Azione 24 del 12 giugno 2023

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edizione 24

MONDO MIGROS

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SOCIETÀ

Diverse forme d’odio portano a una «rottura del tabù», ce ne parla il pedagogista Stefano Pasta

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TEMPO LIBERO

Rossocrociati a Berlino, dal 17 al 25 giugno, per i World Summer Games di Special Olympics

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Le pesanti conseguenze della distruzione della diga di Nova Kakhovka, in Ucraina meridionale

ATTUALITÀ Pagina 21

Imparare l’arte dell’ospitalità

CULTURA

Un’Accademia aperta dal 1563 e frequentata da geni come Michelangelo Buonarroti

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Paura della Bibbia (e di Cappuccetto Rosso)

Leggo, trasecolando, che il distretto scolastico di Davis, nello Utah, ha vietato la Bibbia nelle scuole elementari e medie dopo le proteste di un genitore secondo il quale con i suoi esempi di incesto, prostituzione e stupro, il sacro testo non è adatto ai giovanissimi. È «violento e volgare», sostiene.

Che la Bibbia contenga narrazioni di fatti scabrosi è il segreto di Pulcinella. Nel libro della Genesi, le figlie di Lot, convinte che il resto dell’umanità sia stato sterminato, fanno ubriacare il padre in modo da giacere con lui ed essere fecondate da quest’ultimo (e il piano ha successo). Nel secondo libro di Samuele si racconta della violenza sessuale subita dalla figlia di re Davide, Tamar, da parte del fratellastro Amnon. E nei Vangeli si parla di una notoria prostituta che si china ai piedi di Gesù con un vasetto d’alabastro, li lava e li profuma.

Sono episodi che vanno contestualizzati nei tempi e nella cultura in cui sono stati scritti. Inoltre, anche quando racconta queste realtà, la Bibbia le condanna senza mezzi termini. Ma soprattutto, venendo alla sostanza della notizia, questi racconti non vengono insegnati o letti nei programmi scolastici, perché sono oggettivamente marginali rispetto al cuore del testo biblico, che resta una grande narrazione di caduta e redenzione, un codice non solo religioso, ma anche culturale ed etico potentissimo che impregna di sé la civiltà giudeo-cristiana a cui apparteniamo.

Dal punto di vista narrativo si può ricavare tutto e il contrario di tutto: le violenze più efferate (a partire dall’atrocità della crocifissione) certo, ma anche l’esaltazione dell’amore umano (il Cantico dei Cantici), le bussole morali (i dieci comandamenti), le speranze più ardite (la resurrezione),

i più visionari manifesti di giustizia a difesa dei deboli e dei poveri (le beatitudini).

L’accusa appare quindi pretestuosa. Che parta da un incolto abitante dell’America profonda non stupisce, ma è sconfortante che venga sposata dalle sue autorità scolastiche. Non si tratta di credere o non credere. La scuola non parla della Bibbia per indottrinare gli allievi, magari propinando tesi anti-scientifiche, come fanno i nemici dell’evoluzionismo. Dovrebbe farlo per aiutarli a capire più profondamente il mondo nel quale crescono. Anche la più laica delle istituzioni educative non può permettersi di far sparire un testo che ha influenzato in modo così determinante la storia e i costumi dell’Occidente, con un repertorio di vicende, personalità, codici etici e visioni entrati nel DNA della nostra civiltà, al pari e a volte molto più della filosofia greca, del diritto romano e dell’illuminismo.

La verità è che dal sommo della sua – quella sì «violenta e volgare» – ignoranza, la «cancel culture» butta al mare fiabe, romanzi, capolavori e testi sacri che teme perché non è in grado di capire. Presentare la Bibbia come un libro che turba i sonni dei bambini non è una scelta educativa, ma il suo esatto contrario. Invece di dare ai ragazzi gli strumenti per comprendere aspetti problematici del mondo raccontati dalla Bibbia, da un mito, da una leggenda ma anche da un settimanale come questo o da un TG, li si benda per impedire loro di vederli. È la politica dello struzzo che invece di fuggire dal leone che si avvicina, nasconde la testa sotto la sabbia. A questa stregua, ai bambini, non bisognerebbe leggere neppure Cappuccetto Rosso, col lupo travestito da nonna che se lo divora. Ammetterete che, come potenziale trauma infantile, è molto peggio delle figlie di Lot o di Maria Maddalena.

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVI 12 giugno 2023 Cooperativa Migros Ticino
◆ ● G.A.A. 6592 San t’Antonino
SSAT
Stefania Hubmann Pagina 9 Carlo Silini

Una nuova veste per Migros Maggia

Info Migros ◆ Riprende le attività questo giovedì, 15 giugno 2023, completamente rinnovata, la filiale Migros di Via Cantonale a Maggia. Per l’occasione un mese di sconti, omaggi e sorprese, grande concorso e animazione per i bambini

Aperto nel 2012, dopo alcune parziali migliorie negli anni, questo apprezzato punto vendita del Locarnese aveva bisogno di un radicale lifting per restare al passo con i tempi. Con l’intervento iniziato lo scorso 17 aprile si è dunque deciso di fare un ulteriore significativo passo avanti nel rinnovo della rete di vendita di Migros Ticino. L’investimento totale per questo esercizio di paese è stato di quasi 900mila di franchi.

Un viaggio della nostalgia

Monte Generoso ◆ Il 24 giugno si va in Vetta con la locomotiva a vapore

Quando si dice treno a vapore è subito sapore vintage. Gli sbuffi, la partenza, gli ingranaggi che si mettono in moto, tutti quei segnali che oggi abbiamo perduto (i treni, nel frattempo, si sono fatti più veloci e silenziosi, e sono finanche misteriosi, per quanto riguarda la loro componentistica) e che contribuivano a rendere i viaggi se non proprio avventurosi, perlomeno emozionanti, sono la caratteristica principale di ogni locomotiva a vapore che si rispetti. E dunque, proprio grazie a queste emozioni, il viaggio si fa di colpo anche viaggio nel tempo, trasportando non solo passeggere e passeggeri da un luogo all’altro, ma anche la loro fantasia, che corre alla ricerca di ricordi «presi in prestito», magari visti su una vecchia fotografia oppure in qualche film d’epoca.

Come ben racconta Gianluigi Cairoli nel suo Cent’an da füm. Storia della ferrovia Capolago-Monte Generoso (Edizioni Fontana, 2005), la vicenda della locomotiva a vapore del Mon-

Concorso

«Azione» mette in palio 3 coppie di biglietti (ogni biglietto è valido per due persone) per il viaggio in treno a vapore previsto sabato 24 giugno 2023. Per partecipare al concorso mandate una mail con i vostri dati a giochi@azione.ch (oggetto: treno a vapore) entro domenica 18 giugno 2023. Buona fortuna!

te Generoso, inaugurata il lontano 6 giugno del 1890, prendeva spunto dal fortunato esperimento del maestro di officina Riggenbach, che negli anni 70 dell’800 aveva condotto la prima locomotiva a vapore (che era stata inventata nel 1823 dall’inglese George Stephenson) lungo le pareti rocciose del Rigi. L’allora direttore della Banca della Svizzera Italiana Blankart vi si appassionò, e con un gruppo di amici decise di dare vita a una tratta che ancora oggi – seppur ovviamente a bordo di altri mezzi – riesce a entusiasmare grandi e piccoli, grazie a un panorama mozzafiato e a un paesaggio che muta in tempi rapidissimi, passando da quello fortemente urbanizzato del fondovalle del Mendrisiotto, a quello quasi bucolico, montano e agreste della Vetta del Monte Generoso.

La locomotiva a vapore della tratta CapolagoVetta fu inaugurata

il 6 giugno del 1890

Come riporta Cairoli nella sua dettagliata ricerca, il carbone che alimentava le locomotive, veniva dalla Germania via trasporto ferroviario. Nei giorni di rifornimento la giornata lavorativa a Capolago (dove ancora oggi si trova il deposito della Ferrovia del Monte Generoso) iniziava intorno alle 5, quando gli operai cominciavano a scaricare dal treno merci le mattonelle di carbone del peso di 10kg l’una. Le locomotive (di cui la prima partiva intorno alle 7 di mattina) caricavano circa 400/450kg

ciascuna, oltre a quasi 2000 litri d’acqua (1000 nel tender e 900 nella caldaia), e oltre ai macchinisti, dovevano affidarsi anche alla forza fisica dei fuochisti.

Per tutti i nostalgici delle ferrovie, dunque, l’appuntamento del prossimo 24 giugno è di quelli imperdibili. Intorno alle 11 di mattina, infatti, dalla stazione di Capolago alla volta della Vetta del Monte Generoso non partirà il caratteristico trenino a cremagliera negli inconfondibili colori arancione e blu, bensì la locomotiva a vapore. Un momento da non perdersi per chi ha voglia di… emozioni e nostalgia.

Informazioni

Approfittate della locomotiva a vapore più antica di tutta la Svizzera ancora in uso regolarmente e del suo vagone Belle Époque! Un viaggio indimenticabile per rivivere il passato.

Date 2023: 24 giugno, 8 e 22 luglio, 5 e 19 agosto, 2 settembre. Il viaggio con il treno a vapore dura ca. 1h30 / 2h Partenza da Capolago ore 11.05 Ritorno dalla Vetta ore 15.10.

Tariffe

Adulti: CHF 80.–Ragazzi 6-15 anni: CHF 70.–Bambini 0-5 anni: gratis.

I lavori hanno tenuto conto degli ambiziosi obiettivi di risparmio energetico fissati dalla Cooperativa. Le strutture, interamente ammodernate e all’avanguardia, sono ora caratterizzate dai più alti e innovativi standard Migros. Anche i rinnovati impianti tecnici di riscaldamento, condizionamento, ventilazione e sanitari, il nuovo impianto d’illuminazione LED a basso consumo e le etichette elettroniche giocheranno in favore dell’ambiente.

Il supermercato, in grado di servire comodamente tutta la popolazione di Maggia e dintorni e i numerosi avventori e turisti in transito, si presenta ora nuovo fiammante, con una superficie di vendita di circa 500 metri quadrati. Esso si situa sulla principale arteria viaria della Valle Maggia, ed è facilmente raggiungibile sia con i mezzi pubblici (la fermata del bus è a due passi) sia in auto, disponendo di una buona quantità di posteggi adiacenti.

Assortimento di Migros Maggia

Gli avventori avranno la possibilità di fare rapidi acquisti così come una spesa quotidiana o settimanale più completa. L’offerta di prodotti alimentari si è focalizzata sul fresco e sull’ultra fresco, con il fiore all’occhiello rappresentato dal curato reparto frutta

e verdura. Ben fornito sarà anche il reparto non alimentare, che spazierà dai numerosi articoli per la casa fino ad arrivare all’area della cosmetica. Ben rappresentati saranno gli assortimenti Migros Bio e Nostrani del Ticino, affiancati da una buona selezione di altri prodotti a valore aggiunto. Il punto vendita sarà dotato di casse tradizionali e, per chi invece va un po’ più di fretta, di comode e veloci casse subito per il self checkout: sarà disponibile pure il servizio subitoGo. Completerà l’offerta di questo rinnovato punto vendita Migros il moderno forno per la cottura del pane.

Le iniziative per la riapertura di Migros Maggia

Per sottolineare questo nuovo importante intervento di miglioria Migros Ticino ha previsto un mese di festeggiamenti, con varie iniziative, scontistiche e diversi omaggi: spiccano la colazione offerta dalle 08.00 alle 10.00 e l’animazione con tanto di clown per tutti i bimbi proposte sabato 17 giugno, nonché il grande concorso che avrà luogo dal 26 al 28 giugno, con in palio una bicicletta elettrica Diamant Mandara Deluxe+ del valore di CHF 2599.

Orari e contatti Migros Maggia

La responsabile Fitnete Destani e i suoi sette collaboratori, cordiali e ben preparati, sono pronti a soddisfare i bisogni della clientela con cura e attenzione, in un clima accogliente e famigliare.

Orari di apertura Lu-ve: 8.00-19.00, sa: 8.00-18.30 Tel. 091 821 77 60.

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVI 12 giugno 2023 azione – Cooperativa Migros Ticino MONDO MIGROS 2 azione Settimanale edito da Migros Ticino Fondato nel 1938 Abbonamenti e cambio indirizzi tel +41 91 850 82 31 lu–ve 9.00 –11.00 / 14.00 –16.00 registro.soci@migrosticino.ch Costi di abbonamento annuo Svizzera Fr. 48.– / Estero a partire da Fr. 70.–Redazione
Simona
Barbara Manzoni Manuela Mazzi Romina Borla Natascha Fioretti Ivan Leoni Sede Via Pretorio 11 CH-6900 Lugano (TI) Telefono tel + 41 91 922 77 40 fax + 41 91 923 18 89 Indirizzo postale Redazione Azione CP 1055 CH-6901 Lugano Posta elettronica info@azione.ch societa@azione.ch tempolibero@azione.ch attualita@azione.ch cultura@azione.ch Pubblicità Migros Ticino Reparto pubblicità CH-6592 S. Antonino tel +41 91 850 82 91 fax +41 91 850 84 00 pubblicita@migrosticino.ch Editore e amministrazione Cooperativa Migros Ticino CP, 6592 S. Antonino tel +41 91 850 81 11 Stampa Centro Stampa Ticino SA Via Industria – 6933 Muzzano Tiratura 101’177 copie ●
Carlo Silini (redattore responsabile)
Sala
La locomotiva che porterà in vetta i viaggiatori il 24 giugno. (montegeneroso.ch) Una Migros del tutto rinnovata aspetta l’affezionata clientela.

Tutti in piazza il 14 giugno

Il collettivo Viole spinate auspica che lo sciopero femminista possa portare a una maggiore consapevolezza sociale

Razzisti 2.0, il silenzio che alimenta l’odio

I primi trent’anni di una grande scuola La scuola alberghiera e del turismo SSSAT festeggia un anniversario importante e crea un’associazione dei diplomati

Luccio: un pesce dell’anno non protetto Incoronato dalla Federazione svizzera di pesca l’Esox lucius Linnaeus è eccezionalmente una specie acquatica non in via d’estinzione

Insidie online ◆ A colloquio con il pedagogista

Stefano Pasta, autore del saggio Razzismi 2.0

Quando hanno chiesto alla senatrice italiana Liliana Segre, testimone dell’orrore dei campi di concentramento nazisti, quale parola avrebbe inciso all’ingresso del memoriale della Shoah, nella Stazione di Milano, ha scelto la parola «indifferenza»: l’indifferenza della sua maestra, dei suoi concittadini, dei suoi amici rispetto al dramma che la toccò ancora ragazzina; un’indifferenza che alimenta odio e razzismo. Ma quale razzismo? Oggi, dobbiamo fare i conti con tutti quei fenomeni di odio online e razzismo tipici del web sociale, i razzismi 2.0 come li definisce Stefano Pasta, pedagogista, esperto di hate speech, membro del Centro di Ricerca sull’Educazione ai Media, all’Innovazione e alla Tecnologia dell’Università Cattolica di Milano. In molti paesi, l’odio online è diventato un tema prioritario, che, in un modo o nell’altro, coinvolge tutti, basta pensare a quanto tempo dedichiamo ai nostri profili social, a chattare su whatsapp, a creare stories su Instagram, a leggere e condividere contenuti; il cosiddetto web sociale è uno spazio di co-autorialità, dove chiunque, indipendentemente dall’età o da una presunta competenza, può agire nella sfera pubblica, basta un like, la condivisione di un video su TikTok o di un meme su WhatsApp. Cosa c’è di più innocuo? «Col web sociale –dice Stefano Pasta, autore del saggio Razzismi 2.0 – non basta più educare al pensiero critico o alla fruizione dei contenuti, è necessario educare alla produzione culturale, poiché in questo spazio non siamo semplici spettatori, ma spettautori».

Oltre a occuparci di bulli e delle loro vittime, è necessario rivolgersi al grande bacino degli «altri»

Schermi e tastiere hanno liberato gli istinti più torbidi, dice Pasta: «Per studiare questi fenomeni, ho chattato con ragazzi dai 14 ai 21 anni, che avevano partecipato a forme esplicite d’odio, applaudito alle molotov lanciate su un centro profughi, incitato allo stupro di una coetanea, o fatto battute antisemite, e alla mia domanda se si fossero resi conto di ciò che facevano, molti si sono giustificati dicendo che erano solo battute, da non prendere sul serio». Li prendiamo troppo sul serio? Strumenti come TikTok attraverso l’ironia e la bana-

lizzazione facilitano la propagazione di forme d’odio, trasferiscono contenuti caratterizzati da un apparente disimpegno, meno riconoscibili come discorsi d’odio e per questo più accettabili da un punto di vista sociale, ma con un impatto – commenta Pasta – «pari alle forme più organizzate e strutturali di odio online».

Si tratta di forme diverse di odio, ma che insieme partecipano alla creazione di un clima culturale che porta alla «rottura del tabù» e all’accettazione sociale: «Tutti gli studi ci mostrano come l’accettazione sociale sia ciò che rende possibile l’aumento di intensità dei processi di elezione a bersaglio, lo vediamo con i discorsi d’odio e razzismo, ma anche con teorie incredibili

come il terrapiattismo, tutti contenuti che se pur ai margini, sono rimessi nello spazio pubblico di discussione», dove trovano nuova linfa. Negli ultimi anni, complice la pandemia, e l’esplosione dell’Intelligenza artificiale, il fenomeno dell’odio online ha allargato i suoi confini, oggi si parla di hate speech, una categoria che raccoglie fenomeni diversi, dal sessismo all’antisemitismo, dall’islamofobia all’omofobia, all’odio verso il singolo, e la richiesta di una maggiore responsabilità da parte delle grandi piattaforme del web sociale è diventata sempre più pressante. Nel 2022, il Consiglio d’Europa ha definito il discorso d’odio, l’ hate speech, a partire da tre livelli: quello penalmente perseguibile, il discorso d’odio rilevabile da un punto di vista amministrativo e un terzo livello, quello della cittadinanza, in cui le manifestazioni d’odio sono rilevanti per il vivere insieme.

Il processo di accettazione sociale

si rafforza anche grazie al gioco perverso di accostamenti tra manifestazioni d’odio diverse: che legame può esserci fra una critica al green pass e la derisione della Shoah? Eppure durante la pandemia abbiamo assistito a simili accostamenti. «Abbiamo reso accettabili – dice Stefano Pasta –parole, accostamenti e teorie, sdoganato tabù che una volta rotti, online come offline, si stabilizzano e diventano parte dello sviluppo culturale di una comunità. Oggi, in Italia, siamo tornati addirittura a parlare di sostituzione etnica, una vecchia teoria di matrice antisemita che avevo studiato durante il mio dottorato». Tuttavia, ci sono segnali positivi e l’Europa, attraverso documenti come il Digital service act, emanato nell’ottobre del 2022 per regolamentare il mondo digitale, sta giocando un ruolo chiave, di guida. «Il dibattito – continua Pasta – è fra un sistema giuridico di matrice statunitense, in cui sono nate le principa-

li piattaforme web, secondo cui non si può porre alcuna limitazione alla libertà d’espressione anche quando è lesiva della dignità altrui e il diritto europeo che parla di responsabilità delle piattaforme, di mediazione, in cui la libertà d’espressione finisce dove lede la dignità umana». Il confronto è culturale, non solo giuridico.

Chi ha, dunque, le responsabilità maggiori nella diffusione dei contenuti d’odio online? Ci sono responsabilità diverse, commenta Pasta: «dal ragazzino che dice di non accorgersi della gravità di ciò che scrive, all’odiatore seriale che sfrutta la pandemia per diffondere contenuto d’odio, ai giornalisti e ai politici, ma l’impatto maggiore è dato dal silenzio e dall’accettazione della maggioranza… e non è una lezione nuova, è la zona grigia di cui parlava Primo Levi, è il silenzio degli amici che preoccupava Martin Luther King più delle parole dei nemici». La stessa indifferenza, conti-

nua Pasta, che va combattuta fin dalla scuola: «Quando mi capita di fare formazione agli insegnanti su temi come il cyberbullismo, dico sempre di preoccuparsi non solo dei bulli e delle vittime, ma soprattutto degli altri; la prevenzione di tali fenomeni si fa educando il gruppo classe, non favorendo atteggiamenti di conformismo passivo, bensì promuovendo empatia verso le vittime, educando a una cittadinanza digitale, uno sforzo a cui tutti siamo chiamati». Il web sociale, come altre tecnologie del nostro tempo, è prima di tutto una grande opportunità a cui dobbiamo, però, essere educati, un’educazione rivolta alla fruizione, ma soprattutto alla produzione di quei contenuti culturali che creano una comunità.

Per segnalare fenomeni di odio online, dal novembre 2021, la Commissione federale contro il razzismo (CFR) ha attivato la piattaforma: www.reportonlineracism.ch

● ◆ Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVI 12 giugno 2023 azione – Cooperativa Migros Ticino 3
SOCIETÀ
Pagina 9 Pagina 10 Pagina 8 Fabio Meliciani Il pedagogista Stefano Pasta; a destra, la copertina del suo saggio dedicato al razzismo.

Buone grigliate di pesce

Attualità ◆ Il pesce alla griglia rappresenta una proposta perfetta per la cucina leggera dell’estate. Nei reparti pesce Migros trovate specialità e consigli per ogni gusto ed esigenza

Azione 20%

Su tutto il pesce fresco MSC dal 13.6 al 17.6.2023

La cottura alla griglia si addice non solo a carne, verdura o pollame, ma garantisce naturalmente un risultato succulento, invitante e leggero anche con il pesce. Quasi tutte le varietà di pesce sono adatte alle preparazioni alla griglia. Tuttavia, quelle più indicate sono quelle con carne soda, sia intere, sia a filetti o tranci (p.es. salmone, trota, orata, branzino, tonno, merluzzo, so-

gliola, passera), come pure i crostacei. Cuocere il pesce alla griglia è relativamente facile e veloce, ma è bene prestare attenzione ad alcuni piccoli accorgimenti per evitare di compromettere il risultato finale. Prima di mettere il pesce sulla brace, ungete la griglia con un po’ d’olio per evitare che il pesce si attacchi alla stessa. Per i pesci interi è utile l’utilizzo di una graticola o pin-

Tomino da grigliare

za apposita che permettono di girare i pesci senza che si sfaldino. Per mantenere il pesce succoso e permettere una cottura più delicata, è consigliabile anche far capo ad un foglio di allumino per avvolgere il pesce o a una vaschetta, sempre di alluminio. Per il condimento del pesce sono sufficienti anche solo olio, succo di limone, sale e pepe. In generale il pesce non va mai cotto

troppo, altrimenti diventerebbe secco, duro e indigesto. I gamberi si possono grigliare con o senza guscio. Infine, ricordiamo che per qualsiasi domanda potete rivolgervi ai nostri collaboratori specializzati del reparto pesce, i quali sono a vostra completa disposizione per fornirvi i migliori consigli e suggerimenti personalizzati per la buona riuscita della vostra grigliata di pesce.

La ricetta Grigliata mista di pesce

Ingredienti per 8 persone

• 2 dl d’olio d’oliva

• sale, pepe

• 2 spicchi d’aglio

• 2 orate eviscerate di ca. 400 g ciascuna

• 2 trote eviscerate di ca. 300 g ciascuna

• 2 fette di salmone con la pelle di ca. 200 g ciascuna

• 4 steak di filetto di tonno di ca. 150 g ciascuno

• 12 gamberetti tail-on crudi

• 1 cipolla

• 1 limone

• 1 mazzetto di prezzemolo

• 2 cipollotti

• 160 g di crocchette di pesce

• 200 g di salsa tartare

• 250 g di salsa al curry

• 8 0 g di lattuga.

Preparazione

1. Scalda il grill a ca. 200 °C. Insaporisci l’olio con sale, pepe e gli spicchi d’aglio spremuti. Spennella i pesci e i gamberetti con l’olio aromatizzato. Taglia la cipolla ad anelli e infilala nelle cavità ventrali dei pesci. Taglia la metà dei limoni a spicchi, il resto a fette sottili. Infila le fette di limone e un po’ di prezzemolo nelle cavità ventrali dei pesci e sala ancora i pesci interi. Dimezza i cipollotti per il lungo e ungili con il resto d’olio a piacere.

