Bergamo Salute - 2023 - 71 - marzo/aprile

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Marzo/Aprile 2023 | Bergamo Salute | 1 Anno 13 Marzo | Aprile 2023 Poste Italiane spa Sped. in Abb. Postale DL 353/2003 (Conv. in legge 27/02/2004 N.46) Art. 1 comma 1 LO/BG www.bgsalute.it 71 numero 10 Neurologia QUANDO LE GAMBE NON STANNO FERME 22 Dieta DASH LA DIETA CHE NON CONTA LE CALORIE 40 Fitness LA CORSA PER PRINCIPIANTI 28 Ghosting QUANDO IL PARTNER DIVENTA UN FANTASMA Bergamo Salute è
integralmente dal tuo computer, tablet o smartphone www.bgsalute.it 16 Silvia Lorenzi Attività fisica e alimentazione sana? Fanno bene anche alla voce
sempre con te: leggila

STUDI DENTISTICI PER LA TUA SALUTE DENTALE

ALMENNO SAN BARTOLOMEO Tel. 035 040 0081

Direttore Sanitario Dott. Antonino Mandracchia (Albo degli Odontoiatri di Bergamo n. 657)

URGNANO Tel. 035 040 0080

Direttore Sanitario: Dott. Enrico Angelo Volpi (Ordine Medici Chirurghi e Odontoiatri di Novara n. 4594)

Responsabile Branca Odontoiatrica: Dott. Claudio Maria De Sanctis (Albo degli Odontoiatri di Roma n. 7068)

PROSSIME APERTURE:

CALUSCO D’ADDA (BG) - COLOGNE (BS)

71 numero

) EDITORIALE

5 Un grazie di cuore a tutti voi

) ATTUALITÀ

6 Mangiare cibi a base di insetti? Per 1 italiano su 3 si può fare

) SPECIALITÀ A-Z

8 Odontoiatria

Si può mettere l’apparecchio anche se ci sono ancora denti da latte?

10 Neurologia

Quando le gambe non stanno ferme

12 Chirurgia vascolare

Le arteriopatie obliteranti periferiche e il piede diabetico

) PERSONAGGIO

16 Silvia Lorenzi

Attività fisica e alimentazione sana? Fanno bene anche alla voce

) IN SALUTE

20 Stili di vita

L’ordine fa bene al cervello!

22 Alimentazione

Dieta DASH, la dieta che non conta le calorie!

24 Porro. Un alleato per la salute al tuo fianco tutto l’anno

) IN ARMONIA

26 Psicologia

Bonus Psicologo 2023: cos’è e chi può richiederlo

28 Coppia

Ghosting. Quando il partner diventa un fantasma

Anno 13

Marzo | Aprile 2023

) IN FAMIGLIA

30 Dolce attesa

Post-partum. Cosa succede al corpo della neo-mamma e quanto dura

32 Bambini

Aerosolterapia: quando serve davvero

34 Ragazzi Varicocele. Come riconoscerlo

36 Terza Età

Le novità nella cura della cataratta

) IN FORMA

38 Bellezza

Radiofrequenza per combattere cellulite e adiposità localizzate

40 Fitness

La corsa per principianti

) RICETTA

48 Panelle fritte con maionese alla carota (vegan e senza glutine)

) RUBRICHE

51 Animali

Le principali patologie del coniglio “pet”

54 Guida esami

Di usion Whole Body. Un esame innovativo per studiare tutto il corpo in una sola seduta

56 Altre terapie

Il potere benefico della risata

) DAL TERRITORIO

58 Farmacie

Dormire meglio. Gli integratori per il sonno in farmacia

60 News

62 Terzo Settore

Amici del Moyamoya Onlus

65 Malattie rare

Malattia di Farber

66 Testimonianza

Papà salva il figlio donandogli un polmone

68 La malattia mi ha aiutato a scoprire il vero significato della vita: le persone

) STRUTTURE

70 AniCura Clinica Veterinaria Orobica

72 Istituto Clinico Quarenghi

) REALTÀ SALUTE

75 Centro Fo.R.Me

77 Commissione di Albo dei Logopedisti

79 Cooperativa IN CAMMINO

80 R.S.A. Casa Mia Verdello

Allegato centrale: Amici di Bergamo Salute

PARTECIPANTI ALLA FONDAZIONE ITALIANA PER L’EDUCAZIONE ALIMENTARE

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Un grazie di cuore a tutti voi

Cari lettori

in questo editoriale non vi parlerò di cosa leggerete in questo numero di “Bergamo Salute” o di qualche tema di attualità. Sarà un editoriale molto diverso, anche perché sarà il mio ultimo. Dopo aver contribuito a far nascere questa rivista e averla cresciuta, ora infatti, a distanza di 13 anni dall’inizio di questa splendida avventura, ho deciso di fare un passo indietro e rinunciare al ruolo di Direttore di “Bergamo Salute”. Un ruolo che in tutti questi anni mi ha riempito di orgoglio, un compito che ho rivestito sempre con grandissima passione e con l’impegno di o rirvi un’infor-

mazione scientificamente rigorosa ma accessibile e applicabile nella vita di tutti i giorni. È stata, come credo immaginerete, una decisione molto so erta ma necessaria, dettata da una scelta di vita e dall’esigenza di mantenere degli spazi “per me”. Prima di congedarmi da voi però voglio ringraziarvi di cuore per la stima e il sostegno che avete dimostrato nei confronti di “Bergamo Salute”. Insieme a voi, voglio ringraziare tutti i medici e gli esperti del mondo della salute che hanno o erto il loro prezioso contributo a me e alla rivista, il Comitato Etico e il Comitato Scientifico che hanno sempre vigilato a tutela della

serietà e trasparenza dei contenuti, tutti i collaboratori che mi hanno a ancato in questi anni e gli investitori che hanno creduto in questo progetto che all’inizio, in un’epoca in cui l’informazione stava sempre più “migrando” nella rete, poteva sembrare anacronistico, e gli editori che nel tempo mi hanno dimostrato la loro fiducia. Grazie davvero a tutti voi. Vi devo molto. “Bergamo Salute” mi mancherà come può mancare un figlio che, ad un certo punto della sua vita, inizia a camminare con le sue gambe, ma mi auguro che continuerete a non fargli mancare il vostro a etto. Buona lettura!

Speciale allergie: le novità nella diagnosi e nella cura

Mal di testa, i “rimedi” che funzionano davvero

Fumo: è ora di darci un taglio

Come sopravvivere a un tradimento

E la nostra città come sta?

Intervista al Sindaco Franco Tentorio

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anno 1 - marzo-aprile 2011 PERIODICO DI CULTURA MEDICA E BENESSERE 1 numero
EDITORIALE

Mangiare cibi a base di insetti? Per 1 italiano su 3 si può fare

Dall’Università degli Studi di Bergamo una fotografia dei profili dei consumatori italiani, disposti a includere alimenti a base di farina di insetti nella loro dieta

Un italiano su 3 è propenso ad acquistare alimenti che contengono insetti commestibili. La maggior parte di loro lo farebbe per soddisfare la propria curiosità e sperimentare alimenti innovativi. È quanto emerso da “Insect Food e Consumatori ”, la più recente indagine sul tema realizzata dall’Università degli Studi di Bergamo. Sebbene l’entomofagia, ovvero il consumo di cibo a base di insetti, sia oggetto di crescente interesse mondiale, quella realizzata dall’Ateneo di Bergamo è la prima e più aggiornata profilazione quali-quantitativa, su larga scala, degli italiani in materia. Un’indagine che sfata falsi miti e apre importanti ri-

flessioni. Con l’entrata in vigore nel 2018 della normativa Europea (Reg UE 2015/2283) che legittima il consumo degli insetti e la loro appartenenza alla categoria di “Novel Food ” - con la conseguente possibilità di allevare e introdurre sul mercato tali insetti e le farine derivate -, infatti, il settore è cresciuto notevolmente. E si stima possa crescere ancora: in Europa, in particolare, il valore di mercato del novel food si appresta a triplicare, passando da 82 milioni di dollari del 2018 ai 261 milioni previsti nel 2023, aprendo importanti opportunità per le aziende. Attualmente, il settore europeo degli insetti è composto nella maggior parte da piccole e medie imprese

come start up, ma anche grandi aziende che prima erano attive in settori diversi come quello del pet food. Come evidenziato da IPIFF, organizzazione no-profit che rappresenta gli interessi del settore dei produttori di insetti, la produzione si basa su qualche migliaio di tonnellate (volumi destinati sia al settore feed che food ), mentre gli investimenti hanno già superato quota 1 miliardo di Euro e si stima arriveranno a 3 miliardi nel 2025. Il settore degli insetti raggiungerà entro il 2030 oltre 30mila impiegati full time. Un’opportunità interessante per la filiera made in Italy, dunque, che già dispone di competenze adeguate e, come

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∞ A CURA DI ELENA BUONANNO
ATTUALITÀ

emerge dalla ricerca dell’Università di Bergamo, anche di consumatori propensi all’acquisto.

L’indagine, da cui risulta che il 9% degli intervistati sarebbe “altamente propenso” a consumare insect food e il 21% “mediamente propenso”, è stata condotta su un campione composto da 1.170 individui rappresentativi della popolazione italiana, i cui dati sono stati raccolti in un intervallo di tempo compreso tra ottobre 2021 e settembre 2022. Gli intervistati sono stati suddivisi in quattro gruppi omogenei per caratteristiche sociodemografiche, comportamentali e psicologiche: “progressisti”, “inconvincibili”, “edonisti” e “ follower”. Gli “edonisti” (15% del totale degli intervistati, 181 individui), in particolare, sono tra i più aperti all’acquisto. Sono soprattutto uomini, fino ai 25 anni d’età, per lo più onnivori, con un livello di istruzione media e una vita attiva (dichiarano di praticare sport fino a 5 volte a settimana). Rispetto agli altri gruppi, registrano la percentuale più alta di persone che hanno già avuto esperienze passate con il consumo di cibo a base di insetti e l’interesse più basso verso le dimensioni di sa-

lubrità ed etica nelle decisioni alimentari. Altrettanto interessati all’ insect food sono i “progressisti” (18%, 208 soggetti): persone over 40, equamente divise tra uomini e donne, per lo più liberi professionisti e imprenditori e un livello di scolarizzazione universitario. Si definiscono onnivori e praticanti sport individuali con una media di 1 o 2 volte a settimana. Sono i più interessati a provare alimenti inusuali e nuovi e compiono scelte di acquisto alimentari che tengano conto delle proprietà salutistiche degli alimenti e della loro dimensione etica. I meno interessati all’ insect food sono gli “inconvincibili” e i “ follower”. Gli “inconvincibili” (33%, 391 partecipanti), composti soprattutto da donne, tra i 18 e 25 anni, con un livello di istruzione medio-alto, sono onnivori e non hanno avuto esperienze pregresse con il cibo a base di insetti. Non vogliono esplorare alimenti nuovi e sono poco interessati alla dimensione salutistica degli alimenti.

I secondi, ovvero i “ follower” (33%, 390 consumatori), sono rappresentati soprattutto da donne, over 26, con istruzione intermedia e sedentarie. Interessati alla salubrità e alla dimensione etica degli ali-

menti acquistati, tendono a volersi conformare alle opinioni altrui, non hanno mai avuto esperienze pregresse con il cibo a base di insetti e non vogliono variare i loro consumi alimentari.

«“Insect Food e Consumatori” è la prima indagine che o re una profilazione degli italiani sul tema, rappresentando un riferimento importante per tutto il settore in Italia. Come evidenziato dalla ricerca, i driver principali che spingerebbero i consumatori all’acquisto di questi alimenti sono la curiosità e lo spirito innovativo. Ma questo è solo il primo passo per indagare un mercato molto promettente per il futuro: condurremo altri studi per approfondire il rapporto tra italiani e insect food utilizzando anche tecniche neuroscientifiche che potrebbero includere l’assaggio diretto di questi cibi al fine di valutare i processi percettivo-emotivi impliciti sottesi ai soggetti rientranti nei target primari (“progressisti” ed “edonisti”) e secondari (“follower”)» ha spiegato Riccardo Valesi, ricercatore del Dipartimento di Scienze Aziendali dell’Università degli Studi di Bergamo

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Adriano Merigo

“Si può mettere l’apparecchio anche se ci sono ancora denti da latte? Non è troppo presto? ”. Questa è una domanda che i genitori dei pazienti rivolgono spesso al dentista. Per rispondere, ci viene in aiuto la semantica, ovvero lo studio del significato delle parole e in particolare della parola ortognatodonzia, con cui viene indicata la branca dell’odontoiatria (chiamata anche ortodonzia) che tende a correggere le malformazioni delle ossa mascellari e le anomalie di posizione dei denti (malocclusioni) per evitare che queste provochino alterazioni dell’estetica del volto, delle funzioni respiratorie, masticatorie e fonatorie.

L’IMPORTANZA DI UN APPROCCIO GLOBALE …

La parola ortognatodonzia deriva dall’unione di tre termini di origine greca: orto, cioè dritto; gnato, che significa mascellari; donzia, cioè denti. L’associazione di questi tre vocaboli ci spiega con chiarezza quali sono i fini e gli obiettivi di questa disciplina: occuparsi della

correzione delle alterazioni delle ossa mascellari e delle anomalie di posizione dei denti. L’approccio al paziente, quindi, non deve limitarsi al semplice atto di “allineare i denti”, ma deve al contrario essere un approccio globale, che miri alla ricerca di una funzionalità ossamuscoli-denti.

… ANCHE PER I PIÙ PICCOLI

Nel paziente in crescita è possibile intervenire facilmente e in modo non invasivo a livello di tutte e tre queste componenti.

> Le ossa che compongono la bocca, ossia mascellare superiore e mandibola, possono presentare alterazioni nella struttura e nella posizione. Nel bambino è possibile agire in modo ortopedico con apparecchi che stimolano la crescita e lo sviluppo delle ossa puntando sul fatto che le suture (cioè le superfici di collegamento presenti tra ossa vicine) risultano ancora in formazione. Questo significa che stimolandole con apparecchi adeguati può

avvenire la deposizione di nuovo osso e, di conseguenza, si possono risolvere anomalie e alterazioni dello scheletro. In questo modo si promuovono una crescita equilibrata e un corretto sviluppo delle ossa,

QUANDO FARE

LA PRIMA VISITA ORTOGNATODONTICA

Dovrebbe essere effettuata di norma intorno ai 6 anni di età, momento in cui inizia il passaggio dai denti da latte ai denti permanenti. È questo il momento migliore per intercettare eventuali problematiche nella crescita scheletrica e nella funzione muscolare e per intervenire riequilibrando la struttura e la funzione della bocca in modo da permettere una crescita e uno sviluppo il più armonico possibile.

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Si può mettere l’apparecchio anche se ci sono ancora denti da latte?
∞ A CURA DI LAURA PELLEGRINELLI E MAURIZIO MAGGIONI
SPECIALITÀ A-Z ODONTOIATRIA

che sono le basi necessarie per un buon funzionamento della bocca.

> I muscoli della bocca svolgono moltissime attività: permettono la masticazione, la deglutizione, la fonazione, la mimica facciale. Un loro malfunzionamento può avere numerose ripercussioni negative sulle funzioni da essi svolte, ma anche sulla crescita delle ossa e sulla posizione dei denti. È quindi importante intercettare una problematica muscolare il prima possibile, in modo tale da poter rieducare il paziente al corretto utilizzo di questi muscoli per far sì che il “sistema bocca” riprenda a funzionare correttamente e che non si creino modifiche e alterazioni nella struttura delle ossa e nella posizione dei denti.

> I denti risentono delle anomalie scheletriche e del malfunzionamento muscolare. La permuta, cioè il passaggio dalla dentizione decidua a quella permanente, è un processo molto delicato che prevede il riassorbimento della radice dei denti da latte a opera del dente permanente in arrivo. Perché questo processo avvenga in modo corretto è fondamentale che nella bocca si crei una serie di condizioni favorevoli, in primis, che vi sia lo spazio adeguato a permettere l’eruzione di tutti i denti. Quando le ossa non hanno le dimensioni corrette, i denti in arrivo non trovano lo spazio di cui hanno bisogno e possono prendere strade sbagliate o, in alcuni casi, rimanere bloccati.

UNA QUESTIONE DI EQUILIBRIO

Gli squilibri muscolari possono creare alterazioni della posizione dei denti. La posizione dentale è influenzata infatti da forze muscolari che spingono da e verso varie direzioni. Le labbra spingono dall’esterno verso l’interno mentre la lingua, al contrario, spinge dall’interno verso l’esterno. Solo un equilibrio tra le forze esercitate da labbra e lingua permette ai denti di posizionarsi in modo adeguato. Intervenire in una fase precoce consente di diagnosticare e trattare le alterazioni della crescita delle ossa, del funzionamento dei muscoli, dell’eruzione e della posizione dei denti. Intercettando una problematica e intervenendo tempestivamente, l’ortodontista può guidare la crescita nella giusta direzione, preservare l’armonia del volto, permettere un adeguato svolgimento di tutte le funzioni a cui la bocca è deputata.

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DOTT.SSA LAURA PELLEGRINELLI Ortodontista Clinica dentale Pianeta Sorriso Bergamo DOTT. MAURIZIO MAGGIONI Direttore Sanitario

Quando le gambe non stanno ferme

Sensazione spiacevole di fastidio alle gambe e necessità di muoverle per trovare sollievo, anche se solo transitorio. Sono queste le manifestazioni principali della sindrome delle gambe senza riposo, anche nota con la sigla RLS (dall’inglese Restless Legs Syndrome), un disturbo del movimento collegato al sonno.

Disturbo comune, tanto da interessare dal 5% al 15% della popolazione adulta, e che può essere curato evitando così che comprometta la qualità di vita di chi ne so re.

UN DISTURBO NOTTURNO

La sindrome delle gambe senza riposo si manifesta durante i periodi di riposo e inattività, in particolar modo la sera e la notte, tanto è vero che la maggior parte delle persone che ne so rono si sveglia proprio a causa della spiacevole sensazione percepita alle gambe.

TANTI SINTOMI, MA DIFFICILI DA DESCRIVERE

Il sintomo principale è il bisogno, spesso percepito come fastidioso, di muovere le gambe e, nei casi più severi, anche le braccia: una “voglia” che inizia o peggiora, come detto, durante i periodi di riposo o inattività e che viene parzialmente o totalmente alleviata dal movimento, come camminare o fare stretching. A volte, però, chi so re di sindrome delle gambe senza riposo non riesce a trovare le parole giuste per indicare ciò che sente: molti raccontano di una sensazione di disagio a livello profondo nelle gambe, in particolare dal ginocchio in giù; altri descrivono i disturbi come contratture notturne con movimenti incontrollati nelle gambe, irrequietezza motoria con necessità di muovere gli arti inferiori, prurito o solletico. Fortunatamente, pur essendo spiacevole, la sensazione provata di rado è dolorosa. Di so -

lito non sono presenti nemmeno bruciore o formicolio, che invece si manifestano nelle neuropatie o nelle mononeuropatie da intrappolamento, come per esempio la sindrome del tunnel carpale.

LE DOMANDE GIUSTE PER FARE DIAGNOSI

Quando il paziente ha di coltà a descrivere i propri sintomi, il medico può porre domande mirate ad aspetti chiave della sintomatologia della sindrome delle gambe senza riposo, come “Il sintomo fa venir voglia di muovere le gambe? ”, “Migliora durante il movimento? ”, “Peggiora di sera o di notte? ”. Ma per una diagnosi certa servono una raccolta anamnestica (un racconto approfondito da parte del paziente del proprio stato di salute) e l’obiettività neurologica (riflessi, sensibilità, deambulazione, postura…), senza necessità di ulteriori approfondimenti. Sono comunque consigliati,

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∞ A CURA
SPECIALITÀ A-Z NEUROLOGIA
DI STEFANO TRONCI

UN DISTURBO COMUNE, SOPRATTUTTO NELLE DONNE

Nonostante la sindrome delle gambe senza riposo possa esordire in qualunque fase della vita, si manifesta più comunemente intorno ai 50 anni e le donne presentano circa il doppio della probabilità di esserne affette rispetto agli uomini. Attenzione particolare va posta durante la gravidanza, in particolare nell’ultimo trimestre, quando il disturbo tende a essere ancor più frequente.

per tutti i pazienti, esami ematici per valutare i depositi di ferro e i valori di funzionalità renale. Non è invece richiesta una valutazione polisonnografica (un esame approfondito dei disturbi del sonno), riservata di solito solo alle persone in cui la diagnosi non è chiara.

CAUSE ANCORA IN PARTE SCONOSCIUTE

Le basi fisiopatologiche della sindrome delle gambe senza riposo rimangono ancora in parte sconosciute, sebbene diversi studi abbiano identificato alcune anomalie a carico del sistema nervoso centrale

e periferico nelle persone che ne sono a ette. L’alterazione del sistema nervoso centrale più comune, ad esempio, è la riduzione delle riserve centrali di ferro: da qui l’importanza, in fase diagnostica, di effettuare esami ematici per valutare i depositi di ferro. A volte però la sindrome delle gambe senza riposo è conseguenza di altre patologie preesistenti come l’insu cienza renale, neuropatie e, in alcuni casi, malattia di Parkinson.

