n. 21 dicembre 2014
in copertina
E i pagamenti diventano smart
storie di business Wincor Nixdorf
immobiliare
Il Punto Real Estate Advisor / Corfac International
arte
Il volano dell’arte contemporanea
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SOMMARIO
www.bancaemercati.com 2
SOMMARIO
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SOMMARIO
Editoriale
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Flash News
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Focus corner • Chi ci guadagna dal QE-plus della Bce? I francesi / Anjulie Rusius di M&G
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• Firma elettronica delle transazioni web: non solo compliance / Luca Sandrolini di Vasco Data Security
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• Gli Usa e il QE4 / Eric Chaney di Axa Investment Managers
20
• Lunga vita alla gestione attiva / Andreas Utermann di Allianz GI
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• La nebbia si dirada / Ivo Kuiper di Kempen Capital Management • Big data e Analytics per le banche / John Fleming di Webtrends
26
• Una questione di potenziale / Claudio Barberis di MoneyFarm.com
28
• Come guarire le ferite sui mercati / Thomas Schneider di Russell Investments
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24
• La lezione del Giappone alle economie avanzate / Richard Woolnough di M&G Optimal Income
32
• Oro, buone notizie solo dall’India / Nevine Pollini di Union Bancaire Privée
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• Perché il QE non funzionerà nell’Eurozona / William de Vries di Kempen Capital Management
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• Largo all’Everyday Bank / A. Antonietti e F. Turconi di Accenture
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News&Eventi • Quando risaliranno i tassi?
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• Total return e obbligazionario
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• Digital payments: un’Italia a due velocità
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• Minibond, il mercato fa il bis
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• Un rapporto di qualità
46
n.21 dicembre 2014
• Oro-Pil: il legame che non t’aspetti
48
• Gli istituzionali italiani temono il rialzo dei tassi
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• Imprese: chi sostiene il capitale circolante
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• Le Pmi di fronte alla sfida della crisi
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In copertina
• E i pagamenti diventano smart
56
Performance
60
Carriere
66
Storie di business
• Più self-service e interazione negli Atm del futuro
70
• Il crowdfunding nel futuro dell’immobiliare / Antonio Campagnoli di Il Punto Real Estate / Corfac
74
Arte • Il volano dell’arte contemporanea
76
Immobiliare
Direttore responsabile
Hanno collaborato
Banca&Mercati è un periodico on line
Andrea Bigi
Alberto Antonietti, Claudio Barberis,
Registrazione presso il Tribunale
Eric Chaney, William de Vries,
di Milano, n. 291 del 26/05/2010
Testi a cura di
John Fleming, Ivo Kuiper,
Banca&Mercati è una testata
Andrea Bigi, Rosaria Barrile
Nevine Pollini, Anjulie Rusius,
di Business Gallery di Andrea Bigi,
Luca Sandrolini, Thomas Schneider,
P.Iva IT07041300968
Andreas Utermann, Richard Woolnough
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Grafica e web Carlo Ghelfi
Anno IV numero 21 dicembre 2014
Per informazioni e segnalazioni info@bancaemercati.com Banca&Mercati
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di Andrea Bigi
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Editoriale
Andrea Bigi, direttore di Banca & Mercati
Il mantra del QE L’Europa attende il QE della Bce come una sorta di mantra per risolvere almeno in parte i suoi problemi ormai cronici di inflazione e crescita. In realtà, come alcuni osservatori hanno già fatto notare, non è affatto detto che un intervento diretto e sostanziale della banca centrale sul mercato obbligazionario, e in particolare dei titoli di Stato, produca gli effetti sperati quanto meno a livello di inflazione. D’altro canto, se è vero che il QE della Federal Reserve ha funzionato, così come quello della Banca d’Inghilterra, è anche vero in Giappone i suoi effetti sono stati molto più contraddittori, e oggi purtroppo l’economia del Sol Levante presenta tratti sistemici molto più simili a quelli europei rispetto agli Stati Uniti. Inoltre, se l’obiettivo principale è davvero quello di evitare la deflazione, l’unico rimedio di sicuro effetto è stampare moneta tout court, mentre collegare l’allargamento dell’offerta di moneta all’acquisto di titoli pubblici rende tutto più complicato. Come dire, ovviamente, che le bacchette magiche non esistono, soprattutto per chi si illude che la Bce possegga la chiave di volta per risolvere la crisi dell’Europa. Una crisi che invece, e purtroppo, ha radici ben più profonde della pur complessa congiuntura attuale. Ha a che vedere con scelte premature e non ben orchestrate, come l’avvio della moneta unica senza che nell’Eurozona sussistessero le condizioni minime per un progetto di tale portata (unità fiscale, unità bancaria, parametri economici sufficientemente simili fra gli stati aderenti), o scelte avventate se non proprio del tutto controproducenti, almeno allo stato attuale, come l’allargamento dell’Unione ai paesi dell’ex blocco sovietico. All’epoca le ragioni della geopolitica certamente caldeggiavano questa opzione, ma andava messo in conto come di fatto nel breve-medio periodo questo avrebbe significato paradossalmente restringere (e anche in modo sensibile) le risorse disponibili per ciascun paese. Certo, magari nel lungo periodo sia l’euro che l’allargamento dell’Ue si dimostreranno scelte vincenti, ma oggi suonano più come vincoli pesanti sulla strada della ripresa anziché come catalizzatori di crescita. Fatte le debite proporzioni, l’idea di un’Europa prigioniera di se stessa e delle sue incongruenze, con problemi irrisolvibili se non attraverso svolte radicali che però probabilmente avrebbero l’unico effetto di aggravare il problema originario (tipo smantellare l’euro per risolvere il problema dell’Eurozona), può
tranquillamente essere applicata anche al nostro Paese. In effetti come può pensare l’Italia di risolvere solo con le proprie forze il problema del debito pubblico e della crescita? Senza una crescita forte e prolungata nel tempo, il problema del debito non si risolve. Si può risolverlo con tagli massicci al pubblico impiego, ma questo avrebbe conseguenze imprevedibilmente negative sui consumi e sull’economia in generale. Dunque la crescita è un must, ma servirebbe una crescita all’americana, nell’ordine del 4-5% annuo, impensabile nella situazione in cui ci troviamo. Di nuovo, davvero possiamo illuderci che il Jobs Act e le altre riforme del Governo Renzi veicoleranno questo tipo di crescita? Il Jobs Act, ma non nella sua edulcorata forma definitiva, andava approvato vent’anni fa, e così servirà soltanto a smuovere un po’ il nostro marmoreo mercato del lavoro. Ma i problemi di fondo della nostra economia (debito, competitività, efficienza, fiscalità) resteranno tutti sul tavolo.
