessualità, chiedendo in pari tempo il rispetto che gli è dovuto. Sempre che non se ne servano a titolo promozionale. Capita, infatti, che un cantante riveli, non richiesto, di essere gay, alla vigilia del lancio del suo nuovo album. Contando, non da ultimo, sulla curiosità pruriginosa provocata da questo tipo di confessioni intime. Il sospetto, insomma, che pubblicizzando la propria appartenenza sessuale si persegua un obiettivo commerciale, si giustifica anche nei confronti del vincitore dell’Eurosong. L’ambiguità ha giocato a suo favore. È diventata, nel caso di Conchita Wurst, un simbolo di coraggio, di rivolta, di anticonformismo, di riscatto. E chi ne ha più ne met-


RAPPORTO ANNUO2013

CONTI 2013 CONTO ECONOMICO

CONTI DI BILANCIO (ATTIVO) 2013

Cifra d’affari netta Commercio al dettaglio Commercio all’ingrosso Ristorazione Scuola Club Prestazioni di servizio Cifra d’affari netta (senza IVA) Altri ricavi d’esercizio Totale ricavi d’esercizio (senza IVA) Costo delle merci e delle prestazioni Costi delle merci Costi del personale Pigioni Manutenzioni/Riparazioni Energia/Materiali di consumo Pubblicità Spese amministrative Altri costi d’esercizio Ammortamenti d’esercizio Totale costi d’esercizio

1)

2)

3) 4)

Risultato d’esercizio (EBIT)

2012

(in 1 000 CHF)

(in 1 000 CHF)

476 861 0 20 664 4 708 11 600 513 833 4 034 517 867

480 921 0 19 489 4 502 11 137 516 049 3 717 519 766

348 325 94 826 12 963 6 278 9 848 2 913 4 429 13 203 16 869 509 654

353 039 94 037 13 967 4 935 9 253 2 826 4 287 13 099 16 299 511 740

8 213

8 026

(prima degli interessi e delle imposte)

Gestione finanziaria

5)

119

1 746

Operazioni straordinarie

6)

0

0

8 094

6 279

Risultato aziendale (prima delle imposte)

Il nuovo stabile di Torricella-Taverne certificato Minergie.

Imposte Risultato aziendale (Utile)

Nel 2013 il commercio al dettaglio svizzero ha registrato un debole aumento di fatturato di ca. lo 0,5% rispetto al 2012, malgrado una flessione dei prezzi, globalmente di ca. l’1%, e un aumento di ca. l’1% nel settore alimentare. Anche a causa del turismo degli acquisti, in Ticino il mercato del commercio al dettaglio ha invece registrato ancora una volta una, seppur debole, flessione di ca. lo 0,3%. In condizioni quadro quindi ancora difficili, nel 2013 la Cooperativa ha realizzato un fatturato di 513,8 milioni di franchi (-0,4% rispetto al 2012). Grazie alle migliorate condizioni di acquisto e all’aumentata efficienza aziendale e malgrado le riduzioni dei prezzi (-0,1% pari a 0,5 milioni di franchi) e gli aumenti salariali (+1% pari a 0,7 milioni di franchi) Migros Ticino è riuscita a chiudere i conti 2013 con risultati finanziari più che soddisfacenti e in crescita: un utile netto di 6 milioni di franchi e un Cash Flow (EBIDA) di 25,1 milioni di franchi, in aumento di 1,7, rispettivamente 0,8 milioni di franchi rispetto al 2012. Proprio in considerazione di questi risultati, a fine anno, la Cooperativa ha versato a ogni collaboratore un premio speciale del valore di 1’000 franchi, per un costo totale di 1,3 milioni di franchi. Dal 2012 Migros ha deciso di formalizzare il suo impegno a favore della sostenibilità con delle promesse a bambini e ragazzi che rappresentano le generazioni future. Con la campagna Generazione M vengono comunicati gli obiettivi concreti di queste promesse nei diversi settori di intervento, vale a dire consumo, ambiente, società, salute e collaboratori.

CONSUMO

Nel 2013 sono stati ulteriormente migliorati gli assortimenti dei supermercati, dei mercati specializzati e della ristorazione, per meglio rispondere alle esigenze dei clienti, mentre i prezzi di vendita sono stati ridotti mediamente dello 0,1%, il che porta a 9,4% la riduzione cumulata media dei prezzi realizzata da Migros Ticino dal 2009. Nel settore alimentare, che rappresenta il 67% dei volumi di vendita, sono stati particolarmente apprezzati i prodotti caratterizzati da un plusvalore ecologico e sociale; in particolare i prodotti a marchio Migros Bio (+7,1%) e Max Havelaar (+7,5%), mentre le misure a promozione di prodotti ittici provenienti da allevamenti sostenibili garantiti hanno portato a una crescita del 7,9% delle vendite dei prodotti a marchio MSC (Marine Stewardship Council) e del 18,4% quelli a marchio ASC (Aquaculture Stewardship Council). Un’attenzione particolare è stata dedicata agli aspetti qualitativi e al mix dell’offerta dei prodotti freschi venduti sia a libero servizio che con l’assistenza di personale qualificato presso macellerie, salumerie, pescherie e reparti gastronomia, con una scelta sempre più ampia di specialità regionali e mediterranee. Le specialità locali dei Nostrani del Ticino sono sempre più apprezzate: con un aumento del 3,0% le vendite dei prodotti caratterizzati dalla coccarda hanno realizzato una cifra d’affari di 24 milioni di franchi; un assortimento che annovera 300 articoli e frutto del lavoro di 200 produttori della regione, oltre che dell’impegno di Migros Ticino nel promuovere nuove collaborazioni nel settore agroalimentare, rispettivamente nel sostenerne la loro conoscenza tra i consumatori mediante comunicazione, pubblicità, degustazioni nei punti vendita e sponsorship, in particolare in occasione della rassegna agroalimentare Sapori e Saperi e delle passeggiate enogastronomiche Mangialonga e Gusta il Borgo. Le tisane della Fondazione San Gottardo sono andate ad aggiungersi all’offerta di prodotti elaborati artigianalmente nei laboratori protetti delle fondazioni Diamante, La Fonte e OTAF, enti ai quali vengono riversati gli interi ricavi effettuati con la vendita di questi articoli. Nel corso dell’anno è stato aperto un nuovo supermercato a Torricella-Taverne, il cui stabile ha ottenuto il certificato Minergie; la filiale di Solduno è invece stata completamente ristrutturata. Dal canto suo, il supermercato Migros di Sant’Antonino è stato dotato di casse self-service Subito, che permettono acquisti comodi e veloci. Con la chiusura delle attività presenti presso il Centro Ovale di Chiasso, sono 46 i punti vendita, 8 dei quali attivi nel settore della gastronomia; ristoranti, snack bar e il servizio catering Party Service, hanno introdotto nuove linee di piatti pronti e di fingerfood dolce e salato. Oltre che in ambito privato, Party Service si è fatto apprezzare anche in occasione di manifestazioni pubbliche quali Moon and Stars, StraLugano, Palco ai Giovani e Mangialonga. I clienti iscritti al programma fedeltà Cumulus sono ulteriormente aumentati: i loro acquisti corrispondono al 78% del fatturato della Cooperativa e gli sconti di cui hanno potuto beneficiare ammontano a 6,4 milioni di franchi, mentre il programma Famigros ha visto aumentare del 47% il numero di famiglie con figli residenti in Ticino che si sono iscritte, pari a 11’753 a fine anno.

AMBIENTE

Migros Ticino contribuisce alla qualità della vita della popolazione fornendo beni di qualità a condizioni vantaggiose e contribuendo allo sviluppo sociale, culturale ed economico, come pure alla protezione ambientale della sua regione. In quest’ultimo settore, l’impegno è stato concretizzato con: – la riduzione delle emissioni di CO2 e dei consumi energetici, fissando degli obiettivi concreti con l’Agenzia dell’energia per l’economia, che ha verificato e certificato i seguenti progressi (dati 2012 rispetto al 2004): • riduzione dell’intensità delle emissioni di CO2 del 24,7% e aumento dell’efficienza energetica del 16,4% nei punti di vendita; • riduzione dell’intensità delle emissioni di CO2 del 26,0% e aumento dell’efficienza energetica del 25,0% nella sede centrale di Sant’Antonino; • riduzione dell’intensità delle emissioni di CO2 del 13,0% dei mezzi di trasporto. I 23 veicoli utilizzati per le forniture dalla centrale di Sant’Antonino alle filiali sono di standard euro 4 o 5; le 20 vetture dell’azienda sono di categoria A e hanno un consumo inferiore a 130 grammi di CO2/km; il 60% della merce in arrivo dal nord viene fornita via ferrovia. – la gestione dei prodotti alimentari: l’azienda si sforza costantemente per mantenere il volume degli scarti il più basso possibile: tra le misure l’ordinazione ottimale della merce, che si appoggia a un’apposita applicazione informatica; per la merce la cui data di vendita sta per scadere vengono applicate riduzioni di prezzo, mentre eventuali rimanenze con data di consumo ancora valida vengono consegnate al Tavolino magico o ad altri enti sociali. – la valorizzazione di rifiuti e scarti (circa 3’900 tonnellate): il 51% viene consegnato ad aziende specializzate nel riciclaggio, le rimanenze del settore ortofrutticolo alla Ökostrom di Cadenazzo per il compostaggio e la produzione di biogas; per il saldo si fa capo al termovalorizzatore dell’Azienda cantonale dei rifiuti di Giubiasco, con il quale nel 2013 sono stati collegati il centro commerciale e la sede centrale di Migros Ticino a Sant’Antonino per sfruttare, tramite teleriscaldamento, il calore prodotto dalla combustione dei rifiuti, ciò che ha permesso di abbandonare l’uso di energia fossile con un risparmio stimato in circa 300 mila litri di nafta l’anno. – le pareti ecologiche presenti nei punti vendita sono state rinnovate nella grafica, a tema Generazione M, così come nella tipologia di materiali raccolti: a PET, batterie, CD e DVD, lampadine LED e a risparmio energetico si è infatti aggiunta la possibilità di ritornare bottiglie e flaconi in plastica destinati al riciclaggio. Nel corso della primavera 2013 è stato inaugurato il nuovo supermercato di Torricella-Taverne, che grazie alle sue caratteristiche, in particolare per quel che riguarda isolamento termico, climatizzazione e riscaldamento, ha ottenuto la certificazione Minergie. Sul suo tetto trova inoltre spazio un impianto solare, il secondo inaugurato da Migros Ticino, realizzato in collaborazione con le Aziende Industrializzate di Lugano SA. Composto da 459 pannelli, ha una potenza installata di 115 kilowatt e una produzione annua prevista di 120 mila kilowattora, pari al fabbisogno di circa 25 economie domestiche, che permette un risparmio di CO2 di oltre 18’000 kg. Per il secondo anno consecutivo, una ventina di collaboratori ha partecipato alla Giornata azione natura organizzata con il WWF: sotto la supervisione di contadini della regione sono stati riaperti prati secchi ad Arogno, in Val Mara, che vengono poi da loro gestiti in modo estensivo, con l’obiettivo di tutelare la grande diversità di specie presenti.

SOCIETÀ

Per statuto Migros Ticino deve destinare annualmente l’equivalente dello 0,5% della sua cifra d’affari al sostegno di attività nel campo della promozione culturale, economica e sociale. Nel 2013, l’importo destinato a questo scopo è stato di circa 2,5 milioni di franchi ed è stato utilizzato per: – ridurre il prezzo dei corsi di formazione degli adulti organizzati dalla Cooperativa (Scuola Club Migros Ticino): con 16’590 partecipanti (+3,4%) che hanno preso parte ai 2’890 corsi, erogati da 225 formatori, ha totalizzato 276’800 ore di frequenza; – sostenere e promuovere più di cento manifestazioni – concerti, mostre d’arte, spettacoli teatrali e di danza, nonché varie manifestazioni al confine tra cultura e divulgazione scientifica – presentati nel programma del Percento culturale Migros Ticino, che ha richiamato oltre 108’500 spettatori.

Nell’ambito dello sponsoring è inoltre stato sostenuto l’evento musicale Moon and Stars di Locarno. In campo editoriale Azione, l’organo ufficiale della Cooperativa redatto e stampato in Ticino, è apprezzato come settimanale di informazione e di cultura di qualità. Un aspetto confermato dal sondaggio semestrale compiuto dall’istituto REMP, che ha attestato il suo alto numero di lettori, pari a 114’000 unità (REMP 2013-2). Da 25 anni Migros Ticino collabora con la Fondazione Diamante nell’integrazione di persone disabili nel mondo del lavoro, inserendo un gruppo di nove utenti nel team logistico della sua sede centrale a Sant’Antonino. Nel quadro delle sue attività, Migros Ticino cerca di favorire aziende locali per la fornitura di prodotti e servizi di cui necessita: nel 2013 i salari e gli acquisti di merci e servizi provenienti dalla regione hanno generato un indotto nell’economia cantonale di 210 milioni di franchi, pari al 40,8% del suo fatturato.

SALUTE

Anche nel 2013 una parte importante delle risorse utilizzate per la pubblicità e le attività marketing è stata destinata a promuovere la vendita di prodotti freschi. Nella ristorazione è stata inoltre ulteriormente sviluppata l’offerta di menu equilibrati e dall’apporto calorico contenuto Délifit. Oltre che con i numerosi corsi proposti dalla Scuola Club Migros Ticino negli ambiti movimento, benessere, alimentazione e salute, la Cooperativa è attiva in tali ambiti con lo sponsoring di manifestazioni popolari, tra le quali SlowUp Ticino, StraLugano, Scollinando, la Corsa della Speranza, la corsa podistica a scopo benefico Marcheton e, per i più giovani, la corsa d’orientamento sCOOL, le gare di atletica leggera Migros Sprint e la tappa ticinese di sci Grand-Prix Migros.

COLLABORATORI

La Cooperativa impiega 1’760 collaboratori (il 90% dei quali è domiciliato nella Svizzera italiana), di cui circa 50 giovani in formazione, principalmente nel settore della vendita. I collaboratori beneficiano di un contratto collettivo che garantisce ottime condizioni di lavoro – vacanze da 5 a 7 settimane, corsi di formazione continua e coperture assicurative per malattia e infortunio pari al netto del salario – così come assicurazioni sociali all’avanguardia, tra le quali una cassa pensione con il primato delle prestazioni e finanziata per 2/3 dall’azienda. Nel 2013 sono stati versati aumenti salariali per un importo pari all’1,0% della massa salariale a fronte di un rincaro di -0,4%. Inoltre, in considerazione dei risultati finanziari ottenuti, la Cooperativa ha deciso a fine anno di versare ai collaboratori una partecipazione straordinaria agli utili del valore di 1’000 franchi.

LO SAPEVATE CHE... numero scontrini 56 000 – Media clienti giornalieri franchi – Importo acquisto medio 30 – Articoli presenti minimo 10 000 in un supermercato massimo 40 000 350 – Volume di merce venduta tonnellate/giorno – Riduzione delle emissioni di CO2 nei punti di vendita (base 2004) 25% percentuale – Rifiuti e scarti riciclati 51% percentuale – Utile netto ogni 100 fr. di incasso 1,15 franchi – Indotto in Ticino per 100 fr. di incasso 41 franchi – Collaboratori della Cooperativa 1 760 persone – Collaboratori che risiedono in Ticino 90% percentuale – Lettori di Azione persone 114 000 – Partecipanti a manifestazioni culturali e sportive sostenute da Migros Ticino persone 219 000 – Fondi destinati alla promozione culturale, economica e sociale 2,5 mio. franchi – Soci/proprietari della Cooperativa 89 731 persone

Sostanza circolante Liquidità

3) Altri costi d’esercizio Altri costi d’esercizio Tasse e tributi 4) Ammortamenti d’esercizio Terreni e immobili Installazioni, macchine e app. elettronici Mobili, veicoli e piccolo materiale Valori immateriali 5) Gestione finanziaria Interessi attivi e differenze cambi Interessi passivi 6) Operazioni straordinarie Utile vendita di sostanza fissa Altri ricavi straordinari Altri costi straordinari 7) Debiti diversi a corto termine Debiti verso Istituzioni di previdenza Altri debiti 8) Ratei e risconti passivi Ricavi incassati in anticipo Costi interessi FCM 9) Debiti diversi a lunga scadenza Fondazioni e enti pubblici Diversi 10) Accantonamenti a lunga scadenza Rendita transitoria AVS Altri accantonamenti

7 000

6 896

1 008 1 264 967

943 715 903

Scorte merci

17 317

18 636

5

0

27 561

28 093

Ratei e risconti attivi Totale sostanza circolante Sostanza fissa Investimenti finanziari Crediti diversi terzi Crediti Imprese consociate Partecipazioni Imprese M consolidate Titoli diversi Impianti materiali Terreni e immobili Installazioni, macchine e app. elettronici Mobili, veicoli e piccolo materiale Costruzioni in corso Valori immateriali Applicativi informatici e licenze

2013

Capitale terzi Capitale terzi a corto termine Debiti Imprese M consolidate Debiti per merci/servizi Debiti diversi Conti M-Partecipazione Ratei e risconti passivi Capitale terzi a lungo termine Federazione cooperative Migros Debiti diversi Ipoteche Imprese consociate Accantonamenti Totale capitale terzi

0 0 574 pm 1.– 85 007 32 154 2 615 1 524

0 0 574 pm 1.– 78 498 33 614 3 658 3 183

24

41

Capitale proprio Capitale sociale Riserve Riserva legale Altre riserve Risultato di bilancio Riporto dall’esercizio precedente Utile/(–) Perdita

2 119

1 998

Totale sostanza fissa

121 898

119 568

Totale capitale proprio

5 975

4 281

Somma di bilancio

149 459

147 661

Somma di bilancio

7) 8)

9) 10)

2012

2013

(in 1 000 CHF)

(in 1 000 CHF)

(in 1 000 CHF)

246 22 049 9 186 8 807 1 273

6 256 20 367 9 789 8 375 989

45 000 120 0 18 114

45 000 120 0 18 091

104 795

108 986

897

883

450 35 294

450 25 294

2 048 5 975

7 766 4 281

44 664

38 675

149 459

147 661

0 4 034 4 034

0 3 717 3 717

72 360 7 977 12 060 2 429 94 826

72 405 7 937 10 972 2 723 94 037

Leasing non iscritti a bilancio

11 547 1 656 13 203

11 341 1 758 13 099

Impegni a favore di Istituzioni di Previdenza del Personale

2 403 11 518 2 858 90 16 869

1 930 10 675 3 566 127 16 299

–121 240 119

–46 1 792 1 746

0 0 0 0

0 0 0 0

0 9 186 9 186

10 9 779 9 789

1 180 93 1 273

896 93 989

113 7 120

113 7 120

5 694 12 420 18 114

6 171 11 920 18 091

Rimorchio con il soggetto della campagna dei Nostrani del Ticino 2013.

Informazioni sul bilancio Valori assicurati (incendio) Mobilio, macchine e Installazioni Stabili

Attivi dati in pegno per debiti propri Valore nominale dei debiti ipotecari Importo degli attivi costituiti in pegno

Partecipazioni rilevanti Federazione delle cooperative Migros, Zurigo Scopo: procacciamento di merci e servizi, nonché attività di carattere culturale. Capitale sociale: 15,0 mio CHF. Quota di partecipazione: 3,8%

2012

(in 1 000 CHF)

(in 1 000 CHF)

164 968 291 602

164 516 283 072

284

107

0 0

0 0

0

10

574

574

Migros Ticino dispone di un processo di gestione dei rischi. Il Comitato di direzione informa regolarmente il Consiglio di amministrazione (CdA) sulla situazione di rischio che l’impresa deve affrontare. Esso si assicura che la valutazione dei rischi abbia luogo nei termini opportuni e in maniera adeguata. In base a un’analisi sistematica dei rischi potenziali, il CdA e il Comitato di direzione li hanno identificati e hanno valutato la probabilità che si avverino così come le derivanti possibili conseguenze finanziarie. Appropriate misure adottate dal CdA permettono di evitare, diminuire o arginare questi rischi. I rischi potenziali che devono essere sopportati dalla Cooperativa vengono costantemente sorvegliati. Durante la verifica annuale della strategia aziendale il CdA li considera e li valuta adeguatamente. Il CdA ha effettuato l’ultima valutazione dei rischi potenziali il 27.11.2013 e appurato che in linea di principio essi sono ben coperti dalle strategie, dai processi e dai sistemi. Non risultano altri valori che devono essere citati secondo l’art. 663 b del Codice delle Obbligazioni.

Impiego del risultato Riporto dall’esercizio precedente Utile aziendale A disposizione dei soci

2 048 5 975 8 023

7 767 4 281 12 048

Dotazione alla riserva speciale Riporto all’esercizio nuovo

8 023

–10 000 2 048

Spese a scopo culturale sociale ed economico Scopo culturale (compreso Scuola Club) Scopo sociale Scopo economico Totale 1/2% della cifra d’affari determinante

2 378 93 19 2 490 2 488

2 440 58 11 2 509 2 502

2012

(in 1 000 CHF)

ALLEGATO ALLA CHIUSURA DEI CONTI 2013

2) Costi del personale Stipendi e salari Oneri sociali Istituti di previdenza Altri costi

2012

(in 1 000 CHF)

Credito a corto termine Crediti merci e prestazioni terzi Crediti imprese consolidate Crediti diversi terzi

ANNOTAZIONI SUI CONTI 1) Altri ricavi d’esercizio Prestazioni proprie attivate Altri ricavi d’esercizio

CONTI DI BILANCIO (PASSIVO) 2013

(in 1 000 CHF)

Il sistema di casse self-service Subito a S. Antonino.


33%

40%

9.– invece di 14.50

2.– invece di 3.35

4.40 Carne intrecciata con speck, TerraSuisse per 100 g

Ali di pollo speziate Optigal Svizzera, al kg

Spiedini di maiale Svizzera, 3 pezzi, per 100 g

3.80 invece di 4.80

2.90

3.80 invece di 4.75

Prodotti da forno per l’aperitivo Party 20% di riduzione, per es. cracker alla pizzaiola, 2 x 150 g

Melanzane** Svizzera / Spagna / Paesi Bassi, al kg

Tutti gli antipasti Anna’s Best 20% di riduzione, per es. olive con formaggio molle, 150 g

33%

Baguette alle olive Pain Création** 380 g, 20% di riduzione

4.10 invece di 5.20

3.20

3.60 invece di 4.50

6.90 invece di 10.30

1.50 invece di 2.50

1.40

Mirtilli Spagna, vaschetta da 250 g

Tutti i gelati Mary Jane’s e Frozen Yo per es. Frozen Yo al naturale, 450 ml

Tutti i tipi di birra senz’alcol per es. Eichhof, 10 x 33 cl

Tutto il riso M-Classic in busta da 1 kg a partire dall’acquisto di 2 confezioni, 1.– di riduzione l’una, per es. riso Carolina

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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 19 maggio 2014 ¶ N. 21

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Ambiente e Benessere Una cortina… «verde» Da confine blindato a culla di biodiversità

I cristalli e il loro potenziale Il 2014 è l’anno della cristallografia, ma anche il centenario del Nobel vinto da Max von Laue per le sue importanti scoperte in materia pagina 19

Tentacoli saporiti Allan Bay risponde alla storica questione: «Totano o calamaro, quale di questi molluschi è più buono?»

Passaggi faunistici Il dosso di Taverne permette agli animali di spostarsi

pagina 21

pagine 16-17

CC-BY-SA-3.0

pagina 23

Comandare il cervello usando una luce Medicina di domani Potrebbe essere possibile grazie alla optogenetica, una scienza in pieno sviluppo

che utilizza la luce, la genetica e le proprietà di alcuni batteri e alghe – Prima parte Sergio Sciancalepore Una luce blu si accende, penetra nel cervello, illumina un gruppo di cellule nervose e il tremore che agita le mani e la testa di un malato di Parkinson cessa. Una luce gialla, invece, arresta le convulsioni dell’epilessia, mentre una verde libera dalla dipendenza da droga e alcol. Fantascienza? Fantamedicina? Non è detto. Un paio, le prime due, potrebbero essere future applicazioni di una scienza nata una decina di anni fa, l’optogenetica. Come nelle migliori e più appassionanti storie, facciamo un passo indietro. Nel 1970-1971, i biologi che studiano certi tipi di batteri e alghe riescono a isolare, cioè a staccare dal resto della cellula – precisamente dalla membrana cellulare che riveste il batterio o l’alga – una sostanza che chiamano «rodopsina»: isolata questa proteina, si può capire meglio come è fatta e come funziona. La rodopsina è in grado di catturare la luce e di utilizzare l’energia luminosa per compiere attività indispensabili alla vita delle cellule, come muoversi o attivare reazioni chimiche del metabolismo del microrganismo. Passano gli anni, altre proteine simili vengono scoperte in altri batteri e alghe, e si decide di dare un nome ai componenti di questa famiglia di proteine: il nome scelto è «opsine». Le op-

sine sono un mirabile esempio di «due in uno»: una parte della proteina, come un pannello solare, cattura la luce; l’altra parte, usa l’energia luminosa per compiere un lavoro. Alcune opsine sono dei microscopici pori che attraversano la membrana della cellula, altre sono come delle pompe biologiche: l’energia luminosa apre i pori o aziona la pompa e una corrente elettrica formata da ioni (atomi con una carica positiva o negativa) entra nella cellula, accelerando o rallentando determinate attività. Una caratteristica fondamentale delle singole opsine è che non sono sensibili a tutti i colori della luce, ma solo a un colore e quindi a una precisa lunghezza d’onda: le opsine con la sigla ChR2 sono sensibili – quindi si mettono in funzione – solo con la luce blu; le NpHR solo con quella gialla e così via per altri tipi di opsine. Appena la luce non arriva più, l’opsina smette di funzionare. Nel mondo della scienza – più spesso di quanto si creda – possono accadere fatti inconsueti, per esempio che uno psichiatra e studioso di neuroscienze (la scienza del cervello) si interessi delle singolari proprietà delle opsine. Lo scienziato in questione si chiama Karl Deisseroth e lavora nell’università statunitense di Stanford. Deisseroth pensa che le opsine potrebbero essere usate per attivare o disat-

tivare le cellule nervose (i neuroni) in maniera selettiva, precisa e quando si desidera, accendendo o spegnendo la luce alla quale le opsine sono sensibili. Già oggi è possibile influenzare il funzionamento di un neurone o di un loro insieme, per esempio una certa parte del cervello, usando farmaci o correnti elettriche: tuttavia, farmaci ed elettricità non sono sempre molto selettivi, infatti possono influenzare anche altre parti del cervello oltre a quella scelta quale bersaglio. Come utilizzare le opsine per influenzare a comando, accendendo e spegnendo una luce, i neuroni? Deisseroth e i suoi collaboratori progettano di inserire le opsine sulla membrana cellulare dei neuroni, ma farlo direttamente è impossibile: però si possono usare i geni e le tecniche di ingegneria genetica. Gli scienziati identificano nel cromosoma dei batteri e delle alghe che hanno le opsine i geni che codificano quelle proteine, cioè quei geni che hanno le istruzioni per fabbricarle. Per portare il gene all’interno dei neuroni si utilizza un trasportatore (vettore) particolare, un virus innocuo per il neurone. Il virus infetta il neurone e, una volta dentro, deposita il gene per l’opsina che diventa un componente della cellula, produce la proteina che poi si inserisce nella membrana cellulare del neurone e inizia a funzionare.

Tuttavia, c’è un problema: i neuroni non sono tutti uguali, sono diversi per forma e funzione. Queste cellule per comunicare tra loro usano sostanze chiamate neurotrasmettitori: un neurone libera a livello della sinapsi – una struttura nella quale i neuroni sono quasi a contatto tra loro – qualche molecola del neurotrasmettitore che è captata dal neurone adiacente: in questo modo il messaggio passa dal primo neurone a quello seguente; l’effetto può essere una stimolazione o un freno, una inibizione dell’attività del secondo neurone. Di neurotrasmettitori ce ne sono diversi, qualche nome è noto anche a chi non è un neuroscienziato: dopamina, serotonina, adrenalina e altri ancora, in tutto sono qualche decina e i neuroni ne usano uno. Ci sono gruppi di neuroni che usano la dopamina, quelli che usano la serotonina e così via. Qual è il problema? Il virus vettore del gene per l’opsina entra in tutte le cellule che sono presenti, senza distinzione: ma lo scienziato vuole che sia solo un certo tipo di neurone a contenere la proteina. La soluzione si chiama promotore, una proteina che può essere legata al gene per l’opsina, una proteina che si lega solo al cromosoma del neurone prescelto. Supponiamo che in una provetta ci sia un neurone che usa la dopamina e uno che invece usa la serotonina. Se si sceglie il primo,

si mette il promotore giusto per quel tipo di neurone: il virus entra in tutti e due, ma solo in quello che usa la dopamina l’opsina è fabbricata dal gene e funziona. Torniamo a Karl Deisseroth e ai suoi collaboratori. Nel 2005, tutto è pronto per l’esperimento decisivo: mettere un’opsina del tipo ChR2 (sensibile alla luce blu) in neuroni di mammiferi contenuti in una provetta. Il momento fatidico è quello dell’accensione di una luce blu diretta sul contenitore di vetro: scatta il blu e i neuroni – e solo i neuroni che contengono la ChR2 – si attivano; il blu si spegne e l’attività cessa immediatamente. Nel 2005-2006 sono stati pubblicati sulle riviste scientifiche resoconti di esperimenti realizzati nel laboratorio di Stanford: tutti dimostrano che è possibile – usando le opsine e certi tipi di luce – attivare o disattivare i neuroni prescelti e solo quelli, quando e per il tempo che si desidera. Deisseroth definì questa nuova scienza la «optogenetica», perché mette insieme la scienza che studia la luce, l’ottica, con quella che studia i geni, la genetica. Era giunto il momento di fare un altro passo, dai neuroni in provetta ai neuroni inseriti nelle varie aree del cervello, sperimentare cioè l’optogenetica su cervelli vivi e interi. Gli sviluppi li conosceremo nel prossimo articolo.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 19 maggio 2014 ¶ N. 21

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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 19 maggio 2014 ¶ N. 21

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Ambiente e Benessere

Ambiente e Benessere

Dalla ruggine nascono i fiori Reportage Grünes Band, cintura verde, ovvero ciò che rimane della vecchia Cortina di ferro Amanda Ronzoni, testo e foto La vecchia Cortina di ferro, almeno quel che ne rimane a 25 anni dal suo abbattimento, è ormai ruggine. Infiniti chilometri di filo spinato, reti di protezione, barriere anticarro, 434 torri di avvistamento. Mine e trappole varie, ettolitri di pesticidi per estirpare erba e piante, tonnellate di terreno movimentate per scavare fossati e trincee, graticci di cemento armato per il passaggio delle truppe. Tutto controllato a vista da circa 47 mila uomini (tanti erano i soldati dell’armata nazionale – NVA – alla caduta del Muro) e 2640 cani. Una ferita lunga 1393 km nella sola Germania, che tra il 1952 e il 1989 ha diviso fisicamente e ideologicamente il mondo in due blocchi antagonisti, per quel doloroso capitolo di storia rubricato sotto il nome di Guerra Fredda. Risiko in scala 1 a 1. Tanto per dare i numeri. Eppure questa brutta cicatrice sul volto dell’Europa da sfregio si è trasformata in un qualcosa di inaspettato. Stiamo parlando proprio dei 12’500 chilometri di confine blindato che spaccarono in due l’Europa da nord a sud per 40 anni. Una cortina che partiva dal Mare di Barents, al confine tra Russia e Norvegia, passando per Germania, Repubblica Ceca e Balcani, giù fino al Mar Nero. L’Intellighenzia al potere nella DDR, e nel blocco orientale, profuse tutte le sue energie nell’organizzare e controllare «le vite degli altri», con il risultato che i tentativi di fuga lievitarono. Alla linea di confine tra Ovest ed

A venticinque anni dalla caduta del Muro, al posto della Cortina di Ferro c’è un’area verde oggi fonte di biodiversità.

Est, si aggiunse una zona di interdizione larga da 50 a 200 metri, una «terra di nessuno» incolta e lasciata alla natura. Seguivano nell’ordine: rete metallica, campo minato, fossato, zona desalinizzata per rilevare le tracce di improvvidi fuggitivi e, infine, una strada per i veicoli militari di pattuglia. Molti paesi a ridosso del confine vennero spopolati

e spostati ad almeno cinque chilometri dal confine. Ecco perché chiamarlo «muro» non rende l’idea. Furono comunque energie e soldi (tanti) sprecati. Alla fine, circa 233mila persone tentarono la fuga, un numero imprecisato senza successo. La separazione generò malcontento e la spallata arrivò nel 1989.

Sembra incredibile, ma qualcosa di buono è cresciuto all’ombra di quel muro. I satelliti, già dagli anni Settanta, cominciarono a notare qualcosa di interessante. A nord, lungo il confine tra Finlandia e URSS, la foresta prosperava. Una cintura verde (Green Belt o, in tedesco, Grünes Band) in un mare di disboscamento, agricoltura intensiva e

industrializzazione. Nel 1976 fu effettuato un primo censimento delle specie presenti nella zona di interdizione a ridosso del confine con esiti sorprendenti: uccelli che si credevano scomparsi dal territorio europeo avevano trovato rifugio nella No Man’s Land. Ad oggi, sono quasi mille le specie riapparse dopo anni di presunta estinzione.

