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n. 5 / aprile maggio 2011

editoriale

Il ritorno degli euroscettici

storie di business UniCredit / Adobe

interviste

Pietro Giuliani, Azimut

stile

Il design è uno stile di vita

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Editoriale

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Flash News

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Focus corner • L’ombra delle commodity sull’inflazione / Hervé Lievore, Axa Investment Managers

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• Sotto la punta dell’iceberg / Didier Le Menestrel, Financière de l’Echiquier

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• La geopolitica rischia di frenare l’economia / Andrea Ferrante, Swisscanto

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• Fiducia nel medio termine / Mark Burgess, Threadneedle

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• Tutto il valore dell’Europa / Olly Russ, Ignis Argonaut Capital

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Interviste

• Multinazionale indipendente, Pietro Giuliani di Azimut

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News&Eventi • La crescita sostenibile del Creval

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• Il commercio dell’oro alla resa dei conti

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• Così si innova l’area sinistri

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• Ladri di proprietà intellettuale

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• Largo agli innovatori

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n.5 aprile - maggio 2011

• Focus su compliance e customer experience

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• Una questione di governance

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• A chi piace il mobile commerce

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Performance

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Carriere

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Storie di business • Customer experience, web e modernità secondo UniCredit

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Stile • Il design è uno stile di vita

Banca&Mercati è un periodico on line Registrazione presso il Tribunale di Milano, n. 291 del 26/05/2010 Banca&Mercati è una testata di Business Gallery di Andrea Bigi, P.Iva IT07041300968 C.F. BGINDR69H16E897M Anno II numero 5 aprile - maggio 2011

Banca&Mercati Blend Tower, Piazza IV Novembre 7 20124 Milano Tel. +39 02 87 34 30 19 Fax +39 02 87 34 44 44 www.bancaemercati.com BG Business Gallery di Andrea Bigi P.Iva IT07041300968 C.F. BGINDR69H16E897M Via Ariberto 22, 20 123 Milano

Direttore responsabile Andrea Bigi Testi a cura di Andrea Bigi e Elena Giordano Bellini Grafica e web Carlo Ghelfi per informazioni e segnalazioni info@bancaemercati.com per informazioni commerciali Massimo Rossetti commerciale@bancaemercati.com hanno collaborato Olly Russ, Andrea Ferrante, Mark Burgess, Hervé Lievore

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Editoriale

Andrea Bigi, direttore di Banca & Mercati

Il ritorno degli euroscettici L’ipotesi di consolidamento del debito greco rappresenta solo l’ultima delle frecce che stanno riarmando l’arco degli euroscettici. Quella dell’euroscetticismo è una corrente di pensiero trasversale che da anni è presente in tutta Europa, ma che oggi sta prendendo piede in modo significativo anche nel nostro Paese, da sempre convintissimo europeista almeno stando ai labili responsi dei sondaggi. La vicenda del debito greco è abbastanza illuminante. L’anno scorso, quando si trattò di salvare la Grecia dal default, si sollevarono le critiche da parte di autorevoli osservatori che facevano notare com e il salvataggio di Atene avrebbe avuto solo un valore temporaneo, producendo il rischio di un effetto domino presso altri paesi europei (come si è effettivamente verificato) e di fatto non risolvendo i problemi sottostanti. Controproposta dei critici di allora: meglio il default subito e il conseguente consolidamento o ristrutturazione del debito piuttosto che un’agonia prolungata di mesi o anni. Ebbene, questo episodio ha a che vedere con gli euroscettici nella misura in cui la parte più ricca e benestante dell’Unione, che ovviamente non siamo noi e neppure i francesi, ma i paesi del Nord Europa, continua a ripetere questa protesta: “Io intanto pago, ma a che serve?” La vittoria degli euroscettici nelle recenti elezioni in Finlandia testimonia questa situazione. Ma più in generale la questione è un’altra: è molto facile, anzi è stato fin troppo facile, essere europeisti finché le cose andavano bene. Ora che l’economia vive tempi di vacche magre e tutti i paesi europei devono fare i conti con gli effetti della crisi finanziaria globale, torna fatalmente sul palcoscenico questo genere di malessere e di contestazioni, acuito dal fatto che i paesi del Nord Europa (con l’ovvia esclusione della Germania) scontano un forte gap di peso politico all’interno dell’Ue. Il problema del peso politico è la scintilla che sta propagando l’euroscetticismo anche in Italia. In una ipotetica scala di valori, noi dovremmo venire subito dopo Germania e Francia, e invece la nostra distanza nella stanza dei bottoni dall’asse Parigi-Berlino è così considerevole che persino Londra, che non è

neppure nell’Unione Monetaria, e a volte anche la disastrata Madrid hanno più voce in capitolo. Ai tempi, siamo stati in grado di negoziare un cambio euro-lira assolutamente inadeguato, che ha provocato anni di inflazione rampante (nascosta dalle statistiche ma sotto gli occhi di tutti nella vita reale) che hanno compromesso il momentum relativamente favorevole del ciclo economico. Oggi invece siamo stati trascinati per i capelli in un conflitto assurdo come quello libico, e non riusciamo neppure a ricavare un minimo di supporto dall’Europa per fronteggiare l’emergenza immigrazione. Una volta fatto presente che in realtà l’euroscetticismo è una posizione che non ha sostanzialmente senso per un paese come l’Italia, che oggi non si potrebbe permettere di uscire dall’Euro (ma questo con ogni probabilità lo sanno anche gli stessi euroscettici di casa nostra), resta la sensazione sgradevole che ci si trovi di fronte a un gigantesco gioco delle parti, in cui alla fine ognuno suona le proprie campane perché gli fa comodo. Rafforzata, lo ripetiamo, dalla pressione feroce dell’economia sull’azione della politica. Ma fino a quando la dialettica politica europea dipenderà da chi è tenuto a guardare soltanto al proprio bacino elettorale nel Lombardo-Veneto, oppure in Provenza o in Baviera, la conseguenza sarà una sola: non esisterà nessuna seria dialettica politica, e ognuno baderà agli affari suoi in attesa del prossimo default. Andrea Bigi

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nel processo di internazionalizzazione. I cinque pilastri del progetto verranno rilasciati in più riprese nel corso del primo semestre 2011. Si parte da subito con i primi tre: Ripresa, Innovazione e Formazione. “Nel 2010, UniCredit ha supportato l’economia con oltre 10 miliari di euro di nuovi finanziamenti a quasi 200mila piccole aziende, spiega Roberto Nicastro, direttore generale di UniCredit, e grazie al forte rapporto con i Confidi e le associazioni di categoria sono stati erogati quasi 3 miliardi di euro di nuovi finanziamenti a oltre 40mila piccole imprese, a riprova di un forte rapporto con il territorio e di una consolidata e proficua collaborazione. Questa nuova iniziativa è la naturale prosecuzione di Impresa Italia e Sos Impresa Italia e nasce, come sempre, da un dialogo continuo e costruttivo tra UniCredit e i propri partner del mondo imprenditoriale per disegnare soluzioni concrete che diano sostegno alle aziende in tutte le fasi del ciclo economico”.

Le imprese sostenute da Ripresa Italia Grazie a un accordo tra UniCredit e R.ETE. Imprese Italia disponibile un plafond da un miliardo di euro a supporto delle imprese Roberto Nicastro, direttore generale di UniCredit

Etichetta antieffrazione per le card CartaSi L’adesivo permette al titolare di accorgersi se la carta è stata manipolata in qualche modo Se i segnali di ripresa sono timidi ma presenti, è tempo che le imprese italiane vengano adeguatamente supportate con progetti strutturali. Nasce con questo obiettivo orientato al breve-medio periodo Ripresa Italia, accordo tra UniCredit e R.ETE. Imprese Italia, l’associazione di coordinamento unitario delle Confederazioni dell’imprenditoria diffusa, che comprende Casartigiani, Cna, Confartigianato, Confcommercio e Confesercenti. A disposizione delle imprese è stato stanziato un plafond da un miliardo di euro nell’ambito di un progetto basato su cinque pilastri: prodotti ad hoc per accompagnare le aziende nella fase di ripresa del ciclo produttivo; l’assistenza alle aziende che intendono riattivare gli investimenti in innovazione, ricerca e sviluppo; percorsi di formazione destinati a giovani e neolaureati che desiderano scegliere il lavoro autonomo e imprenditoriale; sostegno alle imprese

Ulteriore elemento di sicurezza per le carte di credito emesse da CartaSi: si tratta di un’etichetta adesiva antieffrazione, prodotta dalla società Arca Etichette, che viene applicata alle carte inserite nelle buste per la consegna. L’adesivo permette al titolare di accorgersi se la carta è stata manipolata in qualche modo. Il nuovo sistema di sicurezza viene lanciato attraverso un progetto pilota che terminerà a giugno, per poi diventare prassi nei mesi successivi. Con questa nuova soluzione di sicurezza, CartaSi prosegue il proprio programma di prevenzione e gestione delle frodi che nell’ultimo anno ha condotto a un decremento di oltre il 20% delle transazioni illecite. I dati disponibili indicano che in circa l’80% dei casi le transazioni fraudolente vengono intercettate da CartaSi prima dell’addebito ai titolari, o addirittura stornate direttamente dall’esercente pochi minuti dopo la loro esecuzione. 8


Flash news

gli impieghi erogati alle imprese nei primi sei mesi del 2010 hanno continuato a mostrare un certo rallentamento, con valori prossimi allo zero (-0,3%). Si registra però una situazione divergente: gli impieghi delle imprese individuali sono in crescita (+5,2% a giugno 2010) rispetto a dicembre 2009, mentre quelli delle società non finanziarie fanno registrare un valore negativo, seppur in lieve miglioramento (-0,9% a giugno 2010) rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In compenso, cominciano a essere rilevati i primi segnali di miglioramento sul fronte della qualità del credito concesso alle microimprese rispetto al deciso deterioramento che emergeva a fine 2009 e nel primo trimestre 2010.

Per le microimprese è finito il tempo del pessimismo L’Osservatorio sulla Finanza per i Piccoli Operatori Economici di Crif Decision Solutions-Nomisma evidenzia un recupero nella disponibilità a investire

Viva Dodici, la nuova carta di Compass, rateale ma non revolving Abbina le due formule di pagamento della carta di credito e del finanziamento classico Sarà la carta principale su cui Compass punterà nel 2011, con l’obiettivo di emettere almeno 50mila carte. Carta Viva Dodici, la nuova carta lanciata dalla società di credito al consumo del Gruppo Mediobanca, abbina le due formule di pagamento della carta di credito e del finanziamento classico.

L’Osservatorio Crif Decision Solutions-Nomisma sulla Finanza per i Piccoli Operatori Economici, giunto alla sedicesima edizione, riscontra che nel 2010 è calato il numero delle aziende che hanno investito (25,3%) rispetto al 2009 (26,6%), anche se il trend negativo del periodo si sta attenuando. Il calo degli investimenti effettuati dai Poe nel 2010 si lega nella percezione dei microimprenditori alla generale contrazione della domanda e al quadro economico negativo. Secondo il 67% dei Poe, il principale ostacolo alla crescita deriva da una generalizzata diminuzione della domanda, che dipende primariamente dalla condizione economica nazionale, e dall’andamento negativo del settore nel quale le imprese operano, mentre l’ingresso nel mercato di nuovi concorrenti è percepito come ostacolo secondario. In ogni caso i Poe (soprattutto le microimprese del Nord-Est e del Centro) iniziano a sperare maggiormente nel futuro: il 25,6% prevede infatti di effettuare investimenti nel 2011. Tuttavia, il clima di relativa incertezza sta determinando l’adozione di strategie rivolte sia al rafforzamento dell’efficienza finanziaria aziendale, sia al consolidamento del proprio business all’interno del mercato di riferimento. Infatti, se nel 2010 gli operatori hanno destinato una maggiore quota di risorse principalmente all’acquisto di macchinari e attrezzature e al rafforzamento della sicurezza aziendale, saranno proprio queste le voci di investimento che in futuro subiranno la riduzione più consistente (rispettivamente dal 24,6% del 2010 al 17,5% del 2011 e dal 23,3% al 16,8%); al contempo, aumenteranno gli investimenti a carattere immateriale, come quelli finalizzati alla ricerca di nuovi mercati (dall’8,7% del 2010 al 12,4% del 2011) e al rafforzamento dell’area finanziaria (dal 10,0% del 2010 al 12,1% del 2011). Per quanto riguarda il credito bancario, infine,

Semplice il suo funzionamento: il totale delle spese mensili dei cliente viene diviso in dodici rate uguali, a ognuna delle quali viene applicata una commissione per l’utilizzo rateale compresa tra minimo 50 e massimo 70 centesimi ogni 100 euro di spesa a seconda del profilo di rischio del cliente. Il cliente può anche scegliere, se lo desidera, di terminare i pagamenti rateali e rimborsare a saldo in un’unica soluzione. Per Viva Dodici, che ha un costo annuale di 24 euro (www.cartaviva.it), Compass ha implementato una serie di servizi legati alla sfera della sicurezza a garanzia del massimo controllo per il cliente: si va dall’adozione di tecnologie come il microchip Dda ad autenticazione dinamica al servizio MasterCard SecureCode per le transazioni sicure su Internet, al servizio di Sms Alert che comunica al titolare ogni singola transazione, oltre all’area riservata on line dove tenere monitorato lo stato del rimborso e gli estratti conto. 9


Flash news

Il servizio rimesse di Western Union passa dal bancomat di Intesa Sanpaolo Da settembre, nelle filiali saranno attivate delle postazioni Internet, in modo che il servizio di Money Transfer possa essere fruito sia attraverso il web che il cellulare Non hanno più limiti di orario le rimesse verso l’estero che gli utenti devono eseguire: a partire da giugno, infatti, queste operazioni saranno eseguibili presso i 7.200 sportelli bancomat di Intesa Sanpaolo, grazie a un accordo che l’istituto ha raggiunto con Western Union Company. A partire da settembre, poi, all’interno delle filiali verranno attivate delle postazioni Internet, in modo che il servizio Money Transfer possa essere fruito sia attraverso

il web che il telefono cellulare. A utilizzare tutti i servizi saranno i titolari di conto presso una delle banche del Gruppo o chi possiede una carte prepagata SuperFlash. “Poter inviare denaro a costi vantaggiosi, sottolinea Marco Siracusano, responsabile della direzione Marketing Privati di Intesa Sanpaolo, è importante per tutti i nostri clienti che hanno esigenze di trasferimento di fondi all’estero e, in particolare, per i nostri 500mila clienti migranti.

Clienti che stanno consolidando il rapporto con la banca e che mostrano di apprezzare i nostri servizi: una parte importante e crescente di clienti di nuova acquisizione non è di origine italiana. L’accordo con Western Union ci consente di essere il primo operatore bancario in Italia a rendere disponibile un’operazione molto richiesta come il trasferimento fondi, 365 giorni l’anno e 24 ore su 24, alle migliori condizioni di mercato”.

Genial+ e Care Financial insieme per la copertura dei veicoli I clienti potranno beneficiare dei vantaggi in termini di qualità-prezzo dell’assicurazione diretta Claudio Boso, responsabile del Gruppo Care Holding

Accordo di collaborazione tra Care Financial, divisione del Gruppo Care Holding specializzata nella distribuzione di prodotti assicurativi, e Genial+, divisione di Genialloyd (Gruppo Allianz) dedicata agli intermediari. La sinergia prevede che i professionisti di Care Financial forniscano ai propri clienti coperture per auto (tre formule personalizzabili), moto (due soluzioni), camper e veicoli commerciali realizzate da Genialloyd. I clienti potranno dunque beneficiare dei vantaggi in termini di qualità-prezzo dell’assicurazione diretta, uniti

all’assistenza e al servizio propri di un intermediario di fiducia. “Attraverso l’accordo di collaborazione che abbiamo concluso con una primaria e solida realtà assicurativa quale Genialloyd, ha spiegato Claudio Boso, responsabile del Gruppo Care Holding, i nostri clienti beneficeranno di un servizio e di coperture specifiche per qualsiasi esigenza, oltre all’efficienza e ai vantaggi delle assicurazioni dirette. Con questo accordo, inoltre, ampliamo la gamma delle coperture offerte, aggiungendo le polizze su autoveicoli e motocicli alle soluzioni vita e danni”.

Le famiglie italiane si confermano solide Un report a cura dell’Abi sottolinea come il livello di indebitamento, seppure in crescita, resti comunque contenuto rispetto al confronto internazionale Nonostante la crisi, le famiglie italiane confermano la propria capacità di tenuta sul fronte finanziario. Il livello di indebitamento, seppure in crescita, resta infatti contenuto, anche rispetto al confronto internazionale, anche perché la dinamica dei tassi d’interesse associata all’andamento del mercato immobiliare compensa la dinamica dei redditi, consentendo una maggiore accessibilità all’acquisto di un’abitazione. E’ quanto evidenzia il quarto numero del “Report trimestrale - indicatori di indebitamento, vulnerabilità e patologia finanziaria delle famiglie italiane”, realizzato da Abi in collaborazione con

il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Il report sottolinea come i finanziamenti per la casa continuino a crescere in quanto favoriti, da un lato, dal calmieramento dei prezzi degli immobili e, dall’altro, dal basso livello dei tassi. A settembre 2010 i prestiti per l’acquisto di abitazioni sono cresciuti del 5,5% (+6,6% un anno prima). I dati più recenti, relativi a novembre 2010, segnalano una crescita del 7,7 per cento. Nel complesso aumenta il rapporto tra rata media sui mutui per l’acquisto di abitazioni e reddito disponibile, ma in ogni caso si mantiene su un livello ben inferiore rispetto ai massimi registrati due anni 10


Flash news

Banca Albertini gestisce le informazioni sui clienti con la piattaforma Podient Il software di front end Live Desk integra in un’unica interfaccia singole funzionalità presenti in diversi applicativi in uso presso la banca

fa. Infatti, a settembre 2010, il complesso delle rate assorbivano il 5,1% del reddito, incidenza di mezzo punto più alta rispetto a un anno prima ma inferiore di 1,6 punti percentuali rispetto a settembre 2008. Tra gli indicatori di vulnerabilità è stato preso in considerazione l’indice di accessibilità all’abitazione. Tale indice, costruito dall’ufficio Analisi Economiche dell’Abi sulla base di prassi metodologiche internazionali e stime su dati di Agenzia del Territorio, Istat e Banca d’Italia, permette di misurare la possibilità di acquisto della casa da parte della famiglia media, dato l’apporto del credito bancario nonché dei livelli di reddito e dell’andamento del mercato immobiliare. Ebbene, tale indice di accessibilità è da circa due anni in tendenziale miglioramento, a testimonianza di una maggiore possibilità di acquistare una casa: l’indice di affordability mostra che a novembre la rata che la famiglia media deve pagare per comprare la propria casa è pari a poco meno del 24% del proprio reddito disponibile, quindi il bene casa rimane accessibile per la famiglia media grazie soprattutto al basso livello dei tassi.

Per agevolare le attività dei propri private banker, Banca Albertini Syz & C ha deciso di adottare la piattaforma di front end Live Desk sviluppata da Podient. Il software integra in un’unica interfaccia singole funzionalità presenti Alberto Albertini, amministratore delegato di Banca Albertini Syz in diversi applicativi in uso presso la banca, consentendo di disporre di ogni informazione utile alla gestione del rapporto col cliente. Tra le funzioni che i private banker possono utilizzare vi sono l’anagrafica cliente, il tracciamento automatico della storia del contatto grazie all’integrazione con Microsoft Office Outlook e il position keeping per l’analisi della posizione del cliente. “Nel confronto col cliente, afferma Alberto Albertini, amministratore delegato di Banca Albertini Syz, è essenziale poter disporre con immediatezza e precisione di tutti gli elementi informativi che qualificano il rapporto. Live Desk, integrando dati e informazioni di fonti diverse, è una soluzione efficiente a questa necessità, uno strumento di lavoro che consente al private banker di esprimere al meglio la propria professionalità, a beneficio del cliente”.

Il ministero dell’Interno e Intesa Sanpaolo insieme contro i cyber crimini Siglata una convenzione della durata di tre anni Prevenire e reprimere gli attacchi informatici diretti ai sistemi informativi critici e ai servizi di home banking e moneta elettronica del sistema bancario. Nasce con questi presupposti la convenzione della durata di tre anni stipulata tra Polizia Postale e delle Comunicazioni e Intesa Sanpaolo, che prevede l’adozione condivisa di procedure di intervento e lo scambio di informazioni, dati e segnalazioni per arginare il cybercrimine e contrastare minacce e attacchi diretti a servizi o a sistemi informativi delle infrastrutture critiche nazionali. La collaborazione consentirà anche di prevenire e contrastare crimini informatici che riguardano servizi e sistemi di Internet banking e monetica del Gruppo Intesa Sanpaolo.

