Azione 02 del 10 gennaio 2022

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Anno LXXXV 10 gennaio 2022

Cooperativa Migros Ticino

G.A.A.  Sant’Antonino

Settimanale di informazione e cultura

edizione

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MONDO MIGROS

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SOCIETÀ

TEMPO LIBERO

ATTUALITÀ

CULTURA

La genesi della nascita del polo di ricerca biomedica inaugurato il 21 novembre scorso a Bellinzona

Il wrestling? Uno spettacolo in cui gli atleti portando sul ring una storia; ce ne parla Belthazar

La pandemia riduce la mobilità e ridefinisce i contorni dell’economia globale, dalla Cina agli Stati uniti

Al Musée d’Orsay di Parigi in mostra i capolavori collezionati dall’artista Paul Signac

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Enrico Martino

Darién, il muro verde fra le Americhe

Enrico Martino

Democrazia, fra terremoti e prove di restauro Peter Schiesser

«La nostra grande nazione vacilla ora sull’orlo di un abisso che si sta allargando. Senza azione immediata corriamo il serio rischio di un conflitto civile e di perdere la nostra preziosa democrazia. Gli americani devono mettere da parte le loro differenze e lavorare assieme prima che sia troppo tardi». Sono le parole di Jimmy Carter, presidente degli Stati Uniti dal  al  e con il suo Carter Center per la promozione della democrazia nel mondo tuttora una figura morale di spicco, pubblicate sul «New York Times» alla vigilia del primo anniversario dell’assalto al Congresso a Washington da parte di sostenitori di Donald Trump. Non sono parole inutilmente allarmistiche, se teniamo a mente, come fa anche Carter nel suo appello, che secondo il Survey center on american life il  per cento degli statunitensi concorda con l’asserzione secondo cui «il tradizionale stile di vita americano sta scomparendo così rapidamente che potremmo dovere usare la forza per salvarlo» e che il «Washington Post» ha riportato che il  per cento dei repubblicani crede che un’azione vio-

lenta contro il governo a volte sia giustificata. Lo shock del  gennaio  non è servito da monito, bensì ha reso più evidente e profonda la frattura fra due Americhe, quella repubblicana e quella democratica, sul fronte politico. In questo anno, quasi nessun politico repubblicano si è distanziato da Trump, consapevole che la propria base elettorale è fortemente trumpiana. Solo sette deputati alla Camera hanno osato votare in favore dell’incriminazione di Trump per incitamento all’insurrezione, subendo ingiurie e minacce. E la maggioranza dei repubblicani crede tuttora che sia stata rubata la vittoria a Trump, indottrinata dalla disinformazione veicolata dai social media, una parte di loro convinta da teorie cospirative. Non pochi, se  candidati repubblicani alle elezioni di medio termine del prossimo novembre hanno pubblicamente dato supporto alle teorie del misterioso gruppo cospirativo QAnon. Il timore dei democratici è di perdere la risicata maggioranza che hanno al Congresso e che questo spiani la strada ad una candidatura di Trump alla presidenza

nel . Se poi dovesse vincere, il timore dei suoi avversari è che il picconamento dei principi della democrazia andrà avanti ancora più velocemente che durante la prima presidenza. Già oggi in vari Stati a maggioranza repubblicana vengono modificate le leggi per impedire il voto a cittadini di ceti bassi (pro democratici) e per dare agli esecutivi (repubblicani) il potere di nominare i grandi elettori che devono certificare la vittoria del presidente. Lo stato di salute della democrazia americana non può dirsi buono. L’Amministrazione Biden ne è consapevole. Come pure sa bene che l’erosione della credibilità democratica degli Stati Uniti ha un duplice effetto sul piano geo-strategico: durante la presidenza Trump è venuto meno l’interesse per la democrazia e i diritti umani nel mondo, ciò che ha indotto regimi blandamente democratici ad atteggiamenti più autoritari; allo stesso tempo Cina e Russia approfittano propagandisticamente delle difficoltà della democrazia americana per rimarcare i successi, in termini di stabilità e benessere della società, della pro-

pria forma di «democrazia autoritaria». In sostanza, in questi anni la democrazia, la libertà, la difesa dei diritti umani hanno fatto passi indietro in molti paesi del mondo, e questo diventa una sfida planetaria, che si sovrappone a quella per la supremazia economico-militare ma anche morale fra Stati Uniti e Cina, e fra Stati Uniti e Russia. Con il vertice globale sulla democrazia del - dicembre (in forma virtuale), cui erano invitati  paesi, Joe Biden ha voluto prendere l’iniziativa di un processo che dovrebbe portare i primi frutti fra un anno. Russia e Cina, non invitati, hanno deriso il vertice come ipocrita e egemonico, vantandosi di avere una democrazia più compiuta. È vero che non pochi invitati (fra cui Congo, India, Polonia) non sono esempi cristallini di democrazia. Ma l’approccio dell’Amministrazione Biden intende essere umile: abbiamo tutti problemi con una democrazia incompiuta, mettiamoci insieme per imparare gli uni dagli altri e per migliorarla. Anche se poi prima di tutto ognuno deve riuscire a dimostrarlo in patria.


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SOCIETÀ

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La mappa dei geni Compie vent’anni il Progetto HGP, che oggi ci ha catapultati nell’era della Post-genomica

Per promuovere benessere e prevenzione fra i giovani Attiva da settembre sportinforma.ch, piattaforma di prevenzione rivolta a tutti quanti gravitano attorno le società sportive

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Le sfide del polo della ricerca

Bellinzona ◆ Ripercorriamo la storia dell’Istituto di Ricerca Biomedica e dell’Istituto oncologico di Ricerca con un occhio al futuro Parco dell’innovazione Nicola Mazzi

È una storia di successi e di crescita costante, quella dello IRB (Istituto di Ricerca in Biomedicina) e dello IOR (Istituto oncologico di Ricerca). Una storia iniziata più di venti anni or sono, grazie a una lungimirante visione politica e scientifica, e che prosegue con lo stesso entusiasmo. Un sentimento che traspare, ancora oggi, da chi ha lavorato sin da subito per la creazione dei due istituti scientifici come il professor Giorgio Noseda (presidente onorario dell’IRB), il quale ha contribuito in modo determinante, insieme ad altri promotori – Marco Baggiolini, Franco Cavalli, Paolo Agustoni, Carlo Maggini, Jean-Claude Piffaretti e Claudio Marone in primis – a realizzare un vero e proprio polo di ricerca scientifica a Bellinzona.

Il nuovo Campus IRB e IOR a Bellinzona, in un’immagine dello scorso agosto.(Ti-Press)

Il progetto di un polo di ricerca medico-scientifica a Bellinzona nasce nella seconda metà degli anni Novanta grazie a una lungimirante visione Di recente è stata inaugurata nella capitale la nuova sede (l’ultimo progetto, prima di andarsene, dell’architetto Aurelio Galfetti), che ospita IRB, IOR e alcuni laboratori dell’EOC, con i loro  ricercatori. Un numero ancora più impressionante se si pensa che all’inizio gli scienziati bellinzonesi, sotto la guida dell’ex direttore Antonio Lanzavecchia, erano solo una trentina. Un inizio che lo stesso professor Noseda ricorda così: «Nel , ero ospite, con Franco Cavalli, di una trasmissione radiofonica curata da Lorenzo De Carli. Il giornalista ci chiese se fossimo soddisfatti della fondazione dell’USI avvenuta l’anno precedente. Noi rispondemmo che l’università era nata monca con le tre facoltà di stampo umanistico. A nostro avviso occorreva completarla con una facoltà scientifica. Il  dicembre del  un gruppo di medici si riunì al San Giovanni di Bellinzona e pensò di creare un istituto di ricerca sul quale, in seguito, sviluppare la facoltà. Nel , come presidente, firmai l’atto di fondazione dell’IRB e partimmo alla ricerca della sede, dei fondi e dei ricercatori». Tre anni più tardi, il  settembre del , ci fu l’inaugurazione dell’IRB nella Casa Fabrizia di Bellinzona. In quel momento nacque ufficialmente l’istituto diretto da Antonio Lanzavecchia. Lo IOR nacque sull’entusiasmo dell’IRB, grazie soprattutto alla spinta data dal dottor Franco Cavalli nel . Come ricorda lo stesso Cavalli nel volume appena pubblicato da Casagrande La scienza che aiuta l’istitu-

to fu fondato partendo da due piccoli laboratori di ricerca creati a La Carità di Locarno e si stabilì nella stessa Casa Fabrizia al fine di sfruttare sinergie impensabili fino ad allora, soprattutto per quel che riguarda le piattaforme tecnologiche. Alla direzione fu nominato Carlo Catapano (tuttora in carica) a cui si aggiunsero altri ricercatori attivi nel settore oncologico. La crescita è stata consolidata da numerose pubblicazioni, nelle più importanti riviste scientifiche («Science», «Nature», «Cell», ecc.) sulle scoperte fatte a Bellinzona. In primis quelle di Lanzavecchia, che inclusero scoperte fondamentali sulla presentazione dell’antigene, la memoria immunologica e gli anticorpi monoclonali umani. Nel suo laboratorio ha sviluppato metodi per isolare anticorpi monoclonali umani che sono stati sviluppati per terapie contro importanti malattie infettive, come l’Ebola. Scoperte che sono continuate negli anni anche per lo IOR: in particolare relative a strategie innovative per il trattamento del cancro. Fino ad arrivare alle più recenti scoperte legate a un anticorpo di seconda generazione contro il nuovo coronavirus (SARSCoV-) e le sue varianti. «I collaboratori dell’IRB – sottolinea il presidente

onorario – hanno portato avanti studi importanti, che hanno originato oltre  pubblicazioni scientifiche nelle migliori riviste internazionali (a cui si aggiungono le  dello IOR), con un impact factor – che misura l’importanza globale delle pubblicazioni – di ,, uno dei più alti a livello internazionale. E i brevetti registrati sono una trentina (oltre ai  dello IOR) così come numerosi e importanti sono stati i premi nazionali e internazionali attribuiti a collaboratori dei due istituti». Un’altra tappa fondamentale, nello sviluppo dei due istituti bellinzonesi, è stata sicuramente la loro affiliazione all’Università della Svizzera italiana. Se questo passo per l’IRB avvenne nel  (anche se le prime sinergie erano già nate nel ), per lo IOR fu sancito nel . Due momenti fondanti anche per la nuova Facoltà di scienze biomediche, che ha iniziato i corsi nell’autunno del . Come ricorda ancora Giorgio Noseda i due istituti di ricerca sono stati uno dei tre pilastri della nuova Facoltà. «Il primo è sicuramente l’EOC e i suoi specialisti. Il secondo è la collaborazione, trovata dall’ex presidente dell’USI Piero Martinoli, con il Politecnico federale di Zurigo, per il bachelor. Il terzo è appunto la presenza in Ticino

di IRB e IOR in Ticino: la ricerca di base è essenziale per una Facoltà di biomedicina». E ora? Come detto la nuova sede è l’ultimo tassello di questo ventennale percorso contraddistinto da molti successi. Ma è solo una tappa intermedia perché i progetti sono ancora numerosi e le sfide aperte ancora parecchie. Ce le illustra ancora Giorgio Noseda. «Lo sviluppo della ricerca scientifica nella capitale sta attirando anche altre realtà. Per esempio, la Fondazione Agire, membro dello Swiss Innovation Park, ha deciso di spostare la sua sede da Manno a Bellinzona, proprio negli spazi di Casa Fabrizia, contribuendo alla creazione del Parco dell’innovazione (specialmente nel campo biologico e biotecnologico) previsto dal Cantone su parte del terreno che verrà liberato dalle Officine delle FFS, che si trasferiranno a Castione nei prossimi anni. In questo modo si creerà un polo biotecnologico industriale grazie all’arrivo di alcune start-up che oggi sono sotto l’ala della stessa Fondazione. Un Parco dell’innovazione che avrà una stretta collaborazione con gli altri istituti come l’IRB (oggi diretto da Davide Robbiani) e lo IOR». Nel contempo, come sottolinea

ancora Noseda, «è già necessario pensare a un secondo edificio, vicino a quello appena inaugurato, perché i  posti sono già tutti occupati dai ricercatori. Oltre a loro sono attivi a Bellinzona circa  studenti di dottorato e i gruppi di ricerca continuano ad allargarsi. L’idea è quindi di progettare un secondo stabile per accogliere i nuovi ricercatori, gli studenti e un auditorium da - posti». Un altro progetto al quale si sta lavorando ha anche una valenza simbolica tutt’altro che trascurabile. Una visione che ha radici antiche e che si sta concretizzando. «Speriamo di poter, un domani, avere sui terreni delle ex Officine alcuni laboratori del Politecnico di Zurigo. Un progetto del quale si parlava addirittura negli anni , quando Brenno Galli chiese a Berna di istituire una terza sede del Politecnico nella Svizzera italiana. Un fatto che finora non si era mai concretizzato, ma che forse tra qualche anno potrà contare su una prima antenna di un futuro Politecnico nella Svizzera italiana». Un sogno forse, ma che vista la velocità con la quale si è sviluppata la ricerca scientifica in questo ventennio, potrebbe un giorno – non troppo lontano – diventare realtà.


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Un Centro per più generazioni

Pro Senectute ◆ A Solduno è stato da poco inaugurato il nuovo Centro diurno socio-assistenziale Insema in un complesso dove convivono diversi servizi Guido Grilli

Un luogo capace di riunire più generazioni, una moltitudine di servizi che tratteggia i contorni di una moderna concezione del vivere e che pone al centro relazioni sociali e risponde a bisogni concreti. L’unicità si è da poco compiuta a Solduno. Parliamo del nuovo complesso, inaugurato lo scorso novembre, dove è sorto un vero e proprio polo denominato Isolino, in cui converge una varietà di offerte. Dichiara Vasco Viviani, coordinatore del Centro diurno socio-assistenziale, Insema, che rappresenta uno degli importanti tasselli del mosaico: «Sì, oltre alla struttura gestita da Pro Senectute su mandato del Cantone, il complesso ospita un ristorante gestito da Pro Infirmis e la palestra Vita Attiva, legata alla prevenzione delle cadute e al movimento, offrendo la possibilità agli anziani di svolgere fisioterapia per il mantenimento della loro forma. Chi visita il nuovo complesso abitativo Isolino accede a diverse strutture per il benessere della terza età. Il centro è aperto agli over  per quanto attiene agli utenti di Pro Senecute, ma poi per quanto riguarda la fruizione alla palestra Vita Attiva e al ristorante l’offerta si estende anche alle altre fasce di età. Va detto che nel complesso trova posto anche l’asilo nido gestito dalla Scuola universitaria della Svizzera italiana, Supsi, dove in futuro saranno previsti incontri intergenerazionali tra i bambini della scuola dell’infanzia e gli anziani del centro diurno socio-assistenziale». Un’altra peculiarità del complesso abitativo locarnese, che al suo interno ospita ottanta appartamenti, appare quella di una vera e propria siner-

gia fra gli attori dei vari servizi che lo compongono. «Tra le strutture – conferma Vasco Viviani – esiste un chiaro collegamento. C’è una collaborazione reciproca tra gli operatori e questo forma un tessuto importante sul territorio, per il quartiere e per la città. Il centro diurno socio-assistenziale, uno dei  gestiti da Pro Senecute in Ticino, si rivolge a una popolazione anziana autonoma e autodeterminata per mantenere l’anziano a domicilio, per sgravare i famigliari curanti, per garantire una socializzazione e un benessere all’anziano, con attività legate alla sfera motoria, alla sfera cognitiva e sociale. Noi stimoliamo il corpo, la mente e la compagnia per far sì che si invecchi in forma e si viva in modo autonomo più a lungo possibile. Lavoriamo con la risorsa dell’utente e non con il deficit, cerchiamo di stimolarlo a mettersi in gioco e cercare di essere ancora partecipativo, pro-attivo e capace di decidere di se stesso e dirsi, ad esempio, “oggi ho voglia di tombola, oggi vengo al polo Isolino e faccio ginnastica, due chiacchiere, leggo il giornale e poi vado all’aperitivo al bar”. Con la pandemia garantiamo attività in sicurezza, con ad esempio un numero più ristretto di anziani, ma sempre nello spirito di una socializzazione, uno stimolo a nuove amicizie e interessi comuni con la nascita di gruppi che si possano ritrovare anche all’esterno. Il nuovo Centro diurno socio-assistenziale si propone sia agli anziani che richiedono una presa a carico, ad oggi una decina, sia agli anziani autonomi che sono in questo momento una ventina. Le attività sono gratuite, compreso il trasporto dal domicilio al centro,

ad eccezione delle uscite o di proposte che richiedono materiali particolari e dei pasti». Un luogo, il complesso inaugurato a novembre in via Domenico Galli , accomunato dalla parola sinergia. «Sullo stesso sedime sono riuniti obiettivi comuni, persone ed enti che hanno come scopo il benessere della popolazione, non solo anziana. L’auspicio è che al centro diurno non si giunga a - anni, bensì il nostro augurio è che a  anni vi sia una prima visita, si condivida un evento. Un primo incontro che gradualmente può ripetersi: perché quando si conosce una struttura di questo tipo nel momento in cui si è ancora autonomi, poi sarà più facile essere coinvolti, proporre nuove idee, progetti, investire energie, e favorire in definitiva il mantenimento delle proprie risorse. Se al contrario gli anziani attendono a frequentare il centro quando le risorse sono più inaridite sarà più difficile stimolarli». Qual è il bilancio di questa nuova realtà intergenerazionale a pochi mesi dall’inaugurazione del complesso? «Si attendeva da lungo tempo e con grande aspettativa l’apertura di questo centro e i suoi diversi servizi. Ci stiamo addentrando nel pieno dell’offerta e avvertiamo riscontri positivi. Stiamo notando un’ottima collaborazione sia esterna, con gli assistenti sociali del Comune e la Commissione di quartiere, sia interna con le diverse figure professionali degli altri enti coinvolti, con i quali lavoriamo in comunione. C’è uno scambio e una buona cooperazione a vantaggio di tutte le persone che gravitano attorno al centro. Il nuovo complesso abitativo Isolino, aperto in settimana dalle 9.00 alle 17.00 e il sabato dalle 9.30 alle 13.30.

Non basta dire «green» per esserlo Motori ◆ Come giudicare l’eco-compatibilità di un’auto? Esistono veicoli amici del verde? Mario Alberto Cucchi

Si sente sempre più parlare di greenwashing. Ma che cosa vuol dire? Letteralmente significa «lavaggio verde», tuttavia viene tradotto con «ecologismo di facciata». Indica strategie finalizzate a costruire un’immagine ingannevolmente positiva sotto il profilo dell’impatto ambientale. Non basta dire green per esserlo veramente.

