numero
50
Anno 9 Maggio | Giugno 2019
www.bgsalute.it Poste Italiane spa Sped. in Abb. Postale DL 353/2003 (Conv. in legge 27/02/2004 N.46) Art. 1 comma 1 LO/BG
3 0 MI L A
COPIE
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Anemia CURE SU MISURA A SECONDA DELLA GRAVITÀ E DELLA CAUSA
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ACPG PER PERDERE PESO E MANTENERLO NEL TEMPO
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Dismorfismo corporeo SPECCHIO, SPECCHIO DELLE MIE BRAME
38
Fitness ACROBATICA AEREA
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14
Bonnot
La mia musica? Un inno alla natura e alla solidarietà Maggio/Giugno 2019 | Bergamo Salute | 1
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numero
50
Anno 9 Maggio | Giugno 2019
www.bgsalute.it
) EDITORIALE 5 Da 9 anni innamorati della salute dei bergamaschi ) SPECIALITÀ A-Z 6 Cardiologia Aritmie. Sotto controllo con il telemonitoraggio 8 Ematologia Anemia: cure su misura a seconda della gravità e della causa 10 Endocrinologia Malattie autoimmuni: i falsi miti ) PERSONAGGIO 14 Bonnot La mia musica? Un inno alla natura e alla solidarietà ) IN SALUTE 18 Stili di vita Moovin’ Bergamo. Il contest che fa bene alla salute 20 Alimentazione ACPG: il nuovo metodo per perdere peso e mantenerlo nel tempo 24 Semi di benessere ) IN ARMONIA 26 Psicologia Specchio, specchio delle mie brame. Il disturbo di dismorfismo corporeo 28 Coppia Sesso dopo i 65 anni, tra benefici e tabù da abbattere
) IN FAMIGLIA 30 Dolce attesa Parto cesareo. Istruzioni per l’uso 34 Bambini Morbillo. Vietato abbassare la guardia 36 Ragazzi Adolescenza e celiachia. Un binomio complicato ) IN FORMA 38 Fitness Acrobatica aerea. In forma sospesi per aria 40 Bellezza Uno sguardo più giovane senza bisturi ) ATS INFORMA 42 Zanzara tigre. Ecco come prevenire i rischi ) RICETTE 50 Orzotto ai carciofi 51 Cecine di primavera 52 Mousse al carcadè profumata alla menta ) RUBRICHE 54 Altre terapie Idrocolonterapia. Cosa è e a cosa serve 57 Animali Fuoritutti 2019. Guida all’adozione consapevole ) DAL TERRITORIO 60 News 62 Onlus ConGiulia Onlus
64 Farmacie Salute nel web tra disinformazione e fake news. Non cadiamo nella rete 66 Il lato umano della medicina Un angelo bergamasco ha salvato il piccolo Alex 69 Malattie rare Sindrome del nevo epidermale ) STRUTTURE 70 Asst Papa Giovanni XXIII 72 Kilometro Rosso ) PROFESSIONI SANITARIE 75 Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva ) REALTÀ SALUTE 79 Farmacia San Nicolò 81 Centro Figurella Villa d’Almè Allegato centrale: Amici di Bergamo Salute
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Maggio/Giugno 2019 | Bergamo Salute | 3
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EDITORIALE
Da 9 anni innamorati della salute dei bergamaschi
Adriano Merigo
Eccoci qua. Sembra ieri ma sono giĂ passati 9 anni dal primo numero di Bergamo Salute. Era il 2011 e ci affacciavamo sul panorama editoriale del nostro territorio con una scommessa ambiziosa e idee molto chiare:
parlare di salute, stile di vita sano, prevenzione, benessere avvalendoci dei migliori esperti della bergamasca e traducendo il loro linguaggio in un messaggio alla portata di tutti. In questi nove anni sono cresciuti i lettori, i punti di
distribuzione e le pagine della rivista, quello che è rimasto identico è il nostro stile editoriale e il nostro entusiasmo... Quindi buon compleanno Bergamo Salute e grazie a tutti i lettori che ci seguono!
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SPECIALITÀ A-Z
CARDIOLOGIA
Aritmie Sotto controllo con il telemonitoraggio ∞ A CURA DI RENATO PIETRO RICCI
Sono oltre mezzo milione gli italiani over65 (quattro su 100) che soffrono di aritmia, una condizione nella quale viene a mancare la normale frequenza o la regolarità del ritmo cardiaco. Si tratta di un numero in costante aumento complice il progressivo incremento dell’aspettativa di vita e con essa della prevalenza di malattie croniche. Molte aritmie sono assolutamente benigne e non comportano conseguenze serie. Esistono però casi gravi - ad esempio persone che hanno avuto un infarto o sono affette da scompenso cardiaco o fibrillazione atriale in cui l’aritmia può provocare un arresto cardiaco e quindi la morte.
DOTT. RENATO PIETRO RICCI Presidente AIAC - Associazione Italiana Aritmologia e Cardiostimolazione
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L’identificazione precoce di queste patologie può prevenire l’insorgenza di situazioni critiche e le conseguenti ospedalizzazioni. In questo senso oggi il telemonitoraggio rappresenta un vero e proprio strumento di cura per i pazienti con problemi di aritmie, e in generale per il paziente cardiopatico, poiché grazie a un’osservazione continua permette una pronta reazione terapeutica.
QUANDO IL CUORE BATTE TROPPO VELOCE O TROPPO LENTO Un’aritmia è un’anomalia nella frequenza o nel ritmo del battito cardiaco, in cui il cuore può battere troppo veloce (tachicardia con battito superiore ai 100 battiti al minuto); troppo lento (bradicardia con battito inferiore ai 60 battiti al minuto) o con un ritmo irregolare. Tutte le persone sperimentano alcune forme di aritmia nella loro vita, ma nelle forme più gravi questo disturbo riguarda per lo più persone ad alto rischio e anziane, che hanno avuto un infarto o che sono affette da patologie gravi come lo scompenso cardiaco; tuttavia anche i più giovani possono essere colpiti da questo disturbo. Parliamo di numeri molto alti, basti pensare che ogni anno in Italia si registra-
no circa 40.000 casi di arresto cardiaco che possono portare alla morte improvvisa del paziente che, a sua volta, rappresenta la causa del 40% delle morti cardiovascolari e il 10% di tutte le cause di morte. Ci sono poi situazioni particolari come per esempio nel caso degli sportivi. Diversi studi hanno infatti dimostrato che, in presenza di certe patologie predisponenti (ad esempio la cardiomiopatia ipertrofica e la cardiomiopatia aritmogena), l’incidenza di morte improvvisa è più alta in questa categoria rispetto ai sedentari perché lo sforzo massimale prolungato e l’attivazione del sistema nervoso simpatico possono agire da trigger (elemento scatenante) dell’aritmia e scatenare l’evento fatale, cosa meno probabile nei sedentari.
I SEGNALI D’ALLARME Per quanto riguarda i pazienti anziani con una cardiopatia nota (pregresso infarto e scompenso cardiaco), è importante fare una valutazione clinica generale che permetta di misurare il livello di rischio e intervenire con i dispositivi tecnologici che oggi abbiamo a disposizione. Nei giovani invece è necessario attivare dei programmi di screening ad hoc soprattutto per
identificare quei soggetti che hanno malattie genetiche che predispongono alla morte improvvisa, come quella che avviene tra gli sportivi durante le attività agonistiche, oppure quei giovani che presentano sintomi importanti come un’improvvisa caduta a terra dovuta a una transitoria perdita di coscienza, la sincope, che in genere si risolve entro pochi minuti. Un paziente che ha una sincope deve essere studiato attentamente per valutare se si tratta di una forma benigna, situazionale, motivazionale o se invece nasconde un profilo di rischio più importante.
35% DI CASI IN MENO GRAZIE A DIAGNOSI PRECOCE E PROGRESSI DELLA TERAPIA Per combattere efficacemente i disturbi del ritmo cardiaco è importante una tempestiva diagnosi che ognuno può fare anche da solo, misurando il proprio battito cardiaco al polso. Quando il battito è irregolare è il caso di rivolgersi al proprio medico e, per i dovuti approfondimenti, all’aritmologo, figura principale di riferimento. Il trattamento delle aritmie cardiache è oggi possibile con ottime probabilità di successo utilizzando
terapie ampiamente consolidate, sia farmacologiche sia attraverso dispositivi come l’impianto di pacemaker (dispositivo capace di stimolare elettricamente la contrazione del cuore regolarizzandone il battito) o di defibrillatore (dispositivo in grado di rilevare il battito cardiaco irregolare o pericoloso ed erogare uno shock salvavita per riportare il ritmo alla normalità) o l’ablazione con catetere (intervento con il
Le aritmie cardiache sono una delle cause più frequenti di accesso al Pronto Soccorso o di ricovero in cardiologia (circa il 13% dei ricoveri)” quale vengono “bruciate” piccole porzioni di cuore responsabili di aritmie). I progressi della terapia farmacologica, i defibrillatori esterni e i defibrillatori impiantabili hanno ridotto l’incidenza di aritmie di circa il 35% negli ultimi 15 anni.
I VANTAGGI DEL TELEMONITORAGGIO, NON SONO SOLO SANITARI, MA ANCHE PSICOLOGICI Il telemonitoraggio rappresenta uno standard di controllo per i pazienti con dispositivo cardiaco impiantabile come pacemaker o defibrillatori, ma più in generale per il paziente cardiopatico. La telemedicina è l’insieme di tecniche mediche e informatiche che permettono la cura del paziente a distanza. Si tratta di un presidio diagnostico che sta diventando sempre di più uno strumento di cura e che, attraverso un monitoraggio continuo dei pazienti, permette un riconoscimento precoce di gravi patologie come la fibrillazione atriale o lo scompenso cardiaco. Grazie alla telecardiologia abbiamo la possibilità di richiamare i pazienti in caso di necessità, intervenire tempestivamente e prevenire situazioni critiche. La telemedicina riduce fino al 50% la mortalità, del 39% le ospedalizzazioni, del 50% il numero di visite in ospedale, del 60% i costi sanitari, eppure non è ancora né codificata né rimborsata dal Sistema sanitario nazionale. Maggio/Giugno 2019 | Bergamo Salute | 7
SPECIALITÀ A-Z
EMATOLOGIA
Anemia cure su misura a seconda della gravità e della causa ∞ A CURA DI ANNA FALANGA
Globalmente l’anemia è un problema di enorme rilevanza sociale, economica e di salute pubblica. Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità interessa oltre un miliardo e mezzo di persone nel mondo (circa una persona ogni 4). Frequente nei Paesi in via di sviluppo, l’anemia è un problema importante anche in Europa e in Italia.
UNA RIDUZIONE ANORMALE DELL’EMOGLOBINA NEL SANGUE Con il termine “anemia” si intende la riduzione al di sotto dei livelli di normalità della concentrazione dell’emoglobina nel sangue periferico. Per diagnosticarla basta un semplice esame del sangue, l’emocromocitometrico, che misura i livelli di emoglobina e una serie di altri dati che riguardano le cellule del sangue: globuli rossi, globuli bianchi e piastrine. I livelli normali di emoglobina variano in base all’età, al sesso e all’origine etnica. Sono state proposte diverse soglie per definire la presenza di anemia, che oscillano attorno ai 13 grammi ogni decilitro cubo (g/dL) per l’uomo, 12 g/dL per la donna in età fertile e a 11 g/dL per i bambini in età prescolare e per le donne in gravidanza.
NON NE ESISTE UN SOLO TIPO Esistono diversi tipi di anemia, causati da diverse malattie e condizioni. Alcune forme di anemia sono molto comuni, altre molto rare. Alcune 8 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2019
Attenzione ai sintomi: i campanelli d’allarme più comuni sono spossatezza, limitata resistenza allo sforzo fisico, mancanza di fiato, mal di testa, insonnia, crampi notturni, difficoltà di concentrazione e palpitazioni” sono di entità lieve e hanno poco o nessun impatto sulla vita di una persona. Altre sono invece gravi e possono persino essere pericolose per la vita se non trattate in modo aggressivo. In alcuni casi parliamo di anemie acquisite, cioè sviluppate dopo la nascita, In altri casi di anemie ereditarie, cioè trasmesse per via genetica. Le anemie possono essere classificate secondo vari criteri. Sulla base dell’emoglobina nel sangue si distinguono: > anemia lieve (sopra i 10 g/dL), anemia; > anemia moderata (compresa tra 10 e 8 g/dL); > anemia grave (inferiore a 8 g/dL). Sulla base del volume corpuscolare medio dei globuli rossi (MCV) si parla di: > anemia microcitica (MCV<80 fL); > anemia normocitica (MCV compreso tra 80 e 94 fL); > anemia macrocitica (MCV>94 fL)
e Il meccanismo che le ha generate, detto “patogenetico”, ci permette di distinguere tra: > anemie da ridotta produzione di globuli rossi; > anemie da eccessiva distruzione di globuli rossi; > anemie da aumentata perdita di globuli rossi.
LA CAUSA? NELLA MAGGIOR PARTE DEI CASI È LA CARENZA DI FERRO La causa in assoluto più frequente dell’anemia è la carenza di ferro: costituisce il 30-50% di tutte le forme. Questa condizione si può verificare a causa di un’alimentazione povera di ferro o di ripetuti sanguinamenti. Spossatezza, mancanza di fiato, mal di testa tra i sintomi più comuni I globuli rossi, grazie all’emoglobina che contengono, svolgono il fondamentale ruolo di trasportare l’ossigeno raccolto a livello del circolo polmonare a tutti i tessuti dell’organismo. L’anemia comporta pertanto una riduzione della capacità del sangue di legare e trasportare l’ossigeno che, a seconda della gravità e di altri fattori concomitanti, può portare alla carenza di ossigeno nei tessuti periferici (ipossia tissutale). I sintomi dell’anemia dipendono proprio dall’ipossia tissutale e dai meccanismi cardio-respiratori che l’organismo mette in atto per contrastare l’anemia. Il sintomo più comune è l’astenia, cioè una sensazione di spossatezza. Altri sintomi sono
la faticabilità (limitata resistenza allo sforzo fisico), la dispnea (mancanza di fiato), la cefalea (mal di testa), l’insonnia, i crampi notturni, la difficoltà alla concentrazione, le palpitazioni (percezione del battito cardiaco). Poiché il colore rosso del sangue dipende dal suo contenuto in emoglobina e il colorito della pelle e delle mucose è influenzato dal sangue che circola in superficie, il segno più tipico delle anemie è il pallore della cute e delle mucose. È ben visibile nella congiuntiva palpebrale, nel padiglione auricolare, nella mucosa delle labbra, nel letto ungueale (che traspare guardando le unghie) e sul palmo delle mani (con mani calde). Possono essere presenti tachicardia (battito cardiaco accelerato) e tachipnea (aumentata frequenza della respirazione).
DONNE, GIOVANI, BAMBINI E MALATI CRONICI I PIÙ A RISCHIO Persone di tutte le età, etnie e livello socio-economico possono svilup-
pare un’anemia a un certo punto della vita. Tuttavia, le persone più suscettibili sono le donne in età fertile, i bambini, le persone affette da malattie croniche e i malati oncologici.
PREVENZIONE E CURA: DALL’ALIMENTAZIONE ALLE TRASFUSIONI La prevenzione consiste innanzitutto in una alimentazione ricca di ferro, acido folico e vitamine del complesso B, elementi necessari per la produzione dei globuli rossi. È importante anche la prevenzione, la diagnosi e il trattamento precoce di tutte quelle condizioni che possono portare allo sviluppo di un’anemia. Il trattamento si concentra sulla causa responsabile dell’anemia. Per esempio, molte anemie che derivano dalla carenza di ferro, possono essere curate modificando le abitudini alimentari. In altri casi sono necessarie terapie farmacologiche o chirurgiche. Nei casi più gravi è necessario ricorrere alla trasfusione
di sangue. Il medico di medicina generale svolge un ruolo primario nella prevenzione, nella diagnosi e nel trattamento dell’anemia. Caso per caso potrà avvalersi della consulenza di uno o più specialisti quali ematologo, gastroenterologo, ginecologo e specialista in medicina trasfusionale.
DOTT.SSA ANNA FALANGA Direttore del Dipartimento interaziendale Medicina Trasfusionale ed Ematologia della provincia di Bergamo (DMTE) e del Servizio di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale (SIMT) ASST Papa Giovanni XXIII
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SPECIALITÀ A-Z
ENDOCRINOLOGIA
Malattie autoimmuni: i falsi miti ∞ A CURA DI MASSIMO VALVERDE
In questi ultimi anni stiamo a assistendo a una polarizzazione delle malattie che più ci affliggono e, con grandissima approssimazione, possiamo dire che si stanno sempre più delineando tre scenari che, con l’esclusione di tutte le patologie di tipo traumatico e in buona parte quelle di tipo degenerativo meccanico-fisico, comprendono essenzialmente: > le malattie infettive; > le malattie geneticodegenerative congenite e clinicamente evidenti; > le malattie legate all’attività del sistema immunitario: Fino a 10-15 anni fa, questa suddivisione sarebbe sembrata imperfetta o incompleta perché apparentemente non venivano direttamente citate né le malattie neoplastiche (tumori), né le malattie vascolari e cardiologiche e né le malattie
DOTT. MASSIMO VALVERDE Specialista in Endocrinologia, Farmacologia e Tossicologia Direttore Sanitario Centro Medico MR Bergamo
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neurodegenerative, tutte patologie che oggi invece sempre più si scoprono essere sostanzialmente legate alle funzioni ed alle risposte del nostro sistema immunitario.
UNA CONOSCENZA RECENTE Il grande sviluppo nel campo della biologia e genetica molecolare degli ultimi trent’anni e la comprensione sempre più precisa da un lato delle funzioni e dei meccanismi ormonali (ovvero i fenomeni di trasmissione di comandi metabolici di stimolo e sia di inibizioni tra gruppi cellulari non contigui tra loro), dall’altro del ruolo basilare giocato dall’epigenetica (vedi box), hanno permesso di avere una migliore e realistica comprensione dei meccanismi correlati proprio a questa terza classe di patologie, arrivando così a creare una prima scala immaginaria sia della gravità e sia delle correlazioni tra queste patologie legate al sistema immunitario. Sostanzialmente avevamo sempre saputo, ad esempio, che lo sviluppo di un tumore fosse legato a un mancato riconoscimento delle cellule neoplastiche da parte del sistema immunitario, condizione che quindi le rendeva libere di svilupparsi e crescere sino alle peggiori conseguenze. Allo stesso modo da tempo sapevamo che un enorme numero di malattie - dal Lupus eritematoso sistemico all’artrite reumatoide, dalla psoriasi al morbo di Crohn, e via via sino alla Sindrome Metabolica ( che ricomprende il diabete, l’obesità, la
dislipidemia, l’ipertensione ) senza escludere le patologie neurodegenerative e tantissime altre ancora come l’innocua vitiligine o le allergie ad agenti esterni come pollini o determinati alimenti - avevano rapporti diretti con il sistema immunitario, per cui la grande “svolta” si è realizzata proprio con le migliori conoscenze offerte dalla biologia molecolare che ha permesso e sta permettendo in modo sempre più dinamico e multifattoriale lo sviluppo sia della conoscenza delle condizioni organiche in grado di innescare la risposta (inibita o eccessiva) del sistema immunitario e sia soprattutto quali possono essere gli eventuali agenti esterni in grado di contribuire alla “promozione” di queste patologie.
SE IL SISTEMA IMMUNITARIO REAGISCE CONTRO IL NOSTRO STESSO CORPO Nell’attuale scenario di cattiva o falsa conoscenza, si fanno sempre
COS’È L’EPIGENETICA L’epigenetica è la capacità adattiva del nostro Dna. Oggi sappiamo che il Dna non è rigido e immutabile come si era sempre creduto, ma ragionevolmente plastico e capace di adattarsi a fronte di modificazioni ambientali particolarmente durature.