Andrea Bigi
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SOMMARIO
Flash news
Sono quasi 8mila le imprese italiane n grado di emettere mini-bond Lo sottolinea uno studio a cura di Crif Rating Agency In Italia sono almeno 7.892 le società di capitali con requisiti tali da accedere al mercato dei mini-bond e più in generale delle obbligazioni. Lo sottolinea la seconda edizione dello Studio sulle imprese target per l’emissione di mini-bond realizzato da Crif Rating Agency. Si tratta di società di capitali con un fatturato di almeno 10 milioni di euro, Ebitda sempre positivo negli ultimi tre anni e pari ad almeno il 7% del fatturato nell’ultimo esercizio, una leva finanziaria non superiore a 3 e un rapporto tra posizione finanziaria netta e Ebitda non superiore a 4.
”L’analisi che abbiamo realizzato – commenta Francesco Grande, direttore Marketing & Business Development di Crif Rating Agency - non ha la pretesa di essere esaustiva ma solo di fornire una stima del potenziale di mercato dei mini-bond. Una nuova asset class, questa, che si va configurando sempre più come sostitutiva, o comunque alternativa, al credito bancario industriale a medio termine, quindi adatta a imprese che intendono finanziare progetti di sviluppo aziendale capaci di generare flussi di cassa aggiuntivi”. I macro-settori più rappresentati
sono quello dei servizi (con 1.541 imprese selezionate), e in particolare il comparto degli studi professionali/di consulenza (con 550 imprese) e quello dell’attività di trasporto e magazzinaggio (384 imprese), unitamente alla meccanica (con 1.215 imprese) e all’industria chimica farmaceutica (con 1.004 imprese). Circa l’80% delle imprese ha un fatturato inferiore a 50 milioni di euro mentre solo il 10% del totale supera i 100 milioni, ma soprattutto il 78% delle società si caratterizza per un trend di fatturato in crescita o comunque stabile negli ultimi due anni.
Il 60% degli attacchi Android è causato da malware finanziari Lo rivela la ricerca “Mobile Cyber Threats” condotta da Kaspersky Lab e Interpol
Tipi di malware utilizzati tra agosto 2013 e luglio 2014 [Fonte: Kaspersky Security Network]
Tra agosto 2013 e luglio 2014 più di 588mila utenti Android nel mondo hanno subito attacchi finanziari attraverso i malware Sms Trojan e Trojan Banker: si tratta di un numero sei volte più grande rispetto ai 12 mesi precedenti. Lo rivela la ricerca “Mobile Cyber Threats”, condotta da Kaspersky Lab e Interpol, secondo cui la Russia è il paese più colpito dai criminali. I programmi infetti per dispositivi Android con lo scopo di prelevare illecitamente denaro sono stati la causa del 60% degli attacchi
rilevati dai prodotti Kaspersky. Complessivamente, il 57,08% di tutti gli incidenti registrati ha riguardato attacchi che utilizzavano programmi riconducibili alla famiglia degli Sms Trojan. Questi hanno la funzione di inviare messaggi a numeri short-premium rate all’insaputa degli utenti. Un ulteriore 1,98% degli attacchi ha utilizzato i malware Trojan Banker che, abbinati alla funzionalità Sms Trojan, possono rubare sia i dati relativi alla carta di credito che nomi e password dei servizi di on 8
line banking. “Un’infezione Trojan Banker efficace - sottolinea Roman Unuchek, senior virus analyst di Kaspersky Lab - dà al criminale la possibilità di accedere a tutto il denaro delle proprie vittime, mentre un Sms Trojan ha bisogno di infettare dozzine o addirittura centinaia di dispositivi per raggiungere un minimo di profitto. Ecco perché c’è una discreta differenza tra il numero degli attacchi Sms Trojan e quelli di tipo Trojan Banker rilevati dai nostri prodotti”. SOMMARIO
Flash news
I vincitori dell’edizione 2014 di Green Globe Banking Award Cariparma e Bnl Gruppo Bnp Paribas si sono imposte rispettivamente nella categoria Impatti Diretti e Impatti Indiretti
Marco Fedeli, fondatore di Green Globe Banking, consegna a Luca Bonansea di Bnl Gruppo Bnp Paribas il premio Green Globe Banking per gli Impatti Indiretti
Proclamati i vincitori dell’edizione 2014 di Green Globe Banking Award, il premio per le eccellenze Green del settore bancario organizzato da Globiz. La categoria Impatti Diretti ha visto imporsi Cariparma con il progetto “Easy cash: easy eco-choice”, mentre premi di merito sono stati consegnati a Banca Intesa Sanpaolo, Credito Valtellinese e Banca di Credito Cooperativo di Roma. Il progetto di Cariparma - secondo le motivazioni espresse dal Comitato Scientifico - “è dotato di significati che dimostrano una profonda comprensione del ruolo che una banca ricopre nella diffusione di una attiva sensibilità ambientale. In particolare, l’adozione di sistemi di monetica e coefficienti nei materiali e nei processi non rappresenta solo un efficace utilizzo di tecnologie innovative e sostenibili, ma soprattutto un potentissimo e tangibile ‘media’ per la trasmissione di un esempio di attenzione ambientale su larghissima scala”. Nella categoria Impatti Indiretti il vincitore è stato invece Bnl Gruppo Bnp Paribas con il progetto “Bnl Green”, e gli altri Premi sono stati
assegnati a Bcc di Roma e Friulovest Banca. “Il progetto - afferma il comitato scientifico - ha saputo interpretare l’essenza del Green Banking, cioè la possibilità di offrire a clienti privati e piccole imprese non solo prodotti finanziari ma
una consolidata cultura d’impresa, orientata verso tematiche di sostenibilità ambientale, si incrocia con tecniche di relazione con il mercato professionalmente avanzate, per dar luogo ad un mix di visione e operatività concretamente
Marco Fedeli consegna a Sabrina Navone di Cariparma Gruppo Credit Agricole il premio Green Globe Banking per gli Impatti Diretti
soluzioni in grado di interpretare e supportare nuovi consumi e nuove esigenze green degli italiani. Bnl Green è un progetto completo e strategicamente evoluto, in cui 9
