RASSEGNA STAMPA DEL 17/01/2020

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PRIMO PIANO

Corriere del Veneto Venerdì 17 Gennaio 2020

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ALLA SBARRA I CASALESI DI ERACLEA

«Le vittime non sono qui e non chiedono i danni Questo prova che è mafia» Il pm ricostruisce la nascita del clan. Primi patteggiamenti

«La conferma che si è trattato di un fenomeno mafioso ce l’abbiamo qui in aula. Abbiamo individuato decine di persone offese, ma solo una si è costituita. All’inizio c’era omertà, poi hanno cercato di sminuire, ora non ci sono. Ci sono solo gli enti pubblici e le associazioni». Si discuteva della costituzione delle parti civili e alla fine è toccato ai pm Roberto Terzo e Federica Baccaglini mettere il dito nella piaga ed esplicitare quello che si era colto già nella scorsa udienza: e cioè che – salvo Fabio Gaiatto, la cui posizione è del tutto particolare (è l’ex broker abusivo di Portogruaro accusato di aver truffato oltre 3 mila clienti, qui vittima di un’estorsione) – tutte le altre persone che hanno subito i reati del clan dei Casalesi di Eraclea hanno deciso di non presentarsi in aula. Il sottinteso è chiaro: sebbene ormai da undici mesi il presunto «boss» Luciano Donadio e i suoi sodali siano in carcere con l’accusa di associazione mafiosa, evidentemente fanno ancora paura. Anche se qualche difensore, fuori dall’aula, sosteneva che fosse anche una questione di costi, di fronte a un processo che si preannuncia lunghissimo. E così ieri il gup Andrea Battistuzzi, dopo una lunga discussione, ha cristallizzato la situazione di coloro che potranno chiedere i danni alla fine del processo: ci saranno l’Avvocatura dello Stato per conto di Presidenza del Consiglio e ministero dell’Interno, l’associazione Libera (per tutti i reati con l’aggravante «mafiosa») e la Cgil, anche se solo per l’associazione di stampo mafioso. Sono state poi ammesse come parti offese, quindi con la possibilità di sola partecipazione in vista della costituzione vera e propria in dibattimento, la RegioVENEZIA

La vicenda ● In aula bunker a Mestre è in corso il maxiprocesso al clan casalese che, secondo la Dda di Venezia, si era insediato a Eraclea ● Secondo l’accusa, il boss era Luciano Donadio. I pm Roberto Terzo e Federica Baccaglini avevano chiesto il processo per 76 imputati, ma l’ex sindaco di Eraclea Mirco Mestre, accusato di voto di scambio, ha scelto il giudizio immediato ● Ieri sono stati ammessi come parti civili lo Stato, la Cgil e l’associazione Libera: come parti offese Regione e Cisl

Aula bunker A sinistra e in alto l’udienza e i controlli del processo al clan dei Casalesi di Eraclea in corso a Mestre in queste settimane

L’altro processo

Clan veronese, il pm chiede 31 anni

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odici anni per Domenico, detto «Gheddafi», ritenuto il capo. Otto al figlio Antonio, 7 al fratello Fortunato e 4 all’altro figlio Alberto. In totale ieri mattina il pm Paola Tonini ha chiesto 31 anni di carcere per i membri della famiglia Multari, che secondo l’accusa avevano creato una cellula ‘ndranghetista nel Veronese, con epicentro nel piccolo paese di Zimella, dove vivevano. Un clan legato alla cosca Grande Aracri, famosa per essersi insediata soprattutto in EmiliaRomagna e sgominata dall’inchiesta Aemilia. I Multari sono accusati di estorsioni e ricatti ad alcuni imprenditori, aggravati dal metodo mafioso, ed

è per questo che le pene chieste dal pm della Dda di Venezia sono state elevate. L’episodio centrale fu una maxi- estorsione ai danni di un imprenditore padovano, che avrebbe versato a Domenico Multari quasi mezzo milione di euro, vendendo la casa e andando a vivere in una roulotte: lui è l’unico delle venti parti offese che si è costituito parte civile, chiedendo un milione di euro di danni. Le difese hanno però cercato di ridimensionare gli episodi, escludendo l’aggravante mafiosa e spiegando che spesso quelle che sembrano essere «vittime» in realtà avevano un interesse diretto nelle operazioni. Il gup David Calabria ha poi

rinviato la sentenza al 24 gennaio, quando si terrà anche la discussione per i due imputati che hanno scelto il rito ordinario e dunque dovrebbero essere processati a Verona: l’altro fratello di Domenico, Carmine Multari, e il moldavo Dumitru Tibulac, che è irreperibile. Nell’inchiesta era finito inizialmente anche l’imprenditore nautico veneziano Francesco Crosera, accusato di aver «commissionato» ai Multari l’incendio di una barca in Sardegna e che verrà processato a Sassari. Nel frattempo di recente è ritornato agli arresti domiciliari per l’incendio dell’auto di un © RIPRODUZIONE RISERVATA rivale. (a. zo.)

ne Veneto e la Cisl. Il giudice ha quindi respinto l’eccezione di incompetenza territoriale relativa proprio all’estorsione di Gaiatto e anche quella della difesa di Donadio, con gli avvocati Giovanni Gentilini e Renato Alberini, sull’incostituzionalità della norma recente che prevede il collegamento dei detenuti in videoconferenza per ridurre i costi. «Per noi è difficile un processo del genere, soprattutto con il cliente a Nuoro - spiega Gentilini - La risposta del giudice è che in questa fase non ci sono attività istruttorie, dunque la ripresenteremo al dibattimento». La procura ha poi iniziato la requisitoria, a conclusione della quale oggi chiederà il rinvio a giudizio di tutti e 75 gli imputati, salvo ovviamente quelli che chiederanno di essere giudicati con il rito abbreviato: per ora in 11 l’hanno confermato, ma ce ne sono altri 10-15 in ballo, che aspettano di sapere chi sarà il giudice, visto che Battistuzzi dovrà occuparsi solo dell’udienza preliminare e «correre» per chiudere con i rinvii a giudizio entro il 19 febbraio, quando scadranno le misure cautelari. Due imputati minori hanno invece annunciato il patteggiamento con l’accordo dei pm: un anno e 4 mesi Tatiana Battaiotto, ex moglie di uno degli «uomini» di Donadio (Tommaso Napoletano) e 2 anni l’imprenditore padovano Giorgio Minelle. I pm hanno iniziato a ricostruire le origini del clan di Donadio. «Inizialmente ha investito i soldi dei Casalesi, ma poi ha creato un gruppo autonomo e si è affrancato», ha spiegato il pm Terzo. La collega Baccaglini si è poi soffermata su una delle posizioni più delicate, quella dell’ex avvocato di Donadio, Annamaria Marin, accusata di favoreggiamento con l’aggravante mafiosa. Il gip che aveva disposto i 50 arresti aveva ritenuto insufficienti gli elementi per una misura. «Ma da allora ne abbiamo raccolti ulteriori da coloro che hanno collaborato», ha detto Baccaglini. Alberto Zorzi © RIPRODUZIONE RISERVATA


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VENERDÌ 17 GENNAIO 2020 IL MATTINO

MONSELICE - CONSELVE - ESTE - MONTAGNANA

carceri

La regionale 10 ora è statale I 50 milioni arrivano dal 2021 Dopo la riclassificazione firmata da Conte, i sindaci auspicano un iter veloce Domani mattina a Montagnana il convegno promosso dalla Pastorale Sociale

Nicola Cesaro CARCERI. La Regionale 10 è or-

mai definitivamente una strada statale. Martedì pomeriggio il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha firmato il decreto sulla riclassificazione delle strade venete che consegna all’Anas ben 725 chilometri di strade regionali. Il decreto è stato firmato e trasmesso al Ministero delle Infrastrutture e attende ora il vaglio della Corte dei Conti. Con questo decreto 27 strade statali, passate nel 2001 sotto l'egida della Regione Veneto, ritornano di competenza nazionale. Tra queste c’è anche la Regionale 10, ovviamente con la sua variante, la strada che da Monselice dovrebbe arrivare a Legnago (Verona) ma che dal 2007 è ferma a Carceri. La Regionale 10, dunque, passa in mano ad Anas e potrà contare, sul fondo da 100

