MAGAZINE
N°4/ANNO 1 - APRILE 2019
L’EDITORIALE DI
GIANFRANCO LO CASCIO PORTFOLIO
JAMON IBERICO
L’APPROFONDIMENTO
TUTTO IL PASTRAMI MINUTO PER MINUTO
GUIDA AL PROSCIUTTO PIÙ COSTOSO DEL MONDO
I L M EN Ù P ER LE GRI GL I ATE DI PRI MAVERA
PA S Q U A , PA S Q U E T TA E PASQUALBBQ
CLUB
Di re ttam e n t e da lla com m uni ty di maes tri d i barb ecu e p iù gran d e d ’Italia, nas c e i l pre st i gi oso c lub ch e ti offre la p o s s ibilità d i avere: accesso p ri orita rio a l meg a store, dove pot ra i fa re ra zz i e men tre tu tti gli altri “s o no in coda”; una p rogram mazi o n e intellig ente dei tuoi a cquisti gra z i e a l c re di to m e nsile p rep agato (s cegli tu quan to ); u n coach priva to che ti g uiderà n el fa r t i vi ve re l’ e sperien za p iù eccitan te d i s emp re con la pre parazio n e d ei tu oi p iatti; e mo lto a ltro a ncora... Av ra i tu tto qu esto solo se t i i sc r ivi s u bito al MEGASTO RE CLU B, l’u n ico luogo r i s e rvato a u na c e rc hi a r i st re tta d i as p iran ti grill mas ter ch e d es id era no a ppre n de re pi ù ve loc e m e nte e n el modo p iù accu rato p o s s ibile, la sublime arte d el grill. Puoi di si s criverti quan do vu oi e i l tu o cred i to sa rà sempre disponibile.
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"è una rivolta?"
EDITORIALE di GIANFRANCO LO CASCIO
"no Sire, è una"
RIVOLUZIONE Luigi XVI
e
François
de
Liancourt,
in occasione della presa della
Vi immagino così, quando mettete in cottura il brisket a -15°C o rimboccate le coperte al povero pollo impalato, nel kettle, sotto la pioggia battente. Come le vestali col sacro fuoco che non va mai spento, voi d’inverno non mettete il barbecue in garage, no, voi siete l’anti-griller della domenica col cappello, voi siete la rivoluzione delle calpaìne, V for Vacio. Tuttavia, ammettiamolo: quanto è bello fare brace quando arriva la primavera e il cruscotto al sole viene fuori a cottura media? Impagabile. Aprile è il mese delle festività pasquali, delle grigliate all’aperto e delle nefandezze gastronomiche cotte sul fuoco. Quel periodo in cui divento particolarmente creativo nel lanciare gli strali, certe volte mi verrebbe voglia di mettervi le mani in reverse, ma poi mi calmo, e da
Bastiglia
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suocera con l’idrofobia mi trasformo nuovamente nello Zio. Qual è il primo e più grande errore che si può commettere, secondo voi, in queste occasioni di convivialità sperticata? Mischiare il mischiabile, grigliare il grigliabile, aggiungere cose a casaccio al menù. Le grigliate di Pasquetta sono tutte un pullulare di rosticciane gommose e bruciacchiate, spiedinidimmerda, bistecche dure ammostro, wurstel terribili e salsicce sventrate, pare di stare sul set di un film di Romero: il buco con la salsiccia intorno. Tutto sulla griglia, tutto nello stesso momento. E perché non aggiungere anche un paio di verdure e l'hamburger per i bimbi? Per favore, no. Meglio una singola preparazione fatta a regola d'arte che mille cose fatte così così, senza infa-
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mia e senza lode. Se non proprio fatte male. La grigliata mista lasciatela alla festa dell'Unità e alla Pro Loco di Portobuffole. Voi siete un'altra cosa, un altro livello, un altro campionato. O mi sbaglio? L'altro, gigantesco, errore che commettono in molti, la bestia centauresca che combatto da anni è la certezza incrollabile sui tempi di cottura. Ripetete insieme a me: i-tempi-di-cottura-non-esistono. Ho già avuto modo di raccontarvi una storia vera che ha come protagonista Jaques Pépin, a mio parere uno dei più straordinari e sottovalutati cuochi del mondo. Pépin rammenta del giorno in cui aveva scritto la ricetta delle pere in salsa di caramello. Siccome durante la prima esecuzione la cottura perfetta delle pere era avvenuta in 30 minuti, è stato proprio questo il tempo indicato nel testo della ricetta. Il problema è che la volta seguente, con pere diverse e con un grado di maturazione maggiore, il tempo di cottura si era ridotto a 10 minuti. La terza volta, usando pere molto dure e consistenti, l'esecuzione aveva necessitato di quasi un'ora di cottura. Eppure la ricetta scritta recitava: 30 minuti. Qual è il punto? Se la ricetta fosse stata sempre eseguita in base al tempo di cottura, almeno due volte su tre il risultato sarebbe stato disastroso. Capite dove voglio arrivare? Che si tratti di pere o di ciccia la cosa non cambia: il tempo di cottura dipende comunque da infinite varianti, come il peso del pezzo che andrete a cuocere, la razza e
"Tutto quello che NON devi fare durante una grigliata"
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l'età dell'animale, la frollatura, la marezzatura, la temperatura della carne al momento di andare in griglia. Ma voi lo sapete, perché avete letto la Mail Class, no? E allora perché vi ostinate a chiedere quanti minuti devono cuocere le costine, perché continuate a sostenere quel cugggino, che griglia da una vita, che fa delle fiorentine che lèvati, cuocendole semplicemente cinque minuti per lato, in equilibrio su un piede solo e gridando forte “io non sono uno yes man! Lo Cascio ha deliri di onnipotenza!”. Di conseguenza, gli errori che scaturiscono da questa incrollabile certezza sono almeno due: non avere idea di quali siano le temperature target di cottura, e trattare qualsiasi tipo di carne allo stesso modo. E l'unica cosa che potete fare in questo caso non è credere a Lo Cascio ad occhi chiusi, ma documentarvi, verificare e, solo dopo, darmi ragione. Ogni tipo di carne ha la sua temperatura di cottura ideale. Ogni tipo di carne deve essere trattata in modo diverso a seconda del risultato che si vuol raggiungere e a seconda del tipo di cottura che si vuol fare. Non si può cuocere tutto alla stessa temperatura, per lo stesso tempo, con gli stessi metodi. Sarebbe impossibile per me, adesso, dirvi tutto ciò che dovete sapere, quindi lo ripeto: l'unico modo che avete per imparare davvero qualcosa è studiare. Per fortuna ho messo a disposizione per voi due strumenti fantastici: la Mail Class e i corsi, tutti nuovi, della BBQ4All University.
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Vi serve un piano infallibile, una tabella di marcia da seguire per preparare la migliore grigliata della vostra vita? Vi accontento subito. Per prima cosa, le domande di rito che dovete porvi,come dei Marzulli qualsiasi, e le risposte che dovete darvi: 1. Quanti e quali dispositivi vi porterete dietro? 2. Quanto tempo avrete a disposizione per realizzare tutte le portate? 3. Quante persone avete invitato al vostro bbq joint improvvisato? Una volta stilate le risposte, si passa alla stesura del menù, e successivamente alla spesa: 1. 2. 3. 4. 5.
Iniziate sempre con una entrée stuzzicante, qualcosa di sfizioso che intrattenga gli ospiti e faccia da apripista alle portate successive. Cucinate un primo piatto che non sia troppo elaborato e moderate le porzioni, per preservare l'appetito dei vostri commensali. Concentrate le vostre abilità nella portata principale, il vostro coup de théâtre, la pietanza che lascerà il segno. Preparate un contorno fresco che bilanci il sapore ricco e untuoso delle pietanze cotte in Low&Slow. Mi raccomando Il dolce. Perché per quello c'è sempre spazio, pure dopo due porzioni di agnello. Provate a dimenticarvene e riecheggerà per sempre un laconico “tutto buonissimo, per carità, ma non c'era il dolce”.
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Inutile dirvi che in questo numero del BBQ4All Magazine troverete tutte le indicazioni del caso, gli how-to, le tecniche e le dosi per ogni singolo piatto. Prima di salutarvi, però, voglio rivelarvi qual è un altro errore che commettete, non soltanto durante la grigliata di Pasquetta, mentre vi destreggiate tra una tracchiulella di balsa e un’aletta di pollo svampata, ma più in generale: aver paura di sperimentare. La bistecca? Solo sale e pepe. Le costine? Solo sapori mediterranei. Troppe spezie? Naaaaa meglio le cose al naturale. Ma perché? Fermarsi sul pianerottolo della zona di comfort, anche in cucina, senza mai aprire la mente e senza mai lanciarsi a briglie sciolte nella sperimentazione è una delle cose più sbagliate che si possa fare. Ma voi non siete personcine che hanno paura di sperimentare, no?
- C’est una révolte? - Non, Sire, C'est une révolution. Braci, abbacchi e buona rivoluzione.
MAIL CLASS LA SERIE DI EMAIL DIDATTICHE DI GIANFRANCO LO CASCIO
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INDICE APRILE 2019 - NUMERO 4 ANNO 1 B U TC H E R C LASS
la bistecca del mese
Teres Major WINE CLASS
i profumi del vino seconda parte PER INIZIARE
tieni viva la fiamma
Tutti i loghi e marchi riportati, gli elementi grafici, le immagini e i materiali presenti nella presente pubblicazione sono soggetti alle norme vigenti sul diritto d’autore; è quindi severamente vietato riprodurre anche parzialmente ogni elemento delle pagine in questione. Nomi, marchi registrati e loghi eventualmente presenti su questa pubblicazione non possono essere utilizzati per alcuna forma di pubblicità o diversamente per indicare sponsorizzazione, patrocinio o affiliazione a prodotti o servizi senza previa autorizzazione scritta da parte della società che ne detiene i diritti. Le fotografie riportate a pagina 14 e 15 della presente pubblicazione sono tratte da Butchering Beef: The Comprehensive Photographic Guide to Humane Slaughtering and Butchering, di Adam Danforth. Tutto il restante materiale fotografico pubblicato è stato realizzato da BBQ4All e/o acquistato e/o licenziato allo stesso, con trasferimento dei diritti di utilizzazione economica salvo le immagini utilizzabili con licenza Creative Commons o GNU Free Documents Attribution. BBQ4All ha osservato le più ampie tutele affinchè non venisse violato il diritto d’autore altrui.
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PO RT FO L I O
Jamon Iberico
il prosciutto più costoso al mondo
G U I DA A G L I ACC E SS O R I
Ghisa
le regole di manutenzione
SPECIALE
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PASQUA E PASQUETTA GRIGLIATE DI PRIMAVERA
TUTTO IL
PASTRAMI MINUTO PER MINUTO
È ORA DI
BERE !
ABBINAMENTI CONSIGLIATI
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THE CHEMICAL GRILLERS
La Scienza della Affumicatura
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SEGUO
D I R E T TO R E E D I TO R I A LE
Rossella Neiadin
R E D AT T O R E C A P O
Michela Bongiorni REDAZIONE
Enio Berton, Virgilio Brunetti, Michele Chipa, Tommaso Di Gregorio, Salvatore Di Mento, Luca Gallozza, Mariangela Ibba, Gianfranco Lo Cascio, Alessandro Morichetti, Riccardo Meniconi, Emiliano Nencioni, Carlo Trono, Paolo Tucci REALIZZAZIONE GRAFICA
Carlo Trono
magazine@bbq4all.it instagram.com/bbq4allmagazine/ APRILE 2019
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BUTCHER CLASS a cura di SAL DI MENTO
TERES MAJOR la bistecca del mese:
“Non c’è storia con il Teres Major del Megastore... il filetto viene surclassato per morbidezza e sapore” Non l’ho detto io, ma uno di voi: l’apparenza incanta, in questo caso. Parliamo del Teres Major aka filettino di spalla, ovvero uno dei tagli più teneri di tutto il manzo. Il primo è senza dubbio il filetto, ma costa cinque volte tanto. La forma è pressappoco la stessa, affusolata, ma le dimensioni sono sensibilmente minori. È avviluppato da moltissimi muscoli strapieni di tessuto connettivo ma, aprite bene le orecchie, Il Teres Major è un flessore della spalla e adduttore della zampa: è per questo che è un muscolo tenero, i bovini non hanno grandi movimenti di adduzione dell’arto anteriore, ed è affiancato alla copertina di spalla (topblade/flatiron), anch'essa parte di quel gruppo muscolare e quindi tenera. Cosa vuol dire? Ve lo spiego subito. Questo taglio è quasi privo di connettivo e, se frollato a dovere, al morso risulta molto più tenero di tanti filetti ricavati da bovini italici non frollati. Volete fare un giochino con i vostri amici espertoni di carne? Prendete un Teres Major del Megastore, tagliatelo in fette spesse quasi 3cm spacciandolo per filetto e fateglielo assaggiare. Vi garantisco che la vostra percentuale di successo 10 - BBQ4All MAGAZINE
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è del 100%, non vi sgameranno mai, sempre che non abbiate invitato un amico come me. Con questa mossa Kansas City avrete stupito la vostra piccola platea personale con 1/5 della spesa. Nomi alternativi del Teres Major: petit tender, shoulder tender Il Teres Major è un muscolo della spalla di piccole dimensioni e del peso di circa 700 grammi. Ci sono solo due filettini di spalla per carcassa, di conseguenza la resa per animale è veramente ridotta. Trimming: asportare tutta la silverskin (membrana connettivale) rimasta attaccata dopo la separazione dagli altri muscoli della porzione di spalla, lavorando nella direzione delle fibre muscolari. Sezionamento: tagliare in medaglioni spessi 2,5 cm o più o cuocere intero. Altri usi: strepitoso anche crudo, perfetto per una tartare battuta al coltello. È una matrioska di sapore e ciccia, con un filetto nascosto dentro e ad un prezzo nettamente inferiore. Ripetete con me: il Teres Major è un filetto ma dal gusto di manzo più solido e con trame di marezzatura mediamente più intense. Cottura con la tecnica Flip&Brush (gira e spennella): Spennellate la carne con olio o con la Teriyaki, una salsa densa a base di sake o mirin, salsa di soia e zucchero, cuocete in diretta e giratela velocemente fino al grado di cottura desiderato. È fondamentale ottenere una crosticina perfettamente cauterizzata e controllare la temperatura interna con un termometro (48-52°C), evitando di carbonizzare le parti zuccherine della salsa. Il risultato sarà una carne tremendamente morbida, succosa e che si armonizza perfettamente con l’altalena di sapori orientali, tra il dolce, il sapido e l’umami.
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PORTFOLIO GASTRONOMICO - RUBRICA a cura del Direttore ROSSELLA NEIADIN
NON SI CHIAMA
P ATA N E G R A
guida al prosciutto più caro al mondo
Una coscia a 4100 euro, non mi riferisco alla famosa assicurazione degli arti inferiori di Tina Turner, ma parlo del prezzo del Dehesa Maladua, il prosciutto più costoso al mondo. A produrre questo insaccato da record è Eduardo Donato, allevatore catalano da anni stabilitosi nel piccolo comune di Cortegana, in Andalusia. Si tratta di 80 pezzi numerati, ricavati dalle carni di una razza suina unica al mondo: il Manchado de Jabugo, maiale pezzato dichiarato in via d'estinzione oltre 25 anni fa e salvato proprio da Donato, i cui 100 esemplari, due per ettaro per la precisione, grufolano liberi tra ruscelli, cascate e boschi di querce, alimentati soltanto con una quantità precisa di ghiande (tra i 6 e i 7 chili al giorno) erba e radici. Aggiungete alla conta un affinamento di 6 anni e avrete una zampa di maiale stagionata che costa tre stipendi. Tutti soldi ben spesi, mangiare quelle fettine color crèmisi è un’esperienza che ti segna, e poi lo sanno tutti che gli spagnoli fanno prosciutti più buoni dei nostri, non c’è Sardo o Cinta che tenga. Pausa. A questo punto dell'articolo, azzardando con l’insiemistica, vi sarete senz’altro divisi in tre gruppi:
1. Quelli che il prosciutto italiano è superiore, e costa pure di meno 2. Quelli che il Pata Negra lo mangiano a colazione, con una grattatina di tartufo bianco 3. Quelli che il Pata Negra non l’hanno mai assaggiato, e vorrebbero saperne di più 14 - BBQ4All MAGAZINE
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Pata negra: è giusto chiamarlo così?
Iniziamo dalle basi: il nomignolo “Pata Negra”, letteralmente “unghia nera”, stava a differenziare i prosciutti di porcelli spagnoli con gli zoccoli scuri. Vuol dire tutto e niente, non ha valore semantico dal punto di vista normativo. Non tutti i maiali iberici hanno l’unghia nera né l’unghia nera è un’esclusività di questa razza, sono altre le caratteristiche che distinguono un prosciutto spagnolo di qualità, e sono tutte racchiuse in un decreto emanato nel 2014 dal Ministero spagnolo dell’Agricoltura. Questo non è il Vietnam, ci sono delle regole [cit.] La legge del 2014 Ci hanno provato in tutti i modi: zoccoli di prosciutti scadenti dipinti di nero, unghie bruciacchiate e un po’ di make-up per far passare prodotti mediocri per merce eccellente e costosa. A tutelare produttori e consumatori ci pensa un decreto, alleluja, che riconosce solo tre tipi di denominazioni di prosciutto iberico, tutte stabilite in base al tipo di alimentazione dei maiali durante la fase di ingrasso: Prosciutto Iberico De Cebo, alimentato con mangimi a base di cereali e leguminose. Prosciutto Iberico De Cebo De Campo, allevato a regime semi brado e combinato di mangimi, foraggi e risorse campestri. Prosciutto Iberico De Bellota: durante la Montanera, il periodo che va da ottobre a dicembre, il maiale vive allo stato brado e si ciba esclusivamente di ghiande di leccio, sughero o rovere. 16 - BBQ4All MAGAZINE
Un altro fattore cardine per la classificazione del prosciutto iberico è il grado di purezza della razza, vale a dire la percentuale di geni iberici presenti nel corredo del porcello. Il prosciutto 100% Iberico è quello realizzato macellando animali di pura genetica iberica. Ciò significa che i due progenitori, padre e madre, dovranno essere 100% iberici e figurare nel libro genealogico ufficiale. Soltanto “Iberico” è invece il prosciutto ricavato da animali con almeno il 50% del loro patrimonio genetico di razza pura. Le madri dovranno essere sempre 100% iberiche, ma i padri potranno essere di razza duroc o incrociati iberico-duroc. Questa classificazione rimanda al nuovo sistema di individuazione mediante sigilli in plastica e divisi per colore. Quello bianco indica che il maiale è iberico De Cebo, ma con una percentuale di razza iberica del 50 o del 70%, che deve essere sempre indicata sull’etichetta. Il sigillo verde viene utilizzato per identificare prosciutti iberici De Cebo De Campo, mentre il rosso indica che l’animale è stato alimentato nei pascoli durante la fase di ingrasso, è di razza iberica (al 50% o 75 %) e si è cibato di sole ghiande. Il sigillo nero è riservato ai prosciutti migliori, i Pata Negra veri, ricavati da maiali 100% iberici puri e alimentati esclusivamente con ghiande.
La Dehesa
È un vocabolo intraducibile al pari di cazzimma, “el bosque humanizado”, così lo chiamano in Spagna. La Dehesa era un terreno boschivo inadatto alla colti-
vazione, che grazie all’intervento selettivo dell’uomo e alla puntellatura di alberi di quercia, si è trasformata nel pascolo ideale, un Eden dispensatore di frutti zuccherini e saporiti: le ghiande, in spagnolo bellotas. Durante il periodo della Montanera, che corrisponde agli ultimi mesi dell’anno, i maiali fanno il pieno di erbe e acido oleico, la stessa sostanza presente nelle olive. Il gusto si insinua lentamente nel grasso degli animali, al punto che gli spagnoli chiamano i suini iberici “olive con le zampe”. Il consumo del maiale varia in funzione del suo peso, mediamente si considerano dai 6 ai 10 kg al giorno per animale, oltre a circa 3 kg d’erba ed erbette aromatiche come il timo ed il rosmarino.
Produzione e stagionatura
Il “porco di razza Alentejana” è un siluro di grasso su gambe sottili. La Denominazione di Origine conta 4 regioni: a nord, la Salamanca e la città di Guijuelo, a est la provincia di Huelva e in particolare la città di Jabugo. Valle de Los Pedrochas è la denominazione meno conosciuta, il viaggio termina ai confini con l’Andalusìa, nella regione dell‘Extremadura, dove la lavorazione dei prodotti iberici è particolarmente estesa (quasi un milione d’ettari di dehesa per 1500 allevamenti). Le principali zone di trasformazione si ritrovano sulle sierra del sud ovest di Badajoz, Ibor e Villuercas, Gredos Sur, Sierra de Montánchez e Sierra de San Pedro.
Processo di elaborazione delle carni
Il processo di elaborazione delle carni avviene in 4 fasi. 1. Salatura e lavaggio Dopo la macellazione, i prosciutti vengono ricoperti di sale marino per una settimana o dieci giorni, a seconda del peso. La temperatura di stazionamento può oscillare tra 1º e 5ºC, l’ umidità tra l' 80 o il 90%. Trascorso questo tempo, i prosciutti vengono lavati con acqua tiepida, per eliminare ogni traccia di sale. 2. Riposo Le cosce lavate trascorrono dai 30 ai 60 giorni ad una temperatura che oscilla tra i 3º ed i 6ºC, in questa fase il sale si distribuisce in maniera uniforme, innescando il delicato processo di disidratazione e conservazione. 3. Essiccatura e maturazione I pezzi vengono trasferiti in un essiccatoio naturale nel quale l’umidità e la temperatura sono controllati tramite meccanismi di ventilazione manuali. La temperatura oscilla tra i 15º ed i 30º, durante i 6 – 9 mesi successivi il prosciutto continua a disidratarsi e trasudare, diffondendo il grasso tra le fibre muscolari. 4. Invecchiamento I prosciutti trascorrono dai 6 ai 30 mesi in cantina, la bodega. La temperatura può oscillare tra i 10º ed i 20ºC, e l’umidità relativa si attesta tra il 60 e l’80%. In questa fase l’attività della flora microbica si aggiunge ai processi biochimici iniziati durante la stagionatura, processi che conferiranno l’aroma peculiare e il sapore finale del prosciutto.