CERVELLO POLMONI SISTEMA NERVOSO
MALATTIE AUTOIMMUNI
OSSA E MUSCOLI
PELLE
INTESTINO TIROIDE SANGUE
più evidenti pareri disparati e spesso fantasiosi riguardo alle cause legate all’insorgenza delle malattie autoimmuni. Ecco perché è importante fare un po’ di chiarezza. Come già accennato in precedenza, le malattie autoimmuni possono essere descritte essenzialmente come la formazione nel nostro corpo di autoanticorpi, ovvero di anticorpi altamente efficaci rivolti contro una vasta tipologia di cellule del nostro stesso corpo. In pratica, per diverse cause, il nostro sistema immunitario riceve un “falso stimolo” e da quel momento in poi inizia a produrre queste svariate categorie di autoanticorpi. Questa categoria di malattie può aggredire quindi sia degli interi sistemi (come ad esempio quello cardiovascolare, nervoso, respiratorio, digestivo) e sia degli organi specifici (come ad esempio il sangue, la cute, la tiroide
(tiroidite di Hashimoto), il pancreas (diabete giovanile autoimmune insulino-dipendente) sia tutti i tessuti di una determinata tipologia, (ad esempio le connettiviti).
AUTOIMMUNITÀ E ALIMENTAZIONE Il particolare interesse del grande pubblico per queste patologie ha preso via via maggior corpo soprattutto in relazione alle sempre più accreditate “intolleranze alimentari” che partendo da una patologia genetica ben nota come la celiachia (ovvero l’intolleranza ad una proteina, la gliadina, che è una delle due principali componenti del glutine ) hanno dilagato al di fuori delle cause note e preso sempre più piede, parallelamente e in supporto alle tante filosofie nate spesso senza alcuna base scientificamente razionale nell’am-
bito della “corretta alimentazione“. La realtà è che oltre alla grande famiglia dei virus influenzali che, ad oggi ed a mero titolo di esempio, sembrano essere i principali responsabili della comparsa della già citata “tiroidite di Hashimoto”, ad oggi non è ancora stato chiaramente definito il perimetro di tutte le cause di queste patologie. Negli ultimi anni, però, una vastissima massa di pubblicazioni scientifiche ha messo in luce un sempre maggior coinvolgimento diretto delle micotossine nella comparsa di svariate patologie polidistrettuali come le malattie dell’apparato respiratorio, del sistema nervoso, dell’apparato tegumentario (ovvero della cute), dell’apparato locomotore (muscoli, ossa e arti-
LE BASI GENETICHE DELLA CELIACHIA La celiachia è una malattia genetica caratterizzata da un’inappropriata risposta immunitaria a una proteina denominata gliadina, che si esprime con la presenza di anticorpi anti-gliadina e di anticorpi transglutaminasi, ove la gliadina è una delle due maggiori componenti del glutine, che notoriamente è presente in tutti i cereali.
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SPECIALITÀ A-Z
ENDOCRINOLOGIA
Immagine al microscopio del fungo Fusarium che può colpire i cereali e produrre pericolose micotossine colazioni), dell’apparato nervoso e di quello digerente. Proprio riguardo all’apparato digerente, oltre alla celiachia, si stanno facendo sempre più presenti condizioni di “intolleranza” - e non di “allergia” nei confronti di diversi componenti degli alimenti, tanto che sono state definite delle sindromi denominate gluten-like syndrome e lactose-like syndrome per indicare le reazioni infiammatorie non di origine genetica legate all’assunzione di alimenti contenenti glutine e di alimenti contenenti lattosio (in pratica latte e derivati freschi). La mancanza di anticorpi specifici sta sempre più confermando l’ipotesi - supportata negli ultimi 25-30 anni da centinaia di migliaia di articoli scientifici pubblicati e ampiamente disponibili per essere consultati - che un ruolo assolutamente determinante in tutte queste patologie possa essere svolto dalla presenza in tutti
gli alimenti ( biologici e “naturali” compresi ) di micotossine di varia natura e origine. Oltre alla loro capacità lesiva (cancerogenicità e tossicità), una delle particolarità che accomuna tutte le micotossine è data dall’osservazione che la loro presenza nell’organismo è cronica e i loro effetti negativi si evidenziano con maggiore vigore solo nei casi di superamento di una loro determinata concentrazione, che sfortunatamente varia non solo a seconda delle diverse micotossine ma soprattutto in base alla capacità di resistenza di ogni individuo. Per questa ragione tutti gli Enti ufficiali sia nazionali sia sovranazionali e mondiali (Emea, Fda, Who etc.) da alcuni anni stanno lanciando avvertimenti sempre più pressanti sui pericoli ad esse legati. Allo stato attuale le soluzioni possibili sembrano essere da un lato quello di sottoporre gli alimenti sia per uso
umano sia zootecnico a processi naturali e non inquinanti finalizzati all’abbattimento delle micotossine e dall’altro individuare nei pazienti i livelli di micotossine cronicamente presenti nei loro organismi per poterli sottoporre a opportuni trattamenti miranti a diminuirne la concentrazione, tenendo comunque sempre in conto che le due azioni sono fattori chiave indivisibili tra loro. In conclusione, l’attenzione continua del pubblico nei confronti delle malattie potenzialmente legate all’alimentazione sta creando un vero e proprio “arco di distorsione” riguardo alla percezione di diverse patologie autoimmuni: solo una comunicazione e una conoscenza semplice ma corretta del problema in futuro potrà essere di aiuto nel permettere di tenere sotto controllo questo fenomeno.
Le micotossine Sono tossine prodotte dal metabolismo di alcune specie fungine, principalmente Aspergillus, Penicillium e Fusarium. Questi funghi filamentosi microscopici, comunemente noti come muffe, possono svilupparsi non solo in tutti i prodotti alimentari, ma anche nei luoghi dove viviamo producendo gli stessi effetti causati da alimenti contaminati. Da oltre 30 anni lo Iarc (la sezione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che si occupa di tumori), l’Onu e la Fao pubblicano rapporti sulle micotossine che ne evidenziano la cancerogenicità e l’elevata tossicità sia per l’uomo sia per gli animali.
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PERIODICO SUGLI STILI DI VITA E D’IMPRESA SOSTENIBILI
PERSONAGGIO
Ph. Giuseppe Magnanimo
BONNOT
Bonnot nello studio di Viareggio
La mia musica? Un inno alla natura e alla solidarietà ∞ A CURA DI LUCIO BUONANNO
“Il futuro del jazz parla italiano”, “Bonnot il primo produttore italiano a fare un disco con un divo rapper americano”. Sono solo due titoli apparsi su importanti giornali che descrivono Bonnot, compositore e produttore bergamasco, che ha bruciato le tappe con uno dei gruppi hip hop più famosi d’Italia, gli Assalti Frontali, nel mondo con M1 dei Dead Prez, General Levy e tanti altri “mostri sacri” della musica Urban, vincendo anche importanti premi come “Miglior compositore italiano indipendente” (premio Siae) o il “Best Event
Awards”. La sua attività spazia dal reggae alla classica, dal rock all’hip hop. «Mi piace la musica in tutte le sue manifestazioni e ho la curiosità di conoscere altre culture musicali. Ho cominciato a otto anni, senza sapere ancora cosa avrebbe potuto interessarmi, e, non avendo gli spiccioli per comprare le cassette, ho iniziato a rubare quelle di mio fratello e così ho conosciuto un mondo fantastico: Nirvana, Guns’n’Roses, Rancid, Metallica. Con il tempo ho scoperto quante fossero le possibilità musicali e ho voluto imparare tecniche differen-
ti. Per qualche annetto ho studiato contrabbasso jazz con Attilio Zanchi, uno dei migliori contrabbassisti europei. Poi mi sono iscritto al Conservatorio statale Verdi di Milano dove ho studiato per quattro anni con il maestro Eustasio Cosmo e successivamente per tre anni musica elettronica». Bonnot, il cui vero nome è Walter Buonanno (sì siamo quasi parenti) è nato a Bergamo 35 anni fa, figlio di Giuseppe e Patrizia. A differenza del fratello che ha seguito le orme del papà avvocato, lui ha sempre Maggio/Giugno 2019 | Bergamo Salute | 15
PERSONAGGIO
BONNOT
M1, Dead Prez e Bonnot al Madison Square Garden di New York, ospiti sul palco di Macklemore
avuto il trip delle note. Ha cominciato ragazzino nel garage della famiglia suonando la chitarra, poi il contrabbasso, infine si è dedicato alla musica elettronica e alla produzione artistica realizzando il suo sogno. «A sedici anni ho fondato i Sovversione, la mia prima band con cui ho iniziato a girare l’Italia. Due anni dopo c’è stata l’avventura da bassista con gli Arpioni, uno dei primi gruppi ska italiani con cui ho partecipato a festival importanti in tutta la Penisola. Poi l’incontro con gli Assalti Frontali al Pacì Paciana. Avevano appena dato fuoco al centro sociale. Decidemmo così di organizzare un concerto. Vennero solo Luca “Militant A” e Lou X perché non eravamo in grado di pagare un cachet per tutta la band. Noi, i Sovversione, facemmo da band per quel concerto, imparando il loro repertorio in una settimana, Luca fu contentissimo e mi fece tanti complimenti. Incoraggiato dai suoi feedback mi lanciai subito, mi offrii di curare la parte elettronica del gruppo, visto che avevano appena comprato un campionatore che però nessuno di 16 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2019
loro sapeva usare bene. La risposta non si fece attendere. Al giovedì Luca mi chiamò. Avrei dovuto fare il mio primo concerto con loro il giorno dopo ma non sapevo neppure cosa fosse un campionatore. Recuperai il manuale di istruzioni e in treno lo lessi tutto. Da allora sono salito sul furgone degli Assalti Frontali e ci sono rimasto». Determinato e curioso, Walter ha sempre cercato di fare nuove esperienze e ascoltare persone più esperte di lui. «Nel campo musicale e nella vita È stato sempre così, anche nell’adolescenza. Avevo scoperto i centri sociali che per me sono la cultura underground che ho sempre amato. Sono luoghi “liberati”, attraversati da bellissime persone e da un senso di comunità molto forte dove si creano collettivi attenti ai bisogni dei cittadini senza distinzione di provenienza, e con un’attenzione principale alle realtà più in difficoltà. Si propone e si fruisce tantissima musica dal vivo con artisti di ogni paese e cultura, si pratica sport grazie a corsi gratuiti nelle palestre popolari, si collabora per creare servizi, sempre gratuiti per i quartieri, specialmente quelli trascurati dalle istituzioni».
La musica di Bonnot va in tutta Europa e nel mondo. Ha più di mille concerti all’attivo affiancando interpreti come Noisia, Keny Arkana, Dead Perez, Serial Killaz e tanti altri tra cui Paolo Fresu e Tino Tracanna, bergamasco di adozione, con i quali qualche anno fa ha prodotto “Drops”, un disco jazz molto apprezzato da pubblico e critica. Nel 2010 l’incontro con M1 e General Levy con i quali porta le sue composizioni in tutto il mondo. Anche al Madison Square Garden a New York con M1 e il quattro volte vincitore del “Grammy Awards” Macklemore «Un’esperienza incredibile suonare su un palco così leggendario, un’arena simbolo della musica e dello sport». La collaborazione con M1 porta a produrre brani con artisti della Serie A mondiale come il celebre Snoop Dogg e la nuova star del rock Gary Clark Jr. Nella sua musica ci sono testi e note che inneggiano all’ambiente, contro le guerre, a favore dell’aiuto ai migranti e agli emarginati. «In altre parole» dice Walter «la solidarietà totale verso chi è in difficoltà. Noi, nei nostri concerti,
cerchiamo di promuovere il bene comune e l’ambiente, la salute dei cittadini e della natura. Siamo felici di poter prendere parte, grazie alla nostra musica, alle raccolte fondi di tante associazioni come quella di San Benedetto al Porto di Genova fondata da don Andrea Gallo, nostro caro amico, come quelle che lottano per i diritti transgender e aiutano i ragazzi a uscire dalle dipendenze delle droga e quelle che sensibilizzano e informano le persone su temi a rischio come quello dell’amianto per cui gli Assalti Frontali due anni fa hanno ricevuto il premio “Vivaio Eternot (l’Oscar della lotta all’amianto) dal sindaco di Casale Monferrato». Adesso Bonnot si è trasferito con la famiglia (la sua compagna e tre figli, l’ultimo nato da pochi mesi) a Viareggio dove ha aperto il nuovo
studio di registrazione per produrre i suoi album. «Vivo in un’oasi felice, tra mare, pinete e montagne con ritmi più rallentati che migliorano la qualità della vita». Nel tempo ha scoperto il mondo vegano grazie all’amicizia con M1 che da 20 anni non mangia carni e derivati animali. «Lui ha una famiglia bellissima, in splendida forma. Ho voluto provare anche io. Ho iniziato per fare un esperimento di due settimane. “Vediamo come va. Se ho problemi fisici mi fermo”. Da allora sono passati sette anni e non tornerei indietro. Barbara, la mia compagna, che è farmacista con un master europeo in dieta vegana all’Università di Biochimica delle Marche, mi ha seguito, supportato e ha condiviso con me questa scelta. Ci siamo documentati molto prima di intraprendere questo percorso che ci rende felici dal punto di vista etico
per il rispetto della vita dei nostri amici animali e per il rispetto della natura perché abolendo il consumo di carni si riduce l’enorme inquinamento causato dagli allevamenti intensivi». Walter, che intervistiamo mentre prende il sole sulla spiaggia di Viareggio, è già pronto a partire per nuove avventure: sarà in concerto con M1prima a Berlino e poi a Bergamo, il 22 giugno al Parco della Malpensata dove avrà come ospite anche Tino Tracanna. In cantiere ci sono altre tournée: con Awa Fall (a cui “Bergamo Salute” ha dedicato la copertina e un’intervista due numeri fa), con i suoi Assalti Frontali e con il rapper Mauràs nuovo artista dell’etichetta ”Bonnot Music” che pubblicherà il suo primo album (prodotto interamente da Bonnot) a fine maggio.
M1, Bonnot e il rapper Prodigy, prematuramente scomparso per una malattia genetica Maggio/Giugno 2019 | Bergamo Salute | 17
IN SALUTE
STILI DI VITA
Bergamo Il contest che fa bene alla salute
∞ A CURA DI LELLA FONSECA
463.100 Km percorsi, 17 milioni di passi al giorno. Sono questi i numeri della seconda edizione di “Moovin’ Bergamo”, iniziativa promossa da Ats Bergamo, Comune di Bergamo e Università degli studi di Bergamo e Sesaab per accendere l’attenzione dei bergamaschi su quanto sia importante (oltre che piacevole) camminare ogni giorno per mantenere un buono stato di salute fisica e mentale e incentivarli all’at18 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2019
tività fisica. Testimonial di quest’anno Oliviero “Bosa” Bosatelli, vigile del fuoco 48enne di Gandino, campione di ultratrail e specialista di ultramaratona, con all’attivo il primo posto al Tor des Géants (gara valdostana di 330 km con 2.400 metri di dislivello). Come lo scorso anno, anche per l’edizione 2019 si è scelto di puntare sulla competizione. Il progetto, durato dal 21 aprile al 18 maggio,
infatti, si è basato su un contest che, attraverso un a app dedicata completamente ridisegnata e ottimizzata rispetto all’anno scorso, ha monitorato il movimento a piedi dei partecipanti. I cittadini della provincia e della città di Bergamo sono stati coinvolti in una vera propria e competizione, sia individualmente sia all’interno di gruppi, con protagonista l’attività fisica e i suoi efficaci risultati. E tutti i partecipanti hanno concorso alla realizzazione
di un risultato collettivo. Uno dei punti di forza di “Moovin’ Bergamo”, infatti, è proprio nella collettività e nella condivisione di un comune obiettivo di salute. Per questo sono stati coinvolti nell’iniziativa Comuni, Rete Città Sane, Gruppi di Camino, Associazioni diabetici, pazienti Avis, scuole, Lilt, aziende, alpini e altre associazioni. Vincitore tra i partecipanti è stato Evasio Re, tra i gruppi ASD Runners Bergamo e tra i territori Dalmine. Il risultato? In ogni edizione circa 10.000 utenti partecipanti e una distanza percorsa poco superiore alla distanza media Terra-Luna. La navicella spaziale di “Moovin’ Bergamo” per due volte ha raggiunto il nostro satellite, ma si è persa nel blu sulla via del ritorno. Un segnale promettente per la salute dei bergamaschi, che potrebbe essere superato nelle future edizioni. Solo il 35,5%, dei lombardi (dati rilevati dal Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute), infatti, raggiungono il livello soglia racco-
mandato, ovvero fanno movimento per 30 minuti al giorno, almeno 5 volte alla settimana. Il 42,6% rientra nella fascia dei “parzialmente attivi”, ma, ancor più grave, il 21% può essere definito un “sedentario”. «L’iniziativa ha come obiettivo stimolare, grazie al partenariato tra più realtà, l’adozione di comportamenti salutari basati sull’attività fisica, ritenuta fondamentale per prevenire malattie come diabete, obesità, tumori, depressione, malattie cardiovascolari e metaboliche, diversi tipi di demenza, maculopatie e fratture del collo del femore» spiegano il direttore sanitario di Ats Bergamo Carlo Alberto Tersalvi e Roberto Moretti, responsabile del Servizio Promozione della Salute - Dipartimento di Igiene e Prevenzione Sanitaria. «Praticare regolarmente una corretta attività fisica è un impegno che dovremmo imparare ad assumerci sin da piccoli. E il semplice camminare rappresenta una delle scelte possibili, valida per tutti, facilmente realizzabile,
con grandi vantaggi individuali e collettivi in termini di salute» afferma l’Assessore allo Sport del Comune di Bergamo Loredana Poli. «Uno studio ha rivelato che il 40% degli adulti non cammina mai e questa cifra va aumentando con il passare del tempo dato che il progresso tecnologico ha reso le attività lavorative più facili, ma meno salutari». E camminare non fa bene solo alla salute psico-fisica. Può diventare anche un modo per riscoprire la propria città. «La vita che si intreccia nella relazione delle sedi universitarie della città storica costruisce un itinerario “culturale”. Ogni cittadino e universitario, camminando, può responsabilmente reinventare ogni giorno un rapporto vivo e consapevole con la città, con la sua storia, con la sua moderna vivacità artistica e scientifica; mentre contribuisce a migliorare il proprio benessere fisico e mentale, concorre alla tutela dell’ambiente urbano» sottolinea Remo Morzenti Pellegrini, rettore dell’Università degli Studi di Bergamo.
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IN SALUTE
ALIMENTAZIONE
ACPG il nuovo metodo per perdere peso e mantenerlo nel tempo
∞ A CURA DI ELENA BUONANNO
Si chiama ACPG, ovvero alimentazione consapevole del picco glicemico, ed è un nuovo metodo alimentare che promette di far perdere peso ma soprattutto mantenere i risultati nel tempo. Come? Puntando sulla consapevolezza di quello che si mangia e degli effetti metabolici che provoca sul nostro organismo. Un approccio innovativo che va oltre il semplice calcolo delle calorie e mira a insegnare a “costruirsi” un piano
DOTT. PIER LUIGI ROSSI Specialista in Scienza dell’Alimentazione
20 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2019
alimentare davvero personalizzato e unico per il proprio corpo, gusti e stile di vita. Come ci spiega il dottor Pier Luigi Rossi, medico specialista in Scienze dell’Alimentazione, docente di questo metodo.
