RASSEGNA STAMPA DEL 3 FEBBRAIO 2020

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LUNEDÌ 3 FEBBRAIO 2020 CORRIERE DELLE ALPI

BELLUNO

E mail belluno@corrierealpi.it Belluno Piazza Martiri, 26/b Centralino 0437/957.711 Fax 0437/957.750 Abbonamenti 800.860.356 Pubblicità 0437/942.967

lotta allo spopolamento

Botta e risposta tra sindaco e direttore Usl Pais Becher: «Ci servono due ambulanze» Al centro della protesta la esternalizzazione del punto di primo intervento all’ospedale di Auronzo: «Ne resterà una» AURONZO. Nuove, dure pole-

miche sul pronto soccorso (o punto di primo intervento) di Auronzo. Le emergenze di questi giorni dimostrano – a dire del sindaco Tatiana Pais Becher, condivisa dai suoi colleghi del Comelico – che non basterà, “con la privatizzazione”, una sola ambulanza, pur attrezzata di personale sanitario. Ce ne vorranno due. Intanto non si privatizza un bel niente – è la risposta immediata del direttore generale Adriano Rasi Caldogno. E poi un’ambulanza con il personale è sufficiente. Il botta e risposta è avvenuto via facebook, con due post. Il primo della sindaca Pais Becher che denunciava quanto avvenuto sabato. Il secondo di Rasi Caldogno che di solito non è il tipo da utilizzare questi strumenti. Il che sta a testimoniare che l’argomento è molto caldo. Proprio oggi la sindaca ha in proposito di telefonare, a nome dei colleghi, all’assessore Manuela Lanzarin per avere risposta alle richieste di maggiore dotazione con l’arrivo della Cooperativa al Punto di primo intervento di Auronzo. Sabato, dunque, è accaduto, alle 11.15, un incidente stradale con 2 feriti nei pressi della diga di Santa Caterina. Si fiondano sul posto entrambe le ambulanze dell’ospedale di Auronzo, con infermiere e autista. Alle 15.45 e 16.10 di nuovo due ambulanze partono dall’ospedale a sirene spiegate per un’emergenza a Danta e un’altra ad Auronzo. Ore 19, un’ambulanza riparte con infermiere e autista per un’emergenza pediatrica a Santo Stefano; il medico ar-

Le ambulanze fuori dall’ospedale di Auronzo

riva dall’ospedale di Pieve e il bimbo deve essere trasportato a Belluno. «Fortunatamente nell’ospedale di Auronzo è presente la seconda ambulanza: se non ci fosse la seconda uscita il territorio sarebbe privo di mezzi fino alle 22, quando arriverà l’equipe per la notte» commenta la sindaca, osservando che due autoambulanze autonome in termini di personale «sono una questione di vita o di morte per chi vuol continuare a vivere in Val d’Ansiei, nell’Oltrepiave». Invece, «il bando di privatizzazione del Ppi di Auronzo e dell’emergenza non garantisce questa condizione, per-

ché prevede il personale necessario solo per un’uscita». Non ci sono dubbi, per Pais Becher: la lotta allo spopolamento passa anche di qui. Tutti, nei commenti, le dan-

Secondo Rasi l’uscita contemporanea di due mezzi avviene raramente no ragione. E invitano alla mobilitazione. Residenti e villeggianti. «Questa è una battaglia sacrosanta» condivide, infatti, Isidoro Gottardo, già parlamentare di Fi ed ex assessore

regionale del Fvg. C’è perfino chi ripropone la storica protesta sul Ponte Cadore, contro la chiusura dell’ospedale di Auronzo. Rasi Caldogno, direttore generale dell’Usl1, legge il post sabato notte ed è immediata la sua risposta: per rassicurare. Dice che il Suem 118 è provvisto di tutti i mezzi necessari e che interviene “nei tempi stabiliti”, magari anche con l’elicottero. Perché, dunque, rinunciare in futuro alla seconda autoambulanza con personale sanitario? Perché – spiega il direttore – svolge per il 90% dell’attività trasporti secondari cioè non urgenti e non di emergenza ma per trasferi-

menti da un ospedale all’altro. Secondo le statistiche, capita solo 2 volte all’anno l’uscita contemporanea dei mezzi di Auronzo per emergenza. In base all’organizzazione e alle valutazioni della Centrale Operativa la seconda uscita può essere garantita dall’ambulanza di Pieve nei tempi previsti per una puntuale risposta alle emergenze (20 minuti). Rasi Caldogno precisa, poi, che il bando per il PPI di Auronzo prevede una esternalizzazione del servizio e non una privatizzazione ed è dettato dalla nota carenza di medici di emergenza urgenza specializzati disponibili a lavorare nelle nostre zone.

Tra l’altro, il recupero del personale aziendale del PPI di Auronzo (che sarebbe sostituito dal personale esternalizzato) consentirebbe l’organizzazione di un mezzo aggiuntivo esclusivo per i trasporti secondari e il potenziamento dell’offerta nei periodi di maggior afflusso turistico. Rasi Caldogno fa comunque una concessione: «Come ribadito dall’assessore Lanzarin, qualora cambiassero le condizioni si potrebbero valutare altre opzioni». In ogni caso, conclude, la Regione e l’Usl Dolomiti stanno perseguendo ogni soluzione possibile per mantenere i servizi in montagna. — Francesco Dal Mas

problemi di transito

Il solito caos sulla 48 tra Cortina e Falzarego auto in sosta ovunque CORTINA. L a 48 delle Dolomi-

ti intasata dalle auto parcheggiate a lato strada, nel tratto tra Cortina e il Falzarego, in particolare vicino alle partenze degli impianti. Non è una novità, era accaduto anche nelle scorse domeniche. La foto, pubblicata sulla pagina facebook di Nives Milani, chiarisce meglio di tante parole quale era la situazione ieri mattina, nella zona delle 5

Torri e del Col Gallina. Per chi era diretto al Falzarego o in direzione opposta verso Cortina, ieri era davvero difficile passare in auto. Per non parlare di eventuali mezzi di La situazione ieri sulla 48 delle Dolomiti verso il Falzarego soccorso, dai vigili del fuoco alle ambulanze. si ovvio il commento «Il va il commento altrettanto Sotto la foto, fioccano i 2021 si avvicina», per non ovvio «Non vogliono perdecommenti. «È così tutte le do- parlare delle Olimpiadi tra re il turista». «Più mezzi pubmeniche» spiega una utente sei anni. Si chiedono a gran blici e più parcheggi e ringrasocial. «Prima di fare impian- voce multe, controlli, rimo- ziate il turista che viene coti pensate ai parcheggi». Qua- zione delle auto. Ma poi arri- munque». —