COME COMPORTARSI

PER LIMITARE I SINTOMI

È possibile adottare qualche accorgimento per alleviare o prevenire i sintomi nei casi più lievi e/o intermittenti, come evitare l’assunzione di sostanze “attivanti” (come la caffeina o bevande alcoliche), dedicarsi a un’attività rilassante prima di andare a dormire, leggere un libro o fare una doccia calda, sfregare la cute e massaggiare leggermente le

gambe. Sono tutti consigli che tendono a mitigare i sintomi. È anche utile alzarsi e fare due passi in casa e non restare a letto, in particolare quando i sintomi compaiono di notte. Sono molti i pazienti, infatti, che riferiscono di trarre beneficio, seppur transitorio, dal camminare o dal fare stretching

TERAPIE FARMACOLOGICHE

La sindrome delle gambe senza riposo generalmente risponde bene a una terapia farmacologica: si inizia con una terapia con classi di farmaci di prima linea (gabapentinoidi e dopamino agonisti). L’obiettivo è ridurre o eliminare i sintomi e migliorare le funzioni diurne, il sonno e la qualità della vita. Infatti, tra le conseguenze comuni della sindrome delle gambe senza riposo ci sono insonnia, risvegli notturni, depressione e ansia, tutti fattori che, a lungo andare, compromettono inevitabilmente la qualità di vita.

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DOTT. STEFANO TRONCI Neurologo dell’Équipe di Neurologia Humanitas Gavazzeni Bergamo

Diagnosi precoce e terapie mirate possono salvare gli arti

L’arteriopatia obliterante è una patologia vascolare piuttosto di usa che colpisce prevalentemente gli arti inferiori e può avere conseguenze anche molto serie come la necrosi o la gangrena dei tessuti. Una diagnosi tempestiva, unita a terapie personalizzate, può risultare determinante per scongiurare il peggio.

SE LE ARTERIE SI OSTRUISCONO

L’arteriopatia obliterante è una malattia vascolare periferica che si verifica quando le arterie, che hanno il compito di trasportare sangue e nutrimenti, si ostruiscono. Si tratta di una manifestazione dell’aterosclerosi, condizione patologica per cui nelle arterie si formano placche composte da grassi come il colesterolo, proteine, materiale fibroso, calcio, che, ostruendo le arterie, impediscono il normale flusso sanguigno. Il sangue ossigenato non riesce così a raggiungere i tessuti più periferici che andranno quindi incontro a so erenza ischemica.

I SINTOMI: DALLA DIFFICOLTÀ

DI DEAMBULAZIONE FINO

ALLA NECROSI DEI TESSUTI

L’arteriopatia obliterante degli arti inferiori può essere monolaterale o bilaterale, a seconda che interessi un solo arto oppure entrambi, e può essere sintomatica o asintomatica. Quando sintomatica, provoca sintomi di varia severità che vanno dalla cosiddetta claudicatio intermittens (di coltà deambulatoria per la comparsa di crampi o blocchi funzionali sotto sforzo soprattutto dei muscoli del polpaccio) sino al dolore a riposo. Nel caso di patologia maggiormente avanzata e severa, il quadro clinico precipita in ischemia critica con danni anche molto gravi: dolore invalidante che limita soprattutto il riposo notturno, ulcere o lesioni trofiche, necrosi del tessuto per morte cellulare, gangrena ischemica con frequente sovrapposizione infettiva (gangrena settica). Spesso in questa condizione l’aspetto della cute dell’arto colpito è dirimente, con colorazione bluastra (cianosi), ipotermia, desquamazione, altera-

zione degli annessi cutanei (peli e unghie). Nei pazienti di sesso maschile l’arteriopatia può provocare anche disfunzione erettile.

ANAMNESI ED ECOCOLORDOPPLER PER LA DIAGNOSI

Quando i sintomi sono prolungati e si fanno sempre più debilitanti, è necessario rivolgersi al proprio Medico di Famiglia e, poi, allo specialista, il chirurgo vascolare. La raccolta delle informazioni e l’anamnesi del paziente rappresentano il primo momento diagnostico. Lo specialista valuta la presenza dei cosiddetti fattori di rischio cardiovascolare, l’eventuale familiarità del paziente e cerca di riconoscere i sintomi e i segni dell’arteriopatia. La visita chirurgica vascolare deve sempre accompagnarsi a un esame strumentale fondamentale: l’ecocolordoppler, esame di semplice esecuzione e per nulla invasivo poiché basato sul principio dell’ecografia, ma che in mani esperte e con i macchinari adeguati permette sin da subito di

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Le arteriopatie obliteranti periferiche e il piede diabetico
∞ A CURA DI LEONINO ALESSIO LEONE
SPECIALITÀ A-Z CHIRURGIA VASCOLARE

IL PIEDE DIABETICO

Un caso particolare di arteriopatia obliterante degli arti inferiori è rappresentato dal cosiddetto piede diabetico, seria complicanza invalidante cronica del diabete, che può avere oltre all’arteriopatica anche un’origine neuropatica.

I sintomi

La sindrome del piede diabetico si manifesta attraverso vari sintomi:

› formicolio (parestesie) o alterata sensibilità (disestesie) a livello delle gambe e dei piedi, finanche a dolore;

› difficoltà deambulatorie;

› presenza di macchie (discromie) sulla cute di gambe e piedi;

› infiammazione o ulcerazioni della cute soprattutto delle dita dei piedi;

› febbre, quale sintomo di uno stato infettivo in corso.

Le cause

Le cause principali dello sviluppo della patologia del piede diabetico sono l’arteriopatia e la neuropatia.

› L’arteriopatia, causando un’alterata circolazione a livello di tutto il piede, ne determina la sofferenza ischemica dei tessuti e quindi la morte cellulare (necrosi) o l’infezione (gangrena).

› La neuropatia, provocando insensibilità a livello del piede, ha come conseguenza la perdita della capacità di percepire il dolore e i cambiamenti di temperatura; capita quindi che chi soffre di diabete possa ferirsi a un piede e, non avvertendo dolore, continui a camminare senza protezioni provocando il peggioramento della ferita sino a sviluppare vere e proprie ulcerazioni e sovrainfezioni. L’alterata innervazione del piede determina inoltre frequentemente sovvertimenti dell’architettura del piede stesso con conseguenti deformità strutturali (come nel caso del piede di Charcot).

Le cure

Il trattamento del piede diabetico prevede:

› l’esecuzione di esami strumentali adeguati al fine di definire correttamente la diagnosi (in primis l’ecocolordoppler);

› la somministrazione di antibiotici per curare le infezioni;

› le medicazioni delle ulcere con materiali adeguati;

› il controllo del dolore con antidolorifici o anestetici;

› la rimozione chirurgica del tessuto infetto o necrotico;

› la rivascolarizzazione arteriosa per via chirurgica tradizionale o con le più moderne tecniche endovascolari.

Marzo/Aprile 2023 | Bergamo Salute | 13
DOTT. LEONINO ALESSIO LEONE Specialista in Chirurgia Vascolare Studio Medico di Chirurgia Vascolare Dott. Leone

SPECIALITÀ A-Z CHIRURGIA VASCOLARE

orientare la diagnosi corretta. Possono poi seguire ulteriori accertamenti diagnostici di secondo livello quali l’angio-TAC, l’angio-RMN (risonanza magnetica), l’angiografia.

FUMO, DIABETE, IPERTENSIONE TRA LE CAUSE

Molteplici sono le cause potenzialmente scatenanti l’arteriopatia obliterante: il fumo, il diabete, l’ipertensione, la dislipidemia (alti valori di colesterolo e trigliceridi nel sangue), la familiarità. Anche l’età figura tra le cause di arteriopatia, poiché con l’invecchiamento i vasi sanguigni perdono la propria elasticità di parete favorendo il principio dell’aterosclerosi. Possibili cause di arteriopatia con evoluzione ostruttiva sono anche le infiammazioni dei vasi sanguigni (le vasculiti), l’esposizione a radiazioni, i traumatismi.

LA PREVENZIONE:

CHECK-UP PERIODICI E STILE DI VITA SANO

La prevenzione di questa patologia si basa su check-up periodici che i Medici di Famiglia dovrebbero con-

sigliare ai propri pazienti a partire dai 50 anni di età, soprattutto nei soggetti a rischio, ovvero fumatori, diabetici, ipertesi, obesi. Importante inoltre è seguire uno stile di vita sano, avere un’alimentazione equilibrata e varia, mantenere il proprio peso forma, non fumare e svolgere attività fisica regolare.

LA TERAPIA?

DAI FARMACI ALLA CHIRURGIA A SECONDA DELLA GRAVITÀ

A seconda dell’entità dei sintomi e della severità della patologia, l’approccio terapeutico può variare. Spesso è su ciente che il paziente modifichi il proprio stile

di vita, curando l’alimentazione per perdere peso e normalizzare i valori del sangue e abbandonando vita sedentaria e fumo.

Di fondamentale importanza sarà impostare un’adeguata terapia farmacologica che prevede l’introduzione di anti-aggreganti piastrinici e statine o altri principi attivi più specifici.

Nei casi più avanzati può essere indispensabile ricorrere alla chirurgia con interventi tradizionali “open” (tromboendoarterectomie, bypass) o con le più moderne e meno invasive tecniche endovascolari (angioplastiche, posizionamenti di stent).

14 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2023
LA MIGLIORE QUOTAZIONE LA MASSIMA TRASPARENZA Valtesse di Giorgio Capelli VIA PIETRO RUGGERI DA STABELLO, 55 BERGAMO - VALTESSE www.compro-oro-argento-bergamo.com Tel. 035 529 18 94

Attività fisica e alimentazione sana? Fanno bene anche alla voce

Si dice spesso, semplicisticamente, che gli occhi sono lo specchio dell’anima. E lo stesso accade per la voce. Il concetto non è sbagliato, anzi. Ma c’è di più: perché la voce è legata al corpo e alle sue leggi, oltre che all’inconscio e agli a etti. E a molto altro. Lo sa bene Silvia Lorenzi: la sua vita ruota attorno alla voce. Bergamasca, classe 1970, è una soprano. Diplomatasi in Canto e in Musica da Camera all’Istituto Superiore di Studi Musicali “Gaetano Donizetti”, ha poi conseguito, col massimo dei voti, anche la laurea di II livello, e ha vinto il premio Rotary per la miglior laurea dell’anno accademico. Dal 2010 partecipa come direttore didattico e docente ai corsi di AreaSanremo e canta per alcune trasmissioni Rai. Nel 2014 è anche

Ho cercato un nuovo modo di stare in salute, che ha dato moltissimo alla mia voce. Il suono è diventato più morbido, più ricco e ho più fiato grazie agli sport aerobici”

uscito il suo primo libro “Svelare la voce. Confessioni di una vocal coach ” (Mondadori). «In realtà quel sottotitolo non mi piace, perché fa pensare alla voce come a un qualcosa di atletico, da allenare, e a chi sta dietro le quinte di X Factor » sottolinea Silvia. «Mi piace dire che divulgo la voce attraverso la mia voce, con i suoi limiti e le sue risor-

se. Voglio far sì che le voci siano belle e non palestrarle».

Partiamo da un concetto fondamentale: cos’è la voce.

È la proiezione del nostro corpo non solamente in quanto fisico, ma come risultato di una storia vissuta, quindi emozioni passate ma anche presenti. È una sorta di ologramma del corpo, che raccoglie le nostre esperienze formative, ambientali, a ettive. La voce viene regalata, come sto facendo in questo momento con lei, nonostante il telefono tagli tutte le frequenze, tanto che ne esce molto dimagrita. È un gesto ed è qualcosa che non ci ricordiamo mai, perché si stacca dal nostro corpo ed entra, come vibrazione, negli altri. Uno scambio potentissimo.

16 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2023
∞ A CURA
DI CLAUDIO GUALDI
Silvia Lorenzi, soprano, ci racconta i suoi segreti per cantare sempre al top
Ph. Vittorio Brambilla
PERSONAGGIO SILVIA LORENZI

Perché la nostra voce registrata ci suona così estranea? Riascoltarsi è doloroso. Lo strumento tecnologico la raccoglie e la restituisce in maniera diversa da come noi l’ascoltiamo. Per il mio lavoro, però, è essenziale riascoltarsi: se non l’avessi fatto, non sarei cresciuta abbastanza. Un conto è l’ascolto interno, quello che percepisco di me stessa, un altro conto è ciò che arriva al mio orecchio dopo aver attraversato lo spazio circostante e un altro ancora è ciò che restituisce un apparecchio o un telefono. Lo strumento tecnologico ce la riconsegna cruda, senza tutte quelle attenuanti di cui possono godere i sottoposti a processo. E il riascolto è sempre un processo, che mette in discussione le cose che al momento di generare la voce non abbiamo avuto la forza di mettere in discussione».

Un processo doloroso ma necessario, quindi. Sì, dovremmo essere processati tutti i giorni, direi, ma non solo per la voce. Il famoso esame di coscienza, insomma, di cui il riascolto della voce fa parte. Esame di coscienza a freddo, che prescinda dalle emozioni. Ad esempio, spesso i concerti dal vivo sembrano strepitosi, poi registrati lasciano emergere molti particolari perfettibili. Ma va bene così: le imperfezioni fanno parte della vita.

Lei lavora molto con la Fondazione Teatro Donizetti. Sì, per trasferire la voce ai giovani. Mi piace parecchio, perché lavoro all’interno di una struttura etica, che ha come mission la musica, e soprattutto la musica di Donizetti, che è il nostro capostipite bergamasco.

Il benessere fisico ha sicuramente una parte fondamentale nella cura della voce, immagino. Una premessa: ho cambiato il mio stile di vita dopo una malattia importante, una decina di anni fa. Ho cercato un nuovo modo di stare in salute, un modo che ha dato mol-

Marzo/Aprile 2023 | Bergamo Salute | 17

PERSONAGGIO SILVIA LORENZI

tissimo alla mia voce. Ho cominciato a correre, che significa muovere il corpo ma anche la mente, quindi è un nutrimento e uno scambio costante. Il balzo della corsa, in particolare, mi piace molto, perché ci permette di staccare tutti e due i piedi da terra nello stesso momento, muovendoci in avanti: è uno strumento potentissimo di rinnovamento della nostra mente, secondo me.

Fa altre attività fisiche?

Sì, capita. Total body, ad esempio. Non riesco più a non fare niente e la

mia voce ne ha giovato tantissimo: il suono è diventato più morbido, più ricco, e ho più fiato grazie agli sport aerobici.

Veniamo alla dieta. Mangio pochissima carne, tipo una volta ogni 15 giorni. E tutte le mattine prendo un mix di semi: ho fatto delle personalissime ricerche sulla salute e sul bisogno alimentare del corpo. Per me è un toccasana: credo mi garantisca una certa protezione da alcune malattie e anche una certa regolarità, che non guasta.

Ecco il mix che Silvia Lorenzi prende ogni mattina. È composto da semi di chia, sesamo, girasole, zucca, lino, papavero, con canapa decorticata, miglio, goji, noci, uvette, mirtilli rossi disidratati, cannella, polline d’api.

18 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2023
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L’ordine fa bene al cervello!

Alcune persone non riescono a rilassarsi fino a quando non hanno rifatto il letto, lavato i piatti e passato l’aspirapolvere. Altre, al contrario, stanno benissimo nel proprio disordine. Chi vive meglio? Non è soltanto una questione di abitudini. Gli esperti hanno scoperto che la disorganizzazione dell’ambiente esterno ha un impatto sul corpo e sulla mente. Ne parliamo con la dottoressa Enrica Des Dorides, psicologa e psicoterapeuta.

Dottoressa Des Dorides, quali sono le conseguenze che l’ordine e il disordine hanno sul nostro cervello?

La ricerca scientifica sembrerebbe avvalorare la tesi che mantenere in ordine lo spazio in cui lavoriamo porti ad avere migliori risposte cognitive ed emotive. È quanto risulta da uno studio e ettuato dalla Bond University in Australia, secondo il quale il cervello in un ambiente disorganizzato si concentrerebbe più di cilmente. Infatti l’attenzione non sarebbe più così focalizzata sul compito e la memoria sarebbe distratta dagli oggetti accatastati alla rinfusa e dalle carte sparse

sulla scrivania. Troppi stimoli visivi potrebbero, quindi, creare un sovraccarico di informazioni che stancano la mente, con un impatto negativo sulla resa e la produttività. Inoltre quando il disordine diventa troppo si corre il rischio di avere sempre meno voglia di rimettere a

Fare ordine ha un profondo significato psicologico: significa cambiare “forma mentis” per dare una svolta alla propria esistenza in una direzione di benessere. Prendersi cura del proprio ambiente interno ed esterno vuol dire imparare a occuparsi dei propri bisogni nel momento presente, dare valore a se stessi e al proprio tempo, avere controllo sulla propria vita”

posto le cose. Chi non ama rimettere in ordine potrebbe essere tentato anche di procrastinare gli impegni lavorativi con un conseguente peggioramento in tutta l’attività professionale. Senza dubbio approcciarsi alle attività con metodo e ordine o re molti più vantaggi: il tempo può essere impiegato in modo costruttivo invece di disperderlo alla ricerca delle cose che non si trovano. Un altro studio, condotto presso l’Università della California del Sud negli Stati Uniti, evidenzia come gli ambienti disorganizzati possono avere e etti negativi sul cervello in quanto il caos crea stress. Quando ci troviamo in un luogo caotico in cui c’è disordine, infatti, il cervello si mette in allarme e aumenta la produzione di cortisolo, l’ormone dello stress nemico del nostro sistema immunitario. Con il tempo, se lo stress diventa cronico, le difese immunitarie si possono abbassare e i neuroni possono andare in so erenza con diminuzione della capacità di apprendimento e memoria.

Cosa si può fare allora?

È importante cercare di non dare al cervello stimoli inutili o troppe

20 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2023
∞ A
DI
COMPOSTELLA
CURA
VIOLA
IN SALUTE STILI DI VITA

informazioni da elaborare che possano creare sovraccarico e confusione mentale. Con il disordine la nostra salute in generale potrebbe risentirne. Ad esempio potremmo avere problemi ad addormentarci oppure avere un sonno disturbato e poco riposante. Per dormire bene, quindi, è consigliabile tenere la camera da letto pulita e ordinata. Ma non è finita qui. Chi vive in un ambiente caotico tenderebbe anche a mangiare di più, perciò tenere la casa in ordine può influire anche sul mantenimento di un peso sano.

Si dice che il disordine esteriore rifletta una poca chiarezza interiore. È vero?

Per stare bene dentro è buona norma occuparsi degli spazi in cui viviamo. Fare pulizia ci aiuta a respirare meglio senza essere so ocati da oggetti inutili e cose che ci tolgono energie. Fare spazio nell’ambiente esterno contribuisce a creare una dimensione interiore di maggiore ampiezza.

Possiamo fare ordine anche nelle nostre emozioni?

Sì, ed è importante farlo. Riuscire a mettere in ordine pensieri ed emozioni ci dà la possibilità di agire con consapevolezza e chiarezza d’intenti. Per entrare in contatto con i nostri stati emotivi ci si può dedicare a pratiche di rilassamento che permettono di ascoltare il nostro mondo interiore. Per iniziare bastano 15 minuti al giorno, sdraiati o seduti sul divano, con gli occhi chiusi, ascoltando musica dolce o suoni della natura. La sera possiamo governare i pensieri immaginando le cose migliori che vorremmo accadessero invece di preoccuparci di quello che temiamo. Visto che i pensieri sono collegati con le emo -

zioni, un ragionamento creativo e positivo attiva direttamente uno stato emotivo piacevole. Nutrendo la mente di fiducia e speranza ci predisponiamo al riposo con il giusto assetto interiore e diamo la possibilità al cervello durante il sonno di elaborare gli stimoli positivi che gli abbiamo inviato.

Ci sono delle tecniche che aiutano a essere più ordinati? Si tratta di adottare abitudini virtuose. È inutile accatastare documenti, vestiti e oggetti senza curarsene fino a creare un disordine tale che non sarebbe possibile risolvere in poco tempo. Meglio mettere a posto le cose ogni giorno. Quando la situazione è critica invece di farci abbattere e rinunciare è meglio dedicarci a un solo angolino della casa e accontentarci di pulire quello. Quando poi avremo tempo e voglia, faremo un altro piccolo passo avanti dedicandoci a ordinare uno sca ale, un ripiano o una cassettiera. Riguardo agli abiti, invece di buttarli sulla sedia è consigliabile ogni sera appenderli o piegarli. Prenderci cura delle nostre cose ci farà sentire meglio.

DOTT.SSA ENRICA DES DORIDES Psicologa e Psicoterapeuta A Bergamo, Seriate, Gorlago e Trescore

Dieta DASH, la dieta che

non conta le calorie!

