Settembre/Ottobre 2023 | Bergamo Salute | 1 Anno 13 Settembre | Ottobre 2023 Poste Italiane spa Sped. in Abb. Postale DL 353/2003 (Conv. in legge 27/02/2004 N.46) Art. 1 comma 1 LO/BG www.bgsalute.it 74 numero 16
24
INNOCUI 34
Bergamo Salute è sempre con te: leggila integralmente dal tuo computer, tablet o smartphone www.bgsalute.it 20 Gabriella Messina Il mio impegno per la salute di Bergamo
Oculistica ANCHE L’OCCHIO PUÒ DIVENTARE SECCO
Alimentazione DIETA MIND AMICA DEL CERVELLO 42 Bellezza GRANI DI MIGLIO, FASTIDIOSI MA
Dolce attesa ALLATTARE AL SENO NON È SEMPRE FACILE
STUDI DENTISTICI PER LA TUA SALUTE DENTALE
ALMENNO SAN BARTOLOMEO Tel. 035 040 0081
Direttore Sanitario Dott. Antonino Mandracchia (Albo degli Odontoiatri di Bergamo n. 657)
URGNANO Tel. 035 040 0080
Direttore Sanitario: Dott. Enrico Angelo Volpi (Ordine Medici Chirurghi e Odontoiatri di Novara n. 4594)
Responsabile Branca Odontoiatrica: Dott. Claudio Maria De Sanctis (Albo degli Odontoiatri di Roma n. 7068)
PROSSIME APERTURE:
CALUSCO D’ADDA (BG) - CHIUDUNO (BG) - COLOGNE (BS)
) EDITORIALE 5
)
Anno 13
Settembre | Ottobre 2023
) IN FAMIGLIA
67
) PROFESSIONI
) REALTÀ SALUTE 77
Allegato
) IN SALUTE
PARTECIPANTI ALLA FONDAZIONE ITALIANA PER L’EDUCAZIONE
Settembre/Ottobre 2023 | Bergamo Salute | 3
ALIMENTARE
74 numero
Autunno: si riparte!
Dematologia La scabbia. Un’epidemia dall’origine antica ma sempre attuale 10 Gastroenterologia Se l’intestino si infiamma 14 Medicina iperbarica Si accresce l’indicazione all’ossigenoterapia in camera iperbarica
Oculistica Anche l’occhio può diventare secco
SPECIALITÀ A-Z 6
16
Gabriella Messina Il mio impegno per la salute di Bergamo
) PERSONAGGIO 20
22 Stili di vita Una nuova sfida. Costruire un buon rapporto con lo smartphone 24 Alimentazione Dieta MIND amica del cervello 28 Radicchio. L’amaro che fa bene
30 Psicologia Non credere nelle proprie capacità. Se fosse la sindrome dell’impostore?
Coppia Se il secondo figlio non arriva
) IN ARMONIA
32
34 Dolce attesa Allattare al seno non è sempre facile 36 Bambini Come prevenire il soffocamento in età pediatrica 38 Ragazzi Emicrania. Le ragazze sono più colpite dei coetanei 40 Anziani Attenzione alle cadute negli anziani
IN FORMA 42 Bellezza Grani di miglio. Fastidiosi ma innocui 44 Fitness La giusta preparazione per gli sport sulla neve
RICETTA 52 Crocchette “favelose”
RUBRICHE 54 Animali Anche i cani vanno a scuola 56 Guida esami Tumore al seno. Biopsie alleate per combattere il cancro 58 Altre terapie Rimedi naturali contro il colesterolo cattivo
DAL TERRITORIO 60 Farmacie La farmacia incontra la musica 62 News 64 Terzo Settore Associazione Amici della Pediatria
)
)
)
)
Anomalia di Peter
Il lato umano della medicina Qui ho trovato la mia nuova casa
Testimonianza Sui pedali, contro la sclerosi multipla
Malattie rare
68
70
SANITARIE
Tecnico sanitario di laboratorio biomedico
74
Clinica Dentale Pianeta Sorriso
Cooperativa
Cammino
Associazione Italiana Parkinsoniani
79
In
81 AIP.
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Autunno: si riparte!
Anche quest’anno è arrivato il momento di riprendere le normali attività quotidiane e magari, dopo aver “ricaricato le batterie”, prefiggersi nuovi obiettivi.
Con la conclusione delle vacanze e il cambiamento del clima ci troveremo a trascorrere più tempo dentro casa, davanti allo schermo di un computer o facendo scrolling sullo smartphone, affaticando così i nostri occhi, che possono andare incontro a quella che viene definita “sindrome dell’occhio secco”. In questo numero di Bergamo Salute parleremo proprio di questo disturbo e ci concentreremo poi sulla cefalea negli adolescenti, che si può sviluppare per le nottate in bianco trascorse sui libri o per le prime pene d’amore.
Per fortuna l’alimentazione ci viene in aiuto per affrontare al meglio la ripartenza. Non perdete quindi
l’approfondimento sulla Dieta MIND, il regime alimentare amico del cervello.
La campanella, però, non è suonata solo per noi: l’autunno infatti è il periodo più indicato per intraprendere un corso di educazione di base con i nostri amici a quattro zampe.
E se la tristezza da rientro non dovesse scomparire, potremo ritornare con il pensiero ai bei momenti vissuti durante il periodo estivo, che avranno lasciato dentro di noi emozioni che non si possono racchiudere in uno smartphone, oppure proiettarci già verso le vacanze invernali. Come riportiamo in questo numero, non dimentichiamoci però di seguire una preparazione atletica adeguata, così da poterci divertire in sicurezza
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EDITORIALE
La scabbia: un’epidemia dall’origine antica ma sempre attuale
È presente tra gli uomini da più di duemila anni (il primo riferimento sembra sia nella Bibbia) e l’acaro che la provoca è invisibile a occhio nudo. Si tratta della scabbia, una malattia contagiosa che si manifesta sulla pelle provocando prurito diffuso e lesioni confondibili con un eczema o eruzioni orticarioidi (il termine scabbia deriva infatti dal latino scabere, che significa grattare).
È LA FEMMINA DI ACARO A
DETERMINARE IL CONTAGIO
Il contagio avviene da parte della femmina di acaro gravida. Quest’ultima, infatti, scava una piccola galleria nella pelle, il “cunicolo della scabbia”, in fondo alla quale deposita quotidianamente due o
tre uova che si dischiudono dopo 3-4 giorni, lasciando fuoriuscire le larve che, a loro volta, giungono a maturità dopo circa due settimane e si accoppiano. Nelle persone affette, il numero di parassiti è, in genere, limitato a poche unità. Solo nella scabbia norvegese (così chiamata in quanto descritta per la prima volta in Norvegia a metà dell’800), osservata in individui deperiti, il numero di unità può essere di molte decine o centinaia.
SI TRASMETTE PER CONTATTO DIRETTO
La modalità di trasmissione più comune della scabbia è il contatto cutaneo diretto con una persona già contagiata: è necessario tuttavia un contatto protratto nel
tempo, come durante i rapporti sessuali o nel periodo di accudimento di un anziano, affinché si possa verificare il contagio. La trasmissione indiretta è invece rara, in quanto gli acari della scabbia non vivono più di 48 ore lontano dalla cute dell’uomo, sui vestiti o nei letti. La scabbia è pandemica, cioè è diffusa in tutto il mondo, e può colpire chiunque, in qualunque fascia di età, senza distinzione di sesso o etnia, indipendentemente dal livello sociale o dall’igiene. Più spesso, però, sono interessati giovani adulti che si trasmettono l’acaro per contatto sessuale o anziani costretti a letto da malattie.
Il periodo di contagiosità dura nel tempo fino a quando il paziente
Furono il medico livornese Giovanni Cosimo Bonomo e il naturalista Diacinto Cestoni a descrivere per primi l’acaro della scabbia nel 1687, anche se la loro scoperta non fu subito accettata: l’acaro, infatti, misura 0,4 mm di diametro e non è visibile a occhio nudo. Quando osservato al microscopio ottico, l’acaro ha forma ovoidale, colore grigiastro e possiede quattro paia di zampe corte e tozze: le anteriori sono munite di ventose e le posteriori di lunghe setole.
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∞
A CURA DI LUIGI NALDI
SPECIALITÀ A-Z DERMATOLOGIA
L’acaro della scabbia descritto per la prima volta da due italiani
non esegue un trattamento adeguato.
UNA GRANDE SIMULATRICE
I segni e i sintomi della scabbia si presentano, in genere, dopo un periodo di incubazione di 3-4 settimane. Buona parte dei sintomi è connessa allo sviluppo di una reazione di ipersensibilità ai prodotti proteici dell’acaro e, in caso di re-infestazione, il periodo di incubazione è più breve (3-4 giorni). Il sintomo principale della scabbia è il prurito continuo e particolarmente intenso durante le ore notturne che, inizialmente, può comparire anche in assenza di lesioni cutanee. Le manifestazioni cutanee che si presentano successivamente all’e-
sordio del prurito hanno aspetto variabile: placche arrossate o lesioni che ricordano l’eczema o l’orticaria. Il viso e il cuoio capelluto sono, in genere, risparmiati, salvo nei soggetti immunodepressi e nella prima infanzia. Segni importanti sono la formazione di noduli pruriginosi, fissi, a livello dei genitali, delle ascelle, e, nel bambino piccolo, sul palmo delle mani e sulla pianta dei piedi. Un segno caratteristico, ma difficile da individuare, è il cunicolo della scabbia, che appare come una sottile linea grigiastra, arcuata, talora finemente desquamante, della lunghezza di alcuni millimetri e localizzata più frequentemente tra le dita delle mani, sui polsi o nella regio -
DOTT. LUIGI NALDI Specialista in Dermatologia
ne mammaria, glutea o genitale. Nella scabbia norvegese si osserva un’eruzione cutanea diffusa con arrossamento e desquamazione e con interessamento del cuoio capelluto e delle unghie, tutti aspetti che possono ricordare la psoriasi. Tale condizione può
Unità Complessa di Dermatologia, Ospedale San Bortolo, Vicenza e Centro Studi GISED, Bergamo
decorrere con prurito limitato o assente, fatto che rende difficile la diagnosi. La scabbia norvegese colpisce soprattutto i pazienti immunodepressi ed è estremamente contagiosa in quanto le diminuite difese immunitarie dell’ospite favoriscono la proliferazione massiva degli acari.
PIÙ ELEMENTI PER UNA DIAGNOSI CERTA
La diagnosi di sospetto si basa su una combinazione di aspetti:
> prurito intenso con recrudescenze notturne;
> presenza di lesioni più o meno caratteristiche nelle sedi tipiche descritte;
> riscontro della stessa sintomatologia in persone a stretto contatto con il paziente affetto, a testimonianza della contagiosità della malattia. La diagnosi di certezza si pone invece con l’identificazione dei cunicoli e con l’evidenza dell’acaro, delle uova o degli escrementi all’interno di essi, dopo aver prelevato il materiale con un piccolo bisturi passato sulla cute.
IMPORTANTE ELIMINARE L’ACARO…
Il trattamento consiste nell’uso di farmaci in grado di uccidere
l’acaro (scabicidi) e distruggere le uova, applicati sulla cute o assunti per via sistemica. Si ricorre, più spesso, a preparazioni galeniche per applicazione locale, ovvero prodotti preparati dal farmacista su indicazione del dermatologo, a base di permetrina al 5% o di benzoato di benzile al 10-25%. È importante applicare questi prodotti su tutto il corpo, dal collo in giù, dopo un bagno caldo, e poi eseguire un’energica frizione della pelle, specie nelle sedi dove più frequentemente si localizzano i cunicoli. Dopo 8-12 ore dall’applicazione, i prodotti antiscabbia vanno rimossi con dell’acqua.
Nei bambini piccoli il coinvolgimento del cuoio capelluto è comune pertanto, in questi pazienti, l’applicazione del prodotto scabicida (si predilige la permetrina) dovrebbe essere estesa anche al cuoio capelluto e al viso, risparmiando gli occhi e la regione attorno alla bocca. Una seconda applicazione del trattamento topico viene spesso proposta una settimana dopo la prima applicazione. Tuttavia, l’efficacia relativa di una seconda applicazione non è chiaramente definita. Un trattamento di profilassi andrebbe eseguito in tutti i conviventi e nelle persone a stret-
Come evitare che la scabbia si diffonda
La scabbia è una malattia soggetta a notifica obbligatoria da parte del medico che esegue la diagnosi. Il servizio di Igiene Pubblica che riceve le segnalazioni può monitorare la situazione e risalire alle presunte modalità di contagio. Quando un caso di scabbia si verifica in una comunità (asili, centri sociali…) è necessario isolare la persona affetta per almeno 24 ore dopo la conclusione del trattamento specifico. I membri della comunità devono invece essere sottoposti a sorveglianza sanitaria, per verificare se nel lasso di tempo di 6-8 settimane compaiono sintomi.
to contatto con il paziente.
… ANCHE NELL’AMBIENTE CIRCOSTANTE
Anche la disinfestazione degli ambienti domestici e degli effetti personali riveste un ruolo importante. Gli indumenti a contatto con la pelle, la biancheria, le federe e le lenzuola dovrebbero essere lavati ad alta temperatura (almeno 60 gradi), mentre tutto ciò che non può essere lavato andrebbe lasciato all’aria per almeno due o tre giorni in una stanza chiusa. Come ricordato, infatti, l’acaro non sopravvive a lungo lontano dalla pelle umana.
SE IL PRURITO NON SE NE VA
Il prurito può persistere per varie settimane anche dopo un trattamento efficace. I farmaci, infatti, uccidono l’acaro, ma i residui del corpo del parassita rimangono nella cute per un certo periodo di tempo e costituiscono uno stimolo antigenico (cioè determinano una reazione del sistema immunitario). Gli antistaminici per via orale hanno un limitato effetto sintomatico sul prurito, pertanto si può ricorrere all’applicazione di corticosteroidi topici e di emollienti. Talvolta la persistenza del prurito e delle lesioni cutanee può dipendere dal fallimento della terapia (trattamento eseguito erroneamente o resistenza dell’acaro al prodotto impiegato) oppure da una re-infestazione, sempre possibile. In caso di fallimento della terapia topica, è raccomandabile far ricorso a una terapia sistemica col farmaco ivermectina, assunto per via orale a dosaggi che dipendono dal peso della persona. Per la gestione corretta della terapia e le indicazioni più adeguate per la persona colpita e chi le sta intorno è sempre importante fare riferimento al dermatologo.
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SPECIALITÀ A-Z DERMATOLOGIA
Settembre/Ottobre 2023 | Bergamo Salute | 9
Se l’intestino si infiamma
Può capitare che diarrea e dolori addominali si presentino in associazione all’influenza, ma possono anche rappresentare alcuni dei sintomi principali di una malattia cronica dal forte impatto negativo sulla qualità di vita delle persone che ne sono affette: la colite ulcerosa.
CAUSE PRECISE ANCORA NON CHIARE
La colite ulcerosa è una malattia infiammatoria cronica intestinale che colpisce il colon (tratto terminale dell’apparato digerente). La fascia maggiormente colpita è quella dei giovani adulti tra i 20 e i 40 anni, senza differenze tra maschi e femmine, ma può manifestarsi a qualunque età. La causa precisa della malattia non è ancora chiara, ma sembrano coinvolti fattori genetici, come difetti della barriera epiteliale dell’intestino e alterazioni della risposta
immunitaria, e fattori ambientali ancora poco noti. L’infiammazione coinvolge sempre la mucosa del retto (parte finale del colon) e da qui può estendersi in maniera continuativa fino ad interessare altri segmenti del colon.
