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Cooperativa Migros Ticino
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Settimanale di informazione e cultura Anno LXXXI 04 giugno 2018
Azione 23 -73 ping M shop ne 45-53 / 67 i alle pag
Società e Territorio Avere un talismano o un rito portafortuna fa vivere meglio: ora lo dice anche la scienza
Ambiente e Benessere Dati statistici provano scientificamente quanto sia lesivo l’inquinamento fonico: per questo è importante sensibilizzare le giovani generazioni sui rischi legati all’eccessiva esposizione al rumore
Politica e Economia L’Italia torna in campagna elettorale mentre l’Europa ripensa le regole dell’Eurozona
Cultura e Spettacoli Al Landesmuseum di Zurigo una mostra ci insegna come è nato il concetto di stile
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openairallagh.ch
È la stagione degli «Open Air»
Sovrani o più isolati? di Peter Schiesser Con la prima parte del dibattito fiume al Consiglio nazionale, mercoledì scorso, la nuova grande battaglia sulla politica estera (ma non solo) è cominciata. E l’iniziativa popolare per l’autodeterminazione ha subito scaldato gli animi a Palazzo federale. In effetti, questa iniziativa lanciata dall’UDC ha un potenziale dirompente che non si limita unicamente all’aspetto giuridico della prevalenza del diritto svizzero su quello internazionale, se accettata avrebbe un impatto sulle relazioni internazionali del nostro paese, potenziali ricadute negative sull’economia e sui diritti fondamentali dell’uomo, senza però creare chiarezza giuridica, secondo quanto è ampiamente dibattuto fra gli esperti di diritto. Dove affonda le radici questa iniziativa? In una sentenza del Tribunale federale del 2012 in cui si statuisce che la Convenzione europea dei diritti umani prevale sulle leggi e sulla Costituzione svizzera. Il caso riguardava uno straniero che doveva essere espulso e quindi era messo in collegamento con l’iniziativa popolare vinta a fine 2010 sull’espulsione di stranieri colpevoli di reati. In sostanza il Tribunale
federale ergeva ancora una volta degli argini davanti a iniziative popolari accettate dal Popolo che si pongono in contrasto o con la Costituzione federale o con convenzioni e trattati internazionali. Per l’UDC, una perdita di sovranità inaccettabile. Ecco quindi che a novembre o a febbraio del 2019 voteremo su un’iniziativa che chiede la preminenza della Costituzione federale sul diritto internazionale, fatta eccezione per determinati diritti fondamentali (come il divieto della tortura); inoltre, secondo quanto recita il testo, se dei trattati internazionali sono in contrasto con la Costituzione svizzera, vanno rinegoziati o denunciati, mentre il Tribunale federale deve tener conto solo delle Convenzioni che sono state sottoposte a referendum (ciò che non è il caso per la Convenzione europea dei diritti umani). In questo modo saremo di nuovo autonomi e sovrani. No, saremo più isolati e indeboliti, rispondono gli avversari, dal mondo economico ai partiti di centro e di sinistra, agli esperti di diritto. La prima contestazione che viene mossa è che «pacta sunt servanda», gli accordi e le convenzioni internazionali adottati e in vigore devono essere rispettati. Con un’iniziativa come questa per l’autodeterminazione che piccona questa certezza giuridica, la Sviz-
zera diventa immediatamente un partner meno affidabile per governi stranieri e istituzioni internazionali. Il mondo economico teme ripercussioni sugli accordi di libero scambio e con l’Organizzazione mondiale del commercio, e ricorda che il diritto e gli accordi internazionali proteggono maggiormente gli interessi dei paesi più piccoli di fronte ai grandi. Ma anche dal punto di vista del diritto, secondo gli avversari, l’iniziativa non crea chiarezza, solo rigidità. Le ambiguità contenute nel testo sono fonte di dibattito nelle cerchie specialistiche e qui non le affronteremo, un elemento però va estrapolato: in realtà, questa iniziativa che mira ad una sovranità del diritto svizzero rispetto a quello straniero, comporta anche un indebolimento del Tribunale federale. Governo e parlamento federali non hanno mai voluto delle regole rigide che regolassero la preminenza del diritto internazionale su quello federale e viceversa, nemmeno nella nuova Costituzione federale del 1996. Al Tribunale federale è stato lasciato un margine di manovra che da decenni si concretizza anche con la «Schubert Praxis», la quale permette delle eccezioni ai trattati internazionali (esclusi quelli sui diritti umani). La domanda fondamentale quindi è: funziona meglio la rigidità o la flessibilità?
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 04 giugno 2018 • N. 23
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Società e Territorio Intervista a Valeria Cagnina Ha 17 anni e vive ad Alessandria, da sempre appassionata di robotica e tecnologia ha fondato una propria scuola dove la regola principale è «niente è impossibile» pagina 6
Biennale di Architettura A Venezia il padiglione Svizzera 240 House Tour si è aggiudicato il Leone d’Oro per la migliore partecipazione nazionale pagina 8
Cartolina illustrata d’epoca con auguri di buona sorte. (Wellcome Collection)
Ricette per avere fortuna
Psicologia Le superstizioni hanno da sempre attirato l’interesse di creativi, scrittori, scienziati, atleti, politici.
Secondo la scienza, avere un talismano oppure un rituale che aiuti a credere nella buona sorte, fa vivere meglio Stefania Prandi Il premio Nobel per la fisica Niels Bohr, uomo razionale e di scienza, aveva un ferro di cavallo sopra la porta del suo laboratorio. Un giorno, vedendolo, un amico gli chiese se credesse nella fortuna. Lui rispose di no: l’aveva appeso soltanto perché qualcuno gli aveva detto che il ferro di cavallo funzionava, che uno ci credesse o meno. Bohr non è l’unico ad avere ceduto alla tentazione di avere un talismano. Come racconta la scrittrice e illustratrice americana Ellen Weinstein nel libro Ricette per avere fortuna (Recipes For Good Luck), appena pubblicato in inglese, le superstizioni e i rituali hanno da sempre attirato l’interesse di creativi, scrittori, scienziati, atleti, politici. Mary Shelley, autrice di Frankenstein, aveva un boa come animale domestico e scaramantico, che teneva sulle spalle mentre scriveva. Lasciava che fosse il serpente a dettare i tempi della sua routine davanti alle pagine bianche. Il tennista Bjorn Borg è stato il primo atleta conosciuto a farsi crescere la barba prima delle grandi sfide. Tra i suoi preparativi per Wimbledon – vinse cinque titoli – oltre alla barba incolta, anche il rito di indossare la stessa maglietta per
ogni partita. La grande giallista Agatha Christie, invece, per cercare l’ispirazione aveva un rito preciso, che mantenne sempre: si ritirava in bagno. A mollo nell’acqua calda, profumata dai sali, mangiando mele e bevendo tè, immaginava delitti perfetti. L’idea di sbirciare nelle biografie di figure iconiche e di personaggi famosi è un modo per riconoscere cosa c’è di speciale nelle nostre vite, in comportamenti che magari diamo per scontati ma che hanno un valore. L’autrice di Ricette per avere fortuna spiega: «Spero che le storie del libro incoraggino ad abbracciare credenze e routine per affrontare il mondo con ambizione e fiducia e ispirino a crearsi le basi per migliorare il proprio destino». Se la superstizione cieca e ottusa è pericolosa e dannosa, una piccola dose di scaramanzia sembra utile per riuscire a superare meglio le sfide. Come fa notare Joseph Mazur, matematico e autore del saggio Cosa c’entra la fortuna? (What’s Luck Got to Do with It), non c’è niente di tangibile che possiamo chiamare fortuna, ma quando trasferiamo il pensiero a un oggetto creiamo qualcosa di concreto, che ci dà un punto fermo. Maia Young, professoressa
associata alla Scuola di management Anderson dell’Università della California di Los Angeles, ha scoperto con le sue ricerche che l’attitudine che si ha rispetto alla fortuna è più di una semplice opinione personale: condiziona la nostra motivazione e la nostra propensione a rischiare per ottenere risultati. Nel saggio Il quoziente del coraggio: come la scienza ci rende più audaci (The Courage Quotient: How Science Can Make You Braver), lo psicologo Robert Biswas-Diener sostiene che «le persone che pensano alla fortuna come a un fattore stabile, qualcosa su cui potere contare, tendono ad avere più fiducia in se stesse e ad essere ottimiste. Di conseguenza, diventano più propense ad avere quello che gli psicologi chiamano la motivazione al successo, il forte desiderio di riuscire, nonostante le difficoltà e la fatica. Già convincersi di essere fortunati, quindi, è un primo passo». Ecco qualche esempio concreto. In uno studio del 2010, un team di psicologi tedeschi ha coinvolto ventotto studenti universitari ai quali è stato chiesto di giocare una partita di minigolf. A una parte dei partecipanti all’esperimento è stato detto che avevano ricevuto la pallina fortunata. Questo gruppo
ha avuto una performance del trentacinque per cento migliore rispetto a quelli che avevano «l’equipaggiamento normale». Gli stessi ricercatori hanno fatto anche uno studio con quaranta studenti che avevano dichiarato di avere degli oggetti feticcio. I ragazzi sono stati sottoposti a un test di memoria. Quelli che avevano con sé il portafortuna hanno avuto un punteggio più alto. Il fascino della superstizione è celebrato in una mostra a New York, alla galleria Gobbi Fine Art con le immagini del fotografo di moda Gilles Bensimon. Intitolata Gris Gris, come il nome con cui si chiama l’amuleto vudù il cui scopo è proteggere chi lo possiede dalla sfortuna e attirare la buona sorte, raccoglie le foto dei talismani che Bensimon ha creato negli anni per superare l’ansia che gli veniva nel lavorare agli alti livelli dello show-business. Gli oggetti portafortuna sono bottiglie e corde raccolte sulla spiaggia di Phuket, una maschera rotta trovata a Venezia, un pezzo di vetro di mare raccolto a Long Island. Nel catalogo della mostra, la storica dell’arte Diana WidmaierPicasso descrive le strane abitudini di suo nonno, celebre superstizioso. «Ogni volta che doveva andare dal par-
rucchiere trovava una scusa per disdire. Quando non poteva più rimandare l’appuntamento, faceva di tutto per essere certo che le sue unghie e i suoi capelli venissero raccolti e li spediva a mia nonna Marie-Térèse. Picasso era anche molto interessato ai palindromi: parole o numeri che, letti al contrario, rimangono invariati. E aveva un’altra mania. Quando i suoi figli, Claude e Paloma andavano a trovarlo per le vacanze, Picasso si teneva un loro vestito, un modo metaforico per appropriarsi della sostanza di qualcun altro, diceva». Al di là degli oggetti e dei rituali, secondo Richard Wiseman, professore di psicologia all’Università di Hertfordshire, in Gran Bretagna, la buona sorte si può attirare attraverso una serie di esercizi. Il primo è non fissarsi solo su un obiettivo perché altrimenti si perdono di vista le altre possibilità. Il secondo è cercare di vedere il lato positivo delle situazioni: ad esempio, se ci si sbuccia il ginocchio, rallegrarsi di non esserselo rotto. Infine, interrompere la routine, smettendo di fare sempre le stesse cose e frequentare le stesse persone: uscire dalla comfort zone, dal già visto e già provato, aumenta le chance che qualcosa di nuovo e fortunato possa succedere.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 04 giugno 2018 • N. 23
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Società e Territorio
Una scuola per sognatori tecnologici Intervista A 11 anni ha realizzato il suo primo robot, a 15 ha trascorso l’estate al MIT di Boston, a 16 ha fondato
una scuola. Valeria Cagnina è stata ospite di Devoxx4Kids alla Supsi di Manno e ci ha raccontato la sua storia
famiglie, ritengono ancora che materie quali la robotica non siamo «cose da femmine». Anche quando cercavo insegnanti, pur mirando a ragazze della mia età, ho trovato solo maschi e più grandi. Ho fatto dei colloqui con delle ragazze che avevano esperienza, per esempio, in ambito educativo, ma appena vedevano due fili o due motorini dicevano «no, questo non fa per me».
Alessandra Ostini Sutto Classe 2001, Valeria Cagnina è una ragazza vulcanica. All’età di 11 anni ha realizzato il suo primo robot e a 16 ha fondato un’impresa tutta sua che conta oggi 10 collaboratori, con età inferiore ai 30 anni. Si tratta di una scuola dove insegna robotica e innovazione a studenti che vengono chiamati «dreamers», sognatori. Iscritta al quarto anno dell’ITIS (Istituto Tecnico Industriale Statale), questa giovane «maker» (una sorta di «artigiano digitale») di Alessandria, partecipa ad eventi e fiere internazionali in Italia, Europa e negli Stati Uniti. Oltre a ciò pratica e insegna ginnastica ritmica ed è pure una tech e travel blogger. Insomma, energia pura. Un mesetto fa, Valeria è stata ospite di Devoxx4Kids 2018 alla Supsi di Manno. Una giornata che ha per scopo di avvicinare i ragazzi tra gli 11 ed i 15 anni alle materie tecniche – come programmazione, robotica e ingegneria – con un approccio leggero e divertente. Devoxx4kids è un movimento no profit nato nel 2012 in Belgio e organizzato in club locali. Nel nostro Cantone la manifestazione è promossa da ated4kids, un progetto di ated – ICT Ticino. Abbiamo intervistato Valeria Cagnina – menzionata nel 2015 tra le 100 donne che contano di più in Italia nel digitale – a pochi giorni dalla sua partenza per la fiera tecnologica Maker Faire di San Francisco. La sua storia – ci ha raccontato – inizia nel 2012 al CoderDojo Milano. CoderDojo è un movimento aperto e gratuito costituito da centinaia di club indipendenti in tutto il mondo che impartiscono corsi per avvicinare i bambini al coding e alla robotica. Qui, Valeria vede una pianta digitale realizzata con Arduino di cui subito si innamora. Decide così di acquistare un kit di Arduino e, seguendo e modificando i video di Youtube, all’epoca solo in inglese, realizza il suo primo robot in grado di muoversi evitando gli ostacoli. Questo evento dà una svolta alla sua giovane vita: a 13 anni diventa Digital Champion per la sua Città, a 14 è speaker al TEDxMilanoWomen, al Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) di Pisa, al Senato della Repubblica e all’opening conference della Maker Faire Rome 2015. A 15 anni trascorre l’estate al MIT di Boston, presso il Dipartimento di Robotica.
E come ti senti con questi collaboratori più grandi e, soprattutto, ad avere, a soli 17 anni, una tua scuola, dove insegni persino ad adulti?
Valeria Cagnina ha 17 anni e vive ad Alessandria. (Valeria Cagnina) Qual era il tuo ruolo al MIT di Boston?
Ero Senior Tester del progetto Duckietown, che si occupa di realizzare veicoli in grado di muoversi in maniera autonoma in una città di papere. Il mio compito era di costruire uno di questi robottini, semplificando al tempo stesso i tutorial dell’Università per renderli accessibili ai ragazzi delle Superiori. Quella del MIT non è stata l’unica esperienza presso un prestigioso ateneo all’estero; è corretto?
Esatto. Dopo l’esperienza di Boston volevo trovare un politecnico che si occupasse di robotica ed intelligenza artificiale in Europa. Dopo aver visionato il sito del Politecnico di Zurigo, ho cominciato a mandare e-mail ai vari dipartimenti che mi potevano interessare, fino a quando qualcuno mi ha risposto, invitandomi a visitare i loro uffici e laboratori. Pensavo mi avrebbero fatto fare un giretto invece ho passato lì dentro l’intera giornata. Ora collaboro con l’ETH facendo utilizzare ai bambini della mia scuola il kit di Dancebot, un robottino in grado di ballare messo a punto dagli ingegneri zurighesi. Sono poi stata Mentor in un Summer Camp di imprenditoria per ragazzi – il Ginger Camp – presso l’EPFL, il Politenico di Losanna. Ho letto che l’esperienza al MIT è stata decisiva per l’apertura della tua scuola…
L’estate trascorsa al MIT mi ha permesso di capire che si può imparare
divertendosi, che le nozioni non devono per forza essere assimilate passivamente da dietro un banco. Così, tornata in Italia ho iniziato a dare delle lezioni ai bambini. In poco tempo questa attività è diventata più strutturata tanto che a 16 anni ho aperto la mia scuola.
Che tipi di corsi propone?
Ora offre corsi tech, hardware, software e di robotica ad Alessandria e su Skype per bambini e ragazzi, adulti e docenti, associazioni e gruppi, scuole ed aziende. D’estate organizziamo un Summer Camp. La tua scuola ha un approccio didattico non convenzionale; ce ne vuoi parlare?
La scuola segue 10 regole da me ideate. Innanzitutto chi partecipa agli «incontri» è un «Dreamer», chi facilita l’apprendimento un «Mentor». La prima regola è che «niente è impossibile» e nella scuola non si può dire «non ce la faccio», dal momento che pensiamo sia soltanto un blocco mentale che porta ad arrendersi. Vogliamo invece trasmettere un approccio positivo secondo cui con determinazione, impegno e voglia di fare si può arrivare dove si vuole. Come si volgono gli «incontri»?
Le attività sono svolte per terra, disposti in cerchio, su tappeti e cuscinoni. Stare distesi sul cuscino non è considerato un segno di maleducazione; quello che conta è la partecipazione, l’interesse e l’apprendimento. Il cerchio facilita la possibilità trovare
il proprio spazio ed evita di avere il secchione in prima fila e quello che disturba nell’ultima. Siamo convinti che i bambini possano imparare anche tra pari e lavorare con compagni che non abbiano per forza la stessa età. Per questo usiamo molto il team working. Agevoliamo pure il brain storming, con l’ausilio di lavagne e pennarelli che i Dreamer possono utilizzare in qualunque momento. Il rumore e il disordine non ci danno fastidio, e nemmeno il fatto di sporcarsi le mani. Facciamo infatti poche lezioni teoriche e molte attività pratiche, utilizzando piuttosto il tech e il digitale come strumenti per aiutare ogni Dreamer a scoprire le proprie passioni, dal momento che il nostro scopo non è creare i programmatori di domani, ma delle persone che possano esprimersi a 360 gradi ed essere uniche e creative nel realizzare quello che vogliono.
E questo lo incentivate in qualche altro modo?
Per esempio evitando le soluzioni pronte. Se qualcuno chiede aiuto, gli stiamo vicini e gli spieghiamo ancora una volta come fare, ma non mettiamo mai le mani sul suo lavoro convinti del fatto che ogni ragazzo possiede le risorse per arrivare al risultato. È possibile tracciare un profilo dei bambini e ragazzi che frequentano i tuoi corsi?
Fino ai 7-8 anni ci sono sia maschi che femmine. Successivamente, nella maggior parte dei casi si tratta di maschi. Purtroppo le ragazze, e anche delle
Jurassic World: Il regno distrutto Concorsi La nuova avventura della saga cinematografica più famosa della storia Nelle sale a partire dal 6 giugno arriva Jurassic World: Il Regno Distrutto. Il nuovo capitolo della saga che ha conquistato l’immaginario di bambini e adulti, porta il giurassico a un nuovo livello epico, con tanti dinosauri quanti non se ne sono mai visti, cinematograficamente parlando, e cattura lo spettatore attingendo dai ricordi delle avventure precedenti con il ritorno di Chris Pratt e Bryce Dallas Howard nei panni dei protagonisti e del vecchio cast composto da Toby Jones, Ted Levine, Rafe Spall, BD Wong e Jeff Goldblum. Isla Nublar, tre anni dopo la distruzione del parco tematico Jurassic World causata dalla fuga dei dinosauri dalle gabbie di contenimento, è ormai un luogo inospitale. I giganteschi rettili sopravvissuti trovano riparo nella fitta
giungla dell’isola, ma nella loro vita selvaggia si ripresenta la minaccia dell’estinzione. Sull’isola si erge un ribollente vulcano che sembra segnare la loro tragica fine, destino che non deve ripetersi. Così i protagonisti, Owen e Claire, intraprendono una campagna per salvare le specie di dinosauri che abitano Isla Nublar. Mentre Claire sviluppa rispetto nei confronti di queste imponenti creature, Owen cerca il suo Velociraptor Blue disperso nella foresta, ma il tempo stringe e il vulcano erutta. La lava incandescente sta ormai distruggendo l’isola quando Claire e Owen capiscono che la loro missione è compromessa da una cospirazione di proporzioni globali che farebbe regredire il pianeta all’anarchia preistorica.
Dal 6 giugno al cinema
La carica di suspense di questo film della Universal Pictures e Amblin Entertainment è altissima, le scena d’azione potentissime e i dinosauri così realistici da sembrare davvero tra di noi. Firmato dal regista di Jurassic World, Colin Trevorrow, e dal suo co-sceneggiatore, Derek Connolly, il film segna una nuova collaborazione tra i produttori Frank Marshall, Pat Crowley e Belén Atienza. Con Spielberg e Trevorrow alla guida della squadra di produzione, questa pellicola è un continuo stimolo, che regalerà agli amanti del genere, tutte le emozioni possibili, anche paura e terrore… dietro ogni angolo si celano terrificanti ombre. Un film che tiene davvero lo spettatore incollato allo schermo fino all’epilogo.
www.jurassicworld-ilfilm.it
Mi sembra una cosa, mi verrebbe da dire, «normale», anche se so che non lo è. Ritengo comunque che oggi non sia tanto importante l’età che si ha ma piuttosto in cosa si è specializzati e quali attività si è deciso di intraprendere. In quest’ottica, posso sicuramente trovare, per esempio, un bambino esperto di qualcosa che non conosco che me lo può insegnare. A riprova di ciò, quando insegno agli adulti, mi capita di vederli inizialmente scettici, ma poi, quando capiscono che ho qualcosa da insegnare e che faccio qualcosa di diverso rispetto a loro, mi ascoltano e mi prendono sul serio. Mi ha impressionato leggere la quantità e la diversità delle attività che riempiono la tua giornata; come riesci a fare tutto?
Sono stra-iperattiva e molto organizzata e così riesco ad incastrare varie cose in una giornata che è di 24 ore come quella di tutti. Il team della mia scuola mi aiuta molto perché riesce a gestire le lezioni anche senza di me. Mezza giornata a settimana comunque non vado a scuola e salto delle lezioni quando partecipo agli eventi. Per mia fortuna ho una buona memoria e riesco a mantenere una media alta. Hai dei progetti che vorresti segnalare?
L’idea è di estendere la nostra attività tramite degli Ambassador, delle persone cioè che abbraccino la filosofia della nostra scuola e vogliano replicarne la struttura in altre realtà.
Nonostante la tua giovane età hai già fatto molto; come ti vedi da grande?
Ho ancora un anno di superiori dopodiché vorrei studiare ingegneria informatica al Politecnico di Milano. Dopo non lo so... Di sicuro vorrei insegnare al maggior numero possibile di bambini in maniera giocosa e divertente e rendere la scuola un punto d’incontro per realtà diverse, estendendo le attività ad altri campi e ad altre fasce di persone.
Gadget in palio per i nostri lettori In occasione dell’uscita del film Jurassic World: Il regno distrutto il 6 giugno, Universal Pictures in collaborazione con Migros Ticino mette in palio 3 pacchi contenenti uno zainetto griffato e il cofanetto DVD collection dei precedenti film della saga. La partecipazione è riservata a chi non ha beneficiato di vincite in altri concorsi promossi da «Azione» negli scorsi mesi. Per partecipare basta visitare il sito www.azione.ch/concorsi e seguire le indicazioni. Il concorso termina il mercoledì 6 giugno a mezzanotte. Buona Fortuna!
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 04 giugno 2018 • N. 23
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Società e Territorio
Realizzare spazi di libertà
Biennale di Architettura AVenezia il padiglione svizzero si è aggiudicato il Leone d’Oro
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Alberto Caruso Dal colonnato delle Corderie dell’Arsenale, ai padiglioni ai Giardini, oltre agli eventi collaterali nelle sedi esterne, la Biennale veneziana di Architettura è molto vasta. Non bastano diversi giorni, infatti, per vedere i modelli, i video e le installazioni che compongono lo scenario scelto dai curatori. Ci proponiamo, quindi, di offrire ai lettori una piccola guida, una selezione dei siti e dei progetti più interessanti, descritti in modo motivatamente di parte.
Freespace è il titolo scelto per la Mostra Internazionale dalle curatrici Yvonne Farrel e Shelley McNamara Il tema di quest’anno è Freespace, ed è stato proposto dalle curatrici Yvonne Farrel e Shelley McNamara. Il loro studio Grafton Architects è a Dublino ed è noto soprattutto per i progetti di edifici universitari, come l’ampliamento dell’Università Bocconi a Milano, il Campus UTEC a Lima e il Marshall Building della LSE a Londra. Koolhaas nel 2014 e Aravena nel 2016 avevano diretto la mostra con un’ottica molto precisa – il primo indagando i principi e le regole «fondamentali» della cultura della costruzione, il secondo puntando l’attenzione sulla «responsabilità civile» del mestiere – e hanno avuto il merito di promuovere una selezione rigorosa, che ha evitato la passerella di star mondiali e la spettacolarizzazione dell’architettura. Quest’anno le Grafton hanno tentato di ribaltare il punto di vista, per guardare alla capacità, propria del progetto architettonico, di migliorare il mondo, realizzando spazi di libertà. «Per noi l’architettura» hanno scritto «è la traduzione di necessità in spazio significativo». Cioè, la soluzione dei bisogni attraverso l’architettura comporta esiti che vanno oltre il semplice soddisfacimento degli stessi bisogni. Obiettivi come la generosità, il senso di umanità, la soluzione di desideri inespressi, il benessere e la dignità, lo spazio democratico, sono, infatti, concetti più raramente ritrovabili nel lessico architettonico corrente, e sono comprensibili a tutti. Tuttavia l’apertura semantica di Freespace è così ampia e generale da risultare addirittura un concetto generico, e infatti i progetti esposti l’hanno interpretato nei modi più diversi e con-
tradditori, e con difficoltà il visitatore riesce a cogliere il filo rosso che li tiene insieme. Ognuno dei progetti dei 71 architetti invitati – alcuni molto noti e molti altri poco o per nulla conosciuti – è illustrato, oltre che dalla consueta presentazione dell’autore, anche da un testo di motivazione delle curatrici. Un modo nuovo e gradito dal pubblico, che tuttavia tradisce la necessità di tessere il filo che identifica il tema della mostra. Tra gli invitati ci sono i professori di ruolo dell’Accademia di Mendrisio, un omaggio delle Grafton alla scuola dove insegnano da diversi anni. Sparsi tra gli atri invitati, questi architetti non appaiono come un gruppo e non segnalano la presenza della scuola, e quindi la loro scelta perde di motivazione. Uno schermo proietta una magistrale lezione di Aurelio Galfetti, un grande modello espone il lavoro degli studenti di Frédéric Bonnet dedicato all’inclusione sociale, e i pannelli curati da Elisabeth & Martin Boesch illustrano la complessità delle relazioni tra vecchio e nuovo dei progetti di riuso e trasformazione, tema principe del futuro del mestiere. A Valerio Olgiati è stato affidato l’allestimento dello spazio finale delle Corderie, che è stato risolto in modo spazialmente eccellente dall’architetto grigionese con un mazzo di grandi colonne bianche, che formano il fondale della lunga prospettiva. Tra gli spazi allestiti dagli altri invitati, ricordiamo un efficacissimo video che percorre gli spazi liberi della sistemazione della berlinese Museumsinsel, intorno al Neues Museum di David Chipperfield, una sala curata dai londinesi Caruso St John, con curatissimi disegni dei fronti urbani dei loro progetti, confrontati con fotografie delle architetture delle città europee cui si sono ispirati. E, sempre sul tema della memoria del passato come materiale del progetto contemporaneo, una ricerca di Cino Zucchi su una mirabile opera di Luigi Caccia Dominioni, un piccolo e complesso pezzo di città a Milano, in corso Italia. Riguardo ai padiglioni nazionali, il Leone d’Oro attribuito al padiglione svizzero è ampiamente meritato. Il lavoro dei giovani curatori (A. Bosshard, L. Tavor, M. van der Ploeg, A.Vihervaara), il cui incarico è stato conferito attraverso un concorso, ha innanzitutto un esito divertente, che è già di per sé una qualità rara. Il grande gioco è una sequenza di stanze dalle pareti, porte e finestre bianche e con parquet di legno chiaro, realizzate a scale diverse, da quella reale a quella ridotta a un quinto a quella gran-
Alain Berset durante la sua visita al padiglione Svizzera 240 House Tour. (Keystone)
de due volte. Anche i complementi dell’arredo, come le maniglie o le prese dell’energia, sono realizzati in scala, provocando un effetto singolare di straniamento. C’è l’ironia per le foto che gli architetti scattano quando gli appartamenti non sono ancora abitati e personalizzati, è l’occasione per riflettere sulla banalità degli interni convenzionali e senza tempo, inalterati attraverso le mode architettoniche, e per riflettere sul tema della scala, che la progettazione elettronica ha derubricato da tema compositivo a procedura meccanica, e su tanto altro. Il padiglione tedesco, come sempre molto «politico», è dedicato al protezionismo e ai confini. A 28 anni dalla caduta del Muro di Berlino, il padiglione illustra i progetti di rigenerazione urbana realizzati nelle aree del Muro, per dimostrare come la liberazione dai muri è occasione di conquista di spazi di libertà e di benessere. Anche il Padiglione degli USA ha un tema politico, dedicato alla Cittadinanza (Dimension of Citizenship), intesa come un complesso di diritti, dall’accoglienza alla sostenibilità ambientale. È tale la contraddizione tra il contenuto dei temi svolti e la politica dell’attuale governo americano, che, evidentemente, la scelta dei curatori risale al precedente governo Obama.
