Beesness - Chef Daniel Canzian

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Anno VIII - N° 3 2018 € 3,90

Daniel Canzian

Periodico di informazione bimestrale – maggio/giugno 2018

IL COMMENSALE È LA MIA STELLA

Pizzium

LA PIZZA MADE IN NAPLES

News in Town Foorban

IL FOOD DELIVERY A TUTTO TONDO

LA NUOVA RUBRICA SUL FOOD IN CITTÀ


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Registrazione Tribunale di Milano n°551 del 18.11.2011

Daniel Canzian

IL COMMENSALE È LA MIA STELLA

Grafica Periodico di informazione bimestrale – maggio/giugno 2018

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LA PIZZA MADE IN NAPLES

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/ Editoriale

FOOD: “SPIRITO” DEI TEMPI MODERNI Tra tradizione culinaria e format innovativi.

Dal golf con Filippo Bergamaschi, passando da Pizzium, pizzeria made in Naples, giungendo fino allo chef Daniel Canzian, questi e altri argomenti che potrete leggere in questo nuovo numero di Beesness. Ebbene sì, nuovo, in quanto da questo numero Beesness modifica la propria veste grafica, per trasformarsi in uno strumento più funzionale e fruibile, pensando, con gratitudine, ai numerosi lettori che ci seguono assiduamente da tempo. Con la bella stagione, riparte il circuito del golf. Filippo Bergamaschi, modello per un giorno del nostro magazine, ci racconta della passione per questo sport, che lo ha letteralmente travolto fin da quando era un bambino. Riferisce del luogo dove ha iniziato ad allenarsi, delle prime vittorie conseguite, del passaggio al professionismo, fino a illustrare gli obiettivi futuri che si è prefissato. Il numero che state per leggere è dedicato al mondo del food. Recentemente, partecipando in qualità di media partner alla manifestazione Mapic Food&Beverage, abbiamo constatato di persona il grande interesse suscitato tra i visitatori da format innovativi di catene e di singoli marchi, sia italiani sia esteri (ad esempio Mama Burger, Bottega Portici, Wok to Walk, etc). Potrete, inoltre, soffermarvi su: Pizzium, in fase di espansione, si affida al concetto del made in Naples, ovvero all’autenticità della pizza napoletana; Bio’s Kitchen, i cui chef Marco Bonardi e Pier Giorgio Parini riferiscono della loro cucina totalmente basata su ingredienti biologici. Sicuramente, il biologico è un altro settore in crescita esponenziale nel retail. A questo proposito, è sufficiente gettare uno sguardo alle innumerevoli referenze presenti sugli scaffali delle catene di supermercati. Dal biologico agli hamburger, la famiglia Totaro ha trasformato la passione per il cibo degli States in un vero e proprio business, aprendo in Italia i locali Hamerica’s, dove tutta la cucina ruota intorno alle specialità made in Usa. La cover di questo numero è dedicata allo chef Daniel Canzian, allievo del maestro Gualtiero Marchesi (scomparso recentemente). Attraverso la visita del suo luogo di lavoro, svelerà i segreti per utilizzare al meglio gli ingredienti di stagione, ma al contempo di qualità elevata. Il cibo è anche declinato in tecnologia. Foorban, fondato da tre soci, tra cui Riccardo Pozzoli (che, tra l’altro, ha curato e lanciato il “brand” Chiara Ferragni), è la prima piattaforma di ristorazione digitale, un food delivery che controlla il processo nella sua interezza, dalla produzione alla consegna. Da ultimo, ma non per importanza, citiamo il format Cose di Tè: la sua fondatrice, Fabiola Ruggiero, partendo dalla propria esperienza e conoscenze personali sulla cerimonia del tè e sulle innumerevoli e differenti qualità, ha aperto in franchising alcuni locali e ora si propone di diffondere la materia nel settore Ho.Re.Ca, potenziale luogo di espansione del marchio. Infine, non perdetevi le nostre rubriche: quella sul licensing, curata da Milano Licensing Day; quella sul retail di IKN Italy e la nuova News in Town, in merito ai ristoranti e ai locali presenti a Milano.

Confidando di proporvi una lettura interessante, auguriamo buone vacanze e vi diamo appuntamento al prossimo numero di Beesness.

Giovanni Bonani

Direttore Responsabile


/ Indice

SPORT Filippo Bergamaschi Il giovane talento del golf italiano

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8

FOOD Gustevole La riscoperta di gusti sani Bio's Kitchen

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Il ristorante di Roberto Gabrielli

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Pizzium La catena della vera pizza napoletana

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Hamerica's Passione e ricerca made in U.S.A.

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Daniel Canzian Il ristorante Daniel

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Hygge Un'esperienza danese in Italia

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Foorban Una startup del food delivery

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Cose di Tè Tè, ma non solo tè

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Cesare Carbone L'Unione dei Ristoranti del Buon Ricordo

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Sushiko Un’accelerazione nello sviluppo

46

Il futuro del Caffè L'evoluzione del caffè all'italiana

50

Artmenu Da 30 anni sui migliori tavoli

56

Aldi Süd Pop-up store dalla Germania

106

28

16

20 24


FINANZA Fuori Salone 2018 Tra finanza e design

60

Web Marketing Festival Italia ed innovazione digitale

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MM Consulting Diversificazione e mercato immobiliare

78

IMPRESA CRM e processi aziendali Una questione del marketing B2C

72

Nuovo regolamento privacy Intervista con Riccardo Gattone

82

/Rubrica

LICENSING

Milano Licensing Day Nuove opportunità del retail

86

68 82

TECNOLOGIA Ambrogio App Risparmiare tempo in una App

68

66

/Rubrica Boraso Carrelli ed acquisti online Spunti per la vendita e-commerce

80 NEWS IN TOWN

TURISMO L’oro del Garda Percorsi del gusto

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Human Company Alla scoperta del “glamping”

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Colonna Pevero Hotel Vacanze tra relax e glamour

92

Enoturismo Roero Il Piemonte oltre le Langhe

98

FASHION Eco Fashion Alla scoperta della moda sostenibile

104

News in Town Locali, bar, ristoranti e vini da enoteca

102

CONSIGLI DI LETTURA

Retail Coaching di Patrizia Saolini

110

COMING SOON

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SAVE THE DATE

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FILIPPO BERGAMASCHI

/ Sport

A cura di Marcella Ciappi / Foto © Colmar

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Il giovane talento del golf Italiano


maggio\giugno 2018

CLASSE 1991, HA INIZIATO A CALCARE I CAMPI DA GOLF QUANDO AVEVA APPENA 10 ANNI E DA ALLORA NON HA PIÙ SMESSO. DOPO LA VITTORIA AGLI ITALIANI ASSOLUTI NEL 2016, AMBISCE ALL’EUROPEAN TOUR E SOGNA DI SFIDARE RORY MCILROY.

Hai iniziato a giocare a golf quando eri molto giovane. Come ti sei avvicinato a questo sport? Ho iniziato quando avevo circa 10 anni, con mio papà che giocava già da diversi anni. Ho seguito le sue orme… Cos’ha significato iniziare così presto? A cosa hai dovuto rinunciare rispetto ai tuoi coetanei, se hai dovuto rinunciare a qualcosa? In realtà ci sono ragazzi che iniziano anche prima, io ero nella media. L’unica cosa particolare è che gli allenamenti sono molto più lunghi rispetto a quelli di qualsiasi altro sport quindi ad esempio durante gli anni del liceo, dopo la scuola, mangiavo in macchina e andavo direttamente ad allenarmi fino a quando faceva buio. Ho rinunciato a uscire spesso con gli amici ma in generale non ho fatto grosse rinunce, mi è venuto tutto naturale.

vantaggio. È difficile cominciare tardi e riuscire ad arrivare ad alti livelli perché cominciare presto dà qualcosa che impari da piccolo e che poi è difficile da recuperare se inizi tardi. Ci sono pochissimi casi di persone che hanno cominciato dopo i 15-16 anni e sono riusciti ad arrivare a buoni livelli. Quando hai capito che potevi passare dal mondo dei dilet t anti a quello dei professionisti? È successo pian piano, vedendo che i risultati erano abbastanza buoni fin da quando avevo 14-15 anni. Poi sono entrato nel giro della nazionale verso i 16 anni ed è aumentato anche l’impegno da parte mia. La passione c’è sempre stata ma quando è stata supportata anche dai risultati ho deciso di seguire questa strada e verso la fine del 2012 sono diventato professionista. Dove ti alleni?

In cos’hai guadagnato invece? Diciamo che è quasi fondamentale iniziare molto presto, un po’ in tutti gli sport ma soprattutto nel golf, perché dà un grosso

Ho cominciato a giocare al Golf Club Crema, a Ombrianello, una piccola frazione di Crema. Adesso mi alleno a Villa Paradiso, a Cornate d’Adda.

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Nei dintorni di Milano e in Lombardia ci sono dei circoli abbastanza validi. Mi viene in mente Monza… Monza è sicuramente il più prestigioso nei dintorni, ho giocato lì per qualche anno. Oltre a essere molto bello, il Circolo ha ospitato anche diverse edizioni dell’Open d’Italia, il torneo di golf professionistico più importante qui da noi. Diciamo che al Nord ce ne sono parecchi di ottimi circoli mentre al Sud ce ne sono pochi perché il golf non è ancora così diffuso. Ricordi la tua prima vittoria? Le primissime vittorie giovanili sono state belle ma il torneo che ho nel cuore è il Campionato Nazionale Open, il Campionato Italiano Assoluto, in cui giocano i migliori professionisti e i migliori dilettanti italiani. L’ho vinto nel 2016, è stata la prima vittoria da professionista

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e sicuramente quella più emozionante per me. Nel tuo percorso fino a oggi c’è qualcosa che avresti voluto fare diversamente? L’unica cosa che avrei potuto fare diversamente sarebbe stata andare a studiare negli Stati Uniti con una borsa di studio. Ho deciso invece di rimanere in Italia e diventare un professionista più giovane invece che rimanere dilettante più a lungo in America e diventare professionista dopo la laurea. Non è un rimpianto, mi rimane la curiosità ma sono contento del percorso che ho scelto. In cosa consistono i tuoi allenamenti? Mi alleno mediamente 6 giorni su 7, dalle 10 fino alle 16 e poi faccio un’ora di attività fisica. Gli allenamenti del golf sono molto lunghi.

“IL GOLF È SICURAMENTE VISTO COME SPORT DI ÉLITE MA CI SONO DELLE REALTÀ PER TUTTI I PORTAFOGLI”


maggio\giugno 2018 Hai notato nel corso degli anni un incremento nell ’uso della tecnologia e degli s tr umenti digit ali per gli allenamenti? Davvero tantissimo. Specialmente negli ultimi 5-6 anni c’è stato questo boom nell’uso di nuovi radar che rilevano tutti i dati del movimento del bastone, del volo della palla, oltre a velocità, direzione, altri movimenti ed è diventato uno strumento molto diffuso. Non lo usano tutti gli allenatori perché i costi sono ancora troppo elevati ma ai livelli più alti questi strumenti sono molto utilizzati. Sei seguito da un allenatore personale? Da circa un anno il mio tecnico di riferimento è Massimo Scarpa, il Team Manager della Nazionale Italiana Professionisti, conosciuto anche come commentatore su Sky. Prima lavoravo con Alberto Binaghi, il Capo Maestri della Nazionale Dilettanti.

evento golfistico mondiale che consiste nello scontro tra un Team americano e uno europeo. Si tratta del terzo evento sportivo più seguito al mondo (dopo i mondiali di calcio e le Olimpiadi) e si svolgerà al Golf Club Marco Simone di Roma nel 2022. Si spera che questo evento porti un po’ di pubblicità al golf e qualche golfista in più.

“IL TORNEO CHE HO NEL CUORE È IL CAMPIONATO NAZIONALE OPEN”

Pensi che il golf sia uno sport d’élite o che stia aument ando il numero di persone che lo pratica? È sicuramente visto come uno sport d’élite ma ci sono delle realtà per tutti i portafogli, dal club più prestigioso che ha dei costi particolarmente elevati a delle realtà più piccole, alla portata di tutti. Dipende dal tipo di servizio che si vuole e in ogni caso i costi sono simili a quelli di un abbonamento in palestra o di uno stagionale in montagna. A quali gare/circuiti partecipi?

Segui una dieta particolare? Cerco di mangiare bene ma è veramente difficile, soprattutto quando vado all’estero per le gare. In generale cerco di mangiare leggero e sano, in particolare durante le giornate di gara che sono lunghissime: prevedono infatti un’ora di riscaldamento e 5 ore di gara ed è quindi indispensabile ricevere energia costante e bere molto. Cosa puoi dire della scena golfistica italiana rispet to a quella europea e mondiale? La scena italiana è abbastanza particolare perché, per quanto riguarda il golf, abbiamo dei numeri molto bassi a confronto con altre nazioni europee, nonostante queste siano più piccole o abbiano un clima peggiore rispetto all’Italia. In compenso i risultati sono molto buoni. Questo vuol dire che abbiamo degli ottimi allenatori e un’ottima organizzazione delle varie squadre di professionisti e di dilettanti. Per quanto riguarda i numeri, diciamo che stanno provando ad aumentarli portando in Italia la Ryder Cup, il più grande

Gioco principalmente sul Challenge Tour, un circuito di altissimo livello, il secondo in Europa dopo l'European Tour. In generale partecipo a circa 25 gare l’anno, soprattutto in Europa ma anche in tutto il mondo. Tieni presente che un torneo dura circa una settimana intera perché prevede un giorno di viaggio, un paio di giorni in cui si prova il percorso e poi i giorni di gara che sono quattro. Tra i campioni a cui ti ispiri, chi vorresti sfidare? Mi piace molto Rory McIlroy, un giocatore britannico poco più grande di me che è stato per tanto tempo il numero uno.

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/ Food

GUSTEVOLE La riscoperta di gusti sani e genuini nata da una sana follia UN GELATO CHE HA LA TESTA A BIELLA, IL CUORE IN ITALIA E LE MANI NEL MONDO

A cura di Laura Lamarra

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Dal settore degli aromi naturali, dopo circa 2 anni e mezzo di riflessioni e perplessità, dettate dalla consapevolezza delle svariate difficoltà da affrontare, Enrico Zina “getta una pietra in uno stagno cheto”, il settore della gelateria, generando uno tsunami chiamato Gustevole. «Ricordo ancora l’esternazione, nata da una sana follia, rivolta a mia moglie al risveglio di una nottata di ripensamenti», dichiara Zina: «non abbiamo i soldi per aprire una gelateria? Vorrà dire che ne apriremo 20». Motto provocatorio intriso della grande passione, determinazione e desiderio di ben operare propri di Zina che, un anno e qualche mese fa, apre il laboratorio a Biella a cui fa seguito la prima gelateria a Lucca (in fase di trasferimento) e nei mesi successivi due a Torino (di cui una a Grugliasco), una a Parma, l’altra a Matera, sino al corner in un bar a Malaga.


maggio\giugno 2018 Come questa “sana follia” ha prodotto risultati concreti in cosi poco tempo? Attraverso una chiara identità, uno studio costante, una forte coerenza, il coinvolgimento e la passione di tanti soci e una buona dose di coraggio. La strategia individuata è quella di aprire gelaterie in località storiche che abbiano molto da raccontare. Gustevole, che non è una storpiatura ma deriva da un aggettivo reale utilizzato nel 1200 dall’Accademia della Crusca, è molto più di un gelato; i nostri coni, coppe e vaschette sprigionano i sapori della natura e della storia della nostra meravigliosa terra, trattati con estrema attenzione e rispetto. Un gelato che si distingue per quali fattori? Oltre a consentire un piacevole momento di relax, di stacco dalla frenesia quotidiana, Gustevole è occasione unica di assaporare la storia, fatta di luoghi e di persone,

e di recuperare gusti perduti, cosa assai ardua di questi tempi ma non impossibile, almeno per “i malati della genuinità” come me (sorride). Stiamo perdendo l’origine dei gusti base, senza averne coscienza. Il nostro gelato è un viaggio esperienziale di ritorno ai gusti sani, veri e tradizionali, di valorizzazione alimentare, dell’eccellenza e dell’autenticità del vero Made in Italy, ma anche territoriale e culturale. Il progetto parte da solidi e chiari principi e da un sistema valoriale che mi appartiene e accomuna tutti i membri del mio team: autenticità, sostenibilità e responsabilità. Valori veri e non dettati dalle mode del momento. La sostenibilità ambientale è al centro della strategia di prodotto? Non siamo talebani del biologico e al concetto di km zero prediligiamo il “km utile”, ossia ragionevole e connotato da un’attenzione per la tipologia di lavorazione e di ingredienti, selezionati accu-

ratamente nel rispetto dei nostri principi etici. Utilizziamo latte e frutta biologica, le nostre nocciole sono igp garantite al 100%, il nostro pistacchio è italiano. A differenza della stragrande maggioranza delle gelaterie, non usiamo emulsionanti e grassi aggiunti, per dare una falsa cremosità al prodotto e permettere di inglobare aria che ne aumenta il volume e i guadagni di chi li utilizza, e, come addensanti, optiamo per semplice farina di semi di carrube e fibre di arancia, prodotti molto naturali anche nel loro processo produttivo. Per tale motivo Gustevole è più compatto e ha una differenza di gusto immediatamente percettibile. Gli intenditori comprendono subito, i restanti sono in prima battuta un po’ sbigottiti, ma poi s’innamorano della genuinità del prodotto. Prodotti validi in un contesto internazionale arduo, qual è il fattore di successo? Sono convinto che l’autenticità, rimanere fedeli a sé stessi, alla propria mission e

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natura, sia un fattore critico di successo, sia nel rapporto con il cliente sia con il fornitore. Per questo motivo la nostra attenzione è rivolta a quei fornitori disposti a divenire partners e a sposare visceralmente il progetto. Il cioccolato e il caffè, ad esempio, sono della Domori di Riccardo Illy, uomo di grande spessore umano e professionale con cui siamo in buoni rapporti etico e morali, mentre le basi sono di Agrimontana, garanzia di assenza di trattamento chimico. Non deroghiamo da tale modus operandi, sia per l’effettiva validità dei prodotti sia per la filosofia che ci accomuna. Quali sono i progetti futuri? Espandersi con nuovi punti vendita, stiamo ad esempio valutando l’ipotesi di apertura di un corner in una località della Colombia, riconosciuta come patrimonio dall’Unesco, e nel contempo farsi conoscere. La conoscibilità è la nostra nota dolente e ne siamo consapevoli tuttavia ritengo che prima si costruisce il prodotto con attenzione, studio e ricerca e poi ci si fa scoprire. Ora che abbiamo messo a punto il prodotto e la struttura siamo pronti a raccontare Gustevole al mondo; un gelato che ha la testa a Biella, il cuore in Italia e le mani nel mondo. www.gustevole.com

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AUTENTICITÀ, SOSTENIBILITÀ E RESPONSABILITÀ: VALORI VERI E NON DETTATI DALLE MODE DEL MOMENTO


maggio\giugno 2018

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/ Food

“PROMUOVERE UNO STILE ALIMENTARE SANO, SOSTENIBILE E CONSAPEVOLE, 100% BIO”

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Oggi il business del cibo biologico è un trend affermato, ma 25 anni fa non era così. Per questo l’attività di Terra&Sole, il primo supermercato certificato bio in Europa dal 1992, può essere considerata pionieristica. Dall’esperienza della famiglia Agostini, che ha dato vita a Terra&Sole, nel 2014 a Rimini è nato Bio’s Kitchen, il ristorante 100% biologico il cui slogan è "Consapevoli, con gusto", che propone ingredienti biologici certificati (con materie prime coltivate o allevate senza pesticidi dannosi e Ogm, senza ormoni e conservanti, con attenzione alla salute e all’ambiente). La cucina è affidata alle mani esperte dello chef Marco Bonardi, che si avvale della consulenza per i menù di Pier Giorgio


maggio\giugno 2018

ROBERTO GABRIELLI E L’ASCESA DI BIO’S KITCHEN L’imprenditore racconta la crescita del ristorante 100% biologico, che punta ad altre cinque aperture entro il 2020.

A cura di Gabriele Perrone

Parini (dal 2017 responsabile di ricerca e sviluppo), chef romagnolo già stella Michelin al Povero Diavolo di Torriana. Nei piatti proposti dai cuochi ci sono solo ingredienti biologici certificati, in gran parte verdure e cereali, ma anche pesce e carne. L’offerta si basa sulla stagionalità, a pranzo un buffet a peso con 40 differenti piatti vegetali e una selezione di proposte alla carta, alla sera un ricco menù e le pizze, realizzate con farine di grani antichi di Romagna, farro o kamut, lievitate 48 ore. All'interno del ristorante è anche possibile acquistare biscotti, grissini e altri prodotti da forno 100% bio e vegan, fatti da Bio's nel laboratorio di Castiglione di Cervia. Il progetto rappresenta una sfida etica e culturale, con una mission precisa: promuovere uno stile alimentare sano, sostenibile e consapevole, 100% bio. Il cammino di Bio’s Kitchen sta correndo spedito, puntando ad essere riconosciuto non come un semplice format di ristorazione, ma un luogo di informazione e formazione per un’alimentazione consapevole.

