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Logic11, Sembra troppo facile
Sembra troppo facile
di Logic11
Domenica mattina Alba ed Elisa, due quattordicenni che amavano stare all’aria aperta, fare delle passeggiate e giocare, uscirono di casa per andare al parco come ogni domenica. Ci andavano per rilassarsi un po’ e svagarsi, essendo sempre chiuse in casa a studiare. C’era molta strada da percorrere e faceva caldo, così Elisa chiese ad Alba se lungo il percorso potessero fermarsi a prendere un gelato. A metà strada trovarono il gelataio; scelsero un grande gelato con tanti gusti. Si fermarono a chiacchierare per un po’ delle loro cose familiari, poi ripresero il cammino e giunsero al parco quasi deserto; c’era solo una mamma con un bimbo nel passeggino. Iniziarono a giocare, poi, sentirono il bambino piangere. Alba gli si accostò per capire perché piangesse e il piccolo tra le lacrime esclamò: “Mamma, mamma!!!”
Alba ed Elisa capirono che la sua mamma era scomparsa; Alba allora andò verso la panchina su cui aveva poggiato il suo zainetto per prendere un fazzoletto per il bambino, ma quando si voltò anche Elisa e il bambino erano spariti…
All’improvviso le sembrò di trovarsi in un posto buio e sconosciuto come se fosse in un film dell’orrore; eppure era proprio in quel parco, dove, di solito, si sentiva tranquilla come a casa propria.
Spaventata e preoccupata, Alba chiamò la polizia tremando dal terrore. Una poliziotta arrivò poco dopo e, come di routine, la interrogò per sapere se fosse riuscita a vedere qualcosa e se lei conoscesse la mamma del bambino. Alba, ancora spaventata, rispose che non era riuscita a vedere nulla perché era girata dall’altro lato e che non conosceva né la mamma, né il bambino. Dopo alcune domande, la poliziotta la lasciò andare e insieme al suo cane Max, iniziò a cercare degli indizi. Il cane trovò sotto al passeggino lo scontrino del gelato, così,
la poliziotta chiamò Alba e la fece ritornare lì in un batter d’occhio; le chiese se ne sapesse qualcosa e Alba le raccontò che prima di arrivare al parco si erano fermate dal gelataio. La poliziotta, allora, andò a fare qualche domanda al gelataio che disse di non ricordarsi di quelle ragazze. Era molto strano che non si ricordasse di loro perché erano andate a prendere il gelato solo un’ora e mezza prima e tra l’altro dal gelataio non c’era un gran via vai. La poliziotta portò in caserma il gelataio per fargli altre domande. Ad una di queste rispose che c’erano stati pochi clienti la mattina, tra cui una donna molto strana che gli aveva rubato dei soldi lasciati sul banco e poi era scappata via di corsa come se stesse inseguendo qualcuno. Dopo averle raccontato ciò, in effetti, gli venne in mente che erano passate di lì le due ragazze. La poliziotta, così, iniziò a cercare quella donna. Sperando che avesse qualcosa in comune con la scomparsa della mamma, del bimbo, nonché di Elisa.
Dopo molte ricerche al computer, con app specializzate nell’identificare e nel rintracciare le persone con pochi dati a disposizione, la poliziotta riuscì a sapere che la donna lavorava in un magazzino; così, andò in quel luogo strano e inquietante e lì trovò un ragazzo che le fece incontrare quella donna.
La poliziotta, mentre parlava con lei, apprese che si chiamava Emma, e, tra le tante cose che le raccontò, tra le lacrime le disse che di recente aveva perso un figlio in un incidente stradale e che lavorava solo da pochi giorni in quel magazzino. Dopo aver scambiato qualche altra parola con lei, la poliziotta le chiese se avesse notato un bambino nel passeggino al parco la domenica mattina. L’espressione che fece la donna fu tale da insospettire la poliziotta. Tutto sembrava molto ovvio per cui la poliziotta decise di portare la donna in caserma e lì le fecero ancora altre domande le cui risposte facevano sospettare ancor più di lei. Emma fu pertanto considerata responsabile di quanto accaduto e tenuta sotto osservazione.