Il padiglione dell’Italia è dedicato all’Italia minore, alla provincia lontana dai grandi percorsi turistici, dove il paesaggio naturale ha ancora un rilievo dominante e i piccoli centri sono oggetto di ricerche architettoniche isolate e potenzialmente importanti. La Repubblica Popolare Cinese ha allestito, vicino a quello italiano, un padiglione esemplare, non dedicato – come sarebbe stato facile aspettarsi – ai progetti nelle grandi città, ma diretto ad illustrare, con sapienza e completezza, alcuni piccoli interventi nei centri minori, dove gli architetti non ascoltano le sirene delle mode internazionali e ricercano invece strade originali e coltamente contestuali. Un altro padiglione che illustra progetti di spazi pubblici di grande qualità è quello portoghese, sito a palazzo Giustinian, vicino al Ponte dell’Accademia, oltre al padiglione finlandese, dedicato a progetti di biblioteche pubbliche. Infine è necessario segnalare le Vatican Chapels, nei bei giardini della Fondazione Cini a S. Giorgio, sul bordo della laguna. È la prima volta che il Vaticano partecipa alla Biennale, ed ha scelto di farlo ricorrendo ad un intervento di grande visibilità. Dieci architetti dalle qualità espressive molto diverse hanno costruito dieci cappelle, riferite all’esempio magistrale della
cappella nel bosco che Asplund ha realizzato nel 1920 nel cimitero di Stoccolma. Una di queste cappelle, progettata dal portoghese Souto de Moura, è davvero mirabile. Un recinto di blocchi di Pietra di Vicenza, con il pavimento in leggera discesa, è parzialmente coperto da una lastra del medesimo materiale, la cui ombra continua a mutare. Elementare e primordiale, lo spazio ha una forte capacità emozionale. Lo stesso architetto ha ricevuto il Leone d’Oro per il migliore partecipante alla Mostra, per il progetto di trasformazione in albergo di un convento a Monsaraz, nell’Alentejo, un’opera di riuso caratterizzata da una controllata economia espressiva. E a Kenneth Frampton, il grande critico che ha insegnato anche all’Accademia di Mendrisio, è stato conferito il Leone d’Oro alla carriera. Tra luci ed ombre, una Biennale che non passerà alla storia, ma che vale la pena di visitare per le suggestioni e le riflessioni che un tema come Freespace, seppur così largo da comprendere di tutto, provoca nei visitatori interessati alla cultura architettonica. Dove e quando
Venezia, Giardini – Arsenale, fino al 25 novembre 2018, orari: 10.00-18.00 (chiuso lunedì). www.labiennale.org
Viale dei ciliegi di Letizia Bolzani Simone Dini Gandini, L’ibis di Palmira e il merlo ribelle, illustrazioni di David Pintor, Notes Edizioni. Da 8 anni Un’allegoria del rapporto con il «diverso», con lo «straniero», che spezza gli equilibri della comunità, incline, per paura, al pregiudizio e all’atteggiamento ostile: è questa l’ossatura del breve romanzo che Simone Dini Gandini dedica all’ibis eremita, volatile rarissimo a rischio grave di estinzione, di cui una colonia viveva nei pressi del sito archeologico di Palmira, in Siria, ma che in seguito alla guerra, alla distruzione dell’habitat naturale per lo sfruttamento delle risorse e alla caccia, è andato scomparendo. L’autore immagina che gli ultimi due esemplari, l’ibis protagonista del romanzo e la sua compagna, siano stati messi in salvo da uno studioso, che li nasconde in una cesta e li porta con sé «su un gommone diretto lontano
dalla guerra, verso i Paesi al di là del mare». Ma la cesta toglie spazio alle persone e viene gettata in mare. Con un grande sforzo l’ibis riesce a sollevarsi dall’acqua e ad affrontare un lungo volo, che lo porta in un altro paese, nelle terre tra giardini e bosco, dove viveva, crogiolandosi nelle sue certezze e nelle sue ancestrali paure, una comunità di merli, lombrichi, pipistrelli e altre piccole creature. In particolare, ai tre merli Caio, Tizio e Sempronio, è affidato il ruolo più conservatore: avranno parole di disprezzo
per un loro simile, il «merlo ribelle», «il caso perso», l’altro protagonista del romanzo, l’unico che avrà il coraggio di addentrarsi nel bosco per provare a stabilire una relazione con «il Mostro», quel volatile straniero e così diverso che aveva suscitato l’ostilità del gruppo. Grazie al coraggio del merlo ribelle si potrà prospettare un cambiamento, una felice integrazione che riguarderà tutta la comunità di animali. Teresa Porcella-Lucia Mattioli, Giallo Max, Giralangolo. Da 3 anni Vivace, salterellante, trascinante storia, giocata a tutto ritmo di suono e di colore: pennellate di giallo su ogni pagina, e ad ogni pagina lo stesso incipit: «e questo è...». Questo è ogni volta una sorpresa, concatenata alla precedente, in uno scorrimento dal grande al piccolo, dal contenente al contenuto. Ma cosa racconta questo albo? È presto
detto, anche se bisognerebbe sfogliarlo dal vivo per gustarlo appieno. Nella prima doppia pagina viene presentato «Felix, il cane di Max»; poi, nella seconda «E questa è Alix, la pulce che vive su Felix, il cane di Max»; giriamo ancora pagina «E questo è Sprix, il domatore di Alix, la pulce che vive su Felix, il cane di Max»... e così via, in una catena iterativa-progressiva, ad ogni pagina un personaggio o un luogo in più si aggiunge agli altri, e il piccolo lettore potrà ritmare e cantare a sua
volta la filastrocca, che termina sempre con «... Alix, la pulce che vive su Felix, il cane di Max». Ma chi è Max? Lo scopriremo alla fine di questo originale albo da ascoltare e da guardare, dopo essere passati da circhi, città (la città di Brix, in cui sosta il circo Minimaxi, dove lavora Sprix, il domatore di Alix...) e aeroporti (Airix, l’aeroporto di Brix, dove lavora Sprix...), per poi ritornare a casa. Sì perché il cerchio alla fine si chiude, e perché questo non è solo un divertissement, ma è anche la storia rassicurante di un ritorno a casa. Però il divertimento c’è, eccome: non fosse che per tutte quelle parole con le x, e per quei particolari da notare nelle illustrazioni, magari ripercorrendo il libro a ritroso, che trasformano il reale nella magia di un gioco, il piccolo nel grande (minimaxi, come il nome del circo!), la normale quotidianità nella colorata energia di una storia da leggere insieme.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 04 giugno 2018 • N. 23
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Società e Territorio Rubriche
L’altropologo di Cesare Poppi Il populismo e il Corpo del Sovrano Potrebbe sembrare una versione aggiornata del «Nessun Dorma» dalla Turandot di Puccini reso famoso da Big Luciano (Pavarotti) nei concerti dei Tre Tenori oppure la versione riveduta e corretta di quel «nessuno tocchi Caino» che, secondo la narrazione biblica di Genesi 4:14-16, blinda giuridicamente il caso del primo omicida-fratricida per avocare a Jahvè – ed a lui solo – il diritto di giudicare tale orrore. Niente di tutto questo. Siamo invece in Italia, lo scenario è il fracas causato dal rifiuto da parte del Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella di nominare il Professor Paolo Savona a ministro dell’economia secondo i desiderata dei leader dei partiti politici vincitori delle ultime elezioni politiche. La storia è nota: avvalendosi di prerogative costituzionali inequivocabili, secondo le quali le forze politiche vincitrici propongono i nomi del Premier e dei Ministri che è però poi prerogativa del Presidente avallare e nominare a sua esclusiva discrezione di garante
e custode della Costituzione stessa, Mattarella si è rifiutato di sottoscrivere il nome di un noto euroscettico. Si è scatenato l’inferno: accuse più o meno scomposte di golpismo presidenziale, visioni apocalittiche di stupro della volontà del popolo sovrano, prospettive di una Madrepatria ostaggio della Merkel, cupe visioni di un italico popolo schiavo dei Nuovi Barbari, minacce di sfracelli giuridici a partire dall’impeachment del Signore Siciliano – insomma: chi più ne ha più ne metta, con iperboli spesso francamente comiche che – se non fosse per il fatto che si è anche giunti a minacciare il Presidente di morte (suo fratello Piersanti fu ucciso dalla Mafia nel 1980 quando era Presidente della Regione Autonoma Sicilia) – la situazione potrebbe essere descritta con le parole di Ennio Flaiano come «seria ma non grave», more italico. Sta di fatto che il campo dei – chiamiamoli «presidenzialisti» non ha tardato a scendere a sua volta in tenzone. «Nessuno Osi Toccare Mattarella» recitava il
cartello ostentato da un elegante Signore di mezza età con tanto di baffi curati, baldo e apparentemente solo davanti ad un Palazzo del Potere a Roma. L’ altropologia – che molto osserva e molto sa – non si scompone affatto di fronte al diktat: già tutto visto, già tutto previsto nella fase classica della disciplina. Il fatto è che il Corpo del Sovrano è Sacro, in tutti i tempi ed a tutte le latitudini. Sacro ed Inviolabile. Il problema è che, nell’epoca del populismo virale, ce ne siamo dimenticati. Come – tanto per fare un esempio – dimostra il commento cucinato in migliaia di analoghe varianti in occasione delle nozze recenti dei Reali Rampolli d’oltremanica e suonato come un ritornello sui media di tutto il mondo: «Sono proprio come una coppia normale che celebra il proprio amore». Un corno, verrebbe da dire visti i costi. Ma tant’è: oggi per essere popolari occorre fare come Obama, primo Presidente Americano (a quanto pare) a farsi vedere mangiare – e mangiare cosa? Un democraticissimo,
nazionalissimo hamburger... Oppure – ricorderete – Papa Wojtila che si faceva riprendere mentre nuotava o andava in montagna o la Regina d’Olanda che va a fare la spesa in bicicletta, oppure Putin che inforca un povero luccio con la fiocina: «proprio come uno di noi, meraviglia delle meraviglie!» Così il populismo imperante dei media. Che poi è pronto a rimangiarsi tutto. Si possono vedere a proposito in web le foto del famoso ricevimento di Zlatan Ibrahimovic, giocatore di pallone, con l’ormai abdicato Re Juan di Spagna il 17 marzo 2017. Maglietta e mise casual, il bomber tiene una mano sulla spalla del Rey come fosse suo nonno. «Un Re sa riconoscere un altro Re» dichiarò Ibra ai tempi. Scatenando un pandemonio proprio sugli stessi tabloid di massa. Tre mesi dopo toccava a quel provincialotto di colonia che è David Johnston, a suo tempo Governatore Generale del Canada. Al momento di ricevere la Regina Elisabetta (che del Canada resta il Capo di Stato) alla Canada House di
Londra, Johnston viene fotografato mentre sorregge premuroso la Sovrana con una mano sulla schiena per impedire che questa scivoli. Si scatena la canea all’episodio di Lesa Maestà. Come osa questo canadese buzzurro violare il protocollo? Si scava negli archivi e si scopre che anche Michelle aveva «toccato» la Regina in circostanze simili nel 2009. Il problema è che un tempo chi «toccava» finiva nella Torre di Londra per un periodo di rieducazione alle buone maniere. Morale della favola? 1 – il Corpo del Sovrano è sacro ed inviolabile: guai a chi lo tocca. 2 – chi di populismo ferisce di populismo perisce: vuoi pretendi e strepiti che il Popolo sia Sovrano anche quando decide di andare a sbattere? Sappi allora che anche il Presidente lo è, e a maggiore e più fondamentale costituzionale ragione: «il Popolo esercita la Sovranità per mezzo del voto nei limiti e secondo le modalità sancite dalla Costituzione». Della quale il Presidente è custode e garante. It’s democracy, Baby!
resterai mai sola come lei. Di conseguenza ti impegni a trovare un partner dopo l’altro. Ma quando, passata la fase dell’entusiasmo cominci a frequentarlo regolarmente, ti accorgi di non essere preparata alla convivenza. Come tutti coloro che sono cresciuti con un solo genitore, non conosci le strategie di coppia che si imparano indirettamente, per prossimità, per consuetudine. Ciò che ogni volta ti spaventa è allora non tanto il futuro, quanto il passato: il ricordo dei conflitti, il trauma della separazione familiare, il dolore di tua madre, le inadempienze di tuo padre. Se propongo questa ipotesi, non potendo addentrarmi in una vita che non conosco, è perché ho incontrato un andamento analogo in molte tra le duecento confidenze di figli di genitori separati, che ho raccolto nel libro Quando i genitori si separano: le emozioni dei figli. Se, leggendo la mia risposta, ti riconoscerai in quella situazione, ti prego di parlarne con tua madre che, più di ogni altro, potrà capirti. Appena riuscirai a separare la tua storia, i tuoi sentimenti, i
tuoi problemi da quelli dei tuoi genitori e ad affidare al passato i traumi dell’infanzia, si aprirà dinnanzi a te, quasi per incanto, una pagina bianca in cui scrivere il romanzo della TUA vita. È vero che nessuno inizia da zero in quanto nasciamo sempre all’interno di una storia vissuta e raccontata da altri. Come dice Lacan, siamo prima «parlati» che «parlanti», ma se sarai capace, almeno per un attimo, di distoglierti dall’ovvio, dal quotidiano e dal previsto, vedrai che la coazione a ripetere si interromperà perché quello che può sembrare un segno del destino è semplicemente il risultato di contraddizioni interne non superate, di conflitti non elaborati, di un passato che non passa.
liberamente, a proprio modo, o, a volte, sotto gli influssi dei consigli di addetti ai lavori (meglio D’Orrico o Fazioli?). Ma, dobbiamo esserne consapevoli, la predizione per l’autore è a rischio di deviazione maniacale. In proposito, devo confessare una passione sconfinata per Charles Dickens, che è pure un pretesto per visitare i suoi luoghi, fra Londra, Rochester e Chatham. E, poi, citando alla rinfusa i miei prediletti, ecco Dostoevskij, Flaubert, Hemingway, Max Frisch, Italo Svevo, Georges Simenon. Una miscela di talenti non paragonabili ma tutti in grado di regalare la vera amicizia. Anche ai libri, quindi, si può applicare la distinzione che, nelle relazioni umane, separa i conoscenti, compagni occasionali, dagli amici, che durano nel tempo. È la loro prerogativa: non li vedevi da anni e ti sembra che fosse ieri. Alla stessa stregua se sfogli un
libro firmato dall’autore prediletto ti senti subito a casa. Con ciò, non va sottovalutato il ruolo dei conoscenti, con cui scambiare quattro chiacchiere, scherzare, rimanendo su temi leggeri. Come, appunto, spetta a quei libri che si limitano a tenerci compagnia, magari simpaticamente. Proprio qui si fa sentire il fattore tempo e le relative mode che, nel lettore, si abbinano a un certo periodo di vita, a viaggi, a incontri casuali. Per quel che mi concerne, potrei citare scrittori che, accompagnarono appunto, una generazione: Giuseppe Berto (il Male oscuro), Luciano Bianciardi (La vita agra), Fruttero-Lucentini, Giovanni Arpino, oggi dimenticati. Fra i più recenti, ho apprezzato, in particolare, Alessandro Piperno e Marco Missiroli, bravi romanzieri. Che, non da ultimo, hanno il merito di essere, entrambi, cultori del mito Roth.
La stanza del dialogo di Silvia Vegetti Finzi La paura della convivenza Cara Silvia, dopo 42 anni di vita insieme a me stessa ancora non mi capisco. Una settimana fa sono stata per l’ennesima volta lasciata dal mio compagno, esasperato dalle mie richieste. Avremmo dovuto andare a vivere insieme e ammetto che lo avevo pressato come se questo fosse il massimo dei miei desideri. L’ipotesi mi sembrava avvincente: abita in centro in un appartamento piccolo ma in un edificio storico molto suggestivo. Peccato che, appena mi ha detto sì, il mio atteggiamento è completamente cambiato. Mi sono accorta che tre stanze sono poche, che condividere il bagno mi dà fastidio, che salire tre piani a piedi è uno stress, che le finestre non prendono sole e così via. Allora, sempre premuroso, ha trovato per me un appartamentino vicino, a piano terra. Ma che senso ha che io cambi abitazione se poi ognuno rimane a casa propria come prima? Tanto vale che io resti dove sono, in un paese vicino. Insomma, come avrà capito, a un certo punto lui ha detto basta. In quel momento, solo in quel momento, ho inteso
le sue ragioni e mi chiedo perché, ogni volta che mi metto in coppia, o scappa lui o scappo io? / Elsa Cara Elsa, il tuo disagio rivela come vivere insieme sia diventato difficile, contraddittorio, in certi casi impossibile. Probabilmente da molti anni abiti da sola, concedendoti i tuoi spazi e i tuoi tempi. Uscita dalla famiglia nella prima giovinezza, non devi mai aver affrontato il compito di mediare, scendere a compromesso, rinunciare a qualche comodità a favore dell’altro. Suppongo che tu conosca a menadito la struttura complessiva della casa che senti tua: le particolarità architettoniche, la collocazione degli oggetti, i mutamenti della luce, della temperatura, dei suoni e dei colori. A un certo punto la casa diventa l’habitus che riveste il nostro sé più segreto. Messa di fronte alla prospettiva concreta, non solo fantasticata, di abbandonare il tuo guscio per entrare in quello di un altro ti sei spaventata e hai fatto in modo di mandare tutto all’aria. Quan-
do, dopo anni di autonomia, si decide di convivere, credo sia meglio spostarsi in una nuova abitazione da scegliere e arredare insieme senza chiedere a entrambi, sebbene da un versante diverso, uno sforzo di riadattamento. Mettere su casa comporta sempre un’apertura al futuro connotata di sentimenti positivi, quali la fiducia e la speranza. Se non lo avete fatto, se non ci avete mai pensato, significa che il vostro rapporto era già, per certi versi, svogliato e stanco. Mi permetto di supporre, se me lo concedi, che anche lui si senta sollevato all’idea di tornare alla vita di sempre, ai suoi ritmi, alle sue consuetudini. Il problema più grave è piuttosto la serialità con cui fai e disfi, costruisci e distruggi rapporti di coppia che vorresti e non vorresti avere. Forse ti consideri sfortunata, ma credimi non è così. Da quanto scrivi, mi sembra di capire che hai sofferto da piccola la separazione burrascosa dei tuoi genitori e ora che sei grande come loro a quei tempi, intendi dimostrare a te stessa e soprattutto a tua madre, che tu invece ce la fai, che non
Informazioni
Inviate le vostre domande o riflessioni a Silvia Vegetti Finzi, scrivendo a: La Stanza del dialogo, Azione, Via Pretorio 11, 6900 Lugano; oppure a lastanzadeldialogo@azione.ch
Mode e modi di Luciana Caglio Quei libri che tengono compagnia Siamo in tanti ad avere, con Philip Roth, un debito di riconoscenza: che non potremo mai saldare. Non soltanto perché il creditore non c’è più, ma perché quel che ci ha dato non è quantificabile, anzi neppure definibile. Attraverso i suoi libri, ci ha tenuto compagnia per oltre mezzo secolo, regalandoci qualcosa che supera il godimento momentaneo di un bel romanzo. Con lui la narrazione diventa lo strumento privilegiato per esplorare la realtà, incessante intreccio di vicende pubbliche e private. E così, come avviene nei migliori casi, l’invenzione letteraria si trasforma in testimonianza storica. Roth, del resto, ne possiede persino esemplarmente le prerogative: ebreo, malvisto però in Israele, americano «liberal» ma allergico al nuovo sinistrismo revisionista, fedele alla tradizione familiare e, insieme, libertino, mondano e solitario, amante della
vita e assillato dalla decadenza e dalla morte. Tutte queste contraddizioni, affidate a un linguaggio limpido e a uno spirito ironico, se hanno animato pagine indimenticabili, d’altro canto hanno prodotto l’effetto collaterale della popolarità: allargando la fama dello scrittore fino a coinvolgere l’uomo. Al di là dei consensi, o dissensi, critici, anche Roth si è trovato alle prese con la curiosità del grande pubblico che gli tributava una sorta di culto. Diverso, certo, da quello che circonda gli autori di bestseller, considerati fenomeni editoriali, soprattutto dal profilo finanziario, e disposti a girare il mondo per partecipare a festeggiamenti promozionali. Comunque, il successo ha pur sempre un prezzo da pagare: alto, per un tipo dagli umori imprevedibili come lui. Intanto, la sua abitazione nell’Upper West Side, a Manhattan, la residenza di campagna,
una dimora settecentesca nel Connecticut, la casa natale e i luoghi dell’infanzia e della gioventù, a Newark, erano già diventati le tappe di un frequentato pellegrinaggio sulle orme dell’autore preferito. A cui, adesso, si è aggiunta quella definitiva, nel cimitero del Bard College, dov’è stato sepolto, il 28 maggio. Ora, questa forma di omaggio postumo contraddistingue proprio la categoria di quelli che hanno veramente lasciato un segno, e non solo nelle antologie scolastiche e nei saggi critici. Non si sta parlando, per carità, di meriti letterari, piuttosto della capacità di creare la vicinanza con il lettore che, dal canto suo, deve condividerla. Ne nasce, insomma, la voglia di stare insieme, legati dal filo di una coincidenza, persino misteriosa, che resiste nel tempo. Infatti, si tratta di pagine sempre vive, che si possono rileggere, riscoprire, magari rivalutare. È un’esperienza che ognuno affronta
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Copertina: 1 Divano ad angolo ZAZOU, tessuto grigio chiaro, con angolo a sinistra o a destra, 252 x 162 x 84 cm 2 Set di stoviglie ATRIUM, 80 pezzi, porcellana bianca 3 Cuscino ornamentale DIONI, rivestimento: 100 % cotone, 45 x 45 cm 4 Letto boxspring LOUANE, apribile lateralmente, rivestimento 100 % poliestere 5 Mobile TV ELISABETH, MDF verniciato di bianco, 134,4 x 38 x 51 cm Pagina 2: 1 Lampada a sospensione FORNES, impiallacciatura in quercia, incl. lampadina, LED 24 W, 1800 lm, lunghezza 97 cm 2 Lampada a sospensione EMILIAN, materia sintetica, senza lampadina, max. 60 W / E27 3 Lampada a sospensione SAVANNAH II, senza lampadina, max. 60 W / E27 4 Set per bowle BALOU, 9 pezzi, vetro 5 Coperta decorativa ANDORE, 100 % poliestere, 150 x 200 cm 6 Sedia da gaming WATTS, poliuretano e materia sintetica, 61,5 x 64 x 110,5 – 120 cm 7 Telo da spiaggia YANNIK, 100 % cotone, 90 x 160 cm 8 Scrivania THOMPSON, truciolato, 110 x 55 x 75 cm 9 Sedia da ufficio STEWART, poliuretano e materia sintetica, 54 x 64 x 97,5 – 109,5 cm 0 Borsa frigo CUORI, Polyliner, diverse borse frigo, per es. lunch, 4,4 l q Telo da spiaggia SVEN, 100 % cotone, 90 x 160 cm w Telo da spiaggia FEATHER, 100 % cotone, 90 x 160 cm
micasa.ch
2
Sedia RIZZO
83.30
invece di 119.–
Griglia portascarpe BERNICE
1
27.90
1
invece di 39.90
30% su specchi selezionati
3
159.–
83.30
2
invece di 318.–
30% su sedie selezionate
Sedia TUSCO
Piumino d’oca SWISS FEATHERS Cuscino SWISS FEATHERS
54.50
3
invece di 109.–
Lenzuolo teso in jersey Interlock LANA
19.90
invece di 39.80
invece di 119.–
5
Specchio da parete HILLARY
4
48.90
83.30
invece di 119.–
invece di 69.90
6
Sedia CLARO
Gancio appendiabiti YALE
30%
4
50%
Materasso SANAFLEX
279.– invece di 559.–
13.90
5
invece di 19.90
7
39.50
Pouf SHARON
90.30
invece di 79.–
invece di 129.–
8
Pouf BYRON
62.90
50% su diversa biancheria da letto
invece di 89.90
6
Biancheria da letto in percalle MORENA
39.
50
9
Carrello ROLLO
55.
90
invece di 79.90
0
Pouf VELVET
48.
90
invece di 69.90
Biancheria da letto in raso FEDRA
q
Pouf WHITNEY
48.
90
invece di 79.–
8 7
Parure da letto in raso JADE
39.
50
invece di 79.–
invece di 69.90
Parure da letto in raso ETHAN
39.50
invece di 79.–
1 Griglia portascarpe BERNICE, legno di pino verniciato di bianco, 80 x 30 x 38 cm 2 Sedia RIZZO, metallo verniciato con polveri elettrostatiche, seduta girevole, 55 x 46 x 87 cm 3 Sedia TUSCO, metallo verniciato con polveri elettrostatiche, scocca in materia sintetica, 52 x 51,5 x 81 cm 4 Sedia CLARO, rattan, 44,5 x 55 x 91 cm 5 Specchio da parete HILLARY, cornice in bambù, Ø 45 cm 6 Gancio appendiabiti YALE, set da 3, frassino naturale, Ø 7 cm 7 Pouf SHARON, tessuto riciclato, Ø 60 cm, altezza 35 cm 8 Pouf BYRON, 100 % cotone, 45 x 45 x 35 cm 9 Carrello ROLLO, metallo / materia sintetica bianca, 38 x 39 x 70,5 cm 0 Pouf VELVET, velluto, 45 x 35 cm q Pouf WHITNEY, 100 % cotone,
1 Piumino d’oca SWISS FEATHERS, imbottitura: 90 % piume, 10 % piumette, bianco, fodera: 100 % cotone, diverse misure, per es. 160 x 210 cm 2 Cuscino SWISS FEATHERS, imbottitura: piumette d’oca bianche, fodera: 100 % cotone, diverse misure, per es. 50 x 70 cm 3 Lenzuolo teso in jersey Interlock LANA, 100 % cotone, diversi colori e misure, per es. grigio, 90 x 200 cm 4 Materasso SANAFLEX, materasso con molle interne, rivestimento: jersey, 100 % poliestere, diverse misure, per es. 90 x 200 cm, sfilabile, lavabile 5 Biancheria da letto in raso FEDRA, 100 % cotone, diverse misure, per es. 160 x 210 cm 6 Biancheria da letto in percalle MORENA, 100 % cotone, diverse misure, per es. 160 x 210 cm 7 Parure da letto in raso JADE, raso, 100 % cotone, con cerniera, federa 65 x 100 cm, copripiumino 160 x 210 cm 8 Parure da letto in raso ETHAN,
45 x 45 x 35 cm
raso, 100 % cotone, in due colori, federa 65 x 100 cm, copripiumino 160 x 210 cm
micasa.ch
micasa.ch
Con riserva di errori di battitura e tipografici. Fino a esaurimento dello stock. Prezzi validi dal 5.6. all’1.7.2018
2
Sedia RIZZO
83.30
invece di 119.–
Griglia portascarpe BERNICE
1
27.90
1
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30% su specchi selezionati
3
159.–
83.30
2
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30% su sedie selezionate
Sedia TUSCO
Piumino d’oca SWISS FEATHERS Cuscino SWISS FEATHERS
54.50
3
invece di 109.–
Lenzuolo teso in jersey Interlock LANA
19.90
invece di 39.80
invece di 119.–
5
Specchio da parete HILLARY
4
48.90
83.30
invece di 119.–
invece di 69.90
6
Sedia CLARO
Gancio appendiabiti YALE
30%
4
50%
Materasso SANAFLEX
279.– invece di 559.–
13.90
5
invece di 19.90
7
39.50
Pouf SHARON
90.30
invece di 79.–
invece di 129.–
8
Pouf BYRON
62.90
50% su diversa biancheria da letto
invece di 89.90
6
Biancheria da letto in percalle MORENA
39.
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Carrello ROLLO
55.
90
invece di 79.90
0
Pouf VELVET
48.
90
invece di 69.90
Biancheria da letto in raso FEDRA
q
Pouf WHITNEY
48.
90
invece di 79.–
8 7
Parure da letto in raso JADE
39.
50
invece di 79.–
invece di 69.90
Parure da letto in raso ETHAN
39.50
invece di 79.–
1 Griglia portascarpe BERNICE, legno di pino verniciato di bianco, 80 x 30 x 38 cm 2 Sedia RIZZO, metallo verniciato con polveri elettrostatiche, seduta girevole, 55 x 46 x 87 cm 3 Sedia TUSCO, metallo verniciato con polveri elettrostatiche, scocca in materia sintetica, 52 x 51,5 x 81 cm 4 Sedia CLARO, rattan, 44,5 x 55 x 91 cm 5 Specchio da parete HILLARY, cornice in bambù, Ø 45 cm 6 Gancio appendiabiti YALE, set da 3, frassino naturale, Ø 7 cm 7 Pouf SHARON, tessuto riciclato, Ø 60 cm, altezza 35 cm 8 Pouf BYRON, 100 % cotone, 45 x 45 x 35 cm 9 Carrello ROLLO, metallo / materia sintetica bianca, 38 x 39 x 70,5 cm 0 Pouf VELVET, velluto, 45 x 35 cm q Pouf WHITNEY, 100 % cotone,
1 Piumino d’oca SWISS FEATHERS, imbottitura: 90 % piume, 10 % piumette, bianco, fodera: 100 % cotone, diverse misure, per es. 160 x 210 cm 2 Cuscino SWISS FEATHERS, imbottitura: piumette d’oca bianche, fodera: 100 % cotone, diverse misure, per es. 50 x 70 cm 3 Lenzuolo teso in jersey Interlock LANA, 100 % cotone, diversi colori e misure, per es. grigio, 90 x 200 cm 4 Materasso SANAFLEX, materasso con molle interne, rivestimento: jersey, 100 % poliestere, diverse misure, per es. 90 x 200 cm, sfilabile, lavabile 5 Biancheria da letto in raso FEDRA, 100 % cotone, diverse misure, per es. 160 x 210 cm 6 Biancheria da letto in percalle MORENA, 100 % cotone, diverse misure, per es. 160 x 210 cm 7 Parure da letto in raso JADE, raso, 100 % cotone, con cerniera, federa 65 x 100 cm, copripiumino 160 x 210 cm 8 Parure da letto in raso ETHAN,
45 x 45 x 35 cm
raso, 100 % cotone, in due colori, federa 65 x 100 cm, copripiumino 160 x 210 cm
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Con riserva di errori di battitura e tipografici. Fino a esaurimento dello stock. Prezzi validi dal 5.6. all’1.7.2018
1
50% su diverse tovagliette
Tavolo da pranzo FERRARO II
699.–
invece di 1399.–
2 3
Diverse tovagliette per es. DORINE
2.45
Asciugapiatti NELLA
invece di 4.90
1.95
invece di 3.90
1
Tenda preconfezionata da notte LEANDRO
2
24.95
3
9.95
invece di 49.90
5
Tenda preconfezionata da notte BOSTONE
17.40
6
Tenda a pannelli GASPAR
9.95
invece di 34.90
50%
invece di 34.80
4
17.45
invece di 19.90
Cuscino ornamentale CINTO
Tenda preconfezionata da notte TIAGO
invece di 19.90
50% su diversi asciugapiatti
50% su diverse tende preconfezionate e tende decorative 4
Asciugapiatti VINICIA
1.95
invece di 3.90
24.95
invece di 49.90
Tenda preconfezionata da giorno FERNANDA
invece di 49.90
6
Set di calici MARA
7
24.95
19.
invece di 39.90
Cuscino ornamentale DIDAC
8.90
invece di 17.80
8
Materasso pieghevole LEROY
49.90
invece di 99.90 1 Tenda preconfezionata da notte LEANDRO, 100 % poliestere, blu scuro e marrone scuro 150 x 260 cm 2 Tenda preconfezionata da notte BOSTONE, 100 % poliestere, blu, verde e viola, 140 x 260 cm 3 Tenda preconfezionata da notte TIAGO, 100 % cotone, blu e verde, 150 x 260 cm 4 Tenda a pannelli GASPAR, 100 % poliestere, turchese o verde, 60 x 245 cm 5 Cuscino ornamentale CINTO, imbottitura: 100 % poliestere, fodera: 75 % cotone, 25 % poliestere, 45 x 45 cm 6 Tenda preconfezionata da giorno FERNANDA, 55 % poliestere, 45 % lino, diversi colori, 145 x 250 cm 7 Cuscino ornamentale DIDAC, 100 % cotone, diversi colori, 45 x 45 cm 8 Materasso pieghevole LEROY,
Set di utensili da cucina GIULIO
95
invece di 49.90
8
Frullatore per salse da insalata JORDANO
17.45
9
Batteria di pentole EASY INDUCTION
59.50
invece di 119.–
invece di 34.90
1 Tavolo da pranzo FERRARO II, 1 inserto pieghevole, legno massiccio di quercia, 120 – 180 x 80 x 75 cm 2 Diverse tovagliette per es. DORINE, poliestere, 45 x 33 cm 3 Asciugapiatti NELLA, 100 % cotone, 50 x 70 cm 4 Asciugapiatti VINICIA, 100 % cotone, 50 x 70 cm 5 Set di bicchieri da drink FIZZ, 9 pezzi, vetro 6 Set di calici MARA, 12 pezzi, vetro 7 Set di utensili da cucina GIULIO, 3 pezzi, acciaio inox 8 Frullatore per salse da insalata JORDANO, materia sintetica / acciaio inox 9 Batteria di pentole EASY INDUCTION, 3 pezzi, alluminio, nero
Micasa nelle tue vicinanze: TI: Centro S. Antonino, S. Antonino AG: OBI Fachmarktcenter, Oftringen / Shoppi Tivoli, Spreitenbach BS: MParc Dreispitz, Basilea BE: MParc Wankdorf, Berna / MParc Langenthal, Langenthal / OBI Fachmarktcenter, Schönbühl / Zentrum Oberland, Thun GR: Kalchbühl, Coira LU: Wohncenter Emmen, Emmenbrücke SO: Ladedorf, Langendorf SG: Pizolpark, Mels / Micasa, San Gallo TG: Amriville Einkaufszentrum, Amriswil ZG: Zugerland, Steinhausen ZH: Hochbord Nord, Dübendorf / Industrie, Volketswil / Zürisee Center, Wädenswil / Grüzepark, Winterthur FR: Avry Centre, Avry GE: MParc La Praille, Carouge JU: MParc Delémont, Delémont VD: Zone Littoral Parc, Etoy VS: Quartz Center, Martigny Micasa Home nelle tue vicinanze: BE: Micasa Home Brügg, Centre Brügg LU: Micasa Home Mall of Switzerland, Ebikon / Micasa Home Surseepark, Sursee NE: Micasa Home Marin Centre, Marin SG: Micasa Home Rheinpark, St. Margrethen SZ: Micasa Home Mythen Center, Ibach ZH: Micasa Home Migros City, Zurigo AG: Micasa Home Buchs, Wynecenter Buchs TG: Micasa Home Frauenfeld, Frauenfeld
fodera: 48 % cotone, 52 % poliestere, superficie di appoggio 70 x 190 cm
micasa.ch
Set di bicchieri da drink FIZZ
24.95
50% su diversi cuscini ornamentali
7
50%
5
micasa.ch
Con riserva di errori di battitura e tipografici. Fino a esaurimento dello stock. Prezzi validi dal 5.6. all’1.7.2018
1
50% su diverse tovagliette
Tavolo da pranzo FERRARO II
699.–
invece di 1399.–
2 3
Diverse tovagliette per es. DORINE
2.45
Asciugapiatti NELLA
invece di 4.90
1.95
invece di 3.90
1
Tenda preconfezionata da notte LEANDRO
2
24.95
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9.95
invece di 49.90
5
Tenda preconfezionata da notte BOSTONE
17.40
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Tenda a pannelli GASPAR
9.95
invece di 34.90
50%
invece di 34.80
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17.45
invece di 19.90
Cuscino ornamentale CINTO
Tenda preconfezionata da notte TIAGO
invece di 19.90
50% su diversi asciugapiatti
50% su diverse tende preconfezionate e tende decorative 4
Asciugapiatti VINICIA
1.95
invece di 3.90
24.95
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Tenda preconfezionata da giorno FERNANDA
invece di 49.90
6
Set di calici MARA
7
24.95
19.
invece di 39.90
Cuscino ornamentale DIDAC
8.90
invece di 17.80
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Materasso pieghevole LEROY
49.90
invece di 99.90 1 Tenda preconfezionata da notte LEANDRO, 100 % poliestere, blu scuro e marrone scuro 150 x 260 cm 2 Tenda preconfezionata da notte BOSTONE, 100 % poliestere, blu, verde e viola, 140 x 260 cm 3 Tenda preconfezionata da notte TIAGO, 100 % cotone, blu e verde, 150 x 260 cm 4 Tenda a pannelli GASPAR, 100 % poliestere, turchese o verde, 60 x 245 cm 5 Cuscino ornamentale CINTO, imbottitura: 100 % poliestere, fodera: 75 % cotone, 25 % poliestere, 45 x 45 cm 6 Tenda preconfezionata da giorno FERNANDA, 55 % poliestere, 45 % lino, diversi colori, 145 x 250 cm 7 Cuscino ornamentale DIDAC, 100 % cotone, diversi colori, 45 x 45 cm 8 Materasso pieghevole LEROY,
Set di utensili da cucina GIULIO
95
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Frullatore per salse da insalata JORDANO
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Batteria di pentole EASY INDUCTION
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invece di 34.90
1 Tavolo da pranzo FERRARO II, 1 inserto pieghevole, legno massiccio di quercia, 120 – 180 x 80 x 75 cm 2 Diverse tovagliette per es. DORINE, poliestere, 45 x 33 cm 3 Asciugapiatti NELLA, 100 % cotone, 50 x 70 cm 4 Asciugapiatti VINICIA, 100 % cotone, 50 x 70 cm 5 Set di bicchieri da drink FIZZ, 9 pezzi, vetro 6 Set di calici MARA, 12 pezzi, vetro 7 Set di utensili da cucina GIULIO, 3 pezzi, acciaio inox 8 Frullatore per salse da insalata JORDANO, materia sintetica / acciaio inox 9 Batteria di pentole EASY INDUCTION, 3 pezzi, alluminio, nero
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Set di bicchieri da drink FIZZ
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 04 giugno 2018 • N. 23
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 04 giugno 2018 • N. 23
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Ambiente e Benessere Lungo le rive dell’Indo Reportage fluido dalle acque dell’Indo, il fiume più lungo del subcontinente indiano pagina 17
Una manciata di mais per tutti Utile prevalentemente per nutrire gli animali da carne, il mais è adatto anche per l’alimentazione umana
Bosch per la sicurezza L’azienda germanica, che inventò l’abs nel 1978, investirà nella sicurezza dei motociclistici
Il guardiano degli animali Se partite per una vacanza o per lavoro c’è a chi lasciare cani e gatti in accudimento
pagina 19
Nella corrente della storia Viaggiatori d’Occidente Un viaggio lungo le rive dell’Indo tra i resti di antiche civiltà
Paolo Brovelli, testo e foto
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La soglia del dolore è fissata attorno ai 130 dB; lo sparo di un fucile d’assalto arriva a 150 dB, un martello pneumatico e una sirena circa 110 dB, una motosega 100 dB, un fischietto 90 dB. (History7778)
Ne sai abbastanza sul rumore?