Banca&Mercati .com aggiornamenti in tempo reale con approfondimenti e interviste 11


Flash news

Da Ipc la nuova piattaforma per il trading Unigy Velocizza la collaborazione tra i trader e l’intero team di supporto di middle e back office

Con l’iPhone i pagamenti Visa diventano contactless Grazie all’accordo che Visa Europe ha stipulato con Wireless Dynamics

Punta a gestire al meglio il workflow operativo la piattaforma Unigy, firmata Ipc System, dedicata alla comunicazione e alle applicazioni di trading. La piattaforma migliora la collaborazione tra i trader e il loro middle e back office, consentendo lo sviluppo di applicazioni personalizzate. Unigy è una piattaforma basata su architettura “service oriented” e open standard, dotata di opzioni per assicurare la Business Continuity e il Disaster Recovery, oltre a un minore consumo energetico. “Unigy, dice Lance Boxer, chief executive officer di Ipc, è una piattaforma rivoluzionaria che introduce un vero e proprio cambiamento delle regole del gioco nel settore del trading. Per la prima volta aziende di ogni dimensione e quasi la totalità dei loro dipendenti, indipendentemente dal ruolo, potranno trarre beneficio da quanto Unigy mette a disposizione. E’ un soft-switch in grado però di offrire molto di più. Unigy è così potente e completo che tutti i dipendenti di un’azienda di trading potranno trarne beneficio“. Insieme a Unigy, Ipc propone una nuova suite di dispositivi hardware e software che migliorano la collaborazione, una nuova torretta compatta e applicazioni per i trader funzionanti su Unigy realizzate attraverso la piattaforma di sviluppo Blue Wave.

A breve in Italia, Francia, Polonia, Spagna, Svizzera, Turchia e nel Regno Unito sarà possibile effettuare pagamenti Visa in modalità contactless con il proprio iPhone, grazie all’accordo che Visa Europe ha stipulato con Wireless Dynamics. Gli utilizzatori di iPhone dovranno solo collegare allo smartphone il dispositivo iCarte di Wireless Dynamics, disponibile tramite la banca o il gestore telefonico, e scaricare la relativa applicazione. Il primo servizio contactless già operativo è stato lanciato da Visa Europe in collaborazione con la banca Yapi Kredi e Turkcell, il maggiore gestore di telefonia cellulare turco. “I test effettuati in tutta Europa, ha dichiarato Sandra Alzetta, senior vice president, responsabile Innovazione di Visa Europe, dimostrano chiaramente che il pagamento contactless mobile è una proposta solida e interessante per i clienti. Visa ritiene che i consumatori che utilizzano smartphone come l’iPhone probabilmente saranno i primi ad adottare una tecnologia di pagamento all’avanguardia. Dato che la disponibilità di una vasta gamma di apparecchi cellulari che supportino i servizi di pagamento contactless rimane un fattore chiave che limita l’accesso a questi servizi, abbiamo deciso di superare l’ostacolo abilitando gli iPhone già in possesso dei clienti”.

Quanto costa usare software pirata? Nel 2010 secondo Bsa il “total cost to business” dell’impiego di software pirata in Italia è stato di oltre 520mila euro Costa molto alle aziende dell’area Emea impiegare software pirata. Secondo Business Software Alliance, organizzazione internazionale dedita al rispetto della proprietà intellettuale in campo Ict, nel 2010 il “total cost to business” italiano dell’impiego di software pirata è stato di oltre 520mila euro (quasi 13 milioni di euro a livello Emea): la somma si ottiene sommando i costi sostenuti dalle imprese scoperte a usare programmi senza licenza per accordi extragiudiziali e quelli sostenuti per l’acquisto delle regolari licenze dopo esser stati “scoperti”. In sostanza, il costo complessivo dell’utilizzo di software pirata per le imprese italiane è cresciuto del 234% rispetto al 2009 (la percentuale è del 110% a livello Matteo Mille, presidente Emea). Nel corso del 2010, in Italia sono state comminate sanzioni di Bsa Italia amministrative per 3 milioni di euro. “Secondo i dati di un recente studio Idc, commenta Matteo Mille, presidente di Bsa Italia, almeno il 49% del software in Italia è illegale. E che la pirateria continui ad essere un problema endemico del nostro sistema lo dimostra il fatto che, per quanto il dato sia statisticamente grezzo, nel corso delle proprie indagini la Guardia di Finanza scopre aziende che utilizzano software pirata in ben il 62% dei casi. Sono cifre inconcepibili in una nazione avanzata dell’Unione Europea. Per questo riteniamo fondamentale che tutti gli operatori - utenti, ma anche dealer, consulenti e system integrator - comprendano che un mercato trasparente e legale è un valore essenziale per tutti, non solo per i produttori di software”. 12


Flash news

UniCredit si struttura sul territorio Al via due nuovi organi consultivi: i Consigli di Territorio e i Comitati Consultivi Divisionali Prendono vita in UniCredit due nuovi organi consultivi che hanno lo scopo di monitorare e orientare le attività di business della banca sul territorio italiano, rafforzando il rapporto con le comunità locali: i Consigli di Territorio e i Comitati Consultivi Divisionali. Sono 18 i Consigli di Territorio, il cui compito è individuare i fattori di successo e i nodi critici di una specifica area locale e le sue opportunità di crescita e sviluppo. Ai Comitati Consultivi Divisionali spetta invece il compito assicurare all’amministratore delegato e al management un supporto consulenziale nello sviluppo, monitoraggio e controllo dello sviluppo del business del gruppo in Italia. “Questi nuovi organi, dichiara Gabriele Piccini, country chairman Italia di UniCredit, completano l’assetto della nuova UniCredit in Italia e avranno come principale obiettivo strategico quello di rafforzare ulteriormente rapporto con le comunità locali e, contemporaneamente, non perdere le professionalità delle specializzazioni al fine di rendere sempre più profonde le sinergie tra i business in termini di efficacia commerciale ed efficienza”.

Gabriele Piccini, country chairman Italia di UniCredit

Information Builders sbarca in Italia Duplice l’obiettivo: consolidare il rapporto con i clienti e potenziare la presenza sul mercato La business intelligence di Information Builders trova la strada italiana grazie all’apertura di una filiale nel nostro Paese. L’apertura della filiale italiana rientra nella strategia di crescita internazionale di Information Builders, che sta inaugurando nuovi uffici dipartimentali in tutto il mondo, compresi i paesi Bric. La società, che ha sede a New York e conta 1.350 professionisti, vanta come prodotti di punta la piattaforma di business intelligence WebFocus e la piattaforma di integrazione iWay Software. La filiale italiana, guidata da José Maria García-Soto, vicepresidente e direttore generale, si avvarrà della collaborazione di Mauro Grassi in qualità di direttore dello Sviluppo del Business, che avrà la responsabilità di promuovere l’attività di Information Builders nel mercato italiano. Il business plan per i prossimi tre anni prevede un incremento del volume delle

entrate pari a una media annuale del 15 per cento. “La presenza diretta di Information Builders, spiega Grassi, ha un duplice obiettivo: consolidare il rapporto con i clienti, attraverso una relazione più diretta, e potenziare la nostra leadership nel mercato. Per questo ci affidiamo a una solida struttura, a una tecnologia avanzata e in continua evoluzione, e a una nuova offerta molto competitiva di servizi in grado di rispondere e anticipare le necessità del nostro mercato”. Per il 2011 l’obiettivo principale di Information Builders è espandere la presenza nei settori del retail, delle utility e della sanità, attraverso progetti destinati a implementare l’integrazione e la qualità dei dati con soluzioni Eim (Enterprise Information Management) e Dqc (Data Quality Center). “Le esigenze del mercato di Bi in Italia, spiega García-Soto, sono simili al resto dei paesi europei. Le aziende hanno bisogno di risparmiare 13

José Maria García-Soto, vicepresidente e direttore generale di Information Builders

i costi delle infrastrutture e sono quindi molto ricettive a introdurre soluzioni quali WebFocus e iWay Software, disponibili su qualsiasi piattaforma e molto competitive non solo nei costi di licenza, ma anche in quelli di amministrazione e manutenzione”.


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L’ombra delle commodity sull’inflazione Hervé Lievore, strategist di Axa Investment Managers

La recente impennata dei prezzi delle commodity sembra configurarsi come un trend rialzista duraturo che rischia di complicare notevolmente la gestione della politica monetaria L’indice dei prezzi delle commodity del Commodity Research Bureau ha superato quota 560 l’8 febbraio scorso, cioè il 14% al di sopra del picco osservato nel 2008. Sono interessate tutte le categorie di commodity. In un primo momento, i prodotti direttamente collegati al ciclo economico (energia, metalli industriali) sono stati interessati dai rialzi maggiori, poi ha preso il sopravvento l’oro e oggi sono i prodotti agricoli a registrare un record dopo l’altro. Questa asset class sembra dunque aver girato la pagina della crisi e ciò solleva almeno due quesiti: l’aumento è destinato a durare e quali sono le conseguenze che questo potrebbe avere sull’inflazione?

quantificare) delle scorte presenti è bloccata nei depositi e non può essere usata per l’approvvigionamento della domanda manifatturiera. Più specificatamente riguardo all’agricoltura, i disastri climatici che si sono verificati durante tutta la seconda metà del 2010 e all’inizio del 2011 stanno provocando una revisione ribassista delle aspettative sui rendimenti da parte dei mercati e, poiché le scorte erano già basse, ne risulta in automatico un rialzo dei prezzi. Infine, il ciclo di rialzo dei prezzi presenta una dimensione politica, poiché alcune decisioni hanno un impatto forte sul mercato, come quella della Cina di chiudere gli impianti di produzione d’alluminio più inquinanti o quella dell’Opec di non aumentare le quote produttive, invariate dal dicembre 2008. Il clima d’instabilità legato agli eventi in Nord Africa e in Medio Oriente aggiunge incertezza alla situazione, alimentando i timori di un’interruzione dell’offerta o incoraggiando l’Opec ad attendere ancora oltre prima di rialzare le quote di produzione.

Sono molte le ragioni dei rincari Il ciclo delle commodity corrisponde, sul lungo periodo, ai cicli d’investimento e ai ritardi nella correzione delle capacità produttive rispetto agli shock, siano essi provocati dall’offerta (anni 70) o dalla domanda (anni 2000). Nel breve e medio termine, per contro, sono l’elasticità dei prezzi e quella del reddito della domanda a determinare il ciclo. Inoltre, oltre una certa soglia, l’aumento dei prezzi riduce la crescita dei rendimenti e ciò mantiene la dinamica ciclica. Da questo punto di vista, il 2010 avrebbe rappresentato un caso esemplare. La crescita globale ha raggiunto il 5% nel 2010, secondo le ultime stime dell’Fmi, cioè 1,1 punti percentuali in più rispetto alle previsioni d’inizio 2010. Tale crescita ha spinto la domanda oltre le aspettative. Prendiamo ad esempio il caso del petrolio. Nel gennaio 2010, l’Agenzia Internazionale dell’Energia prevedeva che la domanda sarebbe salita di 1,4 milioni di barili al giorno. Un anno dopo, la stima raggiungeva i 2,7 milioni di barili al giorno. Al contempo e nello stesso periodo, il prezzo medio del petrolio si attestava a un livello ragionevole leggermente inferiore agli 80 dollari. L’effetto reddito ha dunque svolto un ruolo determinante, mentre l’effetto prezzo, all’opposto, è stato minore. Per il 2011, anche se la crescita dovrebbe restare sostenuta, ci sembra che l’effetto prezzo sarà più sensibile. Parallelamente all’impatto di fattori reali sul fronte della domanda, l’offerta a breve termine (vale a dire le scorte effettivamente disponibili) è limitata. Nel caso dei prodotti agricoli, le scorte globali sono generalmente mantenute a livelli fiacchi, impedendo loro di svolgere il ruolo di stabilizzatore. Per quanto riguarda i materiali industriali, una percentuale significativa (ma difficile da

Il caso del petrolio Aumento del rischio politico, accelerazione della crescita all’inizio dell’anno, inerzia dell’Opec: a priori, ci sono tutti gli elementi per spingere al rialzo il prezzo del petrolio. Sul mercato del Brent, il barile è così passato dai 75 dollari d’inizio settembre ai 106 di metà febbraio. Inoltre, l’estremità corta della curva dei prezzi si è irrigidita, comportando un’inversione nella parte media (20122014). Chiaramente, la domanda di contratti future per le scadenze del primo semestre 2011 è forte, e a ragion veduta in un contesto di relativa penuria. Il mercato del Brent si contrae in effetti in maniera strutturale. La produzione di greggio nel Mare del Nord è infatti passata dai 6 milioni di barili al giorno di dieci anni fa a poco più di 3 oggi e il trend è orientato al ribasso. In tale contesto, l’interruzione della produzione in Libia, benché si tratti di un produttore minore (4,5% della produzione Opec), ha un impatto sproporzionato. Il Brent riflette la situazione di un mercato che è al contempo ristretto in termini di approvvigionamento autonomo, con un aumento dell’interesse degli investitori e ora i timori di un’interruzione dell’offerta dal Medio Oriente. Il Wti americano offre un’altra visione del mercato. La produzione statunitense on-shore, a lungo in calo, si è stabilizzata a partire dal 2006 e ha ricominciato a progredire da un anno a questo parte, grazie alle nuove tecnologie estrattive degli scisti bituminosi. Di conseguenza, i prezzi di riferimento del greggio negli Usa 14


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Benché si possa ipotizzare una tregua nel secondo semestre sul fronte dell’inflazione, sarebbe solo temporanea e non dovrebbe farci dimenticare gli altri due fattori chiave in grado d’incidere sull’inflazione: la mancanza di coordinazione delle politiche monetarie e l’incognita rappresentata dall’evoluzione dei costi salariali in Cina

sono sensibilmente inferiori a quelli prevalenti in Europa e la forma della curva dei prezzi è maggiormente in linea con la norma dell’ultimo decennio. Non appena l’Opec deciderà di rialzare le quote (evento poco probabile prima dell’estate), lo spread Wti-Brent, salito a oltre 18 dollari al barile a favore del Brent a metà febbraio, dovrebbe ritornare a un livello più simile a quelli passati, almeno per qualche tempo. In effetti, dato l’attuale ritmo dell’aumento della domanda, l’equilibrio tra la domanda e l’offerta continuerà ad essere precario.

Quale impatto sull’inflazione? Scomponendo le variazioni dei prezzi delle commodity in trend di lungo periodo da un lato e in un ciclo corto dall’altro, il picco ciclico sembrerebbe avvicinarsi, soprattutto per le commodity del settore agricoltura. La reazione dell’offerta dei prodotti agricoli al segnale del prezzo dovrebbe farsi sentire nel corso della prossima stagione 2011-2012 ed è improbabile che le condizioni meteorologiche eccezionalmente sfavorevoli dell’anno passato si verifichino di nuovo nelle stesse proporzioni. Per quanto riguarda i prodotti ciclici, il livello elevato dei prezzi e la probabile fine delle politiche monetarie accomodanti durante il secondo semestre del 2011 dovrebbero infine penalizzare la domanda (l’effetto prezzo finirà per avere la meglio sull’effetto reddito, anche in Cina) contribuendo dunque a stabilizzare i mercati. L’oro è in un’altra dimensione, avvantaggiandosi delle molte fonti d’incertezza in questo momento ma risentendo potenzialmente dell’aumento dei tassi reali. Oltre alla dinamica ciclica, sembra sempre più probabile che il trend dei prezzi sul lungo periodo sia ormai rialzista. Prima del 2002 era piuttosto piatto. Questa tendenza è visibile nel cambiamento relativo delle componenti energy e alimentari degli indici dei prezzi rispetto ad altri componenti. Dal 1985 al 1999, l’inflazione totale è stata più alta dell’inflazione ad esclusione di alimentari e energia, il 27% delle volte. Dal 2000, il rapporto è passato al 77 per cento. Fino a quando i prezzi delle commodity seguivano un trend stabile, il concetto d’inflazione sottostante aveva un senso poiché la volatilità delle commodity introduceva un temporaneo disturbo che le industrie manifatturiere potevano contrastare con le opportune coperture, evitando così la propagazione agli altri prezzi. Il trend ha però cessato di essere stabile e si orienta ora al rialzo: se gli incrementi di produttività non saranno sufficienti a

contrastare tale aumento, allora la pressione sull’intera struttura dei prezzi cambierà drasticamente. Nel 20072008, i produttori di auto e le compagnie aeree avevano in parte ricaricato l’aumento dei loro costi sul consumatore finale, nonostante la forte concorrenza che caratterizza queste industrie. Benché si possa ipotizzare una tregua nel secondo semestre sul fronte dell’inflazione, sarebbe solo temporanea e non dovrebbe farci dimenticare gli altri due fattori chiave in grado d’incidere sull’inflazione: la mancanza di coordinazione delle politiche monetarie e l’incognita rappresentata dall’evoluzione dei costi salariali in Cina. 15


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Sotto la punta dell’iceberg La logica degli investitori, soprattutto nei periodi critici del ciclo economico, più che sulle cifre e le informazioni immediatamente disponibili dovrebbe basarsi su “ciò che non si vede” di primo acchito. Come ad esempio la capacità di adattamento dell’uomo e in particolare dei buoni manager

Didier Le Menestrel, presidente e fondatore di Financière de l’Echiquier

“Ciò che si vede, ciò che non si vede”. È a Frédéric Bastiat, economista e uomo politico francese del XIX secolo, che dobbiamo questa formula con la quale amava punteggiare le sue riflessioni economiche. Parlando di imposte, di sovvenzioni dello Stato o di ruolo del credito, era un fervente difensore del non interventismo, accanito liberale dimenticato in Francia, ma citato volentieri da Schumpeter. Poco importa la sensibilità politica di Bastiat, non è centrale nel suo racconto della finestra rotta: un ragazzino rompe la finestra di un commerciante, il quale chiama un vetraio che, con 6 franchi, gliela ripara. I 6 franchi che circolano vanno ad aumentare il patrimonio del vetraio, e questo è “ciò che si vede”, la punta dell’iceberg, cosicché un vetro rotto fa girare l’economia. Ma la spesa che il commerciante è costretto a sostenere lo priva dell’acquisto di un paio di scarpe nuove. I 6 franchi non finiranno nelle tasche di un altro commerciante, e questo è “ciò che non si vede”, la parte sommersa dell’iceberg, cosicché non basta rompere vetri per far girare l’economia. Inondati da una marea d’immagini del drammatico terremoto in Giappone, gli operatori del nostro settore si sono buttati a capofitto in una miriade di valutazioni cifrate e calibrazioni di vario genere. I danni materiali subiti dal Giappone ammontano a 200 miliardi di dollari, il costo della catastrofe per tutti i riassicuratori sarà di 24 miliardi di dollari (fonte: società di riassicurazione Hiscox). Il fatto è che, di fronte a ogni crisi, “ciò che si vede” è stimato sempre più rapidamente e con un abbondanza di dettagli sempre maggiore.

caso d’investimento non si rivela di primo acchito. Così, nel 2006, “ciò che si vedeva” delle banche erano bilanci tutto sommato ragionevoli, mentre “ciò che non si vedeva” erano gli enormi fuori bilancio che sarebbero esplosi nel 2008. Siamo spesso tentati a concentrarci e a rassicurarci con le cifre immediatamente disponibili, con le informazioni immediatamente accessibili. Un altro esempio, meno recente: di fronte all’abbondanza dei valori tecnologici negli anni 2000, era allettante concentrarsi su quel che si vedeva in rete e acquistare i fornitori di contenuti (Aol o Time Warner). Dieci anni dopo, non vi è salvezza per loro. I grandi vincitori rimangono, alla fine, i “facilitatori” di business, come EBay o Google, una realtà che all’epoca le cifre disponibili non lasciavano nemmeno intravedere. Dimenticare un po’ i calcoli immediati che minimizzano sempre la capacità di adattamento dell’uomo, in generale, e dei buoni manager, in particolare, diffidare dei riflessi incondizionati (“accendo la tv e vendo tutto!”): ecco qualche precetto da tener presente in questi periodi tormentati dell’economia. Precetti che potremmo riassumere in un ossimoro: non dimentichiamo di guardare ciò che non si vede.