La perdita anche solo del 5% della massa grassa corporea è sufficiente per ottenere importanti risultati in termini salutistici” Dottor Rossi, su quali principi si basa questo metodo? Ogni volta che introduciamo cibo nel nostro corpo il profilo metabolico, ormonale e di espressione genica viene modificato. I nutrienti che ingeriamo condizionano alcuni valori nel sangue, modificano la produzione e il rilascio di ormoni, influenzano il nostro DNA, spingendo l’organismo verso l’accumulo o il calo di peso. Le
variazioni metaboliche e ormonali giornaliere causate dal cibo ingerito hanno un ruolo primario sul metabolismo e sulla salute del nostro corpo. Queste variazioni e reazioni sono diverse in ognuno di noi. Esserne consapevoli ci permette di scegliere il cibo migliore per vivere in salute. In particolare, oggi sappiamo che per mantenere la salute metabolica è importante contenere le oscillazioni del picco glicemico postprandiale. In ognuno di noi, infatti, dopo ogni pasto, si verifica un aumento della glicemia che raggiunge i livelli massimi durante la prima ora (picco glicemico) e tende ad abbassarsi fino ai valori di partenza entro due ore. Il metodo, quindi, si basa sulla misurazione della glicemia post-prandiale, ovvero la concentrazione di glucosio nel sangue dopo il pasto. Conoscere il valore della glicemia significa sapere, immediatamente, l’effetto che il cibo produce sul corpo e se, scegliendo quel pasto, ci siamo presi cura della nostra salute metabolica e stiamo facendo un passo
verso la perdita di peso. Per misurare la glicemia serve un glucometro, uno strumento molto semplice da utilizzare. Il glucometro e la glicemia sono da sempre correlati al diabete, ma diventano fondamentali strumenti per conoscere il proprio corpo e scegliere il cibo in maniera autonoma e funzionale al controllo del proprio peso corporeo. Passando alla pratica, in che cosa consiste un’alimentazione consapevole del piccolo glicemico? Per controllare il picco glicemico, ovvero evitare che si verifichino oscillazioni di glicemia troppo brusche durante la giornata, è opportuno seguire una corretta alimentazione basata sulla conoscenza della composizione molecolare degli alimenti. Il pane, ad esempio, è composto prevalentemente da carboidrati (molecole complesse), digeriti fino a ottenere il glucosio (molecola semplice) che viene assorbito e messo in circolo. La carne invece, è prettamente
Dalla composizione degli alimenti dipende anche l’indice glicemico (IG) a loro associato. L’IG è il sistema di classificazione numerica utilizzato per misurare la velocità di digestione e assorbimento dei (Ig)Un a loro associato. L’Ig è il composta da proteine cibi contenenti carboidrati e il loro (molecole conseguente effettocemico sulla glicemia. cibo con un punteggio dell’IG sistema di classificazione numerica complesse) che vengono poi traalto produce un picco più elevato di glucosio dopo il suo consumo. Al contrario, un alimento con sformate in aminoacidi assorbibili utilizzato per misurare la velocità un basso indice glicemico provoca un aumento più lento della glicemia. In generale i cibi (molecole semplici). Tra i nutrienti di digestione e assorbimento dei glucidici raffinati, come i farinacei nel caso del grano o di altri cereali, hanno un IG più alto; il maggiore troviamo poi gli aminoacidi, gli aci- cibi contenenti carboidrati e il loro contenuto di fibre (specie solubili) determina un IG ridotto; un cibo glucidico maggiormente idratato è di grassi, il glucosio, le vitamine e i conseguente effetto sulla glicemia. più digeribile di uno secco (l’amido crudo è indigeribile). minerali. Dalla composizione degli Un cibo con un punteggio dell’Ig alimenti dipende anche l’indice gli-
alto produce un picco più elevato
L’INDICE GLICEMICO DEGLI ALIMENTI
ALIMENTI AD ALTO IG:
ALIMENTI A MODERATO IG:
Glucosio, miele, pane bianco, patate, cereali, cracker, cereali per la prima colazione, uva passa, riso bianco.
Pane integrale, pasta (tra i vari tipi di pasta, gli spaghetti sono quelli con l’indice glicemico più basso), mais, arance, banane, carote, cereali integrali per prima colazione, riso brillato.
ALIMENTI A BASSO IG:
Yogurt bianco al naturale, piselli, ceci, mele, pesche, fagioli, noci, riso integrale.
Dall’opuscolo “Conosci il tuo corpo scegli il tuo cibo” edito da Aboca
Maggio/Giugno 2019 | Bergamo Salute | 21
13
IN SALUTE
ALIMENTAZIONE
di glucosio dopo il suo consumo. Al contrario, un alimento con un basso indice glicemico provoca un aumento più lento della glicemia. In generale i cibi glucidici raffinati, come i farinacei nel caso del grano o di altri cereali, hanno un Ig più alto; il maggiore contenuto di fibre (specie solubili) determina un Ig ridotto; un cibo glucidico maggiormente idratato è più digeribile di uno secco (l’amido crudo è indigeribile). Quanti pasti prevede il metodo? Per seguire un’alimentazione sana e consapevole è fondamentale organizzare la propria giornata alimentare. Questa deve prevedere tre pasti principali (colazione, pranzo e cena) e due spuntini (a metà mattina e a metà pomeriggio), con un’equilibrata distribuzione di energia, carboidrati, grassi e proteine. Strutturare la giornata in questo modo ci permette di prevenire le eccessive variazioni della glicemia riducendo l’entità del picco glicemico post-prandiale e delle ipoglicemie tra un pasto e l’altro. L’organizzazione però riguarda anche ogni singolo pasto della giornata alimentare. Dobbiamo precisare infatti, che ciò che mangiamo, non sono i cibi, ma i pasti, ovvero combinazioni dei singoli alimenti. Il picco glicemico dipende infatti da tutto il pasto: uno stesso alimento porterà a ottenere un diverso picco glicemico a seconda del cibo al quale è stato abbinato. Mangiare un piatto di pasta con un condimento a base di carne, ad esempio, può 22 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2019
avere come conseguenza un picco glicemico più elevato rispetto alla stessa quantità di pasta condita con delle verdure. Ci può fare un esempio di giornata tipo? > Iniziare con una porzione di verdura cruda, mista, di stagione, finemente tritata per agevolare la sua digestione gastrica (ridotta permanenza nello stomaco). > Proseguire con l’alimento principale (piatto unico) o a base di carboidrati (pasta integrale, riso integrale, cerali
integrali...) oppure a base di proteine (pesce, uova, carne bianca, carne rossa, formaggi freschi e molli, legumi...). > Aggiungere eventualmente una porzione di pane, meglio se integrale, nei casi in cui non si mangia il piatto a base di carboidrati. > Condire con olio extravergine di oliva. > Quando possibile, soprattutto a cena, terminare con una porzione di verdura di stagione cotta, come tale o come passato vegetale.
LE 4 FASI Prima fase, ovvero il primo giorno: bisogna valutare la glicemia basale, cioè la glicemia a digiuno, prima di colazione. La misurazione inoltre andrà effettuata anche prima di pranzo e cena, registrando i valori nella tabella alimentare. Seconda fase: è dedicata all’analisi dell’alimentazione abituale per comprendere come il corpo reagisce al cibo che solitamente mangi. Si deve mangiare come di consueto e misurare la glicemia 60 minuti dopo i pasti principali per tre giorni. Quanto minore sarà l’oscillazione del valore della glicemia post prandiale rispetto a quello di partenza, tanto più il pasto consumato favorirà la riduzione della massa grassa, e quindi del peso, e sarà utile al mantenimento della salute metabolica. In questo modo ci si potrebbe che cibi che si amano, benché categorizzati come “calorici”, in realtà non incidano troppo sulla glicemia e,l contrario, altri che si pensavano “sani” o “light”, potrebbero provocare alti picchi glicemici e sono quindi da limitare. il consumo. Terza fase: per almeno quattro giorni si deve orientare l’alimentazione in base ai risultati ottenuti dalle misurazioni. Quarta e ultima fase: è quella dell’alimentazione consapevole.
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IN SALUTE
ALIMENTAZIONE
Semi di benessere
Se sei indeciso su quali semi scegliere, prepara un mix da usare per condire l’insalata, preparare muesli o barrette energetiche, insaporire la carne o il pesce o aromatizzare impasti dolci e salati”
∞ A CURA DI ELENA BUONANNO
Da quelli di girasole, a quelli di zucca fino a quelli di chia. Se regolarmente mangiati i semi aiutano l’organismo a mantenersi in salute, a facilitare il transito intestinale e a prevenire numerose patologie e disturbi. Certo non
DOTT.SSA ARIANNA MAGONI Dietista specialista in Scienze della Nutrizione Umana a Bergamo e Selvino (Bg)
24 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2019
sono tutti uguali. Tanto sono diversi tra loro alla vista, tanto si differenziano per composizione e proprietà, sapore e versatilità. Approfondiamo quindi la conoscenza di quelli più utilizzati in cucina con l’aiuto della dottoressa Arianna Magoni, dietista. Dottoressa Magoni, innanzitutto, gusto e proprietà specifiche a parte, in che categoria alimentare rientrano i semi? I semi oleosi, o più correttamente oleaginosi per la loro composizione chimica prendono posto fra i grassi alimentari. Sono infatti ricchi di acidi grassi di alta qualità monoinsaturi e polinsaturi, tra i quali gli essenziali Omega 3 e Omega 6. Nei semi oleosi è presente però anche una certa quota di proteine a medio valore biologico: questo significa che non contengono tutti gli aminoacidi
essenziali ed è necessario quindi associare altri alimenti per completare il profilo proteico. La componente di carboidrati di interesse è la fibra alimentare, localizzata nei tegumenti del seme, ovvero nella parte più esterna. Sali minerali come calcio, potassio, ferro zinco e magnesio sono presenti nei semi in grandi quantità, ma non sono tuttavia facilmente disponibili. Infine, le vitamine contenute nei semi sono molto variabili, ma le principali sono le vitamine liposolubili A ed E e le vitamine del gruppo B. In che dosi e con che frequenza andrebbero consumati? La porzione standard è di circa tre cucchiai rasi da cucina al giorno, quantità che deve essere poi personalizzata rispetto ai fabbisogni. I semi oleosi sono molto calorici per cui da un lato sono dei veri
integratori utili per gli sportivi o per chi ha un alto dispendio energetico, dall’altro sono da contenere per non incorrere in eccessi. Vediamoli ora nel dettaglio.
1
SEMI DI GIRASOLE Alleati della funzionalità cardiovascolare e del controllo del colesterolo sono ricchi in acidi grassi monoinsaturi e polinsaturi (Omega 6) e contengono buoni livelli di vitamina E, antiossidante protettivo per l’invecchiamento cellulare e le malattie degenerative. Si distinguono anche per il contenuto di acido folico per cui sono ottimi anche per le donne in gravidanza. Si utilizzano nella preparazione del pane o per le insalate e possono essere tostati per esaltarne il sapore e renderli croccanti.
2
SEMI DI ZUCCA Ricchi di triptofano che, nell’organismo si trasforma in serotonina (il cosiddetto “ormone del buonumore”), i semi di zucca favoriscono un buon sonno. Contengono magnesio, acidi grassi Omega 3, ferro e zinco. Hanno un effetto
Calorie dei semi Per 100 g di alimento: . Girasole 584 kcal . Zucca 590 kcal . Papavero 525 kcal . Chia 486 kcal . Sesamo 570 kcal . Lino 534 kcal
protettivo sulla prostata e aiutano ad abbassare i livelli di colesterolo. Si possono utilizzare crudi o tostati nella preparazione di pane, dolci, salse e insalate o come snack all’interno degli spuntini.
3
SEMI DI PAPAVERO Sono fonte di acidi grassi Omega 6, vitamina E, calcio, ferro e manganese. Gli antichi Romani attribuivano loro proprietà afrodisiache, mentre oggi è riconosciuto un blando effetto sedativo e calmante. Sono utilizzati nella preparazione e nella guarnizione di sformati, pane, insalate e dolci; spesso decorano bagel e bretzel.
4
SEMI DI CHIA Sono ricchi di calcio e fibre vegetali. Hanno un contenuto particolarmente elevato di Omega 3 e contribuiscono a regolare gli zuccheri nel sangue. Hanno proprietà analoghe ad altri semi più noti, ma sono stati rivalutati negli ultimi anni per l’alto contenuto di mucillagine, che conferisce la pro-
prietà di assorbire molta acqua andando a formare una sorta di gel. Proprio per la sua consistenza il “budino ai semi di chia” all’interno di una colazione o uno spuntino si è così diffuso sul web in quanto poco calorico e ad alto potere saziante. I semi di chia sono usati, così come sono, per zuppe, muesli, plumcake, in insalata o in macedonie.
5
SEMI DI SESAMO Sono ricchi di acidi grassi polinsaturi, di ferro, magnesio, calcio, zinco, fosforo e vitamina B1; inoltre hanno un’elevata concentrazione di calcio che protegge contro l’osteoporosi. In cucina sono utilizzati per pane, cracker, ma anche in alcuni dessert. In particolare sono impiegati per la preparazione del Tahina, una salsa cremosa medio orientale e (tostati con un po’ di sale) per quella del Gomasio, un valido sostituto del sale nell’insaporire i piatti.
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SEMI DI LINO Sono ricchi di acidi grassi Omega 3 ad azione immunomodulatoria e di mucillagini ad azione emolliente. Assunti con un adeguato apporto di liquidi facilitano il transito intestinale e aiutano contro i disturbi dell’apparato digerente e urinario. Possono essere assunti interi o macinati sempre da accompagnare con acqua. Sono utilizzati nelle insalate e nella preparazione di impasti salati, pesce, muesli e biscotti
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IN ARMONIA
PSICOLOGIA
Specchio, specchio delle mie brame. Il disturbo di dismorfismo corporeo ∞ A CURA DI VIOLA COMPOSTELLA
«La nostra società ha fatto dell’immagine un elemento centrale del successo personale, sociale e professionale. Nell’era del selfie perfetto e della chirurgia estetica spesso portata alle estreme conseguenze, preoccuparsi del proprio aspetto è diventata quasi un’esigenza. I bisogni di appartenenza e stima e il desiderio di piacere ed essere apprezzati non possono essere considerati, sempre e comunque, patologici: è fondamentale discriminare tra un’attenta e meticolosa cura di sé e l’espressione di un disagio psicologico». Chi parla è la dottoressa Laura Grigis, psicologa e psicoterapeuta. L’abbiamo incontrata per parlare di un problema sempre più 26 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2019
frequente anche se molto spesso non riconosciuto, un vero e proprio disturbo psicologico legato alla preoccupazione che il proprio corpo non sia perfetto, chiamato dismorfismo corporeo. Dottoressa Grigis, di che disturbo si tratta? Il dismorfismo corporeo è caratterizzato dalla preoccupazione per difetti e imperfezioni percepiti nell’aspetto fisico, che però non sono osservabili oppure appaiono agli altri come lievi (DSM V, APA 2014). Questo disturbo, a scanso di equivoci, non è strettamente legato all’attuale eccessiva attenzione all’aspetto fisico, che caratterizza la nostra cultura, perché se ne è
parlato per la prima volta nel lontano 1891 ed è stato inserito tra i disturbi mentali nel 1980. Si tratta di un problema sottostimato, per la scarsa consapevolezza di malattia di chi ne soffre: molte persone si rivolgono a dermatologi, chirurghi estetici, palestre e centri di bellezza nella speranza di correggere difetti che solo loro percepiscono come “Trascorre più di 10 minuti a osservare la propria immagine allo specchio, aumenta il rischio di una valutazione non soddisfacente del proprio aspetto” ∞∞ VEALE E RILEY, 2001
tali. Le parti più frequentemente oggetto di preoccupazione sono la pelle, il naso, la bocca, gli occhi o il viso nel suo complesso, i capelli e le sopracciglia; le donne spesso focalizzano l’attenzione su seno, cosce e glutei. Gli uomini, invece, tendono spesso a soffrire di dismorfia muscolare, disturbo caratterizzato dall’idea che la propria massa muscolare sia troppo scarsa o comunque inadeguata; un’altra area oggetto di notevoli preoccupazioni maschili è quella genitale. Quanto è diffuso? Ne soffre circa il 2% della popolazione ed è presente soprattutto tra i giovani: il disturbo esordisce solitamente durante l’adolescenza e si configura come cronico, se non viene trattato, associandosi ad altre patologie invalidanti come la depressione, la dipendenza da sostanze, il disturbo ossessivo compulsivo, la fobia sociale e i disturbi del comportamento alimentare (Disturbo di dimorfismo corporeo, A. Scarinci e R. Lorenzini, 2015). Come si fa a riconoscerlo? Chi è affetto da dismorfismo corporeo mette in atto dei comportamenti ripetitivi, come ad esempio guardarsi allo specchio e sistemarsi il trucco, ricorre a numerosi interventi di chirurgia (senza per altro potersi mai dire soddisfatto dei risultati), passa giornate intere in palestra, si confronta con gli altri e chiede rassicurazioni. Tende inoltre a rimuginare spesso sull’imperfezione (reale o immaginata) nell’arco della giornata, dedicando anche molte ore al giorno a individuare e attuare sistemi per eliminarla o, quanto meno, per nasconderla agli altri; a lungo andare questi comportamenti, che a un occhio esterno non appaiono in alcun modo giustificabili o necessari, vanno
I campanelli d’allarme Aumento del tempo dedicato alla cura del corpo. Aumento delle spese per la cura del corpo. Aumento del tempo trascorso davanti allo specchio. Improvvisa esagerata attenzione verso il proprio aspetto. Attenzione focalizzata su parti specifiche del corpo. Richieste continue di rassicurazione sulla propria immagine. Comportamenti di evitamento e di ritiro sociale. Fonte: Disturbo di dimorfismo corporeo, A. Scarinci e R. Lorenzini, 2015
a incidere negativamente sulla quotidianità della persona, fino a comprometterne il funzionamento sociale e lavorativo. Quando bisogna preoccuparsi? In adolescenza, che abbiamo visto essere il periodo critico di possibile esordio del disturbo di dismorfismo corporeo, è piuttosto normale notare che un ragazzo o una ragazza trascorrono molto tempo davanti allo specchio, preoccupandosi di come appaiono agli occhi dei coetanei. È invece importante prestare attenzione alle situazioni in cui questo tempo diventa eccessivo (e ruba spazio alla scuola, agli amici, allo sport), quando l’attenzione si presenta come novità improvvisa, quando è riferita a una specifica parte del corpo e quando questa attenzione si discosta in maniera significativa dalla cultura familiare in materia di cura del corpo. Cosa si può fare per aiutare chi ne soffre? È importante, per chi si rende conto di avere una persona vicina che soffre di dismorfismo corporeo, resistere alle pressanti richieste di rassicurazione e di aiuto nei rituali legati all’aspetto fisico; per sostenere e aiutare veramente queste persone, è necessario non rendersi complici dei sintomi del
disturbo, stando vicino con affetto ed empatia, senza negare o minimizzare il problema, ma evitando di trasformarlo nel fulcro di ogni conversazione. Spesso le persone affette da dismorfismo corporeo non presentano né consapevolezza del disturbo né motivazione a una psicoterapia che possa risolverlo: per questo motivo il contributo dei familiari si concretizza anche nell’aiutare a intraprendere, con la giusta motivazione, un percorso di sostegno psicologico; la psicoterapia cognitivo comportamentale, associata a una terapia farmacologica, possono aiutare nella riduzione della sintomatologia e nel miglioramento della qualità della vita sociale e lavorativa.