Quando lo vidi per la prima volta era grigio, del colore freddo dello scolo dei ghiacciai tra le rocce. Era ancora giovane, appena abbandonata l’infanzia tibetana nei pressi del monte Kailash, caro agli dei di mezza Asia. Si trovava in India, in Ladakh, tra i buddisti lamaisti, che ancora non aveva conosciuto l’Islam. Nonostante il suo nome, ci sta poco in India. Seduto tra i meandri della sua stanca foce, sul mare Arabico non lontano dalla megalopoli Karachi, in Pakistan, m’immergo tra le rovine del porto di Bhambore, deserto da secoli. Nel silenzio, tra le voci di due contadini lontani, lo sciabordio d’un pesce mi fa sovvenire l’idea d’un mese fa, quando immaginai d’essere una goccia di quelle acque. Ero nel Baltistan, a Skardu, e, guardando l’ansa luminosa del fiume dal giardino dell’ostello da cui partì nel 1952 la mitica spedizione di Bonatti per il K2, pensai che solo le sue acque potevano venire dall’India, che i due paesi, India e Pakistan, sono sempre in tensione, e quelle frontiere chiuse. Nutrii il pensiero della goccia per tutto il tempo, costeggiandolo per quasi tutto il suo corso. Colando tra le cime nere del Karakorum, tra gole e orridi tra i più terribili del mondo. Lambendo i ghiaioni delle vallate che si fan spazio tra gli strapiombi, sotto i villaggi abbarbicati tra le terrazze a coltivo e il granito. E tornai a ricordare di quando parlavo col camionista, sul ciglio della strada, sperando che le frane da lassù smettessero, per poter passare veloci come il vento... o come la famosa goccia d’acqua, per non aver paura, in quel momento. L’Indo è il fiume più lungo del subcontinente Indiano, cui dà il nome fin dalla notte dei tempi d’Occidente, dagli albori d’Europa, quando per la prima
Altipiano. Il Baltistan.
volta venne in contatto coi nostri antenati, i greci, attraverso i loro antagonisti persiani. Era la fine del VI secolo a.C. quando Dario I, l’achemenide Gran Re di Persia, conquistò tutta l’Asia meridionale fino alle sue rive. Allora in sanscrito, la sacra lingua dei Veda degli arii calati mille anni prima dalla steppa centroasiatica, era detto Sindhu, che suonava Oceano e che ancora indica la provincia pakistana intorno alla sua foce: il Sindh. Da lì all’iranico Hendu e al greco Indòs il passo fu breve. E determinante. Ci viene dalle Storie di Erodo-
Mausoleo del complesso di Bibi Jawandi, Uch Sharif.
to, che parla delle ricognizioni del navigatore greco Scilace, commissionate proprio da Dario. Il custode degli scavi, qui nel porto di Bhambore, dice che nel 711 dovrebbe esserci passato il nemmeno ventenne generale Bin Qasim, conquistatore arabo di Persia, che in nave risalì l’Indo fino a Multan, nell’odierno Punjab. Proprio qui accanto giacciono i resti d’una moschea del 727, una delle più antiche del paese. Fu l’epoca della prima islamizzazione, continuata poi dai tanti sufi iranici itineranti, i cui mausolei divennero poi luoghi di pellegrinaggio lungo tutto il suo corso, attivi ancora oggi. Ma se pensiamo a quando il fiume diede il suo primo apporto alle civiltà del mondo, questa è già storia recente. Venne fuori soprattutto durante gli scavi per la ferrovia, che nei primi del Novecento gli inglesi affiancarono al trasporto fluviale. Nei cantieri cominciarono ad affiorare ceramiche, utensili e poi strade, palazzi, piscine... e il primo sistema fognario della storia dell’umanità. Ci si rese conto che si trattava di intere città. Centinaia di città-stato, antiche di cinquemila anni, potenti come le loro coeve nella Mesopotamia e nella valle del Nilo. La si chiamò Civiltà dell’Indo, o vallinda, o di Harappa, dal nome di uno dei centri più importanti scavati. Sono le «città di mattoni», con edifici a due piani e schema urbanistico a
Visioni di traffico montano.
Monumenti funerari a Thatta, una delle necropoli maggiori al mondo.
Inquinamento fonico La giornata del rumore 2018 rende attenti ai danni per la salute Loris Fedele Un vecchio adagio, quando voleva mostrare la presenza di qualcosa che non andava, diceva: «Qui c’è puzza di bruciato». Forse a questo si sono ispirati per il titolo della loro campagna i promotori della giornata contro il rumore 2018. Infatti quest’anno, per attirare l’attenzione sulle conseguenze che il rumore può avere sulla salute, hanno scelto lo slogan «Puzza di rumore!». Tutti gli anni c’è una Giornata internazionale contro il rumore alla quale aderiscono per parte svizzera l’Associazione dei responsabili cantonali per la prevenzione dei rumori (Cercle Bruit), l’Associazione traffico e ambiente, la Società svizzera di Acustica e i Medici per l’Ambiente che promuovono a loro volta una giornata di sensibilizzazione sul tema. Quest’anno è caduta il 25 aprile e ha posto l’accento sul tema degli effetti prodotti dal rumore sulla salute delle persone. Il rumore altro non è che un suono che per irregolarità, intermittenza e casualità delle sue oscillazioni viene percepito come sgradevole. L’intensità dello stesso gioca un ruolo fondamentale. Siamo circondati dai rumori, ma anche noi li produciamo, diventando attori e vittime dell’inquinamento fonico. Come succede per l’inquinamento atmosferico, anche l’inquinamento
acustico, superati certi livelli, può diventare pericoloso. Esistono dati statistici che provano scientificamente la sua lesività. I più frequenti assalti alle nostre orecchie li portano l’inevitabile rumore del traffico, i lavori stradali o edili in corso, il vicino che tiene radio, TV e musica ad alto volume. Il fastidio prodotto, anche quando non diventa insopportabile, può arrecare danni alla salute. L’orecchio umano percepisce solamente una certa gamma di suoni con determinate frequenze. L’intensità delle onde sonore si misura in decibel (dB), unità che valuta il livello della variazione di pressione acustica relativamente alla capacità uditiva del nostro orecchio. Un valore di zero dB è pari al livello minimo udibile, la soglia del dolore è fissata attorno ai 130 dB. Per dare un significato concreto a queste cifre ricordiamo che lo sparo di un fucile d’assalto arriva a 150 dB, un martello pneumatico e una sirena circa 110 dB, una motosega 100 dB, un fischietto 90 dB. Elevati e durevoli livelli sonori oltre i 150 dB possono causare danni permanenti all’udito ma, più frequentemente, gli effetti uditivi del rumore provocano alterazioni funzionali transitorie e reversibili. Tuttavia, anche a livelli bassi, suoni e rumori indesiderati possono compromettere il benessere fisico e psichico. In loro presenza l’organismo si mette
in allerta e produce, per esempio, ormoni dello stress come l’adrenalina e il cortisolo. Aumentano anche il battito cardiaco, la pressione sanguigna e la frequenza respiratoria. Le persone reagiscono al rumore in modo diverso: ciò dipende dall’atteggiamento individuale, dalle condizioni di salute, dall’età e dall’orario dello stimolo sonoro. La sensibilità è quindi personale. Tuttavia non bisogna illudersi che sia possibile fare l’abitudine al rumore, studi scientifici lo dimostrano e i medici avvertono che non si deve sottovalutare l’inquinamento fonico. Oltre alle conseguenze di una sovraesposizione diurna al rumore sono ancora più preoccupanti quelle che derivano da un sonno disturbato. Perfino quando si crede di aver dormito bene, se si è stati in presenza di un rumore di fondo superiore ai 35 dB il nostro cervello ha continuato a percepirlo, per cui la fase di addormentamento e di sonno più profondo, nelle quali il riposo è maggiore, sono state disturbate. Per questo non è consigliabile dormire con il sottofondo di un rumore, come per esempio quello di un’aria condizionata, oppure in presenza di un frigorifero in funzione. La quantità di rumore assorbita durante il giorno può anche portare a far fatica ad addormentarsi. Un discorso a parte lo merita la brutta abitu-
dine dei giovani di ascoltare la musica a tutto volume. Il suono della musica, portato a livelli eccessivi, può diventare rumore e far male. L’uso ormai diffusissimo degli auricolari contribuisce ad aumentare il problema. L’Associazione per persone con problemi d’udito (ATiDU), che ben conosce cosa voglia dire avere una ridotta capacità uditiva nella vita quotidiana, si è rivolta ai giovani con una campagna informativa nell’anno scolastico 2017/18 con contenuti multimediali dedicati al corretto ascolto della musica. Si ricorda come la musica sia un mezzo di comunicazione e socializzazione importante, che accompagna quotidianamente e piacevolmente la nostra esistenza. Ma ci si augura che il suo ascolto sia un balsamo per l’anima e non un pericolo per le orecchie. L’udito è prezioso ed è un vero amico, come ricorda Maxi B nella canzone e nel video rivolto ai giovani che apre la pagina informativa del progetto ATiDU (www.unveroamico.ch). Negli anni scorsi la giornata contro il rumore si era occupata in particolare del traffico stradale (2014), della convivenza con rispetto e tolleranza nei confronti degli altri per quanto riguarda i rumori prodotti, in particolare nelle zone residenziali (2015), delle condizioni acustiche degli spazi pubblici (2016) e degli effetti nocivi del rumore sui bam-
bini in tenera età (2017). Tutti aspetti che ci toccano da vicino perché viviamo in una società rumorosa, che quasi inevitabilmente produce suoni a volte fastidiosi e può pagarne le conseguenze. Il traffico sulla strada è di gran lunga la fonte principale di rumore in Svizzera. Una persona su cinque durante il giorno e una su sei nella notte è esposta a casa sua a rumori molesti dovuti al traffico. Bisognerebbe vivere nei centri urbani dove si lavora, ma la mobilità odierna e l’organizzazione del lavoro ci dicono che ciò non è possibile. Il pendolarismo fa aumentare il rumore. Il traffico è in costante aumento e aggrava situazioni di per sé già critiche. Anche i veicoli sempre più massicci e con pneumatici più larghi non aiutano. Al rumore non si sfugge: l’unica cosa è cercare di limitarlo alla fonte, quindi anche i ripari fonici sulle strade, pur se utili, o i vetri doppi o tripli nelle case non sono una soluzione. Le misure cantonali promosse finora vanno dall’asfalto fonoassorbente, alla riduzione controllata della velocità, all’adozione di pneumatici silenziosi. Ogni anno si registrano piccoli miglioramenti ma saranno i nostri comportamenti e lo sviluppo incessante della società che continueranno a influenzare l’ambiente nel quale viviamo. Tutti siamo chiamati a fare la nostra parte per difenderci dall’inquinamento fonico.
I camion pakistani sono decorati come le antiche carovane di cammelli.
scacchiera. Creatori ne furono, si presume, quelle popolazioni scure, dravidiche, che intorno al 1500 a.C., ormai infiacchite da millenni di gloria, vennero sopraffatte e cacciate a sud dall’invasione indoeuropea, gli arii, che vi importarono nuove lingue, nuove tradizioni, nuovi dei e il sistema di caste il cui sviluppo è ancora in uso oggi. Nelle mie peregrinazioni lungo l’Indo mi sono imbattuto in una popolazione che molti dicono essere tra gli eredi di quei primi abitanti: i Mohanna. Li ho conosciuti a Sukkur, dove sono stanziati a monte dell’enorme diga che gli in-
glesi edificarono nel 1932 per creare un sistema di canali e una delle zone agricole più produttive del Pakistan. È una comunità sparuta, in via di estinzione, perché, come mi diceva Ahmet, ormai è oggetto di una velata persecuzione: «In città diamo fastidio. Guarda qui, hanno quasi bloccato ogni accesso al fiume, per isolarci. Ma dove dovremmo andare? Ci hanno avvelenato il lago Manchar, che ora non ha quasi più pesce. Ci cacciano se ci avviciniamo troppo alle città... Non so dove andremo a finire!». Sono nomadi acquatici, i Mohanna, pescatori e ingegneri navali, se così si può dire, considerando la grande varietà di imbarcazioni che costruiscono. Eserciti ne avranno visti passare, queste genti. Confine naturale del subcontinente, dall’Indo sono tracimate le orde di tutta l’Asia occidentale e interna. I macedoni, per esempio, vi hanno lasciato colonie di soldati e l’eredità dell’arte del Gandhara, sincretismo di modelli greci con stilemi locali fiorito tra il I sec. a.C. e i successivi quattro. Allora il medio corso del fiume, verso Taxila e la valle del fiume Swat, divenne il centro mondiale della cultura buddista, che proprio per quelle valli si diffuse verso nord, l’Afghanistan, il Tibet, il Taklamakan e tutta la Via della seta; fino in Giappone, come mi conferma Miyuki, che è già venuta qui due volte per pregare sugli altari del monastero di Takht-i Bahi, del I secolo d.C. Poi i mongoli, i turchi... Gengis Khan, Tamerlano, fino al suo insigne pronipote Babur, fondatore dell’impero Moghul, l’ultimo prima di quello dei britannici. Nonostante tutti i forti e le fortezze che ancora, da lontano, nei deserti, sembrano presidiarlo. L’Indo di oggi è figlio della Partizione, la separazione del Pakistan dall’India, del 1947. Così ora, sulle sponde del grande fiume che ospitarono adoratori del sole, templi giainisti, santuari indù, stupa buddisti, divinità ellenistiche e forse anche templi del fuoco (ateshkadé) zoroastriani, non risuonano ormai che parole d’Islam, inni sacri, canti di pellegrini... e da lassù, dai minareti, i richiami alla preghiera del muezzin.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 04 giugno 2018 • N. 23
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 04 giugno 2018 • N. 23
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Ambiente e Benessere Lungo le rive dell’Indo Reportage fluido dalle acque dell’Indo, il fiume più lungo del subcontinente indiano pagina 17
Una manciata di mais per tutti Utile prevalentemente per nutrire gli animali da carne, il mais è adatto anche per l’alimentazione umana
Bosch per la sicurezza L’azienda germanica, che inventò l’abs nel 1978, investirà nella sicurezza dei motociclistici
Il guardiano degli animali Se partite per una vacanza o per lavoro c’è a chi lasciare cani e gatti in accudimento
pagina 19
Nella corrente della storia Viaggiatori d’Occidente Un viaggio lungo le rive dell’Indo tra i resti di antiche civiltà
Paolo Brovelli, testo e foto
pagina 20
pagina 21
La soglia del dolore è fissata attorno ai 130 dB; lo sparo di un fucile d’assalto arriva a 150 dB, un martello pneumatico e una sirena circa 110 dB, una motosega 100 dB, un fischietto 90 dB. (History7778)
Ne sai abbastanza sul rumore?
Quando lo vidi per la prima volta era grigio, del colore freddo dello scolo dei ghiacciai tra le rocce. Era ancora giovane, appena abbandonata l’infanzia tibetana nei pressi del monte Kailash, caro agli dei di mezza Asia. Si trovava in India, in Ladakh, tra i buddisti lamaisti, che ancora non aveva conosciuto l’Islam. Nonostante il suo nome, ci sta poco in India. Seduto tra i meandri della sua stanca foce, sul mare Arabico non lontano dalla megalopoli Karachi, in Pakistan, m’immergo tra le rovine del porto di Bhambore, deserto da secoli. Nel silenzio, tra le voci di due contadini lontani, lo sciabordio d’un pesce mi fa sovvenire l’idea d’un mese fa, quando immaginai d’essere una goccia di quelle acque. Ero nel Baltistan, a Skardu, e, guardando l’ansa luminosa del fiume dal giardino dell’ostello da cui partì nel 1952 la mitica spedizione di Bonatti per il K2, pensai che solo le sue acque potevano venire dall’India, che i due paesi, India e Pakistan, sono sempre in tensione, e quelle frontiere chiuse. Nutrii il pensiero della goccia per tutto il tempo, costeggiandolo per quasi tutto il suo corso. Colando tra le cime nere del Karakorum, tra gole e orridi tra i più terribili del mondo. Lambendo i ghiaioni delle vallate che si fan spazio tra gli strapiombi, sotto i villaggi abbarbicati tra le terrazze a coltivo e il granito. E tornai a ricordare di quando parlavo col camionista, sul ciglio della strada, sperando che le frane da lassù smettessero, per poter passare veloci come il vento... o come la famosa goccia d’acqua, per non aver paura, in quel momento. L’Indo è il fiume più lungo del subcontinente Indiano, cui dà il nome fin dalla notte dei tempi d’Occidente, dagli albori d’Europa, quando per la prima
Altipiano. Il Baltistan.
volta venne in contatto coi nostri antenati, i greci, attraverso i loro antagonisti persiani. Era la fine del VI secolo a.C. quando Dario I, l’achemenide Gran Re di Persia, conquistò tutta l’Asia meridionale fino alle sue rive. Allora in sanscrito, la sacra lingua dei Veda degli arii calati mille anni prima dalla steppa centroasiatica, era detto Sindhu, che suonava Oceano e che ancora indica la provincia pakistana intorno alla sua foce: il Sindh. Da lì all’iranico Hendu e al greco Indòs il passo fu breve. E determinante. Ci viene dalle Storie di Erodo-
Mausoleo del complesso di Bibi Jawandi, Uch Sharif.
to, che parla delle ricognizioni del navigatore greco Scilace, commissionate proprio da Dario. Il custode degli scavi, qui nel porto di Bhambore, dice che nel 711 dovrebbe esserci passato il nemmeno ventenne generale Bin Qasim, conquistatore arabo di Persia, che in nave risalì l’Indo fino a Multan, nell’odierno Punjab. Proprio qui accanto giacciono i resti d’una moschea del 727, una delle più antiche del paese. Fu l’epoca della prima islamizzazione, continuata poi dai tanti sufi iranici itineranti, i cui mausolei divennero poi luoghi di pellegrinaggio lungo tutto il suo corso, attivi ancora oggi. Ma se pensiamo a quando il fiume diede il suo primo apporto alle civiltà del mondo, questa è già storia recente. Venne fuori soprattutto durante gli scavi per la ferrovia, che nei primi del Novecento gli inglesi affiancarono al trasporto fluviale. Nei cantieri cominciarono ad affiorare ceramiche, utensili e poi strade, palazzi, piscine... e il primo sistema fognario della storia dell’umanità. Ci si rese conto che si trattava di intere città. Centinaia di città-stato, antiche di cinquemila anni, potenti come le loro coeve nella Mesopotamia e nella valle del Nilo. La si chiamò Civiltà dell’Indo, o vallinda, o di Harappa, dal nome di uno dei centri più importanti scavati. Sono le «città di mattoni», con edifici a due piani e schema urbanistico a
Visioni di traffico montano.
Monumenti funerari a Thatta, una delle necropoli maggiori al mondo.
Inquinamento fonico La giornata del rumore 2018 rende attenti ai danni per la salute Loris Fedele Un vecchio adagio, quando voleva mostrare la presenza di qualcosa che non andava, diceva: «Qui c’è puzza di bruciato». Forse a questo si sono ispirati per il titolo della loro campagna i promotori della giornata contro il rumore 2018. Infatti quest’anno, per attirare l’attenzione sulle conseguenze che il rumore può avere sulla salute, hanno scelto lo slogan «Puzza di rumore!». Tutti gli anni c’è una Giornata internazionale contro il rumore alla quale aderiscono per parte svizzera l’Associazione dei responsabili cantonali per la prevenzione dei rumori (Cercle Bruit), l’Associazione traffico e ambiente, la Società svizzera di Acustica e i Medici per l’Ambiente che promuovono a loro volta una giornata di sensibilizzazione sul tema. Quest’anno è caduta il 25 aprile e ha posto l’accento sul tema degli effetti prodotti dal rumore sulla salute delle persone. Il rumore altro non è che un suono che per irregolarità, intermittenza e casualità delle sue oscillazioni viene percepito come sgradevole. L’intensità dello stesso gioca un ruolo fondamentale. Siamo circondati dai rumori, ma anche noi li produciamo, diventando attori e vittime dell’inquinamento fonico. Come succede per l’inquinamento atmosferico, anche l’inquinamento
acustico, superati certi livelli, può diventare pericoloso. Esistono dati statistici che provano scientificamente la sua lesività. I più frequenti assalti alle nostre orecchie li portano l’inevitabile rumore del traffico, i lavori stradali o edili in corso, il vicino che tiene radio, TV e musica ad alto volume. Il fastidio prodotto, anche quando non diventa insopportabile, può arrecare danni alla salute. L’orecchio umano percepisce solamente una certa gamma di suoni con determinate frequenze. L’intensità delle onde sonore si misura in decibel (dB), unità che valuta il livello della variazione di pressione acustica relativamente alla capacità uditiva del nostro orecchio. Un valore di zero dB è pari al livello minimo udibile, la soglia del dolore è fissata attorno ai 130 dB. Per dare un significato concreto a queste cifre ricordiamo che lo sparo di un fucile d’assalto arriva a 150 dB, un martello pneumatico e una sirena circa 110 dB, una motosega 100 dB, un fischietto 90 dB. Elevati e durevoli livelli sonori oltre i 150 dB possono causare danni permanenti all’udito ma, più frequentemente, gli effetti uditivi del rumore provocano alterazioni funzionali transitorie e reversibili. Tuttavia, anche a livelli bassi, suoni e rumori indesiderati possono compromettere il benessere fisico e psichico. In loro presenza l’organismo si mette
in allerta e produce, per esempio, ormoni dello stress come l’adrenalina e il cortisolo. Aumentano anche il battito cardiaco, la pressione sanguigna e la frequenza respiratoria. Le persone reagiscono al rumore in modo diverso: ciò dipende dall’atteggiamento individuale, dalle condizioni di salute, dall’età e dall’orario dello stimolo sonoro. La sensibilità è quindi personale. Tuttavia non bisogna illudersi che sia possibile fare l’abitudine al rumore, studi scientifici lo dimostrano e i medici avvertono che non si deve sottovalutare l’inquinamento fonico. Oltre alle conseguenze di una sovraesposizione diurna al rumore sono ancora più preoccupanti quelle che derivano da un sonno disturbato. Perfino quando si crede di aver dormito bene, se si è stati in presenza di un rumore di fondo superiore ai 35 dB il nostro cervello ha continuato a percepirlo, per cui la fase di addormentamento e di sonno più profondo, nelle quali il riposo è maggiore, sono state disturbate. Per questo non è consigliabile dormire con il sottofondo di un rumore, come per esempio quello di un’aria condizionata, oppure in presenza di un frigorifero in funzione. La quantità di rumore assorbita durante il giorno può anche portare a far fatica ad addormentarsi. Un discorso a parte lo merita la brutta abitu-
dine dei giovani di ascoltare la musica a tutto volume. Il suono della musica, portato a livelli eccessivi, può diventare rumore e far male. L’uso ormai diffusissimo degli auricolari contribuisce ad aumentare il problema. L’Associazione per persone con problemi d’udito (ATiDU), che ben conosce cosa voglia dire avere una ridotta capacità uditiva nella vita quotidiana, si è rivolta ai giovani con una campagna informativa nell’anno scolastico 2017/18 con contenuti multimediali dedicati al corretto ascolto della musica. Si ricorda come la musica sia un mezzo di comunicazione e socializzazione importante, che accompagna quotidianamente e piacevolmente la nostra esistenza. Ma ci si augura che il suo ascolto sia un balsamo per l’anima e non un pericolo per le orecchie. L’udito è prezioso ed è un vero amico, come ricorda Maxi B nella canzone e nel video rivolto ai giovani che apre la pagina informativa del progetto ATiDU (www.unveroamico.ch). Negli anni scorsi la giornata contro il rumore si era occupata in particolare del traffico stradale (2014), della convivenza con rispetto e tolleranza nei confronti degli altri per quanto riguarda i rumori prodotti, in particolare nelle zone residenziali (2015), delle condizioni acustiche degli spazi pubblici (2016) e degli effetti nocivi del rumore sui bam-
bini in tenera età (2017). Tutti aspetti che ci toccano da vicino perché viviamo in una società rumorosa, che quasi inevitabilmente produce suoni a volte fastidiosi e può pagarne le conseguenze. Il traffico sulla strada è di gran lunga la fonte principale di rumore in Svizzera. Una persona su cinque durante il giorno e una su sei nella notte è esposta a casa sua a rumori molesti dovuti al traffico. Bisognerebbe vivere nei centri urbani dove si lavora, ma la mobilità odierna e l’organizzazione del lavoro ci dicono che ciò non è possibile. Il pendolarismo fa aumentare il rumore. Il traffico è in costante aumento e aggrava situazioni di per sé già critiche. Anche i veicoli sempre più massicci e con pneumatici più larghi non aiutano. Al rumore non si sfugge: l’unica cosa è cercare di limitarlo alla fonte, quindi anche i ripari fonici sulle strade, pur se utili, o i vetri doppi o tripli nelle case non sono una soluzione. Le misure cantonali promosse finora vanno dall’asfalto fonoassorbente, alla riduzione controllata della velocità, all’adozione di pneumatici silenziosi. Ogni anno si registrano piccoli miglioramenti ma saranno i nostri comportamenti e lo sviluppo incessante della società che continueranno a influenzare l’ambiente nel quale viviamo. Tutti siamo chiamati a fare la nostra parte per difenderci dall’inquinamento fonico.
I camion pakistani sono decorati come le antiche carovane di cammelli.
scacchiera. Creatori ne furono, si presume, quelle popolazioni scure, dravidiche, che intorno al 1500 a.C., ormai infiacchite da millenni di gloria, vennero sopraffatte e cacciate a sud dall’invasione indoeuropea, gli arii, che vi importarono nuove lingue, nuove tradizioni, nuovi dei e il sistema di caste il cui sviluppo è ancora in uso oggi. Nelle mie peregrinazioni lungo l’Indo mi sono imbattuto in una popolazione che molti dicono essere tra gli eredi di quei primi abitanti: i Mohanna. Li ho conosciuti a Sukkur, dove sono stanziati a monte dell’enorme diga che gli in-
glesi edificarono nel 1932 per creare un sistema di canali e una delle zone agricole più produttive del Pakistan. È una comunità sparuta, in via di estinzione, perché, come mi diceva Ahmet, ormai è oggetto di una velata persecuzione: «In città diamo fastidio. Guarda qui, hanno quasi bloccato ogni accesso al fiume, per isolarci. Ma dove dovremmo andare? Ci hanno avvelenato il lago Manchar, che ora non ha quasi più pesce. Ci cacciano se ci avviciniamo troppo alle città... Non so dove andremo a finire!». Sono nomadi acquatici, i Mohanna, pescatori e ingegneri navali, se così si può dire, considerando la grande varietà di imbarcazioni che costruiscono. Eserciti ne avranno visti passare, queste genti. Confine naturale del subcontinente, dall’Indo sono tracimate le orde di tutta l’Asia occidentale e interna. I macedoni, per esempio, vi hanno lasciato colonie di soldati e l’eredità dell’arte del Gandhara, sincretismo di modelli greci con stilemi locali fiorito tra il I sec. a.C. e i successivi quattro. Allora il medio corso del fiume, verso Taxila e la valle del fiume Swat, divenne il centro mondiale della cultura buddista, che proprio per quelle valli si diffuse verso nord, l’Afghanistan, il Tibet, il Taklamakan e tutta la Via della seta; fino in Giappone, come mi conferma Miyuki, che è già venuta qui due volte per pregare sugli altari del monastero di Takht-i Bahi, del I secolo d.C. Poi i mongoli, i turchi... Gengis Khan, Tamerlano, fino al suo insigne pronipote Babur, fondatore dell’impero Moghul, l’ultimo prima di quello dei britannici. Nonostante tutti i forti e le fortezze che ancora, da lontano, nei deserti, sembrano presidiarlo. L’Indo di oggi è figlio della Partizione, la separazione del Pakistan dall’India, del 1947. Così ora, sulle sponde del grande fiume che ospitarono adoratori del sole, templi giainisti, santuari indù, stupa buddisti, divinità ellenistiche e forse anche templi del fuoco (ateshkadé) zoroastriani, non risuonano ormai che parole d’Islam, inni sacri, canti di pellegrini... e da lassù, dai minareti, i richiami alla preghiera del muezzin.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 04 giugno 2018 • N. 23
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Ambiente e Benessere
E le camicie rosse garibaldine sbarcarono grazie al Marsala
Scelto per voi
Vino nella storia Sbarcati in Sicilia nel 1773, furono gli inglesi a dare i natali
al vino liquoroso di Trapani Davide Comoli Furono, tanto per cambiare, nuovamente gli inglesi fra il 1700 e il 1800, i protagonisti del successo del vino di Marsala. Con il suo elegante veliero, l’Elizabeth, John Woodhouse nel 1773 giunse in Sicilia, da Liverpool. Da buon commerciante, dopo aver provato i vini che si producevano nell’area di Marsala, ebbe un lampo di genio: pensò di aver individuato il prodotto che con la classica aggiunta di «spirito di vino» avrebbe potuto rivaleggiare con i Madeira e il Porto, tanto amati nella sua Inghilterra. Negli anni che seguirono, Woodhouse investì molto denaro incoraggiando l’impianto di vigneti, affittando magazzini e acquistando edifici trasformandoli in cantine per la produzione. La sua impresa riscosse talmente tanto successo che i vigneti intorno a Marsala a un certo punto non bastarono più per produrne a sufficienza da soddisfare la richiesta di vino. Sotto questa spinta fu necessario ampliare le aree di coltivazione nel trapanese e in una parte del palermitano. Attirato dal successo di Woodhouse, un altro inglese approdò in Sicilia,
Benjamin Ingham, che associò alla sua impresa i tre nipoti, fra cui Joseph Whitaker, il quale fondò un’azienda che sarebbe diventata molto importante per la produzione e commercializzazione del Marsala. A partire dal 1832, accanto ai nomi inglesi s’impose finalmente un nome italiano, quello della famiglia Florio, alla quale si affiancarono altri nomi storici come Diego Rallo e Paolo Pellegrino. Dai 15’600 ettari vitati nel trapanese del 1848, si era arrivati ai 38mila ettari del 1874, per arrivare ai 60mila del 1880; il Marsala aveva ricevuto la sua meritata fama. Tuttavia una contrazione di circa la metà della produzione si dovette registrare alla fine dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, in seguito al dilagare della filossera. Secondo i dati del Ministero dell’Agricoltura, alla fine del 1800 i vitigni più diffusi in provincia di Trapani erano per le uve nere: il Pignatello, il Nerello e il Calabrese, per le bianche: il Catarratto, l’Inzolia, il Damaschino, il Grillo, la Greca, il Moscatello, il Catanese e il Grecanico. Nella ricostruzione postfilosserica si ridusse la superficie vitata per il Ca-
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Lo sbarco di Garibaldi a Marsala. (www.insorgenza.it)
Epicuro Oro Merlot/Primitivo Tarantino IGP 2017, Puglia, Italia, 6 x 75 cl
tarratto, mentre fu aumentata invece quella per il Grillo. Lo Zibibbo, importante uva da tavola prodotta tradizionalmente in provincia di Trapani, copriva alla fine del 1800 circa mille ettari (l’odierna superficie vitata del Ticino). Le uve impiegate principalmente per la produzione del Marsala erano il Catarratto e l’Inzolia, John Woodhouse preparava il suo Marsala partendo dal vino base ottenuto con il sistema chiamato: «prestimbotta» invecchiato qualche anno e con l’aggiunta di alcool in ragione di 4 litri e ½ per 400 l di vino. Benjamin Ingham ideò invece l’aggiunta di mosto cotto. Nel 1900 Salvatore Mondini (enologo), evidenziava tre elementi essenziali per la produzione del Marsala: l’alcool, il sifone e il mosto cotto. La quantità di alcool dipendeva dal tenore alcolico dei vini base, il sifone era composto da uve molto mature di Catarratto bianco pigiate, il cui mosto era messo in botti contenenti alcol nella quantità di circa il 25 % della loro capacità. Questo veniva più volte travasato, arieggiato e invecchiato. Il mosto cotto, ottenuto da Catarratto bianco, ma alle volte anche rosso, era concentrato in caldaie a fuoco diretto (o a vapore come auspicato da alcuni), riducendolo sino a un terzo del volume iniziale. Dopo il taglio dei vini base seguiva la concia, ossia l’aggiunta di alcool, sifone e mosto cotto. La concia si effettuava in grossi tini da cento fino a mille ettolitri. Il vino così trattato, dopo circa un mese veniva energicamente sbattuto e quindi travasato in botti, da qui dopo essere stato solforato e chiarificato, passava nei magazzini d’invecchiamento. I principali tipi di Marsala erano riconducibili al Marsala Italia, il meno alcolico e il meno colorato, e al Marsala Inghilterra, più alcolico dai colori più intensi e ottenuto da una maggior quantità di vini molto maturi.
Los Pasos Cabernet Sauvignon 2016, Central Valley, Cile, 6 x 75 cl
Votate ora!
Los Pasos Cabernet Sauvignon
Italia, 6 x 75 cl Epicuro pastaOro dura, Merlot/Primitivo ratatouille, orientale Rating della clientela: Tarantino IGP Merlot,
LosVotate Pasos Cabernet ora! Cabernet Sauvignon Sauvignon
2017, Puglia, Carne rossa, Pasta, formaggio a
2017, Puglia, Primitivo Italia, 6 x 75 cl Carne rossa, Pasta, formaggio a Rating2–4 della clientela: anni pasta dura, ratatouille, orientale Merlot, Primitivo Carne rossa, Pasta, formaggio a pasta dura, ratatouille, orientale 2–4 anni Merlot, Primitivo
40% 34.20 40% 34.20 40% 2–4 anni
invece di 57.–
5.70 a bottiglia invece di 9.50
la concorrenza *Confronto con invece di 57.– 5.70 a bottiglia invece di 9.50
2016, Central Valley, Carne rossa, verdure, grigliate Cile, 6 x 75 cl
2016, Central Valley, Cile, 6 x 75 cl Carne rossa, verdure, grigliate 3–4 anni
Votate ora!
Cabernet Sauvignon Carne rossa, verdure, grigliate 3–4 anni Cabernet Sauvignon
Trapiche Vineyards Torrontés 2017, Mendoza, Argentina, 6 x 75 cl
Rating della clientela:
Trapiche Vineyards Torrontés
2017, Mendoza, Stuzzichini da aperitivo, carne Argentina, 6 x 75 cl bianca, pesce d’acqua salata, Ratingpesce della crudo, clientela: frutti di mare 2017, Mendoza, Torrontés Argentina, 6 x 75 cl Stuzzichini da aperitivo, carne Rating bianca, della clientela: pesce d’acqua salata, 1–2 anni pesce crudo, frutti di mare
Trapiche Vineyards Torrontés
Torrontés da aperitivo, carne Stuzzichini bianca, pesce d’acqua salata, pesce crudo, frutti di mare 1–2 anni
3.35 a bottiglia invece di 6.65
invece di 53.70
4.50 a bottiglia invece di 8.95
invece di 39.90
Enoteca Vinarte, Centro Migros S. Antonino
50% 26.85 50% 26.85 50% 1–2 anni
invece di 39.90
3.35 a bottiglia invece di 6.65
Questo vino liquoroso va servito fresco, ad una temperatura compresa tra 12-14° C e per meglio apprezzarne i profumi è opportuno degustarlo in piccoli bicchieri a tulipano. Il Marsala sarà scelto in base ai gusti personali e all’abbinamento che si desidera fare, non dimenticate che i migliori Marsala sono sottoposti ad un lungo invecchiamento. Al momento dell’aperitivo, ottimi sono i Superiore e i Vergine con i loro bouquet inebrianti, possono essere serviti con stuzzichini e noccioline varie, ma possono riservare incredibili e gradite sorprese se serviti in abbinamento ad alcuni piatti di pesce e crostacei, accompagnati da salse ricche di sapori e profumi, ma possono essere anche gradevolissime sorprese in abbinamento con un delizioso foie gras o con formaggi erborinati e piccanti, quali Gorgonzola, Stilton e Roquefort. Un Marsala dolce infine può essere tradizionalmente abbinato ad importanti dessert (come il tiramisù) con praline al cioccolato e per i più golosi: non fatevi mancare uno zabaione al Marsala. / DC
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Torrontés 3–4 anni
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Pellegrino Rubino – Marsala
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Epicuro Oro Merlot/Primitivo Tarantino IGP
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L’Italia e l’Inghilterra, erano prodotti anche nel tipo «Stravecchio». Ottenuto da vini provenienti da uve di prima qualità, era il Marsala Extra Superiore. Una tipologia di Marsala dolce prese invece il nome di Garibaldi, in ricordo del suo sbarco a Marsala l’11 maggio 1860 con la leggendaria spedizione detta dei «Mille», il quale aveva molto apprezzato questo tipo di vino. Sigle caratterizzanti diverse tipologie di Marsala che ricordano l’impronta anglosassone: il Marsala S.O.M. (Superior Old Marsala); Marsala O.P. (Old Particular); mentre L.P. stava per Marsala London Particular. Molto pregiato il Marsala Vergine, frutto della semplice alcolizzazione (senza aggiunta di sifone o mosto cotto), invecchiato in botti di rovere e nel corso degli anni tagliato con vini vecchi secondo il sistema Soleras. Se si scava nella storia di Marsala, saltano fuori, Punici, Fenici, Greci, Romani, Vandali, Bizantini, Arabi, Normanni, Angioini, Spagnoli, via via fino ai Garibaldini. Nel 1832 Marsala divenne sede di un consolato britannico: questa circostanza ebbe una fondamentale importanza in quell’11 maggio 1860, quando a bordo del Piemonte e del Lombardo, arrivarono quei meravigliosi disperati che costituirono la spedizione dei Mille. Quando due fregate borboniche accorsero per bloccare lo sbarco, s’accorsero che in rada c’erano due navi da guerra inglesi che stavano caricando il prezioso nettare locale; presi da riverente timore i borboni fecero dietro-front. Favorite da questa circostanza le camicie rosse garibaldine sbarcarono senza perdite, iniziando così una delle imprese più belle del Risorgimento Italiano. Pochi giorni dopo Garibaldi a Palermo brindava assieme Alexandre Dumas, naturalmente con il Marsala.