L’esempio del Giappone Valutare il costo di un sisma fornisce informazioni a breve termine sul crollo del Pil giapponese nei prossimi due trimestri, ma questi dati aiutano poco l’investitore a lungo termine che, come Bastiat, deve interessarsi piuttosto a “ciò che non si vede”. Ovvero i 13.700 miliardi di dollari di risparmio giapponese (fonte: Cahiers Verts de l’Economie) che “relativizzano” i 200 miliardi di dollari distrutti dallo tsunami e che dimostrano come il popolo giapponese, oltre ad un ammirevole coraggio, possieda le risorse necessarie ricostruire il paese. Ciò che non si vede è l’incremento dei prezzi che si ripercuoteranno sui riassicuratori in seguito al terremoto. Rinforzare oggi l’esposizione al settore riassicurativo non significa solo dimostrare uno spirito contrarian, ma anche confermare la rapidità dell’adeguamento dei prezzi in questo settore. Significa concentrarsi su ciò che non si vede oggi, ma che sarà certamente visibile domani. Questa infatti è la realtà del nostro lavoro: l’evidenza di un 16


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La geopolitica rischia di frenare l’economia Le incertezze che accompagnano le vicende nel mondo arabo spingono a prese di beneficio sulle posizioni azionarie. Il ridimensionamento della quota azionaria va tra l’altro a vantaggio delle materie prime e delle obbligazioni norvegesi

Andrea Ferrante, responsabile Mercato Italiano di Swisscanto

I mercati sono attualmente sempre più in balia degli eventi geopolitici. Alla luce delle vicende in Nord Africa e in Medio Oriente gli investitori sono interessati a conoscere quali scenari si prefigurano con riferimento all’ulteriore evoluzione dell’economia mondiale e dei mercati finanziari. Certo è evidente che il peso economico del Nord Africa e della Penisola Arabica è modesto anche nell’ambito dei paesi emergenti. Nei periodi di crisi, tuttavia, la presenza di grandi giacimenti petroliferi nella regione impone prepotentemente all’attenzione degli operatori il prezzo del petrolio. A seconda della misura del rincaro della quotazione del greggio si avrà una fuga più o meno massiccia dagli investimenti a rischio verso agli asset che godono della reputazione di “porto sicuro” (ad es. l’oro o i titoli di Stato di paesi con un ottimo rating). Uno degli scenari più frequentemente evocati è il rischio di una propagazione dei disordini in Arabia Saudita, il paese con i più importanti giacimenti petroliferi. Un altro scenario negativo che viene ipotizzato è lo scoppio di ostilità tra stati islamici e Israele. In entrambe le ipotesi le ripercussioni sul prezzo del petrolio e quindi sui mercati finanziari sarebbero drastiche. Le conseguenze potrebbero essere analoghe a quelle che caratterizzarono la situazione nell’agosto del 1990, allorché le truppe irachene invasero il Kuwait, scatenando la prima guerra del Golfo. In quell’occasione il mercato azionario mondiale accusò un crollo di quasi il 30%, mentre le materie prime investibili subirono un’impennata di circa il 50%. A questo scenario attribuiamo un grado di probabilità di circa il 15 per cento. In un caso o nell’altro, l’eventuale forte rialzo del prezzo del petrolio giungerebbe in una fase di lenta ripresa delle economie occidentali. Qualora dovesse tuttavia già delinearsi nell’immediato un allentamento delle tensioni, i dati congiunturali e i risultati aziendali sostanzialmente buoni torneranno a calamitare fortemente l’attenzione degli investitori. Di fronte all’attuale clima d’incertezza, Swisscanto alleggerisce il sovrappeso registrato finora dalla componente azionaria, rafforzando per contro l’esposizione sui titoli del mercato monetario denominati in Chf, sulle obbligazioni e sulle materie prime. Sul fronte delle obbligazioni segnaliamo inoltre l’acquisto selettivo di titoli di Stato norvegesi in valuta locale (Nok). Congiuntamente alla sovraponderazione delle materie prime questa strategia si propone di proteggere in parte gli investimenti da un’impennata del prezzo del petrolio. In base ai modelli di valutazione da noi applicati, i mercati azionari nel loro complesso (Msci World) sono solo leggermente sottovalutati. Le azioni dell’Eurozona ci appaiono per contro sempre molto convenienti. Maggiori riserve sono tuttavia opportune nei riguardi dei titoli dei mercati emergenti, che possono già definirsi sopravvalutati. Sul versante delle obbligazioni, puntiamo su una duration inferiore alla media, contenendo in questo modo i rischi di perdite in vista di un aumento generalizzato dei tassi. Continuiamo a privilegiare gli investimenti in obbligazioni aziendali a scapito dei titoli di Stato. Restiamo tuttora cauti per quanto riguarda i titoli dei paesi Piigs, dal momento che in questi stati non si profila ancora all’orizzonte una soluzione credibile al problema del debito. Nell’ambito della nostra strategia valutaria abbiamo sovrappesato le “commodity currency” Aud e Nzd nonché le valute scandinave Nok e Sek, assumendo invece un atteggiamento più cauto nei confronti di Chf, Eur e Jpy.

Banca&Mercati Vuoi comunicarci gli eventi in programma nelle prossime settimane? eventi@bancaemercati.com 17


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Fiducia nel medio termine Il costo geopolitico maturato nel prezzo del petrolio e l’impatto del terremoto giapponese sull’attività a breve e lungo termine hanno indubbiamente complicato lo scenario di riferimento sui mercati. Il quadro economico generale dovrebbe comunque consentire alle società di generare solidi flussi di cassa

Mark Burgess, chief Investment officer di Threadneedle

Lo scorso mese gli attivi a rischio hanno patito una terribile ondata di cattive notizie e la loro tenuta è in parte attribuibile alle valorizzazioni interessanti che da lungo tempo sostengono il nostro giudizio positivo. Dalle assemblee svoltesi lo scorso mese sono intervenuti cambiamenti in tutta una serie di fattori ma il più significativo, in termini di economie e mercati, è presumibilmente il costo geopolitico maturato nel prezzo del petrolio e l’impatto del terremoto giapponese sull’attività a breve e lungo termine. Abbiamo dedicato un po’ di tempo a valutare le implicazioni di tali cambiamenti sulle nostre stime economiche, decidendo infine di apportare alcune modifiche ai nostri dati per il 2011. Di fatto, le uniche correzioni sono state il taglio delle previsioni sulla crescita giapponese, dall’1,5% allo 0,9%, alla luce delle chiusure di stabilimenti e delle interruzioni nelle filiere produttive a breve termine, e la revisione al rialzo delle nostre stime inflazionistiche allo 0% per il Giappone e al 3,25% per il Regno Unito. Abbiamo inoltre abbozzato alcune previsioni per il 2012 durante il quale anticipiamo livelli di crescita e inflazione quasi sempre analoghi a quelli dell’anno corrente, con un rialzo soltanto modesto dei tassi d’interesse, poiché le banche occidentali cercano di bilanciare le pressioni inflazionistiche con una crescita fragile. Il Giappone fa eccezione, in quanto ci attendiamo che le turbolenze di breve periodo nella produzione dei prossimi mesi trovino soluzione nel 2012. Grazie anche al probabile sostegno all’attività derivante dall’impegno nella ricostruzione, nel prossimo anno prevediamo in Giappone una crescita del 2,5%-3,0%.

azionari ma, al momento, crediamo che la forza esercitata dalle valutazioni interessanti metta tale rischio in secondo piano. Restiamo pertanto sovraesposti sulle azioni rispetto alle obbligazioni e, nel segmento a reddito fisso, continuiamo a privilegiare le aree a maggior rendimento. Anche se i rendimenti dei titoli societari ed emergenti hanno fatto molti progressi negli ultimi due anni, il quadro dei fondamentali di questi emittenti resta positivo e gli spread continuano a offrire una certa protezione da correzioni negative nei titoli di Stato.

Il trend sui mercati azionari Nelle azioni rileviamo un ciclo di mercato in fase di maturazione. Continuiamo pertanto a operare selettivamente prese di beneficio nelle aree collocate all’inizio del ciclo che hanno conseguito performance importanti e presentano una valorizzazione piena. I proventi sono stati attentamente reinvestiti nei titoli alla fine del ciclo, o in società che offrono un valido mix di attività nelle fasi iniziale e finale del ciclo. Questo mese abbiamo operato due modifiche al nostro modello settoriale globale, portando il segmento auto a una posizione di sovraponderazione in virtù delle interessanti valutazioni e della crescita sostenuta della domanda di grandi marchi da parte dei mercati emergenti, e riducendo l’hardware tecnologico a una posizione neutrale in considerazione della debolezza dei consumi (a esclusione di Apple) e della crescita nei prezzi dei fattori produttivi. Al contempo, le nostre aspettative per il prossimo anno di un rendimento modesto, trainato dal reddito, degli immobili commerciali supportano un posizionamento neutrale nel segmento immobiliare. In prospettiva, il mercato si trova oggi ad affrontare un maggior numero di fattori avversi rispetto ad un mese fa; riteniamo tuttavia, nel complesso, che le valutazioni di attività rischiose restino appetibili. Il quadro economico che si desume dalle nostre previsioni dovrebbe consentire alle società di generare solidi flussi di cassa che saranno presumibilmente impiegati a favore degli azionisti. La tenuta delle azioni nelle ultime settimane ci spinge a confidare in rendimenti soddisfacenti a medio termine.

La fine dell’effetto Fed La fine della seconda fase di espansione monetaria negli Stati Uniti si avvicina e crediamo che, una volta esaurita questa importante misura di stimolo, la Fed non interverrà con ulteriori provvedimenti. L’impatto sui mercati è difficilmente percepibile, ma l’eliminazione di un’importante acquirente di titoli di Stato occidentali, non sensibile ai prezzi, rappresenta un rischio di prim’ordine in grado di alimentare un consistente rialzo dei rendimenti. L’effetto a catena di tale cambiamento sul costo del capitale potrebbe frenare il rialzo dei corsi 18


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L’impatto sui mercati è difficilmente percepibile, ma l’eliminazione di un’importante acquirente di titoli di Stato occidentali, non sensibile ai prezzi, rappresenta un rischio di prim’ordine in grado di alimentare un consistente rialzo dei rendimenti

Eurozona: una politica forse più stringente, ma senza un chiaro orientamento L’espansione economica poggia su solide basi nei paesi centrali, e l’economia tedesca in particolare continua a beneficiare di politiche monetarie espansive, un tasso di cambio debole e una solida crescita nelle economie in via di sviluppo. Benché si ritenga che la Bce terrà fede, nel prossimo futuro, alla sua promessa di una contrazione monetaria, non siamo propensi a prevedere un ciclo prolungato di stretta e, pertanto, riteniamo che gli attuali prezzi di mercato sopravvalutino i rischi di stretta della Bce. La situazione delle economie periferiche, Spagna compresa, resta molto fragile e, nei prossimi anni, le economie irlandese, portoghese e greca non apporteranno alcun contributo alla regione. Tuttavia, il predominio dell’area centrale e la spinta in atto in queste economie suggeriscono per il 2012 un dato Pil probabilmente intorno all’1,5 per cento. Anche se nel breve periodo l’inflazione correrà leggermente al di sopra dell’obiettivo del 2%, a medio termine si dovrebbe rispettare l’obiettivo prefissato. Nei prossimi trimestri la performance economica della Spagna e le tensioni associate nel sistema bancario continuano a rappresentare un rischio importante per il settore finanziario e per la regione nel suo complesso.

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Tutto il valore dell’Europa Quali prospettive per le strategie value e high dividend sul mercato azionario europeo? Oggi l’Europa, dopo un periodo sostenuto di sottoperformance, resta ancora molto conveniente. Gli investitori alla ricerca di dividendi potranno aspettarsi un periodo di total return più generosi

Olly Russ, gestore dei fondi Ignis Argonaut European Income Fund e Enhanced Income Fund

Se tra gli investitori così sfortunati da aver investito nel mercato Uk nel luglio 2007 (subito prima del credit crunch), qualcuno avesse avuto il coraggio di mantenere le proprie posizioni nonostante le condizioni estreme dei mercati negli ultimi anni, alla fine sarebbe stato premiato con un total return positivo di almeno un 4 per cento. Lo stesso vale per l’investitore inglese che avesse investito nel mercato europeo, che ha generato total return altrettanto positivi. Questo purtroppo non è altrettanto vero per gli investitori europei che, non avendo potuto beneficiare del declino della sterlina rispetto all’euro, nello stesso periodo hanno subito perdite di circa il 20 per cento. La svalutazione della sterlina ha mantenuto invece il valore delle posizioni europee per gli investitori d’oltremanica, anche se i mercati finanziari europei non hanno recuperato come invece è riuscito a fare il Ftse 100. Dovremmo dedurre che gli investitori abbiano assegnato alle azioni europee uno sconto del 20% a causa della crisi del debito sovrano. Tuttavia oggi persino gli osservatori più pessimisti sembrano concordare sul fatto che Spagna e Italia non pongono un significativo rischio di default. Resta comunque preoccupante la situazione di tre economie relativamente piccole: Grecia, Irlanda e Portogallo. La Grecia e l’Irlanda stanno attuando severi programmi di austerity che sembrano procedere come pianificato. I pacchetti di salvataggio potrebbero subire qualche aggiustamento, considerato che i burocrati europei sono alle prese con la ricerca di soluzioni di più lungo termine ai mali fiscali rispetto all’attuale intervento d’emergenza. Le aziende europee, tuttavia, rimangono profittevoli con un mercato che nell’insieme dovrebbe raggiungere il picco degli utili verso la fine dell’anno o all’inizio del 2012. Questo

Quando parliamo di value in Europa oggi indichiamo tendenzialmente i finanziari, e quei paesi con esposizione all’Europa periferica. Anni di sentiment negativo hanno lasciato prezzi azionari depressi, ma spesso solidi utili sottostanti

renderà molte società profittevoli (per molte grazie ai piani di taglio dei costi) quasi quanto lo erano nella primavera del 2008, ma apparentemente con una perdita di valore di un quinto. Abbiamo già visto che gli asset allocator globali stanno riscoprendo l’Europa e iniziano gradualmente a reinvestire nel continente. E’ un processo ancora all’inizio e, per il momento, l’Europa rimane il mercato azionario più conveniente al mondo. In Europa l’ultimo trimestre del 2010 ha visto una sovraperformance aggressiva delle società cicliche, a causa della previsione e poi dell’arrivo di un secondo quantitative easing. Gli investitori growth hanno visto una sovraperformance dell’11% rispetto al value, quando il mercato aspettava che la liquidità del QE si riversasse sulle commodity e sui mercati emergenti. Dopo la pausa natalizia sembra che i gestori abbiano realizzato all’improvviso di aver trascurato una grossa fetta del mercato, così i titoli value sono tornati alla ribalta. Tuttavia nell’arco degli ultimi 12 mesi si è registrata una decisa sovraperformance dei titoli growth, un andamento che si è registrato in tono minore anche negli Usa. 20


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Attenzione ai finanziari Vale la pena ricordare che quando parliamo di value in Europa oggi indichiamo tendenzialmente i finanziari, e quei paesi con esposizione all’Europa periferica. Anni di sentiment negativo hanno lasciato prezzi azionari depressi, ma spesso solidi utili sottostanti. Il settore assicurativo continua a essere tra i nostri favoriti. Svalutato a causa dell’associazione con altri finanziari, il settore non è mai stato tanto a rischio come ipotizzato da chi ha venduto le proprie posizioni. Oggi presenta opportunità ancora più interessanti. A seguito della tragedia giapponese, il mercato ha svenduto indiscriminatamente i titoli assicurativi, allarmato da chi fosse esposto a cosa. Munich Re, la compagnia riassicurativa più grande al mondo, ha subito un colpo da 1,5 miliardi di euro. Questo però rientra nello scarto predeterminato dalla compagnia nella sua gestione della liquidità. Oggi beneficerà della possibilità di aumentare i premi rispetto allo scorso anno, e prevediamo che questo si tradurrà presto in un miglioramento degli utili. Con una stagione degli utili ormai avviata, la maggior parte delle società sta mostrando una sana crescita dei dividendi, grazie a una crescita media del 10% sulla distribuzione degli utili. Questo potrebbe segnare l’inizio di una fase migliore per gli investitori alla ricerca di dividendi. Insieme alla rotazione verso il segmento value, molte aziende sono letteralmente sedute

su una montagna di liquidità e sono pronte a distribuirne gran parte agli investitori. Per fare un esempio Deutsche Telekom ha appena venduto la divisione Usa per 40 miliardi di dollari e, con tutta probabilità, gli investitori incasseranno un buon dividendo. Crediamo che questa tendenza a ridimensionare le compagnie a grande capitalizzazione (di per sé underperformer nel lungo termine), o a concentrarsi sui mercati core per i conglomerati più grandi, potrà portare risultati interessanti per chi investe in titoli high dividend, con un rafforzamento degli yield e dei dividendi speciali. L’Europa è ancora a buon mercato e dopo un periodo sostenuto di sottoperformance gli investitori alla ricerca di dividendi potranno aspettarsi un periodo di total return più generosi.

Banca&Mercati news ogni settimana tutte le notizie principali dal mondo finanziario e assicurativo 21


Interviste / Azimut

Multinazionale indipendente Dopo la festa per i vent’anni di attività sul mercato del risparmio gestito, Azimut pensa al futuro investendo sulla internazionalizzazione. “Stiamo cercando di costruire partnership con team di gestione e distribuzione localizzati in diversi continenti, spiega il presidente Pietro Giuliani, in modo da sviluppare una diretta presenza in quelle aree e apportare competenze specifiche per migliorare la nostra capacità di gestione”

Pietro Giuliani, presidente e amministratore delegato del Gruppo Azimut

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Interviste / Azimut

Abbiamo impostato una strategia estera che vedrà il nostro Gruppo assumere un respiro realmente internazionale con hub nei principali paesi del mondo. Non avremo più solo gestori italiani/europei, ma lavoreranno per noi fund manager in tutto il mondo, in particolare nei mercati emergenti Ha festeggiato da poco i vent’anni di attività nel risparmio gestito, ma non riposa sugli allori ben consapevole che in questo settore il dinamismo è semplicemente indispensabile. Azimut, il principale gruppo italiano indipendente nell’ambito dell’asset management, oggi punta con forza sull’internazionalizzazione. “In questi primi vent’anni siamo arrivati dove nessuno si aspettava, dichiara Pietro Giuliani, presidente e amministratore delegato del Gruppo. Abbiamo dimostrato che è possibile costruire un’impresa di successo, solida, in grado di espandersi anche fuori dai confini nazionali salvaguardando l’indipendenza, caratteristica che reputo fondamentale per chi fa il nostro lavoro. L’innovazione, che è uno dei fattori del nostro successo, si è tradotta anche nella partecipazione azionaria di manager, dipendenti e promotori finanziari. Oggi confermiamo questo indirizzo proponendo la diretta correlazione tra utili societari e remunerazioni dei promotori mediante l’utilizzo degli strumenti finanziari di partecipazione”. Nell’ultimo semestre del 2010 Azimut, il cui patrimonio complessivo in gestione ha raggiunto quota 14,6 miliardi di euro (in crescita del 5,3% rispetto al 2009 grazie a una raccolta gestita netta positiva per 531 milioni e a una performance media ponderata netta al cliente dell’1,25%), ha posto le basi del proprio sviluppo futuro con una serie di nuovi progetti strategici: si va dall’espansione all’estero, attraverso la creazione di hub internazionali, al nuovo sistema partecipativo che prevede un forte coinvolgimento per promotori, gestori e dipendenti, agli investimenti in tecnologia (v. box) e in comunicazione e al rafforzamento delle reti distributive Azimut Consulenza, Az Investimenti, Apogeo Consulting e della divisione Azimut Wealth Management con l’avvio di nuovi progetti di formazione delle reti e una forte attenzione verso il passaggio generazionale con la nomina di cinque nuovi manager di rete in Azimut Consulenza.

locali e costituisce il primo passo per la penetrazione più ampia negli altri mercati della regione. A detenere la partecipazione nella newco è la AZ International Holdings sa, società di diritto lussemburghese interamente posseduta dalla capogruppo Azimut Holding spa, che avrà per oggetto in particolare l’assunzione di partecipazioni nelle società che di volta in volta saranno costituite dal Gruppo Azimut al di fuori del mercato italiano. Tre gestori di Az Fund (la società di gestione lussemburghese del Gruppo Azimut) che ora lavorano in Lussemburgo si trasferiranno nei prossimi mesi a Hong Kong per almeno tre anni e mezzo (si stanno adesso cercando /selezionando altri tre nuovi gestori per il Lussemburgo). Inoltre in Cina il Gruppo Azimut ha assunto professionisti senior locali a Hong Kong (un gestore) e Shanghai (tre fund manager). “Per continuare a crescere è fondamentale guardare anche al di là dei confini nazionali, ribadisce Giuliani. Per questo abbiamo impostato una strategia estera che vedrà il nostro Gruppo assumere un respiro realmente internazionale con hub nei principali paesi del mondo. Non avremo più solo gestori italiani/europei, ma lavoreranno per noi fund manager in tutto il mondo, in particolare nei mercati emergenti. Insieme alla gestione svilupperemo in loco anche la distribuzione che collocherà i prodotti Azimut ai clienti locali”.

