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Padauan 15, I sussurri dell’assassino al timpano

I sussurri dell’assassino al timpano

di Padauan 15

INIZIO

Sono Ernesto Timpano, io e la mia classe, la 5°c, stiamo andando in gita in un castello in Toscana: faremo tutto il tour, mangeremo e dormiremo là.

Abbiamo fatto due ore di viaggio e finalmente siamo nel giardino del castello.

Ci avviciniamo al portone, dove ci aspetta la guida che ci porta a fare il tour del castello. Visitiamo tutto eccetto i sotterranei perché non adatti ai bambini: ci sono oggetti pericolosi.

Una volta cenato, ci sistemiamo nelle nostre stanze che sono in una torre, in ogni piano ci sono due camere e una scala in mezzo per salire.

Io sono in camera con Alberto e Niccolò.

Nessuno di noi riesce ad addormentarsi e Niccolò vuole andare ad esplorare i sotterranei, Alberto la pensa come lui e convincono anche me.

Scendiamo tutte le scale e troviamo la porta per accedere ai sotterranei.

Lì dentro ci sono un sacco di oggetti di tortura e una porta chiusa a chiave. Dopo qualche ora di gioco, decidiamo di tornare nella nostra camera ma, durante il ritorno, incontriamo il custode che cammina con una torcia in mano e ci chiede cosa stiamo facendo. Io gli rispondo subito che dobbiamo andare in bagno, lui perplesso ci lascia andare indicandoci la strada della toilette ma quando si allontana prendiamo quella della torre.

Torniamo tutti e tre a letto e ci addormentiamo.

Io faccio solo sogni brutti con persone che vengono torturate con gli oggetti che avevo visto.

Ad un certo punto sento il rumore di una serratura che si rompe e tre urla diverse. Mi sveglio e lo stesso fanno Nic e Alberto.

Ci dirigiamo tutti in una camera al quarto piano della

torre, da dove si sono sentite le urla.

Anche il resto della classe e le maestre sono lì a guardare l’accaduto.

Mi faccio spazio tra la folla per vedere meglio e, una volta in prima fila, scopro i cadaveri di Anna, Arianna e Rebecca stesi a terra; si intravedono anche delle macchie di sangue sulle lenzuola; credo siano state accoltellate perché intravedevo grandi ferite.

SVOLGIMENTO

La maestra Alessandra, vista la scena, sviene. Ci mettiamo tutti a urlare. La Fiorella ci dice di rimanere calmi e prova a chiamare subito la polizia ma non c’è campo.

A quel punto arriva il custode, lo stesso che avevamo incontrato qualche ora prima, e una volta capito cosa è successo, ci dice di metterci in fila e andare in fretta nel salone principale.

Prima di scendere le scale noto qualcosa di luccicante tra le coperte delle vittime, mi avvicino per prenderlo e vedo che è una chiave, me la metto in tasca e raggiungo gli altri.

Nel salone principale arrivano anche i proprietari del castello, la guida e il cuoco.

Siamo tutti molto agitati, chi piange, chi trema, chi urla e chi, come me, sta in silenzio preoccupato.

Uno dei due proprietari si offre di andare nella caserma della polizia più vicina per raccontare cosa successo, anche se distante cinquanta minuti.

Il cuoco torna in cucina per preparare la colazione e il custode controlla le registrazioni nelle telecamere di sicurezza; le maestre lo seguono e così vogliamo fare tutti noi. Una volta nell’ufficio del custode ci mostra le registrazioni e ci accorgiamo che, poco prima del crimine, la telecamera era stata oscurata.

Una volta arrivata sera ancora non abbiamo notizie del proprietario che era andato alla caserma. Alessandra era sempre più agitata: sembrava le venisse un infarto da

un momento all’altro.

Per dormire torniamo nelle nostre stanze e ci chiudiamo tutti a chiave.

Rimaniamo al castello per non rovinare delle possibili prove, vogliono indagare su tutto e tutti. Niccolò vuole tornare un’altra volta nel sotterraneo per provare una frusta contro il muro di pietra e sentire che rumore fa. Alberto concorda e io li seguo perché non voglio stare da solo in camera.

Nel sotterraneo Nic prende la frusta e la volteggia in aria per vedere come si usa; io, intanto, mi fermo davanti alla famosa porta chiusa e mi chiedo se la chiave che ho trovato tra le lenzuola serve per aprirla, tanto vale provare, dopo che la infilo e la giro nella serratura si sente uno strano rumore, come di un elastico che si spezza. Sobbalzo pensando che dalla porta esca l’assassino, nello stesso momento mi giro e vedo Niccolò che prova la frusta contro il muro, il rumore è lo stesso e così capisco cosa successo: non è stata la porta a far quel baccano ma la frusta.

Ignorando l’accaduto e l’ennesimo spavento, entro nella porta. Alberto e Niccolò mi seguono e ci troviamo dentro una specie di ufficio pieno di documenti. La prima cosa che vedo è una foto incorniciata di una famiglia, i due ragazzi sembrano essere proprio i proprietari del castello.