Geisa, Checkpoint Alpha, la statua di un cane da guardia ingentilito dal tempo.

Lungo il confine a Hötensleben.

Geisa, Checkpoint Alpha: dall’alto della torre di controllo americana.

Già nel dicembre 1989, a Hof, al confine tra Bavaria, Sassonia e Repubblica Ceca, fu organizzato un incontro tra naturalisti ed ecologisti che arrivavano dalle due Germanie. Nacque così, patrocinato da BUND (Bund fur Umwelt und Naturschutz Deutschland, Friends of the Earth Germany), il progetto Green Belt Germany, un monumento verde al patrimonio naturale e alla memoria storica piantato nel cuore del Paese. Nel 2003 l’idea assunse valenza europea con l’iniziativa European Green Belt (www.europeangreenbelt. org), di cui oggi fanno parte 16 Paesi europei, oltre a Serbia, Montenegro, Macedonia, Kosovo, Albania e Turchia, Norvegia e Russia. Promotore d’eccezione Mikhail Gorbachev. La biodiversità che trionfa alle spalle della stupidità umana fa rallegrare, se non fosse per la tragedia consumatasi à côté. In Germania, il progetto sta crescendo. La prima difficoltà da affrontare è stata la conservazione della cintura

allo sviluppo di un turismo sostenibile, fatto di piste ciclabili, sentieri per il trekking e il bird watching, percorsi dedicati alla mobilità dolce. Paesi e villaggi depressi dal clima gelido della Guerra Fredda sono rinati offrendo perle

turistiche come la cittadina termale di Heilbad Heiligenstadt, o la fortezza di Wartburg (Patrimonio UNESCO) ad Eisenach. Da simbolo di un Paese diviso, il vecchio confine si è trasformato in una

verde nel dopo Guerra Fredda. Molti dei terreni a ridosso dell’area, infatti, sono stati privatizzati a compensazione degli espropri effettuati dal governo dell’ex-Germania dell’Est. Il valore approssimativo delle aree da salvaguardare si aggirava sui 60 milioni di euro, decisamente troppo per il solo BUND Naturschutz. D’obbligo l’intervento dei Länder e del Governo federale. Saggia, la cancelliera Merkel nel 2010 ha trasferito tutte le aree di proprietà del governo ai singoli Stati che sono responsabili della salvaguardia del territorio. Sono state scelte delle aree-pilota per valorizzare questa sterzata verde in Turingia e nella Sassonia-Anhalt. La catena montuosa dell’Harz, ad esempio, che con la guerra fredda era stata fraternamente divisa in due tra Germania dell’Est e dell’Ovest, oggi è sede di due Parchi Nazionali: dell’Harz nella Bassa Sassonia, e dell’Hochharz nella Sassonia-Anhalt. Le oltre 150 riserve protette che incrociano la Grünes Band stanno anche facendo da traino

La fortezza Wartburg, ad Eisenach, Patrimonio UNESCO.

cerniera che unisce, dove la Natura insegna il valore della diversità e la vegetazione sembra quasi volersi ingoiare i resti della vergogna. Posti come Hötensleben, Marienborn, Teistungen e Geisa non sono più solo luoghi di dolore, monumenti alla memoria. Genti da Est e da Ovest, senza dimenticarne gli orrori, arrivano qui per riappropriarsi di questi posti e godersi il patrimonio naturale e paesaggistico che è sopravvissuto alla stoltezza della guerra. La Grünes Band è un terreno di prova per l’Europa intera, dove esercitare la cooperazione e la salvaguardia di un’eredità comune a favore delle future generazioni. Una specie di seconda possibilità. Lavoro da fare però ce n’è ancora. In Germania, come nel resto dell’Europa. Intanto la prossima conferenza pan-europea (l’ottava) si terrà tra il 23 e il 26 settembre 2014 in Repubblica Ceca. Sperando che i venti che soffiano dall’Ucraina non facciano tornare il freddo.

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Il 2014 è l’anno dei cristalli Scienza Il loro studio ha prodotto numerose applicazioni pratiche, utili alla vita di tutti i giorni Marco Martucci Quand’ero ragazzo, in un grande magazzino di Lugano erano arrivati dei curiosi sassi rotondi. Pagando cinque franchi – che allora valevano più di oggi ma erano una somma che un ragazzo poteva raggranellare – ti lasciavano scegliere dal mucchio una palla di pietra del diametro di cinque-sei centimetri. Un signore l’avrebbe aperta con un robusto tronchese e, simile a un’anguria, la pietra avrebbe svelato il suo interno. In fondo era una scommessa: che il contenuto ti piacesse oppure no, il sasso l’avevi pagato e te lo dovevi tenere. Di solito andava bene, semmai si faceva un secondo tentativo, poi la cosa diventava troppo cara. A me andò bene al primo colpo. Che cosa nascondevano le pietre rotonde arrivate, così era scritto, nientemeno che dal Brasile, per cui valeva la pena di rischiare i propri soldi? Qualche pietra era già aperta e messa in bella mostra per far gola: l’interno era tappezzato di splendenti cristalli viola: un tesoro! Imparai in seguito che la palla di sasso era un geòde e che i cristalli erano di un minerale chiamato quarzo ametista. Molti anni dopo, ormai adulto, rividi le ametiste a Rio de Janeiro: in confronto al mio geode erano giganti che mi superavano in altezza. Per un paio di mille dollari avrei potuto farmele spedire via nave fino a casa. Ma non lo feci: ero affezionato, come lo sono ancora oggi, al mio piccolo gioiello. Come studente di chimica scoprii che lo studio dei cristalli è una scienza, la cristallografia. Scoprii anche che non ero il solo a subire il fascino dei cristalli: co-

Max von Laue. (BArchBot)

Un esemplare di quarzo affumicato. (Marco Martucci)

nobbi dei veri appassionati che dedicavano il loro tempo libero alla ricerca di questi tesori nascosti nelle rocce e alcuni ne avevano fatto la loro professione. Già nell’antichità i cristalli, così diversi dai comuni sassi, avevano incuriosito, affascinato e dato origine a credenze su loro proprietà magiche o taumaturgiche, ancor oggi diffuse. Ma, al di là del loro innegabile fascino, i cristalli sono diventati oggetto di ricerche scientifiche che rivelano informazioni preziosissime sulla struttura, sul comportamento, sulla natura di materiali e sostanze. La cristallografia è di vitale importanza per la chimica, la fisica, la biologia, la medicina, la scienza dei materiali, la mineralogia e tante altre discipline. Per far conoscere a tutti l’enorme contributo dato alla società dalla cristallografia, L’Unesco, l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura, in collaborazione con IUCr, l’Unione internazionale di cristallografia, hanno dichiarato il 2014 Anno Internazionale della cristallografia. Ma che cosa è un cristallo? L’origine della parola, dal greco krýos, «gelo», ci fa capire come gli antichi immaginavano la derivazione dei cristalli. Pensavano, infatti, che fossero fatti di un ghiaccio raffreddato talmente a lungo da non essere più in grado di ritornare acqua; una sorta, insomma, di ghiac-

cio eterno. Immagine bella e poetica ma non corrispondente alla realtà. Fra i primi a indagare con metodo scientifico la realtà dei cristalli fu il danese Nicolaus Stensen (1638-1686) che, trasferitosi in Toscana, cambiò il nome in Steno ed è conosciuto da noi come Stenone. Si accorse che gli angoli fra le facce di un cristallo della stessa sostanza sono sempre uguali, indipendentemente dalle dimensioni. In pratica, un cristallo piccolo ha la stessa forma di un cristallo grande fatto della stessa sostanza. È questa, la prima legge fondamentale della cristallografia, la legge di Stenone. La seconda legge fu espressa dal francese René Just Haüy (1743-1822) e riguarda la posizione relativa delle diverse facce di un cristallo. Ogni cristallo ha dunque una sua regolarità, una sua simmetria. Ma da cosa nasce questa sorprendente simmetria cristallina? Il mineralogista francese Auguste Bravais (1811-1863) avanzò l’ipotesi del reticolo cristallino. Come un’impalcatura, il cristallo sarebbe formato, secondo Bravais, dalla ripetizione di un’unità strutturale, che chiamò cella elementare, di forma geometrica semplice, come un cubo o un parallelepipedo. La ragione della regolarità del cristallo sarebbe insomma dovuta a una specie di architettura interna ad esso. Bravais dimostrò che esistono

solo 14 tipi di celle elementari, suddivisibili in sette sistemi cristallini. Il modello di Bravais è valido a tutt’oggi e fu confermato sperimentalmente nel 1913, dunque poco più di un secolo fa, quando nacque la cristallografia moderna. È questo un capitolo essenziale nella storia della cristallografia, anche per le sue implicazioni sull’attualità e sul futuro della scienza dei cristalli. Conviene perciò soffermarcisi un momento. Nel 1895 Wilhelm Conrad Röntgen (1845-1923) scoprì quelli che lui chiamò raggi X, la cui prima e ancor oggi più nota e diffusa applicazione fu l’osservazione dell’interno del nostro corpo. Diciassette anni dopo, il fisico tedesco Max von Laue dimostrò sperimentalmente che i raggi X avevano la stessa natura della luce visibile, soltanto di lunghezza d’onda molto più piccola e perciò invisibili al nostro occhio. Von Laue prese due piccioni con una fava perché i suoi raggi X, indirizzati su un cristallo, lo attraversarono venendo «spezzati», un fenomeno chiamato diffrazione. Un anno dopo, i due fisici inglesi, padre e figlio, William Henry Bragg (1862-1942) e William Lawrence Bragg (1890-1971) riuscirono, grazie alla diffrazione dei raggi X a determinare posizione e distanza delle particelle che formano un cristallo. Per queste geniali scoperte von Laue ebbe il Nobel nel 1914 e i

Bragg nel 1915, quando il figlio aveva solo 25 anni. Con la diffrazione a raggi X, una tecnica nel frattempo sempre migliorata e sfruttatissima ancor oggi, fu chiaro che la regolarità e la simmetria dei cristalli nasce dall’ordinata disposizione delle particelle – atomi, molecole, ioni – di cui sono formati. Con la diffrazione a raggi X fu praticamente possibile «vedere» gli atomi, indagare l’interno dei materiali, sviluppare la fisica dei corpi solidi e scoprire che ogni materiale allo stato solido, a parte qualche eccezione, è fatto da cristalli, non solo i minerali come sale o quarzo o i fiocchi di neve, ma tutti i metalli, le sostanze organiche come lo zucchero, le proteine, gli ormoni. Pochi materiali, come la gomma o il vetro, non sono fatti da cristalli. Strano a dirsi – ma è vero – anche il «cristallo» dei bicchieri non è un cristallo, ma un particolare tipo di vetro perché gli atomi che lo formano non sono messi in ordine. Con la diffrazione a raggi X fu possibile determinare la struttura di molti materiali e molte sostanze, fra cui le proteine e il DNA. I cristalli sono presenti nella nostra vita di tutti i giorni, sono nelle nostre ossa, nei denti, sono i cristalli liquidi dei display di telefonini e computer, si trovano nello zucchero e nella brina dei congelatori, nei fiocchi di neve, in leghe metalliche, catalizzatori, farmaci, gioielli. I cristalli ci aiutano a comprendere e conservare le opere d’arte, ispirano artisti e architetti. Le proprietà dei cristalli servono alla cosmetica e alla produzione di cibi migliori. Perfino la cioccolata contiene cristalli e la qualità del gelato dipende dalle dimensioni e dalla forma dei suoi cristalli di ghiaccio. Anche l’agricoltura approfitta della scienza dei cristalli nello sviluppo di nuovi fertilizzanti e nella conoscenza del suolo. Energia più pulita potrà giungere dalla miglior conoscenza dei cristalli di silicio e dei semiconduttori per i pannelli fotovoltaici. I risultati delle ricerche in cristallografia e le numerose applicazioni già fanno parte della nostra vita di tutti i giorni e il futuro è ricco di novità. Quest’anno – che è stato dedicato a questa scienza –ci offre una ghiotta occasione per conoscere sempre meglio l’affascinante mondo dei cristalli e scoprire quanto siano importanti anche per noi.

Una vernice miracolosa molto «verde» Motori Se diventasse di serie sulle nostre auto si risparmierebbero migliaia di litri di acqua Mario Alberto Cucchi L’ambiente non si aiuta «solo» limitando le emissioni dei gas di scarico. Questa volta a ricordarlo è il costruttore giapponese Nissan che ha deciso di sperimentare un’innovativa vernice repellente a fango, pioggia e allo sporco che quotidianamente si deposita sulle nostre vetture. Se questa innovativa tecnologia fosse adottata di serie sulle nostre auto si risparmierebbero migliaia di litri d’acqua, molta energia elettrica e anche tempo prezioso. Ma come funziona? Gli ingegneri del Nissan Technical Center Europe proveranno questa vernice tecnologica inizialmente sulla Note che diventerà così la prima auto al mondo con funzione autopulente. La tecnologia, ribattezzata Ultra-Ever Dry, crea uno strato protettivo di aria tra vernice e ambiente impedendo all’acqua e agli schizzi provenienti dal fondo stradale di stagnare sulla carrozzeria. Parlando di carrozzerie, chi sa qual è il colore preferito in Europa? Uno studio commissionato dal Grup-

po Ford ha rivelato le preferenze e i gusti dei clienti di 22 Paesi europei relativi al mondo delle quattroruote. Secondo i dati dello studio Car Buying Trends 2014, il bianco ha superato il nero nella classifica dei colori più venduti. Pochi sanno però che proprio il bianco è forse il colore con il processo produttivo meno inquinante. Secondo

lo studio ultimamente vengono apprezzate anche le automobili marroni e arancioni. In merito alle altre preferenze, va detto che la benzina è ancora il carburante più diffuso con l’eccezione di Italia, Turchia e Portogallo. Inoltre otto guidatori europei su dieci preferiscono il cambio manuale a quello automatico.

La C-MAX Solar Energi si ricarica come una plug-in e sul tetto monta cellule solari.

Lo studio condotto da Ford si è basato sull’analisi delle caratteristiche di oltre 500mila veicoli venduti nel 2013. «Quando si prendono in considerazione i gusti dei clienti, alcuni aspetti restano immutati nel tempo, altri cambiano e si evolvono», ha dichiarato Roelant de Waard, vice presidente marketing, vendite e assistenza di Ford Europa. «Studiando questi cambiamenti, alcuni dei quali a volte possono davvero sorprendere, siamo in grado di esaudire al meglio i desideri dei nostri clienti in Europa». E per quanto riguarda il nostro Paese? Gli svizzeri amano indubbiamente la tecnologia. Su alcuni modelli Ford come C-MAX, Focus e Kuga è disponibile il sistema Active Park Assist, che esegue automaticamente le manovre di parcheggio lasciando al guidatore il controllo di pedali e cambio. Questa tecnologia trova negli svizzeri e nei tedeschi i fan più convinti (al 63 per cento). Ford utilizza i risultati di queste ricerche anche per delineare l’auto di domani. Uno tra i prototipi più interessanti presentati quest’anno dal Gruppo

americano è la C – Max Solar Energi. Si tratta di un’automobile ibrido-elettrica a energia solare. A differenza delle ibride tradizionali, che ricaricano le batterie soprattutto tramite un motore a combustione (oppure collegandosi a una presa elettrica nel caso delle plug-in), il prototipo della Ford ricava l’elettricità dall’energia solare. Il tetto, composto da pannelli fotovoltaici, dispone di uno speciale convogliatore di energia basato sul principio delle lenti di ingrandimento. Ne deriva una vettura che riesce a garantire, con un giorno di esposizione ai raggi solari, la stessa autonomia elettrica di una ibrida plugin completamente carica ed emette annualmente fino a quattro tonnellate di gas serra in meno. Con una ricarica completa la Ford C-MAX Solar Energi Concept raggiunge un’autonomia di 998 km, di cui circa 30 percorsi in modalità esclusivamente elettrica. Ricaricando quotidianamente la C-MAX Solar Energi Concept con la luce del sole e percorrendo ogni giorno 30 chilometri in modalità elettrica, il risparmio annuale di carburante supererebbe i mille franchi.


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Novità da Braida di Rocchetta Tanaro Vini senza frontiere Tra le tante etichette spicca il Fiore: un bianco notevole

Grimod Braida è il nome della tenuta vitivinicola di Rocchetta Tanaro fondata nel 1961 dal leggendario Giacomo Bologna. Ne avevo riferito qui oltre quattro anni or sono, soprattutto per mettere in evidenza la personalità del grande signor Bologna. Che, tra l’altro, è stato colui che ha re-inventato il rosso di Barbera conferendogli qualità e titoli di nobiltà. La figlia Raffaella, che somiglia allo scomparso fondatore, e l’altro figlio Beppe ne hanno raccolta l’eredità morale e materiale e continuano a tenere alto i livelli dei vini prodotti, aggiungendone un paio di nuovi e di notevole pregio e arricchendo poi la celebre paletta delle Barbere. Attualmente, come ci è stato raccontato dalla figlia, giunta di recente a Lugano per condurre una degustazione, escono da Braida sulle 600mila bottiglie di vini diversi. Al di là di queste notizie commerciali, l’entusiasmo di Raffaella nata Bologna fa ricordare come suo padre sia stato un innovatore in ogni campo. Da un prezioso libretto fuori commercio (dono di Raffaella del 1998) ricordo che Giacomo Bologna a metà degli anni Sessanta aveva portato nella sua vecchia cantina una musica per quei tempi rivoluzionaria, il jazz. In effetti nel libretto-ricordo c’à una fotografia in bianco e nero del complesso capeggiato da Gianni Basso (vicino di casa dei Bologna) – anche lui passato a miglior vita tre o quattro anni fa. Il più grande solista di sassofono tenore che

L’irraggiungibile Barbera «Ai suma».

freschezza di aromi e sapori che si sposano a meraviglia sull’antipasto fatto di crudo di cernia e gambero di San Remo e insalatina di cipollotto e mela verde. Il piatto è una delle tante trovate di Dario Ranza e del suo vice Teo Chiaravalloti, che già all’aperitivo avevano presentato stuzzichevoli bocconcini sotto il gazebo del Principe Leopoldo, da gustare con un prosecco esclusivo della casa.

prima volta pochi giorni fa – un vitigno autoctono piemontese semi-aromatico di ottima longevità. È il marchio della tenuta «Serra dei fiori» che gioca sulla sintonia degli sguardi dei proprietari che riuniscono sul fiore, il seme e il valore delle carte. Così sembra ammiccare dall’etichetta un fiore a quattro petali. Bianco notevole, dicevo, e struggente per l’armonica acidità e grande

l’Italia abbia mai avuto. Con lui suonavano Oscar Valdambrini, tromba e Franco Cerri, chitarra elettrica. Completavano il quintetto Coscia e Piana, alla fisarmonica e al contrabbasso. Per tornare al vino: tra le novità di Braida, spicca il Fiore, un bianco notevole frutto di un assemblaggio di Chardonnay (70%) e il rimanente 30% di Nascetta – sentito nominare per la

Montebruna 2012 è il primo rosso di Braida – una Barbera franca e sincera – servito a tavola per accompagnare una combinazione superba e leggermente calorica. Ecco poi il robusto e celebre Bricco dell’Uccellone 2011, la Barbera che, assieme alla Monella, ha fatto la storia di Giacomo Bologna. Ha un colore rosso intenso e carico, profumi ricchi e asciutto nel sapore, di uva matura che si prolunga dopo il sorso. Poi abbiamo una Barbera irraggiungibile, quella che fece esclamare all’autore «Ai suma» (ci siamo) dando così il nome al nuovo arrivato nel 2009. Meglio se servita in Magnum: un concentrato di rosso che nulla lascia alla trasparenza tanto è caricato di rosso, mandando effluvi indicibili e sapori compositi come non mai. Per terminare, da accompagnare a un dessert, un sorso di Moscato del 2013, chiamato Vigna senza nome. Durante la degustazione, Raffaella Bologna ha lasciato illustrare i vini da suo marito Norbert Reinisch, medico austriaco d’origine che dopo essersi stabilito a Rocchetta Tanaro ha abbandonato la professione sanitaria per convertirsi a quella di enologo. I vini di Braida sono importati e commercializzati, a prezzi non orribili, dalla ditta di Noranco che continuo – forza dell’abitudine – a chiamare Olgiati Vini, ma che da qualche mese si chiama Bindella Viticoltura e Commercio Vini SA. Molto competente e gentile è il responsabile della gestione aziendale, il gambarognese Luigi Romeo. Annuncio pubblicitario

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Totano o calamaro?

Gastronomia Se il primo è davvero buono, potrebbe vincere il confronto smentendo la scelta più comune

I calamari sono meglio dei totani? A questa domanda rispondono quasi tutti di sì e, ovviamente, i pescivendoli lo sanno, per questo i calamari costano più dei totani. Ma ho detto «quasi tutti»! Infatti, io non sono tra loro. Personalmente preferisco i totani. Premessa: per ambedue vale una regola. Ovvero: trovarli buoni, molto buoni, è piuttosto difficile. Spesso sono dignitosi, senza dubbio, ma proprio buoni è raro: non so il perché, ma in vita mia ho litigato in proposito con molti pescivendoli. E comunque va da sé che fra un calamaro buono e un totano cattivo, scelgo il primo…

I totani, come peraltro i calamari, si trovano in tantissimi mari del mondo, ma non sono allevati, vengono sempre da pesca in mare aperto I totani sono ovviamente migliori se piccoli (totanetti), sebbene siano saporiti anche quelli grossi, cioè quelli lunghi tra i 20 e gli oltre 50 cm (questi ultimi però sono molto rari). Hanno una consistenza più coriacea rispetto a quella dei calamari e quindi richiedono cotture diverse e più lunghe: ma questa consistenza è il motivo per cui li preferisco. Si potrebbe dire che sono forti tanto quanto i calamari sono eleganti. Questa texture dipende dalla qualità intrinseca del totano; non a tutti piace, comunque per chi vuole renderli più morbidi c’è un grande semplicissimo trucco, congelarli per due giorni, e poi decongelarli per una notte in frigorifero. I totani, come peraltro i calamari, sono molluschi cefalopodi decapodi, cioè dotati di dieci tentacoli, di cui due più lunghi degli altri. Si trovano in tantissimi mari del mondo, quin-

di sono disponibili tutto l’anno. Non vengono allevati, sono sempre pescati selvaggi. Reggono benissimo la surgelazione. Hanno un buon tenore in proteine e pochi grassi, sono ricchi di sali minerali quali sodio, potassio, calcio, fosforo, magnesio e di vitamina A. Cosa volete di più? I totani buoni devono essere di colore rosa-giallo vivo e intenso, la loro carne deve essere bianca, la pelle umida, ma non bagnata, i tentacoli integri e sodi, che non si spezzino tirandoli, il colore della sacca che contiene l’inchiostro deve risultare metallico, di consistenza oleosa. L’unica fatica è mondarli: richiede tempo e pazienza – anche se tanti pescivendoli lo possono fare per voi, facendo però lievitare giustamente il prezzo. Per mondare il totano bisogna innanzitutto separare la testa dal corpo, detto sacca, tirando in modo da estrarre anche gli intestini, che vanno eliminati con un paio di forbici. La sacca contenente il nero, simile a quella della seppia ma più piccola, non la si riesce però a separare dagli intestini ed è quindi irrecuperabile per altri usi. Si passa poi a estrarre il calamo, la pennetta cartilaginea che funge da organo di sostegno del mollusco: nome condiviso con i calamari ma anche con gli uccelli (si chiama così la struttura portante dell’ala dei pennuti). Dalla testa, sempre con delle forbici, vanno eliminati gli occhi e la bocca, più correttamente chiamata becco, che si trova al centro dei tentacoli. Se occorre, la sacca può essere spellata, sollevando un lembo di pelle e tirando con decisione: ma nella tradizione italiana questo non lo si fa mai, la pelle è saporita, tagliando i totani a fettine più che mai arricchisce di sapore il fondo di cottura. La cottura che di più esalta il totano è quella in umido, sia tagliato a rondelle sia intero (se non troppo grosso) e spesso ripieno. Gli esemplari più piccoli si friggono e sono uno degli ingredienti principali del fritto misto di pesce all’italiana, sotto forma di anelli e ciuffi.

CSF (come si fa)

Josef_Türk_Jun

Allan Bay

Bosanki lonac letteralmente vuol dire pentola bosniaca. È un classico stufatone che esiste in tante tradizioni, soprattutto quella ebraico sefardita e russa. E in ogni caso è il più famoso piatto bosniaco. Vediamo come si fa. Ingredienti per 12 amici: non è un piatto che ha senso fare per poche persone… 2 chili di polpa di manzo non troppo magra, (la ricetta originale prevede di utilizzare una parte di

carne di agnello o montone, e una di manzo, ma va benissimo usare anche solo manzo), 12 patate, 6 cipolle, 12 pomodori maturi (o 2 scatole di pelati), 8 carote, 2 sedani, 1 limone, 1 mazzo di prezzemolo, 1 verza media, 400 g di okra (pianta tropicale chiamata anche gombo o bāmiyā), 4 spicchi d’aglio, 8 chiodi di garofano, 2 dl di aceto di mele, burro oppure olio di semi, sale e pepe in grani. Mettete l’okra in una ciotola colma di acqua tiepida acidulata con il succo di limone e lasciatela a bagno per circa 1 ora. Tagliate la carne a pezzi di 3-4 cm. Mondate le verdure e tagliate le patate a dadi non troppo piccoli, la verza a listarelle, le cipolle e il sedano a rondelle, i pomodori a fette di 1 cm, le carote e l’okra a pezzi. Tenete tutto separatamente. Scaldate 1 giro di olio

in una casseruola capiente e disponete uno strato di verza, coprite con parte della carne e proseguite sovrapponendo strati di verdure, intramezzando con il prezzemolo mondato e tritato, l’aglio a spicchi, una macinata di pepe e i chiodi di garofano pestati. Comprimete bene il tutto e terminate coprendo con parte dei pomodori. Ripetete questa operazione una seconda volta o finché gli ingredienti non saranno terminati. Coprite alla fine con i pomodori. Regolate di sale, irrorate con olio e versate l’aceto e 2 dl d’acqua. Coprite, portate al bollore, abbassate la fiamma e fate sobbollire per almeno 4 ore, ma se sono di più è meglio. Collocate il piatto al centro della tavola e servitevi; se volete farlo alla maniera bosniaca invitate i vostri commensali a prendere il cibo direttamente dalla pentola.

Ballando coi gusti

Manuela Vanni

Manuela Vanni

Oggi due piatti – un petto di tacchino e una tartare – che possono essere sia antipasto sia piatto forte: se piatto forte aumentate un po’ le dosi.

Petto di tacchino alla boscaiola

Tartare di salsiccia e ananas

Ingredienti per 4 persone: 400 g di petto di tacchino · 4 porcini · 4 cipollotti ·

Ingredienti per 4 persone: 400 g di salsiccia fresca · 1 piccolo ananas fresco ·

1 carota · 2 patate novelle · mezzo gambo di sedano · timo · rosmarino · brodo vegetale · olio di oliva · sale e pepe.

2 spicchi di aglio · 2 bacche di anice · 1 arancia · olio di oliva · sale e pepe.

Mondate e lavate tutte le verdure. Tagliate le patate a metà, lasciate interi i cipollotti, tagliate a losanga carote e sedano. Sbollentate le verdure in acqua salata e fatele raffreddare in acqua e ghiaccio, poi scolatele. Lavate i porcini, tagliateli a fette alte mezzo cm, disponetele su carta da forno e cuocetele al forno per 10’ a 190°, profumando con rosmarino e timo. Ricavate dal petto di tacchino 4 scaloppe di ugual misura e conditele con sale e pepe, quindi cuocetele a vapore per 25’. Intanto mettete in una pentolina tutte le verdure, bagnatele con poco brodo (oppure acqua e olio) e cuocete per 5’. Componete un giardinetto di verdure con il loro fondo, mettete nel centro il tacchino e servite.

Private le salsicce del budello che le avvolgono e sbriciolatele in una terrina. Mondate l’aglio e tagliate gli spicchi a metà. Condite la carne con sale, pepe, bacche di anice schiacciate, aglio che poi verrà eliminato e olio. Pelate e mondate l’ananas, tagliatelo a piccoli cubetti di circa 5 mm per lato e marinateli con scorza grattugiata di arancia e succo di arancia. Mescolate bene 1/3 dell’ananas con la salsiccia. In un coppapasta tondo, mettete prima la salsiccia con l’ananas aggiunto, compattatela bene, e poi aggiungetevi sopra il resto dell’ananas. Compattate ancora e servite.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 19 maggio 2014 ¶ N. 21

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Ambiente e Benessere

Nosy Be: al mare in Madagascar

Tagliando d’iscrizione

Viaggio Per i lettori di «Azione», Hotelplan organizza uno speciale

soggiorno balneare, dal 1. al 9 luglio 2014 Spiagge incantevoli con fondali colorati da una magnifica barriera corallina. È questo Nosy Be, piccola isola situata a 15 chilometri dalla costa del Madagascar e meta del viaggio proposto da Hotelplan ai lettori di «Azione». Il mare e la natura sono, infatti, i veri protagonisti di questo paradiso che stupirà grandi e piccoli. In questo Paese la gente accoglie i visitatori con caldi sorrisi e tanta gentilezza. Per loro è sempre un piacere far scoprire tutte le bellezze del luogo. Nosy Be, conosciuta anche come «l’isola dei profumi» per le coltivazioni di canna da zucchero, vaniglia e zenzero, regalerà a chi deciderà di trascorrere i primi 10 giorni di luglio in Africa tante emozioni e una vacanza indimenticabile. Ad accogliere i lettori di «Azione» sarà il Corail Noir (***s): un resort che gode di una posizione privilegiata, direttamente sul mare, punto di partenza ideale per esplorare l’arcipelago di Nosy Be con le splendide isole che lo compongono. La gestione italiana, la presenza dell’assistente Hotelplan in hotel, la calorosa accoglienza riservata a ogni singolo ospite e lo standard culinario elevato

Nome Cognome Via NAP Località Telefono e-mail

Sarò accompagnato da … adulti e … bambini (0-17 anni)

sono il valore aggiunto di questa proposta di vacanza. L’hotel offre sistemazioni confortevoli e arredate con gusto che si inseriscono armoniosamente nel giardino rigoglioso della proprietà: tutte le camere

Programma: soggiorno a Nosy Be Martedì, 1° luglio: Ticino – Milano Nosy Be. Trasferimento in torpedone dal Ticino all’aeroporto di Milano – Malpensa. Volo charter per Nosy Be. Trasferimento all’hotel 2. giorno. Nosy Be da mercoledì 2 a mercoledì 9 luglio Soggiorno balneare all’Hotel Corail Noir (Soft All Inclusive).

Desidero iscrivermi al soggiorno estivo dal 1. al 9 luglio 2014

di CHF 50.– 014 e r lo a v l e d aggio 2 Migros m ti 8 is u 2 q il c o a tr a en M Cart renotazioni p r e p ) a r e (a cam

Mercoledì 9 luglio Nosy Be – Milano - Ticino Prima colazione in albergo. Trasferimento in torpedone dall’hotel all’aeroporto. Partenza con volo charter da Nosy Be per Milano – Malpensa. All’arrivo, rientro in torpedone verso il Ticino.

dispongono di aria condizionata, ventilatore, asciugacapelli, telefono, televisore con canali in lingua italiana, frigobar e cassetta di sicurezza. Inoltre saranno disponibili teli da mare sia in piscina sia per la spiaggia con deposito (fino ad esaurimento). Il ristorante/bar si colloca al centro della struttura, accanto alla piscina, e propone un servizio a buffet per la colazione. Il pranzo e la cena prevedono un servizio al tavolo (con menù a scelta tra varie portate). La formula prevista per il soggiorno è soft all inclusive, che include i pasti principali, acqua, soft drink al bicchiere e caffè americano. Due volte alla settimana la cena viene servita a buffet con specialità italiane e malgasce. Infine, la piccola SPA situata a ridosso della spiaggia vi proporrà rilassanti massaggi cullati dalle onde del mare.

Prezzi Quota per persona CHF 2390.–

La quota comprende Trasferimento in torpedone dal Ticino all’aeroporto e ritorno; voli Milano – Nosy Be e ritorno; tasse aeroportuali; trasferimenti in loco; sistemazione presso l’Hotel Corail Noir con trattamento di soft all inclusive; tasse aeroportuali; accompagnatore / accompagnatrice dal Ticino.

Supplemento camera singola CHF 390.– Quota 3° letto adulto CHF 1845.– Quota 3° bambino 2-14 anni in camera doppia: CHF 1425.–

La quota non comprende Eventuale adeguamento carburante e assicurazione annullamento viaggio, mance ed extra di ogni genere non presenti nella formula Soft all inclusive.