Tra le più impegnate case Automobilistiche, la Volvo ha fatto della sicurezza sostenibile una bandiera sin dagli anni Novanta Eco-sostenibile, eco-compatibile, riciclabile e riciclato. Parole importanti dietro le quali ci sono investimenti di milioni di euro e anni di progetti. Ecco allora che prima di proclamarsi green in futuro bisognerà essere certi di esserlo davvero. Se, ad esempio, una parte del prodotto è in materiale riciclabile, ma è solo una parte, significa che quella parte riduce l’inquinamento, ma il resto no. Sullo scottante argomento si è espresso un tribunale italiano, quello di Gorizia, con un’ordinanza. «La sensibilità verso i problemi ambientali è oggi molto elevata e le virtù ecologiche decantate da un’impresa o da un prodotto possono influenzare le scelte di acquisto», hanno rilevato i magistrati aggiungendo che le «dichiarazioni ambientali verdi devono essere chiare, veritiere, accurate e non fuorvianti, basate su dati scientifici presentati in modo comprensibile». Insomma, non un’operazione di facciata ma sostanziale. Nel «caso» italiano, il ricorso era stato presentato da Alcantara che dubitava della correttezza di un concorrente che aveva ultimamente preso quote di mercato nel mondo automotive. Con riferimento ai claim «microfibra ecologica», «amica dell’ambiente» e «scelta naturale» il Tribunale

di Gorizia ha affermato che «i messaggi pubblicitari denunciati sono molto generici e sicuramente creano nel consumatore un’immagine green dell’azienda senza peraltro dar conto effettivamente di quali siano le politiche aziendali». E allora la domanda sorge spontanea: ma le automobili sono davvero green? Senz’altro tutti i Costruttori da anni si impegnano verso una sostenibilità maggiore. Prendiamo l’esempio di Volvo. La Casa svedese ha fatto della sicurezza sostenibile una bandiera sin dagli anni Novanta. Non certo da ieri. Oggi il «manifesto del futuro di Volvo Cars» è la Concept Recharge a trazione % elettrica. Il costruttore prevede di vendere solo auto completamente elettriche entro il  e mira a diventare un’azienda circolare e climaticamente neutrale entro il . Come? Componenti sostenibili per gli interni, pneumatici realizzati con materiale riciclato rinnovabile, ma non solo. La Casa svedese ha persino sviluppato internamente anche un nuovo materiale denominato Nordico. Viene utilizzato per gli schienali dei sedili e i poggiatesta, così come per una parte del volante. Viene realizzato con ingredienti a base biologica, riciclati e provenienti da foreste sostenibili in Svezia e Finlandia. Questo garantisce un’impronta di CO inferiore del % rispetto alla pelle. L’impegno di Volvo c’è. D’altra parte, secondo un recente studio condotto da McKinsey, circa il % dei consumatori nelle loro scelte di acquisto sono pronti a optare per prodotti eco-friendly rispetto a quelli tradizionali, anche pagando prezzi più elevati. Per concludere, oggi si sente indubbiamente la mancanza di un certificatore super partes che indichi al consumatore in che percentuale l’automobile che si intende acquistare è realmente «ecologica». Siamo convinti che questa sia la sola direzione perseguibile. Annuncio pubblicitario

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MONDO MIGROS

Leggeri, versatili e squisiti

Attualità ◆ Gli spinaci sono un concentrato di sostanze benefiche per il nostro organismo e permettono di realizzare tante gustose ricette economiche

Gli spinaci sono originari della Persia e si ritiene che furono introdotti in Europa attorno all’anno , probabilmente dagli arabi. Poverissimi di calorie, dal gusto delicato e di facile digestione, sono particolarmente indicati per le persone anemiche, i bambini e chi ha lo stomaco delicato. Malgrado il loro contenuto di ferro sia sicuramente degno di nota, è comunque inferiore rispetto a quello che si è voluto far credere per decenni attraverso il simpatico personaggio dei fumetti Braccio di Ferro (Popeye). Gli spinaci apportano anche molte vitamine, in particolar modo quelle dei gruppi A, B e C, come pure sostanze amare in grado di favorire la digestione, betacarotene e acido folico. In cucina l’ortaggio si presta bene per preparare tantissimi piatti. Le foglie più tenere si possono consumare crude in insalata, sono un ottimo e colorato ingrediente per frittate, crêpe, sformati, soufflé, risotti, paste, zuppe, passate ecc., sono irresistibili da soli saltati brevemente nel burro oppure campeggiano nel piatto principale che vi proponiamo in questa pagina. Gli spinaci sono ortaggi molto delicati. In negozio badate a che abbiano foglie asciutte, ben verdi e lucide. Gli spinaci bagnati deperiscono rapidamente. Una volta acquistati si conservano al massimo  giorni in frigorifero nel cassetto delle verdure. L’ideale sarebbe consumarli lo stesso giorno dell’acquisto.

La ricetta Spinaci e piselli gialli con uova in camicia Piatto principale per 4 persone

Preparazione

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1. Lessate i piselli gialli in abbon-

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Azione 21% Spinaci Italia, conf. da 500 g Fr. 2.20 invece di 2.80 Dall’11.01 al 17.01.2022

200 g di piselli gialli 400 g di spinaci 2 spicchi d’aglio 2 cucchiai d’olio di colza 1 cucchiaio di senape semiforte sale pepe 2 l d’acqua 8 cucchiai d’aceto di vino bianco 4 uova

Quando la raclette è 100% ticinese Azione 15% Raclètt du Gutard (Raclette Gottardo), per 100 g Fr. 2.55 invece di 3.–

In Svizzera, si sa, il formaggio è re. Praticamente ogni cantone ha la sua tipica specialità casearia. Uno dei formaggi che ben rappresenta il nostro paese in tutto il mondo è la raclette. Questo formaggio è conosciuto in Vallese da oltre  anni, anche se il termine «raclette» viene ufficialmente utilizzato dal . Il nome deriva dal termine francese «racler» (raschiare), poiché il modo più classico e originario per gustarlo è quello di porre una mezza forma di formaggio sul fuoco, raschiandone la parte che si scioglie. Da qualche tempo anche il Ticino può vantare il suo formaggio da raclette, a cui è stato dato il simpatico nome in dialetto airolese di «Raclètt du Gutard». È prodotto ispirandosi alla ricetta originale del Caseificio del Gottardo di Airolo, utilizzando latte crudo vaccino raccolto in Alta Leventina. Si caratterizza per il suo gusto deciso e aromatico, dato dalla

dante acqua per ca.  minuti.

2. Lavate gli spinaci e sgocciolate-

li bene. Schiacciate l’aglio e fatelo appassire nell’olio per ca.  minuti. Unite gli spinaci e la senape e continuate la cottura finché gli spinaci si afflosciano. Scolate i piselli e aggiungeteli agli spinaci. Condite con sale e pepe. 3. Portate a ebollizione l’acqua con l’aceto. Rompete ogni uovo in una

tazza diversa. Fatele scivolare nell’acqua acidula bollente e lasciate che si rapprendano. Dopo  minuto, con un cucchiaio avvolgete il tuorlo con l’albume. Cuocete per altri  minuti. Estraete le uova e lasciatele sgocciolare bene. Servite le uova in camicia sugli spinaci e i piselli.

La pizza a casa in pochi minuti

Attualità ◆ Con Pizzaporté su Smood.ch puoi farti consegnare la pizza preferita in un clic e pagare comodamente con carta di credito o Paypal

Dall’11.01 al 17.01.2022

flora alpina di cui si cibano le vacche. La stagionatura dura ca.  mesi. È venduto a blocchi da ca.  g, facili da affettare.

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tana) nelle regioni di Chiasso, Lugano, Bellinzona, Locarno e Agno. Per il pagamento sono accettate tutte le principali carte di credito. Ordinazioni su Smood.ch


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SOCIETÀ

I vent’anni del Progetto Genoma Umano Ricerca

La prima «mappa» dei geni dell’uomo ci ha permesso di conoscere meglio il nostro DNA con importanti esiti pratici

L’impresa è paragonabile a quella che ha portato l’uomo sulla Luna, nel : un formidabile impiego di uomini, tecnologie, conoscenze scientifiche di vario genere e tantissimi soldi. Con una differenza. Invece di percorrere centinaia di migliaia di chilometri, il viaggio è avvenuto dentro il corpo umano, anzi nel cuore della cellula, il nucleo, dove stanno i geni. L’impresa, conclusasi vent’anni or sono, è il Progetto Genoma Umano (Human Genome Project, HGP). Tutto iniziò nel , da una proposta del Nobel per la medicina Renato Dulbecco (-): per il progresso della medicina e della biologia – sosteneva – è indispensabile la conoscenza di tutti i geni umani, il cosiddetto genoma. Non solo. I risultati di questo Progetto devono essere accessibili a tutti gli scienziati, perché i geni sono patrimonio dell’umanità. Spesa allora preventivata,  miliardi di dollari per dieci anni di lavoro.  anonimi donatori offrirono le loro cellule e nel  iniziarono i lavori di un consorzio pubblico internazionale guidato dagli Istituti Nazionali di Sanità degli Stati Uniti (National Institutes of Health). Nel , Craig Venter – uno dei ricercatori dell’HGP – in disaccordo con i metodi usati e per la lentezza dei lavori, fonda una società privata, la Celera Genomics, in concorrenza con quella pubblica. La Celera introduce nuove tecnologie, fa ampio uso dell’informatica per trattare e immagazzinare i milioni di dati delle sue ricerche, ma si fa strada il timore che Venter voglia «privatizzare» la ricerca sul genoma, brevettando le sue scoperte. Nel , con la mediazione del primo ministro britannico Tony Blair e del presidente USA Bill Clinton, le due rivali si accordano: le rispettive ricerche andranno avanti con un continuo scambio d’informazioni. Contemporaneamente, partono altri progetti per conoscere il genoma di animali (ratti per sperimentazioni, batteri, virus) e vegetali di parti-

colare importanza per l’alimentazione, come il riso. Nel , sulle riviste scientifiche «Nature» e «Science», sono pubblicati i risultati delle ricerche dell’HGP e di Celera: è la prima mappa completa (meglio, quasi completa) della sequenza del genoma umano. Da allora sono trascorsi già vent’anni, da poco conclusi. Che cosa significa «sequenza»? I geni contenuti nei cromosomi sono fatti di DNA (acido deossiribonucleico) e sono formati da quattro sostanze chiamate nucleotidi: adenina (A), timina (T), citosina (C) e guanina (G). Il DNA è un filamento (anzi due filamenti appaiati) come una collana: le sferette (nel DNA umano sono circa tre miliardi) di questo filamento sono le quattro molecole (A, T, C, G) disposte in un certo ordine. In un gene, c’è una sequenza, per esempio, AATCGAGG… eccetera, in un altro gene è GGGCTAAT… eccetera: ogni gene ha una sequenza diversa che forma un «codice» genetico, il quale serve per costruire le migliaia di proteine che formano e fanno funzionare gli esseri viventi. Un gene, una proteina: sequenziare un genoma significa conoscere – per ogni gene – l’ordine in cui sono disposte A, T, C e G. In questo modo è possibile avere una mappa del genoma di ogni vivente: sappiamo su quali cromosomi stanno i geni, in quale punto dei vari cromosomi, la sequenza di ciascun gene, la proteina che producono. Una precisazione. Nel  non si è chiusa un’era: ovvero, ora che conosciamo il genoma non siamo a posto. Dal , infatti, è iniziata l’era della Post-genomica: i dati del sequenziamento vanno verificati a caccia di eventuali errori; le sequenze vanno interpretate, cioè si deve scoprire quali proteine codificano; controllare se ci sono ancora geni da scoprire; di fatto quest’anno sono stati scoperti altri  geni sconosciuti. A proposito: quanti sono i geni umani? Allo stato attuale circa mila, meno dei mila ipotizzati.

Pixabay.com

Sergio Sciancalepore

Una curiosità. La cipolla ha più geni dell’uomo, circa mila: come mai? La spiegazione sta nell’organizzazione dei geni. Nell’uomo, certamente più complesso della cipolla, i geni sono diversamente organizzati, hanno una disposizione più «razionale», più efficiente. Moltissimi i risultati pratici di questo immenso lavoro di ricerca, ed è per questo impossibile citarli tutti; ci limiteremo a ricordarne un paio. In primo luogo, è stato possibile svelare un enigma che da decenni era un rompicapo per i genetisti. Solo il  per cento del DNA serve a codificare proteine: e il restante , a cosa serve? Non si aveva nessuna idea, tanto che qualcuno propose di chiamarlo «DNA spazzatura». Altro che spazzatura. Si è scoperto che questo DNA non codifica proteine ma svol-

ge una funzione determinante nel regolare l’attività dei geni codificanti. Inoltre, produce minuscoli frammenti di RNA (acido ribonucleico), i cosiddetti «micro-RNA», fondamentali nel regolare la sintesi delle proteine: in anni recenti, si è scoperto che i micro-RNA hanno un ruolo importante nello sviluppo dei tumori, delle malattie cardiovascolari e altre ancora. In oncologia, è stato possibile individuare geni che – a causa di una mutazione della sequenza – hanno un ruolo nel causare tumori: è il caso dei geni che provocano le leucemie o dei geni ereditabili BRCA/ che aumentano il rischio di un tumore della mammella e dell’ovaio. Grazie alle ricerche svolte nell’HGP, è stato inoltre possibile sviluppare un metodo di classificazione dei tumori, in base al-

le caratteristiche genetiche. I tumori del colon, per esempio, possono essere suddivisi in sottotipi con diverse caratteristiche genetiche: analizzandole, è possibile sapere a quale farmaco è più sensibile un sottotipo genetico o anche progettare farmaci efficaci contro i sottotipi di tumori. Un’ultima considerazione riguardo l’importanza dell’HGP. Se è stato possibile avere nel giro di pochi mesi vaccini efficaci contro il coronavirus causa del COVID-, lo si deve proprio alle tecnologie e alle conoscenze sviluppate nel corso dell’HGP: nel giro di poche settimane, infatti, i virologi e i genetisti hanno potuto mappare il genoma del virus (e delle sue varianti), identificando il bersaglio da colpire con i vaccini, la proteina «spike», quella che permette al virus di infettare le cellule.

Viale dei ciliegi Francesco Ramilli Il mistero di Poggio Ortica Il Castoro. (Da 9 anni)

Un giallo ambientato in un villaggio al limitare del bosco, abitato da una comunità di animali: Vernon il volpone, Adele l’anatra con i suoi anatroccoli, Gaspar il gufo, Roger il rospo, Felicia la faina, Conrad il coniglio… Detta così sembra una simpatica storia di animaletti parlanti e nulla più. Ma invece è molto di più, è un romanzo intenso, con una forza simbolica e narrativa coinvolgente. Delle morti misteriose inquietano gli abitanti di Poggio Ortica, alcuni membri della comunità vengono trovati squartati da artigli e denti affilati. Tutti pensano che il brutale assassino provenga da fuori, dal minaccioso Bosco Buio che sta al di là del muro, quel muro che cinge, come una barriera di sicurezza, il villaggio. Servono allora dei volontari, che abbiano il coraggio di indagare, raccogliendo testimonianze dentro le mura e spingendosi poi anche fuori, alla ricerca del mostro. Questi volontari, che diventeranno i personaggi principali del romanzo, saranno Ver-

di Letizia Bolzani

non, un volpone poeta, e Adele, un’anatra dal cuore di eroina. Non svelerò altro, mi limiterò a sottolineare l’ottima padronanza del ritmo narrativo da parte del giovane autore, classe , al suo esordio con questo romanzo, la cui trama, soprattutto nel finale, è trascinante. Un altro valore di questo libro è la sua forza simbolica, e non solo per la questione del muro che divide noi civili, all’interno, da loro là fuori, le esterne, selvagge, presenze straniere. Ma soprattutto per quello che riguarda la gestione della nostra parte in ombra, quella degli istinti più brutali, quella dell’io prevaricante, teso al potere. E se il

male, la violenza, sono anche in noi, non per questo dobbiamo rassegnarci a pensare che la realtà sia cattiva. Vernon a un certo punto è così deluso da voler rinunciare a sperare in un lieto fine: «Nelle storie (…) gli investigatori risolvono il caso e arrestano il colpevole. Ma la realtà è diversa. La realtà è cattiva». Ma la saggia Adele, il cui coraggio risiede anche nel non smettere di credere in un lieto fine, gli dice (con quel delizioso pronome di cortesia che i due si rivolgono per tutto il tempo): «Vernon, non lo faccia…Il lieto fine dipende da come scegliamo di agire. Ci sono storie buone e storie cattive. Non sono tutte uguali». Nicoletta CinquettiElisabetta Civardi Piccolo Cavallo Città Nuova editrice. (Da 2 anni

Presentare questo incantevole albo attraverso parole scritte è un po’ frustrante, perché per renderne l’idea bisognerebbe usare parole parlate, e mostrarne le immagini. Sì, perché oltre al valore delle immagini, che colgono la leggerezza limpida della sto-

ria, c’è proprio, nel testo di Cinquetti, un intento fonico-timbrico che lo rende perfetto per la lettura ad alta voce, dialogata, condivisa. «Piccolo Cavallo corre sul prato e si sente plicchete plicchete plicchete. Strano. I cavalli di solito fanno cloppete cloppete cloppete. Piccolo Cavallo, invece, fa plicchete plicchete plicchete. Sapete perché? Perché Piccolo Cavallo è un cavallo molto piccolo. Piccolo quanto? Piccolo come un bambino». Già da questo incipit si può cogliere il gioco dei suoni onomatopeici (ben interpretati graficamente dall’illustratrice) e l’incedere narrativo che tiene conto dei destinatari-ascoltatori, chiamandoli in causa, dan-

do voce alle loro istanze. La storia è semplice, ma Cinquetti sa infonderle una grazia che la rende poetica, e perfettamente a misura di bambino. C’è Piccolo Cavallo, che forse non a caso è blu, come quel Marco Cavallo, icona dei matti di Franco Basaglia (e si sa, che poeti, matti e bambini se la intendono molto bene), o come quel Cavallo Blu del «Blaue Reiter» Franz Marc. E c’è Gatto Arancione, che a un certo punto si manifesta, dapprima come voce (la voce, che questo libro onora): «Chi è stato che ha detto “Anche a me”? Piccolo Cavallo si volta e vede Gatto Arancione». In realtà Gatto Arancione spuntava dai cespugli già nelle pagine precedenti, e i bambini, a cui non sfugge niente, si divertiranno a notarlo. Piccolo Cavallo e Gatto Arancione trascorreranno una giornata insieme, tra avventure, piccole scoperte e grande amicizia. Poi viene buio, e «dobbiamo parlare a voce bassa» (ecco ancora la meraviglia della voce) perché i due amici si sono addormentati. Perfetta anche per accompagnare i bambini al sonno, questa storia inaugura, nella collana «I nuovi colori del mondo», una nuova sezione dedicata ai più piccoli.


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Anno LXXXV 10 gennaio 2022

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SOCIETÀ

Prevenire, anche nello sport

Fumetti matematici

sportinforma.ch ◆ Il Cantone ha attivato un servizio per promuovere il benessere dei giovani e proporre attività di prevenzione concrete e facilmente applicabili

Web ◆ Continuano le avventure di Ellie

Elia Stampanoni

Presentata lo scorso settembre, la nuova piattaforma di prevenzione nello sport del Cantone Ticino sportinforma.ch, ha avuto sin da subito un buon riscontro, come ci ha riferito a inizio dicembre Anna Vidoli, coordinatrice di progetto «Abbiamo già messo in atto la formazione con una società sportiva e abbiamo ricevuto altre richieste, per le quali stiamo concretizzando le tempistiche. Il riscontro è per ora molto positivo e ci sono anche ottimi segnali in contesti con un’alta necessità di lavorare sulla sensibilità degli adulti nel loro approccio con il giovane atleta». L’iniziativa è stata promossa dall’Ufficio del sostegno a enti e attività per le famiglie e i giovani (UFaG) del Dipartimento della sanità e della socialità (DSS), congiuntamente all’Ufficio dello sport del Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport (DECS). Si tratta di un programma volto a formare, consigliare e accompagnare tutte le persone attive nelle società sportive, siano esse istruttori, presidenti, coach G+S, membri di comitato, atleti o anche genitori e altri attori coinvolti nelle attività dei club. Gli ambiti con le maggiori richieste, come sottolinea Anna Vidoli, sono la comunicazione e la relazione tra allenatori, atleti e genitori a bordo campo, ma pure i nuovi mezzi d’informazione, dove i monitori o le altre figure coinvolte si trovano a volte sprovvisti degli strumenti necessari. Il primo approccio prevede un incontro preliminare per conoscere la società e individuare i reali bisogni. In seguito sarà proposto un modulo base sulla promozione della salute e sull’intervento precoce, prima di procedere con la formazione secondo il «pacchetto» scelto. Il primo dei tre interessa il rispetto e comprende aspetti quali i valori dello sport, bullismo, razzismo, discriminazioni di genere oppure omo/bi/transfobia. Aspetti delicati, che vengono trattati in collaborazione con diversi partner specializzati e attivi da anni nella Svizzera italiana (per esempio All Sport Association, Zonaprotetta, Fondazione Diritti Umani, Radix Svizzera Italiana o lo psicologo e psicoterapeuta Giona Morinini). Lo stesso concetto si applica anche per i problemi legati alla salute,

Attraverso lo sport si imparano valori come l’amicizia e la solidarietà, oltre che ad agire in squadra. (Ti-Press)

È online da oggi la nuova puntata dei fumetti creati nell’ambito del progetto Matematicando del Centro competenze didattica della matematica del DFA della Supsi. Si tratta dei viaggi nel tempo che la giovane Ellie compie grazie agli occhiali virtuali costruiti dal geniale zio Angelo alla scoperta dei personaggi che hanno fatto la storia della matematica. Questa nuova puntata è dedicata a Eulero. I fumetti si trovano sul sito www. azione.ch/societa, sezione «Vivere oggi» (oppure inserendo la parola «matematicando» nel campo di ricerca).