È la dieta che seguono celebrità internazionali come Heidi Klum, Taylor Swift e Jessica Simpson, non solo per mantenere la linea ma anche stare in salute. Già perché la dieta DASH non ha come obiettivo solo il “calo di peso”, ma anche prevenire e tenere sotto controllo problemi di pressione alta. Come ci spiega la dottoressa Cristina Robba, nefrologa e nutrizionista, con esperienza sia nel campo dell’ipertensione sia in quello dell’alimentazione.

Dottoressa Robba, su quali principi si basa la dieta DASH?

Innanzitutto è utile fare una premessa. La parola dieta, che noi troppo spesso siamo abituati ad associare a una indicazione per perdere peso e quindi a regimi alimentari restrittivi, ha in realtà un significato più profondo. Deve essere intensa infatti come un “modo di vivere rivolto alla salute”, che comprende quindi non solo l’alimentazione ma anche altri aspetti della vita quotidiana. È in questi termini che dobbiamo pensare la dieta DASH. Si tratta infatti più che di una dieta intesa come apporto calorico controllato, di indicazioni per un approccio dietetico generale mirato al miglior controllo della pressione arteriosa attraverso l’inserimento di alimenti

Il termine DASH

è

l’acronimo di Dietary Approches to Stop Hypertension. In Italiano potremmo definirla Dieta Adeguata a Stroncare l’H-Ipertensione”

appartenenti ad alcune categorie e la diminuzione o addirittura l’eliminazione di altri. Può sembrare un concetto banale, tuttavia per arrivare alla conclusione che indirizzare la nostra dieta verso alcuni alimenti a discapito di altri può giovare al controllo della pressione sono stati condotti numerosi studi scientifici. A uno studio osservazionale, in particolare, hanno aderito volontariamente più di 450 persone, alcune

UNA QUESTIONE DI QUALITÀ, NON DI QUANTITÀ

Nella dieta DASH non vengono indicati limiti nella quantità di cibo da assumere a ogni pasto: sarà il senso di sazietà (e il buon senso) di ciascuno a porre dei paletti, purché tutti gli alimenti introdotti appartengano alla categoria dei cibi permessi.

a ette da ipertensione moderata, altre a ette da ipertensione più severa. Sono stati divisi in tre gruppi con l’indicazione a diete di erenti: dieta tipica americana, dieta con aumentata introduzione di verdura e frutta, dieta DASH. Coloro che avevano introdotto più frutta e verdura avevano avuto un lieve miglioramento dei loro valori pressori, ma coloro che avevano seguito la dieta DASH avevano ottenuto un abbassamento della pressione arteriosa più significativo.

Ma in pratica di cosa si tratta?

Quali sono gli alimenti da inserire e quelli da limitare o abolire?

La dieta DASH propone un aumentato apporto di verdura e frutta e l’introduzione di cereali integrali e carboidrati da farine integrali. Si possono consumare anche i derivati del latte purché a basso contenuto di grassi. Pesce e carni bianche sono concessi, così come gli oli vegetali, soprattutto l’olio extravergine di oliva. Devono invece essere drasticamente diminuite carni rosse e grassi animali e

22 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2023
∞ A CURA DI MARIA CASTELLANO
IN SALUTE ALIMENTAZIONE

NON SOLO CIBO

Tra le indicazioni non nutrizionali, la dieta DASH raccomanda l’astensione dal fumo e la pratica di attività fisica moderata ma costante, con almeno due passeggiate di 15-20 minuti al giorno, meglio se effettuate dopo i pasti principali.

andrebbero eliminati alcool e zuccheri semplici. Tra gli alimenti da abolire, poi, ci sono anche salumi e insaccati, tutti i prodotti in salamoia o sotto sale e il classico dado da cucina.

Ma non è simile alla dieta mediterranea?

La dieta DASH si di erenzia dalla dieta mediterranea in quanto vi è una maggiore attenzione alla diminuzione di sale. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha già dato indicazioni a ridurre il quantitativo di sale a meno di 5 grammi al giorno, mentre la dieta DASH pone il limite di 1,5 grammi, configurandosi pertanto come una vera dieta iposodica. Al posto del sale per insaporire i cibi è consigliabile l’uso di spezie e aromi. Concludendo, la dieta DASH ha avuto un impatto molto più forte oltreoceano, dove è stata ideata per combattere le cattive abitudini alimentari che includono fast and junk food, carni processate, bevande zuccherate e cibi pronti in grande quantità. Purtroppo queste cattive abitudini alimentari si stan-

no facendo strada anche nell’area mediterranea, pertanto riprendere le vecchie sane abitudini di pasti composti da cereali, proteine e frutta e verdura è una vera e propria arma per combattere non solo l’ipertensione, ma tutte le malattie cardiovascolari.

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DOTT.SSA CRISTINA ROBBA Specialista in Nefrologia Responsabile dell’Ambulatorio di Nutrizione Clinica Policlinico San Marco Zingonia e Nutrizionista di Smart Clinic “Le Due Torri”

Porro Un alleato per la salute al tuo fianco tutto l’anno

Dietista

Con pochissime calorie ma molte virtù, il porro è una verdura versatile che, da sola o aggiunta ad altri alimenti, dà sapore a ogni piatto. Originario del Sud Europa e del Nord Africa, si è ben

Un alimento versatile

adattato anche ai nostri climi e oggi è coltivato in tutte le regioni italiane, soprattutto al Centro-Nord. Conosciamo meglio questo ortaggio e le sue qualità con la dottoressa Federica Belotti, dietista.

Il porro può essere bollito, stufato, cotto al forno o a vapore.

È ideale per zuppe e minestre o per un brodo vegetale, abbinato a patate, carote e sedano. Può anche essere frullato insieme ad altri ortaggi per ottenere una vellutata.

È ottimo come contorno abbinato a un secondo piatto, cotto a vapore o stufato in padella insieme ad altre verdure oppure cotto al forno con una gratinatura. Può essere utilizzato anche per insaporire risotti, frittate o torte salate.

Inoltre, poiché il sapore della parte bianca ricorda molto quello dell’aglio o della cipolla, il porro può essere usato in loro sostituzione: la preparazione finale avrà un aroma più delicato.

BUONO PER TUTTE LE STAGIONI

Il porro, appartenente alla famiglia delle Liliacee (come aglio e cipolla), si trova tutto l’anno e, a seconda del periodo di raccolta, è possibile distinguere tra una varietà estiva, più piccola e tenera, e una varietà invernale, meno tenera e dal sapore più intenso. Ha una struttura a cilindro, con foglie verdi all’esterno e più chiare verso l’interno. A seconda della tipologia possono variare il colore, la dimensione del bulbo, il sapore e la consistenza. Le varietà di porro più famose sono il Lungo d’inverno, dal bulbo allungato, il Gigante d’Italia, dal gusto dolce, e il Mostruoso di Carentan, particolarmente grande e saporito.

UN PIENO DI NUTRIENTI

Il porro è ricco di minerali, vitamine,

24 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2023
∞ A CURA DI SARA CARRARA
DOTT.SSA FEDERICA BELOTTI
IN SALUTE ALIMENTAZIONE
Humanitas Gavazzeni, Studio medico a Trescore Balneario, FIOS MED a Osio Sotto e Dietetica su Misura a Treviglio

fibre e fitonutrienti. In particolare:

> il calcio e il fosforo, che aiutano a garantire la buona salute di ossa e denti;

> il potassio, alleato dell’apparato cardiovascolare;

> il selenio, che contribuisce a combattere lo stress ossidativo;

> il magnesio, elemento prezioso per contrastare i dolori muscolari e ridurre il senso di stanchezza e a aticamento.

«Ma non solo. Con il consumo di porro assumiamo vitamina C, potente antiossidante che supporta le difese immunitarie e collabora alla produzione del collagene, che funge da impalcatura di sostegno nei tessuti connettivi deputati a

collegare e proteggere vari organi interni. Non mancano poi la vitamina A, fondamentale per la vista, la vitamina K, importante per garantire la corretta coagulazione del sangue, e le vitamine del gruppo B, in particolare la B6 e l’acido folico. Dulcis in fundo, anche il porro, come l’aglio e la cipolla, contiene allicina, una sostanza dotata di attività antibatterica, antivirale e

Qualche idea in più per portarlo in tavola

Vellutata di porro

Tagliate il porro lavato a rondelle, scartando la parte verde più esterna. Mettetelo in una pentola capiente con mezzo litro d’acqua, patate a cubetti e un pizzico di sale. Fate cuocere per circa 25 minuti da quando inizia a bollire, poi spegnete il fuoco e frullate il tutto nel mixer. Infine aggiungete alla vellutata un filo d’olio extravergine d’oliva a crudo.

Porro stufato

Lavate il porro ed eliminate le foglie più esterne. Tagliatelo a rondelle, mettetelo in una padella con un filo d’olio extravergine d’oliva e fate soffriggere per alcuni minuti a fuoco medio. Aggiungete un pizzico di sale e/o pepe e una tazzina d’acqua, coprite con un coperchio e lasciate cuocere per altri 10 minuti. Servitelo come contorno abbinato a un secondo piatto.

Porri gratinati al forno

Rimuovete dai porri la parte esterna più dura e lavateli. Tagliateli della lunghezza che preferite, divideteli a metà e disponeteli su una teglia da forno, uno accanto all’altro. In una terrina versate del pane raffermo sbriciolato, unite qualche fogliolina di timo e mescolate. Distribuite il composto sui porri, aggiungete un filo d’olio extravergine d’oliva e un pizzico di sale e/o pepe. Aggiungete due cucchiai d’acqua e fate cuocere in forno a 180° C per circa 30 minuti.

antimicotica» spiega la dottoressa Belotti.

ADATTO A TUTTI

« Saporito, ma dal gusto meno intenso di quello di aglio e cipolla, il porro può essere impiegato in tante preparazioni diverse, dalle minestre ai contorni, adattandosi ai vari palati. Inoltre ad oggi non sono note controindicazioni al consumo di questo vegetale, tranne in caso di allergia» sottolinea la dietista.

SALUTE E LEGGEREZZA

100 g di porro crudo contengono 0,1 g di grassi, 5,2 g di carboidrati, 2,1 g di proteine e ben 2,9 g di fibra, per un totale di 29 kcal.

Marzo/Aprile 2023 | Bergamo Salute | 25

Bonus Psicologo 2023: cos’è e chi può richiederlo

La manovra del Governo del 2023 ha reso permanente il Bonus Psicologo, che non sarà più quindi un bonus una tantum ma un sostegno strutturale per i cittadini che ne faranno richiesta. L’importo massimo del contributo, denominato Contributo Sessione Psicoterapia e inserito nel Milleproroghe (articolo 1-quater, comma 3, DL 228/2021 convertito, con modificazioni, dalla legge 25 febbraio 2022, n. 15) e poi dalla Legge di Bilancio 2023, è stato innalzato fino a un massimo di 1.500 Euro, contro i 600 del 2022. L’unico requisito invariato resta la soglia ISEE. «La trasformazione del bonus psicologico da un intervento una tantum a una misura strutturale è un segnale estremamente importante, considerate anche le di coltà che il nostro Paese sta a rontando sul fronte delle varie crisi come ad esempio quella energetica» commentano la dottoressa Diana Margherita Prada, psicologa psicoterapeuta, e il dottor Andrea Luca Michele Poerio, psicologo clinico, Referenti Territoriali per Bergamo e

provincia dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia. «Non va tuttavia dimenticato che le risorse stanziate ammontano a 5 milioni di Euro per il 2023 e 8 milioni di Euro a decorrere dal 2024, ovvero una cifra più bassa rispetto ai 25 milioni disponibili nel 2022. Per questo motivo, per i prossimi anni, la platea dei beneficiari del bonus potrebbe ridursi ulteriormente».

Chi potrà beneficiare di questo contributo?

Possono accedere al Bonus Psicologo tutte le persone che si trovano in una condizione di stress, ansia, depressione e fragilità e che siano nella condizione di beneficiare di un percorso psicoterapeutico. Potranno richiedere questo contributo le persone fisiche con un ISEE inferiore a 50mila Euro. La misura esatta verrà parametrata sull’ammontare e ettivo dei vari importi del Bonus Psicologo, tuttavia bisognerà attendere le indicazioni specifiche. Il bonus potrà essere richiesto anche da più persone dello stesso nucleo familiare.

L’assegnazione del contributo terrà come sempre conto, oltre che del requisito reddituale, anche dell’ordine di arrivo delle richieste, prevedendo quindi una graduatoria: una volta assegnato, bisogna utilizzare il buono entro 180 giorni, rivolgendosi a psicoterapeuti che hanno comunicato la propria volontà di

Online dal sito dell’Inps (sezione contributo sessioni psicoterapia), autentificandosi con le proprie credenziali SPID oppure utilizzando la propria Carta di Identità Elettronica (CIE) o Carta Nazionale dei Servizi (CNS).

Telefonicamente, chiamando il contact center dell’Inps al numero 803.164 o allo 06 164.164.

26 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2023
A CURA DI MARIA CASTELLANO COME RICHIEDERLO
IN ARMONIA PSICOLOGIA

aderire all’iniziativa. Al momento sono 27mila i professionisti che hanno aderito, un numero in grado di coprire tutto il territorio nazionale e che potrà comunque aumentare essendo le liste dei professionisti costantemente in aggiornamento. Non sarà quindi di cile per i cittadini trovare uno psicoterapeuta da cui poter usufruire del bonus.

Quante sono state le domande nel 2022?

Nel 2022 è stato possibile accogliere poco più del 10% delle quasi 400mila domande presentate. Nella prima tornata del 2022 infatti le domande per le sessioni di psicoterapia finanziate dal Bonus Psicologo presentate all’Inps sono state in totale 395.604, mentre le istanze accolte 41.657. Di queste richieste il 43,55% proviene da giovani tra i 18 e i 35 anni, mentre il 16,62% è a favore di minori (0-18 anni).

Quali sviluppi, secondo voi, sarebbero auspicabili per riuscire a rispondere alle numerose e crescenti richieste di sostegno psicologico?

Alla luce del grande successo dell’iniziativa in termine di domanda e di adesione dei cittadini, sarebbe utile cominciare a creare una rete pubblica di risposta ai bisogni

psicologici e inserire il bonus all’interno di un quadro di misure più articolato. Pensiamo in particolare ai due contesti più significativi in cui la so erenza psicologica si manifesta: la scuola e le cure primarie. Risulta ormai sotto gli occhi di tutti quanto il disagio interessi le giovani generazioni. Quindi la scuola è sicuramente un luogo importantissimo per fare prevenzione e promozione della salute e del benessere psicologico. Non va poi tralasciata anche la necessità di ampliare la rete psicologica di base, a partire dallo psicologo delle cure primarie e dalla nuova medicina territoriale. Proprio dal medico di famiglia o dal pediatra i cittadini portano infatti le loro problematiche insorgenti e una quota molto importante di queste problematiche ha aspetti di carattere psicologico. Quindi inserire nella rete della medicina e della pediatria di famiglia anche delle competenze psicologiche sarebbe un investimento di fondamentale importanza, anche attraverso un coinvolgimento degli psicologi all’interno delle Case di Comunità. Quello che auspichiamo quindi è che il Servizio Sanitario sia attento sempre di più ai bisogni delle persone nella loro totalità, avendo attenzione alla cura in senso integrato e seguendo un modello

biopsicosociale. Per fare questo sarà necessario appoggiarsi alle professionalità di tipo psicologico, come dicono le attuali evidenze scientifiche.

DOTT.SSA DIANA MARGHERITA PRADA Psicologa e Psicoterapeuta Referenti Territoriali per Bergamo e Provincia dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia
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Ghosting Quando il partner diventa un fantasma

Terminare una relazione improvvisamente, senza spiegazioni, chiudendo ogni canale di comunicazione con l’altro, trasformandosi in fantasmi. È il ghosting, dalla parola inglese ghost (fantasma), fenomeno più di uso di quanto si pensi anche, a sorpresa, in una società come la nostra così iperconnessa tra social network e sistemi di messaggistica vari. “Si ipotizza che circa il 50% delle persone abbia utilizzato tale modalità almeno una volta nella vita per terminare una relazione ritenuta scomoda” conferma la dottoressa Michela Gritti, psicologa.

Dottoressa Gritti, ma in cosa consiste concretamente il ghosting?

All’improvviso si assiste al passaggio da una relazione intima e quotidiana a un taglio netto con il partner, che sparisce apparentemente senza un motivo, senza fornire spiegazioni ma soprattutto senza possibilità di confronto. Stop a messaggi, chiamate, a ogni forma di comunicazione, la persona

sembra sparire nel vuoto. Il cosiddetto ghoster, pur di sottrarsi a quello spiacevole confronto che lo costringerebbe a prendersi le proprie responsabilità sulla scelta di chiudere la relazione, opta per un comportamento di fuga. Questa azione di evitamento permette di non a rontare il confronto con l’altro, tenendolo così all’oscuro dei motivi che l’hanno condotto alla sua decisione.

Qual è l’identikit del ghoster?

È possibile riconoscerlo prima che sia troppo tardi? Spesso questo comportamento di ghosting può essere ricondotto a persone con tratti di personalità di tipo narcisistico, individui che potrebbero aver vissuto episodi di noncuranza e abbandono durante la loro infanzia dalle proprie figure di accudimento e ora da adulti ripropongono gli schemi relazionali che hanno appreso da piccoli. Ovviamente queste considerazioni sono a livello statistico e generalizzato. Potrebbero essere presenti altre ragioni che inducono una

persona a mettere in atto tale comportamento di fuga improvvisa.

Qual è l’impatto emotivo di questa “fuga silenziosa” sulla persona che ne è vittima? La reazione a tale fenomeno è varia e soggettiva, ma tendenzialmente la persona lasciata inaspettatamente, spesso senza precedenti segnali, può sperimentare rabbia e senso di colpa. Si ritrova abbandonata in un vortice di dubbi e pensieri ossessivi che spesso possono portarla a rimuginare su atteggiamenti e/o gesti che in realtà non ha compiuto. Nella testa della vittima iniziano a manifestarsi pensieri di colpa e di auto-svalutazione, tra i più comuni: “ dove ho sbagliato? ”, “non sono abbastanza? ”, “ ha trovato qualcuno/a meglio di me? ”. In queste situazioni il rischio è proprio questo: mettere in discussione se stessi, attribuendosi colpe insensate e ritenendosi la causa della fuga improvvisa del partner. La conclusione di una relazione con queste modalità nega l’opportunità di capire cosa non ha funzionato all’in-

28 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2023
IN ARMONIA COPPIA
∞ A CURA DI ELENA BUONANNO

terno della coppia e la possibilità di dare una spiegazione e un senso alla rottura. Purtroppo il ghosting è un fenomeno che spesso avviene anche in relazioni già avviate e consolidate da tempo. In questi casi le conseguenze psicologiche sulla persona abbandonata tendono a essere ancora più impattanti. Sottrarsi da una relazione di mesi o addirittura anni senza un chiarimento, un confronto, un momento di condivisione può rappresentare un vero e proprio vissuto di trauma per la persona abbandonata. Essere lasciati senza motivazioni può portare alla comparsa di una combinazione di sensazioni ed emozioni nella vittima. Rabbia e tristezza tendenzialmente predo-

minano, ma si aggiungono anche frustrazione, senso di colpa e di impotenza, angoscia e profondo senso di turbamento. La scienza a erma che il dolore psicologico prevede lo stesso percorso neurale del dolore fisico.

Come si può superare tutto questo?

Essere vittima di questa dinamica relazionale può trasformarsi in un punto di partenza da cui iniziare un percorso per rielaborare le proprie convinzioni e modalità di interazione/comunicazione. In particolare, il supporto di un professionista può essere uno strumento per comprendere meglio come a rontare e canalizzare il dolore, a rontando

Psicologa Clinica, Master in Valutazione multidimensionale e Tecniche per il cambiamento Amae studio professionale a Casazza

e metabolizzando il problema con il giusto sostegno. Il percorso psicologico può diventare un’opportunità per “rialzarsi” e tramutare un evento spiacevole in un’esperienza di vita che potrà essere in qualche modo “utile” in futuro.

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DOTT.SSA MICHELA GRITTI

Seno, utero, ciclo mestruale. Il ritorno alla normalità dopo il parto richiede sempre un po’ di tempo. Le trasformazioni causate nel corpo della donna durante i nove mesi, infatti, sono profonde e l’organismo ha bisogno di una fase di “assestamento” per tornare alla condizione prima della gravidanza. In alcune donne questa fase può essere più lunga, in altre più breve, a seconda ad esempio che allattino o no. In generale, comunque, viene considerato post-partum il periodo di 6 settimane dopo la gravidanza e la nascita del bambino. Approfondiamo l’argomento con il dottor Claudio Crescini, ginecologo.

Dottor Crescini, quanto tempo serve dopo il parto a nché il seno della neo-mamma torni normale?

Se si decide di non allattare, il seno ritornerà gradualmente allo stato precedente in un mese, se si allatta ovviamente questo non avverrà. Le mammelle saranno turgide e ci potranno essere perdite di latte tra una poppata e l’altra.