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Recentemente il ristorante ha raddoppiato con una nuova location a Bologna, nella centralissima Via Galliera, e punta entro il 2020 ad aprire altri cinque locali nel Nord Italia. L'idea di Bio’s Kitchen nasce da una cordata di imprenditori capitanati da Renzo Agostini, fondatore a Rimini di Terra&Sole, mentre il socio maggioritario è Roberto Gabrielli, che racconta come oggi questo modello sia pronto ad essere replicato su larga scala e perché lui abbia deciso di unirsi al progetto. Qual è il suo background dal punto di vista lavorativo e imprenditoriale? Da 20 anni svolgo l’attività di consulente finanziario, oggi lavoro in Azimut e questa rimane la mia principale occupazione. In passato ho avuto esperienze come socio investitore nel mondo del food, ma quella di Bio’s Kitchen è la prima dal punto di vista operativo. Com'è nata e come si è sviluppata l'idea imprenditoriale di Bio's Kitchen? Inizialmente ero un cliente affezionato delle attività della famiglia Agostini, cono-

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scevo l’azienda da utente, poi questa conoscenza è diventata personale e professionale. Quindi ho svolto una consulenza per la riorganizzazione del business, con l’obiettivo di dare all’azienda una visione più organica, così ho potuto valutare da dentro le potenzialità del progetto. Infine nel 2015 si sono create le condizioni per rilevare una quota di maggioranza dell’azienda e ho costituito un apposito veicolo finanziario con altri soci. Cosa è cambiato con il suo ingresso nella società?

entro il 2020. La prima è Padova, una città pronta ad accogliere il modello di Bio’s Kitchen, con un pubblico alto-spendente e attento alla qualità del cibo. Vi sentite pronti per grandi piazze come Milano? Milano è il punto di arrivo, sicuramente ci interessa, stiamo facendo una ricerca di immobili per trovare la giusta location, a condizione che si possa inserire nel nostro piano economico. Le aperture saranno dirette o in franchising?

Abbiamo messo in pratica ciò che avevamo già studiato in precedenza, introducendo elementi organizzativi che non erano presenti come l’organigramma, il piano strategico, il piano di gestione, il marketing e figure manageriali. Il modello è quello di un’azienda moderna con una mission definita. Quali sono le città in cui volete replicare il format nei prossimi anni? Le piazze ideali sono città di dimensioni medio-grandi, non sotto i 300mila abitanti. Abbiamo in programma cinque aperture

Saranno dirette, perché i nostri standard sulla qualità del prodotto e i processi di lavorazione sono rigorosi, inoltre gli spazi da gestire sono di circa 500 metri quadri per 150 coperti. Tutto questo necessita di un maggiore controllo diretto. Abbiamo però un altro format nel cassetto, Bio’s Cafè, già presente a Rimini, che invece è adatto anche al franchising.


maggio\giugno 2018

“I NOSTRI STANDARD SULLA QUALITÀ DEL PRODOTTO E I PROCESSI DI LAVORAZIONE SONO RIGOROSI”

Siete aperti anche a investitori o fondi di private equity per sostenere la crescita?

Quanto avete investito e qual è il fatturato di Bio's Kitchen?

Oggi il business del cibo biologico è una tendenza che voi avete saputo cavalcare: secondo lei continuerà per lungo tempo?

Abbiamo investito in equity 1 milione di euro, più 1 milione col supporto di banche. Il fatturato 2018 sarà di 3 milioni di euro, considerando che il ristorante di Bologna è stato aperto a marzo. Ogni punto vendita a regime dovrebbe fatturare 1,7 milioni di media con circa 100mila coperti all’anno. Quanti dipendenti avete? Abbiamo 25 dipendenti per punto vendita, escluso il Cafè, tutti assunti regolarmente e cerchiamo di stabilizzarne il più possibile per una fidelizzazione e una crescita complessiva. Inoltre abbiamo introdotto il welfare aziendale che consente di retribuire premi di produzione in servizi e beni.

Le dimensioni per ora non sono adatte e sufficienti per attirare fondi di private equity, ma potrebbe essere un obiettivo a medio termine. Riguardo a possibili investitori, invece, se sposassero il progetto nella sua globalità saremmo disponibili. In questo modo avremmo ulteriori mezzi a disposizione per scalare il progetto.

Il biologico è sicuramente in fase di espansione ed evoluzione, una tendenza inarrestabile verso un’alimentazione sana e consapevole. Ma con l’aumento dell’offerta ci si può imbattere in casi dove l’attenzione non è completa e il termine “biologico” viene sfruttato come una moda passeggera. Occorre avere un’etica ferrea e grande coerenza, per questo sottolineo come il knowhow che abbiamo grazie alla famiglia Agostini sia difficile da riscontrare altrove. Il business del biologico va interpretato con chiarezza, onestà e responsabilità.

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/ Food

A cura di Giovanni Bonani

Pizzium propone il ritorno ai principi tradizionali della pizza napoletana, con particolare attenzione alla qualità e alla provenienza di tutte le materie prime che vengono utilizzate. 20


maggio\giugno 2018

L’ITALIA CHE FA L’ITALIA

Nasce nel 2017 da un’idea dello storico ideatore di Panini Durini, Stefano Saturnino, Amministratore Delegato del Gruppo (che nel cappello include quindi Pizzium, Panini Durini e Marghe), Nanni Arbellini e Ilaria Puddu. Parliamo di questo interessante format con con Stefano Saturnino socio fondatore del brand. Una domanda mi viene spontanea: c’era bisogno di lanciare in Italia un nuovo format di Pizzeria? In che cosa vi differenziate dalle altre catene e il cliente che cosa si aspetta da voi? Non esiste in Italia una vera catena di Food Retail che rappresenti la semplicità della Pizza Napoletana. In effetti riteniamo che ci sia bisogno di una catena di questo tipo che garantisca quelli che descriviamo come i nostri capisaldi in tutta Italia e non solo. Per Pizzium la pizza è una cosa semplice, non gourmet. Ci differenziamo portando la Pizza Napoletana in un giro d’Italia, con ricette classiche e pizze che chiamiamo “regionali”, i cui ingredienti sono ispirati alle ricette delle singole regioni. Il cliente si aspetta un’atmosfera partenopea a 360°, dall’arredamento alla pizza classica con cornicione a 2 cm, dalla colonna sonora all’atmosfera cordiale del servizio. All’interno delle vostre pizzerie, che esperienza fate provare al cliente (possibilità di personalizzazione degli ingredienti, utilizzo di una vostra app per ordinare la pizza, etc.)? Stiamo lavorando molto sull’esperienza che prova il cliente entrando in un locale Pizzium. Vogliamo che si senta in un’atmosfera accogliente e a 360° partenopea, con lo stesso servizio cordiale, professionale e con una certa affabilità. Vogliamo ampliare l’offerta nel menù proprio per accomodare le esigenze dei clienti, stiamo studiando nuovi fornitori per i nostri prodotti, che si contraddistinguono per essere tutti IGP e DOP. È vero che le nostre pizze “regionali”

sono di ispirazione locale – la “Lazio” ad esempio è una reinterpretazione libera della pasta alla Carbonara (uovo pecorino e guanciale) – ma vogliamo che l’enfasi sull’Italia sia ancora più forte. Non viviamo senza la nostra colonna sonora, che tutti canticchiano perché si tratta di musica popolare. La cura del dettaglio, dalla dispensa all’olio al lampadario da antica trattoria è essenziale. Le stoviglie sono dipinte a mano. Come miglioreremo? Vogliamo fidelizzare meglio il cliente. La nostra Pizzium Card permette non solo di ottenere ad un certo punto pizze gratis, ma vogliamo creare una vera e propria gamma di prodotti che si possono ottenere accumulando punti, dalle t-shirt, al cd con la nostra playlist fino alle tazzine di caffè in ceramica personalizzate. Vogliamo gestire meglio l’attesa e in ogni locale abbiamo una persona alla porta che offre a chi attende un “casatiello” o qualcosa di particolare: stiamo studiando il modo di rendere questo processo più tecnologico. E ancora, far forza sul concetto della pizza come “cosa semplice” andando controtendenza sulla pizza gourmet. Quando vi deciderete a lanciare un’operazione di franchising, come recluterete i futuri imprenditori che dovranno aprire un locale con il vostro marchio? Cercate già dei pizzaioli, oppure persone che non hanno mai lavorato in questo ambito, perché gli insegnate voi il “mestiere”? Per il momento ogni pizzeria è in gestione diretta da parte di Pizzium. Dovessimo considerare il franchising ci muoveremo ov viamente mantenendo i nostri canoni di qualità, considerando in primis operazioni di Master Franchising che coprano un territorio abbastanza ampio. Che qualità secondo voi deve avere e dimostrare un potenziale affiliato? Una volta che l’affiliato ha aperto un punto vendita, come viene gestita la sua formazione? Partecipa a dei vostri corsi di formazione sull’impasto e

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la creazione della pizza, viene seguito e affiancato sul punto vendita etc.? Come detto, per ora è prematuro rispondere a domande sul franchising. Attualmente avete aperto 5 punti vendita. La vostra strategia da qui a cinque anni: quanti ne vorreste tra diretti e in franchising? Sì, al momento i punti vendita sono 5: tre a Milano, uno a Gallarate e uno nuovo a Serravalle Scrivia, dove vediamo un grosso afflusso turistico. Siamo prossimi ad aprire a Brescia, Roma e Torino fino ad arrivare a 10 locali a fine 2018, per poi proseguire con il piano di sviluppo. Che cosa fai e come gestisci il tuo poco tempo libero che ti rimane dopo il lavoro? Mi ritaglio tutto il tempo necessario per vivere una vita personale piena: famiglia, sport, cultura e viaggi prima di tutto. Tutto è fonte di ispirazione per il mio mondo lavorativo. Dopo aver aperto concept come Panini Durini, Marghe e Pizzium, qual è il tuo prossimo obiettivo? Espandere Pizzium con un piano di 10 aperture all’anno per i prossimi cinque anni fino ad arrivare ad aprire 10 locali all’anno e farla diventare una vera e propria catena della vera pizza napoletana. È il mio focus al momento, oltre a trovare le location più strategiche per i nuovi locali. Creeremo una multinazionale con al centro il prodotto pizza di un’azienda finalmente al 100% italiana. Pensi di investire in altri settori diversi dal food? Sicuramente sì. Pizzium è un’insegna giovane, ma guidata da persone dinamiche che fanno della pizza e dei sui derivati il loro “mantra”. Qualità con prodotti rigorosamente Made in Italy a prezzi accessibili.

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HAMERICA’S

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Passione e ricerca quotidiana delle ricette, dagli United Tastes of Hamerica’s A cura di Alessia Portelli

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maggio\giugno 2018 Da sempre nel settore della ristorazione, la famiglia Totaro, ha un’esperienza e una conoscenza dettagliata di ogni suo aspetto. Diversi i passaggi che hanno portato ad Hamerica’s, una su tutte l’approfondito studio degli States, la curiosità per la vera cucina americane e le sue origini, e le continue idee di arredamento tipico, nei loro locali. Siamo entrati da Hamerica’s BOSTON, in zona Corso Magenta a Milano. Arredamento ricercato vintage, industrial, colori caldi sapientemente accostati nei toni del legno e verde bottiglia, materiali naturali rassicuranti e avvolgenti. Tutto è pensato per riprodurre il fascino di un ambiente di un locale d’oltreoceano, tutto rimanda alla città di riferimento. La sensazione è di casa e di viaggio allo stesso tempo. Oltre a Boston, sono presenti i locali delle città di New York, Chicago, Dallas, San Francisco e Malibu. Tutti locali diversi tra loro negli arredi e nei menù, accomunati dalla passione di una famiglia italiana per la grande tradizione della carne alla maniera americana. Quali sono le origini di Hamerica’s?

UNA BELLISSIMA FAMIGLIA, UN VIAGGIO, UN’IDEA, UNA PASSIONE. UN CONNUBIO VINCENTE DIETRO L’IDEA DI HAMERICA’S. UNA “RICETTA” FORMATA DA MOLTEPLICI INGREDIENTI, CHE CI SVELANO IN UN’ESCLUSIVA INTERVISTA PER BEESNESS, GLI IDEATORI FRANCESCA BARBIERA, IVAN TOTARO E MARTA TOTARO.

La nostra idea di partenza era quella del sogno americano: 6 anni fa volevamo aprire un ristorante a NY, portare la nostra esperienza di ristoratori italiani in Usa. Siamo rimasti così tre mesi a NY e dopo aver studiato la ristorazione americana, abbiamo deciso di fare al contrario: portare la vera cucina americana in Italia. Ci siamo accorti che la cucina americana era molto più ampia dell’hamburger che si trovava da noi, molti più ingredienti, molte più ricette. Volevamo riprodurre la vera America. Per farlo, oltre alle ricette, ci siamo focalizzati sul tipo di ambiente. Abbiamo riprodotto le diverse atmosfere delle città americane, osservandone le peculiarità. Abbiamo viaggiato in ogni angolo americano, i nostri viaggi erano una continua scoperta di ristoranti, di assaggi, di sapori, combinazioni di ingredienti e procedimenti di cottura da studiare. In ogni nostro locale vogliamo si respiri quella sensazione di casa, di living e la libertà di poter vivere il luogo senza alcuna costrizione. Abbiamo abolito i divieti e vogliamo lasciare a ogni cliente la sua dimensione di vivere questo spazio. Che sia in famiglia, con gli amici o per lavoro. Questo posto è per il cliente, per l’arredamento: Ivan ha una vera passione per mercatini e vintage, sceglie personalmente gli arredi, ne cura ogni dettaglio e tra le altre attività studia i restyling di ogni locale. Ogni ristorante infatti non è mai statico, ma sempre diverso e originale. Qual è la vostra organizzazione lavorativa? La nostra è una realtà familiare: ognuno di noi lavora in questo progetto con compiti ben precisi, dall’amministrazione, alla comunicazione. Da un anno è entrato un fondo di investimenti e insieme stiamo portando avanti diversi progetti. Attualmente abbiamo 150 dipendenti tra personale di sala, cucine

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e ufficio, per 8 punti vendita, tutti con caratteristiche diverse. Facciamo un continuo training ai nostri dipendenti per trasmettere l’importanza che ha il nostro cliente, attraverso l’accoglienza, la gentilezza e la customer experience “all’americana”. Diamo continui incentivi ai dipendenti, per farli sentire bene nel proprio posto di lavoro, per farli sentire in una grande famiglia e condividerne i valori. Siamo personalmente presenti nei nostri locali a giro, e ci piace mostrare tutta la passione che mettiamo nel nostro lavoro, in continua evoluzione, con idee sempre nuove, e le molte soddisfazioni che arrivano della realizzazione di progetti. Quali piatti proponete da Hamerica’s’? Da Hamerica’s c’è un’ampia selezione di ricette autentiche americane. Qui si ricrea un’esperienza completa in ogni menù. La nostra carne è selezionata da fornitori italiani, di altissima qualità, ogni ingrediente è fresco: dal pane alle verdure, è fatto tutto in casa e al momento. Comunichiamo poco questo aspetto di qualità, perché ci siamo accorti che i nostri clienti si rendono conto da soli di quanta selezione per gli ingredienti ci sia nel loro piatto.

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Per fare un esempio, abbiamo studiato l’affumicatura della carne, e importato macchinari originali per proporre una serie di piatti a base di carne affumicata, con legni diversi, come ad esempio, legni imbevuti di whiskey, che da noi sono una novità esclusiva. Da noi si trova quindi l’originale pulled pork, la spalla di maiale affumicata, per citarne una.

“DOPO AVER STUDIATO LA RISTORAZIONE AMERICANA, ABBIAMO DECISO DI FARE AL CONTRARIO: PORTARE LA VERA CUCINA AMERICANA IN ITALIA”


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Quali sono i vostri progetti per il futuro? Tantissimi i progetti in cantiere: l’apertura di nuovi punti vendita, il restyling del punto vendita storico di Via Solari a Milano, la continua ricerca di nuove ricette autentiche da proporre. Uno dei progetti sarà l’apertura di una nuova cucina, quella messicana, molto apprezzata e molto popolare in Usa. Ovviamente quella veramente messicana, fatta con ingredienti importati e preparata da sapienti mani messicane. Come sempre, vorremmo trasmette la cultura e le ricette autentiche per portare il nostro cliente in una casa messicana. Sempre con il rispetto e la coerenza per il vero, il vero fatto con amore e passione, che arriva al consumatore, un vero che è ormai sempre più raro, e che quando c’è, viene percepito e apprezzato da tutti.

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DANIEL CANZIAN

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Intervista a Daniele Canzian

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A cura di Giovanni Bonani

Daniel C anzian f a par te di quella generazione di chef che hanno avuto la fortuna di crescere, formarsi e lavorare sotto la guida di Gualtiero Marchesi. Uno dei più giovani allievi del Maestro, ha passato sette anni come executive chef del Marchesino, finché non sono arrivate l’occasione e l’opportunità di aprire nel 2013 il ristorante Daniel, a Milano. Qui propone agli ospiti quella che definisce una cucina italiana contemporanea, piatti ben leggibili nel registro della tradizione, ma aperti al mondo in maniera vivace e intelligente.


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“LA PRIMA VERA STELLA È IL COMMENSALE, RIUSCIRE AD ACCONTENTARE LE PERSONE” Non posso iniziare l’intervista senza domandarle un ricordo del Maestro Marchesi, mancato da pochi mesi. Che ricordo ha e che esperienza si porta dietro nell’aver diviso con lui la stessa cucina? Tantissimi ricordi, numerosi ma l’esempio è il ricordo più forte che ho di lui. L’esempio di una persona che aveva sempre, grazie alla sua maturità, una risposta, per ciò che doveva fare lui e per ciò che dovevano fare gli altri. Automaticamente, anche se le persone non se ne rendevano conto, era ed è ancora un punto di riferimento. La sua frase “l’esempio è la più alta forma di insegnamento” racchiude il ricordo più bello che ho.

Una frase o qualche consiglio che le ha detto negli anni lavorando con lui e che ha fatto suoi?

un esempio, frutta fresca proveniente dalle nostre regioni in stagione che comprare fuori stagione frutta proveniente dall’altra parte del mondo.

Usa la testa sempre, ricordati che nel piatto come nella vita devi essere in grado di difendere sempre ogni tua scelta, che non deve mai essere casuale o improvvisata.

Con questa sua filosofia, quanti produttori locali è riuscito a intercettare e a fare in modo che riforniscano il suo ristorante?

Nella sua cucina fa uso d’ingredienti di stagione e di qualità. Come mai tiene così tanto a utilizzare materie prime locali?

Non so esattamente quanti ma attraverso Terra Madre sicuramente molti e le porte della mia cucina sono sempre aperte a tutti i fornitori di buon senso.

Una delle cose più importanti secondo me è la sostenibilità. Viviamo in un mondo diviso a metà, tra proclami di chi grida facciamo attenzione all’ecosistema e chi utilizza prodotti fuori stagione o provenienti da continenti diversi. La stagionalità è fondamentale perché lei stessa fa vivere la sostenibilità, perché crea un concetto di ecosistema molto più tutelato. Anche in termini economici è molto diverso acquistare, tanto per fare

Una cosa che mi ha particolarmente stupito la prima volta che sono venuto a t r ov a r l a , è ve d e r e c h e a p p e n a si entra nel suo ristorante, la sua cucina è a vista. Non è una cosa scontata, molti Chef la reputano il loro luogo segreto e inaccessibile dove produrre le proprie creazioni. Da lei, invece, sembra di entrare a casa di un amico, come se lo spiega? Non ho segreti.

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Come le è venuto in mente di creare fuori dal suo locale l’appuntamento dell’aperitivo scalzo. Da dove nasce questa esigenza? Riprenderemo l’aperitivo scalzo tra fine maggio e inizio giugno. È un aperitivo piacevole, mi piace che anche in centro, a Milano, si possa vivere una parte verde, una parte di natura, di tranquillità. Abbiamo la fortuna di essere in questa posizione privilegiata, in Brera, di fianco alla Chiusa di Leonardo da Vinci, una delle zone più belle di Milano che offre natura, storia, tradizioni. Ci troviamo su un ampio angolo, credo che passare il tempo su un praticello verde, circondati da rosmarino, salvia, zafferano, timo, potendo strofinare, scalzi, i piedi sull’erba, possa essere molto piacevole!

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H a v i nto p a r e cc h i p r e m i , d a l 2 016 f a p a r te dell’associazione JRE (Jeunes Restaurateurs d’Europe), ma non ha ancora (per ora) preso la prima stella Michelin. Le pesa non averla vinta, oppure lei cucina portando avanti i suoi principi, senza preoccuparsi troppo del giudizio degli altri? Penso che oggi la gratificazione più grande per un ristoratore sia il cliente o meglio ancora il commensale. L a prima vera stella è il commensale, riuscire ad accontentare le persone, farle tornare è e deve essere l’unico e primario motivo di esistenza di un ristoratore, di un cuoco e di un albergatore.


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“LA STAGIONALITÀ È FONDAMENTALE PERCHÉ LEI STESSA FA VIVERE LA SOSTENIBILITÀ”

Daniel Canzian che cosa fa nel poco tempo libero che ha a disposizione?

Per ultimo, un sogno nel cassetto che vuole realizzare a breve.

Mi piace tenermi in forma e appena possibile mi piace viaggiare tra realtà e città nuove.

Ne ho tanti, ma il più immediato è scoprire bene l’Italia, mi piacerebbe viaggiare regione per regione e conoscere il nostro territorio, in termini architettonici.

Daniel Canzian, uno Chef completo, che ama mettersi in gioco, con una cucina raffinata, ma allo stesso tempo genuina, dalle materie prime di altissima qualità e con il concept del ristorante che si fa apprezzare per la semplicità e la lucentezza, che fa sentire ognuno di noi come se fosse a casa propria.