quindi al mentale, alla gestione dello stress, alla salute sessuale, all’uso consapevole delle moderne tecniche d’informazione o alle dipendenze. Anche per il terzo «pacchetto», incentrato sulla comunicazione e sulle relazioni (inclusi i non sempre facili rapporti tra monitori, atleti e genitori), si tratta in pratica di offrire formazioni e consulenze nell’ambito della prevenzione, per accompagnare al meglio le persone coinvolte nelle società sportive. Figure che, essendo a contatto diretto con i giovani, possono intervenire in modo mirato in caso di problematiche e difficoltà. Per i diversi incontri non c’è una tempistica prestabilita ma, nell’insieme, sono da prevedere circa  ore, suddivise tra i vari moduli. Come leggiamo sul sito web del progetto, lo sport, sia agonistico sia amatoriale, se caratterizzato da una competizione esasperata può generare dei comportamenti aggressivi e inappropriati. Si pensi per esempio al tifo violento, ai conflitti con i genitori, agli insulti indirizzati agli arbitri, all’esagerazione della prestazione o all’uso di sostanze illecite. Lo sport è però nel contempo un tassello importante nella crescita dei

bambini e degli adolescenti, diventando pure un ambiente d’apprendimento che può influire sullo sviluppo delle relazioni con gli altri e pure della considerazione che si ha di sé stessi. «Proprio attraverso lo sport – riporta la nuova piattaforma di prevenzione – anche i più piccoli apprendono diversi valori: amicizia, solidarietà, lealtà o, ancora, il rispetto per gli altri. I bambini sperimentano il lavoro di squadra, l’autodisciplina, l’autostima, la modestia, la capacità di affrontare i problemi, la leadership e molto altro». Affinché tutti questi benefici possano manifestarsi è però necessario un contesto che permetta ai ragazzi di sfogare la propria creatività e le proprie iniziative, nonché garantire lo sviluppo delle capacità emotive e intellettuali. Il progetto ha nel portale sportinforma.ch il suo mezzo divulgativo e s’inserisce nel più vasto Programma cantonale di promozione dei diritti dei bambini, di prevenzione della violenza e di protezione di infanzia e gioventù (fascia d’età dai  ai  anni), avviato dal Consiglio di Stato lo scorso aprile e applicato per il quadriennio -. Al suo interno ha trovato spa-

zio la prevenzione in ambito sportivo, poiché anche in questo settore è importante che ci sia una maggiore consapevolezza dei segnali di vulnerabilità dei giovani. «È fondamentale sviluppare un linguaggio e un atteggiamento comuni, per poter rispondere rapidamente a situazioni di disagio», citava il comunicato stampa in sede di presentazione, aggiungendo come si possa così favorire l’integrazione dell’ambito sportivo in una rete di prevenzione e di sensibilizzazione sempre più efficace per la protezione dell’atleta. Le società che partecipano alla formazione devono prevedere una spesa di circa  franchi, ossia il % dei costi complessivi, mentre il restante % è coperto dall’UFaG, per facilitare l’adesione anche ai club più piccoli. Alla fine del processo, oltre ad aver acquisito utili informazioni e validi strumenti per prevenire le problematiche legate all’attività sportiva e per promuovere il benessere dei giovani, i partecipanti riceveranno un attestato di frequenza rilasciato dal DSS e dal DECS. Informazioni https://www.sportinforma.ch/

Scoprire le professioni Favorire una scelta di percorso responsabile, in grado di soddisfare gli interessi e le ambizioni di ognuno rafforzando e diversificando le possibilità d’informazione dei giovani e degli adulti. È questo lo scopo del ciclo di eventi online gratuiti proposti dalla Divisione della formazione professionale del DECS. I prossimi appuntamenti sono previsti il , ,  e  gennaio e presenteranno le formazioni legate a informatica e multimedia, disegno e progettazione, chimica e laboratorio, commercio e vendita. Il ciclo continuerà per tutto il mese di febbraio. Tutti i webinar si svolgono tra le . e le ., le informazioni e le iscrizioni si trovano su www.cittadeimestieri.ch/manifestazioni Annuncio pubblicitario

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SOCIETÀ / RUBRICHE ●

L’altropologo

di Cesare Poppi

Quando fu che Berta filava ◆

Anche quest’anno, secondo il detto popolare, l’Epifania tutte le feste si è portata via. Senza peraltro molte lagnanze, almeno da questa parte dello spartiacque alpino, visto che i migliori propositi come le tavolate più numerose sono stati spazzati via per il secondo anno dall’Innominabile ospite. Costretto allora dall’isolamento, il vostro Altropologo preferito (e vaccinato) ha avuto modo di riflettere sullo strano destino storico della mitologia popolare che si addensa attorno al periodo natalizio. Si vuole che la Befana sia un’italianissima invenzione, ed in effetti non sembrerebbe oggi esservene controparte nel panorama pur ampio e variegato del folklore europeo. Al punto che il filosovranismo oggi rientrante dalla finestra dopo essere stato espulso dalla porta assieme alle politiche culturali del Ventennio vorrebbe promuoverla in alternativa al globalizzante Babbo Na-

tale o Santa Klaus che dir si voglia. E invece proprio così non è. Dietro la Befana si nasconde un universo denso di riferimenti antichi, multiculturali e trasversali a molte culture europee. Una galassia dal nucleo denso che solo nelle periferie dei suoi esiti contemporanei si lascia dipanare – è proprio – il caso di dire, come vedremo, in trame ed orditi in qualche modo comprensibili. Il nome Befana è la combinazione di Berchta ed Epifania. Nel folklore austriaco, e specie nel salisburghese, le Berchten/Perchten sono le maschere invernali che sfilano in periodo di Carnevale divise fra Schiache – (Brutte) e Schöne – (Belle) Perchten. Secondo la credenza, corrispondono agli spiriti negativi e positivi che, emersi dagli inferi, sono liberi di scorrazzare sulla terra nei Dodici Giorni/Notti che intercorrono fra il Natale e l’Epifania. Sono questi giorni carichi di incertezze e preoccupazioni per un anno

che finisce ed uno che incomincia. I giochi di società ad azzardo, ovvero con posta in palio, come il Mercante in Fiera o la Tombola, sono quanto rimane delle pratiche divinatorie ed oracolari dell’antichità. Con il cristianesimo, i Dodici Giorni diventano, nel folklore germanico e slavo, i «giorni non battezzati» che precedono la circoncisione del Bambino, il suo riconoscimento da parte di Zaccaria in quanto Messia e dunque l’inizio dell’opera di salvezza. Fino ad allora, appunto, le sorti sono incerte, il tempo è sospeso. Ed ecco allora che la processione di questua delle maschere di maso in maso – così come succede ancora in certe vallate del Südtirol/Alto Adige – ricorda la necessità di ingraziarsi gli spiriti onde garantirsi il loro aiuto nell’anno entrante. Nel folklore degli antichi popoli Germanici, Berchta (o Perchta) era invece la divinità della Luce e l’eroina culturale che aveva insegnato

alle donne le arti dell’economia domestica e, soprattutto, la arti della filatura. Nelle valli dolomitiche più remote, proprio dalle parti dove potreste imbattervi pure nell’Altropologo che colà vive, la notte dell’Epifania si lasciano ancora offerte nella forma di un enorme tortello ripieno del sangue di una gallina nera uccisa per sgozzamento e non nella maniera usuale – e dunque secondo procedure sacrificali. A Laste di Rocca Pietore, sotto la Marmolada, la mia amica Lina lascia ancora il Casunziel de la Donacia accanto al focolare dove verrà raccolto nel cuore della notte dalla dea intenta ad ispezionare le case per distribuire premi alle donne che avranno finito di filare lana, canapa e lino dell’anno trascorso – e punizioni alle reprobe. Conosciuta in tutta la regione con una varietà di appellativi che ne attestano le complesse vicissitudini nel grande calderone delle culture popolari europee – prestiti,

trasmigrazioni, assimilazioni indebite, fraintendimenti, aggiunte ed oblii di ogni tempo e paese – l’antica Berchta approda nel folklore italiano nelle vesti sbrindellate della strega a cavallo della scopa. Se però andate a cercare la voce «Berchta» nel magma incandescente (e spesso indecente) che è l’Infernet, vi verrà raccontata tutt’altra storia. Ovvero una leggendina un po’ piagnosa e sdolcinata che narra di una povera vecchia offrire una conocchia di filo all’Imperatrice Berta ed ottenerne in cambio un premio. Ma non lasciatevi ingannare: se continuate a scavare scoprirete che ce n’è un’altra versione, poi una terza e un’altra ancora. E cammina cammina, se avrete ben seguito le direzioni dell’Altropologo, arriverete a quella casetta laggiù, in fondo al bosco, inondata di luce e musica sublime dove troverete Lei: l’Unica, Vera, Giovane e Bellissima Berta – la Nonna della Befana.

La stanza del dialogo

di Silvia Vegetti Finzi

Il senso dei doni e della casa ◆

Finite le Feste, che spero abbiate trascorso in letizia, trovo sul tavolo due lettere che si riferiscono, in modo diverso, alla convivenza tra familiari che contraddistingue queste ricorrenze. La prima è di nonna Bianca che scrive: «vivo in Finlandia ma per Natale sono sempre tornata in Ticino per trascorrere Natale e Capodanno con mia figlia e i suoi due gemelli, Leonardo e Giulia, di dieci anni. Sono stati giorni molto belli, pieni di attenzioni e di affetti, ma sono rimasta turbata per la quantità di regali ricevuti dai ragazzini. In Finlandia sono molto più sobri: mai più di tre doni. Qui invece, oltre ai genitori, tutti i parenti hanno portato giocattoli tra i più costosi e complicati col risultato che alcuni sono stati presto abbandonati, altri neppure aperti. Penso che sia sbagliato viziare così i bambini perché non si rendono nep-

pure conto dei loro privilegi, li danno per scontati, convinti che tutto il mondo viva come loro in una bolla dorata». Negli ultimi due anni, a causa del Covid , la qualità della vita di tutti ma in particolare dei bambini ha subito un duro contraccolpo. Le disposizioni sanitarie hanno limitato la loro libertà di movimento e di crescita. Proibire per lunghi periodi i contatti con i coetanei, la scuola in presenza, la possibilità di respirare a viso scoperto, di abbracciarsi e baciarsi contrastano le esigenze vitali dei bambini. Si comprende pertanto il desiderio degli adulti di risarcirli colmandoli, più del consueto, di regali copiosi e straordinari. Da una ricerca di mercato precedente al Covid, risulta che i bambini desiderano in media  regali, sempre in media ne ricevono , otto di troppo! Un eccesso che rischia di spegnere il de-

siderio e di annullare l’attesa, proprio gli stati d’animo che costituiscono il motore della vita psichica. L’esperienza diventa più positiva se i giocattoli costituiscono una occasione per giocare con i cuginetti ma anche con papà e mamma, dato che di solito, nella fretta indotta dalle incombenze quotidiane, resta poco tempo per condividere un obiettivo, darsi delle regole, imparare a competere lealmente e talvolta a litigare amichevolmente. È giusto e opportuno tener conto della sobrietà finlandese ma, credo, sia lecito temperarla con la festosità latina che prevede, senza esagerare, qualche eccesso. L’altra lettera giunta in redazione è quella di nonno Arturo che lamenta le chiacchiere femminili durante i pranzi: «Le donne non tacciono mai! Mangiano e parlano senza neppure accorgersi dei sapori. E alzano la vo-

ce per farsi intendere, senza che nessuna sia disposta ad ascoltare. In certi momenti avrei voluto ritirarmi in salotto, ma l’educazione mi ha frenato. Dato che molte convitate leggono questa rubrica, potrebbe richiamarle all’ordine?». Caro nonno Arturo «richiamarle all’ordine» mi sembra un tono un po’ militare per un’occasione di festa. Non mi permetterei mai di imporre, mi basta suggerire. Tanto più che osservo in tutta la società la difficoltà di assumere posizioni di disponibilità e di ascolto. Abbiamo perso il senso del silenzio. Inondati da voci e suoni – la Tv, il cellulare, gli auricolari, il traffico – parliamo per non essere sopraffatti. A conversare s’impara e sarebbe meglio farlo da piccoli, dopo può essere tardi. Per concludere la secolare questione del chiacchiericcio femminile (Platone la pensava come lei), riporto una

bella poesia del Premio Nobel Jose Saramago: È la lunga interminabile conversazione delle donne, sembra una cosa da niente, questo pensano gli uomini; neanche loro immaginano che è questa conversazione che trattiene il mondo nella sua orbita Se non ci fossero le donne che parlano tra loro gli uomini avrebbero già perso il senso della casa e del pianeta Informazioni Inviate le vostre domande o riflessioni a Silvia Vegetti Finzi, scrivendo a: La Stanza del dialogo, Azione, Via Pretorio 11, 6901 Lugano; oppure a lastanzadeldialogo@azione.ch

Mode e modi

di Luciana Caglio

Stupidità e Covid: nuova alleanza? ◆

Mi capita, ma forse è un vizio professionale, di conservare ritagli di giornale che sfidano l’attualità. È una prerogativa che, nel mio caso, spetta alle pagine della NZZ, dove le notizie si prestano anche alla riflessione, documentando un momento di storia. Ciò che non esclude temi, a prima vista, insoliti, apparentemente futili. Ho, infatti, ritrovato un articolo, pubblicato il  marzo  che s’intitolava La stupidità è sempre in voga (Dummheit hat immer Saison). E come spiegava l’autore, Peter Rosei, scrittore e saggista viennese, non si tratta della denuncia di in un vizio altrui bensì della consapevolezza che, con la stupidità, ci si trova sempre tutti quanti alle prese: «Un granello di sabbia che, se si accumula, diventa un macigno». Personalmente, Ro-

sei ne prende le distanze: «Non sono una roccia ma un fiume». Con ciò, quest’osservatore del costume contemporaneo mette in guardia dall’imperativo dell’assoluto, in cui si annida in pianta stabile la stupidità, spesso camuffata da un apparente buonsenso. E che oggi si è trovata un nuovo compagno di strada: il Covid . Fra gli effetti collaterali della pandemia, proprio la stupidità si manifesta in forme subdole o plateali, che confermano quanto sia difficile, forse impossibile, sconfiggerla persino nelle evolute democrazie in cui abbiamo la fortuna di vivere. Dove, però l’alto grado di scolarizzazione, i servizi sociali efficienti e governi che, comunque, reggono all’urto di circostanze eccezionali, non riescono, se non a debellare, almeno a li-

mitare i guai della stupidità associata al Covid. Qui si è aperto un ambito sconfinato, imprevedibile e persino pittoresco di reazioni improntate alla protesta, alla diffidenza, alla supponenza nei confronti del cosiddetto potere costituito. Trattandosi di una malattia, ne sono vittime in primis i medici, la scienza in generale, e, non da ultimo, l’affarismo delle multinazionali, del resto bersagli risaputi. Ma il rifiuto dell’imposizione vaccinale, oltre alla categoria dei novax dichiarati, ha portato alla luce un paesaggio umano variegato e una topografia particolare. Leggendo le cronache di casa nostra, o quelle italiane, e anche europee, si scopre come i sentimenti o risentimenti nei confronti della pandemia, subiscano variazioni determinate dall’appartenenza a

regioni o ad ambienti sociali e culturali particolari. Ecco che nelle zone di montagna, dalla valle d’Aosta al Trentino, dal Voralberg austriaco al nostro Appenzello, dove esiste una tradizione di cure cosiddette naturali, abbinate a un redditizio turismo, si registra il maggior numero di novax, pacifici ma fedeli ad abitudini locali. Niente da spartire con la stupidità e il fanatismo, figurarsi. Tira la stessa aria persino nei quartieri alti di New York: dove va di moda l’orticello casalingo, a suo tempo inaugurato da Michelle Obama alla Casa Bianca, e anche qui il dovere di vaccinarsi incontra qualche resistenza. Mentre, aprendo un ben altro discorso, ci sono paesi, anzi continenti dove accettare o rifiutare un farmaco salvavita è un lusso inaccessibile.

Sta di fatto che il Covid domina l’attualità pubblica e privata, innesca paure, confusione, irrazionalità, come dire le componenti stesse della stupidità, che per una legge naturale ci appartiene e che, spesso, non siamo in grado di sfruttare a nostro favore. Per uscire dall’incertezza, Rosei fa una citazione astrusa: tira in ballo il Godot di Beckett: personaggio fittizio, che non arriverà mai. Per concludere, preferisco affidarmi a Ottavio Lurati che, nella sua recente raccolta di detti curiosi, La pulce nell’orecchio (edizioni Fontana) cita il Covid l: che ha lasciato tracce indelebili anche nel linguaggio. Con neologismi: fra cui la «resilienza», parola di cui, confesso la mia stupidità, stento a capire il significato.


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Una buona salsa senza carne

Besciamella vegana Ingredienti per 8 persone

Anche senza prodotti di origine animale e con gli ingredienti giusti si possono realizzare salse particolarmente aromatiche. Vi mostriamo due classiche salse – arrosto e besciamella – in versione vegana

3 cucchiai

di Vegan bloc (alternativa vegana al burro)

25 g

di farina bianca

2,5 dl

di drink all’avena Barista

2,5 dl

di panna di soia da montare

2 cucchiaini di brodo di verdura granulato vegano 1

spicchio d’aglio

1 presa

di noce moscata macinata

Per la besciamella, fai sciogliere l’alternativa al burro a fuoco medio, aggiungi la farina e continua a mescolare fino a ottenere una massa chiara e spumosa. Sfuma con il drink all’avena e la panna di soia. Aggiungi il brodo e lascia sobbollire per  minuti, mescolando continuamente. Incorpora l’aglio spremuto. Porta brevemente a ebollizione poi condisci con la noce moscata. Perfetta con: Gratin di gnocchi e broccoli vegano Ricetta su migusto.ch

Consiglio Un componente – roux o sostituto del latte – dovrebbe essere sempre freddo, rispettivamente caldo. Solo così si può far addensare la salsa.

Consiglio A seconda della stagione utilizzare broccoli freschi anziché surgelati. Sono ideali anche cavolfiore, spinaci e cavolo piuma.

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1 V-Love Plant-Based Gnocchi 550 g Fr. 2.35 invece di 2.95 2 V-Love Plant-BasedThe Grated 200 g Fr. 3.90 invece di 4.90 3 V-Love Plant-Based Vegan bloc 250 g Fr. 3.15 invece di 3.95 4 Bio V-Love Plant-Based Avena Barista Drink 1 l Fr. 2.35 invece di 2.95 5 V-Love Plant-Based Cuisine 500 ml Fr. 2.20 invece di 2.80 *20% di ribasso su tutti i prodotti V-Love, fino al 17 gennaio


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MONDO MIGROS

La salsa arrosto non può essere «veganizzata» uno a uno: manca l’aroma di arrosto. La nostra variante vegana contiene funghi porcini, brodo, un po’ di passata di pomodoro e aceto balsamico. Queste bombe di sapore rendono la nostra «salsa arrosto vegana» altrettanto corposa quanto la ricetta originale

Salsa ai porcini vegana Ingredienti per 8 persone 20 g

di porcini secchi

2 dl

d’acqua calda

1

cipolla, ad es. di colore rosso

3 cucchiai

di Vegan bloc (alternativa al burro)

25 g

di farina

2 cucchiai

di concentrato di pomodoro

2,5 dl

di brodo di verdura vegano

1

spicchio d’aglio grande

Consiglio Chi non ama i pezzetti di funghi, dopo la cottura può ridurre la salsa in purea.

½ mazzetto d’erbe aromatiche, ad es. timo, rosmarino, origano 1 cucchiaio d’aceto balsamico invecchiato vegano 3 cucchiai

di salsa di soia pepe paprica in polvere affumicata

Metti a bagno i funghi porcini in acqua calda per  minuti. Trita finemente la cipolla. Fai fondere l’alternativa al burro a fuoco medio, aggiungi la farina e, mescolando continuamente, falla dorare fino a ottenere una massa spumosa. Incorpora la cipolla e il concentrato di pomodoro, poi sfuma con il brodo. Filtra l’acqua di ammollo dei funghi e aggiungila alla salsa – mescola con un frullatore a immersione se dovessero formarsi dei grumi. Sminuzza i funghi, aggiungili alla salsa e lascia sobbollire per ca.  minuti. Aggiungi l’aglio spremuto. Trita finemente le erbe e uniscile alla salsa con l’aceto. Insaporisci con la salsa di soia, pepe e paprica. Perfetta con: Polpette di macinato vegano con salsa ai porcini Ricetta su migusto.ch

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Consiglio La salsa è ideale anche per il purè di patate e il bratwurst vegano.


