Azione 14 del 31 marzo 2014

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Cooperativa Migros Ticino

G.A.A. 6592 Sant’Antonino

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXVII 31 marzo 2014

Azione 14 8 ping M shop ne 41-50/59-6 i alle pag

Società e Territorio Incontro con Gabriele Donati e Karim Varini, ideatori di TimeRepublik, la piattaforma dove si condividono i talenti

Ambiente e Benessere La psicologa e psicoterapeuta Cinzia Pusterla ci parla dei disturbi evolutivi dell’apprendimento

Politica e Economia La partita della Crimea rimette in discussione gli equilibri politici euroasiatici e globali

Cultura e Spettacoli Una spettacolare serie di disegni «segreti» di Michelangelo

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Elia Stampanoni

Vergeletto riscopre la tradizione

di Elia Stampanoni pagina 6

Contro Putin, una svolta «verde» di Peter Schiesser Se di nuova Guerra fredda fra Occidente e Russia si è tentati di parlare in seguito all’annessione della Crimea, va pur detto che non sarà una riedizione dello scontro ideologico fra capitalismo e comunismo che ha diviso il mondo fino all’implosione dell’impero sovietico. Vladimir Putin e la Russia che incarna non hanno ideali e visioni da proporre a lavoratori, intellettuali, politici occidentali, nessuno combatterà l’ordine costituito e/o il capitalismo inneggiando al novello zar di una Russia che ha sostituito la dittatura comunista con un capitalismo selvaggio sorretto da un potere autoritario e corrotto. Quella Guerra fredda la Russia sovietica l’ha persa definitivamente e probabilmente perderà anche la prossima nello stesso modo: con un’implosione del suo sistema di potere, incapace di generare una società democratica e un benessere generale. Se a breve termine la démodée ma efficace minaccia militare russa tiene in scacco l’Ucraina e l’Occidente, a lungo termine la Russia pagherà un alto prezzo economico e sociale. E così pure la Crimea, come prima di essa Ossezia meridionale e Abkazia che ancora oggi, dopo sei anni dall’intervento russo in Georgia, attendono i capitali

promessi da Mosca. A dire il vero un massiccio flusso di denaro c’è stato, ma, per fare un esempio, secondo calcoli del parlamento russo, due terzi dei 55 milioni di dollari destinati all’Ossezia meridionale sono stati rubati, e oggi l’entusiasmo per la madre Russia è piuttosto scemato. Perché è questo che rappresenta l’imperialismo putiniano: una pioggia di soldi mal spesi che alimentano corruzione e oligarchie, non un vero sviluppo del tessuto economico. La Crimea, totalmente dipendente dall’esterno, potrebbe doversene accorgere amaramente nei prossimi anni. Ma è la stessa Russia a soffrire di fondamentali mali economici: un Paese che trae metà del suo reddito dall’esportazione di petrolio e gas e contemporaneamente non è in grado di modernizzare il suo apparato industriale, come rimarcano gli osservatori, non può aspirare a diventare una superpotenza in un contesto geopolitico mondiale in cui la potenza si conquista con la concorrenzialità. Un Paese come la Russia in cui si arricchiscono spudoratamente gli amici del presidente e la società civile sopravvive fra propaganda e repressione, con un nazionalismo condiviso che fa da collante, non libererà le migliori risorse umane e intellettuali, piuttosto le osteggerà. Al contrario, pur dovendo subire i contraccolpi delle (ancora even-

tuali) sanzioni economiche che minaccia di imporre alla Russia, l’Occidente ha uno stimolo in più per affrettarsi sulla via della rivoluzione tecnologica «verde», per sviluppare e promuovere energie pulite. Otterrebbe il duplice vantaggio di ridurre la dipendenza energetica dalla Russia (le cui esportazioni di gas e petrolio coprono un terzo del fabbisogno dell’Unione europea) e di combattere in modo deciso il riscaldamento dell’atmosfera terrestre e i conseguenti mutamenti climatici. Considerati i comparabili problemi che gli Stati Uniti subiscono con i vecchi alleati arabi delle monarchie del Golfo (che oggi con i petrodollari finanziano un fondamentalismo islamico armato), è davvero tempo che massicce risorse finanziarie e intellettuali vengano investite per superare l’era del petrolio. Gli esperti ricordano inoltre che se si intende davvero raggiungere l’obiettivo di non superare l’aumento della temperatura dell’atmosfera di 2 gradi, due terzi delle riserve di petrolio, gas e carbone oggi conosciute dovranno restare inutilizzate. Come affermò un tempo il potentissimo ministro saudita del petrolio sceicco Yamani, «l’età della pietra non terminò perché finirono le pietre, ma perché l’uomo inventò oggetti di bronzo». Anche in questo senso Putin potrebbe trovarsi dalla parte sbagliata della Storia.


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 31 marzo 2014 ¶ N. 14

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Attualità Migros

MRapporto d’attività 2013

Migros Ticino Nell’anno appena trascorso la cooperativa ha riportato risultati soddisfacenti

Nel 2013, in condizioni quadro difficili a causa dell’aumentata concorrenza anche da parte dei commerci d’oltre frontiera, la cooperativa ha mantenuto praticamente invariata la sua cifra d’affari a 513,8 milioni di franchi (–0,4%) e aumentato l’utile netto a 6,0 milioni di franchi (+1,7 milioni di franchi) rispetto al 2012. L’indotto nell’economia cantonale tra salari, acquisti di merce e consulenze è ammontato a 209,6 milioni di franchi, pari al 41% degli incassi della cooperativa. Un risultato ottenuto malgrado una riduzione media dei prezzi dello 0,1% in rapporto al 2012, rispettivamente del 9,4%, pari a circa 50 milioni di franchi, in rapporto al 2008: una flessione resa possibile dalle migliorate condizioni di acquisto ed efficienza aziendale, fattori grazie ai quali oltre a rendere più convenienti i suoi prodotti e chiudere i conti con risultati finanziari più che soddisfacenti, Migros Ticino ha potuto aumentare i salari mediamente dell’+1% e versare ai suoi 1750 collaboratori una partecipazione straordinaria sugli utili di 1’000 franchi. Qualità, scelta, disponibilità e modalità di presentazione della merce, in particolare dei prodotti freschi e a valore aggiunto (qualità, etica e ambiente), sono aspetti sui quali si è ulteriormente lavorato nell’ottica del servizio al cliente. Ottimo il riscontro: i prodotti a marchio TerraSuisse (produzione integrata) hanno realizzato una cifra d’affari di 24,8 milioni di franchi, mentre è ulteriormente cresciuto il fatturato della linea di prodotti locali dei Nostrani del Ticino, che con circa 300 articoli realizza un fatturato di 24,0 milioni di franchi (+3,0%) e le cui vendite superano quelle della linea a primo prezzo MBudget (–4,1%), così come dei prodotti a marchio Bio (+7,2%). Tra l’offerta locale figurano anche una decina di prodotti realizzati da utenti di istituti che promuovono l’integrazione di disabili nel modo del lavoro – fondazioni Diamante, La Fonte, OTAF e San Gottardo – cui viene interamente riversato il ricavato delle vendite. Nel 2013 Migros Ticino ha investito 19,4 milioni di franchi per l’ampliamento e l’ammodernamento della sua rete di vendita: a Taverne è stato aperto un nuovo supermercato, mentre quello

La linea «Nostrani del Ticino» è sempre più apprezzata (vedi grafico qui sotto).

di Solduno è stato completamente ristrutturato. È stato inoltre dato avvio alla costruzione di un nuovo Do it & Garden a Losone – nel cui stabile troverà spazio anche il primo dei cinque centri «ACTIV FITNESS» che la cooperativa intende aprire in Ticino – e a due nuovi supermercati, a Mendrisio e Melano. Ha infine preso avvio la ristrutturazione della filiale di Lugano Centro, con lavori previsti fino a inizio 2017. Come già negli anni precedenti, i punti di vendita nuovi e ristrutturati sono stati realizzati attuando misure per limitare il consumo energetico e l’impatto ambientale, in linea con gli obiettivi che la cooperativa si è data in questo settore in collaborazione con l’Agenzia dell’energia per l’economia. Nel 2013 è inoltre entrato in funzione il secondo impianto solare ubicato sul tetto di sedi di Migros Ticino (S. Antonino

e Taverne), cui faranno seguito nel 2014 ulteriori due impianti (Losone e Mendrisio). È stato inoltre concluso il collegamento degli stabili di S. Antonino (centro commerciale e sede centrale) al sistema di teleriscaldamento che sfrutta il calore del termovalorizzatore di Giu-

biasco, con un risparmio di 300 tonnellate di gasolio e di circa 800 tonnellate di CO2 l’anno. Nel settore culturale, cui la cooperativa ha destinato 2,5 milioni di franchi, le ore di frequenza ai corsi di formazione per gli adulti erogati dalla

Cifra d’affari «Nostrani del Ticino» in milioni di franchi 30.0

19.0 15.0

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2013

Scuola Club si sono mantenute ad alto livello, mentre gli eventi e le manifestazioni culturali presentati nel programma del Percento culturale hanno richiamato poco meno di 110’000 spettatori. «Azione», organo ufficiale di Migros Ticino e settimanale di informazione e cultura redatto e stampato in Ticino, è stato letto mediamente da 114’000 persone, il che corrisponde a circa il 40% dei potenziali lettori della Svizzera italiana. Migros Ticino si prepara ad affrontare una situazione di mercato difficile (franco forte, concorrenza in aumento) migliorando ulteriormente sia l’offerta (qualità e convenienza) sia l’efficienza aziendale con l’obiettivo di rimanere un punto di riferimento per l’economia e la cultura della Svizzera italiana in qualità di azienda autonoma ticinese all’interno della comunità Migros.

Tipress

MRinnovo completo di Migros Tenero

Azione Settimanale edito da Migros Ticino Fondato nel 1938 Redazione Peter Schiesser (redattore responsabile), Barbara Manzoni, Manuela Mazzi, Monica Puffi Poma, Simona Sala, Alessandro Zanoli, Ivan Leoni

Sede Via Pretorio 11 CH-6900 Lugano (TI) Tel 091 922 77 40 fax 091 923 18 89 info@azione.ch www.azione.ch La corrispondenza va indirizzata impersonalmente a «Azione» CP 6315, CH-6901 Lugano oppure alle singole redazioni

Migros Tenero ha riaperto le porte al pubblico giovedì scorso, dopo una chiusura di quasi sette settimane, durante le quali il negozio è stato completamente ristrutturato. Il supermercato, che ha mantenuto la superficie di vendita di 650 m2, si presenta ora con il nuovo concetto di arredamento degli interni della Cooperativa Migros Ticino, già applicato in occasione delle più recenti aperture di filiali. I lavori hanno tenuto conto sia degli obiettivi di risparmio energetico fissati dalla Cooperativa, sia della comodità per clienti e collaboratori. Infatti l’ambiente si presenta ora più arioso grazie all’ammodernamento e al riposizionamento completo dell’ar-

redo, mentre l’apertura della vetrina dà maggiore luminosità all’intera superficie di vendita. Come in precedenza, il supermercato di Tenero offre un assortimento indirizzato alle necessità quotidiane; la disposizione delle merci, il percorso interno al negozio e l’ubicazione delle casse sono però stati completamente modificati per garantire maggiore fruibilità e comodità per i clienti. Le misure di risparmio energetico sono state ottenute in particolare grazie a tecnologie di nuova generazione, che permettono di ridurre al minimo i consumi e l’impatto ambientale. Abbandonato l’utilizzo di energia fossile, il riscaldamento avviene grazie a una

termopompa aria-acqua e tramite il recupero del calore delle celle e degli impianti frigoriferi. Questi ultimi, utilizzano gas neutri per l’ambiente (CO2) e sono stati dotati di sportelli in vetro. Tutta l’illuminazione (interna, esterna e mobili refrigeranti) è a tecnologia LED. La ristrutturazione del supermercato ha richiesto un investimento di 1,4 milioni di franchi; tutti i lavori sono stati assegnati ad aziende ticinesi. La gerenza del negozio, che occupa 16 collaboratori, è affidata a Sebastiano Pizzo. Il negozio è aperto dalle 08.00 alle 18.30 dal lunedì al venerdì (alle 20.00 il giovedì); il sabato dalle 08.00 alle 17.00.

Editore e amministrazione Cooperativa Migros Ticino CP, 6592 S. Antonino Telefono 091 850 81 11

Tiratura 98’645 copie

Abbonamenti e cambio indirizzi Telefono 091 850 82 31 dalle 9.00alle 11.00 e dalle 14.00 alle 16.00 dal lunedì al venerdì fax 091 850 83 75 registro.soci@migrosticino.ch

Stampa: Centro Stampa Ticino SA Via Industria 6933 Muzzano Telefono 091 960 31 31

Inserzioni: Migros Ticino Reparto pubblicità CH-6592 S. Antonino Tel 091 850 82 91 fax 091 850 84 00 pubblicita@migrosticino.ch

Costi di abbonamento annuo Svizzera: Fr. 48.– Estero: a partire da Fr. 70.–


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Società e Territorio I mulini di Vergeletto Dalla pannocchia di mais alla farina bóna: in Valle Onsernone rivive la tradizione grazie all’impegno dell’Associazione mulini di Vergeletto

Politica cantonale Tra un anno ci saranno le elezioni cantonali: uno sguardo sulla futura campagna elettorale pagina 5

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Ogni momento ha l’oro in bocca Nel web TimeRepublik è un’interessante

piattaforma dove ci si scambia qualsiasi tipo di lavoro ed è stata fondata da due luganesi

Sara Rossi Dice il premio Nobel Muhammad Yunus che il mondo dell’impresa e degli affari, cioè il settore più efficiente e più innovativo sul piano finanziario, dovrebbe anch’esso occuparsi del bene del pianeta e dei suoi abitanti. «Basta accendere l’interruttore della creatività di ogni persona», dice. Decisamente, nella testa di Gabriele Donati e Karim Varini si è acceso un interruttore che si rivela ogni giorno più illuminato; sette mesi fa, dopo lunghi anni di riflessioni e preparazione, i due amici d’infanzia luganesi hanno avviato un’attività che molto presto si rivelerà per quello che è: un business che fa del bene a tutti. Parliamo di TimeRepublik, che apparentemente si occupa di attività contrapposte: guadagnare soldi e permettere ai suoi utenti di risparmiare; sfruttare le potenzialità del web (non avrebbe mai potuto esistere prima di internet) e riconnettere le persone fisicamente.

Dallo scorso settembre gli iscritti sono quasi 15mila provenienti da 84 Paesi: ognuno offre almeno un servizio Sul suo sito ci si iscrive, si definisce il proprio profilo a seconda di quali attività si è capaci di svolgere e si vuole mettere a disposizione. I talenti possibili sono 304, divisi in 62 sottocategorie e in 14 grandi settori: animali, arte, gastronomia, lavori domestici, mondo digitale, sport, salute e benessere… e più nello specifico troviamo aiuti che vanno da quello veterinario all’insegnante di discorsi in pubblico, dal traslocatore al consulente fiscale, dal massaggiatore al meccanico di bici. Io so fare questo e lo offro; però ho bisogno di quello e lo prendo. Moneta di scambio: il tempo. Funziona così: una persona si iscrive e ottiene, completando il proprio profilo, fino a cinque ore di bonus che

può cominciare a spendere; per esempio una signora è diventata membro di TimeRepublik perché ha bisogno di una baby sitter ma non ha molti soldi (o, semplicemente non vuole in quel momento spenderli). Quello che lei ha da offrire sono servizi di catering. Non appena un altro iscritto la chiama per avere un’ora del suo tempo, lei cucinerà per lui e guadagnerà un’altra ora per «pagarsi» la baby sitter o qualsiasi cosa lei abbia bisogno. A questo punto è chiaro che più si è meglio è… e i due fondatori di TimeRepublik hanno fatto bene i loro calcoli: da settembre scorso, quando è stata lanciata la nuova versione della piattaforma, si sono iscritte quasi 15mila persone da 84 Paesi del mondo per oltre 30mila servizi in totale (in media ognuno offre due cose che è capace di fare). C’è chi apprezza TimeRepublik perché ciò che possiede in quantità maggiore sono ore di tempo; chi invece perché finalmente può dare sfogo in modo utile alle sue passioni; chi perché ha trovato uno scambio meraviglioso tra farsi fare i lavori che gli dispiacciono e fare quelli che gli piacciono; chi perché ha poco tempo e trova molto comodo digitare il proprio desiderio su internet e stare quasi certo che troverà qualcuno non troppo distante che potrà fornirgli esattamente ciò di cui necessita; chi ancora perché aveva proprio bisogno di un esperto di orchidee disposto a dargli una lezione di un’oretta via Skype e dove trovarlo se non su TimeRepublik; chi ancora perché era stufo di un sistema che ti allontana dagli incontri veri e propri. Come fidarsi? Semplice: come il famoso TripAdvisor. Chi ha usufruito di un servizio scrive il suo parere sulla pagina di TimeRepublik e così i prossimi ad averne bisogno potranno farsi un’idea della qualità. Fino a qui pare «solo» un sistema rivoluzionario e geniale che livella ogni stipendio (un’ora di pulizie equivale a sessanta minuti di correzione di bozze specializzate) e funziona sulla meritocrazia. Ma se siamo partiti con l’espressione mondo dell’impresa e business

I creatori di TimeRepublik: Karim Varini e Gabriele Donati.

che fa del bene a tutti un motivo ci sarà; ce lo spiega Karim Varini: «Per ora TimeRepublik stipendia tre persone, ma desideriamo diventi una professione per tutti quelli che vi stanno investendo. Al momento abbiamo un responsabile di area negli Stati Uniti, in Brasile, in Italia e Canton Ticino, in Spagna, in Francia, in Russia e in Danimarca». Visto che le trattative sono in corso, Karim non entra nei dettagli, ma spiega il concetto: «Non si fa più la pubblicità con uno spot televisivo o un cartellone stradale, riempito di frasi vuote e autoincensanti; società come, ad esempio, Hewlett-Packard stanno rivoluzionando il modo di pubblicizzare i loro prodotti e hanno scelto il volontariato e la conoscenza personale. Incentivano i propri dipendenti per quattro ore al mese durante l’orario di lavoro a svolgere incarichi di pubblica utilità. Così chi ha conosciuto un segretario, un operaio

o un dirigente di Hp che gli ha dato una mano, che sia in giardino, all’ospedale o nel campo dell’informatica, riceverà una buona impressione della ditta». Hp, in questo modo, produce 1,4 milioni di ore all’anno in attività di volontariato. Quello che TimeRepublik farà molto presto è questo: venderà uno strumento di welfare aziendale attivo (TimeGroup), che permette alle aziende di creare un gruppo di propri collaboratori e di incoraggiarli a offrire competenze (anche) diverse da quelle del loro ruolo professionale, attraverso l’attivazione di un progetto che abbia un «impatto positivo». Può essere chiuso (solo per colleghi) oppure aperto, per le relazioni con gli altri utenti di TimeRepublik nel mondo; in questo modo si dà visibilità alle competenze non strettamente legate ai processi aziendali; allarga a tutti la possibilità di proporre e partecipare a progetti di aiuto o sostegno al contesto,

che possono avere ricadute nel Bilancio Sociale; ogni attività o progetto diventa visibile da tutti, attivamente partecipato e, soprattutto, rendicontato (magari mettendolo a bilancio), valorizzando e riconoscendo ogni contributo anche piccolo. L’impatto sociale positivo generato può essere di vaste proporzioni. In Giappone, già dagli anni Settanta, il sistema pensionistico prevede qualche cosa di simile: «attraverso il sistema conosciuto come Fureai Kippu – illustra Varini –, se ho i genitori in una città ma io vivo in un’altra, posso acquistare crediti di tempo aiutando degli anziani nel posto dove abito. Quei crediti saranno poi spendibili dai miei genitori per ricevere a loro volta un sostegno». Il mondo globale è anche questo. E invece di combatterlo o di approfittarsene alle spalle dei più deboli, c’è chi prova davvero a trarne vantaggi utili a tutti.


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Società e Territorio

Un bottino di voti

Politica cantonale Mancano 12 mesi alle prossime elezioni cantonali: i quasi 82’000 voti raccolti da Marco

Borradori nel 2011 sono «orfani» e per la prima volta la Lega non sarà trainata dal suo padre fondatore Giuliano Bignasca. Le opinioni di Pietro Martinelli e Claudio Generali

Roberto Porta C’è una cima da scalare in Ticino, una cima rimasta senza padrone, perché lassù non sventola più la bandiera di chi se ne era impossessato tre anni fa. È la vetta di voti raccolti il 10 aprile del 2011 da Marco Borradori. 81’754 crocette preferenziali, rimaste ora «orfane» dopo la svolta luganese dell’ex Consigliere di Stato. Fra un anno, quando il 19 aprile si tornerà alle urne per le prossime elezioni cantonali ticinesi, quel pacchetto di voti contribuirà a decidere le sorti della contesa. Non tanto per sapere chi sarà l’erede di Borradori ma piuttosto per capire chi tra i candidati ad un posto in governo sarà capace di far propria la porzione più ampia di quei consensi rimasti senza custode. Un bottino che oggi fa gola a tutti, dentro e fuori la Lega dei Ticinesi. Per consanguineità il partito di Via Monte Boglia ne rivendica l’eredità diretta, anche se nella corsa al governo non avrà più il traino né dello stesso Borradori, né del suo padre fondatore Giuliano Bignasca. Proprio per questo la campagna elettorale ticinese si svolgerà in un contesto decisamente inedito nella storia del cantone. Gli 81mila voti raccolti da Borradori e il 25,9% dei consensi andati alla Lega hanno perso i loro condottieri. E questo apre scenari politici decisamente inusuali, anche se nella campagna elettorale prevarranno ancora i temi che hanno fatto la forza della Lega. Primo fra tutti quello dei frontalieri e, più in generale, della presenza in Ticino di persone di origine straniera. Argomenti rilanciati dal voto del 9 febbraio scorso, con il Ticino nel ruolo di capocordata nazionale nell’approvazione dell’iniziativa Udc contro l’immigrazione di massa. E qui, al di là dell’assenza del binomio Borradori-Bignasca, si innesta la prima differenza di fondo tra l’attuale contesa elettorale e quella del 2011: la fine già annunciata dell’alleanza tra Lega e Udc nella corsa al Consiglio di Stato, con il rischio, per il partito fondato da Bignasca, di perdere il doppio seggio in governo conquistato tre anni fa, anche grazie al contributo dei voti democentristi, che allora presentarono solo una lista per il Gran Consiglio. «Nella Lega di oggi ci sono gli eredi di Borradori e Bignasca – ci dice Pietro Martinelli, ex consigliere di Stato socialista – l’assenza di questo binomio sta sicuramente già provocando una forte competizione interna al movimento leghista. E poi in vista del voto del prossimo anno si muoverà in particolare il Plr, pronto forse più di altri a dare battaglia per cercare di riconqui-

Le prossime elezioni si svolgeranno in un contesto inedito: difficile prevedere chi varcherà la soglia del Palazzo delle Orsoline. (Tipress)

stare il secondo seggio andato perso nel 2011». «Per condurre una campagna elettorale ci vogliono due cose – aggiunge Claudio Generali, anche lui, ex consigliere di Stato, ma del Plr –: da una parte le persone, e qui aspettiamo la definizione delle liste, e dall’altra i programmi. E qui mi sembra che ci sia poca fantasia nella scelta di temi politici determinanti per il futuro del canton Ticino. Non vorrei sembrare arrogante, ma questa mi sembra essere la magra realtà del dibattito politico ticinese di oggi». Già, «poca fantasia» perché nel tentativo di imitare i vincitori di quattro anni fa una buona parte dell’arco politico ticinese tenta, a volte anche maldestramente, di cavalcare gli stessi temi del partito di maggioranza relativa, dando vita ad una sorta di «leghismo extra-Lega». Per affinità politiche, l’Udc si è da sempre mossa sugli stessi temi, la campagna «Bala i rat» è lì a testimoniarlo. Gli altri partiti invece sembrano confusamente alla rincorsa di argomenti propri per ricavarsi spazio e visibilità su tematiche di stampo e tradizione leghista. E così c’è chi ad esempio mostra i muscoli e parla di aprire uno sportello lassù sui monti, a Cevio o a Bogno per la presentazio-

«Il voto del 9 febbraio – aggiunge Pietro Martinelli – ha dato ulteriore slancio a questa dinamica. Si è trovato il nemico esterno e si pensa che per risolvere i problemi del Ticino occorra vincere questa battaglia, ma non sarà così. Il

nostro Cantone rischia di giocare in malo modo la carta dell’accoglienza, una carta che serve anche per attirare investimenti, capitali e nuove dinamiche. Per favorire, in definitiva, il progresso economico». «Occorre dire che la Lega qualche idea l’ha avuta – fa notare l’altro ex consigliere di Stato Claudio Generali – il problema è che gli altri partiti non si sono resi conto con sufficiente tempismo di quanto stava succedendo». E così oggi a questi partiti non resta che ricorrere, puntando anche loro il dito contro Berna, contro Roma o contro Bruxelles, rincuorati in questo dal «sì» massiccio del Ticino il 9 febbraio scorso. «Si sente dire spesso che Berna non capisce il Ticino – continua Claudio Generali – ed è di certo un argomento elettoralmente pagante. Ma siamo sicuri che noi siamo riusciti a farci capire bene e che le colpe siano sempre e solo degli altri? Certo, a Berna hanno probabilmente preso sotto gamba i problemi ticinesi. Ma ricordo che diversi consiglieri federali sono venuti in Ticino, in questi ultimi mesi. Come è possibile che a livello di comunicazione siano stati solo loro a sbagliare?». Quesito che lasciamo volutamente senza una risposta, anche se va detto, con la decisione di mercoledì scorso di ina-

molto lungo, che durante il suo viaggio vede tanti paesaggi diversi: delle montagne, poi delle colline, in seguito delle pianure e una grande foce che ne sancisce lo sbocco nel mare. Nel suo impegnativo viaggio incontra tanto sole ma anche molta pioggia, che lo fa ingrossare sempre di più, fino a quando non ce la fa proprio più ed esce dai suoi argini, inondando i campi che lo attorniano e facendo spaventare gli abitanti, grandi e piccini, incapaci di difendersi dalla sua potenza distruttrice. Un bel giorno, il fiume, stufo di buttare sempre via la sua acqua, incontrò un pescatore e gli disse: «Salve, mi chiamo Nilo. Sono felice che tu viva pescando i miei pesci e che tu li dia al tuo villaggio per nutrirne gli abitanti. Sappi, però, che sarei in grado di darti molto di più». «Davvero?» rispose il pescatore sorpreso. Dopo un attimo di

esitazione, ribatté deciso: «Ma se non fai altro che sporcare i prati con il tuo lurido fango! Che cosa potresti fare d’altro per noi?». Allora Nilo, armandosi di pazienza, spiegò all’egiziano che il fango in realtà si chiama limo e permetterebbe, se usato in modo adeguato, di rendere il terreno più fertile, cioè migliore per l’agricoltura. «Ma… come possiamo fare per usarlo bene?» chiese il pescatore, sempre più interessato dalle parole di quello strano interlocutore. «Dovreste smetterla di farvi la guerra tra villaggi vicini e iniziare ad aiutarvi a vicenda. Potreste costruire degli argini, dei canali e delle dighe, che evitino di distruggere i campi allagandoli in modo disordinato e che permettano invece di distribuire l’acqua in modo omogeneo, portandola anche nei campi più lontani dal fiume».

ne delle notifiche dei frontalieri, una volta abolita la versione online delle stesse, come di recente approvato dal Gran Consiglio ticinese. O chi, dal fronte ambientalista, è addirittura riuscito ad inserire sul sito internet del «Mattino» un link verso il proprio blog, segnale di una vicinanza, perlomeno comunicativa, tra il verde del logo leghista e il verde ecologista.

Dopo il voto del 9 febbraio nella campagna politica per le elezioni dell’anno prossimo ci sono temi decisivi per il futuro del Cantone che rischiano di scivolare in secondo piano

sprire le misure di accompagnamento in difesa del mercato del lavoro, in particolare nelle regioni di frontiera, il Consiglio federale ha ammesso, seppur tardivamente, di aver commesso errori nel valutare la situazione particolare del Ticino. Tornando alla campagna politica in vista delle elezioni dell’anno prossimo vi sono, proprio per questa predominanza del «nemico esterno», temi decisivi per il futuro del Cantone che rischiano di essere tralasciati o di scivolare in secondo piano. Martinelli e Generali ne segnalano un paio: il futuro del Ticino dopo l’apertura di Alptransit oppure la pianificazione del territorio («Oggi – sottolinea Martinelli – se si sfruttassero tutte le aree edificabili legalmente a disposizione, nella sola città di Lugano potrebbero insediarsi poco meno di 300mila persone») o ancora le sorti della piazza finanziaria, ridimensionata rispetto al passato, con tra gli effetti indesiderati il calo delle entrate fiscali. Mancano 12 mesi alle elezioni, la corsa alla vetta lasciata incustodita da Borradori è ormai lanciata. Con la speranza che il ritornello dei, sui e contro i frontalieri non ne diventi la sola, cacofonica colonna sonora.