Gli investimenti in tecnologia Azimut ha acquisito, tramite sottoscrizione di un aumento di capitale riservato, una partecipazione del 19,9% nell’outsourcer informatico Daxtor srl (fornitore del Gruppo), per un controvalore di circa 400mila euro. “Grazie a questo accordo, spiega Pietro Giuliani, presidente e amministratore delegato del Gruppo Azimut, è in corso il restyling di tutta la piattaforma di rendicontazione sui clienti”. Inoltre il team di gestione di Azimut è stato dotato di uno strumento di front office all’avanguardia: Poms (Aim). “Il nuovo strumento, commenta Giuliani, consente di gestire e monitorare portafogli in qualsiasi parte del mondo semplicemente collegandosi a Bloomberg”. Infine nei prossimi mesi saranno attivi una serie di strumenti di lavoro su Tablet per i promotori finanziari del Gruppo per facilitare la relazione con il cliente ed esaltare gli aspetti di marketing relazionale.

L’espansione all’estero Il punto chiave della strategia Azimut è comunque l’espansione oltre confine, in particolare sui mercati asiatici. “Quello che stiamo cercando di costruire, spiega Giuliani, sono partnership con team di gestione e distribuzione localizzati in diversi continenti così da sviluppare una diretta presenza in quelle aree e apportare competenze specifiche per migliorare complessivamente la nostra capacità nella gestione. Oggi ci servono almeno altri due poli oltre all’Europa (Italiua, Irlanda e Lussemburgo): uno in Asia-Australia e uno in America (Nord-Sud), in modo da coprire tutti i mercati attraverso gestori che lì vivono in tempo reale”. Il piano parte in pratica dalla Cina, con Hong Kong e Shanghai. Azimut prevede di costituire a Hong Kong una newco che controllerà direttamente società operative per la promozione, gestione e distribuzione di prodotti di risparmio gestito sui mercati asiatici. Lo sviluppo di questa area avverrà in joint venture con partner 23


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La crescita sostenibile del Creval Il nuovo Piano strategico del Gruppo Creval punta a raggiungere utili per 178 milioni al 2014, con una crescita media del 27,2%; allo stesso tempo l’obiettivo è la riduzione dei costi, con un cost/income al 51,3 per cento Il recupero di redditività ed efficienza, grazie innanzitutto alla semplificazione della struttura societaria e organizzativa. L’ottimizzazione dell’allocazione del capitale e il miglioramento del profilo di liquidità, in modo da ottenere la piena conformità ai requisiti patrimoniali di Basilea 3. Questi i punti principali del nuovo Piano strategico 2011-2014 del Gruppo Credito Valtellinese, che delinea le direttrici di sviluppo del Gruppo per il prossimo quadriennio sulla base della valorizzazione del proprio modello di banca del territorio, cooperativa e popolare, ma nel segno della cosiddetta “crescita sostenibile” secondo i nuovi canoni di Basilea 3. Il Piano si sviluppa sulla base di uno scenario di previsione che per prefigura un contesto di settore con tassi di crescita moderati sia per la raccolta diretta (Cagr 2010-2014 3,9%) che per gli impieghi (Cagr 4,7%) e più elevati per il risparmio gestito (Cagr 7,5%); la forbice dei tassi è prevista in lieve recupero, mentre si presume un aumento delle sofferenze, con un Cagr del 16,3 per cento. Tutto questo tenendo ben presente le novità di Basilea 3, che a regime (anche se il termine di compliance per Basilea 3 è molto più in là del 2014, ndr) comporterà impatti significativi sul sistema bancario a livello di gestione della liquidità e politiche di capital management. Va inoltre considerato, ha aggiunto l’amministratore delegato Miro Fiordi, il significativo ampliamento delle rete operativa realizzato dal Gruppo negli ultimi anni e la crescita sostenuta delle masse intermediate, con tassi di sviluppo al di sopra della media di settore. Insomma, una serie di fattori che impongono sostanziali interventi di consolidamento ed efficientamento.

Miro Fiordi, amministratore delegato del Credito Valtellinese

ratio al 51,3% nel 2014 (in diminuzione di circa 13,8 punti percentuali) e un Roe tangible a 10,2%, in crescita di oltre quattro punti. La raccolta diretta è prevista a 30,4 miliardi (Cagr 8,7%), quella indiretta a 18,1 miliardi (Cagr 9,5%), i crediti verso clientela a 29,4 miliardi (Cagr 7,6%) e il Tier I ratio, fondamentale nell’ottica Basilea 3, previsto al 7,5 per cento. La riorganizzazione societaria Come detto, il raggiungimento di questi obiettivi di redditività passerà anche attraverso il recupero di efficienza derivante dalla semplificazione della struttura societaria e organizzativa. Il CdA della capogruppo ha infatti approvato un progetto di forte riorganizzazione del Gruppo che dovrebbe essere realizzato entro il 2011. E’ prevista innanzitutto la fusione per incorporazione nella capogruppo delle controllate Bancaperta, Credito Piemontese e Banca dell’Artigianato e dell’Industria, nonché la fusione per incorporazione nella controllata quotata Credito Artigiano di Banca Cattolica, Credito del Lazio e Carifano - Cassa di Risparmio di Fano e il successivo conferimento della rete sportelli presenti nelle regioni Marche e Umbria in una nuova società appositamente costituita, che manterrà il presidio territoriale di quelle regioni con il marchio Carifano. Verrà inoltre attuata una riorganizzazione complessiva della rete e l’istituzione di aree regionali, “con l’obiettivo di accrescere ulteriormente uno dei più importanti vantaggi competitivi delle banche locali, in particolare delle banche popolari, rappresentato dalla prossimità ai territori di radicamento. Anche a tale scopo, nelle aree di insediamento delle banche incorporate, saranno salvaguardati e valorizzati i marchi con maggiore avviamento commerciale”.

I dettagli del Piano Pertanto, il Piano intende realizzare innanzitutto l’efficientamento della rete commerciale e delle strutture centrali di gruppo, con l’introduzione di una nuova struttura di coordinamento delle reti di vendita e l’istituzione di nove “aree regionali” al fine di incrementare la vicinanza al territorio, il presidio commerciale e la rapidità decisionale. E’ prevista una revisione del processo del credito, con l’introduzione di più stringenti “credit policies” e l’adozione di modelli di pricing “risk adjusted”. Si punterà su una crescita per linee interne e sull’ottimizzazione del radicamento territoriale, attraverso l’apertura di 50 filiali nelle aree a elevata attrattività, prevalentemente localizzate nel Nord e Centro Italia. Infine, saranno sviluppati nuovi processi di pianificazione e controllo in ottica “value based management”. Dal punto di vista numerico, gli obiettivi del Piano si traducono in un utile netto di pertinenza della capogruppo a 178 milioni di euro al 2014 (Cagr 27,2%), un cost/income 24


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Il commercio dell’oro alla resa dei conti Il mercato dell’oro è afflitto da gravi problemi come il riciclaggio, l’abusivismo e la ricettazione. Anopo, l’Associazione Nazionale Operatori Professionali Oro, invoca una nuova legge che la tuteli dal riciclaggio e dai traffici illeciti Filiera illegale La legge, sostiene Anopo, è chiara sia sulle modalità di identificazione della natura dei beni che possono essere qualificati come oro, sia sulle caratteristiche che un’azienda deve assumere per poter esercitare lecitamente tale commercio. Categoria alla quale non appartengono le ditte individuabili identificabili nei Compro Oro. Il giro d’affari medio di un negozio Compro Oro è stimato attorno ai 300mila - 350mila euro annui; dunque, considerando che oggi sono circa 20mila, si può raggiungere un business potenzialmente illegale pari a 7 miliardi di euro. Numeri altissimi che fanno gola alle associazioni mafiose e alla criminalità organizzata. “Ci si trova davanti ad una filiera di commercio illegale, spiega Andrea Zironi, presidente di Anopo; la nostra professione è messa a rischio, nonostante le norme vigenti, i Compro Oro e le attività che non rispettano i requisiti imposti dalla legge commercializzano prodotti per fini industriali provenienti da ‘situazioni ambigue’, non rispettando il prezzo stabilito dal mercato, non rilasciando scontrini fiscali, non documentando il traffico ne le operazioni effettuate. Una situazione che avvantaggia, quindi, l’illegalità. Per questo Anopo chiede alle autorità una maggiore regolamentazione e vigilanza. Vogliamo maggiori controlli, per una concorrenza leale, riuscendo così a tutelare anche il consumatore finale, che a prima vista potrebbe raggiungere un più facile guadagno nel rivolgersi a un operatore non in regola, ma così facendo incrementa anche l’evasione fiscale”.

Ranieri Razzante, presidente di Aira

Approfondire e indagare il mercato dell’oro e i traffici illeciti ad esso collegati, illustrando le ultime novità nel settore e proponendo soluzioni legislative in grado di diminuire i fenomeni di criminalità. E’ l’obiettivo della conferenza organizzata a Roma da Anopo, l’Associazione Nazionale Operatori Professionali Oro, in collaborazione con Aira, l’Associazione Italiana Responsabile Antiriciclaggio. Il problema è che, nonostante la presenza di una legge che regolamenta il mercato, i punti non rispettati sono molti. Il decreto antiriciclaggio prevede, infatti, per gli operatori in oro solo uno dei tre presidi fondamentali alla lotta al riciclaggio (la segnalazione di operazioni sospette, ndr). V’è da chiedersi, però, come possano tali soggetti segnalare operazioni sospette a fronte delle quali non possono approvvigionarsi d’informazioni detenute, poiché acquisite, presso i medesimi a fronte d’identificazione e adeguate verifiche della clientela. Negli ultimi anni, inoltre, si è assistito a una affermazione massiccia su tutto il territorio nazionale di negozi comunemente denominati “Compro Oro”, specializzati nell’acquisto di preziosi da parte di privati cittadini. Nulla vieta, anche al titolare di una ditta individuale, di acquistare oreficeria per poi successivamente rivenderla, sia all’ingrosso che al minuto. Purtroppo però, moltissimi gestori di questi negozi, assumono in toto le funzioni e le competenze commerciali proprie di un operatore professionale, pur non rispettando minimamente i requisiti imposti dalla legge, operando quindi in modo del tutto abusivo. “Anopo, dichiara il legale dell’Associazione Daniele Bertaggia, lamenta il fatto che venga continuamente violata la legge sia civile che penale, che sanziona gravemente i comportamenti non regolari e conformi a legge, con pene da sei mesi a quattro anni, e auspica nell’interesse di tutte le parti un maggior controllo dall’autorità preposta”.

L’impegno di Aira Dal canto suo Aira, in qualità di associazione che rappresenta le esigenze dei responsabili antiriciclaggio anche in sede normativa, si impegna a studiare il fenomeno che, nonostante la scarsità di dati ufficiali attualmente in circolazione, denota un incremento esponenziale pari al 22,5% sul dato nazionale. “Al fine di proporre un tavolo di lavoro da offrire alle autorità, già impegnate sul territorio nazionale in numerose operazioni di polizia, e agli operatori ove possano confrontarsi sulla tematica e trovare una soluzione soddisfacente alle carenze attuali, afferma Ranieri Razzante, presidente di Aira, verrà vagliata la possibilità di proporre alcune osservazioni sin dall’immediato a partire dall’ormai prossima consultazione pubblica ufficiale sul ‘Provvedimento di attuazione del d.lgs. 231/07 in materia di adeguata verifica ai fini della disciplina antiriciclaggio’ la cui data di emanazione è indicata per ottobre 2011. L’obiettivo è richiedere chiarimenti alle autorità di riferimento in tema di adeguata verifica, attualmente non prevista per gli operatori professionali in oro, e richiamare l’attenzione sollevando un dibattito sull’opportunità di una modifica della normativa attuale”. 25


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Così si innova l’area sinistri Un rapporto di ricerca a cura del CeTIF sottolinea i profondi cambiamenti con cui le compagnie di assicurazione sono chiamate a confrontarsi nell’area sinistri Circa il 67% del mercato assicurativo sta riconfigurando la propria offerta di mercato, con chiari effetti sulla tipologia e la qualità dei servizi offerti nell’area sinistri. In questo settore, a seguito degli interventi del legislatore e di Isvap, i player assicurativi sono chiamati a garantire maggiore trasparenza, efficienza e vicinanza al cliente. E’ quanto sottolinea il rapporto di ricerca “Innovare l’area sinistri: tra ricerca di nuove opportunità e miglioramento continuo dei processi operativi” a cura del CeTIF, il Centro di ricerca su Tecnologie Innovazione e servizi Finanziari presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Lo studio condotto da CeTIF, che è il risultato del Competence Centre svoltosi nel 2010, sostiene che le compagnie sono chiamate a realizzare innanzitutto un cambiamento culturale a tutti i livelli dell’azienda, coinvolgendo soprattutto le figure di agenti e liquidatori. Si evidenzia inoltre come stia evolvendo il concetto stesso di gestione del sinistro, che non è più considerato solo come un processo amministrativo, ma più globalmente come servizio offerto al cliente. Di fatto, i clienti avranno un peso sempre maggiore nella fase di costruzione del prodotto e i servizi che verranno offerti saranno sempre più personalizzati in base alle esigenze della clientela. “Nel 2009, dichiara Federico Rajola, professore di Organizzazione aziendale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e direttore del CeTIF, le compagnie di assicurazione hanno dovuto pagare sanzioni per un valore complessivo di 60 milioni di euro riconducibili all’inefficienza riscontrata nell’erogazione del servizio e nel processo di liquidazione. Da qui la necessità per le compagnie di focalizzare i propri sforzi da una parte sull’individuazione di processi efficienti e di valore per il cliente, dall’altra sulla misurazione del processo di liquidazione, in un’ottica di miglioramento continuo”.

Federico Rajola, professore di Organizzazione aziendale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e direttore del CeTIF

l’agente e i call center, mentre solo il 30% del mercato offre servizi che permettano di inviare le denunce via web. Allo stesso modo, sono segnalati forti investimenti da parte delle compagnie nelle attività che permettono l’efficientamento del processo operativo attraverso il miglioramento dei tempi di liquidazione e dell’adeguatezza degli importi liquidati: in effetti, circa il 62% delle imprese di assicurazione sta attualmente investendo sul know-how dei liquidatori.

Si investe sul know-how dei liquidatori La ricerca delinea inoltre nel ramo sinistri uno scenario caratterizzato dall’accrescimento degli investimenti su tutti i canali di distribuzione, laddove oggi i canali che vengono maggiormente utilizzati continuano a essere

Al via un nuovo Competence Centre triennale Sviluppare sensibilità e cultura in merito alle principali trasformazioni in atto sul mercato assicurativo. E’ con questo obiettivo che il CeTIF, in partnership con Rgi Group, ha istituito il nuovo Competence Centre triennale “Innovare l’area sinistri - Fase II: Evoluzione normativa e modelli di valutazione dei costi operativi e delle performance nella gestione dei sinistri assicurativi”. Il Competence Centre si strutturerà come tavolo di lavoro e approfondimento orientato all’individuazione delle innovazioni strategiche per lo sviluppo di servizi a supporto dei sinistri, oltre a presidiare nel lungo periodo l’evoluzione normativa e i suoi effetti legali. Nel 2011, in particolare, la ricerca si occuperà di definire i modelli operativi target e le best practice per la gestione dei sinistri, di individuare una metodologia per la valutazione delle performance operative dell’area sinistri e di definire i modelli target per la gestione delle frodi.

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Ladri di proprietà intellettuale Uno studio a cura di McAfee e Saic sottolinea il salto di qualità dei criminali informatici: è più redditizio vendere informazioni proprietarie e segreti aziendali Qual è l’attuale livello di sicurezza delle informazioni economiche che appartengono alle aziende? Se ne occupa il report globale a cura di McAfee e Science Applications International Corporation (Saic) “Economie clandestine: capitale intellettuale e dati aziendali sensibili sono ora la nuova valuta del crimine informatico”, dove responsabili sicurezza e delle decisioni It illustrano come i criminali informatici abbiano compiuto un passaggio dal furto delle informazioni personali, per indirizzarsi verso il capitale intellettuale dell’azienda di alcune delle principali organizzazioni riconosciute a livello internazionale. In sostanza, sembra che i criminali informatici abbiano compreso che è più redditizio vendere informazioni proprietarie e segreti aziendali che sono meno o per nulla protetti, facendone così la nuova moneta di scambio. “I criminali informatici, conferma Simon Hunt, vice president e chief technology officer, endpoint security di McAfee, hanno spostato la propria attenzione dalla proprietà dei beni aziendali alle proprietà intellettuali, come ad esempio segreti commerciali o documenti di pianificazione della produzione. Abbiamo assistito a significativi attacchi rivolti verso questo tipo di informazioni. Attacchi sofisticati come ‘Operazione Aurora’, e anche gli attacchi meno sofisticati come ‘Night Dragon’ si sono infiltrati in alcune delle aziende più grandi, e apparentemente, più protette al mondo. I criminali stanno prendendo di mira il capitale intellettuale delle aziende e spesso ci riescono con successo".

e in che percentuali intendono adottare soluzioni per prevenire o porre rimedio alla violazione dei dati. “La distinzione tra attacchi dall’interno e dall’esterno è diventata labile, aggiunge Scott Aken, vice presidente per le operazioni cyber di Saic. Aggressori sofisticati si infiltrano in una rete, rubano credenziali valide, e riescono a operare liberamente, proprio come farebbe un insider. Attuare strategie difensive contro queste minacce miste internoesterne è essenziale, e le organizzazioni hanno bisogno di strumenti di protezione dalle minacce interne in grado di prevedere gli attacchi basati sul comportamento umano”. I principali risultati dello studio • L’impatto delle violazioni di dati - un quarto delle organizzazioni oggetto dello studio ha rallentato subito il blocco o il rallentamento di una fusione/acquisizione, o il lancio di un nuovo prodotto/soluzione a causa di una violazione dei dati, o per la minaccia credibile di una violazione dei dati. Tra le organizzazioni che hanno subito una violazione dei dati, solo la metà ha preso provvedimenti per porvi rimedio e proteggere i sistemi da future violazioni. • La proprietà intellettuale si archivia all’estero - la recessione economica ha fatto crescere il numero delle organizzazioni che sta rivalutando i rischi legati al trattamento dei dati al di fuori della propria nazione, alla ricerca di opzioni più economiche. • Il costo della protezione dei dati all’estero - in Cina, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti, le organizzazioni spendono oltre un milione di dollari al giorno per l’It. Negli Stati Uniti, Cina e India, le aziende spendono più di un milione di dollari la settimana per la sicurezza delle informazioni sensibili collocate all’estero. • La percezione geografica delle minacce - Cina, Russia e Pakistan sono percepite come i paesi meno sicuri per l’archiviazione dei dati, mentre Regno Unito, Germania e Stati Uniti sono considerati i più sicuri. Tra le organizzazioni globali intervistate, tuttavia, un numero elevato non effettua frequentemente valutazioni del rischio. • Il silenzio sulla violazione dei dati - solo tre organizzazioni su dieci rendono note tutte le violazioni di dati subite, e sei su dieci abitualmente “scelgono” quali le violazioni notificare. Lo studio, inoltre, indica che le organizzazioni possono cercare i paesi che hanno una legislazione sulla perdita dei dati più “clemente”: otto organizzazioni su dieci memorizzano le informazioni sensibili all’estero proprio a causa del fatto che le leggi sulla privacy del loro paese prevedono la notifica ai clienti delle violazioni dei dati. • La sfida della gestione dei dispositivi - una delle maggiori sfide che le organizzazioni devono affrontare nella gestione della sicurezza delle informazioni è la proliferazione dei dispositivi, come iPad, iPhone e dispositivi con sistemi operativi Android. Proteggere i dispositivi mobile continua a essere una nota dolente per la maggior parte delle organizzazioni: il 62% degli intervistati la considera infatti una sfida.

Quali azioni sono state intraprese per porre rimedio e proteggere i sistemi per il futuro?