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HYGGE In una coffehouse milanese tutta l’esperienza danese delll’Hygge mood A cura di Alessia Portelli

un’idea di locale, "Hygge", nato circa 6 mesi fa. Molto più di una semplice caffetteria, si entra in una vera e propria atmosfera di accoglienza, tranquillità e qualità del tempo. Lasciate la città fuori dalla porta: il legno naturale degli arredi, la grande quantità di piante, la calma del verde che circonda e avvolge, la convivialità servita ad ogni angolo. Qui tutto è pensato per far star bene chi entra. Benvenuto a chiunque voglia fare una “Hygge pausa”. Beesness ha intervistato Donato Salcito, che ci racconta nei dettagli il progetto autentico e personale di Hygge, dove, oltre al luogo fisico, cultura ed esperienza di libertà, sono messe a disposizione per chiunque voglia stare bene. Cosa si intende con la parola Hygge?

Siamo stati nel locale Hygge a Milano, in zona Corso Genova, ma sarebbe meglio dire che siamo stati a casa di Donato, di suo fratello Matteo e di sua cugina Ester. Ideatori e proprietari del coffehouse Hygge. Età massima: 33 anni. Esperienze di vita fuori casa: degne di un libro. Dalle origini pugliesi, si passa agli studi a Milano, nei locali di New York per lavoro, poi alle Canarie per la tesi, in Spagna del sud, Australia e si proseguono gli studi in Danimarca, per poi ritornare a Milano, con molto molto da raccontare. Il bagaglio culturale e di esperienze si concentrano così in

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Hygge è un termine danese che ha molteplici significati, un termine intraducibile con una sola parola. Per i danesi, soprattutto nei mesi bui e freddi, la vita sociale si svolge dentro le case. Nelle abitazioni si tende a creare un ambiente caldo, conviviale, aperto e di benessere per tutti. Apprezzare la semplicità dei gesti quotidiani, passare dei bei momenti con gli amici, conoscere e aprirsi a persone nuove. Tutto questo e molto ancora è Hygge. Una situazione Hygge, non si programma, Hygge è spontaneità, apertura verso gli altri e autenticità.


maggio\giugno 2018 Com’è nata l’idea di aprire un locale?

Chi entra da Hygge? E cosa trova?

Mi trovavo in Danimarca per i miei studi, non avevo programmato di tornare a Milano, ma più studiavo e più mi rendevo conto che avrei voluto creare un lavoro tutto mio, qualcosa di indipendente, avevo voglia di mettermi in gioco con le mie proprie forze. Non avevo nessuna esperienza nel settore della ristorazione e dei locali, ma solo l’idea di portare in Italia un tipico locale dei paesi del nord Europa. Ho subito coinvolto mio fratello Matteo, che si trovava a Marbella per lavoro, poi mia cugina Ester, illustratrice. Insieme siamo diventati una squadra, ognuno ha contribuito in modo indispensabile alla realizzazione del progetto. A livello finanziario, non abbiamo chiesto niente a nessuno. La nostra forza è quella di essere liberi e indipendenti da ogni schema.La ricerca di un locale, le prime delusioni, i briefing continui, l’ideazione del locale, i rapporti con i fornitori. Ogni cosa è stata una sfida, ognuno ha supportato l’altro nei momenti meno facili e oggi continuiamo in armonia e condivisione con tutto il team che lavora con noi.

Non abbiamo un t arget di cliente specifico, basta guardarsi intorno per vedere chi frequenta il nostro locale: stranieri, studenti, freelance che lavorano, la signora del quartiere con il cane, la coppia che si concede una pausa, gruppi di amiche. Chi entra qui, lascia fuori un mondo di stereotipi e apparenze, trova tempo, qualità e autenticità. Ogni angolo è stato creato per la convivialità: seduti al grande tavolo, nel salotto più tranquillo, davanti alla vetrata o al bancone. In ogni posto si trova un modo diverso di vivere lo spazio, le sedute sono basse, di legno. Le posate sono messe al centro, dovrai chiederle e parlare con chi ti è vicino. Al bancone creiamo relazioni, parliamo e conosciamo tutti. Uno dei nostri modi per relazionarci con chi ci sembra più impostato, è creare quel minimo di imbarazzo che faccia scaturire una risata, un inizio di conversazione. Il cliente a questo punto, o si chiude e non torna più, o si apre e inizieremo a conoscerci. È il nostro modo di essere e di accogliere. Non possiamo essere nient’altro che noi stessi, nessun “fake”, o tutto cadrebbe. Nessuna ambizione di far cassa, o perderemmo la nostra identità.

Com’è organizzato il vostro lavoro? Ognuno di noi ha un compito ben preciso: mia cugina, illustratrice, si occupa dei dettagli dell’arredamento e dei social, io dei testi e della comunicazione, mio fratello della contabilità. Tutti e tre all’interno del locale ci prendiamo cura di ogni ostro ospite, viviamo 14 ore al giorno nel nostro progetto. I nostri collaboratori sono giovanissimi, tutti preparatissimi. Insieme pensiamo al menù che varia ogni set timana. Gli ingredienti sono svariati e provengono da ogni luogo. La scelta dei fornitori dettagliatissima per esigere il massimo della qualità. Vogliamo che da noi si mangi, non solo bene, ma anche sano.

In questi primi mesi è stato un crescendo e un susseguirsi di passaparola, senza nessuna pubblicità, solo le nostre pagine social e il nostro impegno quotidiano. Abbiamo superato ogni aspettativa, le soddisfazioni arrivano ogni giorno quando i nostri clienti si accorgono del più piccolo particolare che è stato messo per loro, delle frasi che appendiamo, della leggerezza e cura in ogni dettaglio. Quali sono i progetti per il futuro? Ci piace considerarci un locale di nicchia, nascosto, viviamo alla giornata e in modo totalmente libero. Qui dentro si sta bene, siamo a casa nostra. Crediamo nel nostro ideale, nel rispetto, nella gentilezza e la pretendiamo, almeno dentro queste mura. Siamo giovani che hanno sempre viaggiato, con la voglia di vedere nuovi posti e con la valigia sempre pronta: questa di Hygge fa parte di una delle nostre esperienze.

“HYGGE È SPONTANEITÀ, APERTURA VERSO GLI ALTRI E AUTENTICITÀ”

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FOORBAN, IL FOOD DELIVERY A 360 GRADI

LA STARTUP MILANESE È LA PRIMA A CONTROLLARE TUTTO IL PROCESSO: DALLA CUCINA ALLA CONSEGNA. FINANZIATA PER 2,6 MILIONI, HA CONQUISTATO ANCHE AMAZON.

A cura di Gabriele Perrone

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maggio\giugno 2018 Nel mercato del food delivery dominato dai colossi stranieri JustEat, Deliveroo e Foodora, c'è una startup tutta italiana che si sta ritagliando sempre più spazio a Milano e si prepara ad allargare il suo raggio d'azione all’estero. Si chiama Foorban ed è il primo ristorante digitale in Italia, che dal 2016 propone un modello inedito sul panorama nazionale della ristorazione: è infatti l'unico food delivery a controllare tutto il processo, dalla produzione alla consegna. Non si appoggia ad altri ristoranti ma cucina pasti preparati dai propri chef, studiati dalla propria nutrizionista e consegnati dai propri rider. Foorban nasce dall'idea di tre giovani soci, oggi poco più che trentenni: Stefano Cavaleri (proveniente da Vodafone, dove ha lavorato nelle divisioni finance e brand & advertising), Marco Mottolese (che vanta esperienze internazionali nel catering dei grandi eventi) e Riccardo Pozzoli (startup-

per seriale che ha lanciato il fenomeno Chiara Ferragni e ha scritto il libro Non è un lavoro per vecchi). A inizio 2018 i tre hanno annunciato un nuovo round di finanziamento di 1,5 milioni di euro, che vede coinvolto lo stesso gruppo di investitori privati che l'anno precedente aveva già creduto nel progetto. Si è trattato del terzo round di investimento dopo il seed iniziale di 500mila euro nel 2016 e quello da 650mila euro nel 2017, per un finanziamento complessivo di circa 2,6 milioni di euro. Di pari passo, i ricavi dell'azienda sono cresciuti dell’800% anno su anno e lo staff è praticamente raddoppiato negli ultimi 12 mesi. «Le risorse - spiegano Cavaleri, Mottolese e Pozzoli - saranno dirette all’ulteriore ampliamento del team, al consolidamento del servizio su Milano, con l’estensione delle consegne anche alla cena, e alla crescita della linea di business B2B, con un format retail dedicato alle aziende».

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“VOGLIAMO ESPORTARE ITALIANITÀ, MA SOPRATTUTTO MILANESITÀ, DIVENTARE IL RISTORANTE CON PIÙ COPERTI AL MONDO”

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A fine 2017 Foorban ha infatti ampliato il proprio servizio offline con l’apertura del primo punto fisico negli uffici di Amazon a Milano. A pranzo, al posto della mensa, i dipendenti di Amazon possono prendere direttamente dai frigoriferi i piatti del giorno, cucinati freschi dagli chef di Foorban e completi di informazioni nutrizionali. Oggi i clienti di Foorban sono soprattutto professionisti dei settori legal e finance (avvocati, banker, consulenti, commercialisti) che cercano un’alternativa di qualità al solito pranzo, ma con l’ampliamento del servizio alla cena, il target sarà molto più ampio e comprenderà tutti i tipi di clienti. Per loro, ogni giorno Foorban propone cinque diversi piatti unici e nutrienti (i prezzi vanno da 8,90 a 11,90 euro più la consegna) cucinati con prodotti di stagione e consegnati entro 30 minuti dalla sua flotta di bici, Vespa e Ape Piaggio.


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I piatti più gettonati sono “Buddha bowl con riso venere, hummus, avocado e zucca”, “Pollo alle spezie cajun e latte di cocco, riso basmati”, “Tataki bowl con salmone, ceci tostati, avocado, edamame, riso al limone”. Nei piani della startup, recentemente premiata per la sua rapida crescita al summit della food innovation Seeds&Chips, c'è anche l'internazionalizzazione della "schiscetta digitale", con Amsterdam e Madrid in cima alla lista delle città delle prossime aperture sempre all’insegna dell’omnicanalità, online e offline. «Con il Politecnico abbiamo individuato queste due città perché sono simili al capoluogo lombardo per grandezza e ritmi di vita. Vogliamo esportare italianità, ma soprattutto milanesità», afferma il ceo Cavaleri. L’obiettivo dichiarato? «Diventare il ristorante con più coperti al mondo».

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A cura di LB

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COSE DI TÈ: TÈ, MA NON SOLO TÈ / Food


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IL BRAND COSE DI TÈ NASCE DALLA PASSIONE, UNITA A UNA SOLIDA BASE IMPRENDITORIALE, DI FABIOLA RUGGIERO, MARCHIGIANA DI NASCITA. RECENSITO TRA I MIGLIORI TEA SHOP ITALIANI, NEL 2017 È STATO INSIGNITO DEL PRESTIGIOSO RICONOSCIMENTO DI BEST PRACTICE, DALL’UNIONE EUROPEA.

A Parigi da diversi anni per lavoro, dove si occupava di marketing per un grande gruppo italiano, un giorno s’imbatte nella Maison des Trois Thés e nella degustazione di tè Oolong. Così potrebbe iniziare la favola imprenditoriale di Fabiola Ruggiero. Donna dotata di animo estremamente sensibile e di una spiccata personalità emotiva, rimane letteralmente rapita dalla cerimonia del tè approntata in suo onore. Decide così di trasformare un sogno in realtà e, grazie al “prestito d’onore europeo”, fonda il concept che la porterà a far conoscere in Italia la tradizione, i riti

e le qualità organolettiche straordinarie di questa pianta millenaria. Come formula di sviluppo, Fabiola Ruggiero adotta il franchising: attualmente sono presenti due punti vendita, l’unità pilota a Jesi (AN), Cose di Tè aTèlier, e uno a Macerata, Cose di Tè, aTèlier e TeaRoom. Gli aTèlier si propongono di diffondere un percorso sensoriale di degustazione, attraverso lo sviluppo di sensi poco sviluppati, come il gusto e l’olfatto. Successivamente, fonda il gruppo Chora (www.choracompany.com), con l’obiettivo di fornire tutte le indicazioni utili ad aprire, a gestire e a innovare uno store, che si rivolge al retail alimentare specializzato, ai tea shop e ai grossisti del prodotto, alle pasticcerie, alle sale da tè, alle erboristerie, alle parafarmacie, alle caffetterie, ai bar, ai ristoranti, ai resort e agli hotel. La formazione prevede la selezione e l’approvvigionamento del tè e la creazione di una carta personalizzata; la trasmissione al personale delle conoscenze di base sul tè e sullo stile di servizio e di vendita; il supporto ai franchisee, in termini di trasferimento di know-how e di studio di fattibilità, del bacino d’utenza e di posizionamento, rispetto ai concorrenti. Ma, come tutti noi ben sappiamo, è fonda-

mentale che la formazione sia continuativa e sempre più specifica. Ecco che quindi Chora propone corsi “su misura di cliente”, sia in aula sia on-line, attraverso la piattaforma www.myteaschool.com (a breve sarà operativa). Si va dall’insegnamento dei fondamentali della materia (rivolto ai neofiti), ai corsi per Tea Ambassador,

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ovvero addetti alla vendita nel settore Food&Beverage. I segreti del tè potranno anche essere svelati agli operatori del settore wellness, al fine di offrire ai propri clienti un’esperienza di benessere a 360 gradi. Lo sapevate che la partecipazione a eventi, organizzati, a livello aziendale, alla preparazione della cerimonia del tè, può risultare utile a creare spirito di gruppo tra i dipendenti? Anche celebrazioni tradizionali, come matrimoni o comunioni, compleanni, cene di degustazione e incontri di lavoro, si prestano a essere rivisitati in una chiave innovativa. Allora, che cosa aspettiamo a “brindare” con una buona tazza di tè fumante? Per concludere, abbiamo chiesto a Fabiola Ruggiero di illustrarci i suoi progetti futuri. Ecco la risposta: "nel breve termine non abbiamo obiettivi di sviluppo della rete in franchising. In questi anni infatti, ci siamo

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resi conto che soprattutto in Italia, dove la cultura del Tè in foglie è poco diffusa, prima ancora che sul prodotto, bisognerà lavorare per rendere più disponibile la sua conoscenza, soprattutto nel settore Ho.Re.Ca. Attualmente, il rapporto tra domanda e offerta è decisamente sbilanciato. Se, da una parte, il consumatore medio è sempre più attento alla qualità e spesso ricerca prodotti dal profilo gustativo unico, il mondo Ho.Re.Ca ha recepito solo in parte questa esigenza. Prodotti di nicchia quali vino, caffè, cioccolato, birra, whisky e perfino sigari, non sono più patrimonio di pochi locali esclusivi. Relativamente al Tè in foglie invece, sono rarissimi gli operatori consapevoli delle potenzialità in termini di varietà, livello di raffinatezza, di ricchezza e di versatilità. Così, spesso, la domanda di specializzazione del cliente, che è in crescita, rimane insoddisfatta. Eppure, la giusta selezione di Tè, coerente


maggio\giugno 2018 con la strategia dell’impresa, accompagnata da un servizio professionale adeguato, ha ricadute positive molto interessanti, in termini di redditività e di immagine. Formazione è la parola chiave. Per riavvicinare domanda e offerta occorre prima di tutto investire in formazione professionale, perché la maggior parte degli operatori non conosce affatto il Tè in foglie. Per capire di quale prodotto stiamo parlando, bisogna fare pulizia dagli stereotipi più comuni: non si tratta della triste bustina senza gusto che tutti abbiamo nascosta in qualche credenza, ma neanche di un infuso da bere quando si sta male. Esistono migliaia di varietà di Tè differenti in funzione della tipologia, del luogo di provenienza e della lavorazione. Ognuno ha un suo aroma distintivo e un carattere. Tra le specialità più pregiate esiste ad esempio una varietà, quella dei Pu-Erh, che viene invecchiata come i distillati ed è quotata al grammo al pari dell’oro. Le potenzialità gustative sono tali, che il Tè in foglie si presta con la stessa dignità del vino, ad accompagnare un piatto. Siamo convinti che ci sia molto da fare, per questo nei prossimi anni, attraverso Chora, ci dedicheremo a far crescere in Italia la cultura e la conoscenza del Té in foglie nell’intento di far nascere figure professionali nuove che sappiano rispondere alla domanda sempre più specializzata del consumatore.

www.cosedite.it

CHORA È PARTNER DI SENSI, ATELIER ARTS&SENS, UNA DELLE PIÙ INNOVATIVE SOCIETÀ DI FORMAZIONE CREATIVA PER MANAGER, IN FRANCIA. ATTRAVERSO QUESTO NETWORK INTERNAZIONALE, CHORA SELEZIONA I MIGLIORI TALENTI ED IDEE, DA PROPORRE A IMPRESE E A ORGANIZZAZIONI IN GENERE, PER CREARE EVENTI DI VALORE. NASCE DA UN’ESPERIENZA DECENNALE MATURATA NEL MERCATO ITALIANO CON IL BRAND COSE DI TÈ.

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CESARE CARBONE Unione Ristoranti del Buon Ricordo: “Punto al rilancio dell’associazione” A cura di Cinzia Meoni

IL NEO PRESIDENTE DEL PRIMO GRUPPO DI IMPRENDITORI DELLA RISTORAZIONE VUOLE RIPORTARE I PIATTI AL “CULTO” DEGLI ANNI PASSATI. I PUNTI DI FORZA? AUTENTICITÀ E TRADIZIONE, OLTRE A UNA SPINTA ALLE PARTNERSHIP CON I BRAND E ALLA CREAZIONE DI EVENTI 42

Cesare Carbone debutta come presidente dell’Unione Ristoranti del Buon Ricordo, la prima associazione che, sin dal 1964, ha puntato sulla valorizzazione del territorio e la riscoperta delle tradizioni. Cinquantaquattro anni fa, ben prima che si accennasse anche alla sola all’idea di km 0. Nel 1964 quella del Buon Ricordo è stata la prima associazione di imprenditori della ristorazione e ancor oggi è la più nota tra i consumatori. A caratterizzare ciascun ristorante, e a creare fra loro un


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trait d’union, è oggi come un tempo il piatto-simbolo dipinto a mano dagli artigiani della Ceramica Artistica Solimene di Vietri sul Mare su cui è effigiata la specialità del locale, che viene donato agli ospiti in memoria di una piacevole esperienza gastronomica da ricordare. Nel loro insieme, ristoranti e trattorie associati, rappresentano con la varietà straordinaria delle loro cucine, il ricchissimo mosaico della gastronomia italiana. L’Unione Ristoranti del Buon Ricordo riunisce oggi 98 ristoranti sotto una sola filosofia: la salvaguarda e la valorizzazione delle numerose culture gastronomiche del nostro Paese. Nel corso degli anni poi all’associazione si è estesa oltre confine e ha coinvolto anche gli albergatori. Oggi Carbone, del ristorante Manuelina di Recco, ha davanti a sé numerose sfide per proseguire e crescere. “Il mondo della ristorazione in questi anni è radicalmente cambiato. Stiamo perciò già lavorando attorno a nuovi spunti che ci permettano di intercettare tendenze e richieste del mercato, per continuare ad

essere interpreti della migliore cucina di qualità e dell’accoglienza Made in Italy e dare al Buon Ricordo una veste contemporanea” sostiene in merito Carboni. Fra i primi progetti, la presenza ad eventi, importanti partnership e il rilancio dell’associazione all’estero, proprio per valorizzare il meglio della più autentica e rigorosa cucina italiana oltre confine.

Cesare Carbone

Quali sono gli obiettivi che si propone di raggiungere sotto la sua presidenza? Vogliamo che si torni a parlare del Buon Ricordo come succedeva 30-40 anni fa e siamo convinti che ce ne siano le possibilità. Non vogliamo avere un'espansione esponenziale ma vogliamo cercare ristoranti che abbiano la nostra filosofia sotto il profilo dell'attenzione alla tradizione regionale di alta qualità e che siano fieri di far parte di un'associazione con 54 anni di storia. Stiamo già avendo contatti con importanti brand del Food&Beverage che sono interessati ad avere collaborazioni con noi.

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Quali sono i benefici per un associato? E quali sono stati per lei, negli anni di adesione del suo ristorante? Far parte della nostra associazione dà visibilità a livello nazionale e non solo, oltre ad essere un biglietto da visita come sinonimo di qualità ed affidabilità. Per noi, che facciamo parte dagli anni 60, è stato così. Quali sono le caratteristiche richieste per l’adesione? Diamo fondamentale importanza all’attenzione e valorizzazione dei prodotti del territorio, oltre a serietà e professionalità nel servizio. Nessuno è mai stato declassato, ma cerchiamo di far capire a chi non pone interesse nella nostra filosofia l'importanza della stessa.

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Ogni quanto possono variare le specialità? Non c'è una regola precisa che determina il cambio della specialità. L'importante è che il cambio del piatto non venga fatto esclusivamente per avere il primo passaggio dei collezionisti. Qual è il suo piatto preferito? E quello che non deve mai mancare e nel menù? La Focaccia col Formaggio "Manuelina", ricetta con la quale sono cresciuto ma alla quale non riesco mai a fare a meno.


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TECHNOLOGY


SUSHIKO ACCELERA NELLO SVILUPPO

/ Food

A cura di Canali&C.