I ragazzi si raccontano di Lia Motta Il Nilo, un fiume divino

Sono una ragazza che sta affrontando l’impegnativa prima media. Un mercoledì mattina il maestro di storia ci ha spiegato che alcuni grandi fiumi, come il Nilo in Egitto o il Tigri e l’Eufrate in Mesopotamia, hanno permesso a quei popoli di fare degli incredibili passi in avanti. Questi enormi corsi d’acqua saranno addirittura alla base delle prime città, rese possibili grazie alla liberazione di molte persone dall’obbligo di realizzare quotidianamente i prodotti agricoli necessari per vivere, grazie all’apparizione dell’agricoltura chiamata irrigua. In seguito, sarà proprio in queste città che apparirà la scrittura, in particolare per contabilizzare le merci in entrata e uscita dai magazzini, che segnerà la fine della Preistoria e l’inizio della Storia vera e propria dell’umanità. Alla fine della lezione, dopo un

divertente video girato da un ragazzo adesso in quarta media, che con l’aiuto dei simpatici personaggi dei playmobil ha messo in scena le varie fasi dell’agricoltura irrigua – dalla semina fino al raccolto, grazie a un raffinato sistema di argini, canali e dighe –, il maestro ci ha dato per compito d’immaginarci protagonisti di quelle vicende, scrivendo un testo che ripercorra questo delicato passaggio portatore di un’innovazione fondamentale per lo sviluppo storico. Io ci ho pensato un po’ e poi ho deciso di raccontare la storia del Nilo, un fiume dai tratti addirittura divini. Al maestro è piaciuta. Spero piaccia anche a voi. Inizia così: «Questa è la storia di un fiume, ma non di un fiume qualsiasi, bensì di un fiume che è riuscito a migliorare la vita del suo popolo. Nilo, così si chiama. Ed è un corso d’acqua

L’uomo si meravigliò delle spiegazioni e ringraziò il fiume del consiglio. Gli disse, con un grande sorriso sulle labbra: «Grazie, Nilo, per la tua bella idea. Vedrai che faremo in modo di non buttare via la tua preziosa acqua e il limo che contiene. Vado subito a parlarne con il capo del villaggio, affinché ne discuta con i posti vicini, in modo da coordinare al più presto i lavori di miglioramento. Sai, Nilo, sei proprio un Dio!». E da quel giorno, in Egitto, i villaggi iniziarono a collaborare gli uni con gli altri, migliorando molto la qualità della loro agricoltura e… aprendo una nuova pagina della loro storia». Allora, che dite, vi è piaciuta? Testi corretti dal professor Gian Franco Pordenone


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Società e Territorio

La nuova vita dei mulini Valle Onsernone Tornati in funzione, i mulini di Vergeletto e Loco permettono oggi di rilanciare un’attività in valle

e riscoprire la produzione della farina bóna

Un secolo fa ci volevano quattro ore per spostarsi da Locarno a Vergeletto, nucleo situato a 900 metri di altitudine in fondo alla valle Onsernone. Il villaggio contava quasi 500 persone, mentre oggi, che si impiega meno di un’ora di viaggio, rimangono poco più di 60 anime. Persone che stanno assistendo a una rinascita dei propri mulini, i cinque collocati lungo il fiume Remiasco. Il complesso è di fatto stato recuperato dall’oblio e oggi è di nuovo il fulcro di un’attività promossa dall’Associazione mulini di Vergeletto, che si prefigge di riportare in valle la produzione della farina bóna. Un obiettivo in parte già raggiunto, dato che ogni martedì Ilario GarbaniMarcantini, uno degli ideatori dell’intero progetto, permette agli ospiti di vedere e di partecipare in prima persona alla produzione: dalla pannocchia alla farina. Ogni tappa si svolge in diversi vecchi edifici, salvati e restaurati dall’Associazione con un investimento complessivo di 260mila franchi. Il primo passo è la sgranatura del mais, operazione eseguita con un ingegnoso macchinario installato nel Mulin di Ulüc (degli allocchi), attivo dal 1855 al 1880. Dopo un incendio fu usato per costruire e aggiustare oggetti in legno legati al mondo agricolo, mentre ora è possibile eseguire la tostatura tradizionale al fuoco, con una padella di ferro proveniente da Mosogno. Una volta tostato, il granoturco può essere trasportato al Mulin di Sindig’üi (dei Sindaconi), attivo fino al

Un’attività tradizionale recuperata con l’impegno dell’Associazione mulini di Vergeletto. (Elia Stampanoni)

1957, data della morte della Nunzia, l’ultima mugnaia di Vergeletto. Accanto al vecchio apparecchio è stato fedelmente ricostruito un esemplare, oggi utilizzato per macinare. Durante il restauro è pure

stato ripristinato l’antico percorso del canale, che attinge l’acqua dal fiume. Più in alto troviamo anche due cappelle, le uniche superstiti di un’antica via Crucis, sulla cui storia aleggia

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ancora un grande mistero. Al termine del selciato incontriamo il Mulin di Vénènzi, attivo dal 1855 fino al 1910 circa. Al primo piano c’era il ricovero del mugnaio Giovan Martino, che qui trascorse la notte delle nozze. Il locale è stato restaurato e verrà arredato in stile del primo Novecento, mentre i meccanismi e le macine, collocate a pianterreno, verranno ricomposti a scopo didattico. Sotto la strada c’è il Mulin di Rafèl, ora abbandonato, e «testimone silenzioso del nostro passato», come leggiamo sui pannelli didattici. Il Mulin di Chèp (dei Capi, dei Garbani-Capini), attivo dal 1855 al 1892 circa, è pure gradualmente finito nel dimenticatoio e lo scorgiamo accanto a un bel palazzo settecentesco. Un declino causato dall’arrivo di nuove abitudini e innovazioni che anche in Onsernone hanno lentamente contribuito a mutare abitudini e tradizioni. A Vergeletto la strada arrivò nel 1865 e, congiuntamente al declino del commercio della paglia, contribuì all’abbandono della produzione e delle attività legate ai Mulini. La farina di mais tostato è una tradizione della valle Onsernone, dove si avevano due nomi per lo stesso prodotto: farina bóna (prevalentemente a Loco) e farina sec’a (a Vergeletto). Era un alimento quotidiano, consumato quasi sempre con latte, burro o sale ed esistono testimonianze anche nelle Terre di Pedemonte, nella Bassa Valmaggia e nella Verzasca. Si ottiene macinando molto finemente i grani di mais precedentemente tostati, ma per avere un prodotto di qualità apprezzato ci sono volute molte ricerche e tanti tentativi, come ricorda Ilario: «Fino al 1957 è stata Annunciata Terribilini, la Nunzia, a garantire la produzione; è stata lei l’ultima a Vergeletto a dedicarsi a questa tradizione tipica dell’Onsernone ed è probabile che inizialmente si usasse tostare la segale, ma ci sono anche altre ipotesi sulla nascita di quest’attività». La segale veniva raccolta leggermente acerba per ottenere una miglior qualità della paglia (lo stelo della pianta di segale), poi utilizzata per l’elaborazione di attrezzi e oggetti di vario genere. Si suppone che per conservare i chicchi di segale si provò a tostarla e macinarla, assicurandosi pure un prodotto pronto all’uso, senza la necessità di ulteriori cotture. Lo stesso procedimento venne quindi adottato con il granoturco (carlòn), coltivato sul piano di Magadino e arrivato in cima all’Onsernone attorno all’inizio dell’800. Dopo la morte della Nunzia

nel 1957, Remigio Meletta di Loco ereditò parte delle conoscenze e l’attività continuò a singhiozzo fino a metà degli anni Settanta, per poi cadere nel dimenticatoio per quindici anni. «Nel 1991 il Museo di Loco acquistò il mulino del Meletta e tentò di recuperare la tradizione e la ricetta. Il rilancio faticò a decollare, ma fu comunque un primo tentativo che permise di salvare la farina bóna dall’oblio definitivo. Nel 2006 proposi uno studio con i miei alunni, dal quale emersero degli indizi su come venisse effettivamente fabbricata», racconta Ilario GarbaniMarcantini, docente di scuola elementare, che da quello spunto cominciò le sue ricerche. Raccolse diverse testimonianze sulle tecniche utilizzate dalla Nunzia e affinò così i metodi di tostatura, le temperature e altri accorgimenti che rendono questa farina tanto unica quanto gustosa. Anche i consumatori apprezzarono e contribuirono a rilanciare non solamente un prodotto del passato, ma tutta una serie d’iniziative volte a recuperare l’attività.

Nel 1991 il Museo di Loco acquistò il mulino del Meletta: fu il primo passo per salvare la farina bóna dall’oblio Oggi a Vergeletto e a Loco (i due mulini hanno recentemente instaurato una collaborazione) sta di fatto rinascendo un intero movimento che ruota attorno ai vecchi mulini e anche la coltivazione del mais sta riapparendo in alcuni piccoli campi. La produzione è ancora in parte dislocata in altre strutture, ma si vuole gradualmente spostarla integralmente nel paese d’origine, dove degli attrezzati laboratori (a Berzona e a Vergeletto) sono già operativi. A Vergeletto e Loco si lavorano già parte delle quattro tonnellate di granoturco destinate all’elaborazione di farina bóna e farine da polenta, prodotti che stanno contribuendo a rilanciare una valle. Informazioni

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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 31 marzo 2014 ¶ N. 14

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Società e Territorio Rubriche

Lo specchio dei tempi di Franco Zambelloni Il narcisismo di massa La cultura del narcisismo è il titolo di un libro di Christopher Lasch che ebbe una risonanza notevole negli anni Ottanta. La «società narcisistica» che vi è descritta, pur riferendosi agli Stati Uniti, ha molte somiglianze con le nostre. «Narcisistica» è la società in cui predomina un individualismo esasperato, sicché ognuno pensa quasi esclusivamente a sé stesso e si vuole superiore agli altri, o comunque ritiene che il suo io debba essere centro legittimo del mondo. Quando un tale individualismo si diffonde a livello di massa, ne consegue che il senso della comunità viene meno, vacilla la consapevolezza antica che nessuno basta a sé stesso e che il legame di solidarietà esige d’essere reciproco. Paradossalmente, in questo processo di distacco dalla comunità lo Stato ha una parte considerevole. «Paradossalmente», dicevo, perché lo Stato dovrebbe in fondo impersonare la comunità dei

cittadini tutti; ma non sempre è così. Nell’immaginario comune lo Stato è un’entità astratta, un’istituzione giuridica senza volto e senza corpo. Per molti, comunque – se non per i più – lo Stato è, concretamente, una serie di uffici ai quali fare ricorso per avere servizi, rivendicare diritti, scaricare obblighi. Un settore nel quale il fenomeno appare evidente è quello del matrimonio e della famiglia. Già decenni fa Bertrand Russell aveva parlato di «socializzazione della riproduzione» – ossia della sostituzione dello Stato alla famiglia: se, quando una famiglia si disfa, c’è un ente che ha l’obbligo d’intervenire in caso di bisogno, prendendosi a carico i figli (o anche tutti i componenti), è probabile che il senso di responsabilità dei genitori tenda a ridursi. L’affievolirsi della preoccupazione per la cura e l’allevamento dei figli ha così liberato il sesso dai vincoli della procreazione:

considerato come piacere e passatempo, il sesso s’inquadra perfettamente nel narcisismo attuale. Non sto affatto cercando di idealizzare le società e l’istituto matrimoniale del passato: cerco solo di valutare il prezzo delle conquiste ottenute. Sappiamo benissimo che i matrimoni per secoli e secoli sono stati combinati in prevalenza dai padri, come forme di scambio e di alleanza, o, anche, come compravendita; tanto che San Girolamo (uno dei più fieri avversari del matrimonio e anche uno dei più scatenati misogini) scriveva nell’Adversus Jovinianum: «Mantenere una donna povera è difficile, sopportarne una ricca è un tormento. Aggiungi poi che la moglie non si sceglie, ma che devi tenerti quella che ti capita. Se è sciocca, sfigurata, fetida, e se abbia qualunque altro difetto, te ne accorgi dopo il matrimonio». Sciocca e fetida che fosse, la moglie doveva comunque rimanere

«sottomessa al marito» anche se le fosse toccato un energumeno alcolizzato e brutale. Sicché c’è un fondo di verità nell’aforisma di Romain Rolland (liberandolo, però, dalla misoginia che lo ha suggerito): «Lo stato matrimoniale si dice “santo” appunto perché conta tanti martiri». La libertà della coppia è stata dunque indubbiamente una conquista che ha rimediato a ingiustizie e sopraffazioni millenarie; ma la libertà individualistica che ne deriva induce anche alla deresponsabilizzazione nei confronti del coniuge e dei figli. Da un’inchiesta sociologica condotta in Italia pochi anni fa su coppie al di sotto dei trent’anni, la libertà individuale risultava essere ritenuta più importante della parità dei coniugi e anche dell’assenza di conflitti. E il numero di divorzi tende continuamente ad aumentare; quello dei matrimoni tende invece a diminuire. Dunque il rapporto di coppia somiglia

sempre più all’unione momentanea di due individualismi, che entra in crisi quando si crea un conflitto fra gli interessi diversi e, soprattutto, quando vengono meno i sentimenti che hanno determinato il legame. Ma anche a proposito del sentimento molte cose sono cambiate: Roland Barthes parlava a questo proposito di un «rovesciamento storico»: «Ciò che è indecente non è più la sessualità, ma la “sentimentalità”. Attraverso un rovesciamento di valori ciò che oggi rende osceno l’amore è quindi proprio questa sua sentimentalità». Forse Barthes esagerava, o forse è ancora troppo presto per valutare se davvero la sentimentalità sia messa al bando; è però pensabile che in una società narcisistica il sentimento che prevale su tutti debba essere l’egoistico «amore di sé». E allora poco rimane a tutela dei coniugi e dei figli – salvo l’efficienza burocratica dello Stato.

da Hans Gieng (1525-1562), scultore di origine sveva e cittadino di Friburgo, al quale hanno attribuito almeno tre altre fontane medievali, della dozzina qui in giro. Secondo certi storici potrebbe trattarsi di una rappresentazione del titano greco Crono che divorò i suoi cinque figli; ma mi sa che gli storici non sanno contare fino a otto. Altri parlano di un monumento antisemita collegato alla cosiddetta accusa del sangue. Qualcuno, poi, ha letto in questa figura di divoratore di bambini, l’efferato delitto di un bambino bernese del Duecento. C’è poi infine l’ipotesi, valida, di una maschera di carnevale spaventabambini. La farmacista della piazza getta un po’ di luce sulla questione, pronunciando una parola che in tedesco suona da incanto: «Märchen». Infatti perché non può essere semplicemente l’orco di una fiaba ? Ad ogni modo, questa fiabesca fontana fuori dal comune, si fregia di due apparizioni letterarie serie. Nel libro incompiuto

e postumo Il pensionato (1995) di Friedrich Dürrenmatt, il commissario Höchstettler vede alle tre di notte, il pittore Basil Feuz, pisciare sulla statua dell’Orco. «Non era solo mio diritto, era anche mio dovere. Io sono contrario agli orchi che mangiano i bambini» dirà anni dopo, il pittore ubriacone, sul divano del compassionevole commissario in pensione. Mentre si ritaglia una parte clou in occasione di una gita scolastica organizzata da un tormentato professore di latino in un liceo di Losanna: Jean Calmet, trentottenne protagonista remissivo di un duro e dolce romanzo intitolato proprio L’orco (1973), di Jacques Chessex. Una fine pomeriggio di aprile, dopo la classica visita alla fossa degli orsi, «la classe si fermò di colpo davanti a un monumento strabiliante. Si levarono grida, risate ». E così via per quattro pagine buone dedicate alla Kindlifresserbrunnen che finisce per ricordare a Jean Calmet, la figura autoritaria del padre

medico. «Voltandosi, Jean Calmet dette un’ultima occhiata all’Orco che, imperterrito, continuava l’ignobile banchetto». Ändu, ancora qui intorno, mi parla farneticando di sigari avana, antroposofia, Ibiza, Carla Del Ponte, overdosi alpine, fogli d’oro, e di una «puta basilense». Tutt’intorno le facciate delle case sono color gelato al pistacchio fatto come si deve. Un colore-leitmotiv, onnipresente in diverse tonalità in tutto il centro storico di Berna, Palazzo federale compreso. Ventisei abbaini, insegne di coiffeur, il verderame della guglia della famosa Zytglogge che spunta a pochi passi da qui. Alle 17.49 mi siedo sulla fontana del mangiabambini, mi mangio un bretzel al burro e mi scolo una birra belga. Accanto c’è Isidoro, un pensionato di Salamanca che ha lavorato come portiere al Bellevue Palace e ora, come ogni giorno, aspetta placido il tram per Bümpliz, appoggiato ai bordi della fontana dell’Orco di Berna.

guida del Boeing 777 della Malaysian Airlines, partito l’8 marzo da Kuala Lumpur e diretto a Pechino, dove non è mai arrivato. Certo, a parte il numero delle ore a bordo, non esistono nessi fra l’esperienza del pilota dell’Edelweiss Air e quello dell’aereo malesiano. Anche il tema della paura assume connotati non paragonabili. Da un timore, persino normale verso un apparecchio, tecnicamente al di sopra delle nostre competenze, si passa invece in un ambito aperto alle più disparate ipotesi, nel pieno di un mistero dove tutto diventa possibile. Una bomba a bordo, un pilota suicida, un dirottamento di stampo terroristico, religioso, razziale, un’avaria totale, l’intervento di un hacker? E via enumerando le supposizioni che stanno affollando le pagine dei giornali e soprattutto i social networks, diventati ormai le palestre preferite da fantasiosi, dietrologhi, complottisti. E, infatti, ricorre con una certa frequenza la congettura del complotto «massonicoamericano-giudaico».

Ma la scomparsa, reale e insieme misteriosa, di quest’aereo ha richiamato alla nostra memoria di spettatori una serie televisiva, a suo modo unica per qualità, originalità e forza suggestiva: parliamo di Lost che è la storia della scomparsa, irreale e insieme misteriosa, di un aereo caduto su un’isola inesistente. Ed è, appunto, a quest’isola che ci è capitato di pensare a proposito della destinazione, sin qui ignorata, del Boeing malesiano. Perché il mistero racchiude un’energia creativa consolatoria: che ha alimentato le speranze dei parenti in attesa all’aeroporto di Pechino. Una volta ancora, come succede sempre più spesso, ci si chiede se la realtà è a rimorchio della finzione, o viceversa? Fatto sta, per riallacciarci al ricordo di Lost, che la vita ricreata su un’isola dai supersititi di quel volo, doveva infine rivelarsi un’invenzione. Erano periti tutti, nell’incidente. Come, logicamente, è successo ai passeggeri del volo MH 370, uscendo dalle ombre del mistero che, a volte, riesce a confortare.

A due passi di Oliver Scharpf La fontana dell’Orco di Berna Un pomeriggio di fine marzo m’incammino per le strade di Berna, direzione Kornhausplatz. È lì che c’è la Kindlifresserbrunnen: la fontana dell’Orco. La gente in giro è in preda alla tipica euforia leggera delle prime giornate di primavera: le birre brillano al sole dei tavolini affollati, pedalate auree in bici, narcisi eccetera. In fondo alla Zeughausgasse, all’altezza dell’entrata laterale del ristorante Anker e delle arcate della Kornhaus, avvisto questa cinquecentesca fontana. E in un attimo sbuco lì in piazza, davanti alla fontana dell’Orco di Berna (539 m) che si erge tra la planimetria aerea dei fili del tram. Cattura subito lo sguardo, il bambino nudo in bocca all’orco, seduto in cima a una colonna dal capitello corinzio ornato da teste di caproni d’oro. Calzamaglia verde, casacca rossa, cappello a punta di questi due colori. Il gomito destro è alzato come se, al posto del bambino addentato, tracannasse un boccale di birra. La bocca, enor-

me – con una fila evidente di denti che richiama un po’ il carnevalesco Waggis basilese – è il tratto che ci conduce nel grottesco. Il suo menu-malloppo prevede, in tutto, altre sette portate. Sul fianco destro, un bambino pende dalla cintola. A sinistra, un trio atterrito: uno sottobraccio, un altro, femmineo, è nel sacco e ne tiene ancora uno per i capelli. Tre altri poveri marmocchi, tra il putto e la bambola antica, sono sulla schiena, dove su un cartiglio dorato, potete leggere il monogramma HG. La colonna scanalata su cui è posta questa crudele abbuffata in divenire, è blu-oro, con qualche ghirlanda; ai piedi otto orsi in partenza per la guerra. Da quattro tubi che escono da bocche leonine, zampilla l’acqua nella vasca ottagonale. Dove adesso Andreas, detto Ändu, outsider di Ostermundigen – luogo di nascita, tra l’altro, di Ursula Andress – si lava i piedi con un brissago sull’orecchio. Vari significati sono stati affibbiati a questa fontana fatta nel 1545

Mode e modi di Luciana Caglio Aereo scomparso: il rifiuto dell’inspiegabile l’apparecchio che crolla conferma la fondatezza dei loro timori. Si tratta, del resto, di una reazione naturale: sentirsi spaesati in un ambiente lontano dalla propria quotidianità.

Keystone

Si ha un bel dire che, statistiche alla mano, l’aereo è il mezzo più sicuro a disposizione di noi, nuovi nomadi per necessità o piacere, ma la notizia di un apparecchio che cade suscita sempre un grande impatto emotivo. E, paradossalmente, il fatto di essere abbastanza rara contribuisce a renderla ancora più inaccettabile: perché intacca quel senso di fiducia nei confronti del volo, che negli ultimi decenni si era consolidata tanto da diventare garanzia d’incolumità. Ora, sotto l’urto di un incidente che, in un sol colpo, provoca centinaia di vittime, ci si ritrova alle prese con un sentimento che si credeva superato, di cui persino vergognarsi: si risveglia la paura per il vuoto, istintiva della nostra specie di animale terrestre. Anche gli stessi patiti dell’aereo, abituati a esaltarne le impareggiabili virtù, sono costretti a cedere a un momento di sconcerto: traditi da quello che credevano un alleato affidabile. Per non parlare poi dei paurosi dichiarati, e spesso inguaribili, che sono numerosi e per i quali

«L’uomo non appartiene all’aria, dove in ogni momento può succedere qualcosa» dichiarava con conoscenza di causa Karl Kistler, presidente della compagnia Edelweiss Air e pilota di lungo corso, in un’intervista rilasciata, giorni fa, al «Tages Anzeiger» . Valendosi, appunto, di un’ esperienza professionale vissuta «anima e corpo», Kistler spiegava, senza per altro giustificarlo, il persistente fenomeno della paura di volare o, comunque, di una forma di soggezione nei confronti dell’aereo. È un atteggiamento che, più o meno apertamente, concerne il 60 per cento dei passeggeri. E che va capito persino in manifestazioni un po’ ingenue quale l’applauso che risuona, soprattutto a bordo dei charter, al momento dell’atterraggio: esprime la gioia di tornare in una dimensione familiare. L’ascolta sempre con piacere questo pilota che ha alle spalle 40 anni di attività e 18 mila ore di volo. Sì, proprio 18 mila, lo stesso percorso lungo le tratte aeree accumulato da Zaharie Ahmad Shah, il pilota alla


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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 31 marzo 2014 ¶ N. 14

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Attualità Migros

Il «caveau» del riso svizzero

Industria Migros Dalla Riseria di Taverne non proviene soltanto

il riso venduto alla Migros, ma anche circa 5000 tonnellate di scorte alimentari d’emergenza della Confederazione Marc Bodmer Markus Giger, 52 anni, ci mostra col dito il minuscolo involucro di un chicco di riso, dal quale è spuntato lo stelo di un germoglio verde intenso: «Un solo chicco ne può far nascere da 40 a 60». Questo miracolo della natura infonde una nota di entusiasmo nella voce dell’agricoltore, che si occupa dal 1981 dei campi ticinesi di proprietà della Terreni alla Maggia. L’azienda è stata creata all’inizio degli anni 30 del 900. Conta 150 ettari, dei quali, dalla fine degli anni 90, 89 ettari sono coltivati con riso in coltura asciutta. «Il terreno sul piano della Maggia è sabbioso e permette all’acqua di filtrare» spiega Giger. «Noi annaffiamo una volta alla settimana». Il riso seminato in primavera non deve diventare troppo asciutto per non essere soggetto a malattie. «Certo, possiamo fornire l’acqua che serve, ma non il calore necessario». A quello provvede il mite clima ticinese. Nel gigantesco getto d’acqua dell’irrigatore che sta ora bagnando le pianticelle verdi risplende un bell’arcobaleno. Ciò che all’epoca era iniziato come esperimento, limitato a due ettari di terreno, si è tramutato oggi in un progetto esemplare. All’inizio, la competenza tecnica necessaria è stata maturata visitando fiere specialistiche in Italia. Il resto lo si è appreso man mano, con la pratica, secondo il detto: l’esperienza rende intelligenti. In uno dei terreni con la minore altezza sul livello del mare di tutta la Svizzera (198 m) il riso si semina una volta all’anno, in aprile.

Per altri tipi di cereali, invece, la semina avviene di regola due volte all’anno. Per ottenere un consistente riso da risotto è stata scelta la qualità Loto, che può essere raccolta dopo 150 giorni, cioè in ottobre. La maturazione dell’ottimo Carnaroli, ad esempio richiede, 190 giorni, ciò che rappresenta un periodo di tempo troppo lungo in rapporto alle condizioni meteorologiche ticinesi. Circa la metà del riso prodotto qui è messo in vendita da Migros, ma prima di arrivare in filiale sono necessari ancora un paio di passi. «I chicchi vengono trebbiati quando hanno raggiunto un tasso di umidità del 25 per cento» dice Markus Giger. I grani di riso ottenuti e asciugati in un ulteriore passaggio, sono liberati dalla loro crusca, una guaina vegetale, e elaborati come riso semi-greggio. In questa forma arriva alla Riseria di Taverne non soltanto il riso della Terreni alla Maggia, ma anche altro riso da ogni parte del mondo. «Il nostro riso ticinese è certificato IP-Suisse, poiché ad eccezione di alcuni rari casi in cui dobbiamo utilizzare dei fungicidi, nelle nostre coltivazioni non usiamo nessun fertilizzante o erbicida» spiega Giger. «Più della metà del riso che riceviamo alla Riseria arriva dall’Italia» dice Daniel Feldmann, 47 anni, responsabile della Riseria, che è il maggiore stabilimento di produzione per il riso della Svizzera. Dopo la consegna del riso semi-greggio inizia la raffinazione dei frutti della più antica coltura vegetale del mondo. Al mondo ne sono lavorate oltre 600 milioni di tonnellate, di cui un buon 90 per cento in Asia e Oceania. La Annuncio pubblicitario

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parte consegnata in Svizzera è una porzione praticamente invisibile di questa quantità globale, visto che gli svizzeri ne consumano in media «soltanto» 6 chili all’anno, mentre ad esempio in Asia la quantità di riso ammonta a 20 chili a testa. Anche da noi, però, questo sano cereale sta diventando sempre più popolare. Come spiega Feldmann, che è cuoco di formazione, «La Riseria offre da 20 a 30 qualità di riso e ciò che è decisivo al momento del nostro acquisto sono i requisiti di qualità». Ciò non è sempre semplice perché è in atto un cambiamento nell’allocazione delle superfici coltivabili, in particolare negli Stati Uniti, ma anche in Italia: altre qualità di cereali come il mais stanno prendendo piede. Feldmann gira lo sguardo verso i silos dell’azienda: quelli in acciaio sono 41 e 32 quelli in cemento. «In ognuno è conservato del riso semi-grezzo, circa 5000 tonnellate del quale servono come riserva d’emergenza. È un quantitativo definito in modo obbligatorio dalla Confederazione» spiega il responsabile: «Per questo ci chiamano anche “il caveau” del riso svizzero». Il resto del riso che arriva nei magazzini della Riseria dopo una prima pulizia preliminare (nella quale vengono eliminati residui minerali, metallici e polvere) viene immagazzinato per almeno un mese. «Si tratta di una misura protettiva iniziale che serve per la lotta ai parassiti» dice Paola Galli, 43 anni. Lei è tecnico dell’alimentazione ed è responsabile della certificazione di qualità. Di questa fa parte anche l’analisi dei campioni che vengono prelevati ad ogni nuova consegna e che vengono esaminati per la ricerca di pesticidi, fino a evidenziarne le caratteristiche biomolecolari. Di base, esistono due tipi di riso: il Parboiled e quello bianco. «La pellicola argentata che circonda i chicchi di riso contiene molte vitamine e minerali. Nel caso del riso Parboiled queste ultime sono compresse all’interno dei chicchi con l’aiuto di vapore

Markus Giger della Terreni alla Maggia prepara il trattore per la semina. (Nik Hunger)

acqueo e alta pressione»: Paola Galli ci descrive così il procedimento effettuato. Nel processo di raffinazione del riso bianco, invece, la pellicina argentata viene asportata. La farina di riso che si produce come scarto viene elaborata in forma di pellets che servono all’alimentazione animale, visto l’alto tenore di proteine che contengono. La produzione di riso è un processo eco-sostenibile in cui tutti i «rifiuti» possono essere riutilizzati: la crusca seccata diventa materiale combustibile, i chicchi spezzati che vengono dalle qualità italiane di riso sono separati dal resto e poi macinati, per ottenere farina che viene poi riutilizzata nell’industria alimentare. «Nella raffinazione usiamo grande attenzione» dice Daniel Feldmann. «I nostri clienti apprezzano il fatto che il riso, arrivando da tutto il mondo fino a noi, sia poi raffinato in Svizzera». Per fare in modo che nessuna pietruzza, granello di polvere o addirittura scheggia di metallo possa finire nella catena finale di produzione, il riso semi-grezzo viene fatto saltellare sui setacci una seconda volta. Successivamente avviene la suddivisione dei grani per larghezza e per lunghezza. «Anche i chicchi ancora verdi vengono separati e messi da parte» dice Paola Galli. Ora il riso viene convogliato verso alcune frese rotanti, dove alcune spazzole lo lucidano. Questi macchinari bianchi con sfumature marroni hanno già elaborato un bel po’ di tonnellate di chicchi, visto che sono in funzione ormai da 50 anni buoni. Ogni ora sono lavorati da 2500 a 3500 Kg di riso. Il prezioso carico viene poi trasportato attraverso un potente siste-

ma di tubature fino al prossimo controllo. Con l’aiuto di raggi ultravioletti si cercano chicchi di riso macchiati, in modo da poterli separare. «Una piccola percentuale di chicchi spezzati è accettabile, mentre il resto viene macinato» dice Galli. «Dopo questo passaggio finale di separazione la superficie dei chicchi è trattata con acqua e il riso infine è pronto per essere immagazzinato nei silos». Da questi contenitori vengono scaricate le varie quantità necessarie a seconda della richiesta. Lungo lucide tubature scendono verso la sezione di imballaggio, un settore in cui le macchine scandiscono il lavoro segnando quasi un ritmo da musica techno. «Esistono diversi tipi di imballaggio» spiega Daniel Feldmann. «Vanno dalle borse da 2 e 3 chilogrammi fino ai pacchetti da 1 kg, per arrivare ai più popolari sacchetti: tutto viene imballato qui da noi». Una linea di produzione ricava sacchetti, con già stampata la data di produzione, da un foglio di plastica trasparente. In questo modo è possibile impacchettare 60 chilogrammi di riso al minuto. Dopo un ultimo passaggio sotto un metal-detector i sacchetti terminano la loro corsa su una bilancia che ne verifica il peso. Un robot afferra 10 pacchetti alla volta e li colloca su una paletta già pronta, che viene avvolta nella plastica e poi caricata sui vagoni ferroviari. «Oltre il 90 per cento del nostro riso lascia lo stabilimento sui binari della ferrovia» dice Feldmann, mentre osserva il vagone merci che proprio in questo momento sta uscendo dalla sezione di carico.

Quando i bambini partono al trotto Generazione M Grazie al progetto Muuvit gli scolari possono

praticare più sport. Diecimila ragazze e ragazzi sono coinvolti I ragazzi della sesta classe del docente solettese Stephan Tüscher, 31 anni, sono già stati tutti insieme a Lisbona e a Londra. Queste gite scolastiche attraverso l’Europa sono virtuali, compiute grazie al computer. Dal marzo dello scorso anno Tüscher partecipa al progetto Muuvit. In tutta la Svizzera sono già 700 le classi, per un totale di circa 10’000 ragazze e ragazzi, che vi hanno preso parte. Gli scolari si muovono uno alla volta su una carta geografica virtuale attraverso il continente. Una volta raggiunta una meta, su uno schermo si visualizzano fotografie, spezzoni di filmati e piccoli giochi didattici. Ma prima di arrivare alla loro meta virtuale i ragazzi devono raccogliere dei punti. I quali possono essere racimolati attraverso attività sportive, quest’ultime molto reali. Le ore di insegnamento devono essere interrotte regolarmente da brevi pause: i ragazzi giocano a rincorrersi, oppure si lanciano palline da tennis o da basket e a volte addirittura pesanti palloni medicinali. In questo modo la classe colleziona punti di viaggio. Gli allievi sono più tranquilli e concentrati in classe dopo essersi sfogati nel movimento. Oltre a ciò possono migliorare la loro posizione di classifica Muuvit anche

nel tempo libero, ad esempio andando a pattinare o praticando escursioni in bicicletta. Ma ai nostri giorni i giovani sono davvero pronti a darsi da fare fuori dall’orario scolastico solo per potersi concedere un viaggio virtuale attraverso l’Europa? Praticamente tutti possiedono oggi uno smartphone e possono viaggiare su Internet senza problemi. «Ma i viaggi di Muuvit sono qualcosa di molto speciale» dice il maestro Tüscher. «Le escursioni virtuali infatti sono esperienze di gruppo: l’obiettivo viene raggiunto grazie all’unione delle forze che i ragazzi hanno investito tutti insieme». In Muuvit, infatti, è l’intera classe a decidere la meta del viaggio. Il progetto Muuvit, che è sostenuto da Migros (vedi Box), grazie a nuovo materiale didattico rende oggi possibili anche viaggi virtuali attraverso la Svizzera. I temi legati alla Natura sono quelli a cui è data maggiore rilevanza: gli allievi possono ad esempio seguire il corso del Reno dalle sorgenti fino a Basilea. Le avventure in Svizzera ad ogni modo sono state pensate per allievi dalla prima alla terza elementare. Ma il maestro Tüscher è talmente convinto del valore di Muuvit, che vorrebbe integrare nel suo insegnamento anche viaggi virtua-

li in Svizzera, nonostante i suoi allievi siano più grandicelli. In questo modo avrebbero un motivo ulteriore per mettersi in movimento con energia.

Obiettivo, 10’000 classi Allievi e docenti possono prendere parte gratuitamente al progetto Muuvit: grazie al sostegno di Migros, i software e il materiale didattico necessari per le classi interessate sono disponibili gratuitamente in Svizzera. Nell’ambito del programma di sostenibilità Generazione M, Migros si è prefissata di sensibilizzare a partecipare al progetto entro il 2015 10’000 classi scolastiche. Muuvit è sostenuto tra l’altro anche da WWF, Pro Juventute, Società svizzera di nutrizione SSN e Promozione salute svizzera. Partecipando come classe ad un evento sportivo, come ad esempio slowUp Ticino, in programma il 21 aprile prossimo (vedi articolo a pagina 17 di questo numero di «Azione») i ragazzi raccoglieranno doppi punti Muuvit per il loro viaggio.


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Ambiente e Benessere

Un approccio comportamentale Mondoanimale Un cane si comporta in modo inadeguato in risposta ad un disagio emotivo. Se la situazione

rischia di sfuggire al controllo, il padrone può cercare aiuto presso degli specialisti Maria Grazia Buletti Cani che tirano al guinzaglio, trascinandosi dietro letteralmente il proprietario; cani che ignorano volontariamente il richiamo del loro amico umano e proseguono nelle loro attività di gioco e perlustrazione; cani che sporcano in casa ed elemosinano cibi; che sono iperattivi o che ci saltano addosso. E ancora: cani aggressivi verso conspecifici sconosciuti, verso famigliari o nei confronti di un cane che vive nello stesso gruppo famigliare. Cani paurosi, con ansia da separazione, che temono temporali, tuoni e rumori, con la sindrome da canile o comportamenti stereotipati di vario genere…: questi sono alcuni esempi di atteggiamenti che un cane può mostrare e che possono causare qualche grattacapo. «Si tratta di comportamenti che per il cane sono normali e hanno una propria funzione comunicativa specifica, ma purtroppo sgraditi nel nostro contesto di vita sociale umano in cui anche il nostro cane si trova a vivere». Così si esprime Alessia Delucca, che ci riceve insieme al suo Golden Retriver Grace nello studio di comportamentalista diplomata ATN in psicologia del cane. La nostra interlocutrice è specializzata in consulenza e terapia comportamentale ed è istruttrice federale OPAn. A lei chiediamo di chiarire come nasce l’esigenza che porta le persone e i loro beniamini a quattro zampe a richiedere il suo aiuto: «Un tempo il

Alessia Delucca, diplomata in psicologia del cane. (Cristiana Ruggia)

cane viveva molto meno condizionato dall’essere umano e dall’ambiente, mentre oggi lo abbiamo umanizzato eccessivamente attraverso la figura del “cane di famiglia”, togliendolo dal suo ruolo di compagno di lavoro dell’uomo e inserendolo in un contesto che, di fatto, non gli appartiene. Lo abbiamo incanalato attraverso caratteristiche di obbedienza e di addestramento che piacciono a noi umani, ma non c’entrano con lo specifico della specie canina. In questo modo, abbiamo creato terreno fertile per lo sviluppo delle sue frustrazioni che sfociano, spesso e volentieri, in comportamenti non adeguati al contesto di vita in cui li inseriamo».