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Lo specialista vero del prosciutto, impara a tagliarlo da sé, o alla peggio lascia fare alla mano esperta del Cortador, il tagliatore di prosciutto, godendo dell’estetica codificata di certi gesti, tentando di rubarne i segreti. E poi, diciamo la verità, il taglio a macchina è roba da pivelli, in più provoca frizione e riscaldamento, tutte cose che rovinano l’aspetto e le fette di prosciutto risultanti. Importante: il prosciutto deve essere consumato a temperatura ambiente, preferibilmente intorno ai 21°C. Soltanto a questa temperatura potrete scorgere il brillìo del grasso naturale, quando il prosciutto è freddo, invece, risulta opaco e perde punti-fascino. I più volenterosi potranno porzionare il prosciutto con le proprie manine, seguendo questa procedura: 1. Collocare il prosciutto Il porta prosciutto deve essere collocato ad un’altezza e in una posizione che agevoli il taglio, senza forzare i movimenti né la posizione del corpo. Se pensate di consumare tutto il prosciutto in poco tempo, ingordi che non siete altro, iniziate ad affettarlo dalla parte centrale, anche detta fiocco (maza). Se invece volete prolungare il piacere per più di 2 giorni, cominciate ad affettare il prosciutto dalla zona del cosciotto (babilla). 2. Pulire il prosciutto Nell’ordine: togliere la cotenna e il grasso esterno che ricoprono questa zona, insistere sino a quando affiora la
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fibra muscolare. La parte esterna del prosciutto è ricoperta di muffe ed essudati naturali, frutto del processo di asciugatura e stagionatura: tutte impurità e nefandezze che devono essere eliminate dal contorno della zona di taglio, rischio retrogusto di rancido durante l’assaggio. 3. Affettare Tagliare il prosciutto a fettine molto sottili, quasi trasparenti, rispettando la larghezza del prosciutto e non superando i 6/7 cm di lunghezza. Man mano che si taglia, rimuovere dai bordi la cotenna ed il grasso esterno. I tagli saranno sempre paralleli tra loro e in direzione contraria all’unghia, lasciate sempre alla vista una superficie piana, senza striature. Arrivati all’osso dell’anchetta, fate un taglio profondo intorno all’osso in modo che le fette vengano fuori belle pulite. La carne più vicina alle ossa non va affettata, ma tagliata a dadini: potrete usare i preziosi cubetti nelle preparazioni barbecue, perché no. Quando avrete divorato la parte del fiocco, girate il prosciutto, rivolgendo l’unghia verso il basso. Disponete le fette in un piatto, in un unico strato o leggermente sovrapposte.
La degustazione
Esame visivo: il prosciutto spagnolo dei sogni ha una forma allungata, lo zoccolo nero o scuro, le ossa abbastanza sottili, il tutto ricoperto da un velo sottile di muffe.
Eliminata la cotenna, si può intravedere un primo strato di grasso giallognolo, e man mano che l’atmosfera si scalda e si inizia a preparare il pezzo per l’affettatura, si può osservare una bella quantità di grasso bianco attaccato ai muscoli, sviluppatosi durante il periodo di Montanera. Se il tono di questo grasso vira sul rosa significa che abbiamo un gran cu.., ahem fortuna, e ci troviamo di fronte ad un prosciutto di quelli da incorniciare. Anche il magro dice la sua: nelle zone meno stagionate e a temperatura ambiente, un buon prosciutto ha un colore rosso o rosa intenso, brillante per l’effetto del grasso intramuscolare e ricoperto da tutta una mirabolante serie di amminoacidi cristallizzati. Aroma Tutto dipende dall’alimentazione dei maiali in regime di montanera e dal tempo e le condizioni ambientali durante la stagionatura. Anche il punto di sale ricopre una parte importante, quando è equilibrato asseconda la percezione di tutte le sfumature olfattive. Consistenza Gli elementi da valutare sono tre: 1. La succosità, prodotta per effetto combinato del grasso e di un contenuto equilibrato di sale. 2. La secchezza, che tende ad aumentare se il pezzo è stato esposto a un periodo di maturazione eccessivo e, in tutti i prosciutti, si concentra nella parte più superficiale. 3. La quantità di fibra contenuta nel prosciutto: se il prosciutto è buono, avrà meno contenuto fibroso e più grasso fluido.
Gusto Finalmente si mangia. Assaporando la fibra tenera ed untuosa, scioglievole come nessun prosciutto al mondo potrà essere, coglierete note stagionate che ricordano le erbe selvatiche, il fungo, il tartufo, che aumentano di intensità e complessità a seconda della stagionatura. Oppure mangerete senza percepire nessuna di queste cose, chissenefrega dei sentori, l’importante è godere. I voti Ghianda: quando a temperatura ambiente si può percepire il sapore di ghianda nelle fette di prosciutto. Salato: positivo solo quando è equilibrato Dolce: una sfumatura tipica dei prosciutti spagnoli sottoposti a lunghi periodi di stagionatura in cantina, seguendo i metodi tradizionali Piccante: dev’essere moderato, non invasivo. Di solito il piccante segnala un’accelerazione anomala nel processo di stagionatura. Rancido, che in misura molto ridotta, udite udite, può essere considerato, positivo e interessante. Tra le note gustative “positive” si registrano anche: il sapore di zucchero bruciato, quello di cantina e di frutta secca (ghiande, noci e nocciole) Ed il nostro approfondimento sul prosciutto più costoso al mondo termina qui, per il momento, il tempo di fare i conti con l'abaco e aggiudicarsi il cibo del bon vivant per eccellenza. Che poi i salvadanai sono tutti a forma di maiale. Coincidenze? APRILE 2019
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WINE CLASS - IMPARA A BERE IL VINO a cura di ALESSANDRO MORICHETTI
TUTTI I DEL
PROFUMI
VINO
Il problema è ritrovarli nel bicchiere ma possiamo farcela (seconda parte)
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Avete presente il sommelier vestito da pinguino, impettito e serioso, elastico come una pala da neve e col tono di voce da Messa di Natale? Ebbene, io lo odio ma mi sono appassionato al vino grazie a lui: irretito da un tizio in tv all’ora di pranzo che snocciolava decine di profumi magnifici semplicemente infilando il naso nel bicchiere. Una specie di mago. Solo dopo, molto dopo, ho capito che c’era il trucco. Annusare il vino buono è uno dei piaceri della vita ma dobbiamo sgombrare il campo da tanta pantomima: non serve il diplomino da assaggiatore appeso in salotto per collegare naso e cervello. Tutti possono annusare un vino. Tutti possono trovarci dei profumi specifici attingendo alla propria memoria olfattiva. Tutti possono sparare riconoscimenti in libertà. Dicevo che c’è il trucco e per certi versi è proprio così. Basta essere fermi nel tono di voce, ostentare convinzione, cadenzare i movimenti di bocca, sopracciglia, spalle e busto come stessi per declamare l’Infinito di Leopardi e il gioco è fatto: il pubblico va in estasi, i commensali rimangono a bocca aperta, la fidanzata gongola e il successo è assicurato. Prima o poi la smetteremo con certe pagliacciate. Veniamo al dunque. Annusare un vino è ascolto più che egotismo. Se è vero che dopo dieci anni di assaggi ho una buona capacità di riconoscere e soprattutto discernere, è altrettanto vero che l’intelligenza collettiva attorno ad un tavolo - tanti nasi collegati tra loro – sono una risorsa incredibile. Non tanto nell’inquadrare la qualità di un profumo quanto proprio di riconoscerlo. Perché ciascuno di noi ha un bagaglio unico e inimitabile di odori immagazzinati, una privatissima “olfattoteca”, galleria olfattiva continuamente stimolata e arricchita. Le degustazioni collettive, specie con chi non sa un accidenti di vino, sono divertentissime. Perché chi parla a ruota libera, senza formazione specifica, spesso becca il punto più degli iniziati. Centra il bersaglio, un profumo (o una puzza) senza essere bloccato dalle sovrastrutture, griglie che invece di guidare in molti casi ingabbiano e stritolano. Il paradosso del degustatore, addirittura, è che più odori si conoscono e meno risulta facile identificarli. Ma in fondo, che importa? Non ho idea della differenza tra una rosa bulgara e una rosa centifolia ma, se anche ce l’avessi, sarebbe poco utile specificarlo al mio lettore. Però se dico che un grande Barolo può profumare anche di rosa iniziamo già a capirci meglio e la cosa si fa interessante. Leggenda narra che il grande Luigi Veronelli, patriarca del racconto enogastronomico in Italia, a proposito dello Champage Krug utilizzò addirittura il descrittore “sperma”. Questo è l’apice immortale della perversione che raggiunge un degustatore quando vuole essere puntiglioso coi riconoscimenti gusto-olfattivi ma è anche un monito: vale tutto (quando aiuta a memorizzare e comunicare un odore).
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Il funzionamento è semplice e non esiste miglior regalo per un bevitore alle prime armi. “Non riesco a sentire nulla” sarà solo un brutto ricordo perché tutti annusiamo ma il difficile è riconoscere. La ruota facilita perché si parte dal centro con categorie generali e ci si sposta verso l’esterno andando su riconoscimenti sempre più specifici. Allenare naso e cervello è più facile del previsto, se sai come farlo. Gioverà anzitutto partire dagli odori più comuni, le famiglie che si trovano in quasi tutti i vini: floreale e fruttato. Prima, però, un breve inciso. Percepiamo profumi grazie ai recettori olfattivi, cellule sensibili agli odori che si trovano nella parte più alta della cavità tra narici e fondo della gola. Qui le particelle odorifere vengono riconosciute ed identificate e proprio per questo, se vi tappate il naso, non sentirete nessun odore: non per via diretta, inalando, né per via retrolfattiva, cioè deglutendo un solido o un liquido. Se nel caso dei fiori usiamo prevalentemente il naso, nel caso della frutta sarà prevalentemente il retrolfatto a imprimere un input preciso nella nostra memoria. A naso chiuso o con un raffreddore potente, sarà assai difficile distinguere una mela da una cipolla. Provare per credere. Fiori e frutta, dicevamo. Per i primi, il campo d’allenamento esiste ed è il fioraio più vicino a casa. Entrate millantando di dover fare un regalo e annusate tutto. Ci sono fiori ricorrenti nei vini bianchi (ginestra, acacia, camomilla, tiglio…) e fiori ricorrenti nei vini rossi (viola, rosa, lavanda…). Teniamo a mente le parole del prof. Luigi Moio: “Le due grandezze odorose sulle quali è stato costruito il ventaglio olfattivo degli odori floreali dei vini bianchi sono la nota di miele (fenilacetaldeide, un marker di ossidazione aromatica) e la fragranza di rosa (linalolo)”. Nei vini rossi, curiosamente, le note floreali appaiono con l’affinamento in bottiglia e il ventaglio aromatico va dalla viola (betaionone) alla lavanda (sempre linalolo). Capite bene come già giocando coi fiori bianchi e gialli, rossi e viola ci sarebbe da divertirsi per una vita. Sì perché quando diciamo che un
vino profuma di questo o quello usiamo delle analogie: non c’è papaia nel mio vino bensì la sostanza chimica responsabile di quel profumo (butanoato di etile). Fino ad oggi sono state isolate poco meno di 1.000 molecole volatili di diversa natura chimica e si ipotizza che in natura esistano oltre 250.000 molecole in grado di dare altrettanti odori. Capite che roba pazzesca e infinitamente affascinante? Quando sentiamo profumo di banana è grazie all’acetato di isoamile, la magnolia deve il suo profumo al geraniolo, il burro al diacetile, il pepe nero al rotundone e così via. Ricapitolando. L’odore diventa immagine olfattiva e attiva processi cognitivi nella corteccia cerebrale, dove viene confrontata con tutti gli odori già presenti nel nostro privatissimo database. Se già presente, avviene il riconoscimento consapevole, altrimenti aggiungiamo un volume alla libreria pronti a sfoderarlo quando ne capiterà l’occasione. Per dirne una, pochi giorni fa ho bevuto un vino il cui odore non sarei mai riuscito ad identificare nonostante fosse ben presente nella mia mente: profumava di peperoncino! Attenzione però. Perché quando abbiamo sotto al naso uno stesso vino sentiamo frequentemente odori diversi? Per i nostri diversi “archivi” ma anche per un altro aspetto centrale: la soglia di percezione. Sul piano dei sensi, ognuno di noi ha una diversa soglia di percezione: vale per il caldo, il freddo, il dolore… e ovviamente per i profumi. Definizione: “Quel valore della concentrazione di un composto volatile in corrispondenza della quale un odore è percepito almeno dal 50% della popolazione”. Ci sono molecole di cui bastano 2 ppm (parti per milione) per essere percettibili mentre di altre ci vogliono 100 ppm. Idem per le persone. Alcuni percepiscono molecole presenti in bassissime quantità, altri – con una soglia di percezione più alta – no.
da memorizzare: il bosso di alcuni Sauvignon Blanc (che ricorda la pipì di gatto) e il peperone di certi grandi Cabernet Franc, ma anche fungo e tartufo di certi vini piemontesi ben maturi o il mallo di noce dei Vin Jaune dello Jura. Il capitolo delle spezie è talmente vasto e affascinante che dovremmo fare una gita in un bazar per riempire la casella dell’archivio: zafferano dei Sauternes (vini dolci muffati francesi), cannella, curry, pepe di tutti i colori nelle Syrah del Rodano. La vaniglia meriterebbe un capitolo a parte perché le bacche hanno un profumo meraviglioso ma nel vino, quando l’odore è troppo pronunciato, indica una permanenza in legno quasi invalidante, banale, che stanca molto presto pur risultando accattivante nell’immediato. Poi ci sono i profumi tostati di caffè, cioccolato, fumo, goudron (il catrame dell’asfalto estivo, tipico di alcuni grandi vini di Bordeaux) e quelli minerali di zolfo e pietra focaia che escono fuori in alcune zone particolari di Irpinia e Loira. Ci sono poi anche profumi sgradevoli, sui quali negli ultimi anni si dibatte ferocemente disquisendo se siano difetti sempre e comunque o caratteristiche peculiari di alcune zone. Perlopiù sono errori di produzione ma immaginateli per un attimo: uovo marcio, merdino, fogna, aceto, sella di cavallo, sudore. Meglio non incontrarli, fidatevi. Il modo migliore per esercitarsi è bere vino buttando un occhio alla Ruota degli Aromi. Renderà possibili delle associazioni mentali sorprendenti!
Ma torniamo alle famiglie olfattive. Oltre il fruttato e floreale c’è di più. Ci sono le erbe aromatiche: la salvia del Moscato d’Asti, timo e rosmarino, il finocchietto selvatico in alcuni Verdicchio. Ci sono i profumi erbacei e vegetali, difficili da descrivere ma più facili APRILE 2019
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GUIDA AGLI ACCESSORI - RUBRICA a cura di MICHELE CHIPA
come trattare gli
AC C E S S O R I
I N G H I SA qualche
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consiglio
utile
Esistono svariati accessori in ghisa: padelle, wok, griglie, cocotte e chi più ne ha più ne metta. Prima di poter essere utilizzati, però, devono subire un pre-condizionamento. Questo trattamento serve a creare una patina di olio polimerizzato finalizzata a rendere l’accessorio antiaderente e a proteggerlo dalla ruggine
Normalmente, il produttore effettua in fabbrica il trattamento, ma se così non fosse, ti dico come provvedere. Cospargi l’accessorio con un grasso, aiutandoti con due o tre strappi di carta assorbente, e poi mettilo in forno, capovolto, per circa un’ora ad alta temperatura (180/250°C). Appena uscito dal forno aggiungi altro grasso e lascia raffreddare. Una volta raffreddato l’accessorio avrà uno strato polimerizzato molto resistente. Di solito si usa olio di girasole o di vinacciolo e, per avere un risultato eccellente, è necessario ripetere il procedimento per tre/cinque volte. Ti avverto: con questo trattamento si creerà molto fumo e quindi ti suggerisco di farlo in un fornetto all’esterno oppure con le finestre aperte, per non sentire le urla dei tuoi familiari. Se hai dei rilevatori di fumo, assicurati di spegnerli. A questo punto ti starai domandando come pulire la ghisa senza rovinare il pre-condizionamento. Se utilizzi un wok o una padella e noti dei residui di cibo carbonizzati, metti l’accessorio sul fornello con dell’acqua al suo interno e fai bollire per almeno 10 minuti. Con una spatola rimuovi delicatamente i residui che si saranno già parzialmente staccati. Butta via l’acqua sporca e passa sul fondo due o tre tovaglioli inumiditi. Se hai pulito bene dovresti vedere sul tovagliolo un sottile strato di residui scuri. Accendi nuovamente il fornello per far riscaldare ancora la ghisa in modo da eliminare ogni traccia di acqua, poi cospargi d’olio (lo stesso usato per il pre-condizionamento) e lascia raffreddare. Se non ci sono residui puoi saltare il passaggio della bollitura dell’acqua e iniziare dal passaggio veloce di tovaglioli umidi. Le griglie in ghisa, invece, devono essere pulite da calde con l’aiuto di apposite spazzole non abrasive. Potresti utilizzare un limone diviso a metà e passarlo sulla superficie della griglia; in caso di sporco ostinato potresti mettere del sale grosso prima del passaggio col limone. Una volta pulito l’accessorio, dovrai cospargerlo nuovamente con dell’olio prima di riporlo in un luogo asciutto.
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LO STO R E U F F I C I A L E D E L L A
COMMUNITY un luogo in cui puoi trovare periodiche offerte imperdibili: dispostivi, accessori e novità solo per i veri appassionati della griglia. Ma non solo: Diventare Grill Master Store ti mette a disposizione un servizio di consulenza gratuita al quale potrai fare tutte le domande che vorrai. Senza nessun obbligo ma con tutte le facoltà del mondo. Vuoi saperne di più sui dispositivi per valutarne l’acquisto? Non devi fare altro che chiedere di essere ricontattato da un consulente, scrivendo una mail a commerciale@bbq4all.it Un consulente esperto si metterà in contatto con te e ti spiegherà tutto fin nei minimi dettagli e senza nessun tipo di obbligo da parte tua. Quindi fai così: 1. Tieni d’occhio le offerte periodiche su https://diventaregrillmaster.store 2. Scegli l’offerta che più ti interessa 3. Scrivi una mail a commerciale@bbq4all.it e chiedi di parlare con un consulente. Verrai ricontattato entro 24 ore e avrai la tua consulenza gratuita, senza vincoli, senza obblighi e senza domande. Non perderti le prossime offerte su Diventare Grill Master Store.
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PER INIZIARE - IL BBQ PER I PRINCIPANTI - RUBRICA a cura di MICHELE CHIPA
T I E N I V I VA L A
FIAMMA come evitare gli errori che portano allo spegnimento del carbone
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Finalmente siamo pronti a grigliare: carbone disposto nel barbecue e sonda del termometro inserita sulla griglia. Chiudiamo il coperchio per stabilizzare la temperatura. Quest’ultima inizia a salire e quando arriviamo in prossimità di quella desiderata, andiamo a regolare vent-in e vent-out. Dopo una ventina di minuti, va in scena la tragedia: la temperatura inizia a calare vistosamente e non riusciamo ad interrompere questa discesa neanche riaprendo tutto. Alziamo il coperchio e troviamo il carbone quasi completamente spento. Cosa potrebbe essere successo? Come mai sembrava tutto pronto ed invece si è verificato il disastro? Vediamo insieme cosa è andato storto.