NOVITÀ ALL’ORIZZONTE PER SUSHIKO, BRAND TRA I PIONIERI NEL PORTARE IN ITALIA LA RISTORAZIONE GIAPPONESE VERSO LA FORMULA “ALL YOU CAN EAT” À LA CARTE

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Sull’onda del successo ottenuto sin dagli esordi, il format targato GL GROUP – azienda specializzata nell’ideazione, sviluppo e gestione di ristoranti tematici in ambito retail – si sta preparando ad un nuovo piano di aperture, che promettono di replicare il grande successo del debutto nel panorama della ristorazione italiana. Dalla prima apertura nel 2009 a Reggio Emilia, in pochi anni i ristoranti Sushiko si sono moltiplicati in tutto il nord e centro Italia, grazie ad un’offerta di eccellenza ma soprattutto all’ottimo rapporto qualità/prezzo, che ha contribuito a rendere accessibile la cucina giapponese al grande pubblico. Dietro questa formula vincente, la vision di Cristian Lin, creatore e titolare di Sushiko; un giovane imprenditore di origine cinese con la ristorazione nel DNA. La famiglia ha gestito per diversi anni un ristorante proprio a Reggio Emilia: “dal primo opening nel 2009 la crescita del brand è stata talmente vorticosa che ho dovuto prendere la decisione di dare uno stop, nel 2015, al fine di implementare la parte strutturale. Ora siamo pronti a ripartire.” Sono numeri importanti quelli che arrivano dall’headquarter di GL GROUP a Reggio Emilia: 1000 dipendenti, e la sfida di continuare a creare posti di lavoro; l’obiettivo è quello di arrivare a 60 punti Sushiko entro il 2019 e a 80 unità nel 2020. Per Lin la qualità è un must, che si traduce in un rigoroso controllo e selezione delle materie prime, in particolare quelle di origine ittica: prodotti certificati e tracciabilità della filiera sono alla base della food experience Sushiko, che per il cliente significa la certezza di consumare prodotti freschissimi, un plus rispetto ai competitor. Lin ci tiene a precisare che collabora con fornitori altamente referenziati, e la supply chain è affidata a un partner di rilievo internazionale come Havi Logistics.

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L’OBIETTIVO È QUELLO DI ARRIVARE A 60 PUNTI SUSHIKO ENTRO IL 2019 E A 80 UNITÀ NEL 2020

Parte fondamentale dell’identità Sushiko, nonché chiave di successo, è anche il concept design dei locali, caratterizzati da uno stile elegante e minimal che strizza l’occhio alla tradizione nipponica, rivisitata in stile più moderno. Continua Lin: “il nostro target è rappresentato per il 70% da una clientela femminile, la fascia di età è compresa tra i 15 e i 45 anni. Al momento stiamo studiando nuove opzioni per arricchire l’offerta del menu bimbi. Ricerca e innovazione sono alla base dei nostri format, e al momento ci stiamo focalizzando anche sul brand Many, specializzato in cucina cinese e in particolare Dim Sum (ravioli), con l’obiettivo di aprire 10 punti vendita nei prossimi tre anni. Sono convinto che a breve assisteremo ad un nuovo boom della ristorazione cinese, paragonabile a quello che il sushi ha vissuto dal 2011”.



/ Food

DAI CAFFÈ ALL'ITALIANA ALLE CAFFETTERIE IN RETE A cura di Giuseppe Bonani

Molti anni fa, ero presente a un convegno sulla ristorazione tenuto al Salone del Franchising di Milano. Un oratore americano per presentarsi disse: “how do you say pizza in Italian?” (come si traduce pizza in italiano?). Dopo avere permesso agli americani di “impadronirsi” della pizza, perché la pizza nel mondo è un prodotto USA, siamo vicini alla resa anche del caffè italiano? Cosa dobbiamo aspettarci? Già da anni gli operatori del caffè italiano hanno intrapreso iniziative diverse, strategie e format, per l'affermazione del caffè italiano e per controbattere all'espansione delle reti straniere delle caffetterie.

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È fuori discussione che l'espresso italiano sia il caffè al “superlativo” e siamo d'accordo con un cronista che, sulle pagine di un quotidiano italiano, decantava le famose "4 emme" della tradizione napoletana: miscela, macinazione, macchina e manualità. A partire dagli anni ' 90, gli anglosassoni hanno capito che il mondo del caffè all'italiana, opportunamente sviluppato in chiave di marketing, poteva generare delle nuove realtà consumistiche. E così, hanno cominciato a pubblicizzare il caffè espresso, il cappuccino, il "frappuccino", il caffè Verona, l’espresso decaffeinato, la tostatura all'italiana, ecc., tanto che oltreoceano si è cominciato a sfruttare il fascino che suscita l’aggettivo “italiano”


maggio\giugno 2018 sinonimo di buono, bello, attraente, per poi creare un modo nuovo di produrre, di servire e di bere il caffè. Aggiungiamo che le macchine per preparare il caffè sono quasi tutte di produzione italiana. Inoltre, gli americani, da maestri del marketing quali sono, hanno cominciato ben presto a differenziare il prodotto, in termini di varietà e di origine dello stesso. L'offerta delle caffetterie anglosassoni spazia dalle varie qualità (Arabica e Robusta) al paese d'origine dei chicchi: Giamaica, Sumatra, Costarica, Etiopia, Kenya, ecc. Hanno poi innovato nel senso di puntare al target dei giovani, dei turisti e degli stranieri, più propensi a nuove sperimentazioni e a stili di consumo differenti. Hanno creato, perciò, un nuovo modo di offrire il caffè. Nei nostri bar il caffè è ottimo, ma ha un difetto: si beve in piedi in pochi attimi, ed è molto forte. Il “bar all'italiana” non favorisce il rilassamento e la socializzazione: il cliente è normalmente solo, ha

fretta di consumare e di uscire dal locale. Anche il layout non contribuisce a creare quell'atmosfera tipica dei caffè della tradizione classica. Gli operatori italiani del caffè si sono già resi conto che per contrastare lo strapotere dei colossi stranieri, bisogna lavorare sullo stesso piano, ovvero attraverso le reti commerciali. Non necessariamente in franchising, ma anche in gestione diretta, purché con una visione e uno spirito di network. Quello che conta oggi è che siano locali monomarca, con il layout uniforme, con un'offerta identica, ma completa, e che siano facilmente riconoscibili tra mille locali diversi. Gli operatori italiani del settore del caffè, negli ultimi anni, hanno già cominciato a reagire nel modo corretto: quello della sana concorrenza. Le strategie d'attacco sono differenti sulla base del background degli operatori. Quelli che non hanno un preciso modello, ma un prodotto

eccellente, un nome e una notorietà da difendere e gli industriali del caffè hanno imboccato strade diverse. Non è facile, infatti, per un torrefattore improvvisarsi distributore, con il rischio di scontentare i baristi italiani che acquistano il loro caffè. Alcuni torrefattori hanno, quindi, iniziato a sperimentare alcuni nuovi concept. Le grandi manovre per la difesa del buon nome italiano e del caffè all'italiana sono appena iniziate. I grandi players italiani hanno intrapreso delle iniziative molto valide e il tempo ci dirà se le opzioni adottate saranno state quelle giuste. Intanto, a ottobre, la stampa italiana ha più volte comunicato che Starbucks, il brand nato a Seattle, Usa, aprirà un grande locale a Milano, nella centrale Piazza Cordusio.

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L’ORO DEL GARDA PASSA DALLA TAVOLA

/ Turismo

Percorsi del gusto

A cura di Cinzia Meoni

TRA SCORCI SUGGESTIVI E PICCOLI BORGHI INCASTONATI AI PIEDI DELLE ALPI, SUL LAGO DI GARDA SI POSSONO PERCORRE NUMEROSE STRADE DEL PIACERE ALL’INSEGNA DELL’OLIO EXTRAVERGINE, DEL VINO E DEL PESCE DI ACQUA DOLCE. UN TERRITORIO DA SCOPRIRE ANCHE A TAVOLA.

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L’oro del Garda non è solo paesaggi mozzafiato del lago più grande d’Italia che, ad ogni curva della statale, si aprono in squarci suggestivi su questo mare di acqua dolce circondato da vette maestose e punteggiato di piccoli borghi. Si possono scoprire le meraviglie del lago a cavallo di tre regioni italiane, Veneto, Trentino e Lombardia, andando alla scoperta dei prodotti a km zero e di ristoranti gourmandise. Ne vale la pena. E per l’ospitalità? Nessun problema: l’offerta va dalle tradizionali pensioni ai cinque stelle blasonati come l’Hotel Lido Palace di Riva del Garda, una struttura liberty con solo 42 camere immerse nel verde e servito da un ristorante intimo e raffinato (il Re della Busa guidato da Giuseppe Sestito). La cucina del Garda è un tesoro tutto da scoprire perché, grazie al microclima unico che fa del Garda una scheggia di Mediterraneo incastonata tra le Alpi, il territorio offre eccellenze uniche. Qui la coltivazione dell’olivo raggiunge la latitudine più a Nord del mondo e i cultivar Frantoio, Leccino e Casaliva danno vita a uno

dei più pregiati oli italiani che, già da solo, varrebbe un week end di shopping tra frantoi (sono una sessantina i produttori disseminati tra le tre sponde: l’Agraria Riva del Garda coinvolge ben 1200 olivicoltori). «Magri, svelti, col tronco diviso, senza mole, tutti respiro e attenzione, ariosi e ingegnosi» con queste parole Gabriele d’Annunzio descriveva, dal Vittoriale di Gardone Riviera, «gli Ulivi del Garda tanto umani». Il pesce di acqua dolce è poi protagonista della tavola nelle sue mille varianti dalla trota salmonata, al coregone fino al salmerino e al carpione, sono oltre quaranta le varietà gardesane allevate, tra l’altro da TrotaOro. “La chiave di volta per il pesce di lago, magro, delicato e con la più alta concentrazione di Omega3, è la cottura. Sono partito dalla tradizione proprio per mostrare come, grazie a una cottura ottimale e alle diverse interpretazioni, il pesce di lago possa essere un indiscusso protagonista” spiega Leandro Lucci patron stellato del ristorante Vecchia Malcesine che, insieme a Elvira Trimeloni, titolare dell'hotel Meridiana di

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Malcesine, ha ideato “Fish&Chef” un percorso del gusto a tappe sulle tre sponde del Garda, alla scoperta dei prodotti del lago interpretati dai protagonisti della cucina contemporanea. “Nove anni fa abbiamo pensato di comunicare la ricchezza del nostro territorio invitando sul lago chef chiamati a reinterpretare la tipicità del Garda secondo la loro personale esperienza. Abbiamo creato così una rete tra produttori a km zero, chef e albergatori di tutta Italia e oggi sono tutti diventati ambasciatori del Garda” spiega Lucci che poi prosegue: “Fish&Chef è, e vuole rimanere, una manifestazione privata dove, una volta all’anno, possiamo crescere, confrontarci ed evolvere in un laboratorio e dialogo continuo. Per questo deve rimanere circoscritta a una sola settimana all’anno dove si concentra il confronto, assicurando ai partecipanti la massima qualità”. E, a sentire i produttori che da anni prendono parte a questa manifestazione, l’obiettivo è uno soltanto: far rete per promuovere un territorio che ha ancora

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molto da offrire. Il Garda peraltro non si limita ad offrire pesce di lago e olio, ma propone anche carni pregiati grazie agli allevamenti locali di Garronese Veneta (razza di bovini originari dei Pireni e approdata nel veronese) con Sartori Carni; formaggi di malga del Monte Baldo; distillati reinventati da Evolvinggrappa; la pasta

monograno di Felicetti, originaria della vicina Val di Fiemme e persino caffè di una torrefazione locale, Omkafe. Per non parlare dei vini che trovano nel territorio un vero e proprio eden che annoverano diverse Doc tra cui il Bardolino in tutte le sue versioni, il Garda Garganega e il Garda Cortese.


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Da 30 anni sui migliori tavoli

/ Food

IN UN AMBIENTE COMPETITIVO COME QUELLO DELLA RISTORAZIONE, UNA QUALITÀ COMUNICATIVA ECCELLENTE E UN’IDENTITÀ FORTE E RICONOSCIBILE SONO I REQUISITI FONDAMENTALI PER FARE LA DIFFERENZA AGLI OCCHI DEI CLIENTI.

A cura di Canali&C.

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Artmenu Factory è una realtà che si è fatta strada nel mercato italiano ed europeo senza smettere mai di rinnovarsi e ricercare soluzioni innovative e, al tempo stesso, vantaggiose nella realizzazione dei vari prodotti. Da ormai più di trent’anni, la passione e l’amore per il proprio lavoro, insieme a una grande determinazione, hanno dato vita a una gamma di strumenti per la ristorazione e per l’ospitalità alberghiera che sono lo specchio dei valori di Artmenu: artigianalità, unicità, qualità. Valori che vengono applicati ad ogni tipologia di attività, attraverso la medesima filiera di produzione che identifica il prodotto giusto per ogni diversa disponibilità economica senza, per questo, abbassare il livello di standard qualitativo. L’esperienza acquisita negli anni ha, inoltre, permesso alla Factory di seguire i cambiamenti di mercato e i trend innovativi senza perdere mai di vista la personalità dei prodotti tailor-made. Anzi, è proprio grazie a questa tendenza che l’azienda riesce a creare prodotti su misura per i clienti differenziandosi dall’omologazione di massa. Menu, carta dei vini, articoli di ospitalità alberghiera e accessori per la ristorazione sono un biglietto da visita d’eccezione, la prima immagine del ristorante o dell’albergo. La cura dei dettagli rende indimenticabile un’esperienza, soprattutto in un mondo che spesso da più importanza alla bellezza e al design piuttosto che alla qualità. La missione di Artmenu è proprio quella di fondere questi due aspetti e modellarli ad hoc sull’immagine del cliente. Anche la scelta dei materiali diventa fondamentale per essere unici: carte dei vini e menu realizzati in legno, vera pelle, ecopelle o semplici cartoncini con rilegature pratiche ed eleganti. Una particolare attenzione all’ecosostenibilità ha permesso anche di sviluppare l’utilizzo di materiali ecologici che diminuiscono notevolmente l’impatto sull’ambiente. Ma non finisce qui: lavorazioni caratteristiche come serigrafie, stampe a caldo, incisioni, applicazioni e cuciture particolari rendono i prodotti personalizzabili ed inimitabili. Artmenu è uno specialista del settore che vuole fare la differenza, senza dimenticare mai che, attraverso la comunicazione giusta, si può dare voce ai valori che sono pilastri portanti dell’identità di un’azienda.

www.artmenu.it

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Living, shopping and socialising in the age of digital Creating the ultimate retail and leisure lifestyle destinations

Q&A Nathalie Depetro, Director of MAPIC

Q. IN THE AGE OF DIGITAL, WHY IS RETAIL PROPERTY STILL CRUCIAL? Bricks-and-mortar and e-commerce are converging everywhere: Walmart recently bought Flipkart, Alibaba has invested in malls, Amazon is opening stores and bought Whole Foods, etc. And while traditional retailers have embraced e-commerce, online retailers like Missguided, Mi Stores and Warby Parker – to name just three of many – are examples of online players opening physical stores. Digital has not killed physical retail but, with online sales booming, traditional retail spaces (high-street, shopping centres, travel hubs, etc) have no alternative but to completely review their marketing and leasing strategy. Leisure, innovation and experience have become crucial to the customer journey. The key to success is to understand your customers' expectations and to build the right offer to meet their needs. To attract and retain the very best tenants, retail property owners and developers need to facilitate experiences beyond pure retail that can capture and expand dwell-time. This means not only the best leisure and retail offer, but also the best services and convenience offer.

Q. WHY DID YOU PICK ‘PHYSICAL IN THE AGE OF DIGITAL’ AS MAPIC 2018'S THEME? As a mirror of the industry, MAPIC has to showcase the most important industry challenges and help our clients to re-define their strategy. Leisure, Food & Beverage, Live entertainment, Customer services, Spas, Fitness centres and Medical centres in addition to the traditional sectors… this is the retail mix of tomorrow. O2O marketing solutions have become crucial to ensure traffic and customer loyalty while improving the customer experience. Property players and retailers must find new ways to collaborate... Thanks to a comprehensive conference programme featuring over 200 speakers, MAPIC will gather experts from the industry to analyse the online to offline convergence, the emergence of new physical demands, innovation as a key driver for retail transformation and magnifying the customer experience.

THE INNOVATION FORUM Join the only global gathering of innovators in the retail real estate industry! The Innovation Forum helps key industry players to find solutions through innovation, technology and digital engagement with the bright young leaders of tomorrow.

Q. HOW IS 2018 A REAL TURNING POINT FOR MAPIC? MAPIC is not only a leading international retail property platform, it is much more than that. Customer experience, Innovation, new eco-systems and new business models are also at the heart of the conversation within the exhibition halls. There will not only be themed areas but also specific summits and a focus on specialist retail formats such as outlets, transport hubs, mixed-use schemes and pop-ups, the rise of wellness, plus the role of retail destinations as urban or regional logistics hubs. The Leisure programme – including the first half-day Leisure Summit – the Innovation Forum and the make-up of the exhibitors, participants and conference content will reflect the complete retail mix. Physical and digital have converged in retail and also at MAPIC, where visitors will be able to experience this ‘Transforming Reality’ for themselves.

THE LEISURE PROGRAMME Embrace the leisure revolution! Get inspired by innovative leisure concepts and learn from entertainment experts thanks to an entire area and conference programme dedicated to leisure insights and innovations. New this year: MAPIC is launching the first MAPIC Leisure Programme in partnership with AECOM.


Transforming Reality Physical in the age of digital

The leading international retail real estate event Palais des Festivals, Cannes, France 14-16 November 2018


/ Finanza

FUORI SALONE 2018: Finanza e Design insieme per la costruzione di un leader della ceramica italiana

A cura di Laura Lamarra / Foto © Dario Raimondi

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Nella meravigliosa e suggestiva cornice del Cortile della Farmacia, all'interno dell’Università degli Studi di Milano, si è tenuto, nell’ambito della mostra Interni House in Motion per il FuoriSalone, l’evento esclusivo, a porte a chiuse, rivolto a relatori e ospiti di rilievo, organizzato da Mandarin Capital Partners, fondo di private equity, per celebrare il successo di un’iniziativa finanziaria tutta italiana. Il Dott. Lorenzo Stanca, partner del fondo specializzato nel supportare i processi di crescita e internazionalizzazione mirati alla creazione di valore per le aziende italiane, introducendo gli illustri relatori, ha sintetizzato i razionali di Italcer, società che raggruppa aziende leader nel settore della ceramica e dell’arredo bagno di alto di gamma. Un progetto di finanza a supporto della valorizzazione del Made in Italy nel mondo, avviato su iniziativa del Fondo e di Graziano Verdi, per molti anni CEO di Graniti Fiandre e manager di riferimento del settore.


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«Si è partiti da una realtà già ben posizionata – ha dichiarato il Dott. Graziano Verdi – con un tasso di crescita potenziale importante: la Fabbrica Ceramiche, acquisita nel maggio 2017, per poi includere nell’agosto scorso Elios ceramica, marchio storico attivo sino dal ’68, a cui ha fatto seguito Devon&Devon, eccellenza nel mondo dell’arredo-bagno». Il gruppo Italcer nasce dall’intento di consolidare il settore della ceramica, frammentato in numerose aziende familiari, al fine di creare sinergie industriali, di marketing e di visione strategica, generando economie di scala e rafforzando la posizione dei brand. «L’intento – ha proseguito Verdi – è quello di creare una public company che possa competere a livello internazionale, in modo forte e sinergico, con tassi di crescita ancor più significativi rispetto a quelli già alti del comparto». «Il Made in Italy in questo settore», come sottolineato dal Dott. Alberto Forchielli, fondatore del Fondo Mandarin, che per primo ha sposato il progetto, «è indiscusso riferimento mondiale in termini di stile e qualità del prodotto. Un comparto in cui l’Italia detiene know-how, riconosciuto in tutto il mondo, non solo in termini di prodotto e di design ma anche di tecnologia e tecniche di lavorazione. I dati di consuntivo, a fine anno scorso, confortano la validità dell’operazione, facendo registrare un fatturato pari a ben oltre 80 milioni di euro, per un Ebitda di quasi 13 milioni. Il trend in forte crescita interessa anche l’anno corrente che vedrà il completamento di ulteriori significative acquisizioni.

L’obiettivo è collocare Italcer Group tra i protagonisti del settore in Italia e nel mondo, realizzare un cluster ceramico alto di gamma, con uno sbarco in borsa possibile già per la fine del 2019». L’architetto Massimo Iosa Ghini, ambasciatore del design italiano, ha sapientemente condotto i partecipanti alla tavola rotonda nel viaggio alla scoperta dell’imponente e fascinosa installazione in ceramica, Home Co-Thinking, da lui progettata. L’installazione, un meraviglioso tavolo in ceramica, luogo di convivialità e progettualità, è divenuto, nei giorni del Salone del Mobile, occasione di condivisione e partecipazione attiva, grazie anche a un pubblico che ha segnato la sua presenza con scritte sulle lastre ceramiche, lasciando un contributo creativo al progetto. Iosa Ghini, sottolineando la beltà e la ricchezza valoriale del chiostro disegnato dal Filarete nel 400 ove è sita l’installazione, ha evidenziato come la componente culturale e di innovazione non si limiti a essere puro orpello bensì stimolo e impulso alla componente finanziaria. L’obiettivo di prodotto e di risultato economico non può prescindere da tale scintilla creativa.

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/ /Finanza Finanza

A cura della redazione / Foto © Dario Raimondi

L’ITALIA CHE CREDE NELL’INNOVAZIONE DIGITALE FA TAPPA AL WEB MARKETING FESTIVAL 2018 IL 21, 22 E 23 GIUGNO AL PALACONGRESSI DI RIMINI PRENDE IL VIA LA 6A EDIZIONE DELL’EVENTO ITALIANO PIÙ IMPORTANTE SUL DIGITALE: ATTESI I MAGGIORI PLAYER DEL MONDO TECH, DA GOOGLE A FACEBOOK A MICROSOFT E AMAZON, PER UNA TRE GIORNI DAL RESPIRO PIÙ CHE MAI INTERNAZIONALE.

