Maggio/Giugno 2023 | Bergamo Salute | 1 Anno 13 Maggio | Giugno 2023 Poste Italiane spa Sped. in Abb. Postale DL 353/2003 (Conv. in legge 27/02/2004 N.46) Art. 1 comma 1 LO/BG www.bgsalute.it 72 numero 10 Dermatologia CURE SU MISURA PER LA DERMATITE SEBORROICA 20 Stili di vita CROCI E DELIZIE DELLA SETTIMANA BREVE 40 Fitness BICI MUSCOLARE O BICI ELETTRICA? 22 Alimentazione PASTI SOSTITUTIVI PRO E CONTRO Bergamo Salute è sempre con te: leggila integralmente dal tuo computer, tablet o smartphone www.bgsalute.it 16 Sara Messaoudi Viva le spezie, che fanno anche bene
STUDI DENTISTICI PER LA TUA SALUTE DENTALE
ALMENNO SAN BARTOLOMEO Tel. 035 040 0081
Direttore Sanitario Dott. Antonino Mandracchia (Albo degli Odontoiatri di Bergamo n. 657)
URGNANO Tel. 035 040 0080
Direttore Sanitario: Dott. Enrico Angelo Volpi (Ordine Medici Chirurghi e Odontoiatri di Novara n. 4594)
Responsabile Branca Odontoiatrica: Dott. Claudio Maria De Sanctis (Albo degli Odontoiatri di Roma n. 7068)
PROSSIME APERTURE:
CALUSCO D’ADDA (BG) - CHIUDUNO (BG) - COLOGNE (BS)
72 numero
Anno 13
Maggio | Giugno 2023
) EDITORIALE
5 Bergamo Salute
è sempre al vostro fianco
) SPECIALITÀ A-Z
6 Cardiologia
Soffio al cuore.
Quando preoccuparsi
8 Gastroenterologia
Ulcera gastrica: cause diverse per un disturbo comune
10 Dermatologia
Cure su misura per la dermatite seborroica
) PERSONAGGIO
16 Sara Messaoudi
Viva le spezie, che fanno anche bene
) IN SALUTE
20 Stili di vita
Croci e delizie della settimana breve
22 Alimentazione
Pasti sostitutivi. Pro e contro
24 Asparagi. Noti dall’antichità e benefici anche oggi
) IN ARMONIA
26 Psicologia
Come superare la “maledizione del lunedì”
28 Coppia
Truffe sentimentali.
Se l’amore è un inganno
) IN FAMIGLIA
30 Dolce attesa
Quando la placenta
è troppo bassa
32 Bambini
Il piede piatto nel bambino
34 Ragazzi
Asma nei ragazzi. Più la conosci, meglio la gestisci
36 Terza età
Sarcopenia: quando i muscoli perdono forza
) IN FORMA
38 Bellezza Tisane drenanti per una pulizia naturale
40 Fitness
Bici muscolare o bici elettrica? Non è solo una questione di gusto
) RICETTA
42 Ciambella di zucchine e mandorle
) RUBRICHE
50 Guida esami
64 Il lato umano della medicina
L’infermiere che ha dato vita al “Cammino Tre Laghi”
66 Testimonianza
Una seconda nascita dopo l’ictus, grazie anche alla scrittura
) STRUTTURE
68 Fortimed Italia
Cure multifunzionali Integrate
70 SdM - Scuola di Alta formazione
) PROFESSIONI SANITARIE
72 Nuova laurea in Infermieristica ad Alzano Lombardo
) REALTÀ SALUTE
75 Clinica Dentale Pianeta Sorriso
77 Social Mozzo
79 Centro Fo.R.Me 81 Ottica Gazzera
Allegato centrale: Amici di Bergamo Salute
)
PARTECIPANTI ALLA FONDAZIONE ITALIANA PER L’EDUCAZIONE ALIMENTARE
Maggio/Giugno 2023 | Bergamo Salute | 3
Tonometria
emozioni
per
e
on: quali
52 Altre terapie L’acqua per trasmettere
54 Animali Antiparassitari
bocca
spot
scegliere?
Farmacie Sindrome metabolica. Per un problema complesso, una risposta coordinata 58 News 60 Terzo settore Associazione Federica Albergoni Onlus 63 Malattie rare Retinoblastoma
DAL TERRITORIO 56
Bergamo Salute è sempre al vostro fianco
Cari lettori come probabilmente avrete letto nell’editoriale scorso, da questo numero non sarà più Elena Buonanno il direttore responsabile di “Bergamo Salute”. Elena, infatti, per motivi personali ha deciso di lasciare il testimone di questa rivista, dopo anni in cui l’ha immaginata, pensata, realizzata e fatta crescere con professionalità e passione fino a farla diventare quello che è oggi, ovvero un punto di riferimento, autorevole e affidabile, nell’ambito dell’informazione locale – e non solo – sulla salute e
il benessere. A lei va il nostro grazie più sincero per tutto quello che ha fatto in questi 12 anni. Senza di lei – e senza i collaboratori che con lei hanno condiviso questa bellissima avventura tra cui non posso non citare la straordinaria segretaria di redazione Rosa – “Bergamo Salute” non sarebbe quella che è ora. Adesso il testimone passa a me. E spero di riuscire a fare anche solo una parte di quello che Elena ha fatto per “Bergamo Salute”. Ce la metterò tutta, insieme al mio staff, per garantirvi sempre un’informazione seria e rigorosa ma allo stesso
tempo accessibile, perché questa è la missione di “Bergamo Salute” da quando è nata. E così, nel solco della tradizione, approfitto per dare il benvenuto al presidente dell’Ordine dei Fisioterapisti di Bergamo (OFI Bergamo), Simone Ruggeri, entrato da questo numero nel nostro comitato etico a vegliare, insieme agli altri colleghi, sulla scientificità e autorevolezza dei nostri contenuti.
Buona lettura.
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EDITORIALE
Soffio al cuore Quando preoccuparsi
Anche il cuore fa sentire la propria voce. All’interno delle strutture cardiache, infatti, si può creare una sorta di “vibrazione” che, trasmessa attraverso il torace, giunge sino all’orecchio del medico. È quella che tutti conosciamo come soffio al cuore, anche se forse non tutti sanno che non si tratta di una patologia. Nell’80% dei casi, infatti, si tratta di un rumore armonico non preoccupante (avere un soffio cardiaco non significa essere malati di cuore) e solo nel restante 20% dei casi è espressione di una patologia, per esempio a livello delle valvole cardiache.
“INNOCENTE”
NELLA MAGGIOR PARTE
DEI CASI
Si parla di soffio funzionale o “innocente” quando la “vibrazione” percepita è da attribuire unicamente a un più rapido flusso del sangue all’interno delle strutture cardiache, che sono perfettamente sane. Il soffio funzionale si riscontra soprattutto in ambito pediatrico (riguarda infatti circa il 60-70% dei bambini e dei neonati) e tende a scomparire del tutto con il passare degli anni. Esistono poi alcune con-
dizioni che possono generare la comparsa di un soffio cardiaco come febbre alta, anemia, gravidanza, accelerazione del battito cardiaco dovuta a stress e condizioni mediche come l’ipertiroidismo. Si tratta quindi di situazioni che si possono considerare temporanee, poiché generalmente cessano e tornano alla normalità nel momento in cui viene risolta la causa che le ha generate. Il soffio funzionale di solito non è associato a particolari sintomi cardiologici, non pone limiti all’attività fisica o sportiva agonistica e non è necessario prendere particolari precauzioni, a meno che la condizione che ha portato allo sviluppo del soffio non crei una tachicardia o debolezza transitorie e/o eccessive.
QUANDO DIVENTA PATOLOGICO
Il soffio al cuore viene definito patologico quando dipende da una vera e propria anomalia della struttura del cuore, che a sua volta può essere presente già alla nascita o comparire con l’età.
Le modifiche strutturali più riscontrate interessano:
> le valvole cardiache, con
malfunzionamento dei lembi valvolari per ridotto passaggio di sangue attraverso la valvola “ristretta” (stenosi valvolare) o per una sua non perfetta chiusura con reflusso di sangue all’indietro (insufficienza o rigurgito valvolare);
> il muscolo cardiaco, a seguito di un infarto o di un’infiammazione;
> i setti che dividono le cavità destre da quelle sinistre del cuore;
> i grossi vasi che trasportano il sangue da e verso il cuore.
LA DIAGNOSI: L’IMPORTANZA
DELL’ECOCARDIOGRAMMA
La presenza di un soffio cardiaco in genere viene riscontrata durante una visita medica, con l’auscultazione del cuore tramite l’utilizzo di uno stetoscopio, che viene appoggiato sul petto, sul fianco e sulla schiena della persona.
Questa metodica non permette però di operare sempre una distinzione tra i soffi “innocenti” e quelli generati da anomalie anatomiche. Per avere una certezza diagnostica è necessaria quindi una valutazione più approfondita da parte dello
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∞ A CURA DI FELICE VALLE SPECIALITÀ A-Z CARDIOLOGIA
specialista cardiologo. L’esame diagnostico più indicato in questo caso è l’ecocardiogramma transtoracico. Si tratta di una metodica veloce e indolore che è in grado di studiare i flussi di sangue all’interno del cuore e rilevare eventuali anomalie mediante gli ultrasuoni. Nei casi più complicati si può ricorrere all’ecografia con color doppler transesofageo, alla risonanza magnetica cardiaca e al cateterismo cardiaco (una sonda flessibile, o catetere, viene spinta sino al cuore attraverso vene di grandi dimensioni).
COME SI CURA
Quando il soffio è “innocente” non è necessario ricorrere né a ulteriori indagini strumentali né a particolari trattamenti mirati al sistema cardiovascolare in quanto il cuore è sano. Nel caso di soffio patologico lieve il cardiologo può raccomandare solo controlli ecocardiografici rego -
lari per monitorare la situazione e valutare se e quando instaurare nel tempo una terapia farmacologica. Quando invece la situazione si fa più complicata possono essere indicati:
> una terapia antibiotica profilattica in caso di interventi chirurgici, biopsie o cure dentarie complesse per ridurre il rischio che infezioni possano raggiungere il cuore e le valvole (endocardite batterica);
> un trattamento con farmaci (vasodilatatori, diuretici, betabloccanti, antiaritmici o anticoagulanti) quando il malfunzionamento delle valvole può cominciare a compromettere la corretta capacità di funzionamento del cuore;
> la riparazione o sostituzione di una valvola malata, che deve avvenire prima che il cattivo funzionamento della valvola
Come riconoscerlo
Il soffio cardiaco “innocente” molto spesso non dà segni particolari della sua presenza. I sintomi di un soffio cardiaco prodotto da malattie del cuore, invece, cambiano in base al tipo di patologia che ne è la causa. In molti casi la sua presenza è associata a:
∞ fiato corto (fame d’aria);
∞ edemi declivi (accumulo di liquidi a livello di gambe e caviglie) e turgore giugulare (distensione eccessiva delle vene del collo);
∞ sudorazione abbondante senza motivo;
∞ cardiopalmo/palpitazioni;
∞ dolori al petto;
∞ vertigini;
∞ colorazione tendente al blu della pelle, delle dita e delle labbra.
causi uno scompenso cardiaco irreversibile o situazioni cliniche di grave disagio o pericolo per il paziente. Sono possibili due approcci, uno percutaneo meno invasivo e l’altro chirurgico, tradizionale ma più impegnativo. L’intervento percutaneo mininvasivo viene effettuato mediante inserimento di cateteri nei vasi sanguigni per raggiungere la valvola da riparare o sostituire, oppure tramite il fissaggio di dispositivi particolari in grado di ridurre la gravità dell’insufficienza valvolare. Il trattamento chirurgico vero e proprio può riparare la valvola tramite correzione dell’apparato valvolare difettoso o sostituire la valvola malata con una protesi valvolare biologica o meccanica. La scelta del tipo di protesi dipende da tanti fattori, come la valvola da sostituire, l’età del paziente, il grado di attività fisica e di capacità funzionale, le scelte di vita della persona (eventuale gravidanza, consapevolezza di una terapia anticoagulante a vita nel caso di protesi meccaniche, minor durata delle valvole biologiche).
Maggio/Giugno 2023 | Bergamo Salute | 7
DOTT. FELICE VALLE Specialista in Cardiologia Istituto Clinico Quarenghi San Pellegrino Terme
Ulcera gastrica: cause diverse per un disturbo comune
Si calcola che circa 4 milioni di persone ogni anno abbiano un’ulcera peptica, ovvero un’erosione, che spesso non guarisce da sola, del rivestimento interno mucoso delle alte vie digestive. In particolare si tratta di ulcera gastrica se colpisce lo stomaco, mentre se interessa il duodeno (uno dei tre segmenti in cui si suddivide l’intestino tenue) si parla di ulcera duodenale. L’ulcera gastrica colpisce soprattutto al di sopra dei 60 anni, mentre quella duodenale anche le persone più giovani.
TANTE CAUSE DIVERSE
Tra le cause dell’ulcera gastrica possono esserci l’infezione da parte di un batterio (Helicobacter pylori ), cattive abitudini alimentari, il
fumo, la predisposizione genetica o l’uso di determinati farmaci, come i FANS (antinfiammatori) e l’aspirina, soprattutto quando assunti senza controllo medico, ma per “automedicazione”. Per prevenire il danno gastrointestinale è quindi preferibile associare farmaci come gli inibitori di pompa protonica nei pazienti che richiedono una terapia a lungo termine con FANS o sono in trattamento cronico con aspirina.
L’AZIONE DELLO STRESS
Un ruolo importante nella comparsa della patologia è giocato anche da situazioni di forte stress
Lo stress psicologico intenso e gli stati d’ansia molto severi, spesso correlati a problematiche famigliari, di lavoro o finanziarie, sono
responsabili indirettamente di un’infiammazione della parete dello stomaco. Le persone a cui è stata diagnosticata un’ulcera peptica,
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∞ A CURA DI
NICOLA GAFFURI
DOTT. NICOLA GAFFURI
SPECIALITÀ A-Z GASTROENTEROLOGIA
Responsabile Gastroenterologia ed Endoscopia digestiva Humanitas Gavazzeni Bergamo
I CIBI SÌ E NO
Chi soffre di ulcera deve prestare attenzione alla propria alimentazione, che è importante sia ricca di verdura, in particolare a foglia verde e carote, frutta, tra cui le mele, e legumi. Tra le carni la più indicata è quella bianca ed è consigliabile consumare cereali integrali. Meglio evitare sale, spezie, condimenti grassi e il caffè. Tra i fattori di rischio dell’ulcera ci sono il fumo e l’assunzione di alcolici che, quindi, sono da evitare. Il consiglio è anche quello di distanziare i pasti tra loro e masticare correttamente i cibi.
infatti, spesso riferiscono alti livelli di stress nella loro vita quotidiana. Non è stato dimostrato che lo stress sia la causa dell’ulcera gastrica, ma può peggiorarne i sintomi. In caso di ulcera, quindi, ridurre lo stress può aiutare l’organismo, per esempio attraverso tecniche di rilassamento, respirazione e meditazione, concentrandosi sull’attività fisica (almeno mezz’ora al giorno a ritmo sostenuto) e rivolgendosi a uno psicologo o uno psicoterapeuta nel caso lo stress infici in maniera importante la propria quotidianità.
SINTOMI DIFFERENTI A SECONDA
DELLA ZONA COLPITA
Tipicamente si prova dolore a livello della bocca dello stomaco oppure lateralmente sulla destra, ma ci sono alcune differenze tra
ulcera gastrica e duodenale. Il dolore infatti è diverso in relazione all’assunzione del cibo: nell’ulcera gastrica il dolore peggiora quando si mangia, mentre in quella duodenale si ha un miglioramento in seguito all’assunzione di cibo; talvolta questo tipo di ulcera a digiuno può dare un sintomo simile alla fame, un dolore che può presentarsi anche nel corso della notte e che migliora dopo aver mangiato. Possono poi esserci i sintomi aspecifici e classici dei disturbi alle vie digerenti, come nausea, inappetenza e vomito.
GASTROSCOPIA PER LA DIAGNOSI
Per diagnosticare l’ulcera è necessario effettuare la gastroscopia. La possibilità di eseguire prelievi di tessuto gastrico permette di valutare la gravità e l’eventuale infezione da Helicobacter pylori Esistono anche altre metodologie per accertarsi della presenza del
batterio: si può procedere con test sierologici, con il breath test, cioè un esame del respiro, o ancora con l’esame delle feci.
L’identificazione precisa delle cause scatenanti consente di intervenire in modo efficace, modificando il corso della malattia ulcerosa, caratterizzato dalla comparsa di recidive entro un anno nell’80% dei casi.
I FARMACI PER TENERLA SOTTO CONTROLLO
I farmaci consigliati nel trattamento dell’ulcera gastrica sono gli antisecretori acidi, come gli inibitori di pompa protonica, che inibiscono profondamente la produzione intragastrica di acido, e gli antagonisti dei recettori H2 dell’istamina. Inoltre, in presenza di infezione da Helicobacter pylori, è fondamentale un trattamento con farmaci antibiotici per prevenire le recidive.
Maggio/Giugno 2023 | Bergamo Salute | 9
Cure su misura per la dermatite seborroica
Si può presentare sia nel bambino sia nell’adulto, anche se in forme un po’ diverse. È la dermatite seborroica, una malattia della pelle caratterizzata da comparsa ricorrente di arrossamento e formazione di squame in aree cutanee ricche di ghiandole sebacee (ovvero che producono sebo). Non solo può durare a lungo nel tempo, ma è anche molto comune: si stima che il 70% dei neonati durante i primi tre mesi di vita e circa una persona adulta su 10 soffrano di una qualche forma di dermatite seborroica. Pur essendo del tutto benigna, può influenzare negativamente le relazioni sociali e la qualità di vita.