efficace in risultati economici, ambientali e sociali”. Infine la Marina Militare si è aggiudicata il Premio Ad Honorem 2014. Per maggiori info, www.ggbanking.it. SOMMARIO
Flash news
Ubp: diversificazione globale sulle convertibili Con il nuovo fondo Ubam Convertibles 10-40 Opportunités Union Bancaire Privée ha completato la sua gamma d’offerta nelle obbligazioni convertibili con il lancio del fondo Ubam Convertibles 10-40 Opportunités. Il fondo combina una strategia difensiva, grazie a un range di sensitività al mercato azionario compreso tra il 10% e il 40% con bassa volatilità, a una diversificazione a livello
globale, attraverso investimenti in emissioni non europee che possono arrivare fino al 25% del portafoglio, consentendo di sfruttare il potenziale di crescita di Stati Uniti e Asia. “Questa strategia rivisita il tradizionale posizionamento delle obbligazioni convertibili - sottolinea Jean-Edouard Reymond, portfolio manager dell’Ubam Convertibles
10-40 Opportunités; riducendo soltanto leggermente la capacità del fondo di catturare i rialzi attesi dell’azionario, puntiamo a un rendimento positivo, ma con una sensibilità limitata ai ribassi, una volatilità di molto inferiore, stimata al di sotto del 6%, e caratteristiche di convessità significativamente accentuate”.
Bankitalia: prestiti alle imprese in calo anche nel 2015 Il Rapporto sulla stabilità finanziaria prevede il ritorno alla crescita per gli impieghi delle banche a fine 2015
“I prestiti alle società non finanziarie continueranno a diminuire anche nel 2015, seppur con un’intensità progressivamente decrescente”. Lo prevede Banca d’Italia nel suo
Rapporto sulla stabilità finanziaria, secondo cui “la contrazione dei mutui alle famiglie dovrebbe invece interrompersi già nel primo trimestre del prossimo anno”, mentre nel complesso il ritorno della crescita degli impieghi per le banche dovrebbe concretizzarsi solo alla fine del 2015. Secondo Bankitalia, che considera tuttora i prestiti alle imprese “il fattore di maggiore vulnerabilità per le banche italiane”, in Italia i prestiti a famiglie e imprese hanno continuato a contrarsi a causa della debolezza della domanda di credito e dell’aumento dei fattori di rischio, “un contesto dove a soffrire sono soprattutto le piccole e medie imprese”. Intanto però si va attenuando il deterioramento della qualità dei prestiti, laddove nella prima metà del 2014 il flusso di nuovi prestiti
deteriorati, in rapporto ai crediti in bonis, è ulteriormente diminuito. Il calo ha riguardato anche le nuove sofferenze, soprattutto quelle relative ai finanziamenti alle imprese; mentre secondo informazioni preliminari i flussi di nuove sofferenze sarebbero stabili negli ultimi mesi. Infine il tasso di copertura dei prestiti deteriorati (il rapporto tra le rettifiche e l’ammontare lordo delle esposizioni deteriorate) è aumentato. “Ciò può favorire la cessione e la cancellazione dei prestiti in sofferenza dai bilanci delle banche - afferma Bankitalia. Alcuni tra i principali gruppi hanno avviato operazioni che dovrebbero condurre allo smobilizzo di prestiti deteriorati per importi rilevanti. La consistenza di tali crediti rimane tuttavia elevata nel confronto internazionale”.
Abi: al via progetto nazionale per sviluppare i mobile payments Insieme ai consorzi Bancomat, Cbi e Abi Lab Un progetto nazionale finalizzato a realizzare in tempi brevi le specifiche tecniche e le soluzioni atte a favorire lo sviluppo in Italia dei micropagamenti e in particolare dei mobile payments. Lo ha annunciato l’Abi, che lavorerà insieme ai consorzi Bancomat, Cbi e Abi Lab per dotare il Paese di una soluzione bancaria condivisa a livello di settore che - affiancandosi a quelle già realizzate dalle singole banche - “consenta agli italiani di
fare acquisti e pagare prodotti e servizi tramite il telefono cellulare”. In particolare, il progetto messo a punto dall’Abi intende valorizzare tecnologie e infrastrutture già condivise a livello di sistema nell’ambito del circuito domestico di carte di debito (PagoBancomat) e dell’infrastruttura che garantisce l’interoperabilità degli istituti finanziari attraverso il canale del Corporate Banking Interbancario. “Favorire lo sviluppo dei pagamenti 10
mobile - ha detto il presidente del Comitato Pagamenti dell’Abi, Camillo Venesio, durante il convegno Carte 2014 - significa contribuire ulteriormente alla digitalizzazione e alla modernizzazione del Paese, riducendo la circolazione di denaro contante che in Italia rappresenta tuttora lo strumento più utilizzato, oltre che il più costoso per la collettività”.
SOMMARIO
Flash news
Bper incorpora tre banche del Gruppo Al via anche il nuovo modello di struttura distributiva imperniato su nove Direzioni Territoriali
Alessandro Vandelli, amministratore delegato di Bper
E’ operativa la fusione per incorporazione in Banca Popolare dell’Emilia Romagna di tre banche
del Gruppo: Banca Popolare del Mezzogiorno, Banca della Campania e Banca Popolare di Ravenna. Gli obiettivi della riorganizzazione, afferma una nota dell’istituto, sono consolidare il radicamento nei territori, ottimizzare i servizi alla clientela e perseguire migliori risultati di efficienza gestionale. Contestualmente alle operazioni di fusione ha preso il via anche il nuovo modello di struttura distributiva di Bper, che si basa su nove Direzioni Territoriali articolate in 30 Aree Territoriali per un totale di 793 filiali. Il nuovo assetto prevede un’ampia autonomia operativa delle Direzioni Territoriali, il potenziamento dell’attività dell’area affari e il ridisegno della filiera di delibera del credito per attivare procedure di erogazione più rapide ed efficaci.