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Settimanale di informazione e cultura

Anno LXXXV 10 gennaio 2022

TEMPO LIBERO

azione – Cooperativa Migros Ticino 11

Un Far-West tropicale Darién: la selva sperduta al confine tra l’istmo centroamericano e la Colombia, una no man’s land

I profumi mediterranei Pesce, olive, pomodori secchi, aglio e rosmarino con qualche patata: basta chiudere gli occhi per goderne

I cibi visti dal cervello Intervista a Carol Coricelli, ricercatrice in neuroscienze, che studia i processi cognitivi legati all’alimentazione

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Se tra il bene e il male si mettono i muscoli Adrenalina ◆ Gran parte di quanto succede sul ring è studiato a tavolino e c’è molta «scena», ma nel wrestling il contatto fisico c’è eccome Moreno Invernizzi

«Quando esci da un combattimento ti senti come dopo un incidente stradale; tutto indolenzito e con qualche ammaccatura in più» sottolinea Luca Rusconi, in arte Belthazar (nella foto, in volo), wrestler e promoter di questa disciplina alle nostre latitudini. «Di adrenalina ne scorre a fiotti, prima, durante e dopo i nostri incontri». Ma cos’è il wrestling? Prima di tutto un’arte, uno spettacolo in cui gli interpreti, gli atleti, si calano nei rispettivi personaggi portando sul ring una storia, raccontata agli spettatori attraverso spettacolari mosse. L’elemento centrale del wrestling è infatti la volontà di coinvolgere il più possibile il pubblico, trasportandolo con varie emozioni, e facendolo sorridere ma anche arrabbiare, a seconda di come gli organizzatori decidono di svolgere il copione. «Ridotta in termini semplici, quella che portiamo sul ring di norma è la classica lotta tra il bene e il male, tra il buono e il cattivo, esaltata dai personaggi pittoreschi che la impersonificano. Il fil rouge dei combattimenti è questo, ma inscenato ogni volta con personaggi e ambientazioni diverse. Non è scontato che a vincere sia sempre il personaggio bravo: per fare un buon lavoro, capace di entusiasmare la platea ma anche di lasciarla

col fiato sospeso, devi far sì che ogni tanto sia anche il cattivo ad avere la meglio». Il fatto che il canovaccio del combattimento sia già scritto non significa però che durante il suo esito pratico non si possa verificare qualcosa di imprevisto: più un atleta è bravo, più ampio sarà il margine a sua disposizione per improvvisare e variare il suo match, adattandolo magari anche al tipo di pubblico che si trova di fronte. «In principio solitamente si tende a pianificare di più. Poi, più acquisisci una certa esperienza tra le corde del quadrato, più il repertorio con cui puoi personalizzare la tua interpretazione aumenta». Senza però stravolgerne il finale, quello, sì, già scritto: «In fondo la conclusione è l’unico vero punto imprescindibile nel wrestling. Quando sali sul ring, sai già come finirà. Del resto del copione hai solo una traccia di massima, che lascia comunque ai singoli interpreti un discreto margine di improvvisazione. Non da ultimo, la capacità di adattamento degli atleti permette di ovviare a eventuali imprevisti, come quando una determinata sequenza prestabilita per una ragione o per l’altra non viene completata. Questo per dire che in un wrestler, oltre alla componente fisica, c’è anche un po’ quella del caba-

rettista, dell’attore di teatro». Le origini del wrestling risalgono all’inizio del secolo scorso. È in particolare negli Stati Uniti che fa la sua prima apparizione, prevalentemente come forma di intrattenimento. Il vero cambiamento lo conosce però negli anni Trenta, quando vengono introdotte alcune mosse che lo rendono più spettacolare, «anche se non si può ancora parlare di combinazioni vere e proprie: per quelle bisognerà infatti attendere ancora qualche anno». Fin verso gli anni Sessanta-Settanta, quando il wrestling conosce la sua prima epoca d’oro. Personaggio simbolo di quegli anni è l’italiano Bruno Sammartino, vera e propria icona del wrestling, capace di fare un sold out dietro l’altro nella mecca del Pro Wrestling, il Madison Square Garden di New York: «Rispetto agli atleti di oggi, Bruno era un wrestler molto tecnico». La vera rivoluzione la si ha però nel  quando Vince McMahon acquista dal padre la allora World Wrestling Federation (oggi WWE), che dà il «la» a una sorta di globalizzazione della disciplina. Un nome spicca su tutti, Hulk Hogan, che diventa un vero e proprio fenomeno culturale e icona assoluta degli anni Ottanta. Sono anche anni, questi, in cui il

wrestling va forte grazie all’enorme cassa di risonanza data dal relativo merchandising e non da ultimo pure da un cartone animato proprio dedicato a questa disciplina. Memorabile, poi, è l’incontro-esibizione tra Antonio Inoki e il pugile Muhammad Alì, nel . «Il match forse più pubblicizzato della storia, sebbene all’atto pratico si rivelò quasi un flop per tutta una serie di dietrologie; ma questa è un’altra storia…». A importare in Ticino il wrestling è stato proprio Luca Rusconi, al rientro della sua formazione in America del Nord, nel , anno in cui a Cadempino l’atleta di casa nostra propone il primo show nei panni di organizzatore (continuando comunque a calcare il ring). Ne seguiranno altri, a cui, dal  si affiancano i corsi aperti a tutti gli interessati; un progetto, quello della creazione di wrestlers nostrani, che tutt’oggi va avanti con buon seguito. «Promotori di eventi di wrestling non ci si improvvisa. È un’abilità che si apprende con l’esperienza, viaggiando all’estero, incontrando persone che questo mestiere l’hanno fatto per molti anni prima di te. Per affinare le mie conoscenze sono stato più volte negli Stati Uniti e in Canada, continuando poi a coltivare la mia istru-

zione in materia tramite libri, filmati o partecipando a seminari. Quando si propone un incontro, ci sono diversi aspetti di cui devi tener conto. Non è il semplice mettere un atleta contro un altro, così a caso: devi considerare il tipo di wrestling che ciascuno propone, il suo stile, il genere del personaggio interpretato ma soprattutto capire se dall’abbinamento dei due personaggi possa davvero scoccare quella scintilla capace di appassionare il pubblico: è lui il vero giudice». Tolti i panni del promoter, è tempo di vestire quelli dell’atleta, per cui ci si chiede che tipo di wrestler è Belthazar e quanto e come si allena. «Belthazar è un lottatore che non si arrende mai, nemmeno davanti alle sconfitte… come la recente perdita del titolo di Campione Europeo a vantaggio della superstar americana D. Belthazar guarda sempre avanti con nuovi obbiettivi. In palestra ci vado tutti i giorni, alternando allenamenti ai pesi o di condizione fisica. Mentre sul ring salgo una/due volte la settimana. In Nord America, dove il wrestling ha tutta un’altra dimensione, con tanto di scuole esclusivamente riservate a questa disciplina, le sedute erano addirittura quattro-cinque a settimana di tre ore ciascuna».


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TEMPO LIBERO

Darién, alle porte dell’inferno verde

Reportage ◆ Un paradiso di biodiversità panamegno con duemila varietà di piante, oltre novecento specie di uccelli e centinaia di mammiferi e anfibi Enrico Martino, testo e foto

Due pilastri di cemento consumati dall’umidità del Tropico, improbabili Colonne d’Ercole all’inizio di un ponte pedonale. Finisce così, come non te lo aspetteresti mai, la Carretera Panamericana, trecento chilometri a sud della città di Panama dopo essersi sciroppata oltre dodicimila chilometri di deserti, foreste e montagne partendo dall’Alaska.

A Yaviza, l’ultima fermata prima del nulla, una delle strade più mitiche al mondo evapora nella polvere dopo avere strappato rosari di maledizioni barocche a qualsiasi autista Su una delle colonne qualcuno ha cercato pietosamente di cancellare una scritta slavata, «proibito buttarsi di sotto», monito informale per chi volesse inoltrarsi nel micidiale Tapòn del Darién, Darién Gap per gli americani, la regione più impenetrabile dell’America Latina che segna il confine con la Colombia dove la Panamericana riparte per fermarsi definitivamente tra i fiordi della Patagonia cilena. Prima però bisogna oltrepassare il Darién, un paradiso di biodiversità con duemila varietà di piante, oltre novecento specie di uccelli, la più grande quantità al mondo, e centinaia di mammiferi e anfibi, ma anche un inferno verde così denso da nascondere il sole. A Yaviza, l’ultima fermata prima del nulla, una delle strade più mitiche al mondo evapora nella polvere dopo avere strappato rosari di maledizioni barocche a qualsiasi autista. Un grappolo di case e tetti di lamiera assurto a Madre di tutti i traffici, popolato da ceffi patibolari approdati qui da mez-

za America Latina in cerca di quelli che vengono elegantemente chiamati negocios, e da chi da qui non è più riuscito a scappare. «Se arriva uno che sembra normale stai sicuro che gli controllano subito i documenti perché è l’unico fuori posto» ride Felipe che ostenta su un muscoloso avambraccio un pornotatuaggio che si anima a ogni movimento. Già i conquistadores avevano capito molto in fretta in che mare di guai si erano cacciati iniziando proprio dal Darién la conquista della Tierra Firme, la terraferma del continente appena scoperto, come testimonia una lapide spagnola consunta dalla salsedine che ogni tanto emerge come un fantasma dalla bassa marea di una spiaggia lungo la costa. Sopra c’è scritto «quando entri nel Darién raccomandati a Maria perché nelle sue mani è l’entrata. E in quelle di Dio è l’uscita!». Cercavano l’oggetto morboso dei loro desideri, l’oro, utilizzando anche i cani per dare la caccia agli indios, che appena potevano ricambiavano versandogli oro fuso in bocca «per saziare la loro avidità». Alla fine per togliersi gli spagnoli di torno avevano portato il conquistador Vasco Nuñez de Balboa davanti a un’immensa distesa d’acqua salata dicendogli che oltre questo Mar del Sur, il futuro Oceano Pacifico, c’era un paese lastricato d’oro, l’impero Inca che il suo luogotenente Francisco Pizarro avrebbe saccheggiato senza pietà. Dopo questo effimero momento di gloria il Darién risprofondò in un secolare coma abissale, rianimandosi saltuariamente solo per la scoperta di qualche miniera d’oro, ma dalla fine del secolo scorso questa selva sperduta si è ritrovata nel posto sbagliato, al confine tra l’istmo centroamericano e la Colombia, una no man’s land affol-

Yaviza, solo un piccolo ponte annuncia di aver raggiunto il famoso Darién Gap dove si ferma la Panamericana. Qui di fianco: villaggio di Rio Sambù, dove vivono per lo più indios, meticci e neri discendenti dagli schiavi.

Solo 3 poliziotti proteggono Manené: l’ultimo villaggio indio al confine con la Colombia. Sotto: fuochi che bruciano gli ultimi alberi vicino a Darius Nat.

lata da narcotrafficanti, guerriglieri, e persino migranti arrivati da Yemen o Afghanistan in cerca di una strada per raggiungere gli Stati Uniti. Per ascoltare le voci del Darién bisogna scivolare nel silenzio di un’alba rotta solo dal chop-chop delle pale dell’elicottero che punta deciso oltre il confine invisibile, quello che taglia l’Istmo di Panama da Punta Carreto sul Caribe a Punta Piña sul Pacifico. A sud inizia un Far-West tropicale nascosto dalla monotonia della selva, «guarda quel fumo laggiù» indica Rafael, il pilota, «è uno dei tanti incendi che segnalano il disboscamento illegale». Pochi minuti dopo una radura e un grumo di capanne in riva alle anse del rio Balsa annunciano Manené, l’ultimo avamposto di Panama dove vivono poche centinaia di indigeni Emberà e tre poliziotti che accudiscono con amore quasi paterno le loro armi e non hanno nessuna voglia di andare a vedere chi potrebbe aggirarsi tra le colline oltre il fiume. Di guai ne hanno avuti abbastanza gli Emberà di Manené, «l’unico oro che ci è rimasto è quello dei denti, il resto se lo sono portato via gli spagnoli» commenta con rassegnata amarezza il cacique Porfirio a capo della comunità. «Adesso abbiamo altri problemi, soprattutto legati al Parco Nazionale del Darién che il governo ci ha scaraventato addosso senza neanche consultarci. Noi sia-

mo i guardiani della selva da quando è nato il mondo, da mille anni custodiamo le montagne, prima coltivavamo mais, riso e banane, e di colpo ci hanno proibito di vivere come abbiamo sempre vissuto. Dobbiamo chiedere il permesso anche per costruire una piroga, c’è più attenzione per gli animali che per gli uomini, perché ci sono veterinari ma non medici». Per sentire l’anima del Darién dicono che bisogna accarezzare l’acqua, ma a guardare il Rio Balsa deve essere un’anima decisamente fangosa, anche se a qualcuno piace così: «la nostra è color cioccolato, non è slavata come la vostra» dice con una punta di commiserazione una ragazza guardando la mia bottiglietta d’acqua minerale.

Più a nord, sotto una tettoia di paglia decine di occhi brillano nella penombra con l’aria di aspettarsi da me la soluzione ai loro problemi. «Devi portare nel tuo paese questo messaggio», quasi implora Juan Chiròs cacique della comunità Wounaan di Boca de Lara, con la disperazione di chi ormai non ci crede neanche più. «Siamo riusciti a proteggere la nostra cultura per millenni ma adesso le difficoltà sono troppe, è come se l’indigeno non avesse valore, molti bambini muoiono ogni anno a causa degli incendi provocati dai coloni mestizos. Alcuni ragazzi vorrebbero ribellarsi con le armi, altri emigrano ma così non c’è futuro per i nostri figli». I Wounaan di Boca de Lara puntano su un futuro di turismo sostenibile, però i pochi visitatori comprano qualche oggetto artigianale, fanno un po’ di selfies e poi svaniscono come strani marziani in un rapporto totalmente mercificato. Nel frattempo i Wounaan cercando di resistere come possono, assediati da una colonizzazione selvaggia e dai narcos che imbottiscono di droga i grandi tronchi che gli Emberà non possono neanche tagliare. Storie inafferrabili di una piccola ma tosta Amazzonia centroamericana dove anche la strada più famosa del mondo si scioglie in un impasto di verde e di acqua. Informazioni Su www.azione.ch, si trova una più ampia galleria fotografica


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Ricetta della settimana - Orata alla mediterranea ●

Ingredienti per 4 persone 4 orate reali eviscerate di ca. 300 g ciascuna sale marino pepe dal macinapepe 4 cucchiai d’olio d’oliva 4 spicchi d’aglio 150 g di olive verdi snocciolate 100 g di pomodori secchi ¼ di mazzetto di rosmarino 1 limone

Preparazione

Iscriviti ora!

Scaldate il forno a 200 °C. Incidete più volte la pelle delle orate. Accomodate i pesci in una teglia foderata con carta da forno. Conditeli dentro e fuori con sale, pepe e olio d’oliva. Tagliate l’aglio e le olive a fettine, i pomodori a striscioline. Distribuite l’aglio, le olive, i pomodori e gli aghi di rosmarino staccati dai rametti sui pesci. Con un rigalimoni, prelevate delle striscioline di scorza di limone e distribuitele sulle orate. Spremete il limone e spruzzate un po’ del succo sui pesci. Cuocete al centro del forno per ca. 20 minuti. Accompagnate le orate con un contorno di patate o riso.

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Perché ai bambini non piacciono le verdure? Alimentazione

Carol Coricelli, ricercatrice in Neuroscienze cognitive, racconta come funzionano i nostri gusti sul cibo

Stefania Prandi

Perché piacciono dei cibi e altri no? Esiste un rapporto complesso tra comportamenti che abbiamo ereditato, fattori genetici e abitudini culturali. A esempio il coriandolo: alcuni lo considerano buono mentre per altri altera il sapore dei piatti; c’è chi dice che sa di muffa. Dagli studi su coppie di gemelli eterozigoti e omozigoti è emerso che sulla percezione del gusto del coriandolo pesa la preferenza genetica. Sappiamo, però, che c’entra anche l’abitudine, ad esempio l’appartenenza a gruppi etnoculturali che impiegano abitualmente questa spezia in cucina. In parte ereditiamo le preferenze dalle nostre madri. Se le donne incinte mangiano aglio o anice negli ultimi tre mesi di gestazione, i figli appena nati, esposti all’odore dei due ingredienti, non allontanano la testa.

Allo stesso tempo le abitudini culturali contano perché siamo fatti di apprendimento. Quindi, se da piccoli mangiamo una o due volte la settimana cibi che non ci fanno impazzire, impariamo a farceli piacere. Basta osservare i comportamenti alimentari nel mondo per rendersene conto. Pensiamo agli insetti: in Africa e Sudamerica sono pietanze diffuse. In occidente mangiamo gamberetti e frutti di mare, simili per sembianze e struttura, eppure inorridiamo davanti all’idea degli insetti. Molti bambini odiano le verdure... Tra i due e i sei anni esiste la neofobia, cioè la paura dei cibi nuovi: i bambini non li assaggiano a meno che non ci sia davanti a loro un genitore. Un atteggiamento legato all’evoluzione, il mettersi al riparo dal mangiare qualcosa di nocivo o velenoso. Per quest’ultimo motivo, le verdure non sono tra gli alimenti preferiti dai più piccoli, soprattutto se hanno un gusto amaro e sono verdi. Secondo ricerche recenti, i cibi verdi non attraggono molto nemmeno gli adulti perché ci ricordano che siamo di fronte a qualcosa di potenzialmente tossico, a un pericolo. Quanto conta la memoria nei nostri gusti sul cibo? Ha un ruolo chiave perché non possiamo fare tentativi continui quando ci nutriamo e allora procediamo con

della memoria: basta sentire un odore già incontrato anni prima e fissato nella memoria a lungo termine perché tornino in mente situazioni o sensazioni del nostro passato.

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Qual è il rapporto tra i nostri neuroni e quello che mangiamo? Come mai non rinunciamo al dessert? Carol Coricelli, ricercatrice in Neuroscienze cognitive alla Western University di London Ontario, in Canada – con un’esperienza allo Chuv (Centre hospitalier universitaire vaudois) di Losanna – e Sofia Erica Rossi, comunicatrice scientifica all’Irccs ospedale San Raffaele di Milano, hanno risposto a queste e ad altre domande in Guida per cervelli affamati (Il Saggiatore). «Azione» ha intervistato Carol Coricelli.

quello che ci ricordiamo. La memoria è importante anche nei processi emotivi legati ai ricordi. Nel libro citiamo le madeleine (i dolci francesi morbidi e burrosi dalla forma simile a una conchiglia), protagoniste di uno dei passaggi più noti di Alla ricerca del tempo perduto di Marcel Proust. Il loro sapore dolce suscita nello scrittore un’inaspettata «gioia violenta» collegata alle domeniche trascorse in compagnia della zia, durante l’infanzia. Anche gli odori attivano i ricordi. Il segreto dell’olfatto è il legame diretto con le aree limbiche, coinvolte nei processi emotivi, e con l’ippocampo, struttura centrale

Giochi e passatempi Cruciverba

Tutte e tre le cantiche della Divina Commedia… Trova il resto della frase risolvendo il cruciverba e leggendo, le lettere evidenziate. (Frase: 9, 3, 2, 6, 6)

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Come si modifica il gusto? Le nostre preferenze variano. In età avanzata l’olfatto e il gusto si alterano, la masticazione peggiora, e quindi il nostro rapporto col cibo si trasforma. Uno dei cambiamenti più grandi, nella crescita, avviene però durante l’adolescenza. In quella fase si mangia per le prime volte da soli e con gli amici. Sono anni in cui cedono i controlli inibitori. I teenager vogliono soprattutto junk food, adorano le cosiddette «schifezze», un atteggiamento dovuto al fatto che alcune strutture cognitive, come la corteccia prefrontale, non sono ancora completamente formate. Quando si entra nell’età adulta, i gusti vengono condizionati dai fattori individuali, legati alla salute oppure a scelte etiche. Si evitano certi alimenti e la ripetizione condiziona anche i gusti. Come mai, anche se la pancia è piena, c’è sempre posto per il dolce? Si tratta di una condizione che ha un nome: sazietà sensoriale specifica. Quando mangiamo lo stesso cibo fino a sentirci pieni, ad esempio due piatti di pasta, e ci viene proposto un dessert, ci torna la fame. Siamo sa-

zi per un determinato alimento ma ci sentiamo pronti per qualcosa di diverso. Il gusto dolce ci dà piacere, troviamo sempre uno spazietto. I neuroni nelle aree della ricompensa si riaccendono quando viene presentato il dessert e questo accade anche alle persone meno golose che magari preferiscono la frutta a una torta al cioccolato. Quanto conta l’aspetto del cibo? Tantissimo, ne siamo sempre più consapevoli. Pensiamo ai social network e all’hashtag Foodporn, tra i più diffusi al mondo. Un ricercatore inglese ha analizzato le risposte di un campione di persone, misurando come reagivano a tre modi diversi di impiattare un’insalata. In tutte e tre le opzioni gli ingredienti erano gli stessi, cambiava solo il modo in cui erano disposti nel piatto. I partecipanti hanno considerato più gustosa – e sarebbero stati disposti a spendere più denaro per mangiarla – l’insalata servita in una disposizione ispirata a uno dei dipinti di Vasilij Kandinskij, rispetto a quella con gli ingredienti impilati al centro del piatto o allineati in file ordinate. È vero che mangiamo con gli occhi. Ed è interessante che la nostra corteccia gustativa primaria si attivi anche soltanto guardando i cibi: il nostro cervello, vedendo l’immagine, risponde già facendoci sentire il sapore.