SINTOMI INTESTINALI
ED EXTRA-INTESTINALI
Il quadro clinico cambia in base alla severità dell’infiammazione e all’estensione di malattia, che può variare da forme limitate al retto fino al coinvolgimento di tutto il colon. I sintomi che caratterizzano la colite ulcerosa sono la diarrea (tipicamente con presenza di sangue e muco), il sanguinamento rettale, il dolore addominale e l’urgenza evacuativa, a cui possono associarsi perdita di peso e febbre. In circa un terzo dei casi possono essere presenti anche manifestazioni extra-intestinali di tipo articolare (es. spondiloartriti), cutaneo (es. eritema nodoso, pioderma gangrenoso), oculare (es. uveite) ed epatico (colangite sclerosante primitiva).
Per formulare una diagnosi è necessario sottoporsi a una colonscopia, che permette di valutare lo stato della mucosa del colon,
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∞ A CURA DI STEFANIA ORLANDO E STEFANO FAGIUOLI
DOTT. STEFANO FAGIUOLI Specialista in Gastroenterologia, Epatologia e Trapiantologia
ASST Papa Giovanni XXIII, Bergamo
SPECIALITÀ A-Z GASTROENTEROLOGIA
anche con l’effettuazione di biopsie per l’analisi istologica.
FASI ACUTE E DI REMISSIONE
La malattia si caratterizza per la presenza di fasi “acute” di riattivazione dei sintomi, con entità variabile, e di fasi di remissione in cui la malattia è clinicamente silente. La frequenza delle riacutizzazioni può essere molto variabile, da episodi isolati fino a un’attività infiammatoria persistente, con compromissione della qualità di vita.
UN
L’obiettivo della terapia è quello di
indurre la remissione con la scomparsa dei sintomi, ottenere la guarigione della mucosa e prevenire le riacutizzazioni. La scelta della terapia va personalizzata in base ad attività di infiammazione, estensione di malattia, età del paziente, eventuali patologie concomitanti e/o manifestazioni extra-intestinali. Ad oggi per il trattamento della colite ulcerosa sono disponibili diverse “armi” terapeutiche. I farmaci variano da quelli ad azione antinfiammatoria, quali mesalazina e corticosteroidi, a farmaci immunosoppressori come le tiopurine, fino ai più innovativi farmaci biologici e le piccole molecole. Se la mesalazina è il farmaco ad oggi più utilizzato per il trattamento di prima linea delle forme acute lievi
e moderate e per il mantenimento della remissione di malattia, le terapie biologiche hanno rivoluzionato il trattamento delle forme di colite moderata-severa incrementando i tassi di guarigione, riducendo l’utilizzo di cortisone e migliorando la qualità della vita. I primi farmaci biologici sviluppati sono stati gli
Settembre/Ottobre 2023 | Bergamo Salute | 11
TRATTAMENTO PERSONALIZZATO PER FAR SCOMPARIRE I SINTOMI E PREVENIRE LE RIACUTIZZAZIONI
DOTT.SSA STEFANIA ORLANDO Specialista in Gastroenterologia ed Endoscopia
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anti-TNFα, successivamente sono stati sviluppati quelli rivolti verso altri target dell’infiammazione come i farmaci anti-integrina e anti-interleuchina. Una nuova classe di farmaci disponibili comprende le piccole molecole, farmaci a somministrazione orale come gli inibitori delle Janus chinasi, in grado di spegnere alcune vie dell’infiammazione.
IN ALCUNI CASI SERVE UN INTERVENTO CHIRURGICO
Nei casi di malattia severa o che non risponde alla terapia e in caso di complicanze, può essere necessario l’intervento chirurgico di asportazione del colon e del retto. L’intervento prevede la deviazione temporanea del transito delle feci attraverso una stomia (apertura creata chirurgicamente sull’addome), con la possibilità in un secondo momento di ripristinare la continuità intestinale. La ricerca è in continuo sviluppo
ANTICORPI CONTRO L’INFIAMMAZIONE
I farmaci biologici sono anticorpi prodotti in laboratorio diretti contro specifici elementi che intervengono nello sviluppo dell’infiammazione.
Inizialmente sviluppati solo in formulazione endovenosa, attualmente sono disponibili anche formulazioni sottocute che consentono di effettuare il trattamento a casa e ridurre così la necessità di recarsi in ospedale.
con l’obiettivo di ottenere terapie personalizzate sempre più selettive, per trattare anche le forme più severe di malattia. Pur non essendo disponibile ad oggi una cura definitiva per la malattia, sono disponibili molteplici terapie che hanno l’obiettivo di mantenere la malattia in fase di remissione e di limitare la progressione del danno intestinale, in modo da prevenire le complicanze e garantire una buona qualità di vita.
IMPORTANTE RIVOLGERSI A UN CENTRO SPECIALIZZATO
In caso di sintomi sospetti per colite ulcerosa è importante rivolgersi allo specialista gastroenterologo per inquadrare la diagnosi, escludere altre cause di infiammazione e impostare precocemente la giusta terapia. È fondamentale, quindi, riferirsi a un centro specialistico non solo per avere un approccio tempestivo nei casi di riacutizzazione, ma anche per essere sempre adeguatamente aggiornati su sintomi, impatto sulla qualità della vita e nuove opzioni di trattamento per fronteggiare al meglio la malattia.
12 | Bergamo Salute | Settembre/Ottobre 2023
Oggi si sente parlare spesso di trattamenti di ossigenoterapia in camera iperbarica, soprattutto quando si registrano emergenze per persone vittime di intossicazione da monossido di carbonio (spesso d’inverno) o per una patologia da decompressione nei sub che si sono immersi in profondità (più frequenti d’estate).
OSSIGENO COME TERAPIA
L’ossigenoterapia iperbarica è un trattamento che prevede la respirazione di ossigeno puro nelle cosiddette camere iperbariche, ambienti pressurizzati a una pressione superiore rispetto a quella atmosferica. In tal modo, tessuti e cellule possono essere mantenuti in vita anche nel caso di carenze di irrorazione di sangue o di inefficienza del trasporto di ossigeno da parte dell’emoglobina (proteina all’interno dei globuli rossi che permette all’ossigeno di raggiungere le diverse parti del corpo).
UN DANNOSO ACCUMULO DI AZOTO
Nel caso di una patologia da decompressione, se vengono superati i limiti di sicurezza previsti per l’immersione o se la velocità di risalita è eccessiva, la quantità di azoto che il subacqueo ha accumulato durante l’immersione attraverso la respirazione di aria dalla bombola
non viene eliminata correttamente dall’organismo. L’elevata pressione a cui il subacqueo è sottoposto durante l’immersione, infatti, causa il deposito di azoto in forma disciolta nel sangue e nei vari tessuti: se la fase di risalita avviene a una velocità superiore a quella prevista, la componente di azoto disciolta nei tessuti può liberarsi in forma gassosa e provocare pericolose bolle che si comportano come veri e propri emboli. Queste bolle possono formarsi in tutti i distretti corporei e ciò spiega perché i sintomi e le conseguenze di questa patologia siano molto variabili.
DUE TIPI DI PATOLOGIA DA DECOMPRESSIONE
La forma più lieve di patologia da decompressione è quella di tipo 1, che colpisce la cute, con prurito e arrossamenti più o meno diffusi, e/o le articolazioni, con dolore e limitazione nei movimenti. La presenza di bolle d’azoto nell’encefalo o nel midollo spinale caratterizza invece la forma di tipo 2, più pericolosa. In questo caso la sintomatologia è di tipo neurologico: a seconda delle zone dell’encefalo e/o del midollo spinale interessate, i disturbi possono essere di tipo sensitivo, motorio, visivo ecc.
Le bolle d’azoto possono presentarsi anche a livello dei polmoni,
determinando difficoltà respiratoria, e dell’orecchio interno, provocando vertigini e ipoacusia. Nel caso in cui le bolle dovessero coinvolgere il tronco encefalico, che collega cervello e midollo spinale, il sub potrebbe anche essere colpito da un arresto respiratorio.
UN
ALTRO PERICOLO: L’EMBOLISMO GASSOSO
In caso di brusche risalite dalle profondità il subacqueo può andare incontro a un altro evento molto pericoloso: l’embolismo gassoso arterioso. In questo caso la rapida riduzione di pressione a cui il sub viene esposto determina una rottura traumatica di strutture anatomiche dell’apparato respiratorio, con conseguente immissione di gas (embolismo gassoso) nel sangue che scorre nelle arterie presenti a livello cerebrale.
L’OSSIGENOTERAPIA IPERBARICA COME TRATTAMENTO INDICATO
Per tutte queste forme patologiche correlate alle immersioni subacquee è indicato il trattamento con ossigeno iperbarico. Il ricorso alla camera iperbarica in regime di emergenza è un intervento medico rianimatorio che avviene al termine di un processo che prevede necessariamente il passaggio
14 | Bergamo Salute | Settembre/Ottobre 2023
∞ A CURA DI ANDREA GIOVANNIELLO
Si accresce l’indicazione all’ossigenoterapia in camera iperbarica
SPECIALITÀ A-Z MEDICINA IPERBARICA
della persona colpita attraverso un Pronto Soccorso, dove il medico ospedaliero dovrà formulare una diagnosi e contattare il centro iperbarico di riferimento. Se il trattamento è precoce, si favoriscono la dissoluzione delle bolle di azoto e il ripristino della funzionalità dell’organo coinvolto dalla patologia da decompressione; se invece trascorre troppo tempo, la bolla gassosa viene riconosciuta dall’organismo come un vero e proprio corpo estraneo, che si comporterà come una sorta di coagulo, che risponderà molto più difficilmente alla terapia. Si tratta quindi di un’emergenza medica in cui il fattore tempo è determinante ai fini prognostici.
OLTRE LE PATOLOGIE DA DECOMPRESSIONE
L’utilizzo della medicina iperbarica si può estendere a un’ampia gamma di patologie, oltre a quelle finora citate. Per esempio nel caso
di infezioni necrosanti progressive, lesioni da schiacciamento/traumatiche e fratture a rischio, innesti cutanei e lembi a rischio, ipoacusia improvvisa, osteomielite cronica refrattaria, ulcere cutanee croniche, lesioni tissutali post-attiniche, piede diabetico, osteonecrosi asettica e sindrome algodistrofica, cicli di sedute di ossigenoterapia iperbarica possono risultare molto utili nel processo di guarigione dei tessuti danneggiati. In queste condizioni l’ossigeno somministrato in camera iperbarica equivale a un potente farmaco, a volte con una vera e propria azione salvavita, che deve essere somministrato seguendo schemi terapeutici specifici per ogni patologia e paziente come da indicazioni delle Società scientifiche di settore, e i benefici che si ottengono possono essere considerevoli. L’otorinolaringoiatra per i casi di ipoacusia improvvisa, il chirurgo vascolare e il vulnologo per le ulcere di varia natura e
l’ortopedico per le necrosi asettiche o le sindromi algodistrofiche sono figure cardine nell’indirizzare il paziente all’ossigenoterapia iperbarica: queste e altre figure specialistiche, insieme ai medici di medicina generale, possono infatti dare indicazione a questo tipo di terapia, che è eseguibile in convenzione con il Sistema Sanitario Nazionale.
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Settembre/Ottobre 2023
DOTT. ANDREA GIOVANNIELLO Responsabile del servizio di Medicina Iperbarica
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Anche l’occhio può diventare secco
Il bruciore agli occhi è un fastidio comune, soprattutto per chi trascorre molto tempo davanti alla TV o allo schermo del computer, ma a volte può associarsi a una sensazione di “sabbia” negli occhi e infiammazione. Se a questi sintomi si abbina una lacrimazione diversa dal solito potrebbe trattarsi di quella che viene definita “malattia dell’occhio secco”.
IL FILM LACRIMALE NON RIESCE PIÙ AD AUTOREGOLARSI
La malattia dell’occhio secco, o dislacrimia, interessa la superficie oculare ed è caratterizzata da una perdita dei meccanismi di autoregolazione (omeostasi) del film lacrimale, con conseguente insorgenza di fastidio oculare. Il film lacrimale, infatti, è paragonabile a una pellicola fluida, trasparente, che ricopre la superficie anteriore dell’occhio e svolge importanti funzioni di lubrificazione, protezione e nutrizione della superficie oculare: se il volume della lacrima diminuisce o le lacrime evaporano eccessivamente per un’altera-
zione dei loro componenti, la protezione della superficie oculare si riduce e compaiono fenomeni di irritazione, che possono diventare cronici.
I sintomi possono essere vari, non specifici, di diversa intensità ed essere percepiti da ogni persona in modo differente: sensazione di bruciore, di corpo estraneo (o “sabbia”) e, nei casi più gravi, di dolore a livello oculare che si associa spesso a fotofobia (sensibilità alla luce), blefarospasmo (chiusura involontaria dell’occhio), calo visivo e diversi segni di infiammazione a livello di congiuntiva, palpebre e cornea.
Spesso la dislacrimia si accompagna a lacrimazione eccessiva come riflesso alle alterazioni della superficie oculare, tuttavia non si assiste a un miglioramento della situazione perché mancano le componenti essenziali del film lacrimale.
UNA MALATTIA DALLE TANTE CAUSE
Le cause che portano all’insorgenza della malattia dell’occhio secco
sono numerose. L’età è il maggior fattore di rischio e si riscontra soprattutto nelle donne. Altri fattori sono interventi chirurgici oculari precedenti, presenza di malattie oculari o sistemiche, come ad esempio quelle dermatologiche, o alcune malattie autoimmuni come la sindrome di Sjögren, l’artrite reumatoide e il diabete. Anche l’assunzione cronica di alcuni farmaci, come ad esempio trattamenti ormonali o antidepressivi, può favorire la comparsa di dislacrimia.
FATTORI ESTERNI NEGATIVI
Numerosi fattori esterni possono causare l’infiammazione dell’occhio e peggiorare la dislacrimia, come: inquinamento o particolari condizioni microambientali, l’uso scorretto e prolungato di lenti a contatto, stare per molto tempo davanti a un monitor, l’utilizzo di alcuni prodotti cosmetici o di colliri contenenti conservanti, anche per patologie croniche come il glaucoma (malattia del nervo ottico che può portare alla perdita della vista).
16 | Bergamo Salute | Settembre/Ottobre 2023
∞
A CURA DI FABIO MAZZOLANI
SPECIALITÀ A-Z OCULISTICA
OBIETTIVO:
RISTABILIRE L’EQUILIBRIO DEL FILM LACRIMALE
Il trattamento ha l’obiettivo di ripristinare il film lacrimale corretto e di mantenerlo stabile nel lungo periodo, sia agendo sui fattori di rischio esterni che sono modificabili o eliminabili, sia andando a integrare le componenti mancanti della lacrima attraverso sostituti lacrimali. La terapia oculare topica è, nella maggior parte dei casi, da utilizzarsi più volte ogni giorno. Qualora questa iniziale impostazione terapeutica non fosse sufficiente, si dovrà ricorrere a terapie associative con antinfiammatori - a volte anche immunosoppres-
sivi - o parachirurgiche, con una stimolazione ghiandolare mirata al fine di ripristinare una corretta produzione dei componenti del film lacrimale. Nei casi che non rispondono alle terapie citate, si può ricorrere a soluzioni chirurgiche come il posizionamento, definitivo o temporaneo, di un millimetrico “tappo” a livello del puntino lacrimale inferiore, con l’obiettivo di permettere una maggior permanenza della lacrima, già scarsamente prodotta o efficace, a livello della superficie oculare. In caso di sintomi di secchezza oculare è essenziale consultare il proprio oculista di fiducia per una corretta diagnosi della malattia
dell’occhio secco. Grazie a test specifici possono essere valutate sia la quantità sia la qualità delle lacrime al fine di impostare il trattamento più idoneo. Attualmente questi test sono computerizzati, non invasivi e di rapida esecuzione.
