al.to. for Freedom, for Money, for Love
Bologna 28 marzo – 31 maggio 2014
Centro Medico Edéos del Dott. Fabrizio Pedretti Via Zaccherini Alvisi, 14 Da un’idea del Dott. Fabrizio Pedretti, promuovere l’arte contemporanea e i talenti emergenti, esponendo opere nella sala d’attesa del Centro Medico Edéos di Bologna, rende piacevole il tempo che precede un appuntamento con il medico. Edéos Cultura è anche su Facebook.
Le opere di al.to. (Alfredo Torsello) sono visibili sul sito http://al-to.it/ e sulla sua pagina Facebook /Al-to/484394455003501
Fotografie Alberto Strano Testi Azzurra Immediato Progetto Grafico Marco Fantini Ufficio stampa e consulente comunicazione Maria Grazia Canu
Particolari ringraziamenti Dott. Fabrizio Pedretti ideatore del progetto Edéos Cultura Dott.ssa Maria Grazia Canu per il sostegno ai fini della realizzazione della mostra Cinzia Marelli e Nicola Lenzi per il loro incoraggiamento Paola Giovannini senza la cui collaborazione e supervisione anche nella scelta musicale, tutto questo non sarebbe mai iniziato
La vita degli oggetti è determinata dal destino e dall’uso che gli uomini ne fanno. A volte, per alcuni di essi, il destino riserva una sorte diversa, oserei dire più fortunata, ma solo a condizione che questi oggetti comuni incontrino un essere umano che sia riuscito a guardare oltre la materia e capirne la bellezza e i segreti più profondi. Ed ecco che, magicamente, una tela, una statua, un oggetto diventa qualcosa che parla, dice di sé, dice del mondo a cui è appartenuto e del mondo che sarà, svelando antichi segreti a paure di noi uomini. Questo, a volte, riesce a fare l’arte. Questo è quello che vorrei trasmettere.
Copertina: The Woman in Red (acquerello su carta, ottobre 2012)
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Alfredo Torsello
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Indice
Biografia
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Le opere 11 Instagram 13 Colore
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Istinto
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Attese
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Elenco delle opere
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Biografia
Siete pronti a partire? al.to. ci porta in viaggio con sé, come a bordo di questo aeroplano rosso, in un infinito cielo azzurro, cosparso di nuvole, a metà tra gioco e passione.
Flight Simulator, tra gioco e passione acrilico su masonite, 84x49, luglio 2012
Per comprendere l’opera di al.to. bisogna conoscerlo. Un artista che somiglia un po’ alle nubi di questo dipinto che, come su una scacchiera, sono disposte in maniera ordinata fino a quando il caso, come l’aereo rosso, passa attraverso di esse, sconvolgendone in parte la forma. Improvvisazione, istinto, casualità, ossimori e dualismi. Su questi binari si muove la vita di al.to. Aerei, binari, quanti meccanismi complessi! Ma anche in questo c’è un perché. Manfredi Alfredo Cosimo Freddi Torsello non nasconde una personalità dietro ogni nome, ma, di certo, ogni nome ha una storia che, intrecciandosi l’una con l’altra, hanno dato vita ad un uomo così originale. Sin dai plurimi nomi di al.to. si cela una
delle caratteristiche tipiche dell’artista. Tutto inizia il giorno della sua nascita, in bilico nella notte tra il 25 ed il 26 settembre del 1958. Lo scarto tra il momento familiare e quello della registrazione anagrafica spostano le date. Il nome Cosimo deriva da quello di San Cosma, che si festeggia il 26 settembre, e nella salentina Ugento, luogo natio di al.to., è un giorno di gran festa. Andando a ritroso c’è Manfredi, il nome del nonno paterno, quello scelto dalla famiglia per il nascituro, ma non accettato dalla Chiesa, per cui Alfredo dovette sostituirsi ad esso. L’arte divenne la compagna di giochi di un bimbo la cui mente correva dietro alle innumerevoli curiosità della vita. Incredibilmente, nelle piccole cose, 7