2. Cuoci le orate e le trote sulla griglia ca. 8 minuti per lato, finché diventano traslucide e le pinne dorsali si staccano facilmente. Sistema in due vaschette separate i gamberetti e le crocchette di pesce. Griglia i gamberetti girandoli frequentemente, le crocchette di pesce girandole di tanto in tanto. Griglia le fette di salmone da entrambi i lati per quasi 6 minuti circa, i tranci di tonno per quasi 4 minuti circa. Griglia brevemente anche i cipollotti con la superficie di taglio sulla griglia. Accomoda nei piatti le crocchette di pesce con la salsa tartare e servi il resto della grigliata con la salsa al curry. Servi con foglie di lattuga, il resto del prezzemolo e gli spicchi di limone.

Attualità ◆ Il formaggio grigliato piace a grandi e piccini. Questa settimana potete approfittare dell’offerta speciale sui tomini al cartoccio

La stagione delle grigliate è ormai iniziata e ritorna la voglia di gustare le irresistibili pietanze dall’inconfondibile aroma tipico di questa modalità di cottura. Dalle carni alle verdure, dal pesce al pollame, fino alle preparazioni indicate per chi segue una dieta vegana e vegetariana, alla Migros attualmente sono numerose le prelibatezze ideali da cuocere al grill. Chi desidera trasformare la grigliata in un momento ancora più goloso e variato, può optare per il tomino al cartoccio. Questa specialità a pasta molle della Lati di S. Antonino è prodotta con latte di mucca e possiede un caratteristico sapore dolce e delicato. La sua maturazione è di ca. 7 giorni. La particolarità è che il prodotto è pronto da grigliare poiché è già avvolto in un’apposita carta di cottura. Per un risultato ottimale dall’irresistibile cremosità si consiglia di cuocere il tomino a fuoco medio-basso per una quindicina di minuti, evitando di esporlo alla fiamma diretta del fuoco. In alternativa si

può anche cuocere nel forno tradizionale oppure nel microonde per pochi minuti. Il tomino si sposa bene con contorni quali insalate miste di stagione, verdure alla griglia, pomodorini, insalata di patate e pane rustico.

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVI 12 giugno 2023 azione – Cooperativa Migros Ticino MONDO MIGROS 4
Tomino al cartoccio 2 x 100 g Fr. 4.70 In vendita fino ad esaurimento dello stock

And the winner is…

Attualità ◆ Premiata la vincitrice del concorso «Gratta e vinci» dei Nostrani del Ticino presso il Centro Migros S. Antonino

A seguito dell’estrazione avvenuta lo scorso 30 maggio, la fortunata vincitrice di una fiammante autovettura Dacia Spring 100% elettrica del valore di CHF 20’000.– è risultata la signora Sara Froio di Giubiasco. L’ambito premio è stato messo in palio lo scorso mese di aprile in occasione della prima attività annuale dedicata ai prodotti dei Nostrani del Ticino. Durante le due settimane incentrate sulle apprezzate specialità della nostra regione – dove la clientela ha potuto approfittare di offerte speciali e degustazioni ad hoc – è stato infatti lanciato anche il grande concorso «Gratta e Vinci», il quale, oltre alla possibilità di vincere premi immediati con carte regalo Migros del valore di CHF 20.– o CHF 10.–, permetteva anche di prendere parte all’estrazione finale con in palio un magnifico premio unico sotto forma di un’auto elettrica. Congratulazioni alla vincitrice!

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVI 12 giugno 2023 azione – Cooperativa Migros Ticino MONDO MIGROS 5 melectronics, Centro S. Antonino Via Serrai 5, 6592 Sant’Antonino
Annuncio pubblicitario Sara Froio ritira l’ambito premio presso il Centro Migros S. Antonino alla presenza di Stefano Nussbaumer, resp. Marketing Rete Dacia Ticino (a destra) e Dario Tondi, resp. Sales Promotions & Sponsoring Migros Ticino. (Foto Giovanni Barberis)

In sciopero per una società più coesa

Vivere oggi ◆ A colloquio con tre membre del neonato collettivo femminista «Viole spinate» in vista dello sciopero del 14 giugno

La prima cosa è il colore – «viola, che simboleggia la lotta femminista a livello internazionale, ma coniugato al plurale»; la seconda è il pungente aggettivo che lo accompagna, «inteso come simbolo della lotta e della resilienza». In due parole: Viole Spinate. È questa una nuova voce, il nome del neonato collettivo di studentesse e studenti di Lavoro Sociale alla Supsi pronto a unirsi allo sciopero femminista del 14 giugno, che vedrà la mobilitazione di realtà sindacali e associazioni in tutte le piazze della Svizzera, fra cui Bellinzona, dove il corteo nelle vie della capitale ticinese partirà alle 18.

«La nostra è una lotta pacifica, che avviene attraverso gli incontri, l’inclusione e l’empowerment»

Raggiungiamo tre membre del collettivo, Martina Minoletti, 28 anni, Anna Ardid Ciscar, 29 e Salwa Jellal, 26. Come nasce Viole Spinate e in quale contesto? «Siamo un gruppo misto di studentesse e studenti sorto all’interno del Bachelor di Lavoro Sociale alla Supsi» – dichiara Martina. «Ci siamo unite e uniti – per ora siamo cinque donne e un uomo – con il desiderio di promuovere una cultura di diritti anche all’interno della scuola universitaria e dalla voglia di costruire una comunità, dove condividere idee, eventi e luoghi di aggregazione. Tra noi ci conosciamo ancora poco, ma abbiamo gli stessi desideri, le stesse idee».

Ancora Martina: «Si parla di lotta femminista, ma non è per nulla violenta, anzi, pacifica, e avviene attraverso gli incontri, l’inclusione, l’empowerment delle persone. Siamo a difesa delle donne più marginalizzate e promuoviamo un cambiamento sociale, che sono proprio le linee guida del nostro Bachelor, dei nostri studi. Noi intendiamo diventare delle professioniste in grado di promuovere questi valori anche all’esterno della

Viale dei ciliegi

Chris Grabenstein

Il riposino no!

Illustrazioni di Leo Espinosa, Edizioni Il Castoro (Da 3 anni)

Una storia della buonanotte in versione diurna, perché qui di giorno e non di notte si tratta. Qui c’è in gioco il famoso «riposino», talvolta accolto dai bimbi come una rigenerante pausa post-prandiale, ma spesso aborrito come un obbligo a sospendere i giochi. Anzi, più le attività sono state intense e pressanti, più molti bimbi sono così stanchi e agitati che anche volendo non riescono a lasciare la presa e ad abbandonarsi al riposo. E allora si oppongono, con tutte le loro forze, e con quel «no» tipico dei due-tre anni (e anche prima), proprio come fa Arianna, l’irriducibile protagonista di questo divertente albo, illustrato con grande espressività da Leo Espinosa e scritto con vivacità, coinvolgendo i lettori, da Chris Grabenstein: «Secondo te, Arianna avrebbe fatto il suo riposino?». Certo che no, risponderanno, un po’ rispecchiandosi, i piccoli lettori. No! grida la piccola ribelle, che il suo ri-

Supsi e non solo all’interno. Vogliamo una società inclusiva, che sappia accogliere le persone e ascoltarle».

«Questo è uno sciopero femminista, non femminile.

Vogliamo l’unione di tutte le persone.

È ora che ciò avvenga»

Parliamo della mobilitazione di dopodomani. «Il 14 giugno è il nostro obiettivo. Il terzo sciopero a livello nazionale sarà, lo spero, un’altra volta grande. Le rivendicazioni sono le stesse, poiché nel frattempo, pensiamo ad esempio solo all’AVS, alcune situazioni sono addirittura peggiorate.

Vogliamo arrivare a questa giornata come collettivo, come gruppo di studenti e studentesse Supsi e manifestare insieme, portare le nostre rivendicazioni incentrate ad esempio sul lavoro di cura compiuto dalle donne, il quale non viene né retribuito né valorizzato

e supportare al contempo le richieste del Coordinamento dello Sciopero del 14 giugno».

Evidenzia Anna Ardid Ciscar: «Per noi essere donne non ha solo a che fare con la fertilità. Il fatto è che non c’è una vera e propria distribuzione dei compiti domestici, il lavoro compiuto dalle donne è considerato invisibile».

È stata Salwa, 26 anni, l’ideatrice del nome del collettivo Viole Spinate, approvato a larga maggioranza. E dal canto suo tiene a sottolineare un altro valore universale: «Promuoviamo un femminismo intersezionale che per noi è fondamentale: contempla diverse identità sociali e le possibili particolari discriminazioni, ad esempio non solo di genere ma anche per quello che riguarda la classe sociale, l’abilità o disabilità o la religione». Sulla moderna definizione si sente di insistere anche Martina: «Molteplici sfere possono essere oggetto di discriminazione: io posso essere discriminata in quanto donna, o magari perché nera o perché

posino non lo vuole proprio. Ma se non lo vuole lei, c’è un sacco di gente che invece lo vorrebbe tanto: «posso farlo io il suo riposino?», dicono le persone al parco, dove Arianna si agita sul passeggino spinto dall’esausto papà. E tutti cominciano a dormire, i passanti, gli operai del cantiere, il netturbino, la ragazza con lo skate, i poliziotti, persino le anatre nello stagno e i piccioni. Adesso questo dolce russare comincia a fare venire sonno ad Arianna, ma ci sarà ancora un riposino per lei, dopo che tutti se ne sono presi uno? Certo che

sì, grazie a un simpatico aiutante… e i piccoli lettori lo scopriranno alla fine, dopo che con questa storia si saranno calmati e sentiranno anche loro il bisogno di un bel riposino!

Nicola Cinquetti

C’è la casa da pulire

Illustrazioni di Chiara Di Vivona, Edizioni Parapiglia (Da 5 anni)

La copertina dice già molto di questo splendido libretto: prima di tutto il titolo, un saltellante ottonario; poi il nome dell’autore, garanzia di eleganza, humour e capacità di incantare i piccoli lettori; poi l’efficacia espressiva dei colori (solo blu e arancione, che caratterizzeranno tutto in tutte le pagine) e del tratto (con i personaggi principali e il tema campeggianti da subito) dell’ottima illustratrice. Ma anche il retro, la quarta di copertina, non è da meno nel presentarci la piccola perla che abbiamo tra le mani: «un prodotto in rima per bambini, cani e adulti!». Verissimo, non solo i bambini si divertiranno con questa storia, che fa «ridere e immaginare», che «contiene solo ingredienti

grassa… Ci sono donne bianche, nere, eterosessuali, bisessuali, omosessuali, la società è complessa e i nostri valori abbracciano la complessità che per noi non rappresenta un ostacolo bensì un valore. Noi vogliamo portare in piazza questi temi. Per noi il femminismo è la volontà di abbracciare tutta la società. Potrà sembrare utopico, ma è su questo che intendiamo batterci poiché ci sta davvero a cuore. Il femminismo non è per le donne, è per tutte le persone».

Nel 2019 in Svizzera, oltre mezzo milione di persone sono scese nelle piazze per rivendicare più salario, più tempo e più rispetto per le donne, eppure – denunciano sindacati e collettivi – ad oggi non è cambiato nulla. «Assolutamente» – interviene Martina. Che aggiunge: «Le cose sono anzi peggiorate, basti pensare alla votazione sull’età pensionabile delle donne portata a 65 anni. Ci sono dati che illustrano chiaramente quanto le donne siano sottopagate. Non veniamo riconosciute a livello statale, si pensi

Uno dei manifesti realizzati per l’occasione. (14giugno.ch)

ai mancati aiuti per gli asili nidi, tutte rivendicazioni che portiamo avanti da sempre. Le violenze sulle donne aumentano. Non c’è casistica in cui la donna non figuri discriminata. Se non addirittura peggiorato, di certo tutto è rimasto comunque uguale. La pandemia ha poi contribuito ad accentuare ogni cosa». Che senso ha allora scioperare ancora nel 2023? La risposta delle nostre interlocutrici diviene corale: «È fondamentale». «È necessario, ci sono tantissimi motivi». «Sì, perché per una società è basilare volere il rispetto e l’uguaglianza di tutte le persone. Non riesco a concepire come si voglia ancora vivere in una società in cui vi sono discriminazioni, violenze, poco stipendio, poca valorizzazione delle donne. Ci sono dati che indicano come le donne siano più discriminate degli uomini, non è giusto, non c’è nessuna giustificazione. Ripeto, questo non è uno sciopero femminile, ma femminista, vogliamo l’unione di tutte le persone. È ora che ciò avvenga».

di Letizia Bolzani

naturali: parole, ritmo e fantasia», le cui «istruzioni per l’uso» suggeriscono di «versare i versi dalle pagine alle orecchie per il tempo necessario». Ecco, sì, versare i versi dalle pagine alle orecchie, perché questa è una storia da affidare alla voce e all’ascolto, così che ne venga valorizzato il ritmo impeccabile degli ottonari a rime alterne di cui è composta. Un ritmo dall’effetto assicurato, a patto di saperlo ben padroneggiare, come sa fare Nicola Cinquetti, con un brio che riecheggia, attualizzandoli, gli antichi fasti di Sergio Tofano col Signor

Bonaventura nelle vignette dei primi Corrierini. «Stamattina i genitori/di Alessandro e Valentina/fanno fare dei lavori/al bambino e alla bambina./C’è la casa da pulire/dal salotto al gabinetto,/ chi si vuole divertire/può spazzare anche il vialetto.» L’avventura delle pulizie comincia, e comincia anche a volare la fantasia, grazie alle metafore del testo (l’aspirapolvere è un elefante, lo straccio è grigio come un avvoltoio…) ben accompagnate dalle illustrazioni. Accadono piccoli intoppi, vengono gaiamente risolti, il lettore è agganciato alla narrazione, che tuttavia ha la sua vera svolta con l’ingresso ingombrantissimo del mastino dei vicini, che sporca di nuovo tutto e crea scompigli a catena, accelerando il racconto e rendendolo esilarante. All’apice del disastro arrivano i genitori, che non si arrabbieranno come ci si potrebbe aspettare, anzi si uniscono alle risate dei figli (e dei lettori) e si rimboccano le maniche per sistemare tutto, invitando però i bambini a correre fuori, il lavoro può bastare: «c’è un bel sole sorridente/che vi aspetta per giocare!».

8 Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVI 12 giugno 2023 azione – Cooperativa Migros Ticino SOCIETÀ

Da trent’anni votati all’eccellenza

Formazione ◆ La Scuola specializzata superiore alberghiera e del turismo SSSAT festeggia un anniversario importante

Lavorare in un settore di punta e distintivo del Ticino dopo una formazione superiore con forte orientamento alla pratica è quanto offre da trent’anni la Scuola specializzata superiore alberghiera e del turismo, conosciuta come SSSAT. L’anniversario cade quest’anno e sarà festeggiato il prossimo autunno, quando prenderà avvio anche il nuovo piano d’insegnamento. Il 2023 segna inoltre la nascita dell’associazione dei diplomati (ADSSSAT). Unica nel suo genere in Svizzera in quanto scuola pubblica sotto il cappello del Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport (DECS), la SSSAT è sempre stata caratterizzata da uno spirito innovativo e da una visione volta a privilegiare la qualità. L’impegno di studenti e insegnanti, questi ultimi in gran parte professionisti, contribuisce a renderla un centro di competenza a livello cantonale e un partner di valore all’interno della rete delle analoghe scuole superiori svizzere e internazionali. Con il codirettore Jacopo Soldini abbiamo approfondito compiti e sfide di un’offerta formativa dagli innumerevoli sbocchi professionali, esigente pure per quanto concerne le capacità personali. La realtà operativa del settore è invece testimoniata da Marcel Krähenmann, presidente della ADSSSAT.

Quest’anno vede anche la creazione di un’associazione dei diplomati (ADSSSAT) unica nel suo genere in Svizzera

«Le competenze professionali – spiega Jacopo Soldini – sono oggi solo la base, seppur solida, sulla quale costruire il valore aggiunto di quelle personali. Orientamento al cliente, autonomia, flessibilità, lavoro di squadra, responsabilità, collaborazione, sono tutti aspetti centrali nelle professioni legate ai settori dell’albergheria e del turismo. Gli studenti della SSSAT hanno modo di rendersi conto dell’importanza di queste caratteristiche durante i periodi di pratica previsti in parte nel primo anno e durante l’intero secondo anno». La Scuola superiore offre infatti due curricoli – Specialista turistico e Albergatrice/ore - ristoratrice/ ore – entrambi con una formazione triennale a tempo pieno. Ne risultano quadri intermedi con competenze immediatamente spendibili nel mondo del lavoro. Gli specialisti turistici sono in grado di assumere compiti di responsabilità per esempio in agenzie di viaggio, enti turistici e imprese di trasporto del settore. Nel ramo dell’albergheria e della ristorazione i diplomati sono preparati per gestire e organizzare il settore o l’azienda in cui lavorano.

Dal 1993 ad oggi circa 1300 di-

plomati hanno seguito queste vie, maturando preziose esperienze anche all’estero. Diversi ex studenti sono rientrati in Ticino e occupano attualmente posizioni dirigenziali di rilievo. Quanto alla Scuola, «gli allievi sono oltre 200, suddivisi nelle due filiere sui tre anni di formazione», precisa il codirettore. «A questi si aggiungono circa 100 studenti iscritti ai corsi di formazione continua, organizzati in partenariato con le associazioni di categoria in vista degli esami professionali federali. I docenti da parte loro sono una quarantina, di cui la maggior parte attiva professionalmente nel settore di competenza». Il contatto diretto con il mondo del lavoro è garantito attraverso altri due canali: la gestione delle attività di ristorazione e banqueting a Castelgrande e i progetti legati a mandati esterni. Jacopo Soldini: «I due ristoranti e la sala banchetti di Castelgrande, che la SSSAT gestisce dal 2011, rappresentano una sfida impegnativa ma nel contempo una grande opportunità per i nostri studenti. Permettono infatti di fare esperienza al di fuori del contesto scolastico (nella Scuola c’è un ristorante d’applicazione) a diretto contatto con una clientela diversificata in una location prestigiosa. Direttamente dagli operatori nel campo turistico riceviamo inoltre richieste di studi mirati legati allo sviluppo delle loro attività. Alcuni esempi riguardano l’avvio della stagione invernale della destinazione San Salvatore, una migliore gestione dei flussi di turisti nel nucleo di Curzútt, la promozione del campeggio Campofelice di Tenero sui social media. Lavoriamo con partner in tutto il cantone a beneficio sia della Scuola, sia del

settore turistico. La prima ha l’opportunità di farsi conoscere a livello locale, il secondo di essere ricompensato per gli stimoli che ci offre. Lavorare su progetti ticinesi concreti è infatti fonte di accresciuta motivazione per gli studenti. La SSSAT è una scuola pubblica ed è pertanto particolarmente attenta a valorizzare questo ruolo anche sul territorio». Riguardo ai periodi di pratica, di cui una parte da svolgere in una lingua diversa dall’italiano, il codirettore tiene a precisare che «lo stage effettuato a contatto con un’altra cultura rappresenta una tappa importante della formazione e della crescita degli allievi. Trovare il posto per la pratica è compito degli studenti che hanno a disposizione l’apposita piattaforma hosco».

Il settore turistico è contrassegnato da una continua evoluzione che si riflette a livello formativo. La SS-

SSSAT, una scuola in cui si impara ad affiancare l’ospite. (SSSAT)

una stretta collaborazione con le altre scuole alberghiere e del turismo svizzere – una decina quelle come la SSSAT con percorso riconosciuto dalla Confederazione – e con istituti esteri, dove i diplomati ticinesi si sono distinti in più di un’occasione. Istituita nel 1993 su richiesta delle associazioni del settore, la SSSAT è frutto dell’impegno comune di Governo, DECS e Divisione della formazione professionale che l’hanno voluta e sostenuta nel suo sviluppo partendo dai primi corsi della sezione turismo. Prima di Jacopo Soldini ha avuto quali direttori Mauro Scolari e Charles Barras. Su solide basi si è costruito un crescendo di partenariati a livello formativo e con le aziende locali per entrambe le filiere. Un traguardo, quello del trentesimo, che sarà festeggiato all’insegna del focus tradizionale, ossia con eventi dalla finalità formativa oltre che celebrativa. Saranno coinvolti gli studenti e si cercherà di radunare i diplomati di tre decenni.

SAT è impegnata da quasi due anni – in coincidenza con l’arrivo del codirettore Soldini (funzione condivisa con Simone Giudice anche per la Scuola Specializzata Superiore di Economia) – nell’allestimento dei nuovi piani quadro d’insegnamento.

La formazione aggiornata prenderà avvio con il prossimo anno scolastico ponendo l’accento sulle competenze piuttosto che sulle discipline.

Ciò significa lavorare per aree tematiche con approcci interdisciplinari. Un metodo – rileva il codirettore –che la SSSAT applica già da tempo in particolare con gli studi di casi introdotti nel 2006. Il cambiamento è quindi rilevante, ma nel solco di una propensione all’innovazione, anche tecnologica, che ha sempre contraddistinto la Scuola. Altra importante tendenza è l’aumento dei diplomati (circa il 10-15%) che prosegue la formazione. In questo ambito esiste

Per questi ultimi proprio da quest’anno vi è l’opportunità di far parte dell’omonima associazione (ADSSSAT). «L’iniziativa ha suscitato grande interesse con centinaia di persone presenti all’assemblea costitutiva dello scorso gennaio», spiega il presidente Marcel Krähenmann, proprietario e direttore generale di La Rocca Living Hotel Group di Ronco sopra Ascona. Diplomatosi nel 2008, dopo ulteriori formazioni ed esperienze è rientrato in Ticino dove dirige l’albergo di famiglia e altre due strutture. «Le iscrizioni – prosegue – hanno raggiunto il centinaio e continuano ad affluire». Assieme agli altri nove membri fondatori, riuniti nel comitato, è convinto che «l’associazione permetterà di intensificare il networking fra gli aderenti, come pure di costituire un interlocutore privilegiato per la Scuola, rappresentandola verso l’esterno». Krähenmann è inoltre il primo diplomato a presiedere la Commissione di vigilanza della SSSAT. Nascono così nuove forme di collaborazione fra Scuola e diplomati a tutto vantaggio del settore turistico che, come rileva Krähenmann, amplia continuamente lo spettro della sua attività, affrontando numerose sfide. L’associazione, già dai primi eventi in programma, desidera inoltre richiamare l’attenzione sui progetti di rilancio che interessano il Ticino.

Per i nostri interlocutori lavorare nel settore turistico ha il pregio di muoversi in un ambiente piacevole legato al tempo libero delle persone. Persone che devono sempre rimanere al centro dell’attenzione di tutti gli operatori. Per questo la SSSAT da trent’anni li forma e li sprona a puntare all’eccellenza.

Informazioni www.sssat.ti.ch

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Un «macho» con le pinne

Mondoanimale ◆ È il luccio a essere stato eletto pesce dell’anno 2023 dalla Federazione svizzera di pesca

Può raggiungere una lunghezza di oltre un metro e trenta e pesare più di venti chili; è caratterizzato da un corpo allungato, leggermente compresso ai lati, mentre la pinna dorsale e quella anale si trovano in posizione molto arretrata rispetto alle altre specie ittiche: stiamo parlando del luccio, designato «pesce dell’anno 2023» dalla Federazione svizzera di pesca (FSP).

«Maestro cacciatore», definito pure «macho» per la sua natura bellicosa di esperto predatore, il luccio non è una specie minacciata o a rischio di estinzione. Si infrange così la consuetudine secondo cui ogni volta si debba attirare l’attenzione del pubblico su una specie in difficoltà: «Al contrario, in Svizzera è ampiamente diffusa soprattutto nei laghi», conferma il capo dell’Ufficio della caccia e della pesca cantonale Tiziano Putelli, indicando il luccio come specie al «vertice della piramide alimentare», a suffragio del fatto che sappia «tener testa ai suoi simili e alle mutevoli condizioni ambientali».