Per far sì la combustione avvenga sono necessari tre elementi: combustibile, comburente (ossigeno) e innesco. È il cosiddetto triangolo del fuoco. Quali sono gli errori più frequenti che vanno ad impattare sui lati del suddetto triangolo e che quindi causano lo spegnimento del fuoco? Errori con il combustibile: 1. Carbone umido: la presenza di umidità nel combustibile rallenta l’innesco e rende più difficile il mantenimento della combustione. È opportuno, quindi, ricoverare sempre il carbone in un luogo asciutto. 2. Carbone non perfettamente acceso: l’innesco è avvenuto e si è accesa la fiamma, però abbiamo disposto il combustibile nel braciere troppo presto. In fase di accensione il carbone si incendia per contatto (come succede, per esempio, in una ciminiera) e, disponendolo ancora non perfettamente acceso nel bbq, lo andiamo a ridurre fortemente. La completa accensione sarà avvenuta quando sul combustibile sarà presente la caratteristica cenere bianca. 3. Carbone parzialmente combusto: può succedere che, terminata una cottura, sia rimasto del combustibile parzialmente utilizzato. È sicuramente possibile riutilizzarlo, ma non in fase di accensione. La cenere della precedente combustione rallenterà
l’innesco e lo renderà meno efficiente. Se utilizzate una ciminiera, potete inserire il carbone già utilizzato tra due strati di quello nuovo. Errori con il comburente: 1. Vent-in parzialmente ostruite: in caso di utilizzo di coperchio e con una apertura delle vent-in e ventout limitata, per stabilizzare il dispositivo ad una bassa temperatura, lo spegnimento del carbone potrebbe essere causato da un’ostruzione. L’azione combinata fra la cenere delle precedenti cotture non smaltita e dei liquidi della cottura potrebbe creare una patina sopra le vent-in. In questo modo il poco ossigeno in entrata nel braciere non riuscirebbe a garantire la combustione. 2. Vent-in troppo chiuse: se accendiamo troppo carbone rispetto alla temperatura da tenere è ovvio che per stabilizzarla dovremo chiudere molto le vent-in. Se la chiusura è quasi completa può succedere che si arrivi allo spegnimento del carbone. Purtroppo, visto l’isolamento del dispositivo ci accorgeremo dello spegnimento troppo tardi (perché il raffreddamento sarà graduale). Dobbiamo cercare di accendere il giusto combustibile che serve per l’ottenimento di una data temperatura. Errori con l’innesco 1. Accensione del combustibile sparso sulla griglia carboni: nella fase
iniziale dell’accensione, il fuoco è generato dall’accenditore. Una volta consumato quest’ultimo, l’accensione prosegue per contatto. Se c’è poco contatto fra i pezzi di carbone o le bricchette, l’accensione sarà difficoltosa ed inefficace. È opportuno accendere utilizzando una ciminiera di accensione. 2. Utilizzo di un accenditore di breve durata: il carbone richiede del tempo per essere acceso correttamente. Se si usa un accenditore che si consuma troppo presto (fogli di giornale, alcool e altri materiali infiammabili) non arriveremo alla completa accensione. Bisogna utilizzare gli accenditori creati appositamente per questo scopo. Ne esistono anche di completamente naturali che eliminano l’odore di paraffina. 3. Utilizzo di accenditori in quantità non congrue rispetto al combustibile da accendere: all’aumentare del combustibile da accendere deve necessariamente corrispondere un aumento della quantità di accenditori utilizzati. È impensabile accendere efficacemente una ciminiera colma di bricchette con un solo cubo accenditore. Adesso riprovateci e fatemi sapere: scommettiamo che seguendo questi consigli non vi ritroverete più con il carbone spento e la faccia delusa dei commensali che aspettavano di vedervi in azione? APRILE 2019 - 29
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SPECIALE PASQUA - PREMESSA a cura di EMILIANO NENCIONI
la grigliata
B R U T TA Noi griller evoluti abbiamo questo vizio: vantarci con amici e parenti. All’inizio non ci danno molto ascolto: “che sarà mai una grigliata! Una cottura lunga? Figurati, questo cuoce il manzo dodici ore, bah, lo sanno tutti che basta tenerlo 7 minuti in piedi su un osso a caso”. Poi il dramma: “senti ma… visto che sei così bravo, quasi quasi chiamerei…”. È la fine: ti ritrovi fra i piedi parenti, colleghi di lavoro pesanti, amici con cui ti trovi benino ma solo se dopo dieci minuti ognuno torna a casa sua, tutta una serie di personaggi scrocconi con i quali non avresti mai desiderio di condividere una grigliata come si deve e men che mai una Denver Steak di Black Angus. Immancabile la suocera incontentabile che vuole tutto ben cotto mi raccomando o una nonna bisbetica che ha già in canna la frase “quelle americanate lì te le mangi tu”. Potresti comprare qualche prelibatezza sul Megastore, ma semplicemente non se lo meritano. Sbattersi per una cottura perfetta e poi vederli mangiare distrattamente mentre polemizzano col telegiornale, o accorgersi della fidanzata noiosa di quel tuo “amico su Facebook” (eppure lo avevi dis-amicato tempo fa...) che mezza schifata toglie via il grasso al manzo: non esiste proprio. Ci vengono in aiuto però alcune catene di grande distribuzione (un po’ low-cost) che capiscono bene le nostre difficoltà e spesso si prodigano in generosissime offerte per grigliate brutte. Tu sei più bravo di così, ma per questa volta non vuoi spendere, non vuoi impegnarti, vuoi fregartene del risultato. Vuoi che la vecchia se ne stia zitta cibandosi dei sapori nella sua comfort zone; sai che tutti prestano più attenzione a Maria Concetta Mattei che legge le notizie al Tg1 che alla tua carne; vuoi che possibilmente non tornino più, lasciandoti solo con le tue grigliate, perché come le capisci tu non le capisce nessuno: al massimo vorrai allargare l’invito a quei due tre amici che hai educato all’umami, alla carne marezzata, alle frollature dry aged prolungate.
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Si scusano, da subito, per il disagio. Perché troverai un bel po’ di disagio, figure pittoresche e frequentazione spesso degna del Cantina Bar di Star Wars: A New Hope. Ma i prezzi, ah, i prezzi saranno davvero bassi, così quanto le tue aspettative. Aprirai con un grande classico della grigliata non evoluta: gli spiedini misti. Garanzia di cottura matematicamente sbagliata, lo spiedino è gettonatissimo presso i ragazzini (i quali successivamente potranno dedicarsi alla gioiosa attività di darsi noia con lo steccolo) e presso i nonnetti sprint. Potrai scegliere se avere il boccone di maiale crudo e il resto cotto, oppure il pezzo di maiale cotto ma salsiccia, peperoni e pancetta carbonizzati. Il consiglio è di virare sulla seconda alternativa, per soddisfare gli integralisti del ben cotto. Otto euro e novantanove ogni confezione da un chiletto. Sei diventato bravissimo nel pulled pork? Chiudendo gli occhi ti immagini in un contest KCBS, premiato con un Perfect Score, circondato dagli avversari che annuiscono e applaudono lentamente? Bene, prova a rimontare
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la coppa del maiale, allora. Perché qui, nelle catene low cost della grigliata in super sconto, te la vendono affettata. “Bracioline Grigliazzi, tagliate fini fini”. Devi tornare agli albori: una bella diretta rovente (tanto stai facendo solo quella a questo giro), fettine di scamerita girate e voltate finché non diventano belle dure. Sei tentato dall’asciugarle per bene prima, per togliere umidità e favorire la reazione di Maillard, ma senti subito tua cognata parlare di quella volta che ha mangiato l’hamburger di tofu e bentonite, e in guisa di fallo di reazione scagli le fette con stizza, direttamente dalla padellina bianca di polistirolo, sulla griglia incandescente d’astio. Ti ricordi delle Louisville Chicken Wings? Hai imparato a farle alla perfezione ai corsi Grill to Perfection di BBQ4All, ma no, non stavolta, non per loro. Ecco la proposta della grande catena del risparmio a tutti i costi, ed è esattamente quello che serve: Delizie Del Pollaio Aulente, ali di pollo speziate: tre euro e ventinove una confezione da 500g. Puoi giocare sulla quantità e rimpinzare gli sgraditi commensali con questo pollo che non dovrai neanche pren-
derti la briga di pulire, speziare o altro. Via in griglia. La cosa indispensabile per far svoltare la giornata però è la gara HOT SPICY WINGS per i rumorosissimi figlioletti presenti, o per quei tre o quattro colleghi che fanno sempre gli sbruffoni ripetendo alla nausea che loro sono maschi alfa, loro grigliano la fiorentina senza tanta
scienza, basta il manico, s’è sempre mangiata bruciata fuori e palpitante dentro e che il piccante lo mettono
nel caffellatte. La gara “a chi ne mangia di più” si svolge così: fai una betoniera di alette di pollo prese in offerta, leggermente piccanti, insaporite con il tabasco El Brucior trovato nel solito discount: a caso, senza farvi vedere, prendete sei o sette alette e cospargetele di Trinidad Scorpion. All’arrivo del 118 le risa, ah le risa! A fine serata i flaconi a forma di peperoncino gigante di El Brucior diventano anche simpaticissime idee regalo, gadget simbolo della grigliata appena trascorsa. Sai benissimo però che cognati, vecchie zie e colleghi dovranno andarsene via infastiditi, ma non scontenti di te. Ne va della tua fama da griller. Metti che poi al tuo prossimo post di autocelebrazione invece del solito Like di incoraggiamento ti mettono un bel Grrrr, come si fa? Per questo motivo è necessario servire un hamburger. Però brutto, tanto l’hamburger buono, studiato e bilan-
ciato come sei solito fare tu non sarebbe probabilmente capito e compreso. Non vuoi preparare un capolavoro di croccantezza e sapidità per poi sentire tuo genero dire “no, non mi mettere la crema di melanzane cotte in ember con caprino, menta e mandorle, spruzzaci un secchio di ketchup e maionese” (con gesto virile e un po’ inguinale ad accompagnare la richiesta). L’hard discount dell’amarezza in griglia ci propone un’innovazione: hamburger già fatto, cotto e condito, sigillato in atmosfera protettiva (seriamente, esiste). Va più che bene. Apri busta, metti sulla griglia. Se non c’è posto in griglia, microonde. Andrà benissimo. Perché perdere tempo con la Qualità? Chef Choice - Hamburger di carne suina (quasi), c’è anche formaggio Gouda e il sesamo, ma che vuoi ancora? Hai speso a malapena trenta euro, hai saziato venti persone, ti sei tolto il pensiero di questa mangiata che andava fatta, hai fatto piangere il figlio del vicino di casa e compromesso la salute intestinale del caporeparto. Nonna ha mangiato male e quindi è soddisfatta, perché la ciccia deve essere bella dura come quando eravamo sfollati in tempo di guerra. In molti, dopotutto, si ricorderanno solo delle notizie del Tg1. È un successo. APRILE 2019
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SPECIALE PASQUA - IL METODO a cura di MICHELE CHIPA
sui carboni ardenti
ember roasting
Se vi siete stancati delle classiche verdure grigliate proseguite nella lettura: vi spiegherò una tecnica di cottura in grado di trasferire un caratteristico e persistente aroma di “griglia”. L’ember roasting non è altro che la cottura a contatto diretto delle braci. Per questo motivo l’alimento deve essere in grado di sopportare l’alta temperatura senza carbonizzarsi completamente.
Gli alimenti più idonei all’ember roasting sono senza ombra di dubbio le verdure: la loro buccia è perfetta per schermare il calore delle braci e proteggere il cuore, a patto di mantenerla in cottura. Inoltre, data l’importante presenza di acqua, la cottura della polpa interna avverrà grazie al vapore generato dal calore, che lo aromatizzerà. La tecnica da seguire è semplice: assicuriamoci che il carbone sia ben acceso e con un leggero velo di cenere bianca (saremo così sicuri di un calore ben presente ma dolce), prendiamo l’alimento e lo posizioniamo sulle braci. Più volte andremo a girarlo, più il sentore di affumicato della polpa sarà intenso grazie alla maggiore quantità di buccia interessata dalla carbonizzazione superficiale. Una volta che il nostro ortaggio sarà cedevole al tatto e floscio alla vista sarà pronto per essere tolto dalla cottura, pulito dalle parti carbonizzate e utilizzato per altre preparazioni. Vi do qualche consiglio per la preparazione di alcune verdure: Le Melanzane: una volta posizionate sulle braci non giratele; il fumo assorbito dalla polpa sarà sufficiente a dare quello spiccato sentore di affumicato. Quando, toccando la buccia con un dito, rimarrà impressa l’impronta del polpastrello vorrà dire che saranno pronte. Le melanzane sono perfette per creare una crema aromatizzata. È sufficiente eliminare la pelle carbonizzata e frullare la polpa con aglio, sale, succo di limone, olio e qualsiasi aroma si preferisca. Si può utilizzare per condire un crostino di pane abbrustolito, oppure per preparare una pasta o,
perché no, sulla pizza. I Peperoni: vanno girati più volte in modo da carbonizzare più pelle possibile: in questo modo sarà più facile eliminarla dopo la cottura. Per capire quando sono pronti è sufficiente bucarli con uno stuzzicadenti o con la punta di un termometro per alimenti. La punta dovrà entrare senza incontrare resistenza ma senza sfilacciare la polpa. I peperoni dovranno essere spellati e andranno rimossi semi e filamenti interni prima del successivo utilizzo. Provate a tagliarli a listarelle e a condirli semplicemente con olio, aglio e un trito di erbe aromatiche. Lasciate che si insaporiscano per un paio d’ore e poi serviteli. Se volete, potete spruzzare qualche goccia di limone per donare una punta di acidità. I Carciofi: tagliate solamente la punta e lasciate intatte le foglie esterne: queste. Carbonizzandosi, proteggeranno il cuore e saranno tolte dopo la cottura. Posizionate ogni carciofo sulle braci incastrando il moncone del gambo nel carbone. Non appena le brattee esterne saranno completamente carbonizzate e l’interno si sarà un po’ colorito, aggiungete un filo d’olio tra le foglie interne (ma attenzione a non versarlo sulle braci) e spolverate con un pizzico di sale e pepe. Per verificare il grado di cottura prendete uno stuzzicadenti o un termometro per alimenti e infilzate con la punta la base del carciofo. Se entrerà senza incontrare resistenza l’ortaggio sarà pronto. In alternativa, potete strappare qualche foglia interna con l’aiuto di una pinza e testare la cottura. Il carciofo così cotto è ottimo per essere sminuzzato e utilizzato per innumerevoli preparazioni. APRILE 2019
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SPECIALE PASQUA RICETTA a cura di TOMMASO DI GREGORIO
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La Sicilia è sicuramente da considerarsi la patria dello street food italiano. Palermo in particolare è tra le prime città al mondo per ricchezza e varietà di leccornie da mangiare per strada. È infatti possibile trovare di tutto per i vicoli del capoluogo siciliano: arancine, frittole, sfincione, quarume, stigghiola e tanto altro. Oggi vi voglio parlare di uno dei piatti meno noti ai turisti ma più consumati dagli autoctoni: Il panino con le panelle. Questo piatto millenario affonda le proprie origini nella dominazione araba della Sicilia. Dapprima cotte in forno vennero poi fritte, probabilmente durante la dominazione Angioina. Ad avvalorare questa tesi ci sono numerosi aneddoti nei Vespri Siciliani. Questa pietanza, nata povera per sfamare il popolo, è stata poi portata sulle tavole di personaggi illustri ed è considerata una vera e propria prelibatezza. Si dice che personaggi celebri come Guttuso, Sciascia e Pirandello ne fossero ghiotti. È un piatto talmente amato che è stato dato un nome a chi le vende (il panellaro) e uno al luogo in cui si vendono (la friggitoria). Le panelle costituiscono il tipico spuntino del siciliano: i bambini le mangiano a scuola durante l’intervallo, gli adulti le scelgono come pausa pranzo durante una faticosa giornata di lavoro. Generalmente vengono consumate all’interno di un panino (mafalda) ricoperta di sesamo. I più golosi aggiungono anche crocchette di patate o würstel (rigorosamente fritti nello stesso olio delle panelle).
Ultimamente si sta anche diffondendo una varietà più raffinata che prevede l’abbinamento con il salmone affumicato marinato in olio e limone. Io oggi ve le propongo in abbinamento agli slider BBQ4All. E mi ringrazierete per questa idea. Procedimento 1. In una pentola capiente mescolate la farina di ceci setacciata e l’acqua. 2. Aggiungete il sale e il pepe. 3. Mescolate il tutto con una frusta (o in alternativa con un frullatore a immersione) in modo da non creare grumi e ottenere un impasto liscio e setoso. 4. Accendete la fiamma a fuoco medio e cominciate a mescolare il composto. 5. Quando il composto si stacca dai bordi della pentola aggiungete il finocchietto continuando a mescolare per qualche altro minuto. 6. Versate adesso il composto in uno stampo (per plumcake) unto con un po’ d’olio. 7. Lasciate raffreddare una notte. 8. Quando il composto si sarà raffreddato ribaltatelo su un tagliere e affettatelo sottilmente. 9. Friggete le fettine in olio bollente. 10. Scolate le panelle su carta assorbente; salate e pepate a piacimento. 11. Grigliate gli sliders BBQ4All sul kettle o, se preferite, preparateli in padella. 12. Farcite il panino con gli sliders e le panelle e condite il tutto con una spruzzatina di limone. APRILE 2019
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SPECIALE PASQUA - RICETTA di MICHELA BONGIORNI
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Diciamoci la verità, il panino con la frittata fa subito venire in mente le gite scolastiche, le giornate al mare con la famiglia, quando la mamma lo tirava fuori dalla borsa frigo e poi ti diceva “sì, ora lo mangi, ma poi ricordati: non farai il bagno per almeno quattro ore!” In effetti, rappresenta da sempre il tipico pranzo al sacco dell’italiano medio, citato anche da Rocco Papaleo in “Basilicata coast to coast” che lo adora “bello sponzato”, cioè quando ormai non si capisce più la distinzione tra la fetta di pane e la frittata all’interno. Personalmente, fra tutte le varianti possibili, quello che preferisco è con la frittata di cipolle di fantozziana memoria ( anch’io la condisco con tifo indiavolato, ma rinuncio
volentieri al rutto libero). Quindi ho pensato: ma perché non proporre ai nostri cari lettori un panino con la frittata che coniughi l’amore per la griglia e la voglia di un pranzo al sacco, veloce e gustoso? Ecco quindi questo panino con la frittata di cipolle caramellate, cotta nel kettle e leggermente affumicata. Sia chiaro, io ve ne sto suggerendo solo una delle infinite varianti. È possibile farla anche con la ciccia avanzata. Prendete spunto da questa e poi scatenatevi: le scampagnate da fare in questo periodo non mancano di certo. Procedimento 1. Riscaldate una padella e aggiungete un filo d’olio. Aggiungete la cipolla affettata e fate andare a fuoco alto mescolando di tanto in tanto. 2. Quando il colore della cipolla diventa scuro e uniforme aggiungete il
Cabernet a coprire. 3. Quando il vino sarà evaporato, aggiungete lo zucchero di canna e l’aceto. 4. Mescolate finché il liquido non diventa brillante e sciropposo. Infine aggiustate di sale. 5. Sbattete le uova in una ciotola con una forchetta. Aggiungete il Parmigiano grattugiato, il sale e il pepe e mescolate fino ad ottenere un composto schiumoso. 6. Aggiungete le cipolle caramellate fino a ottenere un composto omogeneo. 7. Bagnate e strizzate un po’ di carta forno per foderare una teglia. Mettete il composto all’interno del kettle stabilizzato a 180°C, in cottura indiretta, chiudendo il coperchio. 8. La frittata non va girata: dopo circa 30 minuti controllate che sia cotta e toglietela dalla teglia aiutandovi con la carta forno. 9. Dividetela in quattro spicchi, riscaldate i panini tostandoli un po’ e poi farciteli con la frittata e una generosa macinata di pepe.
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SPECIALE PASQUA - RICETTA di MICHELA BONGIORNI
pasta al
FUMO
melanzane, acciughe e burrata Protagonista indiscussa sulle tavole degli italiani nelle occasioni conviviali, la pasta al forno è sicuramente un piatto tradizionale, eppure ancora molto attuale ed estremamente versatile, perfetto come piatto di recupero. Sono principalmente due le tradizioni che se ne contendono i natali: quella bolognese, con le classiche lasagne al ragù, e quella napoletana, con una farcitura ben più ricca e fantasiosa. Tuttavia, è veramente difficile dire con certezza dove sia nata la pasta al forno: ogni regione ha la sua tradizione e la sua variante. Anch’io ve ne propongo una: la variante fuoco e fumo, che contraddistingue tutte le nostre preparazioni. Ho utilizzato la crema di melanzane cotte in ember roasting per condire i maccheroni: crema che, come vedrete, darà alla vostra pasta un sapore spiccato di affumicato. Poi ho pensato di alleggerire il tutto con burrata e acciughe. Il risultato mi ha soddisfatto molto, per cui ho pensato di proporvela qui. Ah, sappiatelo: è ottima il giorno dopo! Sapete perché? Il passaggio finale nel kettle la essicca e fissa la gelatinizzazione degli amidi: di conseguenza la pasta continua ad essere al dente anche i giorni successivi alla preparazione. Quindi potete tranquillamente prepararla il giorno prima e servirla, riscaldandola, ai vostri commensali mentre aspettano la ciccia, in occasione delle tradizionali grigliate primaverili. Procedimento 1. Predisponete il kettle per la cottura in ember roasting delle me40 - BBQ4All MAGAZINE
lanzane, formando un mucchietto di carbone sulla griglia più bassa e appoggiando le melanzane direttamente sulle braci: quando saranno cedevoli e “sgonfie” saranno pronte: toglietele dalle braci e lasciatele raffreddare; 2. Una volta raffreddate, aprite le melanzane e con l’aiuto di un cucchiaio separate la polpa morbida dalla buccia carbonizzata; 3. In una padella, o direttamente nel wok sul kettle, scaldate due cucchiai d’olio, fate imbiondire uno spicchio d’aglio (che poi rimuoverete) insieme a qualche filetto di acciuga, e successivamente versate nella padella la polpa che avete ricavato dalle melanzane cotte in ember; 4. Salate, pepate, condite con il succo di limone e fate andare per qualche minuto; dopodiché, aggiungete il concentrato di pomodoro e un bicchiere d’acqua; 5. Fate ritirare un po’ il sugo e poi aggiungete le olive; 6. Cuocete la pasta in acqua salata scolandola al dente: NON sciacquatela sotto l’acqua fredda per fermare la cottura, cuocete la pasta normalmente. 7. Condite la pasta con il sugo, giratela bene aggiungendo anche 150 grammi di burrata; 8. Ungete benissimo una pirofila e versateci dentro la pasta condita, aggiungete una bella macinata di pepe e poi spolverizzate col Parmigiano grattugiato e il pangrattato; 9. Ponete la pirofila nel kettle, in cottura indiretta a circa 200°C per 10/15 minuti. 10. Alla fine, decorate la pasta con delle belle cucchiaiate di burrata, qualche filetto di acciuga e le foglioline di basilico.