DIFFERENTE NELL’ADULTO E NEL NEONATO
La forma infantile interessa abitualmente il cuoio capelluto (crosta lattea), il volto e l’area del pannolino; generalmente regredisce in modo
spontaneo all’età di un anno. Nell’adulto, invece, si formano chiazze arrossate, dal bordo mal definito e dimensioni variabili, sormontate da fini squame (pelle in via di eliminazione per il naturale ricambio delle cellule). Il cuoio capelluto è quasi sempre coinvolto e il disturbo può manifestarsi con fini squame secche classificate come “forfora” o chiazze arrossate umide con squame oleose. Altre localizzazioni comuni sono il volto, il padiglione auricolare, la regione pre-sternale (parte superiore del tronco), le aree di piega in cui due superfici cutanee sfregano tra di loro (in questo caso si parla di intertrigine). Si può sviluppare anche una blefarite, ovvero un’infiammazione delle palpebre. A questi effetti ben visibili sulla pelle si possono associare prurito (moderato e solitamente limitato al cuoio capelluto e al padiglione auricolare) e bruciore.
LA CAUSA?
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SPECIALITÀ A-Z DERMATOLOGIA
∞ A CURA DI LUIGI NALDI
LEGATA AL MICROBIOTA
Malgrado il nome, la dermatite seborroica non è sempre associata a un’eccessiva secrezione di sebo (ovvero “seborrea”) anche se la produzione sebacea rappresenta un fattore favorente. Un ruolo chiave nello sviluppo delle lesioni è giocato da lieviti del genere Malassezia, in particolare le specie Malassezia globosa e Malassezia restricta, componenti abituali del cosiddetto microbiota cutaneo, la popolazione di microrganismi che colonizza, in condizioni normali, la nostra pelle. Altre cause possibili sono lo stress e difese immunitarie basse, ma molto si deve ancora studiare per identificare tutti i fattori
che possono portare allo sviluppo della malattia.
SINTOMI E ANAMNESI PER LA DIAGNOSI
La diagnosi di dermatite seborroica è essenzialmente clinica (senza esami particolari) e si basa sulla storia riferita dal paziente e sulla presenza delle lesioni caratteristiche. Esistono però altre malattie che possono essere confuse con la dermatite seborroica, come psoriasi, dermatite atopica, rosacea e lupus eritematoso. In alcuni casi la distinzione tra una dermatite seborroica grave e una psoriasi del volto iniziale può risultare difficile.
DOTT. LUIGI NALDI Specialista in Dermatologia
TRATTAMENTI TOPICI O FOTOTERAPIA
A SECONDA DELL’ESTENSIONE DELLA MALATTIA
Il trattamento è principalmente locale, ovvero applicato direttamente sulla pelle. Si possono utilizzare: > farmaci antifungini topici,
Unità Operativa di Dermatologia, Ospedale San Bortolo, Vicenza e Centro Studi GISED, Bergamo
che sono l’opzione terapeutica di prima scelta nella maggior parte dei casi. Farmaci ben studiati sono il ketoconazolo, il bifonazolo e la ciclopiroxolamina. Tali farmaci sono disponibili in diverse formulazioni come crema, gel, schiuma e shampoo. Non sono associati a effetti collaterali importanti, tranne rari casi di sensibilizzazione da contatto dopo un utilizzo per un lungo periodo di tempo;
> corticosteroidi topici, che possono essere utili a breve termine, principalmente per controllare l’eritema e il prurito. Gli steroidi impiegati, in ordine approssimativo di potenza crescente, sono l’idrocortisone, il betametasone dipropionato, il clobetasolo 17-butirrato e dipropionato;
> preparati a base di solfuro di selenio, tradizionalmente impiegati nel trattamento della dermatite seborroica del cuoio capelluto. Tuttavia i dati di efficacia disponibili sono limitati;
> sali di litio topici, che sono stati proposti come trattamenti della dermatite seborroica localizzata in aree differenti dal cuoio capelluto. Il loro meccanismo d’azione però è pressoché sconosciuto;
> altri prodotti topici, come preparati a base di zinco piritione, catrame minerale e lipoidrossiacido associato ad acido salicilico.
Se la dermatite seborroica è molto estesa si possono invece considerare la fototerapia con ultravioletti
B a banda stretta (un tipo di raggi che fanno parte della luce solare) oppure una terapia antifungina sistemica (cioè con pastiglie/capsule). Purtroppo i dati di efficacia disponibili sono limitati e bisogna sempre valutare il profilo di sicurezza di questi farmaci prima di prescriverli.
SHAMPOO, CREME E GEL SPECIFICI PER PREVENIRE RECIDIVE
Poiché la dermatite seborroica è una malattia infiammatoria cronica e che va incontro a recidive, il trattamento deve prevedere due fasi, una fase di attacco, in cui eliminare i sintomi acuti, e una di mantenimento, a lungo termine, per evitare che la malattia si ripresenti.
Per lesioni al cuoio capelluto, uno shampoo contenente un antifungino come chetoconazolo al 2% può essere considerato un trattamento di prima scelta. Il farmaco va applicato due volte alla settimana per un mese, con l’obiettivo di ottenere una regressione dei sintomi e, successivamente, una volta ogni due settimane, per prevenire le ricadute.
Per lesioni in aree differenti dal cuoio capelluto si può optare per un antifungino in crema o gel o schiuma, a base di un farmaco, chetoconazolo, bifonazolo o ciclopiroxolamina. L’applicazione deve essere effettuata una o due volte al giorno, a seconda del prodotto, per quattro settimane e successivamente due volte alla settimana o meno frequentemente, in base alla risposta ottenuta, per prevenire le ricadute.
È importante ricordare però che il trattamento non è in grado di raggiungere una guarigione definitiva ma permette, se impiegato a lungo termine, di ottenere un controllo ottimale dei sintomi.
12 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2023
SPECIALITÀ A-Z DERMATOLOGIA
LA MIGLIORE QUOTAZIONE LA MASSIMA TRASPARENZA Valtesse di Giorgio Capelli VIA PIETRO RUGGERI DA STABELLO, 55 BERGAMO - VALTESSE www.compro-oro-argento-bergamo.com Tel. 035 529 18 94
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Viva le spezie, che fanno anche bene
Dopo aver sfiorato la finale di MasterChef Italia, Sara Messaoudi si racconta:
Si è fermata a un passo dalla finale Sara Messaoudi, la 27enne di origini marocchine (la famiglia arriva da Fes) nata ad Alzano Lombardo, che si è fatta valere nel programma MasterChef Italia, tra volate dirette in balconata, sfide in esterna e pressure test. Determinata e di forte personalità, è stata definita dai compagni e dagli chef “regina delle spezie”: ha
saputo portare in tavola gusti, emozioni e ricordi tra il Marocco e Bergamo.
Come giudica la sua partecipazione, a qualche mese di distanza? Stupenda, ricca di emozioni. Mi ha segnato e insegnato tanto. Ho conosciuto persone stupende e mi ritengo molto fortunata ad aver vis-
suto questa esperienza. Per i miei genitori e i miei amici, poi, è stato un motivo di orgoglio: ho avuto una bella tifoseria, da casa.
Ha parlato di cucina come riscatto...
Sì, perché ho cominciato a lavorare presto, dopo aver mollato gli studi. Quello che ho fatto in questi anni non mi ha dato grandi gratificazio -
16 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2023
∞ A CURA DI CLAUDIO GUALDI
«Adoro mixare tradizione marocchina e piatti bergamaschi»
PERSONAGGIO SARA MESSAOUDI
ni; anche il fatto di non aver studiato ha pesato, perché mi son ritrovata a ricoprire ruoli inferiori rispetto ad altri. Partecipare al programma ha permesso di dimostrare sia a me stessa che alle altre persone che quando mi impegno posso fare grandi cose. Un grande riscatto e una riposta alle persone che non credevano in me. Sono fiera di me stessa.
I suoi piatti nascono da un incontro tra due culture. A casa mia madre ha sempre portato avanti la tradizione della cucina
marocchina, prettamente speziata e tipica. Io, essendo nata e cresciuta a Bergamo, ho nel sangue anche la cucina orobica e ho cercato sempre di mixare le due cose. Mi hanno chiamata “regina delle spezie” e io regina mi ci sento, l’ho sempre detto! In Marocco, poi, ci ho passato tutte le estati, fino a quando ho compiuto 18 anni, per stare con la famiglia d’origine, e anche adesso
Maggio/Giugno 2023 | Bergamo Salute | 17
Non mi piace copiare, prendo spunto da diversi chef e ricette per poi reinventarle a modo mio”
PERSONAGGIO SARA MESSAOUDI
quasi ogni anno ci torno. Ci andrò, quest’estate, così mi faccio un bel giro nel mercato delle spezie.
Oggi si parla molto di “cucina salutare”. Cosa ne pensa?
Che la salute in cucina non può
prescindere dalla stagionalità, che rispetta anche l’ambiente. I miei piatti, poi, sono grassi, perché la mia cucina va in quella direzione, ma penso che l’insieme trovi equilibrio grazie alla presenza di numerose verdure. Anche le spezie, poi, sono salutari, se usate in modo giusto, come ampiamente dimostrato anche da studi recenti.
E per il suo benessere fisico che stili di vita adotta? Fa sport? Vado spesso a camminare: in Val Seriana c’è solo l’imbarazzo della scelta, in questo senso. Mi piace
molto andare al santuario della Forcella, ma anche al Curò e ad altri rifugi in alta montagna.
Cosa sta facendo ora?
Lavoro con diversi catering per crescere professionalmente. Sto sondando il terreno, sostanzialmente: cerco di prendere tutto quello che mi capita, perché credo mi tornerà utile. Che cosa farò in seguito ancora non so: è un work in progress
18 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2023
MasterChef Italia, lo show Sky Original prodotto da Endemol Shine Italy, è sempre disponibile on demand.
TIPOLOGIE DI LENTI PER OCCHIALI
Le lenti MONOFOCALI permettono la visione a una distanza specifica, da lontano, da vicino o intermedia.
Le lenti BIFOCALI (con lunetta) permettono di vedere nitidamente sia da lontano che da vicino, ma non a distanze intermedie.
Le lenti PROGRESSIVE consentono di avere una visione nitida a qualsiasi distanza.
Le lenti OFFICE o OCCUPAZIONALI onsentono la messa a fuoco a distanze ravvicinate ed intermedie.
Croci e delizie della settimana breve
Settimana corta sì o no? È questo uno degli argomenti più dibattuti negli ultimi tempi in tema di equilibrio tra vita lavorativa e personale. Secondo un recente studio dell’Università dell’Australia Meridionale, pubblicato sull’International Journal of Behavioral Nutrition and Physical Activity, ad esempio, un weekend più lungo di tre giorni fa bene alla salute, aumentando il livello di attività fisica, diminuendo la sedentarietà e migliorando la qualità del sonno, con effetti che si protraggono anche per due settimane dopo il periodo di riposo. Ma è davvero così? Ne abbiamo parlato con Alessandro Fortis, formatore e coach.
Dottor Fortis, la settimana breve è una novità? Non proprio… nei Paesi nordici sono circa dieci anni che si sperimenta con discreto successo questo modello. In Svezia, per esempio, si lavora una media di sei ore al giorno. Ma anche in Paesi più vicini a noi, come la Francia, l’orario lavorativo medio si aggira sulle 35 ore settimanali.
Allora perché è tornata sotto i riflettori proprio ora?
A seguito della pandemia da Covid-19 sempre più persone hanno
deciso di dare maggior importanza alla propria salute, al tempo libero e a quello dedicato alla propria famiglia. È così che aziende poco avvezze a questi valori hanno visto negli ultimi anni sempre più persone lasciare il lavoro (Great Resignation) o hanno sperimentato che non sostenere i propri lavoratori nella ricerca del proprio benessere significa spesso muoverli nella direzione di fare il meno possibile, adempiendo solo a quello che è strettamente e necessariamente richiesto (Quite Quitting).
Sono stati fatti degli esperimenti per capire se e quanto convenga adottare la settimana breve?
Già nel 2019 Microsoft ha sperimentato la settimana corta nella sua sede di Tokyo. I risultati? La produttività è aumentata del 39%, le riunioni si sono ridotte e il consumo elettrico si è abbattuto del 23%. In Inghilterra sono state coinvolte ben 61 aziende e i risultati osservati sono simili: maggior benessere, aumento dei ricavi e diminuzione di stress e turnover
Quindi non solo benefici strettamente economici, ma anche a livello di salute… Proprio così. Sembrerebbe che questo modello organizzativo stimoli la produttività dei singoli e
dei team. È importante però sottolineare che tale evidenza è pretta-
UN’IDEA CON RADICI LONTANE
“
Il lavoro si espande sino a occupare tutto il tempo a disposizione per completarlo”: è questa la famosa massima che riassume la legge di Parkinson, storico navale britannico della seconda metà del Novecento. Secondo la sua teoria, se ci sarà data una settimana per completare un progetto, con tutta una serie di mansioni annesse, quella ci metteremo. Se però, ipoteticamente, ci assegnassero un giorno in meno per farlo, probabilmente lo faremmo in quello spazio temporale assegnato. Nonostante siano passati più di cinquant’anni dalla definizione di questa legge, non solo sembra avere ancora valore, ma pare essere il fondamento della settimana lavorativa da quattro giorni.
20 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2023
∞ A CURA DI VIOLA COMPOSTELLA
IN SALUTE STILI DI VITA
mente collegata al lavoro cognitivo e creativo (quello impiegatizio per così dire), ma non necessariamente a quello da catena produttiva. Inoltre le persone avrebbero modo di rilassarsi maggiormente, ricaricando le batterie e vivendo un’esistenza dove il rapporto fra lavoro e vita privata si rende più equilibrato, ovvero producendo quello che nel gergo anglosassone chiamano un work life balance più sostenibile. Ciò sembra da un lato diminuire la quantità di distress (lo stress nocivo), dall’altro la possibilità di burnout (esaurimento psico-fisico causato da lavoro). Ma non è tutto oro quello che luccica…
Ci sono quindi anche degli aspetti negativi?
Forse non sono immediatamente osservabili, ma ci sono. Anzitutto se
il modello aziendale non decidesse di ridistribuire il lavoro con più risorse, o di rivedere obiettivi e piani organizzativi, a parità di traguardi da raggiungere il rischio potrebbe essere quello di lavorare un giorno in meno a dispetto però di un carico di ore lavorative quotidiane maggiore. Questo potrebbe portare alcune persone, paradossalmente, a sentirsi più stressate nel concentrare e massimizzare la produttività in pochi giorni, ritrovandosi a fine giornata più stanche e frustrate di prima. In secondo luogo si pone il problema degli stipendi: una ricerca mostra che il 66% delle persone intervistate sarebbe interessato alla settimana corta solo a parità di salario, mentre solo il 10% accetterebbe a fronte di un taglio allo stipendio. Il 18% sarebbe invece disposto a lavorare un’ora in più al giorno.
Quindi la situazione ha molte sfaccettature… Esatto. Facciamo un esempio: se in un’azienda è presente un “clima tossico”, siamo davvero certi che ridurre la settimana di un giorno basterebbe a risollevare gli animi? La verità è che quando si parla di lavoro in remoto, così come di settimana corta, lo si dovrebbe fare sempre tenendo a mente il cappello di tutti questi ragionamenti, ovvero quello che definiamo smart working. Con questo termine dovremmo intendere tutti quegli aspetti, messi insieme, che pur utili all’azienda sono volti a migliorare la vita professionale, e non, di un individuo. Ogni intervento ha perciò senso solo se attivato in ottica sistemica, dove ciascun elemento non solo è necessario, ma diviene condizione per rinforzare o inficiare tutti gli altri.
Maggio/Giugno 2023
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Pasti sostitutivi Pro e contro
Si sente spesso parlare di pasti sostitutivi, soprattutto in questo periodo dell’anno. Conosciuti da molti, demonizzati da tanti, abusati da qualcuno, cosa si intende per pasti sostitutivi? Che caratteristiche hanno? Quali sono i pro e quali i contro?
Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Cristina Robba, nefrologa e nutrizionista.
Dottoressa Robba, cosa sono i pasti sostitutivi?
Si tratta di prodotti, generalmente sotto forma di preparati solubili da reintegrare con acqua o di barrette, che vengono utilizzati al posto di un pasto con alimenti naturali. Sono molto utilizzati, in particolare, da chi ha poco tempo da dedicare a un pasto completo, quando i ritmi lavorativi imposti (o autoimposti!) lasciano poco spazio a un pranzo. Fornendo un apporto proteico generalmente elevato, carboidrati in quantità variabili e pochi grassi, è assicurato un buon risultato in termini di sazietà, soprattutto se questi pasti sono associati a un apporto di verdure e/o di frutta fresca.
Allora quali possono essere i limiti o le controindicazioni?
I pasti sostitutivi non hanno controindicazioni assolute, tuttavia come per i pasti a base di alimenti naturali, la tracciabilità e la provenienza delle proteine inserite è molto importante. Nella maggior parte dei casi si tratta di proteine da siero di latte, ma anche derivate dall’uovo, dalla soia, dal pisello o dalla canapa. Si tratta di soluzioni alternative al pasto comode e pratiche, purché utilizzate “con giudizio”. Se ci abituiamo, infatti, a introdurre sempre una barretta a pranzo, spesso a basso regime calorico ma molto edulcorata, sarà poi difficile rimpiazzare questo pasto con un altro più completo a base di cereali e proteine animali o vegetali. L’assunzione di pasti sostitutivi in questo caso risulta piuttosto diseducativa.
Sarebbe meglio scegliere prodotti sostitutivi con il sapore di un primo piatto, come zuppe o passati di verdura e utilizzare invece le barrette per uno spuntino pomeridiano, da consumarsi magari prima dell’attività fisica. Questi alimenti sono infatti un buon compromesso per
gli sportivi e per coloro che desiderano iniziare un percorso dietetico.
Ma servono davvero per dimagrire più di una dieta equilibrata? Sicuramente possono essere utili per dare la motivazione e la spinta iniziale a seguire un percorso dietetico più corretto. Non bisogna però avere l’illusione che così si dimagrisca più velocemente. Il solo utilizzo di un pasto sostitutivo al giorno, a
22 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2023
∞ A CURA DI GIULIA SAMMARCO
DOTT.SSA CRISTINA ROBBA Nefrologa e nutrizionista
IN SALUTE ALIMENTAZIONE
Policlinico San Marco e Smart Clinic presso “Le Due Torri”
meno che non si sia abituati a libagioni sfrenate, diminuisce infatti di poco l’apporto calorico generale. Le controindicazioni insorgono quando vengono utilizzati più pasti sostitutivi, senza il controllo medico, in quanto si possono manifestare carenze nutrizionali. Ecco perché nelle diete chetogeniche (ovvero quelle a ridotto contenuto di carboidrati) i pasti sostitutivi sono preparati da aziende ad alta specializzazione e che hanno investito in ricerca e sviluppo nella produzione di questi pasti.