Dal canto suo, per voce del presidente Roberto Zanetti, la Federazione svizzera di pesca (FSP) sottolinea che «nonostante i cambiamenti delle sue condizioni di vita dovuti alla pressione urbana, alla sistemazione delle rive dei laghi e al cambiamento climatico, più che una specie minacciata il luccio è un pesce che si impone e dà piacere, in quanto fra quelli

più attrattivi e apprezzati dai pescatori». Ne è prova che «a fronte di tre quarti di tutte le specie di pesci autoctone estinte, minacciate o che dipendono dal nostro aiuto, le popolazioni e le rese di pesca sono stabili da vent’anni».

Putelli ne conferma la presenza nel Ceresio e nel Verbano; quest’ultimo è il lago in cui, dati di pesca ittica alla mano si può dedurre che abbondi di più. L’apertura della pesca di una specie ittica fa da cartina di tornasole della sua proliferazione nelle acque, spiega Putelli: «In Svizzera, e in Ticino, si applica il principio della pesca sostenibile: ciò significa che quando un pesce è presente con numeri limitati, la sua pesca viene chiusa come è successo, ad esempio, per l’anguilla».

Vale a dire che una specie aperta alla pesca non dovrebbe essere a rischio di estinzione. Ciononostante, per quanto attiene al luccio, l’esperto afferma anche che «nella posizione del pescato (ndr. pesca professionale a scopo commerciale), il luccio occupa le posizioni basse».

Lo dimostrano i dati statistici del 2021 della pesca professionale nel lago di Lugano portati ad esempio: «Nel pescato professionale, le catture del luccio con le reti nel lago Ceresio sono state di 376 chili complessivi, a fronte dei 3000 di lucioperca, 3700 di pesce persico e 1300 di coregone».

Egli la definisce per questo motivo

SUPgrade per l’estate

causa di una manipolazione incauta». D’altronde, anche nel suo habitat naturale il luccio risulta essere egemone indiscusso, pure con la nomea di essere cannibale: «Si nutre di pesci, uccelli acquatici, serpenti e mammiferi come ratti e topi. Quindi, non si limita ai propri simili, anche se il cannibalismo fra i lucci sembra avere una funzione di regolazione della popolazione della specie».

«quasi una pesca accidentale», per il semplice fatto che la sua richiesta nella cucina non risulta particolarmente elevata come quella di altre specie: «È penalizzato dalle sue molteplici lische che sono molto più numerose di quelle, ad esempio, del lucioperca, del coregone o del pesce persico. Vanta comunque una carne magra e di tutto rispetto, destinata però a una cucina più ricercata».

Resta inoltre preda ambita particolarmente interessante per i pescatori dilettantistici che si confrontano con un pesce tutt’altro che facile da catturare, dalle grandi dimensioni e

dallo spirito battagliero: «Si tratta infatti di una pesca più mirata a un pesce di grossa taglia (una sorta di confronto, una battaglia con un degno avversario) che necessiterebbe un’attrezzatura particolare soprattutto a causa della sua dentatura particolarmente tagliente, perché con quella di base la preda viene persa facilmente».

La FSP conferma la necessaria abilità di chi si dedica a questa pesca, anche per la possanza della mascella inferiore del luccio: «I suoi denti sono impressionanti e affilati come rasoi; più di un pescatore ha già subito serie lesioni alle mani e alle braccia a

La logica conclusione a cui giunge il sodalizio è che «a causa del suo comportamento aggressivo e bellicoso, esso non è adatto come pesce d’allevamento». Considerato un «pesce solitario», resta immobile vicino a sponde o strutture in acqua, osserva la preda e poi la cattura con velocità fulminea grazie alla potente mascella e all’accelerazione repentina: «Ama particolarmente nascondersi nei canneti e, man mano che cresce, i suoi nemici si fanno sempre più rari».

Qualche dote emerge, però, dalla sua natura così particolare: «In quanto grande predatore all’apice della catena alimentare, il luccio svolge un ruolo importante nell’ecosistema e regola in parte le popolazioni di alcune specie ittiche attraverso uno spettro selettivo di prede», conclude il portavoce della FSP che comunque ne esplicita la natura opportunista che porta questo pesce dell’anno 2023 a nutrirsi «di ciò che può ottenere più facilmente».

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Un Luccio. (Federazione Svizzera di pesca / copyright Meyer)

Alzi la mano chi fu l’autore del miracolo

Siamo di nuovo in piena polemica per decidere se o meno se la Statua della Madonna di Trevignano pianga lacrime celesti e miracolosamente moltiplichi gnocchi e stufato di coniglio. Parliamo, naturalmente, di Trevignano Romano e non di Trevignano Trevisano, perché i rispettivi gusti regionali sono profondamente differenti. Ancora non si sono spente le polemiche sulle apparizioni di Medjugorie, che già siamo alle prese col nuovo Nuovo Caso delle apparizioni mariane con le immancabili stimmate e moltiplicazione non dei pani e dei pesci – che quella è dieta da poveracci. C’è già, va da sé, una fiorente industria culturale sul Caso. Reportage giornalistici, interviste/intersviste, scoop e colpi di scena alimentano ormai una tifoseria da stadio.

Materia ghiotta per l’A ltropologia, in quanto ripropone ancora una volta il tema, problema e dilemma, delle

credenze nei fenomeni «soprannaturali». «Non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti» così il Patriarca Abramo a chiusura nella parabola del Ricco Epulone (Lc 16, 19-31).

Siamo nel 173 dopo Cristo. La guerra lanciata contro Quadi e Marcomanni dall’Imperatore Marco Aurelio è entrata nella fase decisiva. I barbari che, col trattato del 171 avevano sottoscritto di restarsene tranquilli a Est del Danubio in cambio di doni e privilegi, non reggono più. Da Est altre etnie – saranno poi Unni, Slavi e quant’altri premono alle loro spalle – incalzano ai garretti attratte dalle meraviglie dell’Impero.

Fattostà che Marco Aurelio deve accorrere in fretta e furia nel Nord della Moravia, attuale Repubblica Ceca. Qui i Quadi hanno sfondato le linee di difesa, e sono una marea dilagante. Carriaggi e armenti, donne e bambini affamati, bottino di ogni sorta,

La stanza del dialogo

Cara Silvia, scusa se ti do del «tu» ma mi viene spontaneo. So che da anni ti occupi, come psicologa, della maternità. Hai scritto libri molto belli tra cui ultimamente L’ospite più atteso Vivere e rivivere le emozioni della maternità, un libretto edito da Einaudi, snello ma avvincente. Tuttavia ti confesso che non riesci a convincermi a diventare mamma, anche se mi pongo il problema con urgenza. Mi trovo in un decennio cruciale per quanto riguarda l’ipotetico progetto di un figlio: ho 34 anni. Presto la fertilità incomincerà a ridursi e non vorrei passare il resto della vita a rimpiangere l’occasione perduta. Eppure, al momento di figli non ne voglio e non so quando l’indecisione lascerà il posto a una scelta. Considero la maternità come una trappola che la narrativa tradizionale ha edulcorato mentre le donne sono stufe di dare per scontato il sacrificio materno sul lavoro, nella coppia, nella società in generale. Interrogan-

do le amiche, ho scoperto che parto e allattamento sono ancora molto dolorosi e che il desiderio sessuale, nostro e dei partner, spesso viene messo un crisi da una esperienza così poco erotica. In questi giorni non si fa che parlare di «denatalità», di «culle vuote», di «inverno demografico» e dei provvedimenti economici e sociali da intraprendere. Seguo queste notizie e ci rifletto ma non cambio idea. Mi aiuti tu? Grazie. /

Cara Fiorella, non sarà facile ma ci provo anche perché molte tue coetanee si trovano nella tua stessa condizione. Difficile che il discorso politico, anche se necessario, possa risultare convincente perché nessuna sarà indotta a desiderare un figlio per risolvere i problemi delle pensioni, l’inflazione o il calo del PIL. Come dice un proverbio pugliese: «Gli uomini vengono dalla porta, i fi-

La nutrizionista

schiavi e prigionieri… chi fermerà lo tsunami? Siamo dunque all’11 Giugno: Marco Aurelio si trova a fronteggiare una forza molte volte superiore di Quadi. I legionari della mitica XII Legio Fulminata – quella fondata da Cesare – si trovano alle strette non tanto per gli sforzi nemici ma per la sete: da giorni sono a corto d’acqua. Narra Dione Cassio che quando sembrava che tutto fosse perduto, il cielo si rannuvolò. Una tempesta di fulmini seguita da una pioggia torrenziale cadde sui Quadi. Ripresa la battaglia, rinfrancati da quello che subito apparve come intervento divino, i romani ebbero presto la meglio. La vittoria della XII Fulminata è passata alla storia come la battaglia del Miracolo della Pioggia, schema narrativo destinato a diventare standard di episodi analoghi nei secoli a venire. Ora, secondo Dione Cassio, il miracolo sarebbe stato propiziato da un

Mago egiziano – certo Harnuphis – amico di Marco Aurelio, che aveva invocato la pioggia con incantesimi e l’intercessione del dio Mercurio.

La versione di Dione non fece in tempo a finire sui media che Tertulliano, occhiuto e severo storico cristiano, confutò Dione portando prove testimoniali di tradizione orale che il miracolo era stato, invece, opera di una compagnia della XII Fulminata composta da cristiani ai quali Marco Aurelio aveva pregato di pregare il loro Dio.

Ed è qui che la cosa si fa Altropologicamente interessante. Marco Aurelio è passato alla storia non solo come uno degli ultimi Imperatori degni di quel nome. Era anche un filosofo, l’ultimo degli Stoici degni di nota. Nel suo immortale capolavoro Dialoghi con me Stesso precede e inaugura – mutatis mutandis – la tradizione dell’Umanesimo. Passa però alla storia – anche

– come persecutore di cristiani. Che certo fu, e moderato, ma in senso «laico»: lui, Traiano, si trovò a doverlo fare perché quei talebani di allora minavano l’ordine pubblico. Origene dunque confuta Dione Cassio sulla base del fatto che (vero) Marco Aurelio non aveva nessuna simpatia per Maghi e Indovini – anzi – e dunque (falso) non si sarebbe affidato a uno di loro. La morale della storia è questa: il politically correct impone di assegnare la Vittoria della Pioggia un tanto agli Uni, un tanto agli Altri. Mercurio o Cristo. Resta la domanda: e ai poveri Quadi cosa resta della torta storica del Miracolo della Pioggia? Propongo che, come risarcimento storico, i primi a beneficiare della Miracolosa Ricetta del Coniglio di Trevignano del nuovo marchio DOPR (sta per DOP/ Rivelato) saranno i Quadi. Parola di A ltropologo. Cattolico Romano, credente e praticante.

gli vengono dal cuore» e al cuore non si comanda. Eppure il desiderio di un figlio, benché non sempre e non per tutte, abita l’inconscio femminile. Ne troviamo il fantasma nei giochi, nelle fantasie, nelle figure della notte.

In ogni inchiesta, le giovani coppie affermano di desiderare due o tre figli. Perché in molti casi questo sogno non si trasforma in realtà? Le risposte sono varie: l’orizzonte del futuro è oscuro, il presente incerto, la realtà deludente, soprattutto per quanto riguarda il lavoro femminile, spesso precario, poco incentivato e, in caso di assenze prolungate, a stento tollerato. Eppure sappiamo che il lavoro delle donne, se armonizzato con gli impegni familiari, è un formidabile operatore di benessere per tutti.

Ma torniamo al desiderio di un figlio che, come testimonia la tua lettera, spesso si spegne nel grigiore dell’incertezza, nell’apatia di un perpetuo rinvio.

Quando le donne, più o meno famose, compiono un bilancio della loro vita, nella maggior parte dei casi pongono al primo posto figli piuttosto che il successo, la fama, il denaro. Che cosa impedisce allora che il desiderio inconscio, che nasce dalla mancanza, da una vaga attesa, determini una decisione positiva, un «sì», piuttosto che un alternante «vorrei e non vorrei». Credo che l’apatia dipenda dall’eclisse di una cultura della maternità. Pochi artisti contemporanei si occupano del tema e rare le opere d’arte dedicate al creatività materna. Pensa quanto la pittura e la scultura rinascimentali (Leonardo, Tiziano, Donatello, Michelangelo…) hanno sollecitato e sostenuto, attraverso l’iconografia delle Madonne col Bambino, il desiderio materno, conferendo alla coppia primaria forma e valore. Come ben sanno i pubblicitari, nessuno desidera ciò che non co-

Un’irritabilità scomoda da combattere con cibi ricchi di fibre

Gentile Laura, so che le chiedo molto e non voglio nemmeno sostituirla con un medico, ma immagino abbia già avuto a che fare con persone affette da colon irritabile (detto anche colon spastico). Brevemente: pensa che lo si possa affrontare con la dieta? Non c’è proprio nulla da fare contro questo disturbo così molesto? Crede in un rimedio farmacologico? / Piergiorgio

Gentile Piergiorgio, la ringrazio per la sua email e non si preoccupi, non l’ho pensato. Noi dietisti/e collaboriamo con i medici, ognuno secondo le proprie competenze, al fine di aiutare a stare meglio. Sì, conosco la sindrome dell’intestino irritabile (acronimo IBS) e proprio recentemente ho presentato alle mie colleghe il lavoro della nostra dietista specializzata in gastroenterologia sulle novità di gestione di questa malattia. Ricordo che questa sindrome è un di-

sturbo comune che colpisce lo stomaco e l’intestino. I sintomi includono crampi, dolore addominale, gonfiore, gas e diarrea o costipazione, o entrambi. L’IBS è una condizione cronica ed è necessario gestirla a lungo termine. La causa esatta è sconosciuta e la fisiopatologia non è completamente chiara. I fattori che sembrano svolgere un ruolo sono le contrazioni muscolari nell’intestino, quelle forti che durano più a lungo del solito possono causare gas, gonfiore e diarrea mentre quelle deboli possono rallentare il passaggio del cibo e portare a feci dure e secche. Può essere coinvolto anche il sistema nervoso: problemi con i nervi nel sistema digestivo possono causare disagio quando l’addome si estende per il contenuto di gas o feci oppure segnali scarsamente coordinati tra il cervello e l’intestino possono indurre il corpo a reagire in modo eccessivo ai cambiamenti che si verificano tipicamente nel

processo digestivo. L’IBS può essere dovuto a infezioni gravi, oppure stress e cambiamenti nei microbi intestinali. Le ultime linee guida italiane per il trattamento dell’IBS indicano diversi approcci terapeutici, che le illustro volentieri. Il primo è a livello medicamentoso, quindi il medico può valutare se prescrivere l’utilizzo di antidepressivi triciclici, per andare ad agire sul sistema nervoso e inibire l’attività dei neuroni che controllano l’intestino o per curare una depressione, oppure può pensare all’utilizzo di un antibiotico se c’è stata precedentemente un’infezione grave oppure un cambiamento dei microbi intestinali dovuto a una malattia o altro. Il medico può indicare anche delle fibre solubili in caso di stitichezza ma pure per nutrire i batteri intestinali buoni. La seconda proposta riguarda le terapie psicologiche mirate. Tra gli interventi consigliati vi sono l’ipnosi e la

terapia cognitivo-comportamentale. Terzo intervento consigliato è effettivamente a livello di alimentazione, dove si parla di dieta tradizionale: in Italia la dieta mediterranea, in Svizzera le raccomandazioni della piramide alimentare. Sono quindi da preferire cibi ricchi di fibre come verdura e frutta sia cruda che cotta, le famose 5 porzioni al giorno, legumi almeno due volte alla settimana e il consumo quotidiano di cereali integrali.

Il tutto ascoltando la propria pancia, evitando cioè quegli alimenti che si sente o si crede creino disturbi. Se ha dei dubbi o le sembra che tutto le crei disagio le consiglio di fare una verifica delle intolleranze (al lattosio o al glutine, ad esempio) perché possono anch’esse causare le stesse sintomatologie; e solo in seguito potrà rivolgersi a una dietista, che potrebbe personalizzare la sua dieta, cercando di sostituire in maniera appropriata altri alimen-

nosce, di cui non ha esperienza. Molte giovani donne non hanno mai stretto tra le braccia un neonato, sperimentato la tenerezza che suscita, avvertito la voglia di grembo pieno indotta dalle sensazioni che provoca. Senza emozioni il desiderio rimane inerte. Venendo a te, cara Fiorella, perché invece di abbandonarti a elucubrazioni mentali, non provi a occuparti di bambini vivi e veri. Tanti (magari tra le sue stesse amiche) hanno bisogno di affetto e accudimento. Ti ricordo che la vita s’impara solo vivendo, innanzitutto con il corpo.

Informazioni

Inviate le vostre domande o riflessioni a Silvia Vegetti Finzi, scrivendo a: La Stanza del dialogo, Azione, Via Pretorio 11, 6901 Lugano; oppure a lastanzadeldialogo@azione.ch

ti che possono provocare più fastidio. Mi preme ricordare però che, oltre all’aspetto alimentare, è da tenere in considerazione pure il comportamento: mastica bene? Dedica abbastanza tempo alla sua alimentazione? Beve abbastanza? Pratica regolarmente del movimento? Dorme a sufficienza? Per concludere quindi le posso dire che sì, si può fare qualcosa per questo disturbo molesto: alcune persone riescono a controllare i sintomi gestendo la dieta, lo stile di vita e lo stress. Le consiglio di parlarne col suo medico di famiglia o gastroenterologo e di rivolgersi a una dietista. Le auguro di trovare presto una soluzione!

Informazioni Avete domande su alimentazione e nutrizione?

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVI 12 giugno 2023 azione – Cooperativa Migros Ticino 11 SOCIETÀ / RUBRICHE ◆ ●
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di Silvia Vegetti Finzi
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TEMPO LIBERO

Tra le montagne dell’Arabia Saudita Viaggio lungo il tratto montuoso a sud che è costellato di epiche strade al limite della percorribilità, tra tornanti e pendenze

Una saporita variante di pesto Ricetta a base di spinaci, basilico, pistacchi formaggio fresco di capra e parmigiano, quale condimento perfetto per i rigatoni

Resident Evil 4, un gioco rivoluzionario Un gameplay più «adventure», che concede maggior senso di «libertà» di quanto ne avesse quando apparteneva solo ai survival horror

Oltre settemila atleti agli Special Olympics World Games

Altri campioni ◆ Alla manifestazione in programma dal 17 al 25 giugno a Berlino prenderà parte anche una delegazione ticinese

Giochi Mondiali di Berlino, 17-25 giugno 2023: Raffaele Delmenico sta aspettando questo appuntamento con molto entusiasmo. Da parecchi mesi sta affinando gli allenamenti nella sua disciplina: le bocce. Gli Special Olympics World Games rappresentano per il ticinese, selezionato nella squadra nazionale svizzera, un importante traguardo di un percorso iniziato quando era ragazzo. «Ci alleniamo due volte a settimana, a Riva San Vitale e a Lugano» ci spiega Raffaele. «Il mio punto forte? Il bocciapunto». Ma anche la consapevolezza di vivere un’avventura sportiva in Germania in cui potrà conoscere nuove persone. È con questo spirito che, assieme ai suoi compagni di squadra e al suo allenatore Pietro Grandi, il ticinese sta affrontando questa nuova esperienza.

Tra le difficoltà: la lunga durata dell’evento, la presenza di circa 7mila atleti, 190 nazioni, 26 sport, e il trovarsi lontani dal contesto abituale

«Che io possa vincere, ma se non riuscissi, che io possa tentare con tutte le mie forze»: questo il motto che viene letto da un atleta durante la cerimonia di apertura. Nulla di nuovo per Pietro Grandi che, nella sua carriera di allenatore, ha già partecipato a ben tre Mondiali. «Il livello tecnico è molto alto» conferma Grandi: «Ciò che contraddistingue un allenamento nell’ambito Special Olympics è soprattutto la ripetizione degli schemi di gioco affinché gli atleti in gara possano poi ricordarsi le tattiche e tecniche di gioco apprese».

Con noi anche Aldo Doninelli, direttore sportivo di Special Olympics, a cui abbiamo chiesto innanzitutto di spiegarci meglio che cosa sono gli Special Olympic World Games.

«A Berlino si disputeranno i World Summer Games di Special Olympics – spiega Doninelli – che rappresentano per gli sportivi con disabilità intellettiva ciò che i Giochi olimpici rappresentano per gli sportivi tradizionali. I World Games sono l’evento più grande al mondo e si svolgono, proprio come i Giochi olimpici, una volta ogni quattro anni, alternando l’edizione estiva a quella invernale, in programma due anni dopo». Il calendario prevede dunque nel 2023 i World Summer Games a Berlino. Nel 2025 ci saranno i World Winter Games a Torino; mentre nel 2029, i World Winter Games si terranno, per la prima volta nella storia di Special

Olympics, in Svizzera. A differenza dello sport tradizionale, agli Special Olympics possono partecipare tutti, indipendentemente dal livello tecnico. «I World Games – continua Doninelli – non sono quindi destinati unicamente ai migliori sportivi con disabilità intellettiva. Ciò è possibile perché le competizioni sportive sono adattate e proposte in diversi livelli tecnici. Prendiamo ad esempio il tennis: in questo sport ci sono più livelli di gioco, che vanno dal campo piccolo con una palla molle, fino al gioco sul campo intero con la pallina tradizionale. In questo modo anche giocatori di livello più basso hanno la possibilità di partecipare ai Giochi».

Non significa però che tutti riescano a prendervi parte, poiché la partecipazione è comunque legata a un processo di selezione, come per i Giochi Olimpici. «Tale processo – precisa Doninelli – è più complicato per gli Special Olympics, perché deve tene-

re in considerazione anche la predisposizione degli sportivi a partecipare a un evento di lunga durata, con la presenza di circa 7mila atleti, 190 nazioni, 26 sport e lontano dal contesto abituale».

Presente anche la delegazione Svizzera composta da 106 persone, tra cui 74 atleti, in rappresentanza di 13 sport diversi. «La nostra è una delegazione medio-grande, ma per Special Olympics Switzerland rappresenta la più grande delegazione che abbia partecipato ai World Games» spiega Doninelli. «Anche la rappresentanza ticinese è piuttosto massiccia. I nostri sportivi saranno al via in quattro sport, ovvero nella vela con due equipaggi unificati di due persone ognuno (l’equipaggio è composto da un atleta e un partner senza disabilità, i quali partecipano come squadra), nelle bocce con tre giocatori, nel golf pure con una coppia unificata (simile alla vela) e nel nuoto con

due atleti». In totale saranno dunque undici (accompagnati da quattro allenatori ticinesi) gli sportivi ticinesi al via.

La delegazione è stata selezionata a inizio estate 2022 e da quel momento è iniziata la preparazione, che è stata condotta in primo luogo all’interno delle strutture sportive di allenamento regionali. La preparazione è stata anche costellata da incontri con gli sportivi delle altre regioni linguistiche e con tutta la delegazione svizzera. «L’ultimo banco di prova per la preparazione generale si è svolto a Tenero dal 20 al 23 aprile, in occasione del campo di allenamento dell’intera delegazione» precisa Doninelli: «In quel frangente il Team ha ricevuto il proprio equipaggiamento e si sta preparando alla partenza, prevista l’11 giugno». Ma veniamo agli allenatori, Pietro Grandi, ad esempio. «Il loro ruolo –garantisce Doninelli – è fondamen-

tale per la preparazione degli atleti. Loro non sono soltanto gli allenatori sportivi, ma sono la persona di riferimento per tutta la durata dei giochi. È quindi importante che si instauri un rapporto di grande fiducia, esteso anche alla famiglia degli atleti. Il loro benessere psicofisico è di centrale importanza per poter ottenere dei successi sportivi. Gli allenatori quindi assumono pure un ruolo di psicologo, accompagnatore, motivatore, compagno di avventura e anche quello della figura educativa. Non da ultimo va sottolineato che la presenza dell’allenatore copre tutta la giornata e non unicamente i momenti legati alla prestazione sportiva».