In questa fase è meglio, quando ci si lava, non usare sapone o detergenti sul capezzolo, ma solo acqua. Inoltre, per evitare disagi e inconvenienti che possono erroneamente portare a un’ingiustificata sospensione dell’allattamento è bene seguire sempre e solo i consigli

dell’ostetrica, che è la migliore consigliera.

E cosa succede invece all’utero in questa fase?

L’utero, che durante la gravidanza è diventato grandissimo per contenere il feto, ha bisogno di tempo per ritornare alle dimensioni precedenti. Sono necessarie almeno sei settimane dopo il parto per ritornare normale. Soprattutto nei primi giorni e durante le poppate, l’utero si contrae provocando una serie di crampi dolorosi simili a quelli delle mestruazioni. Questi crampi sono chiamati “morsi uterini” proprio per la loro breve durata, ma forte intensità. Si tratta di un fenomeno

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∞ A
IN FAMIGLIA DOLCE ATTESA
Post-partum Cosa succede al corpo della neo-mamma e quanto dura
CURA DI GIULIA SAMMARCO

IL RITORNO DELLA FERTILITÀ

Il primo ciclo mestruale dopo il parto (capoparto) segna il ritorno alla normalità, ma non sempre coincide con il riavvio della fertilità. Trascorso il puerperio, la neo-mamma può ridiventare fertile in qualsiasi momento. L’ovulazione, infatti, può verificarsi anche un paio di settimane prima del ritorno delle mestruazioni. Questo significa che, anche prima del capoparto la donna potrebbe rimanere incinta. Un altro aspetto che è importante tenere in considerazione, quando si parla di possibilità di concepimento, è che l’allattamento al seno può inibire temporaneamente la ripresa dei cicli ovulatori e ridurre la fertilità, ma questo non garantisce una contraccezione sicura.

naturale, utile per espellere coaguli di sangue e riportare l’utero alle sue normali dimensioni. Se a questi dolori, però, si associano perdite vaginali maleodoranti e compare un po’ di febbre è meglio rivolgersi al medico perché potrebbe essere l’inizio di un’infezione che richiede una terapia antibiotica. Il ritorno alla normalità dell’utero si associa a perdite vaginali rosate chiamate “lochi”. All’inizio le perdite possono essere rosso vivo e abbondanti, ma se tutto procede normalmente entro pochi giorni diminuiscono in quantità e diventano rosate. Dopo 10 giorni dal parto le perdite diventano giallastre o bianche e possono persistere per molte settimane. Talvolta ci può essere anche l’espulsione di un grumo di sangue,

MARCO GHEZZI

PSICOLOGO PSICOTERAPEUTA COACH

consulenza e psicoterapia per adulti e adolescenti esperto in psicoterapia Emdr consulenza e coaching per imprenditori, manager, atleti

ma se è un fenomeno occasionale non deve preoccupare. È importante ricordare che fino al ritorno della normalità è opportuno non utilizzare assorbenti interni.

Dopo quanto, in genere, ritorna il ciclo mestruale?

Se non si allatta la prima mestruazione, chiamata “capoparto”, arriverà dopo circa 40 giorni dal parto, quando termina cioè il periodo del cosiddetto puerperio, e sarà un po’ più abbondante delle normali mestruazioni. Se la mamma allatta, invece, la prima mestruazione può arrivare dopo parecchi mesi, a causa della prolattina (ormone deputato alla produzione di latte) che inibisce l’asse ipotalamo-ipofisi-ovaio che regola il ciclo mestruale.

DOTT. CLAUDIO CRESCINI Specialista in Ostetricia e Ginecologia Adjunct professor Humanitas University Milano Consulente ostetrico-ginecologo ASST BG Est
Bergamo via Zambonate 58 24122 Bergamo www.marcoghezzi.org Per appuntamenti Telefono 347 9194378 email: scrivi@marcoghezzi.org
N. iscrizione ordine psicologi della Lombardia 4352

Aerosolterapia: quando serve davvero

La terapia con aerosol o aerosolterapia è una pratica molto utilizzata non solo nei mesi freddi per curare le malattie respiratorie di stagione, ma anche in primavera in caso di allergia e asma. Attenzione però: l’aerosol non è sempre utile. «L’aerosolterapia deve essere utilizzata solo se c’è un’indicazione medica, altrimenti è inutile e, se associata a farmaci antinfiammatori come i cortisonici, può anche avere e etti collaterali» avverte il dottor Sergio Clarizia, pediatra. Vediamo allora insieme in quali situazioni è opportuno ricorrere all’aerosol e quando, invece, questo rimedio non o re benefici.

Ra reddore e tosse

guariscono da soli

La maggior parte delle infezioni di

origine virale delle vie respiratorie, come ra reddore e tosse, si risolve da sola nell’arco di qualche giorno. «Non sono necessari farmaci e non è necessaria l’aerosolterapia. Lo stesso vale in caso di influenza: se non si verificano complicazioni, l’aerosol non è indicato» dice lo specialista. « Se il bimbo ha la febbre, quando la temperatura raggiunge i 38,5°, si somministra un farmaco antipiretico e poi si aspetta che passi, giocando, leggendo libretti insieme, raccontando fiabe e… portando pazienza». Cosa fare allora per aiutare il bimbo a respirare meglio quando è ra reddato? «Per liberare il nasino sono su cienti dei lavaggi con soluzione fisiologica o con soluzione ipertonica. Per aiutare il piccolo a respirare meglio, inoltre, è opportuno che il tasso

di umidità nel locale dove gioca e riposa sia compreso tra il 40% e il 60%. Se l’aria è molto secca, si potranno utilizzare gli umidificatori; se invece il tasso di umidità è troppo alto, come può accadere in zone

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∞ A CURA DI VIOLA COMPOSTELLA
IN FAMIGLIA BAMBINI
DOTT. SERGIO CLARIZIA Specialista in Pediatria Pediatra ATS Bergamo

Antibiotici: solo se necessari

In Italia viene fatto un uso eccessivo di antibiotici, ma il ricorso a questi farmaci quando non necessari è assolutamente da evitare. Oltre a esporre il bimbo ai possibili effetti indesiderati del farmaco, l’abuso di antibiotici è collegato allo sviluppo di batteri resistenti a determinati principi attivi, per cui si rischia di dover ricorrere ad antibiotici sempre più potenti per sconfiggere anche infezioni banali.

lacustri o marittime, si potrà usare (al bisogno) un deumidificatore».

Vietato il fai da te!

La confidenza con l’aerosol ha portato molti genitori a farne un uso eccessivo, ricorrendo a questa terapia di propria iniziativa, al comparire dei primi sintomi di un’infezione alle vie respiratorie. «Il fai da te, quando si tratta di farmaci e terapie, è assolutamente sconsigliato. È da evitare

sempre, tanto più se riguarda bambini molto piccoli. L’aerosol deve essere utilizzato solo se il pediatra che ha visitato il bimbo lo ritiene necessario o comunica alla famiglia di eseguirlo autonomamente in caso di sintomi ricorrenti. Ed è importante seguire scrupolosamente le sue indicazioni per quanto riguarda i farmaci da nebulizzare, le dosi, la frequenza delle sedute e la durata complessiva della cura» sottolinea il dottor Clarizia. E se il bimbo ha già avuto un episodio simile nelle settimane o nei mesi precedenti, per cui il genitore sa già qual è la terapia da somministrare? « Anche in questo caso non è bene prendere iniziative. Soprattutto per bimbi sotto l’anno è sempre opportuno rivolgersi al pediatra, sia per una diagnosi - non è detto che quello in corso sia lo stesso disturbo avuto in precedenza - sia per ricevere indicazioni corrette sull’eventuale terapia da eseguire».

Asma e broncospasmo?

È la cura giusta

Se per i comuni malanni di stagione il ricorso all’aerosol non è giustificato, ci sono invece alcune patologie respiratorie per le quali è la terapia più indicata. «L’aerosolterapia è fondamentale per i bambini asmatici che so rono di infiammazioni bronchiali e broncospasmo» conferma l’esperto. «Per combattere l’infiammazione

dei bronchi vengono nebulizzati antinfiammatori (oggi i più utilizzati sono i cortisonici), mentre per il broncospasmo si ricorre ai broncodilatatori. Con l’aerosolterapia, il farmaco viene nebulizzato, ovvero spezzettato in minuscole particelle che, proprio per le loro dimensioni ridotte, riescono a penetrare nelle vie respiratorie più basse. Il principio attivo viene trasportato proprio dove è necessario e agisce più rapidamente, dato che per via inalatoria il percorso del farmaco è più breve. In questo modo si ottiene un beneficio maggiore e si riducono i potenziali e etti collaterali. Il ricorso all’aerosol è indicato, inoltre, per i bambini che so rono di laringiti o laringospasmo e nei bambini a etti da malattie croniche, come la fibrosi cistica». Per i bambini che so rono di bronchite asmatica e devono sottoporsi con una certa frequenza ad aerosolterapia, esiste un altro strumento che permette di somministrare i farmaci per via inalatoria e presenta gli stessi vantaggi dell’apparecchio per aerosol. « Si tratta del distanziatore, un accessorio di forma cilindrica che, applicato alla bomboletta spray che contiene la medicina, trattiene il farmaco nebulizzato, in modo tale che il bimbo lo possa inspirare tramite una mascherina, nell’arco di cinque o sei respiri» conclude il dottor Clarizia.

Varicocele Come riconoscerlo

È una delle patologie più frequenti dell’apparato riproduttivo maschile (riguarda circa il 15% degli uomini). Si manifesta normalmente nell’età della maturazione sessuale, tra gli 11 e i 16 anni, ma spesso viene diagnosticato solo in età adulta quando si è alla ricerca di un figlio che non arriva. Parliamo del varicocele, problema che una volta, ai tempi del servizio di leva obbligatorio, veniva in molti casi scoperto durante la visita medica militare. Come individuarlo per tempo allora? Lo abbiamo chiesto al dottor Oreste Risi, urologo.

Dottor Risi, che cosa è il varicocele?

Il varicocele è un’anomala dilatazione delle vene contenute nella borsa scrotale (il sacco che contiene i testicoli), che raccolgono il sangue proveniente dal testicolo. Questo reflusso patologico di sangue determina un aumento della pressione nelle vene del funicolo spermatico e un incremento della temperatura nella borsa scrotale

con scarsa ossigenazione dei tessuti. Una temperatura di poco inferiore a quella interna è fondamentale per il buon funzionamento dei testicoli: per questo si trovano in una sacca esterna all’addome (scroto). In caso invece, come succede nel varicocele, la temperatura aumenti si può andare incontro a un’alterazione della formazione e dello sviluppo degli spermatozoi, ma anche in alcuni casi della produzione di ormoni androgeni.

Ma colpisce indi erentemente i due testicoli?

A causa di una particolare situazione anatomica, si manifesta prevalentemente a sinistra. Il reflusso, infatti, si verifica in particolare dalla vena renale sinistra al testicolo.

Quali sono le cause di questo problema?

Le cause possono essere molteplici, ma principalmente è dovuto a:

> un’insu ciente tenuta dei sistemi valvolari venosi, dovuta a una congenita debolezza delle pareti delle vene;

> un’incontinenza delle valvole delle vene, che con il tempo può causare reflusso di sangue.

Con quali sintomi si manifesta?

La maggior parte delle volte il varicocele è asintomatico ed è quindi necessaria una visita medica per diagnosticarlo. In altri casi si possono avvertire diversi sintomi:

> dolore sordo al testicolo interessato;

> senso di pesantezza o fastidio a livello dello scroto soprattutto in posizione ortostatica (in piedi) o dopo essere stato seduto per molto tempo;

> vene dilatate a livello del testicolo che possono risultare palpabili e visibili (questo succede quando il varicocele è di grado elevato);

> testicolo più piccolo e più in basso rispetto al controlaterale;

> anomalie seminali (in alcuni casi il varicocele può essere responsabile di ridotta fertilità maschile).

La correlazione tra varicocele e infertilità resta comunque un

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IN FAMIGLIA RAGAZZI
∞ A CURA DI ELENA BUONANNO

argomento controverso in quanto pazienti a etti da varicocele spesso non presentano infertilità. Inoltre la correzione del varicocele non sempre corrisponde a un miglioramento della qualità degli spermatozoi.

Come si diagnostica?

La diagnosi è essenzialmente clinica, ossia basata sulla visita medica ambulatoriale. Il medico esaminerà lo scroto sia in posizione supina sia in piedi, chiedendo di tossire o di aumentare la pressione intraaddominale proprio per evidenziare la dilatazione venosa. Lo specialista potrà richiedere un ecocolordoppler testicolare per individuare forme subcliniche (cioè non ancora sintomatiche), che solo raramente richiedono una correzione chirur-

gica, e uno spermiogramma per valutare la fertilità del paziente.

Ma è possibile prevenirlo?

Non esistono strategie di prevenzione primaria per cui l’unico strumento di prevenzione possibile è la visita andrologica in età puberale in modo da riconoscere precocemente il varicocele e prevenire un’eventuale compromissione della fertilità.

È possibile curarlo?

In caso di varicocele sintomatico le opzioni chirurgiche di trattamento sono diverse e prevedono approcci chirurgici/microchirurgici, laparoscopici o con tecniche mininvasive radiologiche endovascolari. La scelta del tipo di intervento è basata sulle caratteristiche cliniche del

singolo paziente, ma attualmente spesso ricade su tecniche microchirurgiche o radiologiche, come la scleroembolizzazione retrograda, che permettono di ridurre le complicanze e i tempi di recupero assicurando bassi tassi di recidiva del varicocele.

DOTT. ORESTE RISI Specialista in Andrologia, Chirurgia pediatrica e Urologia Consulente libero professionista Cliniche Gavazzeni Humanitas di Bergamo e Politerapica Seriate

Le novità nella cura della cataratta

Sette italiani su 10 dopo i 70 anni so rono di cataratta, un problema che riguarda indi erentemente uomini e donne e si manifesta con annebbiamento della vista, come se si vedesse attraverso un vetro appannato. Nelle fasi più avanzate questa condizione arriva a compromettere il normale svolgimento delle attività quotidiane e quindi la qualità di vita. Per fortuna oggi la cataratta può essere risolta e cacemente con un intervento chirurgico mini-invasivo, grazie anche a nuove tecnologie e lenti di ultima generazione, come ci spiega il dottor Fabio Mazzolani, oculista.

Dottor Mazzolani, innanzitutto ci spiega che cosa si intende con cataratta?

La cataratta è l’opacizzazione del cristallino, la lente naturale situata all’interno del nostro occhio che ha la funzione sia di filtro della luce che penetra attraverso la pupilla sia di messa a fuoco per la visione da vicino. Normalmente infatti il cristallino è trasparente, la luce lo attraversa colpendo la retina, permettendo al cervello di ricevere immagini nitide e ben focalizzate.

Quali sono i sintomi con cui si manifesta?

Il sintomo più comune è l’annebbiamento della vista, ma possono insorgere anche di coltà nel distinguere gli oggetti in ambienti poco luminosi, sensazione di fastidio se sottoposti a luce intensa (abbagliamento), visione di aloni intorno alle sorgenti luminose. I colori appaiono meno vivaci e, in molti casi, può verificarsi la comparsa o l’aumento della miopia.

In che modo si può risolvere il problema?

Con un intervento chirurgico, con il quale si va a sostituire il cristallino con un cristallino artificiale, ovvero una lente intraoculare di materiale biocompatibile creato appositamente per posizionarsi all’interno dell’occhio. La scelta della lente giusta per il paziente è un momento fondamentale e critico tanto quanto l’intervento chirurgico e deve essere il più possibile personalizzata: non ci sono due persone perfettamente uguali, così come non esistono occhi identici pur appartenendo alla stessa persona. Per questo motivo, negli anni sono state messe a punto diverse

tipologie di lenti per soddisfare le esigenze di pazienti con diverse problematiche: alcune o rono una gamma completa di visione coprendo tutte le distanze di lavoro, altre ancora o rono una visione più dettagliata a distanze specifiche, permettendo di correggere difetti visivi come miopia, astigmatismo e presbiopia. È importante quindi, durante la visita oculistica, valutare insieme al proprio oculista di fiducia le proprie abitudini di vita, aspettative e necessità che si vogliono migliorare dopo l’intervento chirurgico.

Come si svolge l’intervento?

L’intervento di cataratta si esegue in anestesia locale previa instillazione di alcune gocce di collirio anestetico che permettono l’assenza di dolore durante l’intervento. La tecnica utilizzata attualmente in tutto il mondo è la cosiddetta facoemulsificazione, che prevede la frantumazione del cristallino opacizzato e la sua sostituzione con un cristallino artificiale. L’intervento, senza complicanze, dura circa 15-20 minuti e può essere eseguito con chirurgia standard o con l’utilizzo del femtolaser o laser

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IN
∞ A CURA DI MARIA CASTELLANO
FAMIGLIA TERZA ETÀ

a femtosecondi, che rappresenta oggi l’ultima frontiera tecnologica in questo campo. Il laser a femtosecondi crea impulsi della grandezza di pochi micron (millesimi di millimetro) e di brevissima durata che possono essere indirizzati a diverse profondità nell’occhio per “tagliare” i tessuti senza utilizzo di bisturi e senza alcun danno alle strutture dell’occhio.

Questo permette di e ettuare una procedura assistita in cui il chirurgo a anca le tradizionali procedure dell’intervento alla tecnologia laser riducendo i potenziali rischi e le eventuali complicanze. Dopo qualche ora dall’esecuzione dell’intervento chirurgico, il paziente può fare ritorno a casa. La terapia post-operatoria consiste solitamente in gocce da instillare per alcune settimane e il riposo per qualche

giorno pur potendo continuare le normali attività quotidiane che non implichino sforzi fisici o potenziali traumi. Mi preme però ricordare che, per quanto attualmente l’intervento di cataratta sia una procedura eseguita routinariamente, rimane pur sempre un intervento chirurgico con potenziali rischi e imprevisti che devono sempre essere “messi in conto” dal paziente.

Dopo quanto tempo si ricomincia a vedere bene?

Dopo alcuni giorni si ha già un recupero visivo soddisfacente, che dopo 10-15 giorni può essere completo. In alcuni casi, dopo un tempo variabile da persona a persona (mesi o anni), può insorgere la cataratta secondaria, ovvero l’opacizzazione della sottile e trasparente membrana su cui si

appoggia la lente intraoculare. La risoluzione è la rimozione di questa opacità attraverso uno specifico laser, con una procedura indolore, ambulatoriale e della durata di pochi minuti.

DOTT. FABIO MAZZOLANI Specialista in Oculistica Direttore Sanitario Centro Oculistico Bergamasco

Radiofrequenza per combattere cellulite e adiposità localizzate

Migliora la cellulite e le adiposità localizzate, aiuta ad attenuare le smagliature e a contrastare la lassità cutanea. È la radiofrequenza, trattamento di medicina estetica molto di uso per la tonificazione dei tessuti, sia del viso sia del corpo, e il rimodellamento delle forme, che agisce come una sorta di lifting senza bisturi. Conosciamolo meglio con l’aiuto della dottoressa Jlenia Lonigro, chirurgo plastico e medico estetico.

Dottoressa Lonigro, su che meccanismo d’azione si basa la radiofrequenza?

Il trattamento di radiofrequenza si basa sugli e etti di onde elettromagnetiche. Questa tecnologia è capace di trasformare l’energia elettrica in calore che omogeneamente penetra nei tessuti fino al derma (lo strato della cute posto sotto l’epidermide), stimolando sia la produzione di nuovo collagene (proteina che dà tono alla pelle) sia la riorganizzazione delle fibre di collagene ed elastiche già presenti. La radiofrequenza oggi più evoluta è quella caratterizzata dalla quadripolarità, ovvero dall’utilizzo

di quattro elettrodi, che permette di concentrare il calore in modo preciso, senza dispersioni e con risultati visibili sin dalla prima seduta.

Nel dettaglio, come agisce il calore sulla pelle?

L’innalzamento della temperatura nel derma determina per prima cosa una modificazione della struttura molecolare delle fibre di collagene e delle fibre di elastina (proteina della pelle che ne garantisce l’elasticità), generando

un immediato e etto distensivo e lifting della pelle. Inoltre, vi è una stimolazione della produzione di collagene ex novo, e etto ritardato ma che perdura per mesi. Infine, il riscaldamento dei tessuti molli favorisce un’importante vasodilatazione, ovvero un aumento del flusso di sangue, che comporta un maggiore apporto di ossigeno ai tessuti. Tutte queste azioni determinano un miglioramento della cellulite e della ritenzione idrica e rendono la pelle più distesa, to-

ANCHE IN ASSOCIAZIONE AD ALTRI TRATTAMENTI

Gli effetti della radiofrequenza possono essere potenziati se associati a quelli derivanti da altri trattamenti di medicina estetica, come trattamenti mesoterapici per il viso e/o per il corpo, che consistono nell’iniezione sottocutanea con micro-aghi di un cocktail farmacologico per il trattamento degli inestetismi della cute, oppure filler a base di acido jaluronico e/o infiltrazioni di tossina botulinica.