Queste aziende riescono a offrire pasti sostitutivi che coprono tutto il ventaglio dell’alimentazione che siamo soliti seguire, completati da prodotti per la corretta integrazione di sali minerali e micronutrienti. Troveremo così non solo barrette e preparati liquidi, ma anche pasta, dolci, spuntini e - perché no - anche pane e piadine. Il vero “beverone” da shakerare, spesso peraltro di auto-prescrizione, resta quindi meno attraente e meno consigliato dalla classe medica. In conclusione, è importante sottolineare che
prima di sostituire i pasti principali della giornata con sostitutivi si dovrebbe tenere conto non solo del tempo stringato a disposizione per il pasto: il vantaggio in termini di sazietà di questi pasti deriva dal loro apporto proteico che però, se eccessivo, si traduce in un carico azotato sul rene. L’utilizzo di questi pasti sostitutivi, quindi, non deve in alcun modo trasformare la nostra alimentazione in una dieta troppo iperproteica, ma deve sempre tenere in considerazione lo stato di salute generale.
Asparagi Noti dall’antichità e benefici anche oggi
Mangiavano asparagi gli Egizi, li conoscevano i Greci, i Romani li diffusero ovunque. Anche oggi, selvatici o coltivati, sono fra i protagonisti della cucina, come semplice antipasto o come primo delicato, come piatto di mezzo raffinato o come insolito contorno. Conosciamo meglio questo ortaggio “antico” con l’aiuto della dottoressa Daria Fiorini, dietista.
SAPORE FA RIMA CON COLORE
«Solo in Italia esistono otto qualità diverse di asparagi. A seconda della zona di provenienza cambiano colore, aspetto, sapore e tipologia di coltivazione: ci sono infatti i verdi, i bianchi, i viola e quelli selvatici» precisa la dottoressa Fiorini. I più comuni sono gli asparagi verdi, ricchi di clorofilla antiossidante, sali minerali e vitamine. Sono ottimi cotti a vapore e conditi con olio extra-vergine di oliva o nei risotti. Questa varietà vanta anche un prodotto a marchio IGP (Indicazione Geografica Protetta): l’asparago
verde di Altedo, coltivato nella zona di Bologna e Ferrara. Gli asparagi bianchi o “albini” vengono coltivati in totale assenza di luce e raccolti quando sono ancora sottoterra: crescendo al buio sono meno fibrosi e più dolci degli altri e molto più detossinanti. Di questa varietà esistono tipologie DOP (Denominazione di Origine Protetta) e le più pregiate sono coltivate in Veneto: l’asparago di Bassano del Grappa, di Cimadolmo (Treviso), di Padova
e di Rivoli Veronese. I violetti sono una specialità della zona di Albenga, in Liguria. «Il loro colore non dipende dalla tecnica di coltivazione ma dal loro patrimonio genetico. Hanno ottime proprietà depurative e digestive. Infine, gli asparagi selvatici si presentano più filiformi rispetto a quelli coltivati e nei mesi primaverili si possono trovare anche nei prati e ai bordi dei boschi. Essendo piante spontanee contengono una maggiore percentuale di fitonutrienti che conferiscono loro un sapore amaro ma benefico e detossinante» aggiunge la dottoressa.
DRENANTI, MA NON SOLO… Come conferma la dottoressa Fiorini, nonostante il diverso aspetto e colore, tutti gli asparagi ci aiutano a mantenerci in salute grazie alle loro molteplici proprietà. Infatti questi ortaggi:
> drenano fegato e reni e risultano efficaci per eliminare le tossine grazie alle saponine e ai flavonoidi che contengono. Sono alimenti alcalinizzanti,
24 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2023
∞ A CURA DI SARA CARRARA
DOTT.SSA DARIA FIORINI Dietista
IN SALUTE ALIMENTAZIONE
Bergamo Villaggio degli Sposi
Un baby-albero
Il nome botanico dell’asparago è Asparagus Officinalis e deriva dal termine greco asparagos (gambo) con il quale si indicavano genericamente tutti i germogli delle piante. Dell’asparago, infatti, noi mangiamo solo i turioni, cioè le gemme cilindriche e carnose che vengono emesse dalle radici e che, se lasciate crescere, si trasformerebbero in rami e foglie.
cioè modulano l’equilibrio acido-basico del sangue, spesso alterato da un’alimentazione ricca di alimenti acidi (carne rossa, insaccati e dolci);
> sono una miniera di vitamine: contengono vitamina C (ben 25 mg per 100 g di alimento), vitamine del gruppo B e carotenoidi (precursori della vitamina A);
> sono antipertensivi: considerando l’elevato apporto di potassio e lo scarso quantitativo di sodio contenuti, gli asparagi sono dei diuretici naturali poiché aiutano a contrastare la ritenzione idrica e l’ipertensione. L’azione diuretica è svolta dall’asparagina, un amminoacido che aiuta l’organismo a espellere il sodio in eccesso;
> contengono il più potente
antiossidante: essendo ricchi di glutatione, hanno una spiccata azione di contrasto nei confronti dei radicali liberi e dei raggi solari;
> hanno un effetto anti-stress: fornendo all’organismo potassio e magnesio, due minerali che svolgono un’azione benefica a livello del sistema nervoso centrale, sono alleati contro tensioni, ansia e insonnia.
QUANDO BISOGNA EVITARLI?
«Poiché favoriscono una diuresi abbondante vanno limitati in caso di cistite, calcoli renali, prostatite in fase acuta, insufficienza renale e nefrite. Inoltre, a causa della presenza di purine e acido urico, questi vegetali sono da evitare in caso di gotta e iperuricemia (acido urico elevato)» ricorda la dottoressa.
Come sceglierli e conservarli
Al momento della spesa è bene controllare che i germogli siano sodi, che il gambo sia poco legnoso, le punte siano dritte e chiuse e la polpa sia croccante. I prodotti che danno maggiori garanzie di qualità sono quelli marchiati DOP o IGP. Gli asparagi, generalmente raccolti da marzo a giugno, possono essere conservati fuori dal frigo, per due giorni, in un vaso di acqua fredda come se fossero fiori o in frigorifero per 4-5 giorni, meglio se avvolti in un panno umido.
Maggio/Giugno 2023 | Bergamo Salute | 25
Come superare la “maledizione del lunedì”
Si manifesta con ansia, nervosismo, malumore che compaiono la domenica sera, quando arriva il momento di prepararsi a cominciare una nuova settimana di lavoro o di studio. Alcuni la chiamano la “sindrome del lunedì” e può riguardare sia gli adulti sia i ragazzi. «Non si può definire propriamente una sindrome, più che altro è una condizione esistenziale: è il modo in cui le nostre vite sono organizzate che determina questo effetto sul tono dell’umore. Lo proviamo tutti, chi più chi meno» conferma il dottor Marco Ghezzi, psicologo e psicoterapeuta. « Si tratta di un cambiamento, per lo più moderato, del tono dell’umore, solitamente nella direzione di sentire tristezza, irritabilità, un leggero senso di spaesamento, apatia, a volte una certa quota di ansia, del quale, in prima battuta, si fa fatica a comprenderne l’origine. Il fatto stesso di provarlo senza capirne
immediatamente il motivo può indurre, in alcune persone, un leggero stato di ansia. In genere ci vuole poco per accorgersi che è collegato con la ripresa delle attività lavorative o scolastiche del giorno successivo».
Dottor Ghezzi, perché accade? Sintetizzando succede che, man mano che la domenica si appresta a concludersi, il nostro apparato fisiologico, che è più rapido di quello razionale, riceve una serie di informazioni dall’ambiente e dal corpo e il cervello inizia a elaborarle. Parliamo di segnali come la luce del sole che sta scendendo, la temperatura che cambia, lo stato emotivo di chi sta con noi e anche lo stesso appetito che cresce man mano che si avvicina l’ora di cena. Queste informazioni si combinano con la consapevolezza che è domenica e che sta finendo un periodo piacevole di pausa e riposo
in cui siamo noi a decidere come e con che attività impiegare il tempo e l’esito è la manifestazione delle emozioni descritte.
LA MUSICA DEL “RIENTRO”
Da quando l’uomo lavora nell’epoca civilizzata, lo stato emotivo della “domenica sul tardi” ci accompagna e il mondo artistico l’ha ampiamente celebrato.
Un esempio?
La canzone Manic Monday delle Bangles oppure la supergettonata I don’t like mondays dei Boomtown Rats, versione splatter in quanto nasce da un episodio di cronaca nera, accaduto appunto di lunedì.
26 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2023
∞ A CURA DI VIOLA COMPOSTELLA
IN ARMONIA PSICOLOGIA
Succede a tutti?
È un fenomeno abbastanza comune. Ovviamente dipende da cosa ci attende il giorno dopo. Se ci aspetta una giornata di impegni faticosi o addirittura fastidiosi e ci pensiamo, è inevitabile sentirsi un po’ di malumore. L’intensità del disturbo dipende anche da altri fattori. Se, per esempio, abbiamo costruito un buon equilibrio tra tempo di lavoro e tempo di riposo, programmando vacanze e/o inserendo delle pause piacevoli e soddisfacenti durante la settimana, è più probabile che ne sentiremo meno l’impatto.
Bisogna preoccuparsi?
Direi proprio di no. È uno stato che possiamo definire fisiologico, in cui proviamo delle emozioni in linea con quello che sta accadendo. Di solito poi è uno stato temporaneo che si dissolve abbastanza in fretta.
Cosa si può fare per migliorare l’umore, anche la domenica sera?
Solitamente il solo collegare lo stato emotivo che si prova al motivo che lo produce tranquillizza. È come se la mente, per il solo fatto
di capirne la ragione, archiviasse il segnale di disturbo come motivato e passasse ad altro. La mente è in continuo movimento; il suo compito è risolvere problemi, sviluppare piani di azione, riflettere e anche vigilare sui segnali che giungono da sé e dall’esterno. Tutto ciò che percepiamo viene elaborato. Se però non dovesse bastare si possono mettere in atto alcuni accorgimenti. Per esempio condividere il proprio stato d’animo con chi ci è vicino in quel momento. Un primo beneficio viene dall’esternarlo, come una sorta di leggerezza nell’averlo dichiarato, poi si scopre quasi certamente che l’altro prova qualcosa di simile a noi e ciò tranquillizza, fa sentire compresi e accolti. Anche decidere di rompere la sensazione spiacevole esprimendo parole concilianti, interessandosi all’altro, dare una carezza o anche chiedere un abbraccio aiuta. Altro stratagemma semplice può essere inserire un piatto che piace nel menù della cena. Pensare di andare a letto presto, per potersi alzare riposato e magari con quei dieci minuti in più da dedicare a quella bella colazione che fanno nel bar preferito. Se si è
soli, prendere in mano il telefono e chiamare un amico, un parente, una persona importante può essere una risorsa. Insomma coccole e piccoli intermezzi piacevoli per rompere la routine, per sé e per chi ci sta vicino. Spesso dimentichiamo che viviamo vite molto “occupate” da impegni e scadenze, direi anche un po’ intasate, e che, in un contesto del genere, il nostro sistema di vigilanza è sottoposto a un livello costante di stress, del cui impatto si può avere poca consapevolezza. È fondamentale quindi imparare a costruire un buon equilibrio tra tempo di lavoro e tempo di ricarica. Diversamente prima o poi si paga dazio.
Maggio/Giugno 2023 | Bergamo Salute | 27
DOTT. MARCO GHEZZI Psicologo e Psicoterapeuta, Esperto in Emdr a Bergamo
Adriano Merigo
sentimentali Se l’amore è un inganno
Il 63% di chi utilizza i social media e il 3% della popolazione generale hanno dichiarato di essere stati vittime di una truffa sentimentale/amorosa almeno una volta nella vita. Conosciuta anche come Romance Scam, è una forma particolare di cyber-truffa che ha l’intento di estorcere illecitamente denaro. Purtroppo però i danni non sono solo materiali. Abbiamo chiesto qualche consiglio su come proteggerci al dottor Massimo Masserini, psicologo, psicoterapeuta e sessuologo clinico.
Dottor Masserini, quali sono le caratteristiche principali del truffatore e della vittima?
Il truffatore è un abile adulatore e corteggiatore che fa sentire il suo bersaglio unico e desiderato, “speciale”. La maggior parte delle vittime di truffe sentimentali, come mostra una recente ricerca condotta in Italia da un gruppo di specialisti dell’Università di Siena e pubblicata sulla rivista internazionale Clinical Practice and Epide-
miology in Mental Health, sono donne di età compresa tra i 40 e i 60 anni circa, accomunate dall’idea strettamente romantica delle relazioni oltre che dal fatto di nutrire un forte bisogno di vivere emozioni nuove, intense e diverse dalle solite che vivono nella quotidianità, magari percepita come frustrante e appiattita.
C’è qualche campanello d’allarme?
Il truffatore solitamente finge di essere un perfetto fidanzato virtuale, che conserva ben nascosta la propria identità, ma secondo uno studio condotto in Inghilterra (i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Cyberpsychology, Behavior, and Social Networking segnali che possono far capire che molto probabilmente si ha a che fare con un criminale che ha in tenzione di commettere una truffa amorosa. Sono infatti stati identi ficati cinque stadi secondo cui il Romance Scam
> fase di profilazione,
quale il truffatore riceve più informazioni possibili, per poi creare il suo profilo ad hoc sulla base degli interessi e delle passioni della vittima, in modo tale da renderlo più attraente e interessante possibile;
> fase di preparazione, in cui il truffatore, dopo essere riuscito ad attrarre a sè l’attenzione, cerca di indagare attraverso tecniche manipolative quali siano gli aspetti affettivi che mancano nella vita della vittima e promette di soddisfarli. La modalità di interazione è simile
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∞
IN ARMONIA COPPIA
Truffe
A CURA DI MARIA CASTELLANO
questa fase il truffatore esprime spesso il desiderio di incontrare la vittima, ma ciò non sarà mai possibile per cause esterne. Tale fase può durare anche molto tempo, proprio perché l’obiettivo è quello di creare un intenso legame di fiducia: così facendo la vittima cade nel circolo vizioso di una relazione invischiata e dipendente;
> fase di offesa, in cui l’impostore inizia ad avanzare la richiesta di denaro, fino a decretare, nei casi più gravi, la bancarotta della vittima. In questo caso si possono determinare quattro possibili scenari: il truffatore inizia a chiedere una piccola somma di denaro e, una volta ottenuta, avanza una richiesta di denaro più sostanziosa; il truffatore chiede immediatamente una grande cifra; il truffatore chiede una gran quantità di denaro e, qualora la vittima rifiuti, torna nuovamente a chiedere cifre più basse e facilmente ottenibili; in questi casi le richieste di denaro vengono giustificate con problemi improvvisi. L’ultima modalità che può presentare il truffatore è avanzare piccole richieste di denaro per far fronte a spese quotidiane;
> fase di abuso sessuale, nella
quale il criminale umilia sessualmente la vittima sempre tramite web (tale fase però, fortunatamente, non si riscontra spesso);
> fase di rivelazione, in cui, giunto al suo scopo, il criminale sparisce e la vittima innamorata capisce di essere stata truffata. In tali casi la vittima, oltre ad aver subito un vero e proprio reato, punibile e perseguibile dal Codice Penale, avverte la sensazione di aver perso una persona cara e un legame ritenuto da lei importante.
Come è possibile proteggersi?
Ecco alcuni atteggiamenti precauzionali da attuare a prescindere: di fronte a richieste sconosciute è bene insospettirsi; prima di condividere dettagli importanti, foto e materiale privato della vita personale ricordare che i truffatori potrebbero usarli in seguito per un ricatto; inserire la foto e il profilo delle persone con cui si chatta sui motori di ricerca può essere utile per verificare se sono già stati utilizzati; valutare criticamente l’invio di denaro o regali a terze parti e tenere
traccia di eventuali pagamenti e chat, che serviranno eventualmente a denunciare la truffa.
E se si pensa di essere vittima di una truffa sentimentale? È importante interrompere immediatamente i contatti e, se possibile, conservare qualsiasi prova (come i messaggi) che possa identificare il truffatore, presentare una denuncia alle forze dell’ordine e, qualora si siano forniti i dettagli del conto corrente o di qualche carta di pagamento, contattare la propria banca. Non bisogna poi sottovalutare gli effetti psicologici indesiderati che investono la vittima: oltre al forte senso di vergogna, umiliazione e delusione, infatti, si può giungere a malattie psicosomatiche. È bene dunque rivolgersi a specialisti per intervenire quanto prima e ristabilire una condizione di equilibrio emotivo.
DOTT. MASSIMO MASSERINI Psicologo e Psicoterapeuta, Sessuologo clinico MindFit Clinic, Bergamo
“Quando sfuggono al controllo, le emozioni possono rendere stupidi individui intelligenti.”
∞ DANIEL GOLEMAN
Quando la placenta è troppo bassa
∞ A CURA DI GIULIA SAMMARCO
La placenta è un organo che si sviluppa nel corpo della futura mamma unicamente durante la gravidanza e che serve a nutrire il bambino. Ci sono dei casi, però, in cui si posiziona “troppo in basso”, diventando un ostacolo al parto: si parla quindi di placenta previa. Cosa si può fare in questa situazione?
Ce lo spiegano la dottoressa Maria Mauro, specialista in ostetricia e ginecologia, e la dottoressa Monica Vitali, ostetrica e osteopata.
Quali elementi possono favorire lo sviluppo di placenta previa?
I principali fattori di rischio sono un precedente taglio cesareo, essere state sottoposte a interventi chirurgici a livello uterino, un’età della madre non più giovane, parti precedenti, anomalie anatomiche dell’utero e fumo.
Una placenta bassa è sempre pericolosa?
Una placenta più bassa del normale può risalire in modo spontaneo con la crescita dell’utero, senza interferire con il decorso del parto.