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«L'Italia crede nell'innovazione digitale, sospinta dai tanti talenti e realtà corporate che creano e portano avanti soluzioni tecnologiche di primo piano, coltivando "in-house" le proprie idee e progetti innovativi, un'avanguardia digitale Made in Italy dalla maturità internazionale». È così che Cosmano Lombardo, Chairman del Web Marketing Festival – evento italiano più completo sull’innovazione digitale in programma dal 21 al 23 Giugno a Rimini – inquadra l’attuale situazione dell’ecosistema italiano imprenditoriale. Al tempo della Digital Transformation, manager e decision makers di PMI e grandi realtà aziendali hanno maturato una nuova consapevolezza: investimenti in mobile, cloud, ICT e in tutti i vari processi di automazione non rappresentano più un passaggio “obbligato” nel processo di crescita di una realtà, bensì sono entrati a far parte della vision interna. Lo dimostra il fatto che, secondo recenti ricerche di settore, il budget che ogni azienda destina all’innovazione digitale non solo è diventato una costante a bilancio, bensì continua a crescere nel tempo. Questo cambiamento nel modus operandi, dettato dai nuovi driver imposti dalla Digital Transformation, ha avuto un impatto economico e sociale importante non solo sull’organizzazione aziendale interna, ma anche – e soprattutto – su tutto il mercato del lavoro, a partire dalla nascita di nuove professioni digitali. Per far fronte a questo nuovo contesto, imparare a conoscerlo e gestirlo in modo efficiente, è necessario un know-how di base: a questo proposito, il Web Marketing Festival si pone come incubatore d’innovazione e strumento di crescita e formazione professionale. È qui che si farà il punto sullo stato dell’arte del Digital e del Digital Marketing con i principali player italiani e internazionali, grazie agli oltre 50 eventi nella tre giorni, più di 30 sale formative, circa 400 speaker e ospiti, 20 iniziative in programma, tra cui il Digital Job Placement dedicato alle professioni digitali e la Startup Competition più grande d’Italia. Con le 12.000 presenze registrate nel 2017, l’agorà del digitale targata WMF è diventata un punto di riferimento per a.d., manager, web marketer e professionisti che, a vario titolo, operano all’interno del mondo digital grazie ad un’ampia offerta formativa e ad un’Area Espositiva popolata da key player del settore.

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Tra i focus della 6^ edizione largo spazio a Open e Social Innovation, Intelligenza Artificiale, Realtà Virtuale, Big Data e Professioni Digitali. Anche quest’anno, inoltre, sono attesi i maggiori player del mondo tech, da Google a Facebook a Microsoft e Amazon, per una tre giorni dal respiro più che mai internazionale nel quale si accenderanno i riflettori sugli scenari presenti e futuri del settore. Al centro del progetto del Festival ci sono gli utenti, coinvolti attivamente nella realizzazione dell’evento sotto più punti di vista, a partire dal programma formativo. «La co-costruzione è uno dei pilastri che ha fatto che sì che il Web Marketing Festival, nato nel 2012 come singolo conference day, si sia trasformato nell’arco di 6 anni, in un Festival di tre giorni in grado di riferirsi al mondo del digitale nella sua accezione più ampia e di porsi come un contenitore di oltre 50 eventi», spiega Lombardo. All’interno dell’ampio programma formativo, parte del quale è già visibile online su www.ilfestival.it con i primi 130 relatori confermati, attualmente sono previste più di 30 sale formative, ognuna delle quali costituirà un evento per il rispettivo ambito di riferimento. Blockchain e Criptovalute, Content Marketing, Coding & IT, Social Advertising, Big Data e le declinazioni digital in ambito Food, Fashion, PMI ed HR sono solo alcuni tra i principali focus del Festival 2018 che verranno approfonditi tra momenti di approfondimento e progetti dedicati, ai quali hanno già dato la propria adesione e sostegno diverse grandi realtà e associazioni: Amazon, Barilla, Enel, Fondazione FICO, Legambiente e Gruppo Fini.

UN FESTIVAL, DUNQUE, CHE SI PONE COME PUNTO DI RIFERIMENTO DEL PANORAMA DELL’INNOVAZIONE DIGITALE ITALIANO E INTERNAZIONALE E CHE MIRA A CRESCERE COSTANTEMENTE IN QUANTITÀ E IN QUALITÀ, CON LA PROMESSA DI CONTINUARE A ESPLORARE IL MONDO DIGITALE IN TUTTI I SUOI ASPETTI, ABBINANDO FORMAZIONE, INNOVAZIONE, SOSTENIBILITÀ, MUSICA, INTRATTENIMENTO, NETWORKING, STARTUP, GIORNALISMO, SPORT E MOLTO ALTRO.

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/ Tecnologia

A cura di Laura Lamarra

CI TIENI ALLA QUALITÀ DEL TUO TEMPO? AMBROGIO: BASTA CHIEDERE

NE PARLIAMO CON NICOLA FRACASSO, DIRETTORE COMMERCIALE DI FAEN CONSULTING SRL TITOLARE DEL PROGETTO.

Nome icona della possibilità di rendere esaudibile il desiderabile, Ambrogio è la piattaforma digitale innovativa che mette al centro la persona, il suo tempo e la qualità della vita. Di cosa si tratta e a quali soggetti si rivolge? Ambrogio è un progetto fortemente rivolto al sociale, focalizzato sugli interessi della persona e sulla valorizzazione del tempo, quale risorsa critica ed estremamente preziosa e volto al miglioramento della qualità della vita. Lavoratori, casalinghe, mamme, papà, anziani, nessuna categoria è esclusa, chiunque ha un bisogno. Accedendo alla piattaforma, con un semplice click, ci si mette in contatto diretto e immediato con il professionista/esercente (lavoratore a P.IVA, distributore, artigiano, cooperativa sociale legata alla cura della persona, badante, avvocato, mediatore

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creditizio ecc.), in grado di rispondere alla specifica esigenza dell’utente. L’applicazione risponde efficacemente e in tempi rapidi a esigenze altamente specifiche, trovando le soluzioni più agevoli e comode per l’utente, anche grazie al sistema di geolocalizzazione che consente di individuare il professionista ricercato nelle immediate vicinanze del richiedente. In contemporanea, mentre il consumatore soddisfa il proprio bisogno, il fornitore che eroga il servizio promuove e valorizza la sua professionalità.


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Una risposta alla crisi editoriale con un progetto di valorizzazione territoriale? Vogliamo trasformare la difficoltà in opportunità. L’edicolante è da sempre riconosciuto come riferimento per il quartiere. Da questa osservazione e dalla constatazione delle difficoltà in cui versa, come già detto, l’editoria, con la conseguente chiusura di moltissime edicole, è nata l’idea di lanciare i punti Ambrogio, quali nuovi luoghi di vivacità e di utilità per il quartiere. Il progetto pilota è partito a Milano, ma siamo già in contatto con altre Regioni e Comuni italiani. Ritiene che i quar tieri e le città siano pronti a un tale restyling?

Quali sono i servizi offerti? I più svariati, dalla ricerca di taxi, al falegname, dall’idraulico alla badante o babysitter: basta accedere alla piattaforma, selezionare dal menu a tendina i servizi rispondenti alla propria richiesta e rapidamente si offre il riscontro di figure professionali adeguate, il cui servizio è sempre certificato da un organo esterno preposto. A fronte di un intervento, segue un feedback sull’adeguatezza del servizio offerto, al fine di monitorarne qualità ed efficienza. Dalla piattaforma digitale ai punti fisici dislocati sul territorio, può illustrarci i dettagli del progetto? Riteniamo che le tradizioni abbiano un valore e che l’innovazione tecnologica abbia il ruolo di migliorare e semplificare la vita delle persone. Ecco perché abbiamo voluto unire tecnologia e tradizione rendendo fisico il virtuale, innovando i punti di riferimento e di erogazione di servizi fisici già presenti nei quartieri. Le edicole ne sono un esempio: la loro mission e il loro valore si sono progressivamente sbiaditi nel tempo, per effetto della crisi che ha colpito in generale l’economia e in particolare l’editoria, con il sopravvento dell’on line. Le Edicole Ambrogio, inequivocabilmente e facilmente identificate dal nostro inconfondibile layout, diventano il portierato di quartiere, punto di riferimento, luogo di incontro di domanda e offerta e centro di informazione, anche per saperne di più dei servizi offerti dalla piattaforma, utile soprattutto per tutti coloro che non sono avvezzi alla tecnologia e/o preferiscono un interlocutore competente con cui interagire.

Le persone e le città vivono passaggi generazionali, con differenti gradi di attaccamento alla tradizione e di propensione all’innovazione. In progetti articolati come Ambrogio, ove tradizione e innovazione trovano dialogo armonioso, adeguati percorsi formativi e informativi sono imprescindibili ed è proprio ciò che stiamo facendo. Oltre alla formazione sulle opportunità offerte dalla piattaforma e dalle edicole Ambrogio, attraverso accordi con partner specializzati, supportiamo i processi di ricollocamento e i progetti di start-up, offrendo percorsi formativi, informativi e consulenziali, proponendoci come nuovo strumento di occupazione e di proposta lavorativa. Al centro di tutto per noi deve esserci sempre la persona. www.faensrl.it/ambrogio

Nicola Fracasso

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LICENSING: LE OPPORTUNITÀ PER IL RETAIL FISICO

/ Milano Licensing Day

UNA BASE DI CLIENTI ANCORA TUTTA DA SCOPRIRE, CON UN PORTAFOGLIO BRAND PER QUALSIASI GUSTO, CHE UN NUTRITO NUMERO DI LICENSOR PUÒ PROMUOVERE CON PROFESSIONALITÀ.

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rubrica MILANO LICENSING DAY


Paolo Lucci

Managing Director Milano Licensing Day

maggio\giugno 2018

La pubblicazione dei dati dell’Osservatorio Licensing annuale costituisce per i professionisti di questo mercato un momento di riflessione. Un mercato dal valore imperscrutabile, visto che quantificare le royalties incassate dai licensor è una pratica quasi impossibile (pochi sono i licensor che iscrivono le royalties a bilancio, e su tutti i contratti di licensing grava sempre il vincolo di confidenzialità), e le grandi società di analisi e tracking di business come Nielsen o IRI non riescono a includere i prodotti in licenza o meno nell’analisi dei codici a barre dei prodotti venduti (fatta eccezione per NPD sul mercato del giocattolo, che infatti è considerato spesso un benchmark per il settore). In assenza quindi di dati di tendenza sui valori, ben venga almeno la lettura dei tre fattori chiave di questo mercato: quanti sono i marchi/ personaggi in licenza, quante sono le aziende che li “vendono” (licensor), e quante sono le aziende che li “comprano” (licensee o licenziatari), e come cambiano, soprattutto nel lungo periodo. Questi tre fattori risultano praticamente invariati rispetto al 2016, con una mini-crescita dello 0,3% del numero delle aziende licenziatarie, e un decremento dello 0,4% nel numero dei licensor. Salta all’occhio invece la disparità tra il numero di aziende licenziatarie italiane, che si contano nel migliaio (1.013, quasi un terzo rispetto al mercato francese, per esempio, ed un quinto del mercato inglese), ed il numero di operatori che vendono licenze: 230. Un rapporto di 1 a 4 tra chi vende e chi compra. Un primo segnale da tenere presente per comprendere quanto spazio ci sia ancora per il licensing italiano. E il tipo di offerta non è certo da mercato asfittico: i brand e personaggi disponibili infatti sono 2.348.

A prima vista saremmo indotti quindi a pensare che il futuro del licensing è roseo: una base di clienti ancora tutta da scoprire, con un portafoglio brand per qualsiasi gusto, che un nutrito numero di licensor può promuovere con professionalità. Il problema di questo mercato è invece che non è mai riuscito ad attirare nuove fasce di clienti, e si concentra sui soliti operatori che ne hanno conosciuto i vantaggi da tempo, ma che non possono ovviamente performare oltre. Tuttavia emerge qualche segnale positivo se si analizza come cambia l’offerta e come cambia la composizione dei licensee. Sul primo punto si registra un incremento dei marchi sportivi (non solo il football, ma anche NBA, NFL, MotoGp, o brand come HEAD, Kappa, etc.) e dell’arte (Andy Warhol, Keith Haring, Frida Kahlo). Sulla composizione dei licensee c’è invece da aprire un vero e proprio capitolo, che riguarda l’utilizzo del licensing soprattutto da parte dei retailer e del fashion, per attività di breve periodo tese alla creazione di traffico o comunicazione, conosciute come “collaboration” o “capsule collection”. Una catena come Tezenis ad esempio, ha compreso perfettamente e fatto suo un modello di licensing basato sulla realizzazione di pochi capi in licenza, per un periodo limitato, che permette di comunicare in modo “storytelling” sui social e soprattutto sul punto vendita, generando traffico incrementale in momenti strategici. Tezenis Loves Barbie, nel 2016, ha registrato un successo tale da indurre l’azienda a replicare la stessa strategia due volte all’anno. È questo il momento in cui un licensee si accorge dell’opportunità costituita dall’ampia varietà di offerta, e può sviluppare nel tempo le stesse attività con Coca Cola, Chupa Chups, e MyLittlePony apparentemente raccontando storie differenti, in realtà creando multipli identici e virtuosi. Ed il retail fast fashion non è l’unico a realizzare il forte potere di comunicazione di queste nuove piattaforme: accessori borse e calzature seguono a ruota, IKEA sta facendo lo stesso nel design, e la cosmetica – soprattutto i suoi retailer, da Sephora a Wycons – sta puntandoci sempre di più. Potremo seguire le evoluzioni specifiche del licensing nel retail italiano nei prossimi numeri, intanto ci auspichiamo che queste analisi possano costituire uno stimolo per iniziare a conoscere meglio il licensing, le sue dinamiche e le sue opportunità.

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/ Milano Licensing Day

IL SETTORE LICENSING

ALTRO

2%

15%

MUSIC & CELEBRITIES

30%

ENTERTAINMENT

2.348

10%

SPORT

5%

N. PROPERTIES DISPONIBILI

20%

ART & DESIGN

18%

BRAND

FASHION

0,1

+ % vs 2016 70

229

IL NUMERO DELLE AZIENDE LICENZIANTI +35% VS 2006


maggio\giugno 2018

1.013 CHI È MILANO LICENSING DAY?

IL NUMERO DELLE AZIENDE LICENZIATARIE TUTTE LE CATEGORIE

Milano Licensing Day è un “hub” di servizi e contenuti specifici per il mercato italiano del licensing. Dal 2001 è il punto di riferimento per 12.000 professionisti del settore: favorisce l’incontro tra domanda ed offerta di licenze, e consolida il coinvolgimento degli operatori buyer, aziende licenziatarie, licensor e major. Da oltre 10 anni porta la sua esperienza nel settore delle licenze con eventi di networking come Kids Marketing Days (insieme ai partners Doxa Kids e Promotion Magazine), Toys Milano (in collaborazione con Salone Internazionale del Giocattolo), Milano Licensing Day (in collaborazione con Promotion Magazine).

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/ Impresa

DAL CRM ALLA DEFINIZIONE DEI PROCESSI AZIENDALI Quando l’attenzione del cliente B2C non è più una sola questione di marketing? A cura di IKN Italy

L’ATTENZIONE AL CLIENTE, CHE SIA B2B O B2C È LA CHIAVE DEL SUCCESSO DI UN’AZIENDA.

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Per qu e s to il CRM è da consider ar si come la base per prendere decisioni e questo non riguarda solo il marketing ma anche e sempre di più tutte le aree di un’azienda. Il CRM non è più una semplice questione di marketing né di sistemi informatici, ma riguarda l'azienda e la sua visione nel complesso.


maggio\giugno 2018

Come orientare gli investimenti digitali rivolti al miglioramento della cura del servizio e del cliente? Una cosa è certa: rispetto al passato, i prodotti e i processi non sono le dinamiche più importanti. L’aspetto più rilevante oggi non è cosa ma chi: i clienti. E il digitale gioca una parte fondamentale a riguardo. Oggigiorno, i clienti interagiscono con le aziende in molti più modi di quanti possibili in passato, e si aspettano un’esperienza unica e senza soluzione di continuità sulle diverse piattaforme. Ad esempio, un cliente può fare una domanda usando Facebook Messenger. Se dovesse chiamare il call center si aspetterà che l’azienda sia al corrente del messaggio che ci ha inviato su Messenger. E non basta: il cliente si aspetta una risposta rapida ed esaustiva in seguito a ogni occasione di contatto. Migliorare l’esperienza digitale del cliente è fondamentale per soddisfare le sue aspettative. Questo tipo di esperienza è l’insieme di tutte le interazioni digitali che avvengono tra un cliente e un’azienda e influenza l’immagine che quest’ultima comunica. Chatbot e Virtual Assistant, quale futuro possibile per il contact center? Senza dubbio i nuovi strumenti Chatbot e Virtual Assistant andranno a modificare le operatività del contact center “attuale”. Ritengo però che il contatto umano sia ancora essenziale per il cliente di oggi, soprattutto per certe tipologie di target che non sono native digital.

Oltre la comunicazione vocale: quali strategie sono necessarie per definire il nuovo customer care? È un dato di fatto che il customer care non può più limitarsi alla comunicazione voc ale, seppur sempre impor t ante e basilare per certi target di clienti. Oggi le persone hanno sempre meno tempo per chiamare un numero verde e allo stesso tempo vogliono avere la soluzione ai loro problemi il prima possibile. Ecco che il ruolo delle chat assume un’importanza sempre maggiore, ormai il cliente che entra nella propria area clienti o nel sito dell’azienda si aspetta di avere la possibilità di poter avere subito la soluzione al suo problema e senza alzare la cornetta.

Morad Giacomelli

Come coordinare i processi interni di gestione del CRM per una corretta archiviazione e analisi del dato cliente? Lo sforzo che tutte le aziende dovrebbero fare oggi è cercare di racchiudere all’interno della scheda del cliente tutte le interazioni avvenute con i consumatori (es. chiamate telefoniche, visite, email…), così che l’azienda possa monitorare la frequenza di contatto con i propri clienti. Questa attività è centrale nel mantenere attivo l’engagement con loro e i prospects.

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IKN ITALY ANNUNCIA LA PRIMA EDIZIONE DI BIG DATA & ANALYTICS NEL RETAIL VALORIZZARE I DATI E GENERARE INSIGHT PER UNA RELAZIONE MULTICANALE PERSONALIZZATA CON IL CLIENTE: È QUESTO L’ARGOMENTO PRINCIPALE CHE SARÀ APPROFONDITO IN OCCASIONE DELLA PRIMA EDIZIONE DI BIG DATA & ANALYTICS NEL RETAIL, L’EVENTO ORGANIZZATO DALLA COMMUNITY ONRETAIL DI IKN ITALY.

La giornata, in programma il prossimo 27 giugno a Milano all’Hilton Garden Inn Milan North, propone una serie di focus tematici: DATA & FORECASTING: è davvero possibile prevenire il rischio abbandono attraverso una corretta aggregazione del dato? DATA & INVESTMENTS: stimare il reale beneficio di una promo con il numero dei clienti aggiuntivi e il carrello di spesa generato è sufficiente per la valutazione dell’investimento? DATA & PRIVACY: GDPR ai blocchi di partenza. Le aziende hanno già identificato un Data Protection Officer? DATA & BUSINESS DEVELOPMENT: come sviluppare nuovi servizi e prodotti in base ai modelli predittivi? DATA VISUALIZATION E STORYTELLING: come velocizzare le decisioni strategiche con il supporto di dati complessi? DATA & ORGANIZATION: serve veramente un Data Scientist in Azienda per fare la differenza? Se sì, dove collocarlo in organigramma?

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BIG DATA & ANALYTICS NEL RETAIL si svolgerà attraverso un Networking Breakfast, un Inspirational Speech, un Panel, due Interviste e tre Tavole Rotonde. La giornata di lavori vuole essere una full immersion su come la data economy sta stravolgendo le regole della shopping e selling experience, valutando il ROI degli investimenti, prendendo in analisi la personalizzazione delle campagne multicanale, sviluppando nuovi servizi o prodotti con il supporto dell’intelligenza artificiale e implementando nuove metriche di fidelizzazione. Nel corso dell’evento si prenderà in esame come aggregare il dato dalle ricerche vocali e visive (che andranno sempre più a sostituirsi alla scrittura), come collegare le metriche del digital alle scelte di business, quali saranno le sfide in materia di sicurezza e privacy dei dati con il nuovo GDPR che entrerà in vigore nel corsi del mese di maggio. È previsto, inoltre, un focus sul demand planning e su come l’utilizzo di insight di valore possa portare benefici al forecasting e al riassortimento soprattutto in caso di promozioni.


maggio\giugno 2018 I tavoli interattivi dedicati a come posizionare le nuove funzioni di Data Scientist e Data Analyst in azienda faciliteranno lo scambio di opinioni tra i partecipanti. Spesso infatti queste neonate figure rispondono al marketing ma non sempre sono funzionali alla sola attività di promozione e fidelizzazione. Da non perdere il benchmark con il settore calcistico e finanziario. L’evento è rivolto alle seguenti figure aziendali: Chief Data Officer/Data Analyst/ Data Officer/Data Scientist , Business Analyst/Business Intelligence Manager, Chief Digital Officer, CRM Manager, Digital Marketing Manager , E-Commerce Manager/E-Commerce Director, Marketing Director, Data Protection Officer, Logistic Manager/Demand Planning Manager, CIO e IT Manager, Project Manager, Business Development. Per informazioni e aggiornamenti sul programma: http://www.onretailweb.it/evento/10324/big-data-analytics-nel-retail/home COMMUNITY ONRETAIL OnRetail mette a disposizione dei professionisti del Retail contenuti e aggiornamenti continui con conferenze, formazione tecnica, articoli, interviste e video. Attraverso canali tradizionali, digital e social offre la possibilità di condividere conoscenze, esperienze aziendali, best practice e innovazioni grazie al contributo dell’Advisory Board e dei maggiori esperti del settore. OnRetail rappresenta lo strumento più adatto per costruire una fitta rete di relazioni e interazioni tra tutti i professionisti attraverso grandi eventi e appuntamenti in cui confrontarsi con partner, colleghi e protagonisti del settore.