Dunque, le persone si rivolgono spesso al comportamentalista canino quando non riescono a venire a capo del come e del perché il loro cane manifesti atteggiamenti inadeguati: «Il comportamentalista assume perciò il ruolo di mediatore tra umano e cane quando la comunicazione fra loro non funziona a dovere o se la persona stessa non riesce a comprendere da sola quali strategie attuare per rimodellare il comportamento sgradito del proprio animale». Alessia Delucca spiega come tutti i comportamenti mostrati da un cane, sia che essi vengano esibiti su comando o si manifestino spontaneamente, sono influenzati

da determinati fattori ambientali che ne possono determinare l’intensità: «È fondamentale chiarire che il cane, dal suo punto di vista, non sbaglia, ma può trovarsi a doversi confrontare con quello che esso vive come un problema. A questo punto può entrare in un conflitto emotivo dal quale scaturiranno delle paure e un comportamento conseguenti», spiega Alessia che ci ricorda come tutto ciò è causato dall’atteggiamento delle persone e rinforzato dalle precedenti esperienze del cane stesso. «La reazione che a tal punto il cane esibirà sarà influenzata dal suo stato emotivo di stress, e sarà quindi sovraesposta ed esagerata rispetto alla norma». Bisognerà perciò agire in un modo duplice: «Una terapia comportamentale efficace dovrebbe innanzitutto perseguire lo scopo di individuare le conseguenze delle precedenti esperienze negative del cane, cambiandone la gestione e modificandone le associazioni, altrimenti sarà molto difficile cambiare un comportamento sgradito già radicato. Poi è innegabile che le persone stesse dovranno essere orientate sul proprio comportamento (e sulle conseguenti risposte) nei confronti dell’animale». La nostra esperta interlocutrice conferma la fondatezza delle nostre sensazioni: «Oggi esigiamo sempre più dal cane. Per riuscire ad accontentarci, esso dovrà potersi fidare del mondo circostante, di noi e della nostra coerenza nel rassicurarlo e dargli ordini corretti che non rafforzino sue

eventuali risposte comportamentali indesiderate». Certo è che se il cane ha sviluppato delle paure, allora si troverà confrontato con un conflitto emotivo spesso insopportabile che sfocerà in atteggiamenti non consoni: «L’essere umano non è sempre cosciente di questo e, per una fondamentale incapacità comunicativa verso il proprio animale, non si rende conto di quando esso si trovi in difficoltà. La conseguenza sarà quella di aumentare il disagio del cane stesso, che svilupperà manifestazioni e problemi emotivi di difficile gestione». A questo punto non resta che affidarsi a un’efficace terapia comportamentale che avrà il compito di cambiare le associazioni con una sorta di controcondizionamento, rinforzando il comportamento del cane prima che manifesti un atteggiamento non consono: «Il punto focale sta nel riuscire a mettere in comunicazione il binomio persona – cane». Naturalmente la nostra interlocutrice ricorda altresì la frequenza dei corsi OPAn: «Si insegna alla persona che cos’è un cane, quali sono le sue reali necessità, insistendo sulla comprensione degli atteggiamenti indesiderati che possono svilupparsi. Si indica la via su come eventualmente risolverli e si orientano i proprietari verso chi ci si può rivolgere per ricevere aiuto». Si può dunque sempre fare qualcosa per migliorare la convivenza con il cane, anche se, conclude Alessia Delucca, «non si tratta di cambiare il cane, ma di insegnare alla persona come rapportarsi a lui».

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Ambiente e Benessere

Movimento e divertimento SlowUp Ticino Il 6 aprile 2014 torna la manifestazione dedicata alla mobilità lenta più importante del cantone Tutto è pronto per la quarta edizione di slowUp Ticino! Dalle 10 alle 17 di domenica 6 aprile un percorso di ben 50 km tra Locarno e Bellinzona verrà chiuso interamente al traffico motorizzato. I partecipanti potranno così, almeno per una volta all’anno, spostarsi tranquillamente in bicicletta, coi pattini, a piedi, in skate, ecc., senza essere disturbati dal rumore e dallo stress del traffico. Lungo il tracciato (sarà possibile entrare e uscire in qualsiasi punto, così come pure percorrere solo una parte di esso). Vi saranno 11 soste organizzate – la maggior parte gestite da associazioni ricreative e sportive locali – con animazioni e ristorazione. Sempre presenti sul tracciato con i loro «villaggi», ricchi di gadget e attrazioni per grandi e piccini, gli sponsor nazionali principali Migros, SportXX Migros, Css Assicurazioni e Rivella e gli sponsor nazionali Tcs e SuvaLiv. Presso il Centro Migros S. Antonino sarà a disposizione l’ampio parcheggio per tutti coloro che giungeranno dal nord del Ticino e dal Sottoceneri per partecipare alla manifestazione. Dalle 9.30 alle 17.30 sarà aperto il Ristorante Migros e il bar «Caffè spettacolo» che garantiranno un confortevole punto di ristoro prima del via e durante il percorso. La possibilità di pranzare sarà naturalmente garantita anche a tutti coloro che non dovessero poter partecipare a slowUp. La zona verde all’esterno del Centro S. Antonino, ospiterà il «villaggio Famigros» con giochi a premi e la possibilità di aderire in cinque minuti

all’omonimo programma dedicato alle famiglie; SportXX Migros presenterà la gamma completa di biciclette elettriche, con la possibilità di testarle e di beneficiare di un buono acquisto riservato ai partecipanti di slowUp Ticino che visiteranno lo stand. A rallegrare questo villaggio, le tipiche note carnascialesche della Guggen Stracaganass di Bellinzona.

Migros del valore di 999 franchi, 2-6° premio 5 Ape Card Arcobaleno del valore di 100 franchi, 7-8° premio 2 caschi per bici offerti dalla Suva del valore di 89 franchi l’uno, 9-10° premio 2 borse sportive offerte da Rivella del valore di 40 franchi l’una. SlowUp è un concetto di promozione della mobilità lenta, della salute e del territorio promosso dalle organizzazioni nazionali Svizzera Mobile, Promozione Salute Svizzera e Svizzera Turismo e sostenuto da importanti partner nazionali quali Migros, SportXX, CSS Assicurazioni, Rivella, SuvaLiv e TCS. I principali sostenitori a livello regionale del progetto sono il Cantone, affiancato dagli enti locali Ente Turistico Lago Maggiore, Ente turistico di Tenero e Valle Verzasca e Bellinzona Turismo. Determinante pure il sostegno dello sponsor regionale AET, dei media partner Ticinonline, Rete Tre e Illustrazione Ticinese, della Polizia cantonale, di cinque Polizie comunali e intercomunali e dei 12 Comuni: Locarno, Muralto, Minusio, Tenero-Contra, Gordola, Cugnasco-Gerra, Gudo, Cadenazzo, S. Antonino, Camorino, Giubiasco e Bellinzona.

Un tracciato di 50 km tra Locarno e Bellinzona chiuso al traffico da percorrere in bicicletta, coi pattini, a piedi o con altri mezzi, rigorosamente senza motore L’edizione 2014 sarà caratterizzata da diverse novità. Per quel che riguarda il percorso, oltre a una modifica del tracciato a Bellinzona, è da segnalare l’inversione del senso di marcia riguardante la regione del bellinzonese, che sarà come segue: Gudo – Bellinzona – Giubiasco - S.Antonino; i partecipanti raggiungeranno Bellinzona salendo lungo la pista ciclabile adiacente alla golena del fiume Ticino per scendere verso S. Antonino seguendo la strada «sotto montagna». Quest’anno vi saranno anche: la App gratuita di slowUp (che saprà for-

Il Centro S.Antonino: una tappa «obbligatoria». (Mario Curti)

nirvi in tempo reale tutte le informazioni sull’evento e sui punti di animazione), la lotteria di slowUp Ticino e il biglietto Ticino Event di Arcobaleno, che consentirà a tutti i partecipanti di beneficiare di uno sconto del 20 per cento sui mezzi pubblici.

Informazioni

Quest’anno lungo il percorso e nei punti di animazione di Locarno (Piazza Grande), Giubiasco (Piazza Grande) e Gudo (campo sportivo) potrete acquistare i biglietti della lotteria di slowUp Ticino con in palio ricchi premi: 1° premio una city bike offerta da SportXX

www.slowup.ch Ticino; in tutti i principali punti vendita di Migros Ticino trovate i relativi flyer.

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Ambiente e Benessere Cucina di Stagione La ricetta della settimana

Lucioperca e cime di rapa Piatto principale Ingredienti per 4 persone: 500 g di cime di rapa · 1 scalogno · 2 spicchi d’aglio · 4 cucchiai d’olio di nocciole · 40 g di burro · ½ limone · 4 filetti di lucioperca di circa 150 g · sale, pepe

Eliminate le foglie grandi delle cime di rapa. Tagliate il gambo a fettine di 2 mm, il resto a pezzetti. Tritate lo scalogno e tagliate l’aglio a fettine. In un tegame scaldate la metà dell’olio e del burro. Rosolatevi lo scalogno, l’aglio e le cime di rapa per circa 5 minuti. Estraete dal tegame e tenete in caldo. Spremete il limone. Condite il pesce con sale e pepe. Nello stesso tegame scaldate l’olio e il burro rimasti. Rosolate il pesce a fuoco medio da entrambi i lati per 3-4 minuti. Servite i filetti di lucioperca sulle cime di rapa. Versate il succo di limone nel burro alle nocciole. Condite con sale e pepe e irrorate il pesce con la salsina. Accompagnate con del riso selvatico.

Un esemplare gratuito si può richiedere a: telefono 0848 877 869* fax 062 724 35 71 www.saison.ch * tariffa normale

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Ambiente e Benessere

Nello sport non c’è certezza Sportivamente Il Berna non ha raggiunto i playoff; il Lugano è stato eliminato dal Ginevra, il Davos messo k.o.

dal Kloten, l’Ambrì piegato dal Friburgo Alcide Bernasconi Lo ricordiamo oggi, in piena battaglia playoff: agosto, senza contraddizioni, è ormai uno dei mesi speciali dell’hockey, spesso quello delle speranze esagerate. Però, lo ribadiamo: agosto, che resta pur sempre uno dei mesi estivi più attesi da coloro che amano il sole e le vacanze al mare o in montagna, è, infatti, anche quello delle amichevoli al fresco delle piste coperte, con sbirciate compiaciute verso i nuovi acquisti, nel tentativo di capire fin dove essi possano arrivare. Soprattutto gli stranieri. I giudizi, spesso, sono esageratamente positivi. Lo ricordiamo, ora che le due squadre ticinesi, Ambrì e Lugano, sono scomparse dal tabellone dei playoff, in compagnia di un illustre avversario che qualcuno si attendeva in grado di compiere qualche passo in più (il Davos), uscendo magari alla distanza senza più riguardo per nessuno. C’è stato pure qualche «profeta» che, nelle migliori giornate del campionato dei bianconeri, affermava convinto di vedere il Lugano in finale: magia dell’hockey ma, soprattutto, magia del tifo, anche quello armato di computer piuttosto che di tamburi e striscioni. Nello sport però, il più delle volte non c’è certezza, ma è indubbio che in una competizione che si conclude dopo lunghi mesi di una corsa al piazzamento per la fase finale, il cammino di alcune squadre si intuisce a volte con largo anticipo. Per esempio, lo Zugo arranca per tutta la stagione e manca il bersaglio dei playoff, complici alcuni ingaggi e alcune cessioni criticati a suo tempo anche dall’entourage della squadra (non ha stupito più di tanto), così come il licenziamento del suo allenatore Doug Sheddon all’indomani della mancata qualificazione alle sfide finali, appena conclusa la stagione regolare. Si è atteso troppo a lungo per licenziare il tecnico Shedden, alla guida tecnica dell’EVZ dal 2008, riuscito

nell’impresa di portare ben cinque volte la squadra in finale senza mai vincerne una. Dalla prossima stagione ci proverà il tecnico Harold Kreis, che il Lugano chiamò nel 2006, proprio all’avvio dei playoff, per scongiurare una possibile eliminazione da parte dell’Ambrì Piotta, operazione che Kreis portò a termine con successo insieme al collega Ivano Zanatta, dopo la cacciata di Larry Huras da parte dell’allora presidente Beat Kaufmann. E il Lugano inanellò poi vittoria su vittoria sino a conquistare il suo settimo e ultimo titolo. C’erano i finlandesi Nummelin e Peltonen e c’era, soprattutto un certo Glen Metropolit che portava a spasso il disco nel terzo avversario con una facilità straordinaria ma, soprattutto, come se si trovasse a passare di lì per caso: e invece dava in gol! Le storie a volte si ripetono. Non è stato comunque il caso quest’anno. Larry Huras lo avevano accompagnato alla porta della Resega già al termine del precedente campionato, nonostante lui intendesse puntare al titolo con una squadra rinnovata. Al suo posto è stato insediato il giovane allenatore assistente, Patrick Fischer, al suo esordio quale head coach della prima squadra affiancato dall’ex difensore nazionale svedese dei bianconeri Peter Andersson. Fischer ha cercato di dare la propria impronta alla squadra, togliendo parecchi pezzi. Due sono finiti a Berna, Hnat Domenichelli e, più tardi, proprio Glen Metropolit, giudicato vecchierello e in debito di energie, non più adatto per un’altra impresa da playoff. Fischer, nonostante non se ne sia parlato affatto, con questi cambiamenti deve aver fatto i conti con un clima in squadra che crediamo non fosse quello ideale per fare più strada nei playoff. Questo se si considera che il canadese Micflikier, ingaggiato nel corso del campionato con un rinnovo del contratto per due ulteriori stagioni (effettuato prestissimo), nel momento topico è finito in tribuna insieme al fin-

landese Mikko Lehtonen, giunto alla Resega da Berna in cambio di Metropolit! Fischer ha poi ammesso che è stato un errore. Clamoroso, aggiungiamo noi. I bianconeri, a onor del vero, hanno comunque dovuto fare i conti con una squadra, il Ginevra/Servette, letteralmente trasformato dopo il successo alla Coppa Spengler. Fra i pali Tobias Stephan (la prossima stagione a Zugo) è apparso all’apice della forma, in difesa Bezina si è espresso ai suoi migliori livelli dando l’esempio ai compagni e in attacco l’ex giocatore della Nhl ha fatto valere la sua esperienza affiancato al meglio dai vari Daugavins, Hollenstein, Romy e Simek. Il Lugano, compromettendo buone possibilità di vincere almeno la finale del campionato juniores élite contro il Berna, con la gestione discutibile di alcuni giovani schierati anche in prima squadra, ha finito per doversi consolare con la conquista del titolo femminile, grazie alle Ladies, vittoriose contro lo ZSC: è stata l’occasione per rendersi conto del salto di qualità effettuato dalle ragazze, del resto evidenziatosi già alle Olimpiadi di Sochi con la conquista della medaglia di bronzo da parte delle rossocrociate. Dire che si è trattato di una consolazione è quindi certamente riduttivo nei confronti delle luganesi le quali hanno presentato un gioco a tratti di ottima qualità, anche sul piano spettacolare. Quanto all’Ambrì, l’eliminazione nei quarti era nell’aria. Questo però dopo aver infiammato la prima parte del campionato con le sue prestazioni come una squadra di alto rango, fin quando, complice una serie di infortuni, non sono emersi i limiti di alcuni giocatori, specie in difesa, reparto nel quale il più regolare e sicuro è stato Reto Kobach. Deluse un po’ le aspettative da parte del canadese Maxim Noreau, con un Markus Nordlund che ha dovuto più volte cedere il posto a

Lugano - Losanna il 2 novembre 2013. (Foto CdT - Gonnella)

un attaccante, sono stati i due portieri, schierati regolarmente, Nolan Schaefer e Sandro Zurkirchen, ad assicurare una solidità difensiva che è stata alla base della buona stagione con il ritorno dopo tanti anni nei playoff. Qui sono emersi certi limiti offensivi e anche il fromboliere Alexandre Giroux non è riuscito a interpretare quel ruolo per il quale era stato ingaggiato e che gli ha permesso di rinnovare il suo contratto. Ha deluso in pieno invece Jason Williams, non riuscendo mai a elevarsi ai livelli di prima dell’incidente al polso nella finale della scorsa stagione. Quanto a Richard Park, ottimo suggeritore di trame, ha avuto molti alti e bassi. Il «vero» straniero è stato così Inti Pestoni, autore di assist a bizzeffe, purtroppo non tutti sfruttati nel modo che meritavano. Da segnalare anche un’ottima stagione per il veterano Paolo Duca. Fuori dai giochi, a sorpresa, il Berna, il cui staff dirigenziale e tecnico ha sopravvalutato le qualità dei singoli e il potenziale del collettivo. Urge un’operazione di rinnovo dei ranghi effettuata con criterio. Dal portiere, alla difesa e all’attacco ci sono diversi giocatori da

Giochi ORIZZONTALI

Cruciverba Herpes e infezioni gengivali? Metti sulla parte dolente… Per completare la frase risolvi il cruciverba e leggi nelle caselle evidenziate.

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1. Antenato della bicicletta 7. Asciutta, secca 8. Andato... per Cicerone 9. Preposizione articolata 11. Posta alla fine 12. Li stende... il notaio 13. Sferica 17. A faccia in giù 18. Superficie circoscritta 19. Dea romana signora dei boschi 20. Un segnale internazionale 21. Alberi simili alla quercia 23. Catena montuosa spagnola 25. Pronome personale 26. Rispettabilità, dignità 27. Infiammazione dell’orecchio

Sudoku Livello difficile Scopo del gioco

Completare lo schema classico (81 caselle, 9 blocchi, 9 righe per 9 colonne) in modo che ogni colonna, ogni riga e ogni blocco contenga tutti in numeri da 1 a 9, nessuno escluso e senza ripetizioni.

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VERTICALI 7 8

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1. Rifugio montano 2. Ispida, pungente 3. Quanto detto 4. Le iniziali della conduttrice D’Amico 5. 26 in Svizzera 6. Dimenticanza 10. La fucina dei Ciclopi 12. Noto monte biblico 13. Un mammifero che va in letargo 14. Quello nero è liquido 15. Legame logico 16. Il sì di Tolstoj 17. Famoso re dell’Epiro 19. Il «lo» tedesco 21. Si è trasformata in UE 22. Le signore dell’Olimpo 24. Le iniziali dell’attrice Rossellini 25. Le iniziali dell’autore della «Gerusalemme liberata»

Soluzione della settimana precedente

Per saperne di piú – risposte risultanti: Pastorale, la sinistra

P A S S A V I V O R I M A L A N A M A L T M I R T I U R I A T A C B A E C L

T O R D O

O I S E

S S P I O A T

L U I S A

A S T I N O A R T R N T E

sostituire: un processo che richiederà del tempo. Coi bernesi abituati all’aria fine della classifica e costretti a giocare stavolta il torneo di consolazione, in questo campionato sono emerse le squadre romande. Con il Ginevra vincitore sul Lugano e il Friborgo che sogna il suo primo titolo dopo aver liquidato l’Ambrì in quattro partite, abbiamo visto un neopromosso Losanna, quadrato ed essenziale, a un soffio dall’estromettere lo Zurigo campione. Con Huet fra i pali, anche i losannesi hanno confermato l’importanza del portiere, ruolo nel quale hanno brillato in parecchi. Così si spiegano pure le poche reti messe a segno in quasi tutte le gare dei playoff, salvo qualche eccezione. Semifinali e finale promettono spettacolo di qualità, anche se il titolo di campione andrà quest’anno alla formazione più solida del momento. Il Friburgo se la vedrà con il Kloten, vincitore contro un Davos che sta cambiando pelle (ma non allenatore, l’istrionico Arno Del Curto), mentre lo Zurigo potrebbe trovarsi nuovamente alle strette in semifinale al cospetto di un Ginevra pronto a sorprendere come alla Coppa Spengler.


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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 31 marzo 2014 ¶ N. 14

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Politica e Economia I due volti dell’Hi Tech Viaggio attraverso la nuova economia digitale: Prima parte

Lo Xinjiang cinese senza pace Gli uighuri, minoranza dello Xinjiang, lamentano di essere lasciati ai margini dello sviluppo economico e di essere considerati cittadini di «serie b» rispetto alla maggioranza dei cinesi «han». La situazione nella regione è estremamente tesa dal 2009

Verso il raddoppio Una seconda galleria sotto il Gottardo trova il favore delle Camere, ma deciderà il Popolo

Come sussidiare l’alloggio? Gli abusi riscontrati a Berna inducono a cercare un modello più efficace

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AFP

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La posta in gioco Crisi ucraina Mosca, Kiev, Washington e Unione Europea: al di là delle prime mosse dei protagonisti coinvolti la

partita è ancora tutta da giocare

Lucio Caracciolo La partita della Crimea ha rimesso in discussione gli equilibri geopolitici eurasiatici e globali. Le sanzioni finora decise da Stati Uniti e Unione Europea sono solo una prima mossa sulla scacchiera di una partita che sta forse sfuggendo di mano ai suoi protagonisti. In attesa di misurarne gli sviluppi nei prossimi mesi, conviene provare a riassumere i termini della posta in gioco. Primo. Dall’esito della partita ucraina dipende anzitutto il futuro del vasto spazio intermedio tra Occidente e Russia intercorrente tra il Mar Baltico e il Mar Nero. È l’area grigia, un tempo pertinente all’Unione Sovietica e oggi contesa, dove si svolge il confronto di prima linea tra occidentali e russi per determinare le rispettive sfere di influenza. Qui ad oggi il risultato sembra volgere a favore degli occidentali. È vero che Putin ha riportato a casa la Crimea, ma questa è consolazione piuttosto magra considerando che ha perso il controllo del resto dell’Ucraina. La poco commendevole fuga di Yanukovych ha rivelato fra l’altro quanto futili fossero i calcoli di chi attribuiva all’ex presidente

ucraino il ruolo di garante degli interessi di Mosca a Kiev. La sconfitta subita a Majdan costringe Putin sulla difensiva nell’area che avrebbe voluto includere nella costituenda Unione Eurasiatica, a cominciare dalla Bielorussia, dalla Moldova e dalla stessa Ucraina. Nella migliore delle ipotesi al Cremlino resteranno in mano alcuni territori di avanguardia dall’incerto status geopolitico, come la Transnistria (in Moldova) e la Crimea (che il resto del mondo continua a considerare parte dell’Ucraina). Secondo. Gli Stati Uniti stanno cercando di trarre il massimo profitto dalla crisi ucraina. Questo significa in particolare colpire i legami molto stretti che vincolano i principali Paesi europei, Germania e Italia in testa, alla Russia di Putin. Di qui le promesse, insistenti quanto vaghe, circa la futura esportazione di gas liquefatto americano verso l’Europa, proposta in evidente alternativa alle attuali forniture di gas russo verso il Vecchio Continente. Si tratta di un progetto che nella migliore delle ipotesi potrà cominciare a realizzarsi entro tre anni, per motivi tecnici e legali. In ogni caso, non potrà certo sostituire i flussi via tubo dalla Russia verso l’Eu-

ropa garantiti dalle pipeline storiche impiantate negli ultimi quarant’anni. Ma il segnale politico è evidente: cari europei, se volete davvero la protezione americana smettete di essere così ricattabili da Mosca. Il primo progetto gasifero a essere finito nel mirino dell’amministrazione Obama è il South Stream, gasdotto eminentemente geopolitico assai caro a Gazprom e ai suoi mentori politici del Cremlino. È chiaro che se questo progetto saltasse, il futuro dell’approvvigionamento dell’Europa meridionale, Italia in testa, sarebbe in questione. Una situazione particolarmente critica considerando anche che il fronte nordafricano, fonte parallela di approvvigionamento, è anch’esso soggetto a evidenti rischi geopolitici. Terzo. Per quanto riguarda il futuro specifico dell’Ucraina, gli europei – in particolare la Germania – puntano a un compromesso che sancisca la federalizzazione della più strategica tra le ex repubbliche sovietiche. Ma dopo l’annessione della Crimea, come convincere Putin ad accettare che l’Ucraina federale possa ricomprendere anche la penisola perduta? Serve poi un aiuto

immediato e sostanzioso per rimettere in linea di galleggiamento la devastata economia ucraina. L’Occidente sta cercando di mettere in piedi un pacchetto di aiuti finanziari immediati per Kiev, sotto la bandiera del Fondo monetario internazionale. Ciò dovrebbe permettere fra l’altro al futuro governo ucraino di pagare il debito di 1,8 miliardi di dollari con Gazprom, in scadenza a settembre. In ogni caso il futuro assetto dell’Ucraina dipenderà dalle scelte dei suoi futuri dirigenti. Se le elezioni presidenziali del 25 maggio venissero confermate, da giugno potremmo avere di nuovo un quadro politico più o meno stabilizzato a Kiev. Ad oggi, i tre principali candidati alla presidenza sono l’ex pugile Vitaly Klitschko, particolarmente caro alla signora Merkel, l’ex primo ministro Julija Tymoshenko, slittata verso posizioni ultranazionaliste, e l’oligarca Petro Poroshenko, il re dei cioccolatini. L’esponente del Partito delle Regioni Sergey Tihipko non sembra avere alcuna chance. Ma forse le conseguenze più serie della crisi ucraina finirà per subirle l’economia russa. La fuga di capitali

dall’impero di Putin continua a ritmi impressionanti, tanto da superare probabilmente quest’anno i 100 miliardi di dollari. Ciò provocherà fra l’altro una forte svalutazione del rublo, una caduta del Pil (–3% circa nel 2014) oltre che una considerevole inflazione. Si aggiunga che l’annessione della Crimea comporterà un esborso di almeno 3 miliardi di dollari l’anno per il Tesoro russo, senza considerare le spese per le nuove infrastrutture, tra cui il ponte di Kerch che dovrebbe collegare la penisola alla terraferma russa (il costo previsto è di circa tre miliardi). È chiaro che una profonda crisi economica della Russia potrebbe avere conseguenze non solo economiche su scala mondiale, considerando fra l’altro le leve di cui Putin ancora dispone in aree strategiche come il Medio Oriente e l’Asia centrale. Tutto questo dovrebbe portare, dopo un abbondante dose di retorica, a qualche compromesso che eviti scenari catastrofici. Ma le teste calde, che non mancano a Mosca né a Kiev né negli altri Paesi interessati, potrebbero far saltare ogni ragionevole patto destinato a evitare scenari pericolosi e imprevedibili.


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Politica e Economia

Il lato oscuro dell’hi tech Nuova economia digitale Viaggio

Federico Rampini Tornare a San Francisco, che tenerezza. Per me è sempre un ritorno a casa, in una «casella di partenza». Avevo viaggiato molto in California anche prima, ma quando mi trasferii per abitarci nel 2000 la mia vita nomade acquistò una visuale più ampia. Di là dall’oceano Pacifico c’era un’Asia in piena ascesa. Alle porte di San Francisco, imboccando l’autostrada 101, entravo nel cyber-universo di Internet. Oppure, viaggiando a ritroso nel tempo, rivisitavo i miti fondatori della mia giovinezza: il Free Speech Movement di Berkeley, il radicalismo pacifista, la Summer of Love musicale, le prime battaglie vincenti dell’ambientalismo moderno. Ma anche la rivolta anti-Stato, i grandi avversari di destra come Nixon e Reagan: tutto era cominciato dalla California. Torno a San Francisco da New York come un tempo ci arrivavo da Pechino: è un viaggio lungo (sei ore di volo) e quasi altrettanto estraniante. Per chi le osserva da lontano, New York e San Francisco abbondano nelle somiglianze. Sono le due città più multietniche. Sono progressiste nel modo di votare e nella tolleranza, nei valori, nei costumi di vita. Ma le analogie si fermano qui. Ora che vivo a New York da cinque anni, rivedo San Francisco come un Giardino dell’Eden. Lascio un inverno interminabile e sbarco in un tepore mediterraneo. Abbandono i modi bruschi dei newyorchesi, lo stress, i decibel, la troppa folla, e arrivo in un’oasi tranquilla dove la gentilezza della gente è disarmante. Laid-back, come reclinati all’indietro su una sedia a sdraio: così si descrivono gli abitanti di San Francisco. Sembrano dei guru zen, al confronto della fauna umana un po’ schizoide che affolla Manhattan. Quando l’aereo si prepara all’atterraggio la vista di San Francisco dall’alto mi stringe il cuore: la baia azzurra e cinta di boschi verdi, il ponte rosso del Golden Gate, la punta bianca del grattacielo Transamerica Pyramid, l’isola di Alcatraz e quella degli Angeli, e poi di là le spiagge a perdita d’occhio, da Half Moon Bay a Ocean Beach, con le creste dei cavalloni che invitano al surf. I grandi amori sono pericolosi. Preparano delusioni, ferite incurabili. Il mio ultimo viaggio a San Francisco mi lascia in bocca un sapore dolceamaro. Qualcosa sta cambiando. Ho un’impressione che mi davano certi ritorni a Pechino nell’epoca del massimo boom cinese. L’inondazione di nuova ricchezza dalla Silicon Valley si traduce anche in una frenesìa immobiliare, San Francisco si trasforma in un cantiere perpetuo. I capitali debordano, le ruspe avanzano, i nuovi grattacieli s’innalzano verso il cielo a una velocità da Paese emergente. Le «bolle», o la distruzione creativa, fanno parte del Dna californiano dai tempi della «febbre dell’oro»,

anno 1848, quando San Francisco balzò dall’essere un sonnolento porto di pescherecci a una città di frontiera, polo multietnico, approdo di ondate di cercatori di fortuna. Molto più di recente, quando ci arrivai 14 anni fa era in atto un’altra «febbre», il primo boom di Internet, la New Economy. Ricordo che per mesi mi fu impossibile affittare un appartamento: non solo i prezzi erano impazziti, ma letteralmente non c’erano più case disponibili tanta era la domanda, l’afflusso di giovani talenti dall’America e dal mondo intero. Ora è ripartita un’altra di quelle ondate «rivoluzionarie», ancora una volta il futuro del pianeta si sta progettando lì. Tornando a San Francisco avverto un disagio, un’inquietudine. Per la velocità con cui si bruciano le illusioni, si tradiscono gli ideali, si sovvertono le utopie. Nel 2000 ancora c’era una tribù di hacker delle origini, quelli che avevano sognato Internet come una prateria aperta, un bene pubblico; accerchiati e assediati da colossi che allora si chiamavano Microsoft, Aol, Yahoo. Poi la fiaccola dell’innovazione passò nelle mani di Steve Jobs con Apple, Larry Page e Sergei Brin con Google. Più di recente ancora, Facebook, Twitter. Promettono, all’inizio, di inventare un capitalismo nuovo. Disdegnano il profitto. Finché scopri che stanno creando una società diseguale quanto il vecchio capitalismo newyorchese. Perseguono gli stessi disegni egemonici, monopolistici. Ancora vestono come hippy, ma dietro i volti di tanti ventenni ex-sognatori spunta una macchina pronta a tritare tutto ciò che ostacola i suoi piani di conquista.