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PRIMO PIANO

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La grande paura

Settimane bianche confermate ma Cortina trema Per ora non ci sono disdette, anzi la stagione dello sci vola Alverà: «Siamo preoccupati per la Coppa del mondo» Piste affollate anche ieri a Cortina

Francesco Dal Mas CORTINA. Il coronavirus allarma anche Cortina e le Dolomiti dello sci. I cinesi non affollano le piste come altre nazionalità (dell’Est, in queste settimane), loro preferiscono l’estate. «Non ho notizia di disdette – informa Federico Caner, assessore regionale al turismo -, ma è certo che la loro assenza a Venezia, per il carnevale, peserà anche in montagna». «Sempre più spesso, infatti – conferma Giuliano Vantaggi, motore della Dmo -, abbiamo cinesi che si ricavano una visita o una sciata sulle Dolomiti durante la lo-

ro permanenza in laguna». La preoccupazione è per il futuro, piuttosto che per il presente, come ammette Roberta Alverà, presidente dell’Associazione Albergatori di Cortina. «Tutte le prenotazioni per le prossime settimane bianche sono confermate, come mi ha precisato anche il presidente di FederAlberghi, Walter De Cassan, ma – aggiunge Alverà – siamo allarmati per il periodo della Coppa del Mondo. Se l’epidemia non dovesse arrivare presto al giro di boa e, peggio, se ci fossero delle complicazioni, presenza di cinesi o no a Cortina, il nostro mondo ne risentirebbe. I turisti si fermano a casa nelle situazioni di emergenza».

La stagione dello sci sta letteralmente volando. Gli impiantisti segnano già un più 20%, anche lontano da Cortina. Lo testimoniano Renzo Minella per l’area Falcade San Pellegrino e Sergio Pra per Alleghe Civetta. Qualche impianto sta facendo il tutto esaurito, raggiungendo quota 30% di aumento sull’anno scorso. «Anche gli alberghi finalmente respirano – precisa Pra – con un più 10, anche un più 15%». Insomma – sospira l’albergatore di Alleghe – ci manca solo qualche grado di temperature più basse. «Meglio ancora se ritornasse una spruzzata di neve fresca» suggerisce Minella. «Non è che con questi presupposti – sbotta Alverà

– si possano intromettere i cinesi a rovinarci la festa». E il pensiero dell’albergatrice va addirittura alle Olimpiadi. Prima di quelle di Milano e Cortina ci sono i Giochi di Pechino del 2022. Dai quali ci si attende una ricaduta, quattro anni dopo, ai piedi delle Tofane. Ma se i turisti smettessero di viaggiare sui lunghi circuiti per qualche apprensione di troppo, la prospettiva sarebbe fatale. Sia per i Mondiali del 2021 che per le Olimpiadi. Il primo a rincuorare è Vantaggi. «A parte le presenze ai grandi eventi, i cinesi e, più in generale, gli asiatici non sono protagonisti dei nostri mercati. Stiamo puntando sull’Est, oltre

che sul Nord Europa, e i risultati sono straordinari. Vedremo dall’evoluzione del Coronavirus quali azioni intraprendere». Vantaggi preferisce vedere il bicchiere mezzo pieno. «Questa congiuntura potrebbe rivelarsi un’opportunità piuttosto che un problema». Osvaldo Finazzer ha ospitato un nutrito gruppo di sciatori cinesi a Capodanno, al Savoia del Passo Pordoi. «Per le settimane bianche abbiamo quasi solo stranieri – ci dice -, da ogni parte del mondo. La preoccupazione va oltre i cinesi; se l’epidemia non rientrerà rapidamente, è evidente che si volerà di meno tra un continente e l’altro». Quindi? «Mi figlia, mae-

stra di sci, sta accompagnando un gruppo cosmopolita di rifugio in rifugio, per una settimana. C’è gente che va pazza per le Dolomiti. E che le vuole assaporare da vicino. È disponibile ad ogni possibile sacrificio. Ma se la Cina non contrasterà presto il virus, la paura ci lascerà davvero in difficoltà». L’assessore Caner non ha dubbi. Il turismo ha bisogno di fiducia. Al momento non manca, assicura; l’importante è che la situazione non si aggravi. «Nemmeno qui ad Arabba ci sono state disdette – tranquillizza il sindaco albergatore, Leandro Grones -. Ecco, io consiglierei anche a non enfatizzare situazioni che magari non sono di rischio o pericolo, come invece avviene». Qualche disdetta, semmai, c’è per l’influenza, conferma Pra. Un problema già avvertito ai primi di gennaio. «Ci auguriamo che l’influenza non si aggravio a rimorchio della psicosi del coronavirus…». Attenzione, avverte infatti Alverà: abbiamo anche l’estate davanti e tanti colleghi, qui a Cortina, incrociavano le dita auspicando una presenza maggiore di cinesi o, comunque, di asiatici nella stagione ventura. — © RIPRODUZIONE RISERVATA

espresso italiano dal 1919


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Provincia

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Colline, turismo in crescita: «E’ solo l’inizio» Presenze aumentate del 4%per cento in un solo anno, segno ` Caner: «Le potenzialità sono enormi e ancora inespresse» positivo anche per gli arrivi: «L’offerta però va migliorata» Grande richiesta per b&b e case vacanze, flessione degli hotel `

VALDOBBIADENE Le colline partono col piede giusto. A meno di un anno dal riconoscimento Unesco i dati sono incoraggianti. «Crescono gli italiani mentre gli stranieri diminuiscono di poco nel numero ma non nei pernottamenti: il saldo continua a essere positivo e, come preannunciato qualche mese fa, nel 2019 la provincia di Treviso ha segnato il nuovo record di presenze turistiche. A conferma che è un territorio ancora da scoprire, ma di cui ci si innamora facilmente». L’assessore regionale al turismo Federico Caner comunica così i dati definitivi dei flussi turistici nella Marca dello scorso anno, raccolti ed elaborati dall’ufficio di Statistica della Regione, che parlano di un incremento dello 0,4% degli arrivi e del 3,9% delle presenze rispetto al 2018.