Sempre nell’ambito dei trattamenti mesoterapici, a seconda dell’inestetismo che si vuole correggere, è possibile avvalersi di complessi polivitaminici, molecole di acido jaluronico, sostanze lipolitiche fino al “plasma arricchito di fattori di crescita” o PRP, trattamento utilizzato in vari campi della medicina e oggi nell’ambito della chirurgia estetica con finalità antiaging

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∞ A CURA DI SARA CARRARA
IN FORMA BELLEZZA

nica e compatta. Inoltre, il calore generato dalla radiofrequenza fa sì che le cellule adipose (o adipociti) accelerino il loro metabolismo, favorendone la distruzione.

Ma può essere utilizzata sia per il viso sia per il corpo?

Sì, la radiofrequenza può essere utilizzata sia sul viso sia sul corpo. Per quanto riguarda il viso è utile per trattare rughe, lassità cutanea, borse sotto gli occhi. Per il corpo, invece, trova indicazione oltre che per la lassità cutanea per il trattamento di smagliature, cellulite e adiposità localizzate del corpo.

Quali zone, in particolare, si possono trattare?

Grazie a diversi manipoli permette di trattare zone piccole (viso, fronte,

zone peri-oculari, peri-labiali, solchi vicino al naso, guance, mento, collo, mani), medie (braccia, ginocchia, polpacci e caviglie) e grandi (schiena, addome, glutei, sottoglutei e cosce). Buoni risultati si ottengono anche nel rimodellare la pelle dell’interno cosce, interno braccia e dell’addome (causa gravidanza o forti dimagrimenti), che sono zone altrimenti particolarmente di cili da rassodare.

Quanto dura una seduta e quante bisogna farne per vedere i risultati? La durata dipende dall’inestetismo e dalla zona da trattare ma non si superano i 40 minuti a seduta. Il numero delle sedute complessivo varia a seconda della zona e sarà il medico, in base a un’attenta valutazione, a definirlo.

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Chiunque può sottoporsi a questo trattamento?

Sì, la radiofrequenza è adatta a chiunque abbia problemi di lassità dei tessuti in diverse zone del corpo, purché non presenti patologie cardiache o dermatologiche.

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La corsa per principianti

Primavera, tempo di pensare a nuovi propositi e, perché no, cercare di rimettersi in forma. Tra le molteplici attività tra cui si può scegliere per ritrovare il proprio benessere psico-fisico, una delle più semplici e immediate è l’attività podistica, ovvero la corsa. Attenzione però: anche se può sembrare uno sport caratterizzato da un gesto tanto naturale quanto semplice, in realtà per evitare problemi o infortuni è fondamentale conoscere e rispettare le regole di base per una corretta pratica. Quali sono? Ce lo spiega Thomas Capponi, Personal Trainer e Running Coach.

Qual è la prima regola da seguire se si vuole iniziare a fare running? Qualunque sia il motivo per cui si sta iniziando a correre (fare la prima maratona o perdere qualche chilo) risulta fondamentale avere un piano d’azione: l’obiettivo deve essere chiaro e, oltre a questo, devono essere chiari anche il punto di partenza e il percorso da seguire.

Se per l’obiettivo si può prendere spunto dalle innumerevoli fonti di ispirazione che ci circondano ogni giorno (riviste, passaparola, squadre sportive…), per gli altri due elementi è necessario fare a da-

Il test di Cooper

È un test ideato nel 1968 dal medico della NASA Kenneth H. Cooper per usi militari. Nella sua forma originale, il test prevede che si corra per dodici minuti cercando di coprire la massima distanza possibile. L’analisi dei risultati del test permette di stabilire il VO2max della persona, ovvero il massimo volume di ossigeno consumato per minuto e quindi la massima potenza aerobica.

mento su metodi più razionali e misurabili. Innanzitutto dovrà essere ben chiaro, al neo- runner in primis, quanto tempo si vuole dedicare alla nuova attività. Che siano 2-3-4 o più sedute alla settimana, queste dovranno potersi incastrare con il resto degli impegni, pena l’insuccesso dietro l’angolo. Parlando del “punto di partenza”, inoltre, è molto importante sapere il proprio status sportivo al “tempo 0”, cosicché si possa determinare se l’obiettivo pensato sia o meno realistico e raggiungibile. Inoltre, nel futuro, sarà utile anche per monitorare i miglioramenti.

In che modo è possibile valutare e misurare il proprio status sportivo?

Per misurare la propria capacità iniziale, si può e ettuare uno dei tanti test presenti nella letteratura sportiva, ad esempio il Test di Cooper (vedi box) oppure, per chi è già un po’ pratico, e ettuare un test su una distanza di riferimento come i 5

40 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2023
∞ A CURA DI CLAUDIO GUALDI
IN FORMA FITNESS

o 10 km, prendendo il tempo finale della prova. Questi test saranno da ripetersi nel corso del percorso di programmazione e allenamento, mettendo a confronto i risultati cronometrici.

Prima di scendere in pista, a che cos’altro è utile fare attenzione?

A scegliere l’attrezzatura, ovvero scarpe e abbigliamento. In base alla tipologia di obiettivo e allenamento da svolgere (strada, pista, trail…), al tipo di corporatura, alle proprie abitudini, alle condizioni climatiche etc. ci sono svariate possibilità e per questo è consigliabile a darsi a negozi specializzati che sapranno consigliare al meglio. Inoltre, è altamente consigliato, soprattutto per chi è alle prime armi o per chi riprende dopo diverso tempo di inattività, un consulto medico di base o sportivo.

Indossati scarpe e abbigliamento adeguato, è giunto finalmente il momento di correre … Quando il runner sarà pronto per uscire e iniziare il proprio percorso di allenamento, la parola chiave che dovrà ricordare è gradualità. È necessario avere pazienza e costanza, incrementare i carichi di lavoro (km/settimana) e le intensità (passo al km) in modo graduale. Il rischio nel non rispettare questa semplice regola di base è quello di incorrere in infortuni muscolari, articolari o tendinei, con conseguente stop forzato. Per la propria programmazione si può fare riferimento a tabelle standard online oppure a running coach con esperienza e formazione ad hoc. Per concludere, la corsa, come anche altre attività fisiche, non solo ha e etti benefici sul fisico (aiuta a perdere peso, a combattere la cellulite, a migliorare l’e cienza cardiaca, a

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SAN GIOVANNI BIANCO

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Tempo di preparazione

40 minuti

più ra reddamento

Calorie a persona

350 Kcal 5 panelle

250 g Olio d’oliva

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1 cucchiaio di succo di limone

1 cucchiaino di curcuma

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PREPARAZIONE

Per le panelle: mescolare tutti gli ingredienti in una ciotola fino a ottenere un composto privo di grumi. Mettere in pentola e cuocere lentamente mescolando di continuo con la frusta a mano per qualche minuto, il tempo necessario per far sì che si formi una sorta di polentina che si stacca dalle pareti della pentola. Il composto dev’essere compatto. Trasferire il composto su un tagliere foderato di carta da forno e stendere a uno spessore di 5 mm. Quindi fare ra reddare a temperatura ambiente per circa 30 minuti. Poi adagiare un foglio di carta da forno sulla superficie e stendere con un mattarello senza schiacciare, solo per creare una superficie uniforme. Modellare i bordi in modo da non sprecare l’impasto e lasciare ra reddare completamente prima di tagliarlo a quadrotti. Nel frattempo preparare la maionese: bollire le carote precedentemente pelate e fatte a rondelle in acqua leggermente salata per circa 10 minuti. Scolare e quando saranno ra reddate frullare in un mixer con senape, curcuma, limone e sale. Aggiungere a filo l’olio e quando sarà montata aggiungere un ciu etto di erba cipollina tritata. Infine friggere le panelle in abbondante olio di girasole in una larga padella per 2 minuti circa. Scolarle e metterle su carta assorbente e spolverarle di sale. Accompagnare con la maionese.

48 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2023
GIUSI PESENTI Cuoca Ristoro de Il Sole e la Terra, Bergamo

CHERATOCONO

Il cheratocono E’ Una malattia degenerativa della cornea, che si deforma progressivamente.

Si manifesta generalmente dall’infanzia o puberTA’ progredendo fino ai 35/40 anni.

Il cheratocono provoca visione distorta e si corregge con lenti a contatto specifiche.

La diagnosi viene effettuata con la topografia e pachimetria corneale (mappatura della curvatura e spessori della cornea).

Il coniglio è ormai, a tutti gli effetti, il “terzo” animale da compagnia dopo il cane e il gatto. È però un animale molto più delicato rispetto a queste altre due specie e, purtroppo, la maggior parte delle patologie (e delle cause di morte) di questo animale è legata a una non corretta gestione nell’ambito domestico. Scopriamo quali sono le malattie più di use e come prenderci cura nel modo corretto di questo “pet” con l’aiuto della dottoressa Elena Tirloni, medico veterinario.

Dottoressa Tirloni, di che tipo di patologie so rono i conigli più frequentemente?

In ordine di frequenza, le patologie più comuni nel coniglio sono:

> le patologie gastrointestinali;

> le patologie respiratorie;

> le patologie dentarie;

> le patologie dell’apparato genito-urinario.

Cominciamo allora da quelle gastrointestinali. Quali sono le cause?

Il coniglio è un erbivoro stretto: ciò significa che in natura la sua alimentazione prevede l’assunzione di erba, piante erbacee spontanee, radici e cortecce. In cattività, purtroppo, questi animali non hanno sempre la possibilità di accedere a un giardino e di conseguenza la loro alimentazione è strettamente legata a ciò che fornisce loro il proprietario. L’alimento base è rappresentato dal fieno (quando non è possibile somministrare erba fresca), che deve essere sempre a disposizione. La fibra “lunga” contenuta in questo alimento favorisce

una regolare peristalsi (movimento dell’intestino). Altri alimenti che possono essere somministrati sono le verdure (verdure in fo-

Marzo/Aprile 2023 | Bergamo Salute | 51
DOTT.SSA ELENA TIRLONI Medico Veterinario Specialista in Patologia e Clinica degli Animali d’Affezione Libero Professionista, Treviolo (BG)
∞ A CURA DI CLAUDIO GUALDI
RUBRICHE
Le principali patologie del coniglio “pet”
ANIMALI

glia, sedano, finocchio e carote in piccola quantità) e il mangime “pellettato”, di buona qualità e assolutamente privo di semi e cereali. Un’alimentazione non corretta, lo scarso movimento ed eventuali condizioni “stressanti” (il coniglio, in natura, è una preda e tende a spaventarsi molto facilmente) possono favorire la comparsa di patologie gastrointestinali. Le più frequenti sono il rallentamento o blocco della peristalsi gastrointestinale e le enteriti (diarrea).

Il rallentamento o blocco gastrointestinale si può manifestare in forma acuta o subacuta. Nella forma acuta, generalmente, il coniglio smette di mangiare, può essere meteorico (avere la pancia gonfia di gas), tende a stare fermo in posizione antalgica, cioè in posizione a “sfinge” con la schiena incurvata, e generalmente smette anche di defecare.

Talvolta può anche verificarsi una morte improvvisa. Nelle forme subacute l’animale diminuisce gradualmente l’assunzione di ci-

bo, tende a muoversi di meno e la defecazione è diminuita con feci più piccole e in minore quantità. Se la situazione non viene risolta, può evolvere in un blocco gastrointestinale grave con possibile morte del soggetto. La diarrea, che generalmente compare in forma acuta, può essere conseguenza di un’alimentazione non adeguata o di parassitosi intestinali (i coccidi sono i parassiti più comuni).

Da cosa dipendono, invece, le malattie respiratorie?

Il coniglio è un animale che può respirare unicamente attraverso il naso: non può utilizzare anche la bocca come possono invece fare il cane o il gatto. È evidente quindi come qualsiasi a ezione delle cavità nasali possa generare gravi disturbi: sbalzi di temperatura, ambiente molto polveroso, utilizzo di una lettiera non adeguata (come la sabbia per gatti) nella gabbia o una scarsa igiene della gabbia stessa (che può determinare una produzione di gas ammoniacali dai residui di urine) possono favorire le patologie respiratorie. Queste sono solitamente sostenute da batteri come Pastorella spp. o Bordetella bronchiseptica e tendono spesso a cronicizzare favorendo la formazione di un muco denso nelle cavità nasali che il coniglio non rie-

sce a espellere. Ciò impedisce una normale respirazione e forti stress o manipolazioni non adeguate possono anche portare l’animale a morte improvvisa.

E quelle dentarie?

Le patologie dentarie vengono distinte in patologie congenite e acquisite. Quelle congenite sono molto frequenti nei conigli di razza “Ariete”, mentre quelle acquisite sono generalmente correlate a un’alimentazione non adeguata o a traumi. I denti dei conigli sono caratterizzati da una crescita continua per tutta la vita dell’animale. Se da un lato ciò favorisce la ricrescita di quei denti eventualmente rotti a seguito di un trauma (conigli che cascando si traumatizzano il muso, che mordono le sbarre della gabbia per attirare attenzione etc.), d’altra parte favorisce anche la crescita di punte dentarie “mal orientate”, verso la lingua o le guance, che possono provocare ferite nella bocca e portano l’animale a sospendere l’alimentazione per via del dolore. In questi casi solitamente i conigli sospendono l’assunzione del fieno, prediligendo verdure e mangime (che devono masticare meno), presentano scolo di saliva dalla bocca, le feci diventano più piccole e “asciutte” fino alla completa perdita dell’appetito.

52 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2023
RUBRICHE ANIMALI

Veniamo, infine, alle patologie genito-urinarie. Quali sono e come si riconoscono?

Le patologie genito-urinarie più frequenti sono rappresentate dall’urolitiasi (calcoli a carico di reni e/o vescica) e dal carcinoma uterino. Il coniglio elimina il calcio contenuto negli alimenti solo ed esclusivamente attraverso le vie urinarie. L’eccesso di calcio nella dieta (broccoli, cavoli, coste, tarassaco, erbe aromatiche ne sono molto ricchi) ed eventuali infezioni delle vie urinarie possono favorire la formazione di calcoli. In questo caso, generalmente il coniglio presenta di coltà nell’urinare, si imbratta di urina la regione perineale e può presentare tracce di sangue nelle urine. Il carcinoma uterino,

invece, è il tumore più frequente in questa specie. Una significativa percentuale delle femmine che non vengono sterilizzate presenta il rischio di sviluppo di questo tumore dopo i tre anni d’età e ciò diminuisce ovviamente tantissimo la loro aspettativa di vita. Purtroppo i sintomi compaiono solitamente quando il tumore ha già dato origine a metastasi a carico di altri organi: si possono osservare di coltà respiratorie (dispnea), presenza di sangue nelle urine (che può derivare dalla vescica, dai reni o dall’utero), riduzione dell’appetito e depressione. La prognosi in questi casi è solitamente infausta a breve termine. La sterilizzazione precoce, entro l’anno di età, è la migliore prevenzione.

Che consigli possiamo dare per prevenire tutte queste malattie? Da quanto detto si può comprendere come la maggior parte delle patologie del coniglio tenuto come “pet” sia conseguenza di una gestione non corretta da parte del proprietario e di come la maggior parte di esse sia evitabile attraverso un’adeguata prevenzione e visite periodiche e regolari da un Medico Veterinario che abbia specifica preparazione e competenza su questa specie.

Di usion Whole Body Un esame innovativo per studiare tutto il corpo in una sola seduta

È una tecnica diagnostica innovativa di ultima generazione. Una versione evoluta di risonanza magnetica che consente di studiare l’intero corpo, senza radiazioni ionizzanti e senza mezzo di contrasto, in una sola seduta e individuare lesioni tumorali anche molto piccole. È la Di usion Whole Body (letteralmente “corpo intero”). Ne parliamo con la dottoressa Roberta Meroni, radiologa.

Dottoressa Meroni, che cos’è la Di usion Whole Body?

È un esame strumentale diagnostico, e ettuabile in regime privato, che consiste in una risonanza magnetica di ultimissima generazione che si rivela molto utile per la dia-

gnosi precoce dei tumori: è infatti in grado di individuare la presenza di lesioni anche millimetriche e consente, quindi, di intervenire in tempi anticipati rispetto allo sviluppo della malattia.

In quali casi può essere indicata? Innanzitutto è importante sottolineare che la Di usion Whole Body non deve essere intesa come sostitutiva dei classici screening come mammografia, pap-test, PSA, ricerca del sangue occulto nelle feci o di quelli specifici per singoli organi, come la gastroscopia o la colonscopia. Deve essere utilizzata come esame che va a completare l’analisi diagnostica coinvolgendo tutti gli organi, in particolare quelli

definiti “orfani”, per i quali non è previsto alcun esame specifico di

DOTT.SSA ROBERTA MERONI Radiologa dell’Unità Operativa di Radiologia e Diagnostica per Immagini

Humanitas Gavazzeni Bergamo

54 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2023
A CURA DI MARIA CASTELLANO

diagnosi precoce o che sarebbero comunque di cilmente esplorabili con un’ecografia, magari anche solo perché, per fare un esempio, il paziente ha un addome globoso, cioè con eccesso di adipe. Si tratta, quindi, di una particolare risonanza magnetica che può essere di completamento all’interno di un check-up, a ancata agli esami tradizionali come la gastroscopia, la colonscopia, la mammografia, il pap-test e altri.

Come si svolge l’esame?

È un esame semplice da eseguire, non comporta rischi particolari o disagi fisici e dolori per il paziente. Si svolge come una risonanza

magnetica che interessa l’intero corpo, dal vertice a metà cosce, compresa la porzione prossimale degli arti superiori. Il paziente, mentre è sdraiato su un lettino che scorre avanti e indietro all’interno del corpo macchina, è in costante contatto audio e visivo con il personale tecnico.

Ha controindicazioni?

Non può essere eseguita su pazienti portatori di pacemaker. Per il resto si tratta di un esame sicuro che non ha controindicazioni poiché la sua esecuzione non richiede l’utilizzo di radiazioni ionizzanti o di liquidi di contrasto. La Di usion Whole Body può quindi essere

e ettuata più volte senza avere alcuna ripercussione, motivo per il quale è considerata ideale per tenere sotto controllo la malattia, specialmente per quei pazienti in cui è molto importante monitorare gli sviluppi della malattia.

Quanto dura?

Circa 40-45 minuti. Finito l’esame il paziente può tornare a svolgere le sue attività quotidiane senza alcuna limitazione.

È necessaria qualche preparazione particolare?

Bisogna osservare il digiuno nelle cinque ore precedenti all’esecuzione dell’esame.

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RUBRICHE ALTRE TERAPIE

Il potere benefico della risata

Secondo la psicologa statunitense Virginia Satir “La vita non è ciò che dovrebbe essere. È quello che è. Il modo di a rontarla è ciò che fa la di erenza”. E perché non a rontarla con il sorriso? È quanto si propone lo Yoga della Risata, che combina esercizi di risate con la respirazione yogica per favorire il benessere fisico, mentale, sociale e spirituale. Approfondiamo le principali caratteristiche di questa tecnica con l’aiuto di Cristiana Mazza, Teacher certificata presso la Laughter Yoga University (India) da 7 anni e Ambassador di Yoga della Risata.

Forse la domanda sembrerà banale, ma perché ridere fa bene?

Oltre a favorire lo sviluppo di un atteggiamento mentale più positivo, la risata autoindotta, praticata con impegno e intenzione, porta più ossigeno al corpo e al cervello, facendoci sentire pieni di salute e di energia. Inoltre aumenta la circolazione sanguigna riducendo

la pressione arteriosa e rinforza il sistema immunitario. L’espirazione prolungata e il respiro profondo attraverso il diaframma aiutano a ripulire i polmoni dall’aria stagnante e trasformano la risata in un ottimo esercizio cardio, paragonabile a una qualsiasi attività aerobica. Molte persone che praticano lo Yoga della Risata a ermano di aver trovato grandi benefici nella maggior parte dei disturbi riconducibili a stress, depressione, ipertensione e rigidità muscolare.

Che caratteristiche deve avere la risata per produrre tutti questi benefici?

Poiché la risata naturale dura 3-4 secondi, un tempo non su ciente per indurre cambiamenti fisiologici e psicologici, è importante come prima cosa che la risata sia sostenuta: si deve ridere per almeno 10-12 minuti e deve trattarsi di una risata fragorosa. Perché sia salutare, la risata deve essere anche profonda, diaframmatica, una risata “di pancia”. Alle persone più timide ricordo

che esistono dei Club della Risata dove è possibile ridere in modo sostenuto in un ambiente protetto, senza pericolo di disturbare gli altri.

LO YOGA DELL A RISATA

È stato ideato dal Dott. Madan Kataria, con l’aiuto della moglie, Madhuri Kataria, insegnante di yoga, in un parco pubblico di Mumbai (India) nel 1995. Il primo gruppo includeva solo cinque persone: ora si contano migliaia di Club della Risata sparsi in tutto il mondo (in Italia ce ne sono più di 400).

Oltre che nei Club, lo Yoga della Risata viene praticato anche nelle case di riposo per anziani, nelle aziende, nelle scuole, nelle università, negli istituti per i disabili e nei penitenziari.