I «cattivi del web», da Bill Gates a Mark Zuckerberg, reagiscono con filantropia, una nobile gara di generosità La Silicon Valley, e con essa tutta l’economia digitale, è il terreno di uno scontro continuo, inestinguibile, tra due anime: quella anarchico-libertaria, e quella del capitalismo monopolistico. A volte gli stessi individui nel corso della loro traiettoria passano dall’uno all’altro campo. Purtroppo l’evoluzione è quasi sempre uni-direzionale: idealisti da giovani, avidi di potere da «vecchi» (e in California si è già nella seconda categoria fra i 30 e i 40 anni). Microsoft fu il primo «grande cattivo» che ricordo all’opera, il Moloch della New Economy. Situata un po’ più a nord di San Francisco, alla periferia di Seattle nello Stato di Washington, pur sempre sulla West Coast. Anche Bill Gates era figlio di una cultura antiestablishment. Da ragazzo si era fatto da solo, aveva abbandonato gli studi universitari, si era inventato una vera rivo-

Keystone

attraverso i trionfi e i valori «liberal» di Apple, Amazon, Google, Facebook. Che significa anche guardare il loro volto malefico – Prima parte

luzione. All’epoca in cui lui debuttava, il potere costituito nell’informatica si chiamava Ibm. Un nome che per intere generazioni era stato simbolo della tecnologia americana più avanzata. Tant’è che nel suo capolavoro di fantascienza, 2001 Odissea nello spazio, Stanley Kubrick battezza Hal (le tre lettere dell’alfabeto che precedono Ibm) il supercomputer che si ribella all’uomo e tenta un golpe sull’astronave. Ibm aveva dominato nell’epoca dei grandi computer, macchine grosse, complesse, costosissime, riservate all’uso delle aziende. Gates capì che il computer poteva diventare un elettrodomestico, alla portata di tutti. Una rivoluzione democratica, in un certo senso: portando un «personal computer» (pc) in tutte le case e su tutte le scrivanie, Gates avrebbe dato un contributo decisivo alla diffusione dell’informazione. Era il passaggio preliminare, preparatorio, verso Internet. Al tempo stesso Gates aveva capito che una volta trasformato il computer in un apparecchio di massa, il vero valore diventava il software. Non contava produrre le macchine – e infatti ben presto la loro fabbricazione si sarebbe trasferita in Asia – ma mettere a punto i programmi, l’intelligenza artificiale che ne costituiva l’architettura, il cervello e il sistema nervoso. Gates una volta spodestata l’Ibm divenne a sua volta uno spietato monopolista. Prova ne fu l’azione anti-trust avviata contro di lui da Mario Monti quando era il commissario europeo alla concorrenza. La Microsoft voleva escludere dagli schermi dei computer i software concorrenti, soprattutto i browser o navigatori per accedere a Internet. Contro di lui l’anima libertaria della Silicon Valley si riconosceva in Linux, software aperto e gratuito. Oggi si potrebbe dire che Gates «l’anziano» (mio coetaneo, mentre scrivo non abbiamo ancora raggiunto i sessanta…) si è trasformato nel più grande «pentito» del Web. Da anni si dedica prevalentemente alla fondazione filantropica che ha creato insieme a sua moglie Melissa. Ma il formidabile patrimonio che gli consente di lottare contro la malaria e altre malattie dei Paesi poveri, deriva dal fatto che lui divenne l’uomo più ricco del mondo nella fase «prepotente e monopolista» della sua vita. Steve Jobs a sua volta ha avuto un’involuzione analoga. All’inizio, la vicenda di Apple è la classica sfida di Davide contro Golia. Non a caso Apple al suo esordio riscuote tante simpatie tra i clienti più giovani, nelle professioni più creative e trasgressive, tra gli artisti, gli scrittori, i disegnatori. Piace

anche perché Apple è la piccola mela che si distingue dai colossi informatici. Poi però quando il successo gli arride, Jobs si sforza di costruire un sistema chiuso, impenetrabile. E al tempo stesso diventa l’artefice di uno sfruttamento miserabile di manodopera cinese, in quegli stabilimenti Foxconn che lui si rifiuta perfino di visitare. Google, fondato dai due «ragazzini» Larry Page e Sergei Brin, all’inizio ha le stesse movenze rivoluzionarie, progressiste, perfino anti-capitaliste. Il suo motto è «fare del bene». Esclude ogni pubblicità dai risultati del suo motore di ricerca. Salvo rinnegarsi quando il motore di ricerca diventa numero uno mondiale, schiaccia la concorrenza, al punto che «to google» (cercare su Internet) diventa un verbo ammesso nei dizionari d’inglese. Allora Google diventa la più gigantesca macchina pubblicitaria del pianeta, la logica del marketing a scopo di profitto s’infila nei risultati delle nostre ricerche, li distorce a nostra insaputa. Facebook, Twitter, seguono percorsi analoghi. Nascono come giocattoli per ragazzini, per renderci tutti più vicini tra noi, più amici e comunicativi. Velocemente si trasformano in macchine di distruzione della nostra privacy, ci spiano per vendere le informazioni sui nostri gusti e sui nostri consumi al migliore acquirente. Ci vuole il genio di un romanziere di San Francisco, poco esperto di tecnologie ma dotato di intuizione e di preveggenza, per descrivere questo mondo dominato dai «cattivi» di Internet. C’è riuscito infatti Dave Eggers con il suo romanzo The Circle (il cerchio), una formidabile allegoria orwelliana del nuovo totalitarismo digitale, abile nel mascherarsi dietro le bandiere progressiste, pronto a schierarsi con tutte le cause nobili per la salvezza del pianeta, ma spietato nel sorvegliare le nostre anime. La tecnologia ci rende liberi: è questo uno dei dogmi del Nuovo Mondo progettato nella Silicon Valley. È vero molto spesso, che la tecnologia ci rende liberi, e talvolta siamo così abituati ai suoi benefici che li diamo per scontati. Tanti genitori oggi si sentono molto più sicuri perché un figlio piccolo dotato di telefonino può raggiungerli in qualsiasi momento. Lo stesso cellulare ha aiutato milioni di contadini africani, in Paesi poveri che hanno saltato a piè pari la fase della telefonia fissa, dove oggi l’agricoltore può consultare le previsioni meteo o i prezzi dei raccolti in tempo reale, con un apparecchio che costa pochissimo e ha la potenza informatica di molti computer della Nasa nell’epoca della conquista spaziale. La diffusione dell’informa-

zione digitale ha reso meno subalterne intere generazioni di giovani arabi che si sono ribellati contro le dittature. Più banalmente, io non riesco più a fare a meno della Google Map quando sbarco in una città dove non sono mai stato prima e ho bisogno di orientarmi. In aereo posso scrivere un articolo usando il collegamento wi-fi a diecimila metri di altitudine, posso consultare intere enciclopedie, avere informazioni istantanee su un tablet sottile e leggero. Amazon mi ha consentito di ricevere a casa libri che erano introvabili nelle catene di librerie-supermarket. La mia produttività è aumentata a dismisura, se la paragono con le tecnologie rudimentali che avevo a disposizione quando cominciai a fare il giornalista (fine anni Settanta: era stato appena introdotto il fax, ma lentissimo e scadente). Ancora nel 1989 ricordo l’estrema difficoltà di fare telefonate al mio giornale quando seguivo da Bucarest la rivoluzione che depose Ceausescu. Una domanda che si pone, però, è questa: chi si è appropriato dei frutti economici di questo gigantesco balzo nella nostra produttività? In molte professioni, ci troviamo ormai in un ciclo lavorativo che dura quasi 24 ore su 24, siamo sempre reperibili, non smettiamo mai di consultare le nostre email, di ricevere sms e rispondere. Ma a questa fantastica moltiplicazione della produttività non ha corrisposto un aumento dei nostri stipendi. Anzi, in tutto l’Occidente la maggioranza della popolazione lavorativa, ceto medio incluso, vive una prolungata stagnazione dei redditi e anche degli arretramenti nel tenore di vita rispetto all’Età dell’Oro degli anni Settanta/Ottanta. L’economia digitale gioca degli strani scherzi, un esempio è quello illustrato dall’economista di Berkeley (ed ex ministro del Lavoro di Bill Clinton) Robert Reich, nel suo bel documentario Inequality for All. Dove rivela che il massimo profitto dalla vendita di ogni iPhone non va in Cina (dove vengono fabbricati e assemblati molti componenti) bensì in Germania, dove una minuscola frazione di ingegneri concepiscono alcuni dei componenti più pregiati. Ad un’era di abnorme dilatazione delle diseguaglianze, i «cattivi del web» reagiscono con la filantropia. Da Bill Gates a Mark Zuckerberg, è una nobile gara di generosità per aiutare i più deboli, i perdenti, gli sconfitti. Intanto nelle loro aziende continua a non esserci neppure l’ombra del sindacato. E colossi digitali come Apple e Google figurano tra i campioni mondiali dell’elusione fiscale. Annuncio pubblicitario

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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 31 marzo 2014 ¶ N. 14

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Politica e Economia

Fuga o jihad, il dramma dello Xinjiang Cina Le tensioni etniche tra gli uighuri autoctoni (musulmani e turcofoni) e il potere centrale di Pechino alimentano

le ansie della leadership cinese Beniamino Natale

Un uighuro dello Xinjiang posa di fronte al ritratto di Mao a Pechino. (AFP)

polizia paramilitare cinese. Duecento persone, in maggioranza cinesi, sono rimaste sul terreno. Gli arresti sono stati migliaia, centinaia di anni di prigione sono stati inflitti agli imputati. Le condanne a morte sono state non meno di 26 e almeno due di queste sono state eseguite. Sembra che le violenze di Urumqi siano state scatenate dalla notizia – rivelatasi poi falsa – che ragazze uighure emigrate nel sud del Paese erano state violentate da giovani cinesi. Gli uighuri, musulmani e turcofoni, sono in Cina circa nove-dieci milioni e ora sono una minoranza nello stesso Xinjiang a causa della massiccia immigrazione degli ultimi decenni dalle altre regioni della Cina.

litico e turistico della Cina. Dopo aver travolto decine di persone, due delle quali sono in seguito morte, l’auto prende fuoco. Sempre secondo la versione ufficiale – l’unica che abbiamo perché gli uighuri, al contrario di altre

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Il mese di marzo si è aperto con il massacro di Kunming nel quale gli uighuri hanno ucciso una trentina di cinesi Dopo il massacro di Kunming l’Agence France Press (AFP) ha pubblicato un impressionante elenco degli episodi di violenza dal 2009 ad oggi. Un esperto di terrorismo internazionale, Rohana Gunaratne dell’Università di Singapore, ne ha contati più di duecento. Limitiamoci a fare lo stesso esercizio per il 2013 e il 2014: – 23 aprile 2013: 21 morti tra cui sei definiti «terroristi» dalle autorità cinesi a Barchuk (vicino alla città uighura di Kashgar) in seguito ad un rastrellamento della polizia che cercava armi da taglio. Delle persone arrestate in questa circostanza, due sono state condannate a morte. – 26 giugno: almeno 35 morti in un attacco condotto, secondo la versione ufficiale, da un commando di terroristi armati di coltelli contro un commissariato di polizia a Lukqun (250 km a sud-est di Urumqi). – 20 agosto: operazione di polizia nella località di Yilkiqi. Sicuramente è morto un poliziotto. Secondo fonti uighure, anche 20 civili uighuri hanno perso la vita. – 28 ottobre: la guerra dello Xinjiang arriva a Pechino quando un’automobile viene lanciata contro la folla su piazza Tiananmen, centro po-

etnie minoritarie della Cina come i tibetani, non hanno una loro struttura in grado di raccogliere informazioni sul posto – all’interno vengono trovati tre cadaveri carbonizzati. Si tratta di un uomo e due donne, tutti uighuri. Il

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Attentati, attacchi all’arma bianca, rastrellamenti, esecuzioni. Lo Xinjiang, l’enorme regione che occupa il nordovest della Cina, non ha pace. Il mese di marzo si è aperto con il massacro di Kunming, nel quale un gruppo di giovani uighuri ha ucciso 29 civili cinesi nella principale stazione ferroviaria della città. Pochi giorni dopo la stampa thailandese annunciava che un gruppo di oltre 200 persone – per la precisione 78 uomini, 60 donne e 82 bambini – era stato bloccato nel sud del Paese dalla polizia, accusate di essere entrate illegalmente. Interrogati, gli immigrati hanno affermato di essere turchi e solo dopo accurate indagini sono stati identificati come uighuri provenienti dalla Cina. Pochi giorni dopo è toccato ad un altro gruppo di una sessantina di uighuri scoperti in Malaysia. Le organizzazioni umanitarie chiedono ai governi dei Paesi di immigrazione di non riconsegnare gli uighuri in fuga alla Cina e ricordano che l’esodo uighuro verso i Paesi del sudest asiatico viene dopo che quello verso le repubbliche centroasiatiche si è risolto nella riconsegna a Pechino di decine di emigranti. Brad Adams, direttore per l’ Asia di Human Rights Watch, ha sottolineato in un appello rivolto al governo thailandese che «gli uighuri che vengono rimandati in Cina sembrano sparire in un buco nero». Gli stessi attentatori di Kunming, secondo testimoni intervistati dall’emittente americana Radio Free Asia (RFA), ma anche secondo autorevoli dirigenti cinesi, facevano parte di un gruppo di decine di persone che prima hanno cercato di passare la frontiera tra Cina e Laos, poi tra Cina e Hong Kong (che è una Speciale regione amministrativa della Cina, ma dalla quale è possibile uscire senza essere bloccati dalle forze di sicurezza di Pechino). Frustrati dai falliti tentativi di fuga all’estero, gli attentatori di Kunming avrebbero deciso di compiere la strage. La stessa RFA e il quotidiano «Ming Pao» di Hong Kong affermano che in marzo un gruppo di 900 uighuri che vivevano a Shadian, nello Yunnan, sono stati rispediti a forza nello Xinjiang. I media non spiegano come e quando i 900 fossero arrivati al sud. Qin Guangron, capo del Partito Comunista dello Yunnan, la provincia cinese della quale Kunming è la capitale, ha affermato che i terroristi volevano espatriare per unirsi alla jihad, la «guerra santa» che gli estremisti musulmani conducono contro il resto del mondo dalle loro basi in Pakistan e Afghanistan. Possibile che sia così ma le vicende delle ultime settimane sembrano indicare due parallele tendenze nella sitauazione dello Xinjiang: in primo luogo, negli ultimi mesi si è verificata una decisa escalation della violenza; secondo, è in corso dalla regione una grande fuga, che coinvolge migliaia di persone che hanno deciso che per loro non è possibile vivere in Cina. Secondo i testimoni ascoltati da RFA, il gruppo degli attentatori arrestati (quattro) o uccisi (altrettanti) a Kunming erano originari di Hotan, una città ai margini del deserto di Taklamakan nella quale, dopo violenze tra le due etnie, era in corso un crackdown delle forze di sicurezza cinesi contro gli oppositori uighuri. Il dramma dello Xinjiang è iniziato nel luglio del 2009 ad Urumqi, capitale della Regione Autonoma Uighura dello Xinjiang. Non è chiaro, a quattro anni di distanza, cosa abbia innescato la violenza. Di certo c’è che giovani uighuri si sono abbandonati ad un pogrom anticinese e che – prima o dopo, o forse prima e dopo – sono stati a loro volta attaccati dalla

«cervello» dell’ attacco a piazza Tienanmen si chiamerebbe Usmen Hasan e come complici per la sua realizzazione avrebbe scelto la moglie e la madre, entrambe morte con lui nell’ impresa. Inutile dire che molti dubbi sono stati sollevati su questa versione dei fatti. Ma la gravità di un attacco sulla piazza centrale di Pechino rimane. Il 25 gennaio 2014 sei persone muoiono a Xinhe, nei pressi del confine tra lo Xianjiange e la repubblica centroasiatica del Kirgizstan, a causa di una serie di bombe e altrettanti sospetti terroristi vengono freddati dalla polizia. Il 14 febbraio ad Aksu, anch’essa non lontana dalla frontiera col Kirghizstan, si è verificato l’ennesimo attacco all’arma bianca contro un commissiariato di polizia. Questa volta, sono state uccise undici persone. Il 2014 si era aperto con l’arresto di Ilham Tohti, un intellettuale uighuro – professore all’Università delle Minoranze di Pechino – e di tre suoi studenti. Tutti sono poi stati accusati di «separatismo» e rischiano di essere condannati a pesanti pene detentive. Come ha detto l’avvocato e dissidente Teng Biao, Tohti è una delle poche persone impegnate a promuovere «una riconciliazione nazionale e la facilitazione degli scambi e della comprensione tra cinesi han e uighuri». Con la sua è stata eliminata un’importante voce di moderazione e sembra che rimangano solo due scelte agli uighuri che non intendono accettare la supremazia cinese: la fuga o la jihad.


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Politica e Economia

La galleria della discordia

Politica dei trasporti Il Consiglio degli Stati approva la realizzazione di un secondo tubo per la A2 sotto

il San Gottardo, il Consiglio nazionale quasi sicuramente farà altrettanto, ma la decisione finale verrà presa in votazione popolare

Johnny Canonica «Herr Lombardi, für dieses Ambrì reicht eine Rohre». Signor Lombardi, per questo Ambrì un tubo basta. Questo il titolo che apriva le pagine sportive del «Blick» il 18 marzo scorso alla vigilia di quella che si sarebbe dimostrata l’ultima partita della stagione dei leventinesi. I giornalisti del quotidiano di casa Ringier in quella occasione si sono rivolti direttamente al presidente biancoblu rinfacciandogli lo scarso rendimento della squadra nelle prime tre partite dei play-off prendendo spunto dal suo accorato appello rivolto ai colleghi del Consiglio degli Stati cinque giorni prima, quando dibattendo l’entrata in materia della legge voluta quale base legale al raddoppio della galleria autostradale del San Gottardo, Lombardi aveva affermato che «la Svizzera non può permettersi di isolare per tre anni una parte del proprio territorio – un intero cantone e allo stesso tempo anche una delle quattro parti linguistiche di questa nazione. Non può permettersi di isolarlo. Non lasciateci da soli, non isolateci, non tagliate questo cordone ombelicale, siamo svizzeri come voi, vogliamo restarlo al cento per cento anche nei prossimi anni, nei prossimi decenni!». Non tutti i giorni è possibile assistere a un dibattito di tale intensità in Parlamento, in cui le due parti – chi vuole il raddoppio da una parte, chi lo rifiuta dall’altra – si affrontano a viso aperto, dando fondo a tutta l’arte retorica di cui dispongono per convincere a seguire le proprie ragioni chi la pensa diversamente o chi una decisione non l’ha ancora presa. Inutile nasconderlo: il risanamento – non il raddoppio! – della galleria autostradale del San Gottardo è importante. Tocca questioni rilevanti, dalla politica ambientale a quella dei trasporti (nazionale e internazionale), dalla politica finanziaria (i costi del risanamento ammontano a 1,8 miliardi di franchi, ai quali si dovrebbe aggiungere un ulteriore miliar-

Un aspetto non è contestato: l’attuale galleria va risanata. Keystone

do per lo scavo della seconda galleria; somme che tra l’altro non contemplano i costi di manutenzione futuri del secondo tunnel) ai diritti popolari, fin su ai massimi sistemi dei dettami costituzionali (in gioco vi è infatti anche il rispetto dell’articolo costituzionale sulla protezione delle Alpi). Senza contare gli aspetti riguardanti la coesione nazionale. All’origine di tanta emozione e di un fiume di parole durato quasi cinque ore, la necessità di risanare la galleria esistente. Progettata negli anni 60 del Novecento, costruita negli anni 70 e inaugurata il 5 settembre del 1980, quella del San Gottardo è la galleria stradale più importante della Confederazione. In esercizio da poco più di 33 anni, la galleria progettata dall’ingegnere ticinese Giovanni Lombardi (padre di Filippo) mostra i segni del tempo e ha bisogno di un risanamento profondo. Il problema è che per poterlo fare sarà necessario chiudere il traforo per almeno tre anni. E questo significa chiudere l’unico corridoio aperto tutto l’anno che collega il Ticino con il nord

delle Alpi, di fatto riportando le lancette del tempo a una situazione pre-1980, quando per valicare il San Gottardo, con il passo chiuso, gli automobilisti dovevano far capo ai treni navetta tra Airolo e Göschenen. Una soluzione che ha dato buona prova di sé per molti anni, ma che alcuni dubitano possa essere una valida alternativa a una seconda galleria con l’attuale mole di traffico (per intenderci: nel 2012 nella galleria sono transitati 6,3 milioni di veicoli, non proprio pochi). In un primo tempo, il Consiglio federale aveva pensato di chiudere semplicemente la galleria esistente per far spazio al cantiere, ma poi osservata la levata di scudi di politici e rappresentanti economici ticinesi, preoccupati per l’isolamento del cantone durante il periodo dei lavori, ha fatto marcia indietro, facendo sua l’idea di raddoppiare le gallerie stradali sotto il massiccio del San Gottardo. Un’idea che ha una sua logica, perché permette da una parte di mantenere aperto l’asse autostradale del San Gottardo malgrado la chiusura della galleria, e dall’altra di

innalzare in maniera considerevole la sicurezza all’interno della galleria una volta che i due tubi dovessero essere in esercizio, perché in ognuna delle due canne le vetture circolerebbero tutte nella stessa direzione, senza incrociarsi. Tutto bene quindi? Non proprio. Secondo gli oppositori della costruzione della cosiddetta «galleria di risanamento», questa metterebbe in forse l’articolo costituzionale sulla protezione delle Alpi, che stabilisce che la capacità delle strade di transito nella regione alpina non può essere aumentata. Proprio per evitare che il traffico cresca, il Consiglio federale ha iscritto nella legge che la circolazione nelle due gallerie potrà avvenire unicamente su di una sola corsia; esattamente come avviene ora. Ma gli oppositori temono che la pressione dentro e fuori la Confederazione possa crescere a tal punto che un giorno tutte e quattro le corsie verranno aperte al traffico, con buona pace del rispetto delle norme costituzionali («chi crede che all’estero e in patria si possa accettare sul lungo periodo di non circolare su entrambe

le corsie di una galleria, mentre delle colonne si formano all’entrata del tunnel, crede contemporaneamente alla cicogna, al coniglio di Pasqua e a Gesù bambino», ha affermato nel corso del dibattito il PPD lucernese Konrad Graber, unico rappresentate borghese a essersi espresso contro il raddoppio). Con il suo progetto di legge, in cui mette nero su bianco che il traffico nelle due gallerie «potrà circolare su di un sola corsia di marcia» (così la legge), il Consiglio federale vuole fare in modo che quanto iscritto nella Costituzione venga poi rispettato nella realtà; ma è chiaro che una volta aperta al traffico la seconda galleria, si sarà per così dire schiusa la porta che può portare a circolare su quattro corsie. E se poi la Costituzione non venisse più rispettata… pazienza! Non è di certo la prima volta che questo avviene all’interno dei nostri confini nazionali. Con buona pace degli oppositori al raddoppio, il Consiglio degli Stati ha dato infine luce verde alla seconda galleria (25 voti contro 16 il risultato del voto). La scorsa settimana la Commissione dei trasporti del Consiglio nazionale ha iniziato a esaminare il progetto, e dopo aver approvato l’entrata in materia (16 contro 9), ha chiesto al Consiglio federale di approfondire l’idea dell’introduzione di un pedaggio al San Gottardo per finanziare l’opera, cosa che ha però provocato uno stop dell’esame della legge. Indipendentemente dal momento in cui il Nazionale discuterà la legge (comunque non prima di settembre) e il Parlamento l’approverà in via definitiva (ormai nessuno crede che non sarà così), tutti si preparano alla campagna di voto visto che il referendum è già stato annunciato. Alla fine sarà quindi il popolo a prendere l’ultima decisione, a decidere se il Ticino potrà avere il suo doppio «cordone ombelicale», oppure se l’Ambrì Piotta (ma anche il Lugano) dovrà accontentarsi di un unico tubo per valicare le Alpi quando giocherà in trasferta.

Verso l’abbandono dei sussidi alla costruzione? Politica dell’alloggio Dopo la scoperta che oltre la metà degli

inquilini di case sussidiate a Berna sono da considerare abusivi, si studia un cambiamento di sistema Ignazio Bonoli La scoperta che, nella città di Berna, il 53% delle famiglie che vivono in appartamenti sussidiati non ne avrebbero diritto, ha sollevato parecchi interrogativi sulla politica di sussidiamento dell’alloggio in vari cantoni. Eppure Berna, come altre città e altri cantoni, dispone di precisi regolamenti che disciplinano la materia, per cui dovrebbe essere al riparo da simili sorprese. Ma – secondo Ernst Hauri, direttore dell’Ufficio federale dell’abitazione – in molti casi è probabile che questi regolamenti vengano rispettati alla lettera al momento dell’occupazione dell’appartamento sussidiato, ma poi nessuno si preoccupa di seguire l’evoluzione delle famiglie che lo occupano. Il caso classico è quello della diminuzione del numero di occupanti a causa della partenza dei figli o del decesso di uno dei coniugi. È comunque difficile per il proprietario (pubblico o privato) denunciare il contratto d’affitto data la situazione tesa sul mercato dell’alloggio e la difficoltà a trovare una sistemazione conveniente, soprattutto in città, a costi sopportabili.

A lunga scadenza una certa rotazione di inquilini dovrebbe essere possibile, magari anche con un adeguamento delle pigioni ai prezzi di mercato. Ci si può quindi chiedere se non sia meglio passare a un sistema di aiuto soggettivo, cioè direttamente alla persona o famiglia interessata, piuttosto che mantenere un sistema oggettivo, cioè di finanziamento dell’appartamento. Come insegna la lunga esperienza di aiuti sociali, anche il cambiamento di sistema non garantisce che non vi siano più possibilità di abusi. L’aiuto soggettivo è più mirato, ma crea anche pretese legali da parte degli interessati che, alla fine, potrebbero provocare un aumento di spese per l’ente pubblico. Mediante il sussidiamento di abitazioni si può invece limitare la quantità dell’aiuto mediante il numero di appartamenti da mettere a disposizione. È tuttavia possibile che l’aiuto soggettivo possa favorire una certa speculazione a vantaggio dei proprietari di alloggi. Proprietari e inquilini sanno però che i costi dell’alloggio dovranno in ogni caso essere sopportati. Non gioca più la legge del mercato e

lo Stato rischia di dover pagare di più di quanto il mercato potrebbe esigere. Per questo si è perfino pensato di finanziare parte dell’aiuto sociale con una tassa a carico dei proprietari di alloggi. Col rischio però di creare una spirale senza fine che andrebbe fatalmente fuori mercato e annullerebbe la funzione di calmiere che molto spesso esercitano gli alloggi costruiti alcuni anni prima. Per quanto concerne l’aiuto della Confederazione, il direttore Hauri precisa che con la legge precedente, la Confederazione ha finanziato la costruzione di circa 62’000 alloggi, ciò che, a fine 2013, ha comportato una spesa di circa 58 milioni di franchi. La situazione degli inquilini viene controllata ogni due anni e, se è cambiata in meglio, i contributi non vengono più versati. Il problema si presenta però per il sostegno alle costruzioni da parte di cooperative o società di pubblica utilità. A distanza di anni le situazioni possono cambiare e qualche occupante viene indirettamente finanziato dallo Stato senza averne diritto. Non vengono comunque considerati altri aiuti forniti da comuni e cantoni, per esempio sotto forma di ter-

Come evitare abusi? Berna guarda a Basilea . (Keystone)

reni a prezzi di favore. Oggi la situazione di mercato è un po’ meno tesa e questo dovrebbe favorire un contenimento dei prezzi, benché la disponibilità di terreni adeguati sia limitata. È quanto si comincia a verificare anche nelle città. Tuttavia, mentre per esempio Basilea aiuta gli inquilini direttamente solo in caso di aumento dei senza-tetto e sussidia le famiglie in casi estremi, Berna si vede costretta a cambiare sistema visti i costi delle circa 450 abitazioni sussidiate. Già due anni fa era stato fatto un tentativo di passare al finanziamento soggettivo, ma la proposta alternativa piuttosto complicata era stata respinta. Ora la scoperta di numerosi abusi sembra aver offerto migliori possibilità al cambiamento. L’esperienza fatta a Basilea sembra ottenere buoni risultati. Il sistema garantisce agli inquilini migliori possibilità di scelta. Inoltre essi non corrono il

pericolo di dover abbandonare l’abitazione se le loro condizioni economiche dovessero migliorare e quindi non essere più conformi ai requisiti per poter occupare l’appartamento. Per l’ente pubblico il finanziamento soggettivo è più flessibile e più facile da applicare. Esso ha anche un effetto importante da un punto di vista socio-politico: favorisce una mescolanza di famiglie con redditi diversi in uno stesso quartiere e quindi evita il pericolo di creare dei ghetti di persone che generalmente presentano tutta una serie di altri problemi oltre a quello legato all’alloggio a pigione moderata. L’aiuto soggettivo non è inoltre automatico, ma è più mirato ai veri bisogni. Non a caso lo si sta sperimentando anche in altri settori, come per esempio negli asili-nido, che non vengono più sussidiati direttamente, ma attraverso un aiuto ai genitori a determinate condizioni.


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Politica e Economia Rubriche

Il Mercato e la piazza di Angelo Rossi Nella modernità si entra anche con lo swing Sulla fatica più recente del musicologo Carlo Piccardi, dedicata alla storia del Festspiel ticinese si sono già espressi in molti, anche dalle colonne di questo settimanale. Il lavoro di Piccardi è però di una tale importanza che non sarà eccessivo ritornarci sopra, magari anche più di una volta. Intanto servirà chiarire ai lettori che «La rappresentazione della piccola patria» (Editore Giampiero Casagrande) non è solo una ricerca di storia della musica. Siccome il suo autore cerca di inquadrare i Festspiele e le Riviste che la Fiera di Lugano ha promosso durante gli anni Trenta e Quaranta dello scorso secolo nella cornice più ampia della storia culturale e di quella socio-economica del Paese, il suo lavoro diventa di fatto un contributo alla comprensione del forte mutamento in atto nella società del nostro cantone negli anni che precedettero il secondo conflitto mondiale e in quelli della guerra. Affermava Tito Tettamanti, in un’intervista concessa più di ventanni

fa, che la storia del Ticino comincia nel 1945. La sua tesi era che solo dopo la fine del secondo conflitto mondiale l’economia ticinese aveva potuto cominciare quell’ascesa che, in paio di decenni, aveva trasformato un cantone agricolo in un cantone del terziario. La trasformazione si può misurare in molti modi. Per esempio con il grande cambiamento del ruolo della donna nella società. Nel 1930, ricordava Ilse Schneiderfranken nella sua tesi sull’industrializzazione del cantone, tredicimila donne ticinesi lavoravano nell’agricoltura. Doveva trattarsi di un vero e proprio esercito perché, a quella data, le contadine ticinesi rappresentavano un quarto delle contadine svizzere, mentre la popolazione del Ticino non era che il 4% della popolazione svizzera. Era come dire che alla donna ticinese, prima della seconda guerra mondiale, si apriva una sola carriera: fare la contadina con la prospettiva di una vita dura e di grandi sacrifici. Quarantanni dopo, ossia

lo spazio di due generazioni, quasi la metà (47%) degli studenti delle scuole superiori ticinesi (liceo, scuola cantonale di commercio, magistrale ecc..) erano donne. L’irruzione della modernità nel

Ticino è così stata rapidissima. Ma la presa di coscienza di questa trasformazione nell’immaginario dei ticinesi è stata molto lenta. I valori della società agricola tradizionale continuarono a dominare la concezione dell’identità ticinese anche quando l’agricoltura era oramai al tramonto. Lo dimostra bene Piccardi nel suo libro. Il Festspiel ticinese è un inno ai modi di vita rurale. Nelle sue scene riconosce l’asprezza di quel tipo di vita, i pericoli che l’accompagnano, specie in montagna. Ciò non di meno si ritiene che, poiché vive in pace con la natura e con sé stesso, il contadino goda di una condizione invidiabile e che l’alternativa, l’emigrazione, sia da scartare. La crisi economica mondiale degli anni Trenta e le minacce che pesavano sul Paese nel corso della seconda guerra mondiale servivano per ribadire, in toni patriottici, quanto fosse giusto questo modo di sentire. La terra ticinese non dava solo da vivere al contadino, la terra era sacra. Verso la

fine della guerra, però, le cose sembrano cambiare anche nel modo di celebrare il Ticino. Con il diffondersi della radio è come se in Ticino, di colpo, si aprisse una finestra sul mondo. Nella storia dei Festspiele appaiono allora le riviste dei fratelli Barberis e di Fabio Jegher che importano canzoni e nuovi ritmi. Carlo Piccardi mi scuserà se, per far capire l’importanza del mutamento, mi permetto di concludere questo commento alla sua interessantissima ricerca affermando che, per il nostro cantone, uno dei fattori di promozione della modernità più importanti fu, probabilmente, la scoperta della canzonetta e dello swing che, proprio a partire dall’inizio della seconda guerra mondiale, grazie alla radio, incominciarono a far sognare una popolazione che, fino ad allora, riprendendo le parole di Roberto Leydi, aveva cantato per esprimere la sua condizione di miseria e di fatica, anche quando le parole delle canzoni sembravano dire tutt’altro.

contare più nulla nel mondo globale, se non aggrappati alla Germania, in un rapporto di crescente vassallaggio con gli ammirati e detestati tedeschi. Questo spiega la rivolta contro l’Europa, il rifiuto della cessione di ulteriori quote di sovranità nazionale, la difesa ostinata della specificità francese, che sono una delle cause del buon risultato di Marine Le Pen al primo turno delle elezioni comunali. Ora alle Europee del 25 maggio il Front National può diventare il primo o il secondo partito di Francia, davanti ai socialisti al governo. Come ha detto la stessa Marine in tv domenica sera, la chiave del suo successo è racchiusa dentro la grande questione del nostro tempo, che si impone in tutto l’Occidente: la rivolta contro le élites, contro la democrazia rappresentativa, contro qualsiasi forma di istituzione. «Stasera non finisce solo il bipartitismo in Francia. Finisce la distinzione tra destra e sinistra in Europa. La vera lotta è tra l’alto e il basso

della società» ha detto Marine Le Pen irrompendo su France2 come una tigre. E ancora: «In alto ci sono i socialisti e i sarkozysti, l’euro e l’Europa, l’immigrazione e il libero mercato. In basso c’è il popolo. E ci siamo noi». Il successo del Front National aumenta le chance di ritorno di Nicolas Sarkozy. Paradossalmente, l’uomo che ha sdoganato il linguaggio e gli argomenti di Le Pen è considerato il miglior argine contro sua figlia. La linea odierna del suo partito è la stessa dettata da Sarkozy per le cantonali del 2011: «ni-ni», né socialisti né lepenisti; non ci sarà il «fronte repubblicano» che nel 2002 riportò Chirac all’Eliseo con l’82% dei voti. Anche l’ex premier François Fillon, critico tre anni fa, stavolta si è adeguato. Il punto è che né Fillon, né il leader nominale Jean-François Copé hanno la personalità per opporsi a Sarkozy, se lui decidesse di riprendere la corsa all’Eliseo. Quanto ad Alain Juppé, alle prossime presidenziali avrà 72 anni; e l’ex presidente, che

ne ha dieci di meno, con la sua energia e la sua influenza sui media è in grado di trasformarlo da anziano saggio, com’è considerato oggi, in vecchio arnese chiracchiano. Ma l’aggressività e la forza di Sarkozy è anche il suo punto debole. Una parte del Paese, non necessariamente di sinistra, lo aborre. Non lo considera neppure del tutto francese: per le sue radici ungheresi e sefardite, per il suo rigetto di vini e formaggi, per quel soprannome, Sarko, aspro come una malattia; e soprattutto per la sua volontà di imporre appunto la rupture, la rottura del sistema statalista, che la Francia vuole solo a parole. Per questo a Hollande, pur in gravissima difficoltà, non dispiace l’idea del ritorno del suo rivale del 2012: se le riforme «liberalsocialiste» varate a gennaio funzioneranno, il presidente tornerà a far valere l’allure di uomo normale, sia pure privo di carisma, contro l’attivismo di un uomo ipercinetico e spregiudicato.

lunedì mattina 17 marzo alle 06.25 locali, un terremoto ha fatto tremare la California. Primo quotidiano a darne notizia è stato il locale «Los Angeles Times», non perché un giornalista era «sul posto», ma perché un suo redattore svegliato da un allarme del suo pc all’alba, subito dopo la scossa, ha acceso il monitor e vi ha trovato, già salvato in bozza, un articolo sul terremoto appena avvenuto. Riletto il pezzo, controllato che non ci fossero errori, il redattore ha dato l’input per pubblicarlo sull’edizione online del suo giornale. A consentire questo «scoop» è stato un algoritmo, più precisamente un Bot, cioè un programma informatico che esegue compiti prestabiliti. Christopher Steiner arriva a sostenere nel suo libro che «il nostro futuro sarà pieno di Bot che ci giudicheranno, indirizzeranno e misureranno» e che «l’abilità di creare algoritmi che imitino, migliorino, e da ultimo rimpiazzino gli esseri umani sarà l’abilità di primaria importanza dei prossimi

cento anni». Uno dei primi a credere in questa evoluzione è stato il giornalista del «Los Angeles Times» che ha inventato Quakebot, un algoritmo che «veglia» nel suo computer, pronto a entrare in azione ogni volta che in California un terremoto raggiunge un certo grado di intensità: estrae i dati rilevanti dei bollettini diramati da enti ed esperti che controllano le scosse sismiche, li inserisce in una bozza di articolo pre-scritto, soffermandosi sui particolari più interessanti. Dopo pochi secondi fa scattare un allarme per il suo inventore che, letto il testo, decide se inviarlo al giornale per la pubblicazione. Programmi di questo tipo sono già in uso nelle redazioni di testate famose ma solo per integrare articoli di cronaca nera e di sport. Tempo fa la «Narrative Science», azienda leader nel programmare algoritmi, ha provato un suo prototipo di Bot studiato per stilare il resoconto di un match di baseball. A esperimento concluso

l’articolo prodotto dall’intelligenza artificiale è risultato più ricco di dettagli rispetto a quello scritto da un noto cronista su una rivista sportiva specializzata. A fugare ogni scetticismo sono poi giunti alcuni professori di Oxford: secondo un loro studio raramente i lettori riconoscono la differenza tra un pezzo prodotto con un algoritmo e uno scritto da un giornalista. Immaginando uno scenario che ricalchi quanto avvenuto nel settore finanziario (il mercato azionario statunitense è controllato per il 60% da algoritmi senza alcuna supervisione umana!) non c’è dubbio che l’ascesa di questi strumenti nei sistemi informativi in futuro sarà favorita anche da una simultanea crescita delle prestazioni dell’hardware. V’è solo da sperare che – soprattutto pensando ai problemi causati dagli algoritmi nei campi della sicurezza e dello spionaggio – qualcuno pensi a sviluppare in parallelo anche qualche forma di controllo.