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SPECIALE PASQUA - RICETTA di LUCA GALLOZZA
AGNELLO ALLA V E R N ACC I A con olive
INGREDIEN TI PER PERSONE
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S’anzoneddu (agnellino) come si pronuncia in Sardegna, è il piatto di carne tipico del periodo pasquale. Simbolo della morte e della Resurrezione di Cristo, viene celebrato durante questa festività. D’altronde l’agnello è una figura iconica nella religione ebraico-cristiana. Nel libro dell’Esodo, Il Signore disse ad Aronne e a Mosè : “Il dieci di questo mese ciascuno si procuri un agnello per famiglia, un agnello per casa. Se la famiglia fosse troppo piccola per consumare un agnello, si assocerà al suo vicino, al più prossimo della casa, secondo il numero delle persone; calcolerete come dovrà essere l’agnello, secondo quanto ciascuno può mangiarne. “ E ancora : “In quella notte ne mangeranno la carne arrostita al fuoco; la mangeranno con azzimi e con erbe amare. Non lo mangerete crudo, né bollito nell’acqua, ma solo arrostito al fuoco con la testa, le gambe e le viscere.” In ogni caso ormai l’agnello, anche per coloro chi non rappresenta un simbolo religioso, è comunque un cibo tradizionale di questo periodo. Questa ricetta tradizionale sarda viene eseguita con l’agnello da latte, non ancora svezzato, condito con il vino e le olive in salamoia. Qui la ricetta è stata adattata al barbecue, dove la rosolatura dei pezzi di carne, invece che in un tegame, viene fatta sulla griglia mediante una diretta veloce. Ecco come potete procedere per realizzarla anche voi, con il vostro kettle.
2. Impostate il vostro dispositivo per una cottura diretta. 3. Adagiate sulla griglia i vostri pezzi di agnello e procedete con una cottura veloce e diretta per rosolare la carne. Non necessita di Maillard vistosa. 4. A questo punto spostate in indiretta, chiudete il coperchio e affumicate con una manciata di chips di Hickory sino a che la carne non ha raggiunto i 55°C 5. Ora posizionate una cocotte al centro della vostra griglia, con il carbone sotto, versate l’olio e rosolate un soffritto di carota e cipolla con l’aggiunta di un pomodoro sotto sale, battuto finemente al coltello. 6. Mettete nel tegame i pezzi di agnello, aggiungete l’alloro e sfumate con il vino bianco, aggiustando di sale. 7. Lasciate cuocere per 30 minuti circa con coperchio, dopodiché aggiungete le olive e lasciate cuocere ancora finché la carne non inizia a staccarsi dall’osso. 8. La vostra cocotte di agnello con vernaccia alle olive è pronta per essere servita. Preparate un bel centro tavola, con un bel pane casareccio o del tipico Carasau, un buon vino e dei commensali di buona forchetta. Questo piatto gustoso, dal sapore selvatico e arcaico è da consumare rigorosamente con le mani. Le olive andranno via come le ciliegie e il vino scorrerà piacevolmente tra le vostre labbra. A fine pasto persino la cosiddetta “scarpetta “ col pane è legittima e quasi obbligatoria.
Procedimento 1. Sciacquate il vostro agnello da latte e asciugatelo bene. Dividetelo in pezzi. APRILE 2019
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SPECIALE PASQUA - RICETTA di LUCA GALLOZZA
non bucarmi le
SALSICCE smoke & beer
Bucasalsicce a me gli occhi: niente può essere meglio di questo articolo per prepararvi al battesimo del fuoco. L’argomento in questione è la ricetta del griller per antonomasia. Se prima avevi buttato sempre le tue salsicce “sul fuoco dell’Inferno”, dopo averla letta ti sentirai nel Limbo dantesco dei non battezzati e morirai dalla voglia di passare al secondo cerchio, quello dei golosi. È una prassi consolidata. Mai più salsicce stoppose, asciutte e bucate come un colabrodo. Da ora in poi solo carni succose, saporite e aromatizzate con una buona birra. Mi sembra quasi di vederli, i grigliatori delle Pasquette dimenticabili: chi divide le salsicce a metà e le disidrata talmente tanto che, al primo boccone, c’è sempre l’amico che appronta manovre di primo soccorso, e chi le buca all’ inverosimile, fino a rendere lo stecchino più gustoso della salsiccia stessa. Mai più. Le salsicce preparate col Metodo BBQ4All cuoceranno in Low&Slow, con un minimo di smoke ring. Saranno super gustose e umide all’interno, lievemente affumicate e pronte per essere tuffate in un bagno di birra calda, che le terrà idratate e tenerissime. 44 - BBQ4All MAGAZINE
Procedimento 1. Preparate mezza ciminiera di bricchette e settate il vostro dispositivo ad un range di temperatura tra i 110° - 130° C . 2. Appoggiate le salsicce sulla griglia in cottura indiretta, affumicate con chips di ciliegio, tramite smoker box o semplicemente appoggiando un chunk di legno sulle braci e chiudete il coperchio. 3. Adagiate un vassoio sotto le salsicce, che funga da drip pan (contenitore per raccogliere i grassi disciolti), nel quale metterete la vostra birra a scaldare. 4. Lasciatele cuocere sino a 83°C al cuore. 5. Toglietele dalla griglia, recuperate il drip pan e lasciatele riposare nella miscela di birra e grassi disciolti per almeno mezz’ora. Le vostre prime salsicce sono pronte. Ritenetevi battezzati. Siete golosi? Lo sarete. Non vi resta che metterle dentro un mini bun con delle cipolle caramellate, accompagnarle con una senape al miele, oppure utilizzarle per altre preparazioni, tipo una buonissima pizza con carciofi e salsicce. Primo Step superato. Prossimo step, bacchettare le mani degli amici che, alla prossima grigliata, vorranno bucarvi le salsicce.
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SPECIALE PASQUA - RICETTA a cura di TOMMASO DI GREGORIO
la caponata
FUMANTE Citando l’avvocato di Johnny Stecchino, potremmo dire che la Sicilia è una terra bellissima: il sole, il mare, i fichi d’india. Una terra stupenda che è nota anche per alcune piaghe: l’Etna, la siccità e una terza. Quest’ultima è la peggiore perché causa violenti conflitti interni e mette famiglia contro famiglia. Eh sì, avete già capito: parliamo della caponata! Mai ci fu più aspra diatriba, ogni provincia ha la sua ricetta, ogni città la sua peculiarità, ogni pianerottolo il suo tocco segreto. Oggi vi propongo una nuova versione, che si basa sulla ricetta tipica del trapanese, cambiandola un po’: lo dico subito in modo da evitare rappresaglie verso di me e tutta la mia stirpe. L’ho preparata nel wok sul kettle e ho grigliato le verdure invece di friggerle. Il che la rende più leggera, con qualche nota affumicata, e sicuramente più adatta ad essere preparata anche durante le grigliate di primavera all’aperto. Provate per credere. Procedimento 1. Lavate le melanzane e tagliate via il picciolo e la parte finale. Riducetele a fette alte un centimetro e lasciatele spurgare in uno scolapasta con del sale grosso per circa 30 minuti. Dopodiché sciacquatele e asciugatele, preparate il kettle per una cottura diretta, spennellate le melanzane con un po’ d’olio e grigliatele. 2. Pulite e affettate i peperoni e grigliate anch’essi, poi tagliate la cipolla a fettine e fate lo stesso con le carote. 3. Posizionate il wok nel kettle, nell’apposito spazio in griglia, con i carboni sotto. 4. Fate rosolare le cipolle e le carote nel wok con un filo di olio e uno spicchio di aglio (che poi rimuovere46 - BBQ4All MAGAZINE
te). 5. Aggiungete i pomodori puliti e tagliati a pezzetti insieme a mezzo bicchiere di aceto, lasciate sfumare e poi unite i due cucchiai di zucchero. 6. In una pentola fate sbollentare per qualche minuto il sedano in acqua e aceto e poi aggiungetelo ai pomodori. 7. Unite le verdure grigliate e tagliate grossolanamente ai pomodori. 8. Aggiungete quindi le olive a pezzetti, le mandorle leggermente tostate e i capperi. Mescolate delicatamente e fate amalgamare tutti gli ingredienti evitando di far sfaldare le verdure. 9. Aggiustate di sale e lasciare raffreddare. Qualche variante utile e interessante? Potete grigliare le melanzane e i peperoni utilizzando il basket per verdure della Weber, quello bucherellato: dopo aver ridotto le verdure a cubotti, le condite con un pizzico di sale, olio e aceto e posizionate il cestino in cottura diretta. In questo modo le verdure si insaporiranno moltissimo. In alternativa, potrete grigliare nel modo classico le melanzane e utilizzare, invece, i peperoni cotti in ember roasting seguendo i preziosi consigli di Michele Chipa, su questo stesso numero, nell’articolo dedicato a questa tecnica. Fatemi sapere quale versione preferite!
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SPECIALE PASQUA - IL PROCEDIMENTO a cura di LUCA GALLOZZA
MICA PIZZA&FICHI? no! salsiccia affumicata e carciofi in ember
Se barbecue e birra sono il binomio perfetto per gli americani, pizza e birra lo sono altrettanto per gli italiani, almeno fino all’arrivo di BBQ4All. Quando parliamo di pizza, parliamo di tricolore, del connubio tra basilico verde mediterraneo, la bianca mozzarella di bufala campana e il pomodoro rosso dell’Agro Sarnese – Nocerino. Non ha caso venne inventata, verso fine Ottocento, da Raffaele Esposito con ingredienti che rappresentassero la nazione agli occhi della Regina Margherita di Savoia, disposti su un cerchio dorato e fragrante di impasto lievitato ore ed ore. La pizza è compagnia e convivialità, proprio come il barbecue. È un matrimonio perfetto con una birra ghiacciata. È poesia se fatta da mani sapienti. La pizza è mille gusti e sapori. E’ creatività, ingegno e studio. E’ cibo da strada, è una serata informale. La pizza è un’istituzione. Volendo unire l’amore per la pizza alla passione per il barbecue, ciò che nasce è un prodotto sorprendente dai sapori eccezionali, che si sposano bene tra loro. Le varianti sono infinite: noi oggi la condiremo con salsicce affumicate alla birra e carciofi in ember roasting. Vediamo come prepararla in casa. Quello che vi spiegherò di seguito è il procedimento per la teglia romana, che io preferisco però stendere in forma cilindrica, come la classica Napoletana. Cercherò di sintetizzare il processo al massimo per facilitarvi il compito, senza scendere in tecnicismi. Iniziamo col dire che la preparazione dell’impasto andrà affrontata almeno 24 ore prima di quando vorremmo mangiare la nostra pizza .Questa fase può essere suddivisa in 10 punti fondamentali : impasto, primo riposo, pieghe, partenza della lievitazione, puntata, staglio, appretto, stesura, condimento e cottura. 1. Impasto Iniziare sciogliendo il lievito in acqua a temperatura ambiente. In una ciotola, unire un terzo della farina setacciata, mescolandola con una frusta per non formare grumi. Dopodiché, aggiungere ancora farina pian piano, finché non si sarà assorbita tutta l’acqua. A questo punto procedere con un mestolo di legno e schiacciare l’impasto verso il centro della ciotola. Continuare aggiungendo la restante farina fino al totale della quantità descritta. Farlo a mano risulterebbe dannoso perché si rischierebbe di scaldare troppo l’impasto. Impastare fino ad ottenere un panetto liscio e omogeneo, che abbia assorbito bene l’acqua.
2. Primo riposo Lasciare riposare il panetto dentro un contenitore, coperto, per mezz’ora. 3. Pieghe Passata la mezz’ora, effettuare i cicli di pieghe, per dare struttura all’impasto e per asciugarlo. Piegare l’impasto verso se stessi, per tre o quattro volte, chiudere il panetto e lasciare riposare sulla spianatoia per circa 20 minuti, senza mai infarinare. Ripetere questa fase per tre o quattro volte, finché il panetto si reggerà su se stesso. 4. Partenza della lievitazione A questo punto, prendere il panetto e posarlo all’interno di una ciotola ben oliata, che ne contenga almeno tre volte il suo volume. Lasciare partire la lievitazione a temperatura ambiente per almeno 3 ore o finché l’intero impasto non sarà triplicato, chiudendo il contenitore con un coperchio o con la pellicola. 5. Puntata Quando la lievitazione sarà partita, prendere la ciotola e metterla in frigorifero a 4°C per effettuare la cosiddetta puntata, ovvero l’azione esercitata dall’impasto lievitante di spingere contro le pareti del contenitore. Lasciatelo in puntata per almeno 18/ 24 ore. 6. Staglio Almeno tre ore prima di procedere alla stesura e cottura della pizza, togliere la ciotola dal frigorifero. Suddividere l’ impasto in 4 panetti da circa 300g l’uno ed effettuare nuovamente un ciclo di pieghe per ogni panetto. 7. Appretto Prendere un contenitore adatto a contenere i 4 panetti affiancati tra loro. Spolverare il fondo di semola e adagiare i panetti al suo interno, l’uno affianco all’altro, poi spolverare leggermente anche il dorso dei panetti. Coprire e lasciare riposare a temperatura ambiente per tre ore. 8. Preparazioni dei condimenti Nell’attesa, considerando di condire la pizza con carciofi in ember roasting e salsicce affumicate alla birra, procedere per le due cotture in questione, seguendo le ricette che trovate in questo numero del Magazine. Quando saranno pronte entrambe le pietanze, tagliare i carciofi a spicchi e le salsicce a fette. Schiacciare in una ciotola, con le mani, dei pomodori pelati, ai quali verrà aggiunto un pizzico di sale e un filo APRILE 2019
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d’olio. Tagliare a listarelle o cubetti, una mozzarella e lasciare scolare almeno un ora. 9. Stesura Accendere il forno e iniziare a riscaldarlo al massimo della potenza, in un range che va dai 250° C ai 280° C, in modalità ventilata. Questo per garantire l’asciugatura del panetto ed eliminare l’umidità in eccesso nella pizza. Stendere un velo di semola sul piano di lavoro e da una parte farne una montagnetta. Rovesciare il panetto sulla montagnetta di semola e infarinare anche il dorso. Ora, con le falangi, premere sul panetto partendo dal basso verso l’alto, senza schiacciare ma spostando l’aria. Rigirare il panetto su se stesso, e continuare a spostare aria con le dita. Volendo, si può pinzare leggermente il panetto per allargarlo e dargli la forma cilindrica che si desidera ottenere. 10. Condimento Ungere una teglia tonda con un filo d’olio. Prendere l’impasto e adagiarlo sulla teglia, eliminando precedentemente la semola in eccesso. Versare un cucchiaio di salsa di pomodoro al centro del cerchio e cospargerlo in maniera rotatoria dal centro verso i bordi senza mai toccare la teglia. 10. Cottura Infornare la teglia nel piano del forno, sul fondo. Lasciare per circa 7 minuti , finché il fondo della pizza sarà ben dorato e si staccherà con facilità dalla teglia, grazie alla spinta di calore che riceve dal basso. Passato questo tempo, togliere per un istante la pizza dal forno, terminare il condimento con l’aggiunta di mozzarella, spicchi di carciofi in ember roasting ben distribuiti e fette di salsicce affumicate alla birra. Infornare nuovamente nella parte più alta del forno, sotto il grill, e finire la cottura per alcuni minuti. 11. Ultimi ritocchi Sfornare, togliere dalla teglia e poggiare su una gratella per evitare la formazione di umidità sul fondo, che le farebbe perdere la croccantezza desiderata. La pizza è pronta a subire gli ultimi ritocchini: un filo di ottimo olio extravergine di oliva, una macinata a mulinello di pepe nero e poi addentarla godendo moltissimo. 50 - BBQ4All MAGAZINE
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SPECIALE PASQUA - RICETTA di MARIANGELA IBBA
andiamo al sodo!
U O V O A F F U M I C AT O e ASPARAGI GRIGLIATI Esistono molti modi per cucinare un uovo: al tegamino, in camicia, strapazzato, sotto forma di omelette e frittata, à la coque, sodo. Ma ti sei mai chiesto se è possibile affumicarlo? Ebbene sì, è possibile donare quel buon sapore di fumo anche alle uova. Con questa ricetta, un banale uovo sodo si trasforma in un alimento sublime, ricco di sapore grazie all’aroma affumicato, che però mantiene la sua peculiare morbidezza. Pensa solo allo stupore sul volto dei tuoi amici, quando alzerai il coperchio del dispositivo e capiranno che hai cotto le uova direttamente sulla griglia. Non crederanno ai loro occhi. Adesso però ti starai domandando: “Com’è possibile affumicare l’uovo con tutto il guscio?” La risposta è molto semplice: a causa della sua superficie porosa, il guscio è permeabile ai gas e al vapore acqueo.
IN GREDIE NTI PER PERSONE $xBa $æ6adafLa_a $O-BeO_ae_8ed B-a^EbE $ceOB A d6e-e $MB8O_ea-Oea S *xbR QA-B $MaB8efe^EbE
La cosa a cui si deve stare veramente attento è il tempo di permanenza dell’uovo in griglia: tenendo l’uovo per troppo tempo in cottura si rischia di stracuocere sia l’albume che il tuorlo, che può diventare sabbioso e secco. Noi vogliamo che l’albume sia perfettamente coagulato ma che il tuorlo mantenga una certa morbidezza. A mio avviso la temperatura ottimale è di circa 180°C per circa 8/10 minuti, a seconda della consistenza più o meno cremosa del tuorlo che si vuole ottenere. Una volta affumicate, puoi mangiare le uova intere con un po’ di Montreal Steak Rub BBQ4All, all’interno di un panino o di un’insalata, oppure, come ti propongo qui, puoi assaporarle con dei meravigliosi asparagi grigliati. Ti assicuro il connubio tra la croc-
cantezza dell’asparago e la morbidezza delle uova sarà perfetto e verrà esaltato ancor di più dall’essenza di affumicato. Preparazione 1. Prepara il dispositivo per una cottura indiretta a 180°C. 2. Metti le uova direttamente sulla griglia, dalla parte opposta delle braci, affumica con una manciata di legno aromatico e chiudi il coperchio. Lasciale andare per 10 minuti circa. 3. Passato questo tempo, togli le uova dalla griglia e falle raffreddare. 4. Inizia a pulire gli asparagi, con un pelapatate, pela l’asparago da circa metà in giù fino a quando non affiora il bianco. Ripeti questa operazione su tutti gli asparagi. 5. Suddividi gli asparagi in due mazzi e legali con lo spago da cucina. 6. Procurati una pentola più alta degli asparagi, in modo che durante la precottura non si incurvino e immergili in acqua salata. Attenzione, le punte degli asparagi, molto tenere, devono rimanere fuori dall’acqua. Quando l’acqua prende il bollore, copri la pentola con un coperchio, in modo che grazie al vapore si cuociano anche le punte e lasciali andare per 5/6 minuti. 7. Scolali ed asciugali bene tra due canovacci 8. Prepara il dispositivo per una cottura diretta e poni sulla griglia dalla parte delle braci gli asparagi per qualche minuto. 9. Prepara un’emulsione con tre parti d’olio e una d’aceto di mele, sale e un pizzico di maionese (per fare in modo che la parte grassa non si divida da quella acida) e condisci gli asparagi. 10. Sguscia le uova e servile con gli asparagi conditi e qualche fetta di pane abbrustolito. APRILE 2019
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SPECIALE PASQUA - DULCIS IN FUNDO - RICETTA di MARIANGELA IBBA
la
GRIGLIA C A S S ATA
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La conoscete tutti. Rivestita di glassa di zucchero trasparente come il vetro opaco, decorata finemente con frutta candita colorata, ripiena di morbida crema alla ricotta racchiusa in un guscio delicato di pan di Spagna e fasciata dalla pasta reale verde al pistacchio: è la Cassata siciliana. Questo dolce, tipico delle festività pasquali dal 1575 per volontà del sinodo di Mazara del Vallo, è diventato, per la sua squisitezza e ricercata eleganza uno dei baluardi dell’antica pasticceria sicula. Anche perché nei suoi ingredienti è racchiuso tutto il sole della Sicilia: pistacchio, mandorla, arancia e ricotta.
La Cassata nasconde in sé una storia lunga ed affascinante, poiché nasce e si evolve nei secoli come l’incontro e la fusione delle diverse dominazioni che l’isola subì: araba, normanna e spagnola. Il termine cassata deriva dall’arabo “quas’at”, bacinella. Secondo la leggenda, una sera un contadino arabo mescolò in una bacinella di rame la ricotta di pecora con dello zucchero di canna (d’importazione araba); alla domanda dei curiosi su cosa stesse facendo, lui rispose “quas’at”, pensando che si riferissero al recipiente: da qui il nome Cassata. Inoltre la dominazione araba introdusse in Sicilia il pistacchio, le mandorle e le arance, elementi fondamentali nella preparazione di questa prelibatezza.