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ORIZZONTALI 1. Sono considerati i parassiti più distruttivi 7. La tredicesima ora 9. Altrimenti detto 10. Un Franco attore 12. Suggestivi quelli nuziali 13. Ricopre la parte anteriore dell’occhio 15. Scampò alla distruzione di Sodoma 16. Mammifero ruminante 17. Guasti al motore 18. Lettera dell’alfabeto greco 19. Nome femminile 20. Termine da tennisti 21. Di nove... vocali 22. Ha una trama 23. Pronome dimostrativo 24. Pianta sempre verde VERTICALI 1. Un insetto 2. Nome maschile 3. Alzata 4. Neppure una volta 5. Il disegno meno degno 6. Povertà, indigenza 7. La vuotano gli scrutatori 8. Un famoso navigatore 11. Una consonante 13. Attacca il dente 14. Frequenti quelle cardiache 16. È una forma di energia 18. Nello strudel 20. Regione montuosa della Calabria 22. Per… per gli inglesi 23. Le iniziali dell’attore Eastwood

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Soluzione della settimana precedente SINGOLARE AEROPORTO – L’aeroporto di Barra in Scozia, è l’unico al mondo che utilizza la… Resto della frase: …SPIAGGIA COME PISTA PER GLI AEREI. S A P R I

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Regolamento per i concorsi a premi pubblicati su «Azione» e sul sito web www.azione.ch I premi, tre carte regalo Migros del valore di 50 franchi, saranno sorteggiati tra i partecipanti che avranno fatto pervenire la soluzione corretta entro il venerdì seguente la pubblicazione del gioco. Partecipazione online: inserire la soluzione del cruciverba o del sudoku nell’apposito formulario pubblicato sulla pagina del sito. Partecipazione postale: la lettera o la cartolina postale che riporti la soluzione, corredata da nome, cognome, indirizzo del partecipante deve essere spedita a «Redazione Azione, Concorsi, C.P. 1055, 6901 Lugano». Non si intratterrà corrispondenza sui concorsi. Le vie legali sono escluse. Non è possibile un pagamento in contanti dei premi. I vincitori saranno avvertiti per iscritto. Partecipazione riservata esclusivamente a lettori che risiedono in Svizzera.


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Settimanale di informazione e cultura

Anno LXXXV 10 gennaio 2022

ATTUALITÀ

azione – Cooperativa Migros Ticino 19

Alla conquista del Quirinale Dal 24 gennaio si vota per l’elezione del presidente della Repubblica italiana. Il favorito è Mario Draghi ma Berlusconi non molla e si fa avanti l’altra metà del cielo

Meno movimento, più opportunità Una delle conseguenze della pandemia è la riduzione della mobilità delle persone. Negli Stati uniti questo fenomeno assicura dei vantaggi ai lavoratori

Una roadmap per l’Europa Bruxelles si attende presto delle proposte da Berna su come affrontare i quesiti istituzionali, ma il Governo svizzero resta incerto, come 30 anni fa con lo Spazio economico europeo

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Un gruppo di manifestanti aTunisi, nel gennaio 2011, con l’immagine di Mohamed Bouazizi che si diede fuoco in segno di protesta. (AFP)

Nuove «primavere arabe» all’orizzonte Il punto

A un primo sguardo l’esito delle rivolte del 2010-12 appare fallimentare ma qualcosa continua a covare sotto la cenere

Lucio Caracciolo

All’inizio dello scorso decennio un fantasma s’aggirava per il mondo, quello della «primavera araba». Termine di fabbricazione occidentale che intendeva classificare a uso mediatico le rivolte di massa in Tunisia, Egitto, Siria, Libia e altri Paesi arabi contro regimi autoritari retti da leader senescenti e/o screditati. Come sempre, leggere un fenomeno altrui con occhiali propri suscita equivoci, induce speranze improbabili, si presta alle manipolazioni. Se poi, come parrebbe, il riferimento stagionale fosse stato tratto dalla «primavera di Praga» (moto popolare che appoggiò – nel  – il processo di democratizzazione e di riforme promosso da A. Dubcek in Cecoslovacchia), a parte ogni considerazione sull’irragionevolezza dell’analogia, cautela apotropaica avrebbe dovuto suggerire di non ricorrervi, visto l’esito di quell’esperimento. Ma il potere autoreferenziale dei media, oltre alle strumentalizzazioni di chi sa usare la propaganda, prevalse su freddezza e profondità d’analisi. Risultato: oggi verdetto diffuso su quelle rivolte è che siano state un incidente della storia. Da archiviare. Molto discutibile:

non si cancella un primo errore analitico con un secondo, che si presume opposto. Vediamo. A un primo sguardo l’esito di quelle rivolte – presentate spesso come rivoluzioni in atto – appare fallimentare. A cominciare dalla Tunisia, Paese di origine, scintilla di quella stagione. Il regime personale che risulta a Tunisi dal recente colpo di Stato di Kais Saied, oltre a confermare l’instabilità psicologica del protagonista, tende a prefigurare una crisi permanente in questo strategico cuneo mediterraneo-sahariano che separa (e unisce) Algeria, ciò che resta della Libia, e Italia, via Stretto di Sicilia. Non esattamente quanto si ripromettevano le masse scese in piazza contro il dittatore Zine el-Abidine Ben Ali, installato al potere nel  da un golpe bianco dei servizi segreti italiani. Volgendo verso oriente di primaverile non resta nulla. Travolto e ucciso Gheddafi da un intervento francese, con l’appoggio inglese e il modesto quanto decisivo sostegno americano – limitato e non spontaneo quello italiano – la Libia s’è scomposta in coriandoli contesi da milizie lo-

cali e potenze straniere. Ne derivano diverse Libie che per comodità riduciamo alle due maggiori: la Tripolitania, sotto forte influenza turca, e la Cirenaica, dove i mercenari russi della Wagner si sono installati per restarvi. Da Sirte alle profondità desertiche un vallo in costruzione separa le due macro-Libie. L’Egitto, cardine bicontinentale di quella che una volta era la regione levantina, è passato rapidamente dal potere militare mascherato da para-democratico guidato da Hosni Mubarak al potere ancor più esplicitamente casermesco ma meno interessato a travestirsi da democratico del generale Abdel Fattah al-Sisi. In mezzo, la breve e disastrosa stagione dei Fratelli musulmani, poi massacrati da al-Sisi e trattati da terroristi. Nota a margine: a quelle latitudini, e non solo, la qualifica di terrorista segnala normalmente il nemico di chi ha provvisoriamente il potere, il quale dovesse prevalere la rivolterebbe contro chi gliela ha scagliata contro. La Siria, come la Libia, non esiste più. La differenza è che il dittatore contro cui si erano scagliati prima i manifestanti più o meno riformatori

e pacifici, poi jihadisti vari sponsorizzati da americani e altri attori occidentali, è ancora al suo posto. Bashar al-Assad è a Damasco e appoggiandosi ai russi controlla – più o meno – la maggior parte della Siria, mentre alcune importanti zone sfuggono al suo controllo, anche per la penetrazione turca nel nord, destinata a spezzare la continuità dell’elemento curdo fra Anatolia e Iraq. Nelle altre aree levantine e mediorientali toccate dalle rivolte «primaverili», specie nella Penisola arabica, la reazione immediata dell’Arabia saudita aveva rapidamente stroncato ogni velleità riformatrice o rivoluzionaria. Tutto come o peggio di prima dunque? Così pare. Con l’aggravante dell’instabilità e della frammentazione territoriale, che riduce gli spazi classificati arabi (definizione discutibile) a periferia sempre meno rilevante per l’America e sempre più attraente per i suoi rivali: Cina e Russia, ma in qualche misura anche Turchia. Immaginare però che quelle rivolte siano passate senza lasciar traccia sarebbe illusorio. Alla radice di quei movimenti, specie delle correnti più aperte e riformatrici, erano motivi

economici ma anche culturali e politici. Ora, la situazione economica è certamente peggiorata, il che lascia immaginare che presto avremo a che fare con nuovi moti per il pane. Tantomeno si può concepire che i giovani e le fasce di borghesia sentano oggi meno acuta l’urgenza di sbarazzarsi di regimi autoritari e violenti, che inchiodano i loro Paesi in una quotidianità deprimente e ne chiudono il futuro. Quelle proteste erano anche il segnale del crescente rifiuto dei meccanismi gerontocratici e patriarcali che opprimono quelle popolazioni largamente giovani, come confermato dalla partecipazione giovanile e femminile ai moti di protesta, specie in Tunisia e in Egitto. Restano attivi tutti i fattori che agitarono Nordafrica e Levante nel -. Non dovremo stupirci se provocheranno presto o tardi nuove proteste e nuove repressioni, che peraltro già si notano intorno all’epicentro della «primavera araba». Magari, quando saranno, eviteremo di ricorrere a metafore stagionali e proveremo a restare, se possibile, ancorati alla realtà dei fatti, irriducibili a un marchio.


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ATTUALITÀ

Meno mobilità? Meglio per i lavoratori L’analisi

La pandemia da Coronavirus ridefinisce i contorni dell’economia globale, dalla Cina agli Stati uniti

Federico Rampini

Una delle conseguenze della pandemia è la riduzione della mobilità delle persone: cioè quella che per decenni fu una delle componenti fondamentali della globalizzazione. Conosciamo le molte dimensioni di questo cambiamento nei Paesi occidentali. Viaggiare è diventato più complicato, per gli obblighi di Green pass e tamponi. Forse questo prelude a un cambiamento durevole, per esempio nella sostituzione dei viaggi di lavoro con riunioni in video a distanza: almeno per una certa percentuale delle trasferte professionali, la riduzione dei costi rende questa emergenza un’opportunità gradita per molte aziende. Ma nessun Paese occidentale si avvicina all’esperimento estremo che sta facendo la Cina.

Negli Usa sono in maggioranza camerieri, inservienti, commesse e cassiere a dimettersi in massa. Nell’immagine un bar della California. (Shutterstock)

Il presidente della Repubblica popolare cinese Xi Jinping metterà restrizioni sui viaggi delle vacanze per il Capodanno lunare Di fatto la politica «Covid zero» inseguita dalle autorità di Pechino ha semi-chiuso le frontiere da quasi due anni. Quei - milioni di cinesi dei ceti medioalti che erano abituati a viaggiare all’estero hanno dovuto rinunciare alle vacanze. Molte di queste famiglie sono «spezzate», se hanno dei figli che studiano all’estero la separazione forzata è un altro sacrificio pesante. Ma non sono solo i cinesi benestanti a subire privazioni. Anche quest’anno – per contrastare nuovi focolai, come quello della città di Xi’an – il presidente della Repubblica popolare Xi Jinping metterà restrizioni sui viaggi delle vacanze per il Capodanno lunare (che questa volta cadrà il primo febbraio prossimo). Per molti cinesi poveri – la popolazione migrante che dalle campagne va a lavorare nelle città è di circa  milioni – il Capodanno lunare è l’unica occasione per i ricongiungimenti familiari. Il ritorno a casa dei migranti cinesi è sempre stato uno dei più grandi trasferimenti di persone, con centinaia di milioni di loro impegnati a viaggiare. Oggi anche questa forma di migrazione interna è frenata.

Negli Stati uniti la scarsità d’immigrati fa salire i salari delle classi lavoratrici di ogni genere e questo accade per la prima volta da decenni

tempo stesso questa scarsità d’immigrati fa salire i salari delle classi lavoratrici di ogni genere e questo accade per la prima volta da decenni. È la conferma di un teorema classico ma ignorato dal pensiero unico politically correct (che si sovrappone al pensiero unico liberista): il mercato del lavoro è, come dice la parola stessa, un mercato. Come tale è regolato dalle leggi della domanda e dell’offerta. Se riduci la quantità di forza lavoro disponibile, l’equilibrio si sposta a favore dei lavoratori, il loro potere contrattuale aumenta, la loro condizione migliora. I dati americani sono chiari. Il numero di visti d’ingresso rilasciati dagli Stati uniti è sceso del  per cento dal  al . Prima per una scelta deliberata dell’Amministrazione dell’allora presidente Trump, poi perché la pandemia ha fornito a Joe Biden una buona ragione, o un pretesto, per mantenere intatte molte restrizioni del suo predecessore. Risultato: ci sono milioni di stranieri in meno, negli Stati uniti, rispetto a quelli che ci sarebbero oggi se fossero continuati i

flussi d’ingresso pre-. Alla fine del primo semestre di quest’anno c’era una lista d’attesa di , milioni di richieste di visti per lavoro, bloccati dai ritardi dell’Amministrazione Biden. Nel biennio più recente,  e , una ricerca della Brookings institution indica che sono entrati un milione di lavoratori in meno negli Stati uniti, per la riduzione delle migrazioni. Questo dato va incrociato con quello sulla great resignation, la «grande dimissione» di cui si parla da mesi: un numero elevatissimo di lavoratori americani abbandonano il posto. Al ritmo di quattro milioni al mese in media danno le dimissioni: è una tendenza che dura ormai dalla primavera scorsa e non accenna a ridursi. Ci sono dietro tante motivazioni diverse, alcune legate alla pandemia. Ma un alto numero di dimissioni – non licenziamenti – è sempre stato un segnale positivo: in buona parte si tratta di persone che se ne vanno «sbattendo la porta», perché da un lato non sono soddisfatte dall’ultimo lavoro, d’altro lato sono ottimiMetro vuota a Shanghai, l’anno scorso, durante i festeggiamenti per il Capodanno lunare. (Shutterstock)

In generale, più le frontiere si chiudono e la mobilità decresce, più cambierà fisionomia quella che abbiamo definito l’economia globale. C’è un enorme tabù sull’immigrazione, ignorato dai media: dopo una prolungata riduzione dei flussi in entrata (prima, negli Stati uniti, le restrizioni di Donald Trump, poi quelle dovute al Coronavirus), si lamentano penurie di manodopera in molti settori, ma al

ste sulla possibilità di trovare di meglio. Ed è quel che sta succedendo per molti di loro, infatti le assunzioni sono abbondanti. L’aumento netto degli occupati è stato di , milioni per i primi  mesi dell’anno. Il tasso di disoccupazione continua a scendere (, per cento a novembre, dopo aver superato la soglia del  per cento durante la breve recessione da Covid). Attenzione ai settori: i numeri più alti di dimissionari si concentrano in attività come ristoranti e bar, hotel, grande distribuzione. Cioè sono a maggioranza camerieri, inservienti, commesse e cassiere.

Cominciò dagli anni Settanta e soprattutto con Ronald Reagan negli anni Ottanta lo smantellamento del Welfare e dei diritti dei lavoratori Cosa accade in una situazione in cui i datori di lavoro non possono più attingere a un abbondante bacino di nuovi immigrati in arrivo, disposti a lavorare per condizioni molto misere? Le aziende sono costrette ad alzare i salari. Ed è quel che sta accadendo. L’aumento medio del , per cento nei salari americani è già piuttosto elevato rispetto al passato, ma nasconde il fatto che i salari bassi aumentano molto più degli stipendi medio-alti. Con punte del + per cento in alcune mansioni come i camerieri. Per la prima volta si è invertita la forbice, sono i non laureati quelli che spuntano i migliori rialzi salariali, perché è in quella zona dell’economia che si verificano le penurie di manodopera più acute. Che l’immigrazione impoveri-

sca la classe operaia è una verità antica con la quale Joe Biden ha familiarità. La sinistra storica in America non aveva dubbi su questo. Nell’arco di tempo che va da Franklin Roosevelt nel  a John Kennedy nel , cioè nell’epoca in cui gli Stati uniti ebbero una vera «socialdemocrazia» – costruirono il primo Welfare, aumentarono gli investimenti pubblici, potenziarono i diritti dei lavoratori – le loro frontiere erano semi-chiuse. Poi arrivò la riforma delle leggi sull’immigrazione (Lyndon Johnson e la Green card). Fu allora che l’America diventò quella società multietnica dai tratti che conosciamo. Puntualmente cominciò, dagli anni Settanta e soprattutto con Ronald Reagan negli anni Ottanta, lo smantellamento del welfare e dei diritti dei lavoratori, l’aumento dei profitti a scapito dei salari, il peggioramento delle diseguaglianze. In particolare negli Stati uniti la concorrenza degli immigrati ha sempre depresso i salari dei lavoratori afroamericani nelle mansioni meno qualificate. Infine quel luogo comune sugli immigrati che riempiono posizioni lasciate vuote dai nostri concittadini, prescinde dai livelli salariali: anche la raccolta della frutta e verdura nei campi, tipico settore dove abbonda forza lavoro immigrata, resterebbe «riservato» a loro se la paga fosse doppia, tripla, quadrupla, quintupla? È evidente che ad allontanare i nostri concittadini da certe mansioni ci sono problemi di status sociale, immagine e reputazione, ma anche la libertà per i datori di lavoro di sottopagare finché possono attingere al bacino dei migranti. Nel ritorno delle barriere contro la mobilità non bisogna vedere solo gli effetti negativi della pandemia.

azione

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Redazione Peter Schiesser (redattore responsabile), Barbara Manzoni, Manuela Mazzi, Romina Borla, Simona Sala, Alessandro Zanoli, Ivan Leoni

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MONDO MIGROS

TANTE VITAMINE NEL PIATTO DELL’INSALATA

Durante il mese di gennaio alla Migros ci sono verdure e frutta per soli 1 franco. Nella seconda settimana trovate i kiwi da 500 g e le carote da 1 kg. Con entrambi abbiamo creato una croccante insalata con una nota fruttata

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Preparazione

Affetta le carote e la mela a striscioline. Taglia i kiwi a fette. Versa le lenticchie in un setaccio e sciacquale sotto l’acqua fredda. Sgocciolale. Spremi i mandarini e mescola il succo con l’aceto e l’olio, condisci con sale e pepe. Mescola le lenticchie con una parte della salsa e dividile nei piatti. Disponi le striscioline di carote e mele e le fette di kiwi. Irrora con il resto della salsa. Guarnisci con delle foglie di menta.

Foto e styling: Pia Grimbühler

Le lenticchie sono una base saziante e conveniente per la preparazione di un’insalata veloce.

1 Carote 1 kg Fr. 1.– 2 Kiwi 500g Fr. 1.– Le offerte sono valide dall’11 al 17 gennaio


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ATTUALITÀ

Draghi la roccia, Berlusconi e le tre papabili Italia

Chi potrebbe essere il prossimo presidente della Repubblica dopo Sergio Mattarella? Il favorito è l’attuale capo del Governo

Alfio Caruso

Le quotazioni dei bookmakers parlano chiaro: Mario Draghi è il grande favorito nell’elezione del presidente della Repubblica italiana. È dato a , (cioè  euro di vincita puntandone ). Alle sue spalle, a ,, la ministra della Giustizia Marta Cartabia. Poi Pier Ferdinando Casini a , Paolo Gentiloni a , la presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati a , Silvio Berlusconi a , Giuliano Amato a , Letizia Moratti a . E a due settimane dall’elezione (si comincerà alle  del  gennaio) il tempo sembra lavorare per l’attuale capo del Governo, benché vada ricordato che nel , alla vigilia della votazione che avrebbe incoronato Sergio Mattarella, il favorito degli allibratori era Casini. Draghi raccoglie il consenso delle persone fuori dal Palazzo, che vedono in lui la persona perbene e competente, mentre ne raccoglie molto meno in Parlamento. Deputati, senatori e partiti dai quali sono espressi temono di valere, con Draghi presidente, come il  di picche. Ne soffrono l’autorevolezza morale, l’ascendente pubblico, il sostegno internazionale. Fino all’altro giorno paventavano pure che la sua ascesa al Quirinale sancisse la fine anticipata della legislatura con perdita dei diritti pensionistici, previsti dal prossimo settembre. Viceversa, si è oramai capito che soltanto l’elezione di Draghi potrebbe consentire il proseguimento della legislatura fino alla scadenza naturale, la primavera . La crescita della designazione di Draghi, pur nell’infuriare di candidature e di ballon d’essai, che dureranno fino all’ultimo minuto utile, è data anche dai numeri. Inizialmente si è creduto che le sue possibilità fossero legate a un’investitura fulminea, entro le prime tre chiamate quando serviranno i due terzi dei voti ( su , somma di  deputati,  senatori,  delegati regionali). Al contrario, il marasma nei due campi avversi, la difficoltà di trovare nomi spendibili o addirittura capaci di affascinare la palude dei senza partito, quasi un cen-

tinaio di elettori, trasforma Draghi nella roccia, cui aggrapparsi per non perdere la faccia o per uscire dal pantano delle bocciature reciproche. Dalla quarta votazione basterà la maggioranza semplice (): centrodestra e centrosinistra ballano su numeri più o meno equivalenti. Il blocco conservatore ha  voti; quello progressista , in grado di salire a  con l’apporto di piccole formazioni d’area, soprattutto Italia viva dell’ex matador (Merkel dixit) Renzi. L’ex presidente del Consiglio vanta  fra deputati e senatori, tuttavia i sondaggi elettorali per il  collocano il suo partitino sotto il %. Renzi è, dunque, all’ultimo giro di giostra e cercherà di capitalizzare al massimo questa residua rendita di posizione. Non a caso da un mese fa gli occhi dolci a Matteo Salvini, che da presunto leader del centrodestra vorrebbe diventare il regista super partes della contesa: un ruolo troppo ambizioso per le sue modeste qualità di tribuno. Per di più deve fare i conti con la potenza di fuoco – quattrini, televisioni, giornali – di Berlusconi, il reduce da tutto, la cui autocandidatura presidenziale è stata sorprendentemente presa sul serio anche al di fuori dell’abituale giro di maggiordomi e lacchè. Il personaggio che ha spaccato in due il Paese, che ha divelto la gran parte degli steccati etici, che da venticinque anni è in conflitto permanente con la magistratura, viene addirittura presentato quale possibile pacificatore. Da parte degli interessati laudatores si gareggia nel dimenticare che è un pregiudicato, che ha fatto parte della P massonica, che giustificò il proprio interventismo nei confronti di una ninfetta minorenne dipingendola come la nipote di Mubarak, che volò fino a Tripoli per baciare la mano di Gheddafi. Eppure lui sostiene di avere in tasca, cioè di aver comprato, i  voti mancanti al centrodestra per garantirsi la maggioranza richiesta. Magari è vero, però è altrettanto vero che all’interno della Lega, di Fratelli d’Italia, della stessa Forza Ita-

Sergio Mattarella, a sinistra, incontra Mario Draghi. (Shutterstock)

lia, si contano numerosi franchi tiratori, pronti a impallinarlo nel segreto dell’urna. Quanti sono bravi nel leggere i fondi di caffè, quanti rifiutano di fermarsi all’evidenza per trovare conforto nel cerebralismo, sostengono che in realtà dietro il superattivismo di Berlusconi si nasconda il sottile disegno di esser egli a proporre, nella sorpresa generale, il nome di Draghi o, in alternativa, di una donna. Per la prima volta, infatti, l’altra metà del cielo avanza la giusta pretesa di non fungere da decorazione dell’arredo. Purtroppo è fuori per motivi di salute Emma Bonino, che avrebbe la statura di una eccellente capa di Stato; si è invece dichiarata non disponibile la novantunenne senatrice a vita Liliane Segre, la sopravvissuta ad Auschwitz divenuta la coscienza critica del Paese. Di conseguenza il mazzo delle possibili candidate si riduce a tre nomi, a meno di sorprese in extremis: Cartabia, Alberti Casellati e Moratti.