nell’osservazione del quotidiano, Manfredi si distingueva per l’originalità di approccio, una particolarità che si tradusse in una estrema passione per la matematica, tramite con cui, quasi giocando, risolveva compiti per altri fin troppo noiosi o articolati. La complessità delle cose, infatti, dava adito ad una fascinazione, ad una sorta di sfida che, attraverso la sensibilità e la voglia di trasformare tutto in divertimento, diveniva semplice e appassionante. L’incontro naturale con l’arte è figlia di tale sensibilità. al.to. è artista da sempre, nonostante le strade che la vita ha, per un po’, diversamente delineato. Il disegno, la pittura, la forza del colore, l’osservazione trasversale degli eventi, rappresentavano già il suo modo di connessione al mondo e alla vita. Ciò divenne palese nei primi anni di scuola, quando si rese un alunno con cui gli insegnanti trovavano semplice e coinvolgente approfondire aspetti sempre nuovi. La famiglia accolse positivamente questa predilezione di Manfredi e la madre procurò un rotolo di tela fiorentina che, ritagliata e intelaiata, rappresentò la prima forma di “quadro” per al.to., che aveva preso confidenza con la pittura ad olio rimanendone completamente stregato. Qualche opera di Manfredi venne scelta per dei concorsi scolastici, altre sono rimaste in famiglia, altre 8
ancora, soprattutto disegni, non sono arrivati ad oggi. Manfredi era cresciuto, le scuole superiori lo attendevano. La scelta ricadde sull’Istituto Tecnico di Brindisi, lontano da Ugento, ma al.to. aveva già in mente il proprio futuro, quello di ingegnere chimico, e la scuola brindisina sarebbe stata il giusto avvio. Successe, però, qualcosa: al momento dell’iscrizione saltò fuori il nome Alfredo, quello burocratico che, sino a quel momento, era rimasto in fondo agli archivi comunali. Un coup de théâtre che inizialmente si rivelò destabilizzante per l’adolescente. Tuttavia, nulla di drammatico per lui, ovviamente, che in questa casualità trovò una forma di originalità interessante. Nessuna crisi identitaria, non ce n’era neppure il tempo. Brindisi e il futuro chiamavano. Il trasferimento in città significarono grande libertà, vivere lontano dalla famiglia, in una dimensione nuova e diversa. In quegli anni l’arte ebbe poco spazio e nulla è stato conservato. L’ingegneria chimica, considerata il pass per il futuro di Manfredi Alfredo, si rivelò realtà con il trasferimento, prima a Firenze poi a Bologna (divenuta sua residenza elettiva), per l’università. In questi anni, divisi tra l’ateneo toscano prima e quello bolognese poi, al.to. si era allontanato dalla pittura. La passione per la matematica, in questo caso, aveva
avuto il sopravvento: a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, l’informatica prendeva sempre più importanza e la progettualità attorno ad essa divenne materia di laurea per al.to. che, subito dopo gli studi, si dedicò anima e corpo all’ingegneria. Iniziava così la vita bolognese, in cui il nome Alfredo si manifestava in tutta la sua nuova influenza. In città, infatti, negli anni di studio e poi per lavoro, tutti lo conoscevano con questo nome. Un appellativo che, però, ha subito trovato un contraltare, che si addice maggiormente allo spirito di al.to. Un compagno di studi, infatti, continuava ad interrogarsi sulla stranezza del nome Manfredi, così ne nacque un diminutivo, Freddi (declinato nelle versioni Freddy, Freddie) che, in maniera casuale, diventava trait d’union con Alfredo. La querelle dei tanti nomi sembrava il numero di magia delle sorprese dal cilindro. Gli anni trascorrevano, mentre la pittura restava in disparte; lavoro, famiglia, figli, tendevano ad assorbire tutte le energie. La sua nuova compagna, Paola, ha permesso a Freddy (non vi state confondendo, vero?) di dare ascolto al suo inconscio, al suo istinto, senza essere mai giudicato per questo. Una libertà impagabile. E proprio grazie a ciò, per un caso fortuito, Paola aveva organizzato un viaggio a Madrid, per il compleanno di Freddy, nel settembre del