In generale solo una donna su 10 che hanno una placenta bassa nelle prime fasi della gravidanza arriverà ad avere una placenta previa al termine della stessa. Quando però la placenta rimane bassa (a livello dell’orifizio uterino interno), c’è il rischio che si distacchi al momento del parto, durante il quale il canale cervicale va incontro a una serie di modifiche, accorciandosi e dilatandosi.
Come si riconosce?
La diagnosi è ormai basata sull’ecografia pelvica transvaginale e avviene spesso a 20 settimane durante l’ecografia morfologica.
Come si deve comportare una futura mamma con placenta previa?
Se la placenta previa rimane stabile e non dà sintomi, la situazione può essere monitorata con delle semplici ecografie. Se invece si manifestano contrazioni e perdite di sangue, spesso la donna viene ricoverata e si valuta come organizzare il parto. Nella maggior parte
dei casi la soluzione più sicura in caso di placenta previa è rappresentata da un parto cesareo, ma la scelta dipende da tanti fattori, in primis dalla distanza tra la placenta bassa e l’orifizio uterino interno:
> se la distanza è maggiore di 2 cm è possibile che la donna partorisca per via naturale (eventualmente programmando la data per prevenire l’insorgenza di emorragia);
> se la distanza è inferiore a 1 cm si ritiene necessario eseguire un taglio cesareo;
> nei casi intermedi non è ancora chiaro al giorno d’oggi quale sia la soluzione ottimale.
Quali altri fattori possono incidere sulla scelta di effettuare un parto cesareo?
Si può fare riferimento all’epoca gestazionale, all’anamnesi (ovvero la storia della persona) ostetrica e alla valutazione del liquido amniotico. Ma oltre alle modalità del parto è molto importante valutare anche il timing del parto (in anticipo rispetto al termine dei nove mesi)
30 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2023
IN FAMIGLIA DOLCE ATTESA
mettendo sulla bilancia i rischi e i benefici di una nascita prematura e di una emorragia, che può diventare più probabile all’aumentare delle settimane di gravidanza.
Quali altri accorgimenti deve seguire la futura mamma in caso di placenta previa?
È importante che la futura mamma segua una dieta equilibrata ricca di ferro per ridurre il rischio di anemia.
La futura mamma deve preoccuparsi?
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portante dare la giusta attenzione alle emozioni e alle sensazioni. Una gravidanza serena è importante sia per la mamma che per il bambino, perché i bambini già nella pancia sentono e vivono le
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emozioni. Quanto più sono positivi i pensieri della mamma tanto maggiore sarà la forza trasmessa per vivere al meglio questo momento unico e speciale.
Maggio/Giugno 2023 | Bergamo Salute | 31
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Il piede piatto nel bambino
Tutti i bambini nascono con i piedi piatti. Si tratta di una condizione normale e molto importante: il grasso presente e l’ampia mobilità delle articolazioni, infatti, consentono al bambino di non farsi male mentre sta imparando a camminare. Con l’aumentare dell’età, sino a circa 10-13 anni, anche il piede cresce, il calcagno si raddrizza, assume un aspetto
migliore e “matura”. E nei casi in cui tutto ciò non succede? Ci aiutano a fare chiarezza i dottori Dario Fracassetti e Maurizio De Pellegrin, ortopedici e traumatologi.
Cosa si intende per piede piatto? Il piede piatto consiste nell’assenza della volta plantare, nella caviglia che cade verso l’interno e nella sporgenza nella parte interna del piede.
Possiamo prevedere già in età infantile quali piedi non andranno incontro in futuro a maturazione spontanea?
Non possiamo prevedere quali piedi non avranno una maturazione e resteranno piatti.
Quindi cosa si può fare?
Mentre è stato dimostrato che l’uso di plantari non stimola lo sviluppo dei piedi, si ritiene che il rinforzo della muscolatura possa dare un contributo positivo. Alcune attività sportive, come danza, arti marziali,
arrampicata, ginnastica artistica, prevedono la stimolazione della muscolatura specifica dei piedi e possono quindi essere considerate come una valida soluzione in attesa della maturazione.
Pertanto i plantari e la fisioterapia sono inutili?
Tre sono le caratteristiche che trasformano il piede da fisiologico a
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∞ A CURA DI MARIA CASTELLANO
DOTT. MAURIZIO DE PELLEGRIN Specialista in Ortopedia e Traumatologia Lifenet Healthcare, Milano
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patologico: il dolore, la presenza di alluce valgo e la tensione o l’accorciamento del tendine di Achille con riduzione dei movimenti della caviglia. Nei bambini che non hanno ancora raggiunto i 10 anni e che si trovano ad avere una o più di queste tre caratteristiche, il plantare può essere utile perché, sostenendo passivamente il piede, ne contrasta i sintomi. Anche la fisioterapia è importante in presenza di tensione e accorciamento degli achillei; in particolare in quei bambini affetti da disfunzioni neuromotorie per i quali spesso non è possibile svolgere attività sportive e per tutti quei bambini che necessitano di training di rinforzo muscolare, di stimolazione propriocettiva (percezione e definizione della posizione nello spazio) del piede quale “organo” su cui appoggia tutto il corpo.
Raggiunta l’età dell’ipotetica maturazione, come si stabilisce se il piede è effettivamente maturato? Nei piedi esageratamente piatti anche per i genitori è semplice individuare il problema, mentre nelle situazioni intermedie servono ulteriori esami di approfondimento, come la classica radiografia,
che possono aiutare lo specialista a “classificare” il grado di deformità del piede. Ulteriore compito dello specialista è riassumere il quadro clinico e spiegare ai genitori la necessità di una correzione chirurgica.
Cosa succede se non si fa alcuna azione correttiva?
Mentre non si può offrire una risposta certa e specifica per il singolo individuo, cioè non è possibile stabilire se raggiunta l’età adulta i piedi avranno problemi, è possibile dare una risposta in termini statistici: possiamo affermare che la maggior parte delle problematiche legate ai piedi che spingono gli adulti a una consulenza ortopedica ha nei piedi piatti la causa principale. A questi pazienti si aggiunge anche la percentuale di adulti affetti da piedi piatti che, pur non dichiarando sintomi evidenti, limitano le proprie attività proprio per evitare che questi insorgano. In un adulto affetto da piedi piatti, se la terapia conservativa (plantari, tutori, scarpe ortopediche) non ha dato alcun risultato, la soluzione potrebbe essere la correzione chirurgica.
Ma l’intervento chirurgico è lo stesso per bambini e adulti?
No, il piede dell’adulto è formato e strutturato; modificarlo significa agire in modo importante sulla struttura ossea del piede. Nei bambini con il piede ancora in crescita, quindi “flessibile”, si agisce limitando un movimento esagerato di un’articolazione e, proprio in virtù dell’elasticità, il piede si corregge con la crescita residua. Tale tecnica si definisce “artrorisi” (limitazione di un movimento patologico) della sottoastragalica (articolazione posta tra le due ossa del retropiede: calcagno e astragalo).
In cosa consiste l’intervento chirurgico?
La tecnica prevede che, attraverso una piccola incisione cutanea, si introduca un dispositivo (vite) nella parte esterna del piede, che proprio come un fermo di una porta, riduce il movimento esagerato tra le due ossa, impedendo al piede di cadere verso l’interno e di deformarsi. Diversi sono i dispositivi che possono essere utilizzati, così come diversi sono i percorsi che potranno essere consigliati nel periodo post-operatorio.
Maggio/Giugno 2023 | Bergamo Salute | 33
Asma nei ragazzi Più la conosci, meglio la gestisci
L’asma rappresenta la malattia infiammatoria cronica delle vie aeree più frequente a livello globale, con una prevalenza che raggiunge il 5-10%. Colpisce circa 340 milioni di persone nel mondo di tutte le età, costituendo un problema sanitario importante, sia per l’impatto negativo che ha sulla qualità di vita di chi ne soffre sia per i costi economici e in termini di perdita di produttività sul lavoro che ne derivano. Inoltre contribuisce a un gran numero di decessi in tutto il mondo, anche tra i giovani. La buona notizia è che oggi è possibile tenerla sotto controllo con terapie efficaci che con-
sentono di svolgere una vita normale senza particolari limitazioni. Come ci spiega il dottor Alessandro Scartabellati, pneumologo.
Dottor Scartabellati, quali sono i sintomi tipici dell’asma?
L’asma causa sintomi respiratori come la tosse, la difficoltà a respirare con respiro sibilante, la costrizione toracica, la limitazione dell’attività fisica e attacchi acuti che talvolta richiedono cure urgenti e possono essere fatali. Tipicamente i sintomi variano nel tempo e spesso si manifestano in condizioni particolari come durante le infezioni virali, durante l’esposizione ad allergeni
domestici o occupazionali (acari della polvere, pollini, scarafaggi) o al fumo di tabacco, durante l’esercizio fisico e in condizioni di stress. Anche alcuni farmaci possono indurre o innescare l’asma, ad esempio i beta-bloccanti e (in alcuni pazienti) l’aspirina o altri farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS).
Si legge spesso che anche l’inquinamento possa rappresentare un elemento “scatenante”. È davvero così?
Sì, sta assumendo sempre più importanza anche il ruolo dell’espo -
Giovani a rischio stress e ansia a causa della malattia
Secondo uno studio del 2016, presentato durante l’Annual Meeting 2016 dell’AAAAI ( American Academy of Allergy, Asthma & Immunology), gli adolescenti (maschi e femmine) di età compresa tra 14 e 17 anni affetti da asma bronchiale dimostrerebbero livelli di percezione ansiosa e di stress maggiori rispetto ai coetanei non asmatici. La gestione della malattia è identica a quella dell’adulto in queste fasce di età.
È spesso però resa più difficoltosa dalla scarsa conoscenza della malattia stessa da parte del giovane paziente e a volte dal rifiuto di essere malato. Superate queste condizioni il giovane può invece condurre una vita assolutamente normale, compresa l’attività sportiva agonistica che, anzi, viene incentivata.
34 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2023
∞ A CURA DI SARA CARRARA
IN FAMIGLIA RAGAZZI
sizione al particolato ambientale dell’inquinamento atmosferico, sia da solo sia come coadiuvante e aggravante delle reazioni allergiche. L’epitelio respiratorio (ovvero il rivestimento interno delle muscose delle vie aeree), infatti, viene attivato non più solo dalle reazioni allergiche, ma anche dalle reazioni dirette delle particelle inquinanti e dalla temperatura elevata. All’inquinamento infatti si aggiunge anche l’impatto dei cambiamenti climatici, che per esempio modificano la stagionalità di presentazione degli allergeni e peggiorano la qualità dell’aria. Nelle aeree urbane, dove è maggiore l’inquinamento ambientale, i pollini assorbono sulla loro superficie il particolato atmosferico aumentando il loro potenziale allergenico. In definitiva il polline, che rappresenta una delle cause più frequenti di asma (esiste anche l’asma non allergica), l’inquinamento atmosferico e il clima (ricordiamo che anche i temporali sono in grado di scatenare crisi di asma) interagiscono fra di loro e influenzano la manifestazione clinica dell’asma.
Esistono terapie efficaci per il trattamento dell’asma?
A questo proposito vanno fatte due premesse. Innanzitutto che l’asma è una malattia cronica e quindi si può curare e controllare ma non guarire; la seconda è che purtroppo l’asma è molto spesso
sottovalutata, ritenuta di facile controllo e molti pazienti si “curano da soli” utilizzando un farmaco che è diventato il paradigma della terapia, cioè il salbutamolo solfato. Dal 2019 però le linee guida internazionali hanno dimostrato che il solo uso di questo farmaco espone il paziente a potenziali rischi di crisi gravi in quanto viene tamponato il sintomo ma non combattuta l’infiammazione che sta alla base della malattia. È quindi necessario per prima cosa diagnosticare correttamente l’asma (per farlo è indispensabile la spirometria) e curarla fino a ottenerne il controllo, che viene definito dall’assenza di sintomi ma anche dall’evitare rischi futuri di rimodellamento, cioè di alterazione strutturale irreversibile della parete dei bronchi conseguente al cronicizzarsi dell’infiammazione. Il trattamento dipende dalla gravità della malattia e deve essere sempre concordato con lo specialista, che potrà verificarne periodicamente anche l’efficacia: nei casi di asma lieve-moderata la terapia si basa su utilizzo di spray o polveri inalatorie contenenti obbligatoriamente un cortisonico cronico eventualmente associato a un broncodilatatore (in pazienti collaboranti può essere usata anche solo al bisogno). L’asma di maggior gravità prevede invece una terapia perenne, quotidiana, eventualmente con associazione di altri farmaci broncodilatatori o antinfiammatori. Nei casi, infine,
di asma grave, che riguarda circa il 5% dei pazienti asmatici, oggi se accuratamente studiata (fenotipizzata) ci si può avvalere, invece della sola terapia cortisonica (per bocca o iniezioni) come in passato, anche di nuovi farmaci, biologici, costituiti da anticorpi monoclonali indirizzati verso le molecole che determinano la broncocostrizione dell’asma. Questi farmaci sono estremamente efficaci e cambiano la vita al paziente con asma grave, evitando anche gli importanti effetti collaterali della terapia cortisonica. In qualunque forma di asma è comunque indispensabile che la malattia venga ben conosciuta dal paziente e che la terapia venga concordata fra medico e paziente. Questo può evitare un grosso problema della terapia, rappresentato dalla mancanza dell’aderenza.
Maggio/Giugno 2023 | Bergamo Salute | 35
DOTT. ALESSANDRO SCARTABELLATI Specialista in Pneumologia Centro Diagnostico Treviglio Gruppo San Donato
Sarcopenia: quando i muscoli perdono forza
Generale senso di debolezza, perdita di resistenza, scarso equilibrio: sono questi i segnali della sarcopenia, una condizione diffusa dopo una certa età, sottostimata e ancora poco conosciuta, che comporta una fisiologica perdita di massa e di forza muscolare. Anche se si tratta di una modifica del corpo del tutto “naturale”, è possibile intervenire per garantire alla persona anziana un buon invecchiamento. Ce ne parla la dottoressa Sara Zazzetta, geriatra.
Dottoressa Zazzetta, innanzitutto cosa si intende per sarcopenia?
Sarcopenia deriva dal greco sarkòs (carne/muscolo) e penia (povertà/ mancanza). È una condizione in cui i muscoli si assottigliano e parte delle fibre viene sostituita da tessuto grasso, con una conseguente riduzione della loro forza e resistenza. Recenti studi hanno dimostrato che ai problemi muscolari spesso si associano anche alterazioni di altri organi e sistemi (vascolare, immunitario, ormonale, osseo),
oltre che trasformazioni sul piano psico-affettivo e cognitivo.
Si tratta di una malattia o di un processo normale dopo una certa età?
La sarcopenia è un fenomeno naturale, fisiologico, che inizia intorno ai 30-40 anni d’età, ma che mostra un rapido peggioramento dopo i 65, per il quale non esiste una cura risolutiva. Sedentarietà e dieta povera di proteine sono i principali elementi che ne accelerano la progressione, ma l’evoluzione della condizione è favorita anche da malnutrizione, malassorbimento e malattie come tumori, patologie endocrine, gastrointestinali, difficoltà di masticazione.
Come è possibile capire quando ci si trova effettivamente di fronte a sarcopenia?
La diagnosi di sarcopenia richiede un’accurata anamnesi, ovvero la raccolta delle informazioni sulle patologie e sulle abitudini di vita del paziente, e una visita medica, a cui si aggiungono alcuni esami
strumentali per stabilirne il grado di severità. Tra i principali si citano: > la bioimpedenziometria, che è attualmente considerata l’esame più adeguato a quantificare la massa muscolare, rappresentando una valida alternativa alle metodiche più complesse e costose come la DEXA, la risonanza magnetica e la TAC. L’esame, sicuro e della durata di pochi minuti, permette di conoscere
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∞ A CURA DI MARIA CASTELLANO
DOTT.SSA SARA ZAZZETTA Specialista in Geriatria Ospedale Briolini Gazzaniga ASST-Bergamo Est
IN FAMIGLIA TERZA ETÀ
Una condizione diffusa, ma ancora poco conosciuta
la composizione corporea in termini di tessuto grasso, tessuto magro e contenuto d’acqua, dati attraverso cui è possibile determinare la massa muscolare, dato essenziale per la diagnosi di sarcopenia;
> l’esame per valutare la forza muscolare, che viene effettuato attraverso l’ hand grip, uno strumento simile a una maniglia che permette di determinale la forza di prensione della mano. Il paziente è invitato a stringere lo strumento con quanta più forza possibile per almeno cinque secondi: minore sarà la forza registrata, maggiore sarà il rischio di sarcopenia;
> l’esame per valutare la performance fisica, che di solito prevede il test della velocità del cammino. Questo test si effettua invitando il paziente a camminare normalmente per una distanza di 5-6 metri e misurando il tempo necessario a percorrere tale tragitto: è indicativo di sarcopenia il risconto di una velocità inferiore a 0,8 metri al secondo, in assenza di altre plausibili cause di difficoltà deambulatoria. La riduzione della massa muscolare permette, da sola, di porre diagnosi di pre-sarcopenia, mentre se vi è una concomitante alterazione di uno degli altri due esami (test del cammino o della forza di prensione) si parla di sarcopenia; la contemporanea positività dei tre test è invece indicativa di sarcopenia severa.
È possibile intervenire in qualche modo?
Per quanto non esistano vere e proprie cure per la sarcopenia, è pos-
sibile rallentarne la progressione con alcuni accorgimenti. È molto importante svolgere un’adeguata attività fisica, praticando per almeno due volte alla settimana esercizi che permettano di sviluppare la forza e la resistenza dei muscoli di tutto il corpo. Anche l’alimentazione è fondamentale: vanno assunti cibi ricchi di proteine come pesce, frutta secca, formaggi, legumi, carne, uova, e devono essere assunte almeno 3-5 porzioni di frutta e verdura al giorno; da evitare invece cibi a elevato contenuto di sale, grassi e zuccheri. Gli studi scientifici più recenti suggeriscono che, per tutelare l’anziano dalla sarcopenia, sia necessario assumere quotidianamente circa 1,2 grammi di proteine per ogni chilogrammo di peso corporeo; tale regola generale deve essere tuttavia adattata al singolo caso previo giudizio medico, per esempio in caso di insufficienza renale.