Difficile distinguere fra attacchi interni o esterni Dunque, l’economia sommersa della criminalità informatica sta guadagnando denaro alle spese del capitale intellettuale aziendale che include segreti commerciali, piani di marketing, risultati delle attività di ricerca e sviluppo ed anche codice sorgente. McAfee e Saic, in collaborazione con Vanson Bourne, hanno intervistato più di 1.000 responsabili delle decisioni It senior negli Stati Uniti, Regno Unito, Giappone, Cina, India, Brasile e Medio Oriente. Lo studio, che fa seguito al report pubblicato nel 2008 “Unsecured Economies”, rivela quali paesi sono stati percepiti come i meno sicuri per l’archiviazione dei dati aziendali, in che percentuale le aziende subiscono violazioni 27


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Largo agli innovatori Nella settima edizione del “Cerchio d’Oro dell’Innovazione Finanziaria” il riconoscimento di Intermediario Finanziario più innovativo dell’anno 2010 è andato a Banca Monte dei Paschi di Siena, seguita da Genertel e Intesa Sanpaolo Anche quest’anno il Premio “Il Cerchio d’Oro dell’Innovazione Finanziaria” a cura di AIFIn, giunto alla settima edizione, ha puntato i riflettori sui progetti più innovativi in ambito bancario, assicurativo e finanziario. Al Premio hanno partecipato 29 intermediari finanziari di diversa tipologia e dimensione, per un totale di 75 progetti. Ad aggiudicarsi il riconoscimento di Intermediario Finanziario più innovativo dell’anno 2010 è stata Banca Monte dei Paschi di Siena, seguita da Genertel e Intesa Sanpaolo.

bisogni ancora “latenti” o aree di insoddisfazione, rilevate per esempio da ricerche di mercato o addirittura da reclami da parte della stessa clientela. La conoscenza del cliente è quindi una primaria fonte di input del processo di innovazione, “che però, precisa Spaccavento, non sempre le banche utilizzano”. Come cambia la filiale Per quanto riguarda l’edizione 2010 del Premio, cartina al tornasole delle “spinte all’innovazione” dei protagonisti del mercato sono stati i canali distributivi, che hanno mostrato la maggiore innovazione in termini di progetti presentati. Ciò è legato, secondo Spaccavento, “alla necessità di ottimizzare il modello distributivo; all’evoluzione tecnologica (mobile, web 2.0 ecc.); alla modifica del comportamento di acquisito e consumo della clientela, sempre più multicanale”. Tutto è in evoluzione: il personale di rete, chiamato ad avere nuove competenze; il ruolo della filiale, sempre più orientato alla vendita e consulenza; la clientela, che frequenta sempre meno le filiali, operando sempre più spesso con i canali diretti e in particolare con Internet. Questi cambiamenti hanno fatto emergere una nuova figura - evidenziata dal Premio - il consulente remoto in filiale, che ha l’obiettivo sia di ridurre i costi utilizzando una risorsa a supporto di più filiali, sia di migliorare il servizio al cliente, ampliando l’orario di apertura della filiale e offendo una risorsa specializzata per la consulenza. Anche l’introduzione delle firma digitale nell’Internet Banking, i servizi di assistenza remota come la chat o la videochiamata sono driver del cambiamento per il canale diretto. L’innovazione richiede continuità Come valutare gli istituti che hanno ottenuto le migliori votazioni al Premio? “Le banche che hanno vinto il premio ‘Cerchio d’oro dell’innovazione finanziaria’, sottolinea Spaccavento, si sono sicuramente distinte per la capacità di essere spesso ‘first mover’ nello sviluppo di nuovi prodotti, servizi, processi, canali ecc. Tuttavia l’innovazione richiede continuità per poter conseguire quei vantaggi competitivi ricercati e che possono condurre a miglioramenti stabili e sostenibili di performance. Non sempre questo avviene nel settore bancario. Negli ultimi anni l’innovazione normativa - si pensi a Mifid, Sepa e Psd, Basilea 2 e 3 - ha assorbito gran parte della capacità di investimento in innovazione degli intermediari finanziari. L’adeguamento alla normativa è stata però spesso anche una giustificazione ‘interna’ alla ‘non capacità’ di innovare. Inoltre le operazioni di M&A (o di acquisto di filiali), con l’obiettivo di raggiungere adeguate economie di scala e capacità distributiva, sono state spesso anche una soluzione alla non capacità di crescere in modo organico. Per questo motivo, conclude Spaccavento, riteniamo oggi più che mai fondamentale che sia il top management delle banche il promotore del cambiamento e dell’innovazione”.

Sergio Spaccavento, presidente dell’Associazione Italiana Financial Innovation

L’evento ha rappresentato l’occasione per cogliere l’evoluzione dello scenario di settore, che oggi punta sulla competitività legata a doppia mandata proprio con l’innovazione. “In effetti, spiega Sergio Spaccavento, presidente dell’Associazione Italiana Financial Innovation, l’innovazione rappresenta per le banche una leva fondamentale per poter garantire agli azionisti adeguati rendimenti, soprattutto sostenibili nel tempo. Per riuscire ad acquisire vantaggi competitivi è importante sapere gestire correttamente il processo di innovazione e costruire un portafoglio di ‘progetti innovativi’ adeguato alla strategia e agli obiettivi aziendali”. La banca innovativa, così come delineata dai progetti che sono stati presentati, è quella che sa intercettare correttamente e velocemente le aspettative della clientela e dunque sviluppare in modo originale soluzioni di valore per il cliente, e per la banca, che vadano a soddisfare 28


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L’innovazione richiede continuità per poter conseguire quei vantaggi competitivi ricercati e che possono condurre a miglioramenti stabili e sostenibili di performance. Non sempre questo avviene nel settore bancario

Tutti i premiati del “Cerchio d’Oro dell’Innovazione Finanziaria” Canali distributivi 1. Cassa Rurare Levico Terme - “La consulenza e la vendita in remoto in ambienti non presidiati - il progetto RealBanking” 2. Intesa Sanpaolo - “Prestito Personale On line” 3. UniCredit - “Vetrina On line”

Comunicazione 1. Axa Mps - “Previsio” 2. Genertel - “Voglio una vita…” 3. MC Gestioni - “Portafogli Chiari” Prodotti e Servizi Assicurativi 1. Tua Assicurazioni - “Tua Ti Guida” 2. Axa Mps - “Axa Mps Valore Autonomia” 3. Cariparma - “Protezione Leasing. La nuova polizza di protezione del credito dedicata al leasing”

Prodotti e Servizi di Pagamento 1. Poste Italiane/BancoPosta - “Postepay&Go” 2. Cariparma - “City Card. Il tuo pass per i servizi scolastici” 3. Banca Monte dei Paschi di Siena - “Mps Contozip”

Intermediario Innovativo dell’anno 2010 1. Banca Monte dei Paschi di Siena 2. Genertel 3. Intesa Sanpaolo

Organizzazione e Operations 1. Banca Monte dei Paschi di Siena - “Remote Learning - Remedy” 2. Webank - “La banca che vorrei” 3. UniCredit - “Nuova Library: flessibilità e personalizzazione al servizio della comunicazione” Marketing 1. Banca Monte dei Paschi di Siena – “Pricing Ava Based” 2. Cariparma - “Felici e Clienti: sviluppo clienti come piattaforma di crescita” 3. Banco Posta - “Sconti BancoPosta” Nuovi Servizi 1. Genertel - “ iGenertel, l’app che ti offre più assistenza” 2. Intesa Sanpaolo - “Assistenza On line con chat e videochat” 3. Genertel - “Denuncia on line” Prodotti e Servizi di Investimento 1. Banca IMI - “Behavioural finance, funzione utilità degli investitori e una nuova famiglia di prodotti” 2. Genertellife - “Pensionline di Genertellife - il primo piano pensione on line e al telefono” 3. Ing Direct - “Borsa Protetta Arancio” Prodotti e Servizi di Credito 1. Intesa Sanpaolo - “Bancabilità - Una linea d'azione per il rilancio del sistema delle Pmi” 2. UniCredit - “Opzione Sicura. L’unico mutuo con il tagliando” 3. Barclays - “Mutuo Variabile Tasso Protetto con Opzione di Passaggio a Tasso Fisso”

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Focus su compliance e customer experience Secondo Giles Nelson, deputy Cto di Progress Software, sono due i temi principali su cui si concentreranno le banche nel 2011: il rispetto delle normative e la soddisfazione della clientela l’applicazione esistente della banca era troppo poco flessibile per essere aggiornata a un costo contenuto e in un tempo limitato. È stato scelto pertanto un approccio alternativo, basato sulla tecnologia di Business Process Management e di elaborazione degli eventi che ha consentito al processo di conformità di evolversi e modificarsi nel tempo in maniera più dinamica, e di essere personalizzato per soddisfare le esigenze della banca”. Parola d’ordine: reattività Un altro punto centrale per il 2011 sarà la customer experience. In generale, sottolinea Nelson, il settore bancario è rimasto indietro rispetto agli altri mercati nel reagire prontamente ai bisogni individuali dei clienti e a come questi interagiscono con la propria banca. “Un recente studio della società di analisi Aite ha mostrato che solo il 22% delle piccole aziende sono ‘estremamente’ soddisfatte della loro banca, mentre ben il 65% delle aziende più grandi ritiene che le banche non abbiano prestato particolare attenzione alle loro necessità. Un aneddoto personale può essere d’aiuto. Recentemente, ho trasferito del denaro da un conto di risparmio della mia banca a un conto di un’altra banca, che mi offre un tasso d’interesse superiore. La prima banca mi ha contattato per conoscere il motivo per cui non stessi usando il mio conto di risparmio, ma solo dopo che tutto il denaro ne era uscito. A quel punto era semplicemente troppo tardi. Come dire che le banche non sono ancora abbastanza sofisticate per monitorare come i clienti interagiscono con i loro conti, on line, via telefono, ecc. e non sanno interpretare correttamente ciò che queste azioni significano né rispondere opportunamente”. Insomma, di nuovo la parola d’ordine è reattività. “Il customer onboarding, il processo di gestione di una richiesta da parte di un cliente per un prestito, una carta di credito, ecc. recentemente è stato rivisto, non solo per migliorare la customer experience, ma anche per aumentare l’efficienza operativa dei processi bancari. Alcune banche hanno ora una visione in tempo reale di questi processi e possono immediatamente determinare se un mutuo ad alto valore debba essere trattato con una priorità maggiore rispetto a un prestito per una macchina, o se un certo numero di richieste per delle carte abbia richiesto troppo tempo per ricevere un credit check. Conoscere questo genere d’informazioni subito (piuttosto che dopo giorni o settimane) è vitale per individuare velocemente le eccezioni e riorganizzare la priorità delle risorse”.

Giles Nelson, deputy chief technology officer di Progress Software

Più proattive o reattive di fronte ai cambiamenti del mercato, della regolamentazione e della clientela? Quale sarà l’atteggiamento delle banche retail nel 2011? Lo abbiamo chiesto a Giles Nelson, deputy chief technology officer di Progress Software. “La regolamentazione è un ambito in cui chiaramente le banche dovranno abituarsi ai cambiamenti, nei prossimi anni, e la conformità alla normativa diventerà sempre più importante. Questo è stato riconosciuto dalle istituzioni non bancarie che lavorano nei servizi finanziari. Thomson Reuters, per esempio, ha recentemente annunciato la formazione di una divisione Governance, Risk & Compliance per fornire soluzioni informative a coloro che devono conformarsi alla normativa. Sicuramente utile, ma la stessa regolamentazione trova applicazioni diverse all’interno di banche differenti. I processi che supportano la normativa devono essere in grado di cambiare frequentemente. Ma in pratica le modifiche ai processi consentite dalle attuali applicazioni sono costose e richiedono tempo. Il metodo di progettazione delle applicazioni necessita, quindi, di essere esso stesso reattivo e di focalizzarsi attorno alle relazioni con gli eventi, le regole del business, il flusso di lavoro e le interfacce utente, non attorno alla cifratura del linguaggio di programmazione. Per fare un esempio, una banca, ora cliente di Progress, doveva conformarsi alle nuove disposizioni normative in poche settimane. Tuttavia

L’innovazione nei pagamenti Uno dei servizi chiave di una banca sono i pagamenti, sia che questi siano eseguiti tramite carte, trasferimento 30


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Un importante punto di svolta potrebbe essere l’integrazione, da parte di Apple, di un chip Nfc (Near Field Communications) all’interno del prossimo iPhone, previsto per la metà dell’anno

bancario diretto, assegni o altro. Ebbene, fa notare Nelson, quest’anno in tema di pagamenti potrebbero essere introdotte innovazioni significative che richiederanno alle banche di rispondere in modo diverso da come erano abituate. “Un importante punto di svolta potrebbe essere l’integrazione, da parte di Apple, di un chip Nfc (Near Field Communications) all’interno del prossimo iPhone, previsto per la metà dell’anno. Questo permetterà all’iPhone di essere utilizzato come device di pagamento attraverso i Pos all’interno dei negozi. Non è una novità così grande. In effetti, in Giappone i chip Nfc sono stati incorporati nei telefoni cellulari già da qualche tempo, ma Apple ha la capacità di stimolare i mercati e non solo grazie all’iPhone. Ci sono infatti 160 milioni di account iTunes che già effettuano pagamenti. Anche Google e Paypal stanno considerando l’idea di offrire servizi Nfc”.

La domanda a questo punto è: questa innovazione scardinerà davvero i sistemi di pagamento esistenti che ancora, perfino nel caso di Paypal, si basano su un’infrastruttura di pagamenti fornita, in primis, dalle banche? “Ce lo auguriamo. Le banche sono state terribilmente lente in fatto di innovazione dei metodi di pagamento. È stata necessaria un’imposizione da parte dell’ente regolatore britannico per introdurre servizi di pagamenti più veloci nel Paese. Ancora oggi troppi pagamenti impiegano tre giorni, il che è eccessivamente lento per qualsiasi tipo di transazione. I pagamenti attraverso l’Europa sono addirittura più lenti e costosi. Se l’innovazione tecnologica spinge verso un cambiamento nei pagamenti, le banche saranno costrette ad aumentare la flessibilità e la velocità delle loro infrastrutture per gestire, potenzialmente, un maggior numero di piccole transazioni. Quindi? Avranno bisogno di essere più reattive. Se non saranno in grado di adeguarsi velocemente, le banche potrebbero sparire diventando semplici veicoli di pagamenti più grandi risultanti dall’aggregazione di tutte le transazioni effettuate con piattaforme più moderne. Anche le pressioni sui costi avranno il loro ruolo. Una recente analisi di Boston Consulting Group indica che chi gestisce i pagamenti ha bisogno di ridurre i costi tra il 10% e il 35% entro il 2012, per mantenere stabile il rapporto entrate-uscite. In definitiva, conclude Nelson, anche se è vero che il sistema bancario retail e wholesale spesso si muove troppo lentamente, grazie alla regolamentazione, la pressione dei clienti e l’innovazione tecnologica prevediamo significativi cambiamenti durante il 2011”.

Mattia Bruzzi, senior sales account manager di Progress Software

Le banche italiane? Puntino sull’innovazione A Mattia Bruzzi, senior sales account manager di Progress Software, abbiamo richiesto un commento sullo scenario delle banche italiane. “Anche il nostro mercato, nonostante sia una realtà fortemente conservativa, deve prendere atto del contesto competitivo in cui opera, tanto a livello internazionale quanto a livello nazionale. La crisi ha ovviamente scatenato una forte pressione sulla riduzione dei costi che però non deve intaccare in alcun modo la customer experience, anzi tutt’altro. E’ necessario continuare a innovare per difendere ed espandere il proprio business, che altrimenti e inevitabilmente destinato a contrarsi. Anche per quanto riguarda l’ambito dei pagamenti, l’Italia è chiamata a tenere il passo con gli input e i cambiamenti spinti dalle varie iniziative europee volte al miglioramento e all’armonizzazione delle operazioni intra ed extra europee. L’unico punto su cui l’Italia potrebbe farsi tentare dal lusso, commettendo però un grave errore strategico, riguarda la compliance, visto che le varie direttive promulgate (Mifid, Mifid II, ecc.) o in corso di definizione, non hanno ancora stabilito standard precisi e chiari input definitivi. Tuttavia le linee guida sono già state tracciate e sicuramente muoversi nella stessa direzione si tradurrebbe in un segnale positivamente percepito dal mercato nonché in un beneficio per i clienti, che sarebbero tutelati da una maggiore trasparenza”.

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Una questione di governance Una ricerca a livello Emea a cura di Informatica mostra rischi e inefficienze nella gestione dei dati da parte della maggior parte delle aziende di soluzioni e servizi per la data integration), forse pochi avrebbero potuto immaginarlo. In sostanza la ricerca, che è stata commissionata da Informatica alla società Dynamic Markets coinvolgendo oltre 600 professionisti dei settori vendite, marketing e It presso aziende con almeno 250 dipendenti attive nella regione Emea, ha evidenziato come la scarsità di governance dei dati, il diffuso senso di confusione circa l’ownership dei dati e la tendenza a bypassare l’It per l’acquisto e la gestione di applicazioni e database siano tutti fattori che portano a un inutile incremento dei costi e al proliferare di dati inattendibili all’interno delle aziende. Ne consegue in effetti che l’80% dei manager delle aree vendite e marketing non ritiene affidabili e precise le informazioni fornite dai database aziendali. Ma ciò che preoccupa ancora di più è che questa considerazione viene confermata dall’83% dei professionisti It. La quasi totalità degli intervistati (97%) ammette, inoltre, la possibilità di problemi quando si devono fornire agli utenti aziendali dati precisi o analisi dettagliate degli stessi. “Una gestione non ottimale dei dati, dichiara John Poulter, senior vice president Emea di Informatica, può avere conseguenze preoccupanti e di vaste dimensioni, dalla perdita di opportunità per l’azienda al rischio di non conformità, fino al generarsi di operazioni inutilmente costose”. Le evidenze non cambiano se si localizzano i dati nell’ambito delle aziende italiane. “I risultati, in linea con il trend italiano, sottolinea Fredi Agolli, country manager Informatica Software Italia, indicano ancora una volta la carenza di un approccio strategico alla gestione dell’intero patrimonio informativo come vero e proprio asset aziendale. I dati di cui le aziende dispongono sono spesso inaffidabili, ridondanti e non tempestivi. La ricerca conferma quanto la domanda di strumenti per la data integration sia ancora attuale e urgente: le aziende devono poter fare affidamento sui dati con cui lavorano. Una piattaforma di integrazione dei dati è dunque indispensabile per colmare queste lacune e ottenere informazioni in linea con la dinamicità delle esigenze di business”.

Fredi Agolli, country manager Informatica Software Italia

Che le imprese non brillino nella gestione dei dati è un dato di fatto di cui gli osservatori dell’informatica aziendale sono da sempre consapevoli. Ma che lo stato dell’arte fosse così allarmante come emerge dallo studio “The Data Ownership Dilemma” a cura di Informatica Corporation (fornitore

Employees allowed access and to modify databases

Mancanza di governance Una quantità spropositata di applicazioni e dati inutilizzati, l’eccessiva complessità delle infrastrutture di informazione e la mancanza di risorse ostacolano l’It nel gestire con efficacia i dati aziendali e nel distribuire tempestivamente le informazioni agli utenti: • Secondo il 75% dei professionisti It intervistati, negli ultimi tre anni un certo numero di applicazioni presenti sulla rete aziendale non è stato utilizzato. In media, tali applicazioni costituiscono il 25% delle totali disponibili sul sistema, finendo per consumare risorse It, potenza e tempi di gestione dell'azienda. • L’81% ritiene che le applicazioni inutilizzate rappresentino un costo per l’azienda, mentre secondo l’86% i sistemi It potrebbero funzionare più efficacemente se tali 32


applicazioni venissero rimosse. • Il 46% sostiene che il più grande ostacolo alla gestione del volume di richieste di informazione da parte degli utenti sia la mancanza di risorse It, immediatamente seguita dalla complessità dell’infrastruttura (42 per cento). • Il 40% si lamenta dell’eterogeneità dei database all’interno delle aziende e riscontra problemi di incompatibilità tra gli stessi.

dei settori vendite e marketing gestiscono direttamente, curandone anche la manutenzione. In media, tra gli intervistati, ci sono nove database ad azienda. • L’80% degli intervistati dei settori vendite e marketing afferma di acquistare solitamente il software senza consultare le persone dell’It o l’ufficio acquisti.

