B&m 20 preview

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n. 20 luglio 2014

in copertina

Mediolanum: radici nel passato e tecnologia del futuro Massimo Doris, vicepresidente del Gruppo Mediolanum e amministratore delegato di Banca Mediolanum

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News

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Editoriale

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Flash News

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Focus corner • I favoriti del Nasdaq / Christophe Bernard di Vontobel

• L’onda lunga dei mercati / Claudio Barberis di MoneyFarm

• Più spazio per gli asset rischiosi / Andrea Quapp di Swiss & Global Asset Management

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• Tutto l’appeal del palladio / Nevine Pollini di Union Bancaire Privée

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• Riscossa oro passa per l’Asia / Nevine Pollini di Union Bancaire Privée • Chi punta sugli alti dividendi / Joerg de Vries-Hippen di Allianz Global Investors

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• Il test del prossimo stress test / Ivo Kuiper di Kempen Capital Management

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• L’Europa come il Giappone? / Stefan Isaacs di M&G European Corporate Bond

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• Reddito fisso: cosa aspettarsi dai mercati? / Gareth Isaac di Schroders

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• Azionario, resta l’ottimismo / Marc Craquelin di Financière de l’Echiquier

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News&Eventi • Sanità, il nuovo ciclo produttivo traina il settore

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• Usa: largo agli stock picker

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• Gli italiani puntano sui mercati internazionali

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• Customer experience e Generazione Y

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• L’opportunità dell’obbligazionario

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• Così si ottimizza il Fraud Management

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• Ora le bollette sono a portata di clic

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• Il Crm strategico targato Cedacri

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n.20 luglio 2014

• Carte di credito, lo shopping è in ripresa

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• L’high tech che piace ai Paperoni

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• Per UniCredit inizia l’era “Open”

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• Banche in rete, dal web più dolori che gioie

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In copertina

• Mediolanum: radici nel passato e tecnologia del futuro

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Performance

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Carriere

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Storie di business

• Consum.it estende l’automazione delle decisioni creditizie B&M Plus

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B&M Plus

Direttore responsabile

Banca&Mercati

Banca&Mercati è un periodico on line

Andrea Bigi

Blend Tower, Piazza IV Novembre 7

Registrazione presso il Tribunale

20124 Milano

di Milano, n. 291 del 26/05/2010

Testi a cura di

Banca&Mercati è una testata

Andrea Bigi, Rosaria Barrile

Tel. +39 02 87 34 30 19

di Business Gallery di Andrea Bigi,

Fax +39 02 87 34 44 44

P.Iva IT07041300968

Grafica e web

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Carlo Ghelfi BG Business Gallery Per informazioni e segnalazioni

di Andrea Bigi

Anno IV numero 20

info@bancaemercati.com

P.Iva IT07041300968

luglio 2014

C.F. BGINDR69H16E897M Per informazioni commerciali Valeria Rossana Volpe,

Sede legale: Viale Montello 5,

commerciale@bancaemercati.com

46100 Mantova

Hanno collaborato Claudio Barberis, Christophe Bernard, Marc Craquelin, Joerg de Vries-Hippen, Gareth Isaac, Stefan Isaacs, Ivo Kuiper, Nevine Pollini, Andrea Quapp


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Editoriale

Andrea Bigi, direttore di Banca & Mercati

Come in Germania “Fare come in Russia” era il motto che, quasi un secolo fa, la propaganda comunista riuscì a diffondere in tutta Europa, alle prese con una lacerante crisi economica e sociale dopo la fine della prima guerra mondiale. Era il richiamo quasi minaccioso alla rivoluzione come metodo sano di cambiamento, alla tabula rasa per ripartire con un sistema nuovo. Oggi la crisi economica in Europa è ugualmente grave, forse anche la sua portata sociale per come è stata in grado di logorare i ceti tradizionalmente più impermeabili ai periodi di recessione, ed è arrivata a provocare un dibattito quanto mai acceso sul futuro delle istituzioni di riferimento: la moneta unica, in primis, ma anche la stessa Unione Europea. In realtà, parlare oggi del futuro dell’Europa significa bene o male confrontarsi con il modello del suo paese leader, ossia quello tedesco. Ma è davvero possibile “fare come in Germania”? In altre parole: al di là delle boutade propagandistiche, il sistema tedesco è in qualche modo esportabile negli altri paesi europei? In questo senso il parallelo con la nazionale tedesca di calcio, che proprio ieri ha conquistato il suo quarto titolo mondiale della storia (raggiungendo l’Italia alle spalle del Brasile), è assolutamente paradigmatico. Il trionfo della Germania sorprende solo perché si tratta della prima vittoria di una squadra europea in un mondiale americano, ma non sorprende affatto per come è arrivata: è il frutto di una organizzazione solidissima che, anche e soprattutto a livello di club, ha saputo programmare con lungimiranza il business calcistico nel proprio paese. Ma ciò che la Germania è stata in grado di fare nel calcio negli ultimi quindici anni può anche essere letto come la cartina al tornasole della sua strategia di sviluppo complessivo del paese: ci si scorge il percorso di riforme, niente affatto indolori dal punto di vista economico-sociale (dalla revisione del welfare alla liberalizzazione del mercato del lavoro, fino al nuovo sistema di tassazione), che fu intrapreso nel corso degli anni 90 dopo la riunificazione e nei primi anni 2000. A ragion veduta, si può affermare che i tedeschi sono stati in grado di prepararsi per tempo all’imponente sfida della globalizzazione e della crisi economico-finanziaria mondiale, in parte anche anticipando gli stessi sacrifici che oggi quasi tutti i suoi partner europei sono costretti ad affrontare, fra cui ovviamente l’Italia. Ed è proprio qui la differenza fondamentale che

rende molto difficile l’assimilabilità del modello tedesco a un paese come ad esempio l’Italia o la Francia: possiamo definirla “naturale abnegazione” (da parte del popolo tedesco), o “senso dello Stato” e attaccamento alla nazione (da parte delle istituzioni, ad esempio i sindacati), ma in Germania tutti hanno collaborato all’obiettivo delle riforme addirittura prima che si verificasse quella crisi globale che poi le ha rese davvero imprescindibili. In Italia, un paese con l’acqua alla gola a causa del debito pubblico, della cronica mancanza di competitività del mercato del lavoro e di un sistema di tassazione vessatorio, che di fatto penalizza pesantemente l’economia, sembra impossibile fare passi in avanti anche minimi a causa dei veti incrociati che di volta in volta contrappongono riformatori e riformati. Il problema, insomma, è che per fare come in Germania occorre prima di tutto essere tedeschi.