Negli anni Trenta le donne ticinesi erano soprattutto contadine.

In&outlet di Aldo Cazzullo Grand malaise francese La Francia è il grande malato d’Europa. La vera questione è capire fino a che punto sia un malato immaginario, come quello di Molière. La Francia è il Paese con la maggior ricchezza accumulata pro capite: il Paese più ricco del mondo, più degli Stati Uniti e della Germania (il secondo è l’Italia). La Francia è il Paese con il miglior sistema sanitario pubblico, in cui si fanno gratis operazioni sofisticatissime che in America costerebbero 150 mila dollari. È un Paese che l’energia se la fa in casa. È il Paese con più turisti al mondo (l’Italia era la prima ed è solo quinta, dietro anche alla Spagna, agli Stati Uniti e alla Cina). È il Paese con il più grande patrimonio storico-culturale, dopo quello italiano. Ha uno Stato, vale a dire un apparato burocratico-amministrativo, che costa troppo ma (a differenza di quello italiano) funziona. Perché allora la Francia conosce quel grand malaise che fa sì che da 33 anni, vale a dire dalla grande vittoria di Mitterrand del maggio 1981, a

ogni elezione la maggioranza sia battuta e vinca l’opposizione? (È una regola che ha conosciuto eccezioni solo apparenti: nel ’95 vinse Chirac eliminando al primo turno il rivale interno Balladur che era primo ministro; nel 2007 vinse Sarkozy all’insegna della rupture con Chirac, che lo considerava il suo peggior nemico, al punto da aver dichiaratamente votato Hollande nel 2012). La ragione del grand malaise è certo economica. Il Paese in questi anni è cresciuto poco e male, e soprattutto in certe zone (a cominciare dal Nord ex minerario e operaio) e in certi ceti sociali (nella fascia mediana della società) si è impoverito. Il motivo sono innanzitutto le troppe tasse e la troppa burocrazia, che induce le aziende a delocalizzare e i privati cittadini a fuggire, magari in Svizzera e in Inghilterra (Londra con i suoi 400 mila «espatriati» è la quarta città francese). Ma il motivo più profondo del grand malaise è il timore (che diventa sempre più consapevolezza) di non

Zig-Zag di Ovidio Biffi L’irrestibile marcia degli algoritmi Mi soffermo su algoritmi e intelligenza artificiale, ma non per parlare di «Vicarious», azienda in cui negli scorsi giorni Mark Zuckerberg (creatore di Facebook), Elon Musk (creatore delle auto elettriche Tesla) e Ashton Kutcher (attore che ha interpretato Steve Jobs sul grande schermo) hanno investito 40 milioni di dollari. «Vicarious», azienda specializzata in intelligenza artificiale, come afferma il co-fondatore Scott Phoenix vuole arrivare a creare un «computer che pensa come una persona, ma che non mangia e non dorme» e per farlo dovrà creare artificialmente una neocorteccia, ovvero la parte del cervello che vede, controlla il corpo, capisce il linguaggio e fa i calcoli. Siamo dalle parti della fantascienza, e questo mi suggerisce di limitarmi al Bot, un programma informatico che punta a sostituire… il giornalista sfruttando algoritmi. Cos’è l’algoritmo? Secondo Wikipedia in matematica è un «procedimento di risoluzione di un problema»; in infor-

matica invece diventa uno strumento utile per risolvere «un determinato problema attraverso un numero finito di passi». Ma la descrizione migliore del pianeta popolato da algoritmi la offre un libro scritto lo scorso anno da un ingegnere ambientalista americano, Christopher Steiner che nel suo Automate this (purtroppo edito solo in inglese) ripercorre l’irresistibile marcia dei primi strumenti di intelligenza artificiale negli Stati Uniti. Partiti da Wall Street, usati per monitorare milioni di operazioni che avvengono quasi simultaneamente sui mercati mondiali, gli algoritmi sono poi silenziosamente approdati al Pentagono per diventare potente arma al servizio dell’intelligence e ora stanno facendo la loro apparizione anche nei media: utilizzati, per quanto se ne sa, non per spiare, ma solo per «attualizzare» (e in un certo senso «robotizzare») gli articoli. Un prototipo di questo prodotto giornalistico è quello descritto da Piero Vietti sul suo blog «Cambidistagione»:


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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 31 marzo 2014 ¶ N. 14

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Cultura e Spettacoli Il nuovo lavoro di Trickster Al centro dell’attenzione di Cristina Galbiati e Ilija Luginbühl vi sono i non vedenti e le città

Music made in TI L’etichetta ticinese On the Camper sbaraglia nuovamente la concorrenza: importante riconoscimento nell’ambito di m4music, il Festival pop del Percento culturale Migros

Ragazzi protagonisti La Fiera del libro per ragazzi di Bologna mette in vetrina le novità in campo letterario

Il sé, i confini e l’altro Cento anni or sono, il 4 aprile del 1914, nasceva la scrittrice Marguerite Duras

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Alcuni degli schizzi che si trovano nella stanza abitata da Michelangelo.

La stanza segreta di Michelangelo Esclusivo Visita ai carboncini nel locale «di sotto» della Sagrestia Nuova della Basilica di San Lorenzo a Firenze Gianluigi Bellei Quest’anno ricorre l’anniversario della morte di Michelangelo Buonarroti. Più esattamente il 450mo. Varie le celebrazioni, sia in Toscana che nel Lazio: a Roma, per esempio, dal 27 maggio Cristina Acidini curerà un’esposizione ai Musei Capitolini. Noi abbiamo festeggiato visitando, anche per voi, i carboncini della stanza sottostante la Sagrestia Nuova della Basilica di San Lorenzo a Firenze dove l’artista si rifugiò per scappare alle ire dei Medici. Il locale non è aperto al pubblico e quindi è con una certa emozione che raccontiamo quello che abbiamo visto. Ma andiamo per ordine. Il mito di Michelangelo inizia quando è ancora vivo. Giorgio Vasari, Ascanio Condivi e Francesco d’Olanda ne lodano il lavoro; secondo la biografia vasariana delle Vite egli rappresenta la vetta assoluta dell’arte da Giotto in poi. Un genio che «fra i morti e i vivi porta la palma, e trascende e ricuopre tutti». Un vero e proprio titano che unisce pittura, scultura e architettura. Rispondendo al questionario di Benedetto Varchi del 1549, Michelangelo sostiene che fra scultura e pittura quest’ultima gli sembra «più tenuta buona, quanto più va verso il rilievo et il rilievo più tenuto cattivo, quanto più va verso la pittura». Michelangelo viene considerato un neoplatonico anche perché, come lui stesso sostiene, «il choncetto di bellezza immaginata e vista dentro il core» è rappresentata dal blocco di marmo

che imprigiona la materia e che però si presenta in esso già esplicita. Tra classicismo e anticlassicismo, finito e non finito il suo percorso tormentato va dal David fiorentino alla romana Tomba di Giulio II, dalla Cappella Sistina al Giudizio universale alla Cappella medicea. Scrive Charles de Tolnay, «mentre nella volta della Sistina Michelangelo faceva presentire, attraverso il “ritorno a Dio”, l’ascensione dell’uomo verso l’esistenza divina, nella Cappella Medici egli evoca, attraverso l’oltretomba, un’esistenza contemplativa dell’essenza della vita, che ricorda quella delle anime nella regione dell’Ade». Rivoluzionario, molto vicino alle idee di Savonarola, l’artista rappresenta per tutta la vita solo le cose nobili e di conseguenza solo gli esseri viventi e non certo gli oggetti inanimati; gli uomini sono descritti nella fase mediana di un’azione, mentre si torcono fra un movimento e l’altro. Una tensione che rappresenta il non-essere, cioè quello che non-è. Ma veniamo a Firenze. Michelangelo dopo le fatiche della Sistina ritorna a Firenze nel 1516 con l’incarico da parte di Giovanni de’ Medici, cioè papa Leone X, di costruire la facciata di San Lorenzo. Gli alti costi dell’operazione fanno arenare il cantiere e nel 1520 il contratto viene rescisso. Subito dopo però viene coinvolto nella realizzazione della Sagrestia Nuova in corrispondenza con quella vecchia realizzata da Brunelleschi. La Sagrestia avrebbe dovuto ospitare le tombe di Lorenzo duca d’Urbino e Giuliano

duca di Nemours, oltreché quelle dei due «magnifici», Lorenzo e Giuliano. Qui, fra una peripezia e l’altra, realizza una Madonna col Bambino, poi il monumento al pensieroso Giuliano duca di Nemours con ai piedi il Giorno e la Notte e quello al comandante Lorenzo duca di Urbino con le figure dell’Aurora e del Crepuscolo. Diverse le interpretazioni dei lavori; Tolnay ne dà una versione neoplatonica. Infatti Socrate nel Fedone, su richiesta di Cebete, vuole dimostrare che con la morte non tutto muore e lo fa per esempio con l’argomento della generazione del contrario dal contrario nel quale è inserita la dialettica della vita che si genera dalla morte e dalla morte la vita. Così nella coincidenza degli opposti, il Giorno e la Notte, l’Aurora e il Crepuscolo che quasi schiacciano le tombe sottostanti, si trova la liberazione dell’anima dopo la morte dei due duchi che volgono lo sguardo verso la Madonna allattante, simbolo della vita. Nel frattempo dopo il Sacco di Roma del 1527 i Medici, considerati dal popolo tiranni, vengono cacciati e rinasce a Firenze la Repubblica alla quale aderisce subito il Buonarroti con l’incarico, tra l’altro, di rafforzare le strutture difensive della città. Dopo un lungo assedio da parte delle truppe imperiali, nel 1530 Firenze capitola e l’artista si nasconde in una stanza segreta sotto la Sagrestia di San Lorenzo. Proprio nella chiesa dei Medici, dove sicuramente questi non l’avrebbero, ovviamente, cercato. Ce lo racconta il priore di San

Lorenzo, Giovanni Battista Figiovanni nelle sue Ricordanze: «Et facto la pace, victorioso el papa, Michelagnolo conparse. Bartolome Valri commisario cercò farlo morire da Alexandro Corsini, strumento del papa, per molte offesione facte alla casa dè Medici. Io lo canpai dalla morte et salva ’li la roba; addomandandomi mille volte perdono». Qui Michelangelo si nascose probabilmente dal 12 agosto 1530, giorno in cui cadde la città, al 22 ottobre. Nel suo carteggio c’è infatti un vuoto tra il 30 giugno e il 30 ottobre, scrive Paolo Dal Poggetto nel volume Michelangelo. La stanza segreta. Il 22 ottobre è il giorno nel quale Michelangelo incontrò l’emissario del Duca di Ferrara e di conseguenza era già libero. Abbiamo visitato la stanza, come detto, anche per voi. Ai lati della Sagrestia nuova ci sono due entrate che portano alle cosiddette «sagrestiucce» che altro non erano che dei locali lavamani. In quella di sinistra a livello del pavimento c’è una botola che si apre con una serie di contrappesi che, attraverso una ripida e stretta scalinata di pietra, conduce a un ambiente voltato a botte di 10 metri di lunghezza per 2,5 di larghezza. Nel 1975 Paolo Dal Poggetto, allora direttore delle Cappelle Medicee, ha pensato di creare un’altra via d’uscita per i numerosi visitatori. È stato così che il restauratore Sabino Giovannoni ha scoperto sotto l’intonaco, fra sporco, ragnatele, segatura e carbonella varia, dei disegni a carboncino. A seguito delle opportune verifiche e datazioni

Paolo Dal Poggetto ha ascritto i disegni a Michelangelo. Ovviamente non tutti sono d’accordo con l’attribuzione e tra questi Charles de Tolnay, Caroline Elam o Zygmunt Waźbiński. Altri invece concordano come Frederick Hartt, Giovanni Previtali o Alessandro Parronchi. Sia come sia, scendere quei gradini e vedere i disegni dà un forte turbamento. Segni graffianti, nervosi, rotondi, puntigliosi e volumetrici, proprio come delle sculture. Ci sono le gambe di Giuliano duca di Nemours, il Crepuscolo della tomba di Lorenzo, le gambe del David-Apollo e nella parete destra uno splendido torso virile, probabilmente uno studio per quella famosa Risurrezione mai eseguita. Monica Bietti, attuale direttore del Museo delle Cappelle Medicee, ritiene che buona parte dei disegni siano di mano michelangiolesca «per quell’incredibile capacità di creare, ricordare, ritrovare, pensare, trasformare che Michelangelo manifesta in questi segni che si arrovellano sul muro, in quel suo pensare alle cose passate dei grandi della scultura ellenistica, a Donatello dei pulpiti di San Lorenzo… e vedendoli si prova l’emozione che ci pervade davanti alle cose importanti, grandi e sorprendenti». Dove e quando

Michelangelo Buonarroti Stanza «di sotto» della Sagrestia Nuova Cappelle Medicee, San Lorenzo Firenze


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Cultura e Spettacoli

Con i loro occhi

Sights Bellinzona

Teatro Cristina Galbiati e il nuovo progetto

di Trickster-p, in cui città e ciechi interagiscono Avevamo lasciato il Teatro Tricksterp (alias Cristina Galbiati e Ilija Luginbühl) a B, la seconda parte di una trilogia dedicata alla rivisitazione di alcune fiabe classiche. L’incredibile successo di B, così come di h.g. – dedicato a Hänsel e Gretel e tuttora in tournée – ha portato i suoi protagonisti a girare il mondo. Il lavoro sulla fiaba necessitava però di una pausa di riflessione prima di giungere a completamento. Ecco allora che i protagonisti del Teatro Trickster-p hanno deciso di orientare il proprio sguardo altrove, realizzando un progetto in cui a interagire con il pubblico sono le città e la cecità. Abbiamo incontrato Cristina Galbiati a pochi giorni dal debutto bellinzonese dell’installazione urbana Sights. In occasione dell’ultimo incontro eravamo rimasti a B. Prima di parlare del nuovo lavoro, vuole aggiungere qualcosa sul progetto-fiaba?

Penso sia stata un’esperienza importante, che in parte è ancora attiva: in giugno saremo infatti in Germania con B, anche se il progetto che gira di più è h.g., con cui siamo stati in Australia e a Chicago. Avete dunque trovato la chiave per un linguaggio universale…

Sì, a livello geografico e anagrafico. B infatti va in scena sia in contesti per il giovane pubblico, sia in contesti di ricerca per adulti. Questa trasversalità di generi e di pubblici ci interessa molto. In fondo è un po’ la nostra caratteristica: non ci vogliamo fossilizzare su un genere o su un modo di vedere il nostro processo creativo, ma tentiamo sempre di cambiare. Mancano pochi giorni al debutto di un nuovo lavoro, Sights. Cosa vi ha spinto ad allontanarvi temporaneamente dalla fiaba?

Sights è il risultato della nostra esigenza di costruire relazioni più durature. Questo progetto viene ricostruito ad hoc sulla città in cui di volta in volta ci troveremo avvalendoci dei contributi di persone non vedenti. Da parte nostra questo richiede un mese di residenza

Visti in tivù

L’esperimento di giovedì 20 marzo ha raggiunto almeno due risultati importanti

in ogni città contemplata dal progetto, durante il quale creeremo un legame sia con la struttura ospitante, sia con il luogo in cui essa è ubicata. Possiamo contare su sei coproduttori: due ticinesi, tre svizzeri e uno straniero. I ticinesi sono il Teatro Sociale di Bellinzona e Area Turismo ed Eventi di Lugano; vi sono poi Coira, Berna, Nyon e Schaan (Liechtenstein). I coproduttori hanno aderito al progetto sulla fiducia e si occupano di pagare la produzione in loco, entrandovi così a livello economico e progettuale.

Antonella Rainoldi

Come si sviluppa il nuovo progetto?

Esso si sviluppa su tre livelli. Anzitutto vi è il livello della città: ossia un’installazione urbana con postazioni sonore. Dal canto nostro facciamo un lavoro preliminare di costruzione, curando un lavoro con i ciechi. Lo spettatore sarà poi invitato a muoversi e a camminare in una città che sarà in qualche modo diversa. La città, il cammino e il rapporto con il «vedere» sono dunque i tre piani che si intersecano. Da un lato ci affascinava la rottura con la visione classica frontale e allo stesso tempo abbiamo tentato di rompere il piano della finzione, lavorando sul reale. Lo scopo è dunque quello di avvicinare le persone a un’idea diversa del concetto di «vista»?

È un gioco sul paradosso, sulla contraddizione. Noi pensiamo infatti che la vista sia legata al vedere, mentre il progetto ci permette di scoprire cose nuove sulla vista. Ad esempio io ho potuto scoprire come vi siano concetti per me filosofici che per il cieco diventano reali. Mi spiego: se per un cieco qualcosa non si muove, allora non esiste: il cieco vive dunque in un mondo in divenire. Questo condiziona anche le dimensioni degli spazi: la città non è una cosa fissa, poiché ognuno degli interpellati la percepisce a modo suo. Vi è poi il discorso dell’immagine di sé: chi ha perso la vista ha un rapporto con il sé molto legato alle vecchie fotografie, in gioco entrano dunque immaginazione e memoria. Un altro concetto interessante è quello del silenzio: c’è chi dice che il silenzio è insopportabile perché rappresenta il vuoto totale, vi è invece

urbana

Simona Sala

chi lo adora perché lo reputa un vuoto pieno. In fondo abbiamo cercato di trovare l’umanità di ogni persona coinvolta; ma non per questo si tratta di un progetto biografico, quanto piuttosto di un lavoro sulla percezione del mondo, sulla relazione con lo spazio. Ci può descrivere un po’ più nel dettaglio come funziona il progetto? Cosa deve aspettarsi il visitatore?

Abbiamo recuperato delle vecchie audioguide, il visitatore acquisterà un kit composto da nove gettoni e da una cartina geografica (nel caso di Bellinzona il luogo di acquisto è l’Ente Turistico). Grazie alla cartina raggiungerà le 9 postazioni, dove con i gettoni potrà ascoltare le registrazioni dei ciechi. Sono previste al massimo due persone alla volta. Sarà necessario comprendere come la distanza che c’è tra una postazione e l’altra sia parte del progetto: il progetto non è costituito dalle nove postazioni, bensì dal percorso stesso. Le postazioni hanno un’aderenza con quello che vi si ascolterà, anche se non sarà necessariamente un classico rapporto significato-significante; potrà trattarsi di un’esperienza ambientale o sonora.

Il percorso prevede che si ascoltino delle voci. Si tratta dell’unico elemento di fiction di tutto il progetto?

Sì perché di volta in volta incontriamo delle persone cieche (Unitas ha reso possibile tutto ciò) individuando insieme a loro alcuni temi. Segue poi il lavoro drammaturgico, di stampo concettuale e contenutistico. Individuato un tema creiamo un testo sulla base della testimonianza delle persone cieche. Sono poi i ciechi stessi a registrare questo testo, dando grande autenticità al progetto. Sights, Bellinzona, dal 5 al 27 aprile 2014. Inaugurazione il 5 aprile al Teatro Sociale di Bellinzona (orario 10-16). Informazioni: www. tricksterp.ch. L’intervista intera si trova su www.percento-culturale-migros.ch In collaborazione con

Maureen Bailo ha condotto il Tg RSI.

Fotografia Allo Spazio Oberdan di Milano l’opera del fotografo lituano «È il fotografo che più si è staccato dalla realtà per entrare nel sogno», scrive la prestigiosa Fondazione Alinari a proposito di Izraël Biedermanas, nato da una modesta famiglia in una sperduta cittadina lituana nel 1911. La «z» del nome è dovuta a un banale errore dell’ufficio di stato civile, errore di cui lui approfittò per crearsi poi lo pseudonimo di Izis. È la Storia del ’900 a staccarlo dalla realtà: conosciuta la tirannia zarista, non certo a suo agio sotto il comunismo, ecco che Izis cerca rifugio a Parigi, ma nella Ville Lumière, dove giunge a 18 anni, lo attende una vita da clochard. Senza un soldo in tasca, senza sapere una parola di francese, sopravvive per oltre tre anni ospitato nel ricovero creato dal banchiere Rothschild per gli immigrati ebrei. Cerca di ricavare qualche soldo da quanto ha appreso nei modesti atelier dei fotografi lituani, ma viene sfruttato al punto da non potersi permettere un pasto decente al giorno. Dopo tre anni d’inferno, la svolta: trova un buon lavoro in uno studio specializzato in ritratti di attori di teatro e di cinema. Si sposa, invia soldi alla sua famiglia, conduce una tranquilla vita piccolo-borghese, ma la pacchia dura poco: i nazisti massacra-

no la sua famiglia in Lituania e quando invadono la Francia, torna ad essere un ebreo errante; si rifugia a Ambazac, a pochi chilometri da Limoges. Lì c’è la solidarietà della popolazione locale (che riesce mettergli a disposizione una sia pur precaria camera oscura), ma soprattutto è lì che Izis scopre un’altra fotografia. Quando la regione di Limoges viene liberata e i maquisard possono finalmente scendere dai monti e tornare a casa, lui ha l’idea di fotografarli: «Era

il minimo che potessi fare: loro rischiavano la vita mentre io ero rintanato come un topo! Per la prima volta lavoravo senza preoccuparmi dell’amor proprio dei modelli, cercando unicamente di essere veritiero». Barbe incolte, mitra a tracolla o pistola in mano e sigaretta tra le labbra, i partigiani di Izis non solo sono ritenuti degni di una mostra (che avrà un’eco nazionale), ma soprattutto gli rivelano come – grazie alla fotografia – si possano unire la maestria artigianale di ritoccatore e stampatore con una visione umanista della realtà che lo circonda. Non è un caso se, una volta tornato a Parigi, entra in contatto con parecchi scrittori. Con Jacques Prévert va in giro per la Ville Lumière a caccia di immagini su cui Prévert possa poi scatenarsi. Il tutto confluirà nel primo libro di Izis, Paris des rêves (1950): 16 ristampe e 170 mila esemplari venduti. Entrato nella redazione di «Paris Match», per Izis è quasi un gioco da ragazzi improvvisarsi reporter e proporre alla rivista foto in cui, alle istanze del committente, si uniscano l’istante decisivo, la sagacia dell’inquadratura e perfino il tocco poetico colto nella Parigi dei poveri e degli emarginati. Nel 1951 il primo riconoscimento internazionale: con HC Bresson, Brassaï e Doisneau è invitato

La scorsa settimana, abbiamo parlato dello scambio tra TG RSI e Tagesschau SRF come di un’occasione vinta. Veramente non ci voleva molto a prevederlo. Se ne riparliamo ora è perché l’esperimento ha raggiunto almeno due risultati importanti. Il primo, come abbiamo già scritto, è la rappresentazione di un innesto insolito che si offre come un viaggio di avvicinamento, nel tentativo riuscito di incoraggiare la coesione di un Paese complesso. Il secondo consiste nel dato esclusivamente numerico della platea televisiva. Giovedì 20 marzo, dalle 19.30, 745’000 spettatori (per uno share del 56,8%) sono rimasti incollati al piccolo schermo per seguire l’edizione della Tagesschau condotta da una magnifica Alessia Caldelari e interamente prodotta dalla redazione di Comano. Poi è stata la volta del TG di Maureen Bailo e dei colleghi della redazione di Zurigo, appuntamento imper-

Dove e quando

Izraël Bidermanas, alias Izis Giovanni Medolago

TG RSI-SRF doppio successo

a una mostra del MoMa di New York dedicata ai fotografi francesi. Un anno dopo, sempre in compagnia di Prévert, si prende tutto il tempo necessario per realizzare Charmes de Londres, altro libro cui arride un inaspettato successo. Nel frattempo, Izis non smette di appassionarsi al mondo circense, che sarà oggetto del volume Le cirque d’Izis, oggi considerato un’autentica Bibbia sull’argomento. Inviato nel ’54 da «Paris Match» in Israele, questa volta si fa accompagnare da André Malraux e offre la sua versione del neonato Stato ebraico con immagini che faranno il giro del mondo. L’ultimo scoop: è l’unico fotografo ammesso da Marc Chagall (anch’egli ebreo e suo grande amico) durante la realizzazione del soffitto dell’Opera di Parigi. Izis (da sempre aficionado del b&n) è allora «costretto» a usare il colore, ma sa bene come rendere in immagini il lavoro, interiore e tecnico del suo amico Marc. L’esposizione milanese è un’occasione da non perdere per ri/scoprire questo grande misconosciuto della fotografia. Dove e quando

Izis, il poeta della fotografia, Milano, Spazio Oberdan. Fino al 6 aprile 2014. Informazioni: www.izis.it

dibile per 65’000 spettatori (49,8% di share), nonostante i playoff di hockey con due squadre ticinesi su La2 (i due canali insieme hanno raccolto 76’000 prede, 59% di share). Se si considera che queste vette sono difficili da raggiungere quotidianamente, anche per effetto della progressiva frammentazione dei consumi, si comprende la soddisfazione di SRF e RSI e, più in generale, della SSR. Per trovare vertici quantitativi in termini assoluti bisogna tornare indietro nel tempo, a più di un anno fa. La Tagesschau ha fatto segnare al barometro People-Meter il picco di ascolto di 941’600 spettatori, con uno share del 51%, il 5 gennaio 2013. Tema d’apertura: la registrazione e il possesso di armi a domicilio dopo il triplice omicidio nel villaggio vallesano di Vaillon. Il giorno successivo, il TG ha quasi sfiorato la soglia degli 80’000 spettatori, col 54,5% di share. Si trattava dell’edizione immediatamente seguente all’ultima puntata di Controluce, la storica trasmissione condotta da Michele Fazioli. Tornando a giovedì 20 marzo, all’audience televisiva va aggiunta la partecipazione sociale. L’esperimento ha fatto registrare il doppio di interazioni su Facebook, con quasi 20’000 visualizzazioni, nonché un numero di cinguettii su Twitter superiore alla media. Un altro successo. (Con la collaborazione di Lara Moro e Céline Hurst, RSI, dati tv Mediapulse).


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Cultura e Spettacoli

Il Camper della musica ticinese che attraversa l’Europa Musica Di nuovo premiata all’m4music di Zurigo l’etichetta luganese fondata da Aris Bassetti Zeno Gabaglio On the Camper ha colpito ancora. Lo scorso sabato – nell’ambito del festival m4music, il Festival pop del Percento culturale Migros, che si tiene a Zurigo e a Losanna – l’etichetta ticinese basata ad Agno è stata premiata per la terza volta in quattro anni tra le migliori etichette svizzere dell’ambito rock-indipendente. Un premio voluto dal Percento culturale Migros e complessivamente dotato di 120’000 franchi, che mai prima del 2010 era stato assegnato a delle realtà musicali della Svizzera italiana. È stato perciò inevitabile rivolgerci ad Aris Bassetti, fondatore dell’etichetta, per capire le ragioni di questo rinnovato successo che non è giunto inaspettato. «Sinceramente coltivavo la sensazione che l’etichetta avesse fatto cose interessanti negli ultimi due anni: per il numero e la qualità delle uscite e per una considerevole presenza concertistica, con più di 300 date su scala internazionale». Un’ottima visibilità anche commerciale, quindi, che però non sembra essere il principale criterio adottato dalla giuria del premio. «Nel corso degli anni mi sono accorto che i giurati di Zurigo tendono ad apprezzare le produzioni piccole, magari fatte a mano e con dedizione infinita. Dischi anche sperimentali, ma molto ben curati. Al centro del loro giudizio sta l’aspetto creativo di un’etichetta: come riesci a comunicare, come confezioni i prodotti e beninteso anche la loro qualità. Criteri che mal si sposerebbero con una label che fa dischi

La musicista Camilla Sparksss fa parte della scuderia di On the Camper Records.

in modo classico». Cosa vuol dire, che per amore di creatività la giuria sottostima chi invece si preoccupa semplicemente di vendere dischi? «Ovviamente no, perché nella qualità e nella forza di un’etichetta ci dev’essere un equilibrio tra i vari aspetti del produrre: un elenco fantasioso di pubblicazioni astruse senza riscontro presso il pubblico di sicuro non verrebbe premiato. Per essere etichetta ci vogliono comunque risultati concreti e un preciso posizionamento in un territorio o in una scena musicale».