DOTT.SSA LAURA GRIGIS Psicologa e Psicoterapeuta A Bergamo e Polispecialistico Dental Italy Curno
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IN ARMONIA
COPPIA
Sesso dopo i 65 anni tra benefici e tabù da abbattere ∞ A CURA DI GIULIA SAMMARCO
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I PREGIUDIZI CHE FANNO MALE
Una sana vita sessuale fa bene a tutte le età. Anche nella cosiddetta “terza età”. Una delle ultime conferme arriva da uno studio condotto dall’Anglia Ruskin University (Cambridge) e pubblicato sulla rivista Sexual Medicine. I ricercatori hanno analizzato i dati di 6.879 adulti con un’età media di 65 anni: gli uomini e le donne che avevano dichiarato di fare sesso con il partner nei dodici mesi precedenti attribuivano al proprio benessere generale un punteggio superiore rispetto ai coetanei che non avevano rapporti intimi. Eppure, nonostante le conseguenze positive non solo sull’umore ma anche sulla salute fisica, l’argomento è ancora legato a molti pregiudizi. «Per quanto la società attuale sia pervasa da 28 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2019
un’immagine sessuale quasi ossessiva, il tema della sessualità negli anziani rimane sempre un forte tabù. Anche per alcuni medici, infatti, e non solo per la gente comune, vi è stupore nell’ammettere che esista una sessualità ricca e naturale oltre una certa età» conferma la dottoressa Sara Zazzetta, geriatra. «L’invecchiamento, infatti, non va considerato una malattia, ma un fenomeno fisiologico e, così come vi sono modificazioni al cuore, alla pelle, al cervello, anche la sessualità della coppia anziana si modifica ma fortunatamente non scompare del tutto. Ecco, dunque, che dopo i 65 anni, seppure la frequenza dell’attività sessuale tenda a declinare, questa sfera rimane presente nella vita dell’anziano: le numerose
Il sociologo statunitense Kunh, nel 1976, raccontava i falsi miti correlati al sesso e all’anziano. > 1. Il sesso non ha importanza nell’età anziana; la vita dell’anziano dovrebbe essere asessuata. > 2. L’interesse per il sesso è anormale negli anziani. > 3. Gli anziani non dovrebbero risposarsi dopo la morte del coniuge. > 4. Gli anziani dovrebbero essere separati per sesso nelle case di riposo così darebbero meno problemi al personale ed ai loro familiari. Ed ecco che si fa avanti la cosiddetta sindrome da breakdown sessuale: l’anziano interiorizza tutti quegli atteggiamenti sociali negativi e identifica se stesso come persona non-sessuata. Il rischio? La comparsa di problemi di autostima e insicurezza, la depressione, l’ansia, l’aggressività. Da qui nasce l’importanza e il dovere da parte della società di rispettare la sessualità e la sfera intima dell’anziano.
ricerche dicono che il 50-80% degli uomini e delle donne ultrasessantenni continuano a essere sessualmente attivi, con un rapporto sessuale al mese. Questa percentuale, inoltre, sale se si fa riferimento non solo all’atto sessuale, ma anche alle effusioni». Perché è così importante mantenere una vita sessuale soddisfacente anche dopo una certa età? L’eros nella terza età è un toccasana per la salute: secondo una ricerca pubblicata sul Journal of the American Geriatric Society, le donne che vivono la loro vita sessuale in modo soddisfacente invecchiano meglio delle altre. Ci sarebbe dunque un circolo virtuoso alla base del legame tra sessualità e vecchiaia. Vivere serenamente la sessualità di coppia ha anche molti altri effetti positivi: permette l’autoaffermazione, mantiene attiva la complicità di coppia, riduce l’ansia del quotidiano, può essere considerato un antidoto contro la paura della morte. Quali sono invece gli ostacoli che si possono presentare? Dal punto di vista fisico l’attività sessuale negli over 65 può essere ostacolata da alcune malattie croniche (aterosclerosi, diabete, BPCO, insufficienza renale cronica) e da terapie farmacologiche (alcuni antidepressivi, antipsicotici, alcune
classi di antiipertensivi) o interventi chirurgici (TURP, isterectomia, interventi alla vescica etc.) a cui si sommano le fisiologiche modificazioni legate all’avanzare dell’età. Il momento più evidente di tali cambiamenti, anche dal punto di vista psicologico, è il periodo della menopausa nella donna e andropausa nell’uomo. Nell’uomo vi è fisiologicamente un calo di testosterone, l’erezione richiede più tempo e dura meno, è forse meno affidabile ma comunque è presente. L’eccitazione sessuale e l’orgasmo possono richiedere una maggiore stimolazione fisica, l’eiaculazione può essere meno vigorosa. Nella donna, invece, con la menopausa diminuiscono i valori di estrogeni, cessano le ovulazioni e la fertilità, vi è una minore lubrificazione (che può portare a rapporti dolorosi), una possibile diminuzione della libido e infine eccitazione sessuale e orgasmo richiedono maggiore stimolazione fisica. Un altro fattore importante del desiderio (anche se in realtà questo vale indipendentemente dall’età) è l’immagine di sé. Gli anziani, in particolare, possono sentirsi a disagio con i cambiamenti del corpo e questo rende più difficile condividere l’intimità con qualcun altro. Particolarmente difficili da accettare sono mutazioni come l’incontinenza, l’aumento di peso, le modificazioni della pelle, del seno.
Cosa si può fare allora? Le limitazioni fisiche sono senza alcun dubbio da tenere in considerazione, ma con l’ausilio di uno specialista si possono tenere sotto controllo, senza rinunciare ad avere una buona attività sessuale. Esistono anche farmaci appartenenti alla famiglia degli inibitori dell’enzima 5-fosfo-diesterasi (tra cui la nota “pillola blu”) che possono aiutare, anche se è bene sottolineare che non si deve mai ricorrere al fai da te. È compito del medico, infatti, valutare la presenza di eventuali controindicazioni (ipotensione, pregresso infarto miocardico, angina pectoris etc.) e l’interazione di tali farmaci con quelli assunti cronicamente dal paziente (ad esempio nitrati, alfabloccanti), promuovendo sempre e comunque uno stile di vita sano.
DOTT.SSA SARA ZAZZETTA Specialista in Geriatria
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IN FAMIGLIA
DOLCE ATTESA
Parto cesareo Istruzioni per l’uso ∞ A CURA DI LELLA FONSECA
In quali casi serve il parto cesareo? Quali sono le possibili complicazioni? Dopo un cesareo si può avere un parto naturale? Il parto cesareo è un tema che suscita sempre molto interesse, tra dubbi, domande e falsi miti. Di questo si è parlato qualche settimana fa, a Bergamo, durante “Io Parto Consapevole”, evento promosso da Johnson&Johnson Medical SpA con il patrocinio di AOGOI (Associazione Ostetrici Ginecologi Ospedalieri Italiani), SYRIO (Società Italiana di Scienze Ostetrico-Ginecologico-Neonatali) e SICHIG (Società Italiana di Chirurgia Ginecologica). Un momento di incontro e confronto tra donne in attesa, medici e ostetriche, per offrire alle future mamme consigli e informazioni utili per prepararsi con serenità e consapevolezza al momento del parto e ai giorni immediatamente successivi. Tra gli esperti presenti, il professor Franco Odicino, Direttore del Dipartimento Ostetrico-Ginecologico degli Spedali Civili di Brescia, il professor Luigi Frigerio, Direttore U.O.C. di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, la professoressa Miriam Guana, Ostetrica, Associato di Scienze 30 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2019
Ostetrico-Ginecologiche Neonatali all’Università degli Studi di Brescia e Presidente della SYRIO e la dottoressa Nadia Rovelli, Ostetrica e Presidente Ordine della Professione Ostetrica Interprovinciale BG-CR-LO-MI-MB. In quali situazioni è indicato? «Il parto cesareo è un intervento chirurgico importante che come tale può essere associato a dei rischi che devono essere attentamente considerati in fase decisionale. Se è vero che gli interventi non necessari devono essere evitati è altrettanto vero che è fondamentale assicurare l’accesso a questa procedura, potenzialmente salvavita, a quelle donne che presentano condizioni mediche particolari» ha osservato il professor Franco Odicino. «Indicazioni al cesareo sono: malattie della madre (preesistenti o sviluppate in gravidanza); condizioni fetali, ad esempio presentazione podalica; situazioni di urgenza di vario tipo; placenta pervia, pregressa rottura dell’utero. Sono gli operatori sanitari che orientano la donna verso il cesareo valutandone le condizioni. La donna, da parte sua, deve conoscere esattamente quali possono essere le complicazioni».
Quali sono le complicazioni che fanno più paura? Secondo una recente ricerca condotta da Ipsos, le complicazioni che destano maggiore preoccupazione tra gli uomini e le donne tra i 20 e i 50 anni, oltre al dolore postoperatorio (46%), ai tempi di ripresa dopo l’intervento (45%) e ai problemi legati all’anestesia (40%), viene citata la possibilità di contrarre infezioni (33%). «Le infezioni della ferita sono una delle possibili complicazioni dopo un intervento di parto cesareo. Possono colpire sia le strutture più superficiali sia i tessuti più profondi e si presentano in una percentuale che va dal 3.7 al 9.8% dei casi. Tuttavia oggi, grazie all’adozione di programmi di prevenzione negli ospedali e all’innovazione tecnologica in sala operatoria, come l’utilizzo di suture con antibatterico, è possibile prevenire ed evitare circa il 30% delle infezioni chirurgiche» ha spiegato il Professor Luigi Frigerio. « Per quanto riguarda l’anestesia, invece, nel 99% dei casi non si fa la totale ma la spinale (single shot anesthesia);
già dopo un giorno si può togliere il catetere e poi procedere alla dimissione precoce». Dopo un primo cesareo si può partorire naturalmente? «Se per esempio il primo parto è stato cesareo per presentazione podalica e nel successivo il bambino è ben posizionato si può fare il Vbac (dall’acronimo inglese che sta per Vaginal Birth After Cesarean, cioè nascita vaginale dopo cesa-
reo)» ha spiegato il professor Odicino. «Ovviamente se il primo parto cesareo era stato dettato da patologie sussistenti l’indicazione al cesareo rimane. Le linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità sono molto chiare e dicono che, in assenza di controindicazioni specifiche, la possibilità di un Vbac deve essere offerta a tutte le donne». Quali sono i tempi di ripresa? «La ripresa nei giorni successivi
al parto cesareo deve essere graduale e senza forzature. I tempi di recupero dipendono da diversi fattori, quali lo stato di salute della donna, i tempi di guarigione della ferita, il sostegno emotivo e pratico dei familiari e la possibilità di poter accedere all’assistenza ostetrica anche dopo il rientro a casa, ad esempio richiedendo la visita al proprio domicilio di un Ostetrica, come previsto dal Modello organizzativo del percorso nascita deliberato lo scorso anno da Regione Lombardia. La Regione ha deliberato nel giugno 2018 la nuova organizzazione della rete del percorso nascita con la presa in carico da parte di un Ostetrica di riferimento, della donna/neonato dall’inizio della gravidanza sino a 8 settimane dopo il parto, in rete con i medici specialisti. Auspichiamo una celere applicazione della delibera in tutto il territorio lombardo» ha affermato la dottoressa Nadia Rovelli. «Ci sono poi alcuni accorgimenti che è importante seguire per favorire una corretta cicatrizzazione della ferita, prevenire possibili infezioni e minimizzare il segno della cicatri-
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IL PARTO CESAREO: GLI ITALIANI PARTONO CONSAPEVOLI?* Il Parto Cesareo la pensano le donne tra i 20-50 anni rispetto alla 1.Come possibilità di dover affrontare un parto cesareo? E gli uomini
le donne sono giovani, più cresce la paura di dover 2. Più affrontare un parto cesareo.
rispetto al parto della compagna?
46%
64% donne 20-30 anni
poco o per niente spaventate
38%
poco o per niente spaventati
Il dolore post operatorio legato alla ferita
45%
Tempi di ripresa dopo l’intervento
40%
Problemi legati all’anestesia
33%
Possibilità di contrarre infezioni
19%
18% Infezioni
46%
24%
46% molto o abbastanza spaventati
donne 41-50 anni
sono le complicazioni più comuni legate al parto 3. Quali cesareo secondo gli italiani tra i 20-50 anni?
16% non sanno 48%
molto o abbastanza spaventate
32%
donne 31-40 anni
34%
19%
non sanno
5%
maggior parte degli italiani tra i 20 - 50 anni ha sentito 4. La parlare di infezioni legate al parto cesareo solo qualche volta,
Impossibilità di affrontare successivamente un parto naturale Impossibilità di vivere appieno l’esperienza di parto Fattore estetico legato alla cicatrice Ripercussioni sul rapporto tra mamme e bambino
è diffusa in Italia la conoscenza di infezioni legate 5. Quanto al parto cesareo tra le donne tra i 20-50 anni?
raramente o mai.
80% Nord Est
Nord 89% Ovest
82%
83% Centro 79%
Sud e Isole
86% ne hanno sentito parlare qualche volta, raramente o mai
Recidive
sono le principali conseguenze di 6.Quali infezione della ferita del taglio cesareo secondo le donne tra i 20 e i 50 anni?
63% l’allungarsi dei tempi di guarigione
le donne più giovani ad avere 7. Sono più paura di una recidiva
dell’infezione della ferita rispetto alle donne più mature.
48%
40%
36%
41% la possibilità di recidiva
possibilità di recidiva preoccupa 8.La soprattutto le donne residenti nel centro-sud.
Centro
Sud e Isole
45% 42%
37% l’impossibilità di prendersi cura del
proprio bambino per un periodo dopo il parto
Nord Ovest
39%
Nord Est
37%
15% la difficoltà di automedicazione 8% il fattore estetico
Donne 20-30 anni .
Donne 31-40 anni .
Donne 41-50 anni .
*Sono state realizzate 2178 interviste online CAWI tramite SmartBus, l'omnibus di Ipsos
ce come ad esempio mantenere pulita ed asciutta la ferita proteggendola da traumi. In generale, sicuramente il recupero dopo il cesareo è più lento ma l’Organizzazione Mondiale della Sanità dice che “l’obiettivo di salute si raggiunge se la donna e il neonato possono interagire e attivare le loro risorse fisiche” e questo è possibile anche per il cesareo. L’assistenza ostetrica deve rimuovere i fattori che impediscono questa interazione». Quali sono i falsi miti più comuni? «Uno dei falsi miti più diffusi è che sei “meno mamma” se non hai partorito in modo naturale. Non è assolutamente vero. Il parto
cesareo viene fatto per ragioni mediche e in quel momento è la scelta più sicura per mamma e bambino. L’esperienza della nascita è meravigliosa sia che venga fatto in modo naturale sia attraverso il cesareo. Il consiglio è valorizzare l’esperienza, indipendentemente dal modo in cui il bimbo nasce, condividendolo anche con il padre» dice la professoressa Miriam Guana. «Un altro falso mito è che le chance di allattare al seno a lungo siano minori. Effettivamente ci sono dati statistici che indicano che le mamme che hanno avuto un parto cesareo interrompono prima l’allattamento. La causa probabilmente è il fatto che uno degli elementi chiave per un buon
allattamento è l’attacco precoce, che avviene generalmente nello “skin to skin” (ndr. pelle a pelle) che oggi è diventato uno standard nel parto naturale e non sempre applicabile in sala operatoria. Questo non significa però che, con le dovute precauzioni e accortezze, anche dopo un cesareo non si possa avviare l’allattamento in modo soddisfacente: ad esempio, contro il dolore, che può essere un deterrente, esistono farmaci compatibili con l’allattamento. In questa fase l’assistenza ostetrica può facilitare il contatto madre-neonato e aiutare a ridurre al minimo i disagi post-intervento che possono ostacolare l’allattamento al seno».
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BAMBINI
Morbillo Vietato abbassare la guardia ∞ A CURA DI MARIA CASTELLANO
L’Italia è tra i dieci Paesi d’Europa in cui “il morbillo è endemico”. A rilanciare recentemente l’allarme è stato l’Istituto Superiore di Sanità (Iss), in occasione della Settimana europea dell’immunizzazione 2019 (24-30 aprile). “Questo a causa delle scarse coperture vaccinali nel corso degli anni, che hanno portato all’accumulo di ampie quote di popolazione suscettibili all’infezione” ha evidenziato l’Iss. Ma quali sono i rischi? Come è possibile prevenirla? Ce ne parla abbiamo chiesto al dottor Sergio Clarizia, pediatra. Dottor Clarizia, che tipo di malattia è il morbillo? Il morbillo è un’infezione, causata da un virus della famiglia dei Paramixovidae, molto contagiosa. Provoca un eritema cutaneo diffuso a tutto il corpo e sintomi simil-influenzali. Il morbillo era stato quasi del tutto debellato grazie alla vaccinazione diffusa. Ma recentemente si stanno verificando numerosissimi casi in tutto il mondo, con veri e propri focolai epidemici a causa della riduzione dell’adesione al programma vaccinale per ansie dei genitori contro la vaccinazio34 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2019
ne, non suffragate da nessuna evidenza scientifica. Quali sono i sintomi? I primi sintomi sono solitamente tosse insistente, naso che cola, febbre alta e occhi rossi. I bambini possono anche avere macchie di Koplik (piccole macchie rosse con una zona centrale biancastra) all’interno della bocca prima che inizi l’eruzione cutanea. L’eruzione sulla pelle si manifesta tre giorni giorni dopo l’inizio dei sintomi, a volte insieme a una febbre alta fino a quaranta gradi, con la comparsa di solito di punti rossi piatti sulla fronte. Successivamente si diffonde al resto del viso, quindi lungo il collo e il busto fino alle braccia, alle gambe
È consigliabile chiamare subito il dottore se si pensa che il proprio figlio abbia il morbillo e anche se il bambino è stato vicino a qualcuno con il morbillo”
e ai piedi. I sintomi di solito iniziano 7-14 giorni dopo che qualcuno è stato esposto al virus. La febbre e l’eruzione lentamente scompaiono dopo pochi giorni. È contagioso? Il morbillo è molto contagioso: 9 persone su 10, se non sono vaccinate per il morbillo, potranno infettarsi. Come si diffonde? Si diffonde quando le persone respirano o hanno un contatto diretto con le secrezioni respiratorie della persona infetta da virus. Può passare attraverso le goccioline spruzzate nell’aria quando qualcuno con il morbillo starnutisce o tossisce. Le persone con il morbillo sono contagiose da quattro giorni prima che l’eruzione inizi fino a circa quattro giorni dopo e in particolare mentre hanno la febbre, il naso che cola e la tosse.
Esiste una cura? Non esiste un trattamento medico specifico. Il virus deve fare il suo corso. Ci sono però alcuni accorgimenti da seguire per limitare i sintomi e i fastidi, tra questi, bere e idratarsi molto e favorire il riposo a letto. Se la febbre è alta può essere utile assumere paracetamolo o ibuprofene. Attenzione, invece, a non dare mai l’aspirina ai piccoli pazienti con una malattia virale: può favorire l’insorgenza della sindrome di Reye. Importante è tenere sempre i bambini sotto controllo medico. In alcuni casi, infatti, l’infezione può portare ad altri problemi, come otite (7% dei casi), diarrea (8%), polmonite (6%), encefalite 0.1% Un’infezione da morbillo può durare per diverse settimane. Dopo quanto un bambino che ha avuto il morbillo può tornare a scuola o all’asilo? I bambini con il morbillo devono essere tenuti lontani dagli altri per quattro giorni dopo la comparsa dell’eruzione cutanea in modo da evitare il contagio. Per quelli con un sistema immunitario indebolito,
questo dovrebbe continuare fino al completo recupero e alla scomparsa di tutti i sintomi. Come si può prevenire? Il modo migliore per proteggere i bambini è la vaccinazione contro il morbillo, che fa parte del vaccino anti-morbillo-parotite-rosolia (MMR) o vaccino contro il morbillo-parotite-rosolia-varicella (MMRV) somministrato a 15-18 mesi e di nuovo a 5 o 6 anni. È importante che tutti i bambini seguano il calendario vaccinale, per garantire la cosiddetta immunità di gregge (fenomeno per cui, una volta raggiunto un livello di copertura vaccinale sufficiente all’interno della popolazione, si possono considerare al sicuro anche le persone non vaccinate in virtù di una protezione indiretta), salvaguardando i bambini che per patologie particolari non possono essere vaccinati. Prima che la vaccinazione contro il morbillo fosse disponibile (anni Sessanta), ogni anno negli Stati Uniti erano segnalati più di 500.000 casi di infezione, circa 500 morti, 4.000 persone con encefalite. Da
allora l’immunizzazione diffusa ha reso il morbillo raro negli Stati Uniti e nel resto del mondo ma le epidemie si verificano ancora, soprattutto a causa di persone non vaccinate. A più alto rischio durante un’epidemia di morbillo sono in particolare bambini che non sono abbastanza grandi per ottenere il vaccino, donne incinte, persone con scarsa nutrizione o sistema immunitario indebolito.