La strada regionale 10 è diventata statale

milioni di euro messo a disposizione per queste strade “in rientro”. L’assessore regionale a Infrastrutture e Trasporti, Elisa De Berti, ha già messo le mani avanti, assicurando che al

completamento della Regionale 10 saranno dedicati 50 milioni di euro a partire dal 2021 grazie all’accordo tra Regione Veneto e Anas. Nel 2021, infatti, dovrebbe essere ultimata la progettazione

definitiva affidata a Veneto Strade (che verrà consegnata “chiavi in mano” ad Anas). La notizia ha ovviamente trovato l’entusiasmo dei sindaci locali, come il sindaco montagnanese Loredana Borghesan: «Ci auguriamo che ora si trovino e si confermino le risorse per la realizzazione della tanto attesa Sr 10». E ancora di Michele Sigolotto, sindaco di Borgo Veneto: «Sembra fatta. Ora avanti con le fasi di progettazione da parte delle Regione. Il Governo trovi le risorse per la realizzazione, i sindaci ed il territorio rimangano uniti e propositivi perseguendo l’obiettivo comune». «Ricordo che sono stati proprio i primi cittadini a sollecitare questo percorso, che ora individua chiaramente competenze e possibilità di finanziamento», chiude Tiberio Businaro, sindaco di Carceri. Chi invece commenta con cautela è Giacomo Scapin, sindaco di Ospedaletto Euga-

neo, che ricorda le numerose promesse disattese, i fondi messi a bilancio e poi tagliati e soprattutto le “belle notizie” che arrivano proprio alla scadenza elettorale. Il decreto di riclassificazione strade firmato dal Governo arriva con tempismo impeccabile se si pensa che domani è in programma un importante convegno dedicato proprio alla nuova Regionale 10, che appunto ora è Statale 10. Lo organizza il gruppo della Pastorale Sociale e del Lavoro (Psl) del Vicariato di Montagnana e Merlara. L’appuntamento è alle 9.30 in Sala Veneziana di Castel San Zeno a Montagnana. Dopo il saluto introduttivo portato dal referente vicariale don Claudio Bellotto e dal vicario episcopale alla Pastorale Sociale don Marco Cagol, il coordinatore della Psl Gianfranco Bortolami traccerà la storia di questa arteria monca, evidenziando nel contempo i limiti di questo cantiere a metà e sottolineando le esigenze del territorio. Successivamente interverranno il sottosegretario al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, l’onorevole Salvatore Margiotta: l’assessore regionale Elisa De Berti; il presidente di Veneto Strade Roberto Turri. E ancora, il presidente della Provincia Fabio Bui, il sindaco di Montagnana Loredana Borghesan e il rappresentante della Camera di Commercio, Maria Luisa Cagnotto. — © RIPRODUZIONE RISERVATA

IN BREVE Este “La Storia dei Colli” in sala consiliare Alle 18.30, in sala consiliare nel municipio cittadino, viene presentata l’opera “La Storia dei Colli Euganei”, scritta dal giornalista Nicola Cesaro ed edita da Typimedia. Domani il volume sarà presentato anche a Monselice: appuntamento alle 16 nella sala San Giuseppe del duomo.

Montagnana Il cammino di Antonio e Francesco Domani alle 15.30 a Castel San Zeno di Montagnana, Marco Saccozza presenta il suo libro “Tutta colpa di un pellegrino”, racconto del viaggio lungo il cammino di Sant’Antonio e San Francesco: 650 chilometri per raggiungere Assisi.

Montagnana Sagra di S. Antonio del Porseleto Oggi l’antica sagra dedicata a Sant’Antonio Abate del Porseleto nel quartiere di via Sant’Antonio. Alle 9, alle 11 e alle 18 sono celebrazioni religiose, alle 16 vengono benedetti gli animali.


VENERDÌ 17 GENNAIO 2020 CORRIERE DELLE ALPI

REGIONE

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la crisi del gruppo dell’ occhiale

Patuanelli a Safilo «No ai licenziamenti troveremo le misure necessarie al rilancio» Il titolare del Mise al tavolo della vertenza sui 700 esuberi Il gruppo: «Senza il piano sono a rischio gli altri stabilimenti»

Riccardo Sandre ROMA. Il Mise chiede la sospen-

sione delle procedure di licenziamento per Safilo, un approfondimento del piano industriale e ha richiamato l’azienda alla propria responsabilità sociale. È stato lo stesso ministro Patuanelli a presiedere l’incontro di ieri al ministero dello Sviluppo economico, un incontro a cui non ha preso parte l’amministratore delegato della società Angelo Trocchia. L’assenza, sottolineata dai sindacati, sembra non essere stata gradita dal ministro, che nel suo intervento ha chiesto il tempo necessario per un approfondimento dell’intero piano industriale con particolare attenzione agli aspetti riguardanti il rilancio del Made in Italy. «Chiediamo all’azienda di non procedere ad azioni unilaterali nei confronti dei lavoratori e di avviare un confronto con le parti sociali per discutere i dettagli del piano industriale» dichiara il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli «Dopodiché sarà possibile individuare tutti gli strumenti a disposizione sia del Ministero che delle Regioni per supportare il rilancio produttivo del gruppo, puntando anche sugli investimen-

ti in campo tecnologico e digitale. L’obiettivo finale dovrà essere quello di un piano industriale che non si basi solo sulla razionalizzazione dei costi ma abbia una prospettiva di sviluppo in grado di salvaguardare i siti produttivi e i lavoratori». È stato un incontro a tratti teso quello tra i rappresentanti del Mise, i sindacati, l’azienda e gli amministratori locali coinvolti (nessun rappresentante della Regione Veneto era presente mentre c’era l’as-

Assenti all’incontro il ministro del lavoro l’ad Trocchia e la Regione Veneto sessore al Lavoro del Friuli Venezia Guilia). Sotto la sede del Ministero di via Molise a Roma nel frattempo erano accorsi un centinaio di dipendenti e delegati sindacali di Safilo, provenienti dal sito di Martignacco, la cui chiusura era prevista per il 10 gennaio, e dai tre stabilimenti veneti della società. «Solo nel corso del 2019» spiegano Michele Corso e Riccardo Coletti, rispettivamente segretario della Filctem Cgil del Veneto e funzionario della

categoria in Cgil nazionale «l’azienda ha perso 400 dipendenti. Un sacrificio enorme al quale segue ora un altro taglio annunciato, questa volta da 700 lavoratori. Una pretesa inammissibile tanto più a fronte di garanzie evanescenti sul tema del rilancio della produzione Made in Italy. Ci auguriamo che l’azienda non scelga di adottare azioni unilaterali alle quali siamo comunque pronti a rispondere in tutte le sedi opportune». Soddisfazione per l’esito del vertice al Mise la esprimono i segretari del sindacato di categoria bellunese Denise Casanova (Filctem Cgil), Nicola Brancher (Femca Cisl) e Rosario Martines (Uiltec Uil). «L’apertura del Ministero verso la ricerca di nuove soluzioni non può che incontrare il nostro apprezzamento» dichiara Casanova «Il fatto che il ministro abbia ribadito il suo no a decisioni unilaterali e abbia aperto alla ricerca di scelte alternative per noi è importantissimo. Vale la pena considerare se sia possibile portare nei nostri stabilimenti la produzione di marchi di prestigio, oppure sondare la possibilità di far rientrare la società di Longarone all’interno del decreto “Marchi storici” per ottenere delle risorse per il rilancio di questa azienda».