Level to which employees in other departments buy software without consulting IT or procurement

Lo studio sostiene infine che è possibile eliminare questi problemi legati alla gestione dei dati grazie alla combinazione dei seguenti fattori: • Policy ben definite per gestire il patrimonio dei dati aziendali, ridurre gli sprechi e impedire che i dati vengano gestiti in modalità ad hoc o che non vengano gestiti affatto. • Una piattaforma completa di data integration che favorisca l’integrazione e aiuti a trarre il massimo valore possibile dai dati, indipendentemente dal tipo e dal formato, per ottenere prospettive di business unificate, affidabili e tempestive. • Attribuire la responsabilità e la gestione degli strumenti per una data quality proattiva a chi è responsabile di tali tool e a chi li amministra per continuare a migliorare la qualità. • Una strategia di archiviazione e conservazione delle applicazioni supportata dalla tecnologia, per evitare di caricare inutilmente la rete aziendale ed eliminare così i costi non pertinenti al data management.

Una possibile soluzione

Increase in efficiency expected after removing unused applications

Chi è responsabile? Dalla ricerca sono emerse grandi differenze per quanto riguarda la responsabilità della manutenzione e dell’esattezza dei dati presenti nei database aziendali: • L’86% degli intervistati dichiara che la propria azienda consente l’accesso ai database aziendali a dipendenti che non fanno parte dell’It, e il 32% arriva addirittura a consentire a tutti i dipendenti il diritto di accedervi e di effettuare modifiche. • Rispettivamente, il 52% dei professionisti delle aree vendite e marketing e il 50% dei professionisti It ritiene che l’ownership dei dati spetti all’It. Esiste un 20% che crede invece che sia di competenza di tutti i dipendenti, e un altro 27% che pensa sia di pertinenza dei singoli dipartimenti. l’It sempre meno coinvolto L’ownership di un database dipartimentale oggi è attribuibile a più dipartimenti, dal momento che i professionisti dei settori vendite e marketing acquistano spesso software senza accordarsi con le persone preposte a questo compito: • Il 94% degli intervistati lavora in dipartimenti che dispongono di almeno un database che i professionisti 33


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A chi piace il mobile commerce Uno studio Accenture evidenzia che a livello mondiale sempre più persone sono favorevoli ai pagamenti via cellulare. In pole position le economie emergenti (cinesi e indiani in primis), con Usa ed Europa fanalino di coda (26 per cento). Ma in Italia è favorevole il 38 per cento “L’atteggiamento dei mercati emergenti nei confronti del mobile commerce, commenta Michele Marrone, managing director di Accenture Mobility Operated Services, è sicuramente influenzato da condizioni strutturali diverse. Nei mercati maturi la maggior parte delle persone ha un conto corrente bancario e i servizi di cui può disporre, mobile remote payment, Nfc, mobile commerce, sono basati su circuiti di pagamento già definiti. Nei mercati emergenti molti clienti sono unbanked: i servizi bancomat o i registratori di cassa (point of sale) ci sono nelle aree urbane, ma non nel resto del territorio. Qui il cellulare è usato per pagamenti peer to peer, ovvero per trasferire soldi da una persona a un’altra. Parliamo di Cina, India, Indonesia ma anche dell‘Africa, dove il cellulare è usato come un circuito parallelo per scambiare il denaro. Il canale mobile si aggancia agli strumenti di pagamento disponibili. Alla luce di queste differenze i protagonisti chiamati a giocare un ruolo nella diffusione del mobile commerce saranno produttori di device e operatori telefonici per i mercati emergenti, istituti di credito, banche, telco e Gdo nelle economie mature.” In effetti, prosegue Marrone, nelle economie mature si sta affermando sempre più il “mobile life scenario”, ossia un contesto in cui il cliente può soddisfare molteplici esigenze attraverso il cellulare. “Per le aziende diventa importante la capacità di offrire servizi avanzati, usufruendo di una piattaforma comune. Affinché questo avvenga in Italia la sfida maggiore sarà creare l’ecosistema adeguato: in questo caso le telco sono fondamentali come abilitatori, ma tutti gli attori coinvolti - operatori wireless, banche, società che emettono le carte di credito, aziende software, retailer, produttori di cellulari – possono contribuire alla creazione di un sistema virtuoso”.

Michele Marrone, managing director di Accenture Mobility Operated Services

Quasi la metà (45%) degli utenti più attivi di dispositivi mobili è favorevole alla possibilità di pagare beni e servizi tramite telefono cellulare, anche se resta una notevole preoccupazione riguardo a privacy e furti di identità. E’ il principale risultato di uno studio che Accenture ha condotto per conoscere le abitudini e la predisposizione dei consumatori rispetto al mobile commerce. Accenture ha effettuato un sondaggio on line coinvolgendo un campione di 1.100 consumatori tecnologicamente avanzati in 11 paesi, i cosiddetti utenti “Tech Forward”, che utilizzano almeno quattro dispositivi connessi e altrettanti servizi Internet. Dall’indagine emerge che gli utenti asiatici sono i più entusiasti: complessivamente il 69% ha dichiarato di preferire il telefono cellulare per effettuare la maggior parte dei pagamenti. In particolare guidano la classifica cinesi (76%) e indiani (75%), seguiti da coreani (56%) e giapponesi (47 per cento). Molto favorevoli anche i brasiliani con il 70%. Negli Stati Uniti e in Europa, solo il 26% degli intervistati ha affermato di preferire il telefono cellulare per la maggior parte dei pagamenti, ma a sorpresa il 38% del campione italiano si dichiara propenso a utilizzare il cellulare per i propri pagamenti.

Nuove tecnologie per i Tech Forward Alla domanda riguardante l’eventuale utilizzo del telefono cellulare per effettuare acquisti nei sei mesi precedenti ha risposto affermativamente il 18% del campione, ma anche in questo caso si rileva una notevole predisposizione nei paesi asiatici: quasi la metà (47%) dei consumatori Tech Forward in Cina, seguiti dalla Corea con il 42% e dal Giappone con il 33%, mentre in Europa la percentuale più alta è quella della Germania (10 per cento). I Tech Forward iniziano inoltre ad adottare i codici a barre o la tecnologia Nfc (Near Field Communications) per interagire con il proprio ambiente d’acquisto: in Asia il 38%, in Europa e Stati Uniti il 16% dei consumatori intervistati hanno effettuato durante gli acquisti la scansione del codice a barre di un prodotto al fine di ottenere informazioni aggiuntive. Rispettivamente il 36% 34


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e l’11%, ha visualizzato un “biglietto digitale” per accedere a un evento o per imbarcarsi su un volo e di nuovo il 31% contro il 5% ha acquistato un bene o ricevuto un coupon da uno “smart poster” contenente un tag elettronico o un codice a barre. In generale, la maggioranza dei consumatori intervistati (64%) ha indicato la propria disponibilità all’utilizzo di buoni regalo e coupon ricevuti direttamente sul telefono cellulare, il 79% si è detto disponibile a convertire tali coupon alla cassa di un negozio, rispetto al 77% dichiaratosi disponibile a utilizzare coupon da ritagliare da riviste.

Mobile Commerce Activities

Sicurezza e privacy preoccupano Lo studio rivela il desiderio di risparmiare tempo e denaro malgrado le preoccupazioni legate alla sicurezza e alla privacy. Quasi tre quarti del totale degli intervistati (73%) hanno affermato di nutrire preoccupazioni sulla privacy in caso di utilizzo di un telefono cellulare per effettuare pagamenti. Il 70% ritiene che i pagamenti tramite telefono cellulare incrementino il rischio di frodi e furto d’identità. A prescindere da queste preoccupazioni, più della metà degli intervistati (59%) si è detta disponibile a ricevere promozioni con buoni sconto in funzione degli acquisti precedenti. Il 47% degli intervistati si è detto disponibile a ricevere sul proprio cellulare annunci pubblicitari personalizzati nel momento in cui si trova in prossimità del prodotto o del servizio in promozione. Infine, il 69% ha dichiarato la propria disponibilità a ricevere per contratto annunci pubblicitari sul proprio telefono cellulare, in cambio di una riduzione delle tariffe telefoniche applicate.

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Performance

Bper: pieno di utili e crediti ok

Fabrizio Viola, amministratore delegato di Bper (a destra) con il direttore generale Mimmo Guidotti Utile netto complessivo consolidato a quota 327,4 milioni di euro, in forte crescita rispetto ai dodici mesi precedenti (169,5 milioni). Un risultato

di gestione di 1.634,5 milioni (+5,3%), che si è giovato della tenuta dei ricavi e del netto ridimensionamento delle rettifiche su crediti (377,9 milioni, -35% rispetto al 2009). La crescita sostenuta degli impieghi, a conferma dell’impegno del Gruppo a supporto dello sviluppo dell’economia dei territori serviti. Il CdA della Banca Popolare dell’Emilia Romagna ha approvato i risultati della banca e del Gruppo al 31 dicembre 2010, sottolineando che dal punto di vista economico il permanere di tassi d’interesse contenuti, l’eliminazione della commissione di massimo scoperto e una crescente incidenza del costo della raccolta hanno comportato una contrazione del margine di interesse (-3,8 per cento). Nel contempo, è stato positivo il contributo dell’attività di offerta di servizi alla clientela evidenziato anche dalla dinamica delle commissioni (+8,2%), mentre il minor contributo derivante dalla negoziazione delle attività finanziarie ha determinato la diminuzione del margine di intermediazione (-5,8

per cento). Il risultato della gestione finanziaria è risultato comunque in crescita (+5,3%) grazie come detto al ridimensionamento degli accantonamenti sui crediti (soprattutto nel Nord Italia), mentre sul fronte dei costi il Gruppo ha confermato il proprio impegno per una politica di gestione volta all’efficienza: i costi operativi sono diminuiti infatti dello 0,3% rispetto al 2009 nonostante gli importanti investimenti previsti nel Piano Industriale 2009-2011. Il risultato al lordo delle imposte evidenzia un incremento decisamente significativo rispetto al 2009: +30,2%. L’utile netto consolidato di competenza della capogruppo (al netto della quota di terzi) è pari a 293,1 milioni, ma comprende i proventi straordinari derivanti dalla cessione della quota di controllo di Arca Vita ed Arca Assicurazioni (136 milioni). Tuttavia, anche al netto di tali proventi straordinari, l’utile netto della capogruppo è cresciuto del 44,7 per cento.

UniCredit: utili in netto calo, ma superiori alle attese UniCredit ha approvato i risultati consolidati dell’esercizio 2010, chiuso con un utile netto di pertinenza del Gruppo di 1.323 milioni di euro (-22,2% rispetto al 2009), un risultato comunque superiore rispetto alle attese degli analisti che prevedevano un utile di 1,2 miliardi di euro. Il risultato del 2009 (1.702 milioni), fa notare Piazza Cordusio, aveva beneficiato di un contesto di tassi più favorevole e di un maggiore contributo dei proventi da negoziazione al margine di intermediazione. Il CdA dell’istituto ha comunque deliberato di sottoporre alla prossima assemblea ordinaria la proposta di distribuzione di dividendi a favore dei soci, nella misura di 3 centesimi per azione ordinaria e 4,5 centesimi per azione di risparmio. Il margine d’intermediazione nel 2010 ha raggiunto quota 26.347 milioni (-5,9% anno su anno), mentre gli interessi netti si sono attestati a 15.993 milioni (-9,3%), influenzati da un contesto di tassi decisamente più sfavorevole rispetto al 2009. Le commissioni nette si attestano a 8.455 milioni (+8,4% a cambi

e perimetro costanti), con una buona ripresa delle attività di risparmio gestito ma anche un soddisfacente andamento delle altre voci commissionali. Al 31 dicembre 2010 le masse della divisione di asset management del Gruppo risultano pari a 186,7 miliardi di euro. Il risultato netto della negoziazione, copertura e fair value risulta pari a 1.053 milioni, in forte riduzione da 1.803 milioni del 2009. Tale dinamica è dovuta al deterioramento dei mercati finanziari a seguito della crisi del debito sovrano, manifestatasi soprattutto nel secondo e quarto trimestre del 2010. I costi operativi ammontano a 15.483 milioni (-0,1% a/a a cambi e perimetro costanti), con un aumento delle spese per il personale dello 0,3% (9.205 milioni) e un calo dello 0,3% per le altre spese amministrative (4.995 milioni). Il rapporto Costi/Ricavi risulta pari al 58,8%, in crescita rispetto al 55,6% del 2009. Le rettifiche nette su crediti e su accantonamenti per garanzie e impegni ammontano nel 2010 a 6.892 milioni, 36

Dieter Rampl, presidente di UniCredit

equivalenti a un costo del rischio di 123 punti base, con flessione del 18,2% anno su anno a cambi e perimetro costanti, che riflette il graduale miglioramento della qualità dell’attivo in molti tra i paesi di presenza del Gruppo.


Performance

Unipol ritorna all’utile Unipol Gruppo Finanziario ha chiuso il bilancio consolidato al 31/12/2010 con un risultato economico positivo pari a 71 milioni di euro (- 769 milioni nel 2009), in linea con le attese del primo anno del Piano Industriale. Per quanto riguarda l’andamento del business assicurativo nel 2010, nel comparto Danni la politica assuntiva, fortemente selettiva, ha determinato una prevista diminuzione del portafoglio contratti, con una lieve contrazione della raccolta diretta, attestatasi a 4.243 milioni di euro (-0,4% sul 2009), di cui 2.553 milioni nei rami Auto (+1,1%) e 1.690 milioni di euro nei rami Non Auto (-2,6 per cento). La raccolta a perimetro omogeneo, cioè senza considerare l’apporto del Gruppo Arca (consolidata dal 1° luglio 2010), è stata pari a 4.136 milioni di euro (-2,9% sul 2009). E’ continuata invece, come programmata, la crescita delle compagnie Unisalute e Linear. Con premi per 177 milioni di euro, Unisalute cresce del 14% e conferma un trend di crescita annuale a doppia cifra nei 15 anni dalla sua fondazione. I risultati di Linear evidenziano il contemporaneo miglioramento nella crescita dei premi (171 milioni di euro, +6,6%) e nella redditività (combined ratio al 95,7%, in calo dell’1,4% rispetto al 2009). Analizzando l’evoluzione della sinistralità, nel corso del 2010 il comparto Danni del

Gruppo ha registrato gli effetti positivi delle numerose azioni messe in campo per contrastare l’erosione del margine industriale del comparto, segnato negli scorsi esercizi da un contesto di settore fortemente negativo. Nel complesso, il Gruppo registra un rapporto sinistri/premi (loss ratio) del lavoro diretto dell’80% contro l’86% di fine 2009. L’expense ratio del lavoro diretto, nonostante la minore raccolta premi, si mantiene al 22,1%, in linea con l’anno precedente (22%) grazie alla continua attenzione e razionalizzazione dei costi generali. Pertanto il Gruppo presenta a fine 2010 un combined ratio (lavoro diretto) del 102,1% contro il 108% di fine 2009. Nel comparto Vita, la raccolta assicurativa diretta è risultata pari a 4.734 milioni di euro, in calo del 9,7% sul 2009. Gli ottimi risultati di Arca Vita e Arca Vita International che, nei dodici mesi del 2010, hanno realizzato una raccolta premi Vita pari ad 888 milioni di euro (+86%) - di cui 350 milioni di euro relativi al secondo semestre e quindi consolidati dal Gruppo Unipol - sono stati controbilanciati dalla flessione nella raccolta di Bnl Vita, di cui è prevista l’uscita dal perimetro di Gruppo nel 2011, attestatasi a 2.475 milioni di euro (-18,9 per cento). Il calo della raccolta premi nel confronto con il 2009 è dovuto anche alla contabilizzazione di un contratto importante (204

Pierluigi Stefanini, presidente di Unipol milioni) non ripetibile nel 2010. Infine, nel comparto bancario, il Gruppo Ugf Banca ha registrato una raccolta diretta, al netto delle cartolarizzazioni, pari a 8.679 milioni di euro, in linea con il 2009, ma con all’interno una crescita superiore al 7% della raccolta da clientela terza (pari 7.100 milioni). Gli impieghi, sempre al netto delle cartolarizzazioni, si sono attestati a circa 7.817 milioni (+926 milioni rispetto al 2009). A livello di risultati economici, il gruppo bancario segna un ritorno all’utile con 6 milioni di euro (–24 milioni di euro del 2009).

Creval: utile netto in calo Il CdA del Credito Valtellinese ha approvato il progetto di bilancio della capogruppo e i risultati consolidati al 31 dicembre 2010. In un contesto di mercato in cui comunque migliora la posizione del Gruppo, con oltre 940mila clienti a fine 2010 (l’incremento rispetto all’esercizio precedente è di 65mila unità, grazie anche all’ingresso nel Gruppo di Banca della Ciociaria, ora Credito del Lazio), e un tasso di fidelizzazione prossimo al 93%, i risultati economici vedono un incremento del 2,2% dei proventi operativi (oltre 840 milioni di euro). L’andamento dei tassi di mercato condiziona la dinamica del margine di interesse (483 milioni, -3,7%), mentre è positiva l’evoluzione delle commissioni nette, che assommano a 290 milioni (+21,3% rispetto al 2009). Gli oneri operativi assommano a 546 milioni (+4,4%): nel dettaglio, le spese per il personale si attestano a 331 milioni, in aumento del 5,7%, mentre le altre spese amministrative si rappresentano in 174 milioni (+0,7 per cento). Il risultato netto della gestione operativa si rappresenta quindi in 295 milioni di euro, con una diminuzione pari a 1,5% rispetto allo scorso anno. Le rettifiche di valore per deterioramento crediti e gli accantonamenti ai fondi per rischi e oneri assommano a 145 milioni, in decelerazione rispetto a 157 milioni del 2009. L’utile lordo dell’operatività corrente è risultato di 150 milioni, in lieve crescita rispetto ai 143 milioni del 2009, mentre l’utile netto si è attestato a quota 69 milioni (-9% rispetto allo scorso anno). Per quanto riguarda gli aggregati patrimoniali, i crediti verso la clientela (oltre 22 miliardi di euro) segnano un aumento dell’8% rispetto al 2009, ma risultano in crescita anche i crediti deteriorati (1.222 milioni di euro rispetto a 1.084 milioni dell’anno precedente) e le sofferenze (465 milioni contro i 344 milioni del 2009), con un’incidenza sul portafoglio crediti pari a 2,1% rispetto all’1,7 per cento. La raccolta globale (oltre 34 miliardi di euro) segna un progresso del 4,3%, laddove quella diretta da clientela si attesta a oltre 21 miliardi, con un incremento superiore al 7% rispetto all’esercizio precedente, e quella indiretta è sostanzialmente stabile. Infine, il patrimonio di vigilanza è pari a 2.013 milioni di euro, a fronte di attività di rischio ponderate per 21.134 milioni, consistenza che assicura lo sviluppo operativo del gruppo in condizioni di solidità patrimoniale. Il core capital ratio si attesta a 6,3%, mentre il total capital ratio è pari a 9,5 per cento. 37


Performance

Banco Popolare: cresce l’utile, prosegue il riassetto post Italease Il consiglio di gestione del Banco Popolare ha approvato il bilancio consolidato del Gruppo al 31 dicembre 2010. Nel corso dell’esercizio 2010 l’istituto ha fatto registrare un utile netto consolidato di 308 milioni (+15,3% rispetto ai 267 milioni dell’esercizio precedente). Va detto però che il Gruppo ha beneficiato nel secondo trimestre dell’iscrizione di crediti per imposte anticipate riferite all’ex gruppo Banca Italease per 285,8 milioni, crediti la cui recuperabilità è stata resa possibile dall’estensione del perimetro del cosiddetto “consolidato fiscale” del Banco Popolare alla stessa Banca Italease e alle società da quest’ultima controllate. Il Gruppo ha inoltre beneficiato dell’effetto positivo sull’utile derivante dalla valutazione al fair value delle passività di propria emissione conseguente alla variazione del proprio merito creditizio per un importo di 267,7 milioni. Per contro, gli impatti negativi sulle quotazioni dei titoli governativi conseguenti alle tensioni registrate sui mercati europei hanno comportato la rilevazione di minusvalenze con un impatto negativo sull’utile pari a 105,5 milioni. Infine, nel corso del quarto trimestre sono stati rilevati anche gli oneri derivanti dalla definizione della quasi totalità del contenzioso fiscale riguardante Banca Italease, sia dal previsto piano di riduzione degli organici, con un impatto negativo a livello di utile netto rispettivamente pari a 165,2 e 42 milioni.