Cartabia ha uno straordinario cursus honorum: professoressa universitaria, presidente della Corte Costituzionale, autrice da ministra di una sostanziale riforma del sistema giudiziario penale. La vicinanza al movimento cattolico Comunione e liberazione le garantisce sostenitori in entrambi gli schieramenti, necessari per supplire alla mancanza di empatia. Invece l’ex avvocata matrimonialista Alberti Casellati è espressione del berlusconismo più spinto. Ad aprile  fu una dei  deputati della maggioranza di centrodestra per i quali la notte del  maggio  Ruby era la nipote di Mubarak e dunque le sette telefonate di Berlusconi alla questura di Milano per farla rilasciare erano telefonate da premier, telefonate di Stato. Quindi nessun reato e caso mai a giudicare avrebbe dovuto essere il tribunale dei Ministri, non il tribunale di Milano. Ma la carica che Alberti Casellati ricopre e la mancanza di alternative potrebbero pesare nel

giudizio di chi sarebbe disponibile a ogni scelta pur di opporsi a Draghi. La glaciale Letizia Moratti, attualmente assessore alla Sanità e vicepresidente della Lombardia, appartiene alla Milano più chic, più ricca, più cosmopolita. Nasce bene e si sposa meglio: Gianmarco Moratti erede di una famiglia di petrolieri, proprietaria in due tornate dell’Inter più sfavillante. È stata presidente della Rai, ministra dell’Istruzione, sindaca di Milano; poi la vedovanza e un inatteso ritorno alla politica in una posizione di ripiego, tipica del civil servant: una pulsione che ha caratterizzato lei e il marito fin dai tempi del sostegno alla comunità di San Patrignano per il recupero dei drogati. Moratti appartiene al centrodestra, ma potrebbe riscuotere consensi pure nella sinistra ortodossa. Il suo appare il nome più spendibile per avere una presidente dopo dodici presidenti. In un articolo che pubblicheremo settimana prossima parleremo degli outsider nella corsa al Quirinale. Annuncio pubblicitario

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ATTUALITÀ

È pronta la roadmap svizzera?

Dialogo con l’Unione ◆ Trent’anni fa il Consiglio federale e il popolo erano molto divisi sullo Spazio economico europeo. Oggi la situazione si potrebbe ripetere di fronte a un’Europa più grande, forte e importante per Berna Ignazio Bonoli

L’inizio dell’anno di presidenza della Confederazione di Ignazio Cassis rischia di essere molto complicato. Tanto più che il magistrato ticinese riveste la doppia funzione di presidente e ministro degli Esteri, chiamato quindi a occuparsi di molti affari interni, ma anche dei delicati equilibri con l’estero. Tra questi prende un posto importante il problema posto dall’interruzione delle trattative sull’accordo quadro con l’Unione europea. Entro metà gennaio Bruxelles si aspetta infatti dalla Svizzera una «roadmap» da seguire il più presto possibile e di trovare una soluzione soddisfacente per entrambe le parti. Per il momento le posizioni sono ancora inconciliabili. In breve il problema è il seguente: se la Svizzera vuole un accesso libero al mercato europeo, deve integrare progressivamente il diritto europeo nelle sue disposizioni legali. Cosa alla quale la Svizzera si oppone, perché in contrasto con la Costituzione federale e sicuramente non gradita a livello popolare. Difficoltà per la Svizzera o, se vogliamo, pressioni europee si sono già viste nei primi mesi dopo l’interruzione delle trattative: per esempio in alcune procedure per l’esportazione o nella partecipazione svizzera ai programmi europei di ricerca. Qualche gesto da parte svizzera, per avvicina-

re le posizioni, non sembra aver avuto l’effetto sperato. Per esempio il miliardo di coesione versato al fondo europeo, e destinato ai Paesi dell’est, che buona parte del Parlamento svizzero non avrebbe voluto versare ma che Bruxelles tende a considerare acquisito. Di fronte a un certo indurimento delle posizioni a livello europeo, portato avanti in particolare dal nuovo responsabile per le trattative con la Svizzera, il commissionario Maros Sefcovic, il Consiglio federale oppone accordi particolari per ogni settore da porre in discussione. Potrebbe essere una strada percorribile per proseguire sulla linea degli accordi bilaterali, mentre però da parte europea si vorrebbe riprendere la discussione sui punti che hanno indotto Berna a rinunciare all’accordo quadro. Che la distanza fra le due posizioni sia ancora grande è dimostrato anche dall’intervento di Cassis in Parlamento. Si tratta – ha detto – di una profonda questione psicologica per l’intero Paese, che non può essere risolta da un gremio di poche persone. Una questione che ha origini antiche in Svizzera, come si può perfino vedere negli atti ufficiali del Consiglio federale di trent’anni fa. Anche allora si è discusso parecchio su un accordo con l’Ue (che era ancora la Comunità economica europea), con una parte dei con-

Il 22 ottobre 1991 Adolf Ogi, René Felber e Jean-Pascal Delamuraz spiegano la posizione del Governo: aderire prima allo Spazio economico europeo poi alla Comunità europea. (Keystone)

siglieri federali favorevoli all’adesione e un’altra totalmente contraria. La proposta in discussione era comunque una via di mezzo e cioè lo Spazio economico europeo da creare tra Comunità europea (Ce) e l’Associazione europea di libero scambio (di cui faceva parte anche la Svizzera). Ma a Berna c’era chi considerava lo Spazio economico una soluzione durevole ai rapporti con la Ce e chi invece lo considerava un primo passo verso l’ingresso della Svizzera nella futura Ue. Due fatti dimostrarono poi la debolezza della posizione svizzera: da un lato il voto popolare negativo (il 

dicembre ), dall’altro la decisione elvetica di definire comunque l’adesione all’Ue «un obiettivo strategico». Si trattò di un grosso errore politico che creò difficoltà maggiori ai negoziatori svizzeri e costrinse poi il Consiglio federale a rinunciare definitivamente all’obiettivo strategico. Le posizioni di allora sono molto simili a quelle di oggi, anche se i tempi e forse i modi sono cambiati. Per citare un esempio probante basti ricordare dapprima l’entrata e poi l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea. La Svizzera è sostanzialmente rimasta a guardare, legandosi però agli ac-

cordi bilaterali, che hanno sicuramente giovato all’economia, ma che oggi almeno per l’Ue sembrano un ostacolo a rapporti completi con la Svizzera. Infatti Bruxelles non vede più di buon occhio gli accordi e un eventuale statuto speciale per la Svizzera viene reso più problematico dalle pressioni di alcuni Stati membri che vanno nella stessa direzione. Nel frattempo l’Europa è diventata più grande e più forte e, per la Svizzera, sempre più importante. Noi importiamo dall’Ue più di quanto vi esportiamo. La nostra ricerca e molti altri scambi importanti (per esempio quelli energetici) sono sempre più legati a quelli europei. In altri termini, la nostra integrazione de facto in Europa è sempre più profonda. Ovviamente il Consiglio federale non può risolvere da solo tutti i problemi ma su di lui incombe la responsabilità di trovare una soluzione che garantisca anche in futuro la prosperità economica e la stabilità politica. Il rapporto con l’Ue rimane una questione strategica essenziale. Tocca ora alla Svizzera dire come vorrà affrontarla. Ci vorrà tempo ma ci si dovrà muovere con unità di intenti. Se non altro per non dar ragione a quel deputato europeo che ha detto che gli accordi bilaterali sono come il formaggio svizzero: più si aspetta, più aumentano i buchi. Annuncio pubblicitario

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ATTUALITÀ / RUBRICHE ●

Il Mercato e la Piazza

di Angelo Rossi

Anno nuovo, insicurezza di sempre ◆

L’anno nuovo è una buona occasione, per i commentatori economici, per formulare previsioni e apprezzamenti su come la congiuntura si evolverà nei prossimi dodici mesi. Da quel che si è potuto leggere e sentire nel corso delle ultime settimane, la situazione a fine  non sembra essere molto diversa da quella che era stata rilevata a metà anno. A livello internazionale ci sono più ragioni per essere preoccupati. Per la Svizzera, invece, la congiuntura continua ad essere buona. Nonostante il prolungarsi della pandemia di Covid e il rafforzarsi dell’inflazione, le previsioni per l’economia svizzera restano positive. Il KOF, istituto per lo studio della congiuntura del Politecnico di Zurigo, pur avendo rivisto in dicembre le sue previsioni verso il basso, a causa dei nuovi sviluppi della pandemia, continua a pensare che il tasso di crescita del Prodotto interno lordo per il 

sarà pari al ,% e per il  al ,%. A partire dalla primavera, anticipa il KOF, l’economia svizzera conoscerà una ripresa. Come si è già osservato le due incognite che pesano sull’andamento dell’economia svizzera, come pure su quello delle altre economie dei paesi sviluppati, sono la pandemia e l’inflazione. È probabile che, nel corso del , la pandemia possa finalmente venir debellata. Non si è però ancora in grado di prevedere accuratamente quali saranno le conseguenze della stessa sull’attività economica del prossimo anno. I problemi sono conosciuti. In primo luogo si tratta delle lacune che la pandemia continuerà a creare, ancora per qualche mese, nella domanda di lavoro. Soprattutto in un’economia come quella svizzera, nella quale prevalgono le piccole e medie aziende, le difficoltà di reclutamento dovute alla pandemia rischia-

no di rallentare l’attività di produzione di beni e servizi. L’altro grosso problema dovuto alla pandemia è costituito dai ritardi nei rifornimenti in materie prime e semilavorati. Anche questi ritardi frenano e continueranno a frenare ancora per mesi lo sviluppo delle attività economiche. La seconda incognita, ossia l’inflazione, è quella che, attualmente, è al centro dell’attenzione degli economisti. In relazione alla stessa i commentatori accennano a due difficoltà. La prima riguarda la possibile durata del fenomeno. Una parte dei commentatori, basandosi sulle affermazioni delle banche centrali, afferma che l’inflazione sarà transitoria e che dovrebbe cessare con la fine del periodo pandemico. Altri, invece, sostengono che il fenomeno potrebbe durare a lungo per due ragioni. In primo luogo perché la pandemia non cesserà domani. In secondo luogo perché più la

pandemia dura e più la stessa tende a modificare le attese degli operatori economici in materia di inflazione. Il fenomeno inflazionistico potrebbe quindi autoriprodursi perché il prolungarsi del periodo inflazionistico indurrà gli operatori economici ad attendere che l’inflazione continui. Questa opinione è quella che ha espresso, per esempio, di recente Carmen Reinhart, economista capo della banca mondiale, in un’intervista con la NZZ. Il secondo problema concerne il rapporto che le attuali tendenze inflazionistiche potrebbero avere con la crescita dell’economia. Per alcuni commentatori il pericolo di stagflazione è reale. Essi temono, per il futuro, non solo tassi di inflazione superiori alla norma, ma anche, come seconda difficoltà, una possibile recessione. Questi specialisti citano, come riferimento, il caso delle recessioni degli anni Settanta del passato

secolo che furono per l’appunto episodi di stagnazione economica in una situazione di forte inflazione. Come allora, anche oggi, uno dei fattori più importanti del rincaro è rappresentato dall’aumento dei prezzi del petrolio. È vero che il petrolio, nelle economie sviluppate di oggi, non è più così preminente, come vettore energetico, come lo era nelle economie industrializzate degli anni Settanta dello scorso secolo. Tuttavia un forte aumento del prezzo del petrolio può ancora agire da fattore di freno della congiuntura. Ora, se a livello internazionale, all’uscita della pandemia, la recessione dovesse imporsi è possibile che le economie sviluppate non cessino di ampliare l’offerta di moneta continuando così ad alimentare l’inflazione. La recessione con inflazione, ossia la stagflazione, è quindi un rischio che non si può trascurare, nei mesi a venire.

Affari Esteri

di Paola Peduzzi

Un volano per Emmanuel Macron ◆

È iniziato il primo gennaio il semestre di presidenza del Consiglio europeo della Francia e l’immagine della tour Eiffel tutta blu Europa con le stelle dorate ha fatto il giro del Continente, con quella sua potenza simbolica che piace molto a Emmanuel Macron. Questi sei mesi coincidono anche in buona parte con la campagna elettorale francese che è già cominciata e finisce con il primo turno delle Presidenziali, il  aprile. Questa sovrapposizione causa qualche inquietudine tra i partner europei perché se lo slancio di Macron è assicurato – c’è già e si chiama «sovranità europea» – è anche possibile che le questioni più controverse restino congelate per non interferire troppo con la campagna elettorale per l’Eliseo. Il presidente ha cercato di fugare questi dubbi facendo prima un tour in tutti i Paesi dell’Ue e poi lanciando il semestre con frasi ambiziose: il

 «deve essere l’anno della svolta europea» e le tre parole chiave sono rilancio, potenza e appartenenza. Il discorso con cui Macron ha delineato gli obiettivi del semestre è stato ribattezzato «Sorbona .»: il primo discorso all’Università Sorbona di Parigi risale al settembre del  ed è quello sul cosiddetto «Rinascimento europeo». Il cantiere francese per l’Ue riparte da lì e si rinnova, con l’obiettivo di introdurre il salario minimo in tutto il Continente e di occuparsi della regolamentazione del digitale e della transizione ambientale. È possibile che ci si debba anche occupare della riforma del Patto di stabilità, su cui c’è una convergenza della Francia con Italia e Germania, e di altre questioni emergenziali legate alla pandemia, così come irrisolta e complicata è la questione legata alle frontiere e a Schengen. Non è detto che si riesca a fare passi avanti consistenti perché ol-

tre alle differenze interne all’Ue ci sono le elezioni francesi, appunto. La stragrande maggioranza degli Stati membri spera in una rielezione di Macron, il presidente che ha sdoganato l’Ue nel , l’anno dopo il doppio terremoto Brexit-Trump, e che ha scandito il suo mandato con discorsi ispirati sui valori che tengono insieme l’Unione. Mentre è facile immaginare che, soprattutto nell’est dell’Europa, il tifo non sia per Macron ma per i candidati sovranisti: Marine Le Pen ed Éric Zemmour. La prima arrivò al ballottaggio  anni fa e pareggiò alle elezioni europee del  con la République en marche di Macron. Il suo Rassemblement national è l’evoluzione della destra estrema francese, molto nazionalismo e meno antisemitismo, ma la speranza di Le Pen di creare un fronte sovranista compatto in Europa non si è realizzata. Pure se a est l’idea lepenista dell’Ue piace,

perché si tratta di svilire e se possibile smantellare il costrutto sovranazionale dell’Ue, c’è il problema della Russia, uno dei grandi temi che spaccano il nazionalismo europeo. A est, in Paesi come la Polonia, il sovranismo è al governo, ma affari con la Russia non li vuole fare. Per ora quindi si procede in modo disunito in termini di tifoserie europee, ma in ogni caso Le Pen sembra più forte di Zemmour non solo in Francia ma anche in Europa. La luna di miele con lo scrittore-giornalista Zemmour che mette il ramoscello d’ulivo nel suo merchandising (in berbero, azemmour vuol dire ulivo, Zemmour è un ebreo-berbero d’Algeria) ma non conosce toni pacifici, sembra già finita. Tutto può accadere, naturalmente, visto che di questi tempi nel  anche Macron aveva un consenso inferiore al %. Come detto il tifo europeo va per Macron, anche se molti conservatori

– il Partito popolare europeo è il più importante dell’Ue – guardano con sempre maggiore interesse a Valérie Pécresse, che ha vinto le primarie dei gollisti e che si propone come alternativa europeista a Macron. In realtà Les républicains, il partito erede del gollismo, non gode di grande fama europeista, e ancora pesa nella memoria del Continente la bocciatura nel  del Trattato costituzionale dell’Ue. Ma Pécresse è una gollista moderna e una sorpresa, quindi molti in Europa la vedono in modo promettente. I macroniani sono un pochino preoccupati, ma hanno anche ancora tutto da giocarsi e hanno strumenti di comunicazione innovativi – girano filmati che sembrano serie tv americane, producono slogan e parole chiave con una certa frequenza e incisività – e il semestre europeo, al netto delle preoccupazioni, potrebbe essere un gran volano per il presidente Macron.

Zig-Zag

di Ovidio Biffi

Un grazie sentito e uno ironico ◆

Pochi giorni prima di Natale in tutta la Svizzera i ’ ex-dipendenti aventi diritto a rendite di vecchiaia, invalidità o vedovanza dalla Cassa Pensioni Migros (CPM) hanno ricevuto una bella notizia: gli amministratori – dopo aver preso atto che il grado di copertura lo scorso anno ha raggiunto il %, grazie a un rendimento degli investimenti complessivi del ,% scaturito da un patrimonio di , miliardi di franchi in valori, immobili e azioni – hanno deciso il versamento di una tredicesima «una tantum». Non so se qualcuno, da noi o nella Svizzera interna, ha già riferito di questi versamenti. Ho però l’impressione che ancora una volta abbia finito per prevalere la disattenzione mediatica, sicuramente aiutata da discrezione e riserbo che Migros evidentemente ha voluto anche per questo suo gesto. Non spetta a me, che oltretutto figuro fra i benefi-

ciari, fornire ulteriori dettagli o stupire con cifre complessive. Ritengo però giusto rivolgere un sentito grazie agli amministratori della CPM e a Migros per il felice Natale regalato ai loro pensionati, evidenziando l’importanza di questa strenna. Ovviamente importante per i beneficiari in un contesto socio-economico particolare come quello attuale; e qualcuno di loro avrà forse rivolto un pensiero «politico» anche a un’altra tredicesima, quella dell’AVS che a Berna aspetta sempre di diventare realtà. La notizia ha però un peso rilevante anche per l’azienda, la Migros, spesso canzonata quando altri distributori la superano in questo o in quell’altro settore di attività e allo stesso tempo poco considerata per quanto continua a promuovere da decenni e senza soste in ambito socio-culturale (cito il formidabile motore del Per-

cento culturale, a cui unisco il valore che nella Svizzera italiana continua ad avere il settimanale che state leggendo). Mi permetto anche di accennare a due ultimi concetti. Primo: il versamento unico della CPM ha una valenza politica che riattualizza il core value del cooperativismo. Secondo: merita particolare attenzione in campo economico anche quel capitale sociale che il fondatore di Migros Gottlieb Duttweiler ha sempre predicato ed attuato, sia alla luce dell’incertezza che stiamo vivendo, sia pensando alla necessità di recuperare quei valori umani e sociali che i politici continuano a misconoscere. Molto diverso, perché ironico, il grazie da rivolgere a Euronews che per Natale su Twitter ha voluto diffondere uno strano servizio sulla pandemia, apparentemente collegato con la variante Omicron che si sta rapidamente diffondendo in tutto l’Occi-

dente. Dico apparentemente perché alla fine ho scoperto che si tratta di una proposta giornalistica perlomeno subdola se non ingannevole. In primo luogo perché il servizio è stato pubblicato e illustrato con foto e video dimenticando che la gente è impegnata ormai da due anni a ripararsi da valanghe di informazioni negative, riguardanti emergenze sanitarie e aspettative per la salute. Poi perché, cercando un più consistente collegamento con l’attualità, ho scoperto che il servizio è doppiamente datato e quindi anche doppiamente «falsato» perché elude i sospetti e le naturali difese che dovrebbero mettere in guardia chi legge. Riassumendo: a Euronews hanno riproposto su Twitter un servizio dal titolo Nipah virus could cause another deadly pandemic già pubblicato a metà ottobre per documentare la presenza (fortunatamente solo in Asia, stranamente non in

Cina) di un virus che «gira» fra pipistrelli della famiglia dei Pteropotidi, ma trasmissibile anche agli uomini e con un tasso di mortalità del %. Nel testo la giornalista Pascale Davies, oltre a citare uno dei ricercatori che hanno creato il vaccino AstraZeneca, menziona anche un documento dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Peccato che questo «nuovo» virus è noto sin dagli anni Novanta, che la segnalazione emanata dall’Oms è di tre anni fa, vale a dire a prima della pandemia da Covid , e che il Nipah virus, nonostante la declamata pericolosità, finora ha fatto pochissime vittime. Mi chiedo: qualcuno riuscirà a inventare un filtro (anche solo un’app) capace di scoprire simili servizi giornalistici, ottenuti «riscaldando» artatamente articoli, filmati e documenti vecchi, pur di renderle appiccicose per i social e di impressionare i lettori?