IL FOCUS Nello specifico l’ufficio regionale di Statistica sul movimento turistico nelle colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene, dal luglio scorso iscritte nella lista dei paesaggi cultu-

rali da tutelare come patrimonio dell’umanità, ha rilevato come si sono registrati oltre 186 mila arrivi e 445 mila presenze nel 2019, rispettivamente +1,1 e +1,8 rispetto all’anno precedente. «È un’area dalle grandi potenzialità turistiche ancora inespresse sulle quali dobbiamo lavorare – afferma l’assessore Caner – Se il Prosecco è uno dei vini più conosciuti e apprezzati al mondo, pochi conoscono la bellezza e la suggestione dei 97 chilometri quadrati di declivi vitati e di borghi della Sinistra Piave tra Conegliano e Valdobbiadene. L’impegno al quale siamo attesi tutti, abitanti, imprenditori e istituzioni, è quello di sviluppare e promuovere un turismo emozionale ed esperienziale che privilegi nettamente la qualità alla quantità, che faccia della salvaguardia di questo microcosmo unico per storia, cultura e tradizione rurale il motivo stesso di una visita e di un soggiorno. Arrivo quasi a dire che se il successo del Prosecco dipende dalla diffusione, quello delle terre da cui nasce non può prescindere dalla selezione di un turismo attento, curioso ed educato».

I DATI IN PROVINCIA

TREND OTTIMO A TREVISO E NEL RESTO DELLA MARCA CON IL 10,5% DI ITALIANI E IL 9,9% DI STRANIERI IN PIU’

Turismo in crescita anche nel resto della Marca. «Dal 2015 stiamo registrando una crescita costante di interesse per l’offerta sia della città di Treviso che del suo territorio provinciale, ma il dato che emerge più evidentemente è quello relativo al settore extralberghiero –

Addio a Moratto, patron della El.Mor BREDA DI PIAVE

SENZA TEMPO Il fascino delle colline del prosecco attira ogni anno sempre più turisti e visitatori

sottolinea l’assessore –: bed&breakfast, case per ferie, alloggi turistici e in minor misura agriturismi, nel loro insieme hanno incrementato notevolmente sia gli arrivi, +6,9%, sia le presenze, +10,2%, rispetto ai precedenti dodici mesi, contribuendo in maniera determinante all’ottimo risultato complessivo conseguito. In queste strutture ricettive è aumentata sia la clientela italiana, +10,5% di presenze, sia quella straniera, +9,9%, e se si esamina l’andamento degli ultimi cinque anni,

l’extralberghiero ha registrato un vero e proprio boom, crescendo percentualmente del 68,1 negli arrivi e del 71,7 nelle presenze». Ma anche l’alberghiero chiude l’annata con segni più: il –1,5% delle presenze straniere viene compensato dal +3,2% di quelle italiane, registrando una variazione complessivamente positiva dello 0,6%. «Una riflessione - prosegue l’assessore -, su questo che a mio avviso deve essere colto come un segnale da non trascurare, va fatta: è necessario inve-

stire sulla qualità delle strutture e dei servizi e sulla professionalità delle diverse figure appartenenti alla filiera del turismo. Questo vale per Treviso come per tutto il Veneto, perché i dati maggiormente negativi, qui come altrove, riguardano soprattutto gli alberghi con poche stelle, con una classificazione bassa, a conferma che il mercato premia l’offerta qualificata, in grado di soddisfare i segmenti più evoluti della domanda». Manuela Collodet

Due 14enni la travolgono col bob: donna grave CONEGLIANO Stavano scendendo cacciati con il loro bob quando, a fine pista, all’improvviso, si sono trovati davanti una donna. Inevitabile il terribile impatto. I due 14enni trevigiani non non riusciti ad evitare lo scontro. Anche ieri Piancavallo è stato preso d’assalto dai turisti e ancora una volta gli uomini del Nucleo soccorso piste dei carabinieri della stazione di Aviano sono intervenuti per una serie di incidenti accaduti nella stazione invernale. Il più grave è successo nell’area di Nevelandia, dove

una quarantenne che risiede a Pordenone è rimasta ferita. La donna, da quanto appreso, stava aspettando alla fine della pista riservata ai Bob l’arrivo dei figli. Si tratta di un’area riservata esclusivamente alle guidoslitte e, dunque, vietata ai pedoni. Ma la quarantenne, forse distratta, non si sarebbe accorta di essere proprio nella traiettoria di discesa dei bob, che viaggiano a una velocità sostenuta, perché era girata di schiena, ed è stata travolta dal mezzo condotto da due quattordicenni che risiedono nella provincia di Treviso. Un impatto violento: la donna è stata colpita alla schiena ed è cadu-

I SOCCORSI La donna ha riportato una sospetta frattura spinale

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ta a terra, riportando gravi ferite. L’allarme è stato dato subito e sul posto sono arrivati i carabinieri sciatori, mentre una dottoressa che si trovava nelle vicinanze ha prestato i primi soccorsi all’infortunata in attesa del medico di guardia Paolo Rossi e dell’ambulanza del 118. Dai primi accertamenti la quarantenne avrebbe riportato un trauma spinale: con l’ambulanza è stata trasferita al Cro di Aviano poiché c’era nebbia e l’elisoccorso non ha potuto raggiungere Piancavallo, e da lì è stata trasportata all’ospedale Santa Maria della Misericordia di Udine.

È morto all’età di 79 anni l’ingegner Eligio Moratto, storica figura di imprenditore. La sua storia è una di quelle tipiche degli imprenditori delle nostre terre. Partito a 18 anni per Zurigo, a Ginevra consegue il titolo di ingegnere in elettronica. Nel 1967 sposa Gisela Grosse e l’anno dopo, ritornato al proprio paese, lavora alcuni anni alla Zoppas e poi all’Electrolux. Il suo spirito imprenditoriale lo porta però ben presto a dar vita, nel 1978 ad un laboratorio per avvolgimenti di motori elettrici che, nel tempo, è diventato una solida ditta di elettronica: la El.Mor che ha sede in zona artigianale a Pero e offre lavoro a oltre 50 persone. Ma Eligio Moratto non è stato solo un uomo di lavoro: si è anche speso come consigliere comunale per alcuni mandati, fedele sempre all’allora Psdi. Da alcuni anni aveva passato il testimone al figlio Marino, attuale assessore della giunta Rossetto. Era stato inoltre uno dei soci fondatori della Bcc di Candelù diventando poi con la fusione Bcc di Piave e Livenza di cui fece parte come amministratore. A piangerlo, oltre alla signora Gisela, i figli Marino con Simonetta, Michele con Sefora, i nipoti Irene e Luca, i fratelli Giorgio e Lucia ed i parenti tutti. Il funerale si svolgerà nella chiesa di Pero mercoledì alle 15. Il Rosario verrà recitato domani alle 19. (rc)


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Nordest

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una volta l’anno in vacanza. Ora è la nostra casa. Io sono partito da un giorno all’altro. Ho preso carta di credito, il necessario, pochi vestiti e basta. Ho lasciato tutto: casa, studio, mobili, il cane... Mi hanno svaligiato casa più volte».