Bortolomiol Prosecco Millesimato brut
2017, Prosecco Superiore di Valdobbiadene DOCG, Italia, 75 cl
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Valdobbiadene DOCG, Italia, 75 cl Bortolomiol Prosecco pesce d’acqua salata, antipasti, Rating della clientela: tapas, moules et frites Millesimato brut 2017, Prosecco Superiore di Glera Valdobbiadene DOCG, Italia, 75 cl Stuzzichini da aperitivo, Rating pesce della clientela: d’acqua salata, antipasti, 1 anno dall’acquisto tapas, moules et frites Glera Stuzzichini da aperitivo, pesce d’acqua salata, antipasti, tapas, et frites 1 annomoules dall’acquisto Glera
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 04 giugno 2018 • N. 23
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Ambiente e Benessere
Il nemico-amico mais
Gastronomia Spacciato per grano dei turchi così da metterlo al bando, in realtà diventò presto
Parliamo un po’ del mais. Oggi è il principale cereale, il crop (termine inglese che identifica le produzioni agricole importanti, quelle che fanno la fortuna o la sfortuna di un paese) più prodotto: qualcosa come un miliardo di tonnellate l’anno.
Il mais contiene caroteni e alcune vitamine del gruppo B, fra cui anche la B3, per cui serve un trattamento con la calce È una pianta erbacea perenne, originaria del Messico, con frutti a pannocchia e chicchi commestibili da cui si ricavano farina, olio e alcol. Già 2000 anni prima di Cristo era diffusa in tutto il Sud e Centro America. È un cosiddetto dono di Colombo, come le altre piante americane che, portate un po’ dovunque, hanno cambiato le coltivazioni in tutto il mondo. È entrato nell’alimentazione europea intorno al Settecento, diffuso in due principali tipi: giallo e, in minor misura, bianco (quest’ultimo, in Italia, limitato alle Tre Venezie). Il mais serve prevalentemente per nutrire gli animali da carne. Ma è adatto anche per l’alimentazione umana: di questo stiamo parlando. Il mais viene usato più che altro sotto forma di farina, per realizzare la polenta, salata o dolce. Con l’eccezione del periodo estivo, durante il quale si consumano anche pannocchie fresche, bollite o arrostite e condite con burro od olio. Nel resto dell’anno si trovano in commercio i chicchi precotti, surgelati o in scatola. Questi ultimi sono spesso zuccherati: dipende da come si usano, ma io preferisco quelli che non contengono zucchero. Caso mai li zucchero io. I chicchi precotti possono essere utilizzati nelle zuppe, nelle insalate oppure trasformati in frittelle. Altri prodotti
lavorati a base di mais sono il pop corn, salato o dolce, e i cornflakes per la prima colazione. Quanto al mais bianco, il suo impiego si limita generalmente alla preparazione della polenta e alla produzione di maizena (amido di mais), che è un addensante. Numerose le ricette di tutto il mondo che comprendono questo cereale tra gli ingredienti. Con la farina (soprattutto quella fine, detta fioretto, o finissima, detta fumetto) si preparano anche dolci gustosi, e un pane particolarmente saporito, cui occorre però unire farina di grano per ottenere una buona lievitazione. Il mais contiene caroteni e alcune vitamine del gruppo B, fra cui anche la B3. Purtroppo questa vitamina non è assimilabile dall’organismo senza il trattamento di nixtamalizzazione del mais (trattamento con la calce che rende biodisponibile sia la B3 o niacina sia il triptofano, il quale a sua volta si converte in B3) che viene praticato da sempre dalle popolazioni mesoamericane. Questo in Europa non si sapeva; quando il mais cominciò a diffondersi furono in molti, di quelli dove divenne il principale cereale, ad ammalarsi di pellagra a causa della carenza di B3. Il mais ha il pregio di essere privo di glutine, per cui è adatto all’alimentazione dei celiaci ma, dato il profilo nutrizionale (alto indice glicemico, scarsità di proteine), è bene non abusarne – e comunque andrebbe di regola accostato a una fonte proteica, come fanno da sempre i nativi americani, che lo mangiano con i fagioli, ricchi di proteine. Dall’embrione (o germe) del mais si ottiene un olio che, se spremuto a freddo, si rivela saporito e di un bel colore ambrato, con un buon equilibrio di acidi polinsaturi. Un’ultima curiosità: in Italia si chiama anche granoturco. Questo perché quando fu introdotto chi non accettava il nuovo cercò di demonizzarlo sostenendo che fosse una «cosa dei turchi», quindi da condannare a prescindere.
CSF (come si fa)
Pxhere
Allan Bay
Pxhere
uno dei cereali principali di largo consumo anche in Europa
Il mascarpone è un latticino fresco ricavato dalla lavorazione della crema di latte. Originario della zona di Lodi, sembrerebbe derivare il nome dal termine dialettale mascherpa, ossia «ricotta», cui il mascarpone assomiglia per aspetto e lavorazione, anche se di fatto, anzi di diritto, non è un formaggio. Curiosamente, non mi risulta che sia presente in altre tradizioni gastronomiche, sia pur con altri nomi. Un tempo veniva preparato soltanto
in inverno e, data la fermentazione rapida cui veniva sottoposto il prodotto artigianale, aveva un gusto acidulo. Oggi si trova in commercio tutto l’anno. Si presenta come una crema morbida, di consistenza burrosa, colore bianco e gusto dolce e delicato. A differenza di quanto accadeva in passato, non irrancidisce nel giro di pochi giorni ma può durare 2-3 settimane in frigorifero; è comunque preferibile consumarlo fresco. Viene utilizzato prevalentemente in pasticceria per la preparazione di creme dolci e dessert al cucchiaio (è per esempio un ingrediente fondamentale del tiramisù), ma può essere usato anche in ricette salate, per esempio per condire la pasta, insieme a funghi o spinaci, oppure in una golosa (e ipercalorica) preparazione che alterna strati di ma-
scarpone e strati di gorgonzola, con l’aggiunta di gherigli di noci. Per il consumo, tenete in ogni caso presente che questo latticino è molto ricco di grassi (circa il 50 per cento). Personalmente, al di là dell’utilizzo per mantecare, dove ben sostituisce il burro, stravedo per la crema di mascarpone dolce, da mangiare a cucchiaiate. Vediamo come si fa. (Ma non dimenticatelo: è grassa e calorica! Anche se tanto buona). Ingredienti per 4 persone. Con un cucchiaio di legno lavorate 400 g di mascarpone finché diviene cremoso, liscio e senza grumi, poi amalgamatelo con 1 dl di panna, 100 g di zucchero a velo, 1 pizzico di cannella e 2 cucchiai di vino dolce. Mettetelo in 4 ciotole e servite. Se volete, arricchite con biscotti tipo savoiardi bagnati nel vino.
Ballando coi gusti Ecco due ricette che sono antipasti ideali. In ambedue utilizzo lo sbrinz, ma vanno bene anche grana, pecorino o altri formaggi.
Melanzane a beccafico
Sbrinz in carrozza
Ingredienti per 4 persone: 2 melanzane · 150 g di pangrattato · 50 g di uva passa · 50 g di pinoli · formaggio tipo sbrinz · prezzemolo · basilico · alloro · olio di oliva · sale e pepe.
Ingredienti per 4 persone: 8 fette di pane casereccio · latte · 8 filetti di acciughe sott’olio · formaggio tipo sbrinz · 2 uova · farina · olio per friggere.
Tritate un più che abbondante ciuffo di prezzemolo e di basilico e amalgamateli con il pangrattato, l’uva passa ammollata in acqua tiepida e strizzata, i pinoli leggermente tostati in un padellino, 2 cucchiai di formaggio, un pizzico di sale e uno di pepe. Tagliate le melanzane a fette spesse circa 1 centimetro. Distribuite su ogni fetta un cucchiaio di farcia, quindi arrotolatele, una per volta, formando degli involtini. Fermateli con degli stuzzicadenti e disponeteli in una teglia abbondantemente unta di olio. Cospargeteli con 4 foglie di alloro tritate e ancora poco pangrattato, irrorateli con un filo di olio e cuoceteli in forno a 200° per 10 minuti. Servitele ben calde.
Bagnate le fette di pane con poco latte. Su ognuna distribuite 1 cucchiaio di formaggio grattugiato, pressate bene, aggiungete un filetto di acciuga ben scolato e fermatelo con uno stecchino. Passate le fette nelle uova sbattute, tenendo sopra il lato con il formaggio, infarinatele e friggetele in una padella con abbondante olio caldo. Sgocciolatele non appena saranno dorate e passatele su carta assorbente da cucina perché perdano l’unto in eccesso. Servitele immediatamente.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 04 giugno 2018 • N. 23
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Ambiente e Benessere
In moto con più sicurezza
Motori Secondo gli ingegneri Bosch, la risposta si trova in un nuovo pacchetto sicurezza che include
l’Adaptive Cruise Control, il Forward collision warning e il Blind-spot detection Mario Alberto Cucchi Quest’anno non si sono ancora visti sulle strade molti utenti delle due ruote. Quasi di certo a causa di una primavera caratterizzata da un meteo ballerino. D’altronde freddo e pioggia sono stati una costante sino a maggio inoltrato. In pochi usano la moto o lo scooter tutto l’anno. Nonostante le esigenze di mobilità molti utilizzano questi mezzi solo in caso di bel tempo.
Bosch alza l’asticella della sicurezza per «azzerare gli incidenti mortali dei motociclisti nel traffico stradale» Perché? Il freddo è senz’altro una motivazione, probabilmente la più utilizzata. L’altra è che molti motociclisti e scooteristi temono che le condizioni atmosferiche avverse possano mettere in crisi la loro sicurezza. Ad esempio con la pioggia diminuisce la visibilità e l’asfalto diventa viscido. D’altronde su due ruote l’equilibrio è senza dubbio più precario che su quattro. Di recente la Bosch, multinazionale tedesca leader nella fornitura di componentistica per le auto, ha fatto il punto sulla tecnologia applicata a motociclette e scooter. L’azienda, nota per aver inventato l’ABS nel 1978 e l’ESP nel
1995, è partita da un dato di fatto: nello scorso anno, il numero di incidenti motociclistici mortali in Germania è aumentato del 9% (fonte: Ufficio Statistico Federale Tedesco). Secondo Bosch, per i motociclisti, il rischio di perdere la vita in un incidente è fino a 20 volte superiore rispetto a quello degli automobilisti. Negli anni, sulle auto hanno debuttato prima le cinture di sicurezza, poi gli airbag, l’ABS, l’ESP e le zone
a deformazione controllata e ormai si è arrivati agli evoluti sensori che ci accompagneranno sino alla guida autonoma. E le moto? Qualcosa è stato fatto ma ben poco rispetto alle auto. Sì, anche su alcune due ruote sono arrivati sistemi di frenata dotati di antibloccaggio ABS e controllo di trazione, ma in realtà l’evoluzione tecnologica ha riguardato di più l’abbigliamento specifico. Basti pensare che esistono ad-
dirittura giubbotti e tute da moto che integrano l’airbag. Bosch oggi alza l’asticella della sicurezza su due ruote per raggiungere un risultato importante: «Azzerare gli incidenti mortali per i motociclisti nel traffico stradale». Un obiettivo, quello del gigante tedesco presente in oltre 150 paesi nel mondo con circa 300 filiali e circa 70 stabilimenti produttivi, che ha quasi dell’incredibile. Gli oltre 300mila
dipendenti conoscono bene lo slogan aziendale: «tecnologia per la vita». Ma come si possono rendere più sicure le moto e gli scooter? Secondo gli ingegneri Bosch, il punto di partenza è un nuovo pacchetto sicurezza che include l’Adaptive Cruise Control, il Forward collision warning e il Blindspot detection. Ovvero alcune tra le tecnologie che consentono oggi la guida autonoma delle quattro ruote. Come lavorano questi sistemi? L’Adaptive Cruise Control regola la velocità del veicolo in base al flusso del traffico e mantiene la distanza di sicurezza necessaria. Il Forward collision warning se rileva che un altro veicolo è pericolosamente vicino e il conducente non reagisce alla situazione, lo avverte con un segnale sonoro o visivo. Il Blind-spot detection attraverso sensori radar tiene monitorato l’intero campo visivo intorno alla moto per aiutare i motociclisti a cambiare corsia in modo sicuro. Ma non è finita qui. Bosch sta studiando e testando molti altri sistemi tecnologici oltre a questi. Il più interessante è un attenuatore dello slittamento che attraverso l’espulsione laterale di gas dovrebbe aiutare a stabilizzare la moto in caso di sbandata. Sogno o realtà? Alcune tra queste tecnologie sono in arrivo per le due ruote. I costruttori di moto Ducati e KTM inizieranno a includere alcuni tra questi nuovi sistemi di assistenza al pilota nei modelli in produzione già dal 2020. Annuncio pubblicitario
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21 O P E N A B T R E U R E e Benessere Ambiente 11 12 T A E T A T 13 14 15 16 17 T A C C O C U O R E 18 19 O C H E S E R P E 20 21 22 Mondoanimale Attitudine, formazione adeguata e competenze sono qualità necessarie Z I I D I P O I A per occuparsi degli animali domestici altrui24 23 25 26 Z N S T O P C O DSUDOKU PER A 27 28 I O N I N I C Ocosì come L Adi padronanza degli struil mio intervento», esordisce la nostra Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 04 giugno 2018 • N. 23
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In buone mani Maria Grazia Buletti
Ogni proprietario di un animale domestico vorrebbe essere certo di poter affidare il proprio beniamino, temporaneamente e al bisogno, nelle mani di qualcuno che sappia prendersene cura adeguatamente. Un po’ come con i bambini quando li si porta al nido, ma i nostri animali non sono bambini: ciascuna specie ha peculiarità proprie di cui bisogna tener conto e che chi se ne occupa deve conoscere molto bene. Questo vale per le persone con cui essi vivono, come pure per chi gli animali li accudisce in assenza dei proprietari. Una vacanza, un’assenza da casa programmata per lavoro o a causa di un’improvvisa malattia, un impegno che ci porta fuori casa uno o più giorni ed ecco che le persone che vivono con un animale domestico si trovano a dover individuare una soluzione transitoria per il proprio gatto, cane o criceto. Daniela Gentile si è diplomata come Guardiana di animali e si occupa proprio di soddisfare questo tipo di richiesta, mettendo in cima alle priorità il benessere dell’animale che le viene dato in consegna. La incontriamo per capire quali sono le esigenze di un animale domestico quando si deve separare anche se per breve tempo dall’umano con cui condivide casa e vita, per sapere quanto spirito di adattamento mettono in campo i nostri amici a quattro zampe, quali differenze bisogna considerare secondo la specie e quale sia l’approccio migliore per la presa a carico. «Oltre ai cavalli, sono cani, gatti e roditori gli animali domestici più comuni per i quali le persone richiedono
menti per far star bene il cane o il gatto, N. 17 FACILE sia a casa propria come in pensione. «È Schema importante potersi fidare della perso-
interlocutrice che spiega come i differenti animali presentino grandi diffe(N.questo, 18 - meritano Per saperne di più) renze fra loro e, per un approccio diverso: «Il primo con3 4 5 6 7 8 tatto con un cane1 che 2mi deve venire T A M A R A V affidato potrebbe avvenire tranquilla9 10 11 mente fuori dal suo contesto casalingo, A G I O S8 A I come pure all’interno. Nel primo caso, 12 13 14 ci si incontra in una zona neutra all’aT R E S O M A perto; il cane può perciò incontrare an5 15 16 17 che i miei cani e fare la conoscenza con A I D A L I i suoi simili insieme ai quali18 si sentirà 19 2 7 meno solo. Allora vivrà la nostra coN G A R A V noscenza con gioia e curiosità, perché 20 21 22 immaginerà di star giocando con ami- Far sentire gli G I A D A C degli ci». Se invece è richiesto un incontro animali 23 24 a domicilio: «Non ci sono comunque altri a casa è uno E R T O V6 U problemi, perché in quel caso il cane mi 25 dei compiti di vivrà come ospite del suo proprietario, un Guardiano. L T B O B2 (Daniela Gentile ) mi accetterà e imparerà a conoscermi». 26 Altra cosa sono i gatti che Daniela O D I E R N A definisce come animali molto più soli- cane il legame si fa più profondo perché «prove» che dice di effettuare prima di tari e introversi: «L’approccio cambia la relazione è più duratura e articolata: prendere in consegna l’animale: «Per 9 3a per rapporto all’incontro con il cane mi vede spesso, si gioca insieme, si esce la tranquillità dei proprietari vado 19 - Olfatto record)e l’approccio è parecchio conoscere l’animale, mi informo dete quando vado a(N. conoscere un gatto da in passeggiata devo necessariamente recarmi a4 casa5 differente». tagliatamente sui suoi bisogni e le sue 1 2 3 6 7 8 9 10 E Ne propongo N O a chi lo desidera T O sua dove o sta per i fatti suoi o si avviLa guardiana di animali riproponeC abitudini, cina per farsi coccolare, secondo il suo comunque una regola fondamentale anche una pensione di tipo famigliare, 12 13 11 L I O S 2Ocome se fospersonale temperamento che va sem- che è quella di adeguarsi assolutamen-O prendendolo in consegna 8N pre rispettato e mai forzato.14Poi, in as- te al temperamento se uno dei miei cani, e permettendogli 15 16 dell’animale, alle T come O èL senza del proprietario, quando vado ad sue esigenze e alle sue abitudini: «Que-V di vivereSin casa abituato 7E nella 18 19 ci permette 20 di far sì che non senta accudire il gatto17più socievole esso mi sto sua quotidianità». Ad esempio: «Tengo T abituati così, E chiedo S S viene subito incontro perché aspetta di la mancanza del suo umano, anche seE in T casa quei cani di 3 21 mentre quello più 22 23 che sono proprio 24 i proprietari ricevere il suo cibo, devo dire avere la loro cuccia e qualche loro gioP laI presenza E umana, T indi-I discreto e un po’ più sulle sue mi studia con cui bisogna essere un po’ psicologi,R co,Ue assicuro 25 26 27 28 bene prima di avvicinarsi. Il rapporto perché giustamente amano così tanto il vidualizzando la considerazione di 1 cui O R T di durata del tempo di accudimento loro amico che vogliono la certezza di sono abituati a godere». 29 30 31 con il gatto è di norma più breve perché lasciarlo al sicuro e in buone mani». Ovvio comprendere L 8diIcome Nla forO si tratta di andare a domicilio una volta32 Per questo, già la sua denominamazione di Guardiano animali sia 33 al giorno, al massimo una settimana se zione come «L’Amica degli animali» una garanzia a favore di competenza 6 5 I T O il proprietario è in vacanza, mentre col34 è rassicurante, così come lo sono le per ciascuna specie presa in consegna, 35
N. 18 MEDIO
3 E I T R I O Giochida per “Azione” - Maggio 2018 Vinci una delle 3 carte regalo 50 franchi con il4cruciverba 1 5 Stefania Sargentini 3 e(N. una delle 2 carte regalo da 50 franchi con il sudoku 17 - Personaggi famosi) 1 (N. 20 - Risate a denti stretti)
Giochi
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Cruciverba Tra amici: «Sai Carlo ieri con l’auto ho centrato un’edicola e...» Trova il resto della frase risolvendo il cruciverba e leggendo le lettere evidenziate. (Frase: 4, 6, 2, 5, 1, 8)
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Regolamento per i concorsi a premi pubblicati su «Azione» e sul sito web www.azione.ch
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I premi, cinque carte regalo Migros del valore di 50 franchi, saranno sorteggiati tra i partecipanti che avranno fatto pervenire la soluzione corretta entro il venerdì seguente la pubblicazione del gioco.
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VERTICALI 1. Pianeta del sistema solare 2. Nome femminile 3. Tredicesima lettera dell’alfabeto greco 4. Isola della costa dalmata 5. Motivo fondamentale e ricorrente di un’opera 6. Finito in fondo 7. Un parente acquisito 8. Lo è il cibo fritto 9. Lo paga il reo 10. Due vocali 12. Un Walter attore 15. Cenni, gesti 17. Soldati senza soldi! 19. «Tutto finito» in un libro di Carlo Levi 20. Pesce marino 22. Sono mobili... 24. Disturbano il sonno 27. Ha la criniera sulla schiena
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E. Sala, E. Dalessi, A. Albertini31 29 30
Vincitori del concorso Sudoku 32 33 su «Azione 21», del 22.05.2018 B. Greder, F. 34 Coltamai
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Partecipazione online: inserire la
(N. 20 - Risate a denti stretti) soluzione del cruciverba o del sudoku 1 2 3 4 5 6 7 8 9 nell’apposito formulario pubblicato sulla pagina del sito. 11 12 Partecipazione postale: la lettera o 13 14 15 la cartolina postale che riporti la so16
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2C E 8N 5 N O T O M I A 7 9 O L I O S O N I D I 3V S 7T O L E 6 2S I D 9E S S 6E E T 1 3T A
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22 23 Cruciverba 24 Vincitori del concorso su «Azione 21», 25 del 26 22.05.2018 27
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N. 20 GENI
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N G A R A 7 V3 E N E 4 5 94 2 1 3 1 6 7 G6 I A D A9 C2 1 6 8 4 7 9 3 2 3 7 E R2 T5 O 3 V 6U8 1 6 1 2 5 4 3 7 8 L T 9 B O B 8 7 5 1 9 6 2 3 Soluzione della settimana precedente O D I E R N A 9 4 3 7 2 8 5 1 9 3 7 5 OLFATTO DA RECORD – Sai che l’olfatto del labrador è: ...CENTO MILIONI VOLTE SUPERIORE AL NOSTRO. N.DI18 MEDIO
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20 21 22 29. In genere... sono estremi 30. estesi del mondo 23 Uno dei laghi più24 31. Vive nei fondali marini 25 33. Avverbio di tempo 26 35. Lo scrittore Fleming 37. Le iniziali del 43° presidente USA 38. Preposizione (N. Le 19iniziale - Olfatto da record) 39. di Cocciante 1
U R E A L I T SR EE O N E N I A5 9 T A E T A8 T Scoprire i 3 numeri IC C OO M TT A corretti C U O S R EU N T O da inserire nelle O Ccolorate. E S E R P E caselle U VH A A M E D E O T Z I I D I 5P O I A 4 9 IC G I R ZR N I ST T AO P O DO R PER I O AN I SUDOKU O N LAZIONE A 2G N 2018 N RN II CE7 O- MAGGIO I N. 17 FACILE O A M E L I9 A E Soluzione C G Schema E I N O T AGM R A RA 4 A8N V 6 L 5 I 7 2 1U 6 L85 A8 G I9 O1 7 S4 A I O V G I A D A S G A 3 R8 6B 9 I 1 R I 5 9 42 3 8 5 T R E 8 S O1 M6 A 7 B A L I G U A N C I A D A L I C O L 2 3 7 8 6 2 A I7 Soluzione:
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ORIZZONTALI 1. Composto da quattordici versi 7. Hanno il becco adunco 11. Un vento 12. Carme funebre 13. Una consonante 14. Sono uguali nei fotogrammi 15. Riassunto, nel riassunto 16. Passa in cucina... 18. Il cantante Minghi 21. La Dalla Chiesa 23. Il nome di Stravinskij 24. Le iniziali dell’attrice Rossellini 25. Ti seguono in cantina... 26. Niente a Parigi 28. Ciascuno 30. Nome femminile 32. Sigla di elettrocardiogramma 33. Seccature, fastidi 34. Diede i natali ad Amedeo Modigliani (sigla) 36. Le prime delle ultime... 37. Pietra ornamentale 38. Un critico d’arte in tv 40. Isola dell’Indonesia 41. Riceve molti baci amichevoli
na a cui si affida il nostro animale domestico, e le basi di un diploma sono I N O 4perché 8 chi è formato safondamentali prà affrontare anche quelle situazioni O 1 7 V 4 che possono presentarsi, 9impreviste proprioR perché sarà adeguatamente I preparato 8 e istruito1con le6dovute conoscenze». C Il O L diploma viene conseguito dopo una E formazione N E professionale di base della durata di 3 anni, che comprende 7 nella quail tirocinio in un’istituzione le sono ospitati animali e la frequenza dei corsi alla 9 Scuola medico 2 tecnica (SMT) di Locarno: «I primi due anni 5sono dedicati3alla formazione 8 di base, mentre il terzo prevede una specializzazione in uno dei tre settori previsti 9 dall’Ordinanza di formazione». Vale a dire: detenzione di animali da labo7ratorio, pensioni e5rifugi per animali, ivi compresi l’allevamento di animali da compagnia, saloni per cani e gatti e M I veterinarie), A cliniche detenzione di animali selvatici. «I nostri compiti possoI variare D sensibilmente I a dipendenza 5no dei differenti posti di lavoro», racconta S I maDdai requisiti e dalle attitu9Daniela, richieste non si deroga: «Bisogna Edini A avere la scolarità 7mo ricordarci beneobbligatoria; 6 dobbia2 che gli animali neR I cessitano di cure 7 giorni su 7, e perciò è 3richiesta la costante 9 presenza con6orari EspessoLirregolari A e con qualsiasi condizione meteo». In Ticino i posti di9 tirociA S nio e quelli per diplomati sono ridotti, 7 da tre a Amentre Ri diplomati S sono stabili: sette ogni anno.
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8 3 2 1 7 6 5 4 9 E T I 7 9 6 5 4 8 2 3 7 1 O R T E L A 1 2 4 8 9 5 6 3 7 L I N 3O 7 A S 3 4 I T 1O 5 6 9 3 2 4 7 1 5 8 A R S 1 5 8 7 6 3 1 9 2 4 E I T R I O N. 19 DIFFICILE luzione, cognome, è possibile 9 8corredata da nome, 5 1 9 un8pagamento 7 3 6in 5contanti 4 2 indirizzo, email del partecipante deve dei premi. I vincitori saranno avvertiti 3 1 7 6 4 2 8 5 9 3 1 10 essereS spedita O N aE «Redazione T T O Azione, G U Fper I iscritto. Il nome dei vincitori sarà 5 4 96315, 6901 Lugano». pubblicato 5 2su «Azione». 3 4 9 Partecipazione 1 6 7 8 Concorsi, C.P. L I S corrispondenza E O N EsuiN Iriservata A Non7A si intratterrà esclusivamente a lettori 2 6 8 7 1 3 2 9 4 6 che5 T ILe vie legali O Msono escluse. S U N concorsi. NonT Orisiedono in Svizzera. 20 U 9V A A M E D E O T 3 5 9 6 4 8 2 1 7
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 04 giugno 2018 • N. 23
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Politica e Economia L’ascesa del populismo Un fenomeno uscito dall’ombra dopo l’elezione di Trump per diventare una forza che conta
Fra dazi e nucleare Negoziare mettendo la pistola sul tavolo: questa è una costante dello stile Trump. Sul dossier commerciale con la Cina così come sulla Corea del Nord pagina 27
Fintech, la nuova sfida Digitalizzazione e tecnologia stanno cambiando il volto della finanza, creando nuove opportunità anche in Ticino
In casa propria o in affitto? Fuori dalle città, in Svizzera, risulta più conveniente comprare casa anziché affittarla
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Il capo delle Stato italiano Sergio Mattarella. (AFP)
Commedia italiana
Crisi politica In questo contesto, in cui potrebbe verificarsi la bancarotta italiana, è interessante il dibattito
ormai pubblico che si è aperto in Germania sulla necessità di rivedere le regole dell’Eurozona in caso di uscita Lucio Caracciolo L’Italia è un paese sistemico che non è cosciente di esserlo. La terza economia europea, integrata nella famiglia euro e fortemente interdipendente con le maggiori economie continentali sotto il profilo sia reale che finanziario, è di nuovo sull’orlo del baratro. La crisi politica, destinata comunque a produrre entro breve tempo una calda tornata elettorale non necessariamente decisiva per sciogliere i dilemmi su chi governerà il Paese, si è avvitata su se stessa e sta strangolando il Paese. Le agenzie di rating rischiano di ridurre a spazzatura i nostri buoni del Tesoro, mentre lo spread nelle ultime settimane ha ripreso a correre lungo le montagne russe. Le rassicurazioni delle istituzioni italiane non rassicurano nessuno, perché il macigno degli oltre duemila miliardi di debito, tuttora in crescita a causa degli interessi da pagare su di esso, pesa e peserà molto a lungo sulla salute finanziaria ed economica, quindi anche sociale e politica della Penisola. In Germania molti si pentono di
aver ceduto, per considerazioni squisitamente politiche, all’idea di ammettere l’Italia nell’euro. Per il quale Roma non era pronta. Le esposizioni delle banche tedesche e di altri rilevanti paesi europei verso l’Italia restano importantissime, e perfino quelle americane iniziano a preoccuparsi di avere in pancia titoli italiani privi di valore o quasi. Inoltre, l’Italia settentrionale è pienamente immessa nella catena del valore germanico, in qualche misura anche francese e svizzero. L’eventuale bancarotta italiana avrebbe quindi riverberi strategici sulla zona euro, ma anche sul resto dell’economia europea e mondiale. In poche parole, come ha scritto Bloomberg, «l’Italia è troppo grande per fallire ma anche per essere salvata». Di qui lo spettro della trojka –il consorzio fra Banca centrale europea, Fondo monetario internazionale e Commissione europea – che si materializza in fondo al tunnel della crisi italiana. Ma la Repubblica Italiana non è la Grecia. Nemmeno il tutore internazionale potrebbe garantirne la sterilizzazione.
Se si salverà, l’Italia dovrà farlo con le sue forze. Lo stato della classe dirigente e soprattutto della classe politica è però deprimente. Le sceneggiate dei due vincitori (o migliori perdenti) delle elezioni del 4 marzo – Movimento 5 Stelle e Lega di Salvini, ormai virata verso il nazionalismo e non più «padana» – sommate all’inconsistenza del Pd e di Forza Italia non promettono nulla di buono. Evidentemente manca il senso d’urgenza, e ciascuno pensa solo ad accaparrarsi voti in vista del prossimo turno elettorale. Questo implica per tutti i soci dell’Eurozona la necessità di ripensarne le strutture. Le attuali sono basate su assurde acrobazie, che tentano di surrogarne gli errori di costruzione. Come avvertì a suo tempo lo stesso cancelliere Kohl, lanciando l’unione monetaria, questa non può resistere senza unione politica. Ma chi può sensatamente immaginare oggi o anche dopodomani la fusione dei 19 Stati della zona euro in un’unica istituzione sovrana? E anche i propositi di vaga confederazione restano tali. Ognuno parte
dalla prevalenza dei propri interessi nazionali sugli altrui. Unica eccezione, guarda caso, l’Italia, culturalmente non in grado di articolare davvero interessi propri. In questo contesto, retto dal principio «nessuno per tutti, ciascuno per sé», è interessante notare il dibattito ormai pubblico che si è aperto in Germania sulla necessità di rivedere le regole dell’Eurozona, consentendo a chi ne è parte di uscirne in modo sperabilmente ordinato, ma senza abbandonare l’Unione Europea, quindi l’unione doganale e il mercato, come i trattati vigenti prevedono. Più che a Roma, a Berlino si guarda al caso proprio. Al possibile «Germanexit», la fuoriuscita volontaria della Repubblica Federale dalla moneta comune, una volta constatatane l’intenibilità. Misura preventiva, profilattica. Alla Germania potrebbero poi aggregarsi i paesi della sua sfera d’influenza geoeconomica in Europa centrale, orientale e settentrionale, oltre alla forse inevitabile Francia. Certo non l’Italia né la Grecia, probabilmente nemmeno Spagna e Portogallo. Si tor-
nerebbe allo schema della Kerneuropa, già proposto da Schäuble e Lamers nel 1994, mirato a consolidare l’integrazione fra Francia, Germania, Lussemburgo, Belgio e Olanda, cui si aggiungerebbe oggi l’Austria e non solo. Il problema è che modifiche ai trattati impegnano in genere anni di trattative, mentre qui si richiedono reazioni immediate, dilazionabili forse di qualche mese. Sappiamo che in casi di emergenza tedeschi e francesi hanno la forza e il carattere per sovvertire le regole da loro stessi sottoscritte. Lo hanno fatto rompendo quando necessario il patto di stabilità e salvando le loro banche dal collasso greco, ad esempio. Potrebbero provare a rifarlo nel caos italiano, in dimensioni peraltro completamente diverse (l’economia ellenica vale un decimo dell’italiana). Di sicuro l’Unione Europea e l’Eurozona, dal referendum sul Brexit in avanti, stanno mutando pelle. Senza avere un progetto preciso né condiviso, spinti dalle emergenze. Sarà bene per tutti prenderne nota. Svizzera compresa.
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 04 giugno 2018 • N. 23
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Politica e Economia
Occidente Quando è iniziata e quando potrebbe ritirarsi?