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Settimanale di informazione e cultura

Anno LXXXV 10 gennaio 2022

azione – Cooperativa Migros Ticino

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Anno LXXXV 10 gennaio 2022

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azione – Cooperativa Migros Ticino

MONDO MIGROS

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Ecco come mantenere i thermos puliti più a lungo Dopo ogni utilizzo, pulire l’interno della bottiglia a mano con acqua e sapone. Non riporre in lavastoviglie.

Pulire l’esterno con un panno morbido e umido.

Rimuovere i residui ostinati e gli odori con un detergente per dentiere, una miscela di acqua calda e aceto oppure acqua calda e bicarbonato di sodio. Infine, sciacquare accuratamente.

Non usare agenti abrasivi o aggressivi o strumenti taglienti.

Foto:Yves Roth, Styling: Mirjam Käser

Dopo la pulizia, conservare il thermos aperto e in posizione verticale.

Non mettere latticini nel thermos. I residui batterici potrebbero accumularsi.

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CULTURA

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Blunt e la retrospettiva Il cantante britannico James Blunt, ex militare celebre soprattutto per il suo brano You’re Beautiful, offre ai suoi fan una retrospettiva

Una vita in battaglia Le memorie politiche del carismatico Pietro Martinelli in un libro curato da Roberto Antonini

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Pagina 35 ◆

Signac collezionista Mostre

Esposizione intima al Musée d’Orsay di Parigi

Gianluigi Bellei

Paul Signac (-) è cosciente di vivere uno dei periodi più brillanti dell’arte francese, fra Impressionismo e Postimpressionismo, chiosa Marina Ferretti Bocquillon nel catalogo della mostra Signac collectionneur al Musée d’Orsay di Parigi. Non solo per questo, ovviamente; Signac è un anarchico e vive con intensità questi momenti. È amico di Jean Grave; collabora con le «Temps nouveaux» e offre alcune opere per la tombola organizzata per finanziare il giornale. Ma chi sono gli amici dell’anarchico Grave? Vediamone alcuni, tutti presenti in quegli anni turbolenti: Pissarro e il figlio Lucien, Luce, Meunier, Van Rysselberghe, Cross, Agrand, Steinlen, Vallotton, Kupka, Crane, Vuillard… Su «La Révolte» del  giugno  Signac scrive: «Il pittore anarchico non è colui che dipinge dei quadri anarchici ma colui che, senza scopo di lucro, senza attendersi alcuna ricompensa, lotterà con tutta la sua individualità contro le convenzioni borghesi e ufficiali, dando il suo apporto personale. Il soggetto non è nulla, o perlomeno non è che una parte dell’opera, una parte non più importante degli altri elementi come colore, disegno, composizione». Collabora anche con «L’Almanach du Père Peinard» di Émile Pouget. Nel - dipinge una monumentale tela di  x  centimetri, intitolata Au temps d’anarchie, la quale attualmente si trova alla Mairie di Montreuil, che poi viene rinominata Au temps d’harmonie. Un dipinto che incarna in pieno le teorie di Kropotkin di un mondo migliore senza sfruttati né sfruttatori, dove la vita è come un sogno fatto di un’armonia arcadica. Dal  al  è presidente della Société des artistes indépendants. Sono gli anni nei quali si avvicina al movimento di Henri Barbusse. Ma torniamo indietro nel tempo. Nel  è fra i fondatori del Salon des Artistes Indépendants. Affascinato dal colore e dalle teorie puntiniste di Seurat i due iniziano un comune lavoro di ricerca. Tutti sono anarchici, compreso il gallerista Fénéon – dal carattere focoso tanto quanto Signac sembra come l’acqua. Signac realizza il ritratto di Fénéon nel . Renauld Temperini scrive: «Signac definì poco a poco un’estetica in cui la bellezza dei colori puri diviene un fine in sé». Come molti altri artisti, Signac è anche un collezionista. In primo luogo dei suoi sodali e poi anche di chi lo ha preceduto. Una collezione realizzata negli anni fra acquisti e scambi di opere. Gli inizi, fra il  e il , sono particolarmente agiati; è figlio unico e la sua famiglia di commercianti è economicamente solida. Dal  un contratto con la Galleria Bernheim-Jeune gli assicura un pe-

Vincent Van Gogh (1853-1890), Deux harengs, 1889, olio su tela 32 x 40 cm. (Collection particulière. Photo © musée d'Orsay / Patrice Schmidt)

riodo finanziario di una certa stabilità. La Prima guerra mondiale interrompe la dinamica del successo e gli anni seguenti si presentano molto difficili. Signac si installa a Saint-Germaindes-Prés proveniente da Antibes. Qui lascia la maggior parte dei dipinti alla compagna. Inizia quindi una seconda collezione più modesta. Alla sua morte nel  più di  persone seguono il feretro al Père Lachaise. La figlia Ginette eredita tutto e vive vendendo sia le opere del padre sia quelle della collezione e si spende per valorizzare il lavoro dei neoimpressionisti. Si sposa con Charles Chachin dal quale ha una figlia, Françoise che sarà il primo direttore dal  al  del Musée d’Orsay. Ed è proprio al Musée d’Orsay che fino al  febbraio si tiene un’esposizione dedicata alla collezione di Signac. Vengono presentate  opere divise in

 sezioni: Signac pittore e collezionista; i maestri; Seurat; i Neoimpressionisti e Le sorprese di una collezione. Si comincia con un disegno a penna di Eugène Delacroix per arrivare a Camille Pissarro. Signac ha trentatré anni più di Pissarro, ma dal loro primo incontro, nel , nell’atelier di Guillaumin nasce un’amicizia cementata dagli ideali anarchici. Diversi i dipinti fra i quali il ritratto del figlio Félix. Seguono alcuni splendidi nudi e le ballerine di Edgar Degas; una figura e delle pere di Paul Cézanne; uno strabiliante centauro di Odilon Redon e poi Claude Monet, Armand Guillaumin, Pierre-Auguste Renoir, Charles Angrand che tiene una fitta corrispondenza con Signac durante l’elaborazione del suo Le Démolisseur del -. Diverse le opere di Henri-Edmond Cross al quale lo lega una profonda amicizia

e soprattutto la strenua difesa del Neoimpressionismo. Quando Signac decide di dipingere Au temps d’harmonie, Cross realizza un lavoro simile intitolato L’Air du soir. La collezione Signac comprende una trentina di opere di Maximilien Luce. Anarchico della prima ora, Luce viene arrestato assieme a Fénéon nel  dopo l’assassinio di Sadi Carnot (vedi su queste colonne il mio articolo del  gennaio ). Fra queste il ritratto di Signac, il famoso L’Homme à sa toilette del  e lo studio per La Bataille syndacaliste. La lista delle opere in mostra sarebbe lunga. Citiamo Ker-Xavier Roussel con il suo Nymphes et satyres, un olio di cm  x , nel quale l’autore – lettore di Ovidio, Virgilio e soprattutto Nietzsche – rappresenta la nostalgia di un’arcadia perduta e un anarchismo utopico e intellettuale.

Poi Deux Harengs ricevuto da van Gogh, che frequenta a Parigi dal , come souvenir di una sua visita. Da notare, infine, che diverse opere trattano il tema del nudo, un genere che lui raramente affronta. Nell’ultima sala alcune stampe giapponesi delle quali Signac, come la maggior parte degli artisti del periodo, era appassionato amatore. Bella mostra. Da segnalare il catalogo che comprende la lista dell’intera collezione di Signac e anche, sempre segno di ottimo lavoro accademico, l’indice dei nomi. Dove e quando Signac collectionneur. A cura di Laurence des Cars, Marina Ferretti Bocquillon e Charlotte Hellmann, Parigi, Musée d’Orsay. Fino al 13 febbraio. Catalogo Musée d’Orsay/Gallimard, euro 42.


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CULTURA

Il talento di Blunt

Musica ◆ Il giro di boa: dopo quasi diciott’anni di carriera, il britannico James Blunt offre alle sue legioni di fan un’efficace retrospettiva cantautorale Benedicta Froelich

Come qualsiasi «insider» dell’industria discografica ben sa, vi sono alcune regole imposte dal sistema che è molto difficile, per qualsiasi artista di un certo successo, riuscire a bypassare: e una delle più vincolanti è certo rappresentata dall’obbligo di pubblicare periodicamente nuove raccolte dei propri maggiori successi – i cosiddetti album «greatest hits», la cui importanza commerciale è, di fatto, tuttora indiscussa. Così è anche per il quarantasettenne James Blunt, l’ex militare britannico salito alla ribalta internazionale nel  con il tormentone radiofonico You’re Beautiful, romantico singolo apripista del fortunatissimo album di debutto Back to Bedlam. Blunt ha infatti appena dato alle stampe una retrospettiva dei suoi quasi vent’anni di carriera, sotto forma di un doppio CD dal titolo di The Stars Beneath My Feet (-). E sebbene si possa affermare che James non rappresenti forse una voce troppo originale in termini di songwriting, tuttavia egli ha dalla sua il fatto di essere un arguto cesellatore di ballate romantico-intimiste, rese particolarmente efficaci dalla propria interpretazione: Blunt è infatti dotato di un timbro vocale inconfondibile, e di un evidente penchant per le melodie accattivanti e orecchiabili, eppure, allo stesso tempo, raffinate e mai davvero banali. In effetti, in termini di moder-

no cantautorato anglosassone, James Blunt costituisce un caso indubbiamente interessante, dal momento che il suo catalogo è ricco di potenziali hits – non soltanto tra i molti singoli, ma anche nelle pieghe e recessi più nascosti dei suoi album. È per questo che The Stars Beneath My Feet non si limita a offrire i brani più noti per i quali Blunt è ricordato (principalmente risalenti alla prima parte della sua carriera), ma anche pezzi meno familiari al grande pubblico; accanto ai più datati singoli di maggior successo – tutti brani di spessore quali Wisemen, , Same Mistake e Goodbye My Lover – troviamo infatti irresistibili brani uptempo quali Bonfire Heart, The Truth, Bartender e l’energico The Greatest (il cui video accompagnò il lockdown pandemico del ); nonché ballate di grande efficacia del calibro di Don’t Give Me Those Eyes, Cold, e, soprattutto, della straziante Carry You Home. Non solo: come spesso accade con operazioni di questo tipo, destinate a voler essere appetibili sia per i fan di vecchia data sia per i fruitori casuali, la tracklist deve obbligatoriamente offrire anche qualche brano inedito a rendere l’acquisto del disco fondamentale – ed è quanto avviene con questa compilation, arricchita da ben quattro tracce incise appositamente per l’occasione. È però un problema il fatto che, sfor-

tunatamente, il singolo di lancio Love Under Pressure non si riveli all’altezza del compito, trattandosi di un pezzo dai toni un po’ troppo easy listening (per non dire banali), oltretutto corredato da un video che vorrebbe probabilmente essere «di rottura», ma finisce per sembrare più che altro di dubbio gusto. Va un po’ meglio con il suo successore, Unstoppable – ma, soprattutto, con gli altri due inediti, molto più onesti sebbene, sfortunatamente, limitati alla sola presenza nella tracklist, senza i passaggi radiofonici invece garantiti a un singolo: Adrenaline e, soprattutto, il viscerale I Came For Love. E poiché un’altra immancabile dotazione di ogni «greatest hits» che si rispetti consiste nell’aggiunta più o meno casuale di qualche nuova versione dal vivo tratta dal repertorio live dell’artista, The Stars Beneath My Feet non può esimersi dall’includere assaggi da concerti svoltisi a New York, Londra, Parigi e Glastonbury; ed è quasi un peccato che alcuni dei pezzi in fondo più onesti e vibranti dell’artista siano stati qui «relegati» alla sola versione del vivo – si vedano No Bravery, brano autobiografico incentrato sulle esperienze militari di James durante la guerra in Kosovo del , e I Really Want You, perfetta espressione dell’ossessiva angoscia che caratterizza ogni tormentata storia d’amore. È chiaro che, al di là dei suoi inevi-

James Blunt è nato nel 1974 aTidworth.

tabili limiti, questa raccolta riesce comunque nell’obiettivo più importante, ovvero quello di mostrare al pubblico il vero talento di Blunt: la sua capacità di combinare accenti radiofonici e orecchiabili con le sfumature di intensità cantatutorale su cui egli ha basato la sua intera carriera. Una dote particolarmente evidente in pezzi accattivanti quali The Truth, Halfway e Cold – ma, soprattutto, nel recente Monsters, forse il brano in assoluto più intenso mai inciso da Blunt: un tributo al pa-

dre morente, il cui effetto emotivo sul pubblico è stato tale da permettere di salvare la vita all’anziano genitore grazie a un tempestivo trapianto. Sono, in fondo, exploit di questo spessore ad aver fatto di James Blunt uno degli artisti oggi più amati dal grande pubblico – uno status che, almeno a giudicare dall’eccellente panoramica fornita da quest’album, è più che meritato, e sarà molto probabilmente confermato anche dal futuro del cantante inglese. Annuncio pubblicitario

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CULTURA

Compagno Pietro, una vita di battaglie Testimonianze

Il libro di memorie di uno dei protagonisti della politica ticinese

Pietro Montorfani

Il libro su Pietro Martinelli inaugura la nuova collana «Saggi» dell’editore Casagrande di Bellinzona Si tratta, innanzitutto, di una testimonianza di parte: lo dichiara bene il colore rosso della copertina, con cui si inaugura il nuovo layout della collana «Saggi» dell’editore Casagrande di Bellinzona. Dalla medesima «parte» proviene anche l’intervistatore, forse il più noto giornalista RSI attualmente in attività, onesto e preciso al punto da non risparmiare al suo interlocutore le domande più scottanti: come quella sulla vicinanza del Partito Socialista Autonomo con la sinistra extraparlamentare italiana, prima e dopo gli anni «di piombo»; oppure sul severo Berufsverbot di cui l’ingegnere civile Pietro Martinelli fu vittima, sul piano professionale, da parte di un apparato statale all’epoca ancora saldamente gestito dal sistema dei partiti: «andai a chiedere spiegazioni ad

Argante Righetti, direttore del Dipartimento delle Costruzioni. Dopo alcuni tentativi di spiegazioni fumose, finalmente mi disse: “Una persona che assume i suoi atteggiamenti deve aspettarsi dei colpi duri”» (p. ). Un problema tanto inaggirabile da costringere Martinelli a cercare lavoro dapprima a Ginevra, poi persino, per qualche tempo, in Guinea Conakry, come costruttore di una fabbrica di birre. Che sia un libro improntato a uno slancio morale e comunitario (utopistico?) oggi purtroppo molto affievolito, dentro e fuori la politica, è evidente a chi si soffermi sulla citazione iniziale del filosofo francese Edgar Morin (classe ): «L’etica deve formarsi nelle menti a partire dalla coscienza che l’umano è allo stesso tempo individuo, parte di una società, parte di una specie». Ed è interessante notare come questi principi abbiano sempre accompagnato la vita di Martinelli sin dai primi passi mossi nell’agone della politica, dopo l’infanzia milanese già segnata dagli insegnamenti marxisti di Alberto Giomo (docente al Collegio San Carlo) e la laurea al Politecnico di Zurigo, al termine della quale iniziò la sua vera e propria carriera politica. Il sodalizio non privo di incomprensioni con l’altro leader della sinistra radicale, il sindacalista Werner Carobbio, segna buona parte della stagione successiva, nella quale Martinelli inizia a imporsi come oratore carismatico e seducente anche al di fuori delle fila dei compagni più stretti. Si situa a quest’altezza un abbozzo di convergenza politica non ancora compiutamente ricostruito dagli studiosi di cose locali, un fenomeno breve e in fondo infruttuoso, e però importante per l’ambizioso tentativo che pure rappresentò: il cosiddetto Movimento Opposizione Politica, che nel  riunì per breve tempo alcune giovani personalità provenienti da diversi partiti (Flavio Cotti per il PPD,

Ti-Press

Leggenda familiare vuole che, oltre a qualche santo, il mio nome di battesimo si debba anche alla fama e alla straripante energia di uno dei protagonisti della politica ticinese degli ultimi decenni: il carismatico Pietro Martinelli. Leader indiscusso, sin dagli anni giovanili, dell’ala più pura e intransigente della sinistra cantonale, quella che meno aveva digerito lo storico accordo – vantaggioso e però ambiguo – con il partito liberale, Martinelli era riuscito infatti a fare breccia anche negli ambienti cattolici nei quali sono nato io, nel . È con questa consapevolezza che mi sono accinto a leggere il suo libro di memorie, montato in tempi di pandemia da Roberto Antonini a partire da lunghe conversazioni – immagino al telefono, con o senza video – con quello che è tuttora il più saldo punto di riferimento di una certa area politica.

Mario Guglielmoni per il PLRT, Bruno Strozzi per il Partito del Lavoro, oltre naturalmente a Martinelli e Carobbio) nel tentativo di segnare una discontinuità con le generazioni più anziane. Ma il climax di questo ricco libro di memorie, cui si può imputare un unico difetto, quello di un eccesso di repetita iuvant, è sicuramente la celebre scissione di sinistra che portò alla creazione del PSA (), alle battaglie politiche degli anni Settanta e alla conseguente lotta elettorale con il PST del presidente Benito Bernasconi e del Consigliere di Stato Rossano Bervini (aprile ). Non si può guardare all’esecutivo ticinese di fine secolo, nel quale Martinelli giocò spesso un ruolo da protagonista, senza un sen-

so di malinconia dato dalla prematura scomparsa di Giuseppe Buffi, Marco Borradori e Alex Pedrazzini, ai quali non sarà concesso purtroppo lasciare un libro come questo. Sarebbe bello allora approfittare dell’occasione e, con il «quaderno rosso» di Martinelli alla mano, passare qualche tempo in compagnia di un Renzo Respini, un Dick Marty o una Marina Masoni, per sentire qualche altra campana oltre a quella, limpidissima e chiarissima nonostante l’età che avanza, di questo mio omonimo che ora posso dire di conoscere un po’ meglio. Pietro Martinelli Le battaglie di una vita. A cura di Roberto Antonini. Edizioni Casagrande, 2021. Annuncio pubblicitario

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Settimanale di informazione e cultura

Anno LXXXV 10 gennaio 2022

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35

CULTURA / RUBRICHE ●

In fin della fiera

di Bruno Gambarotta

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Superato il giorno di Natale, la mia agenda offre una bella distesa di pagine bianche: non ci sono più scuse per mettere ordine nel caos del mio studio. Salta fuori un taccuino prezioso, testimone di una lontana esperienza, frutto di un’inchiesta su un fenomeno editoriale di successo, il periodico «Seconda Mano», fatto tutto di annunci economici, dai  ai  mila per ogni numero, pubblicati gratuitamente, a meno che non chiedessero di comparire con una maggiore evidenza tipografica. Tre uscite settimanali che, sommate, vendevano in Piemonte  mila copie, una tiratura tale da fare invidia a molti settimanali nazionali. Una delle tante imprese economiche cancellate dall’avvento di Internet. La redazione di «Seconda Mano» era in via Biancamano, nella storica sede della casa editrice Einaudi, abbandonata a causa di una crisi economica che l’aveva portata sull’orlo del fallimento. Nella stagione del massi-

mo successo ci lavoravano  persone,  delle quali donne. Era uno spettacolo osservare queste ragazze che, con la cuffia in testa e davanti a un monitor, rispondevano al telefono e battevano il testo sotto dettatura, o ricevevano i clienti allo sportello, oppure ancora trascrivevano le numerose bobine registrate dalla segreteria telefonica nelle ore in cui gli uffici restavano chiusi. Torniamo al taccuino: è un dono che le ragazze mi hanno fatto per averle elogiate nel mio servizio. È manoscritto, in copertina porta il titolo Detto da loro e registra le richieste più buffe e curiose da parte degli inserzionisti. Da lì traggo la piccola antologia che segue. Già il primo contatto telefonico offriva un ampio ventaglio di possibilità. C’è chi esordiva dicendo: «Signorina, ho telefonato per sapere se posso chiamarla». Chi andava subito al sodo: «Voglio fare una notizia». «Buongiorno, devo dettare una locandina». Qualcuno esagerava, come

questa signora: «Buongiorno, volevo mettere mio marito sul giornale». O chi aveva pretese assurde: «Buongiorno, vorrei mettere un’inserzione su un chiodo». Chi scambiava il settimanale per un commissariato di polizia ed esordiva con un: «Devo denunciare un annuncio». Qualcuno faceva lo spelling: «F come Firenze, I come Imola, G come Genova e H come Otello». «Si scrive con la K di Hotel». Quanto al contenuto degli annunci, vi si trovava di tutto, anche oggetti di cui non si sospettava nemmeno l’esistenza come una «Toilette per signora di foggia orientale». Oppure, per un aspirante marchese di Sade, una «Scopatrice elettrica, aspirante pale a punte di alluminio». Si trovava «Vendo aria condizionata Pinguino a prezzo notevole» così come «Vendo quattro gomme inchiodate». Sono stato tentato dal comprare una «Roulotte con acqua potabile incorporata». Degni di menzione un «Vendo compressore  water» e

un «Vendo un mobile di noce impellicciato». Sapevate che esisteva una «Macchina strizza pavimenti»? Come sarà stata una «Macchina da scrivere ripiegabile su se stessa»? Si poteva comprare anche una «Sedia a rotelle con servizi a bordo». Era encomiabile, da parte degli inserzionisti, il desiderio di essere il più possibile precisi per non indurre in errore. C’era chi, offrendo in affitto una casa per le vacanze precisava che era collocata «Inizio Calabria, partendo da Torino». Più che giusto, partendo da Palermo, avrebbe dovuto scrivere «Fine Calabria». È facile immaginarsi una «Sala da pranzo stile antico moderno angolare». Ed era solo da lodare chi scriveva «Telefonare ore pomeridionali». Non mancava il genere horror, praticato da chi voleva vendere una «Sedia elettrica per invalidi». Anche il mondo del lavoro non scherzava: «Imprenditore piemontese seziona personale». Un nutrito capitolo era rappresentato

dalle ricerche di un impiego: «Cerco lavoro come elettrodomestica», «Due donne cercano lavoro come uffici», «Signora cerca lavoro di qualsiasi dimensione», «Ragazzo cerca lavoro casuale», «Ragazzo cerca lavoro come elettricista, diplomato sul ramo». Anche allora era notevole il numero degli acquirenti e dei venditori di animali: «Vendo boxer tigrati e fulvi, ottima ginecologia», «Vendo pappagallo molto giovane, praticamente un bimbo, goloso di mele». Essendo le inserzioni gratuite apparivano anche coloro che, nel tentativo di alleviare la solitudine, si accontentavano di poco: «enne, in buono stato di conservazione, offresi a partite di calcio amichevoli». Nell’ampia sezione degli annunci «personali» c’era da navigare a lungo. Ne cito solo due. Il primo da un cavaliere di poche pretese: «Cerco una donna che voglia uscirmi assieme». Il secondo va subito al sodo: «Signore cerca donna per rifarmi una vita di accoppiamento».