LA STORIA i sentono “profughi fantasma”. Fortunatamente per loro non sono arrivati con barconi o a piedi, ma con regolare biglietto aereo e con i documenti. Un tipo diverso di fuga, di cui però nessuno parla. Eppure hanno lasciato tutto da un giorno all’altro: soldi, casa, lavoro, affetti. Scappano da un Paese lacerato da lotte politiche e militari, dalla dittatura, dove 1500 bambini ogni mese muoiono per mancanza di medicine. E soprattutto loro sono italiani, veneti prima di tutto. E il Veneto ora è il loro rifugio. La storia delle famiglie Grespan e Mattarolo, originarie del Trevigiano, racconta anche la vicenda umana di altri duemila veneti-venezuelani tornati qui che hanno lasciato il loro Paese, strangolato da una situazione su cui è sceso il silenzio dopo settimane di grande attenzione. Eppure in Venezuela si contano 4 milioni e mezzo di profughi su una popolazione di 26 milioni, spesso costretti a fuggire a piedi in Colombia, Perù, Cile. I veneti in Venezuela sono invece 5 milioni: un quinto della popolazione. Ora quelli che sono scappati, qui nella loro terra di origine, 2mila circa appunto, si sentono “profughi di ritorno”. Due volte in fuga: la prima quando negli anni Cinquanta se ne sono andati da emigranti in cerca di fortuna, la seconda ora. Un ritorno forzato, silenzioso, il loro. Perché tutti stanno cercando di ricominciare una vita, in attesa di rimpatriare in Venezuela. Ma intanto stanno in Italia. La loro patria di origine, però, ha una posizione ambigua: è uno dei pochi Paesi a non aver riconosciuto ufficialmente il governo di Juan Guaidò, anche se l’ex governo giallo-verde aveva definito “illegittime” le ultime elezioni che hanno confermato Nicolas Maduro, chiedendo una nuova consultazione e impegnandosi a un generico “sostegno alle imprese e ai lavoratori italiani in Venezuela”. Il risultato è che gli italiani che potevano sono scappati.

S

RIPARTIRE DA ZERO

«Noi veneti del Venezuela nuovi profughi fantasma» `«Qui ci sentiamo stranieri in patria, Duemila emigrati sono rientrati per scappare dalla dittatura militare siamo italiani ma lo Stato non ci aiuta» `

la condizione di questi cittadini italiani è simile a quella di chi italiano non è mai stato. «Eppure tasse qui le abbiamo pagate e le paghiamo», dicono. Fosse per loro tornerebbero in Venezuela anche domani. «Quel Paese ci ha dato tanto, abbiamo vissuto là la nostra giovinezza, abbiamo faticato ma abbiano trovato un Paese che ci ha accolto, con le sue regole, ma dandoci possibilità. Noi siamo sbarcati sapendo che le regole di chi ci accoglieva le dovevamo rispettare, non abbiamo mai avuto problemi. Anzi, i problemi li abbiano qui, oggi». Carlo Castillo, detto Nene, ha

67 anni. È il più giovane del gruppo del sabato mattina. Un ragazzino, a confronto degli altri. Architetto, ex professore universitario, imprenditore, scrittore, una lunga carriera politica in patria, ha sposato una trevigiana trapiantata in Venezuela. «La nostra famiglia - racconta - arrivò in Venezuela negli anni Cinquanta, come tanti veneti. Con gli anni abbiamo avviato una società edile. Io, venezuelano di nascita e basco di radici, ho sposato una trevigiana e oggi abbiamo 3 figli - Carlo, Cristian e Manuel - e 7 nipotini. Carlo e Cristian sono venuti con me a TreviVENETI DI RITORNO A sinistra, Carlo Castillo. In alto, la famiglia Mattarolo-Castillo, una delle tante discendenti di veneti che negli anni Cinquanta sono emigrate in Venezuela. A destra, proteste di piazza a Caracas

IL RITROVO Solo a Treviso ci sono circa 200 di questi “profughi fantasma”, veneti di origine e venezuelani di prima, seconda o terza generazione. Ogni sabato mattina un gruppo di loro si trova in un bar del centro, il più giovane ha 85 anni. Discutono, ricordano, si rammaricano di essere venuti via e del silenzio che c’è attorno alla loro storia. Parlano un misto di dialetto e spagnolo. Raccontano di quando sono arrivato in Venezuela in nave, inventandosi un lavoro e acquisendo negli anni una stabilità economica per mantenere anche i loro parenti che erano rimasti in Italia. «Vede - dice uno di loro, che non vuole il nome per un misto di riservatezza e diffidenza - le rimesse degli italiani all’estero sono state una delle prime voci dell’economia italiana. Ma oggi lo Stato non ci dà alcuna riconoscenza. La nostra patente, per dire, non vale più da quando l’Italia non riconosce quella venezuelana. A 85 anni sto rifacendo la teoria... Dopo aver lavorato una vita, non abbiamo pensione. Per avere cure mediche abbiamo preso residenza, non bastava la doppia cittadinanza». Alla faccia dei dibattiti sui vari tipi di “ius“ per gli stranieri che arrivano in Italia,

«L’ITALIA NON RICONOSCE NEMMENO LA PATENTE DEL PAESE SUDAMERICANO, A 85 ANNI STO RIFACENDO L’ESAME»

so con i loro figli, Manuel è in Inghilterra. Tra veneti e venezuelani c‘è sempre stata intesa, i veneti sono diventati benestanti e hanno mandato soldi qui e negli anni per fortuna hanno investito anche a Treviso. Quegli investimenti oggi hanno salvato la nostra famiglia». La fuga dal Venezuela è avvenuta in fretta: prima con Chavez e poi con Maduro il Paese ha avuto un crollo, economico, politico e sociale. «Se ne è parlato tanti mesi fa con le manifestazioni di piazza - continua Carlo - ma ancora adesso, che è calato il silenzio, non è cambiato nulla. Il