Qualora la dieta non fosse sufficiente, si dovrebbero assumere integratori a base di proteine o aminoacidi a catena ramificata,
elementi indispensabili per la costituzione delle proteine stesse e, di conseguenza, per lo sviluppo dei muscoli.
A quali rischi può esporre?
Un anziano sarcopenico è una persona ad alto rischio di fragilità e disabilità. La riduzione della massa muscolare, infatti, porta a un inevitabile calo del livello di attività fisica, peraltro spesso già limitata per l’età, che conduce a una minore resistenza agli sforzi, a scarso equilibrio con tendenza alle cadute, a difficoltà nel compiere le attività della vita quotidiana fino ad arrivare, nei casi più gravi, all’allettamento.
Maggio/Giugno 2023 | Bergamo Salute | 37
Tisane drenanti per una pulizia naturale
Sensazione di gonfiore, soprattutto alle gambe e alle caviglie, e ritenzione idrica. Chi non ne ha mai sofferto e chi non vorrebbe liberarsene, meglio se in modo naturale? Un aiuto può venire dalle tisane, utili per drenare i liquidi in eccesso. Scopriamo quelle più efficaci con la dottoressa Chiara Masseroni, farmacista.
Dottoressa Masseroni, cosa si intende con il termine “drenare”?
Drenare significa eliminare liquidi intracellulari che gonfiano e peggiorano la circolazione: è un processo di depurazione. All’interno del nostro corpo, infatti, è presente il sistema linfatico, il cui compito è quello di raccogliere le sostanze di scarto dai tessuti e favorirne l’eliminazione. Ma mentre nel sistema circolatorio è il cuore la pompa che permette al sangue di circolare, nel sistema linfatico sono i muscoli che, contraendosi, permettono alla linfa di scorrere nei vasi: ecco perché quando rimaniamo fermi per molto tempo, magari nella stessa posizione, la linfa tende a ristagnare, gonfiando i tessuti cir-
costanti (come per esempio i piedi e le gambe).
Perché le tisane drenanti possono essere utili?
Perché bere fa bene e bere acqua “funzionale”… fa meglio! La tisana, infatti, è un idrolito, cioè un preparato che si ottiene dalla macerazione della pianta secca in un solvente appropriato: l’acqua. Anche gli infusi e i decotti sono idroliti, ma si preparano in modi diversi.
Come si formula una tisana?
La sua preparazione non è frutto di
INTEGRAZIONE SÌ, MA ASSOCIATA A UN’ALIMENTAZIONE EQUILIBRATA
Bisogna ricordare che l’integrazione con una tisana drenante non deve essere considerata come un sostituto di un’alimentazione sana e completa, ricca di fibre, vitamine e minerali e tanta acqua.
improvvisazione e la sua composizione obbedisce a regole precise. Gli ingredienti di una tisana sono quattro:
> rimedio di base (1-2 piante max con azione funzionale spiccata);
> coadiuvante (esalta l’attività del rimedio di base);
> complemento (assicura alla tisana aspetto e consistenza);
> correttore (ne migliora il sapore)
I mix di componenti riescono a sfruttare in sinergia le proprietà di diverse piante e risultano pertanto più completi nell’azione e più gradevoli nel gusto.
Quali erbe si dimostrano più efficaci?
Tante piante hanno questa funzione “pulisci cellula”, tra le più importanti ricordiamo la betulla, il frassino, il ciliegio, l’orthosiphon e il tè verde, ma anche il carciofo, il tarassaco e la fumaria (più depurativi) e infine la gramigna e la pilosella (più diuretiche).
Come si prepara una tisana e quanta bisognerebbe consumarne?
Si prepara facendo bollire l’acqua e
38 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2023
IN FORMA BELLEZZA
∞ A CURA DI SARA CARRARA
versandola direttamente sulla pianta. Poi bisogna coprire e attendere il tempo necessario, solitamente dai 10 ai 15 minuti, infine filtrare e consumare tiepida. L’ideale sarebbe berne 2 o 3 tazze al giorno, da affiancare sempre ai 2 litri di acqua quotidiani, utili a mantenere un equilibrio tra idratazione e drenaggio. È preferibile assumere i drenanti la mattina, secondo la posologia indicata per ciascuno di essi.
E se si ha poco tempo a disposizione?
Se non si ha modo di attendere i 10-15 minuti necessari per la macerazione/estrazione si può ricorrere
a preparati pronti, solo da diluire, o anche compresse da sciogliere: in un minuto la tisana sarà pronta.
Ci sono effetti collaterali o controindicazioni?
Generalmente non si riscontrano effetti collaterali, ma alcune persone potrebbero andare incontro a fastidi come problemi all’intestino, legati alle sostanze lassative eventualmente presenti, abbassamento della pressione, per la perdita di liquidi, e giramenti di testa, per la perdita di sali.
In questi casi si consiglia di programmare l’assunzione della tisana a giorni alterni. È bene invece
sospendere immediatamente la tisana in caso di allergie.
È poi sempre importante consultare il proprio medico, soprattutto in presenza di problemi renali, disturbi cardiovascolari e durante la gravidanza e l’allattamento.
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Maggio/Giugno 2023 | Bergamo Salute
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DOTT.SSA CHIARA MASSERONI Farmacista
Bici muscolare o bici elettrica? Non è solo una questione di gusto
Negli ultimi anni l’arrivo sul mercato della bicicletta elettrica, ovvero della bici con pedalata assistita o e-bike, ha diviso appassionati e addetti ai lavori sul suo utilizzo, sia in termini di prestazioni che di sicurezza. Senza entrare nel merito della diatriba tra puristi e non, abbiamo chiesto qualche informazione tecnica al dottor Massimo De Nardi, laureato in Scienze motorie, e Silvia Allemano, chinesiologa sportiva e personal trainer.
Non si parla di bici elettrica solo tra amici e appassionati… Proprio così. L’anno 2022 ha fatto registrare il picco di articoli scientifici pubblicati proprio su questo argomento. Tra gli aspetti più studiati ci sono l’allenamento con e-bike in persone con diabete mellito di tipo 2, persone colpite da tumore al seno, paraplegiche, che sono sopravvissute a un infarto e, infine, in sovrappeso o con obesità. Si intuisce quindi come il dibattito se la bici con pedalata assistita possa essere una valida alternativa alla bici muscolare debba essere
affrontato anche da professionisti quali medico di base, fisiatra, ortopedico, chinesiologo, fisioterapista e da tutte quelle figure professionali che mirano a promuovere l’attività fisica quale strumento di prevenzione e di miglioramento dello stato di salute della persona.
Quindi non si tratta solo di una preferenza personale. Che si tratti di persone con patologie, sedentari o neofiti, l’utilizzo della bici con pedalata assistita va preso sicuramente in considerazione, se non addirittura consigliato.
La ricerca scientifica ha fornito risultati interessanti?
Secondo un gruppo di ricercatori francesi dell’Istituto di Scienze del Movimento di Marsiglia riducendo la sensazione di fatica, pur mantenendo comunque un dispendio energetico sufficientemente elevato, l’e-bike ha un grande potenziale per promuovere l’attività fisica nelle società industrializzate come la nostra. Un altro studio, pubblicato sull’International Journal of
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∞ A CURA DI CLAUDIO GUALDI
SILVIA ALLEMANO Chinesiologa sportiva e personal trainer Krioplanet Treviglio
IN FORMA FITNESS
DOTT. MASSIMO DE NARDI Dottore in Scienze motorie
Behavioral Nutrition and Physical
Activity nel 2017, invece, ha osservato che le persone che passano, per il tragitto casa-lavoro, dall’auto alla bici elettrica mostrano nel tempo gli stessi miglioramenti a livello cardiovascolare rispetto a coloro che utilizzano la bici tradizionale. Inoltre, essendo le bici elettriche tendenzialmente più pesanti di quelle tradizionali, il loro utilizzo porta a un adattamento della forza muscolare ancora più rapido. In sostanza, possiamo tranquillamente affermare che, a livello condizionale, cioè dell’energia consumata per lo sforzo fisico, le e-bike hanno ben poco da invidiare alle bici muscolari. Bisogna però ricordare che la letteratura scientifica ha posto l’attenzione anche sul fattore sicurezza.
In che senso?
Anche tra i ricercatori ci si interroga
se questa tipologia di bici sia sicura per la popolazione generale. Infatti l’e-bike è solitamente più pesante di una bici tradizionale e un non atleta può raggiungere velocità più alte rispetto al solito, con un maggior rischio di incorrere in incidenti stradali. Uno dei pericoli principali, in questo caso, è quello relativo al trauma cranico. Un recente studio cinese, pubblicato sulla rivista internazionale Traffic Injury Prevention, consiglia di effettuare campagne di sensibilizzazione sulla sicurezza e sui regolamenti stradali, in modo da aumentare l’attenzione e la consapevolezza dei ciclisti, chiedendo inoltre alle varie autorità competenti di implementare una nuova regolamentazione per quanto riguarda i caschi.
Efficacia con uno sguardo alla sicurezza, quindi… Sulla base di quanto emerso dalle ri-
cerche degli ultimissimi anni auspichiamo che l’utilizzo della bici elettrica venga sempre più promosso dai professionisti della salute a tutte quelle categorie di persone che hanno la necessità di muoversi ma che allo stesso tempo, senza un ausilio come quello della pedalata assistita, lo farebbero con molta più difficoltà. Allo stesso tempo sarebbe opportuno che, quantomeno a livello locale, le autorità coinvolte in progetti di mobilità sostenibile, promozione dell’attività fisica e di sicurezza stradale, iniziassero a strutturare dei progetti comuni per regolamentare l’utilizzo di questa tecnologia.
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24 g Lievito per dolci
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1 pizzico di vaniglia e sale
qb Scorza di limone
PREPARAZIONE
Montare a neve ferma i bianchi d’uovo con un pizzico di sale. Frullare le zucchine con il succo di limone e la scorza grattugiata, aggiun gere l’olio di girasole, i rossi d’uovo e frullare di nuovo.
Setacciare la farina con il lievito, unirvi poi le mandorle e la vaniglia. Unire il composto di farina a quello di purea di zucchine e amalgamare bene. In ultimo aggiungere i bianchi montati (avendo cura di non smontarli), delicatamente, mescolando dall’alto al basso.
Spennellare bene con l’olio di girasole uno stampo per ciambelle, versarvi il composto, decorare con le mandorle rimanenti e cuocere a forno caldo a 165 °C per circa 45 minuti.
Questa ciambella è la soluzione ideale per chiudere in dolcezza un pic-nic all’aria aperta!
42 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2023
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Maggio/Giugno 2023 | Bergamo Salute | 45
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46 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2023
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48 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2023
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RUBRICHE GUIDA ESAMI
Tonometria
Permette di misurare la pressione dell’occhio rapidamente e in modo indolore: è la tonometria, un esame semplice ma molto importante, ad esempio per la diagnosi precoce del glaucoma, patologia oculare che se trascurata può portare alla cecità. Approfondiamone le principali caratteristiche con la dottoressa Laura de Polo, oculista.
Dottoressa de Polo, a cosa serve la tonometria?
Durante la giornata la pressione interna dell’occhio può aumentare o diminuire in modo naturale, ma a volte questi cambiamenti sono legati a traumi, interventi chirurgici precedenti, terapie che si stanno assumendo o a malattie dell’occhio. Ecco perché è importante tenere controllati i valori della pressione oculare (o tono oculare).
Come si misura la pressione oculare?
Si utilizza uno strumento specifico, detto tonometro. Ne esistono di diversi tipi, che possono essere suddivisi in due gruppi principali: > tonometro che entra in contatto con la cornea (la porzione
trasparente dell’occhio posizionata davanti all’iride, che è la parte “colorata” del nostro occhio. In questo caso viene solitamente utilizzato il tonometro ad applanazione o di Goldmann. Dopo aver messo una goccia di collirio anestetico, lo strumento viene appoggiato in modo leggerissimo alla porzione centrale della cornea e da qui misura la pressione. In questo caso il paziente deve mantenere l’attenzione, rilassarsi
e non trattenere il respiro, non chiudere gli occhi e guardare la punta dello strumento davanti a sé, illuminato da una luce azzurra;
> tonometro senza contatto. Esistono in commercio strumenti che utilizzano un meccanismo “a getto d’aria” oppure “a rimbalzo” e per i quali non è necessario il collirio anestetico. Sono un poco meno precisi dei tonometri a contatto, ma sono utili per
50 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2023
∞ A CURA DI MARIA CASTELLANO
Come e perché
è importante misurare la pressione dell’occhio
i pazienti con blefarospasmo (una sorta di tic che fa chiudere la palpebra), che hanno difficoltà a mantenere gli occhi aperti e nei bambini.
In quali casi è indicata la tonometria?
La misurazione della pressione oculare è consigliata durante le visite oculistiche routinarie per tutti i pazienti sopra i 20 anni e, se vi è il sospetto di aumento della pressione dell’occhio, anche in età pediatrica. Se il paziente ha un famigliare, di primo o secondo grado, affetto da glaucoma (patologia che colpisce il nervo ottico e che se non trattata causa una graduale perdita della vista), è consigliabile
effettuare l’esame ed eventualmente ulteriori accertamenti che verranno consigliati in sede di visita.
È un esame doloroso o pericoloso?
Assolutamente no. Si tratta di una tecnica minimamente invasiva, non pericolosa e non dolorosa che può essere ripetuta anche più volte durante l’arco della giornata. In questo caso si costruisce quella che viene definita “curva tonometrica”, che mostra l’andamento della pressione nel tempo.
È necessaria una preparazione?
DOTT.SSA LAURA DE POLO
Consulente presso Centro Oculistico Bergamasco
una curva tonometrica, è quella di avere la possibilità di rimanere o tornare nel centro medico di riferimento più volte per la misurazione durante l’arco della giornata. • Diabete • Cardiopatie • Ipertensione
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Maggio/Giugno 2023 | Bergamo Salute | 51
Non è richiesta una preparazione specifica prima dell’esame. L’unica accortezza, se si deve eseguire A TUTTI COLORO che per motivi di salute necessitano di un percorso di allenamento personalizzato e monitorato e che evidenziano le seguenti patologie: • Obesità • Controllo del peso
Specialista in Oculistica
L’acqua per trasmettere emozioni
L’efficacia della riabilitazione fisica in acqua è ben nota, ma forse meno conosciuta è la capacità dell’acqua di agire anche a livello emotivo e relazionale.
La TMA, ovvero la Terapia Multisistemica in Acqua Metodo Caputo Ippolito, si propone di utilizzare l’acqua come attivatore emozionale, sensoriale e motorio capace di spingere il bambino con disturbi della comunicazione, relazione, autismo e disturbi generalizzati dello sviluppo a una relazione significativa. Conosciamo meglio questa terapia con l’aiuto della dottoressa Claudia Milani Brugna, psicologa.
Qual è l’obiettivo della TMA?
La Terapia Multisistemica in Acqua metodo Caputo Ippolito nasce con l’obiettivo di inserirsi in un progetto
riabilitativo globale, che cura in particolar modo gli aspetti relazionali, emotivi e di integrazione sociale. Tutte le capacità acquisite durante le sessioni di terapia, comprese quelle natatorie (ovvero legate al nuoto), vengono utilizzate come veicolo per giungere al fondamentale processo di socializzazione e integrazione con i propri coetanei.
Chi può trarne beneficio?
La TMA è rivolta a bambini con disturbo dello spettro autistico e disturbi generalizzati dello sviluppo, a bambini con ritardo mentale e ritardo psicomotorio, disturbo iperansioso dell’infanzia, disturbo dell’attenzione e dell’iperattività, fobia specifica dell’acqua, fobia sociale, sindrome di Down, disturbi motori e disturbo della relazione e della comunicazione.
Come si applica?
La TMA si articola in 4 fasi: valutativa, emotivo-relazionale, senso-natatoria e dell’integrazione sociale. Attraverso diverse tecniche psicologiche e fondandosi sul rapporto umano, agisce attenuando i sintomi, modificando positivamente i processi comunicativo-relazionali e inducendo importanti cambiamenti interni sul piano del comportamento e dell’interazione sociale. La validità del percorso terapeutico è assicurata dalla presenza costante di uno psicologo adeguatamente formato con la funzione di supervisore e da terapisti o tecnici della TMA.
Quali sono i risultati che si possono ottenere?
Il miglioramento può essere evidente in diverse aree. Per esem -
52 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2023
∞ A CURA DI SARA CARRARA
RUBRICHE ALTRE TERAPIE
COME È NATA LA TMA?
Frutto di oltre 25 anni di esperienza con bambini con disturbo dello spettro autistico, disturbi generalizzati dello sviluppo e altre patologie, il metodo è stato elaborato in Italia da due psicologi, i dottori Caputo Giovanni e Ippolito Giovanni, quest’ultimo già autore insieme a Gambatesa
Maria Michela e Sanità
Maria Lucia Ippolito della favola “Calimero e l’amico Speciale”, racconto didattico realizzato per migliorare l’integrazione nella scuola dei bambini autistici.
pio in quella relazionale, con un aumento dello sguardo diretto, dei contatti corporei, della ricerca spontanea e intenzionale della figura di riferimento, della condivisione del gioco e della capacità di sviluppare relazioni con i coetanei. Si possono ottenere miglioramenti anche nelle capacità comunicative (verbali e non verbali) e cognitive, come l’aumento dei tempi d’attenzione e delle capacità imitative; una stimolazione delle capacità psicomotorie e l’apprendimento delle capacità natatorie, oltre a progressi a livello emotivo e comportamentale, con diminuzione dei comportamenti problematici grazie alla canalizzazione dell’ag-
gressività in modo funzionale, aumento dell’espressione emotiva e riconoscimento delle emozioni, diminuzione delle stereotipie (ripetizioni di una serie costante di comportamenti) e miglioramenti nell’autonomia personale.
DOTT.SSA
CLAUDIA MILANI BRUGNA Psicologa Cremona
Antiparassitari per bocca e spot on: quali scegliere?