Andrea Bigi

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Flash news

Al via il fondo Minibond Pmi Italia Il fondo è gestito da Finanziaria Internazionale Investments Sgr E’ il primo fondo italiano che investe in minibond sul mercato del nostro Paese. Con un patrimonio di 51 milioni di euro è stato ufficialmente avviato il fondo “Minibond Pmi Italia” sull’ExtraMOT Pro, il segmento professionale del mercato ExtraMOT di Borsa Italiana. Il fondo è gestito da Finanziaria Internazionale Investments Sgr, il cui team ha analizzato circa quaranta aziende italiane al fine di accompagnarle all’emissione dei minibond in cui investirà il fondo (i

primi cinque investimenti saranno emessi sul mercato prima della pausa estiva). I settori di riferimento sono quelli dell’industria meccanica e manifatturiera di qualità, food & beverage, branded companies e local utilities. “I cinque profili aziendali selezionati - precisa il gestore del fondo Vania Serena - fanno riferimento a realtà appartenenti a gruppi di medie-grandi dimensioni con un volume d’affari compreso tra 30 e 180 milioni di euro. Il principale settore di attività è quello della

meccanica, seguito dell’ engineering e del food & beverage e hanno sede principalmente nel Nord Italia, precisamente in Lombardia, Emilia Romagna e Marche, oltre che nel Lazio. Le aziende selezionate dal nostro team di gestione sono trasversalmente caratterizzate da una forte componente di vendite export, interessanti modelli di business e progetti di espansione, importanti previsioni di crescita e governate da un management team stabile”.

Credito alle imprese: domanda record nel primo semestre I dati del Barometro Crif indicano un +12,1% rispetto al 2013

Simone Capecchi, direttore Sales & Marketing di Crif

Il Barometro Crif sulla domanda di credito da parte delle imprese segnala un +12,1% nel primo semestre 2014 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Complessivamente il dato rappresenta il record assoluto a partire dal primo semestre 2008, anche se la crescita del numero di richieste di credito si è attenuata nel secondo trimestre dell’anno, con un +8,0% rispetto al +15,9% che aveva caratterizzato i tre mesi precedenti. Emerge inoltre anche la crescita dell’importo medio dei finanziamenti richiesti da parte delle imprese: nei primi sei mesi del 2014, nell’aggregato di imprese individuali e società, l’importo

medio si è attestato a 67.061 euro contro i 64.491 del corrispondente periodo 2013. “Nel semestre appena concluso la domanda di credito ha fatto registrare un’ulteriore crescita rispetto al corrispondente periodo degli anni precedenti, facendo segnare il record assoluto dal 2008 a oggi - dichiara Simone Capecchi, direttore Sales & Marketing di Crif. Evidentemente lo scenario in graduale miglioramento e le prospettive di ripresa, per quanto modeste esse siano, stanno contribuendo a incoraggiare le imprese a rivolgersi con maggior fiducia agli istituti per sostenere l’attività corrente e finanziare gli investimenti”

Il nuovo fondo High Dividend di Ubs UBS (Lux) Equity Sicav Global Income si affianca alla gamma di sette fondi High Dividend di Ubs Ubs Global Asset Management ha lanciato il nuovo fondo UBS (Lux) Equity Sicav Global Income, che va ad ampliare la sua gamma di soluzioni azionarie High Dividend. Il fondo investe a livello globale in un portafoglio diversificato di titoli High Dividend a bassa volatilità e basso beta e utilizza una strategia di call overwriting che, attraverso l’incasso mensile dei premi delle opzioni, contribuisce ad alimentare il flusso cedolare.

UBS (Lux) Equity Sicav Global Income si affianca alla gamma di sette fondi High Dividend di Ubs. “Le strategie azionarie difensive e quelle High Dividend - afferma Giovanni Papini, amministratore delegato di Ubs Global Asset Management Italia - sono tra le più apprezzate dagli investitori. Le prime, storicamente, hanno offerto interessanti rendimenti corretti per il rischio, le seconde, invece, ritorni assoluti elevati. 8

Questo nuovo strumento consente a Ubs di mettere a disposizione degli investitori i plus di entrambe, offrendo una potenziale protezione durante le correzioni dei mercati”.


Flash news

Il costo delle frodi e quello della sicurezza Secondo un sondaggio, quasi un terzo delle società finanziarie ritiene che i costi sostenuti a causa delle minacce informatiche siano inferiori al costo che comporterebbe dotarsi di una protezione

General attitudes towards it security – 43% of organizations felt that their current measures to protect their financial transactions were not good enough

Il 52% delle società finanziarie rimborsa le perdite subite dai clienti durante una frode on line senza indagare sulle circostanze. Inoltre quasi un terzo delle aziende (il 28% dei rappresentanti di società finanziarie e il 32% dei dipendenti dei negozi on line) ritiene che i costi sostenuti a causa delle minacce informatiche siano inferiori al

costo che comporterebbe dotarsi di una protezione. E’ il risultato di un sondaggio condotto da Kaspersky Lab e B2B International in 27 paesi (tra cui l’Italia) nella prima metà del 2014. Solo il 19% delle società finanziarie e il 7% dei marketplace on line ritengono che il costo per compensare le perdite subite dai

clienti meriti le prime tre posizioni fra le conseguenze più gravi di una frode informatica. “Oltre a dover accantonare fondi volti a rimborsare il denaro rubato ai clienti - commenta Ross Hogan, global head of Fraud Prevention division di Kaspersky Lab - per le società finanziarie esiste anche la necessità di coprire i costi di gestione dovuti ai reclami da parte dei clienti stessi. Inoltre, anche quando le vittime ricevono i rimborsi in tempi rapidi, sono comunque propense a pensarci due volte prima di usare i servizi di una banca che ritengono non possa garantire la sicurezza dei loro conti online. E’ quindi molto meglio evitare la perdita piuttosto che rimborsare. Le soluzioni progettate per proteggere le transazioni on line, come la piattaforma Kaspersky Fraud Prevention, possono ridurre il rischio di frodi online al minimo consentendo che i fondi stanziati per i risarcimenti possano invece essere impiegati per lo sviluppo del business”.