Lasciamo ora Raffaele, Pietro e Aldo al loro lavoro. Li attenderemo al rientro, magari con una medaglia al collo, e sicuramente con un nuovo bagaglio di vita e di esperienze, crescita individuale e maturazione dell’autostima. Un vero bocciapunto.

● ◆ Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVI 12 giugno 2023 azione – Cooperativa Migros Ticino 13
Pagina 18 Pagina 19 Pagina 15 Il Team Bocce: (da sin.) Fabrizio Cardoso, Fiorenzo Guggiari (allenatore), Pietro Grandi (Allenatore), Alan Mogliazzi, Raffaele Delmenico. (Special Olympic Switzerland) Davide Bogiani

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Il profumo degli «uomini dei fiori»

Reportage

Un viaggio tra le montagne dell’Asir, provincia dell’Arabia Saudita dove predomina lo stile yemenita

A Jeddah, in uno dei caffè storici dell’antico quartiere di Al-Balad, una bambina di circa sette anni, la carnagione color noce, gli occhi allungati e neri capelli ricci, mi si avvicina con educata discrezione e mi prende in silenzio la mano, baciandone delicatamente il dorso, per poi portarselo alla fronte prima di congedarsi con un profondo inchino. Un rituale dal fascino sconosciuto che nessuno, in città, è riuscito a spiegarmi.

Per comprenderne il significato, ho dovuto percorrere ottocento chilometri di strada attraverso le selvagge e verticali montagne dell’Asir, remota regione nel sud dell’Arabia Saudita –che, nel 1916, gli intrighi di Lawrence d’Arabia strapparono alle grinfie dell’Impero ottomano – e incontrare i suoi abitanti più singolari, i cosiddetti «uomini dei fiori», discendenti della millenaria tribù yemenita di Tihama. Li ho visti salutarsi con il medesimo cerimoniale: per la via, sulla soglia di casa, prima di entrare in moschea o nei chiassosi mercati di bestiame che animano i cortili o le piazze dei villaggi, dove all’odore di sterco di pecora e vello di montone si alterna il profumo che questa gente diffonde cingendosi il capo con ghirlande di rametti verdi, erbe medicinali e piccoli fiori colorati, la cui fragranza – mi hanno detto –favorisce il benessere spirituale e migliora i rapporti sociali.

Possiedono tratti somatici che poco hanno in comune con i sauditi. E usanze piuttosto originali. Come tingersi barba e capelli con l’henna coltivata nell’area di Jizan, a ridosso dello Yemen, o vestire lunghe gonne variopinte dette futa, chiuse a portafoglio e strette in vita da una cintura sulla quale brilla la jambiya, tradizionale pugnale ricurvo e riccamente decorato che dona prestigio a chi lo porta, ma che è anche virilmente esibito durante la scenografica danza dei coltelli, spesso sfoderato per suggellare giuramenti, talvolta persino chiamato a scacciare gli spiriti maligni.

Lo Yemen, da sempre terra di viaggiatori, è da molti anni dilaniato dalla guerra civile, perciò inaccessibile a chi desideri visitarlo. L’unico modo per avvicinarsi alla sua cultura è recarsi, per l’appunto, nell’Asir, dove lo stile yemenita predomina su quello saudita. Nell’architettura delle case, ad esempio: bianche, con i tetti piatti e le mille finestre spalancate sulle valli. O negli antichi villaggi sparsi in ogni rocca della provincia di Al-Baha, un tempo conosciuta come territorio «dalle mille e una torre».

Il cinquecentesco Dhee Ayn è uno di questi villaggi. Abitato fino a quarant’anni or sono, emerge dalla roccia con il suo fitto agglomerato di abitazioni in pietra; spiccano i dettagli delle porte intarsiate e i motivi geometrici finemente incisi sui pilastri di legno. Le vie che lo attraversano so-

no poche. Gli scalini, invece, sembrano non finire mai. A volte, alcuni ingressi semichiusi invitano a spiare nel chiaroscuro degli interni, dove svariati oggetti di uso quotidiano giacciono sepolti sotto coltri di polvere secolare. Nelle tante sale spoglie del castello e tra i suoi piani sfalsati, invece, si rischia di perdersi. Per uscirne, basta seguire la pungente fragranza di basilico e fiori di kadi largamente coltivati nell’oasi attorno al borgo, alle cui falde della sorgente tutto ebbe inizio.

Il villaggio di Rijal Alma‘a, al contrario, se ne sta rannicchiato in una sperduta conca tra i monti, ben distante dalle principali vie di comunicazione, sebbene un tempo il villaggio fosse un importante punto di

sosta lungo la via del pellegrinaggio verso La Mecca. Le sue case, anch’esse in pietra, sono disposte a semicerchio ai piedi di un grande anfiteatro e svettano, una sopra l’altra, con le loro caratteristiche merlature bianche. Ma sono i colori degli scuri alle finestre che catturano immediatamente l’attenzione: verdi, blu, gialli, rossi. Le stesse tinte pastello utilizzate per dipingere gli arabeschi sulle pareti bianche delle stanze, attorno a porte, vetri, mobili, scale. È la pittura nagash (in lingua locale Al-Qatt) un’arte tutta al femminile, da secoli tramandata di madre in figlia e, nel 2017, iscritta a Patrimonio Immateriale dell’Umanità Unesco.

Pericolosamente a strapiombo su

uno sperone roccioso, invece, è il muto e solitario villaggio di Al-Habala, oggi disabitato e raggiungibile in funivia ma, in passato, separato dal resto del mondo da lunghe scale di corda sospese nel vuoto. Questo pugno di case smarrite era stato costruito dagli «uomini dei fiori» al tempo degli Ottomani per sfuggire alle loro persecuzioni. Della gente che fino a un secolo fa lo abitava, non resta che l’eco. Si ripopola solo d’estate, per un festival itinerante di musiche e danze tradizionali.

Ci vuole pazienza, ad attraversare la regione dell’Asir. Si naviga quasi sempre tra i 2000 e i 3000 metri di altitudine, in un continuo ondeggiare di curve, saliscendi ed epiche strade al limite della percorribilità. Come la Nosab Road, che passa dai 2200 metri agli 800 in 12 km, 63 tornanti e una pendenza dell’11%. Senza contare le nebbie che calano all’improvviso, le feroci raffiche di vento e le schiere di babbuini pronti a invadere la carreggiata o a saltare sul cofano delle auto in sosta, fuggendo allarmati se si tenta di fotografarli.

Ovunque, fin che occhio riesce a scorgere, montagne grezze dal dorso tagliente e pendii inospitali che soltanto i suoi abitanti sono riusciti eroicamente a domare. Pietra su pietra, con coraggio e passione, hanno terrazzato ogni crinale e trasformato la

nuda roccia in piantagioni di zenzero, indaco, caffè, palme e cotone. Anche di grano, seppur in poca quantità, con il quale si prepara il mifa, lo street food dell’alta quota, tipico pane cotto dalle donne (le uniche che ho visto in giro) sulle pareti circolari del forno, poi cosparso di sesamo e riempito con crema di formaggio e miele locali.

E poi c’è il khat. Un mistero. È una pianta stupefacente (perciò proibita per legge) dagli effetti controversi che cresce spontanea solo nella regione dell’Asir. Pochi sanno riconoscerla. Molti la utilizzano. Alcuni la coltivano. Ma in segreto, e confondendola così abilmente tra le altre da farla passare (forse) inosservata anche agli stessi occhi del governo.

Informazioni

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Rigatoni con salsa di spinaci e formaggio di capra

Ingredienti

Vegetariano

Ingredienti per 4 persone

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1 mazzetto di basilico

200 g di spinaci per insalata

500 g di rigatoni

80 g di formaggio fresco di capra

1 spicchio d’aglio

40 g di parmigiano grattugiato

4 c di pistacchi tostati e salati

1 dl d’olio d’oliva pepe rosa

Preparazione

1. Portate a ebollizione abbondante acqua salata.

2. Sfogliate il basilico e sbollentatelo con gli spinaci per circa 10 secondi. Estraeteli con una schiumarola e raffreddate subito sotto l’acqua corrente.

3. Cuocete i rigatoni al dente nella stessa acqua. Nel frattempo, strizzate gli spinaci e il basilico, quindi sminuzzateli in un tritatutto, o con un frullatore a immersione, con il formaggio fresco, l’aglio, il parmigiano, la metà dei pistacchi, l’olio e un po’ d’acqua di cottura della pasta.

4. Regolate la salsa di sale e pepe. Scolate i rigatoni raccogliendo circa 1 dl d’acqua di cottura. Mescolate la pasta con il pesto, incorporate l’acqua di cottura poco alla volta e continuate a mescolare, finché la salsa diventa bella cremosa.

5. Tritate il resto dei pistacchi e distribuiscili sulla pasta con un po’ di pepe.

Consigli utili Se il formaggio di capra non vi piace, potete utilizzare un formaggio fresco di latte vaccino.

Il tocco in più: cospargete i rigatoni con dei dadini di patata rosolati croccanti o con delle briciole di pane tostato.

Preparazione: circa 30 minuti.

Per persona: circa 24 g di proteine, 32 g di grassi, 97 g di carboidrati, 790 kcal.

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Torna la saga di Resident Evil, alla quarta prova

Videogiochi ◆ Un remake che è riuscito a migliorare il capolavoro del genere surviral prodotto da Capcom nel 2005

Sviluppato da Capcom e originariamente pubblicato nel 2005, Resident Evil 4 è un capolavoro che ha rivoluzionato gli standard del genere survival horror (PEGI 18).

Questo titolo è ancora oggi un punto di riferimento nel settore, grazie alla sua trama coinvolgente, alla grafica strepitosa e al gameplay innovativo; infatti, questo è stato il primo titolo della saga di Resident Evil ad abbandonare la telecamera fissa, spostandola alle spalle del protagonista, virando così il gameplay verso un approccio più «adventure», dando quel senso di «libertà» che prima il videogiocatore non poteva avere nel genere dei survival horror.

La storia di questo remake è la medesima della versione originale uscita diciotto anni fa, e segue i passi dell’agente speciale Leon S. Kennedy, protagonista nelle vicende di Raccoon City in Resident Evil 2, dove risultò essere uno dei pochi sopravvissuti al massacro dagli zombie. A distanza di otto anni dai fatti accaduti a Raccoon City, Leon viene promosso agente speciale e inviato in un villaggio rurale spagnolo per salvare la figlia del presidente degli Stati Uniti rapita da una misteriosa setta.

Come in ogni classico survival horror che si rispetti, bastano pochi minuti al protagonista per capire che nel villaggio regna un’atmosfera strana e

Giochi e passatempi

Cruciverba

La femmina dell’armadillo partorisce quasi sempre quattro cuccioli… Scopri il resto della frase completando il cruciverba e leggendo le lettere nelle caselle evidenziate.

(Frase: 7, 5, 6, 5)

ORIZZONTALI

1. Un’anatra... reale

7. Un gas

8. Poco illuminato

9. Leggendo al contrario

è una consonante

10. Preposizione articolata

11. In forse...

12. Particelle cromosomiche

13. Serie di colpi di tamburo

17. Consacrato a Dio

18. Protagonista di un’opera di Virgilio

19. Condimenti cremosi

inquietante. A differenza dei precedenti titoli di Resident Evil, qui non ci troviamo più a dover combattere con dei morti viventi, ma bensì contro abitanti del villaggio posseduti da «las plagas». Ovvero, forme di organismi parassitari che prendono possesso delle persone facendole diventare estremamente ostili nei confronti del protagonista, ciò che rende la missione di salvataggio un inferno: ogni angolo del villaggio nasconde orrori indicibili, che mettono i giocatori costantemente sotto pressione per sopravvivere agli attacchi di creature possedute.

La straordinaria grafica di Resident Evil 4 e i sorprendenti dettagli degli ambienti con luci e ombre creano un’esperienza visiva mozzafiato e spaventosa al contempo. Le animazioni fluide e realistiche dei nemici aggiungono ulteriore tensione e adrenalina durante gli scontri.

Una sensazione di suspense che viene accentuata anche dal comparto audio, di livello altrettanto incredibile; è infatti, a parere nostro, impressionante l’appropriatezza delle musiche di gioco selezionate in base alla situazione che stiamo vivendo durante l’avventura: la sensazione è quella di rimanere sempre all’erta, sapendo che in qualsiasi momento un nemico potrebbe saltare fuori dal nulla pronto ad attaccarci.

Le novità più rilevanti del remake però, sono tutte nel gameplay. Già la versione originale uscita nel 2005 aveva una caratura prevalentemente «action»

2023: i migliori fin qui

DEAD SPACE (Multipiattaforma)

Nonostante sia stato rilasciato nei primi giorni dell’anno, questo titolo mantiene tuttora la TOP 3 dei giochi più belli usciti finora. Questo horror in terza persona che vede Isaac Clarke sopravvivere sulla Ishimura, è un acquisto consigliato per tutti gli amanti del genere. La recensione completa di questo videogioco è stata pubblicata su «Azione» del 17 aprile 2023.

RESIDENT EVIL 4 (Multipiattaforma)

Il fatto di avergli dedicato qui una recensione, non lo esenta dal comparire in questa graduatoria, per la sua straordinarietà.

THE LEGEND OF ZELDA: TEARS OF THE KINGDOM (NINTENDO SWITCH) È l’ennesimo capolavoro di casa Nintendo, e un acquisto obbligatorio per ogni possessore di Nintendo Switch. Ne parleremo su «Azione», nella prossima rubrica riservata ai videogiochi, dedicandogli una recensione completa, restate connessi!

rispetto ai precedenti titoli della saga, dove ogni combattimento era intenso e appagante, con una vasta gamma di armi acquistabili presso il mercante misterioso, ciò che rendeva l’esperienza di gioco ancora più avvincente. In aggiunta, questa rivisitazione del gioco prende spunto dai precedenti remake di Resident Evil 2 e 3, introducendo per il giocatore la possibilità di passare da un’arma all’altra del proprio arsenale, senza dover ogni volta essere costretti a fermare il combattimento in corso per entrare nella valigetta di gioco. Tale fluidità rende dinamico e divertente ogni combattimento con i nemici, dando l’opportunità al giocatore di creare una strategia di combattimento a dipendenza dell’arma di cui può disporre dal proprio arsenale.

Un’altra novità davvero interessante che non si era mai vista finora nella saga di Resident Evil, è la possibilità di accovacciarsi, movimento che permette al giocatore di affrontare il nemico in maniera silenziosa, in modo da non allarmare gli altri nemici presenti nella zona. A parere nostro è davvero interessante come in un survival horror questa aggiunta «stealth» si sposi alla perfezione all’idea di fondo, facendo scegliere al giocatore come impostare ogni singolo combattimento.

Resident Evil 4 è un capolavoro nel suo genere, un’esperienza intensa e memorabile che ogni appassionato di videogiochi non potrà farsi scappare! Voto 9/10

Vinci una delle 2 carte regalo da 50 franchi con il cruciverba e una carta regalo da 50 franchi con il sudoku

20. Segnale internazionale

21. Scompartimento dell’alveare

23. Gare tra squadre

25. Si ripete rincuorando

26. Tra l’andante e il largo in musica

27. Arma con le frecce

VERTICALI

1. Lo usa lo scultore

2. Leccio

3. Passano mormorando...

4. Adesso per Brignano

5. Contrapposto a tutto

6. Oliver Hardy

10. Consistente, concentrata

12. Fu conquistata da Cesare

13. Una calca di persone

14. Un numero

15. Pronta, celere

16. Le iniziali dell’attore Argentero

17. Prodotto dalla reazione chimica tra base e acido

19. Funzione trigonometrica

21. Croce Rossa Italiana

22. Aggettivo possessivo

24. Due lettere in voga

25. Simbolo chimico dello scandio

Soluzione della settimana precedente

MATERIA OBBLIGATORIA – La materia obbligatoria che nelle scuole armene viene insegnata ai bambini dai sei anni in su è…

Frase risultante: IL GIOCO DEGLI SCACCHI

Regolamento per i concorsi a premi pubblicati su «Azione» e sul sito web www.azione.ch I premi, tre carte regalo Migros del valore di 50 franchi, saranno sorteggiati tra i partecipanti che avranno fatto pervenire la soluzione corretta entro il venerdì seguente la pubblicazione del gioco. Partecipazione online: inserire la soluzione del cruciverba o del sudoku nell ’apposito formulario pubblicato sulla pagina del sito. Partecipazione postale: la lettera o la cartolina postale che riporti la soluzione, corredata da nome, cognome, indirizzo del partecipante deve essere spedita a «Redazione Azione, Concorsi, C.P. 1055, 6901 Lugano». Non si intratterrà corrispondenza sui concorsi. Le vie legali sono escluse. Non è possibile un pagamento in contanti dei premi. I vincitori saranno avvertiti per iscritto. Partecipazione riservata esclusivamente a lettori che risiedono in Svizzera.

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVI 12 giugno 2023 azione – Cooperativa Migros Ticino TEMPO LIBERO 19
I O L E G I G L I O S CUD O NUOTO OHI RO DARI L E GE L IDO C A M A C A C O SO CN E B AR HD COLT I C HETE ONDE IO 2416 579 38 6984 317 25 5739 286 41 3 8 6 7 1 2 5 9 4 9528 643 17 7145 938 62 1 2 7 3 8 6 4 5 9 4351 792 86 8692 451 73
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ATTUALITÀ

Femminicidio e rifiuto della paternità Riflessioni sul terribile caso di Giulia Tramontano, uccisa dal compagno nel Milanese insieme al bambino che portava in grembo

Le difficoltà di Papa Francesco Bergoglio ha nemici accaniti soprattutto in Germania e negli Stati Uniti. Nonostante tutto appare però ben saldo alla Cattedra di Pietro

Per tassare le grandi società

Il 18 giugno si vota per creare una base che permetterebbe l’introduzione di un’imposta minima del 15% sugli utili delle multinazionali

Diga distrutta in Ucraina: le conseguenze

L’analisi ◆ Il disastro ridisegna la linea del fronte e riallinea gli obiettivi dei due contendenti. Grave danno

soprattutto per la Crimea

Non sapremo forse mai con certezza chi e come abbia distrutto la diga di Nova Kakhovka, in Ucraina meridionale, lungo il corso del fiume Dnepr che provenendo dalla Russia conduce al Mar Nero. Quel che è certo è che si tratta di una svolta che cambia considerevolmente la situazione al fronte bellico, in un’area di grande rilievo strategico. La diga infatti produceva una riserva di acqua importantissima per la Crimea occupata dai russi e per la centrale nucleare di Zaporidjia, la più grande d’Europa, di cui garantiva il raffreddamento. Sotto il profilo tattico e sotto il profilo strategico questo disastro ridisegna la linea del fronte e riallinea gli obiettivi dei due contendenti.

Sul piano tattico, il vantaggio russo consiste nell’aver accorciato e ristretto lo spazio da difendere contro l’offensiva ucraina, che in questa zona si preannunciava specialmente insidiosa. L’allagamento dell’area consente ai russi di risparmiarsi lo schieramento di truppe a sua difesa e di riconcentrarle altrove. In prospettiva, allagamento e inquinamento di

terre specialmente fertili compromettono le coltivazioni agricole, in particolare di cereali, su cui Kiev conta da sempre per tenere in piedi i suoi commerci e la sua economia. Bilancio negativo che aggrava la già pesantissima crisi economica e colpisce le prospettive di ripresa strutturale una volta finita la guerra.

Oggi in Crimea arriva acqua inquinata in modo pesante dagli sversamenti di oli industriali, in volumi già visibilmente ridotti

Allo stesso tempo, il fatto che la terra lungo la riva sinistra del Dnepr sia a un livello più basso rispetto alla riva destra sfavorisce i russi, che vedono la loro zona più profondamente sommersa dall’acqua. Ma questo è nulla rispetto al danno per la Crimea, che sotto il profilo idrico dipende largamente dai flussi provenienti dalle acque regolate dalla diga. Il rifornimento idrico della strategica penisola e della base navale di Sebastopoli, dove attracca la

Flotta del Mar Nero, è compromesso sia in qualità che in quantità. Oggi in Crimea arriva acqua inquinata dagli sversamenti di oli industriali, in volumi già visibilmente ridotti.

Questo è un problema di ardua gestione per Mosca. E dagli effetti potenzialmente devastanti. Se la Crimea diventa uno spazio depresso, tutto il senso delle operazioni compiute dai russi dal 2014 decade. L’annessione della penisola, così simbolica per i russi, è stata la risposta immediata e abile alla sconfitta subita a Kiev, culminata nella fuga ingloriosa del presidente Yanukovich, considerato uomo del Cremlino. Tutta l’operazione speciale, poi, avviata il 24 febbraio 2022, si è concentrata dopo il fallito controgolpe a Kiev sul consolidamento e sull’allargamento del corridoio terrestre dedicato a connettere la Crimea e Sebastopoli alla Federazione Russa. Se il conflitto dovesse produrre per Mosca il mero recupero di buona parte del Donbass a fronte della perdita della Crimea o alla sua forte svalutazione, il disastro sarebbe colossale. Difficile pensare che a quel

punto Putin non si dovrebbe dimettere o che qualcuno non gli segnali l’opportunità di mettersi da parte. Tale situazione rende anche più esplicito l’obiettivo che Kiev può proporsi di raggiungere in questa fase bellica e sventolare come vittoria: la perdita di valore della Crimea, fino al punto di immaginare possibile un ritiro dei moscoviti da un territorio ingestibile.

Se la Crimea diventa uno spazio depresso tutto il senso delle operazioni compiute dai russi dal 2014 decade

La controffensiva di cui molto si parla non è infatti una sorta di sbarco in Normandia in miniatura. I rapporti di forza sul terreno, in termini numerici, rendono impossibile un’operazione di sfondamento su larga scala del fronte russo. Inoltre i soldati di Putin hanno avuto tempo e modo di fortificare quasi tutta la linea di contatto, ad eccezione dell’area intorno a Bakhmut. Sicché l’azione ucraina sarà

probabilmente più fantasiosa ed eterodossa. Come cento punture di spilli. Alcune lievi, appena percettibili; altre di modesto effetto militare ma notevole impatto psicologico, come la penetrazione di commandos in terra russa, già vista a Belgorod; il tutto rafforzato dal dominio dello spazio comunicativo, almeno per quel che riguarda l’Occidente.

Da un punto di vista tecnico, insomma, la guerra potrebbe considerarsi finita, perché difficilmente i due contendenti potranno compiere massicce operazioni strategiche. Ma di fatto non finisce perché il compromesso oggi sarebbe indifendibile presso le rispettive opinioni pubbliche. E in ultima analisi è proprio la tenuta o il collasso del consenso domestico che di norma decide le guerre di attrito. Questa non è l’anticamera della pace e nemmeno della tregua. Sarà forse la fine dell’inizio. Comunque finisca, l’Ucraina sarà ai piedi di Cristo e la Russia avrà perduto influenza e rango nel mondo. A dimostrazione di quanto insensata fosse l’aggressione di Putin.

● ◆ Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVI 12 giugno 2023 azione – Cooperativa Migros Ticino 21
Una piazza di Nova Kakhovka allagata. (Keystone) Lucio Caracciolo Pagina 29 Pagina 31 Pagina 23
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Focus sull’assassino e sul rifiuto della paternità

Italia ◆ La freddezza con la quale Impagnatiello ha ammazzato la compagna incinta è qualcosa su cui riflettere a livello collettivo

Nel fulminante Decline of the English Murder, lo scrittore inglese George Orwell racconta che nel dopoguerra gli omicidi che colpivano di più l’opinione pubblica erano quelli in cui il responsabile era un uomo rispettabile che commetteva un delitto perché gli sembrava «meno imbarazzante, e meno dannoso per la sua carriera, rispetto all’essere sorpreso nell’adulterio». Quelle terribili vicende erano «prodotti di una società stabile, in cui l’ipocrisia garantiva che crimini gravi come l’omicidio avessero dietro di loro emozioni forti»: l’assassinio era una crepa nella società e in quanto tale doveva essere sofferto, pieno di «gravitas».