Ufficio Stampa IKN Italy Barbara Robecchi Media Consultant media@ikn.it +39 347 7892234

COMPANY PROFILE IKN Italy è l’acronimo di:

I

come INSTITUTE: IKN Italy nasce da Istituto Internazionale di Ricerca. Grazie all’esperienza maturata in 30 anni di attività, si posiziona all'interno di una rete internazionale in grado di proporre sia tematiche di grande attualità e interesse, sia relatori di alto livello. La reale fotografia di IKN la "scattano" i numeri di questi 30 anni: oltre 70.000 partecipanti, 20.000 aziende e 10.000 tra relatori e docenti; numeri che conclamano IKN leader indiscusso nel suo settore.

K come KNOWLEDGE: la società lavora in settori strategici. Ricerca continua e ascolto del mercato garantiscono a IKN la messa a punto di una formazione non standardizzata, costituita invece da contenuti unici, esclusivi e non “googlabili”. I settori sui quali si concentra la società sono: Farmaceutico e Dispositivi Medici, Energy & Utilities, Sanità, Banca e Assicurazioni, Retail e GDO, Industrial, Logistica, Legale e Fiscale, Marketing e Vendite, Project Management.

N

come NETWORKING: IKN Italy opera all'interno di una rete che le permette di organizzare eventi e iniziative che diventano occasioni di incontro per condividere esperienze uniche e sviluppare nuove partnership. Le iniziative di IKN Italy generano relazioni ad alto valore aggiunto, attraverso incontri B2B qualificati. L’Azienda è certificata UNI EN ISO 9001 : 2008 e qualificata per la presentazione di piani formativi a organi istituzionali e fondi interprofessionali che si occupano delle richieste di finanziamento e della gestione dei processi burocratici.

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IKN ITALY ANNUNCIA LA QUARTA EDIZIONE DI CUSTOMER DAY: TRASFORMING THE CUSTOMER JOURNEY Dal CRM al CXM

IKN Italy presenta la quarta edizione di Customer Day, l’unico evento dedicato al Customer Management di tutte le Industry. L’evento nelle passate edizioni ha coinvolto oltre 100 Speaker e più di 800 Partecipanti. Da 4 anni rappresenta l’appuntamento annuale dedicato ai professionisti del marketing che vogliono avere un’occasione di networking e approfondimento su diversi argomenti come: orientare gli investimenti digitali rivolti al miglioramento della cura del servizio e del cliente; definire i processi di back office per analizzare e conoscere il comportamento dei consumatori; conoscere gli impatti operativi e le metodologie della Data Economy applicabili grazie ad Artificial Intelligence, IoT e Robotica; distinguere le strategie per una corretta archiviazione, profilazione e analisi del dato cliente per essere GDPR compliant; conoscere il futuro dell’identità del consumatore delineando i confini fra etica e tecnologia. Customer Day 2018 sarà focalizzato sul tema “Trasforming the Customer Journey: dal CRM al CXM”: diversi gli approfondimenti dedicati ad AI e comunicazione Real Time per innovare la Relation e l’eXperience con il Cliente. Infatti, per operare attraverso un intervento strutturale sull’organizzazione che sia di sostegno a tutto il personale aziendale e che possa guidare al cambiamento è opportuno conoscere meglio il cliente e arrivare a personalizzare non solo l’offerta, ma anche i tempi di proposta, oltre a definire con massima precisione, attraverso i social, il percorso psicologico del consumatore. La quarta edizione propone diversi focus tematici che saranno affrontati nel corso della giornata attraverso: 1 Networking Breakfast, 1 Tavola Rotonda, 2 Keynote Panel, 1 Laboratorio Interattivo e 1 Inspirational Speech a chiusura del convegno.

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Diversi gli approfondimenti in programma: Dal change management alla pianificazione dei processi: come orientare gli investimenti digitali rivolti al miglioramento della cura del servizio e del cliente; Digital Data Economy: Cloud Computing, IoT, AI, Big Data & Analytics, Realtà aumentata e Robotica i nuovi driven delle imprese verso la digital disruption; GDPR e gestione del dato cliente per definire le linee operative per una corretta archiviazione e profilazione e analisi del dato cliente; Etica e Tecnologia 2.0: quale identità per l’uomo del futuro. A Customer Day le aziende Retail, Consumer Goods, Banche, Assicurazioni, Utilities, TLC e Travel-Wellness raccontano le soluzioni di marketing outbound, i programmi di fidelizzazione e le soluzioni di CRM per ottimizzare l’intera esperienza del cliente. L’evento è nato grazie al contributo dell’Advisory Board composto da Top Manager delle principali aziende di riferimento. Per informazioni: http://www.ikn.it/evento/10296/customer-day/home


maggio\giugno 2018

IKN ITALY ORGANIZZA IL PRIMO “RETAIL TOUR” E CREA LA COMMUNITY “ONRETAIL” L’evento, in programma a Milano il prossimo 26 giugno, propone la visita a cinque importanti punti vendita con l’obiettivo di mappare le tendenze “Tech & Digital” IKN Italy presenta il primo “Retail Tour”, un’esperienza riservata a un gruppo limitato di Retailer provenienti da settori diversi nata con l’obiettivo di mappare le tendenze tecnologiche emergenti per il futuro della distribuzione. Il tour, in programma il prossimo 26 giugno, si svolgerà a Milano e prevede la visita di cinque Punti Vendita sotto la guida di un esperto super partes – Marino Vignati, Libero Professionista e Consulente Retail – che illustrerà ai partecipanti le tecnologie presenti negli Store visitati e i relativi campi di applicazione. L’evento, che rappresenta un formato del tutto nuovo, è stato organizzato da OnRetail, la community di IKN Italy dedicata ai professionisti del Retail. Iniziativa nata da pochi mesi, rappresenta la risorsa più completa e aggiornata per il mondo Retail in Italia e non solo. OnRetail mette a disposizione dei professionisti del Retail contenuti e aggiornamenti continui con conferenze, formazione tecnica, articoli, interviste e video. Attraverso canali tradizionali, digital e social offre la possibilità di condividere conoscenze, esperienze aziendali, best practice e innovazioni grazie al contributo dell’Advisory Board e dei maggiori esperti del settore. OnRetail rappresenta lo strumento più adatto per costruire una fitta rete di relazioni e interazioni tra tutti i professionisti attraverso grandi eventi e appuntamenti in cui confrontarsi con partner, colleghi e protagonisti del settore. In occasione del Retail Tour, saranno visitati i seguenti Punti Vendita:  DIFFUSIONE TESSILE (GALLERIA S. CARLO) La catena di Factory Outlet ha terminato il deployment della tecnologia RFID su quasi tutti i negozi italiani e su tutti i capi. Illustreranno il progetto: Sara Denti, Responsabile Retail Diffusione Tessile; Francesco Sarzi, IT Manager Diffusione Tessile; Antonio Rizzi, Professore Ordinario di Logistica e Supply Chain, Università degli Studi di Parma.

MASSIMO DUTTI (GALLERIA VITTORIO EMANUELE) Con l’obiettivo di accompagnare il cliente verso un’esperienza di acquisto unica, sono stati introdotti i camerini interattivi che permettono di scansionare i capi, suggerire gli abbinamenti più interessanti tramite appositi touchscreen, o chiedere informazioni sui capi in prova. Illustreranno il progetto: Mattia Costa, Incaricato Uomo Massimo Dutti; Matilde Bellora, Style Advisor Massimo Dutti;  MISS SIXTY (PIAZZA DUOMO) Introduzione della vetrina social, prima del suo genere, composta da 112 tablet che trasmettono in diretta una serie di contenuti, compresi post in diretta da Instagram. Illustrerà il progetto: Giulia Stramaccioni, Showroom Manager Miss Sixty;  SAN SIRO STORE (SAN SIRO) Nel cuore dello stadio, trova spazio il primo negozio dotato di un evoluto sistema d’intrattenimento in store a tutto tondo con audio e video sincronizzati che si integrano con sistemi di domotica (illuminazione e aromatizzazione) in grado di gestire veri e propri micro eventi tematici personalizzati e personalizzabili. Illustrerà il progetto: Caterina Voltan, Retail & Marketing Manager San Siro Stadium;  C ARREFOUR MARKET (CIT YLIFE SHOPPING) Il Gruppo ha sviluppato alcuni servizi innovativi extra core business, come Carrefour Banque con 30 sportelli operativi. Grazie alla collaborazione con Fitbit, i clienti di Carrefour Banque possono collegare le propri carte di credito Carta Pass Mastercard a Fitbit Ionic per effettuare pagamenti direttamente dal proprio polso in totale sicurezza. Illustrerà il progetto: Ciro Marciello, Responsabile innovazione Carrefour Banque.

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/ Finanza A cura di Laura Lamarra

DALLA COMPRAVENDITA IMMOBILIARE ALLA DIVERSIFICAZIONE FINANZIARIA MM CONSULTING, PLAYER A LIVELLO INTERNAZIONALE, SPECIALIZZATO IN OPERAZIONI DI COMPRAVENDITA DIVERSIFICATA CHE CREANO VALORE. NE PARLIAMO CON IL FONDATORE: MAURO MARASCA.

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Quando e come nasce MM Consulting? Anche se il brand e il sito web sono stati implementati solo l’anno scorso, MM Consulting opera di fatto da anni, offrendo un portafoglio diversificato, per la creazione di reddittività, che spazia dalla compravendita immobiliare, a quella di diamanti e metalli preziosi, auto d’epoca e opera d’arte, al trading sui mercati di capitale, sino alla compravendita di valute e all’innovativo forex delle criptovalute.


maggio\giugno 2018 Tra i primi protagonisti della grossa crisi, le origini professionali nel mercato immobiliare, come l’ha affrontata? Ho reagito al crollo del mercato immobiliare, in cui opero da tempo come agente iscritto all’albo, focalizzandomi sulla vendita di immobili, anziché sulle locazioni, in considerazione dell’alta percentuale di insoluti, tipica di quest’ultimi, nel breve e medio termine. Ho adottato altresì una strategia di marketing in controtendenza, basata esclusivamente su campagne Facebook mirate a categorie di utenti profilati a cui, invece di vendere il “cosa” e il “come”, tipici degli annunci immobiliari standardizzati, promuovevo il “perché”, la ratio dell’opportunità di compravendita. Un approccio innovativo e distintivo che lo porta a oltrepassare i confini veronesi e italiani? Sono sempre stato legato a Verona, terra natia, luogo di residenza e sede operativa, ma volevo fare il grande salto di qualità, continuando a distinguermi dalla massa. Decisi così di sviluppare l’operatività dapprima a Milano, capitale finanziaria internazionale, e successivamente in Grecia e Spagna, paesi che avevano registrato default significativi, per passare poi a

mercati emergenti come Londra e Dubai. Fu una decisione vincente. Dalle operazioni immobiliari internazionali come è avvenuta la diversificazione negli altri servizi offerti?

conoscenza dei mercati, la capacità di diversificazione efficace e l’attenta e rigorosa analisi dell’acquirente per un’ottimale profilazione della clientela, sono senz’altro i nostri punti di forza. Quali sono i fattori chiave di successo?

H o a m p l i a t o l e m i e c o m p e t e n ze , iscrivendomi all’AIEF come educatore finanziario, e le mie collaborazioni, in modo da offrire servizi aggiuntivi, con professionisti qualificati specializzati in attività di valutazione di assets quali quadri, gioielli, macchine d’epoca ecc. sempre più spesso presenti negli immobili dei clienti facoltosi per cui curavo le attività di compravendita. Attualmente è in corso un’ulteriore diversificazione di servizi che vede protagonista il settore sportivo. Siamo ufficialmente main sponsor della neo costituita Milano City, la terza squadra calcistica di Milano dal dopo guerra, e della nazionale italiana calcistica femminile. Quali sono i punti di forza di MM Consulting? I miei clienti richiedono rendite crescenti e minimizzazione dei rischi, ossia massima resa con il minimo sforzo, non facile da realizzare ma non impossibile. La profonda

Essere positivo, altruista, carismatico e lungimirante mi ha aiutato molto. Di fronte a forti shock di mercato, che a mio parere provocano profondi e non temporanei mutamenti, è necessario saper anticipare e cogliere le nuove opportunità e avere il coraggio di adottare un approccio innovativo che si distingue dal modus operandi comune. La formazione, inoltre, sia per ampliare competenze tecniche maturate sul campo, sia per mantenersi aggiornati con l’evoluzione dei mercati, sia per accrescere soft skill è indispensabile. Dal mio mentore, Anthony Robbins, “if you can then you must”, ho appreso l’imprescindibilità di rivedere il proprio il mindset, abbondonare paure, limitazioni e stupidi ancoraggi negativi, come il timore del giudizio altrui, e puntare con coraggio sui propri caratteri distintivi. www.mauromarasca.com info@mauromarasca.com

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/ Tecnologia

SCOPRI COME DIMINUIRE LA PERCENTUALE DI CARRELLI ABBANDONATI Per ogni retailer online riuscire a condurre un utente dal checkout alla conversione è un percorso pieno di ostacoli. Ecco qualche dritta per superarli.

Il checkout, che rappresenta un momento cruciale per la vendita, è ancora un punto in cui si sta lottando per renderlo sempre più customer-centric. Infatti, se l'esperienza fornita non risulta essere unica e memorabile, è probabile che l'utente abbandoni il carrello prima di portare a termine l'acquisto.

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COME SI PUÒ QUINDI INCENTIVARE I POTENZIALI CLIENTI A PORTARE A TERMINE CON SUCCESSO UNA CONVERSIONE?

rubrica BORASO


maggio\giugno 2018

1

KEEP IT SIMPLE

2

RIDURRE AL MINIMO IL TEMPO DI ATTESA

3

EVITARE SORPRESE INASPETTATE ALL'ULTIMO MINUTO

4

RICORDARE AGLI UTENTI A CHE PUNTO DEL PERCORSO SI TROVANO

C

CONCLUSIONE

Quando le persone si approcciano allo shopping online molto spesso hanno poco tempo, si distraggono con facilità, e con molta probabilità, consultano anche prodotti e offerte di altri brand. Processi di checkout lunghi e complessi potrebbero andare ad inficiare la buona riuscita dell'acquisto, che in linea generale dovrebbe comporsi di 5 step. Infatti, prevedere troppi passaggi può portare all'abbandono del carrello e, quindi, a mancati introiti. L'implementazione di progress indicator offrono invece, una visione chiara del percorso che sta compiendo l'utente e supporterà nella gestione delle aspettative dell'utente durante l'intero processo.

Nei negozi fisici si cerca in ogni modo di far attendere troppo tempo i clienti in coda. Lo stesso atteggiamento deve essere applicato per il commercio online. Ad esempio, prevedere dei guest account riduce i tempi di elaborazione, consentendo al cliente di completare l'acquisto senza la necessità di dover impostare un account. Il 33% degli eCommerce ad oggi non offre questa opzione, che ha un impatto diretto sulla percentuale di conversione. Naturalmente l'acquisizione dei dati del cliente attraverso la registrazione è un aspetto importante per proporre comunicazioni coinvolgenti e offerte personalizzate in futuro. Si dovrebbe quindi trovare il giusto equilibrio ed offrire incentivi per i clienti che devono completare lunghi e complessi processi di registrazione.

Quella del checkout rappresenta una delle fasi più critiche del processo di vendita e dovrebbe essere fatto tutto il possibile per incoraggiare la vendita, evitando di presentare al cliente costi imprevisti. La sempre maggior presenza di codici promozionali e spedizioni gratuite sono un potente strumento per incoraggiare i clienti all'acquisto. Questi elementi possono essere delle leve importanti per incentivare ad ulteriori conversioni, vista la riduzione dell'ordine. Devono essere però presentati per tempo, in modo che l'utente abbia il tempo di valutare ulteriori possibilità e preferenze.

Ci sono molti altri motivi per cui gli acquirenti abbandonano un carrello. E non sempre un "abbandono temporaneo" indica la perdita di una vendita. Infatti, grazie agli strumenti della Marketing Automation è possibile condurre attività di follow up sull'utente, riconquistarne l'interesse e incentivarlo a completare la transazione. Queste strategie portano a recuperare fino al 25% dei carrelli abbandonati. Nonostante questo, un alto numero di realtà eCommerce (59%) sceglie di non attuarle affatto.

Se si presta attenzione ai propri utenti durante la fase di checkout e si lavora al fine di costruire un'esperienza di shopping unica e memorabile si otterranno concreti incrementi in termini di conversione e si struttureranno solide relazioni di fiducia con i propri utenti.

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/ Impresa

NUOVO REGOLAMENTO PRIVACY Una corsa contro il tempo e molti punti interrogativi

A cura di Laura Lamarra / Foto © Colmar

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maggio\giugno 2018

Riccardo Gattone, laureato a pieni voti all’Università Statale di Milano, avvocato esperto di diritto societario e commerciale, specializzato nella consulenza aziendale, supporta il management in situazioni di crisi industriali e, nell’ambito di LL Laurus Project, www.laurus-project.com, un network internazionale di boutiques consulenziali d’eccellenza in risposta alle diversificate esigenze di supporto al business, collabora a progetti di adeguamento normativo.

Qual è la ratio della nuova normativa Privacy e a quali soggetti si rivolge? La risposta è articolata. Bisogna chiarire che tutte le aziende e i liberi professionisti, ne ssuno e scluso, sono intere ss ati dalla nuova normativa e rammentare l’obiettivo valoriale del GDPR (General Data Protection Regulation, in sostituzione al Codice sulla Privacy), ovvero garantire alla collettività la massima sicurezza dei dati personali, (nome, cognome, data di nascita, ecc.), di quelli sensibili, (orientamento politico, sessuale, religioso ecc.), oltre a quelli forniti con modalità definibili “non spontanee” dalle persone fisiche, resi disponibili dalla miriade di dispositivi tecnologici oggi in uso. Ne sono un esempio l’indirizzo IP, i dati di geo-

localizzazione, i cookies, con cui lasciamo traccia delle nostre visite ai siti web ecc. Non sorprende che, secondo una recente indagine, siano in molti – persone fisiche e aziende – a non aver ancora identificato quali dati debbano essere protetti. Inoltre, con il nuovo Regolamento Europeo la legge applicabile è quella del soggetto i cui dati vengono raccolti. Social network, piattaforme web e motori di ricerca saranno quindi soggetti alla normativa europea, anche se gestiti da società con sede fuori dall’UE. Quali sono i principali impatti sull’operatività? La conformità normativa richiesta ha implicazioni notevoli e obbliga una radicale revisione dei propri processi organizzativi nella loro interezza. Inoltre, potrebbe portare a scelte in ambito IT, potenzialmente in grado di favorire nuovi progetti di innovazione digitale, anche alla luce della crescente necessità di mettere al sicuro i dati, con efficaci soluzioni tecnologiche. Il progetto di adeguamento al GDPR ha una valenza multidisciplinare, che coinvolge, a vari livelli e in relazione alla realtà specifica: la dimensione legale, per una rivisitazione della contrattualistica e della modulistica in essere o da predisporre con i diversi interlocutori (fornitori, clienti, partner, dipendenti, collaboratori ecc.), quella tecnologica, come sopra descritto, e quella organizzativa, per la necessaria mappatura di dati, processi, presidi e per la connessa attività di risk assessment, volta alla stesura del piano di azioni da intraprendere e del registro dei trattamenti da monitorare nel tempo. Non considerare e/o sottovalutare la complessità richiesta significa, con molta probabilità, non solo rischiare sanzioni, ma anche investire in una direzione errata, per esempio gestendo soltanto l’output dei dati.

significative: fino a 10 milioni di euro, o per le imprese, fino al 2% del fatturato annuo mondiale dell’esercizio precedente, per inosservanza degli obblighi del titolare o del responsabile del trattamento o dell’organismo di controllo; fino a 20 milioni di euro o, per le imprese, fino al 4% del fatturato annuo mondiale dell’esercizio precedente, per non osservanza dei principi di base del trattamento, per inosservanza di un ordine, di una limitazione provvisoria o definitiva di trattamento o di un ordine di sospensione dei flussi di dati dell’autorità di controllo.