“Il progetto di riorganizzazione - dichiara Alessandro Vandelli, amministratore delegato di Bper si inquadra nelle attività già avviate per sviluppare il Piano industriale 2015-2017 e ha l’obiettivo di focalizzare maggiormente l’attività della rete distributiva, in linea con l’evoluzione dei mercati. Ciò avviene in un contesto di piena continuità con i valori e le modalità operative che esprimiamo da sempre: vicinanza ai territori serviti, efficienza e affidabilità nei rapporti con la clientela. Le nove Direzioni Territoriali, posizionate nelle aree della penisola in cui Bper ha una presenza capillare e importante, saranno l’anello di congiunzione indispensabile tra le strutture centrali e i territori”.
Ing Bank: in ripresa l’Indice di Benessere Finanziario Significativa, in particolare, la maggiore positività delle donne rispetto agli uomini Piccolo segnale di ripresa per il comfort finanziario percepito dalle famiglie italiane. Lo segnala la rilevazione autunnale dell’Indice di Benessere Finanziario di Ing Bank, che misura il benessere percepito in relazione alle sei dimensioni della finanza personale (risparmio, reddito, bollette e spese, investimenti, debito a lungo e a breve termine) su una scala da 0 a 100, dove 100 rappresenta il massimo comfort, 50 il medio e 0 il massimo disagio. A settembre 2014 l’Indice ha registrato 42,2 punti, crescendo di mezzo punto rispetto a marzo 2014 e assestandosi ai livelli del dicembre 2012. In particolare, la dimensione dell’Indice relativa agli investimenti si attesta a 55,8 punti, in calo rispetto a marzo 2014 (58,3) ma in lieve rialzo se paragonata a settembre 2013 quando era stata rilevata a 55,3 punti. Sul fronte dei risparmi, invece, il livello di comfort è salito a 38,5 punti rispetto ai 37,8 punti di un anno fa. Stabile la dimensione reddituale (43,2),
Indice di Benessere Finanziario delle famiglie italiane ING – GFK: andamento 2011- 2014* (a partire dal 2013 la rilevazione è effettuata nei mesi di marzo e di settembre)
mentre cresce quella delle spese di casa e bollette (da 43,5 punti a 44,2 punti) ed è invece in calo il comfort relativo ai debiti a lungo termine (36 punti). Significativa, infine, la maggiore positività delle donne: rispetto agli 11
uomini, il cui dato a settembre è in flessione (da 42,7 a 40,7 punti), la loro percezione del benessere finanziario è salita a 43,8 punti dai 40,7 della scorsa primavera.
SOMMARIO
Flash news
La polizza Allianz contro i rischi cibernetici Raddoppiato l’indennizzo per le aziende protette: da 50 a 100 milioni di euro Allianz Global Corporate & Specialty, il centro di competenza del gruppo Allianz per l’assicurazione degli affari “Large Corporate” e “Specialty”, ha raddoppiato la capacità di copertura della polizza Allianz Cyber Protect, che consente alle imprese di assicurarsi dai rischi informatici. In sostanza l’indennizzo della polizza, che copre ad esempio le spese generate dalle misure necessarie per rispondere al verificarsi di attacchi alla rete informatica, così come le perdite di introiti derivanti da malfunzionamenti legati a un cyber attacco o la responsabilità civile dell’azienda nei confronti dei clienti in seguito ad attacchi di hacker o a un attacco DoS (denial of service), ora può raggiungere i 100 milioni di euro contro i precedenti 50 milioni. “Il lancio di Allianz Cyber Protect - spiega Véronique Bruyland, Financial Lines manager di Allianz Global Corporate & Specialty per l’area del Mediterraneo - è stato accolto
molto positivamente sul mercato italiano. In questi ultimi mesi la consapevolezza dell’esistenza della cybercriminalità è aumentata enormemente. Ormai un numero sempre crescente di aziende considera la cyberassicurazione un elemento essenziale della gestione dei rischi informatici.
Ciò nonostante, spesso ci è stata richiesta una maggiore capacità di copertura, soprattutto da parte delle aziende che operano in contesti internazionali. Ora questo è possibile grazie alla nostra copertura cyber in grado di offrire una garanzia che può raggiungere i 100 milioni di euro”.
Russell Investments amplia l’offerta di fondi multi-asset Il fondo Multi-Asset Conservative Strategy mira a fornire ritorni positivi nel lungo periodo (3% oltre l’inflazione) rispetto al mercato obbligazionario, contenendo al tempo stesso la volatilità (tra il 5-8%)
Thomas Schneider, director Sud Europa e responsabile per l’Italia di Russell Investments
Punta a soddisfare le esigenze di investitori alla ricerca di rendimenti solidi nel tempo, ma che non amano un’esposizione azionaria elevata e
hanno quindi una bassa tolleranza alla volatilità. Russell Investments ha lanciato sul mercato italiano il nuovo fondo Multi-Asset Conservative Strategy (MACS), che va ad ampliare la propria offerta multi-asset combinando l’approccio multi-manager e multi-asset che da sempre contraddistingue Russell. L’obiettivo del fondo, che investe in diverse asset class, tra le quali credito, azioni, real asset e strategie absolute return, è fornire ritorni positivi nel lungo peri odo (3% oltre l’inflazione) rispetto al mercato obbligazionario, contenendo al tempo stesso la volatilità (tra il 5-8%) e cercando di minimizzare il rischio di ribassi. “Il MACS non è semplicemente un nuovo fondo, è un concetto diverso di consulenza al cliente sottolinea Thomas Schneider, director Sud Europa e 12
responsabile per l’Italia di Russell Investments. Il fondo offre in un unico prodotto le competenze dei migliori gestori specializzati a livello globale unite a un approccio tattico dinamico in grado di adattarsi alle condizioni dei mercati. Si tratta quindi di un fondo con consulenza integrata ad architettura aperta. In un contesto caratterizzato da rendimenti nominali minimi sulle obbligazioni, quando quelli reali sono addirittura negativi, a cui si aggiunge una crescente volatilità di mercato, i clienti stanno cercando alternative di investimento che possano avere un profilo di rischio simile ai bond, generando al contempo rendimenti positivi nel lungo periodo”.
