Marcel Broodthaers: un ospite belga in Italia

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Marcel Broodthaers: un ospite belga in Italia Di Azzurra Immediato

Il 6 maggio è la data ultima per poter visitare la mostra presente al MAMbo, Museo di Arte Moderna di Bologna, Marcel Broodthaers. L’espace de l’écriture. Occasione unica per poter conoscere o ritrovare l’artista belga, attraverso la prima retrospettiva italiana, curata da Gloria Moure. Marcel Broodthaers, affermatosi soprattutto sulla scena artistica tra gli anni Sessanta e Settanta, è sempre rimasto un outsider. Vale la pena, tuttavia, avvicinarsi all’opera di questo maestro, tra i più influenti e innovativi dell’intero secolo scorso. Le sue scelte, che si rivelano ancora attuali, a più di trent’anni dalla sua scomparsa, si focalizzavano sulla querelle tra il ruolo politico e sociale dell’artista e il sistema arte, in quanto tale. Ciò si traduceva nella sua sperimentazione, costruttivamente critica e ironica, al tempo stesso.

La sua carriera, sviluppatasi in un lasso di tempo di soli dodici anni, dal 1964 al 1976, verteva su una complessa commistione tra immagine, parola e oggetto, che è stata poi fulcro della sua ricerca artistica. Il rapporto tra arte e linguaggio, che ritroviamo nella intitolazione della mostra bolognese, L’éspace de l’écriture, rimanda all’ammirazione che Broodthaers ebbe nei confronti del poeta Stéphane Mallarmé e dell’opera, Un coup de dés jamais n’abolira le hasard, donatagli dall’amico René Magritte nel 1945. Tale opera letteraria si presenta oggi a noi, quale trait d’union tra la produzione letteraria e le opere d’arte del


belga. Il poema di Mallarmé ha rappresentato il punto di inizio per i lavori degli anni Settanta, in cui, l’interesse per gli spazi vuoti sulla pagina si rivelano un parallelo dell’importanza della funzione del silenzio tra le parole. Gli spazi bianchi, i silenzi, dovrebbero rivestire il medesimo ruolo della scrittura e delle parole. Una sorta di non-luogo, come quello teorizzato dall’antropologo Marc Augé, in cui l’assenza ha pari valore semantico della presenza. Attraverso il suo percorso artistico, Broodthaers ha reso oggettivo quanto affermava, dicendo “È possibile comprendere la realtà, così come ciò che la realtà nasconde”. Il percorso dell’artista belga ha avuto una direzione inversa: all’età di quarant’anni lasciò la carriera di regista, critico d’arte, poeta e scrittore per dedicarsi completamente all’arte. Con il compimento di un gesto esplicito, ricoprire di gesso una sua raccolta poetica, dichiarava la sua visione di arte, reificando, in tal modo, il valore del linguaggio. Un richiamo, inoltre, al suo film La Pluie, in cui, l’acqua che scorre sulle pagine scritte dall’artista, le cancella senza sosta.

Attraverso i suoi lavori, egli ha rivelato la sua idea di opera d’arte e di istituzione museale, di cui ne è emblema l’installazione creata nella sua dimora di Bruxelles, denominata “Musée d’Art Moderne – Départment des Aigles”, del 1968. In accordo con gli ideali del Groupe Surréaliste Révolutionaire, si trattava della creazione di un museo di finzione, in cui le didascalie delle opere esposte, citavano “Questa non è un’opera d’arte”. Il continuo rimando tra realtà e finzione, significato e significante, spesso all’insegna dell’ironia, sono i tratti fondanti della breve ed intensa opera di Broodthaers. Altre installazioni, invece, avevano un intento volutamente provocatorio, nell’atto di conquistare spazi museali ed istituzionali ben codificati. Per Broodthaers, più in generale, “non può esistere un rapporto diretto tra l’arte e il messaggio, e meno che mai se il messaggio è politico, pena la caduta nell’artificio”. La mostra del MAMbo rende omaggio ad un artista così trasversalmente complesso, presentando più di cinquanta opere, giunte a Bologna da prestigiose fondazioni internazionali, capaci di documentarci anche su gli altri temi delle scelte artistiche di Broodthaers, lo status dell’opera d’arte in quanto tale e la critica al museo moderno come sistema ideologico e culturale. L’artista belga è, inoltre, considerato tra i fondatori dell’Institutional Critique, ragione che ha permesso, al museo bolognese di terminare la ricerca soprannominata proprio Criticism, iniziata nel


2006, che ha portato avanti una riflessione sulle forme d’arte e sulla funzione intrinseca del museo in epoca contemporanea.


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