Si trasformò in un dolce freddo in epoca normanna: fino al quell’istante veniva fatta con la pasta frolla e cotta. Ma da quel momento il morbido ripieno venne custodito in un golosissimo scrigno di pasta reale, detta anche “Martorana”. Con l’arrivo degli spagnoli, la cassata conobbe un’ulteriore evoluzione, che la portò ad avvicinarsi sempre di più alla versione che tutti conosciamo. Nel tempo, furono aggiunte le scaglie di cioccolato all’interno della crema, il guscio di pasta reale fu sostituito in parte dal pan di Spagna e l’influenza barocca portò all’opulenta decorazione con la frutta candita e la glassatura di zucchero. Vista la grande evoluzione di questo dolce, risultato della fusione di diverse culture, ho pensato di proporti una nuova versione, unendo alla tradizione secolare di questa prelibatezza pasticcera la cultura della griglia, decorandola non con frutta candita, bensì con frutta grigliata su-
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gosa, morbida, deliziosamente dolce e dal sapore intenso, che esalterà ancora di più la straordinaria bontà della Cassata, rendendola una bomba di sapore. Questo tipo di decorazione, inoltre, dona a mio avviso quel tocco di acidità che, oltre a rinfrescare il palato, crea un piacevole contrasto con la considerevole dolcezza dell’insieme. Preparazione 1. Sbatti le uova con un pizzico di sale, aggiungendo poco per volta lo zucchero, fino ad ottenere un bell’impasto cremoso e spumoso. 2. Aggiungi la farina setacciata un po’ per volta, mescolando dall’alto verso il basso per non smontare l’impasto, e mezza bustina di lievito. 3. Prepara il dispositivo per una cottura indiretta a 160° C. 4. Imburra la teglia, versa il composto e metti in cottura, sulla griglia dalla parte opposta delle braci, per 35/40 minuti circa. 5. Per verificare la cottura della torta, infila uno stuzzicadenti nella zona centrale del Pan di Spagna, andando in profondità: se risulta asciutto il dolce è pronto. Sfornalo e lascialo raffreddare. 6. Passiamo alla crema: setaccia la ricotta, alla quale aggiungi 250g di zucchero al velo, e lavora bene gli ingredienti fino ad ottenere una crema liscia. 7. Aggiungi alla crema le gocce di cioccolato facendo in modo che siano distribuite in modo omogeneo. Riponi la crema in frigo, coperta dalla pellicola alimentare. 8. Prendi il marzapane e, sul piano da lavoro ricoperto con un leggero strato di zucchero al velo, stendilo con un mattarello: devi creare delle strisce, non troppo spesse, della stessa altezza del bordo della teglia. Ricavate le strisce devi dividerle in rombi tutti della stessa grandezza. 9. Prendi il Pan di Spagna completamente raffreddato, e suddividilo in tre strati. Da uno strato ricava delle strisce della stessa altezza del bordo della tortiera e suddividile in rombi della stessa grandezza, come hai fatto per la pasta reale. 10. Fodera il bordo della tortiera, alternando un rombo di Pan di Spagna e di pasta reale, facendo aderire bene i margini dei rombi tra loro. 56 - BBQ4All MAGAZINE
Se il bordo fuoriesce dalla teglia, rifilalo con un coltello. 11. Fodera la base della tortiera con uno strato di Pan di Spagna, tagliato a misura. 12. Versa all’interno la crema, distribuendola in modo omogeneo. 13. Sbriciola il Pan di Spagna rimasto, distribuiscilo su tutta la superficie della torta e schiaccialo delicatamente, con le mani, in modo da ottenere uno strato compatto. 14. Copri la cassata con la pellicola alimentare e ponila in frigo 5/6 ore perché rassodi. Capovolgi la teglia e sformala con estrema delicatezza. 15. Passiamo alla glassa: prendi 350 grammi di zucchero a velo, aggiungi l’acqua e metti sul fuoco: quando sfiora il bollore è pronta. 16. Versa la glassa sopra il dolce e aiutati con una spatola perché coli anche sui bordi. Mi raccomando, questa operazione deve essere rapida, la glassa si rapprende velocemente. 17. Lava e asciuga bene la frutta. Affetta l’arancio e il limone, taglia in due le fragole. 18. Spolverizza entrambi i lati della frutta con lo zucchero di canna, senza esagerare. 19. Sulla griglia, dalla parte delle braci, metti un foglio di carta da forno bagnato con un po’ d’acqua e strizzato, e appoggiaci la frutta qualche minuto per lato affinché grigliando si caramelli. Quando vedi che il foglio diventa troppo nero, sostituiscilo e ripeti l’operazione. Fai molta attenzione perché altrimenti ti ritrovi con lo zucchero bruciato e la frutta amara. 20. Quando la frutta è ben caramellata, falla raffreddare completamente su un foglio di carta forno e poi procedi con la decorazione, secondo il tuo gusto. 21. Dopo aver sistemato la frutta, posiziona qua e là anche le more e delle foglioline di menta.
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IL PASTRAMI MINUTO PER MINUTO APPROFONDIMENTO a cura di VIRGILIO BRUNETTI
PA S T R A M I co m e n as c e u n m i to g as t r o n o m i co
PARTE 1: LA STORIA
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Personalmente considero il Pastrami una delle preparazioni più intriganti della cucina americana, non solo per complessità della tecnica di salagione, di speziatura e di cottura, ma anche per tutta la storia che si porta dietro. Il Pastrami è senza dubbio il più famoso di tutti i “delis”, la quintessenza della gastronomia Americana che affonda le sue radici nella cultura gastronomica Ebraica “Jewish Deli”. La storia del Pastrami è una questione piuttosto complicata e controversa, sono stati scritti molti libri in proposito e a me tocca il difficile compito di riassumere una diatriba che probabilmente non avrà mai una fine. Capirete che è complicatissimo identificare con certezza l’origine del pastrami; resta evidente solo un fatto: da sempre l’uomo, in ogni cultura, ha inseguito la necessità di dover conservare la carne e lo ha fatto utilizzando i mezzi più semplici che aveva a disposizione: sale, fumo e spezie. Secondo “The Artisan Jewish Deli at Home”, il pastrami deriva da una carne (spesso di montone e di oca) speziata, salata e stagionata, tipica romena ma di acquisizione turco-ottomana chiamata pastramă. Il consumo del pastramă si è diffuso rapidamente nell’est europeo seguendo la via delle spezie e, di paese in paese, si è adattata secondo gli usi e i costumi locali. Pare che gli stessi migranti romeni lo abbiano portato per primi in America e abbiano adattato la ricetta al taglio di carne più economico e reperibile in loco: il brisket di manzo. Il più duro e salato pastramă d’oca romeno diventa così il morbido e speziato beef pastrami; il termine probabilmente si è così evoluto perché aveva assonanza migliore con la parola “salami” ossia i “delis” con cui spesso era venduto presso gli spacci chiamati appunto Delicatessen. Se vi state chiedendo come mai il pastrami sia così simile al Brisket Texano posso dirvi che questa è un’ottima domanda. Il brisket, la punta di petto di manzo, approdò a NY perché i macellai romeni sbarcarono numerosi negli stati del sud dove fecero proprie le tecniche di affumicatura e di cottura di questo taglio. Ma chi fu veramente il primo a servire Pastrami nella grande mela? Si narra che a produrre il primo panino al pastrami a New York, nel 1887, fu il macellaio ebreo di origine lituana Sussman Volk, che dichiarò di aver ricevuto la ricetta da un amico romeno in cambio della custodia dei bagagli, durante un viaggio in Romania. Quella ricetta avrebbe avuto presto un successo tale da convincere Volk a vendere il panino nella sua macelleria per poi aprire un ristorante. I numerosi Delicatessen di New York City divennero sinonimo di gastronomia ebraica (Jewish Deli): non erano dei luoghi che vendevano semplicemente cibo, così come i bar italiani e i pub Irlandesi, erano centri di aggregazione e socializzazione. Di fatto, furono il ponte tramite il quale gli ebrei del nord-centro Europa immigrati negli States conquistarono la loro identità di cittadini americani. I Delicatessen newyorkesi non restarono chiusi nella comunità ebraica ma aprirono le loro porte a tutti: qui si potevano acquistare proteine saporite a basso costo che fornivano energia ad una popolazione di lavoratori affamati, i quali sostennero l’economia statunitense in un periodo difficile come quello a cavallo delle due guerre APRILE 2019
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mondiali. I Delicatessen si diffusero rapidamente in tutti gli States ed in Canada. La preparazione classica. La salamoia è quello che distingue nettamente la preparazione del pastrami dal brisket texas style. La punta di petto viene sgrassata e squadrata, poi pesata e messa e in wet brining in una soluzione salina al 10% di sale bilanciato e 1,5 grammi di Curing Salt (nitrito di sodio al 10%) per kg di carne. Per semplificare la procedura conviene utilizzare un volume di salina grossomodo equivalente al peso in carne. Ad esempio: 10 chilogrammi di carne, 10 litri di soluzione salina. In questo caso dovremo disciogliere 973 grammi di sale da cucina, 1000 grammi di zucchero di canna, 30 grammi di curing salt (miscela di sale comune e E250 nitrito di sodio al 10%). Nella salamoia del pastrami devono essere aggiunte delle spezie grossolanamente tostate in padella e pestate: pepe nero, coriandolo, senape in grani, aneto, cannella in stecche, chiodi di garofano, pimento. Terremo il pastrami in salagione circa 5 giorni a 2-4°C . Successivamente, essendo la salamoia piuttosto concentrata, laveremo la carne per eliminare l’eccesso di sale superficiale; una breve asciugatura in frigo andrà ad equilibrare il sale assorbito dalla carne prima dell’applicazione del rub. Il Rub è uno dei caratteri distintivi del pastrami, nella versione classica troviamo: sale, zucchero, coriandolo, pepe nero, grani di senape, paprika ungherese, aglio. I grani di senape insieme al coriandolo intero vengono prima tostati in una skillet (padella in ghisa) fino a quando non iniziano a crepitare come popcorn. Si pesta tutto al mortaio mantenendo una grana piuttosto grossa, poi si miscelano gli antri ingredienti. Nella versione canadese “Smoked Meat” invece la fa da padrone Il Montreal steak Seasoning una miscela a base: pepe nero, paprica, peperoncino, coriandolo senape in grani, aneto, aglio e cipolla essiccata. La tecnica di cottura si avvicina molto alla cottura del brisket texano, squisitamente L&S con una temperatura di in camera di cottura molto bassa intorno gli tra i 90 e 105°C. Si procede affumicando fino allo stallo (circa 65°C/150°F interni) per poi passare alla fase di foil (avvolgimento nell’alluminio) fino ai fatidici 205°F (93°C). In alternativa è possibile, superato lo stallo, finire il pastrami in un forno a vapore mantenendo una temperatura di 95 gradi e 80% di umidità. Il pastrami caldo e fumante potrà essere conservato e rigenerato a vapore e servito nel sandwich tagliando sottilmente la carne e non lesinando con le quantità: ricordatevi che siamo in America!
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IL PASTRAMI MINUTO PER MINUTO IL PROCEDIMENTO a cura di EMILIANO NENCIONI
PA S T R A M I è i l mom e n to d i a ff r o n ta r e l a l e g g e n da
PARTE 2: IL METODO
Capita a tutti, dicono, di arrivare a New York (o a San Francisco o a Chicago) e di avere la distinta impressione di esserci già stati. I taxi gialli, gli idranti rossi, walk/don’t walk sul semaforo, i Cable Car che ondeggiano sulle colline, il treno sferragliante sulla sopraelevata: tutti elementi ormai diventati familiari per noi avidi consumatori di cinema e serie TV, piccole presenze subliminali associate all’idea stessa di cinema, tanto che mi sembrerebbe quantomeno strano un film di supereroi ambientato, che so, a Pontedera (noto paese della provincia pisana n.d.r.) Per quanto, vi dico la verità: avrei delle sceneggiature da proporre. Il pastrami rientra in questa categoria: non porterai a tavola del manzo speziato, affumicato e affettato, ma una movie star, una presenza costante nelle commedie brillanti; fornirai ai tuoi amici e ai parenti uno spunto di conversazione, una stiva carica di aneddoti. Probabilmente, senza girarci troppo attorno, ci sarà sempre l’amico particolarmente brillante e supersimpa che vorrà scimmiottare la scena di Meg Ryan con l’acconciatura immensamente cotonata al Katz’s Deli, e tu ti ritroverai con la faccia basita di Billy Crystal. Sbrigata la doverosa formalità del riferimento cinematografico (non credo esista un articolo sull’argomento che non ne parli, vedi anche quello del panino qui accanto)
penso di poter procedere in tutta tranquillità a spiegarti come preparare un buon pastrami in perfetto stile BBQ4All. Occorrente: 1. Il flat di un brisket Black Angus Creekstone Farms (lo trovi sul Megastore BBQ4All), di almeno 2kg 2. 120g di Rub BBQ4All Montreal 3. Due cucchiai di pepe in grani 4. Circa 10g di curing salt (nitrito di sodio al 10%) 5. Un contenitore abbastanza capiente o una busta sigillabile 6. Legna aromatica per affumicare Ho scelto di usare il Rub BBQ4All Montreal perché, oltre a essere notoriamente buono, ha nella sua formulazione il coriandolo, componente praticamente obbligatorio per il flavour profile di un pastrami ortodosso; lo stesso rub è poi eccellente anche per insaporire la salamoia, indispensabile per la preparazione del pastrami; come se non bastasse, gli olii essenziali in esso contenuti deflagreranno piacevolmente durante la cottura. Il flat di un buon brisket (ne potrai trovare di ottimi sul Megastore BBQ4All) è una buona base per i tuoi primi esperimenti pastrameggianti: prendi confidenza con questo e un giorno potrai prorompere in inaspettate evoluzioni e contaminazioni, usando altri pezzi di manAPRILE 2019
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zo ma anche del tacchino, tanto per buttare giù due idee. Trimming: 1. Incidi lungo la vena di grasso e separa il point dal flat (non sai cos’è? Corri a ripassare sul numero di gennaio!); 2. Togli via tutto lo strato di grasso e tutta la silverskin dal flat; 3. Rifila in maniera regolare la carne, togliendo le parti troppo sottili o irregolari: dovresti ritrovarti con un “mattoncino” di manzo; 4. Non spaventarti per la troppa carne scartata, con il point e le trimmature del flat puoi arricchire dei baked beans, fare un ragù, oppure fare degli hamburgher se sei a corto di quelli BBQ4All. Per comodità, e per una più snella gestione dello spazio in frigorifero, per la fase di riposo in salamoia prediligo di gran lunga l’uso delle buste usa e getta richiudibili all’impiego di vasche voluminose e difficilmente sigillabili: se la dimensione della carne lo consente (se ne fai due chili ce la fai senza problemi) e se riesci a trovare le solite buste svedesi con ziplock, secondo me vale la pena provare. Delle specifiche della salamoia ha già parlato con precisione il Coach Virgilio, esperto biologo, per cui ti farò solo un sunto “operativo” da consultare durante la preparazione. Salamoia: 1. Metti in una vasca un numero di litri d’acqua pari al peso della carne in chili; 2. Aggiungi: 10% di sale, 10% di zucchero di canna, due cucchiai di Rub BBQ4All Montreal, un cucchiaio di pepe in grani, 1,5 grammi di Curing Salt per ogni chilo di carne; 3. Metti la carne a bagno, chiudi il contenitore e lascia in frigo per 7 giorni. Per i meno avvezzi alla stechiometria: su due chili di carne dovrai usare due litri d’acqua, 200g di sale, 200g di zucchero, 3g di Curing Salt. Qui, onestamente, il più è fatto. Davvero: se sei in grado di fare un pit beef o un brisket, sei in grado di tirare fuori dalla griglia un eccellente pastrami, e dato che siamo già al numero di Aprile, dopo lo speciale brisket e l’articolo sulle beef ribs, mi stupirei del contrario (non ti sto espressamente consigliando di rileggere gli articoli sugli arretrati di questo magazine, ma sarebbe un buon momento per farlo, senza dubbio). Sette giorni sono passati, hai detto ai tuoi amici che farai il pastrami, la tua famiglia si è lamentata per quell’affare enorme che prende spazio nel frigorifero; una mamma o una suocera, ci scommetterei, ti ha sciorinato una filippica interminabile sul rischio intossicazioni, sulla tossina botulinica e, dopo che gli hai detto con spavalderia granitica che tu hai imparato a usare il nitrito di sodio perché lo hai letto sul BBQ4All Magazine, ti hanno urlato tutti in coro che non la vogliono mangiare quella schifezza lì, coi nitriti, vuoi mettere la roba genuina, trà trà, 15 secondi in piedi sull’osso ...e tutte le altre pappardelle alle quali ormai dovresti essere più che abituato. Ma tu sei un griller della nuova generazione, di quelli che 62 - BBQ4All MAGAZINE
studiano e queste cose le fai per te, per sorprendere, per portare in tavola un pezzo di storia del cinema, per generare curiosità e argomenti di conversazione tra i tuoi invitati. È lo stesso motivo per cui ci piacciono le muscle car americane, anche se hanno il retrotreno di un camioncino e il motore con distribuzione ad aste e bilancieri, o le moto con la frizione a secco che suona come il cassetto delle posate quando sbatte (componente non tipicamente americano, anzi molto italiano, ma per restare in linea col concetto di fascino irrazionale). Alla fine poi quella suocera o quel cognato potrebbero anche stare a casa loro: quando c’è il barbecue di mezzo è la tua giornata. Sette giorni, dicevo, e adesso si cuoce e si riscuotono i complimenti. Cottura: 1. Stabilizza il tuo dispositivo a 100-110°C in camera di cottura: se non hai uno smoker e disponi solo di un kettle, impostalo per una cottura indiretta; 2. Utilizza il tuo legno aromatico preferito per la nota di affumicatura; 3. Sciacqua molto bene la carne sotto l’acqua corrente e non ti impressionare se la vedi un po’ grigiastra; 4. GETTA la salamoia: non farti venire idee strane. Davvero. 5. Spennella d’olio o di un velo di senape la carne; 6. Copri in ogni sua parte la pietanza con il Rub BBQ4All Montreal; 7. Con un macinapepe dai un’ulteriore generosa passata di scaglie grossolane di pepe; 8. Metti il futuro pastrami nel dispositivo e chiudi il coperchio; 9. Quando il bark si è formato chiudi la carne in un texas crutch ben fatto: di solito attorno ai 65-68°C è un buon momento per questa operazione; 10. Giunto ai 93-95°C elimina il foil e valuta il bark: se si è bagnato molto continua per cinque dieci minuti a cuocere, senza più texas crutch. Lascia freddare il pastrami fuori dal dispositivo. Se hai un’affettatrice usala, altrimenti prendi il coltello più affilato che hai e fai del tuo meglio per affettare (contro fibra) delle slice di un paio di millimetri di spessore. Noterai un bel colore rosso intenso, come se fosse tutto uno smoke ring: in realtà è l’azione dei nitriti: emoglobina e mioglobina riducono il nitrito tramite l’ossidazione dell’eme ferrico, si forma la nitrosomioglobina che rimane rossastra anche a temperature più alte, tipo i nostri 90 gradi. Per la tua tranquillità, non stare troppo a puntualizzare la parte chimica e goditi il sicuro successo della preparazione: a questo punto starai già pensando a quale altro muscolo o quale altra bestia tuffare nella pozione magica pastramizzante, ti si sarà aperto un mondo. E scommetto che verrà la moda di condividere su tutti i social network “Ecco il mio cappello del prete briskettato pastramato!”: brisketception?
IL PASTRAMI MINUTO PER MINUTO LA RICETTA a cura di MARIANGELA IBBA
PA S T R A M I "quello che ha preso la signorina"
PARTE 3: IL SANDWICH
La famosissima battuta che dà il titolo a questa ricetta è quella della signora che, dopo aver assistito nel cult “Harry ti presento Sally” all'orgasmo simulato da Meg Ryan, risponde così al cameriere che le chiedeva cosa desiderasse. E Sally cosa aveva preso? Il sandwich al pastrami. Questo delizioso panino è una tipica specialità della cucina americana, in particolar modo della Grande Mela. È impossibile visitare la città di New York senza addentare un panino ripieno di questa carne affumicata: sarebbe come visitare l'Italia senza mangiare il gelato o la pizza. Il pastrami può essere preparato con la carne di manzo, di tacchino, di maiale, di montone, ma di fatto il più apprezzato rimane il beef pastrami. Il classico sandwich farcito con que-
sta prelibatezza affumicata può essere alto anche 10 cm, grazie al ricco strato di carne con cui viene riempito. Il condimento può variare: c'è chi preferisce gustarlo con insalata e pomodori, chi con il formaggio fuso e chi nella versione classica con pane di segale, cetriolini sottaceto e senape. Una curiosità: se volete visitare il locale a New York dove il film è stato girato, Katz's Delicatessen, potrete anche sedervi allo stesso tavolino dove era seduta la giovane protagonista e, alzando gli occhi al soffitto, leggere: dove Harry ha incontrato Sally… spero che tu possa provare quello che ha provato lei! Preparazione: 1. Cerca di affettare il pastrami il
più sottilmente possibile, se non hai a disposizione un'affettatrice. 2. Griglia qualche minuto per lato il pane. 3. Spalma la senape su entrambe le fette di pane. 4. Disponi su una delle fette di pane un abbondante strato di carne e metti sopra qualche cetriolino diviso a metà per lungo. 5. Chiudi con l'altra fetta di pane e il tuo panino è pronto. Non simulerai l'orgasmo, te lo assicuro. Sarà tutto vero.