Lì vicino vediamo anche un documento firmato da un uomo e da una donna con scritto che, dopo la loro morte, i figli avrebbero ereditato il castello. Evidentemente i figli sono i proprietari che adesso hanno il castello.

Alberto trova un altro foglio con scritto “Il piano” come titolo, non facciamo in tempo a leggerlo che sentiamo rumore di passi. Corriamo fuori dall’ufficio, chiudo la porta a chiave e ci nascondiamo dietro un oggetto in legno. È il custode che sta perlustrando il sotterraneo.

Camminando furtivamente ci dirigiamo verso l’uscita, e corriamo nella nostra camera. Durante la notte si

sentono gli stessi rumori della notte prima: una serratura che si rompe e tre urla diverse. Succedono le stesse cose della volta precedente, solo che le vittime sono Ale, Leo e Pippo.

La mattina seguente la guida è stanca e si offre di andare anche lei in centrale per riferire l’accaduto agli agenti e così va; dopo quella partenza non ci sono più auto da prendere e l’Alessandra sembra non calmarsi. Facciamo colazione e Tommaso N. (il proprietario rimasto) per farci passare il tempo decide di portarci sul balcone. Sono felice di questo, ma non altrettanto felice del fatto che sei miei compagni di classe sono stati uccisi durante la gita. Le ore passano e della guida nessuna traccia. In quella giornata l’Alessandra è svenuta due volte e tutti (tranne Lollo e Nic, che ridono e scherzano come sempre) siamo molto preoccupati.

Questa notte sono io che voglio tornare nei sotterranei e ovviamente Albero e Niccolò vengono con me. Ratti-ratti usciamo dalla nostra camera, scendiamo tutte le scale, entriamo nei sotterranei e apro la porta.

Spiego ai miei compagni che dobbiamo trovare un foglio che come titolo ha “il piano” e ci mettiamo a cercare. Dopo un po’ Alberto lo trova, me lo passa e inizio a leggere ad alta voce:

“Quel babbeo di mio fratello pensa che sia più giusto affittare il castel= lo invece di trasformarlo in un mu= seo, allora io farò fuori tutti i visi= tatori uno a uno”

e quando arrivo alla firma mi fermo, incredulo di quello che c’è scritto... e allora capisco ciò che è successo.

CONCLUSIONE Nessuno di noi ci crede e Niccolò pensa che ce lo

stiamo immaginando dal sonno. Allora torniamo nella nostra camera, cercando di non farci vedere dal custode: sennò sono guai seri!

Ci mettiamo a letto e ci addormentiamo.

Durante la notte sentiamo dei passi fuori dalla nostra porta, probabilmente è il custode ma, voglio assicurarmene. Scendo dal letto e mi dirigo verso la porta. In quel momento si svegliano anche Alberto e Nic, allora gli spiego che ho sentito dei passi da fuori e che volevo assicurarmi che fossero del custode. Poi mi piego e guardo attraverso la fessura della porta. Vedo un uomo vestito di nero incappucciato con un coltello in mano, indietreggio e quasi svengo, allora i miei compagni guardano dalla fessura e fanno un piccolo grido soffocato, non ci sono dubbi: quello è l’assassino!

A un tratto sentiamo il solito rumore di serratura che si rompe e le tre urla, questa volta le vittime sono i nostri vicini di stanza!

Senza pensarci esco dalla mia camera e mi lancio addosso all’assassino, lo picchio, lo mordo, lo strangolo... Giusto in tempo arriva il custode che lega il criminale, gli prende il coltello e glielo punta contro.

Piano piano arrivano tutti e io gli tiro giù il cappuccio, e vedo che l’assassino è Tommaso N., tutti iniziano a bisbigliare tra di loro. Portiamo al piano disotto Tommaso, lo mettiamo su una poltrona e iniziamo a fargli domande, anche se io so già tutte le risposte ascolto lo stesso.

Dopo qualche ora si sentono arrivare delle auto della polizia, allora ci dirigiamo verso il portone per raccontargli l’accaduto il più presto possibile. Insieme a loro ci sono anche la guida e l’altro proprietario, che ci spiegano che durante il viaggio a lui si era sgonfiata una gomma e allora si è fermato in un b&b; la guida, passando lì davanti, ha notato la macchina del suo capo e si è fermata perché lei aveva la pompa, quando il lavoro fu completato era troppo tardi e allora si sono fermati a dormire. Il giorno dopo sono ripartiti, hanno chiamato

la polizia e sono tornati qui.

Dopo la spiegazione portano via Tommaso e arrivano giornalisti, poliziotti, carri funebri, alcuni politici e dei genitori.

I poliziotti stanno facendo domande a tutti compreso me.

L’Alessandra sembra disperata e allora chiamano un’ambulanza per lei.

Dopo un po’ noto la mia mamma Barbara che mi cerca e io le vado in contro piangendo, lei mi abbraccia e ce ne torniamo a casa. Fine

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