Spese di dossier CHF 60.–

Bellinzona

Chiasso

Lugano

Lugano

Bellinzona

Locarno

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Viale Stazione 8a 6500 – Bellinzona T +41 91 820 25 25 bellinzona@hotelplan.ch

Centro Comm. Serfontana 6834 – Morbio Inferiore T +41 91 695 00 50 chiasso@hotelplan.ch

Via Pietro Peri 6 6900 – Lugano T +41 91 910 47 27 lugano@hotelplan.ch

Via Emilio Bossi 1 6900 – Lugano T +41 91 913 84 80 lugano-viabossi@hotelplan.ch

Stazione 6500 – Bellinzona T 051 227 62 42

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La pianta della giovinezza Anita Negretti Girando tra vivai e fiere sull’agricoltura, capita sempre più spesso di imbattersi in una pianta nuova per le nostre latitudini: in questo caso si tratta del Lycium barbarum. Chiamato comunemente goji. è un cespuglio della famiglia delle Solanacee ed è originario di Cina e Tibet. Conosciuto da centinaia di anni nei territori asiatici, soprattutto per il largo uso che se ne fa nella medicina cinese, risulta essere invece una novità in Europa. Ed è proprio da noi che sta avendo un notevole successo grazie ai frutti ricchissimi di carotenoidi e vitamina C, importanti antiossidanti utili per la formazione del collagene delle ossa e della cartilagine. Facilmente coltivabile anche nei

nostri giardini, possiamo ottenere una discreta quantità di bacche fresche durante tutta l’estate anche da una singola pianta. Il goji è un arbusto perenne dalla crescita vigorosa che raggiunge un metro e mezzo d’altezza e, a seconda della varietà, può assumere un portamento eretto o uno strisciante. In quest’ultimo caso, ovviamente, i rami necessiteranno di un sostegno. Dai fiori di color viola, in grado di comparire in continuazione da giugno fino a settembre, si sviluppa un frutto, ovvero una bella bacca rossa che contiene svariati semi. Fioritura e fruttificazione avvengono in modo scalare ed è possibile vedere sullo stesso ramo fiori e bacche già mature, regalandoci così anche una gradevole visione in giardino; inoltre le piante sono autoim-

H. Zell

Mondoverde Dall’Oriente, un frutto ricco di vitamina C e carotenoidi che ha il sapore dell’uva sultanina

pollinanti, ciò significa che non necessitano di altre piante della stessa specie accanto.

Il goji predilige posizioni soleggiate e terreni ben drenanti, meglio se leggermente acidi; la messa a dimora viene

effettuata tra marzo e aprile, in buche profonde una ventina di centimetri, avendo cura di mantenere il colletto della pianta a livello del terreno. Sempre nel periodo primaverile è utile intervenire durante gli anni, con una buona concimazione mediante l’uso di stallatico o con concimi composti ricchi di azoto e potassio. Mentre con l’arrivo dell’inverno, tra novembre e gennaio si dovrà effettuare una potatura vigorosa, visto che il goji fruttifica solamente sui rami giovani. Inoltre intervenendo con un buon taglio si stimolano i ricacci. I frutti freschi, dal bel colore rosso rubino, possono esser mangiati appena raccolti dalla pianta oppure essiccati per una miglior conservazione e il loro gusto vi ricorderà quello dell’uva sultanina. Annuncio pubblicitario

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Ambiente e Benessere

Un ponte per gli animali Mondoanimale Il passaggio faunistico del dosso di Taverne permette agli animali di muoversi

fra la zona boschiva delle valli luganesi e quella del Malcantone

Maria Grazia Buletti Buoni riscontri sul corridoio naturale per cervi e cinghiali. La salvaguardia della fauna è prioritaria anche per Alptransit che nel marzo del 2011 iniziò i lavori per la realizzazione di un passaggio faunistico al dosso di Taverne. «Nell’ambito della progettazione della galleria di base del Ceneri si è tenuto conto del suo impatto ambientale e, dove necessario, sono stati previsti interventi di compensazione», aveva affermato il dottor Andrea Ciani, consulente ambientale della IFEC Consulenze SA da noi interpellato a suo tempo a questo proposito. I lavori di scavo e costruzione hanno sempre un innegabile impatto su bosco, flora e fauna. In particolare, con la costruzione del deposito di materiale estratto dalla cavità della galleria, i movimenti degli animali sul versante sinistro della valle del Vedeggio sono stati in parte limitati. Ed ecco il perché della creazione del passaggio faunistico. «Alla fine dei lavori di scavo, il deposito verrà rinverdito con un manto erbo-

Il dosso di Taverne. (AlpTransit San Gottardo SA)

so xerofilo (arido), e sarà piantumato con alberi tipici della zona per ricreare un’area boschiva intercalata da radure che si amalgami con il paesaggio esistente e possa pure favorire il passaggio

Strisce zebrate Il gruppo di ricerca guidato dallo zoologo Tim Caro dell’Università di Calivorina a Davis è riuscito a sfatare la convinzione secondo la quale le zebre sono a strisce bianche e nere per mimetizzarsi, ingannare i predatori o difendersi dal caldo eccessivo. Nulla di tutto questo sembra essere vero: pare infatti che gli animali a strisce siano più presenti nelle zone di savana africana in cui i tafani trovano condizioni migliori per deporre le uova. Ora una delle ipotesi più accreditate del perché le zebre abbiano le strisce bianche e nere risiede nel fatto

che questo disegno servirebbe a impedire agli insetti di posarsi e pungere gli animali. I ricercatori sono giunti a questa conclusione con la mappatura della distribuzione di sette specie di zebre, cavalli e asini selvatici in base all’ambiente per rapporto all’intensità delle loro strisce (quando queste erano presenti) e la presenza di predatori o insetti parassiti come tafani o mosche tsè-tsè. Così si è scoperto che le strisce impediscono ai parassiti di pungere le zebre, senza però comprenderne ancora il motivo.

della fauna da un versante all’altro», aveva preannunciato il nostro interlocutore, e così è stato con il ripristino del corridoio faunistico naturale est-ovest che collega i due versanti della valle del Vedeggio, ritenuto di importanza sovrarregionale. Queste due zone sono state sempre più separate dalle vie di comunicazione costruite dall’uomo: autostrada A2, strada cantonale e linea ferroviaria esistente, e ciò ha indubbiamente creato una cosiddetta zona di pressione da parte di animali come cervi, caprioli e cinghiali. Questo corridoio ne favorirà i movimenti d’ora in poi, permettendo loro di passare in sentieri più consoni e privi di ostacoli. Il problema dell’attraversamento della ferrovia, ad esempio, è stato risolto con la creazione di una rampa naturale di accesso a lato della linea ferroviaria esistente e con l’eliminazione di una fascia di sessanta metri della rete di delimitazione del sedime ferroviario. Si tratta di un varco curato in ogni

dettaglio e votato a favorire il percorso della fauna: un’opera di dimensioni importanti poiché, secondo precise direttive federali, il ponte ecologico ha una larghezza di almeno quaranta metri, mentre ai lati sono eretti dei muri di protezione affinché gli animali che vi transiteranno non vengano disturbati dalle luci notturne e dai rumori delle automobili. Inoltre: «Nella zona di invito al passaggio verranno piantati alberi da frutto e arbusti per creare condizioni che dovrebbero invogliare gli animali ad attraversarlo, per proseguire poi sopra il manufatto», aveva asserito Ciani, e anche in questo caso il riscontro è reale. A distanza di qualche anno dall’inizio della sua costruzione ci siamo dunque chiesti se e come la fauna usufruisce di questa possibilità offerta su misura dall’essere umano. La conferma giunge da Tiziano Putelli, dell’Ufficio caccia e pesca: «Il passaggio faunistico non è ancora stato completato del tutto, ma possiamo affermare che la selvaggi-

ORIZZONTALI 1. Lastra metallica 7. Ripara la Terra dai raggi ultravioletti 8. Un’agile saltatrice 9. Fiume italiano 10. Infossatura del polmone 11. Voce del tennis 12. Introduce un’ipotesi 13. Scioltezza, eleganza di linguaggio 18. Animale domestico 20. Attacca sempre... bottone 22. Un fiore 24. Produce prodotti vari... 25. Schiavo spartano 27. Andato alla latina 29. Le ossa del carpo 30. Catalizzatore nelle reazioni biochimiche

Sudoku Livello medio

Giochi Cruciverba Un vigile ferma un automobilista: «Mi dispiace devo farle la multa, il cane non può stare sul sedile anteriore» L’automobilista sorpreso ribatte: «Ma è solo un peluche…» Cosa risponde il vigile indispettito? Scoprilo risolvendo il cruciverba e leggendo le lettere evidenziate.

VERTICALI 1. Lo ama Fedora 2. Pianta decorativa sempreverde 3. Prefisso che vuol dire uno 4. Desinenza di diminutivo femminile 5. Uguali nel telescopio 6. È presente nell’aria 9. Famoso Bill dei fumetti 11. Il sonno dei bimbi 13. Uno strumento come la tromba 14. Le iniziali dell’attore Frassica 15. In seguito 16.Piccole rane 17. Parte dal ventricolo sinistro del cuore 19. Interrompe i programmi... 21. Il prezzo della colpa 23. Uno in tedesco 26. Le iniziali di Tolstoj 28. Due lettere di Tiziano

Scopo del gioco

Completare lo schema classico (81 caselle, 9 blocchi, 9 righe per 9 colonne) in modo che ogni colonna, ogni riga e ogni blocco contenga tutti i numeri da 1 a 9, nessuno escluso e senza ripetizioni.

Soluzione della settimana precedente

Frasi storiche – Risposte risultanti: Luigi XV, dopo di me il diluvio.

na comincia già ad usufruirne, anche se sul lato ovest sussiste ancora il problema della ferrovia a causa di un passaggio piuttosto ristretto che gli animali stentano ancora a imboccare». Per ulteriori informazioni di monitoraggio della fauna, Putelli ci rimanda al biologo Tiziano Maddalena che indica come in un futuro prossimo sia previsto un monitoraggio degli animali che passeranno da lì: «Il controllo puntuale sotto la linea ferroviaria è già stato effettuato e ci dà un’idea degli animali che si muovono sul territorio: ci sono parecchi cervi che scendono dal versante, pascolano sul pendio e risalgono. Altrettanto fanno caprioli, cinghiali, qualche volpe e qualche scoiattolo». Gli animali stanno dunque scoprendo pian piano la zona e pare non ci siano stati, ad oggi, rilevanti incidenti sulla linea ferroviaria: «I primi risultati sembrano dunque incoraggianti, in quanto pare che gli animali seguano sentieri fissi, usano i percorsi tracciati e hanno le loro abitudini, seguendo ad esempio il bordo del fiume: salgono fra due sassi e disegnano percorsi che diventeranno abitudinari», racconta Maddalena. Se l’inizio è incoraggiante, ora si attende dunque il vero e proprio monitoraggio che avrà una durata di sei/ otto anni: «Si tratta di un progetto di controllo basato su precise direttive dell’Ufficio federale dell’ambiente della Confederazione, che permetterà di individuare, oltre ai cervi, il passaggio di tutti gli altri animali». La zona è dunque apprezzata dalla fauna che comincia a frequentarla e sarà presto inserita fra le bandite di caccia: sarà quindi espressamente vietato sparare agli animali che vi transiteranno. Un preannunciato successo, dunque, per un’opera umana che favorirà lo spostamento della fauna, malgrado gli ostacoli che questo varco permetterà di superare senza pericolo.


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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 19 maggio 2014 ¶ N. 21

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Politica e Economia Privacy digitale Il problema di cancellare i nostri dati da Internet: quinta parte pagina 27

La consulenza finanziaria Come calcolare la futura rendita AVS? I consigli di Banca Migros

Il Papa in Terra Santa Terzo viaggio in quindici anni in Medio Oriente di un Pontefice. Storico sarà l’abbraccio fra Bergoglio e il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo

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Via da Berna, contro l’UE Christoph Blocher lascia il Parlamento per concentrare le sue forze contro Bruxelles

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AFP

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Il ratto delle studentesse Bring back our girls Il rapimento in Nigeria di oltre 200 ragazze è al centro di una crisi internazionale Pietro Veronese Duecento e più studentesse di una sperduta scuola del nord-est nigeriano sono state proiettate dalla sorte al centro di una crisi internazionale. Le sventurate ragazze, tutte al di sotto dei vent’anni, sono state rapite dalla banda islamica Boko Haram, da tempo attiva in quella remota regione della Nigeria. Non è certo la prima volta che Boko Haram infierisce contro la popolazione civile, con attentati all’esplosivo contro le chiese e le scuole, rappresaglie armate nei villaggi, sequestri e rapimenti, anche se le dimensioni della razzia compiuta a Chibok sono inusitate. E non è nemmeno la prima volta che dei minorenni cadono vittime, in massa, della ferocia di una guerra civile africana. Per anni, ancora all’inizio di questo secolo, bambine e bambini del nord dell’Uganda sono stati rapiti a decine dall’«Esercito di Resistenza del Signore» del famigerato Joseph Kony. Lo spettacolo di fiumi di bambini che ogni sera all’imbrunire si rifugiavano nelle strade di Gulu, il capoluogo, per sfuggire agli attacchi notturni contro i villaggi, dormivano all’addiaccio e se ne ripartivano l’indomani all’alba, è stato oggetto di infiniti reportage e testimo-

nianze senza che questo scuotesse la coscienza del mondo. Anche l’attacco di Boko Haram contro la scuola di Chibok è avvenuto di notte, tra il 14 e il 15 aprile. Le ragazze erano alloggiate in un dormitorio. L’indomani quelle sfuggite alle grinfie dei rapitori (nella foto) hanno dato l’allarme. Certamente la notizia ha colpito ed è stata ripresa dai media di tutto il mondo. Ma nulla lasciava presagire che dalla disperazione delle madri di Chibok si sarebbe innestata una crisi che al momento coinvolge attivamente gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, ha dato luogo a episodi di ammutinamento nei ranghi delle forze armate nigeriane e ha mobilitato una campagna mondiale per la liberazione delle ragazze. Come sempre, le ragioni di quanto sta accadendo sono molteplici e vanno ricercate sia all’interno che all’esterno della Nigeria. Sono anni che la setta Boko Haram, milizia islamista tra le più efferate, compie le sue sanguinose scorribande nel nord-est della Nigeria. Le chiese cristiane e le scuole – specie se frequentate da ragazze – sono i suoi bersagli preferiti. Anzi il gruppo nasce proprio per combattere l’istruzione laica. Incerti i suoi collegamenti con la galassia del terrorismo fondamentalista; certo

invece il numero delle vittime, che è ormai di molte centinaia. Il governo del presidente Goodluck Jonathan, mentre continua a raccogliere consensi internazionali per i successi dell’economia nigeriana, si è dimostrato impotente a risolvere questo terribile problema di ordine pubblico. Ha privilegiato la soluzione militare, inviando un crescente numero di soldati nel nord-est e ottenendo soltanto l’effetto opposto a quello ripromesso: il conflitto si è aggravato e ulteriormente inferocito, il numero degli attacchi e delle vittime ha raggiunto nei primi mesi del 2014 nuovi picchi. Nell’opinione pubblica nigeriana è cresciuto lo scontento: per la sicurezza minacciata da attentati compiuti anche nella capitale federale Abuja; per il prestigio ferito di una nazione che ambisce a un primato continentale; per le sospette collusioni tra settori del partito di governo e terroristi, usati come arma politica a livello centrale. Per questo la razzia di giovinette in una remota scuola superiore è stata la classica goccia che fa traboccare il vaso. E che goccia! Fin da subito sono cominciate ad Abuja le manifestazioni che chiedevano a gran voce la liberazione delle ragazze rapite. All’inizio il governo ha reagito nella maniera consueta, con vuote dichiara-

zioni e scarsa azione. Il pubblico è stato ulteriormente esasperato dalle contraddittorie (ed erronee) informazioni diffuse nelle prime ore dalle autorità locali, secondo le quali la maggior parte delle ragazze era riuscita a scappare. Non era vero, e le accuse di incompetenza, inefficienza e soprattutto indifferenza alla sorte delle rapite si sono moltiplicate. Avrebbe potuto continuare così, non fosse stato che a inizio maggio Abuja ospitava il World Economic Forum for Africa, e le proteste sempre più forti, numerose e diffuse hanno avuto d’improvviso un’eco internazionale. È stato forse per reagire all’imbarazzo che il presidente Jonathan, contrariamente a quanto aveva sempre fatto in precedenza, ha chiesto allora l’aiuto dei governi amici. La data che segna l’internazionalizzazione della vicenda è il 5 maggio. Quel giorno perviene alle agenzie di stampa un videomessaggio che inchioda agli schermi di computer e tv centinaia di milioni di persone in tutto il mondo. Parlando in Hausa e in arabo, impugnando un enorme mitragliatore e gesticolando come sotto l’effetto di sostanze psicotrope, il capo di Boko Haram Abubakar Shekau rivendica il rapimento e minaccia di vendere le ragazze come schiave. Nelle stesse ore gli

Stati Uniti confermano per la prima volta ufficialmente che stanno seguendo la crisi da vicino, rivelando di disporre di informazioni secondo le quali le ragazze potrebbero essere state portate oltreconfine. Seguono a stretto giro le smentite di Ciad e Camerun. L’indomani il presidente Obama definisce «straziante» il rapimento e chiede la mobilitazione della comunità internazionale. Poco dopo ecco la foto – immediatamente celebre – della first lady Michelle con il cartello #BringBackOurGirls, lo slogan della campagna globale lanciata su Twitter. Ora gli Stati Uniti, come anche Gran Bretagna, Francia, Israele e Canada, hanno inviato tecnici e aerei ricognitori per aiutare a individuare il luogo dove sono tenute prigioniere le ragazze, nel frattempo mostrate in un altro filmato che le fa apparire convertite in massa all’Islam. Questo zelo umanitario ha anch’esso precise ragioni: compiacere l’opinione pubblica afroamericana, e approfittare della debolezza del governo nigeriano per estendere il raggio d’azione della lotta al terrorismo islamico, finora confinata alla regione saheliana (Mali e Niger soprattutto). Speriamo per quelle povere ragazze che Boko Haram abbia precipitato la propria sorte.


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Politica e Economia

La Rete non dimentica I cattivi del web Il problema di cancellare il passato, il nostro diritto a scomparire da Google sono al centro della

recente e storica sentenza della Corte di giustizia europea accolta con reazioni contrastanti negli Usa – Quinta parte

Federico Rampini Amine Baba-Ali ha ottenuto 1,25 milioni di dollari dallo Stato di New York: poca cosa, in fondo, per ripagarlo di tre anni della sua vita che gli sono stati derubati. Era il 1989, quando un tribunale locale lo condannò per un crimine orribile: lo stupro di sua figlia, che all’epoca aveva quattro anni. Il processo di appello lo scagionò completamente, riconoscendo la sua innocenza. L’accusa era stata inventata dalla sua ex-moglie, nel corso della causa di divorzio. Il tribunale di primo grado aveva commesso una serie di errori gravi, ignorando le perizie mediche che esclusero fin dall’inizio qualsiasi violenza sessuale sulla bambina. Nel frattempo, però, in attesa della sentenza di appello, lui aveva cominciato a scontare la sua pena nel carcere di Napanoch. Tre anni di prigione, durante i quali ha anche perso un occhio: per un pugno sferratogli da un altro detenuto che lo aveva aggredito. Quando uscì dal carcere, la giustizia americana lo aveva riconosciuto completamente innocente. Ma la società? «Quando ti presenti per un colloquio di assunzione in un posto di lavoro, è difficile spiegare che nel tuo curriculum vitae c’è un vuoto di tre anni. Tre anni di carcere non fanno una bella figura», commenta amaro Amine Baba-Ali. Figlio di un diplomatico algerino a New York, prima della condanna lui faceva l’editore di pubblicazioni tecniche. Dopo l’assoluzione in appello, ha trovato lavoro come posteggiatore. Ha perso tutti gli amici di una volta. Ma la cosa che gli pesa di più, un quarto di secolo dopo, è l’impossibilità di «cancellare» il passato. Chiunque faccia una ricerca su Google può ritrovare tracce della sua condanna per lo stupro di sua figlia. C’è anche notizia dell’assoluzione, certo. Ma quale delle due ha più evidenza?

za si applica a Google in particolare, perché nasce dal ricorso di un cittadino spagnolo che chiese la cancellazione di un link (ovvero «legame»: è la breve citazione che noi clicchiamo e ci porta al contenuto integrale). Quel link, dal motore di ricerca Google portava ad una condanna di bancarotta da lui subìta molti anni fa. L’importanza del pronunciamento dei giudici costituzionali è erga omnes: si applica a tutti, sul territorio dell’Unione europea. La Corte ha stabilito che se un cittadino lo chiede, Google deve togliere dal suo motore di ricerca i contenuti dannosi o lesivi della sua reputazione. Potenzialmente una sentenza di questo genere

tro di noi sui social media, e così via. «Questa è una forma di censura, come tale sarebbe considerata incostituzionale qui negli Stati Uniti», secondo Zittrain. La distanza tra Europa e Stati Uniti, in termini di cultura giuridica, diventa sempre più ampia dopo questa sentenza. Non c’è dubbio che il principio europeo si presta ad abusi nella sua applicazione. Uno scrittore potrebbe chiedere la cancellazione dei link che rinviano alle recensioni negative sui suoi libri, per esempio. Un affarista più volte condannato per bancarotta fraudolenta potrebbe costringere Google a far sparire i link che portano al suo casellario giudiziale, in modo

Giovani donne che sono state vittime di uno stupro, lo hanno denunciato, e hanno ottenuto giustizia, non possono togliere dalla Rete le tracce della notizia, e quella violenza continua a perseguitarle come un evento di dominio pubblico. I motori di ricerca su Internet, osserva un editoriale del «Washington Post», «rendendo ogni tipo d’informazione accessibile dai siti dei giornali o da qualsiasi altra fonte, sono diventati una sorta di coscienza collettiva dell’umanità». Una coscienza che non perdona mai, e può trasformarsi in un incubo. La psicologa Kelly Caine della Clemson University osserva che «questo è un cambiamento epocale,

matico: poiché la Corte di giustizia può regolare solo ciò che accade nell’Unione europea, i cittadini europei che vorranno continuare ad avere un accesso illimitato alle informazioni personali, troveranno il sistema per collegarsi all’Internet «americano». Un po’ come accade già oggi per quei cinesi che vogliono aggirare la censura online del proprio governo, e trovano un sistema per collegarsi con la Rete così com’è accessibile da Hong Kong (lì la censura di Pechino non si applica). Ma quest’ultima prospettiva già ci dice quanto i tempi stiano cambiando velocemente. Da una Rete globale e universale, prevalentemente conce-

andrà applicata anche dai social media come Facebook e Twitter. Per l’industria tecnologica è inaccettabile e le reazioni sono stata durissime. «Si apre la porta a una censura privata su vasta scala», ha dichiarato un rappresentante a Bruxelles dell’associazione di imprese digitali. La magistratura suprema dell’Unione europea ha esteso una direttiva del 1995 (cioè dell’èra pre-Internet di massa: in quell’anno i due fondatori di Google erano ancora all’università) applicandola al mondo in cui viviamo oggi. Va notato che la Corte considera Google responsabile, anche se si limita a fornire link che portano a contenuti elaborati da altri: giornali, blog, archivi giudiziari, social network. Già prima di quella sentenza, Google riceveva in media cinque milioni di richieste a settimana, per la cancellazione di contenuti che sono protetti da copyright (esempio: brani musicali o film su YouTube). Ora deve vedersela con un altro genere di richieste: la cancellazione di notizie sgradite, calunniose o diffamanti sul nostro passato; fotografie che ci ritraggono in pose indecenti, insulti con-

che i futuri clienti caschino nella trappola ignari del suo passato. Tanti politici potrebbero esigere che spariscano i link con notizie su processi per corruzione, anche se nel caso di «personalità pubbliche» Google avrebbe la possibilità di fare ricorso e l’ultima parola spetterebbe ai tribunali nazionali (il diritto di cronaca sui politici e altre celebrità è tutelato in modi diversi a seconda dei Paesi, anche all’interno dell’Unione europea). In America nulla di tutto ciò è possibile. Il Primo Emendamento della Costituzione protegge la libertà di espressione in un’accezione così estesa che non ha probabilmente eguali al mondo. E tuttavia anche gli americani si pongono il problema delle conseguenze sulla privacy, nell’èra della Rete. In base alla normativa Usa risulta difficile, se non impossibile, cancellare perfino video che riprendono rapporti sessuali filmati clandestinamente da un partner o ex-partner. Interi siti creati da molestatori digitali (cyber-stalker) con evidenti scopi di persecuzione, sono protetti come altrettante manifestazioni della libertà di pensiero.

non avevamo mai avuto nulla di simile. Non sappiamo quali ne saranno i costi, il rischio è di non potersi mai liberare del proprio passato, di non poter ricominciare da capo, e scrivere una pagina nuova della propria vita». Un’obiezione sensata alla sentenza europea è questa: la Corte non ha veramente sancito la cancellazione del nostro passato, ha solo reso più difficile ritrovarlo. Le informazioni su di noi continueranno a esistere, quello che sparisce è il link che dal motore di ricerca Google (o Bing-Microsoft o Yahoo) facilita l’accesso a quelle informazioni. In questo senso, più che proteggere la privacy o il diritto all’oblìo del proprio passato, si rende più costosa la ricerca. Prima di comprare un appartamento o un’auto usata da un privato, anziché cliccare il nome del venditore su Google mi toccherà rivolgermi a un’agenzia specializzata nelle indagini, che mi presenterà una fattura salata. Si tornerebbe all’èra pre-Internet, quando ovviamente esistevano gli investigatori privati per scavare nel passato o nel presente di chiunque? Un’altra obiezione è di tipo prag-

pita dagli americani in base al proprio sistema di valori, ci stiamo evolvendo verso una balcanizzazione di Internet. Da una Rete senza frontiere, ad una con posti di blocco, controlli doganali, filtri di accesso. Questa trasformazione era già in atto da molto tempo nei regimi autoritari, dalla Cina all’Iran, più di recente in Russia. Qualche differenziazione esisteva anche tra Europa e Stati Uniti: un esempio importante è la legislazione della Germania che impedisce di mettere su Internet qualsiasi contenuto che neghi l’Olocausto o inciti all’antisemitismo e all’odio razziale (tutte cose che negli Stati Uniti sono protette dal Primo Emendamento); Google e altri motori di ricerca americani da tempo hanno dovuto «censurare» i propri risultati accessibili agli utenti tedeschi. La sentenza della Corte sul «diritto all’oblìo» riprende un antico principio francese, in base al quale i condannati – una volta scontata la pena – devono poter cancellare le tracce del proprio passato. È un principio nobile, ma in evidente contrasto con il diritto a sapere tutto di tutti.

Un vicino di casa, un ex-amico, un genitore di bambini che abitano nella sua zona, «per prudenza» può decidere che lui va trattato come un pedofilo. Va isolato, tenuto alla larga. Il caso di Amine Baba-Ali non è molto frequente; non è neppure straordinariamente raro. I «bracci della morte» dei penitenziari americani, dove attendono l’esecuzione i condannati alla pena capitale, sono pieni di vittime di errori giudiziari. Ma loro, là dentro, forse non si preoccupano più tanto dei danni alla loro reputazione. Hanno altro a cui pensare. Il problema della «memoria che non scompare», è al centro della recente sentenza della Corte di giustizia europea (13 maggio 2014). Una sentenza per molti versi storica. Accolta con reazioni contrastanti, da una parte e dall’altra dell’Atlantico. «Inattesa, potenzialmente rivoluzionaria», l’ha definita il «Financial Times». «Sbagliata, pericolosa per la libertà d’informazione», secondo un editoriale del «New York Times». Al centro della sentenza, come spiega il giurista di Harvard Jonathan Zittrain, «c’è una questione di grande importanza, cioè la capacità di Internet di preservare per sempre qualsiasi informazione su di te, anche la più sgradevole o fuorviante». Cos’ha stabilito la Corte di giustizia? Che abbiamo un «diritto all’oblìo, a essere dimenticati», e che Google in particolare deve rispettarlo. La senten-

AFP

La distanza fra Europa e Stati Uniti in termini di cultura giuridica diventa sempre più ampia dopo la sentenza europea



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Politica e Economia

L’abbraccio di Gerusalemme Viaggio in Terra Santa L’incontro fra Papa Bergoglio e il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo è un evento storico

a 50 anni di distanza dal viaggio di Paolo VI. Ma la sua visita rappresenta anche la speranza di un nuovo dialogo

Giorgio Bernardelli Quando si tratta del terzo in meno di quindici anni, è decisamente difficile definire storico un viaggio di un Papa in Terra Santa. È molto più semplice derubricarlo a un appuntamento immancabile oggi nell’agenda di un Successore di Pietro. Eppure quella che Papa Francesco si appresta a compiere in Giordania, Palestina e Israele da sabato 24 a lunedì 26 maggio si annuncia lo stesso come una visita che terrà incollate davanti alla tv milioni di persone. E che sarà passata ai raggi x dalle diplomazie di mezzo mondo. L’aspetto intrigante di questo viaggio sta probabilmente nell’incrocio tra il meno protocollare dei Papi che abbiamo conosciuto e una serie di luoghi dove ogni parola e ogni gesto solitamente sono misurati, per evitare di urtare sensibilità. Quindi la curiosità principale diventa: come si comporterà nella polveriera Terra Santa un uomo come Bergoglio che – «per motivi psi-

chiatrici», direbbe lui – non ci sta ad andare lì semplicemente a leggere una serie di discorsi preparati a tavolino valutando attentamente variabili geopolitiche ed interreligiose? Sarà un viaggio molto difficile per Papa Francesco quello di questi giorni. Un viaggio che – tra l’altro – non ha nemmeno scelto lui di compiere: va in Terra Santa per rispondere a un invito giunto dal patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo, che l’anno scorso ha lanciato l’idea di commemorare insieme a Gerusalemme il primo storico abbraccio tra cattolici e ortodossi compiuto cinquant’anni fa dai due predecessori, Paolo VI e Atenagora. Un invito di quelli che non si possono certo rifiutare e molto vicino – del resto – alla sensibilità di Bergoglio. Però fin dall’inizio Papa Francesco ha compiuto una scelta controcorrente optando per un viaggio di soli tre giorni; di fatto seguirà fedelmente le orme di Montini; con la differenza, però, che cinquant’anni fa quello era stato il primo viaggio internazio-

Palestinesi a Betlemme posano uno striscione con il Papa e Abu Mazen. (AFP)

nale di un Papa e dunque questo tipo di appuntamenti non si era ancora caricato di quella ritualità che oggi conosciamo. E per di più nel 1964 eravamo ancora prima della guerra dei Sei giorni e la cartina geografica della regione era se non altro politicamente meno complicata rispetto alla situazione di oggi. Probabilmente Papa Francesco voleva davvero che l’incontro ecumenico con Bartolomeo fosse percepito come il cuore di questo viaggio. Ma difficilmente sarà così. Se n’è accorto già stendendo il programma ufficiale di questi tre giorni che si sono trasformati in un vero e proprio tour de force. Perché nel Medio Oriente di oggi ci sono tutta una serie di luoghi e di incontri che nel 2014 un Papa semplicemente non può snobbare: da Yad Vashem alla Spianata delle Moschee, dai siriani rifugiati in Giordania al campo profughi palestinese. Per dare l’idea del guazzabuglio diplomatico basta citare un dettaglio: da Betlemme – nei Territori Palestinesi – domenica pomeriggio il Papa partirà in elicottero per Gerusalemme, che dista appena dodici chilometri e sarebbe molto più comodamente raggiungibile in auto. Ma il problema è che deve fare per forza uno «scalo» all’aeroporto di Tel Aviv – che sta sessanta chilometri più a ovest – per la cerimonia di benvenuto. Altrimenti se fosse ricevuto ufficialmente nella Città Santa si tratterebbe di un riconoscimento implicito di Gerusalemme come capitale di Israele. A complicare ulteriormente le cose – poi – ci si è messa anche la situazione politica fattasi molto difficile nelle ultime settimane in Medio Oriente. Alla fine di aprile l’ennesimo negoziato tra israeliani e palestinesi riavviato a luglio dal segretario di Stato americano John Kerry è naufragato sui soliti scogli. E in più in Palestina è arrivato l’annuncio dell’accordo tra Fatah e Hamas – le due fazioni rivali – che dovrebbe portare a giorni alla nascita di un governo di riconciliazione che porterebbe anche al superamento della divisione politica

tra la Cisgiordania e la Striscia di Gaza. Uno scenario visto come il fumo negli occhi dal governo israeliano che ha già minacciato pesanti ritorsioni nel caso l’esecutivo di unità nazionale dovesse vedere la luce davvero. E non è escluso che nasca proprio alla vigilia dell’arrivo del Papa, per approfittare della grande copertura mediatica per accreditarsi nella comunità internazionale. Anche il fronte delle carceri, inoltre, è in subbuglio con i detenuti palestinesi che da una ventina di giorni hanno cominciato uno sciopero della fame a oltranza. Come se non bastasse – poi – in Israele va avanti da mesi il fronte del «Price Tag», gli attacchi di gruppi dell’estrema destra ebraica che di notte devastano o imbrattano con scritte ingiuriose le chiese (oltre che le moschee) come «ritorsione» rispetto all’opposizione all’espansione degli insediamenti dei coloni in Cisgiordania. E tra alcuni gruppi di haredim – i religiosi ultraortodossi – è stato vista come una «cedimento» il fatto che a Papa Francesco verrà concesso lunedì 26 di celebrare la Messa al Cenacolo, il luogo dove secondo la tradizione sarebbe avvenuta l’Ultima Cena di Gesù. Su questo luogo dal 1967 va avanti infatti un’annosa disputa perché si trova al piano superiore rispetto a un cenotaffio venerato dagli ebrei come la Tomba di Davide; per questo motivo ai cristiani è impedito di tenere liturgie. Ma quel luogo un tempo era di proprietà dei cristiani e il Vaticano nelle trattative in corso da vent’anni con lo Stato di Israele per la definizione di una serie di contenziosi giuridici rivendica almeno la possibilità di tornare a utilizzare la sala in questione – che non ha alcuni significato per gli ebrei. Gli haredim, invece, la considererebbero una provocazione e stanno già alzando le barricate. La tensione in questi giorni è talmente alta che la polizia di Gerusalemme è arrivata a chiedere ai francescani di rimuovere uno stendardo di benvenuto al Papa collocato sul balcone di un loro edificio vicino alla Porta di Jaffa, per evitare di

«accendere ulteriormente gli animi». Richiesta un po’ paradossale, che ha creato l’ennesimo caso diplomatico. Torniamo quindi alla domanda iniziale: dentro a tutto questo come si muoverà un personaggio come Papa Francesco? Certamente – come sempre accaduto in tutti i viaggi papali in Terra Santa – ciascuna delle parti cercherà di tirarlo per il lembo della talare, incanalando dentro alle proprie tesi di sempre qualsiasi parola uscirà dalla bocca del Pontefice. Pur tra tante difficoltà – però – Bergoglio ha una carta importante da giocare: quella della spontaneità dei suoi gesti. Ad esempio uno dei momenti più forti del viaggio penso sarà l’incontro che vivrà all’imbrunire di sabato 24 in Giordania con una delegazione di profughi siriani (che solo in questo Paese sono ormai più di un milione). A Betania oltre il Giordano – il luogo del battesimo di Gesù – Papa Francesco cenerà con loro e sarà un’occasione straordinaria per accendere i riflettori su questo dramma. Anche in Israele e in Palestina – però – i gesti di questo Papa possono fare molto: possono aiutare a riportare lo sguardo intorno a questo conflitto apparentemente infinito dalla dimensione della politica a quella dell’umano. Perché il Papa della misericordia – probabilmente – è l’uomo giusto per tentare il miracolo più difficile: aiutare ciascuno a vedere le sofferenze che albergano anche dall’altra parte della barricata; e magari anche le contraddizioni che minano dall’interno la propria. I gesti più delle parole. Del resto lo dicono anche i precedenti: se si pensa ai viaggi papali in Terra Santa la prima cosa che viene in mente non è un discorso, ma la mano tremolante di Giovanni Paolo II che depone il suo biglietto bianco tra le pietre antiche del Muro del Pianto. Quest’attenzione profonda alla sensibilità dell’altro è l’unico linguaggio in grado di lasciare un segno a Gerusalemme. E Papa Francesco è un uomo che – come Wojtyla – questo registro lo conosce molto bene.

questa politica sulla salute pubblica saranno terribili». Da parte governista gli risponde un altro senatore, il medico in pensione Roberto Gallo, precisando che non si tratta di una vera «liberalizzazione della marijuana. Potrà essere consumata soltanto nei limiti di certi parametri previsti dalla legge». Drug Policy Alliance, una Ong newyorkese che studia da anni le vie possibili alla guerra contro la droga, è accorsa in difesa di Mujica: «L’Uruguay sta cercando un’alternativa al modello proibizionista che è fallito – ha dichiarato una delle sue dirigenti – questo è l’inizio di un approccio più intelligente alla questione». Il Ministero della salute uruguaiano sta organizzando l’utilizzo della cannabis nella cura di alcune malattie neurologiche degenerative, nella terapia anti-dolore nel caso di malattie terminali e nella disintossicazione da droghe pesanti, come per esempio la pasta del-

la cocaina e il crack. Le Nazioni Unite si sono mostrate molto interessate all’esperimento e hanno chiamato più volte dirigenti del Ministero uruguaiano a New York ad illustrare il progetto. Mujica in un’intervista al quotidiano cileno «la Tercera» che ha suscitato molte polemiche nei settori conservatori della società uruguaiana ha detto: «Lavoreremo con cloni di piante di marijuana per riprodurre lo stesso codice genetico, allo scopo di identificare facilmente il prodotto. Intendiamoci: non vogliamo essere produttori per esportare, nessuna intenzione abbiamo di complicare la vita dei Paesi vicini. La decisione di produrre erba prevede complicazioni che si devono saper gestire. Non vi credete che ci mettiamo a produrre senza restrizioni e chi viene dall’estero entra e compra. No no no. Regolare l’uso dell’erba non significa che inizia l’era della Viva la Pepa! No, no...».