Abi: a giugno migliora la dinamica dei prestiti bancari Continuano comunque ad aumentare le sofferenze Migliora la dinamica dei prestiti bancari, ma continua a preoccupare l’andamento delle sofferenze. Lo evidenzia il rapporto mensile Abi, secondo il quale nel mese di giugno il complesso dei finanziamenti (1.842,7 miliardi di euro) ha registrato una più lieve contrazione su base annua (-2,2% rispetto al -3,1% del mese precedente e al -4,5% di novembre 2013, quando aveva raggiunto il picco negativo), mentre i finanziamenti a famiglie e imprese si posizionano al -1,4% come variazione annua a giugno 2014 (-2,4% il mese precedente e -4,5% a novembre 2013). Si tratta del miglior risultato da luglio 2012. Di contro, le sofferenze lorde a maggio 2014 sono risultate pari a 168,6 miliardi di euro (dai 166,5 miliardi di aprile), mentre il rapporto sofferenze lorde su impieghi è dell’8,9% a maggio 2014 (6,9% un anno prima; 2,8% a fine 2007), valore che raggiunge il 15,1% per i piccoli operatori economici (12,5% a maggio 2013; 7,1% a fine 2007), il 14,5% per le imprese (10,9% un anno prima: 3,6% a fine 2007) e il 6,6% per le famiglie consumatrici (5,9% a maggio 2013; 2,9% a fine 2007). Anche le sofferenze nette hanno fatto segnare un aumento, passando dai 76,8 miliardi di aprile a 78,7 miliardi di maggio; il rapporto sofferenze nette su impieghi totali è risultato pari al 4,36% a maggio dal 4,23% di aprile (3,59% a maggio 2013; 0,86%, prima dell’inizio della crisi). Infine, sul versante della raccolta, i dati di giugno - 1.718,2 miliardi di euro - indicano una diminuzione di circa 14,8 miliardi di euro rispetto a un anno prima (-0,9% su base annua contro il -0,6% di maggio), risentendo della dinamica negativa della raccolta a medio-lungo termine (-8,3% a giugno, con una diminuzione su base annua di quasi 44 miliardi di euro), mentre i depositi da clientela aumentano di circa 29 miliardi rispetto all’anno precedente (+2,4% su base annua, lo stesso valore di maggio 2014) 9


Flash news

I nuovi servizi assistiti per il retail banking Disponibile la nuova offerta Ncr Interactive Services

Si chiama Ncr Interactive Services la nuova offerta Ncr che punta ad arricchire l’esperienza del retail banking sia per gli istituti bancari sia per i propri clienti. Sono compresi servizi assistiti remoti e di persona: con Ncr Interactive Teller, ad esempio, i clienti possono interagire con un operatore collegato in video e

completare fino al 95% delle tipiche transazioni di sportello, avendo a disposizione molte più funzionalità di quelle presenti nei bancomat. L’Interactive Teller permette infatti all’operatore di assumere il controllo del dispositivo remoto, coinvolgendo il cliente in una videoconversazione bidirezionale e fornendo inoltre un’esperienza

personalizzata. Ncr Interactive Banker provvede invece a collegare le diverse apparecchiature nelle agenzie con un software che consente al personale di muoversi liberamente in filiale mantenendo completa visibilità delle esigenze dei clienti attraverso i dati trasmessi ai propri tablet. “Interactive Banker - dichiara Lorenza Sbarbaro, direttore vendite Financial Services di Ncr Italia -sfrutta la tecnologia per rendere più efficace l’interazione tra le persone. Spostare i cassieri e tutto quello che gli serve al di qua delle barriere, per interagire con i clienti in un ambiente aperto, ci consente di utilizzare la tecnologia più avanzata, mantenendo un tocco umano. L’esperienza dei consumatori nelle filiali bancarie sta per cambiare più radicalmente di quanto non sia accaduto negli ultimi anni”.

Bnp Paribas Securities Services punta sulla collaboration Grazie alla piattaforma 3DExperience di Dassault Systèmes Bnp Paribas Securities Services ha scelto la piattaforma 3DExperience della software house francese Dassault Systèmes per migliorare la gestione e accelerare lo sviluppo dei prodotti finanziari. In pratica, i team di Bnp Paribas Securities Services avranno accesso a una soluzione dedicata per la gestione del ciclo di vita dei prodotti finanziari, centralizzando tutte le informazioni di sviluppo dei prodotti, dalla concezione al lancio. In questo modo potranno condividere le informazioni a livello digitale, ottimizzando la gestione del ciclo di vita dei prodotti della banca e riducendo il time-to-market dei nuovi prodotti. “Siamo orgogliosi di essere i primi fornitori di servizi finanziari ad aver adottato la piattaforma 3DExperience - ha dichiarato Sébastien Messean, responsabile della gestione del ciclo di vita dei prodotti di Bnp Paribas Securities Services. Ci aspettiamo enormi

vantaggi da questo nuovo approccio allo sviluppo dei prodotti, che si è dimostrato così efficace in altri settori industriali. La soluzione aiuterà i nostri team internazionali a condividere la conoscenza in maniera efficiente, ottimizzando i nostri processi. Abbiamo stimato che la piattaforma ridurrà il nostro time-to-market del 20%, con notevoli benefici in un settore in rapida evoluzione come quello bancario. Potremo così restare 10

sempre al passo con i cambiamenti del mercato e soddisfare i nostri clienti”. Bnp Paribas Securities Services adotterà le soluzioni per la gestione del ciclo di vita del prodotto e le tecnologie collaborative di Dassault Systèmes in tutte le divisioni operative, dai servizi per fondi e asset ai servizi di compensazione e custodia, dai servizi fiduciari per persone giuridiche ai servizi per mercati e finanziamenti.