Difficile dirlo, ma l’origine è certamente stata l’elezione di Trump
Temer mobilita le forze armate Brasile Lo sciopero dei camionisti
è la reazione alla crisi politico-sociale Angela Nocioni
Un banner con cui si chiede di fermare il populismo di destra in Germania. (AFP)
Christian Rocca Il mondo occidentale guarda atterrito l’onda populista, sulla cui cresta cavalcano partiti e movimenti autoritari e xenofobi apparentemente inaffondabili. Nessuno, con la notevole eccezione francese di Emmanuel Macron, sembra aver trovato la formula politica per anticipare il punto di rottura dell’onda e scalzare i populisti prima che i danni alle società libere e democratiche siano irreversibili. Eppure si sa che le onde prima montano, poi crescono e infine si infrangono: il problema è capire dove e quando. Al momento siamo ancora nella fase di crescita, come dimostra il recente caso italiano, con i partiti populisti usciti vittoriosi dalle elezioni del 4 marzo e, nonostante l’incapacità di formare un governo, pronti a fare il pieno di voti dopo l’estate. Il voto italiano del 4 marzo 2018 è figlio della sconfitta del 4 dicembre 2017, quando i riformatori italiani provarono a cambiare la Costituzione e vennero respinti con grosse perdite. Entrambi i risultati sono arrivati sulla scia delle elezioni dell’8 novembre 2016, quando Donald Trump a sorpresa, a cominciare dalla sua, è stato eletto presidente degli Stati Uniti. Ecco, il trionfo di Trump è stato il momento esatto in cui si è capito che la grande alleanza tra sovranisti e xenofobi, alimentata dalla velocità di circolazione delle notizie via internet, comprese quelle fake, sarebbe uscita dal ruolo di ininfluente minoranza dei fuori di testa per diventare mainstream ed entrare nella stanza dei bottoni. In quell’istante è cambiato il paradigma politico dell’Occidente, avvicinandosi a quello autoritario della Russia di Putin, della Turchia di Erdogan e della Cina di Xi Jinping. Il primo segnale, in realtà, era arrivato qualche mese prima, il 23 giugno 2016, quando la Gran Bretagna aveva scelto sul filo di lana di abbandonare l’Unione europea (e ancora oggi, due anni dopo, non sa come riparare all’autogol). Avrebbero dovuto destare maggiore preoccupazione anche altri segnali, come le derive anti liberali dell’Ungheria e della Polonia, cioè di due paesi membri dell’Unione europea, e soprattutto l’invasione dell’Ucraina e l’annessione della Crimea da parte della Russia. E, in fondo, anche la rivolta islamista di questi anni, sia nel mondo musulmano sia in quello cristiano, è una variazione millenarista dello stesso fenomeno, solo aggravata delle secolari contraddizioni di una religione in guerra con se stessa da 14 secoli. Il mondo occidentale, invece, si è girato dall’altra parte, stanco dei suoi
stessi successi e obnubilato dalla dipendenza dai social network. Il fronte della società aperta è riuscito a prevalere soltanto in Francia, con il formidabile azzardo fuori dai confini dei partiti tradizionali di Emmanuel Macron, ma anche facilitato dal fatto che i francesi hanno un sistema-paese serio, dispongono di una classe dirigente preparata e si sono trovati di fronte un vecchio partito fascista come il Front National di Marine Le Pen e non una nuova formazione, com’è capitato agli italiani o agli americani, che offre una proposta politica mai testata, da provare-epoi-si-vede. Avere come avversario un partito para nazista come Alternative für Deutschland, anziché un Donald Trump o un Beppe Grillo o un Nigel Farage tedesco, ha favorito anche la tenuta di Angela Merkel e dei socialdemocratici in Germania, perché comunque il passato brucia ancora gli occhi degli elettori. Il tema dell’irresistibile ascesa del populismo in Occidente è uno dei più affrontati dalla pubblicistica internazionale: molti saggi ci hanno spiegato, anche se quasi sempre ex post, i motivi e le ragioni della grande rivolta populista di questo inizio di XXI secolo, compresi gli errori commessi dalle famiglie politiche tradizionali e dai sistemi capitalisti. Un tema parallelo di indagine saggistica è stato quello dell’impatto delle nuove tecnologie nel processo di trasformazione sociale e politica: dall’automazione che cambia e, in alcuni casi, deprime il lavoro fino alla diffusione incontrollata delle notizie false (tra gli ultimi, i più interessanti sono entrambi inglesi: The Digital Ape di Nigel Shadbolt e Roger Hampson e The People vs. Tech di Jamie Bartlett). Un po’ meno sviluppato è il tema della soluzione ovvero la risposta alla domanda «come ne usciremo?». Non si va molto oltre l’idea del reddito di cittadinanza che, però, più che una cura della malattia è benzina per il fuoco populista visto che consiste nel regalare soldi al popolo. Soluzioni, insomma, non se ne vedono, forse perché non ce ne sono. Del resto non esistono, né posso esistere, strumenti tecnici per superare un delirio collettivo. Ma visto che siamo partiti dalle date in cui si è manifestata l’onda anomala del populismo, andrebbe fatto uno sforzo per individuare la prossima data, quella del momento di rottura dell’onda. Il giorno che potrebbe riportare l’archetipo occidentale verso la società aperta potrebbe essere quello, ancora da stabilire, in cui il procuratore americano Robert Mueller chiuderà l’inchie-
sta sui rapporti tra il mondo Trump, presidente compreso, e la strategia di Vladimir Putin per creare caos nelle democrazie occidentali e influenzare l’opinione pubblica del mondo libero. L’ingerenza russa è cosa nota e certa, in America come in Europa, per non parlare della Siria, ma se l’inchiesta Mueller riuscisse anche a provare che il Cremlino ha coltivato come asset alcuni personaggi che poi sono finiti nei posti di comando addirittura degli Stati Uniti d’America, magari potrebbe essere quello il momento in cui la riduzione dell’altezza del fondale costringe il muro d’acqua a infrangersi e, si spera, a far rientrare gli effetti dell’ondata populista. Mueller, certo, potrebbe anche prosciogliere Trump, rendendo vano il tutto, ma le incriminazioni avanzate nei confronti di varie persone che giravano introno al presidente, compreso l’ex capo della campagna elettorale Paul Manafort, più quelle di una serie di intermediari, di avvocati e di consiglieri di politica estera, lasciano intendere che l’esito più probabile dell’inchiesta sia un altro, ovvero che l’ex direttore dell’FBI presenti le prove di collusion, di coordinamento tra il Cremlino e il mondo Trump, e poi lasci prendere le decisioni sulla colpevolezza o meno al Congresso. C’è anche la possibilità che Mueller chiuda l’indagine incriminando formalmente Trump, ma non ci sono precedenti al riguardo e, secondo gran parte della dottrina, la Costituzione americana impedisce di procedere penalmente contro Trump fintanto che è presidente. Questo giorno, in ogni caso, dovrebbe essere uno qualsiasi da qui a ottobre. Per non farsi trovare impreparati, il consiglio è di leggere in parallelo due dei saggi più intensi degli ultimi anni. Il primo, The Road to Unfreedom, scritto dallo storico di Yale Timothy Snyder, spiega la sofisticata strategia illiberale di Vladimir Putin nei confronti dell’Occidente: quando il presidente russo ha capito che, per mancanza di risorse e incapacità di innovare, il suo paese non avrebbe potuto tenere il ritmo dell’Occidente, si è convinto di una cosa semplice e cioè che se la Russia non può diventare come l’Occidente, allora bisogna che l’Occidente si trasformi in una specie di Russia. Il secondo libro è The Russia Roulette di Michael Isikoff e David Corn. Sembra una stagione di The Americans, la serie tv sulle spie russe integrate nella società americana degli anni Ottanta, ma di fatto è un’anticipazione dell’inchiesta di Mueller. I due libri andrebbero letti insieme, in attesa della rottura dell’onda.
Uno sciopero dei camionisti, ai quali si sta sommando quello dei lavoratori delle piattaforme petrolifere, sta bloccando i rifornimenti di viveri, medicine e combustibile in tutto il Brasile. La protesta, iniziata il 20 maggio con la richiesta di una diminuzione drastica del prezzo del gas, minaccia di catalizzare la rabbia diffusa per la crisi politica, economica e sociale. Inflazione, disoccupazione e un clima politico avvelenato, con le elezioni presidenziali di ottobre alle porte, rendono la situazione tesissima. Nelle strade bloccate si ascolta l’urlo «Fora Temer!». Il già debole governo del presidente di estrema destra Michel Temer, con un consenso popolare intorno al 3%, ha accettato di abbassare un poco il prezzo del gas e di mantenere questo prezzo per sei mesi. I camionisti in sciopero hanno risposto che non vogliono bluff e, senza muoversi dalle barricate, hanno chiesto un ribasso ulteriore e permanente. La risposta del presidente è stata la mobilitazione delle forze armate per riaprire le strade. All’inizio della seconda settimana della protesta i report dai vari punti caldi delle vie di comunicazione dell’immenso Brasile disegnano una mappa di 900 blocchi stradali in 22 dei 27 Stati brasiliani (il Brasile ha una struttura federale).
Il conflitto sociale ora rischia di estendersi anche al settore petrolifero Nello Stato di São Paulo, centro economico del Paese, grande da solo più che l’intera Gran Bretagna, i camion bloccano l’accesso alle strade principali, incluse quelle del porto di Santos, il più importante porto dell’America Latina. A São Paulo circola solo il 40 per cento degli autobus. Anche la capitale, Brasilia, è stata paralizzata. Operazione facilitata dalla posizione geografica della città, costruita in un vasto altopiano al quale si accede da quattro grandi arterie federali. Bloccando quelle, i camionisti sono riusciti a isolare la città. Sospese le lezioni nelle scuole pubbliche. I dirigenti dell’aeroporto internazionale Juscelino Kubitschek dicono di non avere più riserve di carburante per gli aerei in arrivo. Gli ospedali stanno finendo le medicine. I produttori di carne hanno avvertito che un miliardo di polli e due milioni di maiali potrebbero morire per la mancanza di cibo. Nelle zone più remote del Paese, già normalmente complicate da raggiungere, la situazione è più grave. In sei città dello Stato di Rondônia, alla frontiera con la Bolivia, ad esempio, la mancanza di carburante ha già provocato lunghi blackout e
relativi problemi di pubblica sicurezza. L’identità politica degli animatori della protesta è molto eterogenea. Alla rivendicazione iniziale dei camionisti (l’abbassamento del prezzo del gas: una rivendicazione di categoria che però poi finisce per riguardare tutti i cittadini) si è aggiunto il malcontento generale per il livello di vita medio precipitato rispetto alle illusioni di ricchezza dei primi anni Duemila, quando l’aumento delle entrate statali e la ridistribuzione parziale della ricchezza avute durante il primo governo Lula avevano convinto la maggioranza del Paese della possibilità di un grande balzo collettivo verso un maggior benessere diffuso. La grande crisi di credibilità delle istituzioni politiche, travolte da ondate di scandali giudiziari per corruzione proprio nel bel mezzo della crisi, rende ora ancor più incandescente la situazione. Tra i camionisti si ascoltano slogan spesso contrapposti. C’è chi chiede l’intervento dei militari contro il governo, chi invoca «un uomo forte in divisa che ripulisca il Paese». È anche per questo che il sindacato dei lavoratori del petrolio – con una dirigenza politica di sinistra, molto vicina tradizionalmente all’ex presidente Lula da Silva, condannato per corruzione e per questo non candidabile alle elezioni di ottobre alle quali era dato per favorito – ha deciso di entrare in sciopero. Non vuole, il robusto sindacato del petrolio, regalare alla destra estrema la leadership di una protesta che potrebbe crescere come una valanga, vista l’aria che tira nel Paese. Petrobras intanto, il gigante pubblico del greggio che è anche la più grande impresa pubblica dell’America latina, ha avuto pesanti tonfi in Borsa. Anche a destra molti stanno mollando Temer, ritenuto incapace di reggere la presidenza, e si pentono di non averne preteso le dimissioni quando l’anno scorso scoppiò lo scandalo dell’audio che ne rivelò incontrovertibilmente i loschi traffici. Il 17 maggio di un anno fa «O Globo», principale gruppo mediatico brasiliano, diffuse un file audio in cui Temer sembrava raccomandare a Joesley Batista, proprietario dell’impresa di export di carne più grande del mondo, la Jsb, di continuare a pagare un mensile all’ex presidente della Camera, Eduardo Cunha, detenuto per corruzione. Nell’audio si ascolta il re della carne vantarsi col presidente della Repubblica, apparentemente silente, di aver comprato la complicità di un procuratore e di due giudici. La conversazione è stata registrata con un microfono nascosto da Batista che, in cambio della sua collaborazione con gli inquirenti e del pagamento di una multa di 34 milioni di dollari in dieci anni, non è stato denunciato.
Keystone
L’onda populista
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 04 giugno 2018 • N. 23
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Politica e Economia
Stesso copione con Cina e Corea
Stati Uniti Dopo una quasi pace nella guerra dei dazi con la Cina entrerà in vigore il primo dispositivo protezionista.
Una partita che assomiglia e s’intreccia con i preparativi per il summit Trump-Kim Jong-Un del 12 giugno
Federico Rampini I dazi contro la Cina partono, sia pure in versione parziale, per adesso. Entro il 15 giugno l’Amministrazione Trump pubblicherà l’elenco dei primi prodotti made in China – per un valore totale di 50 miliardi di dollari d’importazioni annue – che saranno colpiti dalla tassa doganale del 25%. È questa la prima tranche dell’offensiva più vasta, quella che dovrebbe colpire importazioni cinesi per un totale di 150 miliardi annui. Entro il 30 giugno entrerà in vigore un altro dispositivo protezionista: nuove restrizioni a quegli investimenti cinesi negli Stati Uniti che sono finalizzati all’acquisto di tecnologie avanzate. Tutto ciò è sempre passibile di modifiche dell’ultima ora. Mentre scrivo il segretario al Tesoro americano Steven Mnuchin, e il segretario al Commercio Wilbur Ross, aprono una nuova puntata nei negoziati bilaterali WashingtonPechino su commercio e investimenti. Negoziare mettendo la pistola sul tavolo: ormai è una costante dello stile Trump. Su questo dossier economico, così come sulla Corea. Prima minaccia fuoco e fiamme, la fine del mondo. Poi incassa delle concessioni, vere o presunte, cambia tono, accetta un compromesso, e dichiara missione compiuta. Il copione che abbiamo visto recitare a Donald Trump sul nucleare di Kim Jong-Un, si ripete sulla guerra commerciale con la Cina. Chi aveva visto il mondo sull’orlo di una spirale dei protezionismi (stile anni Trenta) può tirare un sospiro di sollievo? Fra Trump e Xi Jinping sono in atto grandi manovre per trovare un accordo che scongiuri i superdazi. Quanto è significativa la vittoria per l’America? E quali le conseguenze per tutti gli altri paesi, spettatori di questo duetto? La «quasi-pace» commerciale sembrava raggiunta, fino alla doccia fredda dei dazi su 50 miliardi. Nulla è definitivo, con Trump. Inoltre questo stato di pace armata, misto a sanzioni, avrà conseguenze sul resto del mondo: non è una buona notizia per l’Europa. La decisione di Trump di varare i primi dazi sul made in China, nel bel mezzo di una
trattativa tuttora aperta, è una reazione alla vaghezza degli impegni presi dalla Cina. Pechino non ha ceduto infatti sulla cifra «magica» dei 200 miliardi di maggiori importazioni made in Usa, a cui Trump e i suoi tenevano molto. Quella cifra però era assurda, per molte ragioni. Anzitutto fissare un obiettivo così preciso significa ricacciare Pechino verso un modello da «economia pianificata» dove il governo decide quanto importare e da dove, proprio mentre l’obiettivo conclamato dall’America è di accelerare la trasformazione della Cina in una compiuta economia di mercato. Inoltre l’economia americana è già vicina al pieno utilizzo delle sue capacità produttive e non riuscirebbe ad aumentare di colpo la produzione di 200 miliardi di dollari l’anno. Esempio: l’agricoltura Usa è tra le più produttive del pianeta e ha già rendimenti altissimi per le terre coltivabili, è arduo immaginare che possa raddoppiare da un anno all’altro i raccolti. Salvo fare delle semplici partite di giro, per esempio dirottando verso la Cina esportazioni di soia attualmente destinate al Giappone. Il tema della partita di giro si ripropone per le ripercussioni sull’Europa. È ovvio che una scorciatoia con cui i cinesi possono soddisfare Trump è intervenire sulla composizione delle loro importazioni: per esempio comprando Boeing anziché Airbus. Questo non farebbe della Cina un mercato più aperto, né farebbe dell’economia globale un sistema più equo e reciproco. Semplicemente sostituirebbe prodotti americani a quelli europei. Il rischio è reale. Abbiamo uno scivolamento verso una logica bilaterale, dove Usa e Cina patteggiano fra loro. Più ci si allontana dal multilateralismo, e si depotenzia il tribunale del commercio mondiale (Wto), più avranno da perdere i paesi piccoli che hanno meno potere contrattuale. Uno sviluppo in netta controtendenza rispetto alla ricerca di un compromesso, è il nuovo disegno di legge che metterebbe ulteriori restrizioni agli scambi hi-tech, per ragioni di sicurezza nazionale. Il tema dello spionaggio industriale legato alla difesa è una spina nel fianco nei rapporti Usa-Cina che non si elimina facilmente.
Donald Trump: quella di negoziare con la pistola è una sua costante. (AFP)
In quanto alle conseguenze su tutti gli altri: nel mirino ci sono paesi alleati come Germania Giappone e Corea del Sud, le cui auto rischiano dazi americani del 25%. La guerra dell’auto è stata aperta da un comunicato a firma Donald Trump: «Ho dato ordine al Segretario al Commercio di avviare un’indagine sulle importazioni di vetture, camion, e componentistica, per determinarne gli effetti sulla sicurezza nazionale dell’America». Angela Merkel è a Pechino quando arriva l’annuncio bellicoso, e viene «consolata» dal premier cinese Li Keqiang, che le promette una mossa di segno opposto: la riduzione dei dazi cinesi sulle auto d’importazione, dagli attuali livelli iper-protezionisti del 25% al 15%. I due concordano su un comunicato congiunto anti-trumpiano: «Cina e Germania sostengono il libero scambio e il multilateralismo». Li Keqiang aggiunge: «La Cina è aperta e si apre sempre di più». Affermazione tutt’altro che esatta: il mercato cinese è molto meno aperto di quello americano, non a caso i dazi «normali» che pratica da anni Pechino sono il quintuplo di quelli americani. Resta vero tuttavia che la Germania è uno dei paesi che hanno una bilancia bilaterale in attivo con la Cina. Ambedue hanno lo stesso modello di sviluppo mercantilista, cioè trainato dalle esportazioni, con macrosquilibri a base di avanzi commerciali col resto del mondo. L’intesa era già nei
fatti, ora diventa esplicita politicamente in reazione agli atti di Trump. L’ultima tornata di dazi (minacciati) tende a coalizzare contro Washington degli alleati storici: infatti i maggiori esportatori di auto negli Stati Uniti non sono cinesi (l’automobile è uno dei pochi settori dove le loro marche non sfondano) bensì giapponesi sudcoreani e tedeschi. Nel mirino finisce anche il Messico, non con marche sue bensì con fabbriche «maquiladoras» dove vengono assemblati modelli della Ford e General Motors nonché altre auto giapponesi e tedesche. Per quanto Toyota e Nissan e Honda da una parte, Volkswagen e Bmw e Mercedes dall’altra, abbiano investito da decenni per «americanizzarsi» insediando fabbriche sul territorio Usa, resta una quota importante delle loro produzioni che viene dai paesi d’origine e quindi ricadrebbe sotto la mannaia dei dazi. Le giapponesi Toyota e Nissan l’anno scorso hanno esportato negli Stati Uniti 1,7 milioni di auto per un valore di 41 miliardi di dollari. Per quanto riguarda le marche europee la parte del leone spetta alle tedesche: più di metà dell’export Ue negli Stati Uniti è loro. Volkswagen-Audi, Bmw e Mercedes, a parte i modelli assemblati negli Usa, hanno esportato dalla Germania 1,2 milioni di vetture per un fatturato di 43 miliardi. Anche in questo caso come per la Cina, Trump può far vale-
re asimmetrie e mancanza di reciprocità: l’Unione europea applica dazi del 10% sulle auto made in Usa, mentre gli attuali dazi americani sono appena un quarto: 2,5%. È uno dei tanti casi in cui il presidente può dimostrare con i dati che il mercato globale «non è un terreno di gioco piatto», ma è inclinato a favore di qualcuno. Come molte dichiarazioni bellicose di Trump, è sempre possibile che la questione si risolva con dei compromessi. Anche perché l’indagine avviata dalla Casa Bianca dura fino a 270 giorni, quindi i risultati non si conosceranno prima delle elezioni legislative di novembre. Intanto il messaggio chiaro è stato lanciato proprio agli elettori del Midwest che lo votarono nel 2016: Trump mantiene le promesse. La partita del protezionismo contro la Cina s’intreccia coi preparativi per il summit di Singapore fra Trump e Kim Jong-Un, che è tornato in programma per il 12 giugno… appena 24 ore dopo che il presidente americano lo aveva disdetto. Ma il ruolo essenziale lo gioca fin dall’inizio il presidente della Corea del Sud, Moon Jae In. Fu lui a innescare la catena di eventi – i Giochi olimpici della pace, la squadra sportiva unificata delle due Coree – che hanno condotto dalle minacce di guerra atomica alla promessa dell’incontro faccia a faccia fra Kim e Trump. È stato ancora lui a precipitarsi per incontrare Kim nel weekend, e decancellare il summit. Moon si è autonominato il portavoce di un leader che per anni ha minacciato di polverizzare la sua capitale, Seul, sotto una pioggia di missili. In questo ruolo di portavoce, Moon ha annunciato che Kim al summit di Singapore ci tiene moltissimo ed è pronto a mettere sul tavolo la «denuclearizzazione completa» della penisola coreana. Moon è l’esponente della sinistra pacifista sudcoreana. Un po’ come la sinistra pacifista europea che negli anni Settanta pensava «meglio rossi che morti», e per disinnescare la crisi degli euromissili era disposta a cedere ai ricatti dell’Unione sovietica, anche la sinistra sudcoreana è antiamericana e tentata dal neutralismo. Che risucchierebbe lentamente Seul verso l’orbita della Cina. Annuncio pubblicitario
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 04 giugno 2018 • N. 23
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Politica e Economia
La sfida della tecnofinanza Economia cantonale Digitalizzazione e tecnologia stanno cambiando il volto della finanza.
Quali sono le opportunità per il settore in Ticino?
Fabio Dozio All’inizio fu la carta di credito. Un tesserino di plastica che sostituisce mazzette di soldi. Poi arrivò il bancomat, un marchingegno che emette denaro. Poi lo smartphone, che permette di pagare ed effettuare transazioni finanziarie con due clic sul telefonino. Negli ultimi anni Uber sostituisce i taxi, Airbnb fa concorrenza agli alberghi, l’e-commerce mette in crisi i negozi. Google, Facebook e compagnia ci controllano e sorvegliano. La rivoluzione digitale sta cambiando il mondo. Il 93% degli svizzeri possiede uno smartphone e il 78% lo usa regolarmente per gestire i pagamenti. Ora, accanto alla moneta, c’è chi utilizza la blockchain, le criptovalute, bitcoin e simili. Ecco, questi ultimi strumenti finanziari fanno parte della tecnofinanza, detta fintech, che rappresenta il futuro delle trasformazioni in atto nel mondo delle banche, delle assicurazioni e delle società fiduciarie. Anche il Ticino è confrontato con questi cambiamenti e cerca di stare al passo con i tempi. A questo scopo è stato presentato recentemente lo studio «Fintech: evoluzione e opportunità per il Canton Ticino» curato dalla Fondazione centro di studi bancari e sostenuto dal Dipartimento delle finanze e dell’economia. La tecnofinanza viene definita così: «l’applicazione di soluzioni tecnologiche volte a migliorare, innovare e/o ridefinire processi, prodotti, servizi e canali distributivi del settore finanziario». Sintetizzando e semplificando possiamo annoverare nel panorama fintech: le blockchain e le criptovalute, il crowdfunding (pratica di microfinanziamento dal basso), i pagamenti online, i big data (insieme di tecnologie e metodologie di analisi dei dati), l’intelligenza artificiale, il machine learning (apprendimento automatico), le piattaforme informative e transazionali. In Ticino le imprese di questo set-
Una delle sfide della fintech riguarda le blockchain e le criptovalute. Nella foto, un laboratorio blockchain a Bondo, in Vallese. (Keystone)
tore nascente che rivolgono i propri servizi al settore finanziario sono 18, e attorno a queste ve ne sono altre 16. Sono quasi tutte piccole società, start up, con al massimo 15 dipendenti. Il nostro cantone è interessante per questo settore perché dispone di una rete di strutture particolarmente adatte: l’Istituto Dalle Molle di Studi sull’intelligenza artificiale (IDSIA), il Centro svizzero di calcolo scientifico, L’Università della Svizzera italiana, la SUPSI. Non è dunque un caso se UBS ha deciso di creare in Ticino un centro di studi sull’intelligenza artificiale che dovrebbe impiegare un’ottantina di persone. La piazza finanziaria ticinese si è trasformata radicalmente negli ultimi anni. Dal 2000 al 2015 il numero del-
le banche è passato da 68 a 49, gli impieghi da 8230 a 6192, il gettito fiscale cantonale da quasi cento milioni di franchi a 31 milioni. L’orientamento verso il mercato italiano ha creato, nel corso degli ultimi cinquant’anni, una monocoltura bancaria che oggi non regge più. Le banche devono fare i conti con questi nuovi strumenti, ma sono le piccole start up protagoniste della nuova tendenza. L’attenzione maggiore del fintech è rivolta verso i Millennials, i giovani nati tra gli anni 80 e il 2000. Si stima che questa popolazione avrà per le mani una ricchezza globale di 23 miliardi di euro entro il 2020, che verrà gestita con strumenti digitali. Da uno studio del 2017 su scala globale, risulta
Vitta: «Lo Stato deve favorire la messa in rete di tutti gli attori» Il Dipartimento delle Finanze e dell’economia è stato fra i promotori del Lugano Banking Day, dedicato al fintech. Christian Vitta, direttore del DFE, sottolinea l’importanza di avere un Ticino competitivo. Che ruolo deve avere lo Stato nella promozione della tecnofinanza?
Lo Stato deve favorire la «messa in rete». Tutti gli attori economici, accademici e istituzionali che operano in Ticino per incentivare l’innovazione devono unire le proprie forze e competenze, così da offrire alle aziende le migliori condizioni per lavorare. In questo senso il Cantone mette a disposizione numerose misure che si rivolgono a diversi tipi di imprenditorialità, tra cui proprio le nuove aziende innovative (start-up). Per queste ultime abbiamo previsto una strategia specifica, che si prefigge di rendere il Ticino un luogo particolarmente attrattivo per il loro sviluppo. Vi rientrano, ad esempio, gli spazi disponibili presso il Tecnopolo
Azione
Settimanale edito da Migros Ticino Fondato nel 1938 Redazione Peter Schiesser (redattore responsabile), Barbara Manzoni, Manuela Mazzi, Monica Puffi Poma, Simona Sala, Alessandro Zanoli, Ivan Leoni
Ticino a Manno, la cui vicinanza con il futuro centro di competenza di UBS nell’ambito dell’intelligenza artificiale potrà favorire un ambiente particolarmente propizio anche per lo sviluppo e la crescita di start-up nel settore del fintech. Occorre, inoltre, incentivare il dialogo e le opportunità d’incontro tra i diversi attori. Lo studio segnala che per ora in Ticino c’è una «familiarità limitata» e un «approccio prudente» alla fintech. Quali sono gli attori che devono intervenire per migliorare?
Il fintech è un tema trasversale, che tocca diversi attori attivi in Ticino e che coniuga l’ambito della finanza e della tecnologia. Per valorizzarlo occorre favorire lo scambio di competenze tra gli operatori della piazza finanziaria e i diversi attori presenti sul nostro territorio che dispongono di elevate conoscenze in ambito di processi tecnologici. Penso, ad esempio, all’Istituto Dalle Molle di studi sull’intelligenza artificiale, tra i dieci migliori al mondo nel suo ambito, Sede Via Pretorio 11 CH-6900 Lugano (TI) Tel 091 922 77 40 fax 091 923 18 89 info@azione.ch www.azione.ch La corrispondenza va indirizzata impersonalmente a «Azione» CP 6315, CH-6901 Lugano oppure alle singole redazioni
la cui presenza ha convinto UBS a insediare in Ticino il centro di competenza già citato, portando di riflesso anche alla creazione di un centinaio di posti di lavoro qualificati. Il miglior collegamento con Zurigo offre occasioni al Ticino o le riduce?
Il rafforzamento delle relazioni verso Nord rappresenta sicuramente un’occasione preziosa. Dobbiamo evitare che il Ticino sia un semplice corridoio di transito fra le metropoli di Zurigo e Milano, valorizzando al meglio la nostra posizione geografica e gestendo le nostre relazioni sia verso Sud che verso Nord. In questo contesto l’adesione alla Greater Zurich Area, una regione economica dinamica, gioca un ruolo importante. Grazie ad essa possiamo infatti attrarre sul nostro territorio degli insediamenti innovativi e interessanti dal profilo della ricerca e dello sviluppo. È quindi un’opportunità da cogliere per favorire la crescita di posti di lavoro qualificati e per rafforzare la diversificazione delle attività economiche presenti sul nostro territorio. Editore e amministrazione Cooperativa Migros Ticino CP, 6592 S. Antonino Telefono 091 850 81 11 Stampa Centro Stampa Ticino SA Via Industria 6933 Muzzano Telefono 091 960 31 31
che i Millennials pensano di affidarsi a Google, Facebook o Amazon per la gestione delle loro finanze. Ecco dunque con chi dovrà misurarsi il sistema bancario. La banca tradizionale, che funge da intermediario tra chi concede e chi ottiene denaro, dovrà confrontarsi con nuovi attori che permettono di realizzare scambi diretti, scegliendo tra competizione o complementarietà. Anche per questo motivo il Consiglio federale ha modificato l’ordinanza sulle banche lo scorso luglio, per ridurre gli ostacoli che limitano alle imprese tecnofinanziarie l’accesso al mercato e poter rafforzare la competitività della piazza finanziaria svizzera. «Le fintech – ci dice il professor Sergio Rossi, dell’Università di Friburgo – possono permettere al settore finanziario ticinese di ridurre i costi del personale in quanto aumentano la produttività del lavoro e consentono di sostituire un certo numero di collaboratori con l’intelligenza artificiale come nel caso dei robot-advisor per la clientela del ceto medio. Le fintech offrono anche delle opportunità per penetrare nuovi mercati, come quello delle «cripto-valute» e del crowdfunding, che però nascondono anche diverse insidie che le società finanziarie dovranno conoscere bene per evitare di creare dei problemi all’insieme dell’economia». Sarà necessario applicare un’adeguata regolazione per evitare speculazioni che potrebbero minare la stabilità del paese. Il Ticino si sta profilando come regione attrattiva per l’ecosistema fintech e il Dipartimento delle finanze e dell’economia intende favorisce lo sviluppo di questo settore innovativo. Alcuni strumenti fintech (criptovalute, ecc.) possono anche rappresentare dei rischi con impatti negativi. «Ogni innovazione tecnologica porta con sé opportunità e rischi» sottolinea Christian Vitta, direttore del DFE. «Fra questi ultimi, nell’ambito del fintech rientra sicuramente quello della stabilità finanziaria. Ogni rischio va gestito e per farlo al meglio occorre compren-
dere il fenomeno e seguire da vicino le tendenze e le dinamiche in atto. In questo senso, un valido esempio è la Blockchain, la tecnologia su cui si basano le criptovalute: di recente, a livello nazionale, è stato costituito un gruppo di lavoro, di cui faccio parte, con l’obiettivo di definire le condizioni quadro per lo sviluppo di attività in questo settore. Tutti riconoscono che la tecnologia sviluppata nel fintech è interessante; i rischi sono piuttosto identificati nel suo utilizzo in determinati ambiti, come ad esempio quello monetario con l’introduzione delle criptovalute». La questione delle ripercussioni della rivoluzione digitale sul mercato del lavoro è cruciale: sarà inevitabile una riduzione di addetti, ma nasceranno anche nuovi profili professionali. Una formazione professionale adeguata sarà indispensabile per coloro che rischiano di essere estromessi dalle aziende. «Seppur oggi nessuno può dire con precisione quali saranno gli effetti» ci dice Christian Vitta «siamo già certi che vi sarà sicuramente un profondo cambiamento nel mercato del lavoro: un recente studio indica, ad esempio, che il 65% dei bambini che oggi iniziano l’asilo da adulti saranno impiegati in professioni che attualmente non esistono. In un contesto di questo tipo gioca un ruolo fondamentale la formazione, che dovrà permettere di accrescere le conoscenze professionali dei nostri giovani, ma anche di coloro che sono già attivi professionalmente, così da poter essere preparati alle nuove sfide professionali. La parola chiave sarà dunque formazione continua: lo sviluppo delle competenze dovrà infatti essere continuo e al passo con i tempi». Lo sviluppo tecnologico è velocissimo, sarà necessario non perdere tempo nell’adeguare il mondo della formazione. Formazione, vigilanza, trasparenza sono tre aspetti connessi alla tecnofinanza che le istituzioni politiche, le organizzazioni economiche e le forze sindacali dovranno attivamente monitorare.
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 04 giugno 2018 • N. 23
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Politica e Economia
Una casa in proprietà costa meno di un affitto in centro città
Mercato immobiliare I tassi ipotecari ancora bassi e i costi ancora accessibili nelle periferie rendono conveniente
l’acquisto della casa. Il divario si sta però restringendo, con gli interessi in aumento e le pigioni in diminuzione
Ignazio Bonoli Sul mercato immobiliare, l’aumento degli appartamenti sfitti, che comincia a delinearsi, non provoca ancora una sensibile diminuzione delle pigioni. Per il momento però, a causa dei tassi di interesse ancora bassi, l’acquisto di un’abitazione è più favorevole del suo affitto. Un esempio tratto dalla pratica di una banca: se l’affitto di un appartamento costa 2500 franchi mensili, la spesa per l’acquisto di 1 milione verrebbe a costare 2047 franchi mensili, comprese le spese di manutenzione e gestione, nonché l’ammortamento. Già oggi, del resto, nelle valutazioni degli investimenti immobiliari da parte delle banche si tiene conto, per prudenza, del cosiddetto interesse calcolatorio, che si muove tra il 4,5 e il 5%. Anche le autorità di sorveglianza e la Banca Nazionale chiedono questo tipo di prudenza per evitare brutte sorprese, magari a breve scadenza. Una reazione a catena in questo settore potrebbe mettere in crisi l’intera stabilità del sistema finanziario. Non solo, ma sempre più richiesto è il rapporto adeguato fra reddito e costi dell’abitazione. Nel nostro caso, per l’investimento di 1 milione, con un tasso calcolatorio del 5% per gli interessi e dell’1% per l’ammortamento, sarebbe necessario un reddito di 175’000 franchi all’anno, per un’ipoteca di 800’000
franchi, che da sola costa dai 55’000 ai 60’000 franchi. In un altro esempio: se un appartamento in proprietà costa 780’000 franchi, un’ipoteca all’80% a un tasso fisso dell’1,3%, più costi di manutenzione dell’1%, viene a costare 1326 franchi mensili, mentre l’affitto in città potrebbe costare 1900 franchi mensili. La distanza fra questi due tipi di costi si va però riducendo e se i tassi di interesse aumentassero sensibilmente, l’affitto potrebbe tornare ad essere più vantaggioso. Per il momento gli analisti del mercato immobiliare prevedono prezzi stagnanti per gli appartamenti in proprietà, mentre potrebbero continuare ad aumentare i prezzi delle case monofamigliari. Gli affitti dovrebbero invece continuare a mostrare una tendenza alla diminuzione. Questa evoluzione, ma soprattutto i tassi di interesse in aumento, sta allontanando dal mercato immobiliare gli investitori istituzionali. Anche questo è un fenomeno recente, ma già in evidenza: i rendimenti degli investimenti in titoli obbligazionari stanno riprendendo quota e quegli investitori che devono dotarsi di titoli sicuri stanno tornando su questo mercato. In precedenza, il rifugio per eccellenza per questi investimenti era il mercato immobiliare, che offriva rendimenti migliori, anche se contenuti.