2011. Era stato un periodo particolare, la perdita della madre e altri cambiamenti avevano segnato quel momento. Il viaggio in Spagna si rivelò straordinario per molti aspetti: una full immersion tra i capolavori dei musei madrileni, pochi giorni ma intensi, tutti fissati attraverso molte foto. Il rientro a Bologna fu un momento decisivo: Ginevra, la figlia di Freddi, sceglie di iscriversi al liceo artistico e, in un pomeriggio autunnale, in un negozio di belle arti, qualcosa scattò. L’arte era riesplosa in tutta la sua forza, non poteva più starsene in disparte. Una incredibile ed irrefrenabile necessità di espressione era tornata a galla. La prima opera è un dipinto, L’angolo dei Desideri, che riprende, in forma onirica, una foto scattata a Paola, in una sala del Museo Reina Sofia [NdC: il dipinto è stato selezionato per l’Esposizione Triennale di Arti Visive 2014 a Roma ed è fruibile sul sito dell’artista]. Questo dipinto è firmato Manfredi. Ma è l’ultima volta. Si attua in lui un cambiamento, una reale presa di coscienza di sé, una crescita interiore che, pur ricollegandosi fortemente al passato, genera nuove radici nel presente. Per tutta Ugento, per gli amici ed i familiari, al.to. è sempre stato Manfredi e lo è ancora oggi. Tuttavia, nasce l’idea, mediata da concetti matematici, di creare un diminutivo, un 9
acronimo che racchiudesse tutta la vita di un uomo. Nasce al.to. l’inizio del suo (e mai coscienza di possesso divenne più epifanica) primo nome e l’inizio del cognome, un po’ come l’alfa e l’omega che tutto racchiudono ma che, in verità, aprono ad infinite possibilità. Dall’ottobre del 2011 al.to. non si è più fermato. La pittura e tutte le tecniche che egli continua, senza sosta, ad usare e sperimentare, sono tornate ad essere la dimensione per lui più naturale e, attraverso il linguaggio privilegiato dell’arte, in cui si attua un richiamo bilaterale, al.to. riesce a dar sfogo all’esigenza primigenia di svelare, prima a sé e poi agli altri, chi, in realtà, egli è ed è stato. L’arte come catarsi o, quanto meno, come via naturale di esigenza creativa, frutto di meditazione emotiva, spesso notturna, che trova nella pittura e nella vitalità del colore il modo più naturale di porsi rispetto al reale. Guardarsi dentro, mediante un rapporto viscerale con il linguaggio dell’arte, il più compatibile rispetto al proprio Io, rende, in verità, le scelte di al.to. universali, attraverso cui ognuno di noi può indagare la propria psiche, facendosi traghettare dall’artista. In fondo, la curiosità per la vita in ogni suo aspetto, la forma ludica e passionale, sono la chiave di lettura che al.to. ci consegna per accostarci alla sua opera e al suo personalissimo sguardo 10
sul mondo. E la pluralità di cui, troppo spesso, l’uomo ha paura, è rappresentata e pensata dall’artista come un’occasione, invece che un pericolo. Le varie parti del sé, sempre l’una in contatto con l’altra, diventano tangibili nelle sue opere, accompagnate dall’imprevedibilità. Il caso, il destino, ciò che l’umana verità non riesce a controllare, invece di essere un annichilimento della psiche, si rivestono di un nuovo e ispirato modo di scorgere qualcosa di invisibile all’occhio ed alla mente, sino ad allora. Il viaggio con al.to. è iniziato. Non è la meta la parte più importante, ma il percorso che si fa per raggiungerla.
Le opere
Chi non conosce ed utilizza Instagram oggi? Ammettiamolo, grazie ad una banale quanto geniale app, molti di noi si sono scoperti fotografi per caso, pronti a cristallizzare un attimo della nostra vita in uno scatto, da condividere con il mondo intero, ad una velocità impressionante, che è poi quella di una società 3.0.
anacronisticamente e in modo originale trae ispirazione per realizzare dei quadri. Se un tempo si procedeva dalla tela alla pellicola, oggi al.to. procede dal file alla tela.
Ad al.to. accade, invece, il contrario. Gli opposti, in lui, sembrano attrarsi per uno strano gioco del destino, che creano, però, sinergie straordinarie. Ed ecco che, dalle fotografie di Instagram,
Le tre opere selezionate per la mostra sono filiazione interpretativa di tre fotografie della iger Ifigenia Faye Kanarà che, nell’istantaneità della condivisione, hanno ispirato al.to.
Come è istintivo lo scatto dell’iger altrettanto è istintiva la scelta della fotografia da mutare in quadro.