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La clientela bancaria fra Internet e la filiale Un’indagine di Abi e GfK-Eurisko rivela che l’utilizzo dell’Internet banking è passato dal 26% nel 2008 al 48% nel 2013

Clienti bancari utilizzatori di Internet banking per ampiezza dei centri (%)

Oggi un cliente su due utilizza l’Internet banking, mentre in un anno i clienti che accedono alla banca in mobilità sono raddoppiati. Lo rivela un’indagine condotta dall’Abi in collaborazione con GfK-Eurisko, secondo la quale l’utilizzo dell’Internet banking è passato dal 26% nel 2008 al 48% nel 2013, con circa 14 milioni di utenti. L’incidenza è maggiore se si considerano i clienti di più di una banca: il 61% opera on line per i servizi finanziari. Comodità (78%), risparmio di tempo (70%) e semplicità di controllo delle proprie spese (65%) sono le motivazioni principali dell’uso della propria banca via web. I clienti che dichiarano invece di usare lo smartphone per dialogare in mobilità con la banca sono oltre tre milioni di persone (pari all’11 per cento). La filiale continua comunque a essere visitata ancora oggi da circa il 90% della clientela, ma con modalità diverse dal passato, privilegiando cioè la necessità di assistenza e consulenza nei momenti delle scelte finanziarie importanti. L’identikit del cliente digitale, spiega l’indagine, è giovane, laureato e metropolitano. Circa il 68% dei clienti ha infatti tra i 18 e i 34 anni, mentre il 62% tra i 35 e i 44 anni. Inoltre si caratterizza generalmente per livelli di istruzione superiori, dato che utilizza l’on line circa il 79% dei

clienti laureati, con una incidenza più che doppia rispetto a chi ha una

persone hanno maggiori esigenze di semplificare i propri spostamenti:

Clienti bancari utilizzatori di Internet banking per età e istruzione (%)

istruzione media inferiore. Infine l’utilizzo dell’Internet banking risulta maggiore laddove il centro abitato è più ampio e quindi le 12

nelle città con oltre 100mila abitanti il 55% circa della clientela usa l’on line, il 42% invece nei centri con meno di 5mila abitanti.


Flash news

Cariparma-Sace: 25 mln di finanziamenti a breve termine per le Pmi Sono destinati allo sviluppo dell’export e dell’internazionalizzazione Un plafond di 25 milioni di euro per finanziamenti a breve termine, destinati allo sviluppo di attività di export e internazionalizzazione. E’ ciò che offre alle Pmi italiane la nuova convenzione firmata dal Gruppo Cariparma Crédit Agricole e Sace. L’offerta a breve termine completa quella già attiva nel medio lungo termine, che prevede per le aziende italiane un plafond di 150 milioni di euro per l’approccio ai mercati esteri. Grazie al nuovo

accordo, le Pmi con fatturato fino a 250 milioni di euro, potranno richiedere direttamente agli sportelli del Gruppo Cariparma Crédit Agricole finanziamenti a breve termine garantiti da Sace fino al 70%, con una durata compresa tra i 6 e i 18 mesi, che saranno erogati dalla banca attraverso il pacchetto Nuovi Mercati (Breve Termine), anticipi Pre Shipment e anticipi Export. “L’accordo con Sace - dichiara Alessio Foletti,

responsabile della direzione Banca d’Impresa Cariparma Crédit Agricole - conferma l’importanza che il Gruppo Cariparma Crédit Agricole attribuisce al proprio ruolo di sostegno allo sviluppo e alla crescita delle imprese italiane nei mercati internazionali. Export e internazionalizzazione sono tra i principali driver della crescita delle nostre imprese e stanno fornendo un contributo decisivo all’evoluzione del tessuto economico italiano”.

Risparmio gestito: a maggio nuovo massimo storico del patrimonio Grazie all’andamento positivo della raccolta e all’effetto performance

Sottoscrizioni in crescita per l’industria del risparmio gestito, che secondo i dati di Assogestioni a maggio ha fatto registrare un incremento di 7,1 miliardi di euro. A questo risultato hanno contribuito, in particolare, le gestioni collettive (+6,2 miliardi) e i mandati retail (+700 milioni). L’andamento positivo della raccolta e l’effetto

performance hanno portato il patrimonio a un nuovo massimo storico sopra quota 1.428 miliardi di euro. Il 54,3% delle masse, circa 776 miliardi, è investito nelle gestioni di portafoglio; il 45,7%, pari a 653 miliardi, è impiegato invece nelle gestioni collettive. Nel mese di maggio I fondi aperti hanno segnato una raccolta

positiva di oltre 6,1 miliardi di euro. Continua inoltre il forte interesse dei sottoscrittori per i prodotti flessibili, che registrano flussi per 4,3 miliardi. Positivo anche l’andamento dei prodotti bilanciati (+887 milioni), obbligazionari (+836 milioni), hedge (+318 milioni) e azionari (+292 milioni).

I fondi di AllianzGI per UniCredit Private Banking Ai clienti UniCredit Private Banking l’intera gamma di strumenti di investimento della sicav AllianzGI Funds UniCredit Private Banking ha scelto Allianz Global Investors come preferred partner per l’offerta di soluzioni di investimento ai propri clienti in Italia. La nuova partnership - che si somma a quelle già esistenti in Austria e Germania - è stata attivata a partire dal mese di aprile e consentirà a UniCredit Private Banking

di offrire alla propria clientela le soluzioni di investimento di AllianzGI. In particolare, ai clienti di UniCredit Private Banking sarà resa disponibile l’intera gamma di strumenti di investimento della sicav AllianzGI Funds. “Siamo particolarmente soddisfatti di questa partnership - commenta Alberto d’Avenia, country head per 13

l’Italia di Allianz Global Investors Europe - che conferma la nostra capacità di interpretare i bisogni di primari attori del settore Private in Italia e l’eccellenza delle soluzioni di investimento offerte dal nostro team di gestione, composto da oltre 500 professionisti distribuiti tra le più importanti sedi finanziarie globali”.