SOMMARIO
Flash news
Diebold: Garzelli è il nuovo vice president Emea southern region Garzelli, in Diebold dal 2008, in precedenza era senior director Italy and Emerging market
Niccolò Garzelli, vice president Emea southern region di Diebold
Niccolò Garzelli è il nuovo vice president Emea southern region di
Diebold. Garzelli, 50 anni, lavorerà a supporto della strategia di crescita della società americana (fornitore di tecnologia nel campo del selfservice finanziario, dei sistemi di sicurezza e servizi correlati), che punta sull’espansione del portfolio e sul talent management in quest’area geografica. Nel suo nuovo ruolo Garzelli, che è in Diebold dal 2008 e in precedenza era senior director Italy and Emerging market, ha recentemente contribuito a sviluppare la commercializzazione delle più innovative soluzioni Diebold per il self-banking e l’automazione delle filiali bancarie in Italia e continuerà a guidare le strategie di vendita per queste e
altre nuove soluzioni Atm. “Diebold è impegnata nella promozione dei suoi talenti - ha affermato Bassem Bouzid, senior vice president and managing director Emea - la nomina di Garzelli è molto importante per le nostre attività di sales, marketing, services and operations della regione Emea. E’ anche un riconoscimento della capacità di Niccolò e del suo team di introdurre sul mercato in maniera efficace le nostre tecnologie all’avanguardia nei paesi più strategici della regione. La sua leadership ci aiuterà a diventare un player ancora più forte nell’area Emea e ci mette nelle condizioni di avere risultati di successo nel 2015 e oltre”.
Prestiti bancari: a novembre il miglior risultato da aprile 2012 Continuano comunque ad aumentare le sofferenze Dopo oltre 30 mesi di valori negativi, segnala il rapporto mensile Abi, a novembre 2014 il totale dei finanziamenti a famiglie e imprese ha presentato una variazione annua nulla, rispetto al -0,7% del mese precedente e al -4,5% di novembre 2013, quando aveva raggiunto il picco negativo. Il complesso dei finanziamenti (1.813,3 miliardi di euro) registra comunque una contrazione su base annua (-1,6%, in miglioramento dal -2,1% di ottobre e dal -4,5% di novembre 2013), ma per i prestiti bancari si tratta del miglior risultato da aprile 2012. Intanto prosegue la crescita della rischiosità dei prestiti, con le sofferenze lorde che a ottobre 2014 sono pari a quasi 179,3 miliardi dai 176,9 di settembre, mentre il rapporto sofferenze lorde su impieghi è del 9,5% a ottobre (7,7% un anno prima; 2,8% a fine 2007), valore che raggiunge il 15,8% per i piccoli operatori economici (13,4% a ottobre 2013; 7,1% a fine 2007), il 15,7% per le imprese (12,3% un anno prima; 3,6% a fine 2007) e il 6,8% per le famiglie consumatrici (6,3% a ottobre 2013; 2,9% a fine 2007). Anche le sofferenze nette
registrano un aumento a ottobre, passando dagli 81,2 miliardi di settembre a 83 miliardi, mentre il rapporto sofferenze nette su impieghi totali è risultato pari al 4,61% a ottobre dal 4,49% di settembre 2014 (3,98% a ottobre 2013; 0,86% prima dell’inizio della crisi). Infine, per quanto riguarda la raccolta da clientela (1.708,6 miliardi di euro a novembre, -1,5% 13
su base annua rispetto al -2,4% di ottobre), prosegue la flessione della raccolta a medio e lungo termine (-13,4% a novembre, con una diminuzione su base annua in valore assoluto di oltre 69 miliardi di euro), mentre i depositi aumentano di quasi 44 miliardi rispetto all’anno precedente (+3,6% su base annua rispetto al +2,3% di ottobre 2014). SOMMARIO
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I risultati del 5° Monitor sulla Finanza Immobiliare La ricerca, a cura dall’Università degli Studi di Parma in collaborazione con Caceis Investor Services, ha analizzato 47 fondi immobiliari, di cui 23 quotati
Composizione delle attività dei fondi immobiliari del campione
Aumenta il ricorso a strumenti finanziari, con una preferenza per titoli di debito e Oicr non quotati, mentre sono praticamente assenti i derivati. Inoltre la destinazione d’uso prevalente è il terziario direzionale. Sono le principali conclusioni del 5° Monitor sulla Finanza Immobiliare a cura dall’Università degli Studi di Parma in collaborazione con Caceis Investor Services (gruppo Crédit Agricole). La ricerca ha analizzato 47 fondi immobiliari, di cui 23 quotati, per un totale di attività al 30 giugno 2014 pari a 10,5 miliardi
di euro. Più in dettaglio, in termini di asset allocation, i fondi analizzati detengono una quota di asset immobiliari pari all’83%, in lieve calo (-4%) rispetto alla rilevazione precedente del giugno 2013, ma pur sempre più elevata del livello minimo del 66,67% imposto dalla legislazione e dai regolamenti. Come detto, la prevalente destinazione d’uso di questi asset è il terziario direzionale, seguito da commerciale (centri e parchi commerciali, supermercati), residenze sanitarie-assistenziali e
hotel. L’analisi del portafoglio dei fondi indica come sia aumentato il ricorso agli strumenti finanziari, asset class che oggi pesa sul 10,4% degli attivi contro il 7,6% di giugno 2013. All’interno di questa categoria, oltre la metà (55,3%) sono le partecipazioni non quotate (in leggero aumento rispetto al 52% del 2013), mentre l’8,6% (in calo rispetto al 9,4% dell’anno precedente) è rappresentato da titoli di debito; infine le quote di Oicr, per lo più non quotati, pesano per il 36% (sostanzialmente in linea con i dati 2013), e solo lo 0,01% (era il 2,08% a giugno 2013) è riconducibile a strumenti derivati. “I risultati sull’asset allocation commenta Claudio Cacciamani, professore del Dipartimento di Economia dell’Università degli Studi di Parma – ci dicono che i fondi immobiliari oggetto del campione prediligono investimenti finanziari non quotati. Il che implica una maggiore esposizione verso i rischi legati alla solvibilità e alla trasparenza delle controparti e alla liquidità degli strumenti che, in assenza di un mercato regolamentato, non possono essere smobilizzati in tempi brevi e a prezzi consoni”.