Settembre/Ottobre 2023 | Bergamo Salute | 17
DOTT. FABIO MAZZOLANI Specialista in Oculistica Direttore Sanitario Centro Oculistico Bergamasco
Il mio impegno per la salute di Bergamo
Gabriella
Una grande novità, ma nel segno della continuità. E, a giudicare dai numeri registrati sul delicatissimo fronte della sicurezza, sta lavorando decisamente bene. Per la prima volta nella sua storia, dal 2016 la polizia locale di Bergamo ha un comandante donna, succeduta a Virgilio Appiani dopo quattro anni di mandato: Gabriella Messina, 55 anni, da 30 nel corpo dei vigili, scelta dal Comune di Bergamo dopo un concorso al quale si erano candidati in 30.
Partiamo dal suo ingresso nella polizia locale.
Era il 5 marzo del ‘93; 23 anni dopo, il 16 settembre 2016, sono diventata comandante.
Come è cambiata la città in questi trent’anni?
Oggi c’è molta attenzione al disturbo generato dagli eventi, in particolare quelli organizzati all’aperto, o dalla movida, che si concentra in alcune zone della città. Trent’anni fa questo “problema” non c’era. Del resto, c’è una volontà precisa di far vivere la città, anche e soprattutto nelle ore serali, perché questo porta molti vantaggi. Un tempo, alle 21, le strade erano deserte,
tutti i giorni dell’anno. Oggi, fortunatamente, non è più così.
Ha vissuto da comandante il periodo buio del Covid. Cosa ricorda di quei mesi?
A ripensarci adesso sembra tutto irreale, come se fosse la sceneggiatura di un film. Abbiamo fatto un gran lavoro in città, anche mettendo a repentaglio la nostra salute e dimostrando che la polizia locale non è solo multe e sanzioni, bensì un servizio alla cittadinanza.
Qual è il problema di più difficile risoluzione per la città di Bergamo? Non sono uno, ma due. Innanzitutto, la sicurezza percepita dai cittadini. Seppur i dati oggettivi parlino di un numero di reati molto contenuto rispetto ad altre realtà, non nascondiamo che ci siano problemi, anche se sono limitati ad alcune zone sensibili della città caratterizzate dalla presenza di senza fissa dimora e persone dedite allo spaccio: in particolare, mi riferisco alla stazione e alla Malpensata, entrambe sempre ben presidiate dalle forze di polizia.
E l’altro?
L’intolleranza delle persone. Se vogliamo una città viva, aperta
e accogliente, è pur vero che dobbiamo accettarne alcune conseguenze, comunque sempre contenute entro certi limiti. Ogni volta che c’è un evento in città, le lamentele si susseguono numerose: noi bergamaschi siamo fatti un po’ così. La città, però, attira ormai molti turisti e visitatori: i tempi sono cambiati.
In Piazzale degli Alpini, però, le serate ad alto volume sono davvero tante.
Quest’anno il calendario è particolarmente fitto: in futuro, l’Amministrazione cercherà di fare il possibile per moderare la frequenza degli eventi.
Sempre più frequenti anche gli atti di inciviltà a opera di giovanissimi. Non possiamo parlare di baby gang perché non sono gruppi strutturati dediti a eventi criminosi. Sono principalmente ragazzini che si incontrano in alcune zone della città e si lasciano andare ad atti di maleducazione. Noi presidiamo i punti critici – le fermate della Teb, la zona delle piscine Italcementi ai piedi di Città Alta, i Propilei in centro – per salvaguardare la sicurezza di tutti.
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∞ A CURA DI CLAUDIO GUALDI
Messina guida la polizia locale della città orobica dal 2016. È la prima donna a farlo
PERSONAGGIO GABRIELLA MESSINA
Ha mai riscontrato problemi in quanto primo comandante donna?
Veri e propri problemi no, ma a volte ho la sensazione che le persone non mi considerino alla stregua di un pari ruolo maschile. In ogni caso, è un pregiudizio che non mi tange. Ci tengo a dirlo senza nessuna difficoltà: sono in servizio da 30 anni, la gente mi conosce e, nonostante la carriera, non ho modificato il mio atteggiamento. Ho sempre lo stesso armadietto nello spogliatoio.
È stata una nomina inattesa?
Sì, decisamente. Ancora adesso, a volte, fatico a crederci. È sempre stato il mio sogno: lo dicevo – e ne è testimone mio marito – fin dal primo ingresso nel corpo, nonostante non avessi ancora i titoli ne-
cessari. Poi ho deciso di iscrivermi all’università a 40 anni e conseguire la laurea in Giurisprudenza. Alla fine è arrivata questa opportunità del bando di selezione e l’ho colta al volo.
Un fatto divertente della sua lunga carriera?
Appena assunta, mi trovavo a piedi in viale Papa Giovanni XXIII e ho fermato una macchina molto vecchia, guidata da un burbero signore. L’auto era sprovvista di assicurazione perché veniva utilizzata principalmente per andare a lavorare nei campi, perciò chiamo il carro attrezzi per procedere con il sequestro. Dopo un’animata discussione, l’uomo mi chiede di poter recuperare almeno gli attrezzi rimasti in macchina: estrae una sega elettrica, l’accende e
inizia a inseguirmi. Sono scappata e ho subito chiamato i colleghi, che l’hanno fermato e denunciato.
Come si tiene in forma?
Vado in palestra, innanzitutto. E mi piace molto ballare, quando c’è la musica non riesco a stare ferma. Mi piacciono la disco music, i pezzi degli anni ‘70 e ‘80: quelli della mia generazione, insomma. Poi cerco di stare attenta all’alimentazione, ma quando si va in vacanza dai parenti in Sicilia è difficile dire di no...
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Una nuova sfida: costruire un buon rapporto con lo smartphone
A CURA DI IVANA GALESSI
« Se sono di fronte a un bellissimo tramonto con dei colori e delle sfumature che nessun dispositivo sarà mai in grado di riprodurre, in un luogo emozionante, in un momento magico, ovvio che se prendo il cellulare per cercare di trattenere quell’emozione in uno scatto o un video, non posso godere pienamente del momento perché in quel frangente mi stacco, perdo la connessione con l’emozione, insomma faccio altro, tipo occuparmi di prendere la giusta inquadratura o immaginare “la cornice social” in cui usare le immagini... sono altrove, mi sono perso la possibilità di farmi colpire, di godere di un’esperienza irripetibile che è prevalentemente emotiva. Il rischio, quando se ne abusi, è quello di disabituarsi poco alla volta, magari senza neanche accorgersene, a cogliere e gustare le tante sfumature del vivere. Il rischio è l’anestesia emotiva» si accalora il dottor Marco Ghezzi, psicologo e psicoterapeuta, quando iniziamo a parlarne.
Dottor Ghezzi, come funziona più in dettaglio?
Le esperienze percettive, emotive e di rapporto con gli altri contribuiscono in maniera decisiva a costruire un’immagine di sé e del mondo autentica e realistica, perciò sufficientemente affidabile. Sono esperienze uniche, irripetibili e ricche di sfumature e, poco alla
volta, aiutano a definirsi, a conoscersi sempre più in profondità, a diventare persone. Sono mattoncini che, messi uno sopra l’altro, ci aiutano a collocarci nel rapporto con il mondo e poi a discriminare, con sensibilità e finezza, tra le tante coppie di opposti insite nel vivere, giusto e sbagliato, bello e brutto, fino a imparare a decidere quali sono i comportamenti appropriati ai diversi contesti. In definitiva, aiutano a destreggiarsi nel vivere la vita.
In questo senso quali sono le differenze tra persone adulte e persone più giovani?
Considerando che si parla di una rivoluzione tecnologica il cui avvento risale a una quindicina di anni fa, una persona adulta ha già strutturato una personalità, definita attraverso innumerevoli esperienze percettive, emotive e interpersonali “autentiche” e non filtrate così massicciamente da media , costruendosi così un archivio (memoria) ricco di sfumature,
profondità e contraddittorietà che sono nutrimento essenziale per l’immaginazione e la formazione di un pensiero creativo e presupposto per la strutturazione di un pensiero critico. Un adulto, quindi, si suppone abbia l’esperienza per gestire adeguatamente il suo rapporto con lo smartphone Viceversa, un individuo in età evolutiva che sta formando la sua personalità, se passa tanto tempo sullo smartphone, corre il rischio di confondersi tra gli apprendimenti di un’esperienza diretta e personale e gli infiniti e ridondanti stimoli di esperienza mediata dai modelli esterni che, nell’attualità, sono veicolati massicciamente dai social. Non dimentichiamo che i social network sono costruiti per farti stare dentro a quel mondo più tempo possibile. Nella testa di un adolescente, per il quale il confronto con i pari è sempre attivo oltre che necessario, la continua esposizione ai modelli proposti sulle piattaforme social rischia di dettare l’agenda dei comportamenti a cui serve adeguarsi per sentirsi accettati.
Altrettanto importante è comprendere quanto sia centrale, per gli adolescenti, il rapporto con lo smartphone – di fatto una porta d’accesso al mondo adulto. All’interno del dispositivo c’è un mondo di opportunità infinite, risorse semplici da utilizzare anche per evitare la fatica del ragionamento (ChatGPT
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IN SALUTE STILI DI VITA
Rimanendo connessi costantemente, ci si disabitua all’ascolto di sé e degli altri e al mondo pieno di bellezza che ci circonda”
è solo una di queste), un archivio di informazioni ad accesso immediato, servizi e app che risolvono ogni quesito possa venire in mente, giochi e interattività 24 ore su 24 e sette giorni su sette. Il mondo dell’immediatezza aumenta il rischio che si crei un’illusione di onnipotenza, che l’adulto riconosce essere tale, mentre l’adolescente va aiutato a comprenderne il funzionamento. Soprattutto, va prima lasciato libero di apprendere nel mondo “analogico”, di interagire quanto più possibile con altre persone, di fare il suo percorso di prove ed errori che forgerà la sua resistenza, arricchirà la sua intelligenza, gli permetterà di conoscere il suo corpo e affinerà la sua emotività, per renderlo un giovane individuo capace di amare e di cogliere gli aspetti contraddittori del vivere. A questo punto si può consegnare il cellulare all’adolescente, confidando che lo utilizzi in maniera sensata.
Come si può costruire quindi un “rapporto sano”
con il mondo dei social?
L’avvento dei social network ha sconvolto le abitudini e le prassi dell’interazione tra persone. Prima di essi, le fotografie venivano scattate per mantenere il ricordo di un’esperienza e magari scambiate con poche persone, intime e fidate. C’era una certa cura della privacy e anche più pudore. Al giorno d’oggi, invece, tutto è di tutti e pare che l’invito latente sia quello di esporre ed esporsi senza filtri, in un carosello di immagini ridondanti, standardizzate e immediatamente dimenticate. È sorprendente osservare come immagini e video personali esposti sulle bacheche social siano offerti gratuitamente e spontaneamente dagli stessi utenti. Il tema centrale, quindi, è imparare a servirsi dello smartphone in modo critico e funzionale, usandolo piuttosto che “farsi usare”. Lo smartphone e i suoi strumenti ci hanno rivoluzionato la vita, rendendo molto più semplici tante operazioni quotidiane. Tuttavia, è fondamentale avviare un pensiero su un uso maggiormente
consapevole, critico, moderato di essi.Diciamola tutta, la sensazione è che questo dispositivo sia diventato quasi una protesi irrinunciabile di sé, senza la quale saremmo perduti. È altrettanto vero che è proprio quando si è immersi pienamente nel gustare un particolare momento che ci si rende conto di essere vivi, nel senso più autentico e poetico del termine. La sfida è trovare il giusto equilibrio.
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DOTT. MARCO GHEZZI Psicologo e Psicoterapeuta, Esperto in Emdr a Bergamo
Adriano Merigo
Dieta MIND
amica del cervello
Le vacanze sono ormai finite e un po’ per tutti riprendono gli impegni di scuola o di lavoro. L’alimentazione può aiutare a preparare il nostro corpo, soprattutto il nostro cervello, a questa sfida? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Mariagiovanna Filippella, endocrinologa.
Dottoressa Filippella, come ciò che mangiamo può aiutarci ad affrontare la vita frenetica di tutti i giorni e la tristezza da rientro?
Rientrare nella routine, dopo un periodo di svago e spensieratezza come può essere una vacanza, può essere vissuto con sofferenza. Si può provare un senso di tristezza, accompagnato da stanchezza, nervosismo e insonnia; un malessere generale che viene definito “depressione da rientro” e che può essere affrontato grazie a un buon riposo e a una sana
alimentazione. La dieta mediterranea è indicata come quella più completa e salutare. Alimenti ricchi in triptofano, fondamentale per la sintesi della serotonina - ormone che gioca un ruolo fondamentale nella regolazione del tono dell’umore -, possono migliorare questo stato di malessere: ne sono ricchi latte e latticini, tra cui ricotta e yogurt, legumi, in particolare ceci e fagioli, carne, soprattutto pollo e tacchino, pesce, tra cui acciuga, orata, spigola, sogliola, merluzzo, tonno e uova. Tra le verdure, ad essere particolarmente ricche di triptofano sono l’indivia, i cavoli, gli asparagi, i fagiolini, la lattuga, la bieta, gli spinaci e le zucchine. Fondamentale
per il miglioramento del tono dell’umore e per il buon funzionamento del sistema nervoso centrale sono anche la vitamina B12, presente negli alimenti di origine animale, e la vitamina B6, presente nei cereali integrali, nelle carni bianche, nel pesce - soprattutto nel salmone -, negli spinaci, nelle patate e nei legumi. Anche il ferro gioca un ruolo importante nei meccanismi che regolano il tono dell’umore. Tra le fonti principali, oltre la carne, si ricordano i legumi, alcuni tipi di pesce, i cereali e i semi, le verdure a foglia e alcune erbe aromatiche, tra cui pepe nero, menta, rosmarino e timo. Allo stesso modo, gli omega 3 sono utili per un buon funzionamento
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IN SALUTE ALIMENTAZIONE
CURA DI SARA CARRARA
del nostro sistema nervoso centrale e si trovano soprattutto nei pesci grassi come salmone, sgombro, alici, tonno, ma anche nei semi e nella frutta secca, in particolare le mandorle, ricche anche di zinco (stabilizzatore dell’umore). Anche i carboidrati, soprattutto quelli complessi come cereali integrali e legumi, sono importanti per ritrovare il buonumore. Fondamentali anche agrumi e frutta in generale, grazie al contenuto di carotenoidi che favoriscono una visione più ottimistica della vita.
Si sente spesso parlare della cosiddetta dieta MIND: in cosa consiste?