L’uomo sostiene di avere ucciso la compagna al settimo mese di gravidanza e il figlio nascituro perché si riteneva «stressato»

La tragica fine della 29enne Giulia Tramontano, consumatasi nel Milanese, sta scuotendo l’opinione pubblica, non solo italiana, con un clamore che non è stato dedicato agli altri casi di femminicidio, altrettanto tragici e vertiginosamente frequenti. Con buona pace di Orwell, l’assassino (Alessandro Impagnatiello) non ha manifestato emozioni forti – ha detto di aver ucciso la compagna perché «stressato» – mentre l’esistenza di una relazione parallela era già emersa. L’elemento che rende il caso eccezionale è che, oltre ad aver ucciso la sua partner, come una ventina di altri uomini in Italia dall’inizio dell’anno, l’assassino ha ucciso anche suo figlio nascituro. La violenza maschile nei confronti delle donne rimane ovviamente il tema cen-

trale, a cui si associa quello dell’irresponsabilità maschile davanti all’orizzonte di una famiglia. In un momento di allarme per le culle vuote, di cui il discorso pubblico accusa principalmente le donne e le loro scelte, il caso del femminicida e infanticida – la giovane era incinta di 7 mesi, il bimbo sarebbe ipoteticamente potuto sopravvivere – mostra l’altra faccia della medaglia. Ossia quella di un patriarcato che ha gravi problemi con il concetto di paternità.

Giulia Tramontano era incinta e incinta lo era, prima di decidere di abortire, anche l’amante di Impagnatiello, una ragazza italo-inglese che, dalle cronache, emerge come una figura molto positiva, capace di mettere da parte la propria vanità per diventare amica di quella che tecnicamente era la sua rivale e preoccuparsi per lei come una sorella. Nei messaggini privati che settimana scorsa hanno riempito le pagine dei giornali, il barman, «stressato» da queste due storie parallele che si stavano unendo in un’alleanza che lo vedeva escluso, usava spesso nei confronti della vittima un tono di stucchevole paternalismo – «Vuoi lasciarmi, ma che madre sei?», «Parli così con un bimbo in grembo?» – facendo leva su logori archetipi nel tentativo di convincere Giulia a fare quello che voleva lui. Già, ma cosa voleva, lui? Non si è capito, il movente è fumoso, voleva forse continuare a vivere la sua vita da seduttore da due soldi ed essere al centro dell’attenzione, ma certo non è stato lo sconvolgimento di una vita famigliare rodata a metterlo in crisi. Che padre sarebbe stato? Dati recenti dell’università di Harvard dicono che negli Stati Uniti la prima causa di mortalità tra le don-

ne incinte e le puerpere è la violenza maschile. Prima delle emorragie, delle setticemie e dell’ipertensione ci sono i compagni e i mariti che, soprattutto laddove il diritto all’aborto è minacciato o inesistente, ricorrono alle armi da fuoco, quelle invece molto facili da reperire, per risolvere quello che nella loro mente è un grande problema. Nel resto del mondo la situazione è diversa – in molti Paesi l’aborto è garantito; pistole e fucili non raggiungono il grande pubblico – ma le dinamiche psicologiche forse non così tanto. Curioso è che quando si tratta di discutere di natalità tutto il peso del dibattito pubblico sia sulle madri, sul corpo delle donne, sull’aborto, sui danni della contraccezione, sull’ambizione professionale che porta a rimandare troppo il momento di fare figli e mai, neppure una volta, sul fatto che i giovani uomini non sono disponibili a farsi carico di una felicità enorme che arriva anche

con delle responsabilità. Quanti titoli sulla denatalità mettono l’accento sul ruolo maschile? Nessuno, eppure per fare figli bisogna essere in due. Fare figli non è solo cosa da donne, come vecchi schemi sui rapporti tra i generi ancorati nelle coscienze tendono a raccontare. Schemi faticosi da seguire anche per gli uomini.

Se Pietro Maso è stato il figlio oscuro dell’Italia dei primissimi anni Novanta (a 19 anni uccise i genitori per questioni di eredità), in cui il benessere materiale stava soppiantando gli affetti come perno delle relazioni familiari, e Annamaria Franzoni è stata per decenni il simbolo del lato nero della maternità, Alessandro Impagnatiello dovrebbe servire a meditare sull’idea contemporanea di paternità. Una generalizzazione? Certo, le eccezioni ci sono grazie al cielo, ma il barman trentenne con una bella carriera avviata in un locale scintillante nella grande

Gli abusi partono sempre in sordina

città simbolo dell’edonismo italiano è rappresentativo di qualcosa, c’è poco da fare. La leggerezza con la quale ha deciso di liberarsi della compagna incinta senza lasciarle scampo è qualcosa con cui dobbiamo fare i conti a livello collettivo. Questa storia poteva sapere di futuro e invece sa solo di morte, sangue e tragedia.

«Educate i vostri figli», dice lo slogan, ed è vero che c’è un gigantesco problema di maschilismo (non solo) in Italia, di ruoli ancora sclerotizzati nei vecchi schemi. Ma quanti decenni ci vogliono per formare una generazione di uomini più aperti, psicologicamente disponibili ad accogliere figure femminili emancipate e autonome senza sentirsi per questo sminuiti, insicuri nel loro ruolo? Il discorso pubblico sulla famiglia deve cambiare urgentemente, non si può tornare indietro, sognare che i vecchi schemi portino ai risultati di una società prospera e fertile. Nel 2021, secondo l’ONU, almeno 45 mila donne e ragazze nel mondo sono state uccise dal marito, dal partner o da un altro parente. Si tratta di un fenomeno che interessa tutti i Paesi, tutti i ceti sociali, tutte le età. È il momento di rifondare un’idea di famiglia più solare, un nucleo sociale che sia anche un luogo di felicità e di appagamento e non solo di doveri percepiti come pesanti, insostenibili (spesso sbilanciati tra i generi). In questo modo si potrà tornare a fare figli da giovani, con fiducia. L’orribile omicidio di Giulia Tramontano ci racconta di un patriarcato camuffato sotto i lustrini, che ha abbracciato alcuni aspetti della contemporaneità – quelli più esteriori e superficiali – ma non sa più neppure essere padre: è rimasta solo la brutalità.

Prospettive ◆ In Svizzera l’anno scorso quindici donne sono state uccise dal partner o dall’ex e in Ticino la polizia interviene in media tre volte al giorno per casi di violenza domestica

Pilar lo guarda con gli occhi sbarrati. La bocca spalancata, il respiro affannoso. Lui le stringe le mani al collo mentre continua ad insultarla. Lei trema, il volto congelato in una smorfia di dolore. Poi lo sguardo si sposta verso il basso: come un animale terrorizzato ha orinato per terra. Antonio si stacca dal suo collo, se ne va. Lei con i pugni ancora chiusi si accascia a terra, piangendo. È una scena – terribile – del film spagnolo «Ti dò i miei occhi» («Te doy mis ojos») che racconta di violenza domestica. E spiega bene – come affermano le esperte che abbiamo interrogato sul tema – come la violenza sia un percorso, mai un raptus isolato che arriva in un momento di pazzia momentanea. È un tremendo viaggio con degli esordi «leggeri» che la vittima può leggere come «cadute» da cui poi ci si rialza, sbavature che non impediscono la vita insieme. Quelle che sono evidenti mancanze di rispetto vengono in un certo senso accettate. Perché tante non se ne vanno subito? I motivi possono essere diversi: una concezione sbagliata dell’amore, la paura di perdere i figli, le pressioni dei parenti, le difficoltà economiche o sociali, la speranza di «redimere» l’uomo… Fatto sta che la caduta continua, ed è sempre più rovinosa. Dalle cattive

parole si passa ai fatti. Prima una sberla, poi i calci. Tanti lividi, tanto dolore. Qualcuna alla fine muore (magari quando aveva deciso di lasciare il suo aguzzino), e mica solo in Italia.

In Svizzera l’anno scorso 15 donne sono state uccise dal compagno o dall’ex. Lo dice l’Ufficio federale di statistica (www.bfs.admin.ch). Mentre in Ticino la polizia interviene in media tre volte al giorno per situazioni di violenza domestica. Nella maggioranza dei casi, manco a dirlo, le vittime sono donne. E si tratta solo della punta dell’iceberg, affermano gli esperti. Uno studio commissionato dall’Ufficio federale di giustizia stima che solo il 20 per cento delle vicende di violenza domestica viene notificato alle forze dell’ordine.

Ma perché tutto questo odio? Le donne, fino a non molto tempo fa, non erano considerate granché. A dirla tutta nemmeno oggi la semplice idea di parità è completamente accettata. Il famoso detto «tra moglie e marito non mettere il dito» è ancora presente nelle coscienze. L’Ufficio federale per l’uguaglianza tra donna e uomo, dal canto suo, spiega: la violenza sulle donne ha profonde radici nella disparità tra i sessi presente all’interno della società ed è perpetuata da

una cultura che tollera e giustifica la violenza di genere e si rifiuta di riconoscerla come un problema. Una cultura sostenuta anche dal linguaggio e dalle immagini trasmesse dai media. Quei media che si sono accaniti sul caso tremendo di Giulia Tramontano. Gli stessi che invece hanno raccontato di sfuggita l’uccisione a Roma, a inizio giugno, della poliziotta Pier Paola Romano per mano del collega con cui aveva avuto una relazione, il quale si è poi suicidato. Ancor meno si sono

soffermati sulla tragedia avvenuta in maggio a Savona (forse perché i protagonisti erano di origine straniera?): una 28.enne è stata freddata in una piazza da un uomo che aveva appena lasciato… Muoiono ammazzate giovani e anziane, svizzere, italiane e di tutte le altre nazionalità, donne incinte o meno, ricche e povere. Nessuna è immune. Il modo di raccontare i fatti di tv, radio e giornali conta, dicevamo. Esiste un problema nella narrazione quotidiana della violenza di

genere che crea ulteriore violenza verso le donne (ne avevamo parlato con l’esperta Flavia Brevi). Ad esempio in un caso di femminicidio si mette l’accento su come era vestita la vittima, su quanto aveva bevuto o sul fatto di essere uscita da sola. Così facendo si sposta l’attenzione dal crimine ai comportamenti della donna, come se ne avesse in parte la responsabilità. Oppure si usano ancora espressioni quali «vendetta passionale», «raptus di gelosia»… Ma non c’è nulla di romantico nella violenza. Proprio nulla. Cosa si può fare? Ce lo aveva detto Sonny Buletti, che ha lavorato una vita nell’ambito del sostegno alle donne vittime di violenza domestica in Ticino: «È necessario un deciso cambiamento di mentalità. Bisogna insegnare ai bambini come ci si relaziona all’altro sesso e come si risolvono i conflitti. O, almeno, insegnare alle donne a difendersi». Aggiungiamo: bisogna insegnare agli uomini adulti a tenere a bada i bassi istinti, a farsi curare se non ci riescono. Inoltre è necessario che le violenze di genere siano represse in maniera più dura. Infine programmi di prevenzione a largo spettro dovrebbero essere implementati non solo nelle scuole ma anche in altri ambienti, ad esempio i luoghi di lavoro.

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Dati recenti dell’università di Harvard dicono che negli Stati Uniti la prima causa di mortalità tra le donne incinte e le puerpere è la violenza maschile. (Pixabay) Una scena del film «Ti dò i miei occhi».

DIECI FATTI SULLE CAPANNE CAS

Le capanne del Club Alpino Svizzero (CAS) stanno alle nostre montagne come gli ombrelloni a una spiaggia mediterranea. Ad alpinisti ed escursionisti offrono alloggio e corroboranti proposte gastronomiche. Ecco alcuni dati interessanti

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Gioiello architettonico a 2338 metri d’altezza: la Capanna Corno-Gries CAS in Ticino

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In Svizzera si contano 153 capanne CAS, per un totale di oltre 9000 posti letto.

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Il bivacco del Mischabeljoch consiste in una costruzione metallica montata su pali. Svetta a 3855 metri nel Canton Vallese ed è la capanna CAS permanente più alta della Svizzera.

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La capanna più bassa, invece, è la Treschhütte nel Canton Uri, che sorge a «soli» 1475 metri d'altezza. Il dislivello rispetto al bivacco del Mischabeljoch è di 2380 metri.

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Il Vallese è in cima alla classifica dei cantoni per numero di capanne CAS: ne ospita ben 52 su un totale di 153.

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La capanna più antica risale al 1863, l’anno stesso di fondazione del CAS: è la Grünhornhütte nel Canton Glarona, che oggi ospita un piccolo museo.

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La costruzione della Britanniahütte, in Vallese (altezza 3030 metri) è stata finanziata dall'associazione dei membri britannici del CAS, da cui il nome.

7 La capanna CAS più fuori mano in assoluto è la Baltschiederklause. Si trova in fondo alla Val Baltschieder, al piede sud dello Jägihorn (3406 metri), nel Canton Vallese. L’ascesa dura circa 7 ore e il dislivello da superare è di circa 1800 metri.

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L’architetto sangallese Jakob Eschenmoser è stato il più prolifico in materia di capanne CAS: ne ha costruite o ristrutturate ben 15. Eschenmoser è vissuto dal 1908 al 1993.

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La Dammahütte fu costruita nel 1914 in occasione dell’Esposizione Nazionale. Un anno dopo fu smontata, trasportata pezzo dopo pezzo fino alla sua attuale posizione, a 2439 metri d’altezza nel Canton Uri, e fedelmente ricostruita.

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Nelle capanne vigono regole ben precise: a partire dalle 22, per esempio, non è più consentito fare rumore – molti partono alle prime luci del mattino per l'escursione o l'arrampicata del giorno.

Concorso

Insieme a Farmer per la montagna

Migros sostiene il Club Alpino Svizzero (CAS) per consentire a grandi e piccini di scoprire e vivere il meraviglioso mondo alpino. Quest’anno verranno fornite gratuitamente al CAS 50’000 Farmer Bars, che saranno vendute nelle capanne al prezzo di 1 franco. Il ricavato della vendita va direttamente nelle casse del rifugio. Le Farmer Nuts con mandorle e fichi sono disponibili anche nelle filiali Migros

Ogni mese mettiamo in palio premi per un valore di 1000 franchi

Fino a ottobre puoi vincere premi per un valore complessivo di 6000 franchi! Non devi far altro che scansionare il codice QR qui sotto e rispondere correttamente alle domande del concorso. In bocca al lupo!

Premi in palio ogni mese:

● Un fine settimana nella capanna Hundsteinhütte SAC per 2-4 persone.

Valore: 500 franchi (Pernottamento e pasti inclusi)

oppure

● 5 buoni per un fine settimana in una capanna del valore di 100 franchi ciascuno (capanna CAS a libera scelta)

Termine ultimo di partecipazione: 30 giugno 2023

Condizioni di partecipazione: www.migmag.ch/condizioni

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVI 12 giugno 2023 azione – Cooperativa Migros Ticino MONDO MIGROS 25 Immagini: fotofmp.ch, Sven Stoppani, Rami Ravasio
La rustica cornice dell’Alpstein: la Hundsteinhütte SAC.
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I grattacapi di Francesco

Il punto ◆ Il Papa ha nemici accaniti soprattutto in Germania e negli USA

Nel caos pakistano

Il punto ◆ È battaglia tra due fazioni dell’esercito

Malgrado la salute altalenante, Papa Francesco non desiste dal progetto di mettere la Chiesa al passo con i tempi e soprattutto con le sfide della modernità: dall’omosessualità al ruolo delle donne, dalla comunione ai divorziati passando per la contraccezione. A marzo sono stati dieci anni dalla sua elezione al soglio pontificio (leggi Tra slanci e sconfitte di Giorgio Bernardelli pubblicato su «Azione» del 13 marzo scorso). Un periodo contrassegnato da una robusta contrapposizione con la Curia nel segno di due impegnative contese: contro la pedofilia clericale e contro la gestione fin troppo allegra delle finanze vaticane. Non le ha vinte e non le ha perse, le combatte ancora in un ambiente invelenitosi anno dopo anno, nel quale si guarda a ogni suo ricovero in ospedale, l’ultimo settimana scorsa per un intervento all’addome, con un misto di terrore e di speranza, a seconda dei propri sentimenti: il terrore di perderlo, la speranza che le sue condizioni fisiche lo costringano al passo indietro senza doverne aspettare la morte. Delle proprie dimissioni Francesco ha parlato più volte, ma l’impressione è che l’enunciazione teorica non sia accompagnata da una esplicita volontà. Insomma, a dicembre saranno 87 anni, però il diretto interessato appare ben saldo sul trono di Pietro.

Nonostante provenga da una famiglia ligurepiemontese trasferitasi in Argentina, Bergoglio non si fida dell’ambiente italiano

Nonostante provenga da una famiglia ligure-piemontese trasferitasi in Argentina quasi un secolo addietro, Jorge Mario Bergoglio non si fida dell’ambiente italiano. Lo si è capito il giorno stesso del suo insediamento con il rifiuto di trasferirsi nel Palazzo Apostolico e la scelta di eleggere a proprio domicilio la Casa di Santa Marta, dov’era stato ospitato, assieme agli altri cardinali, nei due conclavi del 2005 e del 2013. Una scelta di rottura netta, senza precedenti. I malevoli vi hanno letto il timore di finire vittima di una congiura, come al tempo dei Borgia; i realisti il desiderio di sottrarsi ai giochi di potere

e alle voci di corridoio, che indussero il suo predecessore Benedetto XVI, Joseph Ratzinger, alle clamorose dimissioni. Proprio la convivenza con il papa emerito Ratzinger, capace per mezzo secolo di dettare la linea pastorale del Vaticano, è stata utilizzata dai nemici di Francesco per accusarlo di rasentare l’eresia con le sue aperture.

Lo scontro fra conservatori e riformisti si è incarognito nel corso del pontificato. A differenza del passato, sono stati il clero tedesco e statunitense a portare avanti una contestazione sempre più aspra legittimando, addirittura, le voci di uno scisma. Persino la comunione a Biden, il secondo cattolico, dopo Kennedy, a diventare presidente degli USA, è stata oggetto di una violenta polemica per la posizione favorevole all’aborto dello stesso Biden. A sua difesa è dovuto intervenire pubblicamente il Vaticano con immancabile malumore dei settori tradizionalisti.

Quei vescovi USA pro-Trump

Non a caso gran parte dei vescovi americani si era dichiarato per Trump durante la campagna elettorale del 2020 e l’identica posizione sarà probabilmente assunta nella prossima tornata tra una manciata di mesi. Tuttavia, il cuore della ribellione è in Germania, dove i più accaniti avversari di Francesco sono alla ricerca di un moderno Martin Lutero voglioso di appendere un po’ di tesi, ne basterebbero anche meno di 95, al porticato di una chiesa.

Bergoglio paga pure l’essere il primo Papa gesuita. All’interno delle mura leonine la compagnia è sempre stata guardata con sospetto; mai sono piaciute la presenza in prima fila e la brillantezza, giudicata eccessiva, di alcuni suoi esponenti, bravissimi nello stare in bilico tra Dio e Cesare. L’antesignano di Francesco è stato il cardinale Carlo Maria Martini, arcivescovo di Milano dal 1979 al 2002. Esegeta oltre che biblista di smisurata cultura teologica, fu il principale esponente del dialogo fra le religioni, soprattutto l’ebraismo, i cui fedeli amava definire «fratelli maggiori».

al riparo delle cortesie formali, un robusto conflitto sul ruolo della Chiesa. Martini guardava all’Europa, Wojtyla all’America Latina: il crollo dei fedeli nel Vecchio Continente sembra dare ragione alle preoccupazioni di Martini. Nel conclave del 2005 sarebbe stato il principale avversario di Ratzinger, se il Parkinson non l’avesse già aggredito. Il tentativo di spostare i suoi suffragi su Bergoglio, che arrivò a raccoglierne una quarantina su 113, fu alla fine bloccato dal diretto interessato che disse di non sentirsi pronto. Lo era, invece, nel 2013 allorché bastarono cinque scrutini per designarlo pontefice con 90 voti. Era il primo a provenire dalle Americhe, «dalla fine del mondo», dirà lui. A sostenerlo, oltre ai vecchi tifosi di Martini e ai cardinali latino americani, quanti volevano regolare i conti con quanti avevano spinto Benedetto XVI alle dimissioni.

Francesco cerca di risolvere una delle crisi più devastanti del dopoguerra, l’invasione russa dell’Ucraina

Nella fase forse più delicata del suo magistero Francesco cerca di risolvere una delle crisi più devastanti del dopoguerra, l’invasione russa dell’Ucraina. In questi mesi ha mostrato una notevole duttilità capendo che approntare piani di pace è assai complicato con le pregiudiziali poste dagli uni (via i russi dal nostro territorio) e dagli altri (non rinunciamo alla conquista del Donbass). Ha ricevuto Zelensky, benché fosse informato che le distanze non sarebbero state colmate; è prontissimo a visitare Putin, benché sappia che l’altro lo vorrebbe usare con la complicità del patriarca ortodosso Kirill. Ha avuto l’intelligenza di lanciare l’iniziativa dell’ascolto, una sorta di preparazione all’inevitabile trattativa, e l’ha affidata a una personalità emergente tra i suoi prescelti, il cardinale Matteo Zuppi fresco presidente della Conferenza episcopale italiana. La settimana scorsa è stato a Kiev, nelle prossime dovrebbe recarsi a Mosca. Lavora per la pace e secondo molti osservatori pensa alla successione di Bergoglio.

Riassunto delle puntate precedenti, come in ogni serie che si rispetti: 14 mesi fa Imran Khan, allora premier del Pakistan, veniva sfiduciato dal Parlamento e mandato a casa. Al suo posto, un Governo di coalizione ad interim, che doveva in teoria indire le elezioni entro 90 giorni. Le elezioni sono state rimandate con vari pretesti, mentre Khan portava in piazza migliaia di persone e incolpava prima «un complotto» ai suoi danni gestito dalla CIA e poi i militari. Khan, che dai militari era stato messo al potere, aveva cominciato già da tempo un braccio di ferro con i vertici delle forze armate: in particolare con l’ex capo dell’esercito Bajwa e con l’attuale, il generale Munir, destituito dallo stesso Khan quando era a capo dei servizi segreti. Materia del contendere, pare, le accuse di corruzione nei confronti della first lady e della sua migliore amica e socia in affari, ma soprattutto essere colpevoli di osteggiare il processo democratico che porterebbe Khan all’ennesima vittoria alle urne. Intanto, nei confronti di quest’ultimo pendevano e pendono un centinaio di denunce, che spaziano dalla corruzione al terrorismo. Lui ha evitato la prigione per qualche mese portando migliaia di persone in piazza ogni volta che doveva comparire in tribunale. Fino a che, in maggio, viene arrestato per aver venduto, intascandone i proventi, i doni ricevuti nel suo ruolo di primo ministro e per aver favorito, dietro lauto compenso, un miliardario imprenditore indagato per riciclaggio dalle autorità britanniche.

Assalti e saccheggi

Al suo arresto è seguito, il 9 maggio, un vergognoso quanto sanguinoso assalto dei suoi «pacifici» sostenitori a varie stazioni di polizia in tutto il Paese e anche al quartier generale dell’esercito a Rawalpindi. A Peshawar viene data alla fiamme la stazione di Radio Pakistan, a Lahore viene assaltata e saccheggiata la sede dei Corps Commander. D’altra parte già nei mesi scorsi stazioni di polizia e caserme erano state prese d’assalto dai seguaci di Khan che marciavano chiedendo un cambiamento «attraverso le urne o con un bagno di sangue». Il bagno di sangue non c’è stato, ma solo per caso. Otto morti e migliaia di arresti. Imran Khan è stato rilasciato dopo qualche giorno, la sua first lady è comparsa in tribunale nel suo solito bianco hijab integrale e ulteriormente protetta da bianchi lenzuoli dalla vista dei comuni mortali, per chiedere la cauzione per le accuse nei suoi confronti. In compenso la reazione dei militari non si è fatta attendere:

migliaia di persone sono state arrestate per gli episodi di violenza in questione. Soprattutto sono stati arrestati tutti i vertici del partito di Khan, che a quanto pare vengono liberati soltanto dopo aver promesso di dare le dimissioni dal partito.