∞ A CURA DI CLAUDIO GUALDI
Con il periodo primaverile ed estivo torniamo a fare molta più attività all’aria aperta insieme ai nostri amici a quattro zampe e aumentano così le possibilità di incorrere in rischi per la loro salute. Tra questi infezioni o patologie più gravi che possono scaturire dall’incontro con parassiti e insetti, un pericolo sia per i cani sia per i gatti. È bene quindi adottare qualche precauzione in più nella bella stagione, anche se la protezione dai parassiti (come pulci, zecche e parassiti interni) va fatta nel corso di tutto l’anno. Abbiamo chiesto qualche suggerimento in merito al dottor Michele Allegrini, medico veterinario.
Dottor Allegrini, come possiamo proteggere i nostri pet dai parassiti?
Per proteggere i nostri amici a quattro zampe è bene adottare una profilassi antiparassitaria, ossia una misura preventiva che consente di ridurre il rischio di sviluppare malattie potenzialmente gravi causate da infestazioni di ectoparassiti – cioè parassiti che vivono fuori dall’animale, come pulci, zecche, zanzare, pappataci – e di endoparassiti – cioè parassiti che vivono dentro l’ospite, ossia all’interno dell’organismo dell’animale.
La primavera di norma è il periodo più indicato per sottoporre il pet alla profilassi antiparassitaria in quanto con il caldo i parassiti iniziano ad aumentare. Tuttavia, a causa dei cambiamenti climatici è bene fare attenzione e proteggere i nostri animali tutto l’anno e a prescindere dalla zona in cui si abita.
Quali problemi possono causare i parassiti?
Il morso di un parassita può provocare fastidi più o meno problematici. Se pensiamo agli effetti diretti, ci possono essere reazioni allergiche, dermatiti, anemia, diarrea etc. Ma questi animaletti possono tra-smettere anche altre malattie come leishmaniosi, filariosi polmonare (o filaria), piroplasmosi, erlichiosi per citarne alcune. Nei casi più gravi, l’animale può arrivare a rischiare la morte.
In cosa consiste la profilassi antiparassitaria?
Gli antiparassitari vengono prescritti dal medico veterinario in base alle necessità di ciascun pet, possono quindi variare in base alla razza, all’età, allo stile di vita e alla presenza di altri eventuali trattamenti in corso o patologie. Possono essere assunti sotto diverse forme e la durata dei trattamenti
varia da caso a caso. Il medico veterinario saprà consigliare su quali orientarsi.
Quali antiparassitari sono indicati per il cane?
Per i cani oltre i sei mesi di vita è possibile scegliere tra differenti prodotti, come per esempio il collare antiparassitario che, con il suo effetto repellente, allontana pulci, zecche, pappataci e flebotomi e riduce così il rischio di contrarre la leishmaniosi attraverso le loro morsicature o punture. I collari hanno una durata dai quattro ai 10 mesi circa, in base al tipo di prodotto e alla carica parassitaria dell’ambiente in cui vive il pet. Oltre a questi, si possono utilizzare antiparassitari spot on (gocce da applicare sulla cute) o compresse che agiscono contro pulci, zecche e pidocchi. L’efficacia delle gocce varia dalle tre alle quattro settimane, inoltre non si deve toelettare il pet nei giorni precedenti e subito dopo l’applicazione altrimenti si rischia che non facciano effetto. La raccomandazione è utilizzare prodotti adatti al peso dell’animale. Negli ultimi anni sono stati messi sul mercato anche antiparassitari da prendere per bocca, che possono avere un raggio d’azione ampio e sono indipendenti da bagni e docce.
54 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2023
RUBRICHE ANIMALI
È bene però ricordare che non garantiscono l’effetto repellenza di collari e spot on
Quali invece per il gatto?
Anche per i gatti si utilizzano collari antiparassitari, che di solito sono ben tollerati ma sconsigliati se il gatto esce (non tanto perché potrebbe rimanere impigliato — sono studiati per staccarsi in caso di tensione — ma perché potrebbero perderlo nel loro girovagare) con l’aggiunta di spot on e compresse. Nel caso delle gocce è importante che il gatto non si lecchi dopo il trattamento, sia per non ridurne l’effetto, sia per la loro tossicità se ingerite. È bene sottolineare che esistono prodotti specifici e studiati per il cane e per il gatto ed è
importante non somministrare ai gatti e non farli entrare in contatto con i prodotti per i cani, perché possono essere per loro molto tossici.
Esistono controindicazioni?
Come per tutti i farmaci, anche quelli antiparassitari possono avere effetti collaterali. I più diffusi sono reazioni locali quali irritazione con perdita di pelo e prurito intenso; quelli sistemici vanno da emicrania, febbre, tremori, vomito, nausea, diarrea, dolori muscolari e articolari, fino a disfunzioni renali. Non bisogna farsi spaventare: di solito scompaiono nell’arco di poco tempo; se dovessero permanere è bene rivolgersi al proprio medico veterinario. In altri casi può invece
capitare che il prodotto non funzioni: ci sono diverse motivazioni, tra cui tolettature troppo frequenti che possono rimuovere l’antiparassitario o resistenza al farmaco. Anche in questo caso, una visita dal veterinario permetterà di analizzare la situazione ed eventualmente correre ai ripari.
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Sindrome metabolica Per un problema complesso, una risposta coordinata
L’83% della popolazione europea sopra i quarant’anni presenta l’alterazione di almeno uno dei fattori che possono portare allo sviluppo della sindrome metabolica, ovvero livelli di colesterolo, trigliceridi e zucchero nel sangue e circonferenza addominale.
«Questa problematica è sempre più diffusa nei Paesi sviluppati e sta aumentando anche tra bambini e adolescenti» aggiunge la dottoressa Beatrice Granata, farmacista.
Come si può definire la sindrome metabolica?
Con il termine “sindrome metabolica” non si indica una singola patologia, ma un insieme di malattie e/o fattori predisponenti di origine mista. Tra questi si possono includere sovrappeso e/o obesità, fattori genetici, insulinoresistenza e diabete mellito di tipo 2, infiammazione sistemica, sedentarietà, ipernutrizione ed età avanzata. Un ruolo importante è giocato anche dall’ambiente: la contaminazione di cibo, acqua e atmosfera dovuta all’industrializzazione dell’agricoltura e all’utilizzo di pesticidi può infatti determinare modifiche del
microbiota intestinale e alterazioni ormonali e metaboliche.
Quasi tutti abbiamo almeno un valore alterato quando ci sottoponiamo agli esami del sangue: significa che siamo tutti a rischio di sviluppare la sindrome metabolica?
Per diagnosticare la sindrome metabolica è necessaria la contemporanea presenza di tre o più dei seguenti parametri:
> obesità addominale (circonferenza vita: uomini superiore a 94 cm e donne superiore a 80 cm);
> ipertrigliceridemia (trigliceridi nel sangue superiori a 150 mg/dl);
> colesterolo HDL basso (uomini inferiore a 40 mg/dl, donne inferiore a 50 mg/dl);
> ipertensione arteriosa (sistolica superiore a 130 mmHg e diastolica superiore a 85 mmHg);
> iperglicemia (zuccheri nel sangue a digiuno maggiori di 100 mg/dl).
Non è detto che l’alterazione di questi parametri si verifichi con-
temporaneamente: di solito, infatti, si parte da un singolo parametro alterato e, se non si interviene in tempo con la modifica dello stile di vita o con una terapia, seguono a cascata tutti gli altri. Ecco perché è importante riconoscere il rischio di sindrome metabolica anche in presenza della modifica di un solo parametro: in tale modo si potrà evitare l’insorgenza di altre patologie dannose per l’organismo, come apnee notturne, infiammazione sistemica, ovaio policistico, ipogonadismo ed artrosi, ma anche sintomi mentali, come difficoltà di attenzione.
Ha accennato alla modifica dello stile di vita… Esatto. È infatti possibile prevenire la sindrome metabolica attraverso l’adozione di uno stile di vita sano, una dieta varia ed equilibrata e facendo attività fisica.
L’esercizio fisico regolare, anche moderato, mantiene costante la glicemia, riduce l’insulinoresistenza e i livelli di trigliceridi, aumenta i valori del colesterolo HDL (il cosiddetto colesterolo “buono”) abbassando quelli del colesterolo
56 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2023
∞ A CURA DI GIULIA SAMMARCO
DAL
TERRITORIO FARMACIE
LDL (“cattivo”), previene l’ipertensione, favorisce la perdita di peso e la riduzione del grasso corporeo, soprattutto quello addominale. I benefici aumentano ancora di più se all’esercizio fisico si associa una modifica delle abitudini alimentari, volta a diminuire l’assunzione di zuccheri, grassi, sodio e colesterolo.
E se, nonostante la buona volontà, non si ottengono i risultati sperati?
Qualora queste misure non dovessero essere sufficienti, il medico potrebbe prescrivere una terapia farmacologica per tenere sotto controllo l’ipertensione, abbassare il colesterolo e i trigliceridi o ridurre la glicemia. Per fare questo, però, si può andare incontro all’assunzione di più farmaci contemporaneamente. Spetta al medico scegliere il principio attivo e la posologia più indicati per il paziente, in base alla gravità della malattia, allo stato di salute del paziente e alla sua risposta alla cura. Numerosi studi hanno evidenziato che prima di arrivare a una politerapia è possibile inserire nella dieta particolari complessi di fibre solubili e insolubili che aiutano a riequilibrare specifici fattori, come colesterolo, trigliceridi e glicemia.
Di quali complessi si tratta in particolare?
Esistono diversi integratori disponibili, trai quali spiccano quelli a base di:
> Gymnema.
Pianta originaria dell’India e dei Paesi dell’Africa Centrale con attività ipoglicemizzante attraverso differenti meccanismi d’azione;
> L-Carnosina.
Piccola proteina che vanta una
potente azione antiossidante, rallentando l’invecchiamento delle cellule e proteggendo da malattie cardiovascolari, ischemia e infarto;
> Oleuropeina.
Polifenolo contenuto nelle foglie e nei frutti dell’Olea europea (olivo) con attività cardioprotettive, neuroprotettive, antinfiammatorie, antiossidanti e anti-tumorali;
> Coenzima Q10.
Enzima coinvolto nella produzione e nella gestione dell’energia. Ha un’importante azione antiossidante e per questo viene utilizzato nella prevenzione delle malattie cardiovascolari, dell’ipertensione, delle patologie neurodegenerative e dell’invecchiamento cellulare;
> Cannella.
Spezia costituita dalla corteccia essiccata di alcuni alberi appartenenti alla famiglia delle Lauraceae, tra cui Cinnamomum zeylanicum (cannella propriamente detta) e Cinnamomum cassia (cannella cinese). Ha attività antibatterica, antisettica e digestiva, ma anche antipertensiva e ipoglicemizzante;
> Gelso bianco.
È un albero originario della Cina orientale, le cui foglie, radici e frutti sono ampiamente utilizzati nella medicina tradizionale cinese. Il fitocomplesso delle foglie di gelso ha un’interessante attività ipoglicemizzante.
La prevenzione e il trattamento di questa sindrome quindi richiedono un approccio “integrato”...
Esatto. In questo caso l’approccio sistemico è fondamentale perché consente di valutare tutti i principali fattori che possono portare alla sindrome metabolica e intervenire in modo efficace a livello sistemico, immunitario e metabolico.
Maggio/Giugno 2023 | Bergamo Salute | 57
DOTT.SSA BEATRICE GRANATA Farmacista Gruppo Piusalute srl e Agifar Bergamo
GiCoBe, un giardino esperienziale per i bambini ricoverati
Si concluderanno a giugno i lavori del nuovo parco-giardino dedicato ai bambini dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII.
GiCoBe (Gioco Colore Bergamo), questo il nome del parco-giardino, non vuole solo offrire un momento di relax e di distrazione, ma anche promuovere lo sviluppo del bambino attraverso la relazione sociale. Il giardino pediatrico, infatti, è ispirato ai principi pedagogici dell’Outdoor Education e per questo motivo lo spazio verde è progettato per offrire stimoli, in base a un approccio sensoriale ed esperienziale.
«Con il GiCoBe potremo regalare belle emozioni che permetteranno di alleggerire le giornate trascorse in ospedale, anche attraverso attività di gioco all’esterno durante l’ospedalizzazione. Le proposte pedagogiche, pensate per ogni fascia d’età, potranno avvalersi di pannelli sensoriali. Vere e proprie “isole-pedagogiche” agevoleranno le attività ludiche all’aria aperta, che intendiamo realizzare grazie ai nostri volontari e a personale specializzato a livello ludico-musicale e pedagogico-educativo» racconta Milena Lazzaroni, presidente di Amici della Pediatria, l’Associazione che ha ideato il progetto.
Il giardino sarà aperto non solo a chi è in degenza, ma a tutti i bambini che frequenteranno l’ospedale anche solo per un prelievo o una visita.
Volontari in ospedale: un modo per fare del bene agli altri e a se stessi
Anche quest’anno la Fondazione “Insieme con Humanitas” è pronta per seguire e preparare tutte le persone disponibili a diventare dei volontari attivi nelle strutture Humanitas, tra cui quella di Bergamo. Nel Centro orobico compito dei volontari è accogliere i pazienti nelle aree di accettazione e prericovero, fornire informazioni per orientarsi in ospedale, accompagnare chi è solo nelle aree di ambulatori e diagnostica, ascoltare e fare compagnia nelle degenze, aiutare i pazienti nelle piccole necessità quotidiane. «Un’esperienza che arricchisce sempre ogni giorno: è tanto ciò che possiamo dare grazie alla nostra vicinanza, ascolto e aiuto di pazienti e familiari. Possono sembrare piccoli gesti, ma fanno la differenza su come vengono affrontate le giornate in ospedale» dice Claudia, storica volontaria di “Insieme con Humanitas” a Bergamo. Per candidarsi è necessario aver compiuto 18 anni, sostenere un colloquio attitudinale, frequentare poi un corso di formazione e avere una disponibilità di 4 ore alla settimana.
NEWS
DAL TERRITORIO NEWS
Fino a domenica 30 luglio, il Policlinico San Pietro (Gruppo San Donato)
Il ciclo pittorico esposto in ospedale è frutto di un accurato lavoro di ricerca che mira a portare alla luce il gravoso impegno di Antonio Cifrondi a Villa Zanchi a Scanzorosciate, in particolare la sua opera di decoro delle pareti della villa, un tempo completamente rivestite dalle tele, di cui oggi non è più rimasta alcuna traccia. È documentato che Antonio Cifrondi, esponente di spicco della tradizione pittorica lombarda, nato a Clusone e vissuto tra Seicento e Settecento nelle città di Bergamo e Brescia, abbia lavorato anche per la famiglia Mapelli, in una residenza poco lontana da Ponte San Pietro. La scelta di allestire la mostra all’interno dell’o -
spedale bergamasco evidenzia la forte connessione tra il pittore e il territorio circostante il Policlinico San Pietro.
Curato da Maria Silvia Proni e Rosanna Ferrari, il percorso espositivo si snoda attraverso quindici opere risalenti al periodo tra il 1712 e il 1716, prima d’ora mai esposte al pubblico, e di queste quattro inedite, mai pubblicate e sconosciute alla storia critica del Cifrondi, oggi appartenenti in parte alla collezione Rotelli-Gastaldi e in parte a una seconda collezione privata.
Una mostra non allestita, come d’abitudine, per un pubblico pagante, ma a disposizione di chiunque entri in ospedale: pazienti,
accompagnatori, personale medico e assistenziale. L’esposizione pittorica, corredata da un catalogo con schede scientifiche e saggi di approfondimento, diventa un’occasione unica per porre l’arte al servizio di tutti coloro che possono trarne beneficio, rispecchiando perfettamente la missione della GSD Foundation ETS, per la quale l’umanizzazione delle cure passa anche attraverso un ripensamento dei luoghi ospedalieri, con la creazione di ambienti emotivamente positivi e idonei ai bisogni di socializzazione, umanità e benessere del paziente.
Maggio/Giugno 2023 | Bergamo Salute | 59
ospita la mostra monografica
“Antonio Cifrondi a Villa Zanchi e a Ponte San Pietro.
Dove la medicina cura il corpo, l’arte cura l’anima”
Associazione Federica Albergoni Onlus
Perché essere donatori di midollo osseo significa essere donatori di vita
È stata fondata più di 13 anni fa, ma l’Associazione Federica Albergoni Onlus è ancora piena di energia, così come lo era Federica, scomparsa per una leucemia fulminante la notte di Natale del 2009 a soli 19 anni. « Abbiamo deciso di fondare questa Associazione per aiutare chi sta attraversando le stesse difficoltà» spiega Cinzia Piantoni, referente dell’Associazione. «Proprio perché Federica, come tutti i diciannovenni, aveva voglia di divertirsi, ci impegniamo a portare il nostro messaggio a favore della donazione di midollo osseo anche attraverso attività di taglio ludico, come concerti, tornei sportivi e spettacoli».
Ci racconta qualcosa in più sull’Associazione?
Il nostro motto è “dire, fare, donare”. Per quanto riguarda il primo prin-
cipio, “dire”, non ci stanchiamo mai di organizzare dei momenti di incontro, anche nelle scuole, per informare sulla leucemia e l’importanza del trapianto di midollo osseo. Per il secondo, “fare”, abbiamo un’Unità mobile con la quale ci spostiamo nelle strade e nelle piazze delle comunità del territorio bergamasco per effettuare prelievi di sangue e salivari utili a identificare nuovi potenziali donatori di midollo. Infine per il terzo, “donare”, chiediamo l’aiuto di tutti, perché ognuno può avere un ruolo importante nella lotta contro la leucemia.
Ma come si diventa donatore di midollo osseo?
Chi desidera mettersi a disposizione per la donazione di midollo osseo deve avere alcune caratteristiche: avere tra i 18 e i 35 anni
(una volta ammessi, la chiamata alla donazione può avvenire fino ai 55 anni di età), avere un peso corporeo non inferiore a 50 kg ed essere in buona salute.
E il passo successivo?