Un mondo storto

di Ermanno Cavazzoni

Il futuro? Mah! ◆

Il futuro: lo potessimo indovinare! Non so immaginare un metodo minimamente sicuro. Eppure ci hanno sempre provato. Nell’antichità si traevano auspici dal volo degli uccelli, dalle viscere degli animali, dai sogni, da vecchie signore specializzate nel predire, le cui parole però andavano interpretate, e altrettanto i sogni e tutto il resto. Si era sempre nell’incerto: Giulio Cesare è andato in senato dove sarebbe stato ucciso, nonostante gli innumerevoli segni premonitori, che però solo dopo hanno preso il loro significato infausto. La notte prima della grande battaglia di Farsalo era apparsa in cielo una palla di fuoco, che si è diretta verso uno dei due accampamenti. Indicava il vincente o il perdente? Cesare ha sparso la voce che i vincenti erano loro, infondendo nei soldati fiducia, e così è stato. Pompeo aveva sbagliato interpretazione, se no si sarebbe ri-

tirato, aspettando i segni a lui fausti; ma in tal caso si sarebbe ritirato Cesare, se i segni erano a lui negativi. Quindi con interpreti competenti non ci sarebbe mai stata battaglia, gli eserciti si sarebbero alternativamente inseguiti fino allo sfinimento. La storia sarebbe tutta virtuale; i generali si incontrano, nello spazio vuoto tra i due eserciti, guardano uno stormo di uccelli e ne traggono le conseguenze, uno dei due si deve arrendere. Certo che l’esercito perdente si scoccerebbe, hanno lasciato la famiglia, il buon letto di casa, l’assistenza sanitaria a domicilio, e tutto questo per niente, neppure si potrà dire che sono veterani coi relativi vantaggi, perché senza aver combattuto uno non è considerato un veterano, casomai un imboscato. Si noti che con questo sistema predittivo infallibile gli eserciti vanno in ogni caso allestiti, e sono enor-

mi spese e fatiche. Ma ci si sarebbe accorti che conveniva anticipare le previsioni: Cesare e Pompeo ad esempio potevano sedere al tavolino di una trattoria romana portandosi dietro un oracolo, e avrebbero saputo chi avrebbe vinto qualora avessero allestito due eserciti e si fossero poi dati battaglia. Il risparmio sul PIL di ciascuno sarebbe stato enorme. Se Cesare era il favorito, Pompeo si sarebbe ritirato in campagna. Ma anche i popoli sottomessi sapendo che sarebbero stati sottomessi, lo avrebbero fatto di buon grado, con rassegnazione, perché se la storia era già scritta, prevista e leggibile, con chi potevano prendersela? Al massimo un popolo poteva incolpare se stesso: avessimo sviluppato di più economia, armamenti e alleanze! Ma pure questo poteva essere previsto, che economicamente sarebbero rimasti deboli, ecc.

Il maggiore rimpianto è che Le vite parallele di Plutarco, questo meraviglioso libro, non sarebbe stato scritto. Oppure sarebbe stato scritto come libro ipotetico, cosa sarebbe successo se Cesare e Pompeo si fossero fatti guerra, ma sarebbe stato un libro controfattuale, di pura fantasia, sarebbe stato un romanzo, buono quanto qualunque altro: cosa sarebbe successo se Cesare inventava la polvere da sparo, se Pompeo aveva l’aviazione, se Cesare la contraerea, se Pompeo i missili a guida laser, e così via. Come si fa ancora oggi: cosa sarebbe successo se Hitler produceva la bomba atomica. Dato che non l’ha prodotta, l’oracolo gli avrebbe detto che non l’avrebbe prodotta, e Hitler avrebbe dovuto arrendersi prima, anzi gli avrebbe detto che la guerra comunque non la vinceva, che doveva aspettare un momento migliore, sarebbe invecchiato in mezzo ai suoi

sogni di conquista e Mein Kampf finiva al macero come libro di un pazzo fantasticante di cose impossibili. Beh! ci è finito, ma a un costo altissimo,  milioni di morti per dimostrare che era un libro sbagliato. In conclusione, oggi non ci sono più gli oracoli ispirati da un dio, ma tutti i politici credono e fanno credere di poter prevedere; con grande sicurezza, come se il futuro fosse già scritto e loro fossero capaci di leggerlo. Beh, nessuno ci ha mai indovinato; solo a cose fatte hanno il coraggio di proclamare: io l’ho sempre detto! Ma cosa? quando? Neanche approssimativamente si sa il futuro, neppure circa. Siamo immersi in un passato che muta continuamente e in un futuro altrettanto mutevole, perché sono racconti, estensioni fantastiche all’indietro o in avanti di un presente provvisorio, che domani non è più lo stesso, trascinando passato e futuro.

Voti d’aria

di Paolo Di Stefano

La scialba semplicità del calendario ◆

È l’anno di Beppe Fenoglio (–), di Pier Paolo Pasolini (½), di Giorgio Manganelli (+), di Luigi Meneghello (½), di Luciano Bianciardi (+), tutti scrittori nati nel , come Jack Kerouac (–), Kurt Vonnegut (–) e José Saramago (½). Nascevano questi grandiosi narratori e il  gennaio moriva Giovanni Verga ()… Moriva Verga e il  novembre sarebbe morto anche Marcel Proust (). Tutto questo nell’anno in cui, il  febbraio, usciva un capolavoro come l’Ulisse di James Joyce (––). Non mancheranno occasioni di celebrazioni rotonde in quest’anno appena partito (a balzelloni). Già sappiamo che nei prossimi mesi renderemo omaggio al soprano Renata Tebaldi (° febbraio), all’attore Ugo Tognazzi ( marzo) e al suo amico Raimondo Vianello ( maggio), al leader comunista Enrico Berlinguer ( maggio), al fondista cecoslovacco Emil Zátop-

ek ( settembre), al brigante Salvatore Giuliano (il  settembre), al pittore Lucien Freud ( dicembre). Tutti nati nell’anno glorioso . Quasi quotidianamente avremo delle buone ragioni per vivere di (ottimi) ricordi: forse per consolarci della mestizia attuale? Ha scritto Oscar Wilde: «Molti calendari moderni guastano la dolce semplicità delle nostre vite ricordandoci che ogni giorno che passa è l’anniversario di un qualche evento perfettamente privo di interesse» (+). Dovremmo forse correggere il suo pensiero: «Molti calendari rallegrano la scialba semplicità delle nostre vite ricordandoci che ogni giorno è l’anniversario di un evento non privo di interesse in mancanza di meglio» (½). Non privo di interesse? E sì, perché in mancanza di meglio saremo comunque sollecitati a (ri)leggere Pasolini, Fenoglio, Meneghello, Vonnegut, Verga… e chi più ne ha più

ne metta. D’accordo, non è poco, ma il presente vivrà solo di luce riflessa (del passato)? Bella domanda (). Per un Beppe Fenoglio morto nel , c’è un altro Fenoglio vivo e vegeto. Si chiama Jérôme, non è parente, nel senso che non ha nulla a che fare con l’autore di Una questione privata (), ma merita  pure lui, anche perché ci aiuta a guardare al presente con un po’ di ottimismo. È il direttore di «Le Monde», il quotidiano francese (–) che ha appena compiuto  anni e ha raggiunto i  mila abbonati, oltre  mila dei quali digitali e quasi  mila per l’edizione cartacea. A cui vanno aggiunte le  mila copie vendute in edicola. La redazione è cresciuta e mentre altri giornali perdono lettori e licenziano, «Le Monde» guadagna (anche lettori giovani) e assume redattori. Sono numeri riferiti su «la Repubblica» dalla corrispondente a Parigi Anais Ginori. Dunque,

c’è un modo per salvare l’informazione di qualità? C’è, l’importante è che sia davvero di qualità, con inchieste serie, reportage non ovvi, approfondimenti inediti e commenti ben argomentati. Sfogliate «Le Monde»: non troverete gossip televisivo né pettegolezzo politico. I canali di diffusione (on line, digitale, social, carta) contano, ma meno di quel che si pensa: «Bisogna andare verso i lettori, non aspettare che vengano a cercarci» spiega Fenoglio, il cui progetto è di abbattere la barriera linguistica e raggiungere nuovi lettori (stranieri) proponendo una selezione di articoli in inglese. In una sola edizione di un giorno qualunque, oltre alle notizie obbligate sulla diffusione del Covid, potete trovare su «Le Monde» un servizio che racconta da Nuova Delhi l’odio antimusulmano dei fondamentalisti indù, da Città del Capo una cronaca a

piena pagina dei funerali di Desmond Tutu, un’analisi sui danni ambientali della pesca a strascico negli oceani, un’inchiesta sulla crisi universitaria e sulla salute mentale degli studenti al tempo della pandemia, un reportage da Gicumbi sull’incredibile ascesa del ciclismo in Ruanda. E lunghe recensioni critiche di spettacoli teatrali, di cinema, di musica. Non isterici articoli mordi-e-fuggi, ma servizi ampi per un lettore poco disposto a sottoscrivere un abbonamento per farsi prendere in giro dal cosiddetto «alleggerimento», stanca ossessione delle redazioni in calo di idee. Ma neanche attratto irresistibilmente dal rito dei centenari: ci piaccia o no, c’è un presente che va indagato e compreso. «La vera generosità verso il futuro consiste nel donare tutto al presente», ha scritto Albert Camus (–), di cui quest’anno non c’è nessun centenario da festeggiare.


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Filetti di pangasio Pelican, ASC surgelati, in conf. speciale, 1,5 kg

Filetti di salmone senza pelle, ASC in vendita in self-service e al bancone, per es. M-Classic, d'allevamento, Norvegia, in self-service, per 100 g, 3.– invece di 4.30

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05.01.2022 14:56:20


Prodotti freschi e pronti

Il gusto preparato in un batter d’occhio

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Pasta bio refrigerata

Lasagne M-Classic

girasoli vegani o gnocchi, per es. girasoli, 2 x 250 g, 7.90 invece di 9.90

alla bolognese o alla fiorentina, in confezioni multiple, per es. alla bolognese, 3 x 400 g, 9.– invece di 12.90

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Crauti bio cotti, 2 x 500 g

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scaloppine di quorn con mozzarella e pesto o nuggets, per es. scaloppine, 2 x 240 g, 9.50 invece di 11.90

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Scorta

Ben attrezzati per la colazione, il pranzo e la cena Con un inte nso arom a e sf umature di cioccotost ato lato

30% Tutti i tipi di caffè Caruso, in chicchi e macinato per es. Espresso in chicchi, 500 g, 5.95 invece di 8.50

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20% Tutti gli zwieback (prodotti Alnatura esclusi), per es. M-Classic Original, 260 g, 2.55 invece di 3.20

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Novità

Polveri Naturya bio, di spirulina, di acai o di maca, per es. di spirulina, 100 g, 9.50, in vendita nelle maggiori filiali

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30% Rigatoni o spaghetti Garofalo per es. rigatoni, 2 x 500 g

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Ketchup Heinz

Olio d'oliva Don Pablo

Tomato Light, Tomato o Hot Chili, per es. Tomato Light, 2 x 500 ml, 5.50 invece di 7.90

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Tutti i tipi di riso M-Classic

Ripieno per vol-au-vent M-Classic

per es. riso a chicco lungo Carolina parboiled, 1 kg, –.75 invece di 1.20

Forestière o con funghi prataioli e carne, per es. Forestière, 3 x 400 g, 8.75 invece di 10.95

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Purea di patate Mifloc bio 50 g

Pizze Buitoni surgelate, caprese, al prosciutto o alla diavola, per es. caprese, 3 x 350 g, 11.50 invece di 14.40

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05.01.2022 14:55:14


Bevande

Grandi confezioni per la grande sete

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30% LO SAPEVI? Il corpo consiste per il 60% circa di acqua. Ecco perché dovremmo berne a sufficienza. La quantità consigliata dalla Società Svizzera di Nutrizione è di 1-2 litri al giorno, a seconda del peso corporeo e dell'attività fisica.

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Energy Drink o Sugarfree, 24 x 250 ml, per es. Energy Drink

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Red Bull

40% 6.60 invece di 11.–

Pepsi Regular, Max o senza caffeina, 6 x 1,5 l, per es. Regular

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Acqua minerale San Pellegrino 6 x 1,25 l

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Capri-Sun Multivitamin o Safari Fruits per es. Multivitamin, 10 x 200 ml

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Salato

Per gli spuntini e gli aperitivi

Come spuntino o per comple tare le pie tanze asiatiche a più Ora c on anc orlla v arie tà ne c onfe zione

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Peas, Beans o Balsamico Vinegar Mix Party

per es. avena con sesamo, 210 g, 3.70

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disponibili in diverse varietà, per es. Wasabi, 170 g, 3.50

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Chips Zweifel alla paprica o al naturale per es. alla paprica, 2 x 90 g

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20% Corn Chips Zweifel

Tutti i salatini da aperitivo Party

Original o Chili, per es. Original, 2 x 125 g

per es. cracker salati, 210 g, 1.45 invece di 1.85

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05.01.2022 14:55:40


Dolce

Il colpo di grazia per i buoni propositi per l’anno nuovo

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33% 5.90 invece di 8.85

Cialde finissime Choc Midor Classico, Noir o Diplomat, per es. Classico, 3 x 190 g

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Novità

Cereali o barrette Deliciously Ella disponibili in diverse varietà, per es. peanut butter oat bar, 50 g, 2.50, in vendita nelle maggiori filiali

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22% Sablé al burro in conf. speciale, 560 g

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in confezioni speciali, per es. bastoncini alle nocciole, 1 kg, 6.50 invece di 8.40

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Novità

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Bastoncini alle nocciole, zampe d'orso o schiumini al cioccolato

Novità

Barrette BodyMe vegane, Chia Vanilla, Beetroot Berry o Maca Cinnamon, per es. Chia Vanilla, 60 g, in vendita nelle maggiori filiali

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Barrette Quin Bite bio, vegane, disponibili in diverse varietà, per es. brownie, 30 g, in vendita nelle maggiori filiali

05.01.2022 14:56:02


a partire da 2 pezzi

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Cioccolatini Selection Frey assortiti, in conf. speciale, 1 kg

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Yogurette 4 x 8 barrette, 400 g

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Tutte le tavolette di cioccolato Lindt (confezioni multiple escluse), per es. al latte finissimo, 100 g, 1.95 invece di 2.40

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MegaStar prodotto surgelato, alla mandorla, alla vaniglia o al cappuccino, in conf. speciale, per es. alla mandorla, 12 x 120 ml

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Bellezza e cura del corpo

Per il trucco, la cura e il benessere

Prote g g e le g e ng iv e

CONSIGLIO SUI PRODOTTI L'Instant Anti Age Ereaser di Maybelline può essere usato per coprire le occhiaie, ma non solo. È anche adatto a coprire le impurità, per illuminare le parti del viso o come base per le labbra prima di applicare il rossetto. Scegliere una tonalità leggermente più chiara di quella della propria pelle.

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40% Tutto l'assortimento Maybelline per es. concealer Instant Anti-Age, 01 light, il pezzo, 8.95 invece di 14.90

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Dentifricio anticarie o Sensitive Plus Elmex per es. dentifricio anticarie, 3 x 75 ml, 8.75 invece di 11.70

Prodotti per l'igiene orale Meridol per es. spazzolino delicato, 6.70 invece di 8.40

25% Tutto l'assortimento di colorazioni per es. crema ad azione intensa I am, nero 260, il pezzo, 3.60 invece di 4.80

05.01.2022 14:56:13


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Abbigliamento e accessori

20% Tutto l'assortimento di biancheria intima Sloggi, Triumph, DIM, Skiny e Schiesser per es. slip a vita bassa da donna Sloggi nero, tg. 40, il pezzo, 15.90 invece di 19.90

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in Comodi basic s nde a c onfe zione g r

Prodotti per la doccia pH balance per es. gel doccia, 2 x 250 ml, 5.– invece di 6.40

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Hit

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Calze da donna bio nere, disponibili nei numeri 35–38 o 39–42, per es. numeri 35-38

Assorbenti Always Ultra in confezioni speciali, per es. Normal Plus, 38 pezzi, 5.35 invece di 6.70

20% Tutto l'assortimento di prodotti per la cura delle labbra (prodotti M-Classic e di cosmesi decorativa esclusi), per es. Labello Original, 2 pezzi, 2.55 invece di 3.20

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Hit Tampax Regular, Super o Super Plus, in conf. speciale, per es. Regular, 30 pezzi

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Trolley per la spesa disponibile in blu, nero o blu marino, taglia unica, per es. blu, il pezzo

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Varie

Di tutto un po’

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30% Detersivo per capi delicati in conf. di ricarica Yvette disponibili in diverse fragranze, per es. Care, 2 x 2 l

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Vanish in confezioni multiple o speciali, per es. spray pretrattante Oxi Action, 2 x 750 ml, 13.55 invece di 19.40

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Calgon Power Gel 2 x 750 ml

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Detergenti Potz

Detersivi per piatti Handy

in confezioni multiple, per es. Calc, 3 x 1 l, 11.– invece di 16.50

Lemon, Orange o Classic, per es. Power Lemon, 3 x 750 ml, 4.80 invece di 7.20

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Detergente per WC Hygo

Spugne sintetiche Miobrill

per es. Maximum Power Gel, 3 x 750 ml, 7.90 invece di 11.85

morbide e abrasive, 4 x 3 pezzi, 4.80 invece di 6.–

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Panni polivalenti 15 pezzi

Migros Ticino

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Bestway letto per ospiti Queen 152 x 203 x 46 cm, il pezzo

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Sacchetti multiuso Tangan N° 18

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Alimenti per gatti Exelcat

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in confezioni multiple, per es. top mix teneri bocconcini, 24 x 85 g, 11.95 invece di 15.–

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Phalaenopsis, 2 steli vaso, Ø 12 cm, disponibili in diversi colori, per es. fucsia, il vaso

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Latte di proseguimento Nestlé Beba

Tutti i pannolini Pampers

Optipro 2 o 18+, per es. 2, 3 x 800 g, 44.95 invece di 65.85

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Tulipani Arlecchino M-Classic

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