Soldati in erba Paso doble L’Uruguay è il primo Paese al mondo a legalizzare

la cannabis che per il momento viene prodotta nei terreni sorvegliati dall’esercito Angela Nocioni L’esercito a vigilare sulle serre di marijuana. Il primo mercato nazionale di cannabis legale del mondo avrà la sua produzione nelle caserme dell’esercito. È questa la prima sorpresa della regolamentazione dell’uso dell’erba, legalizzata dal governo uruguaiano che fa lo Stato responsabile della coltivazione, della vendita e dell’utilizzo della cannabis. Se la sperimentazione funziona verranno concesse licenze a privati per la coltivazione estensiva (per ora è stata legalizzata solo la coltivazione di poche piante per il consumo personale) ma inizialmente, per evitare speculazioni e furti, le serre di marijuana saranno tutte dentro terreni militari. Saranno quindi i soldati a far la guardia all’erba. Con l’esplicito divieto di fumarla. La notizia ha fatto saltare sulla sedia l’intera dirigenza del Partido nacionàl, l’organizzazione tradizionalmente più di destra e più legata alle forze armate dell’Uruguay. Il deputato Jaime Trobo ha tuonato: «Questa decisione è una presa in giro dell’onore dell’esercito, è una scelta pericolosissima». Il ministro della Difesa, Euletario Fernandez, ha però confermato il nuovo compito per i

soldati uruguaiani: «Non saranno loro a piantarla, ma è del tutto ovvio che possono garantire la sicurezza delle serre» ha detto. La norma sulla produzione legale di marijuana è stata approvata dal Senato uruguaiano nel dicembre scorso con 16 voti a favore e 13 contrari su un totale di 30 seggi e il decreto che la contiene è stato firmato dal presidente della Repubblica Pepe Mujica, ideatore del progetto e vecchio capo guerrigliero dei Tupamaros, trasformati da lui in partito prima e in forza di governo poi. L’intero Frente Amplio – coalizione molto vasta di partiti progressisti che ha vinto tutte le elezioni degli ultimi dieci anni – ha sostenuto il progetto. A stare a quanto riportano i sondaggi, la legalizzazione della marijuana non entusiasma la maggioranza degli uruguaiani (2/3 dei cittadini si dicono contrari). Mujica, però, ha deciso di rischiare e di provarci lo stesso, sulla base di un ragionamento che ha come obiettivo non tanto la questione del rispetto del diritto individuale di fare uso di droghe leggere senza che lo Stato si intrometta, quanto piuttosto la ricerca di un’alternativa alla politica della tolleranza zero rispetto alle droghe che Mujica ritiene abbia fallito nel mon-

do troppe volte. La sua scommessa è che una legislazione antiproibizionista, togliendo acqua al mare del traffico, possa reprimere gli affari gestiti dalla criminalità organizzata meglio di poliziotti e soldati. Tanto, dice lui, chi vuole fumare erba la fuma comunque. L’unica differenza è che, se la marijuana resta illegale, il consumatore la paga di più portando denaro nelle casse dei trafficanti. L’agenzia di controllo della droga uruguaiana dovrà regolamentare l’intero mercato della marijuana: dal seme alle sommità fiorite fatte seccare e pronte per essere usate. Tutte le persone coinvolte nel commercio legale, obbligatoria la maggiore età, dovranno essere autorizzate e registrate e avranno un limite o di 40 grammi al mese o di sei piante, con tanto di licenza per la coltivazione, da piantare nella propria casa. L’erba si acquisterà in farmacia. L’opposizione è scatenata, spera infatti di capitalizzare la contrarietà di quei due terzi di uruguaiani che figurano nei sondaggi e sottrarre così il governo del Paese al Frente amplio nelle elezioni del prossimo anno. L’ex-ministro della Sanità e senatore del Partito Colorado (opposizione) Alfredo Solari fa da gennaio una campagna per sostenere che «gli effetti di



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Politica e Economia

La sensibilità di Paul Senn Affidamenti coatti La stampa elvetica cominciò ad occuparsi del triste fenomeno decenni fa,

anche grazie alla sensibilità del grande fotoreporter svizzero

che portò alla pubblicazione di diversi articoli su riviste e giornali dagli anni Trenta in poi. È incredibile pensare al fatto che gli affidamenti si siano protratti ancora per decenni, se pensiamo che tra il 1944 e il 1945 la problematica ad essi legata divenne un argomento di pubblico dominio. Perfino la testata borghese «Schweizer Illustrierte Zeitung» vi si dedicò nel 1946, prendendo spunto da un anniversario fondamentale per la Svizzera: il bicentenario dalla nascita di Johann Heinrich Pestalozzi (1746-1827). L’autore dell’articolo di «Schweizer Illustrierte» preferì tuttavia concentrarsi sul significato umanitario dell’opera di Pestalozzi per la Svizzera piuttosto che fare riferimento ai due recenti e drammatici casi di abusi in Svizzera sfociati in un processo. Grazie ancora una volta a Paul Senn e Peter Surava la gente era venuta a conoscenza degli abusi sessuali che nel 1944 avevano portato all’ospedale il bambino soprannominato «Chrigel» e delle percosse che avevano portato alla morte, l’anno dopo, Paul Zürcher – entrambi in affidamento e torturati dai propri genitori affidatari. Stranamente l’interesse nei confronti dell’argomento calò drasticamente negli anni Cinquanta, per poi sparire praticamente del tutto negli anni del boom, che videro anche la Svizzera al centro del grande e importante ottimismo economico, che aveva contagiato un po’ tutti. Ora che anche il Ticino prende consapevolezza di questo fenomeno, è finalmente giunto il momento di una vera e propria rielaborazione che non faccia sconti a nessuno, ma soprattutto, che permetta alle vittime di guardare avanti con maggiore fiducia, lasciandosi finalmente alle spalle il passato.

Simona Sala Nelle scorse settimane ci siamo occupati in due distinte occasioni del fenomeno dei cosiddetti affidamenti coatti, che ha sconvolto l’opinione pubblica svizzera negli ultimi due anni, e per il quale si chiede ora a gran voce un risarcimento. Molte e fondate sono le accuse lanciate all’indirizzo di istituti, famiglie affidatarie e soprattutto allo Stato, il quale (per negligenza, ma anche per trarre profitto) ha chiuso a più riprese gli occhi davanti a quanto spesso accadeva a quei bambini e ragazzi che per i motivi più disparati non potevano continuare a vivere all’interno della propria famiglia. Come ha sottolineato Roland Begert (cresciuto in istituto e famiglia affidataria e a lungo messo sotto tutela dallo Stato) in un’intervista apparsa su «Azione» il 5 maggio, sarebbe un errore fatale demonizzare tutte le famiglie affidatarie così come la popolazione civile nella sua totalità. È vero che insegnanti e figure religiose avrebbero spesso potuto fare di più intervenendo con maggiore fermezza, ma vi fu anche chi non chiuse gli occhi davanti a quanto stava accadendo, arrivando addirittura a compiere attivamente un lavoro di denuncia. Ci riferiamo al fotografo svizzero Paul Senn (classe 1901), che insieme a Gotthard Schuh e ad Hans Staub è considerato fra i più grandi esponenti del reportage elvetico negli anni fra il 1930 e il 1950. La novità incontestabile del lavoro di Paul Senn, come dice la sua biografia, è rappresentata da un nuovo linguaggio visivo, che si concentra soprattutto sulle persone e sulla loro quotidianità. Di grande rilevanza sia dal punto di vista artistico sia da quello documentaristico, sono le testimonianze raccolte dal fotografo nel mondo contadino della Svizzera interna. Paul Senn cominciò infatti a rendere pubblica la situazione di innumerevoli bambini collaborando con l’eclettico giornalista Peter Surava, negli anni Quaranta caporedattore della testata bernese di sinistra «Die Nation», la quale cercava di mantenere uno sguardo critico e oggettivo sulla politica nazionale.

Bambino dell’Istituto Sonnenberg, Kriens, Lucerna, 1944. (Paul Senn)

Nella recente pubblicazione Rare Bilder einer abgeschotteten Welt, curata da Netzwerk verdingt (associazione creata nel 2008 a Berna da numerosi ex bambini vittime dell’affidamento coatto) si cerca, attraverso una circostanziata ricostruzione storica abbinata al lascito fotografico di Senn, di

ripercorrere la presa di coscienza del preoccupante fenomeno degli abusi da parte della stampa elvetica, e di conseguenza della popolazione. Oltre all’impegnato lavoro di Paul Senn, che contribuì indubbiamente ad accrescere la sensibilità comune, va ricordata anche la figura di Carl Albert

Loosli (1877-1959), scrittore, giornalista e riformatore sociale, a sua volta ex ragazzo affidato, che si impegnò per combattere abusi e ingiustizie tra gli anni Venti e gli anni Cinquanta del 1900. Pur non essendoci delle prove scritte, si è a conoscenza di una stretta collaborazione tra Loosli e Senn,

Informazioni

La brochure informativa Rare Bilder einer abgeschotteten Welt è ottenibile contattando il sito www.netzwerkverdingt.ch. Per chi volesse saperne di più su Paul Senn consigliamo il sito www.paulsenn.ch/ Annuncio pubblicitario

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Politica e Economia

Una ritirata strategica Dimissioni Christoph Blocher lascia

il parlamento, ma solo per potersi preparare meglio alla guerra contro la politica europea di Camere e Consiglio federale

Johnny Canonica «Perché, era lì?» Questo il commento, espresso via Twitter, dal consigliere nazionale PPD Yannick Buttet, una volta appresa la notizia che Christoph Blocher aveva annunciato le proprie dimissioni dal Consiglio nazionale per il 31 maggio prossimo. Un commento caustico ma non falso, visto che l’uomo forte dell’UDC negli ultimi 2 anni e mezzo – cioè da quando era stato rieletto alla Camera del popolo nel 2011, quattro anni dopo la sua mancata rielezione in Consiglio federale – sotto la cupola di Palazzo federale si era fatto notare più per le sue assenze che non per i suoi interventi (era risultato assente al 36% delle votazioni alle quali avrebbe dovuto partecipare). Assenze che comunque non inficiano quanto fatto dentro e fuori Palazzo federale, visto che Christoph Blocher può essere giudicato senza ombra di dubbio come il politico elvetico più influente degli ultimi 20 anni. Eletto per la prima volta a Berna nel 1979, fino al 1992 la sua figura era tutto sommato poco nota al grande pubblico. Vuoi perché il suo partito, l’Unione democratica di centro, era allora il più piccolo dei quattro partiti rappresentati in Consiglio federale, vuoi perché altri politici dettavano il ritmo della politica sotto la cupola di Palazzo federale. Al Blocher ante-1992 è stato riconosciuto un ruolo importante nella decisione di non costruire la centrale nucleare di Kaiseraugst, fortemente contestata a livello popolare, ma al di fuori di questa decisione poche erano state le sue battaglie. Si era profilato sì come politico nazional-conser-

vatore (era stato tra coloro che nel 1985 avevano combattuto in Parlamento e alle urne il nuovo diritto matrimoniale, che migliorava di molto la posizione della donna – una battaglia da cui era uscito sconfitto – e la proposta di adesione alle Nazioni Unite l’anno seguente), ma nella Svizzera degli anni 80 del secolo scorso, altri erano i primattori in Parlamento. La svolta nella carriera politica di Blocher arriva nel 1992, con la votazione sull’adesione della Svizzera allo Spazio economico europeo. Praticamente da solo contro tutti (con lui al fronte solo l’ex consigliere nazionale PLR bernese Otto Fischer), Blocher combatte l’adesione voluta da Consiglio federale, Parlamento, ambienti economici e sindacali. Una votazione, quella tenutasi il 6 dicembre 1992, che seppe mobilitare come mai prima di allora e mai più in seguito i cittadini (la partecipazione arrivò al 78,7% degli aventi diritto), che diede un risultato risicato a livello popolare (50,3% di contrari, 49,7% i favorevoli; una differenza di soli 23’836 voti su un totale di 3’549’580 schede), ma ben più netto a livello cantonale (14 cantoni e 4 semicantoni contro, 6 cantoni e 2 semicantoni per). Una votazione che senza la personalità e la tenacia di Christoph Blocher avrebbe forse avuto un esito diverso. Un risultato che ha decretato l’abbandono di una certa idea di relazionarsi con l’Europa – il Consiglio federale aveva già inviato a Bruxelles la lettera con cui chiedeva l’adesione a quella che allora si chiamava Comunità economica europea, poi congelata – e da cui è nata la via bilaterale come la conosciamo ora. E delle relazioni tra Svizzera ed

Christoph Blocher: «Mi voglio concentrare sulla strisciante adesione all’Unione europea». (Keystone)

Europa Blocher si vuole occupare anche una volta lasciata la politica attiva. Annunciando le proprie dimissioni dal Consiglio nazionale in maniera polemica nel corso della sua trasmissione televisiva settimanale TeleBlocher il 9 maggio – «intendo concentrarmi sulle cose importanti, mettendo da parte quelle secondarie»; da cui si può intuire che il mandato di consigliere nazionale fa parte di questa seconda categoria – Christoph Blocher ha preannunciato che intende concentrarsi sulla battaglia contro «la strisciante adesione all’Unione europea» della Svizzera. Proprio in vista di questa battaglia ha già fondato un comitato ad hoc, al quale, ha affermato, hanno già aderito una cinquantina di organizzazioni e un migliaio di persone. Ma con la battaglia che intende condurre, il «tribuno zurighese» non vuole impedire solo l’adesione all’UE, perché anche altri saranno gli obiettivi delle sue cannonate. A suo dire, infatti, a spingere verso un’adesione all’UE è prima di tutto l’apparato amministrativo della Confederazione, a cui si aggiungono poi Consiglio federale e maggioranza del Parlamento; quello preannunciato è quindi un attacco in piena regola ai poteri legi-

slativo ed esecutivo. Ma Blocher ne ha anche per il potere giudiziario. Dopo che il Tribunale federale ha stabilito in una sentenza che oltre al diritto internazionale imperativo, anche quello non obbligatorio deve stare al di sopra del diritto nazionale, e quindi teoricamente al di sopra della volontà del popolo elvetico, Blocher ha preannunciato il lancio di un’iniziativa popolare, il cui obiettivo deve essere quello di far prevalere la volontà del sovrano elvetico sulle norme di diritto internazionale. Quanto annunciato da Blocher il 9 maggio, più che l’agenda di un neopensionato per riempire le giornate, sembrano essere i binari su cui l’UDC intende costruire la campagna elettorale in vista delle elezioni federali del 2015 (non per nulla Christoph Blocher continuerà a rivestire il ruolo di stratega del partito, del quale resta vicepresidente). Come titolato dalla «Neue Zürcher Zeitung» il giorno seguente l’annuncio delle dimissioni, «Blocher si prepara per la grande battaglia». Uno scontro che verosimilmente lo vedrà opposto al consigliere federale Didier Burkhalter, che pochi giorni prima aveva annunciato di ritenere che entro due anni il popolo potrebbe venir chia-

I fantasmi europei alleati di Blocher

Il vento di Parigi

continua da pagina 1

Fiscalità internazionale L’OCSE si orienta a una rapida messa in atto del sistema di scambio

automatico di informazioni fiscali. In Svizzera, la nuova prassi non risolverà però le pendenze del passato sui capitali sommersi dei clienti bancari stranieri Ignazio Bonoli L’OCSE ha approfittato della riunione dei ministri delle finanze dei Paesi membri, il 6 maggio a Parigi, per far accettare una dichiarazione comune ai Paesi che metteranno in atto lo scambio automatico di informazioni fiscali (vedi «Azione» 12.5, prima pagina). Con questo atto formale l’idea della trasparenza fiscale internazionale prende un nuovo slancio politico, pur mantenendo la scadenza che prevede i primi scambi di informazioni a partire dal 2017. È però possibile che l’applicazione completa dell’accordo chieda un po’ di tempo in più. Infatti, è necessario che tutti gli Stati partecipanti abbiano nel frattempo assimilato il principio nella propria legislazione. Trattandosi di accordi bilaterali questo è un passo necessario, tanto più che è stato accettato il principio della reciprocità, voluto in particolare dalla Svizzera. A Parigi non è quindi stato deciso nulla di nuovo, ma si è saputo che anche altri Paesi, al di fuori dell’OCSE, vogliono aderire all’accordo: si tratta in particolare della Cina (con Hong Kong), di Singapore, India, Brasile e Arabia Saudita. Per la Svizzera questo accordo significa un ulteriore passo verso l’abolizione del segreto bancario. Può dispiacere il

fatto che l’accordo sia stato voluto dal G-20, quindi dalle grandi potenze economiche piuttosto che da accordi bilaterali liberamente consentiti. Ma questo è un dato di fatto ineluttabile e ci si può solo consolare con il riconoscimento di alcune pregiudiziali, quali quella degli accordi bilaterali, dell’accesso ai mercati finanziari e del principio della specialità, cioè il limitarsi solo allo scambio di informazioni fiscalmente rilevanti. Resta aperta anche un’altra questione importante: lo scambio di informazioni avviene tra Paesi e non all’interno di ogni singolo Stato. Questione importante per la Svizzera che vuole mantenere il reciproco rispetto fra Stato e cittadino anche in materia fiscale. L’affermazione non è di poco conto proprio perché i funzionari dell’OCSE stanno preparando i manuali per l’implementazione tecnica dell’accordo, che sanciranno la morte definitiva del segreto bancario e una forte perdita di sovranità dei singoli Stati in questo settore. Questi manuali dovrebbero essere pronti per la riunione di settembre del G-20 a livello dei ministri delle finanze ed avere quindi l’avallo politico definitivo. In Svizzera questo avallo dovrebbe richiedere più tempo, poiché sarà necessario modificare alcune leggi, con l’accordo dei due rami del Parlamento, ed

mato alle urne per decidere una volta per tutte la sorte della via bilaterale con l’Unione europea. E allora ci si può anche preparare a rivivere una campagna simile a quella del 1992, quando sull’arena Christoph Blocher affrontò e vinse contro l’intera élite politica ed economica della Confederazione. Quando venne eletto in Consiglio federale nel dicembre del 2003, a 63 anni di età, Christoph Blocher aveva affermato di voler governare oltre gli 80 anni, citando quale esempio l’ex cancelliere tedesco Konrad Adenauer, che tenne le redini della Germania fino a 87 anni. Ma nel 2007 l’Assemblea federale non riconfermò Blocher alla carica, a 67 anni dovette quindi abbandonare il governo. Una volta lasciata la politica Adenauer si ritirò a vita privata, ma non mancò di commentare certi avvenimenti della politica tedesca. Blocher invece intende andare ben oltre ai semplici commenti. Non è quindi detto che non possa superare l’ex cancelliere tedesco quanto ad attività politica, se la sua vita sarà altrettanto lunga. E ricordando nel contempo a Yannick Buttet che lui è sempre lì, a dettare il tempo della politica, anche se non siede più sotto la cupola di Palazzo federale.

eventualmente anche del popolo, tramite referendum. Cominceranno però presto le discussioni con l’Unione Europea. La Commissione UE vorrebbe, infatti, portare a termine le discussioni entro la fine dell’anno. Il Consiglio federale non ha ancora deciso, ma lo farà probabilmente nel corso dell’estate. L’importanza per le banche svizzere di vedersi garantito l’accesso ai mercati finanziari esteri è stata sottolineata anche dal gruppo Brunetti che si occupa del futuro della piazza finanziaria svizzera. L’importanza di questo aspetto è sottolineata anche dal fatto che la mancanza di accesso ai mercati finanziari esteri renderebbe superfluo l’accordo sullo scambio di informazioni fiscali. Il problema si avvera di difficile soluzione con Paesi come l’Italia (che mantiene la Svizzera nella «lista nera») e con la Francia, che avanza esigenze particolari, per esempio per la tassazione di eredi di titolari di conti domiciliati in Svizzera. Anche dopo la ratifica di tutte le misure per mettere in atto lo scambio automatico di informazioni fiscali, resta comunque aperta la questione sul risolvere le situazioni precedenti. La soluzione svizzera dell’imposta liberatoria è ormai superata. Le banche svizzere possono già essere soddisfatte se il tutto si riduce a una punizione dei responsabili

con una multa e senza condanne ad anni di carcere. Un altro aspetto importante è quello dei rapporti con gli Stati Uniti. Il tentativo del Credit Suisse di opporsi alla pratica finora applicata ha fatto correre grossi rischi alla grande banca, che ora deve «accontentarsi» di una multa molto salata. In sostanza, tramite il Fatca, la Svizzera si è già impegnata a fornire dati fiscali agli Stati Uniti, mentre non si può ancora prevedere come andranno eventuali trattative con grandi Paesi dal diritto ancora incerto come Russia e Cina. La dichiarazione sottoscritta da 47 paesi conferma comunque alcuni principi a cui la Svizzera teneva in modo particolare: la reciprocità delle informazioni fiscali, la limitazione dell’uso dei dati ottenuti per soli scopi fiscali, la protezione dei dati della sfera privata e il chiarimento di alcune strutture finanziarie particolari come i «trust». Bisognerà però vedere come questi principi troveranno posto nei singoli trattati bilaterali. Già nelle discussioni con l’UE la Svizzera dovrà in ogni caso far valere due delle sue principali preoccupazioni: la garanzia dell’accesso ai mercati per gli istituti finanziari svizzeri e la soluzione dei problemi del passato. L’accordo di Parigi non contiene riferimenti a questi due aspetti, la cui mancata soluzione potrebbe porre la Svizzera nuovamente sotto pressione.

sull’intera popolazione. Ossia: se l’apertura ai mercati genera ricchezza solo per gli strati superiori della società, dell’economia e della finanza, la battaglia è perduta fin dall’inizio. Più facile a dirsi che a farsi. Oggi è sotto agli occhi di tutti che la parola d’ordine collettiva in auge nell’economia globalizzata è «arricchitevi, con qualsiasi mezzo!». Sono minoritari i politici che hanno veramente a cuore l’interesse della collettività, sono troppi i manager cui interessa solo la ricchezza, sono merce rara le personalità del mondo economico che prestano tempo e energie alla politica. Se oggi i nazional-populismi hanno guadagnato tanto credito nella popolazione è anche responsabilità di chi negli anni scorsi ha provocato, o permesso, o tollerato che la politica fosse dominata dall’economia e non viceversa, creando un pericoloso scollamento nella società. Un’economia onnipotente e una politica impotente sono gli ingredienti perfetti di una democrazia impoverita. Se non si ricrea un «contratto sociale» fra tutte le forze del Paese, il nazionalpopulismo non potrà venire arginato (si può dar torto a chi, pur nell’incomprensione dei meccanismi complessi che regolano la società oggi, chiede di poter vivere con dignità e dà credito a chi gliela promette?). Le condizioni per un nuovo contratto sociale, basato su una robusta solidarietà, non sono però date, oggi. Ma non è detto che non si ricreino prima che sia troppo tardi. / PS


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Politica e Economia Rubriche

Il Mercato e la piazza di Angelo Rossi Le vacche magre di Lugano La notizia stando alla quale la città di Lugano – fino a ieri motore trainante dell’economia ticinese – si troverebbe in difficoltà finanziarie ha sorpreso i non addetti ai lavori. Fino a ieri, infatti, si pensava che la terza città svizzera per introiti fiscali pro-capite, dopo Zugo e Zurigo, fosse praticamente al riparo da qualsiasi crisi finanziaria. E invece, in poco più di due anni, ecco apparire un disavanzo che, secondo i responsabili delle finanze della città, è di natura strutturale. A mente loro tre sono le ragioni principali delle tensioni finanziarie attuali. Una riguarda l’evoluzione della spesa, le altre due quella dei ricavi. Sul fronte della spesa si osserva che, ormai, si sono esaurite le economie di scala nei costi fissi, legate al processo di aggregazione. Personalmente ne dubitiamo. Per quel che riguarda i ricavi, poi, si osserva, da un lato, che, dal 2011, sono venute

meno le sopravvenienze attive che, anno per anno, contribuivano a gonfiare i proventi fiscali e, dall’altro, che, da quasi dieci anni, le imposte pagate dal settore bancario sono in diminuzione. La crisi finanziaria del comune rispecchierebbe quindi quella della piazza bancaria. Il consuntivo per il 2013, che sta per uscire, dovrebbe confermare questa diagnosi. Dal 2006 al 2013, il gettito delle banche è diminuito di 40 milioni di franchi. Si tratta dell’80% del disavanzo anticipato per il 2013. Pur rimanendo una delle città più ricche della Svizzera, Lugano non riesce così a far quadrare i suoi conti. I ricavi non coprono più le spese. Di conseguenza l’eccedenza di spesa cresce di anno in anno e i mezzi per l’autofinanziamento degli investimenti si squagliano proprio in un periodo in cui abbondano i progetti da realizzare e, per finire, il debito pubblico

esplode. È ovvio che i responsabili delle finanze luganesi, che da diversi mesi continuano a suonare l’allarme, stiano ora cercando di mettere assieme una maggioranza politica solida per varare il piano di risanamento che dovrebbe essere consegnato nel piano finanziario in preparazione. Gli scenari da discutere sono almeno due. Si può dapprima pensare che, tra tre o quattro anni, quando verranno a maturazione le loro strategie, il gettito fiscale delle banche ricominci ad aumentare o, per lo meno, non diminuisca più. È lo scenario ottimista di chi continua a vedere il bicchiere metà pieno. Pur prescrivendo una cura dimagrante sia per le spese d’esercizio, sia per gli investimenti, questo scenario dovrebbe consentire, con l’aumento del moltiplicatore al livello medio degli altri comuni del Cantone (75-80%), di ritrovare l’equilibrio nel

conto d’esercizio entro la fine della prossima legislatura. L’altro scenario, quello pessimista – il bicchiere è metà vuoto – dovrebbe partire dall’ipotesi che, entro il 2020, la piazza finanziaria di Lugano si sarà ridimensionata in misura tale, da far mancare all’erario cittadino un’altra quindicina di milioni. Questo significherebbe che, per ristabilire l’equilibrio nel conto d’esercizio, e ritrovare un grado di autofinanziamento degli investimenti accettabile, sarebbe necessario defalcare almeno un altro 20% delle spese o aumentare il moltiplicatore nella stessa misura. Non si tratterebbe più di una cura dimagrante passeggera, ma di una dieta rigidissima per un periodo che potrebbe andar ben oltre a quello proverbiale delle vacche magre. È vero che il comune di Lugano, che continua ad essere in testa alla classifica delle città svizzere per quel

che riguarda il valore del rapporto impiegati per mille abitanti, qualche taglio nel personale lo potrebbe anche tentare; è altresì certo che ogni misura drastica di riduzione della spesa provocherà reazioni sostenute e non solo da parte del personale della città. Si pensi a quanto, per esempio, spende Lugano per sostenere il turismo. A meno che, anche nel caso della Regina del Ceresio, non succeda quello che è successo in altre città svizzere di grandi dimensioni, vale a dire che il Cantone venga a dare una mano con contributi di perequazione. Qualcuno parla già, per esempio, di un fondo regionale per investimenti urbani che certamente non sarebbe alimentato solo dai comuni della regione. È però difficile pensare che a sostenere la cicala luganese venga il Cantone, ossia una cicala che per sussistere, possiede ancora meno granaglie.

vi, diventano pubbliche le frasi che allora, essendo Internet ancora una cosa sana, non erano conosciute, si scava di nuovo per scoprire chissà quale altro dettaglio finora ci è stato negato. Monica questa volta s’è spaventata e per la prima volta ha parlato in prima persona, in un lungo intervento sull’edizione americana di «Vanity Fair» (l’articolo è scritto benissimo, va letto) dicendo: io vorrei mettere fine a questa vicenda, sono passati tanti anni, l’idea che ora Hillary si ricandidi e io debba tenere in sospeso la mia vita – o essere inseguita dai paparazzi – per altri quattro/otto anni, mi fa rabbrividire. In questo grandioso lasciatemi in pace, la Lewinsky racconta tutti i colloqui andati male, tutti i darsi di gomito di chi la incontra in giro, tutte le storie d’amore finite a schifìo («sì, ho avuto delle storie!», scrive in un inciso che dice tutto), la voglia di uccidersi, la voglia di rifarsi un’esistenza, quella domanda fattale dritta in faccia, in un incontro pubblico, davanti a tutti, da cui parte il racconto su «Vanity Fair»: «Come ci si sente a essere l’America’s premier blow-job

queen?». Soprattutto ci sono le donne, perché prima dei dettagli pruriginosi su sigari e sesso orale, prima delle lacrime clintoniane sulla «relazione inappropriata», questa è una storia di donne. La Lewinsky dice di essere stata fortunata che gli improperi di Hillary in fondo non siano stati così pesanti, anzi ora si sa che l’ex first lady pensava che Monica fosse una pazza mitomane con problemi sessuali, ma si sentiva anche in colpa perché pensava che nelle tentazioni del marito ci fosse una sua responsabilità. Però almeno Hillary era la moglie cornuta, e aveva qualche diritto a lanciare i piatti (sia detto chiaro: non l’ha mai fatto abbastanza). Ma le altre donne? La Lewinsky ricorda un articolo che uscì sul «New York Observer» il 2 settembre del 1998, che raccoglieva i commenti delle donne riunite al Bernardi di Manhattan sull’unico tema che allora era degno di discussione: la stagista della Casa Bianca, that woman come veniva chiamata, il vestito con le tracce di sperma, l’amica che le aveva segretamente registrato le telefonate (Linda Tripp), se il sesso

orale fosse davvero un tradimento, oppure no. C’era il meglio del femminismo di quell’epoca chiuso un una stanza privata, da Erica Jong a Susan Shellogg, che condannava Monica e salvava il presidente, con argomentazioni ironiche, tra un cocktail e l’altro, un tono divertito che mascherava un estratto di misoginia che fu poi definito imbarazzante da altre donne che quel giorno non c’erano. Le donne non sono mai riuscite a fare conti sensati con quello scandalo. E se davvero Hillary si candiderà di nuovo alla Casa Bianca quell’ipocrisia è destinata a tornare fuori, non solo perché la Lewinsky l’ha denunciata. L’ex first lady vuole restarne fuori e su «Vogue America» ha appena pubblicato un estratto del prossimo libro in cui parla della sua mamma: un rapporto tra donne che ha un senso. Ma non sarà sufficiente: come nelle storie d’amore finite male, solo il tempo forse riuscirà a far dimenticare quello che è accaduto. O il fatto che i diciottenni, che andranno per la prima volta a votare nel 2016, nel 1998 erano appena nati.

collezionati, le indifferenze accertate, i rifiuti incassati, verrebbe voglia di deporre le armi e di esortare i giovani ad abbracciare la causa dell’inglese, la chiave di accesso universale che scavalca d’un colpo ogni scrupolo e ogni impaccio burocratico. In realtà, la nostra insopprimibile condizione di minoranza non ci permette di aggirare lo scoglio linguistico ultramontano, con al centro la diglossia dialetto/tedesco. La nostra scuola ha sempre dovuto fare i conti con questi vincoli linguistici. Non potendo selezionare, come fanno gli altri, ha dovuto accumulare: prima il francese e poi il tedesco e l’inglese, senza dimenticare la lingua primaria, l’italiano. Troppo? Forse sì, ma altra via, per noi svizzeri italiani, non c’è. Pena l’esclusione dagli studi, dai commerci, dalla politica, dalla cultura, dalla rete. Bisogna ricordare – benché sia una magra consolazione – che l’italiano,

nell’Unione europea, non gode di miglior considerazione. L’Italia ha dovuto ricorrere alla Corte europea di giustizia in Lussemburgo per veder riconosciuti i suoi diritti nel campo dell’offerta di impieghi nelle istituzioni Ue: bandi di concorso diffusi solo in inglese, francese e tedesco. Alla fine la Corte ha dovuto dar ragione al ricorrente spiegando che non è accettabile una simile diversità di trattamento. Ciascuno, come si vede, ha i suoi motivi di malessere. L’inglese, lingua extra-territoriale, non contemplata nella nostra Costituzione, è dunque destinata a diventare tra qualche anno la nostra «lingua franca»? Molti, nell’economia e negli atenei, specie nei politecnici, già ragionano in quest’ottica. È solo questione di tempo, dicono, questione di generazioni. La pensa così anche Philippe Van Parijs, filosofo nato e cresciuto a Bruxelles, docente all’università di

Lovanio, il quale, nel suo ultimo libro, intitolato Giustizia linguistica, perora la causa dell’«inglese per tutti» per ragioni essenzialmente di equità. Non è giusto, afferma, che la lingua di una minoranza com’è quella anglofona finisca per declassare tutte le altre. Ma per combattere tale monopolio c’è un’unica strada: imparare l’inglese bene e a fondo, così che ogni Paese appartenente all’Ue, anche quello più piccolo e debole, possa partecipare con pari dignità ai processi politici ed economici comunitari, senza subire discriminazioni legate all’idioma già ai blocchi di partenza. Van Parijs non è un linguista, è un teorico della giustizia allievo di Rawls, noto per i suoi studi sul reddito di base; affronta quindi il groviglio linguistico europeo da un altro punto di vista. Sarebbe bello poter discutere le sue tesi in uno dei tanti convegni che si stanno organizzando.