Imran Khan e l’Occidente Khan e i suoi sostenitori cercano l’appoggio dei Governi occidentali gridando al complotto e all’attentato alla democrazia. Niente di più falso: non si tratta di una lotta per la democrazia né tantomeno dell’eroico Imran che, solo tra i politici pakistani, ha il coraggio di opporsi allo strapotere dell’esercito: l’ex premier ci ha tenuto più di una volta a precisare il suo profondo rispetto e il suo smisurato amore per l’istituzione tutta. Non si tratta di Khan contro i generali e i servizi segreti, ma di generali e servizi segreti contro i loro colleghi. La vera battaglia, difatti, si svolge tra due diverse fazioni dell’esercito, una più progressista e l’altra più conservatrice. E Imran gioca sul tavolo dei conservatori, ma la partita che sta giocando con esercito e servizi segreti, quegli stessi che lo hanno condotto quasi di forza al potere e che di fatto governano il Paese, è complessa e pericolosa. Soprattutto perché ha evidenziato una spaccatura all’interno delle monolitiche istituzioni. E i militari, in Pakistan, non detengono soltanto le armi ma anche e soprattutto il potere economico. Con un fatturato di 26,5 miliardi di dollari e tre milioni di persone a libro paga, l’esercito è difatti il gruppo industriale più grande del Pakistan. Ha interessi praticamente in ogni settore: produce, acciaio, mobili, beni di consumo, prodotti farmaceutici, alimentari, cereali, carni lavorate e molto altro.

È la più grande impresa di costruzioni del Paese, possiede miniere, cliniche e ospedali, scuole e università. È il più grande produttore di cemento e fertilizzanti del Pakistan, ha interessi sia nel settore pubblico che privato e, ciliegina sulla torta, i militari possiedono la Askari Bank, che è tra le prime cinque banche del Paese. La battaglia è ancora in corso, tra arresti di politici e roboanti dichiarazioni dell’esercito che ringrazia i pakistani per il loro «infinito» amore nei confronti dell’istituzione. In conclusione, comunque vada, a vincere saranno sempre e inevitabilmente loro: con un altro burattino «democraticamente» eletto, da rimandare a casa quando, come succede dalla fondazione del Paese, comincia a voler pensare con la propria testa. Si attendono le prossime puntate.

La polizia ferma un sostenitore di Imran Khan a Lahore. (Keystone)

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVI 12 giugno 2023 azione – Cooperativa Migros Ticino ATTUALITÀ 29
Keystone

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I piccoli Jumpy’s sono ariosi dentro, ma incredibilmente croccanti fuori. Questi snack da sgranocchiare a base di patate convincono per il loro delicato sapore di paprica e la forma unica. I Jumpy’s sono inoltre privi di glutine e vegetariani. Piacere e divertimento sono garantiti!

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Il prossimo 18 giugno il popolo svizzero sarà chiamato a esprimersi anche su un soggetto fiscale un po’ particolare. In realtà si tratta di fornire una base costituzionale elvetica per poter applicare una misura concordata a livello internazionale. Si sa che in Svizzera le imposte, a livello federale, vengono contemplate nella Costituzione, per cui ogni modifica deve avere l’avallo del popolo e dei Cantoni.

Si tratta semplicemente di fornire una base costituzionale elvetica per poter applicare una misura concordata a livello internazionale

Di che cosa si tratta in concreto? Si tratta semplicemente di fornire basi per poter applicare, anche nel nostro Paese, l’accordo che prevede una tassazione minima del 15 per cento delle imposte sugli utili delle grandi società.

L’idea, lanciata e sostenuta soprattutto dagli Stati Uniti, è nata in un primo tempo nel contesto del G20, il Gruppo dei Paesi economicamente più importanti, che fanno parte dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), di cui è membro anche la Svizzera.

In un primo tempo gli Stati Uniti e altri Paesi avrebbero voluto un’imposta minima del 21 per cento sugli utili delle multinazionali. In seguito le posizioni si sono avvicinate e, di ritorno da Parigi, il ministro elvetico delle Finanze poteva garantire che l’aliquota da applicare per la nuova imposta si sarebbe situata tra il 10 e il 20 per cento.

In seguito, sempre nell’ambito dell’OCSE, si sono definite tutte le modalità d’applicazione e il Consiglio federale poteva presentare al Parlamento, nel giugno dello scorso anno, un progetto di modifica dell’articolo 129 della Costituzione. Tale progetto conferma un’aliquota del 15 per cento al minimo per la tassazione degli utili delle società con una cifra d’affari di almeno 750 milioni di euro. Ma l’aspetto importante di questa imposta sta nel fatto che, se un Paese applica un’aliquota minore, i Paesi con cui la società intraprende rapporti commerciali possono emettere una tassazione per compensare il minor gettito. Di-

scutere di fiscalità in Svizzera è sempre problematico, soprattutto perché la Costituzione federale prevede la sovranità fiscale dei Cantoni. Questo permette loro una certa concorrenza fiscale. La legge in votazione elimina in parte questo tipo di concorrenza, limitando anche quella fra Paesi.

In Ticino il tasso medio d’imposizione è già vicino al 15 per cento, per cui non ci dovrebbero essere grandi differenze nella tassazione

Attualmente 18 Cantoni e semi-Cantoni applicano un tasso inferiore al 15 per cento, ma altri Cantoni – come ad esempio Zurigo (nella foto Unsplash) – applicano un tasso tra il 17 e il 20 per

cento, a seconda dei comuni. In Ticino il tasso medio d’imposizione è già vicino al 15 per cento, per cui non ci dovrebbero essere grandi differenze nella tassazione. Per contro, quei Cantoni che oggi applicano tassi di favore dovranno aumentare le imposte sulle società interessate. Le aziende toccate con sede principale in Svizzera sarebbero circa 200. Ci sarebbero inoltre circa 2000 gruppi internazionali, con sede all’estero e con attività anche nella Confederazione. Per tutte le altre aziende la nuova tassazione non comporta nessun cambiamento. Questo aspetto è importante per la Svizzera, Paese nel quale dominano le piccole o medie aziende. È però fondamentale chiarire gli effetti di questo cambiamento, perché indirettamente i grandi gruppi industriali o finanziari sono importanti per le piccole e me-

die aziende che forniscono loro servizi, prodotti finiti o semi-lavorati (in Svizzera e all’estero).

Il cambiamento provocherà un aumento del gettito globale delle imposte, che il Consiglio federale stima tra 1 e 2,5 miliardi di franchi all’anno. Si tratta di una prima valutazione, poiché le regole fiscali che l’OCSE adotterà non sono necessariamente quelle previste oggi dalla Svizzera. Da noi si apre inoltre un altro problema, dovuto alla sovranità fiscale dei Cantoni. L’imposta verrà infatti applicata dalla Confederazione che procederà poi alla ridistribuzione delle entrate.

In Parlamento sono nate divergenze tra chi avrebbe attribuito l’intero gettito ai Cantoni e chi alla Confederazione. Un accordo di maggioranza è stato raggiunto con la divisione del 25 per cento alla Confederazione e il 75

per cento ai Cantoni. L’opposizione si è manifestata tanto sulla destinazione delle entrate, quanto sull’uso delle stesse. Difficile sarebbe però decidere su cifre che non si conoscono ancora. Nella ripartizione la Confederazione dovrà tener conto dei Cantoni che oggi contano molto su queste entrate e di quelli che ne hanno meno bisogno. A livello politico, dopo il sì del Parlamento, si sono schierati a favore tutti i gruppi del centro e della destra e le varie organizzazioni dell’economia. Contro chiedono di votare i socialisti, mentre i Verdi lasciano la libertà di voto. Uno dei motivi della sinistra è dovuto al fatto che per l’occasione si sarebbe potuto aumentare le imposte per tutte le società. Idea che avrebbe provocato l’opposizione di molti Cantoni e delle piccole e medie imprese.

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Svizzera
◆ Il 18 giugno il popolo è chiamato a esprimersi anche su un soggetto fiscale. Si vota per creare una base costituzionale che permetterebbe l’introduzione di un’imposta minima del 15 per cento sugli utili delle multinazionali
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Un’Accademia antichissima

A Firenze, quella delle Arti e del Disegno ha avuto membri di prima grandezza, a partire da Michelangelo

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La forza dei versi Per le edizioni Einaudi è uscita una nuova raccolta di poesie di Emily Dickinson tradotte da Silvia Bre

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La scommessa di IntegrArt

Danzare la diversità fisica sul palcoscenico nello spettacolo Forme(s) de vie promosso da Migros

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Una geografia esistenziale e sentimentale

Intervista ◆ Anna Luisa Pignatelli racconta il suo nuovo romanzo uscito per Fazi Editore

Filari di cipressi e oliveti, il filo dell’orizzonte che insegue il dolce disegno delle colline senesi, come onde lunghe di un mare verde, e poi i borghi di pietra e le case di mattoni che punteggiano i campi che sembrano confinare solo con l’azzurro sfumato del cielo: è in questo paesaggio idilliaco, che nasce l’ultimo libro di Anna Luisa Pignatelli, Il campo di Gosto (Fazi Editore), geografia esistenziale e sentimentale di Agostino Neri, contadino toscano capace di affrontare l’ultima parte dell’esistenza con curiosità e amore per la vita. Un anti-eroe, un uomo mite, solido nelle proprie convinzioni e nella profonda umanità che trae forza dalla natura, dalla terra del suo podere che per lui è l’antidoto ad un mondo che gli si rivela ostile, che cerca ripetutamente d’ingannarlo, di piegarlo cancellando i suoi sogni. Abbiamo intervistato Anna Luisa Pignatelli che dopo aver vissuto molti anni all’estero, è tornata a casa nelle Crete Senesi, le terre della sua infanzia.

Una volta le campagne toscane erano «abitate», piene di persone. C’era prossimità, solidarietà, empatia, rispetto per gli altri e per la natura

Sono stati i suoi protagonisti toscani alle prese con il senso della vita, a farla tornare?

In un certo senso sì. Quando ero in Guatemala ho cominciato a scrivere una ricerca sulle etnie maya che stanno scomparendo. Poi mi sono dedicata ad un romanzo su un fotografo che, durante la guerra civile degli anni ’80, diventa un testimone scomodo. Ma dopo essere vissuta in Corea del Sud, in Africa, in Portogallo, mi è successa una cosa curiosa: più mi allontanavo dalla Toscana e dai luoghi dove sono nata, più quei posti, quella gente, quelle voci, a distanza di tanti anni, mi tornavano alla mente. È stato come se parte della mia «famiglia», in senso positivo, riannodasse quel legame affettuoso che ci univa. Così è tornato a me il mondo della mia adolescenza, quel modo di parlare toscano scarno, essenziale, ironico, con espressioni colorite che nascono da una sorta di antica poetica. Allora ho ripreso in mano gli scrittori toscani che amavo come Tozzi con quella sua visione cupa del mondo; Carlo Cassola e la sua idea particolare della natura; e poi Tabucchi con la sua ironia esistenziale, lieve e poetica insieme, e leggendoli ho ritrovato i miei ricordi, le mie sensazioni e tutto un mondo che pensavo di avere dimen-

ticato e che invece la memoria mi restituiva vivido e intatto, pieno di personaggi che mi hanno indotto a scrivere su di loro e ad ambientare in Toscana i romanzi dei quali erano protagonisti.

Ma quel mondo che ricordava, esiste ancora?

In parte c’è ancora perché la gente sente il bisogno di mantenere alcune tradizioni e di perpetuarle e perciò alcuni aspetti di quel mondo ricco di usanze e pieno di significati, permangono, anche se la Toscana della mia adolescenza non c’è più. D’altronde tutto cambia. Una volta le campagne toscane erano «abitate», piene di persone. C’era prossimità, solidarietà, empatia, rispetto per gli

altri e per la natura. Poi c’è stato uno spopolamento repentino. Nel giro di tre, quattro anni, nelle Crete Senesi di colpo non c’era più nessuno. Tutti i poderi erano vuoti. I giovani andavano a lavorare in città, o nei borghi un po’ più grandi dove c’erano le fabbriche e lasciavano i vecchi ad occuparsi dell’orto e delle bestie. Anche perché questi spesso si rifiutavano di seguirli e preferivano morire sulla loro terra. Ricordo una coppia di vecchi contadini rimasti soli nel loro podere nel mezzo di tanta terra abbandonata. Di notte, vedevo quella casa isolata, quell’ultima luce rimasta che brillava e intuivo nel buio le finestre spente delle altre case vuote da tempo. Pensavo con angoscia che il giorno in cui quei due vecchi non ci fossero più stati, il mondo che conoscevo, che era anche mio, si sarebbe spento in modo definitivo.

Nel suo ultimo romanzo Il campo di Gosto lei racconta questo cambiamento sociale e antropologico che è ciò che rende difficile la vita del suo protagonista?

Sì, in questo romanzo parlo del paesino di minatori dal quale Agostino, detto Gosto proviene, dove la gente era solidale e non c’erano invidie perché la vita era talmente dura che non avevano tempo per queste cose. Invece dove è andato a vivere, quando per trovare lavoro è dovuto partire, è un borgo più moderno, dove l’indu-

strializzazione ha portato dei nuovi miti: il denaro, il gusto per il potere, per le apparenze, una certa superficialità unita all’arroganza, e per Gosto tutto è cambiato. Lui che apparteneva a quel mondo arcaico, quando si ritrova a interagire con questo, più moderno, diventa «un eroe del nulla» come lo ha chiamato Fabio Pellegrini che conosce bene queste terre, perché Gosto è una persona attaccata ai suoi valori, ad un suo modo di vivere, ad un certo individualismo, al senso di libertà e di solidarietà. Tutte cose che lo rendono diverso dagli altri e incompreso persino da sua figlia, «la sua spina nel fianco» come la chiama lui.

Nei suoi romanzi i protagonisti sono circondati da vari personaggi, spesso cruciali, intorno a Gosto ci sono Zelia, Mirella, Stella, il Masini e poi, menzionata quasi come fosse il peccato originale c’è la famiglia. Come mai?

Per me la famiglia è il luogo dove nascono tutti i problemi delle persone. Sono poche le famiglie che costituiscono un «porto sicuro» per i propri membri. Il più delle volte accomunano per forza persone che non sono fatte per stare insieme, ed è così che si sviluppano le nevrosi e i problemi piscologici che ci portiamo dietro tutta la vita. Per uno scrittore la famiglia è un labirinto in cui vale la pena entrare.

Dei suoi personaggi quale le è più caro, anche per le vicende in cui lo avvolge?

Forse la protagonista di Ruggine, sono legata a questa sua vecchiaia isolata e combattiva. Ma sento vicina anche la giovane donna di Foschia, intrappolata in una situazione familiare difficile con un padre deludente. I miei personaggi sono tutte persone sole che si ritrovano a combattere contro tutti. Colpa anche di quel «nemico invisibile» che si insinua in noi in seno alla famiglia fin dall’infanzia e che combattiamo per tutta la vita tentando di sconfiggerlo. Perché essere se stessi richiede molto tempo e molte energie, anche per capire chi siamo davvero. E questo perché in famiglia passiamo attraverso un viluppo di sentimenti contrastanti: ci sono le rivalità tra fratelli e sorelle; le gelosie tra madri e figlie, invidie e paure che ristagnano in legami familiari dai quali non ci affranchiamo forse mai, perché nella nostra società tendiamo a conservare riti e legami forieri spesso di contrasti e di sensi di colpa. Così finiamo per combattere contro i fantasmi che ci portiamo dietro dal passato, più che contro i problemi che incontriamo durante la nostra vita.

CULTURA ● ◆ Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVI 12 giugno 2023 azione – Cooperativa Migros Ticino 33
Bibliografia Anna Luisa Pignatelli, Il campo di Gosto, Fazi Editore, Roma, 2023. Qui a lato un’immagine della campagna toscana (Pixabay). Sotto: la foto dell’autrice Anna Luisa Pignatelli. Blanche Greco

La più antica e prestigiosa Accademia al mondo

Riscoperte ◆ È quella delle Arti del Disegno, è nata con l’avallo di Cosimo I de’ Medici e ha sede a Firenze dal 1563

A Firenze si trova la più antica Accademia del mondo; quella delle Arti del Disegno. Sicuramente la più prestigiosa.

Dal 1350 al 1563, sul modello delle compagnie medievali, sorge a Firenze con scopo devozionale e mutualistico la Compagnia del glorioso messer Santo Luca Evangelista. Ne scrive Giorgio Vasari nell’edizione Giuntina della vita di Jacopo di Casentino: «Ebbe principio, l’anno 1350, la Compagnia e Fraternita dei Pittori; perché i maestri che allora vivevano –così della vecchia maniera greca come della nuova di Cimabue –, ritrovandosi in gran numero e considerando che l’arti del disegno avevano in Toscana, anzi in Fiorenza propria, avuto il loro rinascimento crearono la detta Compagnia». È dedicata a San Luca perché nel trattato di Andrea di Creta sulle immagini sacre dell’VIII secolo si racconta che sia stato pittore. Alla Compagnia appartengono artisti come Paolo Uccello, Leonardo da Vinci, Filippo Lippi, Botticelli e Niccolò Tribolo. La lista completa si trova all’Archivio di Stato di Firenze.

Nel 1563, sulle ceneri della Compagnia, sorge la nuova Accademia delle Arti del Disegno sotto l’avallo di Cosimo I de’ Medici il quale è «Padre, Capo e Guida et Correttore». Gli obiettivi sono l’assistenza agli iscritti, tanto da stipendiare un medico, l’aiuto in casi di malattia o miseria, l’ufficiatura delle salme e l’educazione artistica tramite un programma didattico che prevede la lettura di Euclide e Vitruvio. Infine, una libreria e un registro con i nomi dei defunti e le loro opere perché, come scrive Paolo Giovio a Vasari, «altro non c’è che campare dopo la morte».

Durante la prima riunione del 31 gennaio 1563, avvenuta nella chiesa di Santa Maria degli Angeli, i 70 artisti presenti eleggono capi dell’Accademia Cosimo I de’ Medici e Michelangelo Buonarroti. Il primo come princi-

pe e «signore nostro», il secondo come «padre e maestro delle tre arti: pittura, scultura e architettura». Scrive Vasari: «Et hanno voluto per obbligo che ha tutta l’arte alla Signoria Vostra, eleggerla per capo, padre e maestro di tutti, non avendo questa sua città né forse il mondo el più eccellente in queste tre professioni che se n’abbi memoria».

Pochi mesi dopo, Cosimo assegna all’Accademia la sede della Sagrestia nuova di San Lorenzo. Il Musée du Louvre possiede due disegni di Federico Zuccari che ritraggono degli allievi dell’Accademia intenti a copiare le sculture della Sagrestia.

Il 26 febbraio 1564 muore a Roma Michelangelo. La salma viene riportata a Firenze dal nipote Leonardo Buonarroti il 10 marzo. Il 14 luglio viene officiato il rito funebre nella chiesa di San Lorenzo. Organizzato dall’Accademia sotto la direzione di Angelo

Bronzino, Giorgio Vasari, Benvenuto Cellini e Bartolomeo Ammannati. La chiesa viene decorata dai giovani artisti dell’Accademia e il programma concepito da Vincenzo Borghini. Alla Biblioteca nazionale di Firenze ci sono i due volumi che descrivono Le esequie del divino Michelangelo e L’orazione funerale di M. Benedetto Varchi, entrambi editi dalla Giunti di Firenze lo stesso anno. Vent’anni dopo, Bartolomeo Ammannati dona all’Accademia il torso del Dio fluviale, opera di Michelangelo «fatto di terra e cimatura», ancor oggi conservata nella sede dell’Accademia stessa.

Nelle Vite del Vasari troviamo la descrizione di un’opera effimera e più costosa delle esequie: la Mascherata della Genealogia degli Dei e le varie rappresentazioni per festeggiare le nozze di Francesco de’ Medici con Giovanna d’Austria. La sposa arriva a Firenze

il 16 dicembre 1565 e i festeggiamenti durano fino al carnevale dell’anno successivo. Anche in questo caso gli artefici sono gli Accademici sotto la direzione di Vasari e del Bronzino.

L’emblema simbolo dell’Accademia trova la propria applicazione nel 1594 con le tre corone michelangiolesche che rappresentano appunto la pittura, la scultura e l’architettura tramite le foglie di tre piante diverse: l’alloro, l’ulivo e la quercia. Dopo le esequie del 1564 molti artisti chiedono l’iscrizione all’Accademia, tra loro Andrea Palladio, Tiziano Vecellio e Tintoretto.

Nel 1784 nasce l’Accademia di Belle arti e l’attività educativa passa sotto le sue nuove ali, anche se le due Accademie continueranno a dialogare.

Oggi l’Accademia delle Arti del Disegno organizza convegni, presentazioni, conferenze (le manifestazioni

Metti la musica e mettici le stelle

Spettacoli ◆ Eros Ramazzotti, Ricky Martin, Placebo, Tom Odell e Joss Stone sul palco a Locarno

Manca poco all’estate (anche se a dire il vero le avvisaglie a oggi sono state piuttosto tiepide) e quindi all’agognata esplosione di suoni e colori che riempirà piazze e campi non solo della nostra regione, ma della Svizzera tutta. È infatti fuori di dubbio che il nostro Paese negli ultimi anni si sia trasformato

in una mecca per tutti coloro che amano la grande musica dal mondo suonata live sotto un caldo cielo stellato estivo. E in tutto ciò Migros fa una parte da leone, sponsorizzando i festival più importanti del nostro territorio, dall’openair di Frauenfeld al Gurten di Berna, passando per il Paléo di Nyon e il

Seaside Festival di Spiez – solo per citarne alcuni – e arrivando fino a Moon&Stars in Piazza Grande a Locarno, rassegna giunta quest’anno alla diciottesima edizione.

Dal 13 al 23 luglio 2023 la suggestiva Piazza Grande di Locarno tornerà ad essere il palcoscenico della

grande musica, ospitando tra gli altri i ritmi calienti di Ricky Martin, il poprock degli statunitensi One Republic, le ballate bernesi di Gölä, il soul della cantautrice britannica Joss Stone, il rock alternativo dei Placebo, oltre ovviamente al sound inconfondibile di uno dei più grandi rappresentanti del

Eros Ramazzotti si esibirà il 18 luglio (foto Maki Galimberti); a sin. la magica atmosfera di Piazza Grande (MSF Moon and Stars Festivals SA).

vasariane o le celebrazioni di Andrea Del Sarto), mostre e la tutela del patrimonio come il recupero della Cappella Brancacci.

Dopo diversi spostamenti, dal 1974 la sede si trova nel Palazzo dell’arte dei beccai, una costruzione del Trecento che ospitava la corporazione dei macellai, uniti ai fornai e ai venditori di olio.

All’interno, a piano terra, c’è il salone delle adunanze e la saletta degli accademici. Numerose le opere d’arte. Ad esempio il Tabernacolo di Boldrone di Pontormo del 1521-22. Scrive Vasari nella vita di Jacopo del Pontormo che «vicino al monasterio di Boldrone, in sulla strada che va di lì a Castello, ed in sul canto d’un’altra che saglie al poggio e va a Cercina, cioè due miglia lontano da Fiorenza, fece in un Tabernacolo a fresco un Crocifisso, la nostra Donna che piange, San Giovanni Evangelista, Sant’Agostino e San Giuliano. Le quali tutte figure, non essendo ancora sfogato quel capriccio e piacendogli la maniera tedesca, non sono gran fatto dissimili da quelle che fece alla Certosa». Il tabernacolo viene staccato nel 1956 e portato, appunto, all’Accademia delle Arti del Disegno.