La dieta MIND ( Mediterranean-DASH Intervention for neurodegenerative Delay) è un regime alimentare che racchiude sia i principi della dieta mediterranea, sia quelli della dieta DASH, conosciuta come dieta per combattere l’ipertensione. Innanzitutto, questo regime dietetico punta a un consumo regolare di verdure, poiché sono ricche di antiossidanti e vitamine A e C in grado di contrastare l’azione dannosa dei radi-
Endocrinologa e referente dell’Ambulatorio di Nutrizione e Metabolismo
cali liberi. La dieta MIND enfatizza, quindi, l’utilizzo di vegetali, in particolare di quelli a foglia verde, mentre limita i prodotti animali e quelli ricchi di acidi grassi idrogenati. Questi ultimi sono responsabili non solo dell’invecchiamento
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DOTT.SSA MARIAGIOVANNA FILIPPELLA
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cellullare in generale, ma anche di fenomeni degenerativi a carico del cervello. Questa dieta incoraggia inoltre il consumo di cereali integrali che regolano le funzioni gastrointestinali e mantengono sotto controllo la glicemia, regolando anche i livelli di colesterolo nel sangue.
È solo suggestione o veramente il cibo può influire sul benessere del nostro cervello?
Non solo come un aiuto per concentrarsi meglio, ma anche per rendere la memoria più duratura e prevenire le demenze. Non è solo suggestione. Dal momento che gli attuali trattamenti farmacologici per la demenza, di cui la forma più comune è la malattia di Alzheimer, si sono dimostrati inefficaci, gli sforzi della ricerca si sono spostati verso trattamenti non farmacologicisoprattutto nelle prime fasi della comparsa della malattia - e verso strategie di prevenzione, tra le
quali rientra l’alimentazione. Gli studi dimostrano che la dieta MIND si associa a un miglioramento cognitivo e a una riduzione dell’incidenza di demenza.
Quali cibi fanno parte di questa dieta “amica” del cervello?
Quali, invece, quelli che la dieta MIND consiglia di limitare?
La dieta MIND predilige alimenti con proprietà neuroprotettive, raccomandando quindi di assumere verdure, frutti di bosco, noci, olio d’oliva, cereali integrali, pesce e fagioli; in quantità moderata il vino rosso. I cibi che la dieta MIND consiglia di limitare sono, invece, latticini, carni, fritture e dolci.
La dieta MIND è indicata per tutte le fasce d’età?
Sì, può essere seguita anche dai giovani, non solo per prevenire il declino cognitivo, ma anche per ridurre il rischio cardiovascolare.
Può essere mantenuta sempre o solo
IL VERO RAPPORTO TRA CAFFÈ E CERVELLO
Il caffè contiene caffeina, che è in grado di migliorare la funzione cognitiva, cioè le abilità mentali necessarie allo svolgimento di qualsiasi attività, e aiuta a “fissare” i ricordi. Il caffè può anche essere un valido supporto per potenziare la memoria a breve termine, basta evitare di aggiungere gli zuccheri.
per un determinato periodo?
Ci sono controindicazioni?
La dieta MIND può essere mantenuta nel tempo in quanto contiene i principi della dieta mediterranea. Seguire uno stile di vita sano in associazione a un’alimentazione equilibrata si conferma quindi un’ottima strategia per favorire la salute cerebrale e il benessere dell’intero organismo, senza alcuna controindicazione.
IN SALUTE ALIMENTAZIONE
Settembre/Ottobre 2023 | Bergamo Salute | 27 Visita il sito www.care-dent.it per conoscere l’elenco completo dei direttori sanitari. Primo S.r.l. - Caredent Italia S.p.A. PER PRENOTARE LA TUA VISITA CHIAMA IL NUMERO VERDE OPPURE PRENOTA ONLINE CON IL QR CODE 800.95.95.64 OLTRE 8 CENTRI A BERGAMO E PROVINCIA Visita il sito www.care-dent.it per conoscere l’elenco completo dei direttori sanitari. Primo S.r.l. - Caredent Italia S.p.A. PER PRENOTARE LA TUA VISITA CHIAMA IL NUMERO VERDE OPPURE PRENOTA ONLINE CON IL QR CODE 800.95.95.64 OLTRE 8 CENTRI A BERGAMO E PROVINCIA
Radicchio: l’amaro che fa
bene
Il suo retrogusto amaro spesso lo esclude dalle verdure preferite, ma il radicchio è ricco di virtù e dovrebbe trovare posto sulle nostre tavole. Conosciamo meglio questo ortaggio con la dottoressa Federica Belotti, dietista.
Rosso, verde o variegato
Il radicchio è un ortaggio a foglia di colore rosso, verde o variegato, con forma a cespo (aperta o chiusa, affusolata o a palla) e sapore tipicamente amaro. Esistono molte specie di radicchio, tutte appartenenti al genere botanico Cichorium. Le più note sono:
> radicchio rosso, dal colore rubino o violaceo, che a sua volta si suddivide in molte varietà, tra cui il radicchio rosso di Treviso, il radicchio rosso di Chioggia e il radicchio rosso di Verona;
> radicchio variegato, dal colore verde-giallognolo puntinato in rosso-violaceo, a cespo aperto; quello più noto e riconosciuto è il radicchio di Castelfranco;
> radicchio verde, che comprende tutte le varietà di cicoria verde amara, tra cui il radicchio verde Pan di Zucchero e il radicchio verde Selvatico o di Campo. Alcuni si classificano ulteriormente
in precoci e tardivi. Inoltre molte varietà di radicchio, rosse e non, hanno acquisito la certificazione IGP (Indicazione Geografica Protetta).
Ricco di antiossidanti e minerali
«Il radicchio ha un’ottima concentrazione di antiossidanti in grado di contrastare l’azione dei radicali liberi, in particolare vitamina C, betacarotene e, nel radicchio rosso, antocianine (pigmenti vegetali che donano il caratteristico colore rosso-arancio e blu-violetto a molta frutta e verdura).
È inoltre ricco di minerali, in particolare di potassio (utile al buon funzionamento di muscoli e cuore e per la trasmissione degli impulsi nervosi), fosforo e magnesio. Contiene anche buone quantità di ferro e calcio, tuttavia scarsamente biodisponibili sia per la forma chimica del ferro, sia per la presenza di antinutrienti (acido fitico e ossalico) che ostacolano l’assorbimento del calcio» spiega la dottoressa Belotti.
L’immancabile fibra
«Come tutte le verdure, il radicchio è ricco di fibra. Quest’abbondanza può avere molteplici effetti sull’organismo. In presenza d’acqua, la fibra favorisce il senso
di sazietà per aumento del volume del pasto nello stomaco, riduce la velocità di assorbimento dei carboidrati, abbassando il carico glicemico del pasto (cioè l’impatto del pasto sui livelli di zucchero nel sangue), e ostacola l’assorbimento del colesterolo. Gli alimenti ricchi di fibra sono quindi fondamentali nella dietoterapia per l’ipercolesterolemia e il diabete. La fibra inoltre migliora
Ottimo sia crudo che cotto
Il radicchio si può utilizzare da solo come contorno oppure come ingrediente per varie ricette. Come contorno può essere semplicemente consumato crudo, anche all’interno di un’insalata mista, ma è ottimo anche cotto: alla griglia, gratinato in forno o saltato in padella con aceto balsamico o limone. Come ingrediente è perfetto per primi piatti, sia pastasciutte che risotti, ma anche all’interno di secondi piatti come involtini, polpette o arrosti.
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∞ A CURA DI SARA CARRARA
IN SALUTE ALIMENTAZIONE
Come far venire l’acquolina in bocca…
Radicchio rosso all’aceto balsamico
Tagliate il radicchio a striscioline. In una padella scaldate un po’ di olio extravergine d’oliva con uno spicchio di aglio e un rametto di rosmarino. Quando l’olio è ben caldo aggiungete il radicchio, mescolate e versate l’aceto balsamico. Fate evaporare l’aceto balsamico, togliete il rosmarino e l’aglio, regolate di sale e pepe.
Pasta con radicchio e scamorza affumicata
Lavate il radicchio e tagliatelo finemente. Cuocetelo in padella con un filo d’olio, inizialmente a fuoco vivace, poi abbassate la fiamma e continuate la cottura fino a che non sarà morbido.
Aggiustate di sale. Nel frattempo tagliate a cubetti la scamorza affumicata. Cuocete la pasta e unitela al radicchio in padella, fate amalgamare gli ingredienti e infine aggiungete i cubetti di scamorza.
il transito intestinale, prevenendo la stipsi, e nutre la flora batterica intestinale, fungendo da prebiotico e contribuendo al mantenimento della salute dell’intestino» aggiunge la dottoressa.
Lo possono mangiare tutti
Ad oggi non sono note controindicazioni al consumo di radicchio, né interferenze tra il consumo di radicchio e l’assunzione di farmaci o altre sostanze.
Pochissime calorie
In media 100 g di radicchio crudo contengono 0,1 g di grassi, 1,6 g di carboidrati, 1,4 g di proteine e ben 3 g di fibra a fronte di sole 13 kcal.
DOTT.SSA FEDERICA BELOTTI Dietista
Humanitas Gavazzeni, Studio medico a Trescore Balneario, FIOS MED a Osio Sotto e Dietetica su Misura a Treviglio
Può capitare di avere dei “colpi di fortuna”, ma se la sensazione di sentirsi inadeguato e di non meritare i successi raggiunti in ambito lavorativo è costante e causa una profonda sofferenza ci si può trovare di fronte a una vera e propria condizione che merita un’attenzione particolare: la sindrome dell’impostore. Approfondiamo questo argomento con la dottoressa Enrica Des Dorides, psicologa e psicoterapeuta.
Dottoressa Des Dorides, come si definisce la sindrome dell’impostore?
Il termine “sindrome dell’impostore” è stato coniato alla fine degli anni ‘70 dalle psicologhe Pauline Clance e Suzanne Imes per descrivere una condizione per la quale la persona che ne soffre non si sente meritevole del proprio successo o dei risultati che ottiene. Le proprie abilità e capacità sono sempre non riconosciute o sottostimate, con conseguente costante insoddisfazione personale. Nonostante le evidenze oggettive, la persona non attribuisce a se stessa il merito dei traguardi raggiunti, bensì a fattori esterni, come la fortuna, oppure ritiene che chiunque possa fare la stessa cosa e che le altre persone possano sovrastimare la sua competenza.
Quali sono le conseguenze
più “pesanti” di questa condizione?
La sensazione di non essere meritevole e di ingannare gli altri fa vivere la persona con la paura di essere smascherata da un momento all’altro, con il rischio di vedere compromesso tutto quello che ha raggiunto. L’angoscia dell’ipotesi di perdere la propria posizione lavorativa può diventare molto intensa e, per evitarlo, alza sempre di più i propri standard, adottando uno stile di comportamento improntato al perfezionismo. In caso contrario, la persona potrebbe vivere al di sotto delle proprie possibilità, per preservarsi dal rischio di essere smascherata. Non è raro che si sviluppi una situazione di stress lavoro-correlato.
Quali possono essere le cause?
Molteplici aspetti potrebbero concorre all’insorgere di questo vissuto emotivo. Le origini potrebbero derivare dall’infanzia, qualora genitori troppo critici abbiano trasmesso al bambino un senso di inadeguatezza, di non riconoscimento del proprio valore, con conseguente impossibilità di sviluppare una sana autostima. Anche un ambiente di lavoro svalutante o troppo richiedente potrebbe portare la persona a sviluppare stress. Un altro possibile fattore è l’adesione a parametri imposti da una società troppo orientata al successo. Alcuni tratti
di personalità possono contribuire all’instaurarsi di una convinzione di sé non adeguata. Il quadro può essere complesso ma risolvibile.
Chi è colpito da questa sindrome?
In un primo momento, la sindrome sembrava caratterizzare maggiormente le donne che ricoprivano posizioni di successo, ma attualmente non si rilevano differenze tra genere maschile e femminile. Sembra, infatti, che i soggetti più colpiti siano quelli che rivestono ruoli sociali e incarichi lavorativi importanti, anche se la sindrome può colpire chiunque. Le persone che si riconoscono in questa categoria tendono a essere molto critiche con loro stesse, hanno uno spiccato senso del dovere e non vogliono deludere le aspettative degli altri.
Come si sente chi soffre della sindrome dell’impostore?
Anche di fronte ai traguardi raggiunti, la persona che soffre della sindrome dell’impostore non si sente gratificata. Potrebbe sperimentare ansia a livelli elevati, paura, frustrazione o, in alcuni casi, avere sintomi depressivi. Tende ad attribuire molta importanza al giudizio e al confronto con gli altri, che viene vissuto con paura in quanto possibile portatore di atteggiamenti di autocritica e
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Non credere nelle proprie capacità: se fosse la sindrome dell’impostore?
IN ARMONIA PSICOLOGIA
∞ A CURA DI IVANA GALESSI
Riconoscere i pensieri disfunzionali
Un buon punto d’inizio per evitare di cadere nella sindrome dell’impostore è diventare più consapevoli dei ragionamenti disfunzionali che ogni giorno girano nella testa. Ecco alcune frasi tipiche di chi sente impostore:
● Non ho le competenze adatte per questo lavoro
● Sono un impostore
● Prima o poi si accorgeranno che non valgo
● Mi sento sempre inadatto
● Non ho nessun merito
● Il mio successo è dovuto alla fortuna
● Chiunque al mio posto ci sarebbe riuscito
● Non merito di ricoprire questo ruolo
● È stato un caso se mi hanno scelto
● Sto imbrogliando chi ha creduto in me
● Devo fare bene al primo colpo
● Non posso permettermi di sbagliare
● Se chiedo aiuto si accorgono che sono incapace
● Non posso deludere le aspettative degli altri
svalutazione. Il “falso impostore” ha paura del fallimento e anche i più piccoli errori possono essere fonte di colpevolizzazione verso se stesso.
C’è una relazione tra la sindrome dell’impostore e l’autostima?
La sindrome dell’impostore è tipicamente associata a bassi livelli di autostima e alla sensazione di scarso valore personale e inadeguatezza. Si tratta di una vera e propria distorsione cognitiva molto difficile da sradicare, nonostante le evidenze contrarie. La persona tende costantemente a minimizzare la propria competenza e non ha la percezione del proprio valore personale. Non riconosce che i risultati sono legati alle proprie capacità, abilità, talenti, impegno e determinazione.
Come stare meglio?
Per ridurre la sofferenza emotiva correlata a questa sindrome occorre colmare il divario esistente tra la percezione di sé e i riconoscimenti raggiunti, imparando a riconoscere il proprio valore e attribuendosi il merito dei risultati del proprio operare. Senza andare sul versante opposto, per cui la persona si stima più competente di quanto sia realmente nei fatti (effetto Dunning-Kruger), l’obiettivo è diventare capaci di fare una valutazione imparziale della situazione e di come si è riusciti ad
DOTT.SSA ENRICA DES DORIDES
Psicologa e Psicoterapeuta
A Bergamo e Seriate
avere successo grazie alle proprie abilità. Pur non trattandosi di una patologia inserita nella classificazione diagnostica del manuale dei disturbi mentali, chi ha un vissuto emotivo di questo tipo può rivolgersi a uno psicoterapeuta che lo aiuterà a comprendere i propri meccanismi più profondi che innescano la sindrome dell’impostore e lo aiuterà a trovare modalità più utili di funzionamento per recuperare autostima e benessere. Si può imparare a essere più pazienti e amorevoli verso se stessi, potenziando il proprio senso di autoefficacia. Un modo per riequilibrarsi potrebbe essere quello di imparare tecniche di rilassamento, di meditazione o di autoipnosi per risvegliare le proprie risorse, riscoprire la propria saggezza e forza interiore e cominciare a utilizzare la creatività della mente per focalizzarsi non sullo scenario temuto, ma verso il futuro desiderato.