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Instagram (Ifigenia n.1) acrilico su tela,100x100 cm, febbraio 2014
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Instagram (Ifigenia n.2) - Il curioso acrilico su tela, 100x100 cm, febbraio 2014
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Instagram (Ifigenia n.3) acrilico su tela, 100x100 cm, febbraio 2014
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Colore
al.to. esprime in pittura la pluralità di cui l’animo umano è formato. Dipingere seguendo un’istanza creativa fa sì che l’arte si sviluppi senza che essa sia ingabbiata in sovrastrutture accademiche. La forza che dà natura alle opere di al.to. si genera di volta in volta e riesce, in maniera tanto causale quanto casuale, attraverso l’osservazione successiva, a legare, molto spesso, anche opere distanti nel tempo. La sezione che segue trova un fil rouge, non a caso, nel colore, più che nella forma. Non c’è da soffermarsi in un’affannosa ricerca figurativa, ma bisogna seguire, come un flusso onirico, la potenza che il colore genera sulla tela, incurante delle formalità manualistiche. Nelle prime tre opere una vera esplosione di tinte rende vive le tele, che pulsano come micromondi, vivacità e forme in cui ogni osservatore può divertirsi a cercare qualcosa di familiare, di proprio. Il colore, infatti, steso anche secondo tecniche inusitate, come accade per L’Aquilone, su cui è stata la spatola
e non più il pennello il veicolo pittorico, l’immagine arriva solo in un secondo momento. È prima di tutto l’azzurro e le sue sfumature a venire fuori dal quadro. La materia prende il sopravvento e lascia immaginare lo spazio figurativo, in cui riconoscere un soggetto. Medesimo discorso vale per Visione Privilegiata, in cui le forme riconoscibili, anche secondo la predisposizione di ogni fruitore, sono veicolate dalla materia stesa sulla tela e non già da un disegno premeditato e sviluppato tramite un percorso definito dalle tecniche base del dipingere. La seconda parte di questa sezione, invece, vira in modo netto e attualizza, concettualmente e storicamente, l’importanza del colore nell’arte. Il grigio, il rosso ed il bianco sono i soggetti dei tre dipinti, Teatro Massimo, Ambasciatori e Shadow, ed erano i colori considerati fondamentali nel Medioevo, i soli ad avere rilevanza autonoma. Nelle sue opere al.to. declina la scelta restituendo piena dignità alle tre nuances, che si declinano sulla tela per dar forma ad architetture ed interni reali e riconoscibili. 19
L’Aquilone acrilico su tela, 80x60 cm, giugno 2013
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Visione privilegiata acrilico su tela, 80x60 cm, ottobre 2013 22
Doppio sibilo acrilico su tela, 50x40 cm, gennaio 2014 23
Teatro Massimo acrilico su tela, 60x100 cm, novembre 2013
Superman e il coniglio acrilico su tela, 60x60 cm, febbraio 2014
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Ambasciatori acrilico su tela, 100x40 cm, ottobre 2013 26
Shadow acrilico su tela, 100x40 cm, ottobre 2013 27
Istinto
L’arte pura, scevra dagli accademismi e dalle sovrastrutture, l’arte solitamente rifiutata da perbenisti e benpensanti, vive, tuttavia, della propria sostanza. Non è frutto di lezioni, di studio. Al contrario, è derivazione istintuale. L’arte di al.to. è, infatti, principalmente istinto che prende forme spesso neppure immaginate. La forza dell’inconscio prevarica, si fa veicolo, medium dell’intuizione artistica, e ciò che in un attimo è stato percepito o creato dall’inconsapevolezza si trasforma in un dipinto. Le opere scelte per questa sezione sono apparentemente lontane da un punto di vista formale, ma hanno in comune la particolarità di essere gestazione di un attimo, un unicum. Il primo dipinto, Ti odio (canvas), è l’esempio paradigmatico della forza
espressa dall’inconscio, una forza ingestibile: non è più l’artista ad avere il controllo sul processo pittorico, quanto l’inconscio a spingere la mano, il pennello ed i colori sul supporto. La pittura diventa, in questo caso, il solo modo per tirare fuori emotività celate alla coscienza. E l’incontro tra pittura e musica, nell’istintività del momento creativo, vede la sua resa antonomastica nel dipinto Un po’ di jazz sotto la neve. Improvvis-azione, commistione unica di istinto che dà forma, suono e vita ad esigenze inconsce, il jazz e la pittura si fondono, in quest’opera, attraverso cui ciò che prima di tutto arriva è una resa sinestetica dell’istante creativo. L’attimo fuggente, il pensiero di un istante, sono i veri soggetti di questi dipinti.