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VINI ABBINATI a cura di ENIO BERTON
È ORA DI
BERE! abbinamenti consigliati
CREDE
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Crede Brut Prosecco DOCG Superiore Bisol 1542 Una giornata all’aperto
Una giornata all’aperto spensierata e senza troppi formalismi. Un vino facile da bere dove il bicchiere di plastica, se proprio si vuole, può sostituire il calice. Un prosecco, che sia per il classico Spritz Aperol o per degustarlo al naturale, è quello che ci vuole. La produzione del prosecco, nelle sue declinazioni DOCG e DOC, ha superato (come numero di bottiglie prodotte e vendute) il ben più blasonato champagne. La zona di produzione tipica si trova ai piedi delle Alpi Ampezzane nelle zone pedemontane racchiuse tra Asolo, Possagno (patria del Canova) e Conegliano Veneto. Queste sono diventate zone DOCG con la creazione della DOC nel 2009 che, estendendosi fino al paese di Prosecco in provincia di Trieste, ne ha salvaguardato a livello mondiale il nome. Tracce di produzione del prosecco si perdono nell’età romana con il nome di vino Pucino decantato da Plinio il Vecchio nella sua “Naturalis historia”. La prima nota sul cambio del nome si registra nel 1500 quando Fynes Moryson, un gentiluomo inglese in viaggio nel nord Italia, descrive il prosecco come vino prodotto in Istria (con riferimento al castello di Prosecco). Prodotto da uve glera e verdiso, è tassativamente messo in produzione l’anno successivo alla vendemmia. Non esistono, quindi, prosecco e prosecco millesimato: sono tutti prosecchi millesimati (cioè prodotti con uve dello stesso anno). Bisol è uno dei nomi storici del prosecco della zona di Valdobbiadene, che ha fondato le sue origini già dal 1500 (come dimostrato da documenti visibili nella pagine web dell’azienda); è poi entrata nel 2014 nel gruppo Lunelli (produttrice del vino Ferrari). Il vino che degustiamo richiama nel nome Crede (termine dialettale per indicare l’argilla) il terroir tipico della zona di produzione. Di colore giallo paglierino con riflessi verdi dal perlage fine e persistente, all’olfatto si presenta floreale (note di glicine) e fruttato fresco (mela renetta). Al palato le note di frutta fresca sono armoniose ma decise, una buona sapidità e la persistenza del perlage rende il fin di bocca piacevole e pulito. Portate del ghiaccio ed un contenitore termico, e buona giornata! Da servire a 8/10 gradi in bicchieri tulipano, concessi (ma solo all’aperto) bicchieri diversi.
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BUIO BUIO
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Carignano del Sulcis Riserva DOC Buio Buio 2015 Mesa Agnello arrosto
Agnello arrosto: bel piatto, con una complessità dovuta al tipo di marinatura della carne e delle spezie usate in cottura. A non tutti piace il gusto della carne d’agnello molto tendente al dolce con delle note tipiche date dalle erbe con cui si nutre. L’abbinamento richiede un vino di corpo ma non troppo strutturato per non coprire la dolcezza della carne. Abbiamo quindi bisogno di acidità o tannini per sgrassare il palato ed invogliarci ad affondare la forchetta per un altro boccone. La pastorizia ci porta con la mente nelle zone appenniniche del centro sud Italia o nelle zone pedemontane del nord Italia, ma soprattutto in Sardegna. E proprio da questa regione andiamo a recuperare il vino giusto per noi, di una DOC nelle province di Cagliari e Carbonia-Iglesias prodotto da uve della varietà Carignagno. La varietà, probabilmente portata in Sardegna durante la dominazione degli Aragonesi nel 1300, si trova anche in Francia nella regione del Midi e Languedoc- Roussillon ed in Sicilia. La giovane cantina Mesa, nata nel 2005 grazie al noto pubblicitario Gavino Sanna, dispone di circa 70 ettari vitati ad alberello o a cordone speronato. La produzione spazia tra i vitigni tipici della Sardegna quindi, oltre al carignano, cannonau e vermentino, trattati in una struttura minimalista di 5000 metri a tre piani dove tutta la movimentazione avviene per caduta senza uso di pompe idrauliche. Il carignano viene vendemmiato tra fine settembre ed inizio ottobre, la macerazione sulle bucce si protrae per 18/20 giorni, viene poi affinato in botti grandi e barrique non nuove per 12 mesi per una parte, e per l’altra in vasche di acciaio. Assemblato, successivamente, in vasche di cemento dove sosta per 6 mesi, dopo l’imbottigliamento rimane in cantina per altri 6 mesi. Il vino di colore rosso rubino con riflessi violacei si presenta al naso con note floreali e fruttate per poi svilupparsi in sentori balsamici e da macchia mediterranea. Al palato si presenta ricco, pieno, con tannini persistenti ma arrotondanti e non invasivi; il retrogusto ci ricorda le erbe officinali e profumi di bacche selvatiche. Fin di bocca prolungato ed appagante. Da servire a 16/18 gradi in bicchieri ampi.
DONNA FRANCA
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Marsala Superiore Riserva Donna Franca Cantine Florio 1833 Cassata
La Cassata è un mix fotonico di calorie e gusto: il Pan di Spagna, la pasta con mandorle e pistacchio, la ricotta, la bagna di rum o marsala. Ecco, il marsala è il vino fortificato tipico della Sicilia. Le sue origini sono legate al commerciante inglese John Woodhouse che arrivò a Marsala nel 1773. Colpito dalle potenzialità del vino del luogo, che ricordava i ben noti vini liquorosi di Spagna (Cherry) e Portogallo (Porto), decise di avviarne il commercio portando con sé una serie di botti a cui aggiunse acquavite per alzarne il grado alcolico. Prodotto anche con il metodo soleras (se in etichetta riporta il termine “vergine”), il Marsala ha una classificazione complessa che mescola le uve usate e l’invecchiamento del vino. Vi consiglio di capire le varie denominazioni prima di iniziare ad assaggiare, e sicuramente apprezzare, questa nostra tipicità nazionale. La cantina Florio nasce nel 1833 affacciata sul mare a Marsala: è una struttura bellissima ed immutata nonostante il passare degli anni. Il Marsala in degustazione viene prodotto esclusivamente da uve grillo in vigneti posti nella zona costiera del comune di Petrosino in provincia di Trapani. La vendemmia è volutamente tardiva per aumentare il grado zuccherino. Dopo la lenta fermentazione si procede, come la tradizione vuole, all’aggiunta del mosto cotto, la mistella e il distillato di vino. Segue l’invecchiamento con metodo solera per 15-30 anni e successivamente almeno 6 mesi in bottiglia. Dal colore topazio brillante con riflessi ambrati, ha un olfatto ampio ed intenso con sentori di datteri e frutta bianca sciroppata. In bocca risulta caldo, morbido come il velluto con note di vaniglia, frutta candita e caramello. Da servire a 14/16 gradi in bicchieri da liquore. APRILE 2019
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BIRRE CONSIGLIATE a cura di RICCARDO MENICONI
TRIPEL EX T RAOM N E S Il pastrami sandwich: la pietanza più ambita da chiunque ami il mondo dell’american barbecue e di tutti quelli che vedono Katz’s Delicatessen come luogo di culto, da visitare almeno una volta nella vita, ma che nel frattempo si cimentano a casa con questa lunga ma soddisfacente preparazione. La punta di petto marinata a lungo, affumicata lentamente e affettata sottilmente trova il suo habitat naturale in mezzo a due fette di pane di segale. Un concetrato di sapidità, speziatura e succulenza che può essere sostenuto solamente da una birra di pari spessore. Extraomnes, birrifico di Castellanza (VA), ha quello che fa per noi. Una tripel in pieno stile Belga, dal nome evocativo “Tripel” ci fa capire subito che non si tratta di una reinterpretazione dello stile. Dal colore dorato carico, leggermente velato, con schiuma compatta color crema, questa birra ha profumi sia fruttati di pesca e albicocca, che maltati di pasta frolla e miele chiaro, equilibrati da un etilico pungente che ritroviamo già dal primo sorso. Il corpo consistente con finale secco e luppolato rendono la bevuta fin troppo semplice, a tratti pericolosa con i suoi 8,6%. Vi consiglio di servirla a 8-10° in un tulipano.
S U N NYS I D E DI EASTSIDE Pizza e birra, quante volte l’avrete sentito dire? Una chiara, leggera e fredda, da mezzo litro possibilmente. Tipicamente, una lager di dubbia provenienza, indipendentemente dal fatto che la pizza sia Margherita, Capricciosa o con la salsiccia, no? Niente di più sbagliato. E se sulla pizza ci fossero dei carciofi? Se c’è un abbinamento difficile è proprio quello con i carciofi, complicato da abbinare al vino, sicuramente più semplice da abbinare alle birre grazie alla grande palette sensoriale che ci mettono a disposizione. Tipicamente amaro e balsamico, con la cottura in ember roasting guadagna note tostate e affumicate: il carciofo è un ingrediente incredibile. Il Re della tavola romana trova l’abbinamento perfetto in casa con la Sunnyside di Eastside, American Ipa dal colore dorato con schiuma bianca, pannosa e persistente. Al naso esplode l’aroma agrumato del pompelmo e quello balsamico degli aghi di pino, in bocca entra con una nota biscottata per poi lasciare subito spazio ai sapori agrumati e freschi. La beva è facile grazie alla secchezza e alla bassa carbonazione, nonostante il tenore alcolico non proprio moderato di 7°abv. Vi consiglio di servirla in una pinta americana ad una temperatura di 8°. Attenzione, crea dipendenza.
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COCKTAIL CONSIGLIATO a cura dI RICCARDO MENICONI
G I N TO N I C
Nelle prime sere di primavera l’aria è frizzante, la terra è fresca, bagnata dalle ultime pioggie. Già pensi alle serate fuori, agli aperitivi in un cocktail bar con tavoli all’aperto che si affacciano in una bella piazza o lungo la spiaggia. Il Gin Tonic è il cocktail dissetante per eccellenza: la ricetta originale prevede solo gin, acqua tonica, ghiaccio e una fettina di limone. Oggi si trovano milioni di varianti, miriadi di gin e acque toniche differenti, aromatizzate o no. Personalmente adoro aggiungere un rametto di rosmarino fresco o qualche fetta di cetriolo a seconda del gin scelto. Hendrick’s con acqua tonica Fever three Indian Premium e una fetta di cetriolo sono l’abbinamento che preferisco.
Semplicissimo da preparare anche a casa, si procede in questo modo: raffreddiamo un bicchiere Highball con abbondante ghiaccio, girandolo bene con un bar spoon. Togliamo l’acqua che si sarà formata con uno strainer e aggiungiamo 4cl di gin e tra i 10 e i 15cl di acqua tonica, mescoliamo e finiamo con una fetta di cetriolo e twist di limone. Possiamo aggiungere spezie come il pepe in grani, bacche di ginepro o erbe aromatiche come basilico, rosmarino ma anche altri agrumi come pompelmo o arancia. Non ponete limiti all’immaginazione.
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THE CHEMICAL GRILLERS - RUBRICA a cura di VIRGILIO BRUNETTI
la scienza della
A F F U M I CAT U RA t h e c h e m i c a l g r i ll e r s
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I grandi Pit Master Americani non sono semplicemente esperti di cucina al fuoco, sono delle celebrità ed influenzano in modo determinate il modo di fare barbecue dentro e fuori gli States. Alcuni di loro sono considerati delle vere leggende, solo per nominarne alcuni: Aaron Franklin, Franklin Barbecue; Ed Mitchell, Ed Mitchell’s Q on; Chris Lilly, Big Bob Gibson; Tootsie Tomanetz, Snow’s BBQ; Scott Roberts, The Salt Lick BBQ; Myron Mixon, Jack's Old South BBQ; Johnny Trigg, Smokin' Trigger e molti altri. Così come i grandi chef stellati, ognuno di loro ha una identità stilistica, una sorta di impronta digitale che marca in maniera unica il loro modo di fare barbecue. Ma fuori dall’Olimpo del barbecue cos’è che realmente identifica un Pit Master? Un Pit Master degno di questo nome è colui che esprime la sua bravura nel controllo di qualsiasi dispositivo di cottura che sia Smoker o che sia Grill, nella preparazione delle carni, nel seasoning e nella tecnica di affumicatura. Personalmente sono abbastanza convito che ciò che rende speciale il barbecue è proprio il fumo. Molti definirebbero l’affumicatura un’arte, alcuni addirittura magia. Vi assicuro che questa tecnica di artistico e magico ha ben poco, ma soltanto solide basi scientifiche. Il fumo non è altro che un prodotto di una reazione chimica esotermica chiamata combustione. Un combustibile (gas, carbone o legna) brucia solo se è presente una adeguata quantità di comburente, ossia l’ossigeno che è presente nell’aria. Più precisamente, la combustione è una ossidoriduzione che rilascia energia sotto forma di radiazione elettromagnetica e genera prodotti di reazione sia solidi che gassosi. La reazione di combustione non avviene in maniera spontanea, inizia mediante un
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innesco. La reazione di combustione ha una resa in prodotti di combustione che varia a seconda della disponibilità di comburente e dalla qualità del combustibile utilizzato. La combustione completa dei più comuni combustibili utilizzati nella cucina al fuoco (gas, carbone, legna, pellet) ha come prodotti di reazione vapore acqueo e anidride carbonica; in particolare la combustione libera della legna ben asciutta produce normalmente una fiamma, ossia la radiazione luminosa che si genera dalla combustione delle componenti gassose che si liberano dall’ossidazione dei composti organici di cui è fatto il legno. La combustione del legno si realizza sostanzialmente in 3 fasi caratterizzate da uno specifico range di temperature: • riscaldamento del solido ed essiccamento (100°C) • pirolisi con rilascio di composti volatili (200-500°C) • combustione (500-1000°C) Nella fase di essiccazione l’acqua contenuta nel legno inizia a evaporare, ciò avviene a partire da temperature inferiori ai 100°C; l’evaporazione abbassa la temperatura nella camera di combustione, rallentando il processo di combustione. La pirolisi (degassificazione) avviene a partire da una temperatura di 200°C, in questa fase le molecole presenti nel legno iniziano a degradarsi e ad 70 - BBQ4All MAGAZINE
evaporare. I primi componenti del legno ad essere degradati sono le emicellulose e la cellulosa, successivamente la lignina; a 400 °C la maggior parte delle sostanze volatili è stata liberata ed il processo evaporativo decresce rapidamente. La fase della combustione inizia tra i 500 e i 600 °C e si protrae fino ai 1000 °C: consiste nella completa ossidazione dei gas. I principi costituenti il legno in generale sono mediamente • Cellulosa ed Emicellulosa • Lignina • Pectine • Altre Sostanze organiche: terpeni, grassi, cere, fenoli e tannini • Sostanze inorganiche non combustibili (Si, K, Na, S, Cl, P, Ca, Mg, Fe) Il fumo è il prodotto della combustione lenta ed incompleta del legno, in assenza di fiamma ed in atmosfera povera di ossigeno. Nelle cotture barbecue è una condizione che viene specificamente ricercata affinché avvenga la formazione del fumo. Perché il fumo si generi in maniera corretta dobbiamo fare in modo che il legno da affumicatura sia posizionato sulla fonte di calore in modo che si inneschi una combustione volutamente incompleta. Fondamentale sarà regolare l’ingresso di aria, che dovrà essere sufficiente perché la combustione proceda, ma in assenza di fiamma. La stabilizzazione del dispositivo sarà una variabile fondamentale per avere una
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cottura ed una affumicatura corretta. Durante la degradazione pirolitica (degassificazione) del legno, si generano i composti utili a sviluppare un fumo con un corretto profilo aromatico. Tecnicamente il fumo è un sistema difasico con una fase dispersa o discontinua rappresentata dalla frazione solido liquida (goccioline di diametro compreso tra 0,1 -10 μm cariche elettricamente) contenente tra le altre anche sostanze indesiderate come gli idrocarburi policiclici aromatici ed una fase disperdente, o continua gassosa, rappresentata dal vapore acqueo contenente molte sostanze volatili responsabili della conservazione e dell’aroma conferito all’alimento. Il fumo ha la capacità di condensarsi entrando in contatto con superfici umide e con una temperatura inferiore rispetto alla camera di cottura. In un affumicatore la cottura sarà indiretta, in questo modo il fumo fluisce seguendo i moti convettivi dell’aria riscaldata dalla fonte di calore ed entra in contatto con tutte le superfici depositandosi più efficacemente su quelle a temperatura inferiore e che hanno una più elevata umidità superficiale. Viene da sé che una superficie calda e asciutta tenderà ad affumicarsi meno e diversamente rispetto a quella umida e fredda; quindi un alimento tenderà a condensare il fumo sulla sua superficie maggiormente nelle prime fasi di cottura quando ancora è presente un film di umidità superficiale e la temperatura dell’alimento è più bassa rispetto all’atmosfera presente nella camera di cottura. Avrete sentito parlare sicuramente di Blue Smoke: questa è la condizione necessaria e ideale per affumicare un alimento per lungo tempo senza correre il rischio di sovraffumicare, ed evitare di condensare sull’alimento un eccesso di sostanze tossiche che danno anche uno profilo aromatico sbagliato. Se siete convinti che un pezzo di carne ad un certo punto della cottura smetta di affumicare ed assorbire le sostanze presenti nel fumo, vi state sbagliando di grosso. In tutti i casi la carne continua ad assorbire fumo sulla sua superficie soprattutto se: avete sovraffollato la camera di cottura con troppa carne, oppure se siete in piena fase di stallo, o se state utilizzando delle basting sauce (succhi per irrorare la carne). Per gestire correttamente l’affumicatura dovrete fare attenzione al colore e la densità del fumo, controllare a naso se percepite odori distorti. Ad esempio, un dispositivo troppo sporco potrebbe dare una brutta impronta di grasso bruciato. Un’affumicatura con prevalenza di sapore amaro e aroma acre è sicuramente il risultato di una combustione del legno a temperatura troppo elevata. Nel range di temperatura compreso tra 650 e 750°F (350-400°C) abbiamo la distillazione dei composti fenolici aromatici generati dalla combustione della lignina. In particolare i composti fenolici quali Siringolo e Gauaiacolo sono le molecole maggiormente responsabili rispettivamente del gusto e dell’aroma di affumicato, e sono il prodotto della pirolisi (degassificazione) proprio della lignina. Nella frazione gassosa ritroviamo anche monossido di carbonio e monossido di azoto, che invece generano un potente effetto conservante e imprimono negli strati superficiali della carne il cosiddetto smoke ring. Importante sapere che il 72 - BBQ4All MAGAZINE
fumo reagisce e si deposita differentemente a seconda della quantità componete grassa dell’alimento. Degli oltre diecimila composti presenti nel fumo solo un migliaio sono stati caratterizzati, mentre l’effetto di queste molecole è conosciuto da migliaia di anni. Il fumo ha infatti un potente effetto conservante, colorante, antibatterico, ed inoltre agisce significativamente sulla texture degli strati più superficiali dell’alimento. Il fumo generato da chunks di legno duro e secco di essenze non resinose sarà il primo step verso una affumicatura corretta e consapevole; la dimensione ideale del chunk dovrà essere non più grande di una decina di centimetri, in modo che la combustione del pezzo sia omogenea e lenta senza generare rialzi di temperatura nella camera di cottura. Questo vi dovrebbe far capire quanto è importante lavorare con un set up regolare di carbonella di alta qualità e la giusta quantità di legno aromatico; queste accortezze permetteranno di ottenere risultati ripetibili. Le varie qualità di legno utilizzabili per affumicatura a caldo daranno un’impronta indelebile sulla vostra pietanza e saranno selezionati in base a numerosi fattori quali disponibilità del legno, tradizione, tipologia di carne. Esiste una letteratura enorme su quali legni utilizzare e su quale specifico alimento, ma tenete conto che in tutti i casi questa varietà deve giocare il ruolo di valore aggiunto, l’aroma del fumo non dovrà mai sovrastare l’alimento ma valorizzarlo, inoltre ricordate che, se affumicare poco è un errore, sovraffumicare è un errore molto più grave. Evitate di lasciarvi ossessionare dalla qualità del legno di affumicatura, sceglietene un paio di tipi e provateli diverse volte, tenendo bene in mente che qualità della carne, il rub e le salse influenzeranno molto di più il risultato rispetto alla tipologia del legno che utilizzate per affumicare. Una volta affinate le tecniche di cottura e seasoning, potete dedicarvi alla selezione di legni diversi. Sicuramente Hickory, Mesquite, Quercia, Pecan, Faggio, Olivo dovranno essere gestiti con molta cautela dai principianti, visto che hanno un’impronta aromatica piuttosto forte e caratterizzante; anche il Ciliegio con il suo aroma estremamente fruttato potrebbe ingannarvi. Se dovessi scegliere quale legno avere sempre a portata di mano, onestamente sceglierei il legno di melo, che in tutti i casi permette risultati ottimi con margini di manovra relativamente ampi. Ovviamente sono escluse tutte le essenze tossiche e resinose, oltre ai legni porosi e teneri. Refereces: Modernist Cuisine, Techniques and Equipment, Volume 2, Pagine 132-149 What you need to know about wood, smoke, and combustion; Meathead Goldwyn; https://amazingribs.com/more-technique-and-science/grill-and-smoker-setup-andfiring/what-you-need-know-about-wood-smoke-and
infografica fasi di combustione del legno e prodotti
CA PR ODUZIONE LOREz
500°C
CA
400°C
PR
composti organici complessi
NES SUNACO
MBUS
TIONE
300°C
vapore acqueo
FASE 2 SENZA FIAMMA PIRO LISIE GA SSIFICAZ IONE
EMICELLULOSA
M - ioreLro dxB8e d xmo aromatico
ossidi del carbonio
CELLULOSA
FASE 2 CON FIAMMA AU TOIGNIZIONE
ONE
ossidi dell’azoto
RB
LIGNINA
FASE 3 COMBUS TIONEDELCA
ODUZIONE LOREz
CENERE
200°C
100°C
FASE 1 DEIDR AT AZ IONE APRILE 2019
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ADVANCED TRAINING CLASSES Grill to Perfection - Smoke to Perfection
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Gianluca Mian
Andrea Cervi
La mia recensione sui corsi “Grill to Perfection 2019” Era la mia prima volta per un corso bbq. Devo dire che ero un po’ timoroso in quanto davvero inesperto e quindi pensavo di poter fare figuracce. Invece ho trovato un gruppo di persone disponibili e professionali. Sicuramente è stato un ottimo investimento, ho imparato un sacco di cose e mangiato da dio. Ho visto messe in pratica molte tecniche di cottura e ho capito che un conto è leggerle sui libri, un altro vederle dal vivo messe in pratica da chi le padroneggia a menadito. Non vedo l’ora di metterle in pratica, ora ho decisamente meno paura di sbagliare. Consiglierei un corso BBQ4All a chiunque ami la carne e la cottura al bbq. Sono soldi ben spesi, l’esperienza dei coach non ha prezzo ed è di grande aiuto anche il confronto con persone che magari hanno avuto le tue stesse difficoltà. Di nuovo grazie di cuore a tutti. Spero di poter partecipare al più presto ad un corso STP cercando di arrivarci con un po’ di esperienza sulle spalle.