“UN MODUS OPERANDI FLESSIBILE E CONSOLIDATO”

Qual è la scadenza e quali sono le conseguenze di un mancato adeguamento? La deadline è il 25 maggio prossimo. Le sanzioni possono essere molto

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“TUTTE LE AZIENDE E I LIBERI PROFESSIONISTI SONO INTERESSATI DALLA NUOVA NORMATIVA”

Si assiste al proliferare di consulenti che offrono soluzioni. Come evitare scelte errate e frettolose? Oggi si è subissati da proposte da parte di aziende che si vantano leader in servizi per l’adeguamento alla normativa. Credo che in pochi abbiano ben presente cosa si debba fare. Ritengo che alla base di questi tipi di servizi ci debbano essere dei professionisti con una solida esperienza, non limitata ai temi legati al diritto, perché di ciò si tratta, ma anche di gestione dei processi e di tecniche di risk management. Il tutto va integrato con ottimi tecnici informatici in grado di analizzare le reti e l’infrastruttura IT. Quali sono punti di forza di LL Laurus Project sul tema privacy? Ben consci dell’impor t anza di non trascurare nessuna delle dimensioni

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sopra citate, LL Laurus Project adotta un approccio metodologico integrato, in grado di governare, con efficacia ed efficienza, la complessità di gestione dei requisiti legali, organizzativi, di audit, risk management e informatici richiesti. Un modus operandi flessibile, disegnato sulle specificità della realtà in esame, e consolidato, frutto di skills specialistici certificati e di esperienze maturate sul campo, riflesso sia nel mix multidisciplinare di professionisti, sia nella modalità operativa adottata.

Riccardo Gattone



CLAUDIO CARINI (HUMAN COMPANY)

/Turismo

A cura di Cinzia Meoni

È boom per le vacanze nella natura.

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IL FONDATORE DI HUMAN COMPANY, SOCIETÀ LEADER NEL SETTORE DEL TURISMO OPEN AIR, SCOMMETTE SULLA CRESCITA DEL GLAMOUR CAMPING E NON SOLO


maggio\giugno 2018

Un cambio vita che ha portato alla nascita di un settore innovativo (per l’Italia) e redditizio: le vacanze glam nella natura. È questo quello che ha contrassegnato la decisione Claudio Cardini, fondatore e presidente di Human Company (in precedenza Ecv Group) di vendere a inizio anni ’80 l’attività di famiglia nel tessile di Prato per dedicarsi alla trasformazione della vecchia idea di campeggio in un a vacanza più strutturata nella natura. “Con la mia famiglia abbiamo iniziato nel 1982 con l’acquisto del camping Girasole a Figline Valdarno. Negli anni la passione, l’impegno e la voglia di migliorarsi nostra e dei nostri collaboratori ci ha portato a fare di quel piccolo campeggio tra le colline del Chianti, oggi il Norcenni Girasole Village, uno dei villaggi più innovativi di tutta Europa e del nostro gruppo il leader in Italia nel segmento del turismo all’aria aperta. I risultati positivi confermano che la nostra formula di vacanza è vincente: servizi d’eccellenza al giusto prezzo costruiti intorno alle necessità delle persone ospiti nelle nostre strutture”. Il villaggio da campeggio di piazzole per tende e roulotte viene trasformato in moderna struttura turistica immersa in oltre 31 ettari di verde con case mobili, e la formula vincente replicata negli anni in ognuno dei villaggi del gruppo. Oggi Human Company è leader di mercato nel turismo open air con una incidenza del 5,5% sul totale delle presenze del settore in Italia (ovvero oltre 4,1 milioni complessivi di ospiti), un’offerta diversificata (9 villaggi, tre ostelli innovativi, un hotel di charme in Toscana) che oggi spazia anche al settore della ristorazione visto che il gruppo partecipa allo sviluppo del format del Mercato Centrale di Firenze (poi replicato anche in altre località) per la valorizzazione delle eccellenze enogastronomiche italiane.

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A 36 anni di distanza dall’inizio, Human Company conta su un giro d’affari di 115 milioni e un margine operativo lordo di 31,8 milioni. A breve partirà la nuova stagione estiva. Qual è il sentimento? Abbiamo già tantissime prenotazioni e siamo molto positivi nei confronti della nuova stagione, che siamo sicuri sarà ricca di soddisfazioni. Da dove arrivano le prenotazioni più numerose e per quale motivo? Avete visto delle evoluzioni in relazione alla vostra clientela in questi ultimi anni? Le presenze nord europee restano la maggioranza: da sempre per loro il turismo open air è un vero e proprio stile di vita. Noi però puntiamo forte anche sull’Italia,

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un bacino d’utenza dove riteniamo ci sia ancora molto margine di crescita. L’enogastronomia sta diventando sempre più importante all’interno dell’organizzazione delle vacanze. Quali iniziative intraprenderete in questo ambito per coinvolgere clienti/potenziali clienti? Stiamo effettuando un’importante ristrutturazione all’interno delle strutture per predisporre ristoranti in grado di esaltare i prodotti del territorio, con un’offerta che includerà anche lo street food. Qualche tempo fa aveva accennato al progetto di nuove aperture. Avrete già nuove strutture pronte al debutto nei prossimi mesi estivi? Dove? La principale è sicuramente Eraclea a Valle Ossi, in Veneto, dove realizzeremo un

villaggio turistico con una capacità ricettiva di 14.000 persone al giorno, valorizzando il paesaggio esistente con 95 ettari a parco turistico rurale, acqua park, piste ciclabili, piazzole con 200 mq di area privata. Stiamo lavorando anche alla riconversione di Porto Tolle. Sarà un villaggio turistico aperto esteso su 110 ettari di superficie e 20 ettari boschivi, accoglierà in futuro fino a 8mila turisti al giorno. Come si uniscono attività così diverse in un solo gruppo? Vogliamo andare oltre la semplice classificazione campeggio/villaggio e hotel/ ostello: nella creazione di un’esperienza unica di soggiorno per le persone, la trasversalità dell’offerta delle strutture Human promette la totale soddisfazione di ogni tipologia di vacanza, anche quelle più esigenti.


TUTTI PAZZI PER IL GLAMPING Niente canadese e fornelletto, ma bungalow e tende immense dotate di ogni comfort. Il glamorous Camping è il trend dell’estate 2018. I posti da non perdere.

Tenda canadese, materassino, sacco a pelo e fornelletto? Niente di tutto questo. I campeggi del nuovo Millennio sono glamour, non hanno nulla da invidiare agli hotel pluristellati e offrono vacanze immersi nella natura circondati dai lussi irrinunciabili di una vacanza in albergo a prezzi a portata di ogni portafoglio. Tutto questo è il glamping, ovvero il glamour camping che si preannuncia come il trend della prossima estate. Si dorme tra gli alberi, talvolta perfino sotto le stelle (o meglio in bolle trasparenti come quelle proposte dalla catena Attrap’ Rêves che ha debuttato ad Allauch, a 15 km da Marsiglia, in Provenza, per poi conquistare La Bouilladisse, Forcalquier, Montagnac e Puget-Ville), lontani da mura, luci e confusione, tornando ai ritmi della natura, senza rinunciare però a vasca

da bagno privata, a volte idromassaggio, arredi glam, comodi letti, cena gourmet e innovativi percorsi enogastronomici, wi-fi e piscine. Bungalow, loge o chalet, in genere, le strutture sono rialzate da terra con pareti interne rigide e pavimentazione in legno e possono raggiungere anche i 40 metri. Insomma, non esattamente il profilo delle vecchie “canadesi”. L’offerta è tailor made: esistono glamping per famiglie dove il parco acquatico è un must (come l’Altomincio Family Park che, a pochi minuti dal Valeggio sul Mincio e da Gardaland, propone lagune e scivoli a prova di bambino); glamping dedicati a week end romantici di coppia (al Whitepod Eco Luxury Hotel, a 1700 di altezza con vista sul lago di Ginevra) o destinati a viaggiatori incalliti (il Maha Resort tra le dune di Dubai;

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l’EcoCamp del Parco Nazionale di Torres del Paine, in Patagonia, Cile; il Collective Yellostone in Colorado, Usa; il Noboisho Camp in Kenya; il 4 Rivers Floating Lodge sul fiume Tatai, in Cambogia) e infine i “Pop-Up Hotel" che sorgono per i festival o i raduni rock, come il Coachella, e offrono sistemazioni di lusso nella natura a pochi passi dall’evento. Dal Veneto al Trentino Alto Adige fino alla Puglia, passando per la Toscana, sono tanti i campeggi che offrono la possibilità di aggiungere un tocco glam a una vacanza nella natura dove ricaricare le pile in vista degli impegni della vita quotidiana. Ecco quelli da non perdere in vista della prossima estate. Caravan Park Sexten, sulle Dolomiti dell’Alto Adige, il Caravan Park Sexten propone addirittura, oltre ai lodge, case sull’albero a 3,5 meri di altezza: le case, a 5 stelle, sono dotate persino di doccia sensoriale, idromassaggio e sauna e offrono una vista spettacolare sulla Meridiana di Sesto.

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Barricata Holiday Village, Porto Tolle (Rovigo), Veneto: i 24 bungalow e le 382 case mobili del villaggio sono immersi in un’area verde di 100mila mq nel cuore del Parco naturale de Po, Riserva della Biosfera Unesco. Tra mare, canneti, valli e dune, un villaggio a 5 stelle aperto anche agli amici a quattro zampe. I canonici di San Marco in Veneto a pochi km da Venezia: ampie tende bianche, arredo super chic e frutteti secolari a un passo dalla Serenissima. Capalbio Village, Toscana: immerso nella natura maremmana, il campeggio offre tende africane dotate di poltrone, divani, bagno e frigobar con verande in legno a 10 metri dalla spiaggia. Molino a Fuoco, Cecina, in Toscana: vicino a Cecina il campeggio di Vada (Livorno) si è trasformato negli anni in un villaggio glamping con bungalow e logde tent. Qui ci sono persino le sky lodge tent, tende a due piani super attrezzate con tetto trasparente e terrazza.

Torre Rinalda Camping Village, in Puglia: a una manciata di km da Lecce e a pochi passi dalla spiaggia, il camping offre diverse soluzioni per una vacanza immersi in 15 ettari di natura incontaminata: a disposizione tende glamour super accessoriate e case mobili. Sporting Club Village, a Mazzara del Vallo, Sicilia: le case mobili sono immerse in un’oasi naturalistica protetta dal wwf e affacciata sul mare. Campeggio Tiliguerta, a Muravera, in Costa Rei, Sardegna: immerso in un bosco di eucalipti e pini, offre le Tili Suite, case mobili di design a un passo dalla spiaggi. Qui tra proposte sportive e di cicloturismo, spicca uno spazio benessere concentrato sulle discipline olistiche e bionaturali. Al camping è presente anche la dog beach.



COLONNA PEVERO HOTEL

/Turismo

Quando relax e glamour non sono un ossimoro.

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A cura di Laura Lamarra / Foto © Colmar

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UN CINQUE STELLE LUSSO, IL COLONNA PEVERO, IMMERSO NELLO SPLENDORE DI UNA NATURA RIGOGLIOSA E AVVOLGENTE, ORMAI DIVENUTO UN’ISTITUZIONE CHE NULLA INVIDIA ALLE STRUTTURE STORICHE DI PORTO CERVO. NE PARLIAMO CON FRANCO DE ROSAS, UNO DEI FONDATORI E GESTORI.

Come nasce l’idea di questa sfida? Quali erano la mission iniziale del progetto e le caratteristiche inderogabili per questa struttura alberghiera? Abbiamo cercato fin dall’inizio, io e mio fratello Pierpaolo, attraverso la struttura e i servizi offerti, di raggiungere i nostri benchmark di riferimento e gli alti standard che una località cosi esclusiva e glamour ci impongono. Siamo soddisfatti del percorso fatto ma dobbiamo impegnarci per migliorare sempre di più. Non avevamo la storia di molte strutture che da sempre sono pietre miliari della Costa Smeralda, né la pretesa di anteporci a loro naturalmente. La nostra mission era più rivolta verso noi stessi, ossia cercare di offrire un servizio “tailor made” che facesse sentire i nostri ospiti come a casa. La struttura non a caso è situata in una posizione ideale, in prossimità della rinomata, glamour ed effervescente località di Porto Cervo e al tempo stesso connotata dalla discrezione assoluta, dalla pace e tranquillità del Pevero; dovevamo assolutamente sfruttare a pieno questo vantaggio. Le camere dovevano essere fronte mare, per dare la possibilità a tutti i clienti di godere di questo spettacolo inimitabile che è la baia del Pevero. In più, la struttura doveva far vivere agli ospiti sensazioni uniche, in diretto contatto con la natura della Sardegna.

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maggio\giugno 2018

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Cinquant’anni, all’incirca, di Costa Smeralda ed in particolare di Porto Cervo. Come è cambiato, negli ultimi anni, se di mutamento si può parlare, il turismo, e in particolare la tipologia del vostro turista target, che affolla ogni estate la Costa Smeralda? Porto Cervo ha visto nel tempo l’avvicendarsi di diverse nazionalità. Le percentuali per la nostra struttura sono rimaste piuttosto stabili con il 35% di ospiti italiani e per il restante stranieri, principalmente russi, americani, tedeschi e inglesi. Un turismo fedele che spesso ritorna di anno in anno e tramanda anche ai figli l’amore per questa parte di Sardegna. Più che il turista ad essere cambiato, mi avventurerei nel dire che è il concetto di lusso ad aver subito una naturale evoluzione. I nostri ospiti sono molto più attenti alla qualità, ricercano un servizio impeccabile ma al tempo stesso un clima familiare e accogliente. Vogliono vivere soggiorni all’insegna del green luxury, sono attenti a ciò che mangiano e vogliono prodotti che rispettino alti standard biologici. Nella nostra struttura, ad esempio, abbiamo realizzato un orto, dove coltiviamo le nostre verdure e gli odori che il nostro Chef, Antonio Erriu, utilizza nei nostri 3 ristoranti, oltre ad aver stretto rapporti consolidati con aziende che producono prodotti biologici al 100%.

"UNA VACANZA DI RELAX E DIVERTIMENTO IN UNA DELLE LOCALITÀ PIÙ ESCLUSIVE AL MONDO"

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maggio\giugno 2018

In termini di trends per l’estate 2018 per la Costa Smeralda e in particolare per il Colonna Pevero, qual è la direzione intrapresa? Continuerete sul percorso avviato o seguirete nuovi orientamenti? La tendenza di fondo rimane invariata; una vacanza di relax e divertimento in una delle località più esclusive al mondo, con un mare color smeraldo che nessuna macchina fotografica riesce a riprodurne fedelmente i colori. Continuiamo su un percorso di analisi delle esigenze e dei desiderata, sempre mutevoli, del singolo ospite. Focalizziamo la nostra attenzione principalmente sul servizio, il resto lo fa la struttura, con le sue 101 camere, le cinque piscine a sfioro, i nostri ristoranti e bar, il nostro centro benessere, il vicino Pevero Golf Club, senza dimenticare il ruolo fondamentale svolto dalla spettacolare natura di questa meravigliosa terra e dal glamour che da sempre la contraddistingue. www.colonnapeverohotel.it

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/Turismo

ENOTURISMO ROERO Il Piemonte da scoprire oltre le Langhe. A cura di Cinzia Meoni

COLLINE COPERTE DA VIGNE E FRUTTETI, CASTELLI E FORTEZZE, RISTORANTI STELLATI E SUPERBE CANTINE. TUTTO QUESTO È IL ROERO CHE HA DATO IL SUO NOME A DUE DOCG DA METTERE IN CANTINA.

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Il Roero è uno di quei luoghi da scoprire che ti ruba, per così dire, pancia e cuore. Terra dei Savoia e cugino stretto delle vicine Langhe, il Roero è formato da 22 borghi alla sinistra del Tanaro, a metà strada tra Asti e Cuneo. Un’area che per il turista enogastronomico rappresenta un paradiso, dove si può scoprire il territorio percorrendo i sentieri del vino o sui sentieri MGA (Menzioni geografiche Aggiuntive) della Docg Roero e del miele, e tra un filare e l’altro farsi stupire dalla maestosità delle fortezze, come il Castello


maggio\giugno 2018 di Monteu Roero e l’incanto di antichi manieri come il Castello di Guareme da cui si domina il Roero e il Castello reale di Carlo Felice di Casa Savoia a Govone. Una serie infinita di colline, che partono dall’impressionante voragine delle Rocche fino al fiume Tanaro, caratterizza il territorio su cui si alternano vigneti, boschi e frutteti. Proprio alle Rocche poi è dovuta la ricchezza dell’area: queste infatti sono una formazione naturale unica simile ai canyon e alla “cattura del Tanaro”, o meglio allo spostamento del fiume dalla sua sede originaria e all’innalzamento della terra dove un tempo c’era il mare, e hanno portato alla creazione di un terra propizia all’agricoltura e, tra l’altro, al tartufo. Per rendere omaggio a questa caratteristica geologica a cui si deve, almeno in parte, la ricchezza della tavola del Roero, si può esplorare l’ecomuseo delle Rocche che unisce, in un unico museo aperto, gli otto comuni sorti sulla faglia. Da Cisterna a Pocapaglia ci si imbatte in uno scenario

suggestivo dominato da una flora unica e dove le pareti sabbiose della collina formano guglie e anfiteatri naturali. Qui si va per cantine alla scoperta dei 76 produttori di Roero appartenenti al consorzio che propongono due Docg: il Roero, vino rosso a base di uve nebbiolo, e il Roero Arneis, vino bianco a base delle omonime uve. Ad oggi sono più di 1.100 gli ettari vitati della Denominazione Roero, per un totale di 6,5 milioni di bottiglie (di cui 6 milioni di Roero Arneis) prodotte, un’eccellenza sempre più riconosciuta in Italia e all’estero (il 60% della produzione è venduto oltreconfine). Qui si va per cantine alla scoperta dei 76 produttori di Roero appartenenti al Consorzio di Tutela del Roero che propongono due Docg: il Roero, vino rosso a base di uve Nebbiolo (per un minimo del 95%) coltivate nei comuni previsti dal disciplinare, e il Roero Arneis (sempre per un minimo del 95%), vino bianco a base delle omonime uve.

“SOLO LA SCOPERTA DEL TERRITORIO PUÒ MOSTRARE L’IMPRESCINDIBILE LEGAME DI QUESTE COLLINE CON IL VINO”

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Fanno parte della denominazione di origine controllata “Roero” solo i vigneti in collina tra i cui filari spiccano i suggestivi ciabòt (un tempo ripari per i momenti di riposo). Il paesaggio vinicolo, insieme all’architettura delle case contadine, è stato dichiarato dall’Unesco Patrimonio culturale dell’umanità. “Vogliamo raccontare al meglio il nostro bell’angolo di Piemonte e far conoscere i diversi aspetti della nostra zona di produzione, dai castelli ai sentieri tra i vigneti, dalle eccellenze gastronomiche all’attività culturale che ci contraddistingue” si propone Francesco Monchiero, presidente del Consorzio, che poi aggiunge: “solo la scoperta del territorio può mostrare l’imprescindibile legame di queste colline con il vino”. E la tradizione del Roero passa anche dalla tavola con piatti che si sposano alla perfezione con il Roero e il Roero Arneis. Da non perdere la carne cruda battuta a coltello, il brasato al Roero, la pasta fresca degli agnolotti e dei tajarin, il fritto misto piemontese e, in stagione, i tesori del bosco: funghi e tartufi. Tra i prodotti del territorio menzione speciale per la pesca di Canale e la pera Madernassa.

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Tra ristoranti gourmet e trattorie tipiche, sono numerosi gli indirizzi da provare in un viaggio nel Roero. Tra gli stellati meritano una sosta: il ristorante All’Enoteca di Davide Palluda a Canale che fin dal 2000 è contrassegnato da una stella Michelin; Da Francesco (una stella Michelin), ospitato nel palazzo dei marchesi Fracassi Ratti Mentonte e La Madernassa (una stella Michelin), a Castelrotto Guarene, dove Davide Mammoliti propone una cucina innovativa partendo però dalle eccellenze piemontesi.



/ News in Town

NEWS IN TOWN Locali, bar, ristoranti e vini da enoteca A cura di Cinzia Meoni

A Milano il Food&Berverage è in ebollizione. Le novità sono numerose e raccontano la voglia di innovare negli spazi, nei prodotti e nella contaminazione di idee. Talvolta per un singolo progetto, altre volte per un’idea destinata ad espandersi, se avrà successo sotto la Madonnina, sull’intero territorio. Ecco il poker d’assi di maggio-giugno con le novità più elettrizzanti del mercato.

COTÒLICIUS

La cotoletta finger food

La cotoletta in formato finger food dà il via a un nuovo brand. Nata dall’idea imprenditoriale di Bartolomeo, Filippo e Luca, Cotòlicius è una nuova catena di high quality food-fast dedicata alla cotoletta di pollo proposta in tagli finger food. Sono già tre i chioschi aperti a Milano (all’angolo tra via Bocconi e viale Bach, in Piazza Luigi di Savoia e all’interno del Parco Sempione). Ma l’idea dei fondatori è quella di espandersi in Italia e all’estero portando l’esperienza di gusto personalizzata grazie a sei panature e dodici salse.

RINALDINI CONCEPT STORE

Le pasticcerie d'autore

La pasticceria firmata si espande in città Roberto Rinaldini, tre volte campione del mondo nelle arti della Pasticceria e Gelateria, e Micaela Dionigi mettono in vetrina la visione di una pasticceria francese in Italia e aprono la prima di una serie di punti vendita a due passi dal Teatro alla scala di Milano, in via Santa Margherita, 14. Il negozio è una piccola boutique ricco di golosità, a cominciare dalla “Torta Milano”, dove non manca però lo spazio salato per la pausa pranzo. Ed è solo il primo: in arrivo ci sono altre 30 aperture in Italia e all’estero entro i prossimi quattro anni.