Il Creval finanzia famiglie e Pmi con la consulenza di Pegaso 2000 La banca ha utilizzato la piattaforma di funding Abaco Pool per individuare i crediti idonei al conferimento Il Credito Valtellinese ha stanziato un pool di crediti corporate e uno di mutui residenziali per supportare l’economia reale all’interno del programma T-Ltro promosso dalla Bce. In questo ambito il Creval ha utilizzato la piattaforma di Pegaso 2000 “Abaco Pool”, strumento di funding che ha permesso alla banca di individuare i crediti idonei al conferimento ottenendo così benefici immediati e aumentando il proprio buffer di liquidità di circa 400 milioni di euro. “Siamo soddisfatti di aver testato e reso operativo un ulteriore efficiente ed economico canale di funding,
in un’ottica di diversificazione delle fonti, riduzione del costo del finanziamento, nonché di una maggiore valorizzazione dei propri attivi non negoziabili - ha dichiarato Umberto Colli, vicedirettore generale del Credito Valtellinese - al fine di supportare l’attività creditizia verso le famiglie e le imprese produttive. Il risultato testimonia inoltre la capacità di Creval di essere una banca proattiva e rapida nell’adozione di nuove soluzioni nell’ambito dei processi e dell’Information Technology vicina alle realtà in cui il Gruppo opera”. 14
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Flash news
IBL Banca lancia IBL Assicura L’obiettivo è diversificare la gamma di prodotti disponibili per la clientela Ampliare e diversificare la gamma di prodotti disponibili per la clientela retail. E’ l’obiettivo che IBL Banca, tra i principali operatori in Italia nel settore dei finanziamenti tramite cessione del quinto dello stipendio o della pensione, punta a raggiungere tramite il lancio di IBL Assicura. La nuova società, che è agenzia generale del Gruppo Zurich, metterà a disposizione dei clienti del Gruppo prodotti assicurativi che includono principalmente coperture infortuni e vita, polizze per la casa, ramo auto,
previdenza. A questo proposito entro il primo trimestre 2015 è previsto il reclutamento di 50 collaboratori d’agenzia, la cui formazione sarà seguita da Zurich, per attività presso le 18 filiali IBL Banca e i 27 negozi finanziari IBL Family. “Prevediamo che l’attività di IBL Assicura abbia un impatto positivo sul conto economico del Gruppo già a partire dal 2015 - afferma Mario Giordano, amministratore delegato di IBL Banca. Da un lato, l’inserimento dei prodotti assicurativi nella nostra
offerta ci consentirà di fidelizzare i clienti esistenti e di acquisirne di nuovi. Dall’altro, amplieremo l’organico valorizzando comunque le competenze già acquisite al nostro interno e ottimizzando la rete esistente. Inoltre, questa nostra scelta strategica è in linea con il trend del settore che vede il progressivo spostamento dell’intermediazione retail dalla rete agenziale alla bancassicurazione, soprattutto nel ramo vita e a tendere anche nel ramo danni”.
I fondi M&G per Banca Generali La partnership prevede anche la presenza di una selezione di fondi M&G all’interno della polizza multiramo BG Stile Libero M&G Investments ha siglato un accordo distributivo che apre il collocamento dei suoi fondi d’investimento alle reti di financial planner e private banker di Banca Generali. In sostanza la gamma dei prodotti obbligazionari, azionari e multi-asset di M&G è ora accessibile ai clienti di Banca Generali; inoltre la partnership prevede anche la presenza di una selezione di fondi M&G all’interno della polizza multiramo BG Stile Libero. Inoltre M&G, che vanta masse in gestione per oltre 13 miliardi di euro (fonte: M&G Italia al 30 settembre 2014), ha annunciato la crescita del team in Italia con una serie di promozioni: Lorna Neri diventa Sales manager con responsabilità sui clienti
Global Banks in Italia, mentre Marta Moretti ed Enrico Zulpo diventano Client Relationship manager andando a supportare il team di vendite. “M&G è al traguardo dei dieci anni in Italia - dichiara Matteo Astolfi, director di M&G Investments in Italia un anniversario importante che abbiamo raggiunto lavorando alla crescita e al consolidamento della società anche durante gli anni della crisi finanziaria. Oggi, grazie agli accordi con partner come Banca Generali, i nostri prodotti godono di una distribuzione significativa su tutto il territorio nazionale e, di pari passo, la squadra in Italia è cresciuta, tanto che oggi abbiamo un team di 18 persone dedicate
Matteo Astolfi, director di M&G Investments in Italia
al sales management e al client relationship”.
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Chi ci guadagna dal QE-plus della Bce? I francesi Poiché un QE basato su titoli di Stato consisterebbe sostanzialmente in un finanziamento ai governi, sostiene Anjulie Rusius di M&G, l’alternativa migliore per la Bce sarebbe l’acquisto di corporate bond, ovvero il “QE-plus”: in questo caso, a godere dei maggiori benefici (calcolati in termini di acquisti di bond in proporzione al contributo al Pil europeo) sarebbe soprattutto la Francia
Anjulie Rusius, investment specialist M&G
misurato la differenza fra il peso del paese nell’universo teorico e il suo contributo al Pil regionale (cioè la domanda extra) per stabilire chi sarebbe avvantaggiato dal QE-plus. Ebbene, anche se si tratta di un approccio ipotetico, i risultati sono interessanti. Il vincitore assoluto è la Francia, che contribuisce per il 21,7% al Pil dell’Eurozona ma potrebbe rappresentare il 39% del totale degli acquisti di corporate bond della Bce e godrebbe quindi di una domanda extra del 17,5%. L’Olanda è l’unico altro paese che usufruirebbe di acquisti di bond superiori al suo contributo al Pil dell’Eurozona. Tutti gli altri stati membri sarebbero penalizzati, soprattutto la Germania, che concorre per oltre un quarto al Pil di Eurolandia, ma è relegata in fondo alla tabella. Estonia e Lussemburgo presentano grosso modo una situazione di equilibrio. Anche nel caso dei Paesi periferici la domanda non sarebbe proporzionale al peso economico, soprattutto per Italia e Portogallo, i più sfavoriti.