Affari Esteri di Paola Peduzzi L’pocrisia delle donne «Tu mi vuoi fuori dalla vita», scrisse Monica Lewinsky a Bill Clinton nel dicembre del 1997, in una lettera in cui gli diceva di avere anche preso per lui alcuni regalini per Natale. «Vorrei darteli di persona, ma so che non accadrà», scrive Monica, che allora era ancora una stagista della Casa Bianca e la sua relazione con l’allora presidente non era ancora pubblica. «Sapevo che sarebbe stato doloroso dirti addio – conclude – Solo non sapevo che tutto questo sarebbe avvenuto per iscritto. Abbi cura di te». Finiva la storia, ma iniziava lo scandalo, il primo grande scandalo internettiano – lo scoop fu del sito Drudge Report – ma ancorato in quegli anni Novanta di benessere e lussuria. Ora che non si fa che parlare della prossima candidatura di Hillary Clinton per il 2016, Monica è tornata a essere notizia: i conservatori usano quella storia, che portò fino all’impeachment del presidente, che cadde soltanto quando a votare fu il Senato, e votò contro, per deragliare fin da subito le possibilità di Hillary (la quale in realtà ha altri problemi, riguardanti

l’oggi o il recente passato, come il pasticcio di Bengazi quando lei era segretario di Stato, o semplicemente il fatto che stia per diventare nonna in un mondo in cui si rottamano anche gli adolescenti). Si riaprono gli archi-

Monica Lewinsky su «Vanity Fair».

Cantoni e spigoli di Orazio Martinetti L’inglese lingua franca per tutti La lingua batte dove il dente duole. La Svizzera italiana – con alla testa il canton Ticino – ha ripreso l’offensiva per la tutela e la valorizzazione della lingua italiana su tutto il territorio nazionale. Questa volta l’avanguardia può contare sull’appoggio di molte truppe: le autorità grigionesi, l’ambasciata italiana, la radiotelevisione, Coscienza Svizzera, la Dante Alighieri, la Pro Ticino, le facoltà di italianistica, le associazioni degli insegnanti eccetera. Un fronte vasto, come non s’era mai visto sin qui. Infatti, in precedenza, il Cantone aveva condotto le sue campagne quasi in solitudine. Bellinzona che alzava la voce e Berna che nicchiava; la deputazione ticinese che sollecitava l’aumento del numero dei funzionari italofoni nell’Amministrazione federale e i dipartimenti che facevano orecchi da mercante; le conferenze dei direttori cantonali della pubblica educazione che non

rispettavano l’ordinanza federale sulla maturità… Tante controversie, tante incomprensioni, tante amarezze maturate negli anni, e che a lungo hanno avvelenato i rapporti tra il Cantone e le autorità centrali. E anche, purtroppo, con i cugini romandi, mai veramente interessati agli stenti e alle aritmie dell’italiano (ma ipersensibili ad ogni sussulto del francese). D’altra parte, non è possibile ignorare che la storia ci ha mantenuti divisi. Coi romandi francofoni il Ticino non ha mai avuto un confine in comune; le relazioni con la vecchia Confederazione sono sempre avvenute attraverso i valichi centrali: San Gottardo, Lucomagno, San Bernardino. Siamo dunque cugini… alla lontana, una relazione coltivata soprattutto dagli studenti ticinesi che, dopo il liceo, decidevano di proseguire gli studi a Ginevra, Losanna, Neuchâtel e Friburgo. A volte, visti gli insuccessi fin qui


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Cultura e Spettacoli Fra le altre cose il cügià Anche il cucchiaio fra le parole contenute nel fascicolo no. 84 del Vocabolario dei dialetti pagina 43

L’incontro di spazio e tempo Il felice sodalizio umano e professionale di due artisti che scelsero il Ticino come patria: le opere di Gisela e Alfred Andersch ora in mostra

This is jazz Jazz made in Switzerland Selection IV: un’antologia musicale per gli amanti del genere

Il ritorno di Cyndi Gli anni Ottanta stanno vivendo un vero e proprio revival, e i cantanti ne approfittano

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La ragazza con l’orecchino di perla Mostre Grande successo a Bologna

per il quadro di Vermeer, in un’operazione però prettamente commerciale

Gianluigi Bellei In questi ultimi mesi tutti parlano della Ragazza con l’orecchino di perla e magari anche di Golden Age, che di per sé non vuol dire nulla ma in questo contesto assume caratteristiche epocali e dà un tocco di sapienza e internazionalità. Ormai questa ragazza è diventata un’icona della cultura, grazie al romanzo di Tracy Chevalier del 1999 e soprattutto al relativo film di Peter Webber del 2003. Il «New York Times» recensisce il libro come un avvincente romanzo «sulla natura dell’amore e dell’arte che evoca meravigliosamente la vita del XVII secolo». Ma ancor prima e cioè nel 1986, pochi se lo ricordano, Marta Morazzoni scrive La ragazza col turbante che è poi il primo titolo dello stesso quadro di Johannes Vermeer di cui stiamo parlando. Ma è il film che ne decreta la notorietà anche grazie all’attrice che interpreta la giovane fanciulla ritratta e cioè Scarlett Johansson. Tutti ne parlano e tutti la vanno a vedere. Sì, perché a Bologna una mostra organizzata da Linea d’ombra di Marco Goldin la propone in pasto a migliaia di visitatori. Bologna era una città un tempo altera. Pochissimi i turisti e gli abitanti ne erano contenti. Il mercato, le strade, i musei, la piazza, vero cuore pulsante della città dove si discuteva animatamente di politica, erano tutti per i bolognesi; come in un’isola pulita e ordinata, dove i mezzi pubblici erano gratuiti… Il tempo ha cambiato le cose e ora la città assomiglia a tutte le altre, nel bene e nel male. Visitare la Pinacoteca era

come un viatico solitario e discreto; il San Giorgio e il drago di Vitale incuteva paura come La strage degli innocenti del sommo Guido Reni tra lame al vento e tensioni indicibili. Il tutto si acquietava infine nella calma pensosa dell’Estasi di Santa Cecilia di Raffaello. Oggi il museo è sempre vuoto e la città sporca e caotica. I commercianti però sono contenti perché finalmente «con la cultura si mangia» come si dice a ripetizione con l’acquolina alla bocca. Anche qui, dove i furbi si sono insinuati nelle crepe di un tessuto che ha perso col tempo la sua identità. A Firenze i commercianti di piccole cose o i piccoli commercianti erano chiamati con disprezzo pizzicagnoli, senza immaginarne un’invasione culturale. Oggi viviamo in un mondo di pizzicagnoli che fanno della sciatteria e del profitto fine a sé stesso la ragione di vita. Marco Goldin ha trovato la formula del successo per fare e far fare tanti soldi attraverso la sua gioiosa macchina da guerra. Grandi investimenti in pubblicità (quella ingannevole e subdola che invita a vedere una mostra di van Gogh dove di suoi quadri ce n’è solo uno; oppure quella più classica di contorno che vi invita a bere il caffè della Ragazza con l’orecchino di perla, e per constatarlo basta andare al bar dopo il confine di Chiasso). Organizzazione di pullman, visite guidate e quant’altro per vendere un sogno. Tutti in fila, quindi, per non vedere, perché nessuno si accorge che in mostra c’è un altro Vermeer: Diana e le sue ninfe, opera giovanile cara a Proust. Ma che importa, siamo nella Golden Age, anche se non proprio

Johannes Vermeer, La ragazza con l’orecchino di perla, 1665 ca.; lascito di Arnoldus Andries des Tombe, L’Aia, 1903 (Inv. n. 670). (© L’Aia, Gabinetto reale di pitture Mauritshuis)

in una full immersion, in ogni caso forse in una nuova spending review culturale che ci farà tutti felici. Il Mauritshuis, il museo dell’Aia dove è custodita l’opera, è chiuso da qualche anno per ristrutturazioni e la direzione ha pensato di far girare per il mondo alcune opere della collezione anche per ripagare in parte i lavori. Cinque le sedi che hanno ospitato i quadri e la ragazza: due in Giappone e tre negli Stati Uniti. Unica tappa europea, appunto, Bologna che presenta alcune opere in più, una quarantina in tutto, rispetto alle altre in un «progetto ineccepibile anche dal punto di vista della ricostruzione storico artistica», si sbilancia il curatore Marco Goldin. L’esposizione è suddivisa per temi. Si parte con una breve storia del Mauritshuis per proseguire con dei paesaggi e una sezione dedicata ai ritratti tra i quali alcuni di Rembrandt. Seguono Interni con figure e Nature morte per terminare nell’ultima sala dedicata esclusivamente alla Ragazza con l’orecchino di perla.

Per inquadrare il contesto storicoartistico rimandiamo alla recensione su queste colonne della mostra di Vermeer alle Scuderie del Quirinale a Roma pubblicata il 14 gennaio 2013. In quell’occasione i dipinti dell’artista erano otto e tutti di altissima qualità ,come per esempio l’Allegoria della fede, complessa costruzione della maturità. In ogni sala un’opera di Vermeer dialogava con quelle dei suoi conterranei contemporanei in un incontro serrato e chiarificatore. Il confronto con la mostra bolognese appare così sproporzionato sia per il numero delle opere in generale che per la loro qualità. L’allestimento bolognese risulta poi un po’ caotico e troppo concentrato, sbilanciandosi ulteriormente fra l’opera principale a scapito di tutte le altre; l’illuminazione infine non aiuta una corretta lettura dei lavori. Anche la solitaria Ragazza con l’orecchino di perla è illuminata malamente nonostante sia il centro dell’attenzione. Peccato perché la sua bellezza si riflette nella delicatezza tenera della pelle e il bianco degli oc-

chi nella perla che è all’orecchio, come scriveva a suo tempo Hordt Gerson. Il catalogo infine sembra confezionato per un pubblico di bocca buona. Insomma siamo di fronte a un’iniziativa di carattere prettamente commerciale che, per carità, va benissimo se vuole avvicinare il grande pubblico all’arte, ma che in ogni caso potrebbe viaggiare sul doppio binario della divulgazione e della ragionevolezza scientifica. All’ultimo piano l’esposizione «Attorno a Vermeer» raccoglie una serie di opere di 25 artisti contemporanei non particolarmente degne di nota. Nel frattempo la Pinacoteca cittadina è ancora vuota e ci si può così sempre consolare davanti al Casolare di Giuseppe Maria Crespi. Sognando i musei della città di Parigi, pieni e soprattutto gratuiti. Dove e quando

La ragazza con l’orecchino di perla. A cura di Marco Goldin, Palazzo Fava, Bologna, Fino al 25 maggio.



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Cultura e Spettacoli

Andersch, il felice connubio

Mostre Un prezioso omaggio a una coppia di artisti che in Valle Onsernone, e non solo,

ha saputo lasciare un segno: Gisela e Alfred Andersch

Simona Ostinelli Il fenomeno della coppia di artisti è piuttosto complesso e il ventesimo secolo ha consegnato tante storie di amore e creazione. Pensiamo al rapporto distruttivo che lega Auguste Rodin a Camille Claudel, completamente dominata dalla figura del grande scultore; o a quello proficuo fra Niki de Saint Phalle e Jean Tinguey, che anche dopo la separazione continuano ad elabora-

re progetti insieme. Di una coppia di artisti si occupa anche il Museo di Arte moderna di Ascona con l’esposizione Alfred e Gisela Andersch. Lei crea nello spazio, io nel tempo, che già a partire dal titolo sottolinea i due diversi ambiti che hanno segnato la vita dei coniugi Andersch. Alfred è stato scrittore anti nazista, poeta e saggista, mentre Gisela era pittrice: la mostra, curata da Peter Erismann in collaborazione con il Museo Strauhof di Zurigo, analizza lo

Kirschen in der Freiheit , copertina di Gisela per Alfred Andersch (1952).

scambio reciproco tra il mondo della parola e quello delle immagini e descrive come Alfred e Gisela si siano costantemente accompagnati e sostenuti, nel rispettivo percorso professionale, per tutta la vita. Entrambi infatti «conservano la loro libertà interiore, mantenendo un’intima vicinanza affettiva» (Erismann). Alfred, nato nel 1914 a Monaco di Baviera, ha in gioventù esperienze diverse che lo segnano per sempre. Si forma come libraio, è attivo politicamente nelle fila dei giovani comunisti bavaresi e nel 1933 viene internato nel campo di concentramento di Dachau; in seguito lavora come impiegato e direttore pubblicitario, si sposa e divorzia, è reclutato nell’esercito tedesco e, nel 1944, viene trasferito negli Stati Uniti come prigioniero di guerra. La sua attività come pubblicista inizia al suo rientro in Europa, quando diventa il curatore di Texte und Zeichen, rivista molto importante per la scoperta di giovani talenti (quali Beckett, Borges, Neruda, Vittorini e Pavese), e in più di trent’anni pubblica romanzi, libri di viaggio, racconti, saggi e radiodrammi. Il rapporto con Gisela inizia nel 1940. Lei ha un anno di più (è nata nel 1913 a Elberfeld), ha un matrimonio alle spalle, e sta cercando la sua strada come artista autodidatta e fotografa. È attratta dalla coeva pittura astratta e, pur interessandosi ai costruttivisti svizzeri, appare più vicina alle opere del gruppo olandese De Stijl. Fra i suoi sostenitori vi è Max Bill, che negli anni Sessanta l’aiuta ad organizzare la sua prima personale a Zurigo. Alfred e Gisela si sposano nel 1950, hanno una figlia e pochi anni dopo, attratti dal mito del Sud, si trasferiscono a Berzona, in Val Onsernone e frequentano Golo Mann e Max Frisch, che sono i loro vicini di casa. La mostra è ricca di fotografie, testi e dipinti, che documentano quarant’anni di sodalizio artistico. In più ha anche il merito di sfatare il luogo comune che vuole le donne artiste in secondo ordine rispetto a mariti e compagni. Il rapporto tra i due è paritario e, anzi, si nutre dell’opera dell’altro. Al-

Alfred e Gisela Andersch. (© Annette Korolnik-Andersch, Carona)

fred scrive dell’arte di Gisela, l’aiuta ad organizzare le esposizioni e raccoglie materiale fotografico sui suoi dipinti; Gisela a sua volta disegna le copertine dei testi di Alfred. Nel 1976 Gisela viene invitata a partecipare alla Dokumenta di Kassel e Alfred coglie l’occasione per pubblicare Einige Zeichnungen, dedicato allo sviluppo artistico dell’opera della moglie. Ad impressionare, in quelle pagine, non è solo il solido contributo storico artistico di uno scrittore per una pittrice, ma soprattutto è la descrizione della sfera più intima del loro quotidiano, composto da parole e immagini, quasi una dichiarazione d’amore di un marito innamorato della moglie e della sua arte. L’anno successivo, in Über das Wohnen von Künstlern heute, Alfred dà un ulteriore spaccato del loro quotidiano e della loro maniera di abitare. «Le case degli artisti al giorno d’oggi si assomigliano. Si preferiscono pareti imbiancate a calce, compresenza di legno e pietra, però senza creare un effetto rustico. Il più possibile meno mobili, molto spazio per i libri, i quadri debbono potersi dispiegare sulle pareti. Abbiamo in un certo qual

modo idee improntate al “funzionale”, non ci piace il superfluo, talune persone trovano che la nostra casa sia troppo ordinata. In effetti, scrivere un romanzo è un lavoro talmente folle che ho bisogno di ordine intorno a me. Intorno c’è il giardino, che ci dà molto da lavorare. Non abbiamo una piscina, ma in compenso abbiamo una piantagione di lamponi. L’allestimento e la cura di un giardino sono un po’ come la composizione di un romanzo. In entrambi i casi, per giunta, il buon Dio si cela nei dettagli». La testimonianza è preziosa perché descrive un mondo perfettamente inserito nel contesto contemporaneo, improntato ad un «funzionale» che si dipana nello stile compositivo di Alfred e nelle opere pittoriche di Gisela. Dove e quando

Alfred e Gisela Andersch. Lei crea nello spazio, io nel tempo. A cura di Peter Erismann. Ascona, Museo Comunale d’Arte moderna. Orari: masa 10.00-12.00 / 15.00-18.00; domenica e festivi 10.30-12.30; lu chiuso. Fino al 1. giugno. www.museoascona.ch

L’incestuosa passione di un borghese Teatro Affabulazione di Pasolini messa in scena da Lorenzo Loris Giovanni Fattorini In Affabulazione – uno stationendrama in versi liberi scritto nel 1966, edito in seconda stesura nel ’69, e pubblicato postumo, in terza stesura non definitiva, nel ’77 - Pasolini ripropone il mito di Edipo, ma ripensato alla rovescia: qui c’è un padre – un ricco industriale lombardo di mezz’età, «laico, democratico» – che uccide a coltellate il figlio diciannovenne. Tutto ha inizio in un pomeriggio estivo. Ridestandosi da un sogno che lo ha sconvolto e che non riesce a ricordare, il padre si sente improvvisamente diverso. Tenta di dialogare pedagogicamente col figlio che vuole interrompere gli studi e non intende seguire le orme paterne. In modo confuso, avverte che la sua enigmatica figura di biondo adolescente è un prolungamento di ciò che gli è apparso in sogno. Le successive stazioni del suo dramma – che sono costretto a schematizzare in modo estremo – saranno una crisi religiosa, l’abbandono dell’attività lavorativa, e una sempre più bruciante e impudica passione per il figlio, di cui vuole scoprire il «mistero», cioè conoscere de visu il sesso e la sessualità. Finirà con lo spiarlo e pugnalarlo a morte mentre sta facendo all’amo-

re con la sua ragazza. Ormai vecchio (dopo vent’anni di carcere è diventato un clochard che dorme su un vagone ferroviario), arriverà a credere – «contemporaneamente e senza contraddizione» con la consapevolezza di averlo ucciso – che il figlio è morto in guerra: la guerra è lo strumento con cui i padri ammazzano i figli. Nel Manifesto per un nuovo teatro pubblicato nel ’68, Pasolini rifiutava sia il teatro della Chiacchiera (teatro borghese) che quello del Gesto o dell’Urlo (teatro borghese antiborghese), e si faceva banditore di un teatro di Parola, privo di azione scenica, che ricerca il suo spazio «non nell’ambiente ma nella testa». Un teatro che non si rivolge direttamente alla classe lavoratrice, ma che «vi si rivolge indirettamente e realisticamente» attraverso un pubblico di «intellettuali borghesi avanzati». Un «rito culturale», in cui l’attore non fonda più «la sua abilità sul fascino personale (teatro borghese) o su una specie di forza isterica e medianica (teatro antiborghese)», ma «sulla sua capacità di comprendere veramente il testo», di essere – rivolgendosi frontalmente agli spettatori – un «veicolo vivente del testo».

Roberto Trifirò e Annina Pedrini in Affabulazione. (Dorkin)

Prescindendo dalle formulazioni teoriche, Luca Ronconi ha definito «esibitorio» il teatro di Pasolini, in quanto i suoi personaggi sono posseduti dalla smania di dire tutto, di chiarire tutto. Il contrario, insomma, di un teatro che nasce da una poetica del sottaciuto, dell’inespresso (che ha il suo modello supremo in Cechov). La scrittura drammaturgica di Pasolini è infatti di

carattere prevalentemente discorsivo, argomentativo, e i suoi personaggi non possono dirsi veramente tali: sono maschere di una mente – quella del drammaturgo – intenta a dibattere con sé stessa alcuni temi impegnativi (tra cui la sessualità «diversa», importantissima e non sempre consapevole chiave di lettura della realtà). È evidente che un teatro di tal genere corre almeno un doppio rischio. Da una lato, di scontrarsi coi limiti psico-fisici dello spettatore, con la sua incapacità di mantenere allo stesso livello, oltre un certo tempo, l’attenzione e la lucidità del giudizio. Dall’altro, di spingere gli attori verso quel birignao accademico che Pasolini detestava. Senza curarsi, giustamente, della precettistica pasoliniana, Lorenzo Loris ha saputo «movimentare» nella giusta misura un testo privo di azione. Pochi elementi scenici disegnati da Daniela Gardinazzi configurano per sineddoche l’interno e l’esterno di una casa circondata da un giardino. Di tanto in tanto, su due schermi laterali vengono proiettati dei brevi filmati d’archivio. Quello iniziale è preceduto dalla scritta «Milano 1966-1975» (il ’75 è l’anno dell’assassinio di Pasolini). Sono immagini silenziose, in bianco

e nero, relative a un fenomeno e a un evento che suscitarono l’appassionata riflessione dell’artista: il mutamento del paesaggio prodotto dallo sviluppo industriale (mutamento che si accompagna alla scomparsa della cultura contadina) e la contestazione giovanile del ’68 (che per Pasolini era «una lotta intestina» della borghesia). A vivificare il testo provvedono gli attori, che sanno conferire una concretezza non naturalistica a personaggi che sulla pagina risultano piuttosto astratti. Tutti bravi, a cominciare da Roberto Trifirò (il padre), capace di colorire in diverso modo i tre registri del linguaggio pasoliniano: il raziocinante, il lirico, il colloquiale. E accanto a lui Annina Pedrini (la madre), Alberto Patriarca (un figlio di adolescenziale freschezza), Sara Marconi (la ragazza che suscita la gelosia del padre), Monica Bonomi (ironica e perspicace negromante), e un attore di lunga esperienza, Umberto Ceriani, che con pacatezza variamente modulata interpreta tre parti: l’ombra di Sofocle, il prete, il barbone Cacarella. Dove e quando

Milano, Teatro Out Off fino al 1° giugno.


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Cultura e Spettacoli

Renzi nel mirino Pubblicazioni Un fumetto ad alto tasso satirico prende in giro la vita a cento all’ora

del Presidente del consiglio italiano Mariarosa Mancuso In principio erano i «Chuck Norris facts», omaggio satirico all’attore della serie Walker Texas Ranger (correvano gli anni ’90). Una raccolta di imprese gloriose e supervirili, circolanti su internet. Del tipo: «Chuck Norris ha contato fino a infinito. Due volte». Oppure «L’albero di Natale di Chuck Norris ha le palle quadrate». E ancora: «Quando Neil Armstrong ha messo piede sulla luna ha trovato un biglietto con la scritta “Chuck Norris è stato qui”».

Quando sua madre era ancora in sala parto Renzi era già a casa e si guardava i cartoni alla tv C’è anche un fatto elvetico, almeno in apparenza (in realtà riconducibile alla sigla italiana della serie tv Heidi, prodotta dallo studio Ghibli di Hayao Miyazaki): «A Heidi le caprette fanno ciao. A Chuck Norris le caprette rifanno il letto, lavano i piatti, spolverano, stirano e puliscono il water». La collana di tascabili Tea li aveva raccolti in volumetti a firma Mist & Dietnam, tra le tante la nostra preferita recita: «Le impronte di Chuck Norris a Hollywood sono state fatte poggiando le mani sul cemento già asciutto». Poi arrivò il tormentone dedicato a Giuliano Pisapia, sindaco di Milano e protagonista di imprese non proprio lusinghiere: «Pisapia dipinge i pinguini di bianco così si perdono»; «Gli scheletri hanno Pisapia nel proprio armadio»; «Pisapia è talmente comunista che da bambino cercava di mangiarsi da solo». «Pisapia ha caricato una coppia di zanzare sull’Arca di Noè». Il primo presidente nero d’America ebbe i suoi – «Obama ha votato per te», sempre da Tea, sempre firmato Dietnam e Mist. Matteo Renzi non poteva sfuggire. Matteo Renzi è stato azzurro di sci era il titolo di un e-book firmato

da Francesco Borgonovo e da Ottavio Cappellani, già dissacratori dell’Inferno di Dan Brown e del giornalismo culturale italiano, appena dissimulato sotto trasparenti pseudonimi, in Infermo, pubblicato da Barbera editore. I «Renzi facts»: garantiscono che «Platini collezionava le figurine di Matteo Renzi» o che «Andreotti non aveva la gobba. Era Renzi appollaiato che studiava». Lo si scarica sul sito delle edizioni 20090, illustrato da Walter Leoni. Francesco Borgonovo e Walter Leoni tornano alla carica con Bischerock’nRoll, appena uscito da Miraviglia, piccola casa editrice di Reggio Emilia. Sfoderando contro l’ex sindaco di Firenze più vena satirica di Maurizio Crozza – l’ultima volta che ci ha fatto ridere sguaiatamente era nello sketch di Papa Francesco con un frigorifero sulle spalle, da consegnare all’estrema periferia romana – raccontano e illustrano la vita a cento allora del giovanotto. Sua madre era ancora in sala parto e lui era già a casa a guardare i cartoni in tv. Alla recita scolastica di Natale recitò tutti i ruoli: Gesù, Giuseppe, Maria, il bue e l’asinello, il coro che canta «Tu scendi dalla stelle o re del cielo e vieni in una grotta al freddo e al gelo». Con i peluche giocava alla Democrazia Cristiana. Chiedeva per merenda pane e nutella, e poiché la mamma tardava era già passato al sigaro e al cognac. L’età adulta di Matteo Renzi è intervallata da disegni che mostrano Massimo D’Alema in preda agli incubi: «Neri presagi di catastrofe imminente... il cielo che si oscura, la bandiera rossa che sbiadisce... le cavallette, cavallette ovunque». «Sarà colpa del bollito», gli fanno notare, ma noi sappiamo che la rottamazione sta dietro l’angolo. Sarà pure una brutta parola, come crede chiunque abbia più di sessant’anni – e anche un po’ di gente che ne ha trenta. Abbiamo sentito con le nostre orecchie un giovane romanziere di sinistra parlare di Renzi come del «male assoluto». Renzi-struzzo corre veloce, il cervello segue dopo un po’. Fa anche più ridere nel disegno di Walter Leoni, bravissimo a cogliere l’aria da Fon-

Blacklist, la forza dei numeri Visti in tivù Con

36’600 spettatori la nuova serie americana si conferma un ottimo acquisto Antonella Rainoldi

La copertina del fumetto satirico su Matteo Renzi.

zie che venne fuori nell’intervista con Maria De Filippi. Quel giubbotto fu un terremoto nell’immaginario politico italiano, nulla a che vedere con Piero Fassino che andò a C’è posta per te per incontrare la vecchia tata né con Massimo D’Alema che in tv cucina il risotto e mostra le sue vigne. La cartomante annuncia a Renzi una buona notizia – «Diventerai segretario politico» – e una notizia cattiva: «Il partito sarà il PD». Quello, per semplificare le complicanze della politica italica, dove la base – quelli che Stefano Disegni chiama «gli atticisti», noti anche come radical chic, per i tedeschi Toscana Fraktion e i per i francesi Gauche Caviar – si dichiara contraria a una legge sulla riforma del

lavoro firmata da un ministro che viene dalle cooperative rosse. Giorgio Napolitano viene disegnato come la tata che nel programma tv SOS Tata (bambini indisciplinati da ricondurre all’ordine) cerca di far da paciere tra le rissose anime. Renzi alle prese con la lista dei ministri viene sfottuto per la sua passione per il pop: «Facciamo ministro Homer Simpson? Posso avere Sponge Bob all’economia? Posso mettere Goldrake alla difesa?». Il meccanismo comico ricorda le vecchie storielle in cui il re spendeva per il pranzo «centomila lire di petrosino». Petrosino in siciliano sta per prezzemolo, figuriamoci la spesa per carne, pesce e vino.