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RAGAZZI
Adolescenza e celiachia Un binomio complicato ∞ A CURA DI MARIA CASTELLANO
La diagnosi di celiachia nella fase adolescenziale può complicare un periodo già estremamente delicato con conseguenze sulla vita sociale e personale. Secondo una recente indagine di Aic (Associazione Italiana Celiachi) Lombardia Onlus su un campione di ragazzi tra i 12-18 anni, per il 48% dei giovani la celiachia è limitante per lo sviluppo di una normale vita sociale mentre per il 24% rappresenta addirittura un ostacolo. Per questo motivo è importante supportare i giovani celiaci che, secondo le proiezioni ipotetiche del Ministero della Salute, sono oltre 34mila in Italia, 5.650 solo in Lombardia, fornendo informazioni utili per convivere con la 36 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2019
celiachia attraverso servizi di consulenza nutrizionale e progetti dedicati. «Sono numerosi i celiaci che al momento della diagnosi non hanno un colloquio con dietisti o nutrizionisti dovendo così affrontare in autonomia il cambiamento delle proprie abitudini alimentari» spiega Elena Sironi, responsabile Afc (Alimentazione Fuori Casa) di Aic Lombardia Onlus. «Il bisogno dei giovani celiaci di essere adeguatamente informati e monitorati rispetto alla loro dieta senza glutine c’è ed è forte anche perché più del 60% delle strutture ricettive aderenti al network Afc sono ristoranti e non locali frequentati abitualmente
da giovani come pub, creperie, piadinerie e fast food». A confermare la mancanza d’informazione e follow-up nutrizionale, i dati raccolti da Aic Lombardia Onlus, in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano, sulle abitudini alimentari dei celiaci di età compresa tra 2-18 anni: circa il 25% del campione non ha mai ricevuto la valutazione dello stato nutrizionale, fondamentale per fornire un quadro generale sull’introduzione, l’assorbimento e l’utilizzo dei nutrienti. Questa percentuale si alza sensibilmente se si considera il campione di preadolescenti e adolescenti (12-18 anni) analizzato nel 2018 da Aic
Lombardia Onlus: il 42% non ha mai ricevuto una valutazione nutrizionale mentre il 35% solo alla diagnosi senza follow-up. Il protocollo per la diagnosi e il follow-up della celiachia, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 191/2015, prevede che l’aderenza alla dieta senza glutine (Dsg) venga monitorata sei mesi dopo la diagnosi e poi una volta ogni 12-24 mesi mediante valutazione dietetica da parte di un nutrizionista o dietista. Questo protocollo è fondamentale per migliorare la qualità della vita dei ragazzi celiaci che, dopo la diagnosi, chiedono maggiori informazioni e consigli per gestire in autonomia la loro alimentazione fuori casa e tra le mura domestiche. Il 37% degli adolescenti è spesso alla ricerca di informazioni e addirittura l’80% desidera imparare a cucinare piatti gluten free per sentirsi più indipendente e sicuro.
Per rispondere alla richiesta dei celiaci di avere un flusso di informazioni continuo e personalizzato, Aic Lombardia Onlus ha messo a disposizione un servizio di counseling nutrizionale, in sede e online, con esperti pronti a fornire consigli su misura per i celiaci che desiderano conciliare una corretta alimentazione gluten free con una dieta povera di zuccheri o di colesterolo, con altre intolleranze o con un particolare regime alimentare etico o religioso. In particolare, per i giovani è stato pensato il progetto “La celiachia per i giovani”. «Il progetto si rivolge in particolare ai ragazzi tra gli 11 e i 18 anni. L’obiettivo è potenziare il supporto ai giovani sviluppando consigli nutrizionali e ricette mirate da promuovere online e amplificare i messaggi di sensibilizzazione sulla celiachia e la dieta senza glutine attraverso i canali social con l’aiuto di youtuber» conclude Elena Sironi.
Bergamo al terzo posto in Lombardia per locali gluten free Con una crescita complessiva del 20% solo negli ultimi due anni (2016-2018), sono 423 i locali informati per la migliore accoglienza del celiacoaderenti al network Afc (Alimentazione Fuori Casa) di Aic Lombardia Onlus, di cui 280 ristoranti, 42 gelaterie, 18 B&B, 46 laboratori artigianali, 25 punti dedicati all’alimentazione in viaggio, 8 bar e 2 parchi divertimento. Tra le province lombarde Bergamo è terza, dopo Milano e Brescia, con 57 locali.
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IN FORMA
FITNESS
Acrobatica aerea In forma sospesi per aria ∞ A CURA DI MARIA CASTELLANO
Fino a poco tempo fa riservata ad acrobati e circensi, negli ultimi anni, complice anche il successo del Cirque du Soleil, sta riscuotendo sempre più interesse tra curiosi, amatori, ballerine o semplicemente persone alla ricerca di un’attività fisica divertente e stimolante in cui mettersi alla prova. Parliamo dell’acrobatica aerea, disciplina che si effettua sospesi in aria. Ma in che cosa consiste? Quali sono i benefici? E la possono fare tutti? Lo abbiamo chiesto a Silvia Vavassori istruttrice di acrobatica aerea. Come è nata questa disciplina? L’origine delle discipline aeree è incerta. Nascono e provengono dal mondo del circo inizialmente con il trapezio e il cerchio, successivamente viene utilizzata anche la corda (attrezzo della ginnastica) e solamente negli anni Novanta emergono i tessuti aerei. Queste discipline sono delle vere e proprie arti circensi e tendono ad esaltare l’espressione artistica e la forza del corpo con i suoi movimenti. La bellezza dei movimenti si lega al suono e alla musica e così nasce una performance affascinante e magica. Quali sono i benefici fisici e mentali? Aiuta ad avere maggiore consapevolezza del proprio corpo e degli incredibili risultati che ognuno può raggiungere attraverso la 38 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2019
L’acrobatica aerea si avvale dell’utilizzo dei tessuti di stoffa elastica, sospesi a un’altezza che può variare dai 4 a 10 metri, attraverso i quali si eseguono acrobazie e giravolte, in modo da creare posizioni sempre più armoniose”
pratica e l’esercizio. Dal punto di vista psicologico contribuisce ad accrescere la fiducia nelle proprie capacità e controllare la paura di stare sospesi e di cadere. Quali distretti del corpo potenzia? L’acrobatica aerea è un allenamento completo e multiarticolare: vengono tonificate e potenziate le braccia, le cosce, i glutei e le gambe, affinché rendano fluido il movimento di salita sull’attrezzo. Gli addominali e i muscoli della schiena, che nell’insieme vengono definiti core, sono il fulcro centrale del corpo che permette di eseguire posizioni statiche, dinamiche, scivolamenti e cadute. Immaginate un’intera lezione in cui l’esercizio principale è quello di salire su un tessuto, eseguire delle figure e scendere in modo
controllato. Questo comporta un notevole aumento della forza nei muscoli flessori delle mani e nel giro di pochi mesi si sviluppa una presa d’acciaio, che viene definita forza di grip, fondamentale per non perdere la presa del tessuto, specialmente quando i piedi non sono agganciati. A tutto questo aggiungete che il tessuto ha una piccola percentuale di allungamento che lo rende ancora più difficile “da scalare”. Chiaramente si inizia con esercizi più semplici e con il tessuto annodato alla base, creando una sorta di amaca, grazie alla quale si riduce la forza richiesta e si può prendere graduale confidenza con l’attrezzo e migliorare la sua resistenza lezione dopo lezione, fino ad arrivare ad esercitarsi sui tessuti liberi. Allenarsi sui tessuti aerei, rende quindi molto forti soprattutto nella parte superiore del corpo.
SILVIA VAVASSORI Istruttore di discipline aeree circensi Jump Academy Accademia delle Arti Acrobatiche Asd di Curno
È adatta a tutti? Ci sono controindicazioni? Praticare le discipline aeree richiede di essere in condizioni di salute, con l’idoneità per la pratica sportiva non agonistica certificata da un medico dello sport. Uno dei fattori che le rende affascinanti è l’altezza, che però comporta il rischio di perdere la presa e di cadere dall’attrezzo, oppure di restare legati e non riuscire a svincolarsi dal tessuto. L’utilizzo di attrezzature certificate, di materassi paracadute adeguati, di una corretta propedeutica e programmazione degli esercizi proposti nel corso dell’anno in base a un indice di difficoltà crescente, fanno molta differenza nella gestione del rischio. Chi pratica discipline aeree deve sempre farlo in sicurezza, gli devono essere garantite attrezzature certificate secondo le normative europee e un’assistenza adeguata e qualificata da parte dell’insegnante. Altri rischi sono quelli connessi all’esercizio fisico sull’attrezzo. L’articolazione della spalla, su cui grava il peso del corpo durante le salite, è la parte del corpo più potenzial-
mente soggetta a infiammazioni. Statisticamente sono i muscoli della cuffia dei rotatori a essere maggiormente coinvolti in stati infiammatori. Un mirato lavoro di riscaldamento e attivazione, seguito da un condizionamento delle strutture tendinee e legamentose ripetuto in ogni lezione, riduce notevolmente il rischio e l’incidenza di situazioni di dolore e sofferenza dei tendini. L’acrobatica aerea, infine, è sconsigliata a chi in eccessivo sovrappeso, a chi soffre di vertigini o di ansia. Con che frequenza si consiglia di allenarsi per ottenere risultati? Suggeriamo di frequentare due allenamenti a settimana che permettono di acquisire rapidamente una buona padronanza degli attrezzi.
IN FORMA
BELLEZZA
Il lifting? Ora è bio
Uno sguardo più giovane senza bisturi ∞ A CURA DI VIOLA COMPOSTELLA
Rilassamento cutaneo, rughe, gonfiore e borse, occhiaie. Sono molti e diversi gli inestetismi che, con il passare degli anni, possono riguardare la zona intorno agli occhi, creando disagio e fastidio. I fattori che contribuiscono all’insorgenza sono diversi a seconda del problema: età, stanchezza, predisposizione genetica, alterazioni micro-circolatorie, fumo, stress etc.. In ogni caso, oggi esistono trattamenti specifici e tecniche avanzate di medicina estetica che permettono di intervenire effi40 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2019
cacemente in questa zona particolarmente delicata senza dover ricorrere al bisturi. «Per prima cosa è necessario valutare con attenzione la tipologia di inestetismo e verificare le cause che possono essere alla base. Solo dopo sarà possibile individuare il trattamento o i trattamenti più indicati per il singolo caso, da quello di medicina estetica fino, nei casi più compromessi, alla blefaroplastica chirurgica o con il laser» osserva la dottoressa Jlenia Lonigro, chirurgo plastico e medico estetico.
La biorivitalizzazione o “ biolifting” è un trattamento anti-age che consiste nell’iniettare sottocute, attraverso aghi sottilissimi, soluzioni biocompatibili e riassorbibili, che nutrono in profondità il derma. Particolarmente efficaci sono quelle a base di acido ialuronico; aminoacidi, precursori del collagene, dell’acido ialuronico e dell’elastina; coenzimi, sostanze che contribuiscono ad attivare il processo metabolico; vitamine e minerali, essenziali per preservare le proprietà chimico-fisiche della cute. Un’altra forma di biorivitalizzazione che ultimamente sta destando sempre più interesse per la sua efficacia è il PRP (Platelet Rich Plasma, in italiano plasma arricchito di piastrine). In questo caso la sostanza biocompatibile utilizzata è il sangue della stessa persona, prelevato e opportunamente trattato. Questo fa sì che si tratti di una sostanza assolutamente tollerata dall’organismo. Il concentrato di piastrine è utilizzato da molti anni come rigenerante di tessuti danneggiati ad esempio in chirurgia maxillo-facciale e odontostomatologica, in oculistica.
Dottoressa Lonigro, cominciamo dalle occhiaie, inestetismo che può riguardare anche le persone più giovani. Cosa si può fare per renderle meno evidenti? L’ultima novità contro le occhiaie è un particolare filler di acido ialuronico con proprietà ristrutturanti, schiarenti e riempitive. A differenza degli altri acidi ialuronici, riesce a riempire il solco creato dalle occhiaie e ripristinare i volumi persi senza dare un effetto edemigeno (di gonfiore) alla palpebra inferiore. Questo consente di attenuare lo svuotamento causato dal tempo e anche una certa lassità della pelle che porta a un “effetto scuro” sotto gli occhi. Come si svolge il trattamento? Si applica un po’ di anestetico locale con ghiaccio per ridurre e/o evitare la comparsa di livido, dopo qualche minuto si procede al trattamento che prevede le iniezioni di piccole gocce di prodotto lungo tutta l’occhiaia. Si effettua ambulatorialmente e non è necessaria alcuna anestesia. Nei giorni seguenti possono verificarsi un leggero gonfiore e arrossamento dell’area trattata. Per attenuarli bastano impacchi di ghiaccio, anche se in genere scompaiono dopo 24-48 ore.
Ma quanto dura il risultato? Gli studi clinici effettuati hanno mostrato risultati duraturi fino a circa un anno. Come si possono combattere, invece, le altrettanto temute borse? Contro le borse può essere efficace la radiofrequenza, trattamento che si basa su effetti di onde elettromagnetiche. Questa tecnologia trasforma l’energia elettrica in calore che omogeneamente penetra nei tessuti fino al derma (strato della cute posto sotto l’epidermide) profondo, stimola sia la produzione di nuovo collagene (proteina della pelle che dona tono) sia la riorganizzazione delle fibre di collagene ed elastiche già presenti. Nel caso delle borse, che sono dovute a un accumulo di liquidi e grasso e alla perdita di elasticità della pelle, la radiofrequenza ne riduce la formazione perché non solo ridà tono ed elasticità alla pelle, ma attenua anche la discromia (alterazione nel colorito) che si viene a creare. Quest’ultima azione la rende utile anche contro le occhiaie, meglio ancora se in associazione all’acido ialuronico di cui abbiamo parlato prima e a tecniche di biorivitalizzazione. In questo la pelle intorno agli occhi diventa più compatta e luminosa e si vanno così a “mime-
BERGAMO • 22 GIUGNO 2019 Corsa - camminata di 5/10 km
tizzare” sia le borse e le occhiaie sia eventuali rughette. Spesso si sente parlare anche di botulino per rendere lo sguardo più fresco… La tossina botulinica viene impiegata per correggere le rughe di espressione, cioè quelle create dalla contrazione dei muscoli mimici della faccia, della metà superiore del volto. Non agisce quindi sulle rughe prodotte dalla formazione di solchi per ridotta produzione di collagene (per le quali sono indicati invece filler riempitivi di acido ialuronico). Nel caso della zona perioculare, in particolare, si utilizza per spianare le cosiddette “zampe di gallina” e le rughe glabellari (solchi tra le sopracciglia).
DOTT.SSA JLENIA LONIGRO Specialista in Chirurgia Plastica e Medico estetico Presso Smart Clinic Le due Torri
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Zanzara tigre Ecco come prevenire i rischi ∞ A CURA DI ATS BERGAMO
La zanzara tigre è un insetto, lungo dai due ai dieci millimetri, diffusosi in Italia e in Europa a partire dagli anni Novanta. Non è difficile riconoscerlo perché, a differenza delle altre zanzare, presenta sul dorso una tigratura bianca e nera. Inoltre, si distingue per essere alla ricerca di nutrimento non solo all’alba o al tramonto, quando la temperatura diminuisce, ma nell’arco di tutta la giornata. Le zanzare tigre iniziano a comparire nei mesi di aprile e maggio, permanendo fino ai mesi di ottobre novembre e dicembre. In autunno, quando le ore di luce diminuiscono e la temperatura si abbassa, la zanzara tigre deposita uova in grado di superare la stagione invernale resistendo a temperature spesso inferiori a -5 °C. Il ciclo biologico della specie si riattiva quando si raggiungono condizioni climatiche favorevoli, quindi con l’inizio della primavera. Le uova di zanzara tigre trovano ambienti ottimali per lo sviluppo in contenitori con piccole 42 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2019
quantità di acqua ristagnante, come vasi, sottovasi, fognature otturate, grondaie e recipienti di scarto, e si schiudono una volta sommerse dall’acqua. Nemica dell’uomo è la specie femminile che punge al fine di prelevare il sangue necessario per la maturazione delle uova.
PERCHÉ PUNGE, DOVE PUNGE E QUALI SONO LE CONSEGUENZE DELLA PUNTURA Le femmine sono molto aggressive e pungono generalmente di giorno e all’aperto prediligendo le ore più fresche della giornata. In presenza di infestazioni elevate si ritrovano anche all’interno degli edifici e perfino nei piani alti. Si nutrono su una vasta gamma di animali, ma sembrano privilegiare l’uomo. I luoghi di riposo degli adulti sono tra la vegetazione (erba alta, siepi, cespugli). La puntura causa la comparsa di pomfi pruriginosi, e spesso edematosi. Nu-
merose punture contemporanee possono dare origine, in persone particolarmente sensibili, a reazioni allergiche localizzate. In caso di puntura è utile lavare e disinfettare la zona colpita, fare impacchi con ghiaccio o applicare una crema al cortisone, seguendo le indicazioni del foglietto illustrativo. Tali
provvedimenti riducono il gonfiore e diminuiscono il prurito.
IL RUOLO DELL’AGENZIA DI TUTELA DELLA SALUTE Da diversi anni l’Ats ha attivato un sistema di monitoraggio provinciale per la zanzara tigre con oltre cento postazioni di rilevamento dislocate su diciotto comuni della provincia di Bergamo. Questi comuni sono stati individuati sulla base della loro dislocazione sul territorio in pianura, montagna e zone lacustri, così da poter raccogliere dati i più rappresentativi possibili della situazione provinciale. Il monitoraggio dell’Agenzia di tutela della salute di Bergamo ha inizio nel mese di maggio di ogni anno e termina alla fine del mese di ottobre e fornisce ogni quindici giorni dati sull’andamento della presenza dell’insetto nella bergamasca, che vengono poi utilizzati per attuare azioni informative e di profilassi in caso di forte presenza della zanzara. I comuni inseriti nel piano di monitoraggio provinciale sono: Bergamo, Seriate, Treviglio, Romano di Lombardia, Dalmine, Urgnano, Grumello del Monte, Ponte San Pietro, Brembate, Nembro, San Pellegrino, Clusone, Villa d’Almè, Sarnico, Chignolo d’isola e Lovere. Sulla base delle mappature effet-
tuate nel corso degli anni 20072018, la nostra provincia è risultata fortemente interessata dalla presenza della zanzara Tigre. La stretta collaborazione tra ATS e comuni è fondamentale per una efficace azione di prevenzione e informazione e contrasto. Già nel mese di marzo, sono stati inviati a tutti sindaci le indicazioni ricevute da Regione Lombardia circa le azioni di prevenzione da porre in essere per l’anno 2019, ovvero la trasmissioni di un’ordinanza sindacale per i cittadini riportante le azioni da intraprendere e la disposizione di trattamenti larvicidi, nei mesi da aprile a ottobre, e adulticidi, periodicamente, per le
caditoie situate in luoghi frequentati da pubblici sensibili (parchi giochi, asili, scuole, centri anziani, luoghi di ricovero e cura, luoghi di trattamento all’aperto, piazze, ecc.).