Un altro degli elementi che la giuria del premio sembra apprezzare è la continuità, profilandosi quasi come un accompagnatore nella crescita delle etichette premiate nel corso degli anni. «Con i membri della giuria ci sono stati diversi scambi molto interessanti, con espliciti inviti a scoprire nuovi aspetti della produzione e del mercato musicale. E spesso queste discussioni sono avvenute lontano dall’m4music, in momenti aggregativi privilegiati come le sessions-stampa parallele al Paléo

Festival». Un dare che è però anche un ricevere, perché quest’anno gli organizzatori dell’m4music hanno chiesto ad Aris Bassetti di tenere un workshop attorno al tema dell’esportazione della musica svizzera. «Un tema ampio e per affrontarlo i musicisti devono chiarirsi la propria posizione: sei una band che vuole vivere di musica (e quindi sei obbligato a lavorare anche all’estero) o sei una band motivata, ma formata da persone che hanno anche un altro lavoro e quindi vogliono suonare all’estero solo 1-2 settimane all’anno o vuoi semplicemente toglierti lo sfizio di suonare una volta nella tua vita a Londra o a Berlino? Se le intenzioni sono quelle di spingere al massimo – cioè le intenzioni che ho avuto io con il mio gruppo Peter Kernel – si tratta di un investimento totale. Inizi suonando il più possibile anche in situazioni scomode e solo dopo diverso tempo raggiungi palchi prestigiosi e cachet accettabili. Ti devi impegnare ogni volta come se fosse il concerto della vita, bisogna parlare con tutti e mostrarsi disponibili malgrado la stanchezza, bisogna cercare di lasciare sempre un buon ricordo, e spesso capita – anche in serate apparentemente sbagliate – di venir notati e successivamente contattati sulla base del passaparola tra organizzatori e tra spettatori». La presenza concertistica costante, al di fuori della Svizzera, sembra quindi un sasso gettato nell’acqua: «i cerchi si allargano progressivamente, e solo così si può sperare di raggiungere obiettivi

Agenda da 31marzo al 6 aprile 2014 Eventi sostenuti dalla Cooperativa Migros Ticino 900presente Kraanerg, di Iannis Xenakis Palacongressi, Lugano Giovedì 3 aprile, ore 20.30 Jazz a Primavera Inside Evening Quartet Casa Cav. Pellanda, Biasca Sabato 5 aprile, ore 21.00 Per saperne di più su programmi, attività e concorsi del Percento Culturale Migros consultate anche Facebook percento-culturale.ch e

lontani ed importanti». Non ci sono però trucchi o sotterfugi, per evitare una così lunga gavetta? «Lo si potrebbe fare con un’ingente disponibilità di fondi, in modo da arruolare un team di persone che lavora per te quando ancora tu non sei nessuno. Però così non si arriverebbe a conoscere e comprendere in prima persona tutti gli aspetti del lavoro del musicista – cosa deve fare un manager, un fonico o un’agenzia – e si rimarrebbe bloccati in una condizione subalterna di dipendenza». E non a caso chi non fa così spesso vien chiamato «musicista indipendente». Annuncio pubblicitario

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Cultura e Spettacoli

Non ditelo ai grandi

Danza contemporanea e hip-hop a Verscio

Letteratura giovane Sguardi sulla 51ma Fiera del Libro per ragazzi di Bologna Piero Zanotto

Concorsi

La novità in assoluto che ha caratterizzato la 51ma Fiera del libro per ragazzi di Bologna conclusasi giovedì 27 marzo sta dietro allo slogan ufficiale «Non ditelo ai grandi». Si è giustamente parlato di rivoluzione. Una svolta dettata da un’esigenza profondamente sentita. Cioè l’apertura anche al bambino e al giovane adulto al «tempio» del libro (cartaceo e digitale) dislocato su duemila metri quadrati e in esclusiva a lui dedicato. In uno spazio particolare: il padiglione 33. Si sa. L’accesso vietato al lettore delle prime età (fino ai diciotto anni) non era per snobistica scelta. La Fiera doveva essere (e rimane in tutti gli altri spazi della cittadella bolognese) esclusivo evento a disposizione degli addetti ai lavori, gli editori del mondo cioè, quest’anno 1200 di settanta Paesi, Antartide compresa, assieme ad autori e alla pattuglia di illustratori, traduttori, stampatori, librai, insegnanti, bibliotecari, packager, per il necessario scambio e acquisto dei copyright. In una suddivisione a ventaglio sempre più ampia. Con luoghi operativi come il Centro Agenti Letterari, il Centro Traduttori, e divulgativi e dimostrativi quale è il frequentatissimo Caffè degli illustratori. Dunque «Non ditelo ai grandi», come il famoso saggio sulla letteratura infantile della scrittrice americana Premio Pulitzer, Alison Lurie. Una libreria internazionale aperta per una settimana all’interno del citato padiglione 33. Con un cuore costituito da una vastissima presenza di libri illustrati selezionati dalle giurie dei più importanti premi del mondo. Libri dedicati all’Arte, all’Astronomia, alle Scienze, al Cibo, alla Natura, allo Sport e altri temi, quali la Poesia, la Danza, la Musica, declinati via via negli incontri, nei laboratori, nei dibattiti giornalieri. E mostre come quella, per citare, dedicata ai cinquant’anni di Mafalda, la terribile ragazzina contestatrice del grande Quino, argentino. E l’altra dei disegni dei bambini internati nel ghetto di Terezin, a 60 km da Praga, tra il 1941 e l’8 maggio 1945 giorno della liberazione dei sopravvissuti: un lascito figurativo d’insieme che parla di sofferenze e speranze perdute. Percorso densissimo con incontri anche con la poesia illustrata grazie alla papirografa Clementina Mingozzi capace di far parlare la carta creando illustrazioni, sculture, spettacoli di microteatro. Un libro scelto a caso comunque

091/8217162 Orario per le telefonate: dalle 10.30 alle12.00

In scena Il collettivo

creativo Tanzwerk 101 è instancabile Giorgio Thoeni

Tutti i generi della narrativa sono stati presenti («parlati» in innumerevoli idiomi) dalle esposizioni in Fiera. Di particolare importanza, accanto alla fiction, le «storie vere». E se ne citano tre di avventurosa ambientazione bellica, destinate alla riflessione. In un paesino del Friuli Il volo dell’asso di picche di Chris Hill, italiano (Casa EL) quattro ragazzini nei giorni della Grande Guerra prendono il posto del pilota di un biplano da bombardamento rimasto ucciso per completare sul fronte

italiano una vittoriosa azione vissuta come la più bella avventura della loro vita. Su un alpeggio sopra il veneto Feltre si svolge L’estate di Giacomo di Luca Randazzo; l’undicenne Giacomo esperimenta l’esistenza e l’attività dei partigiani della seconda guerra mondiale. Infine Giorgio Perlasca, il padovano che tra il 1944 e il 1945 salvò in Ungheria dai nazisti migliaia di ebrei evitando poi di raccontare quella rischiosissima multipla operazione, è il protagonista del libro di Luca Codognato e Silvia Del Francia L’eroe invisibile. Sul versante dell’immaginario opposto, quello della fiaba moderna, la felice scoperta del nuovo libro del veneziano Tiziano Scarpa Laguna invidiosa (lo ricordiamo autore del delizioso Venezia è un pesce). La laguna cioè invidiosa della bellezza di Venezia da invaderla spesso d’insidiosa acqua alta. Fiaba scritta per Gallucci, accompagnata da un’appendice con la quale l’autore rivela al lettore giovanissimo i «segreti» della serpeggiante acqua dei rii veneziani.

Per poter assistere a piccoli ma preziosi esempi di spettacoli originali, nella nostra regione occorre uscire dalla logica delle grandi sale e dei loro cartelloni, munirsi di un pizzico di curiosità e spostarsi in periferia. Almeno per quanto riguarda la danza contemporanea. In attesa dell’arrivo degli spettacoli internazionali di «Steps» e per entrare in materia ecco una proposta che avrebbe meritato più attenzione. 6 ballerini, 4 coreografi, 2 stili di danza e 1’esperimento: sono queste le cifre messe in campo dal progetto «TSIBThe Space in Between» del collettivo creativo Tanzwerk 101 che, con il sostegno del Percento culturale Migros, dopo il debutto del 6 marzo scorso a Zurigo nell’ambito del festival «Zürich moves», ha iniziato una tournée che lo ha portato sul palco del Teatro Dimitri di Verscio. Dopo una selezione avvenuta nell’ottobre scorso fra 150 giovani provenienti da tutta Europa, per realizzare TSIB sono stati scelti 6 ballerini che per mesi hanno lavorato duramente per rispondere a due domande di fondo: qual è la distanza tra la danza contemporanea e la «urban dance» (hip-hop)? Esiste un confine fra le due forme espressive? L’impegnativo presupposto coreografico è così sfociato in uno spettacolo energetico e straordinario firmato dai tedeschi Jasmin Hauck e Jochen Heckmann, dalla svedese Cecilia Wretemark e dall’olandese Alida Dors. Per circa 2 ore di danza instancabile abbiamo assistito a tre tempi tematici: Rötter, As long as it lasts e Peacocks and other strange creatures, segmenti sui quali viene sviluppato il tema del movimento attorno a figure simboliche, dialoghi continui fra corpi sinuosi e armoniosi. Grazie alla musica (da Sigur Ròs al Kronos Quartet) dal ritmo incessante e a un costante gioco di squadra accanto a una buona dose di ironia ma, soprattutto, a una carica energetica impressionante, la serata ha messo in evidenza lo straordinario talento di Donna Chittick, Natalie Farkas, Nadine Sieber, Jonas Frey, Benjamin Jonsson e Joseph Simon.

Tra jazz e nuove musiche Rassegna di Rete Due Auditorio RSI, Lugano Lunedì 7 aprile, ore 21.00

Com.X Rassegna della comicità Teatro Sociale, Bellinzona Mercoledì 9 aprile, ore 20.45

Jazz a Primavera Rassegna di concerti jazz Casa Cav. Pellanda, Biasca Giovedì 10 aprile, ore 20.30

Jazz a Primavera Rassegna di concerti jazz Osteria Centrale, Olivone Domenica 13 aprile, ore 17.00

Medeski, Martin & Wood + Nels Cline

Recital, spettacolo antologico

Peter Schärli Trio feat. Glenn Ferris

Groovin’ Head

John Medeski, piano e tastiere Billy Martin, batteria e percussioni Chris Wood, contrabbasso Ospite: Nels Cline, chitarre.

Di e con Lella Costa. Uno spettacolo in cui l’attrice italiana ripercorre i numerosi momenti della propria carriera, ripescando monologhi di successo e mettendo a confronto l’attualità con il passato.

Peter Schärli, tromba Glenn Ferris, trombone Thomas Dürst, contrabbasso Hans-Peter Pfammatter, pianoforte

Daniel Macullo, chitarra elettrica Claudio Bodini, organo Hammond Marco Cuzzovaglia, batteria

www.rsi.ch/jazz

www.teatrosociale.ch

www.musibiasca.ch

www.musibiasca.ch

La copertina del nuovo libro di Tiziano Scarpa, dedicato alla laguna della sua città natale, Venezia.

meritatamente, è la rivisitazione del classico fiorentino passato di mano in mano a generazioni di lettori, protagonista Gian Burrasca, dovuto a Federico Maggioni, graphic designer d’eccellenza, dopo le sue incursioni a colpi di china di altri classici: Cuore, I promessi sposi, Il canto di Natale, Il Cavaliere inesistente… Ha chiuso il percorso un’area dedicata a Giochi e Giocattoli delle migliori proposte della produzione europea. Il Paese ospite di questo 2014 è stato il Brasile. Ha portato in Fiera una coloratissima mostra di disegni dei propri autori. Cui si è affiancata quella, tradizionale, delle illustrazioni di selezionatissimi artisti (75) tra gli oltre 3190 di 78 Paesi. Altra mostra ad allietare la vista, di importante valenza culturale oltre che artistica, è stata quella dedicata a Ugo Fontana. Titolo: The Lost Treasure. Disegni tratti dai 250 libri per bambini illustrati da Fontana prestati da vari archivi e collezioni private. Fabbri, Mondadori e Salani, con l’occasione hanno

ristampato con illustrazioni di Fontana La Bella Addormentata, Grandi Regine, Mondo bambino.

Il Paese ospite è stato il Brasile; molto spazio anche alla Grande Guerra e al disegno di autore

Regolamento Migros Ticino offre ai lettori biglietti gratuiti per le manifestazioni sopra menzionate.

Massimo due biglietti per economia domestica. La partecipazione è riservata a chi non ha beneficiato di vincite in occasione di analoghe promozioni nel corso degli scorsi mesi.

Biglietti in palio per gli eventi sostenuti dal Percento culturale di Migros Ticino

Per aggiudicarsi i biglietti basta telefonare martedì 1 aprile al numero sulla sinistra nell’orario indicato. Buona fortuna!


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Cultura e Spettacoli

La cosa interiore Anniversari Riflessioni attorno all’opera di Marguerite Duras nel centenario della nascita Daniele Bernardi Esiste una sorta di linea, formatasi di riflesso a quella della vita visibile, vivibile e riconoscibile, che si situa accanto allo scandire del tempo regolamentato dal succedersi degli eventi. Questa è ben più di un margine. Si tratta forse di una soglia che conduce in uno spazio altro, dove l’alto e il basso si confondono, così come i confini tra sé stessi e le immagini tendono ad una agognata vanificazione. La zona di cui si parla è quantomai simile allo spazio bianco che si trova tra le righe e le lettere di un testo scritto. In questo «altrove» hanno luogo eventi, lotte e scontri. Qui si suggellano alleanze e si consumano duelli che faticano a trovare un nome ed un luogo in quel reticolato di possibili connessioni che sono i segni del linguaggio comune. Su questo palcoscenico galleggiante, isolato dal mondo ed indissolubilmente ancorato ad esso, si svolge, tra le macerie e la rarefazione, il teatro della scrittura di Marguerite Duras (Saigon, 1914 – Parigi, 1996) – prolifica romanziera francese (nonché drammaturga e regista) di cui ricorre, in questi giorni, il centesimo anniversario della nascita. L’«altrove» è il terreno della scrittura dell’autrice che, con la sua prosa, ha portato avanti, nello sviluppo del proprio discorso narrativo, un indefesso lavoro di demolizione delle parti. I suoi romanzi, man mano che andavano formandosi, si presentavano (e si presentano) al lettore come la superficie di una spiaggia calpestata dal passaggio di un esercito di passi. Laggiù i contorni delle

Marguerite Duras a Cannes nel 1977. ( Keystone )

impronte, sparse sulla sabbia, si sovrappongono confondendosi. Le tracce degli attraversamenti dei personaggi sono i veri protagonisti delle vicende di cui, al lettore, non resta altro, come direbbe Thomas S. Eliot, che «Un mucchio di immagini frante». Il rumore di fondo, quello del mare così come quello della città nascosta dietro al legno delle persiane, si presenta insistentemente sulla carta con la stessa consistenza delle forme accennate dei corpi. Scrittrice fortemente autobiografica, Marguerite Duras ha saputo indicare al lettore il luogo fantasmatico che si rivela al soggetto nell’istante dell’incontro. Con i suoi romanzi la presenza di una estraneità, figlia di quell’intersecarsi di ombre che si manifesta quando si entra in contatto con l’altro, si palesa come un dato di fatto indiscutibile

– come un assioma da cui si dispiegano le geometrie che costituiscono lo scheletro delle dinamiche affettive tra gli esseri. Sia che ci narri della relazione amorosa tra «la bambina» e «il Cinese» (evento da lei vissuto quando era ancora una fanciulla e riportato nei romanzi L’amante, libro con cui vinse il prestigiosissimo Prix Goncourt nel 1984, e L’amante della Cina del Nord) o di quella tra l’Io narrante femminile e il giovane omosessuale di Occhi blu capelli neri (1986) e de La malattia della morte (1980), ritroviamo sempre, alternatamente, gli stessi denominatori a fare da perno attorno a cui ruota l’articolarsi dei racconti. Tra questi l’amore vissuto «in un modo spaventoso», la comunicazione fallita, l’impossibilità di congiunzione tra i sessi, l’ombra

dell’«altra donna (…), quella di tutti gli amori» e, infine, quella «cosa interiore» che la Duras stessa chiama, in uno dei sopracitati romanzi, «il luogo del godimento». Leggendo le sue pagine, ben presto ci rendiamo conto che, ovviamente, non sono semplici o banali «storie d’amore» quelle che la scrittrice imbastisce. Vi è in esse, costantemente, una dimensione di eccedenza che ci conduce oltre i bordi che delimitano il vivere quotidiano. Spalancando le porte che si affacciano sulle stanze buie della coppia, mettendo a fuoco con l’occhio di un microscopio i bordi smangiati degli incastri che non cessano di non coincidere, ecco che qualcosa di ignoto può parlarci della misteriosa natura del nostro desiderio, spesso folle, e del limite contro cui esso si scontra al momento del confronto. «Non sappiamo niente, né voi né io» dice la protagonista di Occhi blu capelli neri, «Ciò che sappiamo, è che questa differenza, questo impedimento che voi provate per me sta a nascondere qualcosa che si riferisce alla vita» (o alla natura della vita, verrebbe da aggiungere). «Non si è nessuno nella vita vissuta» aveva detto una volta Marguerite Duras «si è qualcuno dentro ai libri». E in questo senso la scrittura, forse, è il perimetro dell’«altrove» per eccellenza – l’orizzonte mai veramente raggiungibile, che costantemente si sposta di fronte agli occhi del poeta, quando questi inseguono il rivolo della grafia che si dirama sulla carta col movimento sussultorio di una formica in corsa. La cosiddetta «bambina», dal volto ce-

reo e non ancora rigato dalle «fenditure profonde», non lo ignorava: «quello che voglio, è scrivere» dice a sua madre ne L’amante. E lo dice posseduta da un sentimento di attesa, come fosse spiritualmente proiettata verso una promessa – come se sapesse che ci sarà una stagione e una dimora per quell’atto, che ora riesce solo ad intravedere in lontananza. La letteratura è la pratica con cui l’autore crea uno spazio in cui la propria «cosa interiore» può manifestarsi in quanto forma, lasciando un resto di sé sulla pagina. Questo residuo è la carne di cui sono fatti i simboli e, soprattutto, la poesia – che, come scriveva il poeta Octavio Paz, si distanzia dalla «violenza del senso» lasciando emergere «il lato materico del linguaggio». L’azione artistica della Duras, come quella di molti grandi del ’900, si situa proprio in queste scollature che si formano tra la fisicità della parola e i suoi significati. Attraversando queste insenature e i limbi sessuali sospesi nell’etere inebriante del tempo morto, la scrittrice sapeva di poter raggiungere l’apertura che l’avrebbe portata ad un interlocutore unicamente grazie al modellarsi della scrittura – gesto che testimonia, oltre la finitezza, il tragitto nel labirinto. «“Un giorno moriremo.”» scrisse ne L’amante della Cina del Nord (1991), uno dei suoi ultimi libri, «“Sì. E l’amore sarà nella bara insieme ai corpi.” “Sì. E ci saranno i libri fuori dalla bara.” “Forse. Per ora non possiamo saperlo.” (…) “Sì, lo sappiamo. Ci saranno i libri, lo sappiamo.” Non è possibile che sia diversamente». Annuncio pubblicitario

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Cultura e Spettacoli Rubriche

In fin della fiera di Bruno Gambarotta Le improvvisazioni di Celentano I ricordi sono come le ciliegie, uno attira l’altro, anche quelli occasionati dai festeggiamenti per i 60 anni della televisione italiana. Mi sia consentito rievocare dal mio punto di vista l’avventura del «Fantastico ’87», affidato, per la conduzione e la direzione artistica, ad Adriano Celentano, dopo che Pippo Baudo e molti altri erano passati alla Fininvest. Avevo tra gli altri l’incarico di spiegare a Celentano il meccanismo dei due giochi dello sponsor. Il primo, legato a un fustino di detersivo, era semplice. Il secondo era più complicato: si trattava di ritagliare le prove d’acquisto di tre tipi diversi della marca di un caffè, incollarle su una cartolina postale e spedirle. Adriano non aveva né voglia né tempo di star dietro a questi dettagli. Nel corso della prima puntata, andata in onda il 3 ottobre 1987, la spiegazione del gioco del caffè non soddisfa lo sponsor. Durante le prove della seconda puntata Adriano mi dice: «Al momento del caffè ti chiamo in scena e ti faccio spie-

gare il regolamento». Nasce per caso una coppia, lui l’artista fuori da ogni regola, io l’austero e grigio funzionario sabaudo che cerca di tenerlo a bada. Gli ascolti salivano al momento del gioco, lo sponsor era felice e Adriano ancora di più. Di fatto il metodo di lavoro di Adriano, confrontato con quello consolidato, era rivoluzionario. Per ogni puntata era previsto come ospite un cantante straniero; il programma andava in onda il sabato e il suo nome ci veniva comunicato solo il lunedì. In preparazione di una delle prime puntate, ci comunicano che gli ospiti musicali del sabato successivo sarebbero stati i Bee Gees. Adriano li conosceva, sapeva che erano fratelli e che avevano realizzato la colonna sonora del film La febbre del sabato sera. Per un aggiornamento, la ragazza che in redazione si occupava della musica leggera preparò un dossier con le fotocopie degli ultimi articoli e delle interviste riguardanti i Bee Gees. Il dossier era pronto il martedì mattina e io lo portai alla riunione

tre ore e che andava ad aggiungersi ad un’infinità di problemi, di raccomandazioni e di preoccupazioni. Arriva la sera e tutto procede secondo il solito rituale: Adriano scende da Monte Mario col costume di scena quando già stanno scorrendo i titoli di testa e tutti insieme si parte per un’altra puntata. Al momento previsto dalla scaletta entrano in scena i Bee Gees. Mentre cantano Adriano è in piedi, sul lato sinistro del palcoscenico, ovviamente non inquadrato dalle telecamere. Io, come sempre, gli sto vicino. Mi chiede: «Dimmi in fretta qualcosa su di loro». Dal che deduco che non ha fatto in tempo a leggere neanche le dieci righe. «Beh», faccio io, «sono insieme da venticinque anni e finora hanno prodotto venticinque ellepi». Adriano è pronto a dedurre: «Uno all’anno». «In media», integro io. «Come si intitola il loro ultimo disco?» «ESP» «Cosa significa già ESP?» «Esperienze extrasensoriali!». «Che sarebbero esattamente?». Intanto i tre canterini

hanno terminato la loro esibizione e l’assistente di studio fa disperati cenni ad Adriano perché si decida ad andarli ad intervistare. Io gli dico: «Beh, le esperienze extrasensoriali sono tutte quelle cose che hanno a che fare con il paranormale, per esempio la telepatia, lo spostamento di oggetti a distanza...». «Va bene, ho capito», tronca lui e si avvia verso il luogo dell’intervista con la sua caratteristica andatura da felino che esplora soddisfatto i confini del suo territorio. Dai movimenti labiali deduco che ripete: «Esp, esp, esp». Arriva vicino ai Bee Gees, li guarda bene bene in silenzio, tutti tratteniamo il fiato, poi compie un gesto per lui abituale, cioè saggia con le dita la stoffa del colletto di quello più vicino a lui. Poi emette un mugolìo di piacere; evidentemente la qualità della stoffa ha incontrato la sua soddisfazione. Finalmente, dopo quella che a tutti è sembrata un’eternità, apre la bocca e domanda: «Com’è già che si intitola il vostro ultimo ellepi?».

toys, locali, non ditemi che non sapete dove e come, se non praticate sesso a ritmo serrato è che non lo volete, ditelo una volta per tutte, non è che manchino occasioni. Le madri e i padri che si sono emancipati negli anni Sessanta e Settanta spingono figli e figlie: allora, l’hai fatto? Che cosa aspetti? Devi provare tante esperienze, perché sei ancora insieme alla stessa ragazza da tre anni? Ma, come tutte le cose, se non hanno in sé un pizzico di proibito, anche solo di lungamente atteso, di misterioso, di faticoso da raggiungere, non danno vera soddisfazione, annoiano presto. Il gusto di una birra gelata al termine di una camminata sotto il sole non è quello della lattina aperta davanti alla televisione, è diverso, è tutta un’altra cosa. Ecco allora ripresentarsi dal salotto televisivo le ragioni di una nuova castità. Non quella virtuosa, delle anime dedicate a Dio, agli altri, a ideali

che non consentono distrazioni. Ma quella controllata dal pubblico, esibita o vergognosamente tradita, sempre in pubblico. Cerchi l’anima gemella, la cerchi in un programma televisivo, diventi popolare nelle case dei colleghi e dei vicini, paghi un prezzo. A mio parere altissimo, non tanto evidentemente per i non pochi che si prestano al gioco: il prezzo è essere controllato in tutte le espressioni affettive dal più severo dei controllori, quel surrogato della vox populi che è il pubblico televisivo. A lui dovrai rendere conto di tradimenti e bugie, come anche dello sbocciar di simpatie e passioni. Non sarà la tua coscienza, né il tuo partner, a giudicare del bene e del male del tuo agire, saranno i nuovi sacerdoti del «vero», la signora De Filippi (ineguagliata maestra del sottotono, dell’ufficiante che mette in scena il sacrificio lasciandolo protagonista) e i suoi accoliti, non

sempre all’altezza, spesso in odore di presenza obbligatoria per ricambiare antichi favori. Loro veglieranno sulla tua lealtà, aiutati dalla voce del popolo che da sempre non attende altro che ricoprire il quasi-famoso di sospetti: è stato visto con donna estranea alla trasmissione, ma era sua cugina, sì ma si baciavano, già ma in che modo ché anche le cugine si baciano, per arrivare infine alla parola di uno o una contro quella di un altro o altra. Facebook, Twitter, i più avanzati social network diventano allora nemmeno una finestra sul cortile, diventano il cortile, che in siciliano (curtigghiu) significa da solo «pettegolezzo». Passerà il mondo ma il pettegolo rinchiuso anche nel più mansueto spettatore non imparerà a tacere, a ergersi giudice della castità altrui, come le invidiose vecchiette di una volta, sedute a prendere il fresco, in cortile.

riesce a fare molto meglio. Manuzio muore nel 1515 con soli 150 titoli prodotti in vent’anni: pochi ma ottimi. Saltiamo un secolo e prendiamo il Chisciotte di Cervantes: data d’uscita 1605, tiratura 1500 (oggi ne abbiamo solo 28 copie). Nel giro di pochi anni si impenna e scala le classifiche (che allora per fortuna non c’erano): 12’500 copie vendute e traduzioni in mezzo mondo. I Sonetti di Shakespeare non avranno la stessa fortuna, se è vero che verranno venduti solo in 2 librerie di Londra: oggi ne sopravvivono 13 esemplari. Il Sidereus Nuncius, un agile saggetto di Galileo Galilei uscito nel 1610, nel giro di una settimana va esaurito in tutte le sue 550 copie. Numeri. Il prezzo più alto mai pagato per un libro a stampa? 14,2 milioni di dollari incassati da Sotheby’s di New York per un fascicoletto di inni religiosi prodotto negli Stati Uniti nel 1640 da un certo Stephen Daye, originario del Surrey (delle 1500 copie tirate ne restano solo 3 e se il valore è quello di una palazzina nel centro di

Parigi, fortunato chi ce le ha). Per non dire dell’Encyclopedie di Diderot e D’Alembert, uscita in 17 volumi. Ebbene, le 4000 copie tirate garantiscono un ricavato doppio rispetto all’investimento totale: Kerbaker avverte che il prezzo di copertina arriva a toccare le 1000 livres, l’equivalente di 5 stipendi annuali di un operaio dell’epoca. La storia del grande Giambattista Bodoni merita un capitolo a sé. Basti dire che il suo principio inderogabile è: «regolarità, nettezza, buon gusto e grazia». Tirature basse: 150 copie, ma livello artigianale eccelso, mai eguagliato da nessuno. Altri numeri. 3 casi clamorosi di scrittori che hanno rifiutato premi e riconoscimenti. Sartre nel 1964 rinuncia al Nobel «per ragioni del tutto personali e per ragioni più obiettive…»; Calvino nel 1969 con un telegramma respinge al mittente il Viareggio, considerando «definitivamente chiusa epoca premi letterari»; Tommaso Landolfi nel 1975 non ritira il Bagutta con un telegramma di tre parole: «Deploro mia assenza».

Rifiuti di segno opposto sono quelli subìti dagli scrittori: è noto che André Gide respinge per Gallimard il primo volume della Recherche di Proust. Mal gliene incolse. Ma a Joyce è andata anche peggio: il suo Dubliners fu respinto da 22 editori prima di essere pubblicato da Grant Richards, che ne vendette 379 copie, 120 delle quali all’autore. La casistica degli incidenti editoriali è lunghissima. Per Kerbaker è quasi matematico: la qualità dei libri è inversamente proporzionale alle vendite. Un po’ esagerato, ma Vanni Scheiwiller doveva condividere questo principio merceologico se i suoi «tascinabili» non oltrepassavano quasi mai le 500 copie. È pur vero, d’altra parte, che Il porto sepolto di Ungaretti uscì nel 1916 in 80 esemplari, la nuova edizione del ’23 in 500 esemplari. Come è vero che in vent’anni, tra il ’25 e il ’45, la prima raccolta poetica di Montale, Ossi di seppia, ha venduto non più di 5000 copie. Poche ma buone. Il contrario di quel che in genere accade oggi: pessime, ma tante.

in cui veniva illustrata la scaletta del programma ai tecnici dello studio. Quando Adriano vide il dossier mi disse subito : «Non avrò mai il tempo per leggerlo. Leggilo tu e riassumi tutto in una pagina». Detto fatto. Il mercoledì a mezzogiorno la paginetta era pronta e nel pomeriggio veniva consegnata ad Adriano. Giovedì e venerdì passano come sempre in un lampo. Al sabato pomeriggio, all’inizio della prova generale, Adriano mi fa: «Dimmi qualcosa dei Bee Gees». Io: «Non hai letto la mia paginetta?». «No, fai una cosa, scrivimi non più di dieci righe con le cose essenziali, tipo da quanti anni suonano». Al termine della prova generale, verso le 17, quando Adriano tornava in albergo per prepararsi alla trasmissione, gli consegnai anche il foglietto con le dieci righe sui Bee Gees. Per avere un quadro realistico della situazione bisogna aggiungere che il foglietto con le notizie sui Bee Gees riguardava un piccolissimo dettaglio di un programma che durava

Postille filosofiche di Maria Bettetini Per una nuova virtù Il tema del peccato è sempre interessante. Non tanto per l’atto in sé, quanto per quella sottile mutazione che nel tempo cambia, o anche capovolge, il senso del peccato. Sia chiaro, nessuna divagazione religiosa, qui si sta trattando del peccato per come viene visto esternamente, non entriamo nelle scelte della coscienza, dove nessuno ha diritto di giudicare. Altre volte abbiamo trattato dei «nuovi peccati»: la colpa di mangiare carne, di fumare, di essere cicciottelli, di non prendersi cura del corpo. Sarebbero di per sé azioni eticamente indifferenti, e certo tali sono state considerate per secoli in molte culture, ma le cose cambiano. Così se le belle e i buoni di Hollywood fumavano a tutte le ore del giorno e della notte (in Gilda, per esempio, il film del 1946, non si capisce come facciano a mantenere l’aria degli studios trasparente e a non bruciarsi i vestiti, fumano tutti e

sempre), nel Padrino 3 del 1990 il fumatore compulsivo è il vescovo corrotto, nei film dopo il 2000 è più facile vedere buoni e cattivi alle prese con una striscia di cocaina piuttosto che con una sigaretta. A partire da Uma Thurman: in Pulp Fiction scambia eroina con cocaina, viene salvata con un’iniezione di adrenalina da quel pasticcione di un John Travolta fresco di gran ritorno sugli schermi, sdoganato dal twist appena ballato con lei, Mia, la moglie del boss. Poi c’è il tema della sessualità. Esposta, esibita, chiacchierata. Nel 1975 scriveva Pasolini che «oggi la libertà sessuale della maggioranza è in realtà una convenzione, un obbligo, un dovere sociale, un’ansia sociale, una caratteristica irrinunciabile della qualità di vita del consumatore». Del «consumatore»: dopo quaranta anni il consumo è orientato, come in tutto, alla grande distribuzione: siti, corpi, immagini,

Voti d’aria di Paolo Di Stefano Editoria a basso volume Si può fare una storia numerica dell’editoria? Si può provare. Per esempio tirando fuori, qua e là, alcune delle tantissime cifre che Andrea Kerbaker cita nella sua affascinante Breve storia del libro (a modo mio), appena uscito per Ponte alle Grazie, dove quell’«a modo mio» è fondamentale. In realtà, il titolo potrebbe anche essere: Autobiografia dei miei libri, o qualcosa del genere, perché Kerbaker continua a mettersi in gioco come accanito bibliofilo, compratore alle aste, cacciatore di rarità nei negozi di mezzo mondo. Numeri. L’impresa economica dello stampatore Gutenberg è piuttosto fallimentare: nei primi tre anni di attività non entra in cassa neanche un fiorino. Le 180 copie della sua Bibbia non gli evitano la chiusura della bottega. Nella seconda metà del Quattrocento l’arte tipografica si diffonde rapidamente: 30 mila titoli stampati per 200 copie di tiratura media significa che circolavano in Europa circa sei milioni di volumi. Non male. Le città che stampano più di

500 titoli fino al 1500, alla media di dieci l’anno, sono soltanto 14: 5 si trovano in Germania (Augusta, Colonia, Lipsia, Norimberga e Strasburgo, allora tedesca), altrettante in Italia (Bologna, Firenze, Milano, Roma, Venezia), 2 in Francia (Parigi e Lione), 1 in Svizzera (Basilea) e in Olanda (Deventer). Numeri. Restiamo nel primo secolo della stampa. Nel 1483 esce L’Orlando innamorato di Boiardo: tiratura 228 copie, oggi tutte perdute. Il libro ha un successo imprevisto e viene ristampato più volte: nel 1495 escono due edizioni, la seconda delle quali sforna 1250 esemplari (uno solo è sopravvissuto). Delle altre uscite non si sa nulla, ma il poema piace tantissimo e viene letto avidamente raggiungendo numeri ancora oggi invidiabili. Gutenberg ha inventato la stampa mettendoci la tecnica, il veneziano Aldo Manuzio ha aggiunto l’eleganza. Ogni aldina raggiunge almeno 1000 copie, a volte anche il doppio: numeri pazzeschi. Tutto il marketing dei nostri giorni non


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shopping Le colombe… che fanno primavera Attualità Gusto e sofficità tutti ticinesi

Colomba Poncini 500 g Fr. 19.–, Colomba Buletti 500 g Fr. 18.– /1 kg Fr. 33.– In vendita in tutti i supermercati di Migros Ticino.