Con l’acquisto di 1,7 miliardi di euro di covered bond, la Banca Centrale Europea ha ufficialmente cominciato il “QE-lite” dell’Eurozona. Se finora si era sempre parlato di covered bond e Abs, si sono diffusi rumors su una possibile inclusione nel programma di obbligazioni societarie scambiate sul secondario. Queste voci sono state prontamente smentite, ma la Bce aveva già dichiarato l’intenzione di riportare il bilancio ai livelli del 2012 per stimolare la domanda (il che equivale all’acquisto di circa 1.000 miliardi di euro di asset), obiettivo che a molti sembra difficilmente raggiungibile comprando solo covered bond e Abs. Poiché un QE basato su titoli di Stato consisterebbe sostanzialmente in un finanziamento ai governi, l’alternativa migliore sarebbe l’acquisto di corporate bond, ovvero il “QE-plus”. Quali paesi dell’area euro beneficerebbero di più di un eventuale QE-plus? Ipotizzando un’equa ripartizione del programma fra le emissioni in euro delle società dell’Eurozona, ho filtrato e riponderato l’indice Merrill Lynch Euro Non-Financial per ottenere un universo teorico. Dopo aver calcolato il contributo di ogni paese (nota: Cipro, Grecia, Lettonia e Malta sono stati esclusi dall’analisi in quanto non compresi nell’indice) al Pil dell’Eurozona, ho
Meglio il QE basato sul titolo sovrano Possiamo delimitare ulteriormente il nostro universo teorico ipotizzando che la Bce scarti l’acquisto di titoli di aziende 16
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statali (come utility e società industriali), essendo contraria al finanziamento dei governi da parte della banca centrale. Molti paesi continuano a ricevere meno di quanto spetterebbe loro (perché la Francia fa la parte del leone), ma risultano meno svantaggiati, tranne Belgio e Finlandia che se la passano peggio di tutti. La principale eccezione è rappresentata dalla Spagna, che viene a beneficiare degli acquisti di corporate bond al pari di Francia e Olanda. L’Estonia, che nella prima ipotesi risultava appena in equilibrio, ora ci perde in quanto non ha bond ammissibili nel nuovo universo (in precedenza rientrava nell’indice grazie a una utility pubblica). Ripeto, il mio è un esercizio teorico, che offre però interessanti spunti di riflessione. Anche se la Bce adottasse un metodo omogeneo nel quadro di un approccio decentralizzato, sul piano politico avremmo comunque vincitori e vinti (al di là della contrapposizione fra centro e periferia). Ciò vale soprattutto se la Bce continuerà a porre condizioni che non fanno che ridurre il possibile universo di investimento. In sostanza, se le autorità monetarie vogliono davvero scongiurare la prospettiva di anni di deflazione, farebbero meglio ad accantonare il QE-lite e perfino il QE-plus per puntare sul mercato obbligazionario più vasto e liquido tramite un vero e proprio QE basato sul debito sovrano.
€1.000 miliardi: l’aumento necessario per riportare il bilancio della BCE ai livelli di metà 2012 [Fonte: M&G, Bloomberg]
Vincitori e vinti, ponderati per il PIL – Francia più avvantaggiata da un eventuale acquisto di corporate bond europei [Fonte: M&G, dati sul PIL della Banca Mondiale]
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Firma elettronica delle transazioni web: non solo compliance Anche se la strong authentication è una pratica già molto diffusa nel panorama bancario italiano, fa notare Luca Sandrolini di Vasco Data Security, oggi si rende necessario un ulteriore step di sicurezza che consenta agli utenti di “vidimare” i dati di una transazione
Luca Sandrolini, regional sales manager Banking, Vasco Data Security
l’alto non soltanto da necessità di compliance normativa ma anche dal ripetersi di attacchi informatici e dal rischio associato al crescente sviluppo dei canali mobile. Una recente indagine condotta da Abi Lab (Osservatorio sicurezza e frodi informatiche in banca - maggio 2014) ha infatti dimostrato che il 92% delle banche pone come obbligatorio l’utilizzo della strong authentication sui canali Internet Banking per la clientela retail e l’83% anche per quella corporate. L’86%, inoltre, rende disponibile la medesima soluzione anche per il canale mobile. Ma se la strong authentication conferisce certezza sull’identità dell’utente nel momento in cui questo accede all’Internet Banking, non è ovviamente funzionale a intercettare gli attacchi effettuabili durante una sessione aperta. La questione non è di poco conto: sempre dall’indagine Abi Lab, infatti, emerge che il crimeware (il crimine informatico che si basa sull’uso di software malevoli) continua a essere il vettore di attacco maggiormente utilizzato e, in particolare, nel 2013 è decisamente aumentato il numero dei cosiddetti attacchi Man In The Browser, perpetrati appunto durante una sessione attiva aperta dal legittimo utente titolare (si tratta del 28% degli attacchi totali rilevati sul canale retail). Quella del Man In the Browser, in sintesi, è una tecnica
Come è noto, entro il 1° febbraio 2015 dovranno essere recepite le linee guida in tema di sicurezza dei pagamenti Internet che la Banca Centrale Europea ha introdotto lo scorso anno con il rapporto dal titolo “Recommendations for the security of Internet payments”. Nel mese di ottobre, fra l’altro, identiche linee guida sono state ribadite con un consultation paper anche dall’European Banking Authority, che, relativamente alla regolamentazione degli ambiti di propria competenza, ne ha fissato il termine di recepimento al 1° agosto 2015. Tra le Raccomandazioni della Bce spiccano l’adozione di metodi di “autenticazione forte” (o strong authentication) per l’utente, da applicare nella fase di autenticazione e autorizzazione di una procedura di pagamento, e l’implementazione di sistemi di monitoraggio come ulteriore livello di protezione nella fase di autorizzazione e inoltro delle transazioni elettroniche.