In alto un’immagine della manifestazione di ieri a Roma, sotto alcuni dei partecipanti all’incontro al Mise

Nessuna data è stata fissata per un nuovo incontro ma la volontà delle parti è quella di incontrarsi nuovamente a strettissimo giro. «Dobbiamo iniziare un vero confronto con l’azienda» spiega Stefano Zanon, segretario della Femca Cisl del Veneto «per ragionare dello sviluppo di un piano industriale che deve dare delle garanzie di continuità agli stabilimenti italiani del gruppo eventualmente anche riportando in Italia alcune produ-

il risiko delle multiutilities

Ascopiave vuole l’alleanza veneta Sul territorio piano da 40 milioni PIEVE DI SOLIGO. Ascopiave

non abbandona il disegno della grande utilities veneta. E anzi lo rilancia dopo le nozze con Hera. Ma il colosso di Pieve chiede esplicitamente alla veronese Agsm e alla vicentina Aim di abbandonare la trattativa diretta con i lombardi di A2m, per intraprendere la gara di evidenza pubblica, come del resto ha fatto la stessa quotata del gruppo Asco per la ricerca del partner industriale sfociata poi nel matrimonio con Hera. Nicola Cecconato, presidente della quotata pievigina, è stato esplicito, commentando ieri, a margine della presentazione del piano di investimenti, il possibile accor-

do diretto tra Agsm, Aim e A2a, per aggregazione. «Anche fosse una modalità legalmente perfetta, credo che per questioni di opportunità, trattandosi di patrimoni pubblici, chi li gestisce dovrebbe valutare le offerte nel mercato, e quanto meno attuare una procedura competitiva», ha commentato il numero uno di Ascopiave, «Poco è trapelato sulle modalità con cui si immagina di strutturare il processo, da quanto risulta sembra un Term Sheet con A2a in esclusiva. Ricordo che come Ascopiave avevamo presentato manifestazioni di interesse ad Agsm e ad Aim nel 2019, ma ad oggi non ci è arrivata risposta. Mi auguro ci possa essere un

Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave

zioni realizzate all’estero». Safilo ha risposto con una nota scritta nella quale si ribadisce che i tagli previsti dal piano industriale «sono purtroppo la diretta conseguenza di decisioni altrui indipendenti dalla propria volontà e che comportano l’inevitabile chiusura dello stabilimento di Martignacco, 400 esuberi nel sito di Longarone e 50 presso la sede di Padova. L’azienda chiederà un incontro urgente per la prossima settimana alle Se-

greterie delle rappresentanze sindacali nazionali, regionali e provinciali al fine di ulteriormente provare ad addivenire a una positiva definizione della trattativa, prima di procedere con l’apertura della procedura di mobilità». Inoltre l’azienda ha spiegato che se non procedesse con gli interventi delineati nel piano metterebbe a repentaglio anche il futuro degli stabilimenti di Longarone e Santa Maria di Sala—

ripensamento, e che sia possibile partecipare ad una gara». E Cecconato ha voluto rafforzare le sue parole. Da un lato evidenziando «il risultato straordinario raggiunto da Ascopiave con la sua gara di evidenza pubblica , sia sul piano economico, sia su quello della trasparenza»; dall’altro ha “venetizzato” la sposa Hera, a chi gli faceva osservare come il disegno di super utility veneta cara all’ex segretario nazionale Da Re (e non solo a lui) dovesse allargarsi all’Emilia Romagna, ora più che mai strategica . «Se il quartier generale di Hera è a Bologna, non dimentico che Hera ha 2000 dipendenti in Veneto, di fatto è un operatore veneto»-. E ha concluso ribadendo la validità di una super aggregazione delle ultilities venete: «L’operazione che noi abbiamo concluso con Hera traccia una strada che ci consente ora di poter ragionare, sul fronte della distribuzione, con l’obiettivo di accrescere la nostra forza», ha concluso,

«ma questo non significa rinunciare a contribuire alla creazione di una multiutility veneta con altri operatori già attivi nel territorio della regione, e questo lo dico anche rispetto ad altri che non hanno questa presenza storica». Allusione evidente ad A2a. Non sono passate inosservate nemmeno altri accenni alla strategie future del gruppo, che si «rafforzerà come ha sempre fatto con operazioni sul mercato per crescere come player di rilievo nazionale» Scelte che verosimilmente passeranno al nuovo cda - il rinnovo ad aprile – una volta che a marzo il cda proporrà la distribuzione dei dividendi all’assembla dei soci. Sul piano annunciato ieri da Cecconato sul piatto sono stati messi oltre 40 in programma nel 2020 (erano 31 l’anno scorso). Ed entro il 2021, un incremento della rete del gas di 120 chilometri nella sola provincia di Treviso, in 23 comuni (vedi tabella), per oltre 16 milioni. —

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PRIMO PIANO

Venerdì 17 Gennai Gennaio 2020

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La proposta della Lega giudicata eccessivamente manipolativa. Salvini: è una vergogna

Referendum, no della Consulta Prescrizione, scontro Renzi-Bonafede. Autostrade, ricorso Ue DI

FRANCO ADRIANO

o della Corte costituzionale al referendum sulla legge elettorale promosso in primis dalla Lega. In attesa del deposito della sentenza entro il 10 febbraio, l’ufficio stampa della Corte costituzionale ha fatto sapere che la richiesta è stata dichiarata inammissibile «per l’assorbente ragione dell’eccessiva manipolatività del quesito referendario». Otto Consigli regionali (Veneto, Piemonte, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Sardegna, Abruzzo, Basilicata, Liguria) chiedevano di abolire il metodo proporzionale nell’attribuzione dei seggi alla Camera e al Senato, trasformando così il sistema elettorale interamente in un maggioritario a collegi uninominali. Immediata la reazione di Matteo Salvini, leader della Lega e promotore del referendum: « È una vergogna, è il vecchio sistema che si difende: Pd e 5stelle sono e restano attaccati alle poltrone. Ci dispiace che non si lasci decidere il popolo: così è il ritorno alla preistoria della peggiore politica italica». Il numero due della Lega, Giancarlo Giorgetti, e propiro in vista di questa possibile decisione, ha proposto alla maggioranza di reintrodurre la legge, cosiddetta Mattarellum, che prevede il 25% di proporzionale. I partiti che sostengono la maggioranza, invece, come confermato da Luigi Di Maio, intendono approvare una legge proporzionale con una soglia del 5%.

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Il governo valuta la possibilità di estendere il congedo obbligatorio per la nascita e l’adozione di un figlio da cinque a sei mesi prevedendo che il padre possa utilizzarne il 20%, ossia un mese. L’ha annunciato la sottosegretaria al Lavoro, Francesca Puglisi, Tuttavia la normativa per ragioni di copertura finanziaria non potrebbe vedere la luce prima della prossima legge di Bilancio. Il colosso assicurativo tedesco Allianz, tra gli azionisti di Autostrade, ha presentato alla Commissione europea un esposto contro la modifica unilaterale dei contratti di concessione autostradale introdotta dal governo italiano con il decreto Milleproroghe, che apre la strada all’ipotesi di revoca della concessione della società. Il Milleproroghe non contiene «alcuna volontà espropriativa» delle concessio-

ni autostradali, ha sostenuto invece il ministro per i Trasporti e Infrastrutture, Paola De Micheli. «Non c’è alcuna violazione della certezza del diritto», ha aggiunto, ma solo «la volontà» di determinare delle conseguenze nei casi di inadempimento da parte delle società concessionarie. «Siamo il primo gestore della rete stradale in Europa e forniamo ogni giorno un servizio fondamentale per la mobilità del Paese. L’azienda è in

e con i voti leghisti e grillini hanno cambiato la legge eliminando la prescrizione e rendendo i cittadini imputati a vita. Un obbrobrio giuridico». «Mi dispiace solo che il Pd abbia scelto di seguire i grillini anche su questo, andando purtroppo a rimorchio dei Cinquestelle», ha concluso. «Abbiamo fatto un governo insieme per mandare a casa Salvini, non per diventare grillini». «Mentre vota la riforma Bonafede scritta da Lega e 5Stelle, il Pd ci accusa

Vignetta di Claudio Cadei grado di affrontare qualsiasi compito richiesto dal governo, come ha già fatto con le strade rientrate dalle Regioni e dalle Province». Nel corso di un’audizione alla Camera e in vista di possibili revoche di concessioni autostradali da parte del governo, l’amministratore delegato di Anas (gruppo Fs), Massimo Simonini, ha ricordato la gestione pubblica di oltre 30 mila chilometri di rete «di cui 1.300 chilometri di autostrade e raccordi». Sulla prescrizione è scontro nella maggioranza tra il leader di Italia Viva, Matteo Renzi, e il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. Iv, in commissione Giustizia alla Camera, ha scelto di votare con l’opposizione la proposta di Enrico Costa per abolire la riforma voluta da Bonafede. Il Guardasigilli ha dichiarato: «Prendo atto che Italia Viva si è isolata rispetto alla maggioranza, votando con le opposizioni, però più che prenderne atto non voglio fare». L’ex premier ed ex segretario del Pd ha replicando annunciando che il suo partito voterà la proposta di Forza Italia di abrogare la riforma Bonafede anche nell’Aula della Camera. «Guardiamo i fatti», ha spiegato, «c’era una legge sulla prescrizione voluta dal Pd e dal ministro Andrea Orlando. Poi sono arrivati i populisti gialli-verdi