Prodotti locali a km zero, realizzati con tanta passione e professionalità. Queste le peculiarità delle colombe firmate dalle pasticcerie artigianali Buletti di Airolo e Poncini di Maggia. La colomba nasce a Milano negli anni 30 come sistema per ottimizzare l’uso di macchinari e sfruttare l’impasto base del panettone, aumentando così la resa produttiva su tutto l’arco dell’anno. Ma non lasciatevi ingannare, la differenza tra i due prodotti lievitati è spiccata. Niente uvette nell’impasto della colomba, solo canditi e soprattutto una quantità maggiore di burro arricchiscono questa specialità, che richiede maggior impegno nella lavorazione rispetto al panettone. Tempi e temperatura di lievitazione sono rigorosamente controllati in modo da ottenere un prodotto finale soffice, fragrante e ben sviluppato, che si distingue dal dolce natalizio per delicatezza e finezza. I fratelli Buletti e Luca Poncini lo sanno bene. Per produrre la loro colomba

usano solo ingredienti di altissima qualità – assaggiati e selezionati personalmente – tra i quali spiccano il lievito naturale e un’alta percentuale di burro genuino e tuorli d’uovo. Come resistere al dolce richiamo di questi prodotti assolutamente privi di additivi e conservanti? La glassa alle mandorle, croccante sul morbido impasto, stuzzica le papille gustative ed è difficile non cedere al suo fascino. Ma quali sono i segreti per gustare appieno queste specialità? Prima di tutto la conservazione in un luogo asciutto, fresco – sotto i 20 gradi centigradi è l’ideale – e al riparo dalla luce. Lasciare la colomba una mezz’ora prima del consumo a temperatura ambiente rende il bouquet di aromi più intenso e più saporito. Questo dolce solitamente consumato nel giorno di Pasqua può essere accompagnato da un buon vino dolce nel quale, perché no, si può inzuppare anche una fetta di ala! / Luisa Jane Rusconi; foto Flavia Leuenberger

Luca Poncini di Maggia.

Bruno Buletti di Airolo.


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Merluzzo, baccalà e stoccafisso Attualità Un pesce saporito molto diffuso anche nel nostro cantone ideale per preparare un’infinità di ricette.

Ce ne propone una particolarmente appetitosa lo chef Antonio Batista del Ristorante Ticino di Rivera

Trancio di merluzzo alle cipolle brasate Piatto per 4 persone

La popolarità del baccalà o stoccafisso si deve nientemeno che alle regole stabilite con il Concilio di Trento (15431563), che rese rigorosamente obbligatorie astinenze e digiuni nei giorni di magro e nel periodo quaresimale. Ricette classiche e creative hanno permesso di mettere in luce le grandi possibilità gastronomiche di questo pesce che ha tradizioni nel nostro cantone e non solo, basti pensare che in Portogallo troviamo 366 modi per cucinare il baccalà, compreso quello per l’anno bisestile. Il baccalà e stoccafisso sono entrambi derivati dal merluzzo, la differenza sta nel «come» questo è con-

servato. La lavorazione è uguale per entrambi, il merluzzo infatti viene pulito privandolo delle interiora e della testa. Dopo un lavaggio la lavorazione si differenzia. Il baccalà è il merluzzo diliscato e messo sotto strati di sale per ca. 3 settimane; per ottenere lo stoccafisso, invece, i merluzzi vengono legati a due a due e appesi a speciali rastrelliere ed essiccati all’aria aperta per ca. 3 mesi, secondo una tecnica originaria delle isole Lofoten (Norvegia). La denominazione stoccafisso deriva dal termine «Stockfisch» (pesce bastone) ed è facile intuire il perché. / Davide Comoli

Ingredienti 1 kg di filetto di merluzzo secco* (per dissalare il pesce lasciarlo in ammollo in acqua fredda 48 ore prima della preparazione, cambiando l’acqua 3 volte al giorno) 0,5 kg di peperoni tricolori 2 cipolle 0,6 kg di patate piccole 1dl di olio d’oliva 3 dl di vino bianco 50 g di farina Olive nere col nocciolo

Preparazione Disporre le patate e i peperoni previamente lavati in una teglia, informare a 200 gradi per circa 30 minuti, pelare i peperoni ed eliminare i semini. Dividerli in quattro, mantenendoli in caldo. Pelare le cipolle, tagliarle e rosolarle per circa 10 minuto in olio d’oliva, sfumare con 1dl di vino bianco

Antonio Batista, chef del Ristorante Ticino di Rivera. (Flavia Leuenberger)

e lasciar ridurre. Riscaldare una padella antiaderente con olio d’oliva, infarinare i tranci di merluzzo e dorarli per circa 10 minuti per parte. Aggiungere le cipolle preparate in precedenza e le olive. Bagnare col resto del vino bianco e continuare la cottura a fuoco lento per circa 15 minuti con il coperchio. Con un panno da cucina pulito avvolgere le patate una per volta e schiacciarle fino ad ottenere l’effetto di una patata al cartoccio. Disporre le patate al centro del piatto lasciando un po’ di spazio per i peperoni. Adagiarvi sopra il trancio di merluzzo, le cipolle e sistemare alcune olive attorno, aggiungendo alla fine un filo d’olio d’oliva.

Tempo di preparazione circa 30 minuti

*In vendita nei reparti pesce di Migros Ticino.


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L’evento è servito

Attualità Grazie al Party-Service di Migros Ticino la vostra festa più importante resterà negli annali

Informazioni Party-Service

Per richieste di informazioni, consigli utili, ordinazioni relative a catering per matrimoni, battesimi, cresime od ogni altro tipo di evento potete rivolgervi ai Ristoranti Migros oppure contattare il numero 0848 848 018; e-mail: party-service@migrosticino.ch o ancora visitare il sito www.migrosticino.ch/ party-service. Ricordiamo che torte nuziali, confetti e bomboniere sono disponibili anche nei supermercati Migros con banco pasticceria. Reparto Fiori

Il Party-Service di Migros Ticino è al vostro fianco per coccolarvi in occasione dei momenti più belli della vostra vita. Siamo in grado di occuparci dalla A alla Z di matrimoni, battesimi, cresime, comunioni, anniversari o qualsiasi altro tipo di avvenimento, il tutto con professionalità, qualità,

convenienza e varietà culinaria. Oltre all’incredibile – autentico fiore all’occhiello del Party-Service – proposta gastronomica fresca e stagionale composta da aperitivi, finger food, piatti forti e dessert, possiamo prenderci cura della parte organizzativa: dalla messa a disposizione di

Festival degli asparagi Da oggi e fino a sabato 5 aprile gli asparagi saranno agli onori nei cinque Ristoranti Migros del cantone. Ogni giorno gli chef vi proporranno infatti irresistibili menu completi a base di questo delicato ortaggio primaverile dalle tante virtù e proprietà nutrizionali. Da non dimenticare anche le numerose altre proposte quotidiane disponibili nel buffet servisol freddo oppure caldo e in quello dedicato agli amanti della pasta. I menu preparati sul momento dai nostri cuochi sono i seguenti: Lunedì 31 marzo Roastbeef con asparagi e patate Martedì 1 aprile Filetto di manzo su letto d’asparagi Mercoledì 2 aprile Scaloppina di vitello con vellutata di asparagi Giovedì 3 aprile Lombatina di agnello con asparagi e salsa alle erbette Venerdì 4 aprile Trancio di salmone agli asparagi Sabato 5 aprile Vol-au-vent con asparagi e gamberi

personale specializzato per il servizio alla scelta del mobilio; dai fiori (vedi box) alle decorazioni per chiesa, auto e sala banchetto e, infine, persino agli inviti per gli ospiti. Contattateci, sarà per noi un piacere offrirvi un servizio personalizzato secondo le vostre esigenze!

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Pomodori Marinda, primizie di Sicilia Attualità Consumati crudi o cotti, soddisfano per il loro colore sia la vista sia il palato dei consumatori più esigenti

Si ritiene che il pomodoro Marinda (del tipo Marmande) provenga dalla Francia e la sua diffusione sia iniziata nell’Ottocento quando, a causa di un’epidemia, i coltivatori decisero di abbandonare la vite per convertirsi al pomodoro. Venne in seguito selezionato e perfezionato dagli italiani, che furono i primi ad utilizzarlo come alimento, grazie al sole della Sicilia e a zone, ricche di sale, dove è tuttora coltivato: tra Portopalo di Capo Passero, Noto, Ispica e Pachino (Siracusa). Quest’ultima regione oggi ne vanta la paternità geografica. Dagli inizi degli anni 90 il Marinda ha trovato una sua nicchia di mercato, diventando ben presto una primizia. È impossibile non riconoscerlo: di dimensione medio-grossa e appiattita, le sue costolature sono molto evidenti. Il sole della

Sicilia lo ha reso ancora migliore nel tempo: ha una polpa spessa, croccante, poco acquosa, ma al gusto è saporita e possiede un alto tasso di zuccheri. Il suo attraente colore rosso-verde e la «spalla» scura, che sembra pennellata da un artista, lo rendono unico nel suo genere e prezioso per il nostro organismo, essendo ricco di vitamine e altri elementi nutritivi, privo di grassi e dal basso apporto calorico. È un prodotto che trova sempre più consenso tra quei consumatori attenti che ricercano il sapore di un tempo. Essendo disponibile solo stagionalmente, lo trovate ora nei maggiori negozi Migros in una confezione da 300 g, pronto per essere consumato di preferenza crudo in insalata. Ma anche cotto per il sugo o ripieno sa dare il meglio di sé. / Marco Jeitziner

Lo sapevate che…? I formaggi «Val d’Arve» premiano!

In primavera la carne di capretto raggiunge il vertice della sua bontà, saporosa e ricca di aromi. Preparato al forno, alla griglia o allo spiedo con l’aggiunta di erbette aromatiche fresche – p. es. rosmarino, alloro e aglio –, il capretto è per molti l’imprescindibile specialità del banchetto pasquale. Il capretto ideale (quello da latte) pesa tra i 6 e i 9 kg, la sua carne è tanto più

delicata quanto più di colore rosa chiaro, tendente al bianco. Se il rosa è accentuato significa che il capretto è stato alimentato con erba e il sapore diventa più marcato. Il capretto possiede una carne particolarmente magra e a basso tenore di colesterolo. Affinché possa mantenere tutta la sua tenerezza e il suo sapore, è consigliabile cuocere la carne di capretto molto lentamente.

caseificio «Val d’Arve» situato a Planles-Ouates nel canton Ginevra. Fra le migliaia di tagliandi pervenutici, la dea bendata ha favorito il signor Fabio Braguglia di Gordevio che potrà godersi un magnifico soggiorno presso il Wellnesshotel Grichting & Badnerhof ****

di Leukerbad. Complimenti! Nella foto: da sinistra Floriano Torino (Responsabile marketing prodotti caseari di Migros Ticino), Fabio Braguglia con la compagna e Charly Pouly (Capo vendita nazionale di LaitenesRéunies).

Giovanni Barberis

Si è svolta negli scorsi giorni la consegna del premio unico relativa al concorso organizzato lo scorso mese di febbraio in collaborazione con l’azienda Laitenes-Réunies – Genève, fornitrice dei rinomati «Tomme Val d’Arve», formaggi a pasta molle prodotti nel


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Idee e acquisti per la settimana

Il Centro S. Antonino vi invita per il 4° slowUp Ticino Eventi C n l d m h b ` 5 ` o q h k d h q h r s n q ` m s h c d k B d m s q n r ` q ` m m n ` o d q s h c ` k k d 8 - 2 / ` k k d 0 6 - 2 /

Mancano pochi giorni all’appuns` l d m sn b n m k` p t ` q s` d c hy hn m d c h «slowUp Ticino» (vedi anche a pagina 0 6 c h p t d r s n m t l d q n c h @ y hn m d ( - L hgliaia di appassionati delle passeggiate in bicicletta, a piedi o con i pattini a rotelle sono pronti a ritrovarsi sulle strade del Piano di Magadino per quello che sta diventando un classico apo t m s ` l d m s n o q h l ` u d q h k d - K &n r o h s d o h ÿ atteso sarà anche quest’anno il sole: se la giornata di domenica prossima 6 aprile godrà dei favori della meteo, la l ` m h e d r s ` y h n m d + ` o o q n 3 s s ` m c n c d k k &d b b d y hn m ` kd b g ht r t q ` ` k s q ` - b n l n sn q hy y ` s n 'c ` kkd 0 / -/ / ` kkd 0 6 -/ / ( c h a d m 4 / j l c h r s q ` c d r t k k &` r r d K n b ` q m n A d k khm y n m ` + o n s q é o d q l d s s d q d ` l hf kh` h` di persone di tutte le età di praticare c d k r ` m n l n u h l d m s n ` k k &` q h ` ` o d q s ` - Migros e SportXX Migros sostengono attivamente il progetto slowUp a livelk n m ` y h n m ` k d - K &d u d m s n o d q l d s s d h m e ` s s h di promuovere anche alcuni aspetti hl o n q s` m s h c d k o q n f d s sn F d m d q ` y hn m d M», il programma di sostenibilità di L hf q n r - Ó r s ` s ` p t d r s ` u hr hn m d b n l t m d a favorire la decisione di confermare ` kk` l ` m hed r s` y hn m d t m n r o n m r n q hm f 3 m n ` k 1 / 0 6 - @ m b g d p t d r s &` m m n h k B d m s q n L hf q n r R - @ m s n m hm n q ` o o q d r d m s d q é un punto strategico durante tutta la f hn q m ` s ` - H m d * d s s h+ o d q h l n ks h o ` q s d cipanti che giungeranno dal Sottoceneri e dalle Valli, il centro fungerà da ideale «porta d’entrata» al percorso di r kn v T o S hb hm n - C ` kkd n q d 8 -2 / r ` q é garantito l’accesso all’ampio parcheggio, ciò che permetterà di prepararsi con tutta calma ad inforcare le bici-

b kd s s d + b ` ky ` q d h o ` s s hm h ` q n s d kkd n o hÿ semplicemente incamminarsi lungo hk s q ` b b h` s n hm c hq d y hn m d c h B ` c d m ` y y n + Gudo e lì scegliere se dirigersi verso il k n b ` q m d r d n q h r ` k h q d h m c h q d y h n m d c h F h t a h` r b n kt m f n k` r s q ` c ` c d kk` f n kd m ` - R h` hk Q hr sn q ` m sd L hf q n r b g d hk A ` q B ` * ð Spettacolo saranno aperti dalle ore 8 -2 / 9 t m ` o ` t r ` b ` * ð n t m ` a d kk` b n k` y hn m d o d q l d s sd q ` m m n c h hm hy h` q d ` m b n q ` o hÿ o h ` b d u n k l d m s d k` f hn q m ` s ` - C ` k kd 0 / -/ / ` u q ` m m n hm hy hn kd ` m hl ` y hn m h o q d r r n hk u hkk` f f hn c h r kn v T o b g d o h` y y d q é k d r t d s d m c d m d k o ` q b n c d k B d m s q n R - @ m s n m hm n - K ` y n m ` E ` l hf q n r + g ` l n ks n c ` n * q hq d ` kkd e ` l hf khd 9 l d m s q d h o hÿ piccoli si potranno divertire sul nuovo «maxi scivolo», cimentarsi con il gioco dei dadi per vincere premi immediash n e` q r h en sn f q ` e` q d m d kk` r b d m n f q ` 3 ` b g d q hs q ` d h s q d o d q r n m ` f f h c d h K h kha hf f r G t f n + M hm ` d S n a h+ h f q ` m c h r h o n s q ` m m n q h k ` r r ` q d d q h o n r ` q d m d k k &` l o h ` y n m ` q d k` w - R ` q é o q d r d m s d kn r s ` m c c h @ q b n a ` kd m n + h k r d q u hy hn b g d o q n l t n u d h k trasporto pubblico nel Cantone Ticino d m d k L n d r ` m n d k ` o q d r d m y ` h m e n q l ` s h u ` c h @ O L ' @ r r n b h ` y h n m d o d q t m O h ` m n c h L ` f ` c h m n ` l h r t q ` c &t n l n ( - O d q h b h b k h r s h + k` q ` r r h b t q ` m s d o q d r d m y ` c h t m n c d h F ` q ` f d R o n q s W W n * q h q é ` r r h r s d m y ` l d b b ` m hb ` f q ` st hs` o d q u d q h3 b g d d o hb b n kd q ho ` q ` y hn m h- H m n ks q d h k m d f n y hn R o n q s W W L hf q n r r hs t ` s n ` k B d m s q n R - @ m sn m hm n o q d r d m sd q é k` f ` l l ` b n l o kd s ` 1 / 0 3 c h a hb hb kd s sd d kd s s q hb g d b n m la possibilità di testarle per alcuni minuti nell’area del Centro e ricevere un a t n m n r b n m sn c d k u ` kn q d c h 3 / / e q ` m b g h u ` khc n o q d r r n h m d f n y h R o n q s W W c d k

Bellissima per la Festa della Mamma dell’11 maggio

U t n h d r r d q d k` l ` l l ` o hÿ a d kk` c d k l n m c n > @ kkn q ` c d u h ` r r n kt s ` l d m te partecipare al nostro originale b n m b n q r n c d kk` E d r s` c d kk` L ` l l ` n q f ` m hy y ` sn hm b n kk` a n q ` y hn m d b n m C d a n q ` g L hk` m n + hk m n s n l ` q b g hn c h make-up disponibile nelle maggiori 3 kh` kh c h L hf q n r S hb hm n - H m o ` khn t m ` f hn q m ` s` c h q d r s x khm f b n l o kd sn 'r ` a ` s n 0 / l ` f f hn ( + b g d hm b kt c d o ` q q t b b g hd q d + ` a a hf kh` l d m s n D kkd m @ l a d q . A q n ` c v ` x + l ` j d , t o C d a n q ` g L h k` m n b n m b n m r t kd m y ` s q t b b n o d q r n m ` khy y ` s ` d q d o n q s ` f d e n s n f q ` 3 b n - K ` e n q s t m ` ta vincitrice verrà inoltre omaggiata b n m t m ` r d kd y hn m d c h o q n c n s s h C d a n q ` g L h k ` m n - Puoi partecipare al concorso inviando un’e-mail a: concorso@migror s h b h m n - b g + h m c h b ` m c n m d k k &n f f d s s n B n m b n q r n E d r s ` c d kk` L ` l l ` + n ks q d ` k s t n m n l d d hm c hq hy y n + ` k q d b ` o h s n s d k d e n m h b n + m n m b g í ` k k &d s é d ` t m ` s t ` e n s n - S d q l h m d c h o ` q s d b ho ` y hn m d 9 0 4 ` o q hkd 1 / 0 3 - K ` u hm b hs q hb d u d q q é ` u u hr ` s ` d m s q n hk 0 7 ` o q hkd 1 / 0 3 - A t n m ` fortuna!

Divertimento assicurato durante la giornata dello slowUp.

R d q en m s ` m ` d c h R - @ m s n m hm n 3 m n ` k 2 / ` o q h k d 1 / 0 3 ` k k &` b p t h r s n c h t m ` a h b h b k d s s ` d kd s s q hb ` ' ` o ` q s hq d c ` 0 &8 8 8 e q ` m b g h( - @ c ` kkhd s ` q d h k u h kk` f f hn + k` o q d r d m y ` c d kk` m n s` F t f f d m a d kkhm y n m d r d R sq ` b ` f ` m ` r r d c d k C I C ` m x - O d q s t s s h f kh amanti della griglia, il Ristorante Mif q n r o q n o n q q é r t kk` sd q q ` y y ` ` kb t m d r o d b h` khs é p t ` kh kt f ` m hf g d s s ` + kn m y ` c h l ` h` kd + 3 kd s s n c h b ` u ` kkn + o d s s n c h s ` b b g h m n d a q ` s v t q r s n k s q d k &` o o q d y y ` s ` n * d q s ` c h a t * d s + c ` k kd h m r ` k` s d b g d e ` m m n o ` q s d c d kkd o q n o n r s d C í kh3 s + ` h c n kb h

c d k k ` o ` r s h b b d q h ` ` q s h f h ` m ` k d L h f q n r - K ` f t r sn r ` n * d q s` f ` r s q n m n l hb ` m n m r ` q é riservata unicamente ai partecipanti di r kn v T o - S t s s h h b k h d m s h r ` q ` m m n h a d m u d m t s h+ ` m b g d o d q b g í hm b ` r n c h b ` s s hu n s d l o n + p t ` m s n o q d u hr s n r t kkd s d q q ` y y d r ` q é n q f ` m hy y ` sn ` kk&hm sd q m n r h` c d k Q hr sn q ` m sd L hf q n r b g d c d k a ` q B ` * ð R o d s s ` b n kn K ` o ` q sd b ho ` y hn m d ` r kn v T o ð f q ` s t hs ` d m n m ð o q d u hr s ` ` kb t m ` hr b q hy hn m d : hm b ` r n c h o hn f f h` k` l ` m hed r s` y hn m d r h svolgerà ugualmente, e saranno previsti

adattamenti al programma delle animay hn m h m d h u ` q h u h kk` f f h- O n s q d s d r d f t hq d k` giornata «slowUp Ticino» anche sulle e q d p t d m y d c h Q d s d S q d Q R H + f q ` y hd ` h b n klegamenti slow motion con gli animasn q h O ` n kn F t f khd kl n m h d E ` a q hy hn B ` sati, entrambi impegnati a pedalare per davvero e contagiare di simpatia tutti i o ` q s d b ho ` m s h - L ` f f hn q h h m e n q l ` y hn m h r t 9 v v v -r kn v t o , s hb h m n -b g R t k k &d c h y h n m d c h k t m d c ô 0 3 ` o q h k d c h @ y hn m d o t a a khb g d q d l n t m n r o d b h` kd q d o n q s ` f d e n s n f q ` 3 b n r t k k &d u d m s n -

Migros richiama i termoventilatori Dyson AM04 e AM05 H k e` a a q hb ` m sd c d k l ` q b g hn C x r n m g ` c d b hr n o d q q ` f hn m h c h r hb t q d y y ` c h q hchiamare i termoventilatori modello C x r n m G n s d C x r n m G n s * B n n k + c hr o n m ha hkh ` m b g d o q d r r n kd 3 kh` kh c h melectronics e nell’online shop del r h s n l d k d b s q n m h b r - b g H k e` a a q hb ` m sd c d h sd q l n u d m shk` sn q h @ L / 3 d @ L / 4 r d f m ` k` b g d + r t t m l hkhn m d c h o d y y h u d m c t s h ` khu d kkn mondiale, in un esiguo numero di ` o o ` q d b b g h r h ð u d q h 3 b ` s n t m b n q s n b h q b t hs n - O d q q ` f hn m h c h r hb t q d y y ` C x r n m ha dunque deciso di richiamare i moc d k k h @ L / 3 d @ L / 4 d o q d f ` h b k h d m s h c h m n m o h ÿ t s h k h y y ` q d p t d r s h ` o o ` q d b b g h ` o ` q s h q d c ` r t a h s n H sd q l n u d m shk` sn q h n q ` c h` sn q h o d q hm terni interessati dal richiamo sono in u d m c hs ` c ` k 1 / 0 0 ` m b g d o q d r r n L d kd b s q n m hb r - R h s q ` s s ` o d q k` o q d b hr hn m d c d h r d f t d m s h ` q s hb n kh9 q ` c h` s n q d C x r n m @ L / 3 + m - ` q s - 6 0 6 5 -0 1 5 ' c h r o n m h a h kd m d k k d 3 k h ` k h c h l d k d b s q n m h b r ( q ` c h ` s n q d C x r n m @ L / 4 a h ` m b n + m - ` q s - 6 0 6 5 -0 2 4 ' c h r o n m h a h kd m d k kd 3 k h ` k h c h l d kd b s q n m h b r ( q ` c h ` s n q d C x r n m @ L / 4 m d q n + m - ` q s - 8 4 0 0 -/ / / -2 4 2 -4 0 'c hr o n m ha h kd n m kh m d ( q ` c h` s n q d C x r n m @ L / 4 a h` m b n + m - ` q s - 8 4 0 0 -/ / / -2 4 2 -4 / 'c hr o n m h a h k d n m k h m d ( Chi avesse acquistato uno di questo modelli presso melectronics può indicare il numero di serie del proprio apparecchio m d k r hs n H m s d q m d s v v v -c x r n m q d b ` kk-b n l

o d q r ` o d q d r d k &` o o ` q d b b g h n ð s n b b ` s n c ` k q hb g h` l n - H m s ` k b ` r n k` c hs s ` C x r n m r h metterà direttamente in contatto con il cliente e ritirerà l’apparecchio a domicik h n o d q t m ` r h r s d l ` y h n m d f q ` s t h s ` K &` o o ` q d b b g h n u d q q é q h b n m r d f m ` s n gratuitamente a domicilio con due ` m m h c h f ` q ` m y h` - O d q q hb d u d q d b g h` q hmenti si può anche chiamare la hotlim d ` k m t l d q n s d k - / 7 / / 1 / / 2 6 / -


Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 31 marzo 2014 ¶ N. 14

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Responsabili progetto e testi Anna-Katharina Ris; illustrazioni Kellenberger Kaminski; stilista Monika Hansen; trucco e acconciature Nicole Zingg; bricolage Anita Oeschger

Idee e acquisti per la settimana

FACILE DA REALIZZARE

Buccia d’arancia Avvolgere le uova con una rete per finitura a buccia d’arancia o degli elastici e immergerle direttamente nel colore. Non è necessario tamponarle. Quest’uovo è realizzato con colori ad asciugatura rapida.

Il piccolo Pedro ama incollare. Ma le tecniche per colorare le uova sono tante: colori magici per uova, diversi modelli Fr. 3.90, e pellicola magica pasquale, diversi motivi 6 pezzi Fr. 1.90

Un, due, tre; un uovo per te I bambini amano la Pasqua, soprattutto per il fantomatico coniglio e le uova da pitturare, mentre gli adulti l‘apprezzano per i giorni festivi che regala, da gustarsi in tutta tranquillità

La Pasqua porta con sé un paio di giorni primaverili liberi, da gustarsi in tutta tranquillità, lontano dallo stress; una vera manna per chiunque. È il momento migliore per dedicare un po’ di tempo ai propri figli, da trascorrere colorando le uova e decorando la casa e

magari per invitare i nonni per un bel pranzo in compagnia. E, perché no, per dormire quel oretta in più e fare visita ai propri amici o vicini per un brunch spensierato. Certo la Pasqua è la festa degli affetti. Gli inviti certo non mancano, perciò abbiamo pensato di sug-

gerire qualche pensierino in tema, da creare con le proprie mani, per far la felicità dell’ospite. Qui di seguito trovate alcune simpatiche idee. Buon divertimento. Trovate tanti altri consigli utili relativi alla Pasqua su www.migros.ch/ pasqua.

PER MANI ESPERTE

Ritagli Creare con carta finissima e forbici ben affilate ritagli artistici. Avvolgere l’uovo in un collant e tingerlo con colori brillanti. Per ottenere decori degni di nota, si possono utilizzare anche centrini per torte.


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Idee e acquisti per la settimana

Colori per uova brillanti Fr. 4.20

Zucchero cristallino fine Bio 1 kg Fr. 2.15

Bastoncini pitturauova Fr. 1.90

Nocciole tritate Bio 200 g Fr. 3.20

FACILE DA REALIZZARE

Nidi con conigli ed erbe aromatiche

FACILE DA REALIZZARE

Incolla la mascherina Incolla la mascherina, staccare p. es. una «Stick & Paint» e incollarla sull’uovo, e tingere come da istruzioni; il gioco è fatto.

Pennarelli per uova Fr. 3.90

Colori per uova con timbri Fr. 5.50

Comporre un cestino di cartone preintagliato e decorarlo con un fiocco. Trapiantare delle erbe aromatiche come rosmarino o timo in piccoli vasetti, completare con un bel coniglietto rosa e… pronto è il regalo profumato sempre tanto apprezzato. Cestini decorativi per bricolage, diversi motivi 5 pezzi Fr. 9.80

Cioccolato da cucina a dadini Patissier 160g Fr. 2.60

Pistacchi verdi Patissier, tritati 25g Fr. 2.80 In vendita nelle maggiori filiali Migros

IMPEGNATIVO Miscela per muffin ai pistacchi Per un barattolo di vetro di ca. 1 litro Ingredienti 110 g di farina, ½ bustina di lievito in polvere, 1 presa di sale, 175 g di nocciole macinate, 110 g di zucchero, 120 g di dadini di cioccolato 100 g di pistacchi macinati

Lievito in polvere Patissier 4x15g Fr. 1.–

Farina bianca TerraSuisse 1kg Fr. 1.80

Preparazione Versate uno dopo l’altro gli ingredienti nel barattolo: la farina, il lievito, il sale, le nocciole, lo zucchero, i dadini di cioccolato e i pistacchi. Premete bene ogni strato per evitare che si mescolino uno con l’altro. Sigillate il barattolo, che dovrebbe essere bello pieno. Così durante il trasporto gli ingredienti non si mescolano. Muffin ai pistacchi Per 12 pezzi Ingredienti 24 pirottini di carta, 210 g di burro, morbido, 3 uova, 200 g di crème fraîche, 1 miscela per muffin ai pistacchi , 300 g di formaggio fresco, ad es. Philadelphia, 100 g di zucchero a velo Preparazione 1. Scaldate il forno a 180 °C. Accomodate due pirottini di carta in ogni incavo dello stampo per muffin. Con uno sbattitore elettrico lavorate 100 g di burro a spuma. Incorporate le uova uno dopo l’altro. Aggiungete le crème fraîche. Versate in un colpo solo gli ingredienti del barattolo nell’impasto di burro e uova e mescolate bene. Distribuite l’impasto nei pirottini. Cuocete i muffin al centro del forno per ca. 20 minuti. Sfornate e lasciate raffreddare. 2. Per il topping, lavorate il burro rimasto a spuma. Mescolate il formaggio e incorporatelo al burro poco alla volta. Unite lo zucchero a velo setacciato e mescolate bene. Trasferite il topping in una tasca da pasticciere e decorate i muffin. A piacere guarnite con pistacchi tritati, perle o fiori di zucchero. Tempo di preparazione ca. 30 minuti + cottura in forno ca. 20 minuti + raffreddamento Un pezzo ca. 9 g di proteine, 46 g di grassi, 33 g di carboidrati, 2450 kJ/580 kcal

Il nostro suggerimento per voi: per dare al regalo un tocco ancor più personale, scrivere a mano la ricetta e la lista degli ingredienti da aggiungere su una cartolina colorata. Le formine per muffin colorate e le teglie apposite sono in vendita alla Migros, proprio come tutti gli ingredienti per le tortine. Perché allora non regalare il set completo con la miscela pronta, gli ingredienti da aggiungere e gli utensili necessari?


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Idee e acquisti per la settimana

Un brillante dolce arrivo Con il neonato Shiny, la famiglia Frey Bunny aggiunge una leccornia per gli amanti del cioccolato bianco

La famiglia Frey Bunny si allarga: Shiny si chiama il nuovo coniglietto di cioccolato bianco avvolto in una scintillante confezione gialla. Come i fratellini di cioccolato al latte Sunny (rosa), Funny (blu) e Lucky (verde) e il viola Happy di cioccolato nero, anche lui è un elegante regalo di Pasqua, che rallegra anche gli adulti. Disposti sul tavolo o nel cesto pasquale, i coniglietti Bunny apportano un decorativo tocco di colore. Sono disponibili in varie grandezze. Il cioccolato certificato UTZ proviene da un’agricoltura socialmente sostenibile. / Dora Horvath; foto Helko Hoffmann; styling Petra Schlaefle

Il giudizio dei lettori Nicole Böttcher (36 anni), San Gallo, assistente dentale. Trovo molto buono il nuovo Frey Bunny Shiny di cioccolato bianco. Aspetto: mi colpiscono la forma e il colore. Dolcezza: la trovo proprio giusta. Impressione complessiva: tenero al morso ed armonico. Mangio la cioccolata, quando i bambini sono a letto.

Il concorso Sunny, Funny e Lucky sono disponibili in confezioni da 55, 170 e 900 grammi. I coniglietti Shiny e Happy esistono solo da 170 grammi. Quale coniglietto Bunny ti piace di più? Su www.frey-easter.ch puoi scegliere la veste da dare al coniglietto di Pasqua 2015. Si possono vincere premi immediati, mentre il premio principale è una gialla Fiat 500 C.

Frey Bunny Shiny bianco 170 g Fr. 6.50

Frey Bunny Family Trio al latte 280 g Fr. 13.50

Il nido pasquale della Frey con il coniglietto Lucky e gli ovetti Extra 209 g Fr. 8.50

L’Industria Migros produce numerosi prodotti molto apprezzati, tra cui anche i coniglietti Bunny di Frey.


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CONSIGLIAMO Porta in tavola la primavera: prepara per i tuoi ospiti un bel piatto di rigatoni con cipollotti! Trovi la ricetta su www. saison.ch/it/consigliamo e tutti gli ingredienti freschi alla tua Migros.