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Cariparma-Sace: 25 mln di finanziamenti a breve termine per le Pmi Sono destinati allo sviluppo dell’export e dell’internazionalizzazione Un plafond di 25 milioni di euro per finanziamenti a breve termine, destinati allo sviluppo di attività di export e internazionalizzazione. E’ ciò che offre alle Pmi italiane la nuova convenzione firmata dal Gruppo Cariparma Crédit Agricole e Sace. L’offerta a breve termine completa quella già attiva nel medio lungo termine, che prevede per le aziende italiane un plafond di 150 milioni di euro per l’approccio ai mercati esteri. Grazie al nuovo

accordo, le Pmi con fatturato fino a 250 milioni di euro, potranno richiedere direttamente agli sportelli del Gruppo Cariparma Crédit Agricole finanziamenti a breve termine garantiti da Sace fino al 70%, con una durata compresa tra i 6 e i 18 mesi, che saranno erogati dalla banca attraverso il pacchetto Nuovi Mercati (Breve Termine), anticipi Pre Shipment e anticipi Export. “L’accordo con Sace - dichiara Alessio Foletti,

responsabile della direzione Banca d’Impresa Cariparma Crédit Agricole - conferma l’importanza che il Gruppo Cariparma Crédit Agricole attribuisce al proprio ruolo di sostegno allo sviluppo e alla crescita delle imprese italiane nei mercati internazionali. Export e internazionalizzazione sono tra i principali driver della crescita delle nostre imprese e stanno fornendo un contributo decisivo all’evoluzione del tessuto economico italiano”.

Intesa Sanpaolo: Mediocredito Italiano incorpora Mediofactoring Rony Hamaui è inoltre il nuovo direttore generale di Mediocredito Italiano Prosegue il processo di semplificazione societaria previsto dal piano industriale di Intesa Sanpaolo. Mediocredito Italiano, il polo per la finanza d’impresa del Gruppo dedicato alle attività di consulenza per la finanza d’impresa, finanziamento specialistico e leasing, rafforza la propria struttura con l’incorporazione di Mediofactoring, società di Intesa Sanpaolo che con oltre 50 miliardi di crediti gestiti è il primo operatore di factoring in Europa, e di Agriventure, la società dedicata alla filiera agricola, alimentare e agroindustriale del Gruppo. Contestualmente Rony Hamaui, ex amministratore delegato di Mediofactoring e attuale presidente di Assifact, è stato nominato direttore generale di Mediocredito Italiano. “Per me è un grande onore dirigere il polo della finanza d’impresa del Gruppo - ha commentato Hamaui. Nuove competenze e professionalità si integrano da oggi in una struttura ben articolata e forte di un’offerta strategica per lo sviluppo delle imprese con attività di credito a medio lungo termine, di leasing e ora anche di factoring e agribusiness”.

Credito alle famiglie: segnali positivi dal primo trimestre 2014 Lo sottolinea il 36° Osservatorio sul Credito al Dettaglio realizzato da Assofin, Crif e Prometeia Il 36° Osservatorio sul Credito al Dettaglio realizzato da Assofin, Crif e Prometeia evidenzia come nel primo trimestre del 2014 i flussi di nuovi crediti, in particolare quelli dei prestiti per acquisto abitazioni e altri mutui, siano tornati a crescere rispetto allo stesso periodo del 2013. Più in dettaglio, l’attività di erogazione di credito al consumo, dopo la chiusura in negativo del 2013 (-5,3%), nel primo trimestre

del 2014 rimane stabile (-0,2%), grazie in particolare al buon andamento dei flussi veicolati dalle carte rateali/opzione e dalla ripresa dei finanziamenti finalizzati per auto/moto, mentre per quanto riguarda il mercato dei mutui immobiliari nel primo trimestre 2014 le erogazioni sono tornate a crescere, sia nella componente dei mutui d’acquisto (+6,2% rispetto al 2013), sia in quella degli 14

“altri mutui“ (+12,4 per cento). L’Osservatorio segnala inoltre come nel corso del 2013 e nel primo trimestre 2014 si sia assistito a una stabilizzazione del rischio di credito: nello specifico, a marzo 2014 il tasso di default del credito al dettaglio considerato nel suo complesso (mutui immobiliari e credito al consumo) si è stabilizzato sui dati dello scorso anno (2,5%), livello comunque piuttosto elevato.


Flash news

Prosegue il riassetto immobiliare di UniCredit Realizzazione dei Piani Città e consolidamento a livello internazionale del nuovo Modello di Filiale

Federico Ghizzoni, amministratore delegato di UniCredit

UniCredit ha presentato un aggiornamento dei propri progetti immobiliari, focalizzandosi in particolare su due iniziative. In linea con il piano strategico 2014-2018 prosegue infatti la realizzazione dei Piani Città, l’opera di razionalizzazione delle sedi direzionali in 25 città europee, mentre si consolida a livello internazionale il nuovo Modello di Filiale. Complessivamente i due progetti puntano a una riduzione strutturale dei costi di 400 milioni di euro entro il 2018 (a oggi sono già stati raggiunti 200 milioni) e di dismissione di asset per 5 miliardi

di euro, di cui 3,4 miliardi già ottenuti. “Grazie al nuovo Modello di Filiale - dichiara Federico Ghizzoni, amministratore delegato di UniCredit - oltre 1.500 sportelli vengono ridisegnati per ampliare le possibilità di accesso dei clienti e migliorare il servizio con strumenti di ultima generazione e spazi più moderni, flessibili e fruibili, mentre con i Piani Città libereremo entro il 2018 oltre 700mila metri quadri. Completato il progetto di UniCredit Tower, nei prossimi tre anni riuniremo anche le diverse sedi direzionali di Monaco e Vienna in nuovi spazi multifunzionali”.

Big Data: Oracle crea un centro d’eccellenza a Barcellona Il centro capitalizzeerà l’esperienza accumulata nella prima fase di implementazione della nuova infrastruttura per i Big Data di CaixaBank Oracle ha annunciato la creazione di un centro di eccellenza per i Big Data a Barcellona per l’offerta di servizi legati ai Big Data a tutti i clienti europei. Il centro consentirà di capitalizzare l’esperienza accumulata nella prima fase di implementazione della nuova infrastruttura per i Big Data di CaixaBank, banca spagnola da 13,7 milioni di clienti. Inoltre supporterà la formazione di nuovi specialisti in Big Data provenienti da Oracle, CaixaBank e altre organizzazioni private e pubbliche attraverso accordi di collaborazione con aziende e istituzioni, lo sviluppo di corsi di formazione e programmi sovvenzionati. Più in dettaglio, per quanto riguarda l’esperienza di Oracle con CaixaBank, in questa prima fase è stata sviluppata l’infrastruttura per un repository dei dati centralizzato, con l’obiettivo di rispondere in modo semplice e veloce a qualsiasi richiesta di informazioni di business. In pratica, con lo sviluppo della nuova infrastruttura (che include molti dei servizi offerti da Oracle, come Oracle Engineered Systems, Oracle Software e Oracle Consulting Services), CaixaBank