Vittorio Coda, presidente del consiglio di gestione del Banco Popolare L’utile del Banco Popolare “stand alone” - cioè senza l’apporto di Italease - è pari a 255,5 milioni contro i 202,4 dell’esercizio precedente (+26,2 per cento). Nel corso del 2010, l’istituto sottolinea le buone performance della rete commerciale - con l’ottima crescita, tra le altre, dei mutui a privati (+10%) e delle attività di bancassicurazione (+13%) - il mantenimento del positivo turnaround della Banca Popolare di Lodi e le operazioni di rafforzamento patrimoniale con la cessione di asset non strategici come Factorit e Banca Caripe. Per quanto riguarda l’evoluzione dei

principali aggregati patrimoniali, la raccolta diretta al 31 dicembre 2010 raggiunge i 104,5 miliardi (+0,3% rispetto al 2009). Escludendo la componente dell’aggregato riferita a Banca Italease, le masse raccolte ammontano a 100,2 miliardi (+3,3% rispetto a inizio anno). La raccolta indiretta ammonta invece a 76,2 miliardi (-0,9% rispetto a fine 2009). Gli impieghi lordi ammontano a 98,6 miliardi, in crescita dello 0,3% rispetto ad inizio anno. Al netto degli impieghi di Banca Italease - in calo di 3,2 miliardi (-23,0%) - la crescita è pari al 3,2 per cento. Le esposizioni lorde deteriorate (sofferenze, incagli, crediti ristrutturati ed esposizioni scadute) ammontano al 31 dicembre 2010 a 12,9 miliardi (-2,6% rispetto a inizio anno). Infine, in merito ai ratio patrimoniali del Gruppo, al 31 dicembre 2010 il Core Tier 1 ratio è risultato pari al 5,7%, il Tier 1 ratio al 7,2% e il Total Capital ratio al 10,7 per cento. Tali dati migliorano però se si tengono in considerazione gli effetti derivanti dall’operazione di aumento del capitale, dal successivo rimborso dei Tremonti bonds, dalle cessioni di partecipazioni perfezionate successivamente alla chiusura dell’esercizio e dall’attesa eliminazione del filtro relativo alle Dta (Deferred Tax Assets) conseguente all’approvazione del decreto “Mille proroghe”. In questo caso, il Core Tier 1 ratio pro forma risulta pari al 6,5%, il Tier 1 ratio al 7,9% ed il Total Capital ratio all’11,4 per cento.

Intesa Sanpaolo: lieve flessione degli utili, ratios patrimoniali ok Il consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo ha approvato il progetto di bilancio d’esercizio e consolidato al 31 dicembre 2010, che registra un risultato al lordo delle imposte pari a 3.983 milioni di euro (-10,2% rispetto al 2009) e un risultato netto consolidato di 2.705 milioni (-3,6%); tuttavia, se si escludono le principali componenti non ricorrenti, il risultato netto del 2010 è stato pari a 2.329 milioni di euro, in linea con i 2.356 milioni del 2009. I proventi operativi netti sono risultati pari a 16.625 milioni (-5,9% rispetto al 2009). In questo ambito, nel 2010 gli interessi netti ammontano a 9.768 milioni (-7,2% rispetto al 2009), mentre le commissioni nette sono risultate pari a 5.671 milioni (+5,7%), con una crescita della componente da attività bancaria commerciale del 2,7% e della componente da attività di gestione, intermediazione e consulenza pari al 6,9 per cento. Il risultato dell’attività di negoziazione è stato pari a 464 milioni rispetto ai 1.122 milioni del 2009; senza la riclassificazione IAS

di attività finanziarie detenute ai fini di negoziazione a finanziamenti e crediti e ad attività finanziarie disponibili per la vendita, si sarebbe comunque registrato un impatto positivo ante imposte sul risultato dell’attività di negoziazione pari a 92 milioni. Il risultato dell’attività assicurativa ammonta a 654 milioni rispetto ai 589 del 2009. Gli oneri operativi ammontano a 9.354 milioni (-1,8%), determinato dalle spese del personale (-0,8%), dalle spese amministrative (-1,4%) e dagli ammortamenti (-11,2%); conseguentemente, il risultato della gestione operativa ammonta a 7.271 milioni (-10,6% rispetto al 2009), con un cost/income ratio al 56,3% rispetto al 53,9% del 2009. Per quanto riguarda lo stato patrimoniale consolidato, al 31 dicembre 2010 i crediti verso la clientela raggiungono quota 379 miliardi di euro (+1% rispetto al 2009, ma in diminuzione del 4,6% se si considerano i volumi medi anziché quelli di fine periodo). Il complesso dei crediti deteriorati (in sofferenza, incagliati, ristrutturati e scaduti/sconfinanti) ammonta - al 38


Performance

con un’incidenza sui crediti complessivi pari all’1,9% (1,4% nel 2009). Le attività finanziarie della clientela risultano pari a 828 miliardi di euro, in crescita dello 0,8% rispetto al 31 dicembre 2009. In questo ambito delle attività finanziarie della clientela, la raccolta diretta ammonta a 427 miliardi (+0,5%); anche la raccolta indiretta raggiunge i 427 miliardi (+0,6% rispetto al 2009). L’ammontare di risparmio gestito è pari a 234 miliardi (+0,6%); la nuova produzione vita nel 2010 ammonta a 14,5 miliardi (+19,2% rispetto al 2009). Infine la raccolta amministrata raggiunge i 194 miliardi (+0,7 per cento). Quanto ai coefficienti patrimoniali, applicando le regole di Basilea 2 foundation e i modelli interni ai mutui residenziali e al portafoglio corporate e deducendo il valore nominale delle azioni di risparmio, al 31 dicembre 2010 risultano pari al 7,9% per il Core Tier 1 ratio (7,1% nel 2009), al 9,4% per il Tier 1 ratio (8,4% nel 2009) e al 13,2% per il coefficiente patrimoniale totale (11,8% a fine 2009), calcolati tenendo conto della proposta di distribuzione di un miliardo di euro di dividendi.

netto delle rettifiche di valore - a 21.208 milioni (+3,7% rispetto al 2009). In quest’ambito, i crediti in sofferenza registrano un aumento a 7.354 milioni di euro dai 5.365 milioni del 31/12/09,

Ubi Banca: ratios solidi ma si ricapitalizza Ubi Banca ha comunicato i dati di bilancio 2010, chiuso con un utile netto di 172,1 milioni di euro (in netto calo rispetto ai 270,1 del 2009), proventi operativi a 3.496,1 milioni (-10,5%) e oneri operativi a 2.468,6 milioni (-1,8 per cento). I crediti alla clientela ammontano 101,8 miliardi (+3,9% anno su anno), mentre la quota di mercato degli impieghi del 6,21% a dicembre 2010 è in aumento rispetto al 6,14% del 2009. La raccolta diretta si attesta a quota 106,8 miliardi (+9,8% anno su anno), mentre quella indiretta è in leggera flessione (78 miliardi rispetto ai 78,8 del 2009). La raccolta gestita cresce dell’1,6% (30,3 miliardi), le polizze vita dell’1,8% (a 12,3 miliardi) mentre la raccolta amministrata fa segnare un -3,8% a 35,4 miliardi di euro. In questo quadro, gli indici patrimoniali al 31 dicembre 2010 appaiono solidi: Core Tier 1 al 6,95%, Tier 1 al 7,47% e Total Capital ratio all’11,17 per cento. La banca ha tuttavia deciso di attuare un aumento di capitale fino a un miliardo di euro che recherebbe un beneficio di 106 punti base al Core Tier 1. La proposta di aumento di capitale, il cui collocamento sarà garantito da Mediobanca, verrà sottoposta alla prossima assemblea convocata in seduta straordinaria. “Il patrimonio del Gruppo è di elevata qualità, sottolinea una nota dell’istituto, dato che il Tier 1 è rappresentato per il 94% da Core Tier 1 (capitale + riserve) e solo per il 6% da strumenti innovativi di capitale”. Come si spiega dunque l’aumento di capitale? “I nuovi requisiti patrimoniali richiesti con l’introduzione di Basilea 3, l’evoluzione dei mercati e della situazione economica, nonché l’imminenza del nuovo Piano Industriale, hanno portato il Gruppo a riconsiderare la propria situazione patrimoniale”. L’obiettivo di Ubi è posizionarsi a un livello patrimoniale superiore alla media, migliorare il mix e la qualità del patrimonio del Gruppo, evitare nel breve l’emissione di nuovi strumenti di patrimonializzazione che presentano onerosità elevata, rafforzare i rating attribuiti dalle agenzie internazionali (con effetti positivi sulla percezione internazionale del Gruppo e sul costo del funding) e in ultima analisi mettersi nelle condizioni, in funzione del Piano Industriale, di cogliere tutte le opportunità di crescita endogena che si presenteranno nei prossimi anni, perseguendo al contempo una politica sostenibile dei dividendi.

Carife: migliorano i conti, ma resta il rosso Il CdA della Cassa di Risparmio di Ferrara, capogruppo del gruppo bancario Carife, ha approvato il progetto di bilancio al 31 dicembre 2010, chiuso con una perdita di 46,9 milioni di euro, il che significa un miglioramento del 32% rispetto all’anno scorso. L’insieme dei costi operativi risulta in calo di oltre 17,5 milioni (-14%). E’ proseguito infatti il trend di contenimento delle spese amministrative, scese di oltre 7 milioni (-6%), evidenziato sia nell’ambito delle spese generali (-11.9%) che in quel-

lo delle spese per il personale (-1.8 per cento). Tuttavia il perdurare delle difficoltà del contesto economico in cui opera la Cassa ha richiesto ancora importanti accantonamenti per il rischio di credito, nell’ordine di 104 milioni, in diminuzione del 12% rispetto al 2009. Conseguentemente, sale al 37,73% il livello di copertura complessiva dei “crediti anomali” dal precedente 31,45 per cento. In relazione allo stato patrimoniale, la raccolta diretta si attesta su un valore di 4,9 miliardi (-11,8% rispetto all’eser39

cizio precedente); a tale dinamica ha concorso la scelta di ridurre l’esposizione verso emittenti internazionali per 500 milioni, bilanciata da un significativo incremento della raccolta obbligazionaria verso la clientela retail, che ha registrato una crescita del 23,1%, attestandosi a 1,2 miliardi. Nell’ambito dell’ottimizzazione dell’utilizzo delle risorse patrimoniali, gli impieghi verso la clientela si attestano a 4,8 miliardi di euro (-2,4% rispetto all’anno precedente), in equilibrio con il totale


Performance

della raccolta diretta. Anche all’interno di questo aggregato, emerge il processo di ricomposizione a favore del credito nei confronti di small business, Pmi, famiglie e privati consumatori, che ora incidono per circa il 70% del monte crediti complessivi. Il Total Capital ratio si attesta a 19,29% e il Core Tier 1 ratio a 12,28 per cento. A livello consolidato è proseguito il percorso di efficientamento del perimetro del Gruppo. Nel 2010 si è concretizzata la cessione della partecipazione in Banca Treviso, pari al 60,31%: dal punto di vista delle grandezze patrimoniali, la cessione sopra descritta e le dinamiche della Capogruppo, hanno avuto riflesso anche sui dati consolidati. Da ciò deriva-

no in larga parte la flessione della raccolta diretta (-17%) e degli impieghi(-12%), che si attestano rispettivamente a 5,6 miliardi e 5,5 miliardi di euro. Sono stati conseguiti significativi miglioramenti sul piano dell’efficienza: le spese amministrative di Gruppo risultano infatti in calo del 3% e si attestano a 149 milioni. Il risultato dell’esercizio include inoltre accantonamenti per un totale di 152,1 milioni. Il risultato consolidato chiude pertanto in sostanziale miglioramento (+25%) rispetto all’esercizio precedente, contabilizzando una perdita di 58 milioni dopo le imposte. Il Total Capital ratio e il Core Tier 1 ratio si attestano rispettivamente all’8,13% e al 5,11 per cento.

“I dati del 2010, dichiara il presidente di Carife Sergio Lenzi, confermano il cambiamento di rotta iniziato l’anno scorso e proseguito con la nomina del direttore generale e la redazione del Piano Industriale 2011-2014”. A questo riguardo, Carife ha annunciato un aumento di capitale da oltre 150 milioni di euro che dovrà essere approvato dall’assemblea straordinaria dell’istituto del prossimo 6 maggio. “L’aumento di capitale, spiega Lenzi, permetterà di rafforzare la struttura patrimoniale della banca, rispettando i parametri fissati da Basilea 3. L’operazione ci consentirà inoltre di proseguire la strategia di consolidamento e sviluppo delineata nel Piano Industriale 2011-2014”.

Mps: boom di utili e taglio dei costi L’utile netto a quota 985,5 milioni di euro dai 220,1 milioni del 2009. Un risultato operativo netto più che raddoppiato (+104,6%) grazie all’incremento dei ricavi primari (+1,6%), il netto calo dei

Antonio Vigni, direttore generale di Mps costi (-5,2%) e la decisa riduzione delle rettifiche sui crediti (-21,2 per cento). E una posizione patrimoniale che migliora per il terzo anno consecutivo, con il Tier I ratio all’8,4% e il patrimonio netto di gruppo a 17,2 miliardi di euro. Sono gli ottimi risultati con cui Banca Monte dei Paschi di Siena ha chiuso l’esercizio 2010 proponendo la distribuzione agli azionisti di 167,76 milioni di euro di dividendi. Va comunque precisato che sul dato dell’uti-

le pesa la plusvalenza di circa 405 milioni relativa all’operazione di valorizzazione di parte del patrimonio immobiliare strumentale. In ogni caso, particolarmente significativo appare lo sforzo di contenimento dei costi operativi: grazie al quarto anno consecutivo di riduzione degli oneri operativi, il cost/income si colloca al 61,6% dal 64,7% di fine 2009. Nel dettaglio, le spese per il personale (2.211,2 milioni) sono in calo del 3,8% anno su anno, grazie agli effetti strutturali del processo di riduzione e ricomposizione degli organici, in corso dal secondo semestre del 2008; le “altre spese amministrative” (1.044,7 milioni), si riducono del 9,8% grazie alle sinergie di costo ottenute con i processi di riorganizzazione e le azioni di cost management; infine le rettifiche di valore su attività materiali ed immateriali (175,2 milioni) sono in aumento dell’8% rispetto al 2009 principalmente per effetto degli investimenti in Ict effettuati nell’ultimo triennio. Per quanto riguarda gli aggregati patrimoniali, al 31 dicembre 2010 i volumi di raccolta complessiva del Gruppo sono di circa 303 miliardi di euro, in crescita del 6,9% sull’anno precedente, con dinamiche di sviluppo significative sia sulla componente diretta, che su quella indiretta. La raccolta diretta, circa 158 miliardi di euro, aumenta del 3,6% sul 31/12/2009, con la quota di mercato del Gruppo che sale al 7,88% con un miglioramento su base annua di 70 bps. L’evo40

luzione delle consistenze è da ricondurre all’apporto della raccolta da clientela istituzionale (+8,8% circa sul 2009), alle emissioni a medio e lungo termine, agli strumenti di mercato a breve e al contributo della clientela commerciale (+1,2% sul 2009), a cui sono stati dedicati nuovi collocamenti obbligazionari per circa 14 miliardi di euro. I crediti verso la clientela del Gruppo, a fine 2010, erano circa 156 miliardi di euro, in crescita del 4,1% sull’anno precedente, con una quota di mercato del 7,84 per cento. E’ in forte crescita la percentuale di impieghi garantita (68% del totale impieghi rispetto a 56% del 2009). La dinamica degli impieghi nel 2010 ha beneficiato di nuovi mutui stipulati per circa 15,8 miliardi di euro, in aumento dell’11,1% rispetto all’anno precedente. Relativamente al credito specializzato erogato dal Gruppo tramite società prodotto dedicate, nel 2010 i flussi di nuovi finanziamenti sono complessivamente 12,8 miliardi di euro, in crescita di oltre il 25% rispetto al 2009. Al 31 dicembre 2010 il Gruppo Montepaschi aveva un’esposizione netta in termini di crediti deteriorati di 11.381 milioni di euro, in aumento di 1.160 milioni rispetto a fine 2009, ma con un’inversione di tendenza nel quarto trimestre 2010 quando l’aggregato ha registrato una flessione dell’ 1,7% rispetto al 30/09/2010, riportando l’incidenza sul totale dei crediti verso la clientela al 7,28% (dal 7,58% di settembre).


Edizione 2011

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Carriere

Assicurazioni Generali

Ubi Pramerica Andrea Pennacchia è il nuovo direttore generale di Ubi Pramerica Sgr, la joint venture fra Ubi Banca e Prudential Financial nel settore del risparmio gestito. Pennacchia, che dal 2009 è responsabile dell’area Organizzazione del Gruppo Ubi Banca, sostituisce Diego Cavrioli, che lascia Ubi Pramerica per assumere la responsabilità della macroarea Finanza di Ubi Banca. Pennacchia ha fatto il suo ingresso nel gruppo nel 2003, ricoprendo prima il ruoAndrea Pennacchia, direttore generale

lo di responsabile della struttura di Svilup-

di Ubi Pramerica Sgr

po Strategico di Ubi Banca e successivamente la carica di vicedirettore generale

Gabriele Galateri di Genola,

di Ubi Assicurazioni. In precedenza aveva maturato una pluriennale esperienza nel set-

presidente di Assicurazioni Generali

tore della consulenza strategica e organizzativa, lavorando per McKinsey e Accenture in numerosi progetti al servizio di istituzioni finanziarie nel settore del retail banking.

Il CdA di Assicurazioni Generali ha nominato all’unanimità Gabriele Galateri di Genola nuovo presidente del Consiglio

UniCredit

di Amministrazione dopo aver proceduto alla sua cooptazione nel consiglio stesso.

Maurizio Beretta è il nuovo responsabile

Galateri, che è il diciottesimo presidente

della struttura Identity and Communica-

delle Generali, subentra a Cesare Geronzi,

tions di UniCredit, che guida la comuni-

che aveva rassegnato le proprie dimissioni

cazione esterna e interna del Gruppo in

lo scorso 6 aprile. “L’impegno che mi pro-

Italia e all’estero.

pongo, ha dichiarato il nuovo presidente

Giornalista professionista, milanese, 55

del Leone, è consentire alla società di rag-

anni, Beretta ha lavorato in Rai per oltre

giungere traguardi ancora più ambiziosi

vent’anni. Al TG1 è stato redattore, inviato

di quelli che sino ad ora ha raggiunto”.

speciale, caporedattore per l’informazio-

Romano, classe 1947, Galateri di Genola

ne economica e sindacale e poi vicedi-

è il presidente uscente di Telecom Ita-

rettore. Dopo l’esperienza al telegiornale

lia. Nel corso della sua carriera è stato

viene nominato direttore delle Relazioni

amministratore delegato di Ifil nel 1986

Istituzionali e Internazionali della Rai. As-

nonché amministratore delegato e diret-

Maurizio Beretta, responsabile della

sume quindi l’incarico di direttore della

tore generale di Ifi nel 1993, e nel 2002 è

struttura Identity and Communications

divisione Uno, con responsabilità sui bud-

stato designato amministratore delegato

di UniCredit

get e i palinsesti di Rai 1, Rai 2, Tg1, Tg2 e

di Fiat. Nel 2003 è stato nominato presi-

Rai Sport. Nel 2000 è nominato direttore

dente di Mediobanca fino al giugno 2007.

di Rai Uno, responsabilità che lascia nel giugno del 2001 per entrare in Fiat come diret-

Dal 2003 al 2010 è stato vicepresidente

tore Relazioni Esterne e Comunicazione. Nel 2003 assume l’incarico di direttore delle

e membro del Consiglio di Amministra-

Relazioni Istituzionali e Internazionali del gruppo. E’ stato presidente del Fiat Media-

zione di Generali. Attualmente ricopre,

Center e consigliere dell’Upa (Utenti Pubblicità Associati). Ha fatto parte del Consiglio

tra le altre cariche, quella di consigliere di

Nazionale dell’Economia e del Lavoro ed è stato consigliere di amministrazione del

Banca Carige, Banca Esperia, Banca Crs

Sole 24 Ore. Dal luglio 2004 al gennaio 2009 ha ricoperto la carica di direttore generale

e Italmobiliare. E’ inoltre membro del CdA

di Confindustria. Nel settembre 2009 viene nominato presidente della Lega Calcio.

della Fondazione dell’Accademia Santa

Ad Antonella Massari, fino a ieri alla guida della struttura Identity and Communications

Cecilia e dell’Istituto Europeo di Oncolo-

di UniCredit, tocca invece il compito di guidare il dipartimento Group Stakeholder and

gia, e membro dell’International Advisory

Service Intelligence, nuova realtà che avrà il compito di migliorare la capacità di ascol-

Board della Columbia Business School.

tare, comprendere e gestire i bisogni e le aspettative degli stakeholder di UniCredit. 42


Carriere

BinckBank

Credit Suisse

Vincenzo Tedeschi è il nuovo direttore

Francesco de Ferrari è stato nominato

generale della sede italiana di BinckBank,

responsabile del Private Banking di Cre-

banca olandese specializzata nei servizi

dit Suisse per l’area Singapore, Malesia

di investimento on line (è tra le prime cin-

e Indonesia. De Ferrari, attuale ammini-

que per dimensioni in Europa). Tedeschi

stratore delegato di Credit Suisse Italy

vanta oltre 12 anni di esperienza nel set-

SpA, legal entity che controlla le attività

tore della finanza on line. In precedenza

di private banking di Credit Suisse in Ita-

ha avuto esperienze significative in Ep-

lia, assumerà l’incarico a partire dal pros-

tasim e IWBank (Gruppo UBI Banca) ri-

simo 1° agosto.

coprendo i ruoli di responsabile Sviluppo

“Con la nomina di de Ferrari alla guida

Prodotti e responsabile Marketing.

dell’area Singapore, Malesia e Indonesia,

“Siamo lieti di accogliere in Binck una

commenta il country Ceo in Italia Federi-

Jean Pierre Mustier, vicedirettore

professionalità di alto livello e una figura

co Imbert, Credit Suisse, anche grazie ai

divisione Corporate & Investment

storica del trading on line italiano quale

successi ottenuti in Italia, è ancora una

Banking di UniCredit

volta esportatore di talenti, confermando le capacità di un gruppo internazionale

Jean Pierre Mustier è stato nomina-

come Credit Suisse di individuare le mi-

to dal CdA di UniCredit vicedirettore

gliori risorse e farle crescere al proprio

generale e responsabile della divisione

interno. Ringrazio Francesco de Ferrari

Corporate & Investment Banking, con

per il suo significativo contributo al pri-

decorrenza dal 14 marzo 2011. Sarà

vate banking in Italia e per la passione e

a diretto riporto dell’amministratore

l’entusiasmo con cui ha portato avanti la

delegato, Federico Ghizzoni, e farà parte

nostra strategia di banca integrata che

dell’Executive Management Committee.

viene incontro al meglio ai bisogni dei

Mustier è stato responsabile della divi-

propri clienti, cogliendo le significative

sione Corporate e Investment Banking di

opportunità di crescita di Credit Suisse

Société Générale dal 2003 al 2008, e an-

in Italia”.

che un esponente del comitato esecutivo del Gruppo. Nel settembre 2008, prende la responsabilità delle attività dell’Asset Management, Private Banking and Securities Services di Société Générale. Nell’agosto 2009 ha lasciato il Gruppo -

Vincenzo Tedeschi, direttore generale

nel quale aveva iniziato la sua carriera nel

della sede italiana di BinckBank

1987 - ed è stato advisor di varie istituzioni finanziarie oltre a sostenere diverse

Vincenzo Tedeschi, ha dichiarato Nick

istituzioni non profit nella raccolta fondi.