di tradimento perché votiamo una riforma scritta dall’attuale vicesegretario del Pd. In questa storia c’è qualcuno in malafede», ha commentato Maria Elena Boschi (Iv). Per il responsabile Giustizia del Pd, Walter Verini, invece, «Renzi bluffa». «Italia Viva ha votato con Salvini e con la destra», ha spiegato, «per impedire, sostanzialmente, l’avvio della riforma del processo penale che non si limita solamente alla riforma della prescrizione, ma punta a garantire il giusto processo». Bufera politica e minacce di querele, a margien della campagna elettorale per le regionali in Emilia Romagna, per un video postato dal leader della Lega, Matteo Salvini, che riproduce l’intervento di un giovane affetto da disturbi specifici di apprendimento (Dsa), durante un raduno delle Sardine, a San Pietro in Casale nel bolognese. «Guardate la carica e la grinta che avevano pesciolini e sinistri poco fa a San Pietro in Casale?????? Se pensano di fermarci così... abbiamo già vinto!», il commento di Salvini. Un esempio di bullismo secondo il Pd. Ieri, a poche ore dall’udienza del tribunale che avrebbe dovuto stabilire la rimozione, o meno di un altro post che prendeva di mira l’assessore del Comune di Pianoro, Silvia Benaglia, Salvini e la

candidata governatrice della lega, Lucia Borgonzoni, lo hanno eliminato dalle rispettive pagine social. Il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, ha previsto l’invio di un contingente straordinario di forze di polizia nella provincia di Foggia, dove l’altra notte è stata fatta esplodere una bomba contro un centro per anziani di proprietà del gruppo «Sanità più». Il responsabile delle risorse umane della struttura aveva già subito un attentato dinamitardo il 3 gennaio scorso. L’ordigno è esploso mentre all’interno del centro era al lavoro una donna delle pulizie rimasta illesa. «Stiamo inviando le nostre truppe» in Libia «per sostenere la pace». Lo ha annunciato il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, illustrando le linee di politica estera nel suo discorso programmatico di inizio anno. Il generale Khalifa Haftar avrebbe dato il proprio assenso a partecipare alla conferenza internazionale sulla Libia domenica a Berlino. Anche il presidente Fayez al Sarraj ha accettato l’invito a Berlino. Per affrontare il dossier libico, sempre in vista della conferenza di Berlino, il presidente del consiglio Giuseppe Conte si è recato ad Algeri dove ha incontrato il suo omologo algerino Abdelaziz Djerad.

legate a Rudy Giuliani. L’azienda statunitense Bose, tra i più noti produttori di apparecchiature audio, chiuderà tutti i negozi che possiede in Europa, Nord America, Australia e Giappone (119). Lo ha comunicato l’azienda in una nota, motivando la decisione con il fatto che i suoi prodotti «sono sempre più acquistati attraverso l’e-commerce». Resteranno aperti solo 130 negozi in Cina, Emirati Arabi Uniti, India, Sudest asiatico e Corea del Sud. Sarà l’attrice Cate Blanchett a presiedere la Giuria internazionale del Concorso della 77 Mostra del cinema di Venezia che si terrà dal 2 al 12 settembre prossimi. © Riproduzione riservata

Altro articolo sull’audizione del ministro De Micheli sulle concessioni autostradali a pag. 34

PILLOLE di Pierre de Nolac

Conte: «In Libia disponibili a forza di interposizione Ue». Vuol mandarci Renzi? *** Scalfari dialoga con Papa Francesco. Imba-Ratzinger.

Il capo del servizio fiscale federale russo, Mikhail Mishustin, è il nuovo premier russo. La Duma, la Camera bassa del parlamento russo, ha approvato la nomina presidenziale con 383 voti a favori, 41 astenuti e 0 contrari. Il presidente Vladimir Putin ha nominato l’ex premier Dmitrij Medvedev vice capo del Consiglio di sicurezza russo, una carica non preesistente appena introdotta dal leader del Cremlino. Il presidente Usa, Donald Trump ha violato la legge congelando gli aiuti militari al’Ucraina. Lo afferma l’osservatorio indipendente del Government accountability office. «La legge», si legge nel rapporto, «non permette che il presidente sostituisca le priorità politiche decise dal Congresso con le sue proprie priorità». La polizia ucraina ha aperto un’indagine per verificare se l’ex ambasciatrice Usa a Kiev, Marie Yovanovitch, rimossa da Trump, era fatta sorvegliare da persone

*** Putin cambia la costituzione. Importante è non fare, dopo, un referendum. *** Btp a 30 anni, ordini record. La speranza di vita è lunga. *** Smog, sotto accusa le caldaie. Grazie all’effetto serra non ne avremo più bisogno. *** Carbone, in Germania c’è lo stop. Un bel ciaone. © Riproduzione riservata


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RIVIERA - MIRANESE

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preoccupazione alla san benedetto di scorzè

«Con la plastic tax a rischio i progetti e i posti di lavoro» La deputata Giorgia Andreuzza (Lega): «La salvaguardia dell’ambiente si fa con il riciclo e non con nuove tasse» A causa della plastic tax è fermo anche il progetto della nuova viabilità e rotatoria a Scorzè SCORZÈ. «Non solo la San Be-

nedetto sta facendo delle riflessioni sui progetti da realizzare a Scorzè ma di tutta Italia». Dopo l’indiscrezione emersa nei giorni scorsi sullo stop ai progetti della rotatoria e l’ampliamento della fabbrica di viale Kennedy per via della tassa sulla plastica e lo zucchero, il responsabile dei rapporti con le istituzioni della fabbrica di Scorzè, Davide Manzato, conferma la volontà dell’azienda di voler riflettere, anche perché si parla di centinaia di migliaia di euro da mettere sul tavolo. Ma c’è il rischio che i soldi possano finire all’erario. San Benedetto è in buona compagnia, perché pure la Coca Cola sta facendo dei ragionamenti, visto che il prezzo delle bibite potrebbe aumentare, mentre la catanese Sibeg è pronta a imbottigliare i prodotti in Al-

bania. «Ci sono timori per come reagiranno i consumatori», osserva ancora Manzato, «e si sta andando a colpire un settore sano, che ha portato crescita all’Italia. Al governo chiediamo di discutere: la salvaguardia dell’ambiente non passa da nuove imposte ma dal riciclo». Parole preoccupanti quelle di Manzato nel giorno in cui anche la Lega, con la capogruppo in commissione Attività produttive alla Camera Giorgia Andreuzza, ha invitato il governo Conte a fare un passo indietro. «Piuttosto supporti le aziende», osserva, «e riattivi gli investimenti. Nella nostra regione, l’imposta penalizza diverse realtà come la San Benedetto, primo gruppo nazionale delle bibite, dove si rischiano costi aggiuntivi per 100 milioni di euro e un calo dei consumi fi-

mira. le iniziative per la shoah

Film per adulti e bambini per commemorare il genocidio degli ebrei MIRA. Giornata della Memoria: a Mira si preparano tanti appuntamenti per ricordare la Shoah, il genocidio degli ebrei che si commemora il 27 gennaio nel giorno in cui i soldati dell’Armata Rossa liberarono il campo di sterminio di Auschwitz. «Quest’anno», spiega Tullio Cacco responsabile provinciale dell’Anpi (Associazione dei partigiani), «abbiamo organizzato al centro civico di Borbiago una rassegna di film sui crimini nazifa-

scisti adatti agli adulti e alle scuole». Saranno proiettati così il docu– film “Un popolo per la libertà” adatto alle classi V elementari, “Il diario di Anne Frank” consigliato per le classi quarte e quinte, “Jona che visse nel ventre della balena”, “La città che Hitler regalò agli ebrei”, “Italiani brava gente?”, visione quest’ultima consigliata agli adulti. Infine, “Lager” per le scuole medie e “Casa Cervi” per i bambini delle classi quinte. Le proiezioni saran-

con vergerio e pavanetto

Fratelli d’Italia apre il nuovo circolo di Mira MIRA. Apre oggi a Mira il nuo-

vo circolo di Fratelli d’Italia, la presentazione alle 20 al centro civico di Borbiago con la presenza di Luna Vergerio, assessore del Comune di Salzano e coordinatrice per la Riviera del Brenta di Fdi; Lucas Pavanetto, portavoce provinciale Fdi, e degli altri dirigenti provinciali. «Fratelli d’Italia è uno dei pochissimi partiti che negli ultimi mesi ha sempre visto aumentare i consensi nei sondaggi, ma so-