Ogni volta che la poliziotta scopriva qualcosa di nuovo lo riferiva, subito, ad Alba e ne discutevano per un po’. Quando ad esempio le riferì ciò che aveva saputo su Emma, Alba chiese alla poliziotta se, intanto, potessero cercare Elisa, la mamma del bambino e il bambino. La poliziotta la rassicurò e le disse che avevano già iniziato a cercarli e che non avevano ancora trovato nulla che potesse aiutare nelle indagini.
Mercoledì, la poliziotta vide Emma, sembrava che stesse scappando da una persona strana, inquietante e bassa. La poliziotta intervenne subito correndole incontro; quando la raggiunse, l’altro soggetto se ne andò via correndo. Emma le spiegò che era andata a prendersi un caffè al bar, dove, poi, questo strano tipo l’aveva minacciata. Non doveva raccontare niente su un qualcosa di cui lei, tra l’altro, non era affatto al corrente e, visto che non sapeva cosa fare, stava scappando via. La poliziotta chiese ad Emma come era vestita la persona che la rincorreva ed Emma le rispose che indossava un giubbotto blu scuro e che aveva un ciuffo di capelli color viola. La poliziotta chiamò Alba e le raccontò quanto appena accaduto. Poco dopo aver finito la telefonata, ricevette una chiamata da una sua collega che le diceva di aver appena trovato Elisa e la mamma del bambino, ma non il piccolo. Così contattò nuovamente Alba per aggiornarla. Elisa e la mamma del bambino furono quindi interrogate.
La mamma del bambino raccontò che lo aveva adottato quando aveva pochissimi mesi e stava con lei da circa due anni. Elisa disse che qualcuno le aveva bendato gli occhi e l’aveva presa per mano facendola correre. Quando sentì che l’avevano poi lasciata libera, si era tolta la benda e si era ritrovata in un negozio con le saracinesche abbassate. Si accorse che di fronte a lei c’era la mamma del bambino legata su una sedia, la liberò subito e le chiese chi fosse stato a farle questo, ma lei non rispose.
Così, la poliziotta chiese conferma alla mamma del bambino, e lei annuì lasciando intendere che era tutto vero.
Dopo una decina di minuti in cui era rimasta in silenzio, la mamma ammise di essere stata lei a organizzare tutto ciò grazie all’aiuto di due complici. E così iniziò a confessare che quella domenica mattina, quando aveva visto arrivare le due ragazze, le era venuta in mente la scena di quel giorno in cui, circa dieci anni prima, una signora le aveva portato via il suo bambino e una delle ragazzine somigliava proprio tanto a lei; allora le venne forte il pensiero che quella ragazza potesse essere figlia proprio di quella donna, per cui senza soffermarsi a riflettere ulteriormente scrisse un messaggio ai suoi fratelli chiedendo loro di raggiungerla al parco, cercando di non farsi notare.
Mentre le ragazze giocavano si allontanò dal bambino, correndo via, per parlare ai suoi fratelli, per renderli complici del piano che voleva mettere in atto; quando Alba si voltò, la zia del bambino lo prese senza che lui urlasse, perché la conosceva bene e si sentiva tranquillo tra le sue braccia, mentre l’altro fratello bendò Elisa e la trascinò nel negozio; nel frattempo, la mamma del bambino ebbe il tempo di legarsi alla sedia che era nel retro del negozio in cui poi fu portata anche Elisa, mentre la zia era andata a nascondere il bimbo a casa sua per non lasciarlo al parco da solo.
Quel mercoledì la zia del bambino inseguì Emma fino al bar, dove le urlò intimandole di non dire nulla, altrimenti sarebbe finita nei guai…
La zia del bambino, in verità, disse quella frase senza una ragione. In effetti Emma non aveva nulla da temere non conoscendo nessuno di loro e neppure avendo visto o sentito alcunché.
La poliziotta le chiese come faceva a sapere di Emma e lei rispose che aveva origliato di nascosto quando aveva aggiornato Alba al telefono.
Il caso fu risolto, Emma era libera, la mamma del
bambino e i suoi fratelli furono arrestati, il bambino fu ritrovato e affidato a un’altra mamma adottiva. La cosa più bella fu che Alba ed Elisa si poterono di nuovo rilassare senza brutti pensieri per la testa.