Come va The Blacklist, sul piano dei numeri? Prima di dare una risposta a questa domanda, come promesso, cominciamo col dire che le serate RSI a base di telefilm funzionano molto bene. Martedì e mercoledì la media serale totalizza, rispettivamente, il 29% e il 25,6% di share, superando di gran lunga l’obiettivo del 23%. Nella classifica delle dieci serie più seguite da settembre 2013 ad aprile 2014 mostrano maggiore capacità attrattiva Castle (46’200 spettatori, 34,7% di share), Grey’s Anatomy (46’800, 30,7%), Rizzoli & Isles (43’700, 31,5%) e The Mentalist (39’700, 32,5%), anche se tutte assicurano alla RSI buoni risultati. I dati confermano dunque la passione con cui gli spettatori seguono le vicende dei loro eroi. Ora torniamo alla domanda iniziale. Come va The Blacklist, sul piano dei numeri? Con quindici episodi ormai andati in onda (più due a maggio), la bella serie targata Davis Entertainment e Sony Pictures Television ha fatto registrare un ascolto medio di 36’600 spettatori, pari a uno share del 25% (La1, mercoledì, ore 21.10). Siamo su percentuali nettamente superiori a quelli della ben più consolidata The Good Wife del martedì (27’000 spettatori, 23,5% di share), anche se quest’ultima ha pagato la collocazione in pa-

In dialètt, per favore! Pubblicazioni Dati sulla relativa vitalità dei dialetti italiani, vivi e vegeti a patto di usarli

insieme all’italiano Stefano Vassere La maggior parte dell’ultimo numero dei prontissimi «Quaderni grigionitaliani» è dedicata agli atti di una serie di incontri e conferenze tenuti nel biennio 2012-2013 in valle Bregaglia, una serie dal titolo ambizioso L’italiano tra passato e presente. L’Accademia della Crusca in Val Bregaglia. Conferenze, incontri, tavole rotonde nella prospettiva di animare il dibattito attorno alla nostra lingua in Svizzera, tenuti oltretutto in una regione particolare dell’italianità alpina, la «italofonamente» più debole delle quattro valli italofone del cantone Grigioni, dove il tema assume valenze e simbologie di sicuro significative. Tra lingua delle nuove tecnologie, comunicazione digitale, competenze linguistiche dei giovani, gli immancabili plurilinguismo e multilinguismo, c’è un bel testo del sociolinguista torinese Massimo Cerruti che si occupa del tema, meno alla moda, della sopravvivenza dei dialetti italiani. Vi si riportano i dati, a dire il vero già noti, dell’indagine dell’«Istituto nazionale di statistica» italiano del 2006, sull’uso soprattutto reciproco di italiano e dialetto ai nostri giorni. I numeri, come

detto, sono già conosciuti, ma converrà ribadirne qualcuno: la percentuale di parlanti italiano in famiglia raggiunge ormai quasi il cinquanta per cento, il dato è un po’ «epocale» perché la famiglia è tradizionale roccaforte di resistenza della dialettofonia italiana (fuori casa le percentuali veleggiano allegramente oltre la metà con amici ed estranei e verso i tre quarti con estranei). Poi, parla solo dialetto in famiglia ormai solo un quarto del campione (non parliamo del monolinguismo fuori casa). E poi ancora, per contro, sale sempre di più l’uso di italiano e dialetto insieme: un terzo in famiglia parla entrambi i codici, un gruppo più o meno equivalente con gli amici e uno su cinque (che è cifra questa volta non indifferente) con estranei. Fatte le debite differenze tra differenti regioni, fasce di popolazione, grado di istruzione, sembra essere cruciale il cambio di atteggiamento nei confronti della dialettofonia, sempre meno considerata un difetto e un problema e sempre più liberata nelle sue potenzialità di creatività e consapevolezza culturale. Così, dice Cerruti, «il grado medio di conoscenza e sicurezza d’uso dell’italiano, oggi, è tale da vincere il timore nei confronti dello stig-

ma sociale tradizionalmente rivolto ai monolingui dialettofoni». Abbiamo imparato bene l’italiano e quindi possiamo tornare in tutta tranquillità a praticare, senza vergogna, il dialetto, che si fa strada «nelle insegne di esercizi commerciali, nella musica giovanile e, marginalmente, nei fumetti, nell’enigmistica, nella pubblicità nazionale». Ecco, detto della nuova vita del dialetto, vitale a patto di non lasciarlo mai più isolato nella competenza dei parlanti, resta da valutare il comparto

dell’interesse dei dialetti come oggetto di studio della linguistica moderna. D’accordo, sembra un po’ esaurito il filone della ricostruzione filologica di tratti e lessico: sulla forma e le parole dei dialetti sappiamo ormai quasi tutto, sul modo di studiarli idem. E, sicuro, una moderna dialettologia deve tenere conto dei rapporti reciproci tra i due codici (quanto italiano c’è nei dialetti, quanto dialetto c’è eventualmente nell’italiano), della pragmatica e dei contesti comunicativi, dell’eventuale statuto dei dialetti come veicolo di valori e costumi linguistici particolari, del valore del dialetto come codice esotico in determinati contesti sociolinguistici: il dialetto nel linguaggio giovanile, il dialetto nella musica leggera, la letteratura dialettale moderna. Secondo qualche osservatore, lo studio del dialetto e dei dialetti si sta «femminilizzando», perché a un approccio di rigore sostituisce un atteggiamento – come dire? – dal volto umano. Bibliografia

Massimo Cerruti, Italiano e dialetti in Italia, oggi, «Quaderni grigionitaliani», marzo 2014.

Nella fortunata serie James Spader è Raymond «Red» Reddington.

linsesto della seconda serata. Le serie del martedì però raggiungono risultati migliori rispetto a quelle del mercoledì, perché godono di una controprogrammazione meno aggressiva. Si comprende dunque la soddisfazione della RSI. Anche la qualità dell’audience ha più di un aspetto interessante. Intanto, come succede con gran parte dei telefilm, The Blacklist adempie alla missione di «ringiovanimento» del target adulto-anziano sulle ventiquattr’ore. La serie riesce a catalizzare un pubblico giovane, capace di abbandonarsi al piacere della visione a puntate, nonostante l’approdo alla televisione in mobilità. Si tratta di un pubblico trasversale per sesso (25,4% di share fra gli uomini, 22% fra le donne), composto soprattutto da venti-trentenni (anche se il crime piace anche agli adulti, di età compresa tra 40 e 49 anni), con livelli d’istruzione medio-alti. Stando così le cose, non ci vuole molto a capire che The Blacklist è uno degli acquisti più fortunati degli ultimi anni. (In collaborazione con Lara Moro, RSI, dati Panel TV Mediapulse).


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Cultura e Spettacoli

VDSI: i meriti (e un difetto?)

Meridiani e paralleli Il Vocabolario dei dialetti della Svizzera italiana è giunto al fascicolo

numero 84

Giovanni Orelli Il VDSI ( vuol dire – la mania, l’abuso delle sigle – vuol dire Vocabolario dei dialetti della Svizzera italiana) è giunto al fascicolo numero 84, che porta dalla voce crott, grotto (la prima parte è nel n. 83, la voce è molto impegnativa) a cülata, ma sì facciamo culo, parola che naturalmente non censura il più grande dei poeti, Dante Alighieri (vedi Inferno XXI, 139, ed elli avea del cul fatto trombetta, uno dei rari versi danteschi che ricordano alcuni studenti di oggi: non tutto per colpa loro, colpa della scuola che, come la società, va di bene in meglio). Non è assolutamente colpa dei redattori del VDSI se il n. 84 finisce lì. Del resto, se il creatore dell’uomo è, come ci hanno insegnato, Dio: «a sua immagine e somiglianza», perché per scegliere i luoghi del piacere è andato a scegliere luoghi dove si orina, si defeca? O è l’uomo che ha inventato Dio a sua immagine e somiglianza? Bel problema. Per lasciarlo lì, non è colpa dei redattori se il numero 84 finisce col culo.

Sarebbe stato utile, auspicabile e (perché no?) divertente un rimando al Galateo di Bonvesin da la Riva Anzi: conviene profittare di questo fatto per nominarli con elogio e gratitudine i redattori del VDSI. Che sono: Franco Lurà, direttore. E, in ordine alfabetico, i redattori: Andrea a Marca (ma vedete quanto conta una semplice vocale come la a!), Giovanna Ceccarelli, Mario Frasa, Johannes Galletti, Monica Gianettoni Grassi, Michele Moretti, Lidia Nembrini, Dario Petrini, Laura Sofia. Ma anche loro, i redattori e il direttore, desiderano che il Vocabolario... sia sfruttato (uso proprio questo verbo «autunnale»: cogliere e godere i frutti) anche nelle scuole. Io credo, per interesse mio, ma anche nell’interesse della

Un Pinocchio alla storia più bella Concorsi Per chi

scuola, nel consiglio che dà quello che penso sia il maggior poeta del Novecento, T.S. Eliot, e qualcuno ritiene anche, e credo che non sbagli, il miglior lettore (umile e acutissimo) di poesia (veda, il lettore, per cominciare, il suo Sulla poesia e sui poeti, la traduzione italiana, impeccabile, è di Alfredo Giuliani per Bompiani, 1960). Ma ecco il consiglio: Non fidiamoci del gusto di chi non ha mai letto poesia contemporanea, e ancor meno di chi non ha mai letto altro che questa. (p. 53). Perché (e qui arrivo al cosiddetto difetto del titolo) giunti alla ragguardevole voce cügià (nel mio dialetto è un po’ diverso): cucchiaio, perché non aggiungere alla bibliografia, necessaria ma anche un po’ pedantesca, e che i lettori saltano, perché non aggiungere, non so dire dove, un rimando storicolinguistico, al simpatico e grande Bonvesin da la Riva, poeta milanese del Duecento, al suo splendido Galateo (che molto piace a ragazzini, lo so per esperienza personale: solo il titolo è in latino:) De quinquaginta curialitatibus ad mensam: di cinquanta regolucce sul come stare a tavola. Cinquanta regole che un maestro potrebbe utilizzare a scuola, perché il testo è divertente e istruttivo. Prendiamo, come esempio, e il maestro tradurrà senza difficoltà, la sedicesima regola: La sedesena apresso si è con veritae: no sorbiliar dra boca quand tu nangi con cugial. Quel homo e quella femena k’entro cugial forfolia fa sì com’ fa la bestia ke mangia la corobia. Basti qui ricordare che Bonvesin «è la personalità più rilevante della cultura milanese duecentesca» (Contini, prima riga del suo ritratto-antologia per il fondamentale Poeti del Duecento, Tomo I, 667-712; per il suo «Galateo» 703 sgg.), a c. di G. Contini, Ricciardi, Milano-Napoli, 1960; che la traduzione mia (modesta, alla lettera, è «La sedice-

riesce a raccontare la Venezia più bugiarda

Piero Zanotto

Un cügià, ossia cucchiaio. (CDE)

sima poi / è in tutta verità / non risucchiar con bocca (non sbattere la bocca) / quando usi il cucchiaio. / Quell’uomo o quella femmina / che fa rumore in cucchiaio / fa come fa il porcello (il maiale) / che assorbe (beve) la corobia (u crobi), la risciacquatura dei piatti che era il suo beverone». E sarebbe facile cosa aggiungere altri esempi. Per esempio, per stare qui entro i termini crott-cülata, con cügnà, cognato-i, per risalire al più grande di tutti, a Dante Alighieri, 1265-1321, alla sua «penetrazione del reale», perché, smettendola di dire con parole che vanno a finire nel vano il nostro amore per l’Italia, ci si impegni, per cominciare, a leggere suoi autori, poeti, narratori, storici, filosofi eccetera: privatamente e nelle scuole. In «lingua» o in dialetto. In lingua sublime, il racconto di Francesca sulla radice, la prima radice, dell’amore tra i due cognati. Eccoli i cognati! Son Paolo e Francesca, Dante, Inferno, canto V, con il culmine del questi che mai da me non fia diviso / la bocca mi baciò tutto tremante. Altro che inferno: Questi che mai da me non fia diviso «Con un amore spaventoso, con angoscia – commenta Borges – con ammirazione, con invi-

dia («Il fatto è che nessun libro mi ha dato emozioni estetiche altrettanto intense (…) La Commedia è un libro che tutti dobbiamo leggere» – J. L. Borges, Nove saggi danteschi, Adelphi, Milano, 2001, p. 131.) E dopo questo Borges, non oso più dilungarmi su crovaton, vento da nord, sui crüzi, anche capricci infantili (sono ovviamente tendenzioso nella mia lettura bedretese-betullese). Avrei anche dato un righino a un richiamo per cubiass, accoppiarsi, verbo importante, perché se non ci accoppiamo la nostra magnifica specie va all’inferno. Lascio perdere (non si perde niente) le quattro righe che intendevo scrivere su fè cucù, in tema di tagliar piante, lascio perdere qualche mio interrogativo su cüda, rosa canina, per un alta-Leventina angruan`. E chiudo gli occhi, per discrezione, non per mancare di rispetto e ammirazione per i linguisti del VDSI, su voci come scügiarà, su cügn, cuneo, soprattutto come toponimo, nome di luogo, di appezzamento (per la forma). Mi fermo qui, assolutamente non per vanità, avrei ricordato, nella bibliografia della terza di copertina, anche il negletto Remo Beretta, G.O., Classici e dialetto, ed. Ulivo, Balerna, 2008.

Le bugie di Pinocchio ora diventano pretesto per un premio letterario. Non accade in Toscana, dove Collodi ha fatto nascere la sua creatura di legno, ma a Venezia. Grazie alla curiosità culturale di un albergatore – Alessandro Mazzetto – proprietario e gestore dello storico ristorante Al graspo de ua (Al grappolo d’uva) situato a pochi passi dal Ponte di Rialto. Può sembrare soltanto un divertito capriccio. O tutt’al più un piccolo rebus che ha bisogno di spiegazione, ma non è così... Da poco meno di due anni infatti Mazzetto dedica ogni terzo giovedì del mese a un incontro artistico-culturale nella sala del ristorante intestata a Hugo Pratt, poiché in essa l’inventore di Corto Maltese aveva un proprio tavolo, dove nei suoi ritorni dagli angoli del mondo schizzava disegni e cenava. Per dare in qualche modo continuità a quelle storie veneziane che sono entrate nel cuore di molti in tutto il mondo, e anche per omaggiare il da più fronti compianto Pratt, si è deciso di creare un concorso letterario in cui gli autori sono esortati a raccontare (in prosa o in fumetto) una Venezia bugiarda. È data totale libertà sulla lunghezza dei testi così come sull’ambientazione temporale. L’editoria ha spesso dimostrato come questa libertà espressiva porti a risultati perlomeno curiosi, basti pensare a libri come Venezia impossibile di Marco Toso Borella o Laguna l’invidiosa, libro per bambini (ma non solo) di Tiziano Scarpa. I testi sono da inviare alla segreteria del Premio Al graspo de ua (San Marco, 5094A, Venezia). Ai migliori una scultura artistica in vetro di Murano raffigurante l’ormai veneziano Pinocchio, che sarà consegnata il 16 ottobre 2014. Ovviamente si tratta di un terzo giovedì del mese... Annuncio pubblicitario

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Cultura e Spettacoli

La schizofrenia creativa di Cannes Festival del cinema Aperta la corsa alla Palma più celebre del mondo

Fabio Fumagalli Cannes schizofrenica? Non è cosa nuova. Da un lato cinema per far soldi e, di conseguenza, utile a chi i soldi li caccia. Dall’altro, cinema d’autore, presente forse mai come quest’anno. Molti i «Grandi Vecchi» nella competizione principale e molti i «Futuri Grandi» ad ammiccare dalle sezioni collaterali. Ma c’è dell’altro: è proprio la programmazione delle prime giornate che sembra essere passata per le mani di qualcuno affetto da sdoppiamento della personalità. Film d’apertura largamente pubblicizzato (l’uscita di Grace de Monaco avverrà presto anche nelle nostre sale), nonché terribilmente contestato dall’Alberto regnante su Monaco e relative sorelle, in quanto «la sua storia è stata stravolta a fini puramente commerciali». Luogo di provenienza? Una delle parti privilegiate e prosperose della terra, gli USA. Poche ore dopo, primo film in Concorso: Timbuktu, storia terribile sui rapporti fra fondamentalisti islamici e popolazioni autoctone africane, girata da Abderrahmane Sissako, grande figura del cinema di quel continente. Luoghi di provenienza? Fra i più disastrati del pianeta: il Mali dov’è stato girato, la Mauritania patria dell’autore. Cinema per i più ricchi, cinema sui più poveri: schizofrenia, forse creativa.

La biografia di Grace Kelly, interpretata da Nicole Kidman, non è stata apprezzata dai principi di Monaco Cannes preoccupata? Se l’anno scorso si era parlato molto di meteorologia, vista la sfibrante edizione «monsonica» disturbata dal maltempo, quest’anno l’aria è quasi più insidiosa, anche perché si tira in causa il nome «traumatizzante» di Dominique Strauss-Kahn: già ritenuto responsabile di aver distolto, grazie alle sue

Una scena da Timbuktu, di Abderrahmane Sissako.

disinvolte scappatelle, ogni attenzione dalle giornate conclusive del Festival del 2011. Sulle celebri notti nell’albergo nuovaiorchese Sofitel che gli costarono un’elezione quasi certa a presidente di Francia, esce ora un Welcome to New York firmato dal luciferino Abel Ferrara e in cui DSK è impersonato da Gérard Depardieu. Il Festival ha dichiaratamente affermato di voler evitare i pettegolezzi e non l’ha selezionato, ma sembra dimenticare quanto sia difficile scoraggiare la curiosità mediatica. Tanto più che il film sarà presentato comunque a Cannes, ma al Marché du Film, manifestazione che si tiene in contemporanea al Festival. Saranno in molti a spostarsi nelle sale di Rue d’Antibes, dove i produttori del film rifiutato hanno organizzato tre proiezioni. E, come se non bastasse, un’uscita simultanea del film sulla Rete, in VOD, per sette euro… Cannes benpensante? Eccoci serviti della prima (particolarmente ingioiellata) di Grace di Monaco. La vicenda è stranota (ed è uno dei problemi del film): alla sublime Grace Kelly, icona

intoccabile nell’America degli anni Cinquanta, i conti proprio non tornano: la vita di corte non è esattamente il massimo, dopo lo spasso di Hollywood. Anche il sommo pigmalione Hitchcock, che l’ha resa ineguagliabile, la rivorrebbe in patria per interpretare Marnie. Scandalo e obbrobrio, e non solo per la love story con Ranieri che sta andando a ramengo. In preda a una grave crisi finanziaria, il Principato rischia l’isolamento politico e il boicottaggio, visto che il Principe insiste nel non pagare le tasse a De Gaulle. Mentre la principessa continua a girare per corridoi deserti, tra deprimenti ritratti d’antenati, piuttosto che mettere a profitto della diplomazia il proprio glamour leggendario. La faccenda, ad essere onesti, è stata anche utilmente ritagliata dagli autori della sceneggiatura: solo un periodo preciso di pochi mesi, l’acuirsi della crisi di una donna sola, l’aggrovigliarsi di quella politica, poche immagini d’archivio dell’arrivo fiabesco e nessuna speculazione melodrammatica sull’incidente d’auto che provocherà la tragica

scomparsa di Grace all’inizio degli anni Ottanta. Ma la scommessa di un film del genere girato nel 2014 consisteva in qualcosa di più banale e pragmatico: come trasformare in modo credibile Nicole Kidman in Grace Kelly. Ora, l’attrice australiana protagonista anche di alcuni grandi film (Eyes Wide Shut, The Others, Moulin Rouge) non ha nulla da provare: e la progressiva mutazione da erede di lusso dai genitori contrari a Hollywood a principessa d’operetta, ma infine quasi-statista, affiora dal suo viso con adeguata, a tratti toccante sensibilità. Ma perché il film si facesse introspettivo, perché la fiaba significasse finalmente l’intimo dei personaggi, occorreva la forza di uno sguardo registico. Quello di Olivier Dahan (autore in passato di un più convincente biopic su Edith Piaf, La môme) sembra adeguarsi ai fuochi d’artificio sulla baia per suggerire provvisori tumulti dell’animo, intrighi e turpitudini d’appendice ed esultanze fasulle. Se Hitchcock e De Gaulle divertono poiché ben imitati, il commento musicale è da cinema ammuffito, costumi e gioielli completano

adeguatamente l’arredo per chi ci crede. Mentre sulla celebre rocca il palazzo di panna montata su sfondo turchese ci rassicura pur sempre. Cannes incisiva. Sulla Costa Azzurra, lo sappiamo, il vento cambia spesso di direzione. Già con il primo dei film del Concorso: otto anni dopo il bellissimo Bamako Abderrahmane Sissako insorge da quello che fu un centro di civiltà straordinaria, di ricerca filosofica e scientifica, rappresentato oggi da un piccolo villaggio polveroso ai confini fra la Mauritania e il Mali. Con un film splendido e feroce, per la particolarità di uno stile insolitamente mutevole, la forza poetica di certe immagini sublimi, quasi surreali, lo sdegno inaudito della denuncia politica; e, ancora, l’ironia che riesce a infondere all’accorata constatazione di questo suo ultimo Timbuktu. Le successive spoliazioni colonialiste, le lotte intestine indotte dalla miseria, e ora l’estremismo folle delle milizie jihadiste giunte in parte dalla Libia hanno mutato la serenità dei ritmi del Sahel nell’insensata violenza raccontata dal film. Non solo la fine del fumo, del gioco, del canto, di uno stato sociale accettabile della donna dietro a quelle porte ormai sbarrate del villaggio fra le dune. Ma l’opposizione degli estremisti nei confronti dei rappresentanti di una religione islamica ragionevole, l’incomprensione crudele fra uomini della stessa terra che per capirsi debbono utilizzare l’inglese; e la vicenda portante del film, quella di Kidane che vive nella distesa di sabbia che fa da cornice armoniosa al villaggio, che ancora riesce a suonare la chitarra per la sua famiglia di pastori poiché nessuno, quando cala la notte, rischia di accorgersene. Sereno, anche se non ormai più fiducioso; perlomeno fino a quando una delle sue vacche non travolgerà le reti di un pescatore ancora amico. Visione poetica corale di un mondo in violenta mutazione, antologia straordinariamente eclettica di comportamenti umani, grido incontenibile di una rabbia non ancora disperata Timbuktu merita di assolutamente essere visto da ogni anima di buona volontà.

Non mordermi sul collo, anzi sì Film La passione per il cinema di tutti i tempi nei confronti del Conte Dracula sembra non volersi esaurire

a breve, come dimostra l’ultima pellicola di Jim Jarmush Nicola Falcinella I vampiri innamorati non li ha certo inventati la fortunata saga di Twilight con tutti i suoi epigoni. La storia di Dracula, scritta da Bram Stoker e pubblicata nel 1897, è considerata tra le più romantiche di sempre e il film tratto nel 1992 da Francis Ford Coppola, intitolato appunto Dracula di Bram Stoker con Gary Oldman, Winona Ryder, Anthony Hopkins e Keanu Reeves, è considerato una delle storie d’amore più belle viste sullo schermo. Con i vampiri e Dracula si sono cimentati, quasi fosse un passaggio obbligato di una carriera, molti grandi registi, come Friedrich Wilhelm Murnau, Roman Polanski, Carl Dreyer, Tim Burton, Werner Herzog, Kathtryn Bigelow, Neil Jordan, John Carpenter, Dario Argento (Dracula 3D) o Abel Ferrara. L’ultimo è stato il newyorkese Jim Jarmusch (Permanent Vacation, Dead Man, Coffee and Cigarettes, Broken Flowers) con Solo gli amanti sopravvivono, che fu l’anno scorso in concorso a Cannes e solo ora arriva nelle sale. Adam (Tom Hiddleston) è un malinconico musicista underground che ritrova il suo amore di secoli, Eve (Swin-

ton), ma l’arrivo dell’incontrollabile sorella di lui, Ava (Mia Wasikowska), mette alla prova il loro rapporto. Un film visionario e romantico, protagonisti vampiri colti che amano l’arte, la musica e la letteratura: una volta Eve prenota un volo a nome Fibonacci (il matematico che ricorre anche in Nymphomaniac di Lars von Trier) e si porta libri di Samuel Beckett, Miguel de Cervantes e David Foster Wallace oltre a un catalogo di Jean-Michel Basquiat. «Voglio due biglietti aerei per Londra, partenza di notte e arrivo di notte» «A che nome?» «Stephen Dedalus e Daisy

Buchanan» è un altro dei dialoghi. Una pellicola psichedelica e sorprendente, con tocchi ironici e trovate, creature che mangiano i ghiaccioli di sangue. Non un horror ma un film esistenzialista, un po’ nostalgico, ambientato tra Detroit e Tangeri in un’atmosfera rarefatta, un po’ esotica e un po’ dimessa e decadente. Jarmusch usa gli stereotipi e ci gioca, impiega i vampiri per riflettere sull’amore (ma anche sulla noia) e sulla cultura contemporanea, molto rappresentativa dell’oggi, e su come sono vissuti i sentimenti. Al di là delle apparenze, non è un’opera snob, ma

Tilda Swinton in Solo gli amanti sopravvivono, di Jim Jarmush.

al contrario empatica, arricchita dalla colonna sonora da urlo composta da Jozef van Wissem e Sqürl. Tra poche settimane arriva, solo in dvd, Byzantium, l’ultima pellicola di Neil Jordan. Il regista irlandese del cult Intervista col vampiro (1994) è tornato a confrontarsi con l’universo vampiresco in un emozionante racconto di una madre e una figlia (Gemma Arterton e Saoirse Ronan) legate da un segreto inconfessabile. Fin dagli anni ’10 del ’900 i vampiri popolano la fantasia di registi e spettatori, ma è negli anni ’20 e ’30 che il filone si arricchisce di titoli che restano impressi nell’immaginario. Il più popolare dei vampiri è naturalmente Dracula: per chi è cresciuto negli anni ’90 ha il volto di Oldman, mentre per chi è un po’ più maturo non può che essere Christopher Lee. Più indietro lo si associa a Bela Lugosi e Max Schreck. Ogni generazione ha il suo Dracula, fino al conte geloso della figlia Mavis nell’animazione Hotel Transylvania (2012) di Genndy Tartakovsky. Il conte e la sua Transilvania furono fin dai tempi del muto spunto per film più o meno fedeli: sono almeno 300 gli adattamenti, per il grande o il piccolo schermo. Nel

1921 c’è Dracula’s Death dell’austriaco Károly Lajthay ed è dell’anno successivo il capolavoro, Nosferatu, il vampiro di Murnau con Schreck, mentre nel 1931 Dracula di Tod Browning con Lugosi rende Dracula l’icona del cinema horror. Nel ’32 Vampyr – Il vampiro di Dreyer segna un’altra tappa, con la sua impressionante soggettiva iniziale dalla bara. Dal ’40 in poi è John Carradine a dargli volto a più riprese e nel ’58 inizia la lunga collezione di ruoli da vampiro di Lee: Dracula il vampiro avrà infiniti sequel, rifacimenti e parodie. Tra queste Dracula padre e figlio (1976) con lo stesso Lee e atmosfere di Guerra fredda e Dracula morto e contento (1995) di Mel Brooks con Leslie Nielsen. Grandi letture d’autore nella storia del conte che teme il sole sono il grottesco Per favore non mordermi sul collo (1967) di Polanski e Nosferatu, principe della notte (1979) di Herzog con Klaus Kinski. Tra i film di vampiri da ricordare almeno The Addiction – Vampiri a New York (1995) di Ferrara, Il buio si avvicina (1987) della Bigelow, Vampires (1998) di Carpenter e lo svedese Lasciami entrare (2008) di Tomas Alfredson da un romanzo di John Ajvide Lindqvist.


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Eichhof festeggia il suo 180o anniversario

ALLA NOSTRA CULTURA Quest’anno il glorioso birrificio lucernese Eichhof ha deciso di festeggiare il suo 180o anniversario insieme alla popolazione svizzera e di sostenere le usanze regionali con un fondo di complessivamente 180 000 franchi creato in occasione dell’anniversario. E sarete proprio voi con i vostri voti a decidere come ripartire questa somma su www.aufunserekultur.ch La storia e la cultura della Svizzera centrale sono ricche di tradizioni: come le maschere di Kriens, rigorosamente intagliate nel legno, e le profetiche previsioni del tempo dei meteorologi della Muotathal. Anche il birrificio lucernese Eichhof fa parte della Svizzera centrale e della sua storia dall’anno in cui fu fondato nel 1834. In occasione del suo 180o anniversario, Eichhof presenta online, su www.aufunserekultur.ch, un’ampia gamma di usanze e costumi più o meno conosciuti, devolvendo a favore della salvaguardia delle tradizioni una cifra pari a 180 000 franchi. Saranno poi i visitatori del sito a decidere le varie somme che saranno devolute a favore delle singole usanze.

Votate per la vostra usanza preferita Bücheln, Bödelen, Betruf, Maskenschnitzen, Chlefelen, Wetterschmöcken, Treicheln o Kaisern – quale di queste usanze vorreste sostenere? Votate subito sul nostro sito Internet, basta scegliere la vostra usanza preferita per vincere un premio davvero esclusivo. Trovate tutte le informazioni su www.aufunserekultur.ch Lo scultore di maschere Toni Meier (foto: Esther Michel)

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Cultura e Spettacoli

Nuove, affascinanti vie per il jazz svizzero

La rabbia di Cyndi trent’anni dopo

Jazz Una compilation della Fondazione SUISA e di Pro Helvetia

Musica Evoluzione di un’icona pop:

getta ulteriore luce sull’inarrestabile fermento musicale nazionale Zeno Gabaglio Se le compilation hanno un senso, non può che essere questo. Enciclopedico ma anche esplorativo, espositivo ma anche meritocratico. È quasi per caso che capito in possesso di una copia di Jazz made in Switzerland, selection IV, la raccolta che – come racconta Urs Schnell, direttore della Fondazione SUISA – è nata per la volontà condivisa con Pro Helvetia di portare nelle massime fiere musicali del continente un materiale promozionale duttile ed efficace. Sotto il cappello di swissmusic.net sono così già nate – negli ultimi dieci anni – altre tre compilation di jazz svizzero, realizzate da esperti del settore ed indirizzate principalmente agli addetti ai lavori. Nessun orpello commerciale quindi, nessun banner pubblicitario, nessun ammiccamento, niente promozioni subliminali: solo diciassette tracce di autori diversi per cercare di delineare il quadro dell’attuale produzione di jazz svizzero. Cosa può esserci di meglio, per un orecchio semplicemente curioso? Selection IV (2014-2015)

Le scelte operate dal giovane ma già affermato giornalista romando Arnaud Robert propongono una scena confederata decisamente variegata, comprendente tutti i confini – anche i più lontani – di quello che oggi si può intendere con il concetto di «jazz». Ed è anche il segno di un significativo cambio di prospettiva istituzionale, questa varietà a-ideologica, soprattutto se si pensa al pensiero unico attorno alla musica improvvisata svizzera degli ultimi decenni, anni in cui l’ufficialità culturale nazionale ha trasmesso come proprio un unico genere d’improvvisazione; la più ostica, la più E-Musik, quella col broncio più corrucciato. Aria fresca, quindi, che rende la misura di un’attività produttiva davvero pulsante, tante idee ma anche tanta energia nel metterle in pratica; quella precisa dinamicità che fa del jazz una musica tra le più vitali di tutta la nazione. Sonorità classiche

Per chi si immagina – con questa affermazione – un pullulare di situazioni

Top10 DVD & Blu Ray 1. Frozen

Animazione

Benedicta Froelich

La musicista svizzera Erika Stucky.

tipo club fumoso e strumenti acustici che si inerpicano in fraseggi virtuosistici, sopra imprescindibili griglie di accordi e sezioni ritmiche a scandire l’insondabile, nella compilation non ne troverà che una pallida eco. Nympheas Blues di Marc Perrenoud e del suo classicissimo piano-trio, Gowanus Canal del Christoph Irniger Trio con quel sassofono talmente old style che non gli hanno messo nessunissimo riverbero, e te lo trovi lì, in mezzo alla faccia come se a suonarlo fossi tu. E nelle sonorità classiche ci mettiamo pure – non ce ne voglia l’interessato – il trio di Colin Vallon, che tanto successo di critica sta riscuotendo anche grazie alle uscite per ECM. La sua grammatica è assolutamente personale, la sintassi pure, ma il risultato sonoro rientra negli standard. Premio svizzero della musica

Se infatti nel trio di Vallon ci sono elementi che colpiscono per il suono, non sono tanto quelli derivanti dal pianoforte quanto quelli prodotti dalla batteria di Julian Sartorius. Sì quello stesso Sartorius recentemente nominato tra i finalisti del primo Gran Premio svizzero di musica, ed è doveroso sottolineare come tra i quindici finalisti che il prossimo 19 settembre a Losanna verranno premiati dal consigliere federale Alain Berset, ben quattro sono presenti nel-

la compilation di cui si sta scrivendo – oltre a Sartorius ci sono anche Erika Stucky, Andreas Schaerer e Lucas Niggli – quasi a confermare (ancora una volta…) come tra tutti i generi musicali il jazz elvetico sia forse quello con più qualità specifiche ed idee innovative. La voce

Citata Erika Stucky non si può non soffermarsi su un dato rilevante, la presenza della voce. In quasi la metà dei pezzi selezionati c’è la voce: usata come strumento, come effetto, come suggestione ambientale, ma soprattutto come protagonista melodico-verbale. È questo il dato sorprendente, perché quattro pezzi del miglior jazz contemporaneo sono a tutti gli effetti delle canzoni: dall’indierock della Stucky al trip hop del gruppo a.spell, dal blues scuro (ma con squarci folk) di Orioxy alla meravigliosa anima di Kadebostany. Non si tratta di una precisa scelta dirigistica, nel senso di dire «anche questo tipo di canzone dev’essere assolutamente considerato jazz», quanto piuttosto la constatazione di un dato di fatto già presente nella stessa creazione musicale così come nei cartelloni dei locali e dei festival «jazz»: in certi casi non c’è ormai più niente a separare le gloriose tradizioni della musica improvvisata e della musica popular. Sono un oggetto unico, lì davanti a noi, come un re nudo.