56 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2023
∞ A CURA DI SARA CARRARA

Infine, la risata deve essere incondizionata: si ride per il semplice motivo che si è deciso di farlo.

Che cosa succede in una sessione di Yoga della Risata?

Premettendo che le sessioni variano in funzione del gruppo e dei suoi obiettivi, generalmente si inizia mettendo in pratica vari esercizi che inducono alla risata: battere le mani e cantare il mantra della felicità HOHOHAHA, in modo da ridurre la timidezza e le inibizioni. Ci si muove nello spazio con una musica allegra in sottofondo, mantenendo il contatto visivo con gli altri partecipanti per innescare sentimenti di gioia e felicità e per costruire un’energia positiva. Poi il conduttore (Teacher o Leader) propone alcuni delle centinaia di piccoli esercizi ludici che aiutano a coltivare in noi la giocosità del bambino: dopo ogni esercizio solitamente si esclama “molto bene, molto bene yay” per mantenere alto il livello di energia e l’entusiasmo. Ogni 2-3 esercizi si esegue

una respirazione profonda e, come ultima fase, si propone un rilassamento guidato o visualizzazione per permettere al partecipante di riequilibrare l’energia sprigionata durante la sessione.

Mentre si eseguono gli esercizi di Yoga della Risata e ci si sforza di ridere seguendo una dinamica di gruppo, la risata diventa spontanea e naturale: questo stato è la “meditazione della risata”. La risata diventa più pura e un’esperienza catartica che apre gli stati della mente subconscia. Si compie uno sforzo consapevole per distaccarsi completamente, a livello mentale ed emotivo, dalle proprie sensazioni, dal processo del pensiero e da tutto ciò che ci accade intorno. Non si pratica più la risata, si diventa la risata.

È importante praticare lo Yoga della Risata in gruppo?

Assolutamente sì perché essere in gruppo aiuta a praticarlo con più facilità. Inoltre frequentare un gruppo di persone motivate a rendere

la loro vita gioiosa, nonostante le avversità, ci aiuta a trovare spunti utili per vivere gli accadimenti guardandoli con una prospettiva diversa. Perché sia e cace la risata dovrebbe essere praticata tutti i giorni, anche da soli, come fare un esercizio fisico. Più ci alleniamo e più la risata diventa fragorosa, con benefici sempre più evidenti. Possiamo scegliere noi la modalità che più ci appartiene.

La pratica giornaliera, anche solo per pochi minuti, aiuta la risata a diventare un’abitudine felice. Il mio mantra è HOHOHAHA sempre e comunque!

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CRISTIANA MAZZA Teacher e Ambassador di Yoga della Risata Joy Club Bergamo

Dormire meglio Gli integratori per il sonno in farmacia

È capitato a tutti, almeno una volta nella vita, di passare una notte insonne. Certo, se capita saltuariamente non è la fine del mondo. Tuttavia può diventare un serio problema per la nostra salute nel caso in cui non si tratti di un episodio isolato, ma di uno stato persistente, l’insonnia. «L’insonnia è una condizione di insoddisfazione relativa alla quantità e qualità del sonno, caratterizzata dalla di coltà sia nell’iniziare il sonno sia nel mantenerlo» osserva il dottor Luca Giacherio, farmacista. «Diventa un problema clinico se questa situazione si ripete per tre o più notti a settimana nell’arco di più mesi, compromettendo anche le attività giornaliere. Un sonno di buona qualità è importante, infatti, non solo per riposare il corpo, ma anche per consolidare la nostra memoria, mantenere i livelli ormonali del ritmo sonno-veglia nella norma e un metabolismo attivo. Pertanto, un

problema di insonnia cronica è associato molto spesso ad altre patologie croniche, anche non psichiatriche, come diabete o ridotta tolleranza al glucosio, ipertensione, obesità in adulti e bambini oltre che a deficit cognitivi, abuso di alcol, ansia o depressione. L’insonnia non va quindi sottovalutata. E, se non si tratta di un problema sporadico, è bene parlarne col proprio medico».

Ma quale può essere quindi il primo passo per risolvere eventuali disturbi del sonno, più o meno gravi?

La soluzione più e cace è anche la più semplice e riguarda il proprio stile di vita. Infatti, se si è arrivati a so rire d’insonnia è principalmente a causa di uno stile di vita errato. Quindi il modo principale per evitare l’insorgenza dei disturbi del sonno è quello di individuarne il motivo scatenante all’interno della

nostra quotidianità, ed eliminarlo. Ansia e stress rappresentano le cause principali di insonnia, pertanto saper regolare i propri ritmi di vita prendendosi dei momenti di relax, di distensione, di sana attività fisica e di svago aiuta il benessere del sonno meglio di ogni altra cosa. È altresì importante mantenere una certa regolarità nei ritmi sonno-veglia: andare a dormire e svegliarsi sempre alla stessa ora è una condizione necessaria che viene richiesta dal nostro organismo per non alterarne i ritmi circadiani. Inoltre è fondamentale mantenere un’alimentazione corretta, in cui il consumo di alcol, ca eina e altri eccitanti sia ridotto al minimo, o del tutto assente.

Esistono però

periodi della nostra vita in cui, a causa di particolari situazioni lavorative, familiari o di altre preoccupazioni, è di cile

58 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2023
DAL TERRITORIO FARMACIE

mantenere lo stile di vita sano che vorremmo e dovremmo mantenere…

In questi casi, un valido aiuto può arrivare da diverse tipologie di integratori disponibili in farmacia, la cui formulazione è studiata nello specifico per aiutare a migliorare la qualità del sonno. Dispensati sotto il consiglio del farmacista, figura che può rappresentare un primo punto di riferimento tra la comunità e il sistema sanitario, è bene sottolineare che non sono farmaci, la cui prescrizione deve essere valutata dal medico per curare i disturbi del sonno più gravi, soprattutto se di natura patologica.

Ma cosa deve contenere un buon integratore per il sonno?

Naturalmente non esiste un’unica composizione adatta per tutti coloro che accusano problemi nel dormire. Ci sono però alcune sostanze che vengono generalmente impiegate più di altre proprio per i loro e etti peculiari.

Vediamo le principali.

> Melatonina.

Fisiologicamente prodotta all’interno del nostro organismo dalla ghiandola pineale (ma presente in natura anche in altri animali, piante e microrganismi), ha la funzione di regolare i ritmi circadiani e quindi anche di “suggerire” al nostro organismo quando è ora di dormire. Per le sue

caratteristiche, è molto usata anche per regolare il ciclo sonno-veglia quando si hanno problemi di jet-lag dovuti al cambiamento di fuso orario nel corso di viaggi intercontinentali.

> Gri onia simplicifolia. I semi contenuti nei baccelli di questa pianta, comunemente nota come “fagiolo africano”, contengono 5-idrossitriptofano (5-HTP), precursore della serotonina e della melatonina, in cui il 5-HTP viene in ultimo convertito all’interno dell’epifisi a seconda dell’esposizione al buio.

> Vitamina B6.

Nota anche come piridossina, è risultata e cace nel potenziare la sintesi di melatonina, tanto che deficit di vitamina B6 si ripercuotono inevitabilmente sui livelli plasmatici di questo ormone.

> Valeriana o cinalis Pianta utilizzata per le sue proprietà calmanti, è in grado soprattutto di ridurre il tempo d’addormentamento e migliora la qualità del sonno.

Altri estratti derivanti da passiflora, melissa, camomilla, lavanda, biancospino, escolzia, luppolo, tiglio e altre piante sono dotati di proprietà sedative, distensive e antispastiche e quindi utili per allontanare lo stress mentale e favorire il sonno e l’addormentamento.

Marzo/Aprile 2023 | Bergamo Salute | 59
DOTT. LUCA GIACHERIO Farmacista Farmacia Giacherio, Ranica (Bg)

Nasce STORICITY, storie di turismo accessibile

Un progetto di turismo innovativo e accessibile che consente alle persone con particolari esigenze di trascorrere una vacanza senza ostacoli, con dignità e secondo la propria autonomia. È Storicity, ideato e realizzato da Bergamo Lavoro SCS, Associazione Nazionale Mutilati Invalidi Civili (ANMIC) e Unione Invalidi Civili Bergamaschi (U.I.Ci.Be.) con l’obiettivo di o rire una nuova proposta turistica formando e o rendo occasioni occupazionali alle persone con fragilità. In particolare, sono stati predisposti due pacchetti turistici, in Città Alta e Val Taleggio, che o rono diversi percorsi di visita accessibili e adattati alle varie esigenze dei visitatori, progettati da Nicola Eynard, architetto specializzato in accessibilità e guida turistica, con i quali sarà possibile accedere al patrimonio culturale, naturalistico e gastronomico di questi celebri luoghi. Verranno messi a disposizione anche otto appartamenti ristrutturati in modo da essere accessibili a tutti. Durante l’accoglienza negli appartamenti e i percorsi di visita della città saranno presenti figure di supporto, i “facilitatori turistici”, che consentono al turista di essere sempre supportato in ogni sua esigenza. Infine, il progetto prevede la formazione di nove persone con fragilità con la finalità di acquisire competenze turistiche per diventare storiguy. Per maggiori informazioni: https://storicity.it/.

Accademia Carrara e Fondazione AIRC insieme per la ricerca

In linea con uno dei temi guida di Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura, La cultura come cura, Accademia Carrara rinnova la collaborazione con Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro con un’iniziativa speciale. Fino a gennaio 2024, il museo devolverà l’1% del ricavato della vendita dei biglietti dei progetti espositivi ad AIRC, a partire dalla mostra Cecco del Caravaggio. L’Allievo Modello, in corso fino al 4 giugno 2023, per ogni tipologia di pubblico (adulti/bambini/ altre categorie), con l’obiettivo di sostenere la ricerca per la prevenzione, la diagnosi e la cura del cancro. «La cultura è conoscenza e per la Carrara sostenere la costante ricerca di Fondazione AIRC è chiudere il cerchio che dai capolavori dell’arte porta alla scienza. Cultura è anche sensibilità, attenzione e cura, ecco che l’idea di visitare un museo e sapere di destinare, in questo modo, una parte del proprio biglietto alla ricerca scientifica è un gesto di responsabilità che ogni visitatore può sentire suo» dice Gianpietro Bonaldi, General Manager Accademia Carrara.

NEWS
DAL TERRITORIO NEWS

È stato uno dei film più intensi dell’ultimo Festival di Berlino e ora, dal 23 marzo, è arrivato anche nelle sale cinematografiche. È “Le mura di Bergamo”, documentario di Stefano Savona distribuito da Fandango. Il film ci riporta nell’incubo che Bergamo ha vissuto nel marzo del 2020: la pandemia che

ha flagellato il mondo intero accanendosi, nella sua prima ondata in particolare, sulla città di Bergamo in modo drammatico. Un racconto potente e commovente che ripercorre le strade deserte, il terrore che giorno dopo giorno ci ha isolato e allontanato dagli altri, le famiglie separate, le indi-

menticabili file di bare fuori dagli ospedali e dal Cimitero cittadino, i lutti personali e collettivi vissuti dai bergamaschi. Tutto attraverso immagini e racconti di medici, infermieri e persone comuni. Un film per non dimenticare e per riflettere.

Le mura di Bergamo: un documentario per non dimenticare ANNI TOP LINE sas Via L. da Vinci 7 24020 Torre Boldone (BG) Tel. 035 655 485 035 246 461 www.top ex101.com www.toplineplanet.com TOP FLEX 101 topline_italia TOPLINE top ex101 STATI INFIAMMATORI? DOLORI MUSCOLARI? GAMBE PESANTI? L’ORIGINALE DAL 1993 THEORIGINAL ALOEVERA METILSALICILATO EUCALIPTO MENTOLONATURALE

Amici del Moyamoya Onlus

Una “famiglia” per chi è a etto dalla malattia di Moyamoya

Nata nel 2011 per aiutare la neomamma Monica, l’associazione Amici del Moyamoya

Onlus in questi anni ha o erto, e continua a o rire, supporto e assistenza a pazienti che arrivano da tutta Italia e anche dall’estero per curarsi al Papa Giovanni XXIII, centro di riferimento per il trattamento della malattia di Moyamoya, rara patologia caratterizzata dalla progressiva occlusione delle arterie più importanti che portano sangue al cervello. «Nel tempo siamo diventati l’unico riferimento in Italia per questa malattia. Abbiamo aiutato decine di pazienti e i loro famigliari che devono restare nella nostra città per periodi abbastanza lunghi, per sottoporsi a visite mediche, interventi chirurgici, riabilitazione e controlli periodici, in collaborazio -

ne con l’equipe medica guidata dal dottor Luigi Andrea Lanterna dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, il neurochirurgo con la più alta casistica di interventi su pazienti a etti da Moyamoya» spiega Giusi Rossi, presidente dell’associazione.

Ci racconta come è nata la vostra associazione?

La nostra associazione è nata a febbraio del 2011 a seguito della necessità di aiutare Monica Rossi, che nell’agosto del 2006, all’età di 40 anni, mentre era incinta di quattro mesi, è stata colpita da un’emorragia cerebrale. Costretta a rinunciare alle cure farmacologiche e ad analisi invasive per proteggere il feto, Monica è riuscita a portare comunque a termine con

successo la gravidanza e a dare alla luce Jacopo, ma il danno neurologico subito per via dell’emorragia cerebrale - determinata dalla malattia di Moyamoya come emerso dagli esami e ettuati dopo il parto - le ha causato un’emiplagia sinistra e deficit motori, cognitivi, comportamentali e frequenti crisi epilettiche. Da allora Monica ha necessità di molti interventi e di assistenza domiciliare continua alla quale provvedono principalmente i famigliari. La situazione però diventa sempre più di cile perché, a causa dello stress psicofisico, al marito Arturo nel 2018 viene un infarto che per fortuna riesce a superare. I costi per l’assistenza e l’impegno necessario alle cure di Monica aumentano continuamente e diventano insostenibili.

62 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2023 DAL TERRITORIO TERZO SETTORE
È
∞ A CURA DI SARA CARRARA

allora che, dalla vulcanica mente di sua sorella Giusi, nasce l’idea di creare insieme al fratello Ivan e a un gruppo di amici, un’associazione di volontariato che riesca, attraverso l’organizzazione di eventi e iniziative sociali, a raccogliere fondi e persone disponibili a dare un aiuto alla causa. L’iniziativa trova subito un grande riscontro tra le persone vicine alla famiglia e nel giro di poco tempo il numero degli amici che si accostano all’associazione è altissimo. Oggi contiamo circa 250 associati.

Che tipo di assistenza o rite ai pazienti?

La nostra associazione si occupa di fornire assistenza e supporto logistico ed economico ai pazienti che so rono di questa rara malattia. Inoltre, i pazienti e i loro famigliari vengono ospitati gratuitamente presso la nostra struttura “Casa di Monica” che si trova a soli 400 metri dall’ospedale di Bergamo. Inaugurata nel 2017, questa struttura, composta da un monolocale e un bilocale completamente arredati, è il risultato del lavoro e della collaborazione dei nostri numerosi volontari e di generosi finanziatori, che hanno creduto nella nostra associazione.

Che tipo di iniziative di raccolta fondi organizzate?

Nel corso degli anni sono stati organizzati tantissimi eventi e tra i più importanti ci sono:

> cena associativa annuale con la presenza di 300-400 amici;

> Moyamoya Music Festival giunto alla sua VII edizione, in cui per 10 serate proponiamo musica dal vivo e tanti eventi di contorno, accompagnati dal nostro servizio di bar, ristorante e pizzeria;

> mercatini di Natale nel centro storico di Scanzo.

Quali sono i vostri prossimi progetti?

Abbiamo due progetti molti importanti da portare avanti nei prossimi mesi e che ci richiederanno numerosi sforzi sia dal punto di vista economico sia organizzativo. Il primo è l’acquisto e la ristruttu-

Amici del Moyamoya Onlus

Scanzorosciate (Bg)

razione di un altro appartamento che abbiamo già individuato nelle immediate vicinanze di “Casa di Monica”. Il secondo, in programma per novembre 2023, è un convegno internazionale sullo stroke, che è una delle conseguenze più gravi e frequenti della patologia di Moyamoya, organizzato dal dottor Luigi Andrea Lanterna. Sarà un evento importante, al quale parteciperanno medici provenienti da ogni parte del mondo e dal quale speriamo di ottenere sensibili passi avanti per quanto riguarda la conoscenza e il trattamento della malattia di Moyamoya.

Via F.M. Colleoni, 15 - Segreteria: 393 903 3604 www.amicidelmoyamoya.org info@amicidelmoyamoya.org

IBAN: IT 21 C 08940 53940 000000170099

Codice Fiscale (valido per il 5 per mille): 95188220164

CHIAMA E PRENOTA

0345.23441

ORARI DI APERTURA

lunedì: 14 - 18

martedì: 9 - 12 / 14 - 18

mercoledì: 9 - 12 / 14 - 18

giovedì: 10 - 12 / 14 - 18

venerdì: 10 - 13

Dott. ssa

Chiara Cortiana

Biologa Nutrizionista

STILI DI VITA SANI

Direzione Sanitaria: Dott. Domenico Giupponi

Il Luogo di Cura In Cammino di San Pellegrino Terme è composto da un’equipe pluriprofessionale di medici che da anni operano in vari ambiti e in sinergia tra loro per darvi specialistiche di qualità e su misura per i vostri bisogni.

In equipe opera la Dott.ssa Chiara Cortiana, biologa nutrizionista che si occupa di educazione alimentare in diversi momenti della vita (come infanzia, gravidanza, allattamento, menopausa, terza età) e in stati fisiologici o patologici, preventivamente diagnosticati dal medico chirurgo.

La dottoressa elabora piani nutrizionali basandosi su un’accurata anamnesi, rilevando i principali parametri antropometrici (peso, altezza e circonferenze) ed effettuando un esame bio impedenziometrico, atto a valutare la composizione corporea (massa magra, massa grassa, grasso viscerale).

Consulta il nostro sito per conoscere tutti i nostri medici e le nostre prestazioni.

COOPERATIVA SOCIALE nCammino I
San Pellegrino Terme (BG) in via De’ Medici, 13
LUOGO DI CURA IN CAMMINO
www.coopincammino.it

A.R.M.R.

Fondazione Ricerca Malattie Rare

INSIEME CONTRO

LE MALATTIE RARE

Le Malattie Rare sono un ampio gruppo di patologie (circa 7.000 secondo l’OMS), accomunate dalla bassa prevalenza nella popolazione (inferiore a cinque persone per 10.000 abitanti secondo i criteri adottati dall’Unione Europea). Con base genetica per l’80-90%, possono interessare tutti gli organi e apparati dell’organismo umano.

MALATTIA DI FARBER

Codice di Esenzione. RC0100

Categoria. Malattie delle ghiandole endocrine, della nutrizione, del metabolismo e disturbi immunitari.

Sinonimi. Deficit di Ceramidasi. Deficit di ceramidasi. Lipogranulomatosi di Farber

Definizione. Rara malattia da accumulo lisosomiale dovuta al deficit di ceramidasi lisosomiale.

Epidemiologia. La precisa incidenza della patologia è tuttora sconosciuta. Maschi e femmine sono a etti in eguale misura.

APRILE

Banchetto solidale “Sorriso per la Ricerca”

2 Aprile Largo Belotti Bergamo

23 Aprile Piazza Mascheroni Bergamo

SABATO 1 APRILE

Cena solidale di PrimaveraDelegazione A.R.M.R. Valcalepio Ristorante “Il Platano da Gira”.

Prenotazioni al 335 5319675

MARTEDÌ 18 APRILE

Cena all’Istituto Guido Galli - Vittorio Cerea Accademy

Via M. Gavazzeni 37 Bergamo.

Prenotazioni al 351 7379867

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Segni e sintomi. Caratteristica clinica è la triade di tumefazioni dolorose articolari, noduli sottocutanei a distribuzione prevalentemente in corrispondenza delle articolazioni colpite e pianto rauco per interessamento laringeo. Nelle forme severe i sintomi compaiono nei primi quattro mesi di vita con tumefazione articolare, ipersensibilità cutanea, flessione delle dita e pianto rauco. Disturbi della deglutizione, della respirazione, iperpiressia possono associarsi al quadro clinico. Possono essere infine coinvolti cuore (noduli intorno alle valvole cardiache), polmoni, sistema linfoghiandolare, sistema nervoso e occhi. L’exitus avviene generalmente nei primi anni di vita. Sono infine descritti casi con epatosplenomegalia a esordio neonatale ed exitus tra i sei e i dieci mesi di vita, e casi con progressivo deterioramento del sistema nervoso centrale a decorso più lento in cui può essere assente la classica triade sintomatica.

Eziologia. La patologia riconosce un’eziologia genetica e una modalità di trasmissione autosomica recessiva.

Test diagnostici. L’accumulo di ceramide si ritrova nei diversi tessuti. La diagnosi clinica può essere confermata con il dosaggio dell’attività enzimatica della ceramidasi lisosomiale nei leucociti e nei fibroblasti in coltura.