Luna Vergerio (FdI)

no al 20%. Il rischio per questa azienda, e per molte altre del Veneto, è di bloccare i progetti in Italia e rivedere l’organizzazione dei propri stabilimenti. Inoltre parecchi lavoratori rischiano di perdere il posto». Andreuzza parla anche della Coca Cola, che ha una sede nel Veronese, a Nogara. «Ha annunciato un piano di intervento», fa sapere la deputata, «che prevede una crescita dei prezzi delle bibite e forti tagli del personale. Veneto, Lombardia, Emilia-Romagna e Piemonte valgono quasi il 70% dell’industria nazionale della trasformazione di plastica: la tassa graverà sempre sulle solite quattro regioni industriali, quelle che trainano il prodotto interno lordo del Paese». — Alessandro Ragazzo © RIPRODUZIONE RISERVATA

no organizzate dall’Anpi anche su prenotazione e con le scolaresche dal 26 gennaio in poi. Le proiezioni si terranno a partire da domenica 26 fino a lunedì 10 febbraio. I festivi dalle 14 alle 18 i feriali il 27 e il 29 dalle 9 alle 17 e dalle 9 alle 18. Poi le proiezioni saranno a giorni alterni al mattino e al pomeriggio. Per informazioni su orari e giorni si potrà chiamare il 3351220376 o scrivere a anpimira@yahoo. com. Anche il Comune di Mira il 27 alle 10 organizzerà alla presenza di Fulvia Levi sopravvissuta alle persecuzioni grazie a d Adele Zara nominata da Israele Giusta fra le Nazioni una commemorazione pubblica con la partecipazione del gruppo Alpini e delle scolaresche. — A. Ab.

prattutto», dichiara Luna Vergerio, «che ha avuto la capacità di attirare e coinvolgere tutti quei cittadini che vogliono mettersi a disposizione per il bene comune e che si riconoscono nei valori quali l’onestà, l’amor di Patria e soprattutto la coerenza. Sono particolarmente felice di partecipare alla presentazione del nuovo Circolo di Mira, un Comune dove la sinistra governa praticamente ininterrottamente da 70 anni (ad eccezione della poco fortunata parentesi grillina) senza avere la capacità di risolvere i problemi dei cittadini. Con questa nuova voce nel panorama politico mirese, sicuramente inizieremo a far valere le nostre ragioni». — A.Ab.

prozzolo

Vandali al palasport «Servono più controlli» CAMPONOGARA. Il palazzetto

dello sport di Prozzolo di Camponogara è stato vandalizzato con ogni probabilità da bande di ragazzini che lo hanno imbrattato con lo spray e hanno scritto sui muri offese, graffiti e frasi insensate. Danni ci sono poi anche nel vicino campetto che versa nel degrado. «Chiediamo», spiegano alcuni residenti, «che siano fatti controlli specifici anche di sera da parte della polizia locale o delle forze dell’ordine per evitare che un bene pubblico

Muri imbrattati al palasport

venga ridotto in queste condizioni. Speriamo che si agisca in fretta e che i vandali poi vengano sanzionati e puniti per le loro azioni». A rispondere sulla questione è l’assessore allo Sport Paride Fabris: «In merito agli atti vandalici», spiega l’assessore, «faremo fare dei controlli e verificheremo in base alla convenzione che abbiamo sigliato con la società che gestisce la struttura le modalità dell’intervento da portare avanti. Siamo a conoscenza del fatto che il campetto da calcio è nel degrado e come amministrazione comunale abbiamo intenzione di intervenire. Per questo le scorse settimane abbiamo fatto fare un preventivo sui lavori che dovrebbero essere fatti per metterlo in ordine». — A.Ab.

camponogara

Protesta di alcuni residenti a S.Pietro di Stra

Lavori sui semafori in via Volta e Cavour

Famiglie contro il parroco «Campane rumorose» La sindaca minimizza

CAMPONOGARA.

Sicurezza stradale, a Calcroci di Camponogara, la Città metropolitana fa partire i lavori di adeguamento ai due semafori sulla strade provinciali 13 via Cavour e sulla provinciale 18 via Volta. Inevitabile qualche disagio al traffico. I lavori ai due incroci prevedono l’ammodernamento dell’impianto semaforico, la sostituzione dei pali e delle lanterne ad incandescenza con lanterne a led, la realizzazione di nuove spire per la rilevazione veicolare di flussi di traffico, l’installazione di un regolatore semaforico e di una centralina per il telecontrollo. Il costo del nuovo impianto è di 25 mila euro finanziato con i soldi ricavati dalle sanzioni per violazioni dei limiti di velocità effettuate dalla Polizia Locale. «La Città metropolitana di Venezia dà seguito agli impegni presi», è il commento di Saverio Centenaro, consigliere delegato metropolitano, «adeguando l’impianto già esistente così da rendere più sicuro l’incrocio delle strade provinciali 13 e 18». I lavori si da parte della Città Metropolitana si concluderanno lunedì 20 gennaio e il nuovo impianto sarà gestito dal Comune di Camponogara. — A. Ab.

LA CURIOSITÀ

A

lcune famiglie della frazione di San Pietro di Stra lamentano l’uso spropositato delle campane da parte del parroco del paese, ma il sindaco Caterina Cacciavillani – a conoscenza del problema – invita i residenti, se ci sono dei problemi, a far fare dei controlli ad hoc da parte di enti preposti come l’Arpav. «Viviamo a San Pietro di Stra», spiegano alcuni residenti, «e abbiamo un grosso problema con il parroco che usa in modo indiscriminato le campane. Al parroco delle nostre rimostranze non importa. Ci siamo rivolti al sindaco ma ha gentilmente scaricato il problema. Il livello acustico delle campane supera di sicuro i livelli imposti e non rispetta le ore di silenzio, tipo le 7 del mattino oppure le 14, orari nei quali sono vietati perfino i lavori di giardinaggio che possano recare disturbo ai vicini. Abbiamo tentato anche la strada dei tappi per le orecchie», aggiungono le famiglie che vivono vicino alla chiesa di San Pietro, «ma il rumore è assordante Le campane suonano ininterrottamente anche per 15 minuti con-

Caterina Cacciavillani

secutivi». Don Vittorino, parroco di San Pietro, assicura che le campane suonano regolarmente senza recare particolare disturbo. La Curia di Padova fa sapere di aver ricevuto la segnalazione e sta monitorando la situazione. «Sono stata contattata qualche tempo fa per la questione. Se qualche residente che abita a ridosso della chiesa», spiega la sindaca di Stra Caterina Cacciavillani, «ha dei problemi può sempre far fare controlli agli enti preposti». — Alessandro Abbadir © RIPRODUZIONE RISERVATA


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REGIONE

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LA PRESIDENZA DELLA BIENNALE

Cinquestelle rigidi sul no a Baratta Zaia: «Biennale non è Società Autostrade» Scontro politico sulla conferma nell’incarico di presidente Il ministro Franceschini accelera la nomina del successore

Enrico Tantucci VENEZIA. È diventato ormai

uno scontro politico senza esclusione di colpi tra Lega (favorevole) e Movimento Cinque Stelle (contrario) la questione Biennale e la possibile, ulteriore riconferma del presidente Paolo Baratta - decaduto da lunedì scorso e in regime di “prorogatio” tecnica fino a 45 giorni con il Consiglio di amministrazione - possibile solo con un nuovo cambiamento in Parlamento dello statuto che regola la fondazione. Con una polemica diretta tra i senatori del Movimento Cinque Stelle in Commissione Cultura e il presidente della Regione Luca Zaia. Uno scontro che vede in grande imbarazzo il Pd e il ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini, grande estimatore di Baratta, che lo riconfermerebbe volentieri, ma che non può spaccare su questa nomina contestata la maggioranza di Govero. Ad accendere la miccia, l’emendamento al decreto Milleproroghe presentato qualche giorno fa dall’onorevole leghista Angela Colmellere - segretario della Commissione Cultura della Camera - che prevede appunto la possibilità di cambiare la legge della

Biennale, consentendo a Baratta un nuovo mandato. A questo si sono aggiunte poi le dichiarazioni dell’ex ministro dei Beni Culturali Paolo Bonisoli - indicato proprio dai Cinque Stelle - favorevole a una proroga per l’attuale presidente della Biennale. Una proroga alla quale del resto, da ministro, stava già lavorando prima della cauda del Governo gialloverde. Ma ieri è arrivato su questo la netta presa di posizione dei senatori Cinque Stelle della Com-

