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Blacks, Una gita a Roma
Una gita a Roma
di Blacks
Una bella mattina d’aprile la classe 5aC della scuola elementare Raffaello Sanzio parte da Bologna per fare una gita nel Lazio, a Roma, in pullman. Il pullman carica 18 alunni, le maestre Alba, Romina e Maria e a bordo ci sono il primo autista Alberto e il secondo Nicolò. Circa a metà strada, l’autista, guardando dallo specchietto, si accorge che una macchina blu tutta distrutta con all’interno un nonnino presbite gli sta alle calcagna.
L’autista inizia ad avere paura: è quasi terrorizzato e cerca di accelerare, ma il pullman, essendo vecchio, non riesce ad andare più veloce.
Arrivati in Toscana, quasi al confine con il Lazio, il pullman si ferma dentro a una galleria, a causa dell’autostrada molto trafficata.
Dietro di loro c’è ancora l’auto blu e l’autista è sempre più agitato. Molti bambini si sono addormentati dopo le tante ore di viaggio, però all’improvviso vengono svegliati dalle urla della maestra Alba che ha visto l’autista morto con la testa appoggiata al volante. Chiede aiuto alla maestra Romina, che anche lei urla per lo spavento. Il secondo autista aveva dormito pochissimo la notte prima e quindi si regge la testa con le braccia, facendo credere a tutti che stia male e che sia in procinto di svenire. Nel semi-buio della galleria autostradale, qualcuno nel pullman apre la porta posteriore… è la maestra Maria che, per paura di essere incolpata, scappa di corsa tra le auto ferme, inseguita dalla maestra Alba che, non avendo visto chi sia stato, pensa che sia stata lei. Corrono per tanti chilometri fino ad arrivare ad una piazza affollata di un paese vicino. Alba, però, stanca e affaticata, perde di vista Maria che, astuta, si mescola tra la folla per non farsi riconoscere.
Intanto il secondo autista non è più a bordo del pullman, perché sentendosi male ha dovuto chiamare l’am-
bulanza. Romina chiama Maria per avvisarla.
Alba decide di chiamare la polizia che, dopo poco tempo, si presenta davanti a lei e la interroga chiedendole che cosa sia accaduto, quando e dove. Alba dichiara che forse la sua collega Maria ha accoltellato l’autista dell’autobus che avevano preso per fare una gita a Roma con la sua classe, che erano circa le 16:00, che era successo quando erano fermi dentro a una galleria autostradale molto trafficata e che avevano una macchina blu tutta distrutta alle calcagna.
La polizia le chiede: “Ma non ha visto nessuno?”
Alba risponde: “No, non ho visto proprio nessuno!”
La polizia sale sul pullman e interroga tutti gli alunni e la maestra Romina. I bambini rispondono che stavano dormendo perché erano passate tante ore e Romina ne era testimone. A questo punto la polizia sospetta che possa essere stata Maria, ma perché? Quale poteva essere il movente, se neppure conosceva l’autista?
La polizia, siccome il caso era molto complicato, chiama sulla scena del delitto l’ispettore Fabrizio, un ragazzo molto giovane, ma già molto esperto di crimini, per condurre le indagini.
Fabrizio trova una donna con una sciarpa nera, i capelli mori ed un paio di occhiali. Sembra Maria, il suo aspetto è molto simile alla fotografia che Romina gli ha fornito. Quindi la interroga e le chiede informazioni su ciò che era avvenuto sul pullman. Maria mentre viene interrogata è molto impaurita. Dichiara che si trovava sul pullman insieme alle sue colleghe e alla sua classe, che ad un certo punto aveva visto l’autista con la testa appoggiata al volante e che, impaurita, era scappata di corsa. Erano le 15:00, erano fermi in una galleria molto trafficata e ricorda di aver visto il secondo autista scomparire all’improvviso. Fabrizio pensa che abbia qualcosa da nascondere…
L’ispettore Fabrizio, esaminando tutte le indicazioni che aveva ricevuto da Maria e Alba, nota che c’è una
dichiarazione incoerente: Maria ha detto che quando è successo l’omicidio erano le 15:00, mentre Alba aveva dichiarato che erano le 16:00.
Successivamente l’agente di polizia chiama il responsabile della Cotabo, la compagnia di cui facevano parte Alberto e Nicolò, chiedendo quali fossero i rapporti fra i due autisti. Il responsabile risponde che erano grandi amici, ma che ultimamente Nicolò si lamentava perché voleva essere il primo autista per essere pagato di più.
Fabrizio, sempre più insospettito, comincia a cercare la macchina blu; la trova grazie all’aiuto di Gabriel, uno degli studenti che si trovavano sul pullman, che aveva memorizzato la targa di quell’auto alquanto sospetta. L’agente ferma il conducente e gli chiede i documenti.
Il cognome di Gianluca, l’anziano a bordo dell’auto, è esattamente lo stesso di quello di Nicolò, è il padre di Nicolò.
Fabrizio domanda a Gianluca dove sia andato Nicolò, perché non è più sul pullman e Gianluca dice che non si sentiva molto bene e che quindi aveva dovuto chiamare lui stesso l’ambulanza.
L’ispettore telefona all’ospedale in cerca di una conferma di quanto aveva appena ascoltato; chiedono alle infermiere se la sera prima sia arrivato in ambulanza un autista di nome Nicolò. L’infermiera risponde che era arrivato un signore di nome Nicolò con la camicia bianca sporca di sangue, ma che appena entrato nell’ambulatorio, era scappato a gambe levate, affermando di stare benissimo. Il poliziotto nota che sopra al cruscotto della macchina di Gianluca, c’è un coltello sporco di sangue e molto affilato.
A questo punto la polizia è sicura di avere la soluzione in mano: Nicolò, dopo avere accoltellato Alberto per essere il primo autista, aveva dato il coltello al padre Gianluca e, per scappare velocemente a causa della strada bloccata dal traffico, aveva chiamato l’ambulanza. C’era solo una cosa che non tornava: perché Maria aveva
detto alla polizia che quando il primo autista era stato accoltellato erano circa le 15:00, mentre Alba parlava delle ore 16:00?
L’ispettore Fabrizio chiede a Maria che ore sianoin quel momento e lei si accorge meravigliata che il suo orologio segnava ancora le 15:00. Le batterie del suo orologio si erano scaricate.