Settembre/Ottobre 2023 | Bergamo Salute | 31
Se il secondo figlio non arriva
Capita più spesso di quanto si possa immaginare: si vorrebbe dare un fratellino o una sorellina al primogenito ma non si riesce ad avviare la seconda gravidanza. Potrebbe trattarsi di infertilità secondaria, meno nota di quella primaria ma ugualmente presente nella popolazione italiana.
Quando si parla di infertilità secondaria
« Si fa riferimento all’infertilità secondaria quando una coppia sotto i 35 anni ha avuto rapporti non protetti per 12 mesi senza riuscire a concepire (o per 6 mesi se l’età è superiore) oppure se la coppia non riesce a portare a termine la gravidanza. Le cause sono diverse e possono essere legate a un solo membro della coppia o a entrambi i partner » afferma il professor
Oltre possibili problemi all’utero L’infertilità secondaria femminile può essere causata da problematiche di diversa natura:
> diminuzione della quantità e della qualità degli ovociti (cellule
riproduttive femminili), che si riscontra verso i 40 anni;
> presenza di “elementi di disturbo” a seguito di interventi chirurgici, di cisti, fibromi o anche di infezioni, come clamidia e gonorrea;
> presenza di sindrome dell’ovaio policistico o di endometriosi, che possono interferire con la seconda gravidanza anche se
Infertilità secondaria: il rischio è maggiore in casi speciali
Le coppie a maggiore rischio di infertilità secondaria sono quelle in cui i partner presentano infiammazione pelvica cronica, cicli mestruali irregolari, ridotta qualità e quantità di spermatozoi nel liquido seminale o disordini ormonali.
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Mario Mignini Renzini, Professore di Ginecologia e Ostetricia presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca.
∞ A CURA DI SARA CARRARA
IN ARMONIA COPPIA
non hanno impedito la prima;
> cattivo stile di vita, con importante aumento di peso, fumo e consumo di alcol.
Non contano solo gli spermatozoi
Anche nel partner maschile sono riconosciuti diversi fattori:
> riduzione dei livelli di testosterone, che può essere dovuta ad avanzamento dell’età (specialmente sopra i 40 anni), incidenti, infezioni genitali, diabete, malfunzionamento della tiroide, tumori benigni, infarto del miocardio o stress elevato;
> presenza di varicocele, ovvero di una dilatazione anomala delle vene dei testicoli;
> riduzione del numero e della qualità degli spermatozoi, (cellule riproduttive maschili);
> alcuni tipi di interventi chirurgici
o di terapie farmacologiche, utilizzate per esempio in caso di tumore alla prostata, infezioni delle vie urinarie, artrite e gotta; > cattivo stile di vita, dove all’importante aumento di peso, al fumo e al consumo di alcol si aggiunge l’esposizione a inquinanti e pesticidi.
Non aspettare a cercare aiuto
«In caso di infertilità secondaria è necessario rivolgersi rapidamente a un esperto di medicina della riproduzione. Verranno analizzati la storia medica della coppia, in modo da verificare se ci sono stati dei cambiamenti dopo la prima gravidanza, così come la presenza di eventuali disturbi o comportamenti in grado di influire negativamente sull’ovulazione o sulla quantità e qualità del liquido spermatico» ricorda il professore.
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Allattare al seno non è sempre facile
La natura umana ha fatto sì che il sistema ormonale materno abbia reso automatico e spontaneo l’allattamento. Ma cosa succede nei casi in cui la neo-mamma non può o non vuole allattare? Ne parliamo col dottor Claudio Crescini, ginecologo.
Dottor Crescini, perché l’allattamento è così importante?
Numerosi studi e ricerche scientifiche hanno dimostrato che il latte materno, grazie agli anticorpi della neo-mamma di cui è ricco, protegge il neonato - che non ha ancora completato lo sviluppo del proprio sistema immunitario - da molte malattie, oltre ad avere effetti benefici a lunga distanza, riducendo il rischio di diabete, obesità e malattie cardiovascolari nell’adulto. Inoltre l’allattamento favorisce lo sviluppo cognitivo del bambino e riduce il rischio di cancro al seno alla mamma. Per questo è fondamentale che la mamma venga ben informata
durante il periodo di gestazione sui benefici dell’allattamento e sui piccoli accorgimenti necessari per evitare difficoltà e ostacoli, senza però colpevolizzarla se non può o non vuole allattare.
Quali sono le principali difficoltà che possono portare la neo-mamma ad abbandonare l’allattamento?
Seppur si ritenga che allattare sia semplice e spontaneo, soprattutto se è la prima volta ci possono essere delle incertezze sulla posizione da far tenere al bimbo e su come attaccarlo al capezzolo, perciò si possono commettere errori che possono scoraggiare la madre e incentivare, di tutta risposta, il ricorso alla formula. È fondamentale imparare subito ad allattare in modo corretto, grazie al supporto del personale qualificato delle strutture sanitarie, soprattutto per evitare il dolore al seno o il fastidio che può manifestarsi nei primi giorni se la posizione della mamma è scomoda
Cosa contiene il latte in formula
e l’attacco del bimbo non è fatto in modo adeguato. È raro che una mamma non produca sufficiente latte per il proprio bimbo: la mancanza di latte (agalattia) o la sua insufficiente produzione (ipogalattia) sono condizioni che interessano meno del 10% delle puerpere pertanto se si ha l’impressione di produrre poco latte è possibile che debba essere rimodulata la propria “tecnica” di allattamento, la frequenza delle poppate e il tempo a esse dedicato. Bisogna comunque prestare attenzione a non dare al bimbo liquidi zuccherati o sostanze diverse dal latte materno perché possono compromettere l’allattamento al seno, disincentivando il bimbo dalla suzione dal capezzolo.
Ci sono altre difficoltà?
Ulteriori problematiche possono essere le ragadi, piccoli taglietti del capezzolo dolorosi e sanguinanti causati spesso da una scorretta posizione, da un attacco errato del bimbo o da un eccesso
La maggior parte del latte in formula per neonati contiene una fonte di proteine (di solito del latte vaccino oppure proteine di soia o diverse proteine idrolizzate), lattosio, una combinazione di oli vegetali, sali minerali e vitamine. Nonostante i tentativi per rendere sempre più simile il latte in formula al latte materno, ci sono dei limiti soprattutto per quanto riguarda le componenti bioattive: i neonati allattati al seno e quelli allattati con formula hanno un diverso stato nutrizionale e differenze nel microbiota intestinale, ovvero quella popolazione batterica che colonizza l’intestino e con cui noi conviviamo per tutta la vita che contribuisce, tra le altre numerose azioni, anche allo sviluppo del sistema immunitario.
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∞ A CURA
DI IVANA GALESSI
IN FAMIGLIA DOLCE ATTESA
di lavaggi o di applicazioni di sostanze detergenti che danneggiano il film protettivo prodotto dalle ghiandole dell’areola mammaria: se il problema stenta a risolversi è opportuno lasciare libero il capezzolo e applicare una pomata alla lanolina. L’ingorgo mammario, invece, è causato da un insufficiente svuotamento del seno per cui il latte si accumula nella mammella causando tensione, gonfiore, dolore e talvolta anche febbre. Può avvenire sia durante la montata lattea sia durante l’allattamento. La cosa migliore da fare è attaccare subito il bimbo al seno in modo corretto, allungare la durata delle poppate e renderle più frequenti, grazie all’utilizzo di un tiralatte o, meglio ancora, il “metodo della bottiglia calda”.
Più raramente, tra il 10° e il 14° giorno dal parto, può insorgere un’infezione della mammella causata da un germe, lo stafilococco aureo, che entrando dal capezzolo trova nel latte un terreno di coltura perfetto e può provocare la formazione di un ascesso. Per prevenire questa condizione, nota come mastite batterica, è necessaria un’accurata igiene personale che consiste in una doccia giornaliera, un frequente lavaggio delle mani prima di ogni poppata e una cura del capezzolo con acqua, ma senza sostanze tensioattive o profumate. In caso di infezione si opta per una terapia antibiotica e talvolta può essere necessario un intervento chirurgico di incisione e drenaggio dell’ascesso.
In ogni caso è fondamentale, quando insorgono problemi durante l’allattamento, rivolgersi subito a un’ostetrica di fiducia, al Pronto Soccorso o alla sala parto dell’ospedale in cui si è partorito. Solo così si potranno avere i consigli o una visita per risolvere il problema e non abbandonare inutilmente l’allattamento.
E se si hanno le protesi mammarie?
Gli interventi chirurgici di ampliamento o rimodellamento del seno con l’introduzione di una protesi non provocano danni ai dotti galattofori (i piccoli canali che portano il latte dalle ghiandole dove viene prodotto fino al capezzolo da cui fuoriesce), perciò non impediscono né ostacolano l’allattamento. La mastoplastica riduttiva (riduzione del volume delle mammelle), invece, può causare un danno ai dotti galattofori con impossibilità ad allattare.
Si può allattare dopo essere state operate per un tumore al seno?
Gli esami diagnostici di routine possono interferire con l’allattamento?
Si può allattare dopo essere state operate per un tumore al seno perché la mammella non operata - quindi sana - produce latte ed è possibile attaccare a questa il bimbo.
Per quanto riguarda gli esami diagnostici, si predilige l’ecografia mammaria che, rispetto alla mam-
mografia, è una procedura meno invasiva.
L’allattamento danneggia l’aspetto estetico del seno?
Si sente spesso dire che l’allattamento danneggia il seno svuotandolo e facendogli perdere rotondità e sostegno. In realtà i fattori più importanti che modificano l’aspetto estetico delle mammelle sono la gravidanza stessa con i suoi cambiamenti ormonali e l’ingrossamento del seno e l’eccessivo aumento di peso. Quindi l’allattamento ha un ruolo molto marginale, se non nullo. Per evitare o ridurre questi cambiamenti estetici è bene non aumentare troppo di peso in gravidanza e soprattutto rinforzare i muscoli pettorali con esercizi di ginnastica.
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Settembre/Ottobre 2023 | Bergamo Salute | 35
DOTT. CLAUDIO CRESCINI Specialista in Ostetricia e Ginecologia
Adjunct professor Humanitas University Milano Consulente ostetrico-ginecologo ASST BG Est
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Come prevenire il soffocamento in età pediatrica
Giocattoli, cibi, oggetti di piccole dimensioni possono rappresentare un serio rischio per lattanti e bambini. L’ingestione accidentale di un corpo estraneo non è un evento così raro e il soffocamento è una fra le principali cause di morte per i bambini fino ai quattro anni. Conoscere le manovre di disostruzione pediatrica è una competenza che tutti i genitori, i nonni e coloro che si occupano dei più piccoli dovrebbero avere, perché saper agire con prontezza e lucidità può essere decisivo nella tutela di una vita. Ne parliamo con Giovanna Pezzotti, istruttrice di primo soccorso pediatrico.
Cosa sono le manovre di disostruzione?
Le manovre di disostruzione sono dei gesti in grado di salvare la vita ai bambini che accidentalmente ingeriscono o inalano dei corpi estranei come piccoli oggetti o alimenti, che possono ostruire le vie aeree in maniera parziale o completa. L’atto del primo soccorso non consiste nell’effettuare prestazioni terapeutiche particolari, bensì nel consentire all’infante o al bambino il mantenimento delle funzioni
vitali, fino all’arrivo del personale qualificato.
Perché i bambini sono più colpiti?
Nei bambini il rischio di soffocamento è maggiore in quanto le vie respiratorie hanno un diametro piccolo e una forma a cono che può favorire l’ostruzione, inoltre il meccanismo che coordina la masticazione e la deglutizione dei cibi solidi non è ancora perfettamente regolato. A questo si deve aggiungere che la dentizione è ancora incompleta e, soprattutto nei primi mesi, mancano ancora i molari, fondamentali per dare al cibo una consistenza facile da deglutire.
Come si può prevenire?
Innanzitutto, è fondamentale prestare attenzione a non lasciare a portata di mano piccoli oggetti che possono essere facilmente inalati o ingeriti, soprattutto nei primi mesi di vita, quando il neonato utilizza prevalentemente la bocca per conoscere l’ambiente che lo circonda, così come farlo giocare con giocattoli adatti alla sua età e conformi alle normative di sicurezza.
Quali sono gli alimenti e gli oggetti più pericolosi?
Tra gli alimenti che possono più facilmente provocare soffocamento e che più spesso rendono necessario un intervento di disostruzione pediatrica, risultano:
> semi, cereali in chicchi, muesli, noccioline e frutta secca a guscio, per via delle dimensioni ridotte;
> frutta e verdura cruda di consistenza dura;
> uva, ciliegie, olive, mozzarelline, pomodorini, wurstel, salsicce, carote, che hanno forma tondeggiante o cilindrica;
> salumi dalla consistenza fibrosa, carne e pesce, che possono contenere ossicini e lische;
> caramelle dure e gommose, gomme da masticare, gelatine e marshmallow
Gli oggetti più pericolosi sono, invece, giocattoli smontabili, pile al litio, magneti, tappi delle penne, palloncini sgonfi, palline di ogni tipo e materiale, monete, ciondoli e bottoni.
Cosa fare?
In caso di ostruzione parziale, il corpo estraneo si trova in una posizione tale da permettere un
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∞ A CURA DI SARA CARRARA
IN FAMIGLIA
BAMBINI
1. La postura aiuta – I bambini devono mangiare a tavola con la schiena dritta.
2. Calma – Cercare di mantenere un’atmosfera tranquilla mentre si mangia.
3. Evitare le distrazioni – Non dare da mangiare al bambino mentre gioca, guarda la TV o è in auto.
4. Una cosa alla volta – Se il bambino piange o ride, aspettare che si sia calmato prima di dargli da mangiare.
5. In buona compagnia – Mai lasciare da solo il bambino mentre mangia.
6. Lo vuoi? – Non forzare il bambino a mangiare.
7. Lentamente – Incoraggiare il bambino a fare bocconi piccoli e a masticare bene prima di deglutire.
8. Piccoli pericoli – No a frutta a guscio, semi e caramelle prima dei quattro anni.
9. A suo tempo – Dare al bambino alimenti appropriati alla sua età.
10. Cosa fare se… - È raccomandabile conoscere le manovre di disostruzione pediatrica.
minimo passaggio di aria, ancora sufficiente a ossigenare il sangue. Il bambino dev’essere assistito e incoraggiato a tossire in modo vigoroso e spontaneo. Esercitare dei colpi o delle pacche sulla schiena o sulle spalle potrebbe aggravare la situazione, rischiando di ostruire completamente il passaggio di aria. Pertanto, se il bambino è cosciente, piange, riesce a parlare e/o tossisce, non occorre fare nulla. Se il quadro clinico non si risolve chiamare il 112.