Poi dipinti di Bartolomeo Salvestrini, Francesco d’Antonio, Francesco Granacci; sculture, come un torso di epoca romana e due busti di marmo raffiguranti Michelangelo e Cosimo I. Ma soprattutto una lunga sequenza di ritratti dei luogotenenti e dei presidenti dell’Accademia, da quello di Vincenzo Borghini di Valerio Marucelli del 1596 a quello di Francesco Adorno di Carlo Bertocci del 2008. Infine quelli dei professori, da Domenico Beccafumi a Pontormo, da Tiziano ad Andrea del Sarto.

Dove e quando Accademia delle Arti del Disegno, Via Orsanmichele 4, Firenze. www.aadfi.it

pop italiano: il 18 luglio infatti si esibirà Eros Ramazzotti.

Dove e quando Moon&Stars, 13-23 luglio 2023. Info: moonandstars.ch

Concorso

«Azione» mette in palio 25X2 biglietti per il concerto di Eros Ramazzotti, che avrà luogo martedì 18 luglio 2023 alle 21.45, preceduto dall’esibizione di Joss Stone. Per partecipare all’estrazione è sufficiente inviare una mail con i propri dati (nome, cognome, indirizzo e numero di telefono) a giochi@azione.ch (oggetto: Ramazzotti) entro domenica 18 giugno 2023. Vincitrici e vincitori avranno così modo di trascorrere un’indimenticabile serata sotto le stelle, ballando sulle note inconfondibili del grande Eros Ramazzotti.

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVI 12 giugno 2023 azione – Cooperativa Migros Ticino CULTURA 34
Il Salone della Biblioteca. (Foto Elena Foresto)

L’umano che continuamente si compie nella poesia

Pubblicazione ◆ Per Einaudi è uscita una nuova raccolta di poesie di Emily Dickinson tradotte da Silvia Bre con la prefazione di Sara De Simone

Lo scrittore e la scrittura

Il saggio ◆ La vertigine della letteratura secondo Domenico Starnone

Quand’è che un poeta diviene poeta? Quand’è che può dirsi matura una scrittura, per poter affermare che una certa parola non ha più solo il senso di quella, ma anche di tante altre che le risuonano dentro? Ebbene, nella poesia di Emily Dickinson e nel suo ultimo libro pubblicato da Einaudi (p.p.740) dal titolo Poesie, curato e tradotto magistralmente dalla poetessa Silvia Bre e contenente 350 liriche, questa domanda sorge spontanea ma al tempo è destinata a rimanere tale, non avere risposta adeguata. Poiché se è certo che l’esperienza talvolta affina lo stile, è pur vero che certi rari talenti, hanno fin da subito nel loro sentire, nitide, quelle visioni fatidiche che muoveranno la loro arte, ben prima e oltre il perfezionarsi dello strumento linguistico.

Già preadolescente, Dickinson era una collettrice immensa d’immagini

e sensazioni

Tutto in Emily era già visione, nitidissima raffigurazione, molto prima che essa si materializzasse in scrittura e proprio leggendola per paradosso ce ne rendiamo conto: «Misuro ogni dolore che incontro/con sguardo minuzioso, inquisitore-/mi chiedo se pesa quanto il mio-/o è un carico più lieve-//Mi chiedo se lo portano da tanto-/…/l’età del mio non saprei dire-/ sembra antica la pena-//…». Già preadolescente, Dickinson era una collettrice immensa d’immagini e sensazioni. Bambina proveniente da una famiglia borghese di Amherst nel Massachusetts, dove la Bibbia anglicana era pietra angolare della società, visse in territori vasti e selvaggi, storicamente toccati dal passaggio del sogno americano verso l’Ovest. Da una parte la scrittrice quindi si sentiva dentro il flusso di quei grandi rivolgimenti che stavano cambiando l’America, dall’altra, il suo sguardo era sempre partecipe alle cose della comunità. E proprio su questo varie-

gato paesaggio antropologico, si innestò poi la sua lingua che riprese anche il modo di comunicare già presente in quei territori, asciutto e al tempo stesso espressivissimo, che potremmo definire, come ben dice Franco Buffoni, in un bellissimo scritto dedicato allo poetessa, laconica.

Forse la sua poesia vuole strattonarci verso questa consapevolezza estrema: di quanto fondante sia l’attimo, l’unico che davvero possediamo

Certo la lezione del libro della Bibbia e dei classici come Shakespeare, è grande; difatti le liriche toccano ossessivamente quelli che potremmo definire i temi essenziali quali il passare del tempo individuale dentro quello più vasto, la voce naturale scandita nei tanti modi in cui essa può manifestarsi, ed ancora quella divina che entra nel tempo a volte trafelata, tal’altra così chiara: «Il cielo è così tutto della mente/che fosse la mente dissolta-/la sua -sede-nessun architetto/saprebbe dimostrare un’altra volta-// È vasto come la capacità nostra-/bello – come la nostra idea-/Per chi ne abbia adeguato desiderio/non è lontano, è qua-». E ancora l’esaltazione delle relazioni umane, costituenti l’unica vera ricchezza di ognuno. Ma dietro questo affiorare eterogeneo delle cose del mondo, nei passi cadenzati del verso, quasi solenni, sembra nascondersi il passaggio dei passaggi, cui Dickinson sempre ritorna: l’attimo dell’andarsene del soffio vitale. Ecco, Emily è stata la maestra di quel momento, ha saputo rendere con parole inimmaginabili, la trasformazione di un corpo, dei suoi sogni, in vuoto involucro, che però proprio in quella vuotezza, sembra parlare più fortemente di una certa metafisica che avvolge tutta la sua immobilità: «…/ Ricordò qualcosa, e si dimenticò – Poi lieve come una canna/riversa sull’acqua, rabbrividì appena-/acconsentì, e

Una silhoutte della poetessa americana ritratta nel 1845. (Keystone)

Capita di interrogarsi su che cosa governi il mistero dell’interesse suscitato dalla lettura di scrittori che scrivono di scrittura e di altri scrittori. Per esempio nella riuscita recente raccolta di testi saggistici di Michel Houellebecq, Interventi, qualcosa di simile accade nel saggio dedicato a Emmanuel Carrère e al suo D’autres vies que la mienne. Houellebecq racconta la sua esperienza del passo con l’anziana che ha appena perso la compagna nello tsunami, e dice: «È stato proprio nel momento in cui ho letto che, ricordo, sono scoppiato in singhiozzi e ho dovuto posare il libro, incapace per alcuni minuti di proseguirne la lettura».

Il libro dell’autore napoletano è una raccolta di saggi pubblicati negli anni e nei decenni dedicati all’attività dello scrivere e all’esperienza del leggere

fu morta-//E noi – noi sistemammo i capelli-/e rimettemmo la testa eretta-/e poi una quiete orrenda dovette/ calibrare la fede-/».

Ecco il corpo diviene preghiera muta, ricordando ad ognuno la sua ontologica fragilità. Forse la poesia di Dickinson, vuole strattonarci verso questa consapevolezza estrema: di quanto fondante sia l’attimo, l’unico che davvero possediamo e di quanto sia importante gloriarlo ed intenderlo davvero. Solo in esso l’umano continuamente si compie, ed è capace di immaginarsi in profondità abissali, solo in esso, sembra suggerirci la poeta, dobbiamo aver cura continuamente di rifondare la nostra libertà di pensiero, la nostra critica sul mondo, la nostra libertà nel mondo. Emily seppe davvero cogliere le più recondite ombre negli occhi dei suoi simili, riuscendo sempre a risalire all’intima storia, con l’estrema pennellata linguistica. Descrisse con verità, crudezza mai, i tanti baratri della psiche ma seppe egualmente commuoversi, per la ricchezza che ogni essere era capace di trasmettere. E come ci fa intendere in introduzione del libro Sara De Simone, tutto nella formazione di Dickinson, fu complice al rialzo per la sua scrittura, sempre ben lontana da quelle stanze ammaestrate, ammansite, asettiche dove la vulgata più spiccia vorrebbe far credere esser nata e sviluppata. Perché come retrocedendo nei suoi giovanissimi occhi, avidi di nature, spazi, relazioni, del fuori in una parola, correvano già le 1775 brevi liriche, che sarebbero venute un giorno poi a visitarla in scrittura: «Se potessi scordare quanto fui felice/rammentare quanto son triste/sarebbe una sventura lieve/ma il ricordo della fioritura// rende sempre difficile il novembre/e io che ero quasi audace/perdo la strada come una bambina/e per il freddo soccombo/».

Bibliografia Emily Dickinson, Poesie Einaudi, Torino, 2023.

L’ultimo libro di Domenico Starnone L’umanità è un tirocinio parla anche di sensazioni simili. E magari non è del tutto casuale il fatto che leggerlo può qua e là richiamare alla memoria, tra mille parentesi, che una specie di vertigine della letteratura nella letteratura è forse anche alla base del sospetto, vero o presunto, attuale o superato che sia, che vede nello stesso Starnone l’identità reale dell’operazione tutta para-letteraria di Elena Ferrante.

Il libro dell’autore napoletano è una raccolta di saggi pubblicati negli anni e nei decenni, tutti dedicati all’attività dello scrivere e all’esperienza del leggere. Al ruolo dell’onestà nella composizione del racconto: «Solo quando si impara a essere disonesti coi fatti, nasce il racconto», perché «il racconto è roba per chiacchieroni che reinventano l’accaduto»; all’importanza della prima persona dell’io narrante, perché la verità, in un racconto, non è separabile da un intento dichiarato: dunque, «adesso vi racconto che».

L’analisi dei classici e dei romanzi di genere (ce n’è molta in queste pagine) ci insegna che in letteratura conviene sempre darsi da fare per cercare gli scarti e le alternative al già detto; come quando, ricordando la scoperta di Cuore, Starnone svela un filone dedicato alla malattia («nel libro trovai, per esempio, un cospicuo numero di persone ammalate»),

uno legato al sesso e alle figure femminili e infine il rinvio a una costante ossessione nei confronti della madre. Per indovinata strategia editoriale inoltre, il libro esce il 15 ottobre 1886 all’apertura delle scuole e la vicenda dello scolaro Enrico è fatta iniziare da De Amicis il 17; così che ogni generazione di piccoli lettori e le comunità scolastiche attorno vissero in questa lettura una sorta di «presa diretta» della propria realtà e della propria esperienza.

Certo accanto ai contenuti, alle «belle storie raccontate», chi legge è chiamato a considerare una ineludibile forma: quella dei verbi, per esempio, dal passato remoto usato per raccontare le fiabe e le favole, all’imperfetto, che è nei giochi dei bambini e si chiama quindi ludico («Io ero la Bella addormentata, io ero il Principe azzurro»). I bambini, secondo una immagine di Fred Hoyle mediata da Luigi Meneghello, finché non imparano a parlare vivono una sorta di «polla di genialità», dove un «buco nero nella loro testolina» li configura come esseri solo pensanti, al sicuro solo temporaneamente e presto condannati alla suprema contaminazione dell’acquisizione del codice dei grandi. E dei grandi, di quando si cresce, sarà la seconda concreta applicazione dell’imperfetto narrativo, quello del racconto dei sogni («ho sognato che ero nudo in mezzo alla strada e perdevo tutti i denti»).

Tra le funzioni storicamente individuate della letteratura c’è anche quella di mettere in fila le cose dell’esistenza

È forse questa immagine a concretizzare la ricerca dell’incontro tra letteratura e vita che si legge tra le righe di gran parte di questo bel libro: tra le funzioni storicamente individuate della letteratura c’è anche quella di mettere in fila le cose dell’esistenza semplicemente andando alla ricerca delle chiavi della sua narrazione, rispondendo all’impegno «di trovare un ordine narrativo vero per la confusione dell’esperienza immediatamente biografica».

Bibliografia

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVI 12 giugno 2023 azione – Cooperativa Migros Ticino CULTURA 35
Pixabay
Domenico Starnone, L’umanità è un tirocinio, Torino, Einaudi, 2023; Michel Houellebecq, Interventi, Torino, La nave di Teseo, 2022.

VITALITÀ DA MATTINA A SERA

A partire dai 50 anni il corpo ha esigenze diverse – e le manifesta con chiari segnali. Ecco un po’ di consigli e prodotti utili a promuovere salute e benessere in questa stagione della vita

Modifica opportunamente la tua alimentazione

Assicurati sempre di bere a sufficienza – come minimo 1,5 litri di liquidi al giorno, preferibilmente acqua o tisane non zuccherate. Un sufficiente apporto di liquidi è indispensabile al buon funzionamento dell’organismo.

Verdure cotte in modo da preservarne le proprietà, insalate fresche e legumi non devono mai mancare in tavola, perché hanno un effetto positivo sulla digestione, contengono preziose sostanze nutritive e forniscono energia sana.

Con le sue vitamine la frutta fresca è un prezioso alleato del sistema immunitario. La quantità giornaliera raccomandata è di 2 porzioni da 240 grammi ciascuna.

La dose settimanale di carne non dovrebbe superare le 2-3 porzioni da 100-120 grammi ciascuna. Insaccati e salumi andrebbero consumati al massimo una volta alla settimana.

Le varietà integrali di prodotti quali pasta e pane saziano più a lungo e contribuiscono efficacemente a rendere l’alimentazione più sana e completa.

L’esercizio fisico fa bene alla linea e alla salute

A partire dai 50 anni è utile contrastare la perdita di tono muscolare attraverso un training mirato. Perché una muscolatura forte protegge le articolazioni e consente di assorbire meglio piccole cadute e incidenti lievi. Inoltre il training muscolare è un complemento ideale agli sport di resistenza.

Una passeggiata o una scarpinata light in compagnia sono l’ideale per vincere la pigrizia senza troppo sforzo. Fare movimento all’aria aperta insieme agli amici è più facile, più bello e fa bene anche allo spirito.

Iscriviti a un corso di ballo: è l’ideale per attivare il corpo in ogni sua parte ma anche per migliorare la coordinazione e acquistare più scioltezza nei movimenti e maggiore equilibrio.

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Vitamine e sali minerali sono fondamentali

L’avanzare dell’età si accompagna a cambiamenti fisici più o meno evidenti: i capelli ingrigiscono, per esempio, la pelle perde tonicità, la pancia si fa più prominente. Altri cambiamenti, invisibili ma tutt’altro che irrilevanti, avvengono all’interno dell’organismo.

Per questo è importante provvedere, attraverso l’alimentazione, al giusto apporto di sali minerali e vitamine. I primi servono, fra le altre cose, a garantire la funzionalità metabolica dell’organismo. Le vitamine, dal canto loro, giocano un ruolo fondamentale in vari processi biologici di base come, per esempio, la produzione e la protezione cellulare.

Negli anziani il fabbisogno energetico è inferiore rispetto ai giovani, ma quello di vitamine e sali minerali rimane praticamente invariato lungo tutto l’arco della vita.

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Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVI 12 giugno 2023 azione – Cooperativa Migros Ticino MONDO MIGROS 37 Immagine: Getty Images

La bellezza della diversità valorizzata sulla scena

Arti sceniche ◆ Dopo l’edizione del Festival Orme a Lugano, il progetto IntegrArt prosegue a Berna e a Ginevra

Con la sua compagnia di danza Shonen, il coreografo, designer e cineasta francese Eric Minh Cuong Castaign nei giorni scorsi a Berna e a Ginevra nell’ambito del progetto IntegrArt promosso dal Percento culturale Migros ha messo in scena il suo spettacolo Forme(s) de vie (forme di vita).

Proveniente dal mondo delle arti visive (si è formato in design grafico e cinema d’animazione) ma da sempre interessato alla danza, in particolare l’hip hop, l’esigente butō e la danza contemporanea, Eric Minh Cuong Castaign si avvale di tutte le sue conoscenze per rendere visibili movimenti potenti ma discreti, messi da parte da una società tecnoscientifica ossessionata dal potere e dal controllo. Cosa significa esistere con un corpo diverso che non può e non vuole adattarsi alla frenesia del quotidiano, un corpo che obbliga chi lo abita a rallentare e riprendere contatto con le sue sensazioni profonde?

Grazie all’uso del video che spesso completa l’esperienza scenica svelando momenti di creazione in situ ma anche avvalendosi di tecnologie come la realtà aumentata, i droni o i servizi di videoconferenza, il coreografo francese fa incontrare lo spettatore con realtà altre, ridà all’handicap il posto che merita all’interno dello spazio pubblico. Figlio di immigrati vietnamiti rifugiati in Francia, Eric Minh Cuong Castaign sa benissi-

mo cosa vuol dire essere stigmatizzato, relegato ai margini di una società competitiva che non si interessa di ciò che sfugge al suo radar normativo. È proprio dalla sua esperienza, per molti versi simile a quella di coloro che mette in scena, che nasce il bisogno di rendere visibili forme di rigetto che passano pericolosamente inosservate. Meno chiassosa ma non per questo meno potente, la convergenza di lotte promossa dall’artista parigino ha dato vita a coreografie sorprendenti che abbattono le frontiere geografiche (come nel caso di Waka che fa dialogare in videoconferenza il performer, presente su scena, con i suoi fratelli e sorelle in Uganda o Hiku che ci fa penetrare nel mondo segreto di tre hikikomori) ma anche fra i corpi (quelli degli interpreti, dei performer e degli spettatori).

Nel suo ultimo spettacolo Forme(s) de vie è infatti proprio di corpo, o meglio di corpi che si parla. Presentato a Ginevra nell’ambito della biennale delle arti inclusive Out of the Box e del progetto IntegrART del Percento culturale Migros, Forme(s) de vie mette in scena un ex pugile, Kamel Messelleka, e un’ex ballerina professionista, Elise Argaud, che hanno dovuto abituarsi ad un corpo diverso, modificato dalla malattia. Se da un punto di vista abilista i loro movimenti potrebbero sembrare limitati, deteriorati, Elisa Argaud

L’aperitivo italiano

sottolinea, alla fine dello spettacolo, che questa non è la sua percezione. «In realtà io non ho mai smesso di muovermi, solo che ora lo faccio in modo diverso» spiega con lucidità e precisione come a voler rivendicare un movimento autentico che sfida ogni imperativo contemporaneo.

Ex ballerina, Elise Argaud sa benissimo quanto il mondo della danza sia focalizzato su un’idea di virtuosismo che non contempla nessuna forma di debolezza. Abitato da un bisogno narcisistico di piacere che privilegia corpi atletici, bianchi e giovani, l’universo della danza, quella classica in

particolare, non smette di alimentare un solo, stereotipato immaginario. Sebbene la danza contemporanea si apra sempre maggiormente includendo performer di differenti origini etniche e corporeità, è anche vero che la gioventù resta comunque la condizione principale per far parte di questo mondo.

L’obiettivo perseguito da Eric Minh Cuong Castaign è allora proprio quello di nutrire questo immaginario con esperienze «altre», di trasportare la danza là dove difficilmente si avventura: all’interno di corpi atipici ma anche in ambiti ap-

parentemente estranei al mondo artistico come le strutture sanitarie che accolgono molti dei suoi performer. Affiancati su scena da tre ballerini «abili», Kamel ed Elise ritrovano sensazioni assopite nel profondo del loro corpo, riattivano una danza che non ha perso nulla della sua forza. Ben lontano dall’idea preconcetta secondo la quale il corpo differentemente abile, imprigionato in una sorta di dipendenza, quasi di servilismo, non abbia niente da offrire, Eric Minh Cuong Castaign ci mostra quanto anche i ballerini «abili» si arricchiscano grazie alle nuove sensazioni che i movimenti di Elise e Kamel gli fanno scoprire. Dilatato fino al limite estremo, il ritmo imposto dal corpo dell’ex ballerina, l’intensità di ogni suo gesto, permette alla sua partner di gioire di una lentezza che il modo della danza, normalmente, rigetta, spingendola a gustare ogni sensazione, a lasciarsi andare ad una catartica meditazione. Insieme, i performer di Forme(s) de vie si completano dando vita ad un corpo che sfida ogni definizione, quella di virtuosismo in primis. Se i tre ballerini «abili» sostengono i loro partner come una sorta di esoscheletro fatto di carne e ossa, questi ultimi infondono loro la vita.

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Un momento della performance che si avvale anche di scene filmate. (Shonen / Éric Minh Cuong Castaing: Forme(s) de vie).
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In fin della fiera

La felice stagione della bresaola

Era prevedibile. Non appena l’hanno visto sbarcare nell’Aldilà, i grandi Capi della prima stagione della gloriosa televisione di Stato hanno chiesto a Maurizio Costanzo di rifare Bontà loro. Lui che in vita è sempre stato un drogato del lavoro, li ha subito accontentati. Ed ora eccoli tutti lì, da Ettore Bernabei in poi, a rievocare i vecchi tempi. Grazie a un amico, storico della Torino città magica, ho avuto il privilegio di assistere non visto a una seduta. È stato tutto un rimpianto. A iniziare dai tempi in cui Verità e Rai erano la stessa cosa. «L’ha detto la radio» era una frase che chiudeva ogni discussione. Ereditata dalla TV. Un borseggiatore si consegna alla Polizia nell’aeroporto di Fiumicino restituendo il portafoglio sottratto a un passeggero: «Ho capito che ero stato scoperto quando ho visto scendere dalla scaletta il tenente Sheridan». Era Ubaldo Lay, un attore con un’uni-

Voti d’aria

ca espressione, «un impermeabile che cammina». La vigilia di un’edizione del Festival di Sanremo è avvelenata dai sospetti sulle scelte della giuria che avrebbe già previsto il nome del vincitore. La direzione della Rai invia il commissario Maigret nelle vesti di Gino Cervi che, dopo una scrupolosa indagine, assicura che è tutto in regola, e il popolo degli spettatori si mette tranquillo. Il regista Anton Giulio Majano registra in uno studio di via Teulada la scena finale dello sceneggiato tratto dal romanzo «Una tragedia americana» di Theodor Dreiser. È quando il protagonista Clyde Griffith, interpretato da Warner Bentivegna, esce dalla cella della morte per essere condotto sulla sedia elettrica. Majano si commuove, piange e ordina al suo aiuto: «Vai avanti tu». Un giovane tecnico, ancora in prova, rompe le regole e tenta di consolare il regista: «È solo una recita, è tutto finto». Licenziato.