Il presidente della Regione attacca il Movimento che non vuole saperne missione Cultura. «Siamo contrari ad ogni ulteriore ipotesi di deroga o modifica allo Statuto della Biennale di Venezia - hanno dichiarato - che comporti una proroga del mandato dell'attuale presidente Paolo Baratta. Anche se già ribadito, appare utile ripeterlo oggi, dopo aver letto le incaute dichiarazioni dell'ex ministro della cultura Alberto Bonisoli, che non disdegnerebbe un "traghettamento" che veda Baratta (a sua volta ex ministro e

con molteplici incarichi istituzionali) ancora presidente. La presa di posizione di Bonisoli, in linea con quella di Brugnaro, Zaia e delle destre, è del tutto arbitraria e contraria alla linea già più volte espressa dal Movimento 5 Stelle. A Venezia come nel resto del paese l'arte contemporanea ha bisogno di apertura e di rinnovamento, esattamente il contrario di quanto accadrebbe con un ulteriore mandato di Baratta». Parole durissime, considerata anche la considerazione generale per l’operato di Baratta alla Biennale, al di là della possibile riconferma. E non si è tenuto allora il presidente della Regione Luca Zaia, grande sostenitore - con lo stesso sindaco di Venezia Luigi Brugnaro - della riconferma di Baratta alla Biennale. «È sorprendente la linea dei Cinque Stelle - ha dichiarato ieri Zaia - contrari ad ogni ipotesi di deroga alla conferma del presidente Baratta alla guida della Biennale di Venezia. Questa non è la Società Autostrade, non gode di concessione. Se una cosa funziona, e questa istituzione culturale certamente ci riesce, dobbiamo fare in modo che continui. Anche la presa di posizione dell’ex ministro Alberto Bonisoli, uomo

Paolo Baratta, presidente della Biennale

di punta del mondo della cultura, che afferma di vedere con favore una proroga al mandato di Baratta, è la prova che i pentastellati sono proprio fuori strada. Abbiamo una Biennale con i conti a posto, una Mostra del Cinema in grande spolvero, le esposizioni di Arte e Architettura con una visibilità mediatica internazionale unica e non si capisce per quale motivo non si debba continuare su questa strada. Considera-

Vertici decisivi in queste ore: Lorenzoni, Baban, Fracasso e Puppato tra i papabili

Il centrosinistra veneto nel limbo Calenda, asse con i renziani IL PUNTO

iorni di passione nel centrosinistra veneto alla ricerca di uno sfidante credibile nella sfida a Luca Zaia, grande favorito del voto regionale di primavera. La direzione del Pd, convocata in un primo tempo per venerdì 24 dal segretario Alessandro Bisato, slitta al 31, in attesa dell’esito elettorale in Emilia Romagna. Chi morde il freno, nel frattempo, è l’unico sfidante dichiarato sulla piazza, il vicesindaco di Padova Arturo Lorenzoni, esponente dell’alleanza civi-

G

ca-ambientalista “Veneto che vogliamo”: «La prossima settimana riuniremo il tavolo che comprende Pd, movimenti civici, socialisti e verdi», fa sapere «l’obiettivo è superare i veti incrociati perché il candidato condiviso dev’essere la persona che meglio riesce ad amalgamare questi mondi, creando entusiasmo intorno a un nuovo progetto che vada oltre l’immobilismo della Lega e sappia dialogare anche con 5 Stelle, +Europa e Italia in Comune». A riguardo, però, il principale scoglio affiora in casa dem dove si fronteggiano ormai due linee. Quella del

Matteo Renzi con l’imprenditore Alberto Baban

to che il problema non dovrebbe essere di matrice politica, se i Cinque Stelle conoscono situazioni di malfunzionamento o motivi per cui si renda necessario interrompere questa esperienza positiva, lo dicano subito e soprattutto lo facciano pubblicamente». La situazione dunque è divenuta esplosiva e non a caso la linea che starebbe prevalendo al Ministero è quella di accelerare il più possibile i

tempi di designazione del nuovo presidente della Biennale, allontanando ogni ipotesi di commissariamento per la fondazione, nonostante i tempi stretti. L’identikit è quello di una personalità culturale di rilevanza internazionale - e dunque non contestabile - che abbia competenze “trasversali” tra i settori e anche capacità di gestione di un’istituzione. Più facile a dirsi che a farsi. —

“sindaco ombra” padovano Massimo Bettin che giudica decisiva l’apertura della coalizione alle liste civiche e sostiene a spada tratta la candidatura di Lorenzoni. E le aspirazioni di esponenti rappresentativi quali Claudio Fracasso, Laura Puppato e lo stesso Bisato - che non disdegnerebbero il ruolo di front runner, convinti che il partito più votato del centrosinistra debba sì lavorare all’allargamento dell’alleanza ma senza rinunciare, almeno in partenza, ad esprimere una propria candidatura. A ciò si aggiunge una questione di metodo: a chi spetterà “incoronare” lo sfidante? «Non certo a Roma e nemmeno a un comitato ristretto di capicorrente», replicano in molti, suggerendo il ricorso alle primarie di coalizione, una consultazione di iscritti e simpatizzanti già caldeggiata dall’eurodeputata Alessandra Moretti e ora richiesta da gruppi di militanti (ultimo, in ordine di tempo, un circolo trevigiano) che qua e là avviano raccolte di firme.

Anche la ricerca di ulteriori partner rischia di rivelarsi problematica. «Con Calenda affronteremo le prossime regionali, in Veneto, Puglia, Toscana, Marche e Campania», dichiara il renziano Ettore Rosato, deputato di Italia Viva, convinto che «alla fine ci sarà anche Più Europa, con cui stiamo dialogando per lavorare insieme». Il portabandiera è già in rampa di lancio: Alberto Baban, già industriale di Tapi (tappi sintetici) e oggi presidente di VeNetWork, una società che riunisce decine di imprenditori; il pupillo calendiano, en passant, ha ricoperto per due mandati la presidenza della sezione pmi di Confindustria nazionale. Non bastasse, anche i grillini “pentiti” di Italia in Comune sembrano intraprendere una strada diversa: «Sono pronta ad aderire alla lista del Forum Ambiente che correrà da sola», fa sapere la coordinatrice del movimento, Patrizia Bartelle. — Filippo Tosatto

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PRIMO PIANO

Il maxi processo

«Gruppo mafioso forte e indipendente Donadio boss riconoscibile e visibile» In aula bunker la prima parte della dura requisitoria dei pm Baccaglini e Terzo. Le parti offese assenti «per paura» Zio Luciano. La pm Baccaglini ha invece cominciato a vagliare le singole posizioni, soffermandosi in particolare sul ruolo dell’avvocato Anna Maria Marin, l’ex presidente della Camera penale, legale di Donadio, accusata di aver svelato ai membri del gruppo criminale atti coperti da indagine. La procura nei suoi confronti aveva chiesto la sospensione dell’attività ma il gip Marta Paccagnella aveva respinto la richiesta sostenendo che non ci fossero gravi indizi di colpevolezza. Indizi che invece per la procura sarebbero non solo evidenti ma anche confermati, negli ultimi mesi, dagli interrogatorio resi da Christian Sgnaolin, braccio destro di Donadio diventato collaboratore, e da Ta-

Francesco Furlan MESTRE. Inizialmente legati ai Casalesi, ma poi capaci di costituire un «fenomeno mafioso autonomo», che ha conquistato il territorio di Eraclea e del litorale, a colpi di estorsioni. Diventando il principale interlocutore per le attività criminali. Che quello in corso all’aula bunker di Mestre sia un processo per mafia è evidente - per la procura - anche nell’assenza delle costituzioni di parte civile da parte delle persone offese. «Queste persone non ci sono perché hanno paura», ha detto il pubblico ministero Federica Baccaglini che con il collega Roberto Terzo ha firmato l’inchiesta sulla mafia nel litorale.