ha unificato in un unico repository tutti i precedenti ambienti di informazioni dei più disparati settori (commerciale, rischi, normative, ecc.). Ciò consente alla banca di accedere facilmente a una quantità maggiore di informazioni aggregate e analizzarle con maggiore profondità storica. “Essere una delle prime istituzioni finanziarie del mondo a incorporare i Big Data nella gestione quotidiana del business conferma la nostra 15

scommessa nell’innovazione, che rientra in una delle linee strategiche di CaixaBank - ha dichiarato Juan María Nin, vice president e Ceo di CaixaBank. L’infrastruttura di Big Data messa a punto è interamente pensata per conoscere più a fondo le esigenze del cliente e migliorare il servizio. In questo senso, la tecnologia è perfettamente in linea con la visione di servizi finanziari del nostro gruppo e con il nostro impegno verso l’eccellenza”.


Flash news

Nel segno dell’inclusione finanziaria Il Banco Popolare ha siglato un accordo di collaborazione con Microcredito per l’Italia

Accordo di collaborazione fra il Banco Popolare e Microcredito per l’Italia, impresa sociale specializzata in attività di inclusione finanziaria e sostegno alla micro e piccola impresa. La partnership prevede da parte di Microcredito per l’Italia l’erogazione di garanzie a micro e piccole imprese che per le loro caratteristiche - volume d’affari, debolezza patrimoniale, start-up recente - hanno maggiori difficoltà

nell’accesso diretto al credito bancario, mentre il Banco Popolare erogherà i relativi finanziamenti in un’ottica di condivisione e compartecipazione al rischio (la garanzia copre il 75% dell’importo e non verranno richieste ulteriori coperture), assicurando condizioni agevolate e uniformi nei confronti di tutti i beneficiari. “Fare microcredito assieme alle banche, che sono considerate le principali

responsabili nell’applicazione di criteri di accesso al credito sempre più stringenti e selettivi, può sembrare una contraddizione spiega Paolo Nicoletti, presidente di Microcredito per l’Italia. Ma non lo è nel momento in cui la collaborazione si basa su principi di corresponsabilità, di condivisione del rischio, di integrazione dei metodi di valutazione del credito, di sinergia totale”. “Il Banco Popolare - commenta il direttore generale Maurizio Faroni - non è nuovo a iniziative di microcredito, che ha sempre sostenuto con attenzione e impegno, e l’accordo con Microcredito per l’Italia si inquadra perfettamente in un percorso di vicinanza ai territori ed alle loro istanze che, soprattutto in questo periodo, possono beneficiare di una ancor più alta sensibilità da parte di una banca a vocazione popolare e profondamente legata ai territori, alle famiglie ed alle piccole imprese, qual è appunto il Banco Popolare”.

Intesa Sanpaolo con Sace per le imprese italiane sul mercato cinese Disponibile un plafond di 100 milioni di euro per sostenere l’attività di export e internazionalizzazione

Gaetano Miccichè, direttore generale e responsabile della divisione Corporate e Investment Banking di Intesa Sanpaolo

Intesa Sanpaolo e Sace hanno finalizzato un protocollo d’intesa

destinato a sostenere l’attività di export e internazionalizzazione delle Pmi italiane in Cina attraverso un plafond di 100 milioni di euro. L’accordo pone inoltre le basi per una collaborazione rafforzata su specifici progetti in questo mercato. E’ già allo studio un’operazione al fianco di Toscotec, impresa del distretto cartario di Lucca, che vede un finanziamento per oltre 16 milioni di euro, erogato da Intesa Sanpaolo e garantito da Sace, a sostegno dell’esportazione di macchinari industriali ad elevato contenuto tecnologico in favore di un primario gruppo cinese nel settore del tissue. “Intesa Sanpaolo è da sempre fortemente impegnata nel sostenere il processo di sviluppo e crescita delle imprese italiane nei mercati internazionali e in particolare in Cina - ha commentato Gaetano 16

Miccichè, direttore generale e responsabile della divisione Corporate e Investment Banking di Intesa Sanpaolo. Infatti il mercato cinese continua a offrire notevoli prospettive in termini di crescita di consumi e tali opportunità possono essere colte al meglio dalle aziende italiane con forti brand, con capacità di migliorare sempre più la qualità dei prodotti e di individuare nuovi segmenti di mercato. A questo fine è cruciale il ruolo di una banca in grado di offrire alla clientela servizi all’avanguardia, con una visione e una presenza sui mercati internazionali come quelli che un Gruppo dell’esperienza di Intesa Sanpaolo può assicurare. L’accordo firmato con Sace è un ulteriore e importante passo in questa direzione”.


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India: prezzo dell’oro in picchiata per le nuove regole sull’import La banca centrale indiana ha intrapreso i primi passi verso l’alleggerimento delle regole sull’import dell’oro I prezzi dell’oro in India, stando a quanto affermato da operatori di mercato locali, sono crollati subito dopo l’annuncio da parte della banca centrale indiana di aver intrapreso i primi passi per un allentamento delle rigide regole sull’import. Emanata con l’obiettivo di ridurre il deficit commerciale dell’India con il resto del mondo, la

campagna elettorale di questo mese, la banca centrale indiana ha affermato che le aziende private potranno importare lingotti d’oro per la produzione di gioielli. Alcune compagnie, inoltre, potranno iniziare a prestare denaro per finanziare importazioni di oro. Modi ha offerto il suo supporto per il mercato dell’oro, spiegando che

centrale indiana - ha affermato Mohit Kamboj, presidente della Bullion & Jewellers Association (l’associazione del mercato dell’industria dell’oro indiana) - è positiva per il mercato e per l’industria”. In India, i prezzi dell’oro sono stati in forte diminuzione nella giornata di giovedì scorso fino a raggiungere

norma ha assolto anche il compito di risollevare la rupia dal record negativo di tutti i tempi, toccato nell’estate del 2013 nel mercato delle valute. Con Narendra Modi pronto a diventare primo ministro del paese a seguito della vittoriosa

“la legislazione di tipo limitativo che ha colpito il mercato dell’oro non ha fatto altro che accrescere il contrabbando, il mercato nero e la corruzione”. “L’allentamento delle regole restrittive inerenti all’import da parte della banca

il minimo di nove mesi a 2.855 rupie al grammo (circa 1.525$/oz). Kamboj prevede un ulteriore calo dei prezzi del 20% prima di Diwali, la stagione indiana più importante per l’acquisto di oro che inizierà a fine ottobre.