Top10 Libri

Top10 CD

1. Sveva Casati Modignani

1. Gotthard

La moglie magica, Sperling 2. Markus Zusak

2. Lo Hobbit 2

Storia di una ladra di libri, Frassinelli

Bang! 2. Artisti Vari

Bravo Hits Vol. 85

M. Freeman, I. McKellen 3. Massimo Gramellini 3. Il grande Match

R. De Niro, S. Stallone / novità

La magia di un buongiorno Longanesi

3. I Nomadi

Nomadi 50 + 1 4. Cesare Cremonini

4. I sogni segreti di Walter Mitty

B. Stiller, S. Penn

Cyndi Lauper celebra il trentennale del suo fortunato album d’esordio con una ristampa che non convince appieno

4. Tiziano Terzani

Logico

In questo periodo più che mai votato alle celebrazioni, accade sovente che quei prodotti discografici noti per aver in qualche modo simboleggiato un determinato fenomeno di costume – o perfino un’intera epoca – vengano riproposti alle nuove generazioni come testimonianze di prima mano di tempi ormai considerati irripetibili. E poiché, ultimamente, la nostalgia per il decennio (apparentemente ben poco dorato) degli anni ’80 si è fatta sempre più pressante, ecco che stavolta il ruolo di fenomeno da riscoprire tocca a una delle interpreti senz’altro più personali e interessanti del pop di quegli anni: l’eccentrica e sgargiante Cyndi Lauper. Oggi cinquantenne, l’artista ha appena pubblicato un doppio cofanetto che celebra i trent’anni dall’uscita del suo indimenticato album d’esordio – quel celeberrimo She’s So Unusual che, fin dall’azzeccatissimo titolo, è stato senz’altro il suo più travolgente successo. Grazie anche a un tempestivo tour commemorativo, il nuovo A 30th Anniversary Celebration riporta l’attenzione su un’artista di talento e dal piglio anticonformista, che il travolgente successo come icona del pop anni 80 ha purtroppo imprigionato nello stereotipo della «ragazzina terribile» dai capelli multicolori e dall’esuberanza contagiosa propugnato dal videoclip della sua maggiore hit – proprio la scanzonata Girls Just Want to Have Fun che fu il singolo di punta di She’s So Unusual e furoreggiò in tutto il mondo nel momento del boom della neonata emittente musicale MTV. Ciò ha finito per distogliere l’attenzione dalla produzione più matura di Cyndi, la quale, dopo simili fasti, non ha più conosciuto successi paragonabili a quelli di inizio carriera; il che è probabilmente anche il motivo per cui l’industria discografica sceglie oggi di concentrarsi su un successo garantito quale questa ristampa deluxe dell’album del 1984. Riascoltarlo oggi dimostra una volta di più come il talento di performer della Lauper fosse evidente fin dall’esordio, a cominciare dall’incredibile potenza ed estensione di una voce tanto graffiante e inconfondibile da poterla accomunare, per particolarità e forza espressiva, a una sorta di Janis Joplin in chiave puramente pop. Anche perché, fin da questo esordio, Cyndi dimostrava di saper affiancare a brani più marcatamente mainstream anche pezzi dal chiaro sapore cantautorale e il respiro più intimista, cortesia di un timbro in grado di adattarsi a qualsiasi genere: basti pensare alla romantica All

Through The Night, o alla sentita ballata Time After Time. Fortunatamente, il cofanetto sembra voler valorizzare anche quest’aspetto meno scontato della personalità artistica della Lauper; accanto al primo cd, contenente la versione rimasterizzata dell’album originale, troviamo infatti un secondo disco, che presenta outtakes e versioni alternative di vari brani della tracklist originale, e che permette di scoprire alcune gemme inaspettate – come ad esempio le prove in studio e i demo ancora incompleti della delicata Right Train, Wrong Track o della cinica e rabbiosa Money Changes Everything, tra le quali spuntano perfino frammenti di conversazione tra Cyndi e i colleghi. Peccato che, in termini di documentazione d’epoca, la tracklist lasci un po’ a desiderare: infatti, come i fan hanno notato, questa ristampa ignora inspiegabilmente le B-side dei singoli originali del 1984 per concentrarsi piuttosto su improbabili remix realizzati nel 2013 – esperimenti che, francamente, possono apparire indispensabili soltanto al completista più sfegatato. E sebbene non possa che far piacere l’inclusione di una versione live inedita del brano Witness (registrata a Boston nell’anno di uscita di She’s So Unusual), non si può negare come, a trent’anni di distanza, si sarebbe potuto offrire ben di più ai fan della Lauper. Anche perché il curatissimo imballaggio 3D del cofanetto, con tanto di bambolina di cartone dalle fattezze di Cyndi (e relativo fondale pieghevole, ispirato alla famosa cameretta del video di Girls Just Want to Have Fun!) appare francamente superfluo ai fini dell’esperienza musicale, pur esemplificando alla perfezione lo stile autoironico e vagamente kitsch tanto amato da Cyndi. Così, se uno degli scopi di questa riedizione è senza dubbio quello di rappresentare una piacevole ventata di ricordi per molti fan ed «ex ragazzi» degli anni d’oro dell’artista, bisogna dire che, proprio per questo, una riedizione maggiormente improntata ai gusti e i desideri dei collezionisti sarebbe forse risultata più apprezzabile anche per il pubblico di oggi; ragion per cui chi scrive si sente tutto sommato giustificato nello sperare che, prima o poi, le case discografiche decidano di non limitarsi semplicemente alla più scontata e basica commemorazione di simili ricorrenze, ma tentino piuttosto di riportare all’attenzione dell’ascoltatore anche quelle sezioni del repertorio di un artista che il tempo ha forse ingiustamente sommerso. Un atto doveroso non solo nel caso di Cyndi Lauper, ma di molti altri.

Un’idea di destino, Longanesi / novità 5. Michael Jackson

5. Piovono Polpette 2

Animazione

5. Paolo Giordano

Xscape

Il nero e l’argento, Einaudi / novità 6. Abba

6. Hunger Games 2

J. Lawrence, J. Hutcherson

6. Albert Espinosa

Gold - 40th Anniversary

Braccialetti rossi, Salani 7. Moreno

7. Last Vegas

R. De Niro, M. Douglas / novità

7. Andrea Vitali

Quattro sberle benedette, Garzanti / novità 8. Veronica Roth

Divergent, De Agostini 9. Paolo Cammilli

Maledetta primavera, Newton

10. George Michael

Symphonica

10. The Counselor

C. Diaz, J. Bardem / novità

9. Roby Facchinetti

Ma che vita la mia

9. A spasso con i dinosauri

Animazione / novità

8. Mondo Marcio

Nella bocca della tigre

8. The Butler

F. Whitaker, O. Winfrey / novità

Incredibile

10. Rick Riordan

Eroi dell’ Olimpo-Il marchio di Atena, Mondadori / novità Comeback: Cyndi Lauper in una recente immagine. (Keystone)


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Idee e acquisti per la settimana

shopping Irresistibilmente croccante Novità La pizza, uno dei più amati piatti della tradizione mediterranea, ora diventa ancor

Flavia Leuenberger

più invitante grazie alla nuova pasta fresca per pizza dei Nostrani del Ticino

Margherita, al prosciutto, alle verdure, al salame, 4 formaggi, carpaccio e rucola… non c’è praticamente limite alla fantasia quando si parla di pizza. Chi ama farla da sé a casa propria, per di più con un occhio di riguardo per regionalità e sostenibilità, ora nei supermercati di Migros Ticino trova la pasta per pizza fresca nostrana in un sacchetto da 500 grammi. Pronto all’uso, questo impasto è preparato dal panificio Jowa di S. Antonino con ingredienti di provenienza locale. Le farine utilizzate – di frumento e di grano duro per rendere la pizza particolarmente croccante – provengono da cereali coltivati con cura da una trentina di aziende agricole del Piano di Magadino e del Mendrisiotto. La macinatura del grano è invece affidata al Mulino di Maroggia, azienda già nota per la sua farina bianca nostrana introdotta alla Migros lo scorso anno. Alla miscela viene pure aggiunto un goccio

di buon olio d’oliva per conferire più malleabilità alla pasta nonché un gusto inconfondibile. Ma ecco come ottenere una pizza croccante al punto giusto: una volta estratto l’impasto dal sacchetto, spianarlo con le mani o con l’aiuto di un matterello infarinato fino ad ottenere lo spessore desiderato. Spostare la pasta in una teglia ben oleata o foderata di carta per la cottura in forno. Farcire la pizza a piacere, partendo con uno strato di salsa di pomodoro e, successivamente, con tutti gli altri ingredienti, p.es mozzarella, prosciutto, verdure, funghi, pomodorini cherry… e chi più ne ha più ne metta. Cospargere con un po’ di origano e infornare a 210 gradi per 15-20 minuti. Alcuni consigli: prima di farcire la pizza lasciare riposare la pasta spianata per una mezzoretta. La pasta per pizza nostrana è ideale anche per la preparazione di saporite e morbide focacce.

Pasta per pizza nostrana 500 g Fr. 4.10 In vendita al reparto refrigerati delle maggiori filiali Migros Ticino.


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Idee e acquisti per la settimana

Il pomodoro dello chef Novità I reparti verdura dei supermercati Migros Ticino vi consigliano di assaggiare

il pomodoro Intense, il primo pomodoro al mondo tutto polpa e niente succo, coltivato da alcuni produttori ticinesi FOFT e colore per diversi giorni dopo essere stato tagliato e, grazie alla sua struttura ovale e alla polpa ad alta densità, può essere addirittura tagliato a fettine di soli 2 mm, perfettamente integre e regolari, caratteristica che lo rende

molto indicato anche come elemento decorativo per piatti, buffet e presentazioni culinarie. Ed ancora, è facile da pelare e dopo 10 giorni perde solo il 7% del suo peso. Il saporito pomodoro Intense è l’ingrediente perfetto per tutti

gli amanti della buona tavola ed ha già conquistato le cucine di blasonati chef di mezza Europa, Australia e Stati Uniti. Intense è in vendita in esclusiva per il mercato ticinese presso le filiali di Migros Ticino. Correte ad assaggiarlo.

Nella pasta, sulle bruschette, nella caprese, grigliato, al forno, in insalata oppure nei panini: il pomodoro Intense è un vero maestro di versatilità. Sia a dadini, sia a fette oppure a spicchi, è un ortaggio che non perde il succo, non sgocciola, non macchia e mantiene sempre la sua integrità. Conserva sugo

Acquisto con Subito perché… Attualità Introdotto lo scorso autunno presso il supermercato Migros di S. Antonino,

il sistema Subito per gli acquisti self-service ha conquistato la fiducia di molti clienti per la sua semplicità d’uso. Abbiamo chiesto ad alcuni utilizzatori del self-scanning il loro parere su questo metodo di fare la spesa (terza di quattro puntate) «È comodissimo. Pago con la carta ed evito di girare con troppi contanti e di fare la coda alle casse. Inoltre i prodotti si mettono una sola volta nella borsa». Alessandra Pangrazio (68), Cadenazzo.

«Perché è comodo, veloce e si vede subito sullo schermino l’importo raggiunto e le promozioni in corso. E siccome paghiamo spesso con le carte è perfetto». Fiorenzo (54) e Stefania Leoni (52), Contone.

«È l’ideale per la spesa grossa perché posso già mettere tutto nelle borse e subito uscire dal negozio una volta pagato con la carta di credito». Deborah Rocchi (35) con i figli Gabriele (15) e Samuele (9), Lumino.

«Evito di aspettare il mio turno alle casse. È rapidissimo. Inoltre il display è di facile lettura e si vede subito cosa si è acquistato e cosa si è speso». Roland Rageth (55), S. Antonino. (Giovanni Barberis)


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Una mamma bellissima Concorso In occasione della festa della

mamma, il marchio di make-up Deborah Milano e Migros Ticino hanno indetto un concorso che metteva in palio una giornata di restyling completo. Tra le diverse mamme che si sono iscritte per prendervi parte, la fortuna ha favorito la signora Maria Elgueta di Mezzovico. Vi proponiamo qui alcuni momenti della simpatica giornata trascorsa in compagnia di Maria

«È stata una giornata fantastica, non mi aspettavo tutte queste attenzioni nei miei confronti. I miei figli sono rimasti sorpresi quando ho raccontato loro di questo evento e di vedere come la loro mamma è passata da casalinga a modella per un giorno. Conosco i prodotti Deborah Milano da tempo:

già utilizzo i rossetti e i lucidalabbra, inoltre, recentemente, ho acquistato la matita per le sopracciglia. Trovo che siano prodotti con una texture che si adatta bene al mio tipo di pelle, sono comodi e facili da usare e il loro prezzo alla Migros è molto concorrenziale». / Maria Elgueta

Primo appuntamento dal parrucchiere: Maria presso il salone «Go Hair Design» di Paradiso.

Alcuni dei prodotti Deborah Milano utilizzati dalla truccatrice Fatima Ferrini. (Flavia Leuenberger)

Dopo il cambio d’abito, l’arrivo allo studio «Nonsolotrucco» di Gordola per la sessione make-up.

Un momento di relax durante la fase trucco.

Al termine del restyling totale, Maria ha ricevuto in omaggio una selezione di prodotti Deborah Milano.

Occhi ben protetti grazie a Suvasol

Assicuratevi la massima protezione e optate per gli occhiali da sole approvati dalla SUVA «Suvasol»! Sviluppati con il contributo scientifico degli specialisti della Clinica oftalmologica dell’Università di Zurigo e della University of Southern California di Los Angeles, questi occhiali garantiscono una protezione ottimale degli occhi durante tutte le attività quotidiane all’aperto, come pure

al mare, alla guida dell’automobile oppure durante le gite in montagna. Grazie alle lenti con curva di trasmissione ottimale, essi non solo proteggono dai dannosi raggi ultravioletti, bensì anche dalle radiazioni infrarosse e da quelle delle spettro violetto-blu della luce visibile. Sono in vendita presso i Melectronics di S. Antonino, Agno, Lugano e Taverne al vantaggioso prezzo di Fr. 39.90.


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Idee e acquisti per la settimana

Un tocco di freschezza in più Pratiche, ricche di gusto e realizzate con ingredienti selezionati: le nuove paste a base di erbe fresche in tubetto Chef’s Best non possono mancare nel frigorifero di ogni amante della buona cucina. Sono ideali per aromatizzare e insaporire delicatamente i vostri piatti preferiti, da quelli cotti in pentola come carne, pesce, pasta o riso Pasta alle erbette dell’orto fresche 100 g Fr. 2.90

fino alle preparazioni fredde quali insalate, panini o formaggi. Queste innovative erbette nel tubetto richiudibile sono ottenibili in tre varietà: peperoncino, per quella giusta nota di piccantezza supplementare; aglio, per un accento tradizionale inconfondibile, e erbette miste, un vero trionfo di aromi dell’orto. Pasta all’aglio fresco 100 g Fr. 2.90

Pasta al peperoncino fresco 100 g Fr. 3.80 In vendita al reparto refrigerati delle maggiori filiali Migros.

Irrinunciabile alleato L’alleato perfetto quando si tratta di preparare i manicaretti più gustosi? La risposta è semplice: il burro per arrostire. Questo tradizionale burro per cuocere, arrostire e stufare, sempre più lodato durante rinomati programmi culinari televisivi, è prodotto con materie prime di origine svizzera ed è ideale in qualsiasi occasione dobbiate cucinare a temperature elevate (fino a 180 gradi), dal momento che è ben resistente al calore e sprizza poco. Altro vantaggio è il fatto che può essere conservato a temperatura ambiente particolarmente a lungo. Cucinando con il burro per arrostire trasformerete la vostra carne, pesce e verdure in succulente pietanze.

Il barometro dei prezzi Informazioni sui cambiamenti di prezzo attuali La Migros riduce i prezzi di numerosi prodotti, tra cui le capsule per caffè Nespresso-compatibili del marchio Migros Boncampo, il purè di patate M-Budget e l’alimento per gatti Gourmet Perle. In aggiunta molti articoli per la cura del corpo sono pure più vantaggiosi. Rincari sono invece previsti per i biscotti: un cattivo raccolto di mandorle dovuto alla siccità e forte richiesta hanno fatto aumentare i prezzi della materia prima.

Alcuni esempi:

Burro per arrostire 250 g Fr. 4.85 450 g Fr. 7.90

Insalata à gogo Freschezza, qualità, scelta e convenienza sono da sempre gli atout dei Ristoranti Migros. Anche per quanto attiene al buffet delle insalate. Gli amanti di questi equilibrati piaceri stagionali possono ora concedersi una scorpacciata extra di croccanti bontà, giacché in tutti i ristoranti il mercoledì è il giorno dell’insalata a volontà a soli Fr. 12.50 a piatto. Formentino, pomodori, lattuga, cicoria,

carote, cavolo rapa, mais, rapanelli…, ma anche insalata di pollo, pasta, riso o patate sono tra le fresche proposte del buffet servisol. Il tutto è completato da differenti condimenti a scelta, preparati con al massimo il 15 per cento di grassi, e senza allergenici quali lattosio o glutine. Il buffet dell’insalata è naturalmente invitante non solo al mercoledì.

Prezzo vecchio in Fr.

Boncampo Classico, 10 capsule 2.75 M-Budget purè di patate, 4 x 110 g 2.90 Gourmet Perle filettini, 4 x 85 g 5.30 Gourmet Perle delizie di mare, 4 x 85 g 5.30 Gourmet Perle filettini verdure, 4 x 85 g 5.30 Herbs bagno eucalipto, 400 ml 6.20 Esthetic sapone vaniglia, 250 ml 4.80 Kneipp balsamo doccia fiori mandorlo, 200 ml 6.90 Kneipp olio bagno membra/muscoli, 120 ml 9.80 Ph Balance sapone, ricarica, 500 ml 4.90 I am sapone Milk & Honey, 150 g 1.40 Nivea sapone Creme Soft, ricarica, 500 ml 5.70 Crea d’Or Buttersnacks, 125 g 3.60

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Grigliando sotto la pioggia Chi pensa che le grigliate all’aperto si facciano solo in caso di bel tempo, si sbaglia! Infilate gli stivali di gomma, accendete il grill e mostrate alla pioggia chi siete! Il nostro manuale della bella stagione dedicato alle «100 cose da fare quest’estate», vi svelerà cento pazze idee da realizzare durante la stagione più calda dell’anno

Con l’e quipag giamen giusto, to il brutto tempo solo un è as colorato cusa. Ombrell o per bam Fr. 11.8 bini, 0 In ven d ita solo maggiori nelle filiali Mig ros

Multifunzionale: l’ombrellone protegge dalla pioggia la carne e l’addetto al grill.

L’estate è una promessa, che alle nostre latitudini può trasformarsi in una speranza, poiché il bel tempo lascia spesso spazio a uno spettacolo di gocce di pioggia danzanti. Le grigliate rientrano tra le passioni estive per eccellenza per chiunque e, questo lo aggiungiamo noi, del tutto indipendenti dalle condizioni meteorologiche. Piove a catinelle? Ma che importa! La pioggia ci fa un baffo; noi, i nostri amici e vicini li invitiamo comunque alla nostra grigliata a cielo aperto. Le grigliate sotto la pioggia non si distinguono molto da quelle sotto il sole: basta sostituire i sandali estivi con gli stivali di gomma, il cappello da sole con l’ombrello, e impiegare l’ombrellone per proteggere il grill dalle inondazioni. E grazie a questi pochi accorgimenti, il carré d’agnello e gli spiedini si possono gustare in allegra compagnia anche sotto la pioggia. E infine un piccolo suggerimento: una volta terminata la festa all’aperto, avvolgete la griglia in carta di giornale bagnata e lasciatela riposare per tutta la notte. In questo modo, il giorno dopo si pulirà senza sforzo. / Testo: Nicole Ochsenbein; foto: Marvin Zilm, styling: Mirjam Kaeser; illustrazioni: Georg Wagenhuber

Chi riuscirà a far schizza re l’acqua più lontano? Quando pio ve, i bambin adorano sa i ltare nelle p ozzanghere .

Insalata colorata di crudità grattugiate e ravanelli Contorno per 8 persone Ingredienti 1 mela, ad es. Topaz 1 cetriolo 1 mazzetto di ravanelli 2 cavoli rapa medi 3 carote

Suggerimento Servite l’insalata con spiedini di salsiccia o altre carni alla griglia.

Salsa 6 cucchiai d’aceto di mele 2 cucchiaini di senape 6 cucchiai d’olio di colza 5 cucchiai di brodo di verdure, freddo 1 cucchiaino di curry dolce sale, pepe Preparazione Per la salsa, mescolate l’aceto, la senape, l’olio e il brodo. Condite con il curry, sale e pepe. Dimezzate la mela e privatela del torsolo. Dimezzate il cetriolo per il lungo ed eliminate i semi raschiandoli con un cucchiaio. Grattugiate con la grattugia per rösti la mela, il cetriolo e le verdure restanti. Mescolate il tutto con la salsa per l’insalata. Condite con sale e pepe.

Suggerimento di presentazione Tostate croccante sulla griglia una focaccia e farcite con mozzarella, prosciutto crudo e rucola. È ottima anche farcita con crème fraîche, pancetta grigliata e anelli di cipolla, oppure con olive nere a pezzetti e feta. Tempo di preparazione ca. 20 minuti Per persona ca. 1 g di proteine, 7 g di grassi, 6 g di carboidrati, 400 kJ/100 kcal

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Wet look alla ribalta! Con il sole grigliare è bello, ma è con la pioggia che arriva il divertimento!

Cipolla ta quale b , zucchine m a ambin o è il re rinate e pom o dello s piedin dorini cherry o? :


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Insalata di bulgur con chicchi di melagrana

Carré d’agnello alla griglia con marinata aglio-menta e limetta-miele-peperoncino

Contorno per 8 persone Contorno per 8 persone Ingredienti 4 carré d’agnello di ca. 400 g Marinata aglio-menta 2 spicchi d’aglio 2 mazzetti di menta 6 cucchiai d’olio d’oliva 1 limone 2 cucchiaini di sale 1 cucchiaino di pepe Marinata limetta-miele-peperoncino 2 limette non trattate 6 cucchiai d’olio d’oliva 3 cucchiaini di salsa di soia 2 cucchiai di miele di fiori liquido 1 cucchiaino di paprica dolce 1 cucchiaino di peperoncino frantumato 1 cucchiaino di pepe ½ cucchiaino di sale

Preparazione 1. Per la marinata all’aglio e alla menta, spremete l’aglio. Staccate le foglioline di menta dai rametti. Trasferite entrambi in un contenitore alto. Spremete il limone e unite il succo. Frullate finemente il tutto. Condite la marinata con sale e pepe e mettete in fresco.

Tempo di preparazione ca. 15 minuti + cottura alla griglia ca. 10 minuti

Ingredienti 1 l d’acqua 3 cucchiaini di brodo di verdura in polvere 500 g di bulgur 3 limoni 2 melagrane 1 mazzetto di prezzemolo il verde di 1 sedano per condimento 1 dl d’olio d’oliva sale, pepe

Per persona ca. 26 g di proteine, 37 g di grassi, 5 g di carboidrati, 1900 kJ/460 kcal

2. Per la marinata alla limetta, al miele e al peperoncino, prelevate delle scorzette di limetta e spremete gli agrumi. Mescolate il succo e le scorzette con gli ingredienti restanti.

Preparazione 1. Portare a ebollizione l’acqua con il brodo in polvere. Versate il bulgur. Fate cuocere per 1 minuto. Togliete la pentola dal fuoco. Coprite e lasciate riposare il bulgur per ca. 15 minuti, quindi sgranatelo con una forchetta e lasciate raffreddare. 2. Prelevate delle scorzette di limetta e spremete gli agrumi. Dimezzate le melagrane e staccate i chicchi. Tritate finemente il prezzemolo e il verde del sedano. Incorporate delicatamente il tutto nel bulgur con l’olio d’oliva. Condite con sale e pepe. Servite con pane. Tempo di preparazione ca. 20 minuti + riposo ca. 15 minuti + raffreddamento

3. Scaldate la griglia. Spennellate 2 carré con una marinata e 2 carré con l’altra. Grigliateli bene a fuoco da medio a forte per ca. 10 minuti, spennellandoli ogni tanto con le marinate. Tagliate il carré tra un osso e l’altro. Servite la carne con le marinate restanti.

Per persona ca. 8 g di proteine, 14 g di grassi, 51 g di carboidrati, 1600 kJ/380 kcal

Ecco il segre to per non far cola re il grasso sul fuoco: va schette d’alluminio, 8 pezzi Fr. 4.9 0

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Divertirsi giocando a carte sotto la pioggia è possibile – basta ripararsi sotto una tettoia.

Stivali di gomma per bambini Trevolution Jessica Fr. 29.80 In vendita da SportXX.

Suggerimento grigliare la focacci pronta finché risulta già croccante e farcirlaa poi con mozzarella di bufala, prosciutt o crudo e rucola

Corona croccante 300 g Fr. 2.–

Tortina all’albicocca 75 g Fr. 1.25 «100 cose da fare quest‘estate» Fr. 7.70 Fino a esaurimento dello stock. Fiammiferi extralunghi Fr. 2.20

Ketchup M-Classic 340 g Fr. 1.40

Cipollata Bio 8 x 20 g Fr. 4.50 nelle maggiori filiali

ECCO…

… i segreti geografici legati al gioco di carte Jass in Svizzera

Cuori

Picche

Fiori

Carte da gioco Jass francesi Carte da gioco Jass tedesche il set Fr. 1.50 Le carte tedesche e francesi non sono disponibili in tutte le filiali Migros.

Ghiande

Cubetti accendifuoco a base di legno, 2 x 32 pezzi Fr. 1.95

Rose

Scudi

Campanelli

Illustrazioni: Georg Wagenhuber

Quadri

Dimmi con quali carte giochi e io ti dirò chi sei: nello Jass, il tradizionale gioco di carte svizzero, una frontiera divide le carte da gioco, precisamente lungo la linea BrünigReuss. Tra i grandi storici svizzeri, questa «frontiera delle carte da gioco Jass» è considerata anche un importante confine tra le tradizioni popolari elvetiche. Sul lato occidentale di tale frontiera, d‘influsso burgundo, si gioca infatti con le carte francesi (cuore/coeur, quadri/carreau, picche/ pique, fiori/trèfle), sul lato orientale, invece, d‘influsso alemanno, con quelle tedesche (scudi/ Schilten, rose/Rosen, campanelli/Schellen, ghiande/Eichel).

Focaccia alle erbe aromatiche M-Classic 240 g Fr. 3.–


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Idee e acquisti per la settimana

E il vincitore è… Nel rinnovare la gamma dei prodotti, la Migros punta sempre di più sull’aiuto dei suoi clienti tramite Migipedia. Sulla piattaforma online si è votato anche sulle novità Farmer

Su Migipedia si poteva scegliere il nuovo Farmer Müesli da produrre in edizione limitata. I gusti in concorso erano quattro. Sul gradino più alto del podio è salito il müesli contenente more dal sapore aspro e fruttato mischiate a rinfrescanti spicchi di mela. Come tutti gli altri

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prodotti Farmer già affermati, anche la nuova miscela è ideale come croccante spuntino in qualsiasi momento della giornata, oltre che come apprezzata fonte energetica. Questo müesli contiene, inoltre, ben sei pregiate granaglie ed è quindi ricco di fibre. E per tutti coloro

che desiderano mischiare il loro müesli allo yogurt, l’abbinamento è bell’è pronto: Farmer Yogurt ha una porzione di croccante müesli Mora & Mela integrata nel coperchio del vasetto, da aggiungere e mischiare allo yogurt. Come il nuovo müesli, anche questo yogurt è di-

sponibile solo in edizione limitata. Entrambi sono prodotti stagionali che completano il variegato assortimento Farmer, del quale fanno parte anche barrette, fiocchi di cereali e biscotti. I cereali sono l’ingrediente principale di questa ricarica d’energia. / JV; Foto: Simone Vogel


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Asparagi bianchi Ungheria / Spagna, il mazzo da 1 kg

Banane Chiquita Costa Rica / Panama / Colombia, al kg

Arrosto spalla di manzo, TerraSuisse Svizzera, imballato, per 100 g

Spiedini di gamberetti marinati, bio* Ecuador, per 100 g, 20% di riduzione

Petto di tacchino affettato finemente M-Classic in conf. da 2 Brasile / Francia, 2 x 144 g

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Pesche noci Spagna, sciolte, al kg

Patate novelle Israele, sacchetto da 1,5 kg

Gnocchi M-Classic in conf. da 2 2 x 550 g, 20% di riduzione

Salame spianata Beretta prodotto italiano, affettato in vaschetta, per 100 g

Prosciutto crudo affettato, da accompagnare al melone Svizzera, 149 g

Prosciutto crudo San Daniele Italia, al banco a servizio, per 100 g

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Melone retato Italia, al pezzo

Bouquet di peonie Gloria il mazzo

Focaccia ai pomodorini in conf. da 2 x 375 g

Pizza Anna’s Best in conf. da 2 25% di riduzione, per es. al prosciutto, 2 x 380 g

Costine carré di maiale marinate Svizzera, imballate, per 100 g

Gamberetti cotti, bio Ecuador, in conf. da ca 500 g, per 100 g

*In vendita nelle maggiori filiali Migros. Società Cooperativa Migros Ticino OFFERTE VALIDE SOLO DAL 20.5 AL 26.5.2014, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK


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Tutte le crostate 20% di riduzione, per es. crostata all’albicocca, 215 g

Tutti i tipi di torta svedese (a pezzi o intera), 20% di riduzione, per es. torta svedese ai lamponi, 500 g

Biscotti margherita, Marie Croccant o rotolini all’avena in conf. monovarietà da 3 20% di riduzione, per es. biscotti margherita, 3 x 210 g

Cornetti al prosciutto Happy Hour, in conf. da 24 pezzi surgelati, 1 kg

Fettine di pollo marinate M-Classic in busta da 1 kg surgelate

Gelati da passeggio alla panna al gusto vaniglia o cioccolato o fragola in conf. da 24 per es. alla vaniglia, 1368 ml

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Le Gruyère grattugiato in conf. da 2 2 x 120 g, 20% di riduzione

Tutti i drink Bifidus in conf. da 10 20% di riduzione, per es. alla fragola, 10 x 65 ml

Branches Frey Bicolor, Noir, Classic o Eimalzin in conf. da 30, UTZ per es. Branches Classic, 30 pezzi

M&M’s Red & White Limited Edition da 220 g o Maltesers Classic da 300 g per es. M&M’s Red & White, 220 g

Tutti i succhi Gold in confezioni da 1 l e da 3 x 25 cl 20% di riduzione, per es. multivitaminico, 1 l

Tutti i tipi di acqua minerale Aproz in conf. da 6 per es. Classic, 6 x 1,5 l

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Bouquet di rose, Fairtrade il mazzo da 30

Cassetta con erbe aromatiche, 35 cm al pezzo

Tutte le miscele per dolci e i dessert in polvere per es. miscela per brownies, 490 g

Spaghetti M-Classic in conf. rossa o blu da 3 20% di riduzione, per es. spaghetti all’uovo, 3 x 750 g

Pomodori tritati Longobardi in conf. da 6 6 x 280 g, 20% di riduzione

Tutti i tipi di caffè Exquisito, UTZ 20% di riduzione, per es. macinato, 500 g

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Tutte le pantofole comode (esclusi articoli SportXX), in diversi colori, per es. pantofole da donna, rosa, n. 36–41, offerta valida fino al 2.6

Sandali per bambini Jack Wolfskin n. 30–37

Tutto l’assortimento M-Plast (esclusi articoli M-Budget e articoli mini), 20% di riduzione, per es. gel disinfettante per le mani, 75 ml, offerta valida fino al 2.6

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Tutti gli ammorbidenti Exelia per es. Florence, 1,5 l

Salviettine umide Soft in conf. da 3 20% di riduzione, per es. Comfort Trio

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Melanzane, Svizzera / Spagna / Paesi Bassi, al kg 2.90 Asparagi bianchi, Ungheria / Spagna, il mazzo da 1 kg 5.50 Banane Chiquita, Costa Rica / Panama / Colombia, al kg 2.10 invece di 2.80 25% Mirtilli, Spagna, vaschetta da 250 g 3.20 Macedonia M-Classic, 20x 150 g 2.90 NOVITÀ ** Melone misto M-Classic, 20x 150 g 2.90 NOVITÀ *,** Patate novelle, Israele, sacchetto da 1,5 kg 2.60 invece di 3.50 25% Pesche noci, Spagna, sciolte, al kg 5.30 invece di 7.70 30% Melone retato, Italia, al pezzo 2.50 invece di 3.70 30%

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Tutti i pannolini Pampers (confezioni giganti escluse), offerta valida su 3 prodotti con lo stesso prezzo, per es. Baby-Dry 3, 3 x 48 pezzi, offerta valida fino al 2.6

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FRUTTA E VERDURA

Spiedini di maiale, Svizzera, 3 pezzi, per 100 g 2.– invece di 3.35 40% Bratwurst di vitello, TerraSuisse, 6 pezzi, 840 g 7.90 invece di 16.20 50% Petto di tacchino affettato finemente M-Classic in conf. da 2, Brasile / Francia, 2 x 144 g 4.90 invece di 7.– 30% Prosciutto crudo affettato, da accompagnare al melone, Svizzera, 149 g 5.50 invece di 7.90 30% Ali di pollo speziate Optigal, Svizzera, al kg 9.– invece di 14.50 33% Cowboy Steak Optigal, Svizzera, per 100 g 2.90 NOVITÀ ** 20x Spiedini di cosce di pollo Optigal, Svizzera per 100 g 20x 3.20 NOVITÀ ** Spiedini di ali Optigal, Svizzera, per 100 g 2.40 NOVITÀ ** 20x Spiedini di gamberetti marinati, bio, Ecuador, per 100 g 4.60 invece di 5.80 20% * Salame spianata Beretta, prodotto italiano, affettato in vaschetta, per 100 g 2.90 invece di 4.20 30% Pancetta arrotolata, prodotta in Ticino, affettata in vaschetta, per 100 g 2.95 invece di 3.75 20% Arrosto spalla di manzo, TerraSuisse, Svizzera, imballato, per 100 g 2.30 invece di 3.30 30% Costine carré di maiale marinate, Svizzera, imballate, per 100 g 1.55 invece di 2.10 25% Delice di pollo Optigal, Svizzera, in conf. da 500 g 8.80 invece di 11.80 25% Gamberetti cotti, bio, Ecuador, in conf. da ca 500 g, per 100 g 4.30 invece di 6.20 30% Prosciutto crudo San Daniele, Italia, al banco a servizio, per 100 g 5.80 invece di 8.30 30%

*In vendita nelle maggiori filiali Migros.