La mia recensione sui corsi “Smoke to Perfection 2019” Se avessi un Boston in frigoLombardi, ha un Chapter un po’ silente è rifero avrei già messo su la mia la compagnia. Conoscere altri matti come prima overnight in questo momento dalla te non solo è un piacere, ma è davvero fiducia che ci avete trasmesso. motivante. Io sono arrivato preparato, ho studiato le A chi è rivolto il corso? dispense, ho approfondito, ma avevo dav- Non ho fatto i GTP, ma chiaramente è vero bisogno di togliermi 1000 dubbi pri- rivolto principalmente a chi vuole finire ma di buttarmi su un Pulled o sul Brisket. questo percorso, vedendo le preparazioni Di queste due giornate ho fatto mia la più difficili e sfidanti per un appassionato vostra serenità e tranquillità nel gestire di Barbecue. queste preparazioni, vedervi estremamente Però è rivolto anche a tutti quelli che amarilassati davanti ad un coperchio aperto, no le cotture a bassa temperatura, la Holy mentre io quando lo apro sembro Speedy Trinity, il Pepper o anche le beef ribs. Qui Gonzales, mi da fiducia...non solo questo potrete fare le preparazioni con i coach, chiaramente...anzi... in totale libertà e sotto la loro guida. Farle Tutti i tricks trasmessi, le info e le partico- insieme a loro mi è servito 100 volte di larità sono eccezionali. Ripagano in pieno più che farmele da solo e fare mille prove, l’esperienza per chi è all’inizio delle lunghe che comunque farò chiaramente...ma con cotture. una sicurezza davvero notevole. Altro aspetto impagabile per chi, come noi Grazie davvero.
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SEGUO - RUBRICA a cura di EMILIANO NENCIONI
SEGUO “Ci sono verità banali e verità profonde. L’opposto di una verità banale è chiaramente una falsità, ma l’opposto di una verità profonda potrebbe benissimo essere un’altra verità profonda.” Niels Bohr, fisico abbastanza bravo.
Agli inizi del secolo scorso il mondo della scienza, e di riflesso il mondo in generale, fu scosso da una serie di stravolgimenti nel pensiero e nella maniera di percepire e conoscere la natura stessa delle cose. Per “natura delle cose” intendo concetti piuttosto chiave per la nostra esistenza, quali il concetto di Tempo, di posizione in un dato luogo, di composizione dell’atomo. Niente di esattamente trascurabile o banalotto. Se nel mondo classico la descrizione delle leggi della natura era affidata a profondi e rarissimi pensatori e acuti osservatori, capaci di pensieri molto logici ma anche di prendere cantonate micidiali (Anassimandro elaborò la prima rivoluzione cosmologica intuendo che la Terra fluttuasse nel vuoto, ma attribuì al sole una dimensione ventotto volte più grande della terra, non andandoci molto vicino), agli inizi del Novecento i fisici teorici si impossessarono di questo ruolo, proiettandoci in pochi anni in un’era assai più consapevole. Albert Einstein, superstar del mondo scientifico e per un periodo anche del jet-set e di una certa vita mondana (ai giorni nostri lo avremmo avuto ospite a Sanremo, praticamente), nel 1905 pubblicò una quantità di scritti, articoli e esperimenti da far impallidire il lavoro trentennale di chiunque altro scienziato. Niels Bohr, promettente ma distratto calciatore, incidentalmente premio Nobel per la Fisica, colonna portante
della “scuola di Copenhagen”, persona estremamente ironica e piena di piccole ossessioni, nel 1913 propose il suo rivoluzionario modello di struttura dell’atomo, e mandò in crash la fisica classica. Il mondo stava venendo a contatto con le idee della fisica quantistica e con il trauma di dover abbandonare teorie particellari e corpuscolari in favore di probabilità e stati di energia (perdonate la rozzezza estrema dell’esposizione ma qui parliamo di altri argomenti, non è il luogo per approfondire). Una rivoluzione del genere non si era mai vista dai tempi dell’abbandono del sistema tolemaico, quello con la Terra al centro dell’universo. Insomma, te la faccio molto breve, che già ti starai chiedendo se questo mese vorrò cercare di farti ridacchiare parlando di bannati pentiti che briskettano le salsicce bucate o se ho proprio deciso di annoiarti fino in fondo parlandoti di Entanglement Quantistico. Il fatto è che questa nuova, complicatissima e avvincente teoria ebbe dei fieri oppositori, e non erano esattamente persone che rispondevano con tanti punti esclamativi!!!11!1 o che ti subissavano di commenti TUTTI IN MAIUSCOLO. Erano i migliori scienziati viventi. Bohr, appena sfornata la teoria più sconvolgente del mondo moderno, trovò a contrastarlo con ossessiva ferocia nientemeno che l’influencer più trendsetter della fisica di allora, Albert Einstein. APRILE 2019 - 75
Niels Bohr Pensa che frustrazione, povero Niels. Entrare in polemica con Einstein. È come se tu ti mettessi a fare scarpe da ginnastica e la Nike facesse gli spot al superbowl prendendoti per il culo. E così non vale, dai. Balzo spaziotemporale (a proposito di quantum leap): adesso siamo in Italia, nel ventunesimo secolo, e l’argomento che infiamma gli animi è la cottura della bistecca. C’è la scuola classica, costituita da una sorta di presocratici della lombata, la quale afferma che se la bistecca è stata sempre cotta così, si dovrà per forza cuocere così, e quel che conta è il manico: deve essere alta, altissima, tre dita, quattro dita, un braccio, messa sulle braci roventi, scottata violenta fuori e carne cruda dentro. E poi ti dà quel senso di selvaggio, lo strappare la ciccia a brandelli ti fa sentire predatore, e farsi i selfie da duro sicuramente aiuta ed esalta la liturgia del momento. Ci sono i modernisti, i quali confessano di preferire la carne che abbia almeno leggermente sentito un po’ di calore all’interno, e quindi dopo averla scottata la tengono in forno o in cottura indiretta fino al raggiun76 - BBQ4All MAGAZINE
gimento di una misurata con lo del “premiti sul mentre ti tocchi consistenza che
temperatura interna sciamanico metodo muscolo del pollice il medio, quella è la deve avere”.
Ci sono gli illuminati del Metodo Finney, la nuova scuola che rompe le tradizioni: si tratta di mettere la bistecca in forno a 100°C prima che sulla griglia, per disidratare la superficie, attivare la degradazione enzimatica e tutto il resto che ormai puoi recitare a memoria, dopo tutte le mail class lette e i corsi fatti. Poi a un certo punto arriva Gianfranco Lo Cascio col reverse searing e ti dimostra come a 55 gradi la mioglobina inizi a denaturare, e quindi non solo vogliamo fermarci a 52 gradi, ma vogliamo mantenere i 52 gradi per più tempo possibile; ti spiega anche come l’interno della carne cuocia per il calore che gli viene trasmesso dagli strati più esterni, e che se vuoi evitare il mouse ring (lo strato di stracotto) tu quel forno lo devi tenere non a 100°C, ma proprio a 52°C per un sacco di tempo. Ancora una volta scusa la rozzezza del riassunto, lo so che siamo su una rivista di cottura su fuoco, ma ormai questa cosa dovresti averla imparata
più che bene, e se ti manca qualche dato puoi riprendere in mano le mail class o i numeri precedenti di questo stesso magazine: un ripasso non fa mai male. Da qui, la guerra. Forse non lo sai ma esistono delle figure professionali (perché spero sia no pagati e non lo facciano per ossessione personale) che, in giro per la rete, spulciano ogni singolo post che parla di reverse searing e si indignano seguendo un copione ben definito e collaudato: - Dove l’hai letta questa cosa? - Ma almeno, almeno lo fai a 100°C?
Così ti salvi col Finney, e non è il metodo di quello lì. - Ah lo fai a 52°C? Ma lo sai che poi ti mangi i batteri morti cauterizzati? - Ho capito, fai parte di quella setta. Ti hanno fatto il lavaggio del cervello. - Puoi ancora salvarti: abbandona tutto, rinnega il marchio, unisciti al mio gruppo, siamo tutti amici e abbiamo come unico ideale la convivialità e la fratellanza che lega il mondo del grilling. - Ah, continui con 52°C? Aspetta che vado sul tuo profilo e ti scrivo delle offese ben mirate in base al tuo aspetto fisico, ai tuoi affetti o ai tuoi hobby.
- Sei una pecora, mi fai schifo come loro, hahah ora rido sguaiatamente con i miei amici bulli. Sempre così.
Non escludo che anche all’inverso (con il classicista o il seguace di Finney nella parte del contestato) succeda la stessa cosa: uno scontro ridicolo e senza filo logico, solo che ho molte meno evidenze della cosa, perché ci sono molti meno personaggi avvelenati con qualche rancore irrisolto. O forse perché semplicemente ne vedo di meno io, perché guardo nel posto sbagliato. Non voglio essere categorico a riguardo o prendere una posizione giusto/sbagliato, sto solo parlando della maniera paleolitica che il mondo del grilling ha per risolvere le controversie di filosofia e di biochimica spicciola. Non posso e non possiamo dire con rigorosa esattezza chi usi il metodo migliore e chi sia contemporaneamente il più corretto nel raffrontarsi agli esponenti di una diversa scuola di pensiero, in una sorta di Principio di Indeterminazione di Heisenberg applicato al mondo della cottura su fuoco (questo googolatevelo in autonomia se vi punge vaghezza, altrimenti questa rubrica non passerà mai le severe selezioni caporedattoriali). Copenhagen, 1923. Einstein, in visita nella città danese, si incontra con Bohr che lo accoglie alla stazione ferroviaria. I due prendono un comunissimo tram (probabilmente il tram con più QI per metro quadro nella storia del trasporto pubblico) per andare a casa di Niels, ma durante il tragitto sono così infervorati nella loro discussione che saltano la fermata e arrivano al capolinea. Imbarazzati prendono il tram nella direzione opposta, ma si distraggono di nuovo e arrivano all’altro capolinea. La quantità di ripetizioni di questo viaggio si perde nella leggenda, ma la storia è assolutamente vera. Il tedesco aveva dimostrato, insieme a Podolski e a Rosen, che la teoria sostenuta da Bohr era paradossale perché in contraddizione con la relatività ristretta (e a queste cose Albert ci tiene) e con il principio di località. Paradosso EPR, se ti interessa. La risposta di Bohr fu “è meraviglioso trovarsi davanti a un paradosso: adesso abbiamo l’opportunità di fare qualche progresso”.
I due continuarono a duellare fino alla loro morte. Il continuo botta e risposta generò una serie di teorie, dimostrazioni e nuove scoperte, rivoluzioni del pensiero filosofico e della concezione di realtà e tempo. Il laser, la risonanza magnetica, il touchscreen che accarezzi per ore ogni giorno sono in qualche modo derivati dalla fisica quantistica. Per confutare il Paradosso EPR è nata la teoria del Multiverso, secondo la quale esisterebbero infiniti universi generati da ogni nostra scelta (in realtà, da ogni evento con incertezza probabilistica). No, non è una creazione Marvel. No, non ti sto spoilerando il finale di Avengers Endgame, è molto, molto più complicato di così.
Nel frattempo, noi ci esibiamo in body shaming e offese alle mamme per sottolineare la correttezza del nostro modo di cuocere una fiorentina, o per valutare l’opportunità o meno di mettere la pancetta nella carbonara.
“Non esprimerti mai più categoricamente di quanto tu sia in grado di pensare” Niels Bohr, miglior troll del ‘900, vincitore di una polemica pluriennale con l’uomo più intelligente del mondo.
Albert Einstein APRILE 2019
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NEW YORK
SLIDERS æ9d:
Un piccolo hamburger che andrà letteralmente a ruba nelle occasioni di festa. Particolarmente adatto ai bambini per le dimensioni ridotte, è perfetto per aperitivi, cene informali, serate in famiglia. Un vero e proprio boccone di puro sapore, che si presta ad essere declinato in mille versioni e abbinato a un’infinità di sapori, ma sorprendentemente gustoso e succulento anche da solo.
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ORIGINAL
BURGER æ
Diventa il re della griglia durante le giornate in compagnia di amici e familiari grazie a questo hamburger da 200 grammi. Il perfetto bilanciamento del gusto, dato dall’equilibrio ideale di parte grassa e parte magra nella composizione del patty, lo rende un prodotto di cui non potrai più fare a meno. Dimentica gli hamburger sottili e insapori e preparati a un’esplosione di gusto, senza rinunciare alla praticità di un prodotto confezionato in skin.
BURGER
STEAK Trecento grammi di carne macinata, condita e ricompattata in una polpetta dallo spessore consistente. Questo Burger Steak unisce le due cose fondamentali che tutti cercano in cucina: qualità ottima e velocità di preparazione. In pochi minuti potrai servire un piatto ricco, bello da vedere, con un sapore esplosivo e una qualità indiscussa. Un hamburger alto, saporito, soddisfacente, che si presta a essere servito in mille modi diversi, mai asciutto e stoppaccioso. Scalda bene la griglia prima di mettere il Burger Steak in cottura, rigiralo spesso per creare la crosticina esterna senza rischiare di bruciarlo, cuocilo per pochi minuti e servilo come una tagliata, aggiungendo il tuo condimento preferito. Un sicuro successo. Un vero salva-cena di altissima qualità.
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DOVE TROVARCI Lista aggiornata a aprile 2019 puoi trovare la mappa interattiva di tutti i punti vendita costantemente aggiornata all’indirizzo
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ALÌ E ALIPER
BOLOGNA BO COPPARO FE LAGOSANTO FE OSTELLATO FE TRESIGALLO FE ABANO TERME PD ALBIGNASEGO PD BATTAGLIA TERME PD BORGORICCO PD BUSA DI VIGONZA PD CADONEGHE PD CADONEGHE PD CAMPODARSEGO PD CASALSERUGO PD CITTADELLA PD FONTANIVA PD GRANTORTO PD LIMENA PD LIMENA PD MASERA' DI PADOVA PD MASSANZAGO PD MEGLIADINO S.FIDENZIO PD MONSELICE PD NOVENTA PADOVANA PD PADOVA PD PADOVA PD PADOVA PD PADOVA PD PADOVA PD PADOVA PD PADOVA PD PADOVA PD PADOVA PD PADOVA PD PADOVA PD PADOVA PD PADOVA PD PADOVA PD PADOVA PD PADOVA PD PADOVA PD PIAZZOLA SUL BRENTA PD PIOVE DI SACCO PD ROVIGO PD RUBANO PD SAN GIORGIO IN BOSCO PD SAN MARTINO DI LUPARI PD SELVAZZANO DENTRO PD TENCAROLA DI SELVAZ. PD TOMBELLE DI SAONARA PD TOMBOLO PD VEDELAGO PD VIGODARZERE PD VIGONZA PD VILLAFRANCA PD PORTO TOLLE RO PORTO VIRO RO ROVIGO RO TAGLIO DI PO RO VILLADOSE RO CASALE SUL SILE TV CASIER TV CASTAGNOLE DI PAESE TV CASTELFRANCO VENETO TV CONEGLIANO VENETO TV ISTRANA TV MASERADA TV MOGLIANO VENETO TV ONE' DI FONTE TV ONE' DI FONTE TV PONTE DI PIAVE TV RESANA TV RIESE PIO X TV TREVISO TV TREVISO TV VIDOR TV ZERO BRANCO TV CAMPONOGARA VE CAORLE VE CAVALLINO TREPORTI VE CAVALLINO TREPORTI VE CAVARZERE VE CEGGIA VE CHIRIGNAGO VE DOLO VE FAVARO VENETO VE FAVARO VENETO VE FOSSO' VE JESOLO VE MAERNE DI MARTELLAGO VE MARCON VE MARGHERA VE MELLAREDO DI PIANIGA VE MESTRE VE MESTRE VE