Paese è in sofferenza. Io avevo, e ho ancora, uno studio di architettura, si viveva bene grazie al lavoro delle aziende. Ora lo studio è aperto con due persone che stanno chiudendo vecchi progetti. Finiti quelli, non ci sarà altro. Qui in Veneto siamo centinaia. In Venezuela abbiamo abbandonato tutto quello che avevamo costruito, quello per cui abbiamo speso una vita. Siamo venuti via perché quello non è più il Paese che conoscevamo, è una dittatura militare». Carlo e la famiglia sono tornati a Treviso tre anni fa. «Era giugno - ricorda - Prima venivamo

E a Treviso sono ripartiti da zero. «Il Prosecco ci ha salvato scherza - Quando siamo arrivati non avevamo nulla. Solo una piccola attività di export di mobili col Venezuela, però con la crisi esportavamo poco. Ora esportiamo mobili da cucina a Miami. Assieme al Prosecco. Il Prosecco, da buoni trevigiani, ci dà da vivere». Eppure c’è, nelle parole di Carlo e degli altri patriarchi delle famiglie di emigrati di ritorno, quella sensazione di sentirsi stranieri in madre patria. «Siamo arrivati qui in aereo - dice con i documenti in regola e per questo non facciamo statistica, non risultiamo in fuga da niente. Come fossimo turisti e viaggiatori d’affari con doppia cittadinanza. Perché non c’è un conto esatto di quanti venezuelani di origine italiana sono scappati, né si sa in che condizioni vivano. Ma siano arrivati qui senza niente, abbiamo ricominciato daccapo. E come noi, tanti connazionali». «Chiediamo - spiega ancora Carlo - che chi è tornato qui dopo una vita di lavoro, possa vedere riconosciuti i propri sacrifici. Chiediamo un’azione convinta anche dall’Italia per avere elezioni libere, democrazia in Venezuela. Non credo che la strada sia l’intervento militare perché non si può ripristinare la democrazia con un’azione non democratica. Una guerra si sa quando inizia, mai quando finisce. La pressione internazionale su Maduro è fondamentale, per questo ci chiediamo cosa voglia fare l’Italia. Io, a nome della nostra comunità, avevo avuto garanzie dall’ex presidente del Parlamento Europeo, Antonio Tajani, dai segretari di tutti i partiti. Avevamo incontrato anche il governatore Luca Zaia, come veneti. Invece poi la mozione di condanna contro Maduro a Roma non c’è stata, Guaido non è stato riconosciuto come presidente a differenza di tutti gli altri Paesi occidentali. Ora chiediamo di non essere dimenticati». In fondo, però, resta il desiderio di rientrare in Venezuela, di trovare un Paese nuovo. «Tutti vogliamo tornare, ma non possiamo - conclude Carlo - Anche per una questione economica. Tornare ora significa morire. Io dico sempre che adoro l’Italia, ci sto bene, è la casa di origine della nostra famiglia, ma non vogliamo sentirci stranieri qui». Davide Scalzotto © RIPRODUZIONE RISERVATA

La catastrofe del Paese

Regime Maduro, la gente muore di fame Il Venezuela è uno dei cinque Paesi al mondo con il più alto rischio di crisi umanitaria, assieme a Yemen, Repubblica Democratica del Congo, Siria e Nigeria. Dopo la morte di Hugo Chavez nel 2013, al governo c’è Nicolas Maduro (nella foto), uno dei suoi uomini più fedeli. Nel gennaio dello scorso anno, il presidente del Parlamento Juan Guaidó si era autoproclamato presidente ad interim per rovesciare il regime di Maduro, il cui governo non è stato

riconosciuto dai Paesi occidentali. Il Paese è in crisi profonda, l’inflazione è terribile, la gente muore di fame e la Banca centrale venezuelana dispone ormai di una liquidità complessiva inferiore al miliardo di euro. Il 96 per cento delle imprese venezuelane ha ridotto drasticamente il personale . Il 14 per cento delle imprese ha chiuso e lo stipendio medio di un lavoratore è sui 4 euro al mese. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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IL GIORNALE DI VICENZA

12 Cronaca

Lunedì 3 Febbraio 2020

SANITÀ. Nellaserata disabato alpronto soccorsodel San Bortolo

Psicosidavirus Cinese in ospedale etuttiscappano

Ilvicentinoa Wuhan

«Restiamochiusiincasa epassiamoiltempo divisifragiochiepulizie»

L’uomosiè presentato consintomidilaringite ecomeda prassi gli èstata fornita lamascherina Nellasala d’attesa èstato isolatoda tutti ipazienti Franco Pepe

Si presenta al pronto soccorso dell’ospedale San Bortolo, lamenta i sintomi di quella che sembra una laringite. Come da prassi (istituita ben prima dell’epidemia del coronavirus), il personale gli fornisce una mascherina e lo invita ad accomodarsi in sala d’attesa, per aspettare il proprio turno. Ma quell’uomo ha i lineamenti asiatici, e scatta il timore di poter essere contagiati: lui si siede in un angolo della stanza e intorno si fa il vuoto, tanto che alcuni pazienti preferiscono attendere di essere chiamati addirittura fuori dall’edificio. L’episodio, accaduto sabato sera, conferma il clima di paura, se non di panico, che circonda il coronavirus. Gli accertamenti hanno poi scongiurato che il malessere lamentato avesse a che fare con la malattia in questione. Dal pronto soccorso però confermano che la fornitura del-

la mascherina non è legata a nuove disposizioni a seguito dell’epidemia, perché la prassi introdotta dal primario di pronto soccorso, Francesco Corà, è precedente all’allarme mondiale: la mascherina viene fatta indossare a chiunque arrivi in ospedale con sintomi di affezioni respiratorie, per evitare il diffondersi del contagio delle malattie potenzialmente trasmissibili per via aerea. La paura, tuttavia, è difficile da controllare. Ne sono prova anche le telefonate che continuano ad arrivare al San Bortolo, da parte di persone che temono di aver contratto il coronavirus (mentre si tratta della “sem-

L’UlssBerica haattivato ilComitato perl’emergenza perintervenire sueventualicasi

plice” influenza che sta imperversando), oppure chiedono informazioni per capire se, ad esempio, l’aver frequentato ristoranti o negozi gestiti da cinesi possa averli esposti al rischio. A tutti il personale medico spiega che i criteri per sospettare un contagio prevedono, secondo la circolare diffusa dal ministero della salute, che la persona che presenti i sintomi provenga dalla Cina, oppure rientri da quel Paese dopo un viaggio o dopo aver abitato nelle aree a rischio nei 14 giorni precedenti l’insorgenza, oppure sia stata a stretto contatto con un caso probabile o confermato di infezione nelle due settimane antecedenti. IL PROTOCOLLO. Nel caso in

cui il possibile contagio sia documentato, il personale ospedaliero porrà in atto il protocollo studiato per le situazioni di questo genere, come ha spiegato l’altro giorno il governatore veneto Luca Zaia. Il piano per le emergen-