In caso di ostruzione completa, il corpo estraneo crea una sorta di “tappo” nelle vie aeree che impedisce il passaggio di aria. Pertanto, il bambino non è più in grado di tossire o piangere e non riesce a emettere nessun suono. L’ostruzione completa rappresenta un’emergenza che merita un intervento immediato. Devono infatti essere allertati subito i soccorsi (112) ed eseguite le manovre di disostruzione pediatrica, che variano a seconda dell’età del bambino:
> nel lattante di 0-12 mesi si alternano cinque colpi tra le scapole e cinque compressioni toraciche, da ripetere fino alla risoluzione dell’ostruzione completa;
> nel bambino di età superiore a un anno si pratica la manovra di Heimlich, che prevede l’esecuzione di compressioni addominali per far espellere
GIOVANNA PEZZOTTI
Istruttrice BLSD-PBLSD e primo soccorso pediatrico Puericultrice in libera professione a Bergamo e provincia
l’ostruzione che sta causando il soffocamento.
Se il bambino diventa incosciente, in attesa dell’arrivo dei soccorsi si procede con la rianimazione cardiopolmonare.
C’è qualcosa che, invece, non va fatto?
Anche se si pensa di agire per il meglio, è importante:
> non iniziare le manovre di disostruzione se un bambino semplicemente tossisce;
> non dimenticarsi di attivare i soccorsi;
> non cercare di rimuovere l’oggetto/il corpo estraneo con le dita: questa azione è consentita esclusivamente se il corpo estraneo è “affiorante” e ben visibile.
Settembre/Ottobre 2023
10 consigli per prevenire il soffocamento in età pediatrica
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Ben il 14% della popolazione mondiale soffre di emicrania e in Italia colpisce oltre 6 milioni di persone, di cui 4 milioni sono donne. Conosciamo meglio le caratteristiche di questo disturbo così diffuso con l’aiuto della dottoressa Paola Merlo, neurologa.
Dottoressa Merlo, come può essere definita l’emicrania?
L’emicrania è una cefalea cosiddetta primaria ed è considerata un “disordine neurologico episodico spesso famigliare caratterizzato da attacchi ricorrenti di cefalea, che possono variare come frequenza, durata e intensità” che accompagna il soggetto quasi tutta la sua vita, con picchi di prevalenza e impatto maggiore nelle età giovanile e adulta, cioè nelle fasi di massima produttività e di impegni sociali e famigliari. Si tratta di una malattia neurologica di estrema disabilità (tanto che è inserita al 2° posto tra le cause di disabilità secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità) e ha una prevalenza nel sesso femminile. Per esempio, se ci si focalizza sul periodo tra pubertà e menopausa, circa il 27% delle donne ne risulta coinvolto. La maggiore incidenza nel sesso femminile può essere attribuita a un’influenza ormonale presente
nelle donne sin dalla giovane età, dopo il primo ciclo mestruale.
Quanti tipi di mal di testa esistono?
In generale, le forme di cefalea, o mal di testa, vengono distinte tra primarie e secondarie: le primarie sono quelle in cui il mal di testa è un disturbo che non dipende da altre patologie, per cui deve essere considerato una malattia vera e propria. Le più frequenti cefalee primarie sono:
> l’emicrania (senza aura, con aura o cronica e altre) in cui il dolore, di solito unilaterale e pulsante, può associarsi anche a disturbi visivi e motori;
> la cefalea a grappolo, prevalente nei maschi, con dolore di intensità assai severa;
> la cefalea tensiva altrettanto frequente e spesso non curata, con a volte un’evoluzione verso la cronicità.
Le secondarie invece sono quelle per cui il mal di testa è “sintomo” di una patologia sottostante, come patologie d’organo o altre condizioni (quali ad esempio l’ipertensione arteriosa, la sinusite, una malattia oculare o altro).
Quali sono le cause principali?
Le cause delle diverse forme di
cefalea sono state ampiamente studiate e sono tuttora oggetto di continua ricerca, proprio per individuare il trattamento e il follow-up, considerando la necessità costante di un approccio multidisciplinare nella gestione di tale patologia. Sempre più di frequente osserviamo forme emicraniche nei bambini (e qui è importante una valutazione presso un centro cefalee dell’età evolutiva) e negli adolescenti. Le cause? Devono essere considerati vari fattori: certamente la predisposizione famigliare, ma anche fattori esterni legati allo stile di vita.
Se ci focalizziamo in particolare sulla giovane età, la causa biologica più preponderante è legata alle variazioni ormonali della donna durante il periodo mestruale. L’assunzione di ormoni diventa controindicata (a meno che non ci siano indicazioni mediche) e peggiora il quadro. Tra i fattori scatenanti troviamo anche:
> lo stress fisico causato da un sovraccarico di attività, spesso sportiva, ma anche emozionale che può caratterizzare l’età adolescenziale con i primi importanti traguardi da raggiungere e le prime sfidanti emozioni e relazioni;
> un’alimentazione spesso
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Emicrania: le ragazze sono più colpite dei coetanei
IN FAMIGLIA RAGAZZI
∞ A CURA DI LELLA FONSECA
non corretta che, a volte, può provocare sensibilità o intolleranza ad alcuni cibi, e il consumo di alcol, che può agire negativamente anche se assunto in piccole quantità; > lo squilibrio tra sonno e veglia tipico della giovane età per un uso eccessivo di smartphone e dispositivi fino a tarda notte, ma anche i primi sentimenti tormentati che tengono svegli e le prime nottate di studio disperato sui libri.
Abbiamo anche visto durante il periodo Covid quanto la cefalea sia stata un denominatore comune. In seguito alla pandemia, infatti, gli specialisti in neurologia si trovano ora ad affrontare la cefalea post Covid, sia nei cefalalgici datati che no, vale a dire una forma di mal di testa che insorge e si modifica
con la malattia e che anche dopo la guarigione può continuare a persistere. Esistono degli ambulatori specifici proprio per intervenire su queste forme.
Come è possibile intervenire?
I grandi passaggi degli ultimi anni hanno portato all’uso di nuove terapie nell’emicrania, quali gli anticorpi monoclonali che agiscono bloccando l’attività del peptide CGRP, una proteina responsabile dello scatenamento degli attacchi emicranici. Certamente questo significativo trattamento ha permesso di avere uno spettro d’azione ampio ed efficace. L’ausilio delle nuove terapie deve però essere ad oggi ancora ben definito nell’età puberale e adolescenziale, ma certamente un’attenta analisi e la pianificazione di un percorso, anche con il do -
veroso coinvolgimento dei medici di medicina generale e farmacisti, possono permettere che non si assista all’abituale autogestione del problema, in quanto, come ampiamente dimostrato, può solo causare effetti severi e portare alla cronicizzazione con abuso degli analgesici anche in giovane età.
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DOTT.SSA PAOLA MERLO Specialista in Neurologia
Responsabile della Neurologia e Centro Cefalee di Humanitas Gavazzeni (BG)
Attenzione alle cadute negli anziani
Una persona su tre tra i 65 e gli 80 anni e una su due con più di 80 anni cadono accidentalmente almeno una volta all’anno. Poiché le cadute rappresentano una delle principali cause di disabilità e mortalità negli anziani, come è possibile prevenirle? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Sara Zazzetta, geriatra.
Dott.ssa Zazzetta, quali sono le conseguenze di una caduta nell’anziano?
Circa il 60% degli accessi in Pronto Soccorso avviene per una caduta o per le sue dirette conseguenze; tra queste, una delle più temibili è sicuramente la frattura di femore, evento che si verifica nel 5-10% dei casi. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, gran parte degli anziani che riporta questo tipo di frattura va incontro a una significativa riduzione del proprio grado di autonomia e circa la metà non riprende a camminare; inoltre, si
osserva un notevole incremento della mortalità già a distanza di pochi mesi dall’evento, con costi sociali e sanitari elevatissimi.
Le conseguenze, però, non sono solo fisiche e immediatamente visibili, è corretto?
Esatto, oltre alle conseguenze fisiche, le cadute possono portare
ALCUNI FARMACI INFLUENZANO IL MOVIMENTO
Vi sono classi di farmaci, come gli antidepressivi e gli ansiolitici, che possono rallentare i movimenti dell’anziano; altre, come gli antipertensivi, i diuretici e i lassativi, possono invece causare ipotensione (pressione bassa) e quindi pericolo di caduta.
anche a conseguenze di ordine psicologico, come quelle identificate nella cosiddetta Post Fall Sindrome (PFS), per la quale l’anziano riduce in modo eccessivo i propri movimenti per paura di cadere nuovamente, andando a compromettere ulteriormente forza muscolare ed equilibrio. Si instaura in tal modo un pericoloso circolo vizioso che conduce a una deambulazione sempre più precaria, che espone la persona al rischio di nuove cadute, compromettendo anche la propria autostima, al punto che a volte l’anziano omette di raccontare quanto accaduto per vergogna.
Quali sono le cause che determinano un aumento del rischio di caduta?
Le ragioni sono spesso complesse e multifattoriali, ma possono essere sommariamente suddivise in due grandi categorie:
> cause legate all’individuo, come i cambiamenti fisiologici
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A CURA DI IVANA GALESSI
IN FAMIGLIA ANZIANI
DOTT.SSA SARA ZAZZETTA
legati all’invecchiamento, quali la perdita di forza muscolare, i disturbi dell’equilibrio e la riduzione dell’acuità visiva; altri fattori possono essere conseguenza di alcune patologie come, ad esempio, malattie neurologiche, demenze, ipoglicemia e disidratazione. La terapia farmacologica rappresenta un ulteriore aspetto rilevante: studi scientifici dimostrano che l’assunzione giornaliera di quattro o più farmaci, indipendentemente dalla loro tipologia, conduce a un considerevole aumento del rischio di caduta, a causa di possibili reazioni avverse e di potenziali interazioni farmacologiche;
> cause correlate all’ambiente circostante, come stanze poco illuminate, presenza di tappeti, pavimenti bagnati o
scivolosi, assenza di corrimano, calzature inadeguate, vestaglie o pantaloni troppo lunghi.
Quali comportamenti si possono seguire per prevenire il più possibile il rischio di caduta?
In primis è indispensabile praticare esercizio fisico con regolarità e con intensità crescente, per almeno 50 minuti due volte alla settimana, al fine di aumentare l’equilibrio, i riflessi e la forza muscolare, soprattutto quella degli arti inferiori. È inoltre utile camminare ogni giorno per almeno mezz’ora o, in alternativa, usare bicicletta o cyclette. Se svolto regolarmente e per un periodo medio-lungo, l’esercizio fisico permette di ottenere grandi benefici, sia sul piano fisico che psicologico. Gli anziani devono inoltre indossare vestiti comodi che non impediscano i movimenti, scarpe chiuse della giusta misura, dotate di suola antiscivolo, con supporto a livello della caviglia e tacco basso e largo. È inoltre raccomandato che la persona rimanga seduta mentre indossa o toglie i vestiti ed è indispensabile che il medico riconosca i casi nei quali è utile ricorrere ad ausili quali bastone, stampella o deambulatore, che molto spesso la persona rifiuta per orgoglio, ma che riducono significativamente il rischio di cadere.
E in casa?
Poiché le cadute avvengono soprattutto in casa, tutti gli ambienti devono avere un’adeguata illuminazione, specialmente di notte; inoltre, tappeti, prolunghe e fili sospesi andrebbero eliminati. Gli oggetti di uso comune dovrebbero essere riposti in ripiani facilmente accessibili, per evitare che la persona con ridotte capacità di movimento debba salire su sedie e sgabelli per recuperare ciò di cui ha bisogno; analogamente è opportuno che lavori rischiosi come lavaggio dei vetri, cambio degli armadi e pulizia dei lampadari vengano delegati a terzi. È infine importante fornire agli anziani, soprattutto se vivono soli, sistemi di chiamata facili e immediati per ottenere aiuto in caso di bisogno; in commercio attualmente vi sono anche bracciali che promettono di rilevare un’eventuale caduta, localizzare la persona e analizzarne il battito cardiaco.
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Specialista in Geriatria
Policlinico San Marco, Zingonia (BG)
Per ridurre le cadute
è necessario un approccio multifattoriale e personalizzato, osservare alcune semplici accortezze e adottare minimi cambiamenti nel proprio stile di vita”
Grani di miglio: fastidiosi ma innocui
Guardandosi allo specchio può capitare di notare delle microscopiche “palline” sottocute, diverse sia dai punti neri sia dall’acne. Potrebbe trattarsi dei cosiddetti “grani di miglio”: abbiamo chiesto qualche informazione in più al dottor Giambattista Manna, dermatologo.
Dottor Manna, cosa sono i grani di miglio?
I grani di miglio sono microscopiche “papule”, ovvero lesioni cutanee rotondeggianti, lievemente sporgenti e palpabili, di colore tendenzialmente biancastro e
Attenzione al trucco
con un diametro che può variare dal sub-millimetrico ai circa due millimetri al massimo (da qui la similitudine con i piccolissimi semi rotondi della pianta di miglio). Possono presentarsi un po’ ovunque, anche se la loro sede più tipica è il viso, in particolare le zone attorno agli occhi.
In cosa sono diversi da altri disturbi della pelle?
Il contenuto di queste microscopiche “palline” è costituito soprattutto da cheratina e non è presente un elemento che le colleghi alla superficie esterna della pelle. Non
In caso di predisposizione alla formazione di grani di miglio il make-up deve essere sempre scelto di buona qualità, affinché non appesantisca la pelle né durante l’applicazione e la permanenza, né durante la sua rimozione dalla cute.
sono quindi da confondere con altre lesioni tipiche del viso come quelle acneiche, caratterizzate da materiale purulento (pustole) e/o sebaceo (comedoni) che fuoriesce con facilità toccandole, o con patologie di natura del tutto differente, come i molluschi contagiosi di natura virale, che presentano una parte centrale infossata (“ombelicatura”).
Perché si formano?
La loro reale causa di formazione è sconosciuta, ma fattori genetici e microtraumi (es. sfregamento, abrasione) pare possano favorirli, così come può anche accadere che si formino dopo la risoluzione di alcune patologie dermatologiche. Inoltre alcune persone sono più predisposte di altre alla loro formazione, che può iniziare già in età infantile. È importante però ricordare che la loro presenza non sta a indicare nessun tipo di disturbo o infezione in atto: si trat-
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∞ A CURA DI LELLA FONSECA
IN FORMA BELLEZZA
ta sostanzialmente soltanto di un inestetismo.
Come possono essere eliminati? Frequentemente la pelle, con il suo ricambio naturale, porta alla regressione spontanea dei grani di miglio eliminandoli autonomamente, ma, in alcuni casi, singoli elementi possono essere più “resistenti”. Può capitare, in questi casi, che sorga il desiderio di eliminarli con le proprie mani, ma le “spremiture” fai-da-te non sono raccomandate in quanto solitamente è difficile, senza strumenti adeguati, rimuoverli senza danneggiare la cute circostante. Inoltre, come si è detto, lo sfregamento pare possa essere tra le cause di ricomparsa e va dunque evitato.
Quindi conviene rivolgersi a un dermatologo.
Esatto, il dermatologo saprà individuare la strategia più adatta per eliminare il problema. Si possono infatti applicare creme che dovrebbero nel tempo favorire il ricambio cutaneo (come quelle con derivati della vitamina A) e/o blandi cheratolitici ed esfolianti, caratterizzati da diversi tipi di acidi delicati appositamente studiati. Esistono anche terapie fisiche, come la laserterapia o il curettage (raschiamento con uno strumento simile a un bisturi), che consentono di eliminare questi inestetismi pressoché senza segni e con una guarigione molto rapida, senza controindicazioni rilevanti. Successivamente, il dermatologo
si occuperà di consigliare prodotti per lavare e idratare la pelle che non favoriscano la ricomparsa dei grani di miglio, quindi delicati e leggeri nella texture (simili a quelli dedicati alle persone allergiche).