Bortot, consigliere di amministrazione di

“Con l’arrivo di Mustier, ha dichiarato

BinckBank e direttore della divisione Re-

Dieter Rampl, presidente di UniCredit,

tail. Con l’apertura della sede di Milano,

la nostra forte divisione Corporate &

Binck continua il processo di espansione

Investment Banking sarà in grado di

a livello europeo iniziato nel 2006 con

riflettere pienamente il profilo di Uni-

l’apertura della filiale belga e proseguito

Credit come gruppo bancario leader in

nel 2008 con l’apertura della filiale fran-

Europa. La nostra squadra di vertice ora

cese. Nel corso del 2011 lavoreremo per

è completa. Sono convinto che si tratti

formare la squadra di professionisti che

di una squadra molto forte: la banca è

lavorerà presso la nostra sede italiana.

ora estremamente ben attrezzata e ben

Contiamo di rendere disponibili i nostri

posizionata per conseguire obiettivi

servizi di investimento e di trading pro-

Francesco de Ferrari, responsabile del

molto ambiziosi nel retail, nel private e

fessionale per la clientela italiana a metà

Private Banking di Credit Suisse per

nel corporate e investment banking”.

del 2012”.

l’area Singapore, Malesia e Indonesia 43


Carriere

Ubs Pierpaolo Di Stefano e Riccardo Mulone sono i nuovi joint heads della divisione Investment Banking di Ubs in Italia. Si occuperanno dell’origination e dell’execution di mandati di advisory e financing per i clienti corporate e istituzionali della banca. L’ingresso dei due manager segue il recente cambio ai vertici della divisione europea della banca, e in particolare la nomina di Diego Pignatelli a presidente di Investment Banking per l’area Emea, ruolo che ricoprirà mantenendo l’incarico di Group country head Italia di Ubs e Ceo di Ubs Italia Sim. Dopo un passato professionale di otto anni in Merrill Lynch e di tre anni in Lazard, Di Stefano è entrato in Ubs nel giugno 2005 per gestire il dipartimento European Mergers e Acquisition da Londra. Nel settembre 2007 Di Stefano si è trasferito presso la sede milanese della banca. Mulone, dodici anni in Ubs dopo un’esperienza in Sopaf e tre anni nel corporate finance di Arthur Pierpaolo Di Stefano e Riccardo Mulone, joint heads

Andersen, ha ricoperto incarichi nei team di M&A e di Leveraged

della divisione Investment Banking di Ubs in Italia

Finance di Londra fino ad arrivare, nel luglio 2003, in Ubs Italia.

Axa Investment Managers Matt Christensen è stato nominato

oltre 1 trilione. In precedenza, Matt è stato

head of Responsible Investment di Axa

consulente strategico per l’Ftse 100, pri-

Investment Managers. Lavorerà a partire

ma di diventare development director del-

dal 2 maggio 2011 presso la sede di Parigi

la società di servizi finanziari multimediali

riportando a Christophe Coquema, mem-

Motley Fool.

bro del consiglio di Axa IM e head of Mar-

“La nomina di Matt Christensen, ha com-

kets & Investment Strategy.

mentato Coquema, conferma la visione di

Christensen è una figura di spicco nell’am-

lungo periodo di posizionare Axa IM come

bito degli investimenti responsabili in

serio interlocutore nel campo degli inve-

cui ha lavorato per nove anni con grande

stimenti responsabili. Sono convinto che

successo. Prima di entrare a far parte di

l’esperienza di Matt, le sue conoscenze e la

Axa Investment Managers, dal 2002, ha

reputazione nel settore degli investimenti

ricoperto il ruolo di executive director di

responsabili rappresenteranno un asset

Eurosif, il principale serbatoio di cervelli

inestimabile per Axa IM e renderanno più

degli investimenti responsabili europei,

rapida l’integrazione delle best practice in

Matt Christensen, head of Responsible

che raggruppa 85 società, con attivi pari a

tutte le nostre aree di expertise”.

Investment di Axa Investment Managers

Algebris Investments Simon Lovat è entrato a far parte di Car-

zato sulle materie prime per conto della

mignac Gestion (fra i principali protago-

società Gaia Capital Advisors a Ginevra.

nisti europei nel settore della gestione di attivi finanziari) in qualità di analista specializzato nelle materie prime. Lavorerà nell’ambito del team coordinato da David Field. Con un’esperienza decennale nel settore

Simon Lovat, analista specializzato

finanziario, negli ultimi cinque anni Lovat

nelle materie prime di Carmignac

è stato co-gestore di un fondo specializ-

Gestion 44


www.bancaemercati.com 45


Storie di business

Customer experience, web e modernità secondo UniCredit La miglior fruizione di contenuti e servizi web si ottiene rendendo misurabile il comportamento del cliente e la sua soddisfazione. Il progetto di digital marketing realizzato dall’istituto di Piazza Cordusio con Adobe

Alessandro Colafranceschi, head of Global Online & Mobile Banking di UniCredit

Gaetano de Benedetto, solution consultant Omniture business unit di Adobe Systems Italia

Il rapporto di fiducia tra la banca e i suoi clienti, specie se si tratta di banca multicanale, non passa più solo attraverso promotori o filiali. C’è ben altro, e in UniCredit ne sono consapevoli: gli stessi servizi on line vengono fruiti da diversi device, dal pc allo smartphone. Il tema dell’interazione utente-interfaccia grafica, che forse un tempo non veniva preso in considerazione, è oggi prioritario, e parte integrante di una buona esperienza da far vivere al cliente nel momento in cui entra in contatto coi servizi digitali della banca. Dunque come comportarsi, per fare in modo di “catturare” la fedeltà e la soddisfazione del cliente che ricerca contenuti on line? Per esempio si possono sfruttare le potenzialità della tecnologia, per rendere misurabile, controllabile e rivedibile ogni contenuto che viene proposto agli utenti.

denaro, e che ingaggia fortemente il cliente. Per fare in modo che la customer experience di quest’ultimo sia adeguata, internamente all’istituto team di professionisti simulano il comportamento dei target di clienti, disegnano interfacce grafiche, le mettono on line, sul sito o sulla piattaforma di Internet banking, e attraverso le web analytics indagano come gli utenti si muovono, navigano, scelgono”. Questo lavoro - basti pensare ai due milioni di clienti dell’Internet banking di UniCredit - comporta la lavorazione e lo studio di miliardi di numeri e dati, che devono essere organizzati in modo da diventare uno strumento su cui costruire per esempio le appropriate interfacce grafiche. Per eseguire questo processo al meglio, UniCredit ha scelto di dotarsi della piattaforma Adobe Online Marketing Suite, recentemente estesa a due nuove funzionalità, i prodotti Adobe Discover e Adobe Digital Pulse. Ecco così che dotarsi di una reportistica efficace, prendere decisioni di business sulla base di analisi avanzate, segmentazioni comportamentali e geografiche delle transazioni dei visitatori di web e mobile diventa

Alla ricerca della migliore web experience Spiega Alessandro Colafranceschi, head of Global Online & Mobile Banking di UniCredit: “La nostra azienda opera in un settore complesso e delicato, nel quale viene mosso 46


Storie di business

La nostra azienda opera in un settore complesso e delicato, nel quale viene mosso denaro, e che ingaggia fortemente il cliente. Per fare in modo che la customer experience di quest’ultimo sia adeguata, internamente all’istituto team di professionisti simulano il comportamento dei target di clienti, disegnano interfacce grafiche, le mettono on line, sul sito o sulla piattaforma di Internet banking, e attraverso le web analytics indagano come gli utenti si muovono, navigano, scelgono

tecnologie avanzate che forniscono un’analisi dettagliata dei comportamenti dei visitatori sul web e su dispositivi mobili, modalità di testing in tempo reale e possibilità di analisi dell’efficacia delle campagne marketing, consentono oggi di offrire servizi e contenuti personalizzati e adeguati alle specifiche esigenze e di supportare in modo determinante il business aziendale”.

Dalla velocità ai social network, nuove esperienze di interazione La web experience - vale per UniCredit così come per ogni altro soggetto bancario - è solo uno dei temi che il settore finance si troverà ad affrontare nei prossimi mesi. Gli utenti stanno crescendo in numero ed evolvendo in competenza e preparazione: questo genererà inevitabilmente nuovi comportamenti e atteggiamenti anche da parte delle banche, pur nel rispetto del loro ruolo istituzionale. “Una chat in un sito di banca, conferma Colafranceschi, era sino a poco tempo fa impensabile. Ora invece è presente. Se il cliente si attende risposte sempre più veloci, unitamente a convenienza e comodità, noi dobbiamo essere pronti, e sfruttare tutte le potenzialità offerte dall’essere banca multicanale. Da poco abbiamo rilasciato la piattaforma di mobile banking, pensata appositamente come ‘telecomando’ per gestire in comodità il proprio conto corrente”. Oltre alla relazione sempre più stretta e multiforme con il consumatore, c’è poi il rovescio della medaglia, quello che vede i clienti in prima persona commentare e “vivere” l’esperienza della marca, con tutto ciò che questa nuova tendenza del marketing prevede (cioè la possibilità di criticare e giudicare senza che la banca possa porre un freno o filtrare i contenuti), come accade sui social network. “Vendendo noi servizi finanziari e denaro, commenta Colafranceschi, diventa difficile entrare nell’arena dei social network come potrebbe fare una qualunque azienda di un altro mercato. Vi sono però interessanti esperienze negli Stati Uniti, il che significa che le banche dovranno trovare il modo di padroneggiare anche questi strumenti. Per quanto ci riguarda, UniCredit è già presente sui social network con iniziative ad hoc commerciali, pensate per specifici target di clientela. Va comunque precisato che dopo esserci posti in ascolto ‘attento’ e aver interagito in maniera informale con i clienti nel corso del 2010, abbiamo acquisito importanti informazioni che ci hanno permesso di ridisegnare alcuni contenuti o schede prodotto che difficilmente avremmo modificato se non avessimo recepito la voce degli utenti”.

semplice, così come identificare nuovi segmenti di mercato o attivare rapidamente iniziative di marketing. “Grazie alla tecnologia implementata, prosegue Colafranceschi, una volta disegnata per esempio una pagina web, presentata in diverse versioni, riusciamo a verificare con precisione, sulla base del comportamento monitorato degli utenti, quale versione è la più efficace. Considerato che le statistiche dicono che sono sufficienti sette secondi di cattiva navigazione per perdere un cliente, si capisce perché è importante disegnare pagine e servizi che garantiscano la migliore fruizione possibile. Soluzioni di questo genere ci consentono inoltre di prendere decisioni rapidamente, basandoci sui valori dei dati”. Commenta a questo proposito Gaetano de Benedetto, solution consultant Omniture business unit di Adobe Systems Italia: “L’innovativo progetto di ottimizzazione delle attività di digital marketing realizzato da UniCredit in Italia e all’estero ha generato importanti risultati in termini di miglioramento della web experience degli utenti, grazie allo sfruttamento di tutte le potenzialità della Adobe Online Marketing Suite. Il successo di questa iniziativa ci conferma il trend in crescita di consapevolezza del ruolo strategico dell’innovazione in banca e dell’attenzione verso l’esperienza web e mobile. L’implementazione di 47


Stile

Il design è uno stile di vita Dai Saloni del mobile agli oggetti di uso quotidiano, quando l’eleganza sposa la praticità e la voglia di osare, ecco spuntare le migliori performance del design aiuto: essendo ampia l’offerta, ciascuno può scegliere davvero l’oggetto che più sente suo. Si può osare, ma anche puntare sulla sobrietà. Si può chiedere consiglio a chi vive di design, oppure fare da sé e lasciarsi conquistare dall’acquisto di impulso. Basta che, come si dice nell’ambiente, “l’oggetto diventi soggetto”, altrimenti tanto vale rimanere nel gusto classicheggiante e mettersi l’animo in pace.

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Il mio regno per una sedia Purtroppo il design non sempre si sposa con il comfort, questa è la legge della bellezza. Sedie di vario genere e scopo vengono progettate dai designer per riempire, con la loro unicità, un’intera stanza. Ecco dimenticate le sedute morbide: tutto si fa duro, spesso di plastica trasparente, oppure di pelle rigida. Emblematica è La Marie di Kartell, che per prima ha inaugurato la “moda” delle sedie realizzate in policarbonato in un unico stampo. Capostipite

Il disegn è attorno a noi, ci permea, contraddistingue gli oggetti di uso comune, quelli che semplificano la vita in ufficio, che rendono la casa elegante e moderna. Il design è uno stile di vita smaccatamente italiano, perché solo da menti creative raffinate - che hanno respirato le bellezze di secoli di storia e osservato il buon gusto straniero - poteva nascere un progetto di vita complessivo rivolto al Bello in ogni sua forma ed espressione. Il design non è un concetto indefinibile: teorizzato astrattamente, diventa concreto in un preciso momento dell’anno, a Milano, in occasione dei Saloni del mobile, che si tengono, nell’edizione 2011, da martedì 12 a domenica 17 aprile. In queste giornate metropoli e persone si trasformano. Il meglio del design non resta confinato nei capannoni della fiera di Rho (anch’essi capolavoro di design firmato Massimiliano Fuksas) ma si diffonde ovunque come un fluido. Esperienze, tendenze, espressioni di design “fuoriescono” dalla metropolitana, dal baretto della via del centro, dalle installazioni provvisorie nelle piazze. Abbinamenti un tempo impensabili - cibo e illuminazione, materiali innovativi e aperitivo lounge - sono i momenti clou che anche i non addetti ai lavori apprezzano. Ecco perché Saloni e non “salone”. Questa è la magia del design: essere ovunque. Passando dall’universale al particolare, quali sono, nel marasma di progetti, materiali, linee e sperimentazioni, gli oggetti culto che non devono mancare nella casa e nell’ufficio di un professionista? L’elenco è lunghissimo, le regole di abbinamento (oggetto-colore-stile-occasione d’uso) sono praticamente infinite. Ma il buon gusto viene in

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del genere, resiste e rimane ultramoderna. Poi si va all’opposto: poltrone “monoblocco” morbide, che avvolgono sino a far scomparire la persona in un dolce sogno interminabile (guai a sceglierle per l’ufficio). Se non sapete orientarvi tra ultra-duro e ultra-molle cambiate la vostra sfera di interesse, optate per l’ecosostenibilità. Al posto di acquistare prodotti di derivazione petrolifera, scegliete il legno. Alcune aziende hanno saputo lavorare la classica sedia in legno della casa di campagna dell’epoca “povera” di cui ogni famiglia italiana ha memoria, trasformandole in oggetti di culto. Verniciate in nero o rosso laccato, sanno 48


Stile

Dal Salone del Mobile, le foto sono di Saverio Lombardi Vallauri (1,2,4) e Luciano Pascali (3)

reggere il confronto con le linee moderne proposte dai giovani designer. Per i momenti di relax - o per far sedere un cliente in posizione scomodissima, proponendogli però la miglior seduta del mondo - impossibile rinunciare al pouf, a sacco, a cubo, a sfera, purché dai contorni indefinibili, e dalla caduta dietro l’angolo. Veniamo ora alla luce. Per la serie “le idee di successo non tramontano mai”, vogliamo parlare di Tolomeo di Artemide? Da decenni illumina le scrivanie dei professionisti di tutto il mondo: il progetto e la struttura della lampada sembra stato pensato solo ieri.

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Una scrivania d’altri tempi

all’hardware. Chi vuole aggiungere con sobrietà qualche oggetto funzionale può scegliere non particolari sparsi (portapenne, porta-corrispondenza, una vaschetta portadocumenti, l’imperdibile sottomano), ma un elegante kit del materiale che desidera e del colore che desidera. Da Nava, Giorgio Fedon, Piquadro la pelle si abbina al metallo, in tinte accese o pastello.

La scrivania rappresenta la persona che la domina e presiede. Chi ricopre incarichi di responsabilità, o ha persone che vanno e vengono dall’ufficio – clienti, colleghi, team di lavoro – deve dimenticarsi i prodotti acquistati nel più grande magazzino di 4

E a casa? Posto che la cucina è il luogo in cui il design si deve obbligatoriamente sposare con la praticità - altrimenti non si parla di cucina, ma di ‘stanza da usare il meno possibile per rischio scomodità’ - occupiamoci del salone. Il dato più moderno e di tendenza potrebbe essere quello all’insegna della controtendenza: basta librerie a quadrotti regolari, nelle quali per esempio i cataloghi o i libri fotografici non trovano posto. Evviva il ritorno alla sapienza e all’intelligenza del designer che sa progettare strumento utili, non solo d’impatto. Il massimo dell’eleganza, che fa davvero percepire di essere “oltre”? Ritornare alla libreria “seria”, dagli scaffali in legno massiccio e anima di metallo che riempie un’intera parete. La cultura è il miglior oggetto d’arredamento che ci sia, e l’unico che possa essere vissuto e introiettato dall’uomo. Tramontato il tempo delle chaise-longue in pelle di mucca o cavallino (anche se il design stile Bauhaus è inarrivabile) il riposo elegante sarà da viversi possibilmente in una chaise-longue dal materiale di estrema qualità, e dal disegno che garantisca comodità a ogni parte del corpo. Ovviamente, bandita la finta pelle. Anche solo come concetto.

mobili assemblabili dal nome straniero e puntare in alto, molto in alto. Parola d’ordine: essere minimal. Lo spazio a disposizione deve essere funzionale al lavoro, non al design. L’oggetto di arredamento contemporaneo deve arricchire esteticamente, supportando le persone, in questo caso nel loro lavoro. Un’elegante scrivania in cristallo sostenuta da un’architettura in acciaio satinato (oppure interamente in legno massiccio impreziosita da timidi buchini dei tarli) è completa anche solo con l’iMac o il MacBook, non ha bisogno d’altro: da anni ormai gli strumenti tecnologici firmati Apple hanno dato dignità e diritto di esposizione “pubblica” 49


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