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Focus corner

I favoriti del Nasdaq Di recente, il Nasdaq ha superato la soglia dei 4mila punti e ha così più che triplicato il minimo di 1.265 del marzo 2009. Tuttavia, mentre numerosi altri indici azionari hanno già ampiamente superato i loro precedenti massimi, il principale indice tecnologico rimane ancora lontano dal record di 5.132 punti raggiunto 14 anni fa

Christophe Bernard, chief strategist di Vontobel

La situazione odierna è però fondamentalmente diversa da quella degli ultimi anni 90. Le aziende all’avanguardia tecnologica come Apple, Google o Facebook sono redditizie “sul serio” e vantano solidi bilanci. Per gli investitori è comunque consigliabile diversificare l’esposizione nel settore tecnologico, focalizzandosi su aziende con una valutazione “ragionevole” e quote di mercato dominanti nei rispettivi segmenti.

Il settore tecnologico ha sempre affascinato l’immaginario collettivo, ed è facile capire perché. Le rivoluzioni tecnologiche, come la macchina a vapore, il motore a scoppio o più recentemente internet, dischiudono grandi opportunità per gli imprenditori come per gli investitori. Il successo stellare di pochi player di spicco non deve però farci dimenticare i fattori fondamentali: innanzitutto, le aspettative ambiziose provocano spesso valutazioni eccessive e, in secondo luogo, il valore di una società dipende in ultima istanza dagli utili e dai flussi di cassa. Alla fine prevale sempre la “legge di gravità”, indipendentemente dal settore in cui opera un’azienda.

Vento in poppa per i fanalini di coda Nell’esaminare il settore tecnologico, molti investitori sono spesso accecati dalle azioni che fanno più scalpore tra i media. Così facendo, trascurano però i “vecchi” titoli domestici, come Microsoft, Ibm, Oracle o Emc - per citarne solo alcuni - molti dei quali hanno dovuto reinventarsi quando le loro sorti hanno cominciato a cambiare. In un certo senso, dopo la deludente crescita degli ultimi anni, ci sono buoni motivi per evitare tali azioni. Eppure dobbiamo ricordare che questo segmento dipende in grande misura dalla spesa delle aziende, che dall’inizio della crisi finanziaria hanno tenuto ben chiusi i loro portafogli. In previsione di un aumento della spesa in beni

I leader tecnologici di oggi sono redditizi Gli investimenti tecnologici non destano sempre ricordi piacevoli. Lo scoppio della cosiddetta bolla delle dot-com, nel 2000, ha distrutto valore per gli azionisti e mandato in rovina non pochi investitori. Siamo arrivati al punto in cui la storia si ripete? Non crediamo. Certamente, molte società mancheranno di soddisfare le aspettative e gli investitori potranno subire gravi perdite. 18


Focus corner

fin troppo bene (vedi grafico).

capitali quest’anno e nel prossimo futuro, soprattutto negli Usa, non saremmo sorpresi se gli operatori di mercato prevedessero migliori prospettive per i titoli meno vistosi del settore tecnologico.

Buone prospettive per le azioni Salvo un’ulteriore grave escalation della crisi tra Russia e Ucraina, restiamo cautamente ottimisti sulle prospettive delle azioni in generale. La politica monetaria espansiva delle banche centrali, le valutazioni ragionevoli e i robusti utili aziendali ci confortano in questa opinione, che si riflette in un lieve sovrappeso delle azioni. Inoltre abbiamo aumentato la nostra esposizione nelle commodity per tener conto del previsto aumento della domanda di petrolio e del maggiore rischio geopolitico, anche se in generale manteniamo un sottopeso in questa categoria. La chiusura dei rubinetti di liquidità da parte della Federal Reserve finirà probabilmente per cambiare le regole del gioco, spianando gli eccessi dei mercati finanziari che negli ultimi anni sono stati tenuti in vita dalle manovre monetarie. Prima o poi i rendimenti delle varie asset class subiranno delle pressioni. Il momento, però, non è ancora arrivato.

Occhio al portafoglio Le aziende tecnologiche operano in un ambiente insidioso: un prodotto di successo lanciato da un concorrente può provocare la caduta di un titolo che fino a quel momento andava a gonfie vele. Gli investitori con un lungo orizzonte temporale, come Warren Buffett, evitano di solito questo settore, che ha una visibilità inferiore alla media, perché non vogliono ritrovarsi nel portafoglio un’attività obsoleta. Lo stesso vale però anche per gli investitori senza esposizione diretta nelle azioni tecnologiche: anche loro devono seguire da vicino le nuove tendenze, che potrebbero rovinare il business model delle aziende in cui partecipano. Chi ha investito in retailer brick-and-mortar (con strutture fisiche) e nell’editoria lo sa

Azione dell’e-retailer Amazon versus i concorrenti non-tech Staples, Barnes & Noble [Fonte: Datastream, Vontobel Asset Management] 19


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L’onda lunga dei mercati Dopo la lunga fase rialzista che guida i mercati dal 2009, sottolineano gli esperti di MoneyFarm, il 2014 si presenta come un anno difficilmente decifrabile per gli investitori. In effetti, se è vero che oggi nessun mercato pare eccessivamente caro e che l’economia globale dovrebbe continuare a crescere a buon ritmo, è anche vero che anni di continua crescita hanno lasciato poche nicchie di valore

Claudio Barberis, responsabile Asset Allocation di MoneyFarm

Poi se si considera che dal 2000 a oggi di fatto ci sono stati due cicli ribassisti e due rialzisti con risultato di fatto nullo, c’è chi spera in una “rottura” definitiva al rialzo di un movimento laterale che non ha portato altro che volatilità negli ultimi quindici anni.