L’ex trader Gaiatto tra le parti civili 11 imputati confermano il rito abbreviato

LA REQUISITORIA

Nell’udienza preliminare di ieri - la seconda di un fitto calendario - i rappresentanti della procura hanno iniziato la loro requisitoria nei confronti dei 75 imputati, di cui 37 accusati di associazione mafiosa, mettendo l’accento sulla forza criminale del gruppo capeggiato da Luciano Donadio e sul fatto che le loro vittime - quasi 50 le persone fisiche individuate come parti offese - fossero terrorizzate anche dopo il blitz della squadra mobile della polizia. Anche con i vertici del gruppo in carcere, sentite dagli investigatori tendevano a ridimensionare le minacce ricevute. «Un evidente clima di omertà», per la procura. L’intervento del pm Terzo è stato di carattere generale, teso a dimostrare la sussistenza del reato di associazione mafiosa, ricordano il ruolo di Donadio e dei suoi nel territorio, un «ruolo visibile e consolidato». E «riconoscibile». Con il boss Donadio punto di riferimento per il recupero credito, con la gente in coda per chiedere un aiuto a

tiana Battaiotto, moglie di Tommaso Napoletano. La requisitoria si concluderà oggi. LE PARTI CIVILI

L’udienza è servita per definire il quadro delle parti civili. Il giudice per le udienze preliminari (Gup), Andrea Battistuzzi, ha ammesso il ministero dell’Interno, la presidenza del Consiglio, l’associazione Libera e la Cgil provinciale e regionale, queste ultime due solo in parte, relativamente cioè ai reati di associazione mafiosa e per quei capi di imputazione che fanno riferimento all’intermediazione di manodopera e interposizione negli appalti. IL CASO GAIATTO

In alto gli avvocati nell’aula bunker di Mestre, qui sopra il blitz a Eraclea nel febbraio 2019

’ndrangheta nel veronese

Udienza fiume per il clan Multari chieste condanne dai 4 ai 12 anni VENEZIA. Richieste di condan-

na dai 4 ai 12 anni di reclusione, per associazione di stampo mafioso, estorsione, minacce, violenze private. A tanto ammontano le pene chieste ieri dalla pubblico ministero della direzione distrettuale antimafia, Paola Tonini, a carico dei membri della famiglia Multari, accusati di aver imposto la legge ’ndranghetista nella Bassa Veronese, dove - secondo i carabinieri del

Ros - la famiglia guidata da Domenico “Gheddafi” Multari, 59 anni, aveva messo su casa, distribuendo prestiti a imprenditori in difficoltà che poi si erano rivelate estorsioni da centinaia di migliaia di euro, con immobili e beni intestati: c’è chi era stato costretto a cedere casa e andare a vivere in roulotte, chi era stato minacciato di morte. Udienza-fiume durata l’intero giorno - ieri in Tribunale

a Venezia, davanti al giudice David Calabria - per il processo con rito abbreviato a carico del “clan Multari”, originario di Crotone, ma da tempo trasferito nella piccola veronese Zimella, poco più di 5 mila anime. Secondo la Procura Antimafia di Venezia, la famiglia è legata alla cosca di Nicolino Grande Aracri e ne avrebbe usato tutta a forza intimidatrice, così ieri la pubblico ministero Paola Tonini ha

chiesto condanne per 12 anni di reclusione a carico di Domenico Multari, 8 e 4 anni per i figli Antonio e Alberto, 7 anni di reclusione per il fratello Fortunato Multari. Sino a tarda ora si sono poi susseguite le arringhe dei difensori, che hanno dipinto un quadro tutto diverso, dove ogni acquisto o cessione di immobile sarebbero stati atti del tutto volontari da parte delle parti civili. Tant’è, l’udienza è stata rinviata ad oggi, per le repliche e - forse già la sentenza. A scorrere il lungo capo d’imputazione, si rincorrono episodi lontani nel tempo (2006) e altri che arrivano alla fine del 2018, quando poi scattarono i provvedimenti cautelari. Uno per tutti il caso

Tra le parti civili, come persona fisica, ammesso Fabio Gaiatto, il trader di Portogruaro già condannato a 15 anni per

di un imprenditore padovano in difficoltà economiche che si era rivolto a Domenico Multari per una serie di prestiti, ritrovandosi con un debito di 480 mila euro: «Completamente asservito», scrive la Procura, «precipitava in uno stato di indigenza tale da dover lasciare la sua abitazione che era venduta all’asta per andare a vivere in una roulotte». Sotto minaccia di morte secondo l’accusa - Domenico Multari aveva costretto l’uomo a cedere tre immobili per un valore di 230 mila euro, a sottoscrivere un mutuo bancario per 385 mila euro, al quale l’uomo non era riuscito a far fronte, finendo con la casa pignorata. I beni immobili di sua proprietà erano andati all’asta, comprati - è l’accusa -

truffa e, in questo processo, nei panni della vittima per estorsione. Un’ estorsione che è stata anche al centro di un’eccezione sollevata in merito alla competenza territoriale perché l’estorsione si sarebbe consumata nel Portogruarese su cui è competente la procura antimafia di Trieste - ma che è stata respinta dal giudice che ha ritenuto il reato connesso a quelli di mafia, e quindi da incardinare al tribunale di Venezia. Respinta anche l’eccezione sollevata dai legali di Donadio, in carcere a Nuoro, sul sistema del processo in tele-conferenza. LE PARTI OFFESE

Nell’udienza di ieri - assenti la scorsa settimana - si sono invece costituiti come parte offesa la Regione Veneto e la Cisl provinciale e regionale, che potranno quindi costituirsi parte civile solo in fase di dibattimento, dove comunque approderanno i nomi più importati. Nel frattempo potranno assistere alle udienze preliminari, ma non potranno accedere ai risarcimenti di quegli imputati che accetteranno di farsi giudicare con la formula del rito abbreviato. VERSO L’ABBREVIATO

Sono undici gli imputati che hanno confermato di voler avvalersi del rito abbreviato, e tra loro Sgnaolin (braccio destro di Donadio), il poliziotto Moreno Pasqual (accusato di aver passato informazioni riservate), Berardino Notarfrancesco, uno dei picchiatori. Un’altra dozzina sta valutando che fare: avrà tempo fino all’udienza del 5 febbraio. Due i patteggiamenti concordati: Tatiana Battaiotto (1 anno e 4 mesi per favoreggiamento) e Giorgio Minelle (2 anni per estorsione). E oggi alle 10 si torna in aula bunker. — © RIPRODUZIONE RISERVATA

da una prestanome dei Multari, ora deceduta. Quando gli ufficiali giudiziari si erano presentati per far visionare i beni a possibili altri acquirenti, erano stati minacciati: «Chi sa se ho ucciso, se non ho ucciso...». Minacce e botte con l’esibizione anche di un’arma - al quale avrebbero partecipato anche fratello e figli. E si tratta solo di uno dei casi contestati. Da questa indagine è nata anche quella parallela a carico dell’imprenditore nautico di Quarto D’Altino, Stefano Crosera: si sarebbe rivolto ai Multari per commissionare loro l’incendio di uno yacht che aveva consegnato a un cliente, che gli contestava gravi difetti costruttivi. — Roberta De Rossi


REGIONE

VENERDÌ 17 GENNAIO 2020 MESSAGGERO VENETO

l’intervista

Tributi e Province Il piano di Fedriga «Serve fare squadra con le altre Speciali» L’obiettivo del presidente è riuscire a premere su Roma «Mettendoci assieme difenderemo meglio i nostri diritti» Mattia Pertoldi UDINE. L’incontro di mercole-

dì a Roma e la due giorni siciliana di inizio marzo rappresentano i primi passi di una specie di nuova alleanza che i governatori delle Regioni Speciali – con in prima linea Massimiliano Fedriga – vogliono stringere per andare in pressing su Roma e combattere quel neocentralismo che, da anni ormai, si muove strisciante incidendo su funzioni, e soprattutto bilanci, delle Autonome. Per Fedriga, infatti, quest’asse servirà a portare a casa risultati non soltanto come semplice difesa dello Statuto Speciale, ma anche come potenziamento degli spazi d’azione garantiti al Friuli Venezia Giulia. Presidente, qual è il senso di questa alleanza? «Vogliamo fare squadra per difendere le prerogative dei nostri rispettivi Statuti e, possibilmente, ampliarle. Negli ultimi anni abbiamo assistito a un feroce assalto all’Autonomia e alle specificità delle Regioni. Basti pensare, ad esempio, a quello che è accaduto Sicilia». Cos’è successo? «Nello Musumeci mi ha spiegato come abbia intenzione di reintrodurre le Province e renderle elettive, ma non

ognuno, nel caso delle singole funzioni, tratterà per conto suo con il Governo». Friuli Venezia Giulia, Trento e Bolzano sono Regioni virtuose. Sicilia e, per certi versi, Sardegna sicuramente no. Non pensa che finire tutti nello stesso calderone potrebbe essere, per noi, penalizzante? «Anche tra le ordinarie esistono differenze tra Regione e Regione, ma se si vogliono migliorare le singole amministrazioni ci si può riuscire senza depotenziare l’istituzione. È anche vero, inoltre, che gli attuali governatori di quelle Regioni stanno cercando di migliorare situazioni molto difficili, ma ereditate da poco tempo». Quali risultati auspica? «L’obiettivo principale è quello di arrivare a una nuova, consistente, riduzione di quanto versiamo a Roma dopo i primi, importanti, risultati ottenuti con il Patto siglato a febbraio. Un accordo grazie al quale tutto dovrà passare attraverso il regime pattizio,