Uno studio della Wüest Partner stima in 1,3 milioni il costo di un abitazione di quattro locali in città e di 750mila franchi in periferia. (Keystone)
Uno studio recente della Wüest Partner di Zurigo valuta il costo di un’abitazione media di quattro locali in periferia in 750’000 franchi, nei centri fino a 1,3 milioni di franchi. L’affitto netto si aggirerebbe sui 1500 franchi mensili (nei centri fino a 2400 franchi mensili). Anche in questo campo, i costi in Svizzera sono superiori, per esempio fino all’82% rispetto a quelli medi nell’UE. È uno degli aspetti del-
l’«isola dai prezzi alti» che caratterizza la Svizzera (vedi «Azione» del 30.4.18). Secondo i calcoli dell’inchiesta della Confederazione sui budget famigliari, nel 2015 il costo dell’abitazione (pigione + spese) incideva nella misura del 14,7% del reddito lordo delle famiglie. Rispetto al reddito disponibile (cioè reddito lordo meno contributi sociali, imposte e premi di cassa malati di base), l’incidenza sale al 21% in media.
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In teoria, saremmo quindi ancora lontani dal costo di un terzo del reddito lordo, come regola generale. Secondo i calcoli delle autorità europee, l’incidenza del costo dell’abitazione in Svizzera sarebbe inferiore a quella in Germania, Danimarca o Olanda. Per non parlare della Grecia, dove il crollo dei redditi ha fatto salire i costi relativi oltre il 40%. Non si può però negare che le pigioni in Svizzera negli ultimi anni siano aumentate (del 12%) dal 2008, secondo l’indice delle pigioni. L’aumento maggiore è però dato dalle case in proprietà (+40%). Ma anche in questo caso, nel confronto con i redditi, l’incidenza dei costi dell’abitazione, dal 1950, varia tra il 15 e il 18%. Da considerare anche il fatto che l’aumento dei costi va di pari passo con l’aumento delle superfici abitate (tra il 1980 e il 2014, da 34 a 45 mq per persona!). L’accesso all’abitazione non è però uguale per tutti. L’Ufficio federale di statistica valuta che, per il 20% delle classi di reddito inferiore, l’incidenza dei costi dell’abitazione è del 31%. L’indice di questi anni è fortemente influenzato dal calo dei tassi ipotecari, per cui l’ipoteca costa molto meno dell’affitto e molte famiglie in affitto devono sopportare incidenze sul reddito vicine o perfino superiori al terzo, ritenuto ancora sopportabile.
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Politica e Economia Rubriche
Il Mercato e la Piazza di Angelo Rossi Mercato del lavoro e fiducia degli imprenditori Quasi tre mesi fa, all’inizio di febbraio, scrivevamo in questa rubrica che per poter pronunciarsi sulla fiducia che gli imprenditori ticinesi ponevano nel futuro si sarebbero dovuti attendere i primi dati trimestrali della statistica dei frontalieri. «Se il contingente dovesse aumentare, come è stato il caso nel 2017, potrebbe significare che le aspettative di ripresa degli imprenditori non siano ancora consolidate. Dovesse invece l’occupazione, per una volta, ristagnare senza che la disoccupazione aumenti, potremmo inferire che la produttività del lavoro, grazie agli investimenti delle aziende, abbia ricominciato ad aumentare e che quindi gli imprenditori nostrani siano tornati ad avere fiducia nel futuro». Tra il 9 e il 18 maggio sono apparsi i dati che attendevamo. Essi sembrano, a prima vista, confermare la seconda alternativa. Dapprima la
statistica sui frontalieri. A fine marzo lavoravano in Ticino 63’958 frontalieri, quasi 600 in meno rispetto alla stessa data nel 2017. Non si può dire che il contingente dei frontalieri sia diminuito in misura significativa. Una riduzione dello 0, 9% come quella registrata tra la fine di marzo del 2017 e la fine del marzo di quest’anno corrisponde piuttosto a una stagnazione. Ma l’osservazione essenziale è che il contingente di frontalieri non sta crescendo. Una settimana più tardi la statistica ci segnalava che gli impieghi in Ticino erano in rallentamento. Durante il primo trimestre la diminuzione è stata del 2% rispetto al primo trimestre del 2017. L’effettivo complessivo degli occupati è quindi diminuito proporzionalmente di più che il contingente di frontalieri e questa diminuzione è importante anche se, sorprendentemente, non ha avuto
riscontro a livello di disoccupazione. Contemporaneamente alla statistica sui frontalieri sono infatti apparsi i dati relativi all’evoluzione della disoccupazione nel mese di aprile. Il tasso di disoccupazione in Ticino era sceso, in quel mese, sotto il 3%, con una diminuzione dello 0,5% rispetto allo stesso mese del 2017. L’esperienza di questo primo trimestre del 2018 è dunque per il Ticino che tanto l’impiego nel suo insieme, quanto il contingente di frontalieri e la disoccupazione sono in diminuzione. Alla luce di questa evoluzione sembrerebbe che la buona congiuntura abbia messo in moto due processi di sostituzione. Il primo è quello predominante nei periodi in cui domina la fiducia degli imprenditori rispetto all’andamento dell’economia ed è determinato dai nuovi investimenti: si tratta di processi di razionalizzazione
con i quali l’imprenditore sostituisce il lavoro – che sta diventando raro – con il capitale. Il secondo, invece, è il processo che predomina nei periodi di incertezza rispetto all’evoluzione della congiuntura ed è quello con il quale l’imprenditore sostituisce manodopera relativamente cara con manodopera relativamente a buon mercato. Questo secondo processo determina un aumento della quota di lavoratori a tempo parziale e della quota di frontalieri. Ora, durante il primo trimestre di quest’anno, sembra che nell’economia ticinese si siano manifestati, in contemporanea, ambedue questi processi. Abbiamo così avuto una diminuzione dell’occupazione e una del contingente di frontalieri. Ma la diminuzione dei frontalieri è stata minore della diminuzione dell’occupazione totale. Di conseguenza la quota dei frontalieri nell’occupazione totale è di nuovo
aumentata: questa volta però solo in termini relativi. Sia come sia, il processo di sostituzione della manodopera cara con quella a buon mercato continua. A far pensare che la sostituzione capitale/ lavoro sia comunque all’opera sono i dati della statistica sui salari, pubblicata il 15 maggio. Essi ci dicono che, nel 2016, l’aumento dei salari è stato in Ticino molto più importante che nella media nazionale. Se è vero, come sostengono gli economisti, che l’aumento dei salari è direttamente dipendente dagli aumenti di produttività, il fatto che i salari, in Ticino, siano aumentati – recentemente – più rapidamente che a livello nazionale potrebbe essere considerato come un argomento di peso in favore della tesi che la sostituzione del lavoro con il capitale è, oggi, probabilmente più importante che la sostituzione del lavoro più caro con il lavoro meno caro.
che riesce a combinare diversi pasticci in due giorni, tipo evocare ministeri per i forzisti Malan e Carfagna davanti ai grillini, che il governo con Forza Italia non lo vogliono fare. Secondo pre-incarico, stavolta a Fico, per verificare l’ipotesi di un’intesa Cinque Stelle-Pd. Dopo 48 ore Fico annuncia sorridente: «Il mandato ha avuto esito positivo». Martina conferma che i colloqui possono partire. Renzi va in tv: «Non possiamo fare i soci di minoranza di Casaleggio». Di Maio fa sapere che i colloqui sono finiti prima di cominciare. I loro nemici sostengono che i due hanno trattato in segreto, ma proprio non si sono presi. Berlusconi ribadisce l’unità del centrodestra. Terzo giro di consultazioni. Di Maio richiede l’incarico per sé e annuncia: «Sta per nascere la Terza Repubblica». Stavolta però l’incarico lo chiede anche Salvini. Mattarella non lo dà a nessuno dei due. Consulta tutti, ma proprio tutti, anche il presidente del Potenza calcio Salvatore Caiata con i capelli lunghi fin sulle spalle, «in rappresentanza dei deputati 5 Stelle che i 5 Stelle non vogliono più». Alla fine propone un governo neutrale. Gli rispondono no tutti – «piuttosto ci teniamo Gentiloni» – tranne il Pd, che sarebbe il partito di Gentiloni.
Salvini: «Siamo pronti a votare già il 15 luglio». Di Maio: «Noi siamo pronti già l’8». Giganteggia al confronto l’onorevole Caiata: «Non tocca a Salvini e a Di Maio fissare la data delle elezioni». La minaccia di un similMonti ha l’effetto di gettare i dioscuri nelle braccia l’uno dell’altro. Di Maio rinuncia a Palazzo Chigi (ma ci proverà fino all’ultimo) e assicura che il premier sarà «un amico del popolo». Berlusconi rinuncia al suo veto e lascia libero Salvini di provarci: «Mi fido di Matteo». Grillini e leghisti scrivono il programma per il governo più pazzo del mondo. Una mano anonima recapita al sito Huffington Post una bozza di programma, come si faceva negli anni 70 con i comunicati Br. Si parla di uscire dall’euro e cancellare un po’ di titoli di Stato. Segue ovvia smentita: stavano scherzando. Nella versione definitiva però ci sono per davvero 160 miliardi tra nuove spese e mancati introiti. Di Maio: «È nata la Terza Repubblica». L’incarico va a Giuseppe Conte, che ha lo stesso cognome e la stessa pettinatura dell’ex allenatore della Nazionale di calcio, ma è molto meno noto. Si sa però che ha seguito corsi alla New York University. Berlusconi: «Ho sbagliato a fidarmi di
Salvini». I capi del Pd riuniscono a Roma mille delegati per informarli che è tutto rinviato; i delegati li insultano. La New York University fa sapere che Conte non ha mai seguito corsi neanche estivi. La trattativa però non si incaglia su questi dettagli, ma sul nome del ministro dell’Economia. Il Quirinale fa notare di aver accettato ogni richiesta: il premier ignoto, Salvini agli Interni, due ministeri per Di Maio; se davvero l’accordo deve saltare per un anziano professore, è perché Salvini ha cambiato idea. Infatti il leader leghista chiede di tornare subito al voto; non si capisce con quale faccia ricostruirà il centrodestra, dopo aver dimostrato che preferisce governare con Di Maio piuttosto che con Berlusconi. Berlusconi però è tornato candidabile e si dice pronto a perdonare Matteo. Terrorizzato dal voto è il Pd, dove la reggenza Martina si rivela più complicata di quella di Caterina de’ Medici, che dopo il marito dovette seppellire tre figli e organizzare la strage della notte di san Bartolomeo. Di Maio: «Se Alfano è stato cinque anni ministro, perché non Savona?». Salvini: «Non è possibile che il 20 per cento degli italiani usino psicofarmaci». E ancora non era entrato in scena Cottarelli.
figli per donna a livello mondiale e da decenni è in calo in quasi tutti i paesi. Torniamo a Marx, alla redistribuzione e alla povertà nel mondo alla ricerca di qualche «altro numero» di Rosling. I dati che vengono citati ufficialmente provengono dalla Banca mondiale, dicono che agli inizi del XIX secolo la percentuale di poveri era altissima, l’85 per cento, ed era ancora all’80% nel 1860. Nel 1900 era scesa al 70 per cento e mezzo secolo dopo, nonostante il mondo uscisse da una grave depressione e da due guerre mondiali, «solo» il 55 per cento della popolazione mondiale era colpito dalla povertà più estrema, nel 1995 era del 35 per cento, mentre attualmente siamo al di sotto del 10%, percentuale che nessuno cita. Come ha spiegato il premio Nobel Angus Deaton il forte miglioramento degli ultimi decenni è dovuto all’incidenza dei «passi avanti più rapidi fatti
in Cina e in misura minore in India, vale a dire i due paesi più grandi del mondo», tanto più che «anche l’Africa – a lungo il continente più arretrato e con ancora il 42,6 per cento della popolazione in povertà nel 2012 – negli ultimi anni ha assistito a una consistente riduzione della miseria». I dati statistici dicono anche che negli ultimi due secoli la popolazione mondiale è passata da 1 a oltre 7 miliardi; di conseguenza numericamente il maggior numero di persone in miseria lo abbiamo avuto nel 1970 (2 miliardi di persone), mentre oggi sono circa 900 milioni i poveri che ancora soffrono la fame. Lo stesso numero del 1800, cioè dei tempi di Marx. Sempre troppi; ma li si aiuta anche ricordando che sul fronte opposto il mondo può contare oltre 6 miliardi di abitanti che non sono più minacciati da fame e malattie. L’ha fatto l’economista bengalese
«banchiere dei poveri» Muhammad Yunus, anch’egli premio Nobel, che il mese scorso a Roma presentando il suo ultimo libro (Un mondo a tre zeri, Feltrinelli), dopo aver smentito di essere anti-capitalista, si è schierato in modo deciso contro il reddito di cittadinanza perché secondo lui serve solo a nascondere la povertà. Per Yunus, concentrazione della ricchezza e povertà estrema vanno combattute a creando opportunità per nuovi imprenditori piuttosto che tassando i super-ricchi: «Tutti gli esseri umani devono avere la possibilità di diventare imprenditori» ha dichiarato il creatore del microcredito. Un autorevole invito a diffidare dei predicatori di utopie rivoluzionarie e a sostenere piuttosto gli aggiustamenti reali di chi lotta contro i pregiudizi pessimisti. Come Hans Rosling, cioè cercando sempre e prestando attenzione anche all’«altro numero».
In&outlet di Aldo Cazzullo I 90 giorni più folli dell’Italia L’Italia pare davvero un Paese impazzito. È la legislatura più breve, ma è sembrata lunghissima. Anche perché sono stati i 90 giorni più folli del mondo. La notte del 4 marzo un po’ tutti come d’abitudine dicono di aver vinto. In realtà per Berlusconi il sorpasso di Salvini è la più grave sconfitta della vita. Anche il sorriso della Meloni è amaro: se la Lega sfonda pure a Roma e al Sud, il suo partito cosa ci sta a fare? Gli unici che proprio non possono cantare vittoria sono quelli del Pd, scesi al minimo storico della sinistra italiana, ma Renzi fa sapere: non mi dimetto. Il 5 marzo Di Maio rivendica la guida del governo: «Sono pronto a parlare con tutti». Poi scende dal palco dell’hotel pariolino affittato per l’occasione – un 5 stelle, ovviamente – senza rispondere alle domande, e senza cancellare come sempre l’impressione di aver mandato a memoria la parte scritta dalla Casaleggio&Associati. Salvini invece tiene discorsi più lunghi di Fidel Castro, felice perché la sua pagina Facebook ha superato quella di Macron: dopo la Merkel è ora il politico europeo con più amici. Fa sapere però che il premier non sarà lui: «Sono pronto a un passo indietro». Renzi si dimette, ma non subito.
Berlusconi: «Il centrodestra è unito». Le danze si aprono con l’elezione dei presidenti di Camera e Senato. Salvini e Di Maio si mettono d’accordo alle spalle di Berlusconi, costretto a sacrificare Romani, che lascia la guida dei senatori. Grande sollievo dei senatori, seguito da quello dei deputati; anche Brunetta rinuncia a fare il capogruppo. Sono eletti Maria Elisabetta Alberti Casellati e Roberto Fico, che semina il panico andando a Montecitorio prima in autobus, poi su un taxi inseguito da due macchine di scorta. Di Maio invece si muove in auto, precisando che non è blu ma grigia. Renzi: «Le mie dimissioni sono vere e operative fin da subito». Berlusconi: «Il centrodestra è più unito che mai, mi fido di Salvini». Al primo giro di consultazioni, il centrodestra si presenta al Quirinale diviso. Berlusconi chiede l’incarico per Salvini, che però non lo vuole: «Non vado a cercare deputati alla Camera tipo funghi nel bosco». Secondo giro di consultazioni. Il centrodestra stavolta si presenta unito. Ma mentre Salvini prende la parola per aprire ai grillini, Berlusconi prima gli fa il verso, poi gli strappa il microfono e definisce i grillini nemici della democrazia. Pre-incarico lampo alla Casellati,
Zig-Zag di Ovidio Biffi L’importanza dell’«altro numero» Era prevedibile che l’anniversario della nascita di Karl Marx suscitasse un «risorto interesse degli storici per le teorie marxiane» e di riflesso anche un quasi automatico rilancio delle critiche al capitalismo. Le mie poche letture non mi permettono di duettare con gli irriducibili estimatori del grande filosofo, economista nonché giornalista e uomo politico di Treviri. Così, se mi contrappongo a chi torna a riproporre il mito di Marx contro i mali del capitalismo e con la malcelata speranza di finalmente rovesciarlo, è principalmente per fedeltà a questo giudizio di Winston Churchill: «Il vizio del capitalismo è l’ineguale condivisione delle ricchezze, quello del socialismo l’eguale condivisione della miseria». Il mio disaccordo con chi continua a dare la colpa di tutta la povertà che affligge il mondo al capitalismo e, com’è tornato di moda negli ultimi
tempi, alle ingenti ricchezze in mano a pochissimi, ha però trovato un inatteso e valido supporto in Hans Rosling (morto di recente). Nel suo ultimo libro Factfullness, di cui è uscita per Rizzoli la traduzione italiana, il medico, accademico e statistico svedese dimostra come possono essere smontati i luoghi comuni sulle disastrose condizioni del mondo. Questa la semplice regola di Rosling: «Non lasciate mai e poi mai un numero da solo; chiedetene sempre almeno un altro con cui confrontarlo». Un esempio eclatante è nel numero degli abitanti del pianeta, raddoppiato da 3,5 a 7 miliardi in quarant’anni, e che nel 2100 arriverà sino a 11 miliardi innescando valanghe di pregiudizi pessimistici. Ma, sostiene Rosling, a quel punto la popolazione si stabilizzerà, perché c’è un «altro numero» da tener presente: il tasso di fertilità delle donne che nel 2017 era sceso a 2,5
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 04 giugno 2018 • N. 23
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Cultura e Spettacoli La pittura va al cinema Opere trafugate, biografie travagliate... il cinema attinge a piene mani dal mondo dell’arte
Teatro, è tempo di premi Non solo i Premi svizzeri della scena, ma anche il Gran Premio svizzero di teatro: negli ultimi anni nel nostro Paese è cresciuta l’attenzione verso questa forma d’arte
Storie di lontananza L’editore Casagrande propone l’esordio di Saleh Addonia e le poesie ritrovate di Agota Kristof
Per pellegrini e turisti La Fondazione Baur di Ginevra invita alla scoperta del sito di Borobudur, in Indonesia pagina 43
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Cartolina d’epoca dell’esposizione mondiale tenutasi nel 1851 a Crystal Palace, Hyde Park, Londra. (Keystone)
È tutta una questione di stile
Mostre Il Landesmuseum di Zurigo ripercorre il nostro rapporto con l’aspetto esteriore delle cose Luciana Caglio Utili, funzionali ma anche belle: l’attenzione per l’aspetto delle cose quotidiane, oggi persino assillante, non è una prerogativa dell’era del design. Ha alle spalle quasi due secoli di storia. Al Landesmuseum di Zurigo, li rievoca, con meticolosità scientifica e spettacolarità divulgativa, la mostra Alla ricerca dello stile, dove, appunto, si risale all’origine di una nuova esigenza estetica. Si era alla metà del XIX secolo e le conquiste della rivoluzione industriale stavano trasformando l’ambiente e le abitudini di vita. Si usavano oggetti, non più fatti a mano nei laboratori degli artigiani, ma prodotti in fabbrica dalle macchine. E, agli utensili e arredi tradizionali, se ne aggiungevano di continuo altri, ormai indispensabili. Lampadine, rubinetti, caloriferi, e poi grammofoni, apparecchi telefonici, biciclette e via enumerando i ritrovati di una tecnica (il termine tecnologia era di là da venire), già allora ammirata e deprecata. Soprattutto, cambiavano la fisionomia, le dimensioni e i contenuti
dei luoghi dove si abitava e si lavorava. Il quadro di vita, insomma. Simbolo del passaggio dall’era rurale all’era industriale, nasce allora la metropoli: destinata ad accogliere l’esodo dalle campagne del futuro proletariato e, in pari tempo, a soddisfare visibilmente le ambizioni culturali e sociali di un’intraprendente borghesia. Ed è questo spirito di lungimiranza e concretezza a lasciare un’impronta inconfondibile nelle grandi capitali, Londra, Parigi, Vienna, Madrid, ma anche in centri minori, Zurigo, Winterthur, Dresda o Bilbao. Sia l’edilizia pubblica, con scuole, teatri, biblioteche, stazioni, e poi viali, piazze, parchi, sia l’edilizia privata, con grandi empori, negozi, ristoranti, cinema, palestre compongono un nuovo modello di città, per certi versi omologata. Ne sono tipici esempi i Teatri dell’Opera, simili da Parigi a Vienna a Praga e i grandi Musei, dal British di Londra al Metropolitan di New York, costruzioni persino ibride, dal profilo architettonico. Oggi, sottoposto all’esame multidisciplinare, che accomuna storici, critici d’arte, tecnici, urbanisti, questo
periodo viene ricondotto al cosiddetto «moderno», di cui sarebbe il precursore. Non si tratta di uno stile unitario, che fa capo a regole precise, bensì, come dice il titolo della mostra, di uno stile «in fieri», che si esprime in tanti modi, abbracciando opere d’architettura, dipinti, vasellame, mobilio, tessuti. E tutto ciò in un clima di libertà e di scambi che prelude l’avvento del turismo, dell’esotismo e del multiculturalismo. Non a caso, la nascita del moderno si fa coincidere con l’esposizione mondiale di Londra, nel 1851: il «Crystal Palace», costruzione avveniristica, di vetro e metallo, visitata da 6 milioni di persone, un primato per l’epoca e un indizio della curiosità per l’inedito e l’esotico. Progettista Henry Cole, animato da intenti d’ordine sociale e morale, e responsabile dei lavori, l’architetto Owen Jones, tipica figura di romantico giramondo, e autore di una Grammatica dell’ornamento, guida all’estetica, che propone esempi appartenenti a ogni epoca e cultura. Ciò che, del resto, caratterizza la creatività nella seconda metà dell’800, in bilico fra sviluppo
tecnico e rielaborazione di elementi del passato. Evidenti, nelle costruzioni di quei decenni, i richiami ai templi dell’antica Grecia, alle guglie delle cattedrali gotiche, alle facciate rinascimentali. Mentre, in pittura, nelle arti applicate, tessitura, ceramica e arredamento, si avvertono gli influssi del Giappone e dell’Oriente in generale, luoghi resi accessibili dall’apertura del canale di Suez, nel 1871. Ora questa molteplicità di stimoli si rivela anche rischiosa. «Peccati contro il buon gusto» aveva scritto il «Times», a proposito di molte cose viste al «Crystal Palace». «Un mix confuso di cianfrusaglie», dichiarava, a sua volta, di ritorno da Londra, l’architetto e storico dell’arte Gottfried Semper, (tra altro progettista del Politecnico di Zurigo, portato a termine nel 1864). Si fa quindi impellente la necessità di trovare una sintesi. In altre parole: associare arti e mestieri, portare l’artigianato a un livello più alto e redditizio, sperimentare materiali e procedimenti e, infine, rendere compatibili funzione e immagine. Sono obiettivi che chiedono una nuova formazione professionale
e una diversa visione culturale. La Svizzera si adegua prontamente. Si aprono i «Collèges Industriels», nel 1873 a La Chaux-de-Fonds, in seguito a Ginevra, a Bienne, e le «Kunstgewerbeschulen», a Zurigo e a Lucerna: scuole dove si gettano le basi a quello che diventerà il «design», consacrato dal «Bauhaus», negli anni ’20. È l’inizio di un lungo percorso, fra successi, infortuni e illusioni. Come ben illustra questa mostra zurighese, proponendo i risultati contrastanti della corsa verso il traguardo dello stile. Sinonimo di buon gusto, questione discutibile. Al di là delle definizioni e delle mode, è poi sempre questione di talento. Di cui, anche qui, si ritrovano le tracce nelle sedie dei fratelli Thonet, nei dipinti di Hodler e Segantini, nei vasi di Christopher Dresser e nelle fotografie dei Grands Boulevards parigini, opera del geniale barone Haussmann. Dove e quando
«Alla ricerca dello stile». Mostra in corso al Landesmuseum di Zurigo fino 15 luglio 2018.
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Cultura e Spettacoli
Il grande schermo dell’arte
Cinema e pittura Sono numerosi (e spesso apprezzati) i film e i documentari che hanno tratto ispirazione
dall’arte: ne proponiamo una breve rassegna Emanuela Burgazzoli Arte e cinema: un binomio che evoca molteplici espressioni artistiche, dal cinema sperimentale di Hans Richter fino ai film d’arte e a quelli storici. Negli ultimi anni sono molti i film ispirati al grande capitolo dell’arte trafugata e bandita dal regime nazionalsocialista. Fra i più recenti, Monuments Men (2014), di e con George Clooney, che riprende la tradizione delle grandi pellicole di guerra degli anni 60, per raccontare con toni scanzonati la storia della task force al servizio degli eserciti alleati incaricata di recuperare migliaia di capolavori d’arte trafugati dai nazisti, poiché il patrimonio artistico e culturale ci definisce come esseri umani, e l’aveva capito anche Hitler, che tentava di cancellare certa arte. Perché questa ossessione? Lo racconta il recente documentario intitolato Hitler contro Picasso e gli altri. L’ossessione nazista per l’arte firmato da Claudio Poli. Hitler aveva bollato come arte degenerata le opere dei movimenti d’avanguardia del tempo: opere d’arte troppo caotiche e troppo libere, in definitiva troppo politiche per rispondere ai valori della propaganda di regime. Sequestrarle per distruggerle, o meglio per rivenderle e ricavarne enormi ricchezze, o ancora per destinarle al museo che sognava di aprire a Linz. Il film si concentra sul processo ancora in parte irrisolto di restituzione delle opere ai loro legittimi proprietari, ripercorrendo la storia di quattro grandi mostre recenti, fra le quali il doppio progetto allestito a Berna e a Bonn sulla collezione di Hildebrand Gurlitt. In altri casi è la storia del singolo individuo a diventare paradigma storico, come quella di Maria Altmann, cittadina austriaca fuggita negli Stati Uniti che intenta una causa alla sua patria d’origine per riottenere una tela di Klimt sottratta alla sua famiglia dai nazisti. The Woman in Gold (2015) vede una elegante e
inappuntabile interpretazione di Helen Mirren nei panni della determinata Altmann che riesce a ottenere il riconoscimento del torto subito. Si situa fra il documentario e il film d’arte il lungometraggio che si ispira alla vita e alle opere di uno degli artisti più amati e misteriosi della storia dell’arte. Michelangelo Merisi è il protagonista di Caravaggio, l’anima e il sangue realizzata da una star internazionale del documentario come il messicano Jesus Garcés Lambert, che ricorre alle più moderne tecnologie di alta definizione per permetterci un viaggio sensoriale nei dipinti dell’artista nato a Milano nel 1571. Una voce narrante fuori campo, un montaggio che accosta stati emotivi e scene fotografiche e simboliche in un contesto contemporaneo, la consulenza scientifica di esperti di Caravaggio, ne fanno un’opera visivamente raffinata che evita il topos dell’artista maledetto e le movenze pedanti della lezione di storia dell’arte. A dire il vero un’operazione originale sul piano stilistico e dei contenuti l’aveva già compiuta Derek Jarman nel 1986, quando, già ammalato di Aids, realizza il suo Caravaggio. Una pellicola che ha lasciato il segno, con una sequenza di scene tutte girate in interni che diventano dei veri «tableaux vivants», sospesi fra essenzialità elisabettiana e sensualità barocca, in cui prende vita il drammatico personaggio di Caravaggio, affamato di esistenza, come un «ragazzo di vita» di pasoliniana memoria. Jarman, lui stesso pittore, intreccia la sua biografia con quella dell’artista, facendone un suo contemporaneo. E uno dei pittori più cinematografici dopo Caravaggio, è certamente Rembrandt, al quale Peter Greenaway, il regista che più di ogni altro ha indagato i rapporti fra immagine cinematografica e immagine pittorica, lui stesso pittore e studioso di arte, ha dedicato nel 2007 un singolare film che racconta la genesi di uno dei suoi capolavo-
Una scena del film del polacco Lech Majewski, Il giardino delle delizie (2004).
ri, La Ronda di notte. In Rembrandt, j’accuse… Greenaway cerca di capire perché quel dipinto, pieno di dettagli misteriosi, coincida anche con l’inizio del declino. La tesi è che Rembrandt, dipingendo questo ritratto di gruppo, scopra la cospirazione orchestrata dai committenti e trasformi il dipinto in un atto d’accusa. Peter Greenaway lo ritroviamo nel documentario Il Curioso Mondo di Hieronymus Bosch che nel 2016 ha chiuso l’anno di celebrazioni per i 500 anni dalla morte del maestro olandese: lungometraggio che racconta le scoperte a cui ha portato il progetto di ricerca e restauro delle sue opere in vista della grande mostra che ha riunito la quasi totalità dei suoi dipinti nella sua città natale. Fra gli «assenti» il celebre Giardino delle delizie, capolavoro
di Bosch, conservato al Prado che era stato qualche anno fa la fonte di ispirazione per il regista polacco Lech Majewski. Il giardino delle delizie (2004) è girato a Venezia e segue una coppia che vive il proprio amore condannato dall’imminente morte di lei, intenta a ricreare con il proprio corpo alcuni dettagli tratti dal complesso e grandioso trittico pittorico, ricreando un proprio personale Eden. Il miglior film d’animazione europeo 2017 è stato il sorprendente Loving Vincent, scritto e diretto da una regista (e pittrice) polacca Dorota Kobiela insieme all’inglese Hugh Welchman: si tratta infatti del primo lungometraggio interamente dipinto su tela, rielaborando oltre un migliaio di dipinti del maestro olandese realizzati da 125 pittori provenienti da tutto il mondo per
ricostruire le ultime settimane di vita del maestro olandese. Opera che ha conquistato il pubblico, a giudicare dagli incassi, ma che non ha convinto del tutto la critica; il film rischia di restare un ardito e impressionante, ma sterile esercizio di stile, che ben poco aggiunge alla comprensione dell’opera del pittore. Ceci n’est pas un tableau, infine, è il titolo magrittiano scelto per l’originale cortometraggio d’animazione firmato da Jacob Berger, regista ginevrino e figlio del celebre scrittore e critico d’arte inglese John Berger. Un film che esplora una nuova modalità di raccontare l’arte, ricreando un museo immaginario in cui rileggere i quadri, fra analisi e poesia, con l’intento dichiarato di riavvicinare il pubblico alla grande arte svizzera – da Hodler a Vallotton a Giacometti.
Libertà per Zehra Doğan Prigionieri d’arte Invece di disporre di pennelli e matite colorate, Zehra è costretta a ripiegare
su cibo e sangue mestruale Gianluigi Bellei La migliore mostra dell’anno questa volta non è in un luogo fisico specifico dedicato all’arte. Non si tratta di una mostra da vedere, da annusare, da toccare, da ammirare, da criticare, da spiegare. Nessun grande nome, nessun mostro sacro. Nessun accenno ai grandi temi del mondo. Nessun roteare di date, di colori, di luci. La mostra la si può vedere solo su internet. E la possiamo comporre e gestire a nostro piacimento. Perché il nostro artista è in carcere. È una giovane donna curda. Si chiama Zehra Doğan. È diventata famosa da quando, quest’anno, Banksy, in collaborazione con lo street artist Borf, ha creato in suo onore un grande
New York: il murale dedicato all’artista ingiustamente rinchiusa. (Keystone)
graffito a Manhattan nello stesso posto utilizzato nel 1982 da Keith Haring. Si tratta di una lunga sequenza di sbarre con al centro il ritratto di Zehra.
Zehra Doğan è anche una giornalista: fa parte dell’agenzia di stampa curda Jinha, composta da una trentina di donne, tutte giovani fra i venti e i
trent’anni. Nel 2016 dipinge le macerie di Nusaybin dopo il bombardamento ordinato dal presidente turco Erdogan. Sopra le macerie le bandiere turche. Il dipinto è pubblicato sui social media. Il 21 luglio dello stesso anno viene arrestata. Rimane in prigione 5 mesi e poi liberata sotto controllo. Il processo termina nel marzo 2017. Zehra è accusata di propaganda terroristica e la Corte di appello conferma la condanna di 2 anni, 9 mesi e 22 giorni. Torna in carcere da dove uscirà nel marzo 2019. Riprendendo il ragionamento fatto da Picasso dopo la realizzazione di Guernica, Zehra non si capacita di essere in carcere per un dipinto, anche perché non è stata lei a distruggere il paese ma lo stesso governo che l’accusa. Ricor-
diamo che nemmeno i nazisti si erano permessi di punire Picasso per il suo quadro. In carcere le viene proibito di leggere e dipingere. Ma lei lo fa usando il proprio sangue mestruale e il cibo. Assieme a lei dopo il fallito tentativo di colpo di stato del 2106 e la seguente repressione governativa vengono chiusi 3 agenzie di stampa, 16 canali televisivi, 54 giornali, 15 riviste e 47 giornalisti arrestati. L’Akademie der Künste di Berlino pubblica una lettera aperta alla Cancelliera Angela Merkel per chiedere la loro liberazione. Su Change.org viene lanciata una petizione online. Per saperne di più potete visitare il sito www.zehradogan.net; nell’attesa di una sua prossima esposizione. Annuncio pubblicitario
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Cultura e Spettacoli
Il Teatro svizzero in festa a Zurigo
Azione
In scena Sono stati recentemente assegnati
i Premi svizzeri di teatro – senza alcuna considerazione per l’italianità
Maggio è il mese più importante per tutti gli operatori teatrali del nostro Paese. Lo è a partire dal 2014, da quando l’Ufficio federale della cultura (UFC) ha deciso di istituire i Premi svizzeri di teatro e poi, dal 2015, il Gran Premio svizzero della scena. È una cerimonia che ha luogo in apertura degli Incontri teatrali svizzeri (Theatertreffen) e avviene con una serata di gala alla presenza del Ministro della Cultura e Presidente della Confederazione Alain Berset, durante la quale viene attribuito anche il più ambito fra i riconoscimenti, il Gran Premio svizzero di teatro/Anello Hans Reinhart che rende omaggio a una personalità o a un’istituzione che si è distinta sulla scena a livello nazionale. È un’occasione che dà la possibilità di incontrare o conoscere i personaggi-chiave della nostra realtà teatrale, le autorità del mondo culturale ma anche di scoprire protagonisti che operano da anni sul territorio nazionale e che altrimenti, fuori dai nostri confini, nella migliore delle ipotesi, resterebbero poco conosciuti.