Diagnosi di erenziale. La patologia entra in diagnosi di erenziale con l’artrite reumatoide giovanile..

Terapia. Non esiste alcuna terapia possibile.

Marzo/Aprile 2023 | Bergamo Salute | 65
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Incontri con i sostenitori e gli amici di A.R.M.R.
Dottor

Papà salva il figlio donandogli un polmone

È tornato a respirare grazie al polmone donato dal padre. E ora, a poco più di un mese dal trapianto, è uscito dall’ospedale e può cominciare una nuova vita, una vita normale come i suoi coetanei. È davvero una storia straordinaria quella di Mario (nome di fantasia), 5 anni, e di papà Anduel, 34 anni. Non solo perché a dare la nuova vita al piccolo, a etto da una malattia che gli aveva danneggiato gravemente i polmoni, è stato chi gliela aveva già data la prima volta, il papà, ma anche perché si tratta del primo trapianto di polmone in Italia da donatore vivente. «Quando i medici mi hanno chiesto se fossi d’accordo a dare uno dei miei polmoni a mio figlio, ho risposto subito: sono pronto. È stato il giorno più importante della mia vita perché avrei potuto salvare mio figlio. Ora dopo il trapianto gioca, potrà andare a scuola e avere una vita come tutti gli altri: non ci sono parole per l’emozione che sto provando» ha raccontato alla stampa Anduel al momento della dimissione dall’Ospedale Papa Giovanni XXIII, dove il piccolo è stato operato il 17 gennaio.

Il calvario della famiglia di Mario inizia nel 2019 quando papà Anduel e la moglie Ornella, trasferitisi dall’Albania in Italia da un anno, portano il figlio all’ospedale Meyer di Firenze. Da giorni non si sente bene, ha una febbre alta che non accenna a diminuire. Dopo gli esami, arriva la diagnosi: talassemia o anemia mediterranea, una malattia del sangue che in genere richiede trasfusioni di sangue. E così per due anni il bambino viene sottoposto a trasfusioni di sangue periodiche. Ad un certo punto però questa terapia non basta più. È necessario un trapianto di midollo. L’intervento riesce, ma la donazione del midollo dal padre, con conseguente “trasferimento” del sistema immunitario del genitore al figlio, genera la cosiddetta malattia da trapianto contro l’ospite, una grave complicanza per cui le cellule trapiantate provenienti dal donatore “attaccano” gli organi e i tessuti del ricevente, che il nuovo sistema immunitario non riesce a riconoscere come propri. Questa malattia, sommata all’e etto dei farmaci utilizzati per il trapianto, danneggia i polmoni del bambino al punto che stava perdendo

completamente la capacità di respirare in modo autonomo. Non gli restano speranze di sopravvivere, se non quella di un trapianto di polmoni. Gli specialisti dell’Ospedale Meyer, quindi, contattano il Papa Giovanni XXIII di Bergamo, centro di eccellenza a livello italiano in questo campo, per valutare ed eventualmente inserire il bambino in lista per il trapianto di polmone. Passano pochi mesi e la famiglia arriva a Bergamo. Il bimbo viene ricoverato nel reparto di Pediatria, diretto dal dottor Lorenzo D’Antiga. Le sue condizioni sono buone, ma per respirare ha bisogno continuativo di ossigeno ad alti flussi, cioè di un sistema di assistenza respiratoria non invasiva.

Nel frattempo, il team multidisciplinare dei trapianti pediatrici, dopo un’attenta valutazione del caso e su intuizione del dottor Michele Colledan, direttore del Dipartimento di insu cienza d’organo e trapianti e dell’Unità di Chirurgia generale 3 – trapianti addominali e professore di Chirurgia all’Università di Milano-Bicocca, concorda che l’opzione migliore sarebbe un trapianto con un organo donato dal

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DAL TERRITORIO TESTIMONIANZA
È il primo intervento in Italia
A CURA DI CL AUDIO GUALDI

padre, che ha già donato il midollo e quindi trasferito la sua immunità al figlio. In questo modo l’enorme vantaggio sarebbe stato quello di eliminare il rischio di rigetto. Nonostante al Papa Giovanni questa strategia fosse stata già adottata per il trapianto di fegato, nel caso del polmone tale intervento non era mai stato fatto in Italia e aveva pochissimi precedenti in Europa, a causa della grande di coltà tecnica e della rarità di tale situazione. Inoltre, rispetto alla donazione da deceduto, questo approccio avrebbe dato la possibilità di programmare l’intervento in poche settimane anziché aspettare la chiamata dalla lista d’attesa. Certo si tratta di un intervento delicato, ma, rassicurati dagli specialisti dell’ospedale e dalla loro grande esperienza nei trapianti, i genitori di Mario non attendono neanche

un istante: sono pronti a fare tutto il necessario pur di salvare la vita al figlio. E così iniziano subito gli esami preparatori, per papà e figlio, in vista del duplice intervento di prelievo e di trapianto.

Finalmente arriva il tanto atteso giorno dell’intervento, programmato in due sale chirurgiche adiacenti, che lavorano in parallelo. L’equipe di Colledan e ettua con successo il trapianto sul bambino, mentre il prelievo del lobo polmonare destro dal padre donatore viene eseguito da Alessandro Lucianetti, direttore della Chirurgia generale 1 - addominale toracica. Il bambino viene ricoverato per due settimane nella Terapia intensiva pediatrica e successivamente, per altre due settimane, nel reparto di Pediatria, diretto dal dottor Lorenzo D’Antiga, dove medici e infermieri si prendono cura di lui notte e gior-

In questa rubrica pubblichiamo la storia di una persona che ha superato un incidente, un trauma, una malattia e con il suo racconto può dare speranza agli altri.

Vuoi raccontare la tua storia su Bergamo Salute?

Scrivici su facebook o redazione@bgsalute.it!

no con amore. Dopo otto giorni dall’intervento ricomincia a respirare autonomamente, senza bisogno di ventilazione invasiva. Per Mario e la sua famiglia è la fine di un incubo: il loro bambino potrà avere una vita normale e felice, salvato dall’amore del suo papà e dalla professionalità dei medici bergamaschi.

La malattia mi ha aiutato a scoprire il vero significato della vita: le persone

Raccogliamo e vi proponiamo, con piacere, una toccante testimonianza scritta da una nostra lettrice sarda

A CURA DI ALESSANDRA PONTIS

Nel 2015 la mia vita sembrava perfetta: una buona prospettiva di carriera nel settore sanitario, come psicologa, un uomo che mi avrebbe sposata da lì a poco, una famiglia amorevole e una vita tranquilla. Ad agosto i primi sintomi di un disturbo neurologico che mi avrebbe portato, nel giro di pochissimo, a essere totalmente dipendente dagli altri e a girare di ospedale in ospedale, di specialista in specialista. Ho ricevuto di erenti diagnosi, tra le quali la Sindrome di di Guillain-Barré, ma anche la sindrome dell’uomo rigido o sti man syndrome, a causa della progressiva rigidità muscolare globale e di manifestazioni neuropatiche che mi hanno portato, giorno dopo giorno, ad avere di coltà a regolare la temperatura corporea, ipo e ipersensibilità agli stimoli sensoriali, fotofobia, disfagia e altri sintomi di natura neurologica. A causa di questa progressiva perdita della mia indipendenza e del dolore in-

sopportabile e cronico con il quale ho convissuto notte e giorno, ininterrottamente per quasi un anno, ho avuto dei momenti nei quali ho creduto di non farcela, con pensieri fortemente suicidi.

A novembre, accuso una crisi respiratoria grave che viene dapprima scambiata per “attacco di panico” ma che, solo grazie all’insistenza mia e del mio compagno, viene poi diagnosticata come embolia polmonare. Vengo ricoverata per questo problema, nonostante nel frattempo non avessi smesso di cercare la diagnosi per il mio disturbo invalidante. In quei mesi mi ha accompagnato non solo il dolore fisico (ho sviluppato tromboflebiti indicibili dalla quantità di infusioni e prelievi e ettuati, al punto da non potermi più nutrire autonomamente) ma quello emotivo, più profondo. Molte persone non sanno che, sebbene la malattia possa passare e renderci più forti, ciò che ci rende

vulnerabili sono le realtà che abbiamo potuto conoscere.

Nei reparti nei quali venivo di volta in volta ricoverata si era di usa l’informazione che fossi una psicologa e dunque mi sono ritrovata, nelle lunghe notti insonni, ad ascoltare le storie di infermiere esauste, di parenti che avevano appena perso chi amavano, di figlie che assistevano incessantemente i genitori. Sono stati quei momenti a farmi sentire ancora una Persona con una sua dignità.

Ho incontrato medici che hanno saputo ascoltare e hanno messo in dubbio tutto ciò che conoscevano per poter capire come farmi stare meglio, è questo quello che conta. In quei mesi ho capito che, a volte, viviamo con delle sicurezze, con delle convinzioni che, come un so o di vento, vengono ribaltate da tutto ciò che non si può controllare e che possiamo perdonarci per la nostra fragilità. Ho capito ancora

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DAL TERRITORIO TESTIMONIANZA

di più che se si so re, fisicamente, emotivamente, non è una buona scusa per prendersela con il mondo, ma è fondamentale amare il doppio, ridere il doppio e sperare ancora di più...e che quando questo ci sembra troppo è importante condividerlo, per poter dare la possibilità anche a chi non ha speranza di provarne almeno un po’.

Con il supporto della famiglia e dei medici, ho rallentato i miei ritmi e mi sono chiesta che cosa rendesse la vita degna di essere vissuta: sono le Persone. Le persone che ti salvano, le persone che ascoltano, le persone che sanno accettare anche le tue cadute. Per un so o io sono ancora qui e, sinceramente, non voglio perdermi questa seconda possibilità.

Da giugno 2016 ho ripreso piano piano la mia vita: il giorno in cui è

stato messo per iscritto che ero fuori pericolo da eventuali recidive trombotiche e i sintomi neurologici si sono a evoliti (anche se ancora oggi convivo con delle simpatiche parestesie) ho rimesso in discussione quella che per me è la felicità. Da quel giorno ho preso una strada quasi vitale: mi sono sempre occupata di disturbi dell’apprendimento, ma in seguito ho scelto di appoggiare la psicologia positiva per poter raccontare la mia storia e, soprattutto, poter raccontare delle cose belle che ci accadono tutti i giorni e della forza che ognuno di noi - insieme all’Altro - può creare. Dal 2016 sono Socia A liata della Società Italiana di Psicologia Positiva e parlo di ottimismo, resilienza, comunicazione positiva e cooperazione, sfatando i miti sulla felicità a tutti i costi e valorizzando la cultura dell’errore, dove l’unicità di ogni persona è riconosciuta e

valorizzata non per quello che fa o produce ma per quello che é Collaboro come Project Manager, autrice e responsabile scientifico per un’azienda che si occupa di formare e aggiornare professionisti sanitari in tutta Italia e questo mi permette di valorizzare ancora di più il loro ruolo nella comunicazione con i pazienti, perché credo che una relazione basata sulla fiducia possa essere una delle variabili centrali di tutto il percorso di cura, proprio come ho avuto modo di sperimentare in prima persona in quel di cile ma significativo periodo di malattia.

Nessun uomo è un’isola, scriveva John Donne, e di questo sono fortemente convinta: in una società sempre più individualista, sentirsi parte di un filo conduttore che unisce le storie di cili di ognuno potrebbe essere una salvezza.

IPB ISTITUTO POLISPECIALISTICO BERGAMASCO

- DIAGNOSTICA PER IMMAGINI

ECOGRAFIA

epato-bilio-pancreatica, internistica urologica, mammaria, muscolo scheletrica, tiroide e ghiandole endocrine

ECOCOLORDOPPLER

tronchi sovraortici, arterie e vene arti

superiori e inferiori e arterie renali /grossi vasi

doppler penieno dinamico

ECOCARDIOGRAFIA

ecocardio colordoppler grafia cardiaca

MOC (mineralometria ossea a raggi X)

RISONANZA MAGNETICA ARTICOLARE (con apparecchiatura dedicata)

articolazione: spalla, gomito, polso, coxo femorale (anca), ginocchio e caviglia

MAMMOGRAFIA

RADIOLOGIA TRADIZIONALE

radiografia scheletro

radiografia torace

- VISITE SPECIALISTICHE

chirurgia vascolare

dermatologia

diabetologia

endocrinologia

endocrinologia pediatrica

ginecologia ostetrica /urologica

medicina interna

neurochirurgia

oculistica

ortopedia

otorinolaringoiatria

pediatria

psicologia

psicoterapia /sessuologia

urologia

andrologia

- CARDIOLOGIA

visita specialistica eletrocardiogramma a riposo elettrocardiogramma dinamico sec. Holter monitoraggio continuo della pressione 24 h

- GERIATRIA

visite specialistiche valutazione multidimensionale finalizzata al riconoscimento dell’indennità di invalità, di accompagnamento e legge n° 104

| Bergamo Salute | 69
Resp. Sanitario dott.ssa Sara Oberti
VIA NAZIONALE, 89 CASAZZA (BG) - Per informazioni e prenotazioni tel. 035 810249 lun-ven: dalle 8:30 alle 12:30 e dalle 14:00 alle 18:30 - sabato: dalle 8:30 alle 12:00

AniCura Italia: inaugurata a Bergamo la nuova sede della AniCura

Clinica Veterinaria Orobica

È stata inaugurata il 16 marzo la nuova sede della AniCura Clinica Veterinaria Orobica, storica clinica bergamasca che si è trasferita in via Zanica 62, in locali completamente rinnovati e in una zona al centro di una riqualificazione territoriale. Ristrutturata in tempi record, la nuova struttura si sviluppa oggi su 4 piani per un totale di 1100 mq dedicati alla cura di tutti gli animali, grazie a 13 ambulatori predisposti per la visita, 3 sale operatorie, un TC scan e due sale radiografiche ed ecografiche.

APERTA 24 ORE SU 24, 365 GIORNI ALL’ANNO

La clinica, fondata nel 1990 dal dot-

tor Gino Pinotti e dal dottor Paolo Ferrari come Centro Veterinario Orobico, nel 2021 è stata acquisita da AniCura, gruppo di ospedali e cliniche veterinarie che conta in Italia 37 strutture che o rono un ventaglio completo di cure specialistiche e iper-specialistiche avanzate grazie a competenze e attrezzature all’avanguardia. Aperta 24 ore su 24 per 365 giorni l’anno, è anche un Pronto Soccorso Veterinario che può gestire emergenze di ogni genere e ricoveri sia a lungo termine sia in day-hospital. «La nostra Clinica Veterinaria si rivolge non solo ai proprietari di animali da compagnia e allevatori di Bergamo e provincia, ma rappresenta anche un polo di

riferimento per i veterinari che necessitino di consulenze specifiche in medicina interna, oncologia, cardiologia, chirurgia (ortopedica e dei tessuti molli), diagnostica per immagini (ecografia addominale, ecocardiografia, endoscopia, TC scan) e di laboratorio, dermatologia e problemi comportamentali» dice il dottor Pinotti, socio fondatore e Practice Manager della struttura. Oltre alle cure specialistiche, la Clinica si occupa delle più comuni ma fondamentali profilassi vaccinali e, grazie alla disponibilità di un laboratorio di analisi interno, è in grado di e ettuare anche esami ematici completi in giornata, esami citologici e dosaggi ormonali.

70 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2023
STRUTTURE ANICURA CLINICA VE TERINARIA OROBICA

UN TEAM

MULTISPECIALISTICO PER PRENDERSI CURA DI TUTTE LE SPECIE ANIMALI

Se lo scorso anno sono state e ettuate circa 40.000 prestazioni, con circa 10.000 pazienti in cura per una media di 30-40 visite giornaliere, grazie alle maggiori capacità di accoglienza della nuova sede sarà possibile incrementare questi numeri e o rire cure e servizi a sempre più animali da compagnia. « Al momento sono curati in maggioranza cani, gatti e conigli, ma uno degli obiettivi per il 2023 è rendere la Clinica un centro d’eccellenza anche per la cura degli animali esotici e non convenzionali, sempre più presenti nelle abitazioni degli italiani» continua Ferrari, Socio Fondatore e Direttore Sanitario. « AniCura si prefigge infatti di dare un contributo nello sviluppare una medicina veterinaria sempre più specialistica e all’avanguardia per tutti i pet. Ad oggi la struttura di Bergamo si avvale di un team composto da 20 medici veterinari e 10 figure tra tecnici e personale di accoglienza, uniti dalla passione per gli animali e il loro benessere. Con l’ampliamento della struttura ci sarà la possibilità di inserire nuove figure specialistiche, in particolare neurologi, anestesisti, veterinari di medicina interna, medici di pronto soccorso, specialisti in pet esotici; oltre che giovani talenti interessati a formarsi attraverso percorsi come

tirocini e internship, così da portare avanti la mission del Gruppo di dare forma al futuro della medicina veterinaria, insieme».

LA FORZA DEL NETWORK

AniCura è un gruppo di ospedali e cliniche veterinarie leader in Europa per la fornitura di cure di alta qualità per gli animali da compagnia. Nata nel 2011 nei Paesi Scandinavi come fusione di ospedali veterinari per piccoli animali, cura ogni anno milioni di animali da compagnia, è presente oggi in 14 Paesi europei con oltre 450 cliniche e 11.000 collaboratori. Presente in Italia dal 2018, conta su un network di 37 strutture e un team di circa 1200 collaboratori di cui più di 800 veterinari che comprendono oltre 40 diplomati al college Europeo. Entrando nel Gruppo, alle strutture

vengono garantiti autonomia decisionale nel trattamento dei propri pazienti e sviluppo strutturato dei servizi o erti, basato sui valori e principi AniCura: cooperazione tra colleghi e nella comunità, professionalità, trasparenza, empatia e promozione di ricerca e formazione continua. Le cure veterinarie erogate da AniCura, inoltre, sono pensate e sviluppate per essere sostenibili, con un impegno che si concretizza infatti in quattro aree specifiche: qualità clinica e uso consapevole degli antibiotici, cure preventive al fine di rilevare eventuali malattie in una fase precoce, investimento sulla formazione e riduzione dell’impatto ambientale attraverso metodi di pulizia più sostenibili e uso di energie rinnovabili. Dall’arrivo in Italia il network è cresciuto molto e guarda al 2023 e ai prossimi anni come cruciali per il consolidamento della rete, lo sviluppo delle competenze e l’ampliamento delle risorse di ciascuna struttura. Forti dei risultati ottenuti nel 2022, con un fatturato di 65 milioni in Italia, si prevede per quest’anno una crescita di oltre il 20%. Nel 2023 sono inoltre previsti investimenti per circa 7 milioni per trasferimenti di cliniche in location più grandi e moderne, come nel caso di Bergamo, e anche per la dotazione di attrezzature sempre più all’avanguardia

Marzo/Aprile 2023 | Bergamo Salute | 71 INFORMAZ I ONE PUBBL ICI TAR IA

Storia, esperienza e nuove tecnologie per una riabilitazione centrata sulla persona

Sono trascorsi quasi 100 anni di storia per l’Istituto Clinico Quarenghi, vissuti intensamente da tre generazioni, che hanno saputo coniugare tradizione, qualità e innovazione, sempre con l’obiettivo di o rire ai propri pazienti i trattamenti riabilitativi più all’avanguardia. Dalla sua fondazione, nel 1925, il suo percorso di sviluppo, sia strutturale sia tecnologico, non si è mai fermato. Dal 1966 si dedica principalmente alla Riabilitazione, declinata in ogni suo percorso di cura: neurologico, ortopedico, cardiologico e respiratorio. I pazienti provengono soprattutto da reparti ospedalieri medici e chirurgici e per il 10% sono inviati da altre Regioni. Integra l’o erta riabilitativa un reparto di 10 posti letto di Medicina Generale, che a ronta le patologie internistiche più di use.

Istituto Clinico Quarenghi dispone anche di un reparto interamente destinato alla degenza in regime privato, nonché ai ricoveri di sollievo, realizzato grazie a un ampliamento strutturale che nel 2018 ha consentito di aumentare la capacità ricettiva di nuovi 14 posti letto nell’ala storica dell’edificio, per un totale di 113. Il Reparto di Degenza in regime privato, a acciato sui giardini, è attiguo alle sale ristorante dove i pazienti possono pranzare insieme ai loro familiari.

Attualmente l’Istituto conta 180 professionisti e nell’ultimo anno si sono inserite nuove qualificate professionalità, come il dottor Guido Molinero, medico fisiatra, che vanta una lunga ed esemplare carriera in ambito riabilitativo e da qualche settimana collabora con l’Istituto.

«L’Organizzazione Mondiale della

Sanità (2017) definisce la Riabilitazione come “un insieme d’interventi concepiti per ottimizzare il funzionamento e ridurre la disabilità” in persone che presentano diverse “condizioni di salute”, riferibili a malattie acute o croniche, disordini, lesioni o traumi. Essa costituisce una strategia sanitaria fortemente centrata sulla persona: i trattamenti tengono conto sia della condizione di salute sia degli obiettivi e delle preferenze dei destinatari delle cure» spiega il dottor Molinero.

