Silvita Genovese, un’artista venuta dal sud

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Silvita Genovese, un’artista venuta dal Sud Di Azzurra Immediato


“Va bene, confesso, sono nat(a) in Basilicata. Si, la Basilicata esiste. Esiste, è un po’ come il concetto di Dio, ci credi o non ci credi. Io credo nella Basilicata.”


Questa affermazione, ironica eppur veritiera, nata dalla mente del lucano Rocco Papaleo, (manifesto poetico del film Basilicata coast to coast, ndr) mi ha fatto pensare ad un’artista che dalla Basilicata è partita, verso il Nord, come molti di noi, per imparare, migliorare, per cercare una strada diversa dalle proprie radici, che, paradossalmente, anni dopo si fanno più forti e profonde. Silvita Genovese, è una giovane visual merchandiser, oggi a Bologna, arrivata in Emilia dopo che la passione per la pittura e per l’arte avevano cullato la sua adolescenza. Una laurea in Scenografia con tesi in Psicologia dell’Arte e Percezione Visiva, presso la felsinea Accademia delle Belle Arti, ha fatto sì che la pittura si trasformasse in un vero amore per lei. La sua arte è caratterizzata dalla continua presenza di stimoli, pronti ad esser fermati nel tempo e sullo spazio della tela. Particolare affezione ha sviluppato per i colori, che, da sé, spesso sono il punto di partenza per lo sviluppo di un’opera. E’ lei stessa ad affermare che le “basta una scatola di matite, non riesco a tenerla chiusa, devo aprirla!” Una sorta di ritualità che, dal colore, prende la strada della forma, e che, attraverso virtuosismi legati alla sua formazione di scenografa, danno vita ad un mondo di strutture grafiche e sfumature, in grado di rivelare una realtà vista ed esperita attraverso il suo sguardo.

Il linguaggio di Silvita Genovese, afferente ad un concettualismo, di norma astratto, seppur con qualche incursione nel figurativo, prende in prestito dalla natura qualche ispirazione, secondo un percorso non codificato che segue, sostanzialmente, due strade: l’una prende avvio dai colori che veicolano il tratto e si fanno tutt’uno con l’ispirazione che nasce e si modifica durante l’atto pittorico; l’altra, invece, nasce dall’osservazione diretta o meno, della natura, degli oggetti, del quotidiano che l’artista vive e trasmuta in forma pittorica. La ricerca attuata dal punto di vista formale, tradotta in una sperimentazione tecnica,


attraverso l’analisi dell’uso di diverse tecniche, non scalfisce quell’energia che è parte integrante dell’arte della Genovese. Una commistione di emozionalità diverse e contrastanti che nascono dal melting pot di radici che la pittrice porta con sé.

Lucana di nascita, con discendenza svizzero-francese, concilia questo duopolio in modo magistrale: alla ricerca di armonia, intesa anche come studio del bello, dei segni, del cromatismo e delle forme proprie della poetica dell’estetica pura ed essenziale, di stampo nordico, fa da contraltare la fermezza lucana, espressa dalla gestualità decisa, quella forse più genuina, ma anche più sensuale, che muove dall'ispirazione e dall'istinto, un po’ come se la parte svizzero-francese fosse la mente, la ragione, e la Lucania fosse l'istinto, il corpo. Armonia ed energia che entrano in unico momento creativo, in grado di dar forma ad opere che seguono percorsi diversi. Silvita Genovese, riesce a passare da quadri (molto spesso di grande formato) in cui l’astrattismo è soggetto assoluto di una visione interiore del mondo, a tele che riprendono grafismi legati al mondo figurativo umano (ad esempio opere stilizzate raffiguranti volti e corpi, che si ergono in uno stile che si concede tratti pop e tratti avanguardisti, ndr) e a quello naturale, laddove i fiori intervallano grafismi geometrici creati dall’uso istintivo del colore. Proprio questo impiego di forme naturali e colori, ha dato avvio alla splendida serie in cui i crisantemi prendono vita sulle tele, fusi con nuances forti, lacche che ricordano l’arte giapponese, declinata dalla sensibilità, al tempo stesso poetica e decisa, della pittrice. Una personalità forte, quella di Silvita Genovese, che, negli anni ha saputo unire alle proprie eclettiche radici, i nuovi stimoli provenienti dalla cultura bolognese, artisticamente dinamica e che si trova ora ad un bivio, quello terribile dell’arte in Italia, in cui non riesce ad affrancarsi dallo status di hobby, di passatempo di stampo intellettuale. Sorvolando sul valore etico ed educativo dell’arte, che dovrebbe esser ben chiaro ad una società come la nostra, non resta che godere di chi ha trasformato non la pittura in un lavoro, quanto una propria passione in una professione, e tenta di condividere una visione originale con quanto è intorno.


La pittura contemporanea, oltre il lato commerciale (che non snatura l’arte, la quale storicamente ha sempre fatto parte di un circolo di scambi, baratti e vendite), offre orizzonti diversificati, in grado di carpire e fondere sensibilità svariate attraverso forme e lineamenti fantasiosi, spesso aperti a connubi di stili e tecniche, forse impensabili fino a qualche tempo fa. Le scelte di Silvita Genovese, variegate dall’uso sperimentale della tecnica ma anche dell’ispirazione, rappresentano per l’amatore d’arte, un ottimo modo di confrontarsi con quanto la nuova scena contemporanea italiana sia fucina di idee e ispirazioni che non possono tenere il nostro Paese lontano dai principali circuiti dell’arte.


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