Nonostante la maggiore considerazione dei diversi tipi di teatro possibile, l’italianità è spesso fuori dai giochi Una parata delle distinzioni che aveva già avuto il suo avvio il 12 aprile scorso con il Premio svizzero della scena, organizzato a Thun durante la serata d’apertura della Borsa Svizzera degli Spettacoli. Per questo premio sono stati nominati il duo Lapsus, il trio musicale Les Petits Chanteurs à la Gueule de Bois e il duo Ohne Rolf. Dopo Winterthur, Ginevra e Lugano ecco che quest’anno i Premi di teatro si sono svolti a Zurigo, sul palco dello Schauspielhaus. Una scelta, quella di Zurigo, come dichiarato da Claudia Rosiny – responsabile teatro e danza per l’UFC – dovuta anche a quanto sottolineato dai professionisti zurighesi del teatro nel rapporto intermedio del progetto Tanz – und Theaterlandschaft Zürich (2017), in cui si segnala come la notorietà di Zurigo in quanto metropoli del teatro, fosse maggiore nei primi anni del
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2000. Sarebbe dunque bello se il conferimento dei Premi svizzeri di teatro e l’Incontro del teatro svizzero potessero contribuire a focalizzare per cinque giorni su Zurigo l’attenzione della scena teatrale di tutto il paese. È quanto ci siamo augurati anche noi, sebbene dal profilo spettacolare la serata di gala non sia mai propriamente uno spettacolo avvincente, o almeno, poco è concesso alla scena – ad eccezione di qualche siparietto musicale. L’avvicendarsi di laudatio e ringraziamenti è una liturgia senza sorprese che ogni anno mette alla prova la regia dell’organizzazione per offrire un rituale non troppo lungo e possibilmente piacevole. Ma veniamo agli allori del 2018 che sono stati consegnati a professionisti che hanno contribuito in modo duraturo alla produzione teatrale svizzera divulgando contenuti di ampio respiro. Le vincitrici e i vincitori di questa quinta edizione sono il festival Wildwuchs di Basilea per il suo lavoro sulla disabilità, la produttrice zurighese Gabi Bernetta, la ginevrina Anne Bisang direttrice del Théâtre Popolare Romand, il regista spagnolo Oscar Gomez Mata per la sua compagnia Alakran con base a Ginevra e il teatro musicale di Ruedi Häusermann & Kapelle Eidg. Moos. Il Gran Premio svizzero di teatro/Anello Hans Reinhart è stato conquistato dal Theater Sgaramusch, compagnia indipendente di Sciaffusa che si rivolge soprattutto ai bambini. Quest’anno, ad eccezione del breve intervento di Gianfranco Helbling, presidente della giuria federale dei Premi svizzeri, alla serata zurighese non c’è stata ombra di italianità. C’è da chiedersi come l’UFC abbia valutato questa assenza che, come si è visto, ha voluto premiare in una certa misura anche chi fa teatro per il pubblico dei più piccini. È forse necessario ricordare che in Ticino il teatro per i bambini ha i suoi protagonisti e vanta una storia lunga almeno cinque decenni: appassionante e in un certo senso d’avanguardia. Con il pregio di aver introdotto e diffuso il teatro con una formula indipendente e, molto spesso, povera di mezzi. Una realtà che però si è radicata nel territorio della Svizzera italiana, si è inserita nel tessuto sociale favorendo la crescita culturale dei giovani spettatori molto più di tante altre manifestazioni. Non merita di essere dimenticata.
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Cultura e Spettacoli
«Il dialetto, per dire la nostra»
Open Air al Lagh Intervista a Lalo, frontman dei Vomitors, una delle band storiche ticinesi che salirà
sul palco locarnese il prossimo 9 giugno, in apertura di spettacolo dei celebri Bad Religion Alessandro Zanoli Il rock visto dal lato giocoso e scanzonato: nessuno dei membri dei Vomitors sembra posare a rockstar e anzi, l’understatement e l’autoironia sembrano il loro atteggiamento normale. Al di là del nome provocatorio, molto punk, sono un gruppo di amici che si divertono a suonare e che vogliono trasmettere al loro pubblico questo piacere. Quello che cercano (e riescono sempre a ottenere) è lo scambio goliardico, scherzoso e dissacrante, tra palco e platea. Ragazzacci con i piedi ben piantati nella realtà ticinese, con la voglia di usare la lingua popolare per rivitalizzarla, rimetterla in circolo con una nuova energia. I ragazzi... non sono più giovanotti, questo è certo. Il loro gruppo (pur passato attraverso diversi cambi di formazione) non è molto lontano dal trentesimo compleanno e questo è un traguardo non da poco. Eppure di smalto e di idee ce ne sono ancora molte.
La ricetta per il successo del gruppo è nella ricerca continua del divertimento e del contatto col pubblico E, senza voltarsi troppo indietro, davanti a loro si preparano ancora avventure musicali tutte da vivere. La prossima sarà la loro partecipazione
all’«Open Air al Lagh», la rassegna musicale locarnese che quest’anno, l’8 e il 9 giugno, segnerà la sua terza edizione (www.openairallagh.ch). Nella città un po’ paludata e sussiegosa del Festival del Film e del salotto musicale di lusso di Moon&Stars, la festa musicale sulla riva del Verbano si pone ormai come appuntamento energetico, dedicato agli amanti delle emozioni forti. Quest’anno, poi, con la presenza dei Bad Religion, una delle band «metalliche» più amate, si segnerà un punto di svolta molto importante. Ce lo conferma Lalo, frontman dei Vomitors, che abbiamo incontrato parlare della sua esperienza musicale e del suo gruppo. «Sapere di suonare prima dei Bad Religion è una specie di sogno» ci racconta. «È un gruppo mitico, che amavamo già quando abbiamo cominciato a suonare. Il fatto di salire sul palco nella stessa serata è quasi come un coronamento di carriera, è un premio di per sé». Lalo ci racconta che dei Bad Religion, oltre alla qualità della musica, apprezza molto i testi che gli sembrano tra i migliori mai scritti in ambito rock. «Sono un gruppo importante, che del resto non ha suonato soltanto punk ma rock intelligente, sofisticato, creando alcuni brani stupendi». Volendo vedere, gli stessi Vomitors sono un gruppo che ha sempre cercato nuovi modi di «fare canzone». E pensando alla loro carriera non ci si rende conto che suonano insieme da quasi trent’anni. Lalo conferma, sorpreso lui stesso: «Sembra ieri
Il loro ultimo album si intitola Psycotrizzati.
che preparavamo il disco dei 20 anni, Vent’anni da Grock, cofanetto uscito nel 2011. Ora bisognerà pensare a qualcosa di speciale per il trentesimo che si avvicina». La forza della band, e i numerosissimi appassionati lo sanno bene, è lo spirito di gruppo che anima questi amici. Per loro andare a suonare è sempre un’occasione di divertimento. Lalo ci confida: «Dopo tanti anni ho capito che non è tanto importante la perfezione nell’esecuzione quanto il fatto di divertirci davvero. Far passare il piacere di essere sul palco: è quello il valore che viene riconosciuto dal pubblico». E qui ci confida un segreto: «Il modo con cui
vorremmo sempre intendere il nostro palco è ricreare l’atmosfera da grotto, mettere idealmente alle nostre spalle una scenografia di quel tipo. Lo abbiamo fatto di recente, al teatro Sociale, nella nostra uscita “unplugged”. Lo spirito giusto è far divertire le persone in un’atmosfera festosa e popolare». Non è un mistero del resto che uno dei musicisti più apprezzati dai Vomitors sia Toto Cavadini. «Lui è uno di quelli più capaci di fare musica per divertire la gente. Lo apprezziamo molto e l’abbiamo coinvolto varie volte. Ci piacerebbe molto ad esempio registrare qualcuno dei suoi brani arrangiati a modo nostro». Del resto l’uso del dia-
letto li accomuna ed è uno dei modi migliori per far presa sul pubblico. «Ci piace cantare canzoni che prendono posizione su temi vicini a noi, oppure su personaggi locali o su mestieri antichi: ci piace dire la nostra sul mondo in cui viviamo. E la gente lo sa: il fatto che siamo tifosi dell’Ambrì ad esempio non ci crea nessun problema. Ci sono anche dei fan del Lugano che ci apprezzano». La musica sincera non ha proprio barriere... In collaborazione con
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Cultura e Spettacoli
Incubi e chiodi
Letteratura Dall’esordio di Saleh Addonia alle poesie ritrovate di Agota Kristof: le nuove proposte
dell’editore Casagrande
Daniele Bernardi Esiste un legame fra le due recenti proposte dell’editore Casagrande Lei è un altro paese di Saleh Addonia e Chiodi, versione italiana dell’importante antologia che nel 2017 le Éditions Zoé hanno dedicato all’opera poetica di Agota Kristof. Infatti, entrambi i libri si edificano sulla drastica esperienza dello sradicamento affettivo, geografico e linguistico.
Entrambi gli autori recentemente editi da Casagrande, sebbene in modo diverso, sono costretti a fare i conti con il proprio passato
Concorso
Ma se Agota Kristof – autrice ormai leggendaria – sembra non aver bisogno di presentazioni, lo stesso non vale per Addonia, scrittore alla sua prima, riuscitissima prova narrativa. Per metà eritreo e per metà etiope, sfuggito ai massacri del Sudan, cresciuto tra i campi profughi e l’Arabia Saudita della sua adolescenza, oggi vive in quel miscuglio di storie che è la Londra del nostro tempo. Di sé afferma: «Sebbene abbia sempre creduto di essere eritreo, la verità è che non penso più di essere tanto eritreo in quanto a cultura, tradizione e lingua. Non lo so più come o cosa mi sento. La mia identità è stata lentamente cancellata e non me ne dispiaccio più di tanto». Segnato da un passato doloroso, dal trauma della precoce sordità, Addonia scrive in inglese – un inglese imparato leggendo, che non fluisce liberamente dalla penna ma, al contrario, emerge lentamente, come a chiazze, a frammenti, in una lotta continua fra il pensiero e la sua fuga. Il suo Lei è un altro paese riunisce cinque disturbanti racconti, felicemente trasposti in ita-
liano da Nausikaa Angelotti per la bella collana Alfabeti – Babel (festival bellinzonese che dal 2006 ha fatto di quella zona di scambio che è la traduzione la propria imprescindibile cifra). Anche dal punto di vista stilistico e dei contenuti, molto accomuna Addonia alla Kristof: i protagonisti delle sue storie sono profughi ossessionati dallo spettro del sesso, che vivono stipati in stanze in affitto e tirano a campare facendo i netturbini; bambini che dialogano con nuvole di atroci deserti bevendo il proprio piscio per non morire di sete; padri e figli separati dal tempo della guerra, prigionieri di grotteschi teatrini affettivi in cui si palesano dinamiche surreali. Più che storie, quelli di Addonia sono incubi inscatolati in una lingua scabra, spigolosa e insistente. E scabra, spigolosa e insistente lo era, anche, la voce di Agota Kristof; ma non è il caso, credo, di passare in rassegna i vari aspetti che caratterizzano il suo celebre capolavoro, la Trilogia della città di K. D’altra parte, benché pure in Chiodi – come sottolinea Fabio Pusterla nella sua densa postfazione – si manifesti la medesima «secchezza del dettato» ravvisabile nella sua opera maggiore, con la pubblicazione di queste poesie è ora possibile, credo, conoscere un’inclinazione lirica parzialmente estranea al resto della sua produzione. Tradotti da Vera Gheno e da Pusterla stesso, i versi della Kristof hanno una vicenda travagliata, che non poco ricorda quella, ugualmente tragica, di Dino Campana e dei suoi Canti Orfici: abbandonati con la fuga dall’Ungheria nel 1956, sono stati infatti ricostruiti a memoria dall’autrice che, a lungo, soffrì per la perdita di quei primi lavori appartenenti al tempo in cui era ancora possibile sentire – seppure nel ricordo – quanto, prima del disgregarsi del proprio universo affettivo, «Ieri era tutto più bello il canto / tra le fronde degli alberi / tra i miei capelli il vento / tra le tue mani tese / il sole». La novità sta certo nella matrice intimista e soggettiva di questa scrittura:
Open Air Al Lagh Rassegna Musicale Viale al Lido, Locarno 8-9 giugno, dalle 16.30 Con: The Locos, The Clan, Skassapunka, Noxius, Bad Religion, Vomitors, Kotron, Shimes www.openairallagh.ch
Open Air Monte Carasso Rassegna Musicale Convento delle Agostiniane 14-15-16 giugno, dalle 19.00 Con: Planet Funk, Nickless, Anna Rossinelli, Saint City Orchestra, Barbie Sailers, Lucky Chops, Dubioza Kolektiv www.openairmontecarasso.ch
www.azione.ch/concorsi Regolamento Migros Ticino offre ai lettori biglietti gratuiti per le manifestazioni sopra menzionate. Massimo due biglietti per economia domestica. La partecipazione è riservata a chi non ha beneficiato di vincite in occasione di analoghe promozioni nel corso degli scorsi mesi.
Per aggiudicarsi i biglietti basta visitare la pagina del sito web: www.azione.ch/concorsi. Buona fortuna!
Biglietti in palio per gli eventi sostenuti dal Percento culturale di Migros Ticino
Agota Kristof, dopo avere vissuto per molti anni a Neuchâtel, è deceduta nel 2011. (Keystone)
si è avvezzi a pensare alla Kristof come a un’autrice dall’impianto radicalmente metaforico, anticonfessionale: i suoi personaggi sono altro da lei; ad esempio, con l’epopea di Lucas e Claus (i gemelli protagonisti della citata trilogia), non ha voluto riferire la pedissequa cronaca di un vissuto ma, al contrario, l’allucinato «spostamento» che solo l’elaborazione del proprio mondo interiore può generare. Ora, invece, ricucendo le poesie della propria giovinezza, l’autrice torna a dire: io. E nel farlo, senza mancare di una sorta di pudore, lascia che la lingua – che, va ricordato, tranne per alcune eccezioni, non è ancora quella dell’esilio, ma l’ungherese delle origi-
ni – germogli in immagini asciutte e, al contempo, pervase da un respiro nostalgico, spietato: «Era ormai secco e spezzato io / lo conoscevo era nato tra le pietre / abbandonate / perché voleva vivere da solo e vedere / la corsa delle nubi dalle creste d’oro // a mezzogiorno il sole lo guardò con malvagi / occhi infuocati l’indomani / lo tormentava la fame si piegò morì / allora il vento tiepido e tenue / gli fece una carezza» (Il filo d’erba). Questa peculiarità svanisce nelle otto poesie conclusive, dove la Kristof, qui dedita invece alla «lingua nemica» che fu per lei il francese, sembra approdare a uno stato d’animo che, da un lato, le impedisce di tollerare il
lirismo delle «belle frasi», dall’altro le impone una pressoché totale obiettività: «Non morire / non ancora / troppo presto il coltello / il veleno, troppo presto / Mi amo ancora / Amo le mie mani che fumano / che scrivono / Che tengono la sigaretta / La penna / Il bicchiere. / Amo le mie mani che tremano / che puliscono nonostante tutto / che si muovono. / Le unghie vi crescono ancora / le mie mani / rimettono a posto gli occhiali / affinché io scriva». Due proposte forti, quindi, quelle di Casagrande, che, confermando una precisa linea editoriale, vogliono consegnare, con coraggio, «una spietata rappresentazione dei nostri anni di profondi spaesamenti».
M Un sostegno allo studio del nostro Paese Migros Ticino Pubblicato il bando di concorso per il 18° Premio
per ricerche di storia della Svizzera italiana Nato nel 1985, il Premio Migros Ticino per ricerche di storia della Svizzera italiana si prefigge di favorire la pubblicazione di ricerche su argomenti di storia, arte, etnografia, linguistica e storia della letteratura relativi alla Svizzera italiana. Nelle ultime due edizioni il premio è stato assegnato a ricerche particolarmente importanti: nel 2015 all’approfondito studio di Davide Adamoli, legato alla realtà delle Confraternite della Svizzera italiana. Nel 2017 invece alla ricerca di storia dell’arte compiuta da Irene Quadri, intitolata Tra gli intonaci medievali di un’altra Lombardia. La pittura murale dell’XI-XII secolo in Canton Ticino. Sono membri della Commissione di valutazione, diretta dallo storico Carlo Agliati, alcune personalità del mondo culturale ticinese: la storica Dott. Yvonne Pesenti Salazar, l’economista Angelo Rossi, la storica dell’arte Lucia Pedrini Stanga e il linguista e dialettologo Franco Lurà. Il Premio principale è dotato di 10’000 franchi. La Commissione può
inoltre attribuire menzioni speciali da 3000 franchi. Le ricerche dovranno essere inedite e redatte in lingua italiana. Sono ammesse unicamente ricerche su argomenti riguardanti la Svizzera italiana e i seguenti ambiti: storia dell’arte, etnografia, linguistica e storia della letteratura.
La vincitrice dell’edizione 2017, Irene Quadri. (S. Spinelli)
La documentazione dovrà essere corredata da una copia cartacea del testo integrale della ricerca, un curriculum personale e l’elenco dei finanziamenti già percepiti promessi o richiesti ad altri enti, pubblici o privati. Dal 1985 al 2017 il Premio Migros Ticino per ricerche di storia della Svizzera italiana è stato attribuito a 17 ricercatori. Poiché i lavori di qualità sono in aumento, dal 1997 oltre al Premio, vengono attribuite anche delle menzioni speciali: nel corso delle dieci passate edizioni sono state attribuite 18 menzioni a lavori di particolare valore scientifico e culturale. Bando e regolamento del Premio Migros Ticino possono essere scaricati dal sito della Cooperativa Migros Ticino: https://www.migrosticino.ch/ percento-culturale/ Il termine fissato per la consegna dei lavori di ricerca è il 31 gennaio 2019. Gli interessati dovranno inoltrare la propria ricerca all’indirizzo: Percento culturale Migros Ticino, via Serrai 1, CH-6592 S. Antonino.
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Cultura e Spettacoli
Una duplicità senza tempo Teatro Alla Schauspielhaus di Zurigo
Jan Bosse presenta il suo Misura per misura di William Shakespeare
Marinella Polli L’attualizzazione o rivisitazione di un lavoro teatrale oggi non è cosa rara, e può a volte dar luogo vuoi a una soverchia semplificazione vuoi a uno stravolgimento dei contenuti; a meno che non si tratti di un classico, e di Shakespeare in particolare, di cui è impossibile infrangere perpetuità e universalità. Anche la moderna rilettura di Misura per Misura di Jan Bosse e Gabriella Bussacker (traduzione in tedesco di Jens Roselt) che ha debuttato a metà aprile alla Schauspielhaus di Zurigo, regge il colpo, ma ne ribadisce, come sempre, complessità e problematicità, confermando la fama di commedia molto impegnativa per ogni regista. Definita anche dark comedy o «commedia tragica molto dialettica», Misura per Misura è una sorta di gioco teatrale che racconta di decadenza morale, corruzione dei costumi e di assidui frequentatori di bordelli, insomma di un universo ambiguo e conflittuale in cui regna confusione fra giustizia e ingiustizia, morale e potere. I personaggi sono tutti caratterizzati da una certa duplicità, come il protagonista Vincenzo, Duca di Vienna, il quale fingendo di assentarsi e travestendosi da frate per spiare i sudditi, affida il governo ad Angelo anche per vedere se questi sarà in grado di far rispettare le leggi. Angelo, pur in preda alle stesse passioni che vorrebbe punire, applicherà le leggi troppo alla lettera, rivelandosi dunque a tal punto incapace di governare con equità, da condannare a morte Claudio, colpevole di aver messo incinta la non ancora moglie Giulietta. L’amico Lucio chiede aiuto ad Isabella, novizia e virtuosa sorella di Claudio. La trama ordita attorno ai due giovani è un chiaro pretesto per evidenziare i tre veri protagonisti. Primo fra tutti il Duca, simbolo del potere temporale, teso a mettere alla prova da una parte
l’estremista puritano Angelo, dall’altra la cattolicissima Isabella. Questa supplicherà invano in favore del fratello, ma Angelo le promette la salvezza di Claudio solo a patto che lei ceda alle sue brame. Fortunatamente, e come un vero deus-ex-machina, ecco riapparire il Duca che, attraverso complicati intrighi e sotterfugi, riuscirà a ripristinare ordine e giustizia, dimostrando a un tempo come sia sempre l’uomo di stato laico a ristabilire l’ordine; peraltro giudicando Angelo il giudicante: «perché con la misura con la quale misurate sarete misurati» (passo del Vangelo secondo Matteo). Uno dei meriti dell’allestimento di Jan Bosse è quello di rappresentare non solo la lascivia del luogo dell’azione, ma altresì, e con grande ironia, l’ipocrisia e l’egoismo non solo di Angelo, ma anche di Isabella, apparentemente una buona cristiana, ma che tuttavia preferirebbe lasciar morire il fratello pur di non perdere la sua verginità. Il regista si avvale soprattutto della stupefacente scenografia di Moritz Müller (light design di Markus Keusch e costumi di Kathrin Plath), un vero e proprio labirinto su diversi livelli e con un giro di specchi che lo visualizzano da più prospettive. Ed è proprio questa pluralità di prospettive lo spirito con cui viene affrontato Misura per Misura nella produzione zurighese. Bravissimi gli attori ridotti a soli otto (dei ventidue previsti da Shakespeare), con Hans Kremer nel ruolo del Duca Vincenzo, un impagabile Daniel Strässer nel ruolo di Angelo, il puritano corrotto, Lena Schwarz nei panni di Isabella, Lisa-Kathrina Mayer in quelli di Madame Overdone, Robert Rozic divertente e divertito quale Lucio, Benito Bause quale Claudio, Klaus Brömmelmeier nel ruolo del carceriere Elbow e Milian Zerzawy in quello di Pompeo. Scroscianti i battimani da parte di un teatro strapieno; repliche fino al 13 giugno.
Borobudur, il sacro tempio-montagna Mostre Tutto il fascino del sito asiatico in un’esposizione
fotografico-archeologica a Ginevra
Particolare del bassorilevo che racconta la storia di Siddharta.
Marco Horat Le collezioni Baur di Ginevra, dedicate alle arti dell’Estremo Oriente, presentano uno dei monumenti più celebri del Buddhismo Mahayana, rimbalzato sulle pagine della cronaca anni fa, quando fu bersaglio di un attentato dinamitardo messo in atto da fanatici iconoclasti; come era successo per le grandi statue di Buddha di Bamiyan in Afghanistan qualche anno prima e più tardi sarebbe successo ai tesori siriani di Mosul. Fortunatamente i danni non furono enormi ma colpirono solo alcuni stupa del grande monumento, inserito nella lista dei capolavori mondiali dell’arte.
Borobudur è uno dei monumenti più studiati al mondo, ancora oggi visitato da migliaia di pellegrini Una mostra particolare che propone una quarantina di suggestive immagini scattate da Caroline e Hugues Dubois, (fotografi di fama internazionale che si dedicano da anni all’archeologia) durante la notte, con il monumento immerso in un’affascinante luce lunare che fa rivivere tutta la magia del luogo, con le sue raffinate decorazioni in bassorilievo che raccontano la storia
di Siddharta (e sono migliaia) nonché le centinaia di statue a lui dedicate. Chilometri di un percorso spirituale che i pellegrini ancora oggi seguono devotamente mescolati ai turisti. Accanto alle immagini, a marcare una presenza anche materiale dell’antica cultura buddhista, vengono presentati in mostra sculture, libri sacri e pitture giavanesi prestati alla Fondazione Baur dal Rijksmuseum e dal Tropenmuseum di Amsterdam, dal Linden-museum di Stoccarda e dalla Biblioteca di Ginevra. Borubudur, sull’isola di Giava in Indonesia, è uno dei monumenti più studiati al mondo, ma anche un luogo che conserva intatto il suo fascino primordiale. Costruito in una zona discosta tra la fine dell’VIII e l’inizio del IX secolo sotto la Dinastia dei Sailendra, il tempio è una piramide a gradoni di grandi dimensioni (123 metri di lato), costituita da una serie di 10 terrazze che portano verso l’alto fino a raggiungere gli stupa situati a 35 metri di altezza; quelle inferiori sono a pianta quadrata, le superiori circolari. Si passa da un livello all’altro così come l’uomo dovrebbe fare quando decide di abbandonare il mondo dei desideri terreni per raggiungere la perfezione e passare nel Nirvana, liberato infine dal ciclo delle rinascite. Una struttura fortemente simbolica che si percorre dapprima lungo stretti corridoi per culminare poi in spazi aperti, permettendo
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così al fedele di istruirsi nella dottrina buddhista grazie alle immagini sulla vita del Buddha e alle storie narrate sui bassorilievi. Non diversamente da quanto accadeva in passato nelle nostre cattedrali medievali con i cicli pittorici che illustravano la vita di Gesù e le storie di un Vangelo che pochi sapevano leggere. Il luogo di Borubudur sembra fu abbandonato poco dopo l’anno 1000 a causa di eventi naturali catastrofici quali l’eruzione di un vulcano; i Sailendra non c’erano più, i loro successori volevano edificare nuovi monumenti a loro futura memoria e dal XV secolo il paese diverrà definitivamente, o quasi, musulmano. La natura riprese così possesso della zona fino all’800, quando il governatore inglese dell’isola Sir Thomas Stamford Raffles, intrigato dalle leggende popolari che circolavano attorno al tempiomontagna, chiamò un appassionato archeologo olandese, il quale verso la metà del secolo e grazie al lavoro di 200 uomini messigli a disposizione dagli inglesi, riuscì a riportare alla luce il grande tempio-montagna in tutto il suo splendore. Dove e quando
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Flavia Leuenberger Ceppi
Flavia Leuenberger Ceppi
Le pescherie di Migros Ticino sono apprezzate per la loro impareggiabile selezione di pesce e frutti di mare che soddisfa tutti i gusti. Tutto l’assortimento ittico Migros è sostenibile, infatti proviene da fonti che rispettano i criteri del WWF. Di recente, ai banchi di vendita del pesce nelle Migros di Locarno, S. Antonino, Lugano, Agno e Serfontana, sono state introdotte alcune specie selvatiche, vendute intere, pescate nelle magnifiche isole Azzorre, nel cuore dell’Oceano Atlantico. La scelta comprende lo scorfano, pesce dalle carni sode, bianche e delicate, che grazie alla sua versatilità è ottimo per zuppe e altre sfiziose ricette. Un pesce molto gustoso è il pagello, che se grigliato o cotto al forno nel cartoccio, spigiona tutto il suo sapore. Il pagro è una specie dalle carni pregiate, prive o quasi di lische, paragonabile al branzino per la sua finezza. Il pesce S. Pietro ha carni bianche, ricercate, e molto leggere. Infine, la cernia, è ottima in umido, al forno o alla griglia, per la consistenza di buon pregio, compatta e soda della sua carne. Vista la stagione, questi pesci si prestano bene per essere grigliati. Il primo passo è pulire il pesce, poi farcirlo a piacere con delle erbette aromatiche e delle fettine di limone. Spennellare con dell’olio, salare e pepare. Grigliare il pesce per una ventina di minuti girandolo a metà cottura. Il pesce è pronto quando le pinne dorsali si staccano facilmente e può essere cotto anche al cartoccio, avvolto nella carta d’alluminio. Per altri suggerimenti culinari mirati, non esitate a rivolgervi al vostro pescivendolo Migros di fiducia.
Solo 0,7% di sale Per il bene della nostra salute il sale andrebbe usato con parsimonia. Migros, da sempre attiva nel promuovere uno stile di vita equilibrato, propone nel suo assortimento una vasta scelta di prodotti con un contenuto di sale ridotto. Tra questi, anche un pane regionale con solo lo 0,7% di sale, quindi ben al di sotto della media. Poco sale però non vuol dire meno gusto. Grazie all’utilizzo di pregiato lievito madre naturale combinato alla sapiente miscela di farine di frumento, malto d’orzo e fiocchi di patate, questo pane acquisisce un aroma delicato, una morbida consistenza un’ottima conservabilità. È una bontà quale accompagnamento a piatti leggeri della cucina estiva, come pure per preparare golosi panini imbottiti.
Azione Pane 0,7% di sale 250 g Fr. 1.90 invece di 2.40 dal 5 all’11 giugno
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Idee e acquisti per la settimana
Intramontabili!
Azione 40% sugli Zwieback Original da 260 g Fr. 1.90 invece di 3.20 dal 5 all’11 giugno
A colazione, come snack tra i pasti oppure come base per dessert: gli Zwieback sono tra i prodotti storici della Migros. Vengono confezionati sin dal 1930 dalla Midor di Meilen, sul lago di Zurigo, azienda del gruppo Migros, che ne produce circa 1500 confezioni ogni ora. Da sempre sono fabbricati
secondo la ricetta originale e forniscono al nostro organismo importanti vitamine e sali minerali, come vitamina B e ferro. Sono disponibili nella pratica confezione salvafreschezza da quattro porzioni e in quattro deliziose varianti: Original, senza zuccheri aggiunti, alla spelta e bio.
Specialità al grill Stupire con classe pronte... ora anche alla Migros di Ascona
Voglia di pollo grigliato?
Poco tempo per cucinare? Voglia di qualcosa di sfizioso per cena? Picnic in riva al lago improvvisato? Nessun problema, ora anche alla Migros di Ascona potete trovare alcune prelibatezze preparate con cura ogni giorno sul posto, grigliate e già pronte per essere gustate. Dal succoso pollo tanto amato da grandi e piccoli, alla saporita luganighetta alla griglia
cotta a puntino, passando per le sempre gettonate costine carré di maiale, fino alle più classiche e tenerissime polpettine. Ognuno troverà qualcosa per soddisfare il proprio appetito da buongustaio. Ricordiamo che queste, e altre specialità pronte, sono già disponibili in una ventina di supermercati Migros in tutto il Ticino.
Nuovi smalti Gel Effect firmati Deborah Milano per un cocktail di colori sulle dita! La collezione primavera-estate, del celebre marchio italiano, dona brillantezza estrema, colore pieno e un effetto volumizzante sull’unghia, senza dover utilizzare la lampada UV. Grazie al maxi pennello, questi smalti sono facili da stendere, per un risultato perfetto e pro-
fessionale in 8 tonalità di tendenza. Mango, strawberry, litchi, guava, tomato, chestnut, pomegranate e acai, i colori che s’ispirano ai juicy cocktails, per un estate super trendy sia a casa che in vacanza. Smalto Gel Effect Deborah Milano diversi colori Fr. 9.50 In vendita nelle maggiori filiali Migros
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Idee e acquisti per la settimana
Farmer
Le Barrette con nota esotica Anche una classica barretta ai cereali può avere un sapore tropicale, non credete? I produttori dei cereali Farmer hanno soddisfatto una richiesta della clientela, sviluppando una nuova varietà estiva di barrette con pezzetti di ananas e cocco grattugiato. Queste barrette esotiche apportano una sferzata di energia alle persone attive e agli amanti dello sport in spiaggia. I Farmer Soft Ananas-Cocco saranno disponibili solo per un breve periodo.
Azione 20X Punti Cumulus su Farmer Soft Ananas-Cocco fino all’11 giugno
Farmer Soft Ananas-Cocco Limited Edition 6 barrette Fr. 4.60
Piacere esotico: le nuove barrette Farmer con pezzetti di ananas e cocco grattugiato.
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Idee e acquisti per la settimana
TerraSuisse succo di mele diluito, frizzante 1,5 l Fr. 2.20
Buone prospettive: quest’anno è previsto un buon raccolto di mele.
TerraSuisse
La mela non cade mai lontano dall’albero Nella sua azienda di Gossau, l’agricoltore IP-Suisse Stefan Lehner coltiva la frutta per il succo di mela a marchio «TerraSuisse». Coltiva piante di varietà resistenti e ha cura di produrre nel rispetto dell’ambiente Testo Melanie Michael; Foto Stephan Bösch
Le mele di Stefan Bauer e di suo figlio Tobias crescono su alberi ad alto fusto. Ciò promuove la biodiversità e fornisce un importante ecosistema a uccelli e insetti. Questi sono però solo alcuni degli aspetti di un’agricoltura rispettosa della natura e degli animali, con cui lavorano i contadini IP-Suisse che producono per «TerraSuisse». Stefan Lehner ci illustra la molteplicità delle misure adottate. Quanti alberi ad alto fusto ci sono nella sua azienda agricola?
Abbiamo 300 piante di mele e 20 alberi di frutta drupacea. Alcuni alberi sono ancora giovani, poiché sono stati piantati solo negli ultimi anni. Nel caso delle piante di mele si tratta di varietà antiche, come Schneider, Boskoop, Bohn, Hord e Heimenhofer. Quanti chili di mele fornisce annualmente a Migros?
Ogni anno forniamo ca. 50 tonnellate di frutta all’azienda Möhl, dove si ricava il mosto, che va poi all’Aproz, che produce i succhi di frutta «TerraSuisse». Quanto tempo ci vuole affinché gli alberi siano produttivi?
Ci vogliono 10 anni affinché le piante diano un raccolto regolare. È bello veder crescere i giovani alberi. Nel 2017 la fredda primavera ha comportato un cattivo raccolto. Anche per lei?
Per noi l’ultimo raccolto è stato il peggiore dal 1957: nel confronto con l’anno precedente è stato dell’85 percento inferiore.
lizziamo prodotti fitosanitari rispettosi delle api e degli insetti utili. Non possiamo fare completamente a meno dei trattamenti, per esempio perché le mele bacate cadono a terra, nel qual caso non possono essere usate per la produzione del mosto. Se non sono marce possono essere utilizzate come frutta da distillare o per nutrire gli animali. Nella coltivazione, con quali misure promuovete la biodiversità?
Se tutto prosegue in modo ottimale ci aspettiamo un grande raccolto. Dovesse andare tanto bene che non si riesce a utilizzarlo tutto, a livello nazionale dobbiamo aspettarci grandi scorte. Ciò significa che chi produce mosto utilizza le eccedenze per elaborare per esempio concentrato di succo di frutta, che poi conserva. Si è quindi premuniti nel caso di successivi cattivi raccolti.
In azienda coltiviamo superfici ecologiche, prati ricchi di specie che non vengono fertilizzati e non sono soggetti a uno sfruttamento intensivo. Accanto ci sono i meli ad alto fusto. Specie di uccelli come l’upupa e il codirosso ne hanno bisogno per trovare sufficiente cibo per la nidiata. Montando casette per gli uccelli forniamo loro un ulteriore sostegno. In tal modo abbiamo implementato numerosi requisiti di IP-Suisse per il marchio «TerraSuisse» a favore della biodiversità.