Settembre/Ottobre 2023 | Bergamo Salute | 43
DOTT. GIAMBATTISTA MANNA Specialista in Dermatologia Politerapica Seriate
La giusta preparazione per gli sport sulla neve
Con le pinne e i costumi da bagno ormai riposti nei cassetti, è il momento di pensare alle vacanze invernali. Non si sa ancora quando arriverà la neve, ma è importante farsi trovare pronti, così da potersi divertire in montagna in tutta sicurezza. Abbiamo chiesto qualche suggerimento per una preparazione efficace a Daniele Bosio, personal trainer.
Gli sport che si possono fare sulla neve sono tanti: come cambia la preparazione atletica? Come prima cosa è bene ricordare che gli sport invernali possono essere distinti in due macro-categorie:
> sci alpino (o di discesa) e snowboard, in cui la fase di discesa è prevalente;
> sci alpinismo, snowboard alpinismo e sci di fondo, che sono definiti sport di resistenza (o endurance).
La preparazione per queste discipline sportive prevede una parte comune a entrambe le categorie e una specifica.
Gli esercizi per sviluppare la forza resistente e quella esplosiva ed elastica
/ Squat con sovraccarico (4 serie per 8 ripetizioni);
/ Sedia al muro o posizione da sci a occhi chiusi (4 serie per 1 minuto; recupero 2 minuti);
/ Da seduti salto in avanti con arresto a gambe leggermente piegate (8-10 ripetizioni con recupero di 30 secondi tra una e l’altra);
/ 10 salti continui sul posto piegando le gambe sino a un massimo di 90 gradi;
/ Corsa veloce sul posto per 40 secondi (per 3 volte, recupero 2 minuti);
/ Equilibrio su una gamba leggermente piegata e a occhi chiusi (45 secondi per gamba).
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∞ A
DI
CURA
CLAUDIO GUALDI
IN FORMA FITNESS
Cosa ci può dire degli sport di discesa?
Si tratta di sport di potenza caratterizzati da gesti ripetuti più volte in un breve arco di tempo, durante il quale si deve esprimere molta forza.
Immaginiamo uno sciatore durante una discesa: è in posizione isometrica, cioè a gambe piegate, e a intervalli regolari fa delle curve per arrivare fino a valle. Ogni volta che effettua una curva, lo sciatore sposta il proprio peso su una gamba: anche a livello amatoriale, in questa situazione una gamba può trovarsi a sopportare un carico pari a 4-6 volte il peso corporeo dello sciatore, corrispondente al carico associato al salto di un gradino verso il basso. Ecco quindi che i
muscoli vanno incontro a due tipi di contrazione, una per mantenere la posizione (considerando anche che lo scarpone non permette di distendere completamente la gamba) e una per sopportare il carico in curva. A questo si deve aggiungere che, lungo la discesa, il corpo viene accelerato scivolando verso il basso, pertanto l’impegno richiesto ai muscoli, che sviluppano la forza in risposta alle sollecitazioni in meno di un secondo, aumenta con il passare del tempo.
Come prepararsi?
Gli elementi principali da allenare “a secco” sono la forza resistente, per mantenere più a lungo la posizione della sciata, e la forza elastica ed esplosiva, indispensabile per man-
tenere efficacia durante la curva. Per fare un esempio, la forza esplosiva è quella che consente di fare un salto in alto partendo da seduti, mentre la forza elastica permette di piegare velocemente gli arti inferiori e ridistenderli altrettanto velocemente per eseguire un salto quando si è in piedi. Bisogna poi svi-
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Settembre/Ottobre 2023 | Bergamo Salute
DANIELE BOSIO Preparatore Atletico Palestra Smuoviti di Bergamo
luppare la resistenza generale che, grazie anche a un’alimentazione sana e personalizzata, aiuta tra le altre cose a presentarsi sulle piste da sci con il peso sotto controllo ed evitare quindi un ulteriore inutile sovraccarico strutturale. Un allenamento importante, ma spesso sottovalutato, è poi quello propriocettivo, ovvero relativo a come si percepisce il proprio corpo nello spazio, che consente di migliorare la capacità di reazione e anticipazione di eventuali situazioni pericolose. Un buon punto di partenza è il miglioramento della percezione della pianta dei piedi.
C’è chi deve fare più attenzione?
Quelle riportate sono indicazioni generali: è importante che il programma di allenamento venga personalizzato, soprattutto in chi ha subito traumi o presenta problematiche articolari a livello di ginocchio, anca o schiena. Inoltre sono consigliati sia l’allenamento di rinforzo degli arti superiori che del corsetto addominale al fine di gestire al meglio gli impatti durante le cadute, soprattutto nello snowboard.
Quali sono le differenze
con gli sport di resistenza?
Questi sport prevedono una fase di discesa, per la quale valgono le stesse indicazioni riportate per gli sport di discesa, ma anche delle fasi pianeggianti o in salita: è quindi importante arrivare preparati alle prime uscite praticando sport alternativi di resistenza, come camminate in montagna, corse o bici. Si consiglia poi di dedicare alcuni allenamenti a specifici circuiti di forza resistente, che comprendano per esempio:
> 10 salti mani ai fianchi (recupero 30 secondi);
> 10 affondi per gamba alternati (recupero 30 secondi);
> 30 secondi di corsa sul posto (recupero 30 secondi);
> 30 secondi di sedia al muro (recupero 30 secondi);
> una serie di piegamenti degli arti superiori a terra o in appoggio a una panca (tra le 15 e le 30 ripetizioni).
Si può tornare in montagna dopo un infortunio?
Se si è avuto un infortunio o ci si è sottoposti a un intervento, è consigliabile rivolgersi a centri specializzati che, attraverso valutazioni specifiche, determineranno se vi
RICORDIAMOCI COSA DICE L’ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITÀ SULLO SPORT
Per trascorrere al meglio e in sicurezza le ore sulla neve sono valide le indicazioni dell’Organizzazione
Mondiale della Sanità, che suggeriscono di svolgere attività di resistenza a piacere (corsa, tennis, camminata veloce…) per almeno 150 minuti a settimana oltre all’allenamento dell’efficienza di tutti i gruppi muscolari per almeno due volte a settimana (a questo proposito si veda il box dedicato alla forza resistente e a quella esplosiva ed elastica).
è stato un completo recupero o daranno indicazioni per completare il processo. Anche se si è in buona salute è comunque sempre preferibile effettuare una visita medica prima di intraprendere l’attività sportiva.
IN FORMA FITNESS
Settembre/Ottobre 2023 | Bergamo Salute
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Farmacia Visini
Via Italia, 2
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Ospedale Pesenti Fenaroli / Asst
Bergamo Est
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AZZANO SAN PAOLO
Fortimed Poliambulatorio
Via Cremasca, 24
Iro Medical Center
Via del donatore Avis-Aido, 13
Studio Odontoiatrico Dott.
Campana Marco
Via Castello, 20
BAGNATICA
Centro Prelievi Bianalisi Bagnatica
Piazza Gavazzeni
BERGAMO
20 Fit
Via Broseta, 27C
ATS Bergamo - Sede
Via Galliccioli, 4
Ambulatorio For.US di Coop.
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Via Daste e Spalenga, 15
AniCura / Clinica Veterinaria
Orobica
Via Zanica, 62
Associazione Mosaico
Via Scuri, 1/c
Asst Papa Giovanni XXIII
Piazza OMS, 1
Athaena
Via Ronzoni, 3
Avis Monterosso
Via Leonardo da Vinci, 4
Bergamo Assistenza
Via Mazzini, 24/c
Blu Fit Redona
Via Gusmini, 3
Cartolombarda
Via Grumello, 32
Casa di Comunità / Bergamo
Via Borgo Palazzo, 130
Centro Acustico Italiano
Via San Bernardino, 33/c
GLI AMICI DI BERGAMO SALUTE
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Centro Medico Boccaleone
Via Capitanio, 2/e
Centro Sportivo Piscine
Italcementi
Via Statuto, 41
Centro Terza età / Boccaleone
Via Rovelli, 27
Centro Terza età / Borgo Palazzo
Via Vivaldi, 5
Centro Terza età / Colognola
Via dei Caravana, 7
Centro Terza età / Loreto
Via Pasteur, 1/a
Centro Terza età / Monterosso
Via Leonardo Da Vinci, 9
Centro Terza età / Redona
Via Leone XIII, 27
Centro Terza età / San
Colombano
Via Quintino Basso, 2
Centro Terza età / Villaggio degli
Sposi
Via Cantù, 2
Cooperativa Sociale Alchimia
Via Boccaleone, 17c
Dipendiamo - Centro per la cura
delle New Addiction
Via Torquato Taramelli, 50
Domitys Quarto Verde
Via Pinamonte da Brembate, 5
Dott. Ghezzi Marco
Via Zambonate, 58
Farma Logica
Via Promessi Sposi, 19/C
Farmacia Conca Verde
Via Guglielmo Mattioli, 24
Farmacia Santa Lucia
Via Dello Statuto , 16
Farmacia Sella
Piazza Pontida, 6
Fidas Bergamo - Ass. Donatori
Sangue
Viale Ernesto Pirovano, 4
Fisioforma
Via Pitentino, 14/a
Forneria Rota
Via Silvio Spaventa, 56
Foto Cine Ottica Skandia
Via Borgo Palazzo, 102/104
Happy Friends
Via Meucci, 2
Il Bio di Francesca nel Borgo
Via Borgo Santa Caterina, 9/d
Kids and Us Bergamo Est
Via Fratelli Bronzetti, 4
Kids and Us Longuelo
Via Mattioli, 18
La Terza Piuma
Via Divisione Tridentina, 6/b
Mad Studio
Via Longo, 9
Medical Farma
Via Borgo Palazzo, 112
Methodo Medical Center
Via San Giorgio, 6/n
Milano Senza Glutine - Bergamo
Via Sant’Ambrogio, 19
MindFit Clinic
Via Quinto Alpini, 4
Monica Vitali - Centro Italiano
Pavimento Pelvico
Via Betty Ambiveri, 11
OPI
Via Rovelli, 45
Ordine Medici Bergamo
Via Manzù, 25
Ordine Medici Veterinari Bergamo
Via Daste e Spalenga, 15
Ottica Gazzera
Via Gasparini, 4/e
Palamonti/CAI
Via Pizzo della Presolana, 15
Prenatal
Via Camozzi, 95
Residenza Anni Azzurri
Via Colognola ai Colli, 8
Selene Centro Medico
Via Puccini, 51
Smuoviti Be Well
Viale Giulio Cesare, 29
Studio Cortinovis Depilazione
Via Divisione Tridentina, 5
Studio Dentistico Previtali
Via Broseta, 112
Studio Dott. Crescini Claudio
Via Diaz Armando, 23
Studio Odontoiatrico
Dott. Maggioni Maurizio
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Via Zelasco, 1
Studio di Podologia
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Via Cavalieri di Vittorio Veneto, 14
BONATE SOPRA
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Via Milano, 57
BREMBATE DI SOPRA
Piscine Comunali
Via Bruno Locatelli, 36 BRUSAPORTO Abracadabra Via Seriate, 4
CALCINATE
Ospedale F.M. Fassi / Asst Bergamo Est
Piazza Ospedale, 3
CASAZZA
Centro Prelievi Bianalisi Casazza
Piazza della Pieve, 2
Istituto Polispecialistico
Bergamasco
Via Nazionale, 89
CASNIGO
Centro Sportivo Casnigo
Via Lungo Romna, 2
Il Casaro Bianco
Via Lungo Romna, 51
CAZZANO SANT’ANDREA
C.S. Materassi
Via Melgarolo, 5
CHIUDUNO
Centro Prelievi Bianalisi Chiuduno
Largo Europa, 3
Giacomo Strabla Centro Sportivo
Via Martiri della Libertà
CLUSONE
Casa di Comunità / Clusone
Via Somvico, 2
COSTA VOLPINO
Centro Prelievi Bianalisi Costa
Volpino
Via Marco Polo, 2
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Bongiorno Antinfortunistica
Via Enrico Fermi, 10
Caredent Curno
Via Enrico Fermi, 5
Dm Drogerie Markt Curno
Via Enrico Fermi, 39
Dott. Leonino A. Leone
Via Lungobrembo, 18/A
For Me Centro Medico
Via dell’Aeronautica, 19
Il Sole e la Terra
Via Enrico Fermi, 56
ItalianOptic
Via Bergamo, 32
DALMINE
Animal Center
Strada Statale 525, 29
Casa di Comunità / Dalmine
Viale Betelli, 2
Farmacia Ornati Dott. De Amici
Via Papa Giovanni XXIII, 11
Farmacia all’Università
Via Marconi, 9
Istituto Medico Sant’Alessandro
Via Cavagna, 11
Viktor srl
Via Pasubio, 5
GAZZANIGA
Ospedale Briolini / Asst Bergamo
Est Via Manzoni, 130
GORLAGO
Insieme a te
Via Regina Margherita, 64
Namasté Salute
Piazza Gregis, 10/a
48 | Bergamo Salute | Settembre/Ottobre 2023
GORLE
Casa di Riposo Caprotti Zavaritt
Via Arno, 14
Centro Medico MR
Via Roma, 28
GRASSOBBIO
Centro Prelievi Bianalisi
Grassobbio
Via Fornacette, 5
GRUMELLO DEL MONTE
Four Dental
Via Marconi SNC
LOVERE
Casa di Comunità / Lovere
Piazzale Bonomelli, 8
Ospedale SS. Capitanio e Gerosa / Asst Bergamo Est
Via Martinoli, 9
MOZZO
Social Mozzo
Via Verdi, 2/B
Sportindoor All in One
Via Fausto Radici, 1
NEMBRO
Bergamo Sanità
Via Roma, 43
Centro Medico Santagostino
Via Cascina Colombaia, 3
Farmacia San Faustino
Via Europa, 12
NESE DI ALZANO LOMBARDO
La Tua Salute
Via Europa, 115
OLTRE IL COLLE
Alp Life
Via Drago, 1760
OSIO SOTTO
Studio Kinesi
Via Milano, 9
OSPITALETTO
Dott.ssa Seiti Mara
Via Famiglia Serlini Trav III, 16
PEDRENGO
Cooperativa ProgettAzione
Via Moroni, 6
PIARIO
Ospedale M.O. A. Locatelli / Asst
Bergamo Est
Via Groppino, 22
PIAZZA BREMBANA
Fondazione Don Palla
Via Monte Sole, 2
PONTE SAN PIETRO
Casa di Comunità / Ponte San
Pietro
Via Caironi, 7
Centro Medico Ponte
Via S. Clemente, 54
Nonni e Bimbi - Delizia Point
Via Papa Giovanni XXIII, 33
ROGNO
Centro Prelievi Bianalisi Rogno
Via Giardini, 3
ROMANO DI LOMBARDIA
Avalon
Via Rinaldo Pigola, 1
Caredent Romano di Lombardia
SS 498 (c/o Centro Comm. Il Borgo)
Farmacia Comunale
Via Duca D’Aosta
Ospedale SS. Trinità / Asst
Bergamo Ovest
Via S. Francesco d’Assisi, 12 ROVETTA
Centro Sportivo Rovetta
Via Papa Giovanni XXIII, 12/f
SAN GIOVANNI BIANCO
Farmacia Contenti
Via Carlo Ceresa, 44
Ospedale Civile / Asst Papa
Giovanni XXIII
Via Castelli, 5
SAN PAOLO D’ARGON
Centro Prelievi Bianalisi San Paolo d’Argon
Viale delle Rimembranze
SAN PELLEGRINO TERME
In Cammino Coop. Sociale
Via de Medici, 13
Istituto Clinico Quarenghi
Via San Carlo, 70
SARNICO
Casa di Comunità / Sarnico
Via Libertà, 37
SCANZOROSCIATE
Centro Prelievi Bianalisi
Scanzorosciate
Piazza della Costituzione
SEDRINA
Farmacia Micheli
Via Roma, 71/a
SERIATE
Caredent Seriate
Via Italia, 131
Casa di Comunità / Seriate
Via Paderno, 40
Istituto Ottico Daminelli
Via Italia, 74
Ospedale Bolognini / Asst
Bergamo Est
Via Paderno, 21
Politerapica -Terapie della Salute
Via Nazionale, 93
SPIRANO
Euphoria Sport Dance A.S.D.