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maggio\giugno 2018

KITCHEN SOCIETY

Il sushi italiano di chef Alex

In una via della vecchia Milano in zona Sempione (via Chizzolini 2), Kitchen Society ha rivoluzionato lo spazio, un tempo una jamoneria (ma il Pata Negra è rimasto in menù), creando un locale luminoso e innovativo dove lo chef Alex Seveso propone il suo “sushi all’italiana” e una cantina curata al dettaglio (dispone persino di vino kosher). L’idea è semplice, anche se solo in apparenza: partire dall’arte tracciata dalla cucina giapponese per inserire elementi tipicamente italiani come olio extra vergine di oliva, capperi, olive e persino pesce di lago. Una cucina fusion che esalta il meglio di due culture a portata di budget.

CASA VINICOLA PIETRO NERA

Dal Vinitaly alla Valtellina

Il vino eroico della Valtellina anche in bianco Valtellina Superiore Docg Inferno, Sassella, Grumello, Valgella, Sforzato di Valtellina: rossi importanti e nomi che sono musica per le orecchie dei wine lovers. Stefano Nera peraltro ha ideato due bianchi, appena presentati con successo al Vinitaly, ottenuti dalla vinificazione in bianco delle uve nebbiolo (notoriamente a bacca rossa): Igt Alpi Retiche “la Novella” e Igt Alpi retiche “Rezio”.

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/ Fashion

ECO-FASHION: Alla ricerca di una moda sempre più sostenibile. A cura di Patrizia Saolini

IL MODELLO ECO FASHION STA PRENDENDO SEMPRE PIÙ PIEDE E OGGI SONO DIVERSI I BRAND CHE PROMUOVONO UNA POLITICA DI RESPONSABILITÀ E TRASPARENZA IN TUTTA LA FILIERA, NEL RISPETTO DEL PIANETA E DEI DIRITTI UMANI. Secondo il Danish Fashion Institute, la moda è la seconda industria più inquinante dopo quella del petrolio e impiega il 25% delle sostanze chimiche prodotte in tutto il mondo. Inoltre, il cosiddetto "fast fashion", ovvero la produzione e la vendita a ciclo

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maggio\giugno 2018 continuo di capi economici di tendenza, si sta dimostrando essere direttamente correlata al peggioramento delle condizioni di lavoro e allo sfruttamento della manodopera impiegata nel settore. Un simile scenario evidenzia l'urgenza di adottare da parte delle aziende coinvolte, un nuovo modello di moda sostenibile, sia da un punto di vista ambientale che etico.  ECO FASHION E AMBIENTE Con la definzione eco fashion si intendono i principi, le linee guida e le attività che individuano un modello sostenibile in tutta la filiera, affinché venga messo in atto dalla produzione alla distribuzione una diversa tipologia di approccio, più responsabile verso l’ambiente e orientata al riuso, soprattutto da parte dei consumatori. L'eco fashion mira dunque a una produzione senza sostanze chimiche dannose e sviluppa consapevolezza nelle aziende del settore moda che possono impattare sull'ambiente in diversi modi. Il primo e più discusso è quello che riguarda l'impiego di sostanze chimiche inquinanti e potenzialmente pericolose per la salute dell'uomo. Già nel 2011, Greenpeace ha portato il problema all'attenzione dell'opinione pubblica con la campagna “Panni Sporchi”. Tale operazione ha rivelato che nelle acque reflue degli stabilimenti tessili e manifatturieri della Cina erano presenti 11 gruppi di sostanze chimiche altamente nocive. Ma la diffusione di inquinanti nell'ambiente non è l'unico pericolo connesso all'uso di composti chimici. Alcune sostanze utilizzate nell'industria del fashion possono infatti entrare nell'organismo attraverso la pelle (per contatto) e accumularsi in concentrazioni superiori a quelle tollerate (accumulo biologico). Altri modi in cui il sistema moda impatta negativamente sull'ambiente sono l'uso di cuoio, pellame, pellicce e loro derivati, visti gli alti consumi energetici e gli scarti elevati. Il modello eco fashion si propone dunque come una rivoluzione sostanziale di tale organizzazione, attraverso l'adesione a programmi che hanno l'obiettivo di eliminare completamente le sostanze chimiche

tossiche e/o dannose dal ciclo produttivo, l'adozione di una politica vegan e cruelty free come quella promossa da Fur Free Alliance, la razionalizzazione della filiera produttiva e distributiva e il potenziamento della ricerca. Fino ad arrivare a porre il focus sul riciclo e sullo shopping più consapevole dei consumatori con gli esempi delle campagne per la raccolta di abiti usati promosse da H&M, OVS e Intimissimi.  I BRAND DELL'ECO FASHION Nel 2016 Zara, H&M e Benetton hanno completato con successo il programma Detox di Greenpeace, mentre Patagonia ha presentato la prima linea di mute in gomma naturale, prodotta secondo gli standard di Rainforest Alliance, una ONG che opera per conservare la biodiversità e garantire condizioni di vita sostenibili. L'azienda specializzata in abbigliamento sportivo e outdoor è anche tra i fondatori della Sustainable Apparel Coalition, una coalizione di più di 60 stakeholder della moda che si adoperano attivamente per la realizzazione del modello eco fashion. Altri brand che hanno abbracciato la filosofia sostenibile e a basso impatto ambientale sono Esprit, Freitag e Regenesi che hanno realizzato collezioni in materiali naturali e riciclabili, e Levi's, che da tempo ha ridotto il consumo di acqua per il finissaggio del denim e che utilizza ECONYL di Aquafil un ingrediente tessile totalmente sostenibile, realizzato al 100% con materiali rigenerati. Tra i grandi nomi della moda spiccano Giorgio Armani, che ha sposato la causa di Fur Free Alliance e ha detto basta all'impiego di pellame e pellicce di origine animale, e Stella McCartney, una vera e propria pioniera dell'eco fashion, da sempre impegnata nella ricerca di fibre e materiali alternativi e cruelty free.

e promuovere un circolo virtuoso di sostenibilità ambientale ed etica. In Europa segnaliamo il Copenaghen Fashion Summit (organizzato dal Danish Fashion Institute), la Green Fashion Week (la cui sesta edizione ha avuto luogo a Roma) e il Greenshowroom di Berlino. Ma la novità assoluta sono stati gli Oscar della moda sostenibile, ovvero la prima edizione dei Green Carpet Fashion Awards Italia 2017, organizzati dalla Camera Nazionale della Moda Italiana in collaborazione con Eco-Age di Livia Firth. Per l’occasione, il Teatro alla Scala di Milano si è trasformato in una passerella di brand internazionali che ha visto protagonisti sul palco oltre a Giorgio Armani, anche Gucci, Prada e Valentino come esempi di aziende impegnate nel cambiamento verso la sostenibilità. Tra i vari premi assegnati, ricordiamo anche il Franca Sozzani GCC Award for Best Emerging Designer, ovvero quello per il miglior stilista sustainable, che lo scorso anno è stato vinto da Tiziano Guardini. Il giovane stilista romano ha conquistato la giuria grazie ad un abito in seta cruelty free ed ha avuto la possibilità di sfilare alla Milano Fashion Week autunno inverno 2018-19.

GLI EVENTI DELL'ECO FASHION La progressiva affermazione dell'eco fashion ha determinato la nascita di una serie di eventi pensati per fare conoscere il modello a un pubblico sempre più grande

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/ Food

ALDI SÜD: Germania, Düsseldorf e Colonia

A cura di Fabrizio Valente, fondatore e amministratore KiKi Lab - Ebeltoft Italy

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ALDI SÜD FA SPERIMENTARE LA QUALITÀ DEI PROPRI ASSORTIMENTI CON DEGUSTAZIONI GUIDATE DA ENOLOGI E UNA CUCINA PREPARATA DA CHEF, IN CHIAVE CONTEMPORARY DI FORTE COINVOLGIMENTO.


maggio\giugno 2018

NEGOZI POP-UP (vendita di vino/ristorazione) MEINE WEINWELT • Düsseldorf • 2017 • 5 giorni di apertura • 12 vini selezionati BISTRO • Colonia • 2017 • 3 mesi di apertura • 90 mq su 2 piani

Negli ultimi anni il mondo del discount “alla tedesca” ha investito per rafforzare l’immagine di qualità della propria proposta. Recentemente Aldi Süd ha utilizzato in Germania il canale dei pop-up store per due iniziative con questi obiettivi, che riguardano la categoria dei vini e la cucina di alta qualità. Meine Weinwelt (Il mio mondo del Vino) ha aperto per 5 giorni a Düsseldorf, riprendendo il concetto dello stand creato alla fiera internazionale del vino ProWein, svoltasi nella stessa città. Si tratta di uno spazio dedicato con 12 vini selezionati, presentati dal sommelier di fama mondiale Markus Del Monego. Bistro è invece un ristorante pop-up mobile, caratterizzato da uno stile accattivante di upcycling industriale, basato sul recupero di materiali di scarto. I clienti possono scegliere tra vari piatti selezionati dal rinomato chef televisivo Robert Marx, preparati unicamente con ingredienti dell’assortimento di Aldi Süd. Dopo tre mesi a Colonia, la prossima tappa del bistrot di Aldi sarà Monaco di Baviera. SOGNI ACCESSIBILI Entrambi i progetti convergono sul concetto di "sogni accessibili": avere la possibilità di confrontarsi, imparare e farsi consigliare da grandi esperti per acquisti dal costo non proibitivo.

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La campagna di Aldi "Simple is more" (semplice è di più) rinforza il messaggio di puntare senza fronzoli a qualità, genuinità, semplicità ed eleganza. Il bistrot è stato costruito con otto container e impreziosito con interni in legno. Il pop-up è stato aperto per tre mesi e ha ospitato eventi speciali legati a vino, barbecue, fitness e salute. Per sottolineare il principio di semplicità e di forte convenienza è stato offerto ogni giorno un unico menù a 7.99 euro, comprensivo di antipasto, piatto base (a rotazione carne, pesce o piatto vegetariano) e un dessert. Tutti gli ingredienti impiegati sono acquistabili nei negozi Aldi e quindi la distribuzione delle ricette ha stimolato la voglia di provare a realizzarle personalmente. COINVOLGIMENTO ATTIVO Il pop up con i 12 vini esclusivi viene animato grazie a costanti presentazioni e degustazioni. Lo spazio è stato usato anche da rinomate aziende vinicole ed enologi che collaborano con Aldi per presentare i propri prodotti. Le sessioni esperienziali hanno avuto un forte impatto per aiutare i clienti a esplorare i diversi sapori e individuare quelli preferiti. Il coinvolgimento si sviluppa anche grazie a vari strumenti: filmati, una rivista ad hoc, ricette con suggerimenti sugli abbinamenti più adatti e social media dedicati.

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maggio\giugno 2018

COMMENTO FINALE DI KIKI LAB ED EBELTOFT GROUP Con entrambi i pop-up, Aldi è riuscito ad ottenere un importante rafforzamento della propria immagine. La scelta di location centrali nelle due città ha consentito ampia visibilità in zone di alto traffico e contribuito a trasmettere un posizionamento di qualità. La credibilità del progetto inoltre è fondata su un aspetto fondamentale: tutti i prodotti utilizzati nelle esposizioni, degustazioni e attività di cucina sono presenti negli assortimenti dei negozi. PROSSIMO CONVEGNO KIKI LAB Milano 17 ottobre, Ki-Best 2018 e Open-Inn Retail Award 2a ed. Convegno a pagamento, inviti disponibili per manager Retail e IdM (disponibilità limitata). PER INFORMAZIONI E ISCRIZIONI: kiki@kikilab.it – 030 22 16 81

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/ Consigli di lettura

RETAIL COACHING DI PATRIZIA SAOLINI

a cura della redazione

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maggio\giugno 2018

La sfida che il retail coaching si propone è di accompagnare le organizzazioni retail nel passaggio dall’attuale era multicanale (da una parte i negozi fisici e dall’altra l’e-commerce) a quella dell’everywhere commerce, dove la differenza tra fisico e digitale non avrà più ragione di esistere e la presenza del negozio ubiquo e pervasivo sarà ritenuta normale consuetudine. I venditori dei negozi tradizionali sono dunque al centro di un cambiamento culturale che porta a riconsiderare il servizio al cliente in base alla competitività dei player digitali e alla commistione dei media.

In questo scenario in continuo mutamento, il metodo del retail coaching ottimizza il ruolo dello staff di vendita allineandolo ai nuovi diktat della cultura convergente. Il direttore di negozio e il venditore avranno la responsabilità di perfezionare le loro capacità relazionali per incentivare la partecipazione del consumatore alla co-creazione del successo del brand. Il retail coaching è il catalizzatore del potenziale dei venditori, allenati dal coach sul piano di vendita come fossero i protagonisti di un team sportivo. Strategia, tattica, motivazione, obiettivi comuni e spirito di squadra sono termini che, mutuati metaforicamente dall’ambiente agonistico, vengono utilizzati spesso in ambito manageriale e commerciale. E il retail coaching intende portare tali metafore ad una loro effettiva attuazione proprio durante questa transizione epocale in cui la customer experience vale di più dell’acquisto in sé. Più in generale, un’organizzazione retail efficiente e performante dovrà conoscere il campo di gioco, gli avversari, le regole della competizione, ma soprattutto dovrà avere una piena consapevolezza e capacità di valorizzazione del team di vendita.

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COMING SOON

/ Coming Soon

maggio\giugno 2018

a cura di Cinzia Meoni

96ª EDIZIONE DEL FESTIVAL LIRICO Arena di Verona 22 giugno - 1° settembre 47 serate Il Festival sarà inaugurato dalla Carmen di Georges Bizet, opera tra le più rappresentate al mondo, in un nuovo allestimento tutto da scoprire a firma del regista argentino Hugo de Ana. Si prosegue con grandi classici come Aida (di Giuseppe Verdi) con l’allestimento di Franco Zeffirelli; Turandot (di Giacomo Puccini) con l’allestimento del 2010 firmato da Franco Zeffirelli; Il Barbiere di Siviglia (Gioachino Rossini) sull’allestimento di Hugo de Ana, oltre al ritorno di Nabucco di Giuseppe Verdi nella messa in scena di Arnaud Bernard che ha inaugurato la stagione estiva 2017. In cartellone anche due serate-evento: Roberto Bolle and Friends (il 25 luglio) e la Verdi Opera Night (il 26 agosto).

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/ Coming Soon

LUCCA SUMMER FESTIVAL 23 giugno - 26 luglio FOREVER CRAZY - CRAZY HORSE Teatro Nuovo di Milano 20 giugno - 24 giugno Elegante, cosmopolita, spumeggiante... l’autentico cabaret di Parigi, fondato da Alain Bernardin nel 1951, è al Teatro Nuovo di Milano. Nel corso degli anni Bernardin sviluppa un linguaggio artistico che si avvale di danzatrici classiche, dai corpi perfetti, vestiti principalmente da proiezioni. Ogni numero è concepito come un quadro moderno e impertinente, progettato intorno al linguaggio coreografico, scenografico e delle proiezioni. “Forever Crazy” propone una selezione dei numeri più famosi del cabaret più glamour di Parigi, dal leggendario “God Save Our Bareskin”, numero coreografato da un tenente dell’esercito britannico, che apre dal 1989 tutte le serate del locale parigino, fino alle recenti creazioni firmate dal coreografo Philippe Decouflè. Il risultato è uno spettacolo unico, tra arte e divertimento, un caleidoscopio unico di bellezza, passione e precisione, da non perdere assolutamente.

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Il Summer Festival di Lucca, a mezz’ora di macchina dal mare della Versilia, propone il meglio della musica contemporanea internazionale La 21° edizione si apre con i Queens of the Stone Age (23 giguno) e prosegue con con Caparezza (27 giugno), Sfera Ebbasta (1 luglio), gli Hollywood Vampires (7 luglio), Ringo Star (8 luglio), Roger Waters (11 luglio) , Gorillaz (12 luglio), Max Pezzali, Nek e Francesco Renga (14 luglio), Nick Cave and The Bad Seeds (17 luglio), Lenny Kravitz (18 luglio), James Taylor (20 luglio), Gianni Morandi (22 luglio), i King Crimson (25 luglio) e Norah Jones (26 luglio) .


maggio\giugno 2018

NOTTE ROSA Riviera Adriatica 6 luglio Il Capodanno estivo in Riviera quest’anno si terrà il 6 luglio. Tutti i 110 chilometri di costa della Riviera Romagnola si tingeranno ancora una volta di rosa, diventando palcoscenico di spettacoli e intrattenimenti per tutti al grido di “Pink your life”. Ogni località della riviera e non solo (quest’anno è coinvolto anche l’entroterra) interpreta a suo modo la notte più lunga dell’estate, unite dal fil rouge dei fuochi d’artificio che uniranno i diversi centri della festa.

COLLISIONI FESTIVAL Barolo 29 giugno - 28 luglio Giunto alla sua decima edizione, Collisioni si è affermato negli anni come uno dei festival più importanti del Piemonte. A Barolo, nel cuore delle Langhe, si susseguono giornate di incontri e concerti. Il paese diventa un palcoscenico che ospita dibattiti con premi Nobel, scrittori, giornalisti, attori, in un’atmosfera informale, di dialogo costante con il pubblico. Frequentato da decine di migliaia di spettatori, è uno degli eventi culturali più attesi in Italia. Il Festival si svolge nel cuore delle Langhe, nel paese di Barolo. In cartellone tra l’altro: Elio e le Storie Tese (29 giugno), Max Pezzali, Nek e Francesco Renga (30 giugno); Caparezza (1 luglio); Depeche Mode (2 luglio); Steven Tyler (24 luglio) e Lenny Kravitz (28 luglio).

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SAVE THE DATE

/ Save the Date

a cura di Cinzia Meoni

1, 2 e 3 giugno E a seguire gli altri tre weekend di giugno FRANCIACORTA SUMMER FESTIVAL Villa Fassati Barba di Passirano Un long weekend dà il via a un mese dominato da un raffinato cartellone di appuntamenti che richiama da anni in Franciacorta, all’inizio dell’estate, migliaia di wine lovers. Venerdì 1o giugno i ristoranti della Strada del Franciacorta proporranno il loro Menu Festival con i prodotti del territorio. Sabato 2 sarà dedicato alla scoperta della Franciacorta, dei suoi vini e dei suoi prodotti. Domenica 3 grande festa nel parco della settecentesca Villa Fassati Barba di Passirano con proposte gourmet a base di prodotti del territorio abbinate a Franciacorta e sottofondo di musica: protagonisti saranno Chef locali e Chef ospiti (fra cui Alessandro Gavagna, Chef stellato del ristorante La Subida di Cormons). l successivi weekend di giugno saranno dedicati ciascuno ad un tema: il fine settimana 9/10 giugno sarà dedicato allo sport e ai pic-nic nei vigneti; il 16/17 giugno sarà dedicato all’arte e alla cultura con il patrocinio del Fai e il 23/24 giugno sarà infine dedicato alla musica con concerti in cantine e luoghi di particolare fascino.

6 giugno E a seguire: 27 giugno, 18 luglio, 5 settembre e 5-7 ottobre CIRCUITO RISTOGOLF Golf Club a Como Sesta edizione del Circuito Ristogolf 2018 by KitchenAid & Estra, l’evento itinerante (partito il 16 maggio al Gold Club Castelconturbia di Novara) unisce l’eccellenza del golf al mondo dell’alta ristorazione. Ideato dall’Associazione Ristoratori Albergatori & Co., Ristogolf continua a evolversi. Il 6 giugno la sfida tocca Como, al Golf Club La Pinetina, per proseguire, il 27 giugno al Golf Club Bologna, il 18 luglio al Golf Club Asiago e il 5 settembre al Golf Club Villa d'Este. Il circuito si chiude il 5-6-7 ottobre al Il Picciolo Etna Golf Resort & Spa. All’interno delle strutture immerse nel verde, saranno previste diverse “buvette”, postazioni gourmet sui green per offrire degustazioni durante le gare, seguite da showcooking in compagnia degli chef ospiti e da un gourmet party. Questa edizione vedrà la partecipazione tra l’altro degli chef Enrico Cerea, Giancarlo Morelli, Norbert Niederkofler, Davide Scabin, Claudio Sadler, Enrico Bartolini, Davide Oldani.

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Customer Day


/ Save the date 8 giugno WDine Tasting Hilton Molino Stucky Venice E a seguire: 14 giugno, 28 settembre e 5 ottobre L’Hilton Molino Stucky Venice mette in scena presso il proprio ristorante Aromi, appena riaperto, un incontro di eccellenze: è questo il concept di WDine Tasting, cene evento che vedranno protagonista la cucina e la creatività dello Chef Ivan Catenacci abbinate alle selezioni delle migliori cantine italiane, in un percorso alla scoperta dell’abbinamento perfetto. sette portate, abbinate ad altrettanti vini, esaltano i prodotti del territorio, combinandoli tra di loro grazie alla creatività dello chef Catenacci. Lo stesso Hilton Molino Stucky Venice vale il viaggio. Definito come “un moderno capolavoro veneziano”, è ospitato all’interno di un ex molino di fine Ottocento, sulle sponde dell'Isola della Giudecca e propone otto ristoranti e bar unici per un’offerta gastronomica d’eccellenza. Il WDine Tasting propone in cartellone: La serata dell’8 giugno è dedicata al Trentino Alto Adige, il 14 settembre al Prosecco Valdobbiane, il 28 settembre ai Colli Euganei e il 5 ottobre a Montalcino.

Festa del Redentore Venezia 14 luglio La Festa del Redentore è tra le festività più sentite dai veneziani, in cui convivono l’aspetto religioso e quello spettacolare. Già al tramonto le imbarcazioni iniziano ad affluire nel Bacino di San Marco e nel Canale della Giudecca per godersi lo spettacolo pirotecnico (gratuito) sul bacino di San Marco che, ogni anno, attrae migliaia di visitatori.

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