«Non ci saranno più decisioni prese in maniera unilaterale dall’esecutivo»

Il presidente della Regione, Massimiliano Fedriga

lo può fare a causa di una sentenza che si basa su una legge ordinaria, la Delrio. Perché, si sostiene, siccome ha valenza finanziaria continua a valere anche per le Speciali, nonostante la vittoria dei “no” al referendum costituzionale e al fatto che le Regioni come la nostra, e la Sicilia, abbiano competenza primaria sugli enti locali. È una follia, così come il continuo depaupera-

mento dei nostri bilanci collegato ai contributi che ci chiede lo Stato». È anche vero, però, che ci sono Speciali e Speciali... «Certo, ma infatti la nostra non deve essere una gara al ribasso, penalizzante per qualcuno. Dobbiamo cercare di potenziare chi è meno Speciale, come il Friuli Venezia Giulia, attraverso un patto tra governatori. Poi è ovvio che

mentre in precedenza il Governo poteva decidere, unilateralmente, quanto doveva versare il Friuli Venezia Giulia e noi non ci potevamo minimamente opporre». E per quanto riguarda il ritorno ai 9/10 di Iva? «Nel Patto siglato con l’ex ministro Giovanni Tria c’è scritto, nero su bianco, che va aperto un tavolo tecnico proprio con questo obiettivo e, personalmente, non ho certo intenzione di compiere alcuna marcia indietro». Cosa si aspetta dalla nuova Paritetica? «Spero che completi il percorso della regionalizzazione della scuola e mi attendo un forte impegno sul fatto che la Regione possa legiferare sull’elezione diretta degli enti di area vasta. Il presidente? Non entro nel merito». — © RIPRODUZIONE RISERVATA

Giovanni Bellarosa spiega perché con l’accentramento non si arriverà alla coesione nazionale

Sull’autonomia delle Regioni Governo in ritardo con la riforma IL COMMENTO

GIOVANNI BELLAROSA

È

legittimo, anzi doveroso, che chi governa si ponga tra gli obiettivi quello della coesione nazionale, una meta ardua per molti paesi. La domanda è se essa si raggiunga con l’accentramento o con l’autonomia: è l’eterno dilemma tra Stato centralizzato, come di fatto è tuttora l’Italia e una Repubblica delle autonomie, come vorrebbe la Costituzione. Mentre le diversità geopolitiche rimangono intatte, i

partiti, i Governi e più in generale la politica, dal dopoguerra in poi, hanno adottato posizioni ondivaghe tra scelte centraliste, prevalenti, ed aperture ai territori, queste ultime sul piano amministrativo, ma hanno tenuto invece ben stretto il timone di un governo imposto dall’alto in modo uniforme, cosa ben diversa dalla tutela costituzionale dell’Unità. Ogni qual volta si sono affacciate le istanze di autogoverno da parte delle regioni più dinamiche, come avvenuto di recente, si è accesa la reazione con l’accusa della secessione dei ricchi. Le politiche di natura assistenziale te-

se a mantenere un facile consenso nel mezzogiorno si sono così affiancate al diniego verso le istanze portate con i referendum popolari al nord, che chiedevano l’applicazione della Costituzione: l’articolo 116, terzo comma. Si sarebbe potuto e dovuto discutere sul quantum della maggiore autonomia ma non riportare tutto alla casella di partenza, come sta facendo invece questo Governo in un inarrestabile gioco dell’oca che mortifica le Istituzioni regionali. Ad un certo punto non vale più la pena di ragionare in termini di solo diritto cioè di prerogative costituzionali e statutarie,

Giovanni Bellarosa

anche perché, per riconoscerle, sarebbe necessaria una rappresentanza nel Parlamento con un vero Senato delle Regioni ed inoltre un giudice ultimo della legittimità delle leggi espresso uni-

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commissione paritetica

L’obiettivo di Spitaleri «Equilibrare i rapporti con gli enti ordinari» UDINE. «Si tratta di un’occasione assolutamente rilevante, che deve avere come elemento qualificante un rapporto di dialogo e confronto con il Governo centrale, evitando la corsa a chi rivendica di più». È questa l’opinione di Salvatore Spitaleri, componente della Commissione Paritetica Stato-Regione, sulla convocazione dell’Assemblea plenaria delle Speciali, che è stato deciso si terrà a Palermo il 6 e il 7 marzo. Precisando che «la stabilizzazione dei meccanismi di compartecipazione alla finanza generale non può dipendere da rapporti politici o extra-istituzionali o contingenze, salvo concrete e limitatissime eccezioni», Spitaleri indica come «necessaria» anche da parte del Friuli Venezia Giulia, «una ricognizione del peso e degli oneri delle funzioni di specialità rispetto

Salvatore Spitaleri (Pd)

a quelle delle Regioni ordinarie e, su quelle basi, ristabilire un equilibrio che ora appare sbilanciato». Per Spitaleri «un altro elemento da porre al centro del confronto risiede nella valorizzazione delle funzioni delle Commissioni paritetiche, attraverso una loro più puntuale regolamentazione e individuando in esse un nuovo ruolo di camera di composizione dei conflitti». — © RIPRODUZIONE RISERVATA

richiesta al premier conte

Problema dei dragaggi Confronto con lo Stato UDINE. «Al temine della Con-

ferenza Stato-Regioni ho chiesto al presidente del Consiglio Giuseppe Conte di voler convocare prima possibile un tavolo al fine di affrontare il problema dei dragaggi in Friuli Venezia Giulia, nodo che pone a serio rischio il sistema produttivo regionale e che necessita pertanto di urgenti risposte da parte di tutti i soggetti interessati». Così Massimiliano Fedriga, a margine dell’assemblea

tariamente e paritariamente dallo Stato e dalle Regioni, istituti che invece mancano nel nostro Ordinamento. Alla fine, il discorso come le lamentele sono sempre le stesse e le scelte anche recentissime non cambiano. La conferma di quanto detto sta nell’ultimo provvedimento di sostanziale sanatoria del collasso finanziario della Regione siciliana, attuato a Natale dal Governo, che diluisce in un eccezionale arco di tempo il disavanzo di oltre un miliardo di euro accumulato. Ancora una volta non si è avuto il coraggio di affrontare di petto il malgoverno e punire i responsabili di quello che tecnicamente e politicamente è molto più di un “predissesto”; si è scelta invece la strada di aggiungere ulteriore possibilità di spesa corrente in deficit piuttosto che investire per realizzare le infrastrutture necessarie. In realtà è proprio questa la politica di privilegio assistenziale che non può non suonare come ingiustizia per le regioni dal bilancio sa-

tenutasi a palazzo Chigi. «Il tema dei dragaggi nei porti e nei canali navigabili – ha rilevato Fedriga – è centrale per l’economia del territorio, in quanto incide pesantemente sia sull’ambito della pesca che su quello della navigazione commerciale. La condivisione di un percorso comune che garantisca certezze nei tempi e nelle modalità di esecuzione degli interventi diventa imprescindibile». — © RIPRODUZIONE RISERVATA

no e soggetto a regole ferree: il Friuli Venezia Giulia concorre in modo considerevole al mantenimento degli equilibri di finanza pubblica e regioni come Veneto e Lombardia producono un residuo fiscale senza il quale l’intero Paese rischierebbe di crollare. In questa situazione sentir parlare o peggio veder rinfocolare la contrapposizione tra ricchi e poveri, tra regioni del nord e mezzogiorno sembra oggettivamente fuori luogo. Tutto però porta a ritenere che la situazione non cambierà; il governo sembra impegnato a “diluire”, come per il deficit siciliano, la riforma dell’articolo 116 con una legge di cui è difficile comprendere l’utilità ed il significato e che se pur accettata, probabilmente obtorto collo, dalle regioni, non è arrivata neppure sul tavolo del Consiglio dei ministri, senza pensare a cosa poi avverrebbe in un Parlamento come l’attuale, se mai un giorno vi approdasse. — © RIPRODUZIONE RISERVATA


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