COSA PUÒ FARE IL CITTADINO > Pulire i tombini prima dell’inizio dei trattamenti. > Trattare i tombini dei propri cortili (da aprile a ottobre) con i prodotti larvicidi (bacillus thuringiensis). > Evitare l’abbandono e l’accumulo all’aperto di materiali che possano trattenere l’acqua piovana (copertoni, vasi, sottovasi, teli plastici, bottiglie, barattoli etc.) > Eliminare le raccolte d’acqua da sottovasi, annaffiatoi, bidoni, copertoni e da qualsiasi altro contenitore, mantenendoli al riparo dalle piogge. > Innaffiare direttamente, tramite pompe, gli orti e i giardini; nell’impossibilità, coprire i bidoni e altre riserve d’acqua con coperchi a tenuta o con zanzariera integra, fissata e ben tesa. > Introdurre pesci rossi, che si nutrono delle larve di zanzara, nelle vasche ornamentali. > Verificare che le grondaie non siano otturate per evitare ristagni d’acqua. > Provvedere al regolare sfalcio dell’erba. Maggio/Giugno 2019 | Bergamo Salute | 43
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Orzotto ai carciofi Primo piatto Difficoltà di preparazione Facile
Tempo di preparazione 50 minuti
Calorie a persona 350 Kcal
INGREDIENTI per 4 persone 200 g... Orzo decorticato 2............ Carciofi 200 g... Cannellini secchi già ammollati per una notte qb......... Zenzero tagliato sottile qb......... Olio extravergine di oliva, Olio alla paprica qb......... Succo di limone qb......... Sale PREPARAZIONE
SIMONETTA BARCELLA Esperta di cucina naturale Co-autrice del libro “Il Cibo della Gratitudine”
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Mettete in ammollo l’orzo per 6 ore con il 400 ml di acqua. Ponete la pentola sul fuoco, aggiungete il sale e portate a bollore. Cuocete per 30 minuti e lasciate riposare per altri 10. Nel frattempo pulite i carciofi e svuotateli della barba interna ponendo i pezzi puliti in acqua leggermente acidulata con poco succo di limone. Tagliateli a fettine sottili nel senso della lunghezza e passateli in padella con olio e sale, mescolando spesso finché siano morbidi. Per mantecare: cuocete i cannellini in acqua abbondante, frullateli e passateli al setaccio per eliminare eventuali granulosità. Per completare il piatto: riponete l’orzo in pentola e rendetelo cremoso aggiungendo qualche cucchiaio di acqua o brodo. Aggiungete i carciofi cotti in padella e mescolate con cura. Mantecate con qualche cucchiaio di crema di cannellini, lo zenzero e il succo di limone. Impiattate con un giro di olio rosso.
Secondo piatto Difficoltà di preparazione Facile
Cecine di primavera Tempo di preparazione 20 minuti
INGREDIENTI per 4 persone 200 g... Farina di ceci 300 g... Acqua 2............ Cucchiai di olio extravergine di oliva 4-5....... Asparagi qb......... Sale o purea di umeboshi qb......... Trito finissimo di rosmarino qb......... Misticanza colorata qb......... Fiori commestibili qb......... Sale
Calorie a persona 200 Kcal
PREPARAZIONE Mettete in ammollo la farina di ceci nell’acqua per almeno 2 ore, meglio una notte intera. Trascorso questo tempo mescolate con cura gli ingredienti e preparate le cecine friggendole in padella a cucchiaiate, realizzandole della misura desiderata. Pulite gli asparagi e riduceteli in listarelle con l’aiuto del pelapatate. Servite le cecine con le insalate con i nidi di asparagi e i fiori eduli. Completare una citronette di olio e limone.
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L’umeboshi è un popolare condimento della cucina giapponese a base di prugne (ume) salate. Ha un gusto accentuato acido e salato
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RICETTA
Dessert
Mousse al carcadè profumata alla menta
Difficoltà di preparazione Facile
Tempo di preparazione 15 minuti
Calorie a persona 60 Kcal INGREDIENTI per 4 persone 500 ml. Succo di mela limpido 1/2........ Cucchiaio di agar agar 1............ Pizzico di sale qb......... Fiori di carcadè qb......... Foglie di menta Il carcadè (o karkadè), di origine africana, è costituito dal calice carnoso del fiore dell’Hibiscus sabdariffa da cui si può ricavare per infusione una bibita dissetante dal sapore gradevolmente aspro e dal colore rosso intenso
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PREPARAZIONE Portare a bollore e sobbollire dolcemente, sempre mescolando per 5 minuti, fino a che l’agar agar si è ben sciolto. Versare il composto bollente in una pirofila con i fiori di carcadè e la menta. Quando il liquido ha raggiunto la temperatura ambiente, togliere fiori e foglie e riporre in frigorifero almeno due ore, meglio se tutta la notte. Frullare la gelatina ottenuta e servire
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ALTRE TERAPIE
Idrocolonterapia Cosa è e a cosa serve ∞ A CURA DI VIOLA COMPOSTELLA
Uso eccessivo di farmaci, stress, inquinamento, abitudini alimentare scorrette. Sono molti e diversi i “nemici” che possono alterare l’equilibrio dell’intestino e della sua flora batterica. Le conseguenze? Disturbi gastrointestinali come stitichezza, gonfiore addominale, meteorismo innanzitutto, ma anche problemi diversi, tra cui eczemi e allergie, mal di testa, nervosismo, stanchezza cronica. Già, perché l’intestino non serve solo per la digestione di quello che mangiamo: svolge un ruolo molto più complesso al punto da essere 54 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2019
chiamato il nostro “secondo cervello”. Basti pensare che quest’organo, che ha una superficie pari a 300 mq, in pratica due campi da tennis messi insieme, possiede un vero e proprio Sistema Nervoso (Sistema Nervoso Enterico), costituito da più di 100 milioni di neuroni (più del midollo spinale). È evidente quindi, quanto sia importante mantenerlo o riportarlo in una condizione di benessere. Ma come fare? Un’alimentazione equilibrata, un regolare esercizio fisico e un corretto stile di vita sono fondamentali ma a volte non
DOTT FRANCESCO NEGRINI Responsabile U.O. Gastroenterologia Policlinico S. Marco Zingonia Gastroenterologo Smart Clinic Oriocenter e Le due Torri
bastano. «In molti casi può essere utile ricorrere all’idrocolonterapia» suggerisce il dottor Francesco Negrini, gastroenterologo. «Si tratta di un sistema di depurazione che consente di rimuovere completamente dalle pareti intestinali, in modo indolore e non traumatico, le scorie che vi si accumulano e aderiscono nel corso degli anni. In questo modo si ripristina stabilmente l’equilibrio dell’intestino e si regola lo sviluppo della flora batterica eubiotica, ovvero benefica per l’organismo». Dottor Negrini perché può essere necessario “ripulire” l’intestino?
LE CONTROINDICAZIONI > Importanti malattie epatiche > Cardiopatie gravi > Ipertensioni elevate > Gravidanza negli ultimi periodi > Neoplasie maligne sanguinanti del colon > Coliti ulcerose sanguinanti > Diverticoliti in fase attiva > Postumi recenti di interventi chirurgici intestinali > Emorroidi in fase acuta, ragadi, prolassi
della muco-emorroidali
L’ambiente intestinale, quando viene esposto a sostanze “innaturali” sia dal punto di vista
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ti, eczemi, altre malattie della pelle; malattie reumatiche e artrosiche; vertigini, disturbi della concentrazione e della memoria; emicranie e cefalee in generale; malattie del metabolismo (gotta, diabete, ipercolesterolemia); malattie circolatorie; depressione, nervosismo, stanchezza cronica. Può inoltre essere utile come adiuvante nella preparazione della colonscopia. Come si svolge una seduta? Innanzitutto la persona viene valutata con una prima visita dal medico gastroenterologo, per verificare l’indicazione all’idrocolonterapia. L’applicazione consiste nell’introduzione di una cannula ano-rettale monouso provvista di una via d’entrata e di una via d’uscita collegata
a un apposito apparecchio che ne regola la pressione, la velocità, la temperatura e permette di controllare ciò che viene espulso. Durante tutto il trattamento, che dura circa 45 minuti, il grosso intestino viene lavato con acqua tiepida a 36-37° C, mentre l’addome viene massaggiato delicatamente per facilitare la pulizia intestinale. Nei primi giorni seguenti la terapia è consigliabile seguire un’alimentazione leggera, evitare l’assunzione di alcolici, limitare l’assunzione di caffè, latticini, carni rosse, insaccati e assumere pre-probiotico per almeno 15 giorni, in modo da favorire la crescita di batteri benefici. Successivamente si ritorna gradualmente a una dieta equilibrata, evitando cibi freddi ed evitando di prendere freddo.
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Fuoritutti 2019 Guida all’adozione consapevole ∞ A CURA DI LELLA FONSECA
“#Fuoritutti Bergamo” giunge quest’anno alla terza edizione. Si tratta di una campagna che si prefigge di proporre e incentivare l’ingresso di cani e gatti nelle famiglie bergamasche attraverso un’adozione consapevole. L’iniziativa nasce da diverse associazioni animaliste competenti in ambito di adozioni della provincia di Bergamo e Milano in collaborazione con la sede provinciale LAV (Lega Anti Vivisezione) e un gruppo di studi veterinari sotto il patrocinio del Comune di Bergamo, Treviglio e Arzago. «Cani e gatti sono molto diffusi nelle famiglie bergamasche, come in poche altre province italiane. Gli animali in molti casi provengono da allevamenti o negozi piuttosto che da adozioni in canile o gattile» dice
Donato Ceci, membro del Consiglio Direttivo della sede provinciale della LAV di Bergamo. «L’idea alla base di Fuoritutti è quella di spingere quante più persone ad adottare il loro animale di compagnia piuttosto che rivolgersi alle filiere di produzione di animali, che purtroppo non sono immuni da contesti di sfruttamento e sofferenza assai lontani dalla percezione del cliente finale. Allo stesso tempo il fenomeno degli animali senza tetto in un ambiente fortemente urbanizzato che non ne consente la sopravvivenza è un fenomeno che non accenna a ridimensionarsi». Il progetto #Fuoritutti si articola su un percorso di sensibilizzazione della comunità e su un pacchetto di agevolazioni per l’adottante. Durante il primo anno dopo l’adozione
NO AI LUOGHI COMUNI Il primo luogo comune da sfatare per quanto riguarda cani e gatti è quello secondo cui un pet di allevamento cresciuto sin da piccolo in famiglia sia più forte, intelligente, equilibrato e più attaccato alla famiglia rispetto a un meticcio o a un animale proveniente da una situazione di maltrattamento. In realtà dopo un periodo di adattamento questi animali sono in grado di instaurare con il compagno umano una relazione pienamente soddisfacente.
Maggio/Giugno 2019 | Bergamo Salute | 57
ANIMALI
il proprietario può usufruire di tariffe speciali per la sterilizzazione, vaccinazioni, inserimento del microchip, esami per filariosi e leshmaniosi e altre prestazioni presso i veterinari aderenti e agevolazioni su percorsi di recupero comportamentale con educatori convenzionati. «La campagna 2019 nasce con lo slogan “#fuoritutti consapevolmente” perché non di rado si assiste ad adozioni intraprese sull’onda dell’entusiasmo senza una vera comprensione dell’impegno e della responsabilità che far entrare un animale in famiglia comporta. Accade quindi che alle prime difficoltà di convivenza non valutate, o semplicemente quando si deve partire per le vacanze, i proprietari riportano l’animale al rifugio. Questa eventualità è un vero dramma
per cani e gatti che perdono di colpo tutti i riferimenti acquisiti, primo fra tutti, l’umano che ha fatto loro credere di avere un luogo esclusivo in cui vivere e cure costanti. In un percorso di accrescimento della consapevolezza è fondamentale che questo aspetto sia pienamente compreso dall’adottante. Meglio un’adozione in meno, che un ritorno in canile o gattile». Chi adotta un cane o un gatto da uno dei rifugi della Provincia verrà supportato dagli operatori nella scelta del nuovo compagno e su come accoglierlo in famiglia, così che il rapporto cominci nel modo migliore. Le strutture rilasciano un tesserino che, esibito insieme ad un documento d’identità, permetterà di usufruire delle agevolazioni della campagna. Per informazioni
RUBRICHE
sul progetto consultare il sito www. fuoritutti.org, la pagina facebook Fuoritutti 2019 o rivolgersi direttamente alle associazioni e rifugi coinvolti nell’iniziativa.
DONATO CECI Membro del Consiglio Direttivo della sede provinciale LAV Bergamo
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DAL TERRITORIO
NEWS
NEWS
Demenza e Alzheimer: una guida per orientare le famiglie Una guida per orientare le famiglie delle persone affette da demenza e Alzheimer in modo che possano affrontare la malattia dei propri cari nel modo più efficace possibile: è questo il risultato del lavoro svolto dall’Ambito Territoriale 1, ASST Giovanni XXIII, ATS Bergamo e dalle associazioni che si occupano di demenza in città, un lavoro che ha dato origine a una brochure che sarà presto diffusa capillarmente in città. Come nel resto d’Italia, l’invecchiamento rappresenta anche nel nostro territorio una delle più rilevanti trasformazioni che ha modificato l’andamento demografico. La situazione attuale dell’Ambito Territoriale 1 evidenzia come a un costante allungamento della prospettiva di vita, corrisponda un importante aumento delle persone che hanno superato i 75 anni di età che vivono sole, spesso con patologie croniche. Tra queste patologie la demenza è una delle malattie croniche e progressive che vede coinvolte un numero sempre maggiore di persone. Nella nostra provincia, secondo
i dati forniti dal Servizio Epidemiologico Aziendale di ATS Bergamo, il numero dei casi con diagnosi di demenza, alla data del 31.12.2016, è pari a 9.324, con un tasso di prevalenza di 84,13/10.000 abitanti: per l’Ambito distrettuale di Bergamo questo tasso è nettamente più elevato (126,79/10.000 ab.) a causa del progressivo innalzamento dell’indice di vecchiaia che nel nostro territorio è particolarmente marcato. Per questo è stata creata “Una rete per la Demenza”, guida che ha come obiettivo presentare i servizi che, all’interno della rete socio-sanitaria dell’Ambito Territoriale di Bergamo, sostengono processi di diagnosi e presa in carico della demenza. Si tratta di una sorta di mappa utile a tutti coloro, cittadini ed addetti ai lavori, che incrociano la patologia nelle sue varie e molteplici fasi, che traccia il percorso al quale le persone e i loro familiari possono accedere per una corretta definizione della diagnosi e cura, e orienta all’interno e fra i diversi Servizi dedicati e presenti sul territorio.
Avis: Lombardia, prima regione in Italia con il 24% di donazioni di sangue La Lombardia si conferma come la regione più generosa nella raccolta del sangue, per numero di donazioni e numero di donatori. A dirlo è il bilancio 2018 dell’Avis Regionale Lombardia, recentemente presentato dal quale emergono anche altri dati interessanti. Le Avis del territorio regionale sono 660 per un totale di 258.475 soci donatori (il 21% sul totale Italia), di cui circa 12.000 dirigenti operativi, che contribuiscono per il 24% in termini di donazioni sul sistema nazionali (478.551 donazioni totali).La provincia che contribuisce maggiormente è quella di Milano, con 90.797 donazioni. A
seguire Bergamo (63.875), Brescia (60.803), Monza Brianza (43.190), Varese (42.144), Cremona (35.873), Mantova (32.011), Como (29.645), Lecco (28.929), Pavia (21.036), Lodi (15.634), Sondrio (14.314). Alla nostra città, però va il primato del numero di sedi comunali Avis, sono ben 157 (il 24.2% sul totale della regione) per un totale di 33.695 donatori e 63.875 donazioni. L’Italia ha raggiunto l’autosufficienza da una decina di anni e questo grazie anche al forte contributo della Lombardia, regione da tempo autosufficiente che aiuta le al-
tre aree. Ciò nonostante servono sempre nuovi donatori: ogni anno fuoriesce circa il 10% dei donatori per ragioni di carattere sanitario o per il raggiungimento del limite di età. Fondamentale, quindi, è non abbassare la guardia, in particolare per poter affrontare i periodi a rischio, come Natale ed estate. La prossima emergenza sarà agosto quando le città si spopoleranno e diminuiranno le donazioni. L’invito dell’Avis di Bergamo, quindi, è quello di donare tutti nelle ultime settimane di luglio per evitare situazioni critiche.
DAL TERRITORIO
ONLUS
Aiutiamo i bambini malati: era il sogno di Giulia I genitori e gli amici della ragazzina di Bergamo scomparsa nel 2011 per un sarcoma, proclamata di recente Serva di Dio, hanno fondato un’associazione per assistere i piccoli ricoverati in ospedale ∞ A CURA DI LUCIO BUONANNO
L’Onlus si chiama “conGiulia” ed è nata per dare seguito ai sogni e ai progetti di una ragazzina di Bergamo, Giulia Gabrieli, che, anche se colpita da un sarcoma, ha vissuto gli ultimi mesi della sua vita con il sorriso, facendo lei coraggio ai genitori, agli amici e a tanta gente. Vivendo in pieno spirito cristiano. Ora lei, la piccola Giulia è Serva di Dio, la prima fase della beatificazione e della santità. Il vescovo di Bergamo Francesco Beschi, aprendo la causa di beatificazione nel Santuario della Madonna dei Campi a Stezzano, di cui Giulia era devota, ha così commentato lo spirito della ragazzina. «In Giulia vediamo il grande amore per i suoi cari che si è aperto sempre più. Aprire un processo di beatificazione significa metterci in un cammino iniziato già da tempo che ora percorriamo. Abbiamo scoperto in Giulia
un tesoro e vorremmo offrirlo al mondo». Giulia è scomparsa nel 2011 e subito dopo i suoi genitori Sara e Antonio hanno fondato la Onlus con alcuni familiari e amici. «È nata pochi mesi dopo la partenza per il Cielo di nostra figlia con l’intento di dare forma ai progetti che lei aveva in cuore» racconta la mamma. «Tutte le attività nate dall’esperienza di Giulia, le testimonianze, la preghiera dei piccoli, la pubblicazione del suo libro e le varie iniziative sono frutto di questo cammino che continua. I progetti della nostra Associazione sono rivolti in modo particolare ai giovani e ai bambini malati con un’attenzione speciale alla “Scuola estiva” e a quella “in pigiama” dell’Ospedale di Bergamo, ma non solo. Altre iniziative stanno nascendo a favore dell’oncologia pediatrica e in collaborazione con le scuole del
territorio. Ci accorgiamo davvero di come Giulia ci dia tanti segnali della sua presenza accanto a noi e di come ci conduca per mano in questo cammino». Il logo della Onlus è il fiore di Guernica, un particolare del quadro di Picasso molto caro alla ragazza che commentava così: “Oltre alla spada spezzata in Guernica c’è questo fiore che simboleggia la speranza”. E la speranza è proprio nelle tante iniziative dell’Associazione. Ogni anno la Onlus organizza un concorso artistico letterario per le scuole e per tutti i ragazzi che desiderano partecipare. Testi letterari, performance teatrali e musicali, un balletto, una canzone, fumetti, disegni: sono alcuni dei temi che in questi anni hanno emozionato le giurie. Ma questo è solo uno degli impegni dell’Associazione “conGiulia”, che da anni ha messo in cantiere con
Il sarcoma È un tumore dei tessuti connettivi (nervi, muscoli, articolazioni, ossa, vasi sanguigni). Il 15/20 per cento dei tumori dell’età pediatrica sono sarcomi e colpiscono in qualunque parte del corpo. Per tentare di estirparli si ricorre alla chirurgia e alla chemioterapia. Sono però pericolosi perché spesso non vengono diagnosticati subito. A volte le masse tumorali sfuggono a una diagnosi precisa e sono interpretate come legate a infortuni sportivi. Quando sono diagnosticati sono spesso estesi e possono aver dato metastasi a distanza, per questo la loro asportazione chirurgica risulta difficile.
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grande successo la “scuola estiva” per i bambini della primaria e per i ragazzi della secondaria. Giulia diceva che “la malattia non va in vacanza”. Ha avuto sempre a cuore i bambini e i ragazzi che, come lei, stavano attraversando le difficoltà e le sofferenze della malattia. Desiderava trovare idee ed escogitare nuovi modi per coinvolgerli, far respirare loro un po’ di normalità e non far sentire nessuno solo, né i bambini, né le loro famiglie. «La gente ha paura della malattia, della sofferenza. Ci sono molti malati che restano soli, i loro amici spariscono spaventati. Non bisogna aver paura. Se gli altri ti stanno vicino, ci mettono una mano sulla spalla e dicono “dai che ce la fai” è quello che ci dà la forza di andare avanti. Io non ho avuto nessuno che si è allontanato da me, anzi estranei, persone che non conoscevo mi si sono avvicinati. Ma non tutti sono così fortunati» diceva. Ecco per Giulia la scuola in pigiama era una scuola magica perché ”al posto dei banchi ci sono i letti”. Ma lei sognava anche la “scuola estiva”, un’altra “scuola magica” che la Onlus ha aperto nel reparto di pediatria del Papa Giovanni nel 2013, «perché» dice il papà «le scuole chiudono a giugno ma i malati non vanno in vacanza».