A. BERGAMI, 7 VICOLO AVOGADRO, 1 VIA ITALIA, 19 STRADELLO DELLA CROCE, 13 VIA ALDO MORO, 22 VIA ANDREA PREVITALI, 30 VIA MODIGLIANI, 76 VIA GIACOMO MATTEOTTI, 10 VIA ROMA, 51/C VIA ALDO MORO, 17/B VIA VINCENZO BELLINI, 1 SOTTOPORTICO GUIDO ROSSA, 2 VIA ANTONIANA, 126/A VIA LEONINO DA ZARA, 2 CONTRA' CORTE TOSONI,81 VIA G. MARCONI, 90 PIAZZA DEL BRAIO, 1S VIA F.LLI CERVI, 3 VIA ROMA, 87 VIA CONSELVANA, 151/F VIA ROMA, 31 VIA G. MARCONI, 53 VIA SQUERO,14 VIA GUGLIELMO MARCONI, 9 VIA DEI COLLI, 60 VIA TRE GAROFANI, 47/51 VIA CURZOLA,7 VIA CHIESANUOVA, 71 VIA ANDREA VERROCCHIO, 18 VIA ANTONIO GRASSI, 38 VIA INDUNO, 27 SOTTO IL SALONE, 32 - PIAZZA DEI FRUTTI VIA NAZARETH, 22 VIA GIORGIO PULLE', 39 VIA SIRACUSA, 18/20 VIA VITTORIO SAETTA, 6 INT. 3 VIA ALESSANDRO PROSDOCIMI, 2 VIA DEI SALICI, 37 VIA MARTINO SANDELLI, 1/A PIAZZA METELLI, 6 VIA MONSIGNOR G. FORTIN, 47 VIA DEI BELLUDI, 13/A INT. 4 VIA LEONARDO DA VINCI, 6-8 VIALE PORTA ADIGE, 45/G PIAZZA M. FRASSON, 1 VIA VALSUGANA, 332/B VIA RIZZIERI SERATO 84/A VIA SCAPACCHIO', 133 VIA S.ANTONIO, 2 VIA VIGONOVESE, 130 VIA E. MONTALE, 5 VIA PAPA SARTO, 14 PIAZZA UNITA' D'ITALIA, 19 VIA PASTORE, 4 VIALE POSTUMIA, 37 VIA ALBA, 9 VIA XXV APRILE. 14/G VIALE PORTA ADIGE, 14/C VIA J.F. KENNEDY VIA ZONA IND. 57 VIA SAN MICHELE, 47/H VIA DELLA LIBERAZIONE, 68/A INT. 7 VIALE BRUXELLES, 3 BORGO VICENZA,20/26 VIA IMMACOLATA DI LOURDES, 88 VIA CASTELLANA, 50 VIA EUROPA, 114 VIA DELLO SCOUTISMO, 25 ROMA 95/A VIA CASTELLANA, 9/A VIA DON LUIGI MORETTO, 15 BRIGOLA, 2 VIA CASTELLANA, 44 VIA NICOLA DI FULVIO VIA DON LORENZO MILANI, 2/A PIAZZALE CAPITELLO, 5 VIA KENNEDY VIA ARZERINI, 15 VIALE DEGLI AIRONI, 12 PIAZZETTA DELLA LIBERTA', 1 VIA FAUSTA, 377 VIA TULLIO SERAFIN, 19 VIA XXV APRILE,58 VIA FRATELLI CAVANIS, 42/A VIA SAN PIO X, 5/7 VIA ALTINIA, 168 VIA TRIESTINA 50/1 PIAZZA ALDO MORO, 3 VIA ROMA DESTRA, 118 VIA I°^ MAGGIO, 4 VIA G.B. TIEPOLO, 4 PIAZZALE GIUSEPPE SIRTORI, 28 VIA PO', 29 PIAZZALE LUIGI CANDIANI 14/16 VIA PIAVE, 172
PORTOGRUARO VE BORGO S.AGNESE, 97 SAN DONA' DI PIAVE VE VIA DANTE ALIGHIERI, 31 SAN DONA' DI PIAVE VE VIA MARIO RORATO, 12 SAN DONA' DI PIAVE VE VIA CALNOVA, 34 SAN DONA' DI PIAVE VE VIA BRUSADE, 69 BARBARANO VICENTINO VIIVA DEL COMMERCIO, 14 BASSANO DEL GRAPPA VIVIA BENVENUTO CELLINI, 5/A BASSANO DEL GRAPPA VIVIA S. GIOVANNI BOSCO, 53/B CAMISANO VICENTINO VIVIA PADRE AURELIO MANIN, 17-23 CUSINATI DI TEZZE SUL BRENTA VI VIA NAZIONALE DUEVILLE VIVIA VALDASTICO, 2 MONTEBELLO VICENTINO VIVIA LAGO DI GARDA, 22 MONTECCHIO MAGGIORE VIVIA DEGLI ALBERI, 17 MONTEGALDA VIVIA 2 GIUGNO, 4 MONTICELLO CONTE OTTO VI VIA A. VOLTA 3/5 ROSSANO VENETO VIVIA TORRICELLA, 34/36 SOVIZZO VIVIALE DEGLI ALPINI, 40 VICENZA VIVIA GIOACCHINO ROSSINI, 71 VICENZA VIVIA PERIZ, 11
CONAD IPERMERCATO ALBA BOLOGNA BORGO SAN DALMAZZO SAVIGLIANO MODENA ARMA DI TAGGIA TORINO RIVOLI
IL GIGANTE
NIZZA MONFERRATO ALBINO BERGAMO BOTTANUCO GAGLIANICO BOLOGNA ERBUSCO MANTA MARIANO COMENSE VERTEMATE CON MIN. MONTANASO LOMB. CESANO BELLINZAGO CANEGRATE CASTANO PRIMO CAVENAGO CESANO BOSCONE CINISELLO BALSAMO CINISELLO BALSAMO CORNAREDO DORMELLETTO MILANO MILANO MONZA PADERNO DUGNANO RHO ROZZANO SESTO SAN GIOVANNI SESTO SAN GIOVANNI SESTO SAN GIOVANNI SESTO SAN GIOVANNI SESTO SAN GIOVANNI USMATE VILLASANTA VIMERCATE CURTATONE TRECATE VARALLO POMBIA ROTTOFRENO REGGIO EMILIA CHIVASSO LA LOGGIA RIVAROLO CANAVESE TORINO TORINO TORINO CASTELLANZA DAVERIO LONATE POZZOLO SOMMA LOMBARDO MONCRIVELLO
MERCATÒ
ALBA BRA CUNEO CASALE MONFERRATO ASTI ASTI SAN DAMIANO D’ASTI
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VIA CORSO ASTI 24 VIALARGA 10 VIA CUNEO 84/86 VIA SALUZZO 65 STRADA MORANE 500 VIA PRIVATA ROGGERI 56 STRADA ALTESSANO 129 CORSO FRANCIA 175 /F
AT BG BG BG BI BO BS CN CO CO LO MB MI MI MI MI MI MI MI MI MI MI MI MI MI MI MI MI MI MI MI MI MI MI MI MN NO NO PC RE TO TO TO TO TO TO VA VA VA VA VC
S.S. 592, LOC. REGIONE POLVERATA VIA MARCONI BERGAMO VIA BONO IA PAPA GIOVANNI XXIII VIA MATTEOTTI, 129 P.ZZA G.DA VENAZZANO, 6 VIA ROVATO, 44 STRADA REGIONALE 589 VIA PAPA GIOVANNI XXIII, 57 S.S. 35 DEI GIOVI, 1/9 VIA EMILIA, 2 VIA MONTEVERDI S.S. PADANA SUPERIORE, VILLA FORNACE VIA MAGENTA ANG. VIA ROVIGO S.P. 34 ANGOLO VIA ADUA VIA PAPA GIOVANNI PAOLO II VIA ROMA, 20 VIA DE AMICIS, 2 VIA AQUILEIA, 72 VIA DELLA REPUBBLICA, 1 DORMELLETTO (MI) VIA LORENTEGGIO, 3 VIA ORNATO VIA PORTA LODI, 6 VIA NENNI 21 VIA MAGENTA ANG. VIA S.MARTINO V.LE LAZIO, 4 V.LE MARELLI, 19 VIA GRANDI, 110 VIA MONTI, 49 VIALE ITALIA VIA CARLO MAX VIA VIVALDI, LOC. CASC.CORRADA VIA T. VECELLIO, 1 VIA TORRE BIANCHI, 16 VIA GENERAL LAUGER (VERZELLOTTO) STRADA REGIONALE, 11 S.S. 32 TICINESE, 20 VIA EMILIA PAVESE (S.NICOLÒ TREBBIA) VIA JUSTUS LIEBIG 1/A/ VIA GUIDO GOZZANO 10 STRADA NIZZA S.S.20 DEL COL DI TENDA CORSO INDIPENDENZA, 74 CORSO MARCHE VIA CIGNA CORSO MORTARA VIA PERBUSTO VIA CESARE BATTISTI, 1 VIA BUSTO ARSIZIO, 152 VIA SORAGANA, 1 S.S. 593
CN CN CN AL AT AT AT
C.SO CANALE, 99 - FRAZ.MUSSOTTO VIA DON ORIONE 45 VIA GUIDO MARTINO 8 FRAZ. M. DELL’OLMO PIAZZA CAMILLO VENESIO 5 VIALE PILONE 97 VIA BRA 2, 4 VIA TORINO 39
APRILE 2019
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ALBA BORGO SAN DALMAZZO CANALE CARAGLIO CEVA FOSSANO FOSSANO MONDOVÌ MORETTA SALUZZO SANTO STEFANO BELBO SAVIGLIANO VILLANOVA MONDOVÌ CAMPOROSSO CISANO SUL NEVA SAVONA BRANDIZZO CAMBIANO CARIGNANO CHIERI COLLEGNO MONCALIERI PIANEZZA PIOSSASCO RIVOLI SETTIMO TORINESE TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO VAIE VILLAFRANCA PIEM. CRESCENTINO
MYAUCHAN NAPOLI
OASI
ANCONA CASTELFIDARDO JESI LORETO ASCOLI PICENO FERMO PORTO S. GIORGIO AVEZZANO L’AQUILA CAMPOBASSO TERMOLI FRANCAVILLA AL MARE LANCIANO MACERATA MATELICA TOLENTINO MONTESILVANO PERUGIA GIULIANOVA PIANO D’ACCIO ROSETO DEGLI ABRUZZI
PAM
AREZZO AREZZO AREZZO S. GIOVANNI VALD. SAN SEPOLCRO ASTI BOLOGNA BOLOGNA BOLOGNA IMOLA BRESCIA BARBERINO VAL D’ELSA FIRENZE LEGNAIA GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA FOLLONICA GROSSETO GROSSETO LIVORNO LIVORNO
CN CN CN CN CN CN CN CN CN CN CN CN CN IM SV SV TO TO TO TO TO TO TO TO TO TO TO TO TO TO TO TO TO TO TO TO VC
VIA BEPPE FENOGLIO 1 VIA NIZZA 94 VIA ROMA 160 VIA SILVIO PELLICO, 6 VIA MARIO GATTI 14/A VIALE REGINA ELENA 118 VIA FORO BOARIO 11 VIA CUNEO 21 VIA CERVIGNASCO, ANG. VIA CUNEO 2/A VIA CIRCONVALLAZIONE 25 CORSO IV NOVEMBRE 37 VIA TORINO, 250/A VIA MONDOVÌ 34 VIA OBERTO D’ORIA VIA BENESSEA VIA NIZZA 43/R VIA VOLPIANO, 68 S.P CARMAGNOLA-CHIERI 3 VIA PIER LUIGI VIGADA, 2 VIA RIVA/VIA MONTÙ CORSO FRANCIA 143 VIA PESCHIERA 17 VIA PIAVE - S.S. 24 MONGINEVRO VIA UGO FOSCOLO 2 CORSO IV NOVEMBRE 57/B VIA EMANUELE GIANTURCO 10 A VIA BOTTICELLI 114 VIA CARSO 10 VIA GAIDANO 125/A CORSO UNIONE SOVIETICA 493/14 VIA LEINÌ,42/A VIA CARSO 10 CORSO GROSSETO 303/A VIA DEMARGHERITA, 9 VIA MARTIRI DELLA LIBERTÀ 50/1 VIA BRIGATA ALPINA TAURINENSE, 1 VIA VIOTTI 1
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VIA CILEA
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VIA GIULIO PASTORE, 30 SS IESINA KM 6,166 LOC CERRETANO P.ZA CADUTI SUL LAVORO, 4 VIA PIZZARDETO, SNC VIA DEL COMMERCIO, 52 VIA PROSPERI, 42 - LOC. CAMPIGLIONE VIA SOLFERINO, 2 VIA XX SETTEMBRE, SNC SS 17 KM 42+100 - LOC. BAZZANO VIA INSORTI D’UNGHERIA, SNC VIA MADONNA DELLE GRAZIE, 53 VIA NAZIONALE ADRIATICA NORD, 1 VIA SANTO SPIRITO, 119 VIA ENRICO MATTEI, 41 LOC. BRECCE SNC CONTRADA PACE, SNC CORSO UMBERTO, 334 VIA CENTOVA, SNC VIA GALILEO GALILEI, 371 S.S. 80 VIA NAZIONALE, 621
AR AR AR AR AR AT BO BO BO BO BS FI FI FI GE GE GE GE GR GR GR LI LI
VIA ALFIERI, 67 VIA CALÒ, 12 - ANG. VIA CURINA VIA M. PERENNIO, 23 V.LE GIOTTO, 28 VIA MONTEFELTRO, 1/C CORSO TORINO, 30 VIA BELLARIA, 47 VIA DI CORTICELLA, 3 VIA MARCONI, 28/A VIA ZELLO, 1/A VIA F.LLI PORCELLAGA, 26 STR. PROV.LE PER S. GIMINIANO VIA FRANCAVILLA 13/15 VIA ANDREA DA PONTEDERA, 30 VIA CHIARAVAGNA, 54R VIA MANUZIO, 11 VIA DON GIOVANNI VERITÀ, 6/R VIA LAGACCIO, 48/R VIA MASSETANA - LOC. LE CORTI NUOVE VIA DE BARBERI VIA DEL SABOTINO, 6 P.ZZA SARAGAT, 10/2 VIA CAPPONI
82 - BBQ4All MAGAZINE
LIVORNO ALTOPASCIO VIAREGGIO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO ROZZANO VIGNOLA FOSDINOVO PADOVA PADOVA PADOVA GUBBIO PERUGIA PERUGIA CALCINAIA PISA PISA SAN MINIATO PORDENONE PORDENONE SPILIMBERGO POGGIO A CAIANO PRATO PRATO PRATO QUARRATA FORMELLO MONTEROTONDO NETTUNO ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA TIVOLI CHIUSI SIENA TRENTO LEINI’ PINO T.SE RIVAROLO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TRIESTE TRIESTE TRIESTE TRIESTE TREVISO LIGNANO CHIOGGIA MESTRE MESTRE SPINEA VICENZA VERONA VERONA
PANORAMA ANGELI DI ROSORA ALESSANDRIA CAMPIBISENZIO ALATRI - FROSINONE CASSINO LATINA LOC.S.CROCE - FORMIA SASSUOLO PONTEDERA PARMA
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VIA DEL BOSCO - ANG. VIA ROMA VIA ROMANA VIA AURELIA NORD SNC V.LE OLONA, 1/3 V.LE SABOTINO, 6 VIA ARCHIMEDE, 8 VIA BAZZINI, 33 VIA FOPPA, 33 VIA FORZE ARMATE, 44 VIA INGANNI, 87 VIA MEDEGHINO, 11 VIA PADOVA, 111 VIA PADOVA, 22 VIA PICCINNI, 2 VIA STRIGELLI, 8 VIA TIBALDI, 35 VIA TOLSTOI, 61 V.LE LIGURIA, 15 VIA FALCONE E BORSELLINO, 93 V.LE MALASPINA, 1 GALLERIA SAN CARLO, 15 (ZONA ARCELLA) P.TTA GARZERIA, 3 P.TTA S. CROCE, 17/18 VIA GIOTTO, 9 STR. COM. PERUGIA S. MARCO, 85/A STR. FONTANA LA TRINITÀ, 2/A - LOC.OLMO P.ZZA KOLBE, 2-15 LOC. FORNACETTE V.LE DELLE CASCINE, 1 VIA PASCOLI, 8 VIA PESTALOZZI, 10/12 C.SO GARIBALDI, 30 VIA GRIGOLETTI, 74 VIA CAVOUR, 57 V.LE MATTEOTTI, 18 VIA FERRUCCI, 132 VIA PISTOIESE, 199 VIA PALERMO 7-9 VIA STATALE, 173 V.LE AFRICA, 134 - LOC. LE RUGHE VIALE BRUNO BUOZZI SNC VIA UGO LA MALFA CIRC.NE AURELIA, 21-23 P.ZZA VINCI, 46/48 V.LE IONIO, 390 VIA A. DI DECIMA - ANG. VIA C. TROIANI VIA G. USELLINI, 287 VIA PASSO DI FALZAREGO, 19 VIALE DI VALLE AURELIA, 32 VIA LAGO DI LESI - LOC. VILLA ADRIANA LOC. QUERCE AL PINO P.ZZA ROSSELLI, 21 INT. 1 VIA G. B. TRENER, 16 VIA TIZIANO, 4 VIA CHIERI, 96 C.SO INDIPENDENZA, 50 C.SO BRAMANTE, 93 C.SO COSENZA, 46/B C.SO ORBASSANO, 212 C.SO POTENZA, 60 C.SO SEBASTOPOLI, 227/A C.SO SVIZZERA, 52 C.SO TRAIANO, 58 CORSO RACCONIGI, 236/A VIA NIZZA, 230 VIA PORPORA, 38/BIS C VIA S. PAOLO, 36 VIA SALBERTRAND, 67 VIALE PIEMONTE, 34 VIA CAMPI ELISI-ANG.VIA D’AVIANO VIA GIULIA, 75/3 VIA LIONELLO STOCK, 4 VIA MIRAMARE, 1 VIA ZORZETTO, 12 V.LE EUROPA, 33/34 VIA MARCO POLO, 70 C.SO DEL POPOLO, 209 P.ZZA XXVII OTTOBRE, 1 VIA DELLE INDUSTRIE, 10/B VIALE TRENTO - ANG. VIA PECORI GIRALDI VIA DEI MUTILATI, 3 VIA IV NOVEMBRE, 6/A
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VIA VERDI 1 CORSO GIUSEPPE ROMITA 80/82 VIA SAN QUIRICO, 165 VIA CASILINA, 81.600 VIA CASILINA SUD KM 141.400 VIA PIER LUIGI NERVI VIA MARMORANO LOC S.CROCE SNC VIA ARCHIMEDE, 9 VIA DELL’INDIPENDENZA VIA SILVIO PELLICO, 20/A
PISTOIA LOC. PAVONA - ARICCIA LUNGHEZZA - ROMA OSTIA - ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA S.MAURO TORINESE CASTRETTE DI VILLORBA TREVISO UDINE UDINE MARGHERA
SIMPLY
MERCOGLIANO AFRAGOLA AFRAGOLA CARDITO CASORIA GIUGLIANO IN C. MARANO DI NAPOLI NAPOLI NAPOLI NAPOLI NAPOLI NAPOLI SECOND. SALERNO SALERNO SALERNO SALERNO SALERNO SALERNO SALERNO
SIGMA
ANGELI DI ROSORA BOLOGNA BOLOGNA CORTICELLA IMOLA IMOLA BORGOSATOLLO BOTTICINO MOLINETTO DI MAZ. BOMPORTO CAMPOSANTO SUL PAN. CARPI CARPI CAVEZZO MEDOLLA MIRANDOLA MODENA MODENA MODENA PAVULLO NEL FRI. SASSUOLO SORBARA DI BOM. MARINA DI MASSA BETTOLA CARPANETO CASTEL S.GIOVANNI FERRIERE GOSSOLENGO PIACENZA PIACENZA PIACENZA PIANELLO BUSSETO MEDESANO PARMA PARMA PARMA S.SECONDO RAVENNA BAGNOLO IN PIANO BIBBIANO BRESCELLO CASINA CASTELLARANO CASTELNOVO NE’ M. MONTECCHIO EMILIA QUATTRO CASTELLA REGGIO EMILIA REGGIO EMILIA REGGIO EMILIA REGGIO EMILIA REGGIO EMILIA RUBIERA SALVATERRA CASALGR.
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VIA BARTOLOMEO SESTINI VIA NETTUNENSE KM5+600 VIA COLLATINA, 858 VIA DELL’APPAGLIATORE VIA AURELIA, 822 VIA GINO FRONTALI, 14 VIA LAURENTINA, KM 9 VIA MARIO RIGAMONTI, 100 VIA TIBURTINA, 757 STRADA SETTIMO TORINESE, 371 VIA DELLA CARTIERA, 5 VIALE DELLA REPUBBLICA, 11 VIALE PALMANOVA, 109 VIALE VENEZIA, 327/329 VIA SARTORIO ORSATO 13/15
AV NA NA NA NA NA NA NA NA NA NA NA SA SA SA SA SA SA SA
VIA RAMIRO MORCONE, 29/33 IV TRAVERSA SAN MARCO,5 VIA DE GASPERI VIA MAHATMA GANDHI, 7 S.S. SANNITICA VIA LAGO PATRIA, 214 VIA DEL MARE, 2 VIA LIETI A CAPODIMONTE VIA GIUSEPPE BUONOCORE, 57/59 VIA DEI CIMBRI VIA ORAZIO, 145/G VIA VITTORIO EMANUELE III 17/21 VIA VOCCA, 17 VIA PIETRO DEL PEZZO, 34 VIA ZANOTTI BIANCO, 32/28 VIA MADONNA DI FATIMA, 160 VIA SAN LEONARDO, 15 VIA LUCIO PETRONE, 37 VIA FILIPPO SCIARAFFIA, 21
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VIA VERDI 1 VIA BERTI, 6 VIA SAN PIO V N. 7 VIA CORTICELLA,186/12 VIA G. DI VITTORIO 70 VIA PUNTA N. 1 VIA BETTONI 16 VIA MOLINI 57/59 VIA MARCONI 1 VIA ADIGE 250/R VIA FALCONE, 9 VIA CUNEO N. 47 VIA UGO DA CARPI N. 62 VIA VOLTURNO N. 73 VIA STATALE N.46/C VIA CIRCONVALLAZIONE,111 VIA CAVOUR,41/D VIA NOBILI 91/C VIA SAN GIOVANNI BOSCO N. 53 VIA GIARDINI 346 VIA MAGENTA, 72 VIA FALCONE E BORSELLINO 40/C VIA S.LEONARDO,348/350 VIA XXIV MAGGIO N.20 V.G.C.ROSSI ANG.V.PALLASTRELLI VIA MONTANARA N.4 LARGO RISORGIMENTO VIA DEI RIVI PIAZZALE MARCONI N. 37 VIA CADUTI SUL LAVORO, 12 VIA APPIANI 10 VIA L.DA VINCI 17/19 VIA IRENEO AFFO’ N° 6 ROTATORIA M.R. GANDOLFI 31/38 VIA GRAMSCI 9 VIA SILVIO PELLICO,5 VIA S. MORSE 14/A VIA PROVINCIALE PER PARMA,6 VIA FAENTINA 8 VIA BORRI, 2/L VIA RASORI - LOC. BARCO VIA KENNEDY N. 12 VIA ZUNA MAGNANI 1/A VIA RADICI NORD 31/T P.LE DORANDO PIETRI 1 VIA S. CONTI 70 VIA MORANDI, 3/A VIA A. FERIOLI 18 VIA COLONNA,9 VIA A.DE GASPERI,37 VIA ARMSTRONG N. 2 - LOC.FOGLIANO VIA REPUBBLICA, 27 (RIVALTA) VIA PRAMPOLINI N. 20/22 VIA A. LIGABUE, 1
SAN MARTINO IN RIO SAN POLO D’ENZA VILLA MINOZZO CAMPAGNOLA LA SPEZIA
SUPERELITE FIUMICINO NETTUNO OSTIA POMEZIA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA
TIGRE
ANCONA CASTELBELLINO ASCOLI PICENO ASCOLI PICENO ASCOLI PICENO PORTO D’ASCOLI S. BENEDETTO DEL TR. AVEZZANO TERMOLI TERMOLI CHIETI VASTO ISERNIA PESCARA PESCARA PESCARA PESCARA PESCARA FOLIGNO FOLIGNO SPOLETO FONTE NUOVA ROMA ROMA ROMA ROMA MARTINSICURO ROSETO DEGLI ABRUZZI
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VIA VIA VIA VIA VIA
DELL’ARTIGIANATO RAMPOGNANA DON PASQUINO BORGHI 22 GRANDE N. 5 SARDEGNA 17/A
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VIA DELLA SCAFA, 184 VIA ALCIDE DE GASPERI, 14 VIA FEDERICO PAOLINI, 48 VIA DEI CASTELLI ROMANI, 2 VIA A. G. RESTI 19 VIA DI SANT’ALESSANDRO, 380 VIA SALISBURGO, 20/32 VIA DELLA SETA, 27 VIA DELLA TECNICA, 164/D VIA ANNA FRANCHI, 10 VIA APPIA NUOVA, 472 VIA ARNO, 1 VIA DI CASTEL DI LEVA, 273 VIA CAVOUR, 232 VIA CRISTOFORO COLOMBO, 1780 VIA DELLA FARNESINA, 251/259 VIA LAURENTINA, 980 VIA MAGNAGRECIA, 97/A VIALE DELL’OCEANO INDIANO, 180
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VIA E. SACRIPANTI, SNC VIA ITALIA, 1 LARGO PORTA ROMANA, 1 P.ZA S. MARIA INTER VINEAS, 1 VIA SALARIA KM. 207,700 VIA E. MATTEI, 14 VIA MARSALA, 56 VIA V. FALCONE, SNC VIA CORSICA, 188/192 VIA MONTECARLO VIA PICENA, 80 VIA DEI CONTI RICCI, 46/48 VIA S. IPPOLITO VIA ARAPIETRA, 63/65 VIA BATTISTI, 207 VIA D’AVALOS, 213/215 VIA FABRIZI, 159 65121 VIA NAZIONALE ADRIATICA NORD, 201 VIA MONTE CERVARA, 1 VIA IV NOVEMBRE, 37 VIA MARTIRI DELLA RESISTENZA SNC PIAZZA VARISCO VIA MONTEBUONO VIALE LIEGI V. T. BOETTI VALVASSURA, 110 VIALE ERITREA VIA ROMA, 447 - VILLA ROSA S.S. ADRIATICA KM. 417,600
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