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Cervelas in conf. da 3, TerraSuisse 3 x 2 pezzi, 600 g

Latte M-Drink UHT Valflora 6 x 1 l, 20% di riduzione

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Tilsiter dolce ca. 450 g, per 100 g

Foglia di quercia verde o rossa Ticino, al pezzo

Filetto di tonno (pinne gialle) Oceano Pacifico / Maldive, per 100 g, fino al 5.4

Vitello tonnato prodotto in Ticino, in vaschetta, per 100 g

Prosciutto cotto Puccini prodotto in Ticino, affettato fine in vaschetta, per 100 g

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Prosciutto cotto arrosto, bio Italia, per 100 g, 20% di riduzione

Sminuzzato di pollo Optigal in conf. da 3 Svizzera, 3 x 222 g

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Asparagi bianchi Perù, mazzo da 1 kg

Finocchi Italia, al kg

Cassetta di bulbi per fiori miscele speciali ton sur ton, la cassetta

Tutti i bastoncini alle nocciole e i fagottini (anche bio) alle pere, 20% di riduzione per es. bastoncini alle nocciole, 4 pezzi, 220 g

Bistecche di manzo, TerraSuisse Svizzera, imballate, per 100 g

Capretto fresco Francia, per 100 g, al libero servizio dal 2.4

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Tavolette di cioccolato Frey in conf. da 4, UTZ al latte finissimo, Crémant 47% o Giandor, 25% di riduzione, per es. al latte finissimo, 4 x 100 g

Tutti gli ovetti di cioccolato Frey in sacchetto da 500 g, UTZ 20% di riduzione, per es. ovetti Pralinor e Giandor assortiti, 500 g

Tutti i tipi di aceto Ponti e Giacobazzi 20% di riduzione, per es. aceto balsamico di Modena Ponti, 50 cl

Tutto l’assortimento di riso M-Classic per es. riso parboiled Carolina, 1 kg

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Bouquet italiano Linda il mazzo

Focaccia all’alsaziana Anna’s Best in conf. da 2 20% di riduzione, per es. 2 x 350 g

Rotolini per l’aperitivo Happy Hour in conf. grande surgelati, 840 g

Jumpy’s o Flips in conf. da 2 20% di riduzione, per es. Jumpy’s, 2 x 100 g

Tutte le lasagne, i cannelloni e i piatti pronti M-Classic e tutti i prodotti Yummie surgelati, 20% di riduzione, per es. cannelloni alla fiorentina, 360 g

Succo d’arancia Gold in conf. da 12 12 x 1 l

30%

30%

3.15 invece di 4.55

3.20 invece di 4.05

1.75 invece di 2.20

4.95 invece di 6.20

13.65 invece di 19.50

1.40 invece di 1.80

Tutti i tipi di purea di patate Mifloc 4 x 95 g

Tutto l’assortimento Jaipur e Al Fez 20% di riduzione, per es. Jaipur Plain Naans, 2 pezzi, 260 g

Tutto l’assortimento di olio e aceto bio 20% di riduzione, per es. aceto di mele, 50 cl

Semi di zucca, bio, semi di girasole, bio, e miscela di semi e noci 20% di riduzione, per es. semi di zucca, 400 g

Alimenti per gatti Exelcat in conf. da 24 per es. squisitezza alla carne in salsa, in sacchetto, 24 x 100 g

Farina bianca, TerraSuisse 1 kg, 20% di riduzione

OFFERTE VALIDE SOLO DALL’1.4 AL 7.4.2014, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK


Semi di zucca, bio, semi di girasole, bio, e miscela di semi e noci, per es. semi di zucca, 400 g 4.95 invece di 6.20 20%

ALTRE OFFERTE.

A L L E D O L L IL BE . A Z N E I N E CONV

Mandorle o nocciole M-Classic macinate 200 g, per es. mandorle macinate 2.35 invece di 2.95 20% Farina bianca, TerraSuisse, 1 kg 1.40 invece di 1.80 20%

FRUTTA E VERDURA

PANE E LATTICINI

Finocchi, Italia, al kg 2.60 Broccoli, bio, Spagna / Italia, 400 g 1.65 invece di 2.50 33% Banane, bio, Fairtrade, Perù, al kg 2.40 invece di 3.20 25%

6.75 invece di 13.50

11.20 invece di 14.–

Tutti i prodotti Handymatic Supreme (sale rigeneratore escluso), per es. Supreme Power Pearls Tabs Lemon, 44 pastiglie, offerta valida fino al 14.4

Tutto l’assortimento di calzetteria femminile (articoli DIM esclusi), 20% di riduzione, per es. collant Compact, offerta valida fino al 14.4

Limoni, bio, Spagna, retina da 900 g 2.70

Tutti gli yogurt bio (yogurt di latte di pecora esclusi), per es. al naturale, 180 g –.45 invece di –.60 20%

Foglia di quercia verde o rossa, Ticino, al pezzo 1.80 invece di 2.60 30%

Tilsiter dolce, ca. 450 g, per 100 g –.90 invece di 1.35 30%

Asparagi bianchi, Perù, mazzo da 1 kg 6.20 invece di 8.90 30% Pere Abate, Italia, sciolte, al kg 2.70 invece di 3.90 30%

PESCE, CARNE E POLLAME

Bouquet italiano Linda, il mazzo 14.90

Cervelas in conf. da 3, TerraSuisse, 3 x 2 pezzi, 600 g 4.60 invece di 7.80 40%

Cassetta di bulbi per fiori, miscele speciali ton sur ton, la cassetta 14.80 invece di 19.80

20x

Sminuzzato di pollo Optigal in conf. da 3, Svizzera, 3 x 222 g 14.65 invece di 22.– 33%

5.60 invece di 7.–

14.90

Detersivo Elan Power Fresh in conf. risparmio XXL per es. Active Powder, 7,5 kg

Migros Plus in conf. da 2 20% di riduzione, per es. detergente in crema, 2 x 500 ml

Maglie da donna e da uomo in confezioni multiple e pantaloni per il tempo libero disponibili in diversi colori, per es. maglia da donna in conf. da 2, tg. S–XXL

Gamberetti tail-on, bio, cotti, d’allevamento, Ecuador, per 100 g 4.35 invece di 6.25 30% Prosciutto cotto Puccini, prodotto in Ticino, affettato fine in vaschetta, per 100 g 2.30 invece di 3.90 40% Vitello tonnato, prodotto in Ticino, in vaschetta, per 100 g 2.90 invece di 4.20 30% Salametti a pasta fine, prodotti in Ticino, per 100 g 3.10 invece di 4.05 20% Bistecche di manzo, TerraSuisse, Svizzera, imballate, per 100 g 3.30 invece di 4.20 20%

11.30 invece di 18.90

22.20 invece di 27.80

49.–

Carta igienica Soft in confezioni multiple per es. Comfort, FSC, 32 rotoli

Detersivi Elan in conf. da 2 20% di riduzione, per es. Summer Breeze, 2 x 2 l

Lettino da viaggio Good Night, col. grafite*

Per la tua spesa ritaglia qui.

Fettine di tacchino, Unione Europea, in vaschetta, per 100 g 1.55 invece di 1.95 20%

40%

Formaggio Tremola, prodotto in Ticino, al banco, al kg 17.10 invece di 24.50 30%

Prosciutto cotto arrosto, bio, Italia, per 100 g 5.20 invece di 6.50 20%

Polpettone di pollo Optigal, Svizzera, per 100 g 1.60 NOVITÀ *,**

23.10 invece di 46.30

Emmentaler, bio, per 100 g 1.50 invece di 1.90 20%

FIORI E PIANTE

Bistecca di collo di maiale marinata, TerraSuisse, per 100 g 1.50 invece di 2.50 40%

50%

Tutti i drink allo yogurt da 500 ml, per es. alla fragola 1.25 invece di 1.60 20% Latte M-Drink UHT Valflora, 6 x 1 l 6.40 invece di 8.10 20%

Fragole, Spagna / Italia, vaschetta da 500 g 1.90

50%

Tutti i pani bio, per es. corona del sole, 360 g 2.05 invece di 2.60 20%

Capretto fresco, Francia, per 100 g 2.10 invece di 3.– 30% al libero servizio dal 2.4 Filetto di tonno (pinne gialle), Oceano Pacifico / Maldive, per 100 g 3.70 invece di 5.30 30% fino al 5.4

ALTRI ALIMENTI Risolettini Frey, UTZ, 250 g 3.90 NOVITÀ *,** M&M’s al cioccolato, 250 g 3.90 NOVITÀ *,**

20x 20x

Tavolette di cioccolato Frey in conf. da 4, UTZ, al latte finissimo, Crémant 47% o Giandor, per es. al latte finissimo, 4 x 100 g 5.50 invece di 7.40 25% Tutto l’assortimento «Déco de Pâques» Frey, UTZ, per es. pulcini, 4 pezzi 5.30 20x 20X PUNTI Tutti gli ovetti di cioccolato Frey in sacchetto da 500 g, UTZ, per es. ovetti Pralinor e Giandor assortiti, 500 g 8.40 invece di 10.50 20%

Rotolini per l’aperitivo Happy Hour in conf. grande, surgelati, 840 g 6.75 invece di 9.70 30% Tutte le lasagne, i cannelloni e i piatti pronti M-Classic e tutti i prodotti Yummie, surgelati, per es. cannelloni alla fiorentina, 360 g 2.70 invece di 3.40 20% Succo d’arancia Gold in conf. da 12, 12 x 1 l 13.30 invece di 22.20 40%

Tutti i dolci alle fragole, per es. torta alle fragole, 2 pezzi, 282 g 4.40 invece di 5.50 20% Fiori al limone in conf. da 2 o fettuccine in conf. da 3 Anna’s Best, per es. fiori al limone, 2 x 250 g 7.80 invece di 9.80 20% Focaccia all’alsaziana Anna’s Best in conf. da 2, per es. 2 x 350 g 8.30 invece di 10.40 20% Cipolline Aroma Antico Ponti, 700 g 4.50 Pane Tramezzino e Bruschetta Arte Bianca, 250 g, 300 g e 400 g, per es. Bruschetta, 400 g 2.85 invece di 3.60 20% Amaretti alle castagne, 100 g 6.30 invece di 7.90 20% Zatterine e Margheritine Sfoglia d’Oro, 220 g e 230 g 4.10

Tutti gli sciroppi in bottiglie di PET da 75 cl e da 1,5 l, per es. ai lamponi, 1,5 l 3.50 invece di 4.40 20%

NEAR FOOD / NON FOOD

Tutto l’assortimento di riso M-Classic, per es. riso Parboiled Carolina, 1 kg 1.25 invece di 2.50 50%

Alimenti per gatti Exelcat in conf. da 24, per es. squisitezza alla carne in salsa, in sacchetto, 24 x 100 g 13.65 invece di 19.50 30%

Tutti i tipi di purea di patate Mifloc, 4 x 95 g 3.15 invece di 4.55 30%

Linea Syoss Supreme Selection, per es. shampoo Restore, 20x 250 ml 6.70 20X PUNTI **

Tutti i tipi di aceto Ponti e Giacobazzi, per es. aceto balsamico di Modena Ponti, 50 cl 3.60 invece di 4.50 20% Tutto l’assortimento di olio e aceto bio, per es. aceto di mele, 50 cl 1.75 invece di 2.20 20% Salsa andalusa Heinz, 400 ml 4.30 NOVITÀ *,**

20x

Heinz Sweet & Fruity Exotic Sauce, 220 ml 3.30 NOVITÀ *,**

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Heinz Sweet & Hot Moroccan Sauce, 220 ml 3.30 20x NOVITÀ *,** Salsa per hamburger M-Classic, 250 ml 2.80 20x NOVITÀ *,** Tutti i tipi di senape, maionese e ketchup bio, per es. senape dolce, in tubetto, 200 g 1.15 invece di 1.45 20% Mirador mini in conf. da 4, 4 x 12 g 2.75 * Tutto l’assortimento di conserve bio, per es. chicchi di mais, 285 g 1.35 invece di 1.70 20%

Diversi docciaschiuma e deodoranti Axe e Rexona in confezioni multiple, per es. deodorante aerosol Axe Africa in conf. da 2, 2 x 150 ml 8.30 invece di 10.40 Diversi prodotti Kneipp in confezioni multiple, per es. latte per il corpo ai fiori di mandorlo in conf. da 2, 2 x 200 ml 19.90 invece di 27.– Spray nasale antiallergico Sanactiv, 20 ml 7.80 NOVITÀ **

20x

Maglie da donna e da uomo in confezioni multiple e pantaloni per il tempo libero, disponibili in diversi colori, per es. maglia da donna in conf. da 2, tg. S–XXL 14.90 Lettino da viaggio Good Night, col. grafite 49.– * Detersivi Elan in conf. da 2, per es. Summer Breeze, 2 x 2 l 22.20 invece di 27.80 20% Detersivo Elan Power Fresh in conf. risparmio XXL, per es. Active Powder, 7,5 kg 23.10 invece di 46.30 50%

Tutto l’assortimento Jaipur e Al Fez, per es. Jaipur Plain Naans, 2 pezzi, 260 g 3.20 invece di 4.05 20%

Tutti i prodotti Handymatic Supreme (sale rigeneratore escluso), per es. Supreme Power Pearls Tabs Lemon, 44 pastiglie 6.75 invece di 13.50 50% **

Arachidi, bio, e noci miste, bio, salate, per es. arachidi, 250 g 1.35 invece di 1.70 20% *

Migros Plus in conf. da 2, per es. detergente in crema, 2 x 500 ml 5.60 invece di 7.– 20%

Jumpy’s o Flips in conf. da 2, per es. Jumpy’s, 2 x 100 g 3.50 invece di 4.40 20%

Carta igienica Soft in confezioni multiple, per es. Comfort, FSC, 32 rotoli 11.30 invece di 18.90 40%

Capsule di caffè Brasil Delizio, UTZ, Limited Edition, 20x 12 capsule 5.60 NOVITÀ *,**

Bagel American Favorites, per es. al sesamo, 340 g 3.20 NOVITÀ *,**

Tutte le tisane bio, per es. ai fiori di finocchio Klostergarten, 20 bustine 1.30 invece di 1.55 15%

Tutti i bastoncini alle nocciole e i fagottini (anche bio) alle pere, per es. bastoncini alle nocciole, 4 pezzi, 220 g 2.55 invece di 3.20 20%

Tutto l’assortimento di calzetteria femminile (articoli DIM esclusi), per es. collant Compact 11.20 invece di 14.– 20% **

Cialde finissime o Taragona M-Classic in conf. da 2, per es. cialde finissime, 2 x 150 g 2.40 invece di 3.– 20% Tutti i biscotti ChocMidor, a partire dall’acquisto di 2 confezioni, –.60 di riduzione l’una, per es. Carré, 100 g 2.50 invece di 3.10

Nutella in vaso di vetro da 1 kg 6.20

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Idee e acquisti per la settimana

All’aria aperta con una meta ben precisa Un filtro intelligente su famigros.ch unisce servizi e voglia d’avventura: grazie al sito per famiglie, bastano pochi clic per scoprire le attività più interessanti, suddivise per tema e regione La Svizzera riserva un’infinità di escursioni ed eventi su misura per le famiglie. Ma come sapere cosa fare quando? E cosa fare, quando il fine settimana piove a dirotto? Famigros, il club gratuito riservato alle famiglie della Migros, offre una soluzione a ogni intraprendente. A seconda del filtro immesso, il sito è in grado di elencare tante proposte, in base al meteo attuale, alla regione scelta e al tema selezionato. Così ogni famiglia trova in un batter d’occhio la meta ideale per la sua gita in Svizzera. Dalla primavera all’autunno, ad esempio, gli «slowUp» sono una vera e propria attrazione di pubblico degna di nota. Il principio è semplice: per l’occasione, circa 30 km di strada, possibilmente pianeggiante, in un paesaggio suggestivo, vengono bloccati per un giorno al traffico motorizzato per lasciare spazio a tutto ciò che si sposta grazie alla forza motrice di ogni singolo; il tutto accompagnato da un invitante programma a margine. Le date degli «slowUp» e di tanti altri eventi sono disponibili su www.famigros.ch/ escursione. Il sito viene costantemente attualizzato, al fine di completarne i contenuti e renderlo meglio accessibile per l’utente. / Anna Bürgin

In palio: buono del valore di Fr. 10’000.– Chi scatta la foto più bella in tema con le escursioni di primavera? Caricate la vostra foto entro il 13 aprile e andate a caccia di voti. Maggiori saranno le preferenze ottenute, maggiore sarà la possibilità di vincere il premio principale, che consiste in un buono acquisto Migros del valore di Fr. 10’000.–. www.famigros.ch/concorsofotografico

Zona senza traffico: una volta all’anno, in occasione degli «slowUp» le strade appartengono ai pedoni.


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Idee e acquisti per la settimana

Blévita Sandwich Yougurt/frutti di bosco 4 x 4 porzioni, 216 g Fr. 5.30

Blévita Sandwich Erbe 4 x 4 porzioni, 216 g Fr. 5.30

Foto Ruth Küng, Getty Images

Con il suo sapore di olive e pomodori, il nuovo Blévita Sandwich risveglia l’atmosfera da vacanza. Tanti saluti dalla Toscana!

Blévita Sandwich Olive/pomodori 4 x 4 porzioni, 216 g Fr. 5.30

Ideale in viaggio e come spuntino Il nuovo Blévita Sandwich Olive/pomodori non è solo saporito, ma anche pratico. E infonde una sensazione di sole, mare e vacanze

Blévita, il croccante spuntino ai multicereali già molto gustoso nella versione di base, è disponibile anche in varianti dolci o aromatizzate. Chi preferisce le varianti farcite può scegliere fra tre varietà: ai Blévita Sandwich Erbe e Yogurt/frutti di bosco si è appena affiancata la variazione mediterranea, che sa di vacanze al Sud.

Il Blévita Sandwich Olive/pomodori è la combinazione di due cracker di spelta farciti di cremoso formaggio fresco. È prodotto senza sostanze coloranti o conservanti né aromi artificiali, ma può essere comunque conservato non refrigerato. Le fette del tramezzino sono cotte con olio di girasole. Si tratta quindi di un

ricco spuntino, che può essere consumato velocemente in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo grazie alla sua pratica confezione. Ad esempio, se si è in gita oppure in viaggio in un paese pieno di sole, dove si sente il profumo di olive e pomodori. Blévita è uno dei classici di Migros. È apprezzato già da più di 40 anni come

spuntino ideale durante viaggi ed escursioni – ma anche in ufficio – ed è impensabile non trovarlo in asili e scuole. In oltre quattro decenni sono state lanciate un’infinità di variazioni, dai classici biscotti ai cinque cereali e alla spelta fino alle varianti con Beta-Glucano o le gustose tavolette di cioccolato.

Questa storia di successo è iniziata nel 1969 a Meilen sul Lago di Zurigo, dove la Midor, una delle industrie Migros, produce gelati, frittelle di carnevale e polvere da dessert, oltre a prodotti da forno secchi quali fette biscottate, biscotti e, appunto, i Blévita. Le croccanti merendine sono state un bestseller sin dall’inizio. / Anna-Katharina Ris

L’Industria Migros produce numerosi prodotti molto apprezzati, tra cui anche i Blévita Sandwich.


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Idee e acquisti per la settimana

In forma per il weekend Ogni sabato, i ristoranti Migros propongono ai loro clienti una colazione equilibrata firmata Délifit. Oltre il cornetto c’è di più… Perché non iniziare il weekend con una gustosa colazione piacevolmente saziante al ristorante Migros, prima di dedicarsi alle spese settimanali? Qui, infatti, ogni sabato mattina vi aspetta una deliziosa colazione Délifit, con una tazza di tè o di caffè inclusa, a soli 6.40 franchi. A seconda del punto vendita, l’assortimento propone fino a tre varianti diverse, che si alternano regolarmente. Ogni singola colazione Délifit si basa sulla piramide alimentare svizzera e contiene il tenore e la quantità corretta di tutte le sostanze nutritive essenziali. Rinunciamo al tradizionale pane bianco, prediligendo i panini integrali oppure quelli a base di mais. Scegliamo, poi, margarina contenente acidi grassi essenziali. Inoltre, grazie alla scelta consapevole di carne secca grigionese o di prosciutto di tacchino, entrambi poveri di grassi, nonché diversi latticini e frutti, si assume una quantità sufficiente di proteine, fibre alimentari e sostanze minerali. Nei ristoranti e nei take away Migros, la marca Délifit è sinonimo di alimentazione equilibrata all’insegna del gusto. Chi desidera saperne di più o seguire un’alimentazione «délifit» anche a casa, su www.delifit.ch trova numerose irresistibili ricette. / Dora Horvath

La colazione dolce con müesli Chi preferisce una colazione all’insegna della dolcezza, accompagna il suo tè o caffè con due panini integrali o di mais, una porzione di margarina, una confettura a scelta, un müesli stagionale in bicchiere, nonché un frutto di stagione. Colazione Délifit Fr. 6.40 Ogni sabato (scelta regionale); in alcuni punti vendita disponibile anche in settimana.

La colazione salata con formaggio Questa variante, oltre a un tè o un caffè, propone due panini integrali o di mais, una porzione di margarina, una confettura a scelta, formaggio, nonché una piccola macedonia di frutta di stagione. Colazione Délifit Fr. 6.40 Ogni sabato (scelta regionale); in alcuni punti vendita disponibile anche in settimana.

La colazione gustosa con panino imbottito Vi piace la carne secca grigionese oppure il prosciutto di tacchino? Questa gustosa colazione Délifit propone un piccolo sandwich, un tè o caffè, un frutto di stagione oppure uno smoothie a base di frutta, nonché uno yogurt oppure un müesli. Colazione Délifit Fr. 6.40 Ogni sabato (scelta regionale); in alcuni punti vendita disponibile anche in settimana.


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Idee e acquisti per la settimana

Novità: yogurt Passion all’arancia e al pompelmo con lo 0,1% di grassi 180 g Fr. –.90

Yogurt Passion al mango e al frutto della passione con lo 0,1% di grassi 180 g Fr. –.90

Yogurt ai frutti di bosco Passione 180 g Fr. –.90 Non a caso gli yogurt della linea Passion sono tanto amati anche dalle donne incinte, sono infatti una pregiata e gustosa fonte di calcio.

Mai senza il mio yogurt! Gli yogurt della linea Passion spiccano per la loro irresistibile cremosità e il basso tenore di zuccheri. E ora, l’assortimento propone una deliziosa varietà: lo yogurt all’arancia e al pompelmo con solo lo 0,1% di grassi

Le voglie durante la gravidanza sono un fenomeno conosciuto: i piccoli e intensi desideri improvvisi non conoscono limiti e spaziano dai cetriolini sott’aceto alle olive. In questi casi, la voglia di yogurt è la benvenuta, in particolar modo quando il corpo richiede qualcosa di dolce e di fruttato.

Un vasetto di yogurt al giorno, infatti, aiuta a coprire il fabbisogno giornaliero di calcio, anche durante la gravidanza. E ora il reparto frigo propone una rinfrescante novità estiva: lo yogurt all’arancia e al pompelmo contenente solo lo 0,1% di grassi. La linea Passion of-

fre una vasta scelta di yogurt fruttati, quasi tutti arricchiti di grandi e gustosi pezzetti di frutta. Grazie alla ricetta migliorata, tutte le varietà sono ancora più cremose e – ad eccezione degli yogurt senza zucchero cristallino e con solo lo 0,1 di grassi – contengono dal 2 al 5% di zucchero in meno. I vasetti

da 180 grammi sono ideali da portare con sé per placare i piccoli languorini tra un pasto e l’altro. Rilassandosi con l’amica del cuore al parco oppure chiacchierando di sera con la vicina sul terrazzo: lo yogurt è un’irresistibile bontà da gustare in qualsiasi momento. / Anette Wolffram Eugster

Yogurt all’arancia sanguigna Passione 180 g Fr. –.90

L’industria Migros produce numerosi prodotti molto apprezzati, tra cui troviamo anche gli yogurt Passion.


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Idee e acquisti per la settimana

Sciroppo alla pesca 0,75l Fr. 2.45* invece di 3.10

Sciroppo ai lamponi 0,75l Fr. 1.75* invece di 2.20

Sciroppo al pompelmo rosa** 0,75l 2.45* invece di 3.10

Prima di mescolare lo sciroppo con altre bevande, si consiglia di diluirlo con un po’ d’acqua minerale.

È la miscela che fa la differenza! Accomodatevi al bar degli sciroppi: fedele compagno della nostra infanzia, lo sciroppo, oltre a gustarlo diluito con acqua, è ottimo anche per preparare frizzanti e irresistibili drink

Sciroppo mojito senz’alcol 0,75l Fr. 2.80* invece di 3.50

* 20% su tutti gli sciroppi in bottiglie di PET da 0,75l e da 1,5l, escl. M-Budget, dall’1.4 al 7.4 ** in vendita nelle maggiori filiali Migros.

Lo sciroppo, amato da grandi e piccini, gode di grande popolarità e i motivi del suo successo sono tanti. Qualche esempio? Si conserva a lungo, è ad alta resa e si trasporta in tutta leggerezza. Ma soprattutto, è disponibile in mille gusti diversi; ecco perché lo sciroppo riscuote un così grande successo. Da 25 anni, Aproz produce gli sciroppi in vendita alla Migros. La vastissima scelta, in grado di deliziare qualsiasi palato,

spazia dal gusto esotico del mojito fino al classico sciroppo ai lamponi. E la loro rinomata qualità è ora racchiusa in bottiglie decorate con etichette dal nuovo design. Ad eccezione dello sciroppo alla menta, verde per tradizione, queste dissetanti e rinfrescanti bevande non contengono alcun additivo colorante. Gran parte di loro, inoltre, sono composti al 30 percento di succo di frutta.

Solitamente lo sciroppo si gusta semplicemente diluito con acqua, ma si presta benissimo anche per insaporire lo yogurt al naturale oppure preparare un raffinato lassie con il latte. Senza dimenticare i cubetti di ghiaccio profumati allo sciroppo per arricchire i drink (1 parte di sciroppo, 1 parte di acqua) oppure dare un tocco in più a un’irresistibile bowle analcolica a base di frutta e succhi di frutta.

Prima di mescolare lo sciroppo con altre bevande, si consiglia comunque di diluirlo con un po’ d’acqua minerale. E per concludere, un ultimo suggerimento in vista della bella stagione: allietate le vostre serate estive con un rinfrescante drink preparato con sciroppo mojito con Ginger Ale, fettine di limetta e di zenzero, menta fresca e ghiaccio tritato. Cincin! / Nicole Ochsenbein

L’industria Migros produce numerosi prodotti molto apprezzati, tra cui anche gli sciroppi Aproz.


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Idee e acquisti per la settimana

I segreti della bellezza: completate il vostro set con la crema da giorno Zoé Hydra Protect Detox e la crema da notte Zoé Revital.

Bellezza alla ribalta Nate per regalare un aspetto luminoso al vostro volto, le due creme della linea Zoé sono state nominate per l’ambito Prix de Beauté

Siete pronte per sfilare sul celebre tappeto rosso? Zoé per l’occasione si è fatta in due. Infatti, sono ben due i prodotti di marca Migros nominati per il rinomato Prix de Beauté 2014, messo in palio dalla rivista «Annabelle»: la crema da giorno Zoé Hydra Protect Detox (nella categoria «trattamento da giorno popolare»), nonché il perfezionatore da notte Zoé Revital creato per rendere più luminoso l’aspetto della pelle (nella categoria «trattamento antietà per il viso popolare»), che quindi gareggeranno per il premio «Anna», il più ambito del

settore. La crema da giorno Hydra Protect Detox contiene diverse sostanze attive in grado di prendersi delicatamente cura della pelle: il Detoxophane, un estratto di germogli di crescione, il Nordic Cotton (ricavato dall’erba di cotone) e la vitamina E, attivano soprattutto il sistema protettivo naturale della pelle riducendo le rughette dovute alla disidratazione, mentre la sostanza Hydractin aiuta a migliorare il grado d’idratazione cutaneo. Senza poi dimenticare i preziosi filtri UVA/UVB con IP 15, in grado di prevenire l’invec-

chiamento dell’epidermide dovuto alla luce. La crema da notte Revital, invece, sostiene il processo autorigenerativo della pelle matura, rifornendola di essenziali sostanze nutritive. Inoltre, l’enzima di papaya dal delicato effetto peeling e il burro di shea ricavato dalla noce di karitè, dalle proprietà seborestitutive, fanno sì che al mattino la pelle risplenda in tutta la sua bellezza e risulti piacevolmente liscia e vellutata. / Nicole Ochsenbein; illustrazioni: Yves Roth; styling: Karin Aregger

Crema da giorno protettiva Zoé Hydra Protect Detox, con IP 15 50 ml Fr. 15.80

Perfezionatore da notte Zoé Revital 50 ml Fr. 15.50

L’industria Migros produce numerosi prodotti molto apprezzati, tra cui anche i prodotti per la cura del viso Zoé.


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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino ¶ 31 marzo 2014 ¶ N. 14

Idee e acquisti per la settimana

Sui denti con delicatezza Sulle confezioni dei suoi dentifrici Candida dichiara sempre il valore RDA. Più è basso, più il prodotto è delicato sui denti Chi soffre di denti sensibili o di colletti dentali scoperti, dovrebbe prestare attenzione al valore RDA nella scelta della pasta dentifricia. La sigla RDA è l’acronimo di Relative Dentin Abrasion ed è un’unità di misura del potere abrasivo che gli agenti pulenti presenti nei dentifrici hanno sulla dentina, non più ricoperta dallo smalto dentario che fa da isolante. L’impiego di prodotti con indici RDA superiori a 80 potrebbe, quindi, arrecare danni al rivestimento esterno del dente, come se si utilizzasse con troppa forza uno spazzolino dalle setole dure. I valori RDA, generalmente bassi, dei dentifrici Candida sono analizzati dall’Università di Zurigo e sono indicati su tutte le confezioni. Come per esempio il White Diamond (RDA 30), che contiene particelle di diamante e lucida a fondo la superficie esterna, ma con delicatezza. Il fatto che faccia risaltare il bianco naturale del dente rappresenta molto di più di un gradevole effetto collaterale. / Anette Wolffram Eugster

Smalto dentario

Dentina

Colletto dentale scoperto

La consistenza è corretta? Nicole Kern (33 anni), tecnica di laboratorio alla Mibelle, testa il dentifricio Candida dalla prospettiva del consumatore.

Candida Multi Care 7 in 1 (RDA 50) 75 ml Fr. 3.90

Candida Parodin Professional (RDA 25) 75 ml Fr. 3.30

Candida Sensitive Professional (RDA 20) 75 ml Fr. 3.30

Candida White Diamond (RDA 30) 75 ml Fr. 4.90

L’Industria Migros produce numerosi prodotti molto apprezzati, tra cui anche quelli di Candida.


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Idee e acquisti per la settimana

Il bagno è da sempre considerato una zona critica: qui spesso, infatti, i depositi di calcare abbondano. Ma con Potz, l’alleato perfetto, si eliminano in tutta facilità! ˚ Onsy B‘kb Enqsd+ 500 ml Fr. 3.90

Potz mette ko il calcare! Dite addio ai depositi di calcare e date il benvenuto a rubinetti, piastrelle, bollitori e macchine da caffè splendenti e perfettamente funzionanti: grazie a Potz, infatti, il calcare appartiene al passato

Per quanto ci si possa prendere cura della casa, in bagno, nei bollitori e nelle macchine da caffè, i depositi di calcare sono all’ordine del giorno. Essi si formano quando l’acqua calda evapora. Chi provvede a eliminare regolarmente il calcare, aiuta ad allungare la vita degli elettrodomestici e a ridurre inoltre il consumo di energia elettrica. In questi casi, i prodotti Potz rappresentano una valida soluzione, assicurando ottimi risultati in modo semplice e rapido. Infatti, grazie a Potz Calc e a Potz Calc Forte, rubinetti, piastrelle, acciaio al cromo e cabine doccia tornano a brillare e i fori ostruiti delle

doccette si liberano dal calcare. Potz Calc è inoltre indicato per pulire pentole, bollitori e vasi da fiori. I seguenti due prodotti speciali completano poi l’assortimento: il gel Multi Calc Xpert aderisce persino alle superfici verticali, eliminando anche le macchie d’acqua e i residui di calcare e di sapone più tenaci. Potz Calc Espresso, invece, è ideale per il trattamento di macchine da caffè; infatti, aiuta a proteggere gli elementi sensibili dalla corrosione agendo in modo nettamente più rapido rispetto ai decalcificanti tradizionali. Tutti e quattro i prodotti sono ben biodegradabili in base al test dell’OCSE 302 B. / Dora Horvath

Potz Xpert Multi Calc Gel 750 ml Fr. 4.90 In vendita nelle maggiori filiali Migros.

Potz Calc 1l Fr. 4.90

Potz Calc Espresso 2 x 125 ml Fr. 8.60

L’industria Migros produce numerosi prodotti molto apprezzati, tra cui anche i decalcificanti Potz.


NOVITÀ

PUNTI

20x

NOVITÀ 1.60 Polpettone di pollo Optigal Svizzera, per 100 g

NOVITÀ 2.95 Alette di pollo al limone Optigal Svizzera, per 100 g

NOVITÀ 3.30 Mini fettine impanate Optigal Svizzera, per 100 g

In vendita nelle maggiori filiali Migros.

OFFERTE VALIDE SOLO DALL’1.4 AL 14.4.2014, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK


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