Punta su una produzione rispettosa dell’ambiente. Cosa significa concretamente?
Dal suo punto di vista, quale misura promuove con maggiore efficacia la coltivazione di colture ad alto fusto?
La sua previsione per il prossimo raccolto?
Coltiviamo varietà resistenti, meno inclini alle malattie. Contro i parassiti uti-
TerraSuisse succo di mele diluito, frizzante 6 x 1,5 l Fr. 13.20
Quando la gente beve regolarmente molto succo di mele!
I prodotti TerraSuisse provengono da agricoltura svizzera sostenibile. Le materie prime vengono coltivale da contadini che si impegnano per il benessere degli animali e per colture rispettose dell’ambiente.
Parte di
L’impegno Migros a favore della sostenibilità è da generazioni in anticipo sui tempi.
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TerraSuisse succo di mele diluito, frizzante 1,5 l Fr. 2.20
Buone prospettive: quest’anno è previsto un buon raccolto di mele.
TerraSuisse
La mela non cade mai lontano dall’albero Nella sua azienda di Gossau, l’agricoltore IP-Suisse Stefan Lehner coltiva la frutta per il succo di mela a marchio «TerraSuisse». Coltiva piante di varietà resistenti e ha cura di produrre nel rispetto dell’ambiente Testo Melanie Michael; Foto Stephan Bösch
Le mele di Stefan Bauer e di suo figlio Tobias crescono su alberi ad alto fusto. Ciò promuove la biodiversità e fornisce un importante ecosistema a uccelli e insetti. Questi sono però solo alcuni degli aspetti di un’agricoltura rispettosa della natura e degli animali, con cui lavorano i contadini IP-Suisse che producono per «TerraSuisse». Stefan Lehner ci illustra la molteplicità delle misure adottate. Quanti alberi ad alto fusto ci sono nella sua azienda agricola?
Abbiamo 300 piante di mele e 20 alberi di frutta drupacea. Alcuni alberi sono ancora giovani, poiché sono stati piantati solo negli ultimi anni. Nel caso delle piante di mele si tratta di varietà antiche, come Schneider, Boskoop, Bohn, Hord e Heimenhofer. Quanti chili di mele fornisce annualmente a Migros?
Ogni anno forniamo ca. 50 tonnellate di frutta all’azienda Möhl, dove si ricava il mosto, che va poi all’Aproz, che produce i succhi di frutta «TerraSuisse». Quanto tempo ci vuole affinché gli alberi siano produttivi?
Ci vogliono 10 anni affinché le piante diano un raccolto regolare. È bello veder crescere i giovani alberi. Nel 2017 la fredda primavera ha comportato un cattivo raccolto. Anche per lei?
Per noi l’ultimo raccolto è stato il peggiore dal 1957: nel confronto con l’anno precedente è stato dell’85 percento inferiore.
lizziamo prodotti fitosanitari rispettosi delle api e degli insetti utili. Non possiamo fare completamente a meno dei trattamenti, per esempio perché le mele bacate cadono a terra, nel qual caso non possono essere usate per la produzione del mosto. Se non sono marce possono essere utilizzate come frutta da distillare o per nutrire gli animali. Nella coltivazione, con quali misure promuovete la biodiversità?
Se tutto prosegue in modo ottimale ci aspettiamo un grande raccolto. Dovesse andare tanto bene che non si riesce a utilizzarlo tutto, a livello nazionale dobbiamo aspettarci grandi scorte. Ciò significa che chi produce mosto utilizza le eccedenze per elaborare per esempio concentrato di succo di frutta, che poi conserva. Si è quindi premuniti nel caso di successivi cattivi raccolti.
In azienda coltiviamo superfici ecologiche, prati ricchi di specie che non vengono fertilizzati e non sono soggetti a uno sfruttamento intensivo. Accanto ci sono i meli ad alto fusto. Specie di uccelli come l’upupa e il codirosso ne hanno bisogno per trovare sufficiente cibo per la nidiata. Montando casette per gli uccelli forniamo loro un ulteriore sostegno. In tal modo abbiamo implementato numerosi requisiti di IP-Suisse per il marchio «TerraSuisse» a favore della biodiversità.
Punta su una produzione rispettosa dell’ambiente. Cosa significa concretamente?
Dal suo punto di vista, quale misura promuove con maggiore efficacia la coltivazione di colture ad alto fusto?
La sua previsione per il prossimo raccolto?
Coltiviamo varietà resistenti, meno inclini alle malattie. Contro i parassiti uti-
TerraSuisse succo di mele diluito, frizzante 6 x 1,5 l Fr. 13.20
Quando la gente beve regolarmente molto succo di mele!
I prodotti TerraSuisse provengono da agricoltura svizzera sostenibile. Le materie prime vengono coltivale da contadini che si impegnano per il benessere degli animali e per colture rispettose dell’ambiente.
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L’impegno Migros a favore della sostenibilità è da generazioni in anticipo sui tempi.
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Idee e acquisti per la settimana
Pane del mese
Un vortice di croccantezza
Maggiori informazioni sul tema pane: www.migros.ch/ pane
Arioso, leggero e dalla bella forma: così si presenta l’attuale pane del mese, la girandola bio. Questo aromatico pane di frumento è particolarmente adatto ad accompagnare grigliate e picnic Testo Claudia Schmidt; Foto Veronika Studer, Gaetan Bally
sce freschezza e un ottimo gusto. Il pane di frumento in qualità bio può essere spezzato in quattro grandi parti, ciò che è particolarmente pratico durante i pasti fuori casa. O, come dice il panettiere Giacobino Carmelo della Migros Metalli di Zugo: «Un pane arioso e croccante per le grigliate e per le escursioni in famiglia».
Serie Specialità dalle panetterie Migros Attualmente: pane girandola bio
Foto: Gaëtan Bally
Quando si prepara il cestino da picnic per andare a fare un’escursione, un buon pane non può mancare. Uno che si abbina a piacimento con i prodotti grigliati. Uno che dà sempre il meglio di sé, sia se utilizzato per fare un pane all’aglio, sia per preparare panini. Come l’attuale «pane del mese», la girandola bio. Il lungo tempo di lievitazione, 24 ore, conferi-
Giacobino Carmelo con il suo pane preferito: il pane ticinese. Il 38enne è sostituto responsabile presso la panetteria della filiale Migros Metalli di Zugo. È uno dei circa 900 professionisti che più volte al giorno sfornano il pane nelle 130 panetterie della casa. Così il pane è sempre disponibile appena cotto e caldo fino all’orario di chiusura.
Giacobino Carmelo
«Fare il pane è la mia professione» La novità di giugno è il pane girandola bio. Come si fa a dargli questa forma?
Consiste in quattro pezzi di impasto, che lavoro a forma di goccia. Dopo averlo composto, ruoto le punte dell’impasto lievitato in senso orario, così che si riconosca la girandola.
Pane girandola bio 360 g Fr. 3.70
Fotoe Styling: Veronika Studer
I clienti apprezzano i «pani del mese»?
Nella filiale Migros Metalli in genere organizziamo uno stand per la degustazione. Così i clienti possono assaggiare il pane. Spesso è ancora caldo, così gli avventori vedono che il pane è stato preparato a mano. Riceviamo molte lodi per il pane fresco. Gli agricoltori bio lavorano in armonia con la natura. Si prendono cura di animali, piante, terreno e acqua.
Come è diventato panettiere?
In realtà volevo diventare elettricista. Durante uno stage di prova in una panetteria ho però scoperto che questa era la mia professione. Posso produrre qual-
cosa e proporre il pane ai clienti, con fierezza da panettiere. Quale pane mangia più volentieri?
Il ticinese. Lo trovo molto delicato e fresco. Quale è stata la sua esperienza più strana in panetteria?
Una volta c’è stata una prolungata interruzione della corrente. E ci siamo resi conto che potevamo solo impastare e modellare. Ci sono giorni della settimana in cui vendete più pane che in altri.
Oggi la gente acquista più pane il venerdì e il fine settimana, spesso anche la treccia al burro per la colazione domenicale. Quali pani sono particolarmente richiesti nella sua filiale?
Il pane ticinese e la corona croccante.
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Idee e acquisti per la settimana
Pane del mese
Un vortice di croccantezza
Maggiori informazioni sul tema pane: www.migros.ch/ pane
Arioso, leggero e dalla bella forma: così si presenta l’attuale pane del mese, la girandola bio. Questo aromatico pane di frumento è particolarmente adatto ad accompagnare grigliate e picnic Testo Claudia Schmidt; Foto Veronika Studer, Gaetan Bally
sce freschezza e un ottimo gusto. Il pane di frumento in qualità bio può essere spezzato in quattro grandi parti, ciò che è particolarmente pratico durante i pasti fuori casa. O, come dice il panettiere Giacobino Carmelo della Migros Metalli di Zugo: «Un pane arioso e croccante per le grigliate e per le escursioni in famiglia».
Serie Specialità dalle panetterie Migros Attualmente: pane girandola bio
Foto: Gaëtan Bally
Quando si prepara il cestino da picnic per andare a fare un’escursione, un buon pane non può mancare. Uno che si abbina a piacimento con i prodotti grigliati. Uno che dà sempre il meglio di sé, sia se utilizzato per fare un pane all’aglio, sia per preparare panini. Come l’attuale «pane del mese», la girandola bio. Il lungo tempo di lievitazione, 24 ore, conferi-
Giacobino Carmelo con il suo pane preferito: il pane ticinese. Il 38enne è sostituto responsabile presso la panetteria della filiale Migros Metalli di Zugo. È uno dei circa 900 professionisti che più volte al giorno sfornano il pane nelle 130 panetterie della casa. Così il pane è sempre disponibile appena cotto e caldo fino all’orario di chiusura.
Giacobino Carmelo
«Fare il pane è la mia professione» La novità di giugno è il pane girandola bio. Come si fa a dargli questa forma?
Consiste in quattro pezzi di impasto, che lavoro a forma di goccia. Dopo averlo composto, ruoto le punte dell’impasto lievitato in senso orario, così che si riconosca la girandola.
Pane girandola bio 360 g Fr. 3.70
Fotoe Styling: Veronika Studer
I clienti apprezzano i «pani del mese»?
Nella filiale Migros Metalli in genere organizziamo uno stand per la degustazione. Così i clienti possono assaggiare il pane. Spesso è ancora caldo, così gli avventori vedono che il pane è stato preparato a mano. Riceviamo molte lodi per il pane fresco. Gli agricoltori bio lavorano in armonia con la natura. Si prendono cura di animali, piante, terreno e acqua.
Come è diventato panettiere?
In realtà volevo diventare elettricista. Durante uno stage di prova in una panetteria ho però scoperto che questa era la mia professione. Posso produrre qual-
cosa e proporre il pane ai clienti, con fierezza da panettiere. Quale pane mangia più volentieri?
Il ticinese. Lo trovo molto delicato e fresco. Quale è stata la sua esperienza più strana in panetteria?
Una volta c’è stata una prolungata interruzione della corrente. E ci siamo resi conto che potevamo solo impastare e modellare. Ci sono giorni della settimana in cui vendete più pane che in altri.
Oggi la gente acquista più pane il venerdì e il fine settimana, spesso anche la treccia al burro per la colazione domenicale. Quali pani sono particolarmente richiesti nella sua filiale?
Il pane ticinese e la corona croccante.
per i membri del club: ispirazioni gratis per posta
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Idee e acquisti per la settimana
Gelati mitici
Foca, orso & Co nella coppetta Da oltre 40 anni i gelati cremosi che sulla confezione riportano lo scoiattolo, la foca o l’orso sono molto apprezzati da giovani e adulti. Ciò che finora è stato possibile gustare come gelato da passeggio, ora può essere assaporato anche con il cucchiaino: il gelato alla vaniglia, al cioccolato e alla fragola è adesso disponibile anche nella coppetta. Grazie alla comunità Migipedia ritorna anche il gelato Scoiattolo in bastoncino: questa bontà alle nocciole ha vinto la votazione online è sarà disponibile in estate come Limited Edition.
Gelato Orso al cioccolato 100 ml Fr. 2.40
Midor, che ha creato i mitici gelati, produce questo genere di alimento dolce dal 1950, a quei tempi dalla forma squadrata e avvolto nell’alluminio.
Il leggendario design delle confezioni è stato ideato nel 1975 dal grafico zurighese Hans Uster, quando era responsabile del reparto creativo del packaging.
Gli amati gelati alla panna sono prodotti con latte e panna svizzeri.
Gelato scimmia alla fragola 100 ml Fr. 2.40
Nel 2015 la famiglia dei gelati della foca ha festeggiato il suo 40° anniversario. Attualmente Midor, un’impresa Migros, produce fino a 30 milioni di gelati da passeggio all’anno. Gelato Foca alla vaniglia 100 ml Fr. 2.40
Limited Edition Scoiattolo Nocciola 12 x 57 ml Fr. 7.20
Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli M-Budget e quelli già ridotti. OFFERTE VALIDE SOLO DAL 5.6 ALL’11.6.2018, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
Un tocco aromatico per le tue grigliate.
conf. da 2
2.90
Salsa allo yogurt e alla menta M-Classic 250 ml, in vendita solo nelle maggiori filiali Migros
30% Ketchup Heinz in conf. da 2 Tomato, Hot o Light, per es. Tomato, 2 x 700 g, 4.20 invece di 6.–
3.50 Le Chef per carne 65 g
2.80
Café de Paris 100 g
I si preparano per la stagione con erbe aromatiche, salse per grill e ketchup e hanno sempre il condimento giusto per le grigliate quotidiane. Con il Ketchup si possono preparare ulter iori salse e marinate: per una salsa si mescolano salsa barb ecue, ketchup, un po’ di olio di oliva e peperoncino, aggiunge ndovi infine il di succo di limetta.
Azione 55%
40%
5.30 invece di 8.90
9.40 invece di 22.–
Albicocche Extra Spagna/Francia, al kg
20%
1.40 invece di 1.80 Appenzeller surchoix per 100 g
Costine Austria, al banco a servizio, al kg
15% Fettine di pollo Optigal al naturale e speziate, Svizzera, per es. al naturale, per 100 g, 2.80 invece di 3.30
50%
10.– invece di 20.– Carne macinata di manzo Svizzera/Germania, in conf. da 2 x 500 g / 1 kg
conf. da 4
1.20
di riduzione
50% Batterie di pentole Titan e Deluxe della marca Cucina & Tavola per es. padella a bordo alto, Ø 28 cm, indicata anche per i fornelli a induzione, il pezzo, 34.95 invece di 69.95, offerta valida fino al 18.6.2018
50% Aproz o Aproz Plus in conf. da 6 x 1,5 l e6x1l per es. Aproz Classic, 6 x 1,5 l, 2.85 invece di 5.70
Migros Ticino Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli M-Budget e quelli già ridotti. OFFERTE VALIDE SOLO DAL 5.6 ALL’11.6.2018, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
10.60 invece di 11.80 Burro da cucina in conf. da 4 4 x 250 g
i. tt tu r e p a z z e h c s e fr iù p Sempre 40%
1.50 invece di 2.50 Bistecca di collo di maiale marinata TerraSuisse in conf. speciale per 100 g
40%
33%
9.90 invece di 16.90
6.50 invece di 9.75 Luganighetta Svizzera, in conf. da 2 x 250 g / 500 g
Salmone affumicato Scozia, in conf. da 260 g
CONSIGLIO
QUANDO IL ROSA INCONTRA IL VERDE
Per conquistare anche gli ospiti più esigenti: salmone insaporito con limetta, aglio e prezzemolo, cotto in forno e servito con purea di patate agli spinaci freschi. Trovate la ricetta su migusto.ch/consigli
30% Pesce fresco bio orata, salmone e trota, per es. filetto di salmone con pelle, d’allevamento, Norvegia, per 100 g, 3.75 invece di 5.40
30%
2.50 invece di 3.60 Salametti a pasta grossa prodotti in Ticino, in conf. da 2 pezzi, per 100 g
30%
3.90 invece di 5.60 Petto di pollo affettato finemente e affettato di pollame Don Pollo in conf. speciale per es. petto di pollo affettato finemente, Brasile, 187 g
20%
6.80 invece di 8.50 Scamone di manzo Black Angus Svizzera, al banco a servizio, per 100 g
20%
4.45 invece di 5.60 Costolette di vitello TerraSuisse Svizzera, imballate, per 100 g
HIT DELLA SETTIMANA PER IL GRILL. conf. da 5
20%
20%
Prosciutto affumicato bio e carne secca di manzo bio in conf. speciale Tutti i formaggi da grigliare e rosolare per es. prosciutto affumicato, Svizzera, per 100 g, per es. Grill mi al naturale, 280 g , 4.05 invece di 5.10 4.30 invece di 5.40 Migros Ticino OFFERTE VALIDE SOLO DAL 5.6 ALL’11.6.2018, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
20%
6.70 invece di 8.40 Bresaola IGP Beretta Italia, affettata, in vaschetta da 100 g
50%
6.10 invece di 12.25 Cervelas TerraSuisse in conf. da 5 5 x 2 pezzi, 1 kg
i. tt tu r e p a z z e h c s e fr iù p Sempre 40%
1.50 invece di 2.50 Bistecca di collo di maiale marinata TerraSuisse in conf. speciale per 100 g
40%
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6.50 invece di 9.75 Luganighetta Svizzera, in conf. da 2 x 250 g / 500 g
Salmone affumicato Scozia, in conf. da 260 g
CONSIGLIO
QUANDO IL ROSA INCONTRA IL VERDE
Per conquistare anche gli ospiti più esigenti: salmone insaporito con limetta, aglio e prezzemolo, cotto in forno e servito con purea di patate agli spinaci freschi. Trovate la ricetta su migusto.ch/consigli
30% Pesce fresco bio orata, salmone e trota, per es. filetto di salmone con pelle, d’allevamento, Norvegia, per 100 g, 3.75 invece di 5.40
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2.50 invece di 3.60 Salametti a pasta grossa prodotti in Ticino, in conf. da 2 pezzi, per 100 g
30%
3.90 invece di 5.60 Petto di pollo affettato finemente e affettato di pollame Don Pollo in conf. speciale per es. petto di pollo affettato finemente, Brasile, 187 g
20%
6.80 invece di 8.50 Scamone di manzo Black Angus Svizzera, al banco a servizio, per 100 g
20%
4.45 invece di 5.60 Costolette di vitello TerraSuisse Svizzera, imballate, per 100 g
HIT DELLA SETTIMANA PER IL GRILL. conf. da 5
20%
20%
Prosciutto affumicato bio e carne secca di manzo bio in conf. speciale Tutti i formaggi da grigliare e rosolare per es. prosciutto affumicato, Svizzera, per 100 g, per es. Grill mi al naturale, 280 g , 4.05 invece di 5.10 4.30 invece di 5.40 Migros Ticino OFFERTE VALIDE SOLO DAL 5.6 ALL’11.6.2018, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
20%
6.70 invece di 8.40 Bresaola IGP Beretta Italia, affettata, in vaschetta da 100 g
50%
6.10 invece di 12.25 Cervelas TerraSuisse in conf. da 5 5 x 2 pezzi, 1 kg
20%
20%
3.80 invece di 4.80
2.20 invece di 2.85
Pomodori Ticino, imballati, al kg
40%
8.90 invece di 15.– Asparagi bianchi extra Germania, al kg
conf. da 2
25% La Pizza in conf. da 2 Margherita o 4 stagioni, per es. 4 stagioni, 2 x 420 g, 11.40 invece di 15.20
25%
2.80 invece di 3.90 Peperoni bio Spagna/Svizzera, in busta da 400 g
20%
3.90 invece di 4.90 Spinaci Svizzera, imballati, 500 g
Migros Ticino OFFERTE VALIDE SOLO DAL 5.6 ALL’11.6.2018, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
Canaria Caseificio prodotto in Ticino, in self-service, per 100 g
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Cetrioli Svizzera, per es. a partire da 2 pezzi, 2.75 invece di 3.90, a partire da 2 pezzi, 30% di riduzione
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3.95 invece di 5.90 Pesche gialle Spagna, imballate, 1 kg
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5.90 invece di 7.90 Ciliegie bio Italia, in conf. da 500 g
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1.80 invece di 2.40 Formaggella Blenio «Ra Crénga dra Vâll da Brégn» prodotta in Ticino, in self-service, per 100 g
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4.90 invece di 6.15 Caprice des Dieux in conf. da 330 g
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I nostri superprezzi. 20% Tutti gli yogurt Bifidus per es. alla fragola, 150 g, –.65 invece di –.85
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Pasta fresca Garofalo in conf. speciale ricotta e spinaci o prosciutto crudo, per es. ricotta e spinaci, 500 g
conf. da 2
15% Porzioni Blévita in conf. da 2 con palline in omaggio, disponibili in diverse varietà, per es. Gruyère AOP, 2 x 228 g , 6.10 invece di 7.20
CONSIGLIO BONTÀ E SOSTANZA
Un rimedio per quel languorino dopo l’allenamento? Tranci di bistecca di vitello alla griglia adagiati su una fetta di pane delle Alpi tostato, cosparsi di olio alle erbe fatto in casa.
– .4 0
di riduzione
Trovate la ricetta su migusto.ch/consigli
2.20 invece di 2.60 Pane delle Alpi TerraSuisse 380 g
conf. da 2
33%
1.80 invece di 2.70 Pasta sfoglia e pasta per crostate M-Classic in conf. da 2 per es. pasta sfoglia, 540 g
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20% Cornetto di Sils, rustico o bio al burro per es. cornetto al burro, bio, 45 g , –.75 invece di –.95
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7.– invece di 8.80 Barrette di cereali Farmer in conf. da 2 per es. Soft alla mela e alle more, 2 x 234 g
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4.30 invece di 5.40 Noodle Snacks Knorr in conf. da 3 al pollo, al curry e vegetariani, per es. al pollo, 3 x 70 g
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20% Tutti i prodotti di pasticceria alla fragola per es. torta, 2 x 141 g, 4.60 invece di 5.80
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5.–
Madeleine al cioccolato in conf. da 20 550 g
20% Prodotti da forno per l’aperitivo Party e Gran Pavesi in conf. da 2 per es. cracker alla pizza Party, 2 x 150 g, 3.80 invece di 4.80
20% Tutti i cereali in chicchi, i legumi, la quinoa e il couscous bio (Alnatura esclusi), per es. quinoa bianca Fairtrade, aha!, 400 g, 3.95 invece di 4.95
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Tutto l’assortimento di frutta secca e noci (prodotti Alnatura, Sélection e sfusi esclusi), a partire da 2 pezzi, 20% di riduzione
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9.10 invece di 13.05 Délice di pollo Don Pollo prodotto surgelato, 1 kg
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30%
Tutti gli involtini primavera e gli snack J. Bank’s surgelati, a partire da 2 pezzi, 30% di riduzione
Ketchup Heinz in conf. da 2 Tomato, Hot o Light, per es. Tomato, 2 x 700 g, 4.20 invece di 6.–
20% Tutti i tipi di aceto e olio bio (Alnatura esclusi), per es. olio d’oliva italiano, 500 ml, 7.80 invece di 9.80
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Tutte le farine (Alnatura escluse), a partire da 2 pezzi, 20% di riduzione
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20%
Tutti i fagioli, i piselli e le taccole (Alnatura esclusi), surgelati, a partire da 2 pezzi, 20% di riduzione
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40% Tavolette di cioccolato Frey da 100 g in conf. da 10, UTZ Giandor o Noxana, per es. Giandor, 13.50 invece di 22.50
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–.60
di riduzione Tutti i biscotti Tradition a partire da 2 pezzi, –.60 di riduzione l’uno, per es. cuoricini al limone, 200 g , 2.60 invece di 3.20
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 04 giugno 2018 • N. 23
67
Idee e acquisti per la settimana
Vegetariani, pescetariani, flexitariani o amanti della carne: in estate si risveglia in noi il griglieteriano. Mangiamo solo ciò che è passato dalla griglia. Anche con le salse siamo pignoli. Informazioni: www.griglietariani.ch
M-Classic
Una grande scelta di salse
e Tutto l’occorrent
per i
Due che ben accompagnano le grigliate: la classica BBQ e la nuova salsa yogurt-menta.
Durante le grigliate in compagnia, la prossima estate non avremo alcuna necessità da soddisfare. In aggiunta alle salse più note e classiche, grazie al voto in Migipedia è nata una nuova salsa per il grill: la salsa M-Classic yogurt e menta. Questa salsa fresca e leggera è particolarmente adatta ad accompagnare le verdure grigliate. La salsa al curry è raccomandata con il pollo o il pesce al grill. Le salse hamburger e BBQ fanno di bistecche, costine e hamburger un classico barbecue, proprio come piace a noi.
M-Classic Salsa hamburger 250 ml Fr. 2.45*
M-Classic Salsa Curry 250 ml Fr. 2.45*
M-Classic Sauce BBQ 250 ml Fr. 2.45*
M-Classic Salsa yogurt-menta 250 ml Fr. 2.45* *Nelle maggiori filiali
Grigliare in modo consapevole con prodotti bio. 6.30
Hamburger di manzo bio Svizzera, 2 x 115 g
2.30
Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli M-Budget e quelli già ridotti. OFFERTE VALIDE SOLO DAL 5.6 ALL’11.6.2018, FINO A ESAURIMENTO DELLO STOCK
Cosce superiori di pollo bio Svizzera, per 100 g
6.20
Bratwurst bio Svizzera, 2 x 140 g
30% Pesce fresco bio orata, salmone e trota, per es. filetto di salmone con pelle, d’allevamento, Norvegia, per 100 g, 3.75 invece di 5.40
I sanno che i prodotti bio coniugano natura e bontà in perfetta armo nia. E pertanto preferiscono grigliare con prodotti bio. I griglietariani danno importanza a un’agricoltura ecologica e sost enibile, a un ambiente intatto nonché a una protezione degl i animali, per questo confidano nei prodotti bio della Migros.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 04 giugno 2018 • N. 23
69
Idee e acquisti per la settimana
Aproz
Frizzanti messaggeri del sud Quando si è stufi di bere solo acqua minerale e le bevande dolci sono troppo zuccherate, ecco una novità perfetta per assecondare la nostra voglia di bontà: l’acqua minerale Aproz arricchita con aromi naturali di arancia. Rinfresca nei giorni più caldi con 0 calorie, 0 zucchero e 0 sostanze artificiali. Nella pratica bottiglia da un litro, quest’acqua è ideale da portare con sé in piscina, al fiume o al lago. Affinché nessuno resti a mani vuote, è disponibile anche nella confezione da sei pezzi come tutte le altre varietà.
Aproz Classic Orange 1 l Fr. 1.20 Nelle maggiori filiali
*Azione 50% su tutte le Aproz 6x1,5 l e 6x1 l dal 5 all’11 giugno
Aproz Classic Orange 6 x 1 l Fr. 3.60* invece di 7.20 Nelle maggiori filiali La nuova Aproz contiene esclusivamente acqua minerale svizzera e aromi naturali d’arancia. Da tutte le offerte sono esclusi gli articoli già ridotti.
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 04 giugno 2018 • N. 23
70
Idee e acquisti per la settimana
Bircal
Pieno splendore! Avere dei capelli forti e lucenti non è solo una questione di fortuna, anzi, contro la caduta dei capelli e problemi al cuoio capelluto, come la forfora, si può fare molto. Per esempio utilizzare con regolarità Coffein-Shampoo della linea Expertise di Bircal, può essere molto utile per stimolare la crescita dei capelli. In combinazione con il tonico aiuta a prevenire la caduta di origine ereditaria, mentre altri principi attivi agiscono sulla forfora. Lo shampoo antiforfora ha una formula comprovata che blocca la formazione di nuova forfora in modo duraturo, mentre il tonico antiforfora calma e idrata il cuoio capelluto.
Bircal Expertise Shampoo Antiforfora 200 ml Fr. 5.40
Bircal Expertise Tonic Antiforfora 200 ml Fr. 5.60
Bircal Expertise Coffein-Shampoo Anticaduta 200 ml Fr. 5.60
Capelli in ordine grazie a Bircal.
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 04 giugno 2018 • N. 23
71
Idee e acquisti per la settimana
Mondo animale
Un killer dello stress a quattro zampe I gatti hanno un effetto portentoso su stress e malumori. E sono particolarmente efficaci in caso di depressione, afferma il biologo comportamentista Dennis C. Turner Testo Ralf Kaminski
abile 1), ), Respons (3 t s ri b O la e e Ang Media Migros Pan (10 mesi) o s s re p a z n nsule progetti di co
I cani hanno un padrone, i gatti qualcuno che si occupa di loro. È corretto? Sì, qualcosa di vero c’è. Un gatto ci fa una grande gentilezza quando ci accetta. (ride) I gatti hanno anche un effetto positivo sulla salute e aiutano a combattere lo stress. In che modo? Ci sono studi che lo documentano in modo molto chiaro. Già solo avere una buona relazione con loro e stare loro vicini comporta un effetto positivo. Quando si accarezza un gatto si secernono piccole quantità di ossitocina, la «molecola delle coccole», che riduce gli ormoni delle stress, come il cortisolo.
Io e il mio gatto
«Mi piace l’indipendenza dei gatti» Pan è un giovane gatto abbastanza selvaggio. Quando torna a casa dalle sue uscite, prende sempre la rincorsa e con un alto salto ad arco sopra il davanzale atterra direttamente nel locale. «Talvolta gli capita di toccare il telaio della finestra, ma ciò non lo disturba nemmeno un po’». Angela Obrist è cresciuta con un felino e aspirava ad averne uno tutto suo. Nell’ottobre del 2017 il suo desiderio si è esaudito e ha preso un gatto direttamente in una fattoria.
In caso di depressione i gatti sono di particolare aiuto. Ancora più efficaci dei cani. Il gatto accetta la mancanza di desiderio di interazione di una persona, cosa che si verifica negli stati depressivi. Ma rimane sempre presente. È stato inoltre dimostrato che, quando le persone sono depresse, i gatti si strusciano contro le loro gambe con maggiore frequenza rispetto al solito. Quasi tutte le cliniche psichiatriche hanno perciò gatti liberi di scorrazzare in casa e in giardino.
L’ha chiamato Pan, come il dio greco delle selve, della campagna e dei pascoli. «Perché gli piace uscire e andarsene in giro e perché io spero che, come Peter Pan, non cresca mai». E Pan è davvero di aiuto contro lo stress, come per definizione si dice siano i gatti? «Assolutamente sì. Se durante il giorno qualcosa mi ha innervosita, per me è sufficiente passare un po’ di tempo con lui, la sera. Già solo con la sua presenza, con il modo in cui dimostra contentezza per la mia presenza e per il fatto che si accontenta di così poco, mi sento immediatamente più rilassata».
Tutti gli animali domestici sembrano avere un effetto positivo.
Dennis C. Turner è un biologo comportamentale e un esperto di gatti; gtta.ch
Inizialmente è stato verificato con i cani, più avanti anche con i gatti. È stato addirittura constatato che i dentisti che hanno un acquario in sala d’aspetto utilizzano il 50% in meno di antidolorifici. L’interazione con gli animali e l’osservazione della natura in generale incidono positivamente sulle persone. Gli animali possono risultare sovraffaticati da ciò? Sì, può succedere che soffrano psicologicamente se vengono sollecitati troppo in ambito terapeutico. Nei nostri corsi insegniamo a stabilire dei limiti e a riconoscere i segnali di stress nell’animale.
E perché proprio un gatto? «Mi piace il loro carattere complesso, la loro indipendenza. Con loro bisogna impegnarsi un po’». Ma Pan restituisce almeno tanto quanto riceve.
Foto zVg; J. Akiyama
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 04 giugno 2018 • N. 23
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Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 04 giugno 2018 • N. 23
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L’industria Migros comprende oggi un totale di 32 aziende, la più grande delle quali è il Gruppo Mibelle. I suoi impianti di produzione svizzeri si trovano a Buchs, AG, e Frenkendorf, BL. Sviluppa e produce per Migros prodotti per la cura del corpo e per la pulizia, nonché margarine e altri grassi alimentari. 1250 collaboratori, tra cui 54 apprendisti, lavorano attualmente presso il Gruppo Mibelle. 290 milioni di prodotti escono annualmente dai suoi impianti di produzione. Dei tre settori, cura del corpo, pulizia e alimenti, il prodotto più venduto è il detersivo per stoviglie Handy, di cui vengono annualmente prodotti 4 milioni di confezioni.
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Volo in altura con Handy Quando Stefan Wälchli sale su una mongolfiera si lascia alle spalle ogni genere di preoccupazione. Da tre anni il collaboratore del Gruppo Mibelle volteggia regolarmente nelle alte quote con il pallone Handy – un’attrazione per il pubblico Testo Ralf Kaminski, Melanie Michael; Foto Roger Hofstetter
picca il pallone arancione dalla forma del noto detersivo per stoviglie. «È molto richiesto, alcuni ospiti vogliono assolutmaente volare con questo», dice Stefan Wälchli (46), che lavora come collaboratore della vendita per il Gruppo Mibelle, l’industria di produzione Migros di Frenkendorf, BL. Come attività collaterale al lavoro, propone voli in mongolfiera. «Per via della sua forma, con questo pallone non tutto è possibile e inoltre non posso volare con più di due passeggeri per volta». Con il pallone Handy, in poco meno di tre anni Wälchli ha viaggiato in quasi tutto il paese. Alla concezione del pallone il pilota di mongolfiera è arrivato tramite un concorso di idee promosso dal suo datore di lavoro. A seguito del suo insolito formato, risulta più alto di circa 38 metri rispetto a un classico aerostato, mentre con i suoi 245 chili pesa più o meno il doppio. È stato realizzato in Spagna, presso uno dei quattro produttori attivi in Europa. Un pallone standard costa circa 100’000 franchi, il modello personalizzato ha richiesto «qualcosa in più». Stefan Wälchli vive a Riken, AG, e ha ereditato la passione per la mongolfiera da suo padre. Dal 1994 è pilota di mongolfiera; la formazione è paragonabile a quella di un pilota di aereo. «La grande differenza sta nell’obiettivo, che non si conosce mai con esattezza quando si sale con un pallone. È sempre una piccola avventura». Solo il suo legame con Migros dura da ancor più tempo: «Lì ho iniziato con l’apprendistato e da altrettanto tempo sono socio della cooperativa della mia regione». Anche sua moglie ed entrambi i loro figli lavorano alla Migros. Nessun dubbio, quindi, su quale detersivo per lavare le stoviglie si utilizza nella cucina dei Wälchli.
Un mito per rigovernare Il detersivo per stoviglie Handy festeggia il suo 60° anniversario. È il prodotto più popolare del Gruppo Mibelle e dal 1958 provvede a far brillare bicchieri, posate e piatti. Da allora il mitico design del flacone arancione è cambiato appena. Solo la composizione del prodotto è stata rivista, affinché il detersivo per stoviglie possa ancora oggi pulire al meglio. Ciò spiega il suo apprezzamento sull’arco di più generazioni.
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