LorenzoMastrotto davanti alla pagoda dellagrugialla «Iconnazionalipartono stanotte»eDiosolosa se avrebbevolutounirsi anchelui algruppodi italianiresidentia Wuhancheoggi atterrerannoa Roma,dove li aspettanodue settimaneinisolamento. Ma nellacapitalediHubei Lorenzo Mastrottohamoglie efigliche nonpuòcerto abbandonare. «Restoquia far coraggioai cinesi- hadettoinfatti - ea lottareinsieme a loro». Mastrotto,come60 milionidi cinesi,viveinunadimensione fuoridal tempo,senza sapere cosaaccadrà domani.Da quandoèiniziata laquarantena infattisono passatiundici giorni,ecisi avvicina alledue settimaneconsiderateil tempo incui ilvirus si puòtrasmettere, mail numero divittimeedi personecontagiate continua a

crescereenon sisa se equando verrannoallentate le restrizioni. «Perora- spiegaMastrottocontinuala nostra routine domestica,fatta digiochi e pulizie».Anche dimessaggi,con cuil’autorità cineseinvita le personea contrastare il virus. In particolare,un messaggiodiffuso neigiorniscorsi, indicavai tre “non”,i tre“più”ei tre“devi”: «Noi nonpossiamolasciare lacittà ricordail vicentino- maci è consentitouscire,rispettandouna seriediaccorgimenti:non andare fuoriacena, nonandare a far visitaadaltrepersone, nonusare unnormalegesto dicortesiacome stringersila mano.Attenzione ancheadaerare dipiùla casa, fare attivitàfisica elavarsile mani. Mentrei tre“devi”sono inrealtà uno:usare la mascherina». M.L.D. © RIPRODUZIONERISERVATA

Ilpaziente nellasala d’attesa delprontosoccorso delSanBortolo

ze comprende le misure standard di biosicurezza per prevenire la trasmissione del contagio per via aerea o per contatto, utilizzando vari dispositivi di protezione individuale. Il paziente verrà, poi, sottoposto alla valutazione specialistica dell’infettivologo, e i suoi campioni respiratori, secondo quanto succede ormai da anni, saranno spediti dai microbiologi del San Bortolo al laboratorio di virologia dell’università di Padova, centro di riferimento per tutte le Ulss venete, che a sua volta fa riferimento all’istituto Spallanzani di Roma. I ca-

si sospetti andranno segnalati entro 24 ore alla direzione regionale per la prevenzione delle malattie infettive, che li registrerà in una piattaforma web dedicata. Come ha specificato il governatore Zaia, su impulso della task force regionale in ogni Ulss veneta è stato attivato il Cesp, Comitato aziendale per l’emergenza in sanità pubblica, che è dotato a sua volta del Gorr, Gruppo operativo di risposta rapida. Fino a ieri, in Veneto non era stato riscontrato alcun caso riconducibile al coronavirus. • © RIPRODUZIONERISERVATA


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Rovigo

LUNEDÌ — 3 FEBBRAIO 2020 – IL RESTO DEL CARLINO

I nodi della sanità

«Tagli negli ospedali, paghiamo le conseguenze»

Bimbo con lesioni dopo il parto in ambulanza, diagnosi sbagliata ad un paziente Brusco, ex assessore in Provincia: «Episodi gravi che fanno riflettere» Una madre di 46 anni fa denuncia ai carabinieri di Padova per le ferite riportate dal figlio durante il parto d’urgenza, avvenuto nel tragitto in ambulanza tra Rovigo e l’ospedale di Padova, il 9 gennaio. Il pronto soccorso dell’ospedale di Rovigo dice che si tratta di lombagia, ma poche ore dopo, un uomo di Ceregnano viene operato d’urgenza nell’ospedale di Adria per unaperitonite. Due episodi, avvenuti nei giorni scorsi, che gettano ombre sulla nostra sanità. «In queste ultime settimane, nel territorio dell’Usl 5 sono successi fatti gravi – dice Guglielmo Brusco, di Rifondazione Comunista e per anni assessore alla sanità in Provincia – che potrebbero rappresentare un ulteriore campanello d’allarme, sullo stato di certi servizi sanitari in Polesine. Non voglio neanche lontana-

ASSISTENZA

«Centro anziani, cda legittimo» Il segretario comunale di Adria interviene dopo le polemiche Il segretario comunale di Adria Gianluigi Rossetti interviene sulla questione delle nomine del cda della casa di riposo. «La nomina da parte del sindaco dei componenti del cda del centro servizi anziani è perfettamente legittima – dice – e il consiglio è correttamente insediato, nella pienezza dei suoi poteri. E’ doveroso ricordare che il sindaco ha provveduto alle nomine in base all’istruttoria che ho espletato. Pertanto i rilievi sul mancato rispetto integrale di quanto disposto dalla deliberazione di consiglio comunale sono da ricondursi a valutazioni di natura tecnica e non politica. Devono sì essere messi a disposizione dei consiglieri i curricula dei candidati ma non vanno in alcun modo pubblicati sul sito del Comune».

mente occuparmi dei singoli, dolorosi episodi sui quali spero indaghino non solo le commissioni nominate da Zaia. Spero anche che si muovano altre istituzione addette al controllo della legalità con l’intenzione di capire se oltre ad eventuali responsabilità di medici, infermieri, tecnici e altri operatori impegnati in prima linea e magari in condizioni di difficilissima operatività, non ci siano anche responsabilità di chi comanda e amministra la Regione e l’Usl 5. Avere centinaia di operatori in meno di quelli previsti nella dotazione I NUMERI

«La terapia intensiva ha perso 38 posti letto (meno 54%), passando, in 20 anni, da 70 a 32»

organica, non è responsabilità di nessuno? – si chiede Brusco –. Avere un’organizzazione dove potrebbero eventualmente succedere fatti come quelli avvenuti in questi giorni, non porta a responsabilità amministrative regionali? Dare un mare di soldi ai privati è stato così economico e legittimo? Non si può solo assistere a quanto succede, come fa gran parte dei sindaci del Polesine. La situazione è gravissima e contro la pesante privatizzazione in corso, bisogna reagire ed informare i cittadini ancora disposti a difendere la sanità pubblica. Dal 2000 al 2020, periodo in cui la Lega è in giunta regionale, sono stati pesantemente colpiti gli ospedali pubblici veneti e polesani e si è di molto rafforzato il settore privato. E, per tutti quei sindaci silenti, se volessero protestare con Zaia e soci, diamo i numeri