È molto semplice. Innanzitutto ci si può recare presso uno dei tre Centri Trasfusionali della provincia di Bergamo:
> Servizio di Immunoematologia
e Medicina Trasfusionale (SIMT)
ASST Papa Giovanni XXIII, Ospedale Papa Giovanni XXIII, Bergamo;
> Servizio di Immunoematologia
e Medicina Trasfusionale (SIMT)
ASST Bergamo Est, Ospedale
Bolognini, Seriate;
> Servizio di Immunoematologia
e Medicina Trasfusionale (SIMT)
ASST Bergamo Ovest, Ospedale
Treviglio-Caravaggio, Treviglio;
60 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2023 DAL TERRITORIO TERZO SETTORE
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A CURA DI SARA CARRARA
oppure direttamente a bordo della nostra Unità mobile durante i numerosi eventi a cui partecipiamo e/o promuoviamo sul territorio. Un’ulteriore possibilità è quella di recarsi presso il Poliambulatorio Specialistico Camozzi ad Albino (accesso su prenotazione inviando un messaggio tramite e-mail o WhatsApp). Al momento dell’iscrizione verranno richiesti un documento di identità, i dati anagrafici, i recapiti e qualche informazione sullo stato di salute e poi verrà effettuato un piccolo prelievo di sangue o di saliva. Tutti i dati verranno valutati dai medici del Centro Trasfusionale (SIMT) dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII, sede del Centro Donatori di Midollo Osseo della provincia di Bergamo, e se si risulta idonei, ver-
ranno inseriti nel Registro Italiano dei Donatori di Midollo Osseo: a questo punto si è diventati ufficialmente un potenziale donatore di midollo osseo.
Insomma, l’unione fa la forza… Proprio così. Perché il trapianto sia efficace è necessario che ci
sia la massima compatibilità tra paziente e donatore, ma tale compatibilità si verifica una volta su quattro in ambito famigliare, ma solo una volta su 100mila tra persone non consanguinee: ecco perché è davvero importante aumentare sempre più il numero di potenziali donatori.
Associazione Federica Albergoni Onlus
Albino (BG) Via Mons. Camillo Carrara, 18/a
Prenotazioni Unità mobile: 334 783 6355 www.associazionefedericalbergoni.org girasole.federica@gmail.com
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LE MALATTIE RARE
Le Malattie Rare sono un ampio gruppo di patologie (circa 7.000 secondo l’OMS), accomunate dalla bassa prevalenza nella popolazione (inferiore a cinque persone per 10.000 abitanti secondo i criteri adottati dall’Unione Europea). Con base genetica per l’80-90%, possono interessare tutti gli organi e apparati dell’organismo umano.
Retinoblastoma
Codice di Esenzione. RB0020
Definizione. Il retinoblastoma è una neoplasia (o tumore) maligna di derivazione da cellule retiniche (ovvero della retina dell’occhio) fetali. È formato da cellule piccole, ammassate, e si sviluppa esclusivamente in età pediatrica.
Epidemiologia. Ha un’incidenza di 1 su 16.000 nati vivi nell’anno. Maschi e femmine sono colpiti in egual misura. L’età media della diagnosi è di 11 mesi per i tumori bilaterali e di 23 mesi per le forme unilaterali.
GIOVEDÌ 11 e VENERDÌ 12 MAGGIO
Stati Generali delle malattie rare
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“Il paradigma del futuro SSN in termini organizzativi e di innovazione terapeutica”
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Due giornate di analisi e proposte per il Nord Italia per implementare azioni concrete sulle malattie rare.
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Segni e sintomi. Manifestazioni caratteristiche sono leucocoria (riflesso pupillare bianco) e diminuzione della capacità visiva, talora evidente come strabismo. Nei casi più avanzati si riscontrano proptosi (protrusione del bulbo oculare), aumentata pressione endocranica e dolore osseo da metastasi. Tipicamente il retinoblastoma insorge in focolai multipli. Il 30% dei casi presenta una forma familiare e sviluppa il tumore bilateralmente. I soggetti che hanno sviluppato un retinoblastoma presentano un rischio aumentato di sviluppare altre neoplasie maligne, in particolare osteosarcomi.
Cause. È legato a mutazioni del gene Rb, localizzato sul cromosoma 13q. Perché si sviluppi il tumore è necessario che entrambe le copie del gene siano alterate.
Diagnosi. La diagnosi è essenzialmente clinica e basata sul riscontro, all’esame del fundus, di una massa endoculare a partenza retinica. L’ecografia, la TC e la RMN sono utili per confermare la diagnosi e procedere a una stadiazione del tumore.
Terapia. Il trattamento di elezione è l’enucleazione (asportazione) del bulbo oculare. Nel caso di tumore molto piccolo, si può salvaguardare utilizzando radioterapia o crioterapia. Il tasso di sopravvivenza è del 90%. La prognosi è infausta nei pazienti con interessamento estensivo del nervo ottico o dell’orbita.
Vice Presidente
Maggio/Giugno 2023 | Bergamo Salute | 63
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Incontri con i sostenitori e gli amici di A.R.M.R.
Dottor Angelo Serraglio
della Fondazione A.R.M.R
Camminare sulle montagne dietro casa lo fa stare bene. Le tensioni accumulate in uno dei lavori più delicati del mondo si annullano durante le lunghe passeggiate nei dintorni di Sovere. Una passione che Rudi Bianchi, infermiere del Pronto Soccorso di Piario, ha pensato di mettere al servizio di un bellissimo progetto: il “Cammino Tre Laghi”, un anello di cento chilometri che unisce Iseo, Endine e Gaiano. Un itinerario tracciato e connesso, in sei tappe, che
si propone di attirare camminatori da lontano. Cinquantenne con un amore per la montagna di lungo corso, passato per alpinismo, arrampicata, scialpinismo e quant’altro, è stato folgorato sulla via del “Cammino dei borghi silenti”, percorso lo scorso anno in Umbria con la moglie. Lo abbiamo incontrato per scoprire insieme a lui come è nata l’idea di questo itinerario e i suoi “segreti”.
Come le è venuta questa idea?
A ogni tappa del cammino umbro mi chiedevo: cosa manca al mio territorio per strutturare un percorso simile, che attragga l’interesse dei camminatori? Abbiamo dei sentieri e dei borghi eccezionali, non ci manca niente. Non saranno i borghi medievali dell’Umbria, ma la cornice naturale è meravigliosa. Da quel momento non sono più riuscito a darmi pace: anche di notte la mia mente provava a costruire un itinerario sul territorio. A un certo punto ho deciso di passare all’azione: ho cominciato a sondare le Amministrazioni per capire la situazione e la macchina
si è messa in movimento. Ammetto che ho dovuto confrontarmi con un bel po’ di burocrazia, ma ora l’iniziativa ha il patrocinio di tutti i Comuni sede di tappa, del CAI di Lovere e della Comunità Montana dei Laghi Bergamaschi.
Quali sono le località toccate dal percorso?
L’itinerario si sviluppa in cento chilometri da poter percorrere in sei tappe, con arrivo e partenza da Sovere. Da qui ci si reca a Monasterolo del Castello, passando per il borgo di Bianzano. Il giorno successivo si prosegue per Fonteno, passando dalle rive del lago di Endine e di Gaiano. Il terzo giorno si raggiunge invece Lovere, godendo dei punti di interesse della collina: il Bogn e San Defendente. Quindi si sale a Bossico, dove è prevista, per il quinto giorno, l’ascesa al monte Colombina (vertice altimetrico del percorso: 1458 metri), prima del ritorno a Sovere. L’ultima tappa include l’ascesa alla Corna Lunga e al Grione, passando dalla Malga Lunga, rifugio museo della Resistenza. Il percorso è un misto tra un
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DAL TERRITORIO IL
UMANO DELLA MEDICINA
L’infermiere che ha dato vita al “Cammino Tre Laghi”
A CURA DI CLAUDIO GUALDI
LATO
Cento chilometri ad anello tra Iseo, Endine e Gaiano. Un percorso in sei tappe tracciato da Rudi Bianchi, di Sovere, con la figlia Sara
Possiamo già metterci in cammino?
Il percorso può essere fatto in autonomia, perché i sentieri sono di tutti, ma per per chi si fornirà delle credenziali del Cammino abbiamo preparato una guida cartacea che descrive il percorso e il territorio attraversato. Forniremo anche i link per un’applicazione che permette di seguire la traccia in tempo reale evitando di perdersi.
Come possiamo fare?
Per questo aspetto devo ringraziare mia figlia Sara, studentessa di Scienze della comunicazione. Ha infatti creato un sito internet, che sta già suscitando un certo interesse, ed è stata ben sviluppata la comunicazione sui social
In questa rubrica gli operatori sanitari (medici, infermieri etc.) si raccontano, facendo conoscere oltre al loro lato professionale la loro attività di artisti, volontari, atleti...
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Scrivici su facebook o redazione@bgsalute.it!
goccia che si chiude in tre onde, a simboleggiare i tre laghi: l’elemento dell’acqua è il filo conduttore dell’intero Cammino. La speranza
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Una seconda nascita dopo l’ictus, grazie anche alla scrittura
La sua rieducazione alla parola è passata dalla letteratura, perché mettendo per iscritto alcuni racconti legati alla sua vita professionale (poi pubblicati all’interno di due libri, con un terzo che sarà presto pronto) ha ritrovato quel filo del discorso che sembrava perso per sempre. È una storia di malattia con un’evoluzione lenta ma positiva quella di Gianluca Romelli, 62 anni, veterinario. Era contitolare di due studi, a Clusone e Castione, ora li ha ceduti al suo socio, a cui dà saltuariamente una mano quando c’è bisogno: in caso di interventi chirurgici, soprattutto. «Nella mia vita ho sempre fatto visite nelle stalle della valle e ho incontrato personaggi di ogni tipo».
Ed è da questo materiale ricco di aneddoti che ha poi preso vita la sua fertile attività di narratore. Cinque anni fa Romelli viene colpito da un ictus. Una mattina si alza dal letto e dice alla moglie delle frasi scomposte. Lei, psicologa, capisce immediatamente cos’è accaduto e chiama i soccorsi. « Sono stato ricoverato in terapia intensiva al Papa Giovanni, e poi spostato in neurologia. Una volta dimesso, mi sono ritrovato incapace di parlare, leggere, scrivere ma anche camminare. La parte fisica l’ho recuperata abbastanza velocemente, mentre per il linguaggio c’è voluto molto più tempo».
La fisioterapia fisica dura alcuni mesi, la rieducazione alla parola
passa per logopedisti e psicologi.
«Ho recuperato anche un libro delle elementari per riprendere tutto dal principio. Il processo è stato ovviamente accelerato, perché le cose io le avevo già in testa, semplicemente non riuscivo a esprimerle».
La ripresa, quindi, passa anche dalla scrittura, inizialmente con frasi semplici, quindi con riassunti di articoli di giornale. «Poi è nata l’idea di scrivere racconti della vita di veterinario, un’aspirazione che già avevo prima dell’ictus, perché di aneddoti divertenti ne ho collezionati numerosi nel mio lavoro». Per partorire il primo racconto ci vuole una settimana, che è comunque un grandissimo risultato per una
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∞ A
DI CLAUDIO GUALDI
CURA
DAL TERRITORIO TESTIMONIANZA
L’evoluzione lenta ma positiva (e per certi versi sorprendente) di Gianluca Romelli, veterinario di 62 anni che si è scoperto autore
persona che a un certo punto ha pensato di non poter più né leggere né scrivere. Poi le cose iniziano ad andare decisamente meglio e con esse la lunghezza e complessità delle opere letterarie. «Dai fini terapeutici si è passati alla pubblicazione vera e propria, perché gli scritti sono stati giudicati come un buon materiale dagli editori» dice con orgoglio Romelli. Da allora sono usciti già due libri per Silele Editore, “Storie di un veterinario all’ombra della Presolana. Racconti di persone, animali e montagne” e La pazienza del picchio. Storie di un veterinario di montagna”, e a breve sarà a disposizione il terzo.
«Ogni tanto mi chiamano anche per conferenze o congressi: faccio molta fatica a parlare in pubblico, anche perché talvolta m’inceppo e non ne esco più, ma non mi tiro indietro». Romelli, a scrivere, ci ha preso parecchio gusto, scoprendo una capacità e una passione che
prima, per colpa dello stress e degli impegni della vita di tutti i giorni, non era minimamente riuscito a coltivare.
A livello orale, quando il discorso resta sul generico, la parola di Romelli segue abbastanza fedelmente il pensiero. Più difficile quando si entra nel campo dei nomi propri: «Lì rallentamenti ed esitazioni fioccano» racconta. Ma con il tempo che concede la scrittura, questo gap si annulla.
«Quando sono stato portato in ospedale, quella mattina di 5 anni fa, l’ictus era già in stato avanzato: una zona del cervello era andata perduta, ma il centro di linguaggio, col tempo, si è formato in un’altra area della materia grigia, trasformandomi addirittura in un’altra persona: ragiono diversamente e agisco diversamente da prima, me ne rendo conto io stesso. E me lo fanno notare i miei cari». Il veterinario-scrittore ha ancora
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In questa rubrica pubblichiamo la storia di una persona che ha superato un incidente, un trauma, una malattia e con il suo racconto può dare speranza agli altri.
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tanti problemi, prende molti farmaci, ma conduce una vita pressoché normale. Lavora molto meno di prima: fa giusto qualche intervento. E continua a scrivere, tant’è che dopo la trilogia da veterinario vorrebbe cimentarsi in un altro campo letterario, anche se non ha ancora scelto verso quale direzione indirizzare il suo percorso di ripresa.
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I fiori all’occhiello di Fortimed Italia sono il centro prelievi e la grande esperienza nella medicina del lavoro. «Il centro è attivo per tutte le prestazioni in regime di convenzione e privatistico dal lunedì al sabato dalle 7.30 alle 10.00 senza prenotazione» precisa la
dottoressa Francesca Conti, Chief Executive Officer. «In questo modo vogliamo agevolare chi ha bisogno di sottoporsi a un prelievo ma ha poco tempo a disposizione. Per lo stesso motivo è possibile ritirare i
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referti anche on-line».
L’importante tema della sicurezza sul lavoro è un’altra delle priorità di Fortimed Italia, che, con il proprio staff di Medici Competenti e Autorizzati e altre figure specializzate, garantisce il pieno assolvimento di tutti gli adempimenti relativi alla sorveglianza sanitaria.
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68 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2023
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l Psicologia del Lavoro
l Psicologia e Criminologia Clinica
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dottoressa Conti. Ma c’è di più. La presa in carico del paziente è globale, quindi alle terapie prettamente curative si affiancano interventi mirati a un benessere personale generale. Ne è un esempio il progetto Fortimamma, che prevede delle visite ostetriche a domicilio nei giorni che seguono il parto per un aiuto a muovere i primi passi nel nuovo mondo dell’essere mamma.
EVOLUZIONE CONTINUA
Nel futuro di Fortimed Italia c’è il miglioramento tecnologico, ma senza perdere il contatto umano. L’obiettivo è diventare un riferimento per il territorio nel settore della sanità privata, con un impegno nell’ambito culturale/educati-
vo con il finanziamento di progetti divulgativi nelle scuole. «Il Poliambulatorio rappresenta il nostro sguardo verso il futuro, la nostra prospettiva e crescita. Un progetto in costante divenire incentrato sulla persona e sostenuto da professionisti capaci e qualificati, con i quali creiamo relazioni e condividiamo valori. Chi si rivolge a noi trova ascolto» conclude la dottoressa.
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Maggio/Giugno 2023 | Bergamo Salute | 69 INFORMAZIONE PUBBLICITARIA
SdM: Scuola di Alta formazione a supporto dell’aggiornamento continuo anche in ambito salute
«Le aziende, comprese quelle della salute, stanno vivendo un momento di grande sfida sul fronte delle risorse umane. Diventa sempre più difficile attrarre risorse qualificate, renderle parte dell’azienda e farle crescere, creando una relazione positiva e duratura nel tempo. In un contesto così complesso, la formazione post-laurea assume un ruolo fondamentale e deve porsi in un quadro di relazione tra istituzioni e attori del sistema economico per cogliere i bisogni e trovare soluzioni e percorsi adatti, efficaci e generatori di valore. In questo ambito le Università possono essere un punto di riferimento importante, per la loro funzione sociale e la loro stessa mission, sia nella formazione rap-
presentata dai percorsi di laurea, sia per l’offerta che accompagna il professionista lungo tutta la sua vita lavorativa. SdM - Scuola di Alta formazione è una realtà che opera ormai da 18 anni nell’ambito dell’Ateneo di Bergamo, dove la presenza di dipartimenti economici, giuridici, umanistici e ingegneristici ha costituito terreno fertile per dialoghi e contaminazioni tra approcci, strumenti e prospettive differenti» chi parla è la professoressa Cristiana Cattaneo, direttrice di SdM.
AMPIA OFFERTA FORMATIVA
L’offerta formativa di SdM - Scuola di Alta formazione si è allargata nel tempo ed è in corso di definizione quella prevista per l’anno
accademico 2023-2024, con una proposta ampia e variegata di attività formative che vanno dall’area del management, declinato anche nei nuovi contesti digitali, organizzativi e internazionali e nell’ambito del turismo, a corsi di approfondimento in discipline umanistiche e sociali che rispondono al bisogno di formare figure nuove in contesti in profondo cambiamento. Oltre all’area giuridico-legale, particolare attenzione viene dedicata anche al mondo della salute e alla pubblica amministrazione, che richiedono competenze, professionalità e approcci molto diversi rispetto al passato.
Nell’ambito salute, nel senso ampio del termine, alcuni corsi sono ormai consolidati, con master di
70 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2023
STRUTTURE SdM - SCUOLA DI ALTA FORMAZIONE
Ph: Laura Pietra
primo e secondo livello. Il master di primo livello di “Management delle professioni sanitarie e socio- sanitarie. Coordinamento e organizzazione dei servizi ospedalieri e territoriali” è giunto alla sua tredicesima edizione, mentre il master di primo livello di “Management delle aziende ospedaliere” è alla sua quinta edizione, così come il master di secondo livello di “Valutazione multidimensionale psicologica e tecniche per l’intervento nei contesti socio-sanitari”. Di recente, tenendo conto della complessità di molte situazioni, anche in conseguenza della pandemia, è stato lanciato un corso di perfezionamento di “Diagnosi e cura dei disturbi alimentari: interventi multiprofessionali”. «La novità di quest’anno è l’avvio di un corso per dirigenti di struttura complessa (DSC), che si rivolge a tutti i professionisti sanitari che hanno assunto
o potrebbero assumere un ruolo di dirigenza manageriale all’interno delle strutture ospedaliere e dei distretti. Il corso è in via di accreditamento da parte di Polis Lombardia e prevediamo che possa partire il prossimo autunno» aggiunge la professoressa Cattaneo.