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Ti odio (canvas) acrilico su tela, 100x150 cm, febbraio 2014
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Il vello d’oro acrilico su tela, 70x100 cm, febbraio 2014
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Unico movimento olio su tela, 70x100 cm, novembre 2011
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Pensieri olio su cartongesso, 5,5x39 cm, ottobre 2011
Un po’ di jazz sotto la neve acrilico su tela, 60x80 cm, febbraio 2013
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Attese
Nel momenti di attesa lo sguardo si posa su altre vite, a noi vicine, o situazioni che ci circondano per pochi attimi, che ci sfiorano ma non sempre rapiscono la nostra attenzione. Accade così che, negli istanti cristallizzati di un momento di vita che resta in attesa d’altro, lo sguardo di al.to. si sia soffermato ad osservare, meravigliato, l’espressione di chi lo circondava o fugaci scorci di una città in mutamento. Nelle opere che seguono, al.to. ci pone di fronte a due donne raffigurate in un momento pacato, sereno, che le unisce all’artista e all’osservatore. Il coinvolgimento non è diretto. Il loro sguardo, a differenza del nostro e di quello di al.to., non ci è svelato, eppure ci accompagna ad attendere il risvolto di un sogno, nel caso di Paola Sognante o, in Maria, a godere di un riposo estivo a cui seguiranno le faccende del quotidiano. Il senso di pura sospensione, di attesa, ci conquista, però, profondamente. Chi noterà anche il valore formale della presenza del colore rosso, che può determinarsi quale ulteriore elemento aggregante per questi due dipinti, sappia
che il tono scarlatto e tutte le sue varianti rappresentano, per l’artista, il flusso vitale per antonomasia e che incede, su queste tele, come a dare forza ad attimi che appaiono, invece, immobili. Il terzo dipinto, invece, fissa qualcosa con cui ognuno di noi ha a che fare ogni giorno, a Bologna: l’attesa lungo i trafficati viali della città. Momento ormai deputato ad una veloce sbirciata al cellulare o alla ricerca di una stazione radio che ci aggradi; però, nello stesso momento, la città ci osserva e, se prestiamo attenzione, si crea una connessione, come è accaduto ad al.to. In Lungo i viali di Bologna, lo sguardo dell’artista è stato rapito dall’immagine riflessa su una lamiera di un cantiere. La sua attesa vissuta in auto, prima di ripartire, si è unita all’attesa di un edificio che attende nuova luce. Il riflesso di un susseguirsi di attese, il dualismo che spesso torna nell’opera di al.to., ha generato un istintivo scatto fotografico che si è poi riversato sulla tela. Si tratta, come sempre, di una reinterpretazione, ma che passa dall’oggettivo al soggettivo in maniera universalmente comprensibile. 37
Paola sognante e sorridente (Paola che non vede, ma è serena) olio su tela, 100x70 cm, gennaio 2012 39
Maria olio su cartongesso, 90x120 cm, novembre 2011
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Lungo i viali di Bologna acrilico su tela, 100x150 cm, febbraio 2014
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Elenco delle opere 1.
Instagram (Ifigenia n.1), acrilico su tela, 100x100 cm, febbraio 2014
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Instagram (Ifigenia n.2) Il curioso, acrilico su tela, 100x100 cm, febbraio 2014
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Instagram (Ifigenia n.3), acrilico su tela, 100x100 cm, febbraio 2014
4.
L’Aquilone, acrilico su tela, 80x60 cm, giugno 2013
5.
Visione privilegiata, acrilico su tela, 80x60 cm, ottobre 2013
6.
Doppio sibilo, acrilico su tela, 50x40 cm, gennaio 2014
7.
Superman e il coniglio, acrilico su tela, 60x60 cm, febbraio 2014
8.
Teatro Massimo, acrilico su tela, 60x100 cm, novembre 2013
9.
Ambasciatori, acrilico su tela, 100x40 cm, ottobre 2013
10. Shadow, acrilico su tela, 100x40 cm, ottobre 2013 11. Ti odio (canvas), acrilico su tela, 100x150 cm, febbraio 2014 12. Il vello d’oro, acrilico su tela, 70x100 cm, gennaio 2014 13. Unico movimento, olio su tela, 70x100 cm, novembre 2011 14. Un po’ di jazz sotto la neve, acrilico su tela, 60x80 cm, febbraio 2013 15. Pensieri, olio su cartongesso, 5,5x39 cm, ottobre 2011 16. Paola sognante e sorridente (Paola che non vede, ma è serena), olio su tela, 100x70 cm, gennaio 2012 17. Maria, olio su cartongesso, 90x120 cm, novembre 2011 18. Lungo i viali di Bologna, acrilico su tela, 100x150 cm, febbraio 2014
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