PANE E LATTICINI Baguette alle olive Pain Création, 380 g 3.10 invece di 3.90 20% Mezza panna per salse, mezza panna acidula e M-Dessert, –.20 di riduzione, per es. mezza panna per salse, UHT, Valflora, 180 ml 1.55 invece di 1.75 Tutti i drink Bifidus in conf. da 10, per es. alla fragola, 10 x 65 ml 4.65 invece di 5.85 20% Le Gruyère Surchoix, per 100 g 1.60 invece di 2.– 20% Tutti i formaggi da grigliare e rosolare, per es. Panadoro al naturale in conf. da 2, 2 x 145 g 4.10 invece di 5.20 20% Le Gruyère grattugiato in conf. da 2, 2 x 120 g 3.65 invece di 4.60 20% Pane Passione Classico e Rustico, TerraSuisse, 420 g e 380 g, per es. Classico, 420 g 2.95 invece di 3.50

FIORI E PIANTE Bouquet di peonie Gloria, il mazzo 17.90 Bouquet di rose, Fairtrade, il mazzo da 30 13.40 invece di 19.20 30% Ciotola fiorita estiva, diversi tipi, al pezzo 19.80 invece di 24.80 Cassetta con erbe aromatiche 35 cm, al pezzo 17.80

ALTRI ALIMENTI Branches Frey Bicolor, Noir, Classic o Eimalzin in conf. da 30, UTZ, per es. Branches Classic, 30 pezzi 10.– M&M’s Red & White Limited Edition da 220 g o Maltesers Classic da 300 g, per es. M&M’s Red & White, 220 g 1.80 invece di 2.70 33% Tutti gli articoli Celebrations, per es. Celebrations, 190 g 3.10 invece di 3.90 20% Sandwich Noisette Petit Beurre, 228 g 3.90 NOVITÀ *,** 20x Fiorellini al burro svizzeri Tradition, 260 g 3.40 NOVITÀ *,** 20x Biscotti margherita, Marie Croccant o rotolini all’avena in conf. monovarietà da 3, per es. biscotti margherita, 3 x 210 g 4.55 invece di 5.70 20% Tutti i tipi di caffè Exquisito, UTZ, per es. macinato, 500 g 5.20 invece di 6.50 20% Nutella in vaso di vetro da 1 kg 6.20 Pane croccante senza glutine né lattosio Wasa, 275 g 20x 4.90 NOVITÀ ** Sun Queen Snack up, Take on o Shock me Cups, per es. Snack up Cup, 140 g 20x 3.50 NOVITÀ ** Mistura do Brasil Sun Queen, 20x 175 g 3.95 NOVITÀ *,** **Offerta valida fino al 2.6

Miscela di noci e frutta secca, bio, 170 g 4.20 20x NOVITÀ *,** Tutte le miscele per dolci e i dessert in polvere, per es. miscela per brownies, 490 g 4.25 invece di 6.10 30% Cornetti al prosciutto Happy Hour, conf. da 24 pezzi, surgelati, 1 kg 8.65 invece di 12.40 30% Fettine di pollo marinate M-Classic in busta da 1 kg, surgelate 9.50 invece di 13.60 30% Gelati da passeggio alla panna al gusto vaniglia o cioccolato o fragola in conf. da 24, per es. alla vaniglia, 1368 ml 7.20 invece di 14.40 50% Tutti i gelati Mary Jane’s e Frozen Yo, per es. Frozen Yo al naturale, 450 ml 3.60 invece di 4.50 20% Tutti i tipi di birra senz’alcol, per es. Eichhof, 10 x 33 cl 6.90 invece di 10.30 33% Tutti i succhi Gold in confezioni da 1 l e da 3 x 25 cl, per es. multivitaminico, 1 l 1.40 invece di 1.80 20% Tutti i tipi di acqua minerale Aproz in conf. da 6, per es. Classic, 6 x 1,5 l 3.80 invece di 5.70 33% Tutto il riso M-Classic in busta da 1 kg, a partire dall’acquisto di 2 confezioni, 1.– di riduzione l’una, per es. riso Carolina 1.50 invece di 2.50 Pomodori tritati Longobardi in conf. da 6, 6 x 280 g 5.25 invece di 6.60 20% Spaghetti M-Classic in conf. rossa o blu da 3, per es. spaghetti all’uovo, 3 x 750 g 5.40 invece di 6.75 20% Tutta la pasta TerraSuisse, per es. pipe di spelta originale Connaisseur Suisse, 500 g 2.30 invece di 2.90 20% Tutti i tipi di aceto Condy, per es. aceto alle erbe aromatiche, 750 ml 1.50 invece di 2.20 30% Tutte le salse liquide Thomy e Bon Chef in confezioni di cartoncino, per es. salsa olandese, 250 ml 2.30 invece di 2.90 20% Carne di manzo Simmenthal in conf. da 3, 3 x 140 g 6.90 invece di 8.70 20% Prodotti da forno per l’aperitivo Party, per es. cracker alla pizzaiola, 2 x 150 g 3.80 invece di 4.80 20% Tutte le crostate, per es. crostata all’albicocca, 215 g 2.30 invece di 2.90 20% Tutti i tipi di torta svedese (a pezzi o intera), per es. torta svedese ai lamponi, 500 g 7.80 invece di 9.80 20% Tutti gli antipasti Anna’s Best, per es. olive con formaggio molle, 150 g 3.80 invece di 4.75 20% Pesto aglio e olio, bio, o salsa alle verdure, bio, per es. pesto aglio e olio, 125 ml 3.20 20x NOVITÀ *,** Gnocchi M-Classic in conf. da 2, 2 x 550 g 5.60 invece di 7.– 20% Pizza Anna’s Best in conf. da 2, per es. al prosciutto, 2 x 380 g 10.30 invece di 13.80 25% Gazpacho di carote e arance, 20x bio, 500 ml 4.30 NOVITÀ *,** Tutti gli Bomboloni, Pandorini, Bonn, Pandolcetti, Plumcake Dal Colle, per es. Pandorino, 228 g 2.40 invece di 3.– 20% Pasta Agnesi, in conf. da 1 kg 2.30

Società Cooperativa Migros Ticino

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Pasta per pizza, Nostrani, 500 g 3.25 invece di 4.10 20% Focaccia ai pomodorini, in conf. da 2 x 375 g 8.25 invece di 11.80 30%

NEAR FOOD / NON FOOD Fructis Miraculous Oil-in-Spray oppure Sérum Goodbye Damage, per es. Miraculous Oil Spray, 20x 150 ml 12.80 20x PUNTI ** Shampoo Pantene Pro-V XXL in conf. da 2, per es. shampoo Repair & Care, 2 x 500 ml 10.55 invece di 17.60 40% ** Head & Shoulders in conf. da 2, per es. shampoo Citrus Fresh, 2 x 300 ml 9.40 invece di 11.80 20% ** Tutti i prodotti per il viso e per il corpo L’Oréal (esclusi articoli Men), per es. cura ad azione riparatrice intensa Age Re-Perfect, 50 ml 22.15 invece di 26.10 15% ** Prodotti Gillette Venus in confezioni multiple o speciali, per es. Venus Breeze Spa, 8 lamette 30.90 invece di 36.80 ** Prodotti Gillette e Oral-B in confezioni multiple o speciali, per es. gel di base Gillette in conf. da 2, 2 x 200 ml 6.35 invece di 7.50 ** Always e Tampax in confezioni multiple e speciali, per es. assorbenti Always Ultra Normal Plus in conf. gigante, 38 pezzi 6.40 invece di 8.– ** Herpes Patch Sanactiv, 20x 16 pezzi 9.90 NOVITÀ *,** Tutto l’assortimento M-Plast (esclusi articoli M-Budget e articoli mini), per es. gel disinfettante per le mani, 75 ml 3.75 invece di 4.70 20% ** Calze-pantofole da donna in conf. da 10 paires, n. 35–38, 39–42 12.90 Calze business da uomo in conf. da 3 oppure calze-pantofole in conf. da 10, per es. calze-pantofole in conf. da 10, n. 39–42, 43–46 14.90 Tutte le pantofole comode (esclusi articoli SportXX), in diversi colori, per es. pantofole da donna, rosa, n. 36–41 17.40 invece di 24.90 30% ** Salviettine umide Pampers Sensitive o Baby Fresh in conf. da 9, per es. Sensitive, 9 x 56 pezzi 29.80 invece di 44.10 * Tutti i pannolini Pampers (confezioni giganti escluse), offerta valida su 3 prodotti con lo stesso prezzo, per es. Baby-Dry 3, 3 x 48 pezzi 37.60 invece di 56.40 3 per 2 ** Detersivi Elan in conf. da 2, per es. Spring Time, 2 x 2 l 22.20 invece di 27.80 20% Detersivo Elan Power Fresh in conf. risparmio XXL, 7,5 kg 23.10 invece di 46.30 50% Tutti gli ammorbidenti Exelia, per es. Florence, 1,5 l 3.25 invece di 6.50 50% Minispray Migros Fresh White Musk in conf. di ricarica 20x 2.90 NOVITÀ *,** Diversi contenitori in materia sintetica, per es. contenitore con 6 rotelle in set da 2, verde chiaro 29.– Padelle in acciaio legato in set da 3, Ø 20 + 24 + 28 cm, indicate anche per i fornelli a induzione 49.80


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Pesto aglio e olio, bio, o salsa alle verdure, bio per es. pesto aglio e olio, 125 ml

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In vendita nelle maggiori filiali Migros. OFFERTE VALIDE SOLO DAL 20.5 AL 2.6.2014, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK

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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 19 maggio 2014 ¶ N. 21

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Il c on Pa sig no sta li i p ci , ca o di An ga iat d’ac rne na di ran ti fr ag , p e e i u t la n is d ù s ac fam me con di d e ve ce, u pa com e nù o t i A rd ov ne p è p eq ut nn ure a s E, . ag ro u to a’s fr od na pri ilib il p Be esc e, i m imp rli o t ra iac st he se en or co an to. er : n t va za ù f an n ta Se e r n t de , b p at n ag es e, te o g ch p l b as oi nd du iu i o re uo ta p n er nq ta gn ar n e. u d i ia e c i c gi m on on orn o su se o m rv at an i s ti; en za

Idee e acquisti per la settimana

Fagioli, granoturco e pomodori: la nuova ricetta di pasta fredda al tonno contiene più del 20 percento di verdure.

Freddano la fame Quando la fame ci assale deve arrivare subito in tavola qualcosa di fresco; non si ha la pazienza di aspettare. A questo punto entrano in scena i gustosi e nutrienti piatti freddi Anna’s Best; già pronti non richiedono nessun tempo di preparazione e soddisfano tutta la nostra voglia di freschezza

Quando salgono le temperature, impazza il desiderio di stare all’aperto durante la pausa pranzo. E anche le lunghe serate tiepide invitano a trascorrere il proprio tempo sotto il cielo stellato, piuttosto che tra le proprie quattro mura, per godersi il meritato relax in un’atmosfera di spensieratezza. In queste occasioni non si vuole certo stare in cucina; si prediligono piatti subito pronti; meglio ancora se già pronti. L’assortimento di piatti freddi Anna’s Best propone diverse insalate di pasta, ad esempio con pollo o con tonno, e persino un menù a base di patate e gamberetti. E il bello è che queste deli-

zie non richiedono alcuna preparazione: basta distribuire la salsa, mescolare e gustarle in tutta la loro bontà. Questi piatti nutrienti, ricchi di verdure, sono pensati per tutti coloro che non si accontentano di una semplice insalata e che da un pasto vogliono di più. Qui convenience significa anche freschezza. Queste ricche insalate vengono preparate ogni giorno in Svizzera e imballate a mano con cura nelle apposite vaschette. Non sono pastorizzate e sono prive di additivi alimentari. E ora nel reparto frigo vi aspetta una nuova e gustosa ricetta Anna’s Best: penne al tonno, con verdure, uova e salsa all’italiana. / NO

Pasta tricolore al pollo con salsa all’aceto balsamico e miele Anna’s Best* 350g Fr. 7.90

Piatto di patate con gamberetti in salsa 1000 Island Anna’s Best* 350g Fr. 7.90

Fusilli al pollo con salsa 1000 Island Anna’s Best* 350g Fr. 7.90

Pasta al tonno con salsa all’italiana Anna’s Best* 350g Fr. 7.90

*in vendita nelle maggiori filiali Migros


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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 19 maggio 2014 ¶ N. 21

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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 19 maggio 2014 ¶ N. 21

Idee e acquisti per la settimana

Giocate a Mega Win e partite in vacanza!

«I bollini saranno distribuiti secondo il principio di casualità»

7 giri del mondo Del valore di Fr. 30 000.– l’uno (per 2 persone) Questo viaggio di 3 settimane parte da Zurigo per fare tappa a New York, Las Vegas, Los Angeles, Honolulu, Tokyo, Singapore e Dubai.

Tornano in scena i tanto ambiti bollini del gioco Mega Win. Questa volta ci sono in palio 160 viaggi e 3000 premi immediati Hotelplan per un valore complessivo di 900’000 franchi 5 crociere ai Caraibi Avete sempre sognato di fare il giro del mondo? Oppure di sentire sotto i piedi la morbida sabbia bianca delle Maldive? O di scoprire i Caraibi a bordo di una fantastica nave da crociera? Allora approfittate di que st ’oppor t u n ità e tentate la vostra fortuna, raccogliendo i bollini Mega Win. Potreste, infatti, presto vincere il viaggio dei vostri sogni. Partecipare è facilissimo: a partire da un acquisto di 20 franchi, ogni cliente alla cassa Migros riceve un set contenente 4 bollini da incollare sulla rispettiva valigia nell’apposito carnet della collezione. Chi riesce a

compilare una valigia intera, ha motivo di esultare e di preparare la valigia vera, per partire sul serio! Per raccogliere tutti i bollini necessari, ci vuole ovviamente anche un po’ di fortuna. E siamo certi che pure quest’anno si formeranno diverse borse di scambio. La distribuzione dei bollini è iniziata il 12 maggio e terminerà il 14 giugno 2014. L’ultimo termine d’invio è il 30 giugno 2014. Nessun obbligo d’acquisto. Set di bollini gratuiti e ulteriori informazioni relative alle condizioni di partecipazione sono disponibili sul sito: megawin.migros.ch/ it. / Testo: Dora Horvath

Del valore di Fr. 6000.– l’una (per 2 persone) Questa crociera di otto giorni con la MSC Divina parte da Miami per fare tappa in Giamaica, alle isole Cayman, in Messico e alle Bahamas.

Brigitte Kistler è consulente giuridica presso la Direzione Legal & Compliance della Federazione delle cooperative Migros.

Nel carnet della collezione si legge: «Hai completato la raccolta di bollini per questo viaggio? Allora ti sei assicurato la tua vincita». È realmente così, oppure vi sarà ancora un’estrazione per determinare i vincitori? No, i vincitori non saranno estratti a sorte in un secondo tempo. Per assicurarsi la vincita, basta effettivamente compilare con i sei rispettivi bollini originali una delle sette valigie illustrate e quindi inviare il carnet per raccomandata alla Federazione delle cooperative Migros. Ovviamente il carnet inviato deve superare l’esame di validità esterno; inoltre, bisogna rispettare le condizioni di partecipazione. Quest’ultime sono state verificate a livello giuridico per assicurare che il concorso si svolga in modo corretto e nel pieno rispetto delle norme legislative. Le condizioni di partecipazione sono riportate nel carnet della collezione, nonché su: megawin.migros.ch/it.

3 viaggi alle Maldive

In determinate filiali Migros le probabilità di vincita aumentano? I set di bollini, mescolati con l’aiuto di un metodo automatizzato neutrale, vengono distribuiti alle filiali Migros secondo un principio di casualità. Questo permette di offrire pari opportunità di vincita ai clienti di tutte le regioni. Il principio di casualità non può comunque escludere che in una determinata regione non si registri un’elevata percentuale di vincitori.

I bollini vanno incollati sulla rispettiva valigia illustrata nel carnet della collezione. Una valigia compilata garantisce una vincita.

Illustrazioni: Gerry Nitsch; zvg; styling: Eva de Vree

Del valore di Fr. 26’000.– l’uno (per 2 persone) 14 notti con pensione completa in un Water Bungalow. Il soggiorno presso il Vakarufalhi Island Resort include inoltre una visita guidata con un biologo marino.

Alcuni clienti considerano questo gioco poco corretto, contestando il fatto che non vi siano veri vincitori. Lei cosa ne pensa? Ovviamente ciò non corrisponde ai fatti. Il gioco Mega Win 2013, infatti, ha determinato ben 47 fortunati vincitori. Ci dispiace che ciononostante , alcuni clienti ritengano questo gioco poco corretto. La caratteristica di questo tipo di concorso senza estrazione è proprio questo: non tutti i bollini in circolazione sono disponibili nelle stesse quantità. Come in ogni gioco, perciò, ci vuole anche un po’ di fortuna per conquistare tutti i bollini necessari a compilare una valigia e vincere quindi uno dei viaggi in palio.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 19 maggio 2014 ¶ N. 21

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Idee e acquisti per la settimana

Il grande maestro degli aromi Le degustazioni sono la sua professione. Siamo lieti di presentarvi Urs Flachsmann, creatore di gelati alla Midor

Gli ingredienti principali, quali panna, latte e zucchero, provengono dalla Svizzera.

È un gelatiere per passione e il suo amore per il gelato non conosce confini: da ben 38 anni, infatti, Urs Flachsmann (59) lavora nel reparto sviluppo dei gelati della Midor SA, situata a Meilen nel Canton di Zurigo, dove nascono tutte le golose creazioni di gelato della linea Crème d’or. Da quattro anni, la Midor produce il suo cremoso e soffice gelato alla panna con ingredienti rigorosamente naturali. I componenti principali, ovvero latte, panna, zucchero e uova d’allevamenti in libertà, provengono tutti dalla Svizzera. Urs Flachsmann è responsabile della qualità delle pregiate materie prime impiegate, nonché dello sviluppo di nuovi raffinati gusti da lanciare stagione dopo stagione come Limited Edition. Per lui e il suo team, queste particolari creazioni rappresentano anche un importante test. Se riescono a conquistare il palato dei clienti, infatti, vi sono buone probabilità di integrarle nell’assortimento standard. Perché per la produzione dei gelati Crème d’or sono impiegati ingredienti naturali?

Questo ritorno alla natura rappresenta un chiaro plusvalore per i nostri clienti. Ricorriamo agli aromi solo dove necessario. Per la varietà alla fragola, per esempio, rinunciamo completamente ad aromi e coloranti. Ciò presuppone, però, la disponibilità di fragole di primissima qualità. Ci tengo a sottolineare che per i nostri prodotti non abbiamo mai impiegato aromi artificiali, ovvero aromi non presenti nella natura. Fino al passaggio agli

Crème d’or Classic Fraise 200 ml Fr. 3.30

ingredienti naturali, ci siamo affidati agli aromi natural-identici che, come lo svela il loro nome, sono sì ottenuti per sintesi chimica, ma uguali a prodotti presenti in natura. Quando è avvenuto il passaggio agli aromi naturali?

Circa quattro anni fa siamo passati a una produzione basata su aromi rigorosamente naturali. Ma anche in questo caso devo precisare che già dal 1996 produciamo le novità esclusivamente con prodotti base naturali, senza ricorrere ai cosiddetti numeri E. Per i gusti più amati, come per esempio la vaniglia, abbiamo dovuto fare qualche esperimento prima di eguagliare il sapore tradizionale, al quale erano abituati i nostri clienti. Impiegate una varietà di fragole speciale?

Nella maggior parte dei casi scegliamo le fragole Senga Sengana, una varietà dall’aroma particolarmente intenso. I suoi frutti sono di color rosso scuro, sia dentro che fuori. Dal punto di vista ottico non sono bacche bellissime, ma in compenso il loro gusto è davvero fantastico. Il nostro gelato alla fragola, poi, è talmente ricco di frutta, che non dobbiamo aggiungere alcun colorante supplementare. Quando ricorrete ai coloranti?

Per regalare un tocco di colore in più ai nostri gelati, utilizziamo solo alimenti coloranti quali la barbabietola, l’aronia (una particolare bacca), il succo di mirtillo oppure la zucca. Ricor-

riamo però a questo metodo solo dove veramente necessario, perché questi ingredienti, oltre a colorare il prodotto, gli conferiscono anche il loro aroma. In alcuni gelati ciò è inevitabile, perché a causa dell’elevato tenore di panna il loro colore risulterebbe troppo bianco. Un esempio? Il gelato alla vaniglia, che per i clienti deve avere un tocco leggermente giallognolo. In linea di massima, però, si può dire che dal punto di vista del colore, i prodotti pregiati sono più discreti rispetto a quelli convenzionali. I prodotti naturali sono spesso esposti a sbalzi stagionali. In questi casi adattate le ricette?

No, al contrario. In tal caso vediamo di adattare le materie prime e non le ricette. Se in una regione, per esempio, il raccolto va male, ci riforniamo altrove. Nel caso della vaniglia, che proviene da diverse zone, poi, rivediamo semplicemente la miscela. Quel che conta, è la qualità del prodotto finale, soprattutto per quanto riguarda il gusto. Che cosa l’affascina particolarmente della sua professione?

La produzione del gelato è un settore vasto, vivo e molto innovativo. La gamma spazia dal semplice ghiacciolo al sorbetto leggero, fino al ricco gelato alla panna doppia o alla crème de la Gruyère. E inoltre, io adoro il gelato, anche dopo 38 anni di intensa attività. / Intervista: Dora Horvath; illustrazioni: Paolo Dutto

Crème d’or Limited Edition Cachaçana do Brasil 750 ml Fr. 8.60

L’industria Migros produce numerosi prodotti molto apprezzati, tra cui anche i gelati Crème d’or.


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Idee e acquisti per la settimana

Aceto di mele Condy 750 ml Fr. 1.60* invece di 2.30 * 30% su tutti gli aceti Condy dal 20 al 26 maggio In vendita nelle maggiori filiali Migros

Illustrazioni e styling: Claudia Linsi

Aceto alle erbe aromatiche Condy 750 ml Fr. 1.50* invece di 2.20

Racchiuse in un vasetto sott’aceto, le verdure del proprio orto regalano tutto il loro gusto ad ogni stagione.

La freschezza si conserva sott’aceto Gustare le verdure estive anche in inverno? Certo, è semplicissimo: basta conservare tutta la loro bontà in un delizioso aceto alle erbe aromatiche

L’industria Migros produce numerosi prodotti molto apprezzati, tra cui troviamo anche gli aceti Condy.

Da qualche anno, la conservazione delle verdure sott’aceto è tornata clamorosamente alla ribalta. I sott’aceti più conosciuti e più amati sono senza dubbio i cetriolini. Ovviamente è possibile estendere questo tipo di conservazione a molte altre verdure. In ogni caso, l’alleato indispensabile è l’aceto, come per esempio l’aceto alle erbe aromatiche svizzere Condy, il cui tenore di acidità previene la moltiplicazione di microorganismi. Le verdure conservate sott’aceto in pratici vasetti preservano la loro freschezza e bontà per diversi mesi. Prima di procedere

alla conservazione, però, è importante salare le verdure e lasciarle riposare per qualche ora, per permettere al sale di estrarre l’acqua contenuta negli ortaggi. Preferite la variante molto agra o piuttosto quella agrodolce? Qualunque sia la vostra scelta, non ci sono limiti alla fantasia! Per la preparazione ricordatevi, però, di impiegare esclusivamente recipienti in acciaio legato. È l’unico metallo, infatti, che non viene intaccato dall’acido acetico e a che quindi non rilascia sostanze nocive durante la cottura. / AW

Sottaceti assortiti Per ca. 3 barattoli di 5 dl

Ingredienti 150 g di cipolline 700 g di verdure di stagione ideali per conserve, ad es. broccoli, carote, cavolfiore, finocchi, pesati mondati 5 dl d’aceto alle erbe Condy 2,5 dl d’acqua 1¾ cucchiaini di sale 60 g di zucchero greggio 10 grani di pepe ½ cucchiaio di semi di senape gialla 3 peperoncini 6 gambi di aneto Preparazione 1. Tagliate le cipolle a metà o in quattro a seconda della grandezza. Tagliate il resto delle verdure in bocconi. 2. Portate il resto degli ingredienti a ebollizione in una padella ampia. Versate

le verdure nel liquido e fatele bollire. Togliete la padella dal fuoco. Lasciate macerare le verdure coperte nel liquido per 1 ora. Fate spiccare nuovamente il bollore e lasciate sobbollire le verdure a fuoco medio per ca. 5 minuti. 3. Estraete le verdure e l’aneto dal liquido di cottura e accomodateli nei vasetti sciacquati precedentemente con acqua bollente. Portate nuovamente il liquido a ebollizione, poi versatelo sulle verdure. Chiudete immediatamente i barattoli e capovolgeteli per alcuni minuti. Lasciate riposare le verdure per almeno 1 settimana. Tempo di preparazione ca. 30 minuti + macerazione 1 ora + riposo 1 settimana Un barattolo ca. 4 g di proteine, 1 g di grassi, 30 g di carboidrati, 700 kJ/170 kcal


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Idee e acquisti per la settimana

Illustrazione: Paula Troxler

Ananas-limetta o lampone-limetta: quale nuova varietà di Aproz02 ce la farà a entrare in assortimento?

L’industria Migros produce numerosi prodotti Migros molto apprezzati, tra cui anche le bevande Aproz.

Aproz02 ananas-limetta 50 cl Fr. 1.40

Aproz02 lampone-limetta 50 cl Fr. 1.40

Concorso

Battle of Tastes Votando su www.avsb.ch si può anche partecipare a un concorso. Ecco cosa si può vincere: ˚ 0 ‘mmn ch ‘bpthrsh fq‘sthsh ‘kk‘ Migros per un valore di Fr. 6000.– ˚ 4 hO‘c @hq ˚ 04/ b‘qsd qdf‘kn del valore di Fr. 20.–

Frutto giallo o rosso? Con Aproz02 ananas-limetta e lampone-limetta, Aproz lancia due nuove bevande in una fase pubblica di test. Votando, il consumatore decide quale varietà rimarrà in assortimento Il popolo viene chiamato a prendere una decisione non sempre solo in politica. Seguendo il motto «Il cliente è re», Migros invita per otto settimane tutti i consumatori a provare due bevande e, alla fine, contribuire a decidere quale

delle due dovrà rimanere in assortimento in modo duraturo. Nell’ambito della campagna «A vs.B», si tratta di scegliere fra le nuove varietà Aproz02 ananas-limetta e lamponelimetta: due acque minerali Aproz aro-

matizzate, che in confronto all’Aproz Classic sono arricchite di dieci volte tanto ossigeno. Entrambe le varietà contengono in più magnesio e caffeina naturale tratta da caffè in chicchi. Il dosaggio della caffeina corrisponde circa

alla metà di una normale Cola. Aproz02 è inoltre ricca di preziosi minerali ed è proposta in un pratico flacone dotato di tappo sportivo. In tal modo, già prima del duello almeno un perdente è già sicuro: la sete. / AW

Chi vuol partecipare a Battle of Tastes o al concorso, deve registrarsi su www.migros/ch/avsb con M-connect o Facebook Connect.


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Idee e acquisti per la settimana

Tè freddo sulla cresta dell’onda Sapore autentico e poche calorie: due nuovi tè freddi con poco zucchero

L’industria Migros produce numerosi prodotti Migros molto apprezzati, tra cui i tè freddi non zuccherati di Bischofszell.

I tè freddi costituiscono una rinfrescante alternativa a limonate e affini, e non solo nei giorni di canicola. Chi apprezza l’autentico sapore del tè, ma vorrebbe rinunciare ad assumere troppi zuccheri, nella nuova linea di tè freddi «Tea» di Bischofszell trova ciò che fa al caso suo. Uno speciale processo di produzione mantiene il gusto naturale della menta e del tè verde. Per ottenere questo risultato, il tè freddo viene preparato di fresco proprio come il «vero» tè. È poco zuccherato, la sua leggera dolcezza è data dal succo di agave, un dolcificante naturale a base di agave. Con 46 calorie per bottiglia, il suo contenuto calorico è di due terzi inferiore a quello di un tè freddo convenzionale. È più o meno equiva-

lente a quello dell’Ice Tea light, che però è dolcificato con sostanze artificiali. Sempre più consumatori desiderano poter disporre di bevande rinfrescanti naturali con poco zucchero. Entrambi i nuovi tè freddi di Bischofszell rispondono a questa esigenza. / DH; Foto: Ruth Küng

Tea tè di menta 50 cl Fr. 1.30 Tea tè verde 50 cl Fr. 1.30 20 x punti Cumulus fino al 26.5 Nelle maggiori filiali Migros


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Idee e acquisti per la settimana

Il chicco è vincente Il fondatore di Migros, Gottlieb Duttweiler, amava il caffè. Infatti, fu uno dei primi prodotti venduti alla Migros Essendo stato uno dei primi prodotti in vendita, il caffè ha svolto un ruolo da protagonista nella storia del successo di Migros. Oggi l’assortimento va dai vari caffè solubili alle miscele in grani dal gusto forte o delicato provenienti dall’Asia, dall’America latina o dall’Africa, fino alle rarità regionali di caffè in capsule. Tra essi vi sono veri e propri classici come l’Exquisito, presente sugli scaffali sin dal 1930 in due varietà: Mokka e Brasil. Con il suo carattere morbido, la miscela classica di Exquisito è particolarmente indicata per il caffè filtro, mentre Exquisito Crema è ideale per le macchine automatiche. Con il caffè Zaun, nel 1931 Gottlieb Duttweiler lanciò per la prima volta una miscela decaffeinata con il marchio Migros. Un posto d’onore nell’assortimento, che Zaun difende tuttora con successo. Dalla fine degli anni 60 viene proposto Boncampo – dall’aroma intenso – ed oggi come allora il suo imballaggio è decorato con i caratteristici chicchi di caffè. La competenza di Migros in questo campo non è certo dovuta al caso. Infatti, sin da quando era un semplice apprendista nel negozio di articoli coloniali Pfister & Sigg, «Dutti» era affascinato dal caffè. Coltivatore di caffè in Brasile

Imballaggi e manifesti pubblicitari, conservati negli archivi Migros, puntano sulla fragranza e sull’esotismo di questa bevanda stimolante.

A Le Havre, all’epoca il maggior porto d’importazione di caffè in Europa, Duttweiler apprese i rudimenti del commercio del caffè lavorando come agente commerciale e avviò l’importazione diretta dal Brasile. Egli stesso si recò in quel Paese a lavorare in una piantagione di caffè nel 1922, tre anni prima di fondare la Migros in Svizzera. / JV

M-Classic Zaun in chicchi 250 g Fr. 3.50 Boncampo in chicchi 500 g Fr. 4.40 Exquisito in chicchi 500 g Fr. 6.50* * 20% su tutte le varietà Exquisito dal 20 al 26 maggio. L’Industria Migros produce numerosi prodotti molto apprezzati, tra cui anche i caffè di Delica.



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Idee e acquisti per la settimana

Profumo di rugiada Exelia Fresh Morning 1,5 l Fr. 3.25* invece di 6.50 * 50% di sconto sugli ammorbidenti Exelia fino al 26 maggio.

Una gradevole freschezza e una sensazione tonificante: sono forse le parole più indicate per descrivere il profumo che impregna l’aria fresca del mattino. E Fresh Morning si chiama anche il nuovo ammorbidente di Exelia. Il suo marchio di fabbrica è l’intenso odore di freschezza, che permane ancora per molto tempo dopo che il bucato si è asciugato. L’ammorbidente rende la biancheria soffice come il velluto e protegge i tessuti dall’usura. Inoltre, previene la carica elettrostatica e facilita la stiratura. Test dermatologici hanno dimostrato la sua tollerabilità sulla pelle. Exelia guadagna molti punti anche sotto il profilo ecologico: questo balsamo per i tessuti è facilmente biodegradabile e produce meno rifiuti grazie alla pratica confezione di ricarica.

L’Industria Migros produce numerosi prodotti molto apprezzati, tra cui anche gli ammorbidenti Exelia.

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