E per l’Associazione “conGiulia” i progetti non si esauriscono qui. C’è infatti “Quasi a casa” che consente ai piccoli pazienti dell’oncoematologia pediatrica di ricevere visite e assistenza medico infermieristica a domicilio o presso le case di accoglienza dove a volte alloggiano le famiglie. Si è potuto così istituire una borsa di studio per avere un’infermiera in più a disposizione del progetto e avere nell’équipe una biologa che funge da data manager per gli studi clinici in corso. L’assistenza a casa o “quasi a casa” dell’équipe medica permette di instaurare un rapporto di familiarità con i pazienti e le loro famiglie ai quali è data la grande opportunità di trascorrere qualche giorno in più a casa. La Onlus ha anche donato all’Oncologia pediatrica del Papa Giovanni XXIII un laser di ultima generazione che rende possibile la prevenzione e la cura di dolorose infiammazioni alla bocca che colpiscono i ragazzi in terapia oncologica. Tutte iniziative che hanno un certo prezzo. Fondi che a “conGiulia” arrivano attraver-
so le donazioni e il libro che Giulia aveva scritto prima di partire per il Cielo. Scrivere le piaceva molto e aveva raccontato la sua esperienza di malattia con la speranza di farne un libro. Un sogno che hanno realizzato i suoi genitori. Il titolo è: “Un gancio in mezzo al Cielo” ed è la sua storia di malata di tumore e di come l’ha affrontata per due anni da quando il primo agosto 2009 al mare scopre una tumefazione tra l’indice e il pollice della mano sinistra, pensando a una puntura di insetto. Ma un mese dopo, fatte le analisi, scopre di avere un sarcoma. un tumore. Due anni terribili tra chemioterapia, tante cure e ricoveri in ospedale, ma lei, Giulia, sempre con il sorriso, non si dispera e non si arrende al male. La sua fede in Dio l’aiuta, è sempre disponibile ad aiutare e rincuorare tutti, anche i medici, fino a quando non chiude gli occhi, lasciando però a tutti la sua gioia di poter essere vicina a Dio. Ora anche la Chiesa ha riconosciuto la sua santità e ha cominciato l’iter per farla diventare Santa.
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FARMACIE
Salute nel web tra disinformazione e fake news. Non cadiamo nella rete ∞ A CURA DI MARIA CASTELLANO
Le nuove tecnologie, comprese quelle nell’ambito della comunicazione, stanno inevitabilmente modificando anche le abitudini sanitarie della popolazione mondiale. Non fa eccezione la ricerca e la raccolta di informazioni riguardanti salute e benessere. Una ricerca, a volte spasmodica e fuori controllo, che mette il cittadino a contatto con un numero sempre maggiore di notizie e interpretazioni, specialmente in ambito medico, all’interno delle quali non sempre è facile districarsi e riconoscere le più attendibili con gli evidenti rischi che ne conseguono. Ecco allora 64 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2019
che iniziative come FarmaCommunity, lanciata a novembre scorso da Fenagifar (Federazione nazionale Associazioni Giovani Farmacisti) e patrocinata da Fofi, Utifar e Federfarma, o quella promossa dall’Ente di Previdenza e Assistenza (Enpab) insieme alla Lilt (Lega Italiana Lotta ai tumori) con una borsa di lavoro contro le fake news in oncologia, assumono una particolare rilevanza nell’educare in modo corretto sui temi della salute, in particolare online. Ne parliamo con il dottor Giovanni Pizzigalli, Segretario dell’Ordine
Farmacisti di Bergamo e Presidente dei Giovani Farmacisti di Bergamo. «Negli ultimi anni si sta assistendo anche a un nuovo trend, quello che vede progressivamente aumentare la ricerca di informazioni visitando anche pagine di social network, siano esse di strutture sanitarie o di professionisti. Non sempre però risulta facile risalire ai veri autori dei profili, valutare gli effettivi titoli di studio e professionali di chi scrive, oltre al fatto che non sempre vengono dichiarate le fonti da cui sono state attinte le nozioni. Sempre più spesso capita di imbattersi perfino in veri propri siti di diagnosi
on line, con tanto di prognosi e terapie effettuate senza una visita al paziente. In questo quadro assai nebuloso e privo di riferimenti è bene ricordare come sia il cittadino stesso a correre i rischi maggiori. La rete e il web, straordinarie e irrinunciabili innovazioni, vanno però difesi e tutelati per fare in modo che non diventino un veicolo di nozioni non scientifiche, fuorvianti e perfino false. Il concetto di fake news è di fatto entrato a gamba tesa anche nel mondo sanitario» osserva il farmacista. Come difenderci quindi? «Innanzitutto vanno sempre controllate attentamente le fonti di ciò che si sta leggendo. In loro mancanza o carenza è sempre meglio porsi subito con un atteggiamento critico e attento ai contenuti. È fondamentale inoltre, qualora si cerchino diagnosi facili, ricordarsi che segni, sintomi ed evidenze cliniche sono le più varie da persona a persona, quindi identificare il proprio stato di salute con due righe di nozioni lette su un profilo Facebook non fa altro che aumentare il proprio senso di insicurezza e creare inutili allarmismi». Per indicare questa tendenza sempre maggiore al “fai da te” è stato coniato anche il concetto di “Dr. Google”. Alcuni pazienti ricercano informazioni sulla propria salute sul web, poi vanno dal medico già convinti e persuasi di
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un’idea e infine tornano on line per un’ulteriore conferma. Il problema delle fonti alle quali si accede resta quindi il punto fondamentale. «Finalmente stanno emergendo siti e profili accreditati e validati, così che il cittadino, ma anche un singolo professionista sanitario, possa rapportarsi in modo diretto con notizie basate su solidi fondamenti scientifici» continua il dottor Pizzigalli. «Un esempio lo troviamo proprio “in casa” delle farmacie: da novembre 2018 è attivo il portale Farmacommunity.it che fornisce al farmacista, che può divulgare articoli, e al cittadino, che vi può accedere liberamente, notizie, informazioni e articoli validati, selezionati e filtrati da un pool di esperti del settore. Questo board comprende professori universitari, tra i quali spicca la figura dell’ex direttore dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) Luca Pani, medici, psicologi, nutrizionisti e giovani farmacisti che hanno seguito una formazione accademica specifica per lo sviluppo e l’implementazione del progetto che risulta così suddiviso in diverse aree tematiche. Un modello sicuramente da seguire visto l’interesse e il patrocinio mostrato da tutte le istituzioni di categoria con in testa la Federazione nazionale degli Ordini dei Farmacisti (Fofi). Un progetto simile vede impegnata anche la sponda
dei Biologi, il cui Ente di Previdenza e Assistenza (Enpab) ha istituito una borsa di lavoro intitolata “Enpab e Lilt insieme per la prevenzione tumorale e la lotta alle fake news in oncologia”. Quattro biologi sono stati così premiati con 2.000 euro a testa per un progetto di lavoro della durata di tre mesi presso la sede della Lega italiana per la lotta contro i tumori. I progetti di Farmacisti e Biologi dimostrano come la diffusione della cultura sanitaria e la promozione dell’educazione alla salute siano battaglie da combattere e da vincere in modo trasversale, coinvolgendo tutti gli operatori sanitari attraverso campagne di sensibilizzazione e di corretta informazione contro le fake news» conclude.
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DAL TERRITORIO
IL LATO UMANO DELLA MEDICINA
Un angelo bergamasco ha salvato il piccolo Alex Il bambino era affetto da una rara malattia genetica curabile solo con un trapianto di midollo. La sua storia aveva colpito gli italiani che in migliaia si erano offerti per il prelievo ∞ A CURA DI LUCIO BUONANNO
All’Ospedale Bambin Gesù di Roma si infastidiscono se si parla di miracolo per il caso di Alessandro Maria Montresor, per tutti il piccolo Alex, due anni, figlio di genitori italiani che vivono a Londra. Eppure Alex, affetto da una rara e grave malattia genetica, è completamente guarito. A fare il “miracolo” è stato il professore bergamasco doc Franco Locatelli, primario di Oncoematologia pediatrica dell’Ospedale Bambin Gesù di Roma che ha eseguito sul bimbo il trapianto di midollo con le cellule staminali emopoietiche del padre. Ora Alex, dopo quattro mesi, è finalmente tornato a casa. Il suo caso aveva commosso gli italiani dopo l’appello della famiglia alla disperata ricerca di un donatore compatibile, unica cura per salvare dalla morte il figlio. A rispondere all’appello erano stati migliaia di volontari, a Milano, Roma, Bergamo e in altre città di tutta la Penisola. In soli due mesi e mezzo, da ottobre 2018 a Natale, al Centro Nazionale Trapianti si erano iscritti 23 mila nuovi donatori italiani di midollo. Un vero record di generosità e di altruismo. Nessuno, però, era risultato idoneo. E così alla fine era stato scelto il padre per donare il suo midollo al figlio (non essendo 66 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2019
completamente compatibile le sue cellule sono state manipolate e poi infuse nel bambino). Una cordata di solidarietà alla quale si era unita anche la comunità medica e scientifica, con l’Ospedale Bambin Gesù di Roma e il dottor Locatelli pronti a prendersi la responsabilità di provare una terapia per salvargli la vita, in accordo con i colleghi oncoematologi inglesi che lo avevano in cura. Il 20 dicembre, poco prima di Natale, il delicato intervento. Ora, da Natale a Pasqua è arrivata la notizia che tutti aspettavamo: il piccolo Alex è guarito. A darne la notizia è stato lo stesso professor Locatelli, originario di Costa Volpino. «Possiamo dire che Alex sia completamente guarito» racconta non riuscendo a trattenere la bella novità lui che è sempre molto riservato. «Abbiamo tolto anche il catetere venoso centrale servito per i prelievi e le infusioni di midollo nel periodo di trattamento intensivo. Il piccolo sta molto bene, anche se la frequenza dei controlli è sempre più diradata e siamo estremamente soddisfatti di come sono andate le cose. Alex è ormai pronto a riprendere la vita che tutti i bambini della sua età dovrebbero avere. E questa noti-
zia ci impreziosisce la Pasqua». E aggiunge: «La malattia di cui era affetto Alex è molto diffusa. Noi stiamo sviluppando il trapianto da genitori ottimizzando i risultati. Sia per i pazienti come il piccolo affetti da immunodeficienze primitive, dove abbiamo raggiunto tassi di guarigione sopra il 90 per cento, che nei leucemici dove siamo a più del 70 per cento si tratta di risultati che solo qualche anno fa non erano neppure pensabili». Alex era affetto da linfoistiocitosi emofagocitica, malattia rara del sistema immunitario che colpisce un bambino su cinquantamila e si manifesta con sintomi come febbre intermittente, ingrandimento di fegato e milza. A causare questa condizione è la mancanza di una proteina essenziale per la funzione killer dei linfociti che non permette al corpo di difendersi dalle aggressioni esterne (virus, batteri etc) e così anche una banale infezione virale può diventare fatale. L’unica speranza di cura è il trapianto di cellule staminali del sangue. Le cellule staminali possono arrivare dal midollo osseo di un donatore o dal cordone ombelicale depositato in una banca pubblica subito dopo il parto. All’Ospedale Great Ormond
Street di Londra non erano però stati in grado di intervenire con il trapianto di midollo. Si è così offerto l’Ospedale Bambin Gesù, centro di eccellenza a livello europeo nell’ambito dei trapianti pediatrici, dove il 20 dicembre scorso il piccolo è stato sottoposto al trapianto con le cellule staminali emopoietiche del padre. Alex ha poi dovuto sottoporsi a esami settimanali fino ad ora, quando finalmente la prognosi è stata sciolta e gli è stato garantito che può tornare a casa anche se per qualche tempo dovrà fare altre analisi di routine. Per la gioia di papà Paolo e mamma Cristiana. «Ci sentiamo come se avessimo scalato l’Everest» dicono.«Abbiamo superato la vetta e abbiamo iniziato la discesa. Alex ci ha dato coraggio. È un bambino sereno, ha superato bene tutte le difficoltà. Ogni volta che vedeva i medici sapeva già cosa fare: allungava il braccio per farsi misurare la pressione, si toglieva il calzino per lasciarsi posizionare il saturimetro. Lo stetoscopio era il suo strumento preferito, ci giocava. Adesso Alessandro dovrà tornare in ospedale ogni due o tre settimane. Mia moglie resterà accanto a lui. Io torno in Inghilterra, ma non senza prima aver ringraziato i medici e gli infermieri del Bambin Gesù e le migliaia di italiani che si sono messi in coda per donare il loro midollo osseo».
Il professor Franco Locatelli di Costa Volpino è primario del dipartimento di Oncoematologia pediatrica del Bambin Gesù e docente ordinario di pediatria all’Università La Sapienza di Roma. Recentemente è stato nominato capo del Consiglio Superiore di Sanità. Dopo la laurea a Pavia in medicina e chirurgia e successiva specializzazione prima in pediatria, poi in ematologia ha sempre lavorato nella stessa Università dal 1991 al 2010 come ricercatore e come direttore del dipartimento di Oncoematologia pediatrica. Dal primo febbraio 2010 si è trasferito a Roma, come diretto-
re di Oncoematologia pediatrica e terapia cellulare genica, in uno dei centri più qualificati a livello mondiale nell’ambito dell’ematologia e oncologia pediatrica, del trapianto di cellule staminali ematopoietiche e dell’immunoterapia adottiva per la prevenzione e il trattamento delle recidive di leucemia e delle complicanze infettive del paziente immuno-compromesso. Qualche giornale l’ha addirittura definito “L’angelo bergamasco”. E in effetti, nella sua lunga carriera, ha salvato tanti bambini, l’ultimo dei quali Alex che grazie a lui potrà sperare in una vita normale.
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INSIEME CONTRO LE MALATTIE RARE Le Malattie Rare sono un ampio gruppo di patologie (circa 7.000 secondo l’OMS), accomunate dalla bassa prevalenza nella popolazione (inferiore a cinque persone per 10.000 abitanti secondo i criteri adottati dall’Unione Europea). Con base genetica per l’80-90%, possono interessare tutti gli organi e apparati dell’organismo umano.
Incontri con i soci e gli amici di A.R.M.R /
VENERDÌ 24 MAGGIO Gran Galà Fondazione A.R.M.R. Convento dei Neveri Via per Romano, 17 Bariano (BG) ore 20:00 Prenotazioni Tel. 035 798518 Cell. 338 4458 526 segreteria.armr@orobianet.it
SINDROME DEL NEVO EPIDERMALE Codice esenzione. RN1660 Categoria. Malformazioni congenite Definizione. Il termine indica l’associazione tra un nevo epidermico e una significativa anomalia scheletrica, neurologica o oculare. Epidemiologia. Colpisce maschi e femmine in eguale misura; ne sono stati descritti circa 450 casi. Segni e Sintomi.. Le manifestazioni cutanee vengono ricondotte fondamentalmente a cinque tipi di amartomi (formazione tumorale benigna), visibili o meno alla nascita: il nevo verrucoso, il nevo sebaceo, il nevo comedonico, il siringocistiadenoma capillifero, il wolly hair naevus. Si può verificare la trasformazione maligna di tali lesioni. Sono descritte anche alterazioni cutanee minori quali chiazze caffelatte, nevi ipocromici, emangiomi infantili, nevi melanocitari congeniti, nevi di Spitz. È possibile l’interessamento mucoso. Si possono poi associare anomalie extracutanee (tranne nel caso del nevo verrucoso): anomalie scheletriche (cifosi, scoliosi, cisti, sindattilia e altre malformazioni), neurologiche (convulsioni, ritardo mentale, emiparesi e tetra paresi spastica, anomalie strutturali del sistema nervoso centrale) od oculari; è stata descritta anche l’associazione con disturbi endocrini, sordità neurosensoriale, anomalie cardiache e genitourinarie. Eziologia. È sconosciuta; si è ipotizzato un meccanismo di cosiddetto mosaicismo genetico. Diagnosi. È solo clinica.
Tel. +39 035 671906 fax +39 035 672699 presidenza@armr.it WWW.ARMR.IT
Terapia. Non esistono terapie, ma solo interventi palliativi. Le piccole lesioni cutanee possono essere rimosse chirurgicamente; per le altre possono essere utilizzati retinoidi sistemici o per via generale. Per le anomalie associate scheletriche, neurologiche e oculari vanno presi in considerazione interventi specifici. Dottor Angelo Serraglio Vice Presidente ARMR
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STRUTTURE
ASST PAPA GIOVANNI XXIII
Tumore al rene la laparoscopia diventa in 3D ∞ A CURA DI FRANCESCA DOGI
È una colonna laparoscopica con visione 3D l’apparecchiatura di ultima generazione donata alle sale chirurgiche della Urologia del Papa Giovanni XXIII dalla A.O.B. Associazione Oncologica Bergamasca onlus, grazie alle risorse della Fondazione Cariplo e della Fondazione della Comunità Bergamasca onlus. Introdotta da pochi anni nelle sale operatorie degli ospedali italiani, la tecnologia tridimensionale è un’evoluzione della laparoscopia tradizionale. Grazie al monitor in 3D, che aggiunge la dimensione della profondità, il chirurgo riesce a operare con una visione più realistica del campo operatorio laparoscopico. Migliorando il dettaglio, 70 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2019
aumentano l’efficienza e i risultati. L’attrezzatura permetterà all’Urologia dell’Ospedale di Bergamo di migliorare ulteriormente l’approccio conservativo. L’obiettivo è quello di tutelare il più possibile la porzione sana del rene colpito dal tumore, per non comprometterne la funzionalità. «Fondazione Cariplo e Fondazione della Comunità Bergamasca, unendo le proprie competenze e le proprie professionalità hanno reso possibile la realizzazione di un progetto esemplare per il territorio, in grado di esprimere i valori filantropici delle due Fondazioni, e capace di generare un positivo ed elevato impatto sulla qualità della
vita di tutta la nostra comunità» afferma Carlo Vimercati, presidente della Fondazione della Comunità Bergamasca onlus e componente della Commissione Centrale di Beneficenza della Fondazione Cariplo. «Diventare il punto di raccordo tra chi dona e chi riceve è la nostra mission e ci auguriamo che buone pratiche come questa possano indurre altri donatori a investire insieme a noi nella crescita della nostra comunità». A tradurre questo finanziamento in realtà, acquistando il macchinario per donarlo all’Ospedale, è stata la A.O.B.Associazione Oncologica Bergamasca. La onlus, che opera da oltre vent’anni in Ospedale a
favore dei malati oncologici, conosce bene il reparto di Urologia e la sua necessità di un costante aggiornamento della dotazione tecnologica. «Da sempre A.O.B. è in prima linea nel contribuire all’aggiornamento tecnologico delle attrezzature e dei macchinari necessari all’attività dei medici che quotidianamente operano con i pazienti oncologici, al fine di migliorare affidabilità e precisione delle indagini diagnostiche» dice Maurizio Radici, presidente di A.O.B. Associazione Oncologica Bergamasca onlus. «In questo caso, il tutto si è potuto concretizzare grazie al contributo della Fondazione Cariplo e della Fondazione della Comunità Bergamasca, che sono state davvero generose e attente alle esigenze del nostro Ospedale».
vantaggio in termini di precisione» spiega Luigi da Pozzo. «Permettendo di operare con un campo visivo simile a quello fisiologico, riduce l’affaticamento della vista del chirurgo, aumentando così la sicurezza per il paziente e il buon esito dell’intervento. Tutti i sistemi con monitor 3D permettono poi di migliorare l’addestramento dei giovani chirurghi, grazie ad una maggior semplicità di approccio nelle simulazioni, rispetto ai sistemi bidimensionali». «Avere a disposizione strumenti tecnologici sempre più aggiornati
è una necessità della medicina contemporanea: nel trattamento chirurgico del tumore del rene, come di tutte le altre patologie che trattiamo» conclude Maria Beatrice Stasi, direttore generale dell’ASST Papa Giovanni XXIII. «Ringrazio quindi la Fondazione Cariplo e la Fondazione della Comunità Bergamasca onlus per aver reso disponibili queste importanti risorse per i pazienti della provincia e non solo. Grazie anche ad AOB Associazione Oncologica Bergamasca per la consueta generosità e per l’attenzione ai malati di tumore che si rivolgono al nostro Ospedale».