La Riabilitazione Neurologica è forse il cuore, oltre che l’ambito più sfidante, della complessa attività rieducativa portata innanzi dalla mission Quarenghi. « Si rivolge a tutte quelle persone colpite da malattia del sistema nervoso centrale (ictus, traumi cranio-encefalici, tumori del sistema nervoso cen-

72 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2023
STRUTTURE ISTITUTO CLINICO QUARENGHI

trale, malattie del nervo periferico, patologie degenerative come la sclerosi multipla o la sclerosi laterale amiotrofica) e si propone di restituire la migliore condizione fisica e psicologica, così come, al contempo, di infondere la fiducia e la capacità di ritrovare in se stessi nuove energie e benessere. Da qui discende la necessità di individuare un Progetto Riabilitativo individuale che abbia come obiettivi il massimo recupero possibile dell’autonomia individuale, soprattutto nelle attività di vita quotidiana, e il reinserimento familiare e sociale. È quindi una riabilitazione non “alla” persona ma “con” la persona» continua lo specialista.

L’approccio utilizzato dall’Istituto è multidisciplinare e multiprofessionale: si avvale di medici neurologi, fisiatri, internisti, cardiologi, pneumologi, psicologi e neuropsicologi oltre a figure tecniche come infermieri professionali esperti in riabilitazione, fisioterapisti, terapisti occupazionali, logopedisti, operatori sociosanitari, senza dimenticare i familiari del paziente, che vengono coinvolti sin dai primi giorni di degenza.

«Nell’ambito della Riabilitazione Neurologica il recupero dell’integrità anche cognitiva, ove compromessa, rappresenta una fase molto importante del Progetto Riabilitativo» sottolinea il fisiatra. «Le funzioni cognitive costituiscono l’insieme dei meccanismi di controllo del

nostro cervello e sono rappresentate dai processi di pianificazione, organizzazione, avvio, capacità di risolvere problemi e correggere gli errori, orientamento spazio-temporale, attenzione, memoria. Sono fondamentali per la sopravvivenza e la vita sociale di relazione. Basti pensare che ben il 75% delle persone che sopravvivono a un ictus lamenta disfunzioni esecutive, perdendo inevitabilmente la propria autonomia nella gestione delle attività di vita quotidiana. Se ne deduce che gli interventi finalizzati al recupero dei processi attentivi, di memoria e delle funzioni esecutive devono essere e ettuati il più precocemente possibile sfruttando il periodo in cui il cervello, subito dopo il danno, rilascia fisiologicamente in circolo ormoni che promuovono la neurogenesi (formazione nuovi neuroni)». Una delle strategie riabilitative più recenti per il recupero di un movimento comprende l’utilizzo dei dispositivi robotici. «La robotica è oggi un alleato imprescindibile nel progetto riabilitativo ma è utile solo se a anca il lavoro del fisioterapista. In questi casi viene chiesto al paziente di eseguire un certo atto motorio e, qualora non sia in grado di ultimare il movimento, interviene il robot che, con una velocità tarata sulle capacità residue della persona, porta a compimento la performance. Evidenze sperimentali hanno dimostrato che l’esercizio

fisico frutto di movimenti volontari produce risultati estremamente positivi, quali il recupero funzionale post-lesione del sistema nervoso centrale e la stimolazione della neurogenesi. In conclusione una buona riabilitazione neurologica, appropriata per tempi di approccio e piano di interventi, con l’impegno di un’esperta équipe multispecialistica e l’impiego personalizzato e bilanciato di tecniche manuali, robotiche e di realità virtuale, combinate anche con la rieducazione in acqua, costituisce un programma che nel suo complesso solo pochi Istituti specializzati come il nostro possono o rire, ma che fa davvero la di erenza fra una migliore o una peggiore qualità della vita dopo un evento fisicamente e/o psicologicamente disabilitante» conclude il dottor Molinero.

Marzo/Aprile 2023 | Bergamo Salute | 73 INFORMAZ I ONE PUBBL ICI TAR IA
Dottor Guido Molinero

PALESTRA DELLA SALUTE un

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La salute mentale si fa insieme

Può capitare a tutti, durante la vita, a qualsiasi età e per i più svariati motivi, di vivere un momento di di coltà e aver bisogno di un supporto psicologico professionale per a rontarlo. Il Centro Fo.R.Me (Centro Formazione, Ricerca e Mediazione), servizio della Cooperativa Impresa Sociale Ruah di Bergamo, mette a disposizione del territorio un team di professionisti di diverse formazioni –psichiatri, neuropsichiatri, psicologipsicoterapeuti, logopedisti, educatori professionali, antropologi, operatori sociali, referenti linguistici e/o culturali – con l’obiettivo di migliorare o conservare lo stato di salute delle persone che vi si rivolgono, nonché la qualità di vita della comunità. Conosciamo meglio questo servizio insieme alla dottoressa Finco, direttrice di Fo.R.Me.

A quali percorsi di salute mentale si può accedere nel vostro Centro?

Presso il Centro Fo.R.Me è possibile usufruire di percorsi di accompagnamento che aiutino a intercettare e rispondere ai bisogni della persona e/o dei gruppi che richiedono l’intervento: famiglie, gruppi

sociali allargati, servizi sanitari, socio assistenziali e sociali che hanno in carico la situazione.

Particolare attenzione è posta alla creazione di un’alleanza terapeutica con pazienti e utenti, alla coerenza e continuità dell’intervento, alla compartecipazione fra i richiedenti l’intervento, all’aggiornamento e formazione professionale degli operatori, alla verifica e alla revisione periodica dei risultati, alla rilevazione della soddisfazione dell’utente e al rispetto per la privacy.

Nel dettaglio, presso il polo clinico di via Daste e Spalenga 13, gli operatori e le operatrici del Centro Fo.R.Me o rono:

- consulenza e supporto psicologico e/o psicoterapeutico individuale al fine di promuovere, attraverso l’incontro e la relazione, la comprensione di se stessi, il cambiamento e la crescita personale;

- supporto psicologico e/o psicoterapeutico familiare, per ricevere un sostegno mirato a fronte di una di coltà, di un cambiamento, di una so erenza che implica un mutamento delle dinamiche familiari.

L’accompagnamento psicologico può avvenire in italiano, francese o inglese.

Qual è l’approccio del vostro Centro a questa area di disagio?

I professionisti e le professioniste del Centro operano al fine di creare e mantenere un tessuto di relazioni col territorio e le sue agenzie, per una migliore gestione delle situazioni di disagio e so erenza, con un costante impegno rivolto a una lettura del malessere psichico nelle sue determinanti di natura antropologico-culturali, biopsicosociali e sistemiche. L’attività di supporto e accompagnamento si caratterizza per una costante ricerca e promozione di modelli di trattamento in grado di cogliere la complessità esperienziale del disagio psichico, la piena valorizzazione e rispetto della dignità delle persone in trattamento, la promozione di ogni iniziativa volta a un reale e sostenibile recupero del diritto di autodeterminazione, assumendo come valore fondante il rispetto per l’Altro.

Centro Fo.R.Me

Tel 035 5900008

mail: segreteriacentroforme@ cooperativaruah.it

Da lunedì a venerdì dalle 9 alle 18

Marzo/Aprile 2023 | Bergamo Salute | 75
INFORMAZ I ONE PUBBL ICI TAR IA
RE ALTÀ SALUTE

Logopedista: perché tutti lo vogliono?

Sono sempre di più le persone che si rivolgono al logopedista per motivi diversi: bambini, adulti, anziani. Conosciamo allora meglio questa figura e in quali casi il suo supporto può rivelarsi utile con la dottoressa Jennifer Piazzoni, in rappresentanza dell’Albo dei Logopedisti della Provincia di Bergamo.

Dottoressa Piazzoni, perché ultimamente si sente parlare tanto della figura del logopedista?

Negli ultimi anni il ruolo della nostra professione ha iniziato a essere maggiormente riconosciuto. Se prima si associava il logopedista solo al disturbo di linguaggio o di apprendimento e all’età evolutiva, ora sta diventando sempre più chiaro il suo ruolo nella presa in carico di persone adulte con afasia, disfonia e disfagia, cioè rispettivamente di coltà acquisite di linguaggio, disturbi di voce e problemi di deglutizione. Sicuramente un grosso impulso è stato dato dalla pandemia, perché i pazienti intubati o tracheostomizzati hanno necessitato di percorsi di riabilitazione specifici per riprendere a parlare e a mangiare normalmente.

Si ha la sensazione, però, che i logopedisti siano di cili da trovare o abbiano lunghe liste d’attesa. La carenza di logopedisti purtroppo è reale. A novembre 2021 è stato presentato il primo Libro Bianco sulla Logopedia, in cui sono riportati i risultati di alcune indagini condotte sul territorio nazionale. In Italia ci sono circa 15mila logopedisti, 24 ogni 100mila abitanti, contro una media europea di 40 per 100mila. Nello specifico della nostra Provincia, che a oggi conta 211 logopedisti iscritti all’Albo, abbiamo circa 19 logopedisti ogni 100mila abitanti. La maggior parte dei colleghi si occupa di età evolutiva e il territorio, soprattutto quello delle Valli, avverte molto la carenza di professionisti dedicati alla riabilitazione in età adulta e geriatrica. Come Commissione di Albo ci stiamo impegnando su questo fronte, promuovendo iniziative a sostegno della professione anche in collaborazione con altri Ordini. Lo scorso ottobre, ad esempio, con l’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Bergamo, abbiamo organizzato una serata dedicata alla disfagia indirizzata ai Medici di Medicina Generale a n-

ché riconoscano precocemente e indirizzino in modo adeguato i pazienti disfagici, riducendo così le complicanze.

Cosa vede dunque nel futuro della professione?

Il 6 marzo è ricorsa la Giornata Europea della Logopedia, quest’anno dedicata proprio alla Logopedia in Area Critica. Questo dimostra come la nostra professione si stia evolvendo per rispondere ai nuovi e crescenti bisogni di salute delle persone che, grazie agli avanzamenti nella ricerca e nelle cure, sopravvivono a eventi critici. I logopedisti stanno diventando sempre più presenti negli ospedali e nelle terapie intensive e sicuramente lo sviluppo di figure specializzate inserite nel team multidisciplinare rappresenta una bella sfida per la nostra professione.

Commissione di Albo dei Logopedisti

Ordine dei Tecnici Sanitari di Radiologia Medica e delle Professioni Sanitarie Tecniche, della Riabilitazione e della Prevenzione

della provincia di Bergamo

Via dell’Aeronautica 18/A, Curno 035 3051365 - bergamo@tsrm.org

Marzo/Aprile 2023 | Bergamo Salute | 77
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Inaugurato a San Pellegrino un bar “didattico”

Si chiama Bar INCONTRA ma è molto più di un semplice bar: è un luogo di formazione, inclusione e scambio con lo sguardo volto al futuro, quello dei giovani e di tutta la Valle Brembana. Aperto a San Pellegrino, all’interno dell’ex albergo Moderno, è frutto della collaborazione tra la Cooperativa In Cammino, che ha acquistato tutto l’immobile e riqualificato gli interni, e l’Istituto Alberghiero di San Pellegrino, storica scuola la cui eccellenza è riconosciuta anche fuori Provincia. «Uno dei temi oggi più pressanti per la Valle Brembana è il futuro dei ragazzi. Questa Valle, infatti, ha l’indice più elevato di invecchiamento della Provincia, ha visto una diminuzione importante della natalità e ha una bassa densità abitativa. Per questo, come In Cammino, abbiamo deciso di impegnarci per prenderci cura del futuro dei nostri giovani e creare, insieme all’Istituto Alberghiero di San Pellegrino, uno spazio in cui i loro punti di forza siano messi al

servizio della comunità attraverso un lavoro» racconta Danila Beato, presidente di In Cammino, cooperativa sociale da quasi trent’anni al servizio del territorio della Val Brembana e dei suoi bisogni, con particolare attenzione alla fragilità in tutte le sue forme e sfaccettature e con progetti di reinserimento sociale e lavorativo. Al momento in questo bar “didattico” lavorano un giovane barista ex studente dell’Istituto Superiore di San Pellegrino Terme e quattro ragazzi con disabilità (3 studenti e una giovane ex studentessa dell’Istituto) e hanno così la possibilità di confrontarsi con il mondo del lavoro. Svolgono le tipiche mansioni di un bar, ma in più il sabato mattina gestiscono l’info-point situato all’interno del bar o rendo informazioni ai clienti sul

territorio. «Il nome del bar è costituito dall’unione di tre preposizioni semplici: IN, CON e TRA, che stanno a significare un modo di essere in cammino NEL territorio CON collaborazioni diverse (enti, istituti ecc.) ma soprattutto TRA la gente per dare nuova energia alla comunità. Si tratta di un bar a tutti gli e etti (la pasticceria al banco viene preparata tutti i giorni dall’Istituto Alberghiero) ma con la volontà di essere un posto per incontrare e parlare con le persone, non per un ca è al volo» continua la presidente.

Aperto per ora cinque giorni su sette, il Bar INCONTRA, inaugurato a febbraio, è la prima tappa di un progetto più ambizioso che proseguirà, in estate, con l’apertura, sempre nello stesso edificio che durante l’anno scolastico ospita il convitto femminile dell’Istituto Alberghiero, di un hotel-ristorante pensato per una clientela giovane e gruppi. «Il nostro desiderio è che queste attività possano diventare un’opportunità per tutti i ragazzi per trovare un futuro lavorativo sul territorio e mantenere vitale la comunità vallare» conclude.

Cooperativa IN CAMMINO

Via De’ Medici 13

San Pellegrino Terme (BG)

Tel 0345 22636

segreteria@coopincammino.it www.coopincammino.it

Marzo/Aprile 2023 | Bergamo Salute | 79
INCONTRA
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REALTÀ SALUTE

Casa Mia Verdello Riapriamo le porte

Moderna e funzionale, la Residenza Casa Mia Verdello è una Casa di Riposo situata nel Comune di Verdello, a pochi minuti da Bergamo. Accessibile in regime privato o convenzionato, può accogliere 100 ospiti (settanta in stanza singola al fine di consentire maggiore riservatezza e trenta in camera doppia per favorire la socialità, la convivialità e l’interazione), tra anziani autosu cienti e non, ed è specializzata nella riabilitazione motoria e cura dei deficit cognitivi. Per conoscere meglio questa realtà Casa Mia Verdello apre le sue porte con il primo open day post-pandemia. «Finalmente riapriamo le porte: tutti i giorni dalle 9 alle 19 il nostro Sta è disponibile a dare informazioni e a fissa-

Casa Mia Verdello fa parte del gruppo ORPEA ITALIA (divisione italiana del Gruppo francese ORPEA), attore mondiale nell’assistenza socio-sanitaria e nella creazione di strutture ad alto comfort alberghiero per l’accoglienza e la cura delle persone fragili, presente in Italia con 24 strutture, 2.450 posti letto e più di 1.900 collaboratori”

re un appuntamento per una visita guidata. Inoltre, Casa Mia Verdello aspetta chiunque sia interessato il 14 maggio, dalle 10 alle 18, per far conoscere una realtà ancora poco nota e spesso sottovalutata come quella delle RSA. Durante la giornata, oltre alle visite guidate ci saranno intrattenimenti musicali e sarà presente la postazione per la vendita delle Azalee in occasione della Festa della Mamma a sostegno della ricerca di AIRC» dice il direttore Egidio Passera.

Perché un open day?

Siamo una delle poche strutture bergamasche a fare open day: un modello che abbiamo adottato nei primi anni di apertura, poi interrotto a causa della pandemia. Il nostro

80 | Bergamo Salute | Marzo/Aprile 2023
RE ALTÀ SALUTE

più grande desiderio è far dimenticare il concetto di “casa di riposo” e creare l’idea di un luogo di vita basato sulla qualità dell’ospitalità aperto al territorio e rivolto al benessere, al relax e al comfort dei nostri Residenti. Riscontriamo infatti una grande disinformazione sulle RSA che cercheremo di colmare anche grazie a questo open day.

Cosa sarà possibile vedere?

Un nuovo modo di intendere una

RSA, caratterizzata dall’armonia tra le prestazioni socio-sanitarie e i servizi alberghieri di elevata qualità. La gradevolezza e l’ampia superficie degli spazi a disposizione, nonché la molteplicità di dotazioni tecnologiche, rispondono al meglio alle esigenze degli ospiti e dei loro famigliari.

Grande attenzione è posta ai servizi, quali la fisioterapia, il supporto psicologico, la balneoterapia e l’avanguardistica stanza Snozelen,

ambiente multi-sensoriale, sempre aperto, in cui vista, udito, tatto e odorato sono stimolati positivamente tramite luci, suoni, aromi e forme. Dal punto di vista dell’accoglienza alberghiera, invece, a ogni livello sono presenti tutti i servizi necessari al funzionamento del nucleo stesso, quali il bagno assistito, l’o ce, l’infermeria, la palestra, la lavanderia interna e la cucina interna.

Per favorire il legame tra gli ospiti e con i propri cari, infine, abbiamo numerosi spazi comuni: al piano terra ci sono il salone polivalente e il giardino esterno, mentre su ogni piano sono presenti dei piccoli salottini accoglienti dove gli ospiti possono ritagliarsi del tempo con i propri cari.

Via XXV Aprile 9

Verdello (BG)

Tel. 035 871959

www.orpeaitalia.it

Marzo/Aprile 2023 | Bergamo Salute | 81 INFORMAZ I ONE PUBBL ICI TAR IA
RE ALTÀ SALUTE

Direttore Responsabile

Elena Buonanno

Direttore editoriale

Claudio Gualdi

Redazione

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Grafica e impaginazione

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Hanno collaborato

Maria Castellano, Viola Compostella, Giulia Sammarco, Sara Carrara, Claudio Gualdi, Rita Compostella

Iscr. Tribunale Bergamo N°26/2010 del 22/10/2010

Iscr. ROC N°25539. Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione, anche se parziale, di qualsiasi testo o immagine. L’editore si dichiara disponibile per chi dovesse rivendicare eventuali diritti fotografici non dichiarati. I contenuti presenti su Bergamo Salute hanno scopo divulgativo e non possono in alcun modo sostituirsi a diagnosi mediche.

Canali di distribuzione:

• Abbonamento.

• Spedizione a diverse migliaia di realtà bergamasche, dove è possibile leggerla nelle sale d’attesa (medici e pediatri di base, ospedali e cliniche, studi medici e polispecialistici, odontoiatri, ortopedie e sanitarie, farmacie, ottici, centri di apparecchi acustici, centri estetici e benessere, palestre, parrucchieri etc.)

• Distribuzione gratuita presso le strutture aderenti alla formula "Amici di Bergamo Salute".

COMITATO SCIENTIFICO

• Dott. Diego Bonfanti - Oculista

• Dott.ssa Maria Viviana Bonfanti Medico Veterinario

• Dott. Rolando Brembilla - Ginecologo

• Dott.ssa Alba Maria Isabella Campione

Medicina Legale e delle Assicurazioni

• Dott. Andrea Cazzaniga

Idrologo Medico e Termale

• Dott. Sergio Clarizia - Pediatra

• Dott. Marcello Cottini - Allergologo Pneumologo

• Dott. Giovanni Danesi - Otorinolaringoiatra

• Dott. Adolfo Di Nardo - Chirurgo generale

• Dott. Nicola Gaffuri - Gastroenterologo

• Dott.ssa Daniela Gianola - Endocrinologa

• Dott. Antoine Kheir - Cardiologo

• Dott.ssa Grazia Manfredi - Dermatologa

• Dott. Massimo Masserini - PsicologoPsicoterapeuta - Sessuologo clinico

• Dott. Roberto Orlandi

Ortopedico Medico dello sport

• Dott. Paolo Paganelli - Biologo nutrizionista

• Dott. Antonello Quadri - Oncologo

• Dott.ssa Veronica Salvi - Ostetrica

• Dott. Orazio Santonocito - Neurochirurgo

• Dott.ssa Mara Seiti - Psicologa - Psicoterapeuta

• Dott. Sergio Stabilini - Odontoiatra

• Dott. Giovanni Taveggia

Medicina Fisica e Riabilitazione

• Dott. Massimo Tura - Urologo

• Dott. Paolo Valli - Fisioterapista

COMITATO ETICO

• Dott. Ernesto de Amici Presidente dell’Ordine dei Farmacisti di Bergamo

• Dott. Gianluca Solitro Presidente OPI Ordine delle Professioni Infermieristiche di Bergamo

• Dott. Andrea Poerio e Dott.ssa Diana Prada Referenti territoriali di Bergamo e Provincia OPL Ordine Psicologi Lombardia

• Dott. Stefano Faverzani Presidente dell’Ordine dei Medici Veterinari di Bergamo

• Ordine dei Tecnici Sanitari di Radiologia e delle Professioni Sanitarie Tecniche, della Riabilitazione e della Prevenzione della Provincia di Bergamo nella persona del Dott. Angelo di Naro

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Bergamo Salute anno 13 | n° 71 Marzo | Aprile 2023
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