Oggi gli spettatori della TV si fidano di quello che vedono solo se è stato ripreso dal cellulare di uno che era presente e ha scelto di filmare invece di aiutare le vittime dell’incidente. Nel dibattito i paragoni tra la TV di ieri e quella di oggi si sprecano. Oggi in ogni inquadratura troviamo pubblicità occulte di ogni genere. Noi facevamo mettere una striscia di adesivo nero sul marchio Steinway dei pianoforti a gran coda per evitare che uno spettatore, dopo aver assistito al concerto di Arturo Benedetti Michelangeli sul televisore del bar sotto casa, corresse a comprarsene uno da mettere nel suo monolocale. Festival di Sanremo, 1959: Jula de Palma pretende di cantare Tua inguainata in un vestito con una scandalosa scollatura. Non se ne parla. Un cameriere del Casinò rimedia all’impasse rubando una rosa dal vaso di un tavolino e infilandogliela tra le tette. Adesso se ti presenti

Le sciagure sporche di ieri e di oggi

L’esplosione della diga di Nova Kakhovka, che ha provocato la scorsa settimana migliaia di sfollati in Ucraina, richiama tristemente alla mente altre dighe in tempo di pace. Al confine tra Friuli e Veneto, sessant’anni fa, il 9 ottobre 1963, una frana mostruosa precipitava dal Monte Toc nel bacino alpino formato dalla diga del Vajont, allora la più alta del mondo: nel precipitare dentro l’invaso, la frana sollevò un’onda che scavalcò la diga e in 20 secondi cancellò cinque paesi della valle, tra cui Longarone, e uccise 1917 persone. Erano le 22.39 e i televisori nei bar e nei circoli erano accesi sulla partita di Coppa Campioni tra Real Madrid e Glasgow Rangers. Il Real stravinse 6-0 con una tripletta di Puskas (5½). Il disastro del Vajont è entrato nella storia non solo per il numero delle vittime e per l’enormità della massa rocciosa che si staccò dalla montagna

(una porzione di oltre 270 milioni di metri cubi di roccia e terra). Quella catastrofe è rimasta famosa per le colpe che furono all’origine della strage. Pochi ricordano che una giornalista, Tina Merlin (6+ alla memoria), aveva previsto tutto sin dal 1959. Merlin era nata a Trichiana (Belluno) nel 1926, era stata staffetta partigiana nella sua zona e dal 1951 al 1967 fu corrispondente locale dell’«Unità», il quotidiano del Partito comunista. Quattro anni prima del disastro del Vajont, dando voce agli abitanti di Erto e Casso, cominciò a denunciare le condizioni di pericolo dei luoghi in cui era stata progettata la diga. Per quegli articoli, querelata dal presidente della SADE, l’azienda costruttrice, Tina Merlin fu processata dal tribunale di Milano per «diffusione di notizie false e tendenziose atte a turbare l’ordine pubblico». Venne assolta, ma rimase inascoltata e la diga fu eretta

A video spento

vestito sul palco dell’Ariston ti rimandano indietro. Noi si vigilava notte e giorno ma non bastava mai. Quante scene abbiamo fatto rifare! Un carabiniere seduto accanto al telefono muto del pronto soccorso inganna il tempo facendo le parole incrociate: rifare! È in servizio, è proibito distrarsi. Tutti rimpiangono la felice ma troppo breve stagione della tivu della Bresaola. Nel 1977 era stato nominato direttore generale della Rai Pierantonino Bertè, milanese, per quattro legislature parlamentare democristiano. Nel primo giorno del suo insediamento, al bar del settimo piano di viale Mazzini aveva ordinato un semplice panino di bresaola. Sgomento generale: nessuno sa cosa sia ma fin dal giorno dopo si rimedia. Quintali di bresaola perché tutti, capi, capetti, aspiranti capi, sono diventati bresaola dipendenti. Ettore Bernabei ricorda quando il suo autista rivelò, con l’intenzione di elogiar-

lo, che lui, ogni mattina, prima di salire al suo ufficio, sostava nella chiesa di Cristo Re. Da quel giorno la chiesa divenne la più affollata di Roma. In chiusura Maurizio Costanzo pone a tutti la stessa domanda: cosa rimpiangete di più della vostra stagione televisiva? La risposta è unanime: le polpette antiuomo della mensa, le «misteriose»: nessuno è mai riuscito a scoprire cosa ci fosse là dentro. Ricordate quando papa Wojtyla venne in visita negli studi di Saxa Rubra? Invitato a benedire la sala mensa s’illuminò alla vista di un vassoio ricolmo di polpette antiuomo. «In Polonia sono il nostro cibo prediletto». Nessuno ebbe il coraggio di metterlo in guardia. Sua Santità ne spazzolò un bel numero e non gli successe niente. Per ricordare l’evento, al posto dove il papa si era seduto avevamo messo una piccola statua della Madonna di Lourdes ma quei miscredenti venuti dopo di noi l’hanno tolta.

nonostante gli allarmi ripetuti sulla fragilità della montagna e sui movimenti rocciosi.

I rapporti fiduciari del ministero dei lavori pubblici con la SADE non prevedevano controlli ma solo contributi: l’azienda privata prima procedeva e poi chiedeva (e otteneva) le autorizzazioni governative. Le piccole frane e le lievi scosse erano all’ordine del giorno e tutti lo sapevano. Durante i successivi collaudi, persino il progettista Carlo Semenza cominciò a dubitare di sé, specie da quando suo figlio Edoardo, giovane geologo chiamato a esaminare la zona, diede parere negativo sulla solidità della montagna.

È una storia lunga, anche quella processuale, ricostruita dalla stessa Merlin in un libro, Sulla pelle viva, che fece fatica a trovare un editore e lo trovò solo nel 1983, grazie al semiclandestino La Pietra (oggi lo si tro-

L’incredibile arte di Sacha Guitry

Un autore e un libro, da riscoprire! Cominciamo dal libro: si chiama Memorie di un baro è appena stato pubblicato da Adelphi nella splendida traduzione di Davide Tortorella e si apre con un raffinato esercizio di black humour. Punito per un furterello, il protagonista bambino viene mandato a letto senza cena. Una fortuna. Perché, dopo essersi spazzolati a tavola una vagonata di ottimi funghi, ma velenosi, gli undici membri della sua famiglia muoiono tutti uno appresso all’altro. Rimasto solo in questo mondo crudele, il nostro piccolo eroe commenterà: «Ero vivo perché avevo rubato. Di lì, la conclusione che gli altri erano morti perché erano onesti». Fuori l’autore! Si chiama Sacha Guitry. Figlio dell’attore Lucien Guitry e dell’attrice Renée Delmas de PontJest, Sacha nasce il 21 febbraio 1885 a San Pietroburgo durante una tournée teatrale. Nel 1889, la coppia si separa e

Lucien conduce Sacha in Russia, dove lo fa debuttare sulle scene. Sacha ha solo cinque anni e diventa il beniamino di San Pietroburgo. Dotato per il disegno, è nella caricatura che si afferma il suo talento. Nel corso degli anni, scrive per il teatro, a cominciare dal 1902, oltre 130 copioni, dal dialogo vivace e spiritoso, in massima parte da lui stesso interpretati. Tra i più noti, oltre a varie biografie sceneggiate (Deburau, 1918; Mozart, 1925), si ricordano Le veilleur de nuit (1911), Mon père avait raison (1919), Quand jouons-nous la comédie? (1935). Dal 1935 approda anche al cinema. Le roman d’un tricheur (1936) è un film che ho visto tanti anni fa. La storia era molto divertente: dopo essere scampato alla famosa strage dei funghi, finisce sotto tutela di un cugino della madre, notaio, che si incarica della sua educazione, non per magnanimità ma per sottrargli tutto ciò che resta del pa-

trimonio famigliare. Disperato per le vessazioni continue a cui è sottoposto dal cugino e da sua moglie, il ragazzo scappa e finisce a fare il fattorino in un albergo di lusso. Qui, per la prima volta in vita sua, scopre che esistono delle persone ricche e, in particolare, che la ricchezza gli piace. Dopo varie peripezie, decide di praticare il solo mestiere in grado di tenerlo lontano dalla disonestà: quello di croupier. La fama di autore cinematografico la si deve a François Truffaut, che sui «Cahiers du cinéma», nel 1954, difese il film Si Versailles m’était conté, riuscendo poi a convincere delle sue tesi anche il resto della redazione, inizialmente piuttosto riluttante. L’omaggio di Truffaut al regista appena deceduto, sempre sui «Cahiers du cinéma», fu una sentenza lapidaria: «Guitry fu un grande cineasta realista». Secondo Truffaut Guitry era riuscito a controllare e a dominare la tecnica cine-

va in Cierre). Una storia penosa che Marco Paolini ha raccontato magistralmente in un’orazione civile (6), che nel 1997 tenne inchiodati per tre ore al video tre milioni e mezzo di italiani: «Un esempio di tv povera, ma ricca di contenuti e di emozioni», la definì Aldo Grasso. Fatto sta che bisognerebbe rievocare non solo gli eventi ma le reazioni agli eventi. Quelle della stampa, nei giorni della catastrofe, non furono prove esemplari, se si eccettua la stessa Merlin che l’indomani uscì sull’«Unità» con un incipit sconvolgente: «È stato un genocidio. Lo gridano pochi sopravvissuti, resi folli dal terrore della valanga d’acqua e dalla disperazione di trovarsi soli e impotenti a superare una realtà tragica, fatta ormai di nulla, o meglio fatta di sassi e melma amalgamati al sangue dei loro cari» (di nuovo 6+).

Il bellunese Dino Buzzati (3+), sul

«Corriere della Sera», attribuì tutte le responsabilità alla «natura crudele»: nessuna colpa ai progettisti e alla diga, un’opera d’arte che aveva retto mirabilmente all’urto della frana: «È il monte che si è rotto», scriveva, senza pensare che proprio perché la roccia era fragile, quell’incantevole monumento alla scienza non andava costruito. E anche Giorgio Bocca (3), inviato del «Giorno», il quotidiano dell’Eni fondato da Mattei, ignorò gli allarmi precedenti: «In tempi atomici, si potrebbe dire che questa è una sciagura “pulita”, gli uomini non ci hanno messo le mani, tutto è stato fatto dalla natura, che non è buona e non è cattiva, ma indifferente». E proseguiva: «nessuno poteva prevedere, nessuno può riparare». Peccato che qualcuno aveva già previsto. Altro che «pulita». Sciagura sporca. Sporca anche quella di oggi in Ucraina. Diversamente sporca, ma sporca.

matografica, ma non al punto da far ridere con un movimento di camera, come Ernst Lubitsch, o a commuovere con un ampio piano, come Jean Renoir. Il peculiare «tocco» di Guitry risiede in un piacere affabulatorio che si traduce nella fantasia della forma filmica. I suoi film sono costruiti con la tecnica del cinema muto, resi vividi e parlanti da una tecnica nuova: la voce fuori campo. Orson Welles la utilizzerà nel suo capolavoro Citizen Kane, e sarà lui a riconoscere a Guitry la primogenitura.

Ebbene, il libro è ancora più bello del film, in ogni pagina spira l’allegra leggerezza che l’autore metteva nelle sue commedie, lavorare lo divertiva più di ogni altra cosa. Come scrive Edgardo Franzosini a proposito della trama nella nota che accompagna il romanzo: «Quarant’anni della vita di un uomo al quale le proprie azioni disoneste procurano la felicità, e che viene

immediatamente abbandonato dalla fortuna allorché decide di emendarsi. L’universo che farà da sfondo alla storia è quello delle sale da gioco, dei casinò. Luoghi che frequenta da sempre (…) E in cui si muove un’umanità che ha tic, superstizioni, ossessioni che sono anche suoi».

Il nostro antieroe ha le idee chiare sul valore dei soldi: «Essere ricchi non è avere soldi: è spenderli… se volete una banconota vi renda i 5 franchi del suo titolo dovete spenderla, altrimenti è solo un pezzo di carta. Per questo si trasferisce a Montecarlo, dove resterà 18 anni, dal 1899 al 1917, dopo aver denunciato un gruppo di rivoluzionari russi che lo avevano contattato per organizzare un attentato allo Zar Nicola II. Nel principato di Monaco diventa croupier e perde la verginità con una ricca contessa cinquantenne, conosciuta ai tavoli da gioco. Non dico altro, altrimenti sarebbe spoiler.

Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXVI 12 giugno 2023 azione – Cooperativa Migros Ticino 39 CULTURA / RUBRICHE ◆ ●
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di Paolo Di Stefano
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di Aldo Grasso

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Migros Ticino
Hit
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Gamberetti tail-on M-Classic, cotti, ASC d'allevamento, Vietnam, in conf. speciale, 260 g

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Filetti di pangasio Pelican, ASC prodotto surgelato, in conf. speciale, 1,5 kg

Da allevamenti ittici sostenibili

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Spigola, ASC prodotto surgelato, 350 g

Pesce e frutti di mare 3 Offerte valide dal 13.6 al 19.6.2023, fino a esaurimento dello stock. Migros Ticino Cetrioli Svizzera, il pezzo, 1.45 invece di 1.95 a partire da 2 pezzi 26%
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Tagli squisiti per piatti riusciti

Carne e salumi 4 Migros Ticino 2.95 invece di 4.60 Salsiccia di Lione Don Pollo Svizzera, 2 x 150 g conf. da 2 35% 8.90 invece di 11.85 Bratwurst dell'Olma di San Gallo, IGP Svizzera, 3 x 2 pezzi, 960 g conf. da 3 24% 7.–invece di 14.–Délice di pollo Don Pollo prodotto surgelato, in conf. speciale, 1 kg 50% 6.70 invece di 8.95 Mostbröckli dell'Appenzello Specialité Suisse, affettato, IGP Svizzera, in conf. speciale, per 100 g 25% 5.25 invece di 7.50 Salame di Felino Beretta affettato Italia, per 100 g, in self-service 30% 1.50 invece di 2.20 Luganighetta Svizzera, in conf. da ca.500 g, per 100 g 31% 5.35 invece di 6.35 Bresaola Casa Walser Italia, in confezione da 100 g 15%
5 Offerte valide dal 13.6 al 19.6.2023, fino a esaurimento dello stock. Migros Ticino Il sapore dell'estate Sono sufficienti 12 costolette a persona In vendita ora al bancone Lonza di maiale al bancone per es. IP-SUISSE, per 100 g, 2.55 invece di 3.20 20% 14.–invece di 17.50 Hamburger di manzo, IP-SUISSE 2 x 300 g conf. da 2 20% 1.85 invece di 2.65 Costine di maiale marinate Grill mi Svizzera, per 100 g, in self-service 30% Fettine di pollo Optigal in Summer Edition Oriental e al naturale, Svizzera, per es. Summer Edition Oriental, per 100 g, 2.95 invece di 3.50, in self-service 15% 5.50 invece di 6.55 Costolette di vitello, IP-SUISSE per 100 g, in self-service 15% 2.90 invece di 4.20 Spiedino Mixed Grill Svizzera, per 100 g, in self-service 30%

Formaggini e affini

LO SAPEVI?

La crème fraîche è panna intera acidificata e termotrattata. È ideale per la preparazione di piatti caldi o freddi, sia dolci che salati. Aggiungendovi erbe aromatiche fresche, sale e pepe, è perfetta come intingolo estivo per le verdure o come salsa per pesce e carne.

Formaggi
latticini 6 Migros Ticino
dolce e aromatico 1.40 invece di 1.75 Appenzeller dolce per 100 g, confezionato 20% Formaggio fuso a fette per hamburger M-Classic Cheddar, Chili e XXL, per es. XXL, 200 g, 2.40 invece di 3.–a partire da 2 pezzi 20% Tutti i formaggi da grigliare o rosolare in self-service per es. halloumi Taverna, 250 g, 4.– invece di 4.85 15% Leerdammer a fette Original o Lightlife, in conf. speciale, per es. Lightlife, 350 g, 6.35 invece di 7.95 20%
e
Sapore
Tutti i tipi di crème fraîche (prodotti beleaf esclusi), per es. Valflora al naturale, 200 g, 2.25 invece di 2.80
2
20%
a partire da
pezzi

Disponibile in varie dimensioni con e senza sesamo

3.30

Soffice e croccante

Pane e prodotti
forno 7 Offerte valide dal 13.6 al 19.6.2023, fino a esaurimento dello stock. Migros Ticino
da
Baguette Bürli dal forno di pietra, IP-SUISSE 360 g, prodotto confezionato 20x CUMULUS Novità Burger Buns American Favorites al sesamo, al naturale e XXL, per es. al sesamo, 6 pezzi, 300 g, 1.75 invece di 2.20 20% 4.35 invece di 5.45 Tartare alle erbe aromatiche e all'aglio 250 g 20% 16.30 invece di 19.20 Latte intero UHT Valflora, IP-SUISSE cartone, 12 x 1 l conf. da 12 15%
Baguette precotta Migros Bio 250 g 20x CUMULUS Novità Caffè Latte Emmi Macchiato, Espresso o Double Zero, per es. Double Zero, 4 x 230 ml, 8.– invece di 10.–conf. da 4 20% 1.80 invece di 2.15 Formaggella ticinese 1/4 grassa per 100 g, confezionata 15% 2.20 invece di 2.60 Caseificio Leventina per 100 g, confezionato 15% 1.80 invece di 2.15 Formaggini freschi, aha! per 100 g 16%
2.50

Fai scorta: dall’aceto dal gusto deciso al burger vegano

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Tutti i tipi di aceto e i condimenti Ponti e Giacobazzi per es. aceto balsamico di Modena Ponti, 500 ml, 3.60 invece di 4.80

Tutto per il tuo party tex-mex

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Nacho Chips o Tortillas Flour, per es. Nacho Chips, 2 x 200 g, 6.– invece di 7.60

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Tutte le capsule Nescafé Dolce Gusto disponibili in diverse varietà, per es. Lungo, 16 capsule, 4.40 invece di 6.35

conf. da 3 20%

Fiori o gnocchi Anna's Best

fiori al limone e formaggio fresco, gnocchi al basilico o gnocchi alla caprese, in confezioni multiple, per es. fiori, 3 x 250 g, 11.75 invece di 14.85

a partire da 2 pezzi

2.–di riduzione

Tutti i brodi Knorr in barattolo per es. brodo di manzo povero di grassi, 240 g, 7.50 invece di 9.50

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21%

Purea di mele M-Classic non zuccherata o zuccherata, per es. non zuccherata, 4 x 420 g, 6.– invece di 7.60

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Farina bianca M-Classic

1 kg e 4 x 1 kg, per es. 1 kg, 1.45 invece di 2.10

Scorta 8

Olive

soleggiata Italia

LO SAPEVI?

La marca Garden Gourmet esiste dal 1986 e da sempre si impegna con dedizione per creare i migliori prodotti per la cucina vegetariana e vegana. Quasi tutti i prodotti contengono proteine di soia, poiché forniscono tutti e 9 gli aminoacidi essenziali per il nostro organismo nonché fibre alimentari e proteine.

9 Offerte valide dal 13.6 al 19.6.2023, fino a esaurimento dello stock. Pizze La Trattoria prodotto surgelato, al prosciutto, alla mozzarella o al tonno, per es. al prosciutto, 3 x 330 g, 5.10 invece di 6.75 conf. da 3 24% 2.80 Olive Nocellara M-Classic 150 g, in vendita nelle maggiori filiali 20x CUMULUS Novità Lasagne La Trattoria prodotto surgelato, verdi o alla bolognese, per es. verdi, 2 x 600 g, 6.90 invece di 10.40 conf. da 2 33% 2.80 Olive Leccino M-Classic 150 g, in vendita nelle maggiori filiali 20x CUMULUS Novità
9.75 invece di 13.–BBQ Burger o filetto Chicken-Style Garden Gourmet per es. BBQ Burger, 2 x 200 g conf. da 2 25% Tutte le varietà di riso M-Classic 1 kg, per es. riso a chicco lungo parboiled, 1.65 invece di 2.30 a partire da 2 pezzi 30%
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Per dessert o aperitivi prelibati

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Graneo e Corn Chips Zweifel in conf. XXL Big Pack, disponibili in diverse varietà, per es. Graneo Original, 225 g, 4.95 invece di 6.60

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Tutti i biscotti Tradition per es. Petits Cœurs al limone, 200 g, 3.– invece di 3.60

Risoletto Frey in confezioni speciali e multiple, per es. Classic mini, 840 g, 13.– invece di 16.80

conf. da 5 20%

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Tavolette di cioccolato Lindt al latte finissimo o al latte e nocciole, 5 x 100 g, per es. al latte finissimo

a partire da 2 pezzi

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Tutti i prodotti da forno per l'aperitivo Roberto e Gran Pavesi per es. crocchini al rosmarino Roberto, 250 g, 2.30 invece di 2.80

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5.40

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Barrette alle noci Knoppers 10 x 40 g

Dolce e salato 10
Salute! Bevande 11 Offerte valide dal 13.6 al 19.6.2023, fino a esaurimento dello stock. 100% puro succo di frutta Tutti i succhi freschi refrigerati Migros Bio per es. succo di arancia, 750 ml, 2.80 invece di 3.50 20% 9.95 invece di 13.50 Vitamin Well Reload e Antioxidant, 6 x 500 ml conf. da 6 26% 10.75 invece di 12.80 Choco Villars in conf. speciale, 4 x 4 pezzi, 480 g 15% 6.–invece di 7.95 Torta Foresta Nera M-Classic Ø 16 cm, 500 g, prodotto confezionato 24% 6.35 Lucciole frizzanti Trolli in conf. speciale, 1 kg Hit 24.90 invece di 35.60 Red Bull Energy Drink o Sugarfree, 24 x 250 ml conf. da 24 30% Tortine disponibili in diverse varietà, per es. di Linz, 6 x 75 g, 5.– invece di 8.40 conf. da 6 40% 8.70 invece di 11.60 Coca-Cola Classic o Zero, 8 x 500 ml conf. da 8 25% 6.35 invece di 8.25 Sanbittèr San Pellegrino 10 x 100 ml conf. da 10 23% 3.25 invece di 6.50 Vittel 6 x 1,5 l conf. da 6 50% 4.40 invece di 6.60 Acqua minerale San Pellegrino 6 x 1,25 l conf. da 6 33%

Per una casa e un bucato freschi e profumati

50%

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Detersivo per bucato in gel Persil Universale, Colour Power o Sensitive, per es. Universale, 3,6 litri

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Perwoll in conf. speciale, 2,75 l, per es. Wool & Delicates

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Tutti i detersivi Elan (confezioni multiple e speciali escluse), per es. Spring Time in conf. di ricarica, 2 l, 7.– invece di 13.95

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Ammorbidenti Exelia in conf. di ricarica per es. Florence, 2 x 1,5 l

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Tutto l'assortimento Migros Plus per es. detergente all'aceto in conf. di ricarica, 1 l, 2.65 invece di 3.30

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Carta per uso domestico Twist, FSC® Classic, Style o Deluxe, in confezioni speciali, per es. Style, 12 rotoli, 11.75 invece di 16.80

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Ottimo rapporto qualità-prezzo

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Tutto l'assortimento di bustine morbide Organix per es. albicocca-banana-cereali, 100 g, 1.50 invece di 2.–

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Girasoli M-Classic mazzo da 5, il mazzo

Travasa le piante in un vaso più grande: così cresceranno meglio

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Tutto l'assortimento di alimenti per gatti Vital Balance per es. Senior, al pollo, 4 x 85 g, 3.60 invece di 4.55

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Erbe aromatiche Migros Bio vaso, Ø 13 cm, per es. basilico, il vaso, 3.95 invece di 4.95

Fiori e giardino 13 Offerte valide dal 13.6 al 19.6.2023, fino a esaurimento dello stock.
Tutti i pannolini Milette (inserti per pannolini monouso esclusi), per es. Large, tg. 6, FSC®, 33 pezzi, 6.40 invece di 7.95 partire da 2 pezzi
Tostapane per sandwich Mio Star Green tre coppie di piastre con rivestimento antiaderente per cialde, panini o grill, adatto per toast normali e XXL, il pezzo
17.95 Bouquet di tendenza il bouquet

Per una cura dalla testa ai piedi

Bellezza e cura del corpo 14 Offerte valide dal 13.6 al 19.6.2023, fino a esaurimento dello stock.
per denti e gengive 1.90 Bastoncini d'ovatta Primella in scatola di cartone, 2 x 200 pezzi conf. da 2 Hit Prodotti per l'igiene orale Meridol per es. spazzolino morbido, 6.70 invece di 8.40 conf. da 2 20% Shampoo Nivea per es. Classic Care Mild, 3 x 250 ml, 6.50 invece di 9.75 conf. da 3 33% Dischetti d'ovatta Primella o bio per es. dischetti quadrati Primella, 2 x 50 pezzi, 2.95 invece di 3.70 conf. da 2 20% Tutto l'assortimento Pedic (confezioni da viaggio escluse), per es. crema per i piedi con urea, 75 ml, 3.40 invece di 4.50 a partire da 2 pezzi 25% 9.60 invece di 12.90 Dentifricio anticarie o Sensitive Elmex per es. anticarie, 3 x 75 ml conf. da 3 25% Tutti i docciaschiuma I am e I am Natural Cosmetics (confezioni multiple e da viaggio escluse), per es. Milk & Honey, 250 ml, 1.35 invece di 1.95 a partire da 3 pezzi 33%
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1.40 Shampoo e balsamo 2 in 1 M-Classic 300 ml
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davvero divertente! Per un ritorno a scuola ben ordinato 5.50 invece di 9.20 Bastoncini di colla Papeteria 4 x 20 g conf. da 4 40% 4.50 Set di matite colorate, Bellcolor, FSC® 24 pezzi, in confezione speciale, il set Hit 8.85 invece di 13.50 Registratori per corrispondenza Papeteria 7 cm, disponibili in diversi colori, per es. nero conf. da 3 34% 3.90 invece di 6.50 Penne a sfera Papeteria disponibili con inchiostro nero o blu, per es. blu conf. da 10 40% 6.95 Cartelle con elastico A4 Papeteria assortiti, 5 pezzi Hit
così è

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