Analisti e strategist di mercato amano interpretare le dinamiche dei mercati azionari in termini di fasi “orso” e fasi “toro”, cercando una chiave interpretativa dei mercati, a dimostrazione che i prezzi non si muovono davvero in modo casuale, come certe teorie vorrebbero far supporre, ma seguono dei macro-trend che, se visti in tempo, permettono a chi investe di raccogliere qualche profitto extra. Grafici come quello riportato qui sotto, relativi al mercato azionario americano, sembrano confermare che effettivamente esistono cicli di mercato ben precisi, che durano qualche anno. L’interventismo delle banche centrali negli ultimi anni sembra essere una delle ragioni dietro la continua salita dei mercati azionari dal 2009 al 2013, una strategia costante di supporto ai mercati che ha dominato su tutto il resto e creato un ciclo ben visibile. Assodato quindi che i mercati, almeno da una prima analisi, seguono dei cicli, e che questi cicli in qualche modo riflettono l’andamento delle economie e le azioni delle istituzioni coinvolte, l’investitore si trova oggi nella classica situazione scomoda di capire quanto lunga sarà la fase rialzista dei mercati azionari in corso dal 2009. Vengono allora a supporto più profonde analisi storiche da cui si può notare che alcuni cicli (anni 90) sono durati un decennio, altri un quinquennio (2003-2008), altri di più (fase laterale 1968-1983). Quindi cinque anni di mercato toro in teoria non sono necessariamente troppi.

Cosa deve fare l’investitore La situazione dell’investitore è chiaramente scomoda e occorre muoversi su due fronti: • si valuta se le valutazioni del mercato americano sono da bolla o meno e se i fondamentali delle aziende sono attesi in miglioramento; • si estende il campo d’analisi (nel grafico sopra abbiamo mostrato solo lo Standard & Poor’s) alla ricerca di nicchie o settori ancora acquistabili a prezzo interessante, segmenti di mercato che sono stati indietro. Per quanto riguarda il primo punto, il grafico più comunemente usato è il rapporto tra il prezzo attuale e gli utili medi realizzati dalle aziende presenti nell’indice negli ultimi dieci anni corretti per l’inflazione, indicatore sviluppato negli anni 30 e ripreso da Robert Shiller. Attualmente l’indicatore viaggia a 25,4, ossia circa il 30% più caro della media storica di 19,1 dal 1955. Questo significa che il mercato potrebbe essere caro (non però come nel 2000) e che gli utili in arrivo nei prossimi anni dovranno essere significativamente in crescita per giustificare una

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Focus corner

S&P 500 Shiller Cyclically Adjusted P/E – Adjusted using trailing 10 -yr avg.inflation adjusted earnings

S&P Composite Index

prezzi attuali sono interessanti e offrono un ottimo livello di ingresso per chi ha tempo di aspettare (chi non ha tempo di aspettare in generale non dovrebbe approcciare i mercati azionari...). Giappone - la grande delusione del 2014, per ora. Il mercato non è a buon prezzo e le attese di utili sono positive ma in linea con la media globale. In un editoriale specificamente dedicato all’Abenomics abbiamo espresso la nostra fiducia nella potenza riformatrice delle riforme di Abe e della politica monetaria di Kuroda. Dopo un forte rally ad inizio 2013, il recente rialzo dell’Iva e dati di crescita che mostrano un po’ di stanchezza, il mercato azionario sta accusando il colpo. Le ultime minute della Bank of Japan confermano però un ottimismo di fondo sulla forza della ripresa e sulla bontà delle politiche intraprese. Ci si aspetta quindi che gli utili aziendali battano le stime nei prossimi anni e che il mercato si riveli più a buon prezzo di quel che appare. Italia - In questo caso, il mercato è ancora a buon prezzo rispetto al resto dell’Eurozona, anche se le aspettative di ripresa degli utili non sono elevate. Come per i mercati emergenti le valutazioni sono basse, ma a differenza degli emergenti anche le aspettative sono basse e c’è spazio per sorprese positive (le aspettative per il 2014 non sono significative viste le svalutazioni fatte dalle banche principali). Va precisato che il mercato italiano è per composizione un po’ diverso da quello europeo, per l’ampio peso di banche ed energia. In definitiva, dopo la lunga onda rialzista che guida i mercati dal 2009, il 2014 si presenta come un anno difficile. Nessun mercato pare eccessivamente caro e quest’anno l’economia globale dovrebbe crescere di un buon 2,8%; tuttavia anni di continua crescita hanno lasciato poche nicchie di valore portando gli investitori a un certo nervosismo. La correzione in corso in questi giorni potrebbe quindi essere di modesta portata, e in qualche modo salutare.

valutazione alta. L’aspettativa per il 2014 e 2015 di crescita degli utili negli Stati Uniti è forte (+8.5% nel 2014 sul 2013 e un ulteriore +11,6% nel 2015, dati Bloomberg), a testimonianza del fatto che il prezzo dell’indice incorpora parecchio ottimismo. Tra l’altro non va dimenticato che gli utili americani sono sui livelli storici massimi di sempre, avendo ormai recuperato dai minimi pre-crisi (anche in termini reali). L’attesa per utili ancora in crescita va poi contestualizzata con una ripresa americana ormai avviata da anni e un mercato del lavoro tutto sommato in condizioni buone, ma non ottime come il solo dato di disoccupazione al 6,7% farebbe pensare. A supporto del mercato azionario americano resta invece l’assenza di alternative significative sui mercati obbligazionari, dove i tassi sono bassi e nel migliore dei casi si spera di perdere poco in termini reali nei prossimi anni.

Le alternative agli Usa Vediamo allora più in dettaglio alcuni mercati azionari su cui riteniamo di vedere in modo un po’ più chiaro del valore inespresso. Ci focalizziamo su Giappone, Italia e Mercati emergenti. Nella tabella vediamo il prezzo/utili attuale (utili dell’ultimo anno), l’attesa di variazione utili per il 2014 sul 2013 e l’attesa sull’andamento dei fatturati nel 2014. I tre mercati si distinguono per motivi diversi. Mercati emergenti - in questo caso l’indice generale dei mercati emergenti tratta a prezzi bassi pur con attese di crescita ancora buone di utili e fatturati. Pesa in questo caso il timore che le attese vengano smentite e che il rallentamento dei Brics sia qualcosa di strutturale e non ciclico. Come abbiamo già detto in passato, difficilmente nel breve gli investitori riscopriranno i paesi emergenti, ma i 21


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