Guglielmo Brusco è stato per anni assessore alla sanità in Provincia

utili alla loro eventuale azione. Negli ospedali pubblici polesani, dal 2002 al 2019. il totale dei posti letto passa da 874 a 650. Il taglio è di 224, pari al 25,6% in meno. A parte l’area medica che passa da 305 a 333, con un aumento di 28, pari al 9,2%, tutte le altre aree hanno subito pesanti tagli. L’area riabilitativa da 135 a soli 75 posti letto, con un

taglio di 60 posti, pari ad un meno 44%. L’area chirurgica è stata molto ridotta, passando da 261 a 156 posti letto (meno 105). Il calo è un pesantissimo meno 40%. L’area materno-Infantile ha visto pesantissimi tagli (con addirittura la chiusura del punto nascite di Trecenta). I posti letto sono passati da 103 a 54 ( meno 49 e meno 47%)».

«Tremila euro al mese, una mazzata». Protesta nella casa di riposo Comitato dei familiari in piazza a Badia per manifestare contro le rette: «Situazione insostenibile, serve un passo indietro» Rette nella casa di riposo di Badia, protesta in piazza del comitato dei familiari degli anziani ospitati nella struttura. «Quella delibera va subito ritirata», hanno chiesto a gran voce i rappresentanti dell’organismo che nei giorni scorsi ha dato vita ad una protesta con un’azione di volantinaggio per le strade. La delibera in questione è stata varata nell’ottobre scorso dal consiglio di amministrazione della struttura di accoglienza, presieduto dall’avvocato Tommaso Zerbinati. Nel testo il via libera, dopo l’approvazione, delle nuove rette per i nuovi ingressi a libero mercato, per un importo giornaliero di 98 euro per stanza a due letti, e di 103 per stanza singola. Il comitato ricorda la visita che una delegazione aveva fatto in Regione per parlare con l’assessore Manuela Lanzarin. «In quell’occasione precisano – abbiamo ricevuto proposte che ci hanno dato una certa speranza per l’aumento del fondo per la non autosufficienza ed il conseguente aumento della copertura per le impegnative di residenzialità al 90% per le struttura accreditate, con una particolare attenzione per le strutture in difficoltà. Pur osservando, inizialmente, un graduale aumen-

Il comitato dei familiari della struttura di Badia

to delle impegnative, negli ultimi tre mesi non ce ne sono state di nuove e questo ci preoccupa molto. Da fonti attendibili sappiamo che la percentuale del 90% deve essere raggiunta entro il mese di marzo, ciò significa che per quella data nella nostra struttura dovranno essere IN SOLDONI

«Più di 40 famiglie si trovano a pagare una quota che oscilla tra i 2350 ed i 3000 euro al mese»

coperte almeno 150 impegnative residenziali su 168 posti accreditati. Ad oggi le impegnative coperte sono circa 123, ne mancano 27, per raggiungere la quota prefissata. Con 150 impegnative, l’ente avrebbe risorse sufficienti per fare fronte alla grave crisi finanziaria in cui versa». Il comitato sottolinea: «più di 40 famiglie si trovano a pagare una quota che oscilla tra i 2350 ed i 3000 euro al mese. Sono cifre insostenibili, sono un salasso per le famiglie, ognuna di esse, e alcune già da due anni devono far fronte all’integrazione della retta con almeno 1000

o 2000 euro ogni mese. Entro marzo sapremo se Lanzarin avrà mantenuto le sue promesse. Speriamo solo che non siano solo parole dovute al fato che in primavera ci sono le elezioni regionali». Infine, arrivano le richieste del comitato che oltre chiedere di ritirare la delibera fa un appello per non aumentare ulteriormente le rette, riducendo sensibilmente quelle più elevate. «La politica si adoperi per mantenere le promesse fatte – concludono –. La nostra casa di riposo è un fiore all’occhiello per la Comunità e per il Polesine sarebbe un peccato non sostenerla». Proprio nei giorni scorsi l’assessore alla sanità e al sociale della Regione Veneto, Manuela Lanzarin, aveva presentato nuovo piano di zona. L’obiettivo è quello di avvicinare i servizi ai cittadini, sostenere le famiglie, intercettare i bisogni delle persone più deboli e più fragile, rendere più efficiente il dialogo tra Comuni, Usl, terzo settore mettendo in comune visioni, risorse e le diverse professionalita’ degli operatori, evitare sovrapposizioni e doppioni nelle prestazioni. Giovanni Saretto © RIPRODUZIONE RISERVATA


LUNEDÌ 3 FEBBRAIO 2020 LA TRIBUNA

PROVINCIA

raffica di sanzioni a lignano

In sette mesi prende 43 multe stangata da 7 mila euro dai velox Protagonista Lucio Vudafieri, 77 anni, imprenditore castellano del turismo Lui si difende: «Non guidavo sempre io, presto spesso l’auto a parenti e amici» vanno dal luglio del 2019 ai giorni scorsi, e ha riferito al quotidiano Il Piccolo di «prestare spesso l’auto a familiari e altri conoscenti. È un tratto in cui non ci si accorge di superare i limiti e si finisce per incappare nei velox, soprattutto in mancanza di traffico. Per questo motivo – è la critica di Vudafieri – molti miei clienti non

Fabio Poloni CASTELFRANCO. Ben 43 multe per eccesso di velocità in sette mesi, settemila euro di multe complessivi, 96 punti decurtati dalla patente. Un record decisamente poco invidiabile: lo ha messo a segno, suo malgrado, Lucio Vudafieri, 77 anni, imprenditore castellano nel settore del turismo.