PARTNER DI PRESTIGIO
Tutti questi percorsi vedono la presenza di partner prestigiosi: ATS Bergamo, le ASST del territorio, il Gruppo San Donato, grazie ai quali si sono potuti integrare il rigore scientifico e le massime competenze professionali, così da dare una risposta forte e affidabile alle richieste del territorio e contribuire allo sviluppo di competenze al servizio del sistema e del cittadino.
I PROSSIMI IMPEGNI
Gli impegni di SdM - Scuola di Alta formazione per il prossimo futuro
SdM SCUOLA DI ALTA FORMAZIONE
Per maggiori informazioni è possibile visitare il sito www.sdm.unibg.it o inviare una e-mail all’indirizzo master@unibg.it.
sono molteplici. In primo luogo continuare a porsi come attore nei processi di lifelong learning, con un aggiornamento continuo di contenuti, prospettive e analisi della complessità. In secondo luogo, rafforzare ulteriormente la collaborazione diretta con le imprese e gli enti nella costruzione di percorsi di sviluppo ad hoc delle loro risorse umane, forti delle competenze multidisciplinari dell’Ateneo. Infine accrescere i progetti di produzione di nuova conoscenza grazie all’interazione con partner ed enti aperti, sempre con l’obiettivo di innovare.
Maggio/Giugno 2023 | Bergamo Salute | 71 INFORMAZIONE PUBBLICITARIA
Ph: Laura Pietra
Nuova laurea in Infermieristica ad Alzano Lombardo
È stata da poco inaugurata ad Alzano Lombardo una nuova sede del corso di laurea triennale in Infermieristica dell’Università degli Studi di Brescia. Il corso sarà attivato nell’anno accademico 2023-2024 e da luglio saranno aperte le iscrizioni al test di ammissione. Ne abbiamo parlato con la dottoressa Milena Mauri, Responsabile della Direzione Aziendale delle Professioni Sanitarie e Sociali.
Dottoressa Mauri, perché la scelta di attivare un nuovo corso di laurea in Infermieristica sul territorio bergamasco? Perché era volontà di tutte le figure coinvolte, l’Università degli Studi di Brescia e quella di Bergamo, la Direzione di ASST- Bergamo Est e la Conferenza dei Sindaci del Distretto di Bergamo Est, dare una risposta importante alle aspettative degli studenti, del Sistema Sanitario Regionale/Nazionale e dei cittadini in tema di salute e di sollecitazione culturale del territorio.
Una nuova collaborazione per Bergamo e Brescia,
nell’anno che le vede unite come capitale italiana della cultura.
Proprio così. Questo progetto comune offre la possibilità di sfruttare un’importante rete di strutture, che oltre a comprendere otto ospedali, di cui quattro a gestione diretta (Seriate, Alzano Lombardo, Piario, Lovere), due gestioni in partnership pubblico/privato (Trescore Balneario, Sarnico) e due a vocazione riabilitativa (Calcinate, Gazzaniga), mette a disposizione tre Distretti. Ciò apre alle compe -
tenze e a una visione assistenziale già orientata alla revisione del modello di presa in carico dei cittadini in termini di riorganizzazione del rapporto ospedale/territorio e potrà consentire di programmare le attività professionalizzanti verso le nuove funzioni assistenziali oggi richieste dal sistema ed emerse nel confronto con le parti sociali. La sinergia con l’Università consentirà alla nostra ASST di essere anche un polo didattico, non solo clinico. Cercheremo di trasmettere ai giovani studenti, anche attraverso
72 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2023
GUIDA ALLE PROFESSIONI SANITARIE
∞ A CURA DI MARIA CASTELLANO
gli infermieri stessi della nostra Azienda, un bagaglio di nozioni, valori ed esperienze. È evidente che il quadro sanitario richiede un impegno sempre maggiore anche di personale formato e da inserire subito nelle strutture sanitarie. In quest’ottica l’interazione con il mondo universitario è necessaria e urgente. Saremo ancora più pronti non solo a formare il personale ma anche a soddisfare il bisogno di lavoratori in tutti gli ambiti della clinica.
Come sarà strutturato il corso?
Verranno individuati dei tutor della didattica e un direttore del corso di studi che rappresentano il principale riferimento didattico per la progettazione, la realizzazione e la
valutazione delle attività formative. In relazione ai bisogni emergenti i tutori attiveranno percorsi formativi orientati a sostenere l’apprendimento del singolo e/o di un gruppo di studenti, favorendo così la connessione e l’integrazione dei saperi teorici e pratici. Inoltre i tutori guideranno lo studente nell’utilizzo delle risorse e delle opportunità formative messe a disposizione al fine di identificare una direzione di crescita e lavorando sull’acquisizione della consapevolezza del sé, di capacità critiche, di problem solving, di decision making, di autovalutazione, di self direct learning Il tirocinio, sin dal primo anno, potrà svolgersi in tutte le strutture di degenza ordinaria, a ciclo diurno e servizi sanitari aziendali, sia
ospedalieri sia territoriali, precisamente: Ospedali di Seriate, Alzano Lombardo, Gazzaniga, Piario, Lovere, Calcinate, Trescore Balneario, Sarnico, Distretti, Dipartimentio di salute mentale e Servizio infermiere di famiglia e comunità.
Maggio/Giugno 2023 | Bergamo Salute | 73
DOTT.SSA MILENA MAURI
Responsabile Direzione Aziendale delle Professioni Sanitarie e Sociali
Fare cultura della sicurezza significa investire sulle persone
Campus EduC.A.: dove fare formazione sulla sicurezza sul lavoro. Una palestra di addestramento, un laboratorio esperienziale, esercitazioni pratiche per tutti i corsi organizzati. Nel Campus serbatoi, ballatoi, scaffalature e attrezzature da lavoro sono gli scenari
dei corsi organizzati da EduC.A. che da più di 10 anni si occupa di sicurezza.
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DI
SULLA
Come si scopre una malattia parodontale
È tra le patologie del cavo orale che vengono riscontrate più frequentemente: si tratta della malattia parodontale, un’infezione dovuta a diversi batteri che colpisce il parodonto, cioè i tessuti e le strutture che sostengono il dente come le gengive, l’osso e il legamento parodontale. Capiamo meglio a quali esami sottoporsi e che terapia seguire per risolvere il problema con l’aiuto di Deborah Penati, igienista, e del dottor Maggioni, Direttore Sanitario della Clinica dentale Pianeta Sorriso.
Con quale esame si avvia la ricerca di parodontite?
Un esame semplice e rapido è il sondaggio parodontale. Grazie a una sonda millimetrata si misura la profondità del solco gengivale, cioè lo spazio fisiologicamente presente tra il dente e la gengiva: in un paziente sano questo spazio non supera i 3 mm, mentre in caso di parodontite la profondità è superiore a 4 mm (si parla quindi di tasca parodontale). Inoltre i risultati ottenuti vengono raccolti su
apposite schede parodontali, che possono essere consultate anche nel corso delle visite successive.
In seguito cosa si valuta?
Una volta stabilita la presenza di malattia parodontale, si effettua un esame radiologico per valutare le condizioni delle ossa. Normalmente il dente con la sua radice è integrato dentro l’osso per il 75% del totale. In caso di infezione questa percentuale si riduce notevolmente e i denti possono perdere la loro stabilità.
Bisogna poi capire quale batterio ha dato il via all’infezione… Esatto. Per le analisi microbiologiche si scelgono cinque punti all’interno della bocca tra i più gravi e rappresentativi della situazione del cavo orale del paziente. In ciascuno di questi punti vengono inseriti coni di carta sterile che permetteranno, in seguito all’analisi di laboratorio, di rilevare la quantità e la qualità dei microrganismi presenti. Anche in questo caso i risultati verranno registrati su specifiche sche-
de per avere sempre traccia della storia clinica del paziente. In seguito all’acquisizione di tutti questi dati clinici si potrà infine identificare la migliore terapia individuale specifica per il singolo paziente.
Si può essere
più o meno predisposti alla malattia parodontale?
Sì, ed esiste un esame per stabilire con esattezza tale predisposizione: si tratta dell’analisi genetica sulle cellule raccolte tramite un tampone che viene strofinato per almeno 30 secondi sulle mucose (gengive e pareti interne della bocca). Anche questa informazione è importante per definire il trattamento più adatto.
CLINICA DENTALE PIANETA SORRISO
Dir. San. dott. Maurizio Maggioni
Via Zelasco, 1 - Bergamo
Tel. 035 213009
info@mauriziomaggioni.it
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Maggio/Giugno 2023 | Bergamo Salute | 75
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Social Mozzo
Un’innovativa caffetteria culturale
È stato recentemente inaugurato Social Mozzo, un centro polifunzionale di aggregazione sociale aperto a tutti. «La ragione che ci ha portati ad allestire questo spazio è la voglia di coinvolgere la comunità per creare quella rete sociale purtroppo andata persa a causa della pandemia» racconta Emanuele Mondinelli, coordinatore del Centro. «Chiunque abbia bisogno di uno spazio per studiare, tenere presentazioni, partecipare a dei corsi o, semplicemente, di trovare qualcuno con cui scambiare qualche parola può venire da noi» continua Mondinelli. Il Centro infatti è costituito da una sala lettura, una sala attività in cui vengono svolti corsi formativi, un’area libri, in cui è stato attivato un servizio di book-crossing, e un’area bar. Completano l’offerta due salette disponibili per eventi privati, una boccio -
fila e un’area verde. Gli spazi sono pronti ad accogliere tutti, dai più giovani agli anziani, da chi cerca opportunità per migliorare le proprie competenze lavorative a chi ha bisogno di un momento di relax. Tante esigenze diverse che possono trovare una risposta nelle varie attività che di mese in mese si alterneranno al Centro: si prevedono infatti un pranzo solidale, durante il quale gli anziani potranno pranzare insieme tra loro, con i caregiver e con le altre persone che avranno deciso di trascorrere la propria pausa pranzo al Centro, dei corsi di lingua italiana, esposizioni di quadri, esibizioni di complessi musicali, incontri di hobbistica e tante altre iniziative caratterizzate da condivisione delle attività, aiuto reciproco e confronto.
Prenderà presto avvio anche un’iniziativa patrocinata dal Comune di
Mozzo, la prima del genere in provincia: la “Banca delle visite”. Un po’ come succede con il caffè sospeso, la Banca delle visite si propone di raccogliere donazioni per offrire visite e cure mediche alle persone che ne avrebbero bisogno ma non possono far fronte ai costi. «Gli obiettivi che ci siamo posti sono molti: prevenire forme di disagio e marginalità sociale, offrire supporto, creare spazi condivisi, facilitare l’accesso ai servizi amministrativi, sanitari ed educativi e coinvolgere le varie realtà del territorio. Il traguardo è ancora lontano, ma ogni viaggio comincia con il primo passo» conclude Mondinelli.
Maggio/Giugno 2023 | Bergamo Salute | 77 SOCIAL MOZZO Via Verdi 2 - Mozzo (BG) Tel: 035 0270324 info@social-mozzo.it www.social-mozzo.it
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Centro Fo.R.Me Superare lo stigma della malattia mentale
“Il rifiuto delle cure è tanto più probabile quanto meno si è capaci di costruire un rapporto diretto con le persone” raccontava lo psichiatra Franco Rotelli in un’intervista rilasciata per un periodico dedicato al Terzo Settore. “Se la relazione con il medico è occasionale, fredda, tecnica – in buona sostanza inconsistente – la disponibilità ad accettare di essere curati diminuisce o si azzera. Si entra, quindi, in un circolo di abbandono e quindi di maggiore predisposizione a comportamenti anomali ”. Franco Rotelli è morto il 16 marzo di quest’anno. Braccio destro di Franco Basaglia, ha dedicato la propria vita professionale al tentativo di riformare la psichiatria italiana. Attento osservatore dei processi di stigmatizzazione delle persone con patologia psichiatrica, Rotelli ha declinato il concetto di salute mentale all’interno di quello di saper esistere con altri, riuscendo a parlare di sè, tra differenze e somiglianze.
«Proprio nel tentativo di mettere in dialogo, ridare voce e garantire autodeterminazione alle persone con patologia psichica nasce il ser-
vizio psichiatrico e neuropsichiatrico del Centro Fo.R.Me» commenta la dottoressa Finco, direttrice del Centro.
Si tratta di un servizio pensato per i singoli, ma che può avere ricadute concrete per tutta la comunità.
«L’intreccio costante con le realtà del territorio bergamasco è l’ingrediente irrinunciabile della vision del Centro Fo.R.Me» sottolinea la dottoressa. «L’obiettivo è quello di prendersi cura della salute psichica e abbattere lo stigma legato alla patologia mentale. Per raggiungere questo importante traguardo il Centro non offre solo un servizio psicologico e psicoterapeutico, ma eroga anche consulenze e valutazioni psichiatriche, dedicandosi alla prevenzione, alla diagnosi e al trattamento di disturbi psichiatrici e/o neuropsichiatrici.
Il servizio si occupa della presa in carico di persone e situazioni che necessitano di un consulto e di un accompagnamento pluriprofessionale, in presenza di un quadro clinico complesso e/o di situazioni multiproblematiche.
L’impiego di una specifica metodologia (il dispositivo etnoclinico),
in grado di mettere in dialogo le diverse figure professionali che seguono la stessa persona, facilita il consolidamento di una rete di supporto in grado di sostenere pazienti e caregiver con puntualità e costanza».
Nello specifico, è possibile accedere al servizio per richiedere:
> una consulenza neuropsichiatrica/psichiatrica, finalizzata alla comprensione della situazione clinica e all’individuazione delle modalità di intervento più indicate;
> una valutazione mirata al monitoraggio e alla valutazione dell’andamento del percorso, del quadro sintomatologico e dello stato di salute delle persone che vivono una situazione multiproblematica;
> un accompagnamento specialistico, in un contesto di presa in carico pluriprofessionale.
CENTRO FO.R.ME
Tel 035 5900008
segreteriacentroforme@ cooperativaruah.it
www.cooperativaruah.it/areacura/servizi-di-cura
Da lunedì a venerdì dalle 9 alle 18
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dalle ore 9:00 alle ore 16:00 (da lunedì a venerdì)
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Torniamo all’aria aperta, ma attenzione agli occhi!
Come ogni anno con la bella stagione si ricominciano a usare con frequenza gli occhiali da sole. Per alcuni sono un accessorio di moda, altri ne fanno a meno perché non ne sentono la necessità. In realtà le lenti da sole costituiscono un importante strumento di prevenzione per la salute dei nostri occhi, ora e negli anni a venire. «Per proteggersi efficacemente non bastano semplici occhiali scuri, ma servono lenti con un buon filtro UV, in grado cioè di fermare i raggi ultravioletti che sono invisibili ma pericolosi per l’occhio (vedi box). La banda UV-A costituisce circa il 95% della luce UV a cui siamo esposti, la UV-B solo il 5% ma è più dannosa, la UV-C è quasi assente, se non in alta montagna, ed è la più pericolosa» avvertono Massimiliano e Mitia Gazzera, ottici e titolarli di MGM snc
che controlla Ottica Gazzera e L’Ottica di Moda.
Come si sceglie l’occhiale da sole?
Un ottico esperto deve capire quali sono le reali esigenze del cliente, in quale ambiente usa le lenti (in auto, in montagna, vicino all’acqua o altre superfici riflettenti) per individuare il grado di protezione più adeguato, l’eventuale polarizzazione (che blocca il riverbero) o l’utilità di lenti fotocromatiche (Transitions®) che si adattano alle variazioni di luminosità.
E per i più piccoli?
I bambini sono i più a rischio perché purtroppo spesso usano occhiali da sole “giocattolo” o di bassa qualità. Si pensa che il bambino facilmente romperà o perderà l’occhiale e non ci si orienta su
Lenti scure senza filtro UV?
Peggio che stare senza lenti
Può sembrare un paradosso ma è proprio così, ecco la spiegazione: le semplici lenti scure filtrano la luce visibile, quindi la nostra pupilla, meno esposta, si dilata e lascia passare le radiazioni UV, non filtrate, in misura maggiore. È più pericolosa una lente scura senza filtro (o con filtro scadente) piuttosto che non usarla del tutto, perché ci priva della naturale protezione alla luce che la natura ci dà, restringendo la pupilla.
prodotti certificati, ma esistono ottimi prodotti da bambino con montature colorate e flessibili che danno la massima sicurezza con prezzi contenuti.
Quali sono le novità più recenti nel campo delle lenti da sole?
Sono molto interessanti le linee di lenti Transitions® che sono diventate più veloci, cioè la variazione di colore della lente al variare della luminosità dell’ambiente avviene più rapidamente aumentando il comfort, soprattutto nella guida e nello sport. Inoltre oggi abbiamo lenti Transitions® che uniscono alla fotosensibilità la polarizzazione, mentre prima bisognava scegliere tra lenti fotocromatiche e lenti con polarizzazione. Queste lenti di ultima generazione sono pensate soprattutto per chi è molto sensibile alla luce o trascorre molto tempo alla guida. La visione è nitida anche in luce molto intensa e in caso di abbagliamento o riverbero.
OTTICA GAZZERA
Via Gasparini, 4/E - Bergamo
Tel. 035 313404
L’OTTICA DI MODA
Via Europa, 9 - Bagnatica
Tel. 035 683925
www.otticabergamo.it
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Bergamo Salute anno 13 | n° 72
Maggio | Giugno 2023
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Claudio Gualdi
Redazione
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Grafica e impaginazione
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Stampa
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Hanno collaborato
Maria Castellano, Viola Compostella, Giulia Sammarco, Sara Carrara, Claudio Gualdi
COMITATO SCIENTIFICO
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• Dott.ssa Maria Viviana Bonfanti Medico Veterinario
• Dott. Rolando Brembilla - Ginecologo
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Medicina Legale e delle Assicurazioni
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Idrologo Medico e Termale
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Iscr. Tribunale Bergamo N°26/2010 del 22/10/2010
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• Dott. Simone Ruggeri Presidente Ordine Fisioterapisti (OFI) Bergamo
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