La strong authentication non basta Partiamo dal primo punto. La strong authentication è una pratica già molto diffusa nel panorama degli istituti di credito italiani, dove l’attenzione alla sicurezza è spinta verso
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che si basa sulla compromissione dei Pc degli utenti, sui quali viene subdolamente installato un trojan che si attiva durante una transazione, ad esempio un bonifico, con la capacità di indirizzarlo verso un Iban diverso da quello disposto dall’utente, e senza che tale artificio risulti visibile né all’utente stesso né al server della banca. La pratica è attuabile allo stesso modo anche per altre transazioni, quali ricariche di cellulari o di carte di credito.
gli utenti nella condizione di “vidimare” i dati di una transazione, consentendo ai server della banca di identificarli e di scegliere come proseguire: processandoli, se veritieri, o bloccandoli, se manipolati. Parliamo di soluzioni di firma elettronica delle transazioni che combinano perfettamente i necessari parametri di sicurezza con quelli di usabilità, distinguendosi per la loro intuitiva possibilità di fruizione. Nelle forme più evolute, prevedono operazioni di firma “visiva”, dove i dati della transazione vengono criptati in QR code di nuova generazione che il cliente visualizza sullo schermo del suo dispositivo (tablet, smartphone o Pc) e in seguito cattura con un apposito reader dotato di videocamera - o addirittura mediante un’app installata sul proprio smartphone - ottenendo un codice di firma in mancanza del quale, o in presenza di una sua modifica, il server blocca la transazione. Tutto ciò con consistenti vantaggi per le banche che scelgano di adottarle. Come spesso accade, infatti, dietro un vincolo normativo si cela un’opportunità: quella di accrescere la sicurezza delle procedure, di rafforzare la fiducia nell’utilizzo dei canali “virtuali” e di incrementare, conseguentemente, la fidelizzazione della clientela e la propria competitività sul mercato.
Serve un secondo step di sicurezza E’ proprio al contrasto di questo tipo di situazioni, tornando alla nostra analisi, che vanno ricondotti i dettami della Bce relativi al secondo aspetto inizialmente citato, quello del monitoraggio in fase di autorizzazione e inoltro della transazione. Per le banche significa l’attivazione di un controllo sulla veridicità dei dati della transazione nel momento in cui vengono trasmessi dall’utente ai propri server, consentendo a questi ultimi di bloccare le transazioni non rispondenti ai parametri specificati dall’utente. Ipotesi futuristica? Tutt’altro. Il mercato già offre soluzioni concepite proprio per attivare un secondo step di sicurezza, assieme a quello della strong authentication, e mettere 19
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Gli Usa e il QE4 La probabilità di una recessione negli Usa, afferma Eric Chaney di Axa IM, è infinitesimale. Inoltre non ci sono segnali di un rischio di rallentamento dell’inflazione cosicché, nel complesso, le probabilità di un quarto ciclo di QE appaiono molto basse. Ma soprattutto, ora che la ripresa dell’economia americana si sta consolidando, è anche nell’interesse degli Stati Uniti che l’euro si indebolisca
Eric Chaney, haed of Research di Axa Investment Managers
dell’economia reale e/o una flessione dell’inflazione core (che esclude alimentari ed energetici). Colpiti da quanto appena accaduto nell’area euro, dovremmo forse aspettarci che, tra qualche settimana, i dati provenienti dall’economia americana forniscano una giustificazione per la mossa del mercato? Io e i miei colleghi David Page, il nostro economista specializzato negli Stati Uniti e nel Regno Unito, e Chris Iggo, Cio di Axa IM fixed income (e già chief US economist in una vita precedente), siamo convinti che la risposta sia “no”.
Il crollo del rendimento dei Bund decennali sotto l’1% in agosto è stato una notizia scioccante. Dopo di che la mossa del mercato è stata entro certi limiti convalidata da una serie di notizie negative provenienti dall’Area Euro. Tra queste il crollo della produzione industriale dell’1,8% in agosto, causato dalla Germania, e il clima di sfiducia molto pronunciato delle imprese, misurato dal nostro indicatore Surprise Gap, già in territorio negativo, che ha segnato un’ulteriore flessione. Oggi il rendimento dei Treasury decennali è sceso per qualche tempo sotto il 2%, per poi registrare un leggero recupero. Come dimostrerò, l’unica giustificazione plausibile per questo calo sarebbe un’altra tornata di Quantitative Easing, un QE4. Facendo due calcoli, se simuliamo l’impatto di una politica ultra-accomodante della Fed (nessun aumento dei tassi fino a fine 2016, poi un incremento molto graduale del tasso sui Fed funds per arrivare al 3% entro il 2020, seguito da una fase di stabilità), oggi i rendimenti obbligazionari dovrebbero essere almeno al 2%, in modo tale che gli investitori disposti ad assumere il rischio di duration non siano penalizzati. Tassi così ridotti sarebbero giustificati solo da un QE4 (che porterebbe il prezzo delle obbligazioni a lunga scadenza oltre il loro fair value). E l’unica cosa che potrebbe giustificare un QE4 sarebbe un’elevata probabilità di contrazione
Usa: la probabilità di una recessione è infinitesimale Innanzitutto alcuni indicatori economici ad alta frequenza segnalano un’ulteriore espansione dell’economia americana al ritmo del 2,5%- 3,0%, per restare prudenti. In ottobre è probabile un ulteriore indebolimento dell’indice Ism, che costituisce un indicatore coincidente affidabile. Tuttavia, partendo da un livello di 56,6, c’è ancora un ampio margine prima che arrivi a indicare un rischio rilevante di recessione. Da un’analisi più lungimirante, basata sul Surprise Gap, si evince la possibilità che, in ottobre, in caso di forte rallentamento della produzione, il nostro indicatore basato
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