Tutte le infrazioni per eccesso di velocità «Per ora non pago e vado dall’avvocato»

LA RAFFICA

Vudafieri è il titolare di diversi alberghi di lusso, da Trieste a Lignano. La raffica incredibile di multe arriva proprio da Lignano, dove Vudafieri torna spesso – anche se ha trasferito la residenza in Croazia – per motivi di lavoro. Gli autovelox-cecchini sono quelli sulla strada regionale 354, lo stradone che porta a Lignano. L’imprenditore, però, assicura di non essere stato lui alla guida della Bmw immortalata in quel poco desiderabile servizio fotografico, con scatti che

vengono più volentieri a Lignano». AMARA SORPRESA

Un autovelox: per l’imprenditore castellano è record di multe

Figlio del costruttore castellano Cesare, Lucio Vudafieri come detto torna spesso in zona Lignano per seguire le sue attività imprenditoriali. Proprio durante una di queste occasioni è stato fermato in piazza Ga-

ribaldi a Latisana. Lasciata l’auto in uno stallo riservato al carico-scarico per recarsi in un ufficio, al momento di riprendersela ha trovato ad attenderlo la polizia municipale. Gli agenti, a quel punto, lo hanno invitato al comando e, proprio lì, per il 77enne è arrivata la sorpresa: Vudafieri, che si aspettava la contestazione della sosta irregolare, si è invece ritrovato con una pila di 43 verbali di pregressi. Inoltre, sempre come riferisce Il Piccolo, la Bmw gli è stata sequestrata e affidata in custodia alla depositeria giudiziaria, per un massimo di 60 giorni, fino al pagamento delle sanzioni. LA VELOCITÀ

Contravvenzioni che sono state elevate anche due o più volte in un’unica giornata, quando chi era alla guida della coupé ha compiuto diversi viaggi di andata e ritorno da e verso la località balneare. Nella maggior parte dei casi, si tratta di un superamento modesto dei limiti, molti gli sforamenti dagli 11 fino ai 40 chilometri orari (173 euro, scontati a 121). Soltanto tre, invece, le mega-sanzioni da 1. 087 euro per aver oltrepassato la soglia di oltre i 40 km orari. «Se mi fossero arrivate le notifiche a casa, in Croazia, avrei potuto prendere o far prendere provvedimenti per una guida più sicura», dice Vudafieri. Le multe non saranno pagate subito dall’imprenditore, che ha scelto di affidarsi prima a un legale per valutare meglio la situazione. — © RIPRODUZIONE RISERVATA

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istrana

Autotreno rubato ritrovato nel Padovano ISTRANA. Un autotreno Iveco Margius con rimorchio rubato il 31 gennaio scorso a Istrana è stato rinvenuto ieri mattina dai carabinieri della locale stazione di Trebaseleghe, nel Padovano. Il mezzo, parcheggiato in via Cappelletta, ha attirato l’attenzione di una pattuglia dell’Arma in servizio sul territorio. Controllando la targa, l’autotreno è risultato rubato pochi giorni prima nella Marca, nello specifico alla società Cadorin di Istrana. I militari hanno così effettuato un’ispezione all’interno scoprendo che vi erano diversi attrezzi da lavoro. Probabilmente il mezzo è stato abbandonato in tutta fretta dagli autori del colpo per il timore di essere intercettati. È stata così contattata la ditta derubata, la Cadorin di Istrana appunto, ben felice di venirsi a recuperare il mezzo pesante. Anche perché il Margius ha un valore complessivo di circa 60 mila euro. — G.A.

aveva 50 anni

Marco Micheletto

È morto Micheletto Farra in lutto oggi l’addio FARRA DI SOLIGO. È morto all’età di 50 anni Marco Micheletto, padre di famiglia di Col San Martino. L’uomo era originario di una numerosa famiglia del paese, residente in via Canonica, vicino alla chiesa parrocchiale. Marco si era fatto una famiglia e da alcuni anni abitava a Conegliano. Un tumore gli ha spento il sorriso, lasciando parenti e amici nel più profondo dolore. Vasto il cordoglio in paese e nella zona, perché la famiglia è molto conosciuta e stimata. Lascia il figlio Luca, la mamma Maria Teresa, i fratelli Pierantonio, Giovanni, Paolo, Luciano, Francesco, Anna Enrica. Funerali oggi pomeriggio alle 15, nella chiesa arcipretale di Col San Martino. — A.V.

Un gruppo di bambini festeggia il Carnevale. A destra il carro della “Vendemmia eroica” dell’istituto enologico Cerletti di Conegliano

Folla e colori ieri pomeriggio per la sfilata a Pieve di Soligo Con la “Vendemmia eroica” il discorso registrato del governatore

tri carri e al clima di festa il messaggio “politico” non è stato colto da molti.

Carnevale, il carro del Cerletti celebra le colline Unesco e fa lo “spottone” a Luca Zaia

IL SUCCESSO

LO SPETTACOLO

l Carnevale di Pieve di Soligo ha avuto un convitato di pietra, il governatore Luca Zaia, celebrato dai ragazzi dell’istituto enologico Cerletti. Alla sfilata di ieri pomeriggio partecipava anche il carro

I

della scuola intitolato “Le colline del Prosecco patrimonio Unesco. Vendemmia eroica”. Durante il corteo il gruppo del Cerletti ha diffuso la registrazione del discorso di Zaia che festeggiava la tutela Unesco per le colline dove è coltivato il pregiato vino. A causa delle musiche e dei balli degli al-

La manifestazione, presentata da Federico Campo dall’Orto, e a cui ha partecipato un pubblico di migliaia di persone, ha avuto comunque un successo che passa sopra ogni discussione politica. «Il Carnevale è un bellissima manifestazione, organizzata grazie all’impegno di molti volontari, che esalta la fantasia dei più piccoli e fa tornare bambini i grandi», riassume il senso della giornata la vice sindaca di Pieve di Soligo, Luisa Cigagna. I CARRI

Clown e colori in sfilata

La festa è inizia alle 14 con il gruppo clown “Gino e Max” che hanno scaldato il numeroso pubblico in attesa dell’arrivo dei carri e dei

gruppi mascherati a piedi in piazza Vittorio Emanuele. Ecco i protagonisti di questo pomeriggio di carnevale a Pieve di Soligo: Parrocchia di Bocca di Strada e Santa Maria (Cesare e i romani), Le Cartamodelle (gruppo mascherato a piedi), Scuola materna Alpini Sernaglia (Ma che musica maestro), Parrocchia di Nervesa (Il tempo galoppa), gruppo carro Bagnolo (I mariachi), gruppo Fon Fierun Corbanese (La follia della Brexit), I Sempre quei di Tezze di Vazzola (Il circo), Scuola enologica Cerletti Conegliano (Le colline del Prosecco patrimonio Unesco. Vendemmia eroica), Cer Parrocchia Soligo (Le coccinelle nel Docg), Allegra comitiva Bidasio (Anvedi sti romani), Coriandolando per Pieve (Gli Aristomatti). — Gino Zangrando


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