Grazie a questa donazione, lo staff chirurgico di Luigi Da Pozzo, direttore della Urologia del Papa Giovanni XXIII, potrà mantenere elevati gli attuali standard dell’attività interventistica mininvasiva. Per le sole neoplasie renali, sono circa 150 in media ogni anno gli interventi chirurgici, in gran parte eseguiti proprio in laparoscopia. Un’attività che contribuisce a posizionare l’Urologia del Papa Giovanni XXIII di Bergamo nella top ten di tutte le strutture italiane per il trattamento della patologia tumorale di rene, vescica e prostata. «La visione tridimensionale rappresenta un forte Maggio/Giugno 2019 | Bergamo Salute | 71
STRUTTURE
KILOMETRO ROSSO
SOFAR e Kilometro Rosso a Bergamo nuovo laboratorio ricerca e sviluppo in microbiologia ∞ A CURA DI FRANCESCA DOGI
Un nuovo e innovativo laboratorio di ricerca per analisi microbiologiche legate al mondo del microbiota intestinale e dei probiotici. È quello che partirà a Bergamo grazie alla partnership recentemente presentata tra SOFAR SpA, affermata realtà lombarda specializzata in prodotti farmaceutici, integratori alimentari e dispositivi medici, e il Kilometro Rosso, il Parco Scientifico Tecnologico dedicato al mondo della ricerca e dell’innovazione.
lare campo presente sul territorio bergamasco, tra i primi in Italia a specializzarsi nello studio del microbiota (quella che comunemente viene chiamata “flora intestinale”), ambito che nell’ultimo decennio ha attirato sempre di più l’attenzione della comunità scientifica per il suo ruolo fondamentale in molteplici processi fisiologici e per il suo coinvolgimento nella protezione contro numerosi agenti patogeni e nella regolazione del sistema immunitario.
ca nel campo dei probiotici (ndr. secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità i probiotici sono “organismi vivi che, somministrati in quantità adeguata, apportano un beneficio alla salute dell’ospite”, in particolare esercitando un’azione di riequilibrio sul microbiota intestinale), dallo studio di nuove applicazioni allo sviluppo di prodotti innovativi per uso umano, avviando anche collaborazioni con Università e Centri di Ricerca del territorio bergamasco.
Si tratta di uno dei pochi laboratori di ricerca attivo in questo partico-
L’obiettivo è diventare un punto di riferimento nazionale per la ricer-
«Siamo felici di entrare a far parte della famiglia Kilometro Rosso, un
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punto di riferimento importante per chi innova in Italia» commenta Andrea Biffi, CEO di SOFAR. «Insieme vogliamo dare vita a un nuovo modello di laboratorio di ricerca, altamente specializzato, capace di attrarre l’attenzione internazionale. Il territorio bergamasco si distingue da sempre per le grandi potenzialità e competenze delle sue risorse umane. Da oltre 50 anni, SOFAR cresce grazie al supporto dei nostri collaboratori, molti dei quali provengono proprio da questa provincia». «L’avvio della collaborazione con SOFAR rappresenta per Kilometro Rosso una tappa importante nel rafforzamento dell’ecosistema industriale del nostro distretto tecnologico» commenta Salvatore Majorana, direttore del Kilometro Rosso. «Lo sviluppo dei nuovi laboratori di SOFAR, affiancati alla storica presenza del Mario Negri, offre infatti i presupposti migliori per la creazione di una filiera integrata nel
segno della salute e delle cure innovative. Siamo entusiasti di poter accogliere un attore importante e così strategicamente allineato alla missione di Kilometro Rosso, nel segno della innovazione continua e dell’attenzione al territorio, e sono sicuro che insieme riusciremo a costruire collaborazioni di successo anche con altri attori del territorio, come l’Università di Bergamo o l’Ospedale Papa Giovanni XXIII con la sua fondazione FROM, attiva nella ricerca clinica». La presentazione della partnership tra SOFAR e Kilometro Rosso ha offerto anche l’occasione per presentare la seconda edizione di Sporty & Healthy,il progetto educativo dedicato a ragazzi e bambini della provincia di Bergamo che vivono situazioni di disagio socio-economico ed emarginazione e che mira a favorire inclusione sociale e benessere psicofisico attraverso lo sport. Il progetto nasce dalla collaborazione di SOFAR con Sport
senza Frontiere onlus e coinvolge dieci bambini a rischio emarginazione sociale. Diverse le discipline a cui sono stati avviati i bambini: nuoto, rugby, ginnastica ritmica. L’iniziativa beneficia del patrocinio dell’Assessorato Istruzione Formazione Università Sport del Comune di Bergamo. «Una collaborazione preziosa quella con SOFAR che dura da 2 anni, grazie alla quale stiamo donando un percorso sportivo di salute e di integrazione sociale a tanti bambini svantaggiati» commenta Alessandro Tappa, presidente Sport Senza Frontiere onlus. «Attraverso le testimonianze dei bambini del progetto, possiamo capire l’importanza che ha lo sport nelle loro vite e nelle loro famiglie e quale impatto può avere in termini di educazione e benessere. Quello che grazie all’impegno di SOFAR, riusciamo a realizzare, è prezioso e siamo felici ora di poter essere presenti anche su Bergamo».
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GUIDA ALLE PROFESSIONI SANITARIE
Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva
Il professionista sanitario che aiuta a prevenire e affrontare i disturbi dello sviluppo attraverso il gioco ∞ A CURA DI ELENA BUONANNO
“È l’operatore sanitario che, in possesso della laurea abilitante, svolge, in collaborazione con l’equipe multiprofessionale di neuropsichiatria infantile e in collaborazione con le altre discipline dell’area pediatrica, gli interventi di prevenzione, cura e riabilitazione delle malattie neuropsichiatriche infantili, nelle aree della neuropsicomotricità, della neuropsicologia e della psicopatologia dello sviluppo”. Così il Decreto Ministeriale n. 56 del 17 gennaio 1997 definisce il Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva (TNPEE), professione sanitaria relativamente recente sempre più richiesta, che lavora con bambini e ragazzi in età evolutiva (dalla primissima infanzia fino all’adolescenza) con
disturbi dello sviluppo attraverso un intervento unico nel suo genere che ha al centro il gioco. Approfondiamo l’argomento con Marco Bonacina, TNPEE. Come si diventa Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva? Per diventare Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva è necessario conseguire una laurea di primo livello, frequentando il corso triennale in Terapia della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva (c/o Facoltà di Medicina e Chirurgia). La laurea in Terapia della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva è abilitante all’esercizio della professione in quanto la prova finale ha valore di esame di Stato.
Da quando esiste questa formazione? Nel 1973 nasce a Roma la Scuola Speciale per “Tecnici Riabilitatori della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva”, seguita da quella di Messina e successivamente da altre sedi. Più tardi con l’istituzione del Sistema Sanitario Nazionale prendono l’avvio anche nuovi corsi riabilitativi di vario orientamento tenuti a formare diverse tipologie di “Terapisti della Riabilitazione”. A quel punto si rende necessaria una revisione degli statuti delle Scuole universitarie che rilasciano il titolo di “Terapisti della Riabilitazione della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva”. E così, dal 1993 tutte queste scuole vengono convertite in corsi di Diploma Universitario. Maggio/Giugno 2019 | Bergamo Salute | 75
GUIDA ALLE PROFESSIONI SANITARIE
Successivamente, con la promulgazione della legge 10 agosto 2000, n. 251, viene sancita la nascita delle professioni sanitarie della riabilitazione di cui il Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva fa parte, mentre, dal 2000 al 2004, si assiste alla definitiva trasformazione del corso in Laurea di primo livello in Terapia della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva. Esiste un albo professionale? Sì, Il Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva rientra nella categoria delle professioni sanitarie della riabilitazione. Grazie al recente Decreto Ministeriale (13 Marzo 2018) è stata ufficializzata l’istituzione degli albi delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione presso gli Ordini dei tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione. Il Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva è quindi tenuto a iscriversi all’albo per poter lavorare in forma legale. Esistono inoltre due principali associazioni di categoria professionale rappresentative a livello nazionale: Anupi (Associazione Nazionale Unitaria Psicomotricisti e Terapisti della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva Italiani) e Aitne (Associazione Italiana Terapisti della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva). Dove è possibile frequentare il corso di studi vicino a Bergamo? Tra le università più vicine a Bergamo è possibile trovare corsi di laurea di primo livello all’Università 76 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2019
degli Studi di Milano, all’Università degli Studi di Milano-Bicocca, all’Università degli Studi di Pavia e all’Università degli Studi di Padova. In quali contesti opera questa figura? Può operare sia in contesti pubblici presso le strutture di Neuropsichiatria Infantile delle Aziende Socio Sanitarie Territoriali sia in ambiti privati esercitando un’attività di libera professione presso studi, centri per l’età evolutiva, centri medici polispecialistici. Può collaborare anche con servizi materno-infantili, asili nido, scuole dell’infanzia e scuole primarie mettendo in atto interventi educativo-preventivi, laboratori di psicomotricità e collaborazioni a tempo determinato. Infine, può anche svolgere attività didattica, di ricerca e di consulenza professionale. Ma quali sono in particolare le sue mansioni? Il Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva svolge interventi diretti alla prevenzione, alla valutazione e al trattamento dei soggetti in età evolutiva che presentano disturbi dello sviluppo (disturbi dello spettro autistico e della regolazione emotivo-comportamentale, della comunicazione, di coordinazione motoria, ritardo, iperattività, disturbi dell’attenzione, patologie neuromotorie e neuropsichiatriche, sindromi genetiche etc.) proponendo un intervento specifico, unico nel suo genere, che utilizza il gioco e l’attività ludica come principali strumenti di lavoro, valorizzando il
bambino come essere di globalità, che manifesta e realizza se stesso attraverso la pienezza della propria azione (il gioco) nel mondo. Può quindi svolgere: > un intervento riabilitativo specifico, rivolto non tanto ai deficit, ma all’integrazione delle competenze emergenti, potenziamento delle capacità e alla valorizzazione delle potenzialità del singolo bambino; > un intervento educativo/ preventivo, rivolto a qualsiasi bambino, a prescindere dalla presenza di difficoltà, disabilità, impacci, timidezza o insicurezza, poiché è attraverso il movimento e il proprio corpo che il bambino si conosce e cresce nella sua globalità, integrando affetti, relazioni, comportamenti e capacità cognitive.
DOTT. MARCO BONACINA Terapista della Neuro e Psicomotricità dell’Età Evolutiva Presso Centro La Trottola di Verdellino
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REALTÀ SALUTE
ElettroSmog ed ElettroSensiblità
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«ElettroSmog ed ElettroSensiblità sono due termini di cui si sente sempre più parlare. Il primo identifica tutti quei fattori ambientali esterni e interni a locali di lavoro, abitazioni, ritrovi etc., che possono, attraverso la generazione di forti campi elettromagnetici (EM), creare o indurre problemi di inquinamento elettromagnetico. Il secondo termine si riferisce invece a quelle persone che, per natura o per accumulo o eccessiva esposizione, sono predisposte a una forte sensibilità dei campi elettromagnetici o lo sono diventati». Chi parla è Maurizio Ugo Rodriguez, farmacista e Presidente A.I.K.I. - Associazione Istruttori Kinesiologia Italiana. Ma a cosa è dovuto questo inquinamento moderno? Al sovrapporsi di campi generati artificialmente dall’uomo (cavi elettrici, generatori, accumulatori, TV, telefonini, ripetitori radio etc.) ai preesistenti inquinanti metallici prodotti dalle catene produttive industriali o commerciali (mercurio, piombo, cesio, rame, etc) e a quelli aggiunti dalle ultime tecnologie. Questo tipo di inquinamento ha lo stesso impatto su tutte le persone?
No, non tutte le persone reagiscono allo stesso modo a questo tipo particolare di pressione ambientale. Questo dipende da: > costituzione genetica (vedi naturopatia o ayurveda); > tipologia tissutale capace di accumulare tossici (detossificazione e drenaggi); > capacità di omeostasi del corpo (sistemi fisiologici, meridiani, nadi, chakra, canali energetici); > territorio in cui si vive o si lavora (feng shui o sthapatya veda o bioarchiettura); > posizione geografica e tipo di vegetazione (meteorologia e habitat). Questi fattori per alcune persone possono essere favorevoli mentre per altre no. Questo è quello che fa la differenza tra persone che sono “sensibili” ai campi elettromagnetici e quelle che non lo sono. Gli studiosi sanno bene che nell’ambito di una popolazione vi sono persone estremamente sensibili così come persone ultra resistenti. Le prime non riescono a far fronte allo stress elettromagnetico, anche se si insegna loro come evitarli (www.elettrosensibili.it); per questo vivono in ambienti naturali e lontani dai centri urbani dove sarebbe maggiore la probabilità per loro di ammalarsi.
Per questo tipo di persone sono stati studiati e messi a punto molti dispositivi medico sanitari, con tessuti e prodotti naturali in grado di schermare il corpo dall’influenza dei campi elettromagnetici. Le persone ultraresistenti, invece, se sottoposte insistentemente a campi elettomagnetici forti e con un Sar elevato (Specific Absortion Rate Tasso di Assorbimento Specifico), con il tempo possono sviluppare una sensibilità agli stessi. Questo può creare intolleranze, disbiosi e altri disturbi. Per queste persone basta una buona alimentazione e una specifica supplementazione di minerali e/o vitamine che vada a sostenere organi o i sistemi più coinvolti. Un’altra faccia della “elettrosensibilità” è quella della “Bio Risonanza”, un innovativo approccio alla salute che ci sta permettendo di scoprire nuove risposte biologiche e come migliorare l’effetto di terapie e farmaci. FARMACIA SAN NICOLÒ Maurizio Ugo Rodriguez Via Alpini, 35 Cividate al Piano (BG) Tel. 0363 945034 farma.mau@libero.it Approndimenti: pagina Facebook fb.me/mauriziougo60
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TREVIGLIO
REALTÀ SALUTE
Figurella Per imparare ad amare se stesse attraverso un nuovo stile di vita
INFORMAZIONE PUBBLICITARIA
“Ho cominciato a fare attività fisica varie volte, ma dopo qualche mese mi lascio andare...”. Quante volte abbiamo ascoltato queste parole da una amica o le abbiamo pronunciate? «È proprio così. Spesso un cambiamento di stile di vita o un programma di attività fisica iniziano con buoni propositi che poi non si riescono a mantenere nel tempo. In Figurella non abbiamo una formula magica per mantenere i risultati, ma con il nostro metodo, attraverso 2-3 sedute alla settimana, prendiamo per mano le donne e le accompagniamo a comprendere il valore della salute, della bellezza, dello stare bene nel proprio corpo. Una volta arrivata a sentirti bene e a vederti bella, perché dovresti tornare indietro? La felicità che deriva dal raggiungimento di un nuovo modo di essere e di stare bene, in salute e con se stesse, serve per riappassionarsi alla vita e restare in forma naturalmente» spiega Piera delle Vedove, fondatrice del centro Figurella AL.ME di Villa d’Almè. «Ho abbracciato il metodo Figurella una
ventina di anni fa» conferma Piera che, insieme a Laura e alle altre collaboratrici, è la prima a credere e ad applicare su se stessa il metodo, ormai affermato da 40 anni in tutta Italia. Dopo 18 anni ad Almè si sono trasferite da circa un anno a Villa d’Almè, in una sede più accogliente e facile da raggiungere. . Ma in cosa consiste in concreto questo metodo? Non si tratta di un semplice metodo ma di un cambiamento dello stile di vita per percepire in un altro modo noi stesse. Si fonda su quattro cardini: forma fisica, alimentazione corretta, buon umore e pensiero positivo. Nella pratica il movimento attivo viene svolto nel lettino brevettato sotto la nostra supervisione e assistenza, il recupero del relax avviene nell’ossigeno attivo che, completando la seduta, aiuta a mantenere elastici i tessuti rendendo più tonica la pelle contrastando anche gli inestetismi della cellulite. Dopo il primo periodo, molte signore decidono di restare con noi un po’ più a lungo, anche in una fase
Lo stile di vita Figurella La sedentarietà, che interessa circa il 43% delle donne, risulta il quarto fattore più importante di morte. Le linee guida dell’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) coincidono con le basi del metodo: attività fisica moderata e calibrata in base alle necessità fisiche di ciascuno (non esiste un programma uguale per tutti); alimentazione bilanciata e corretta (mangiare tutto, senza privazioni, imparando a scegliere e abbinare); pensiero positivo generato da un approccio attivo alla vita.
di mantenimento, spesso per anni. Il centro Figurella diventa un luogo del cuore dove passare due ore alla settimana facendo qualcosa di bello e buono per se stesse, insieme ad altre donne e amiche, con le quali condividere obiettivi e opinioni. In pratica vi ponete come un anello nella catena della prevenzione... Esattamente. Il network di 150 centri Figurella è patrocinato da Onda (OsservatorioNazionalesullaSalute della Donna) per l’impegno attivo nella promozione del movimento e della sana alimentazione come parte di uno stile di vita corretto. Generalmente è la donna che si occupa della salute della famiglia e può trasmettere questi principi a tutti i suoi membri.
CENTRO FIGURELLA VILLA D’ALMÈ
Via Mazzi, 32 - Villa d’Almè BG Tel. 035 638371 - 035 637998 almesnc@figurella.it www.figurella.it/alme/
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Bergamo Salute anno 9 | n° 50 Maggio | Giugno 2019 Direttore Responsabile Elena Buonanno Redazione Rosa Lancia redazione@bgsalute.it Grafica e impaginazione Gabriele Rota gabriele.rota@marketingkm0.it Fotografie e illustrazioni Shutterstock, Adriano Merigo, Giuseppe Magnanimo, Astra Marina Cabras Stampa Elcograf S.p.A Via Mondadori, 15 - 37131 Verona (VR) Casa Editrice Marketing Km Zero Srls Via G. Zanchi, 22 - 24126 Bergamo Tel. 035.0514318 - info@marketingkm0.it Pubblicità Luciano Bericchia Tel. 035.0514601- info@bgsalute.it Hanno collaborato Lucio Buonanno, Maria Castellano, Rita Compostella, Viola Compostella, Lella Fonseca, Giulia Sammarco
COMITATO SCIENTIFICO • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • •
Dott. Diego Bonfanti - Oculista Dott.ssa Maria Viviana Bonfanti Medico Veterinario Dott. Rolando Brembilla - Ginecologo Dott.ssa Alba Maria Isabella Campione Medicina Legale e delle Assicurazioni Dott. Andrea Cazzaniga Idrologo Medico e Termale Dott. Marcello Cottini - Allergologo Pneumologo Dott. Giovanni Danesi - Otorinolaringoiatra Dott. Adolfo Di Nardo - Chirurgo generale Dott. Nicola Gaffuri - Gastroenterologo Dott.ssa Daniela Gianola - Endocrinologa Dott. Antoine Kheir - Cardiologo Dott.ssa Grazia Manfredi - Dermatologa Dott. Roberto Orlandi Ortopedico Medico dello sport Dott. Paolo Paganelli - Biologo nutrizionista Dott. Antonello Quadri - Oncologo Dott.ssa Veronica Salvi - Ostetrica Dott. Orazio Santonocito - Neurochirurgo Dott.ssa Mara Seiti - Psicologa - Psicoterapeuta Dott. Sergio Stabilini - Odontoiatra Dott. Giovanni Taveggia Medicina Fisica e Riabilitazione Dott. Massimo Tura - Urologo Dott. Paolo Valli - Fisioterapista
COMITATO ETICO • •
Dott. Ernesto de Amici Presidente dell’Ordine dei Farmacisti di Bergamo Gianluca Solitro - Presidente OPI
Iscr. Tribunale Bergamo N°26/2010 del 22/10/2010 Iscr. ROC N°26993. Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione, anche se parziale, di qualsiasi testo o immagine. L’editore si dichiara disponibile per chi dovesse rivendicare eventuali diritti fotografici non dichiarati. I contenuti presenti su Bergamo Salute hanno scopo divulgativo e non possono in alcun modo sostituirsi a diagnosi mediche.
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