Viale Lombardia, 15
STEZZANO
Caredent Stezzano
Via Guzzanica, 62/64 (c/o Centro
Comm. Le Due Torri)
Dm Drogerie Markt Stezzano
Viale Industria, 293
Farmacia San Giovanni
Via Dante Alighieri, 1
TELGATE
Centro Prelievi Bianalisi Telgate
Via Roma, 48
TORRE BOLDONE
Top Line Planet
Via Leonardo Da Vinci, 7
TRESCORE BALNEARIO
Caredent Trescore Balneario
Via Nazionale, 44
Consultorio Familiare Zelinda
Via Fratelli Calvi, 1
Ospedale S. Isidoro / Asst
Bergamo Est
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Via Roma, 2/a
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Piazzale Ospedale Luigi Meneguzzo, 1
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Via Pontirolo, 18/c
Ospedale di TreviglioCaravaggio / Asst Bergamo Ovest
Piazzale Ospedale Luigi Meneguzzo, 1
TREVIOLO
Centro Oculistico San Giorgio
Via delle Betulle, 21
Farmacia Bianchi
Via Roma, 73/b
URGNANO
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Via Papa Giovanni XXIII, 435
Dott. Luis - Urgnano
Via Piemonte, 105
VALBREMBO
Engim Lombardia
Via Sombreno, 2
VERDELLO
Casa Mia Verdello
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VILLA D’ALMÈ
Caredent Villa d’Almè
Via Roma, 20/d
Casa di Comunità / Villa d’Almè
Via Roma, 16
Farmacia Donati
Via Roma, 23
Ortopedia Fagiani
Via Fornaci, 6/f
ZANICA
Farmacia Gualteri
Piazza Repubblica, 1
ZOGNO
Casa di Comunità / Zogno
Piazza Bortolo Belotti, 1/3
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Settembre/Ottobre 2023 | Bergamo Salute | 49
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50 | Bergamo Salute | Settembre/Ottobre 2023
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Settembre/Ottobre 2023 | Bergamo Salute | 51 AMICI DI BERGAMO SALUTE
Secondopiatto
Crocchette “favelose”
INGREDIENTI per 16 crocchette
300 g Fave secche decorticate
1 litro Brodo vegetale
90 g Piselli surgelati
80 g Cipolla
40 g Pane grattugiato
1 Ciuffetto di prezzemolo fresco
qb Olio extra vergine d’oliva per cottura
qb Sale
qb Pepe
PREPARAZIONE
Lavare accuratamente le fave secche in acqua fredda fino a quando questa risulterà limpida, poi ammollarle per una notte.
Scolarle e metterle a cuocere in una pentola con il brodo. Al bollore, schiumare e dopo circa 40 minuti scolare molto bene.
Nel frattempo tritare il prezzemolo, cuocere al vapore i piselli e fare rosolare la cipolla con un filo d’olio.
Quando tutti gli ingredienti saranno raffreddati, frullare in un mixer fino a quando il composto risulterà cremoso.
Spostare in una ciotola e aggiungere il pane grattugiato, aggiustare di sale e pepe.
Disporre la carta da forno su di una teglia e spennellarla leggermente con olio extravergine di oliva. Preriscaldare il forno a 220 °C.
Con un porzionatore da gelato fare delle palline e disporle ben distanziate tra loro. Ancora un filo d’olio versato sopra e infornare per circa 8 minuti.
52 | Bergamo Salute | Settembre/Ottobre 2023
Difficoltà di preparazione Facile Tempo di preparazione 1 ora + ammollo Calorie a persona 150 Kcal (4 crocchette)
GIUSI PESENTI Cuoca Ristoro de Il Sole e la Terra di Curno
Anche i cani vanno a scuola
Settembre: squilla la campanella e riaprono le scuole, anche per i nostri amici a quattro zampe. L’autunno, infatti, può essere il periodo ideale per intraprendere un percorso di educazione di base: abbiamo chiesto qualche consiglio a Paolo Bosatra, Dog Trainer.
Perché portare il cane a lezione di educazione?
Dobbiamo considerare che, oggi,
il cane di casa è a tutti gli effetti un membro non solo della nostra famiglia, ma della comunità intera. Ci segue praticamente ovunque, in vacanza come in città, al ristorante come sull’autobus, sul tram o in metropolitana. Educarlo quindi non è più uno sfizio, ma diventa una necessità, per noi ma anche (e soprattutto) nel rispetto degli altri. Un cane ben educato è un piacere per tutti ed è il modo migliore per farci
accettare positivamente anche da chi è diffidente, o addirittura fobico, nei confronti dei cani.
A chi ci si deve rivolgere?
L’offerta di educatori cinofili, per lo più dilettanti, è vasta, per cui il primo filtro consiste nello scegliere un professionista, che è sinonimo di esperienza e competenza. Solitamente gli educatori non utilizzano metodi o strumenti coercitivi, ma in un settore per nulla regolamentato come questo è ancora possibile incappare in qualcuno che opera con modalità quantomeno discutibili.
In cosa consiste un percorso di educazione di base?
Ogni educatore ha un proprio format: c’è chi propone corsi esclusivamente collettivi, chi lavora soltanto individualmente e chi inizia con una parte individuale per poi passare alle lezioni collettive. Ma attenzione, non ci si deve fermare soltanto alla mera esecuzione dei comandi (che nell’educazione di base sono: “seduto”, “terra”, “resta”, “vieni” e la condotta al guinzaglio), ma è importantissimo lavorare anche sui componenti della famiglia, innanzitutto per aiutarli a impostare una buona leadership
54 | Bergamo Salute | Settembre/Ottobre 2023
∞ A CURA DI CLAUDIO GUALDI
RUBRICHE ANIMALI
attraverso dei piccoli ma fondamentali “rituali”, e alla corretta gestione della quotidianità. È proprio questa la differenza tra educatori e addestratori, noi attraverso questi dettagli diventiamo degli autentici promotori di benessere animale, siamo chiamati a essere mediatori della relazione tra il cane e la propria famiglia umana.
Che età deve avere il cane?
Dai tre mesi in su. I cuccioli imparano velocemente ed è veramente divertente lavorare con loro, ma non c’è un limite di età perché con i metodi di lavoro moderni e positivi si può iniziare anche decisamente più avanti negli anni.
Quanto tempo occorre per completare un percorso di educazione di base?
Ci sono diverse proposte, in alcu-
ni casi circa tre mesi, lavorando una volta a settimana. Una precisazione: nessuno di noi ha la bacchetta magica, per cui soltanto il lavoro al campo di addestramento non basta. Serve impegnarsi anche a casa: sono sufficienti 20 minuti al giorno in cui mettere in pratica quanto appreso durante le lezioni. Già, anche per i nostri amici a quattro zampe ci sono i compiti a casa!
Cosa si può fare dopo?
Una volta completato il percorso di base, è possibile continuare con un lavoro più raffinato e avanzato, oppure provare attività dinamiche e/o divertenti quali attivazione mentale, ricerca olfattiva, agility e tanto altro. L’educazione di base è un po’ come la scuola primaria, ci devono passare tutti, dal cane di casa a quello da pet therapy
Anche bambini, anziani e diversamente abili possono accedere a questi percorsi? Assolutamente sì, è molto bello coinvolgerli in queste attività soprattutto perché si crea un legame empatico ancora più forte con i cani. È un valore aggiunto fantastico.
IPB ISTITUTO POLISPECIALISTICO BERGAMASCO
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PAOLO BOSATRA Dog Trainer Educatore cinofilo professionista
Tumore al seno: biopsie alleate per combattere il cancro
L’autopalpazione del seno è una sana e importante abitudine per preservare la salute femminile. Nel momento in cui ci si trova di fronte a un qualsiasi cambiamento nell’aspetto e nella fisionomia delle mammelle, sia esso palpabile o identificato grazie a specifici esami, è necessario capirne la natura, ovvero effettuarne quella che viene definita “tipizzazione”. Approfondiamo questa tematica con l’aiuto di tre esperti.
Dottor Patelli, perché è importante la tipizzazione? Quando non è possibile identificare la natura del cambiamento basandosi unicamente sull’analisi dei caratteri morfologici o strut-
turali dell’alterazione (cosa che, invece, può capitare con le lesioni benigne), la tipizzazione è decisiva per la scelta terapeutica sia dove si renda necessaria l’asportazione chirurgica, sia per iniziare la terapia medica (chemioterapia neo-adiuvante). La diagnosi di natura viene prodotta dal medico patologo attraverso lo studio del campione istologico (cioè frammenti, detti anche frustoli, di tessuto) prelevato dalla mammella. Questo prelievo viene per lo più eseguito dal radiologo con l’aiuto delle metodiche di imaging
Dottoressa Costa, qual è la strumentazione utilizzata? Quella preferita per rapidità e multi-planarità è l’ecografia, che permette l’agevole centratura del bersaglio e la visione dell’ago in tutto il suo tragitto, sino nel contesto della lesione da analizzare. Il prelievo può essere condotto con aghi e sistemi di calibro assai variabile a seconda della sede della lesione, delle caratteristiche del tessuto da indagare e della modalità di imaging che la rende più facilmente raggiungibile, e da esso derivano i cilindri di tessuto mammario utilizzati per l’esame istologico. L’esame dei frustoli da parte dell’anatomopatologo consente diagnosi più
specifiche e affidabili. Si possono anche sottoporre i frustoli a indagini immunoistochimiche che forniscono informazioni indispensabili per la scelta terapeutica, chirurgica o medica (presenza di recettori ormonali, ritmo di proliferazione ecc.). L’ago-biopsia denominata “Tru-Cut”, mini-invasiva, in anestesia locale e sotto guida ecografica, è ben tollerata dalle pazienti ed è oggi l’indagine ambulatoriale maggiormente impiegata per la diagnosi di natura di un nodulo mammario visibile con ecografia (sebbene in molti casi anche l’esame citologico, effettuato con ago ancor più
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∞ A CURA DI LELLA FONSECA
DOTT. GIANLUIGI PATELLI Direttore della Radiologia e del Dipartimento dei Servizi ASST Bergamo Est
DOTT.SSA CLAUDIA COSTA Responsabile Senologia Radiologica Clinica ASST Bergamo Est
RUBRICHE GUIDA ESAMI
sottile, abbia ancora un suo ruolo, solo a titolo di esempio nelle lesioni simil-cistiche).
Quando invece alla mammografia si sospettano lesioni tumorali per micro-calcificazioni o aree di distorsione parenchimale (cioè alla struttura che compone il seno) non adeguatamente distinguibili con l’ecografia, l’ago-biopsia può essere effettuata con una modalità denominata VABB (Vacuum Assisted Breast Biopsy). Si tratta di un sistema di guida computerizzata, condotta con la paziente posizionata in posizione prona su un lettino dedicato, che consente un prelievo multiplo di tessuto mammario, con la massima precisione sia nella fase di posizionamento dell’ago, sia nella fase di prelievo di tessuto, consentendo un’alta affidabilità diagnostica da parte dell’anatomopatologo che analizzerà i campioni di tessuti prelevati. Anche questa modalità di biopsia
poco invasiva è eseguita in anestesia locale e in regime ambulatoriale.
Dottoressa Codazzi, ci sono rischi legati all’ago-biopsia?
Data la mini-invasività, l’ago-biopsia delle lesioni mammarie è pressoché sempre effettuabile, ben tollerata e caratterizzata da un rapporto rischio/beneficio molto basso. Possibili complicanze, ormai poco frequenti, includono sanguinamento, dolore, comparsa di ecchimosi e infezioni. Generalmente, un disagio un poco maggiore può essere avvertito dalle donne che hanno già subito un intervento nell’area individuata per la presenza di cicatrici o sono state sottoposte a Radioterapia. Al bisogno, è possibile assumere comuni antidolorifici e applicare impacchi freddi nei giorni successivi alla biopsia mammaria. È consigliato evitare sforzi e movimenti bruschi con le braccia.
Come ci si prepara all’esame?
Per l’ago-biopsia mammaria non è prevista una preparazione particolare, ma è comunque necessario che il radiologo venga messo al corrente circa eventuali allergie o patologie della coagulazione e circa l’assunzione di farmaci, ad esempio, che interferiscono sulla coagulazione del sangue.
Settembre/Ottobre 2023 | Bergamo Salute | 57
A TUTTI COLORO che per motivi di salute necessitano di un percorso di allenamento personalizzato e monitorato e che evidenziano le seguenti patologie: • Obesità • Controllo del peso • Diabete • Cardiopatie • Ipertensione • Algie • Insufficienze respiratorie PALESTRA DELLA SALUTE La salute è un investimento, non una spesa! Vuoi saperne di più? Scrivi subito al numero whatsapp 331 2356480 o visita il sito sportindoor.it DETRAIBILE DAL 730
DOTT.SSA FABIANA CODAZZI Responsabile Screening mammografico ASST Bergamo Est
Rimedi naturali contro il colesterolo cattivo
GUALDI
Non passa giorno senza che ci venga ricordata l’importanza di mantenere sotto controllo il colesterolo e ci vengano presentate molte possibili soluzioni naturali a cui potremmo fare riferimento. Ma sono tutte ugualmente efficaci e indicate? Lo abbiamo chiesto al dottor Cristian Testa, esperto in fitoterapia e medicina funzionale.
Dottor Testa, ci può parlare della monacolina K, di grande interesse nella ricerca scientifica degli ultimi anni?
La monacolina K è una sostanza naturale presente nel riso rosso fermentato, che si ottiene tramite la fermentazione del riso bianco con un lievito chiamato Monascus purpureus. Si tratta, nello specifico, di una statina naturale, cioè un composto che può ridurre il colesterolo nel sangue in quanto inibisce un enzima, chiamato
HMG-CoA reduttasi, coinvolto nella produzione di colesterolo nel fegato. Riducendo l’attività di questo enzima, la monacolina K può diminuire i livelli di colesterolo LDL (il cosiddetto “colesterolo cattivo”) nel sangue. Ciò è particolarmente interessante per coloro che hanno livelli elevati di colesterolo LDL e desiderano ridurli in modo naturale. L’aspetto caratteristico del riso rosso fermentato è la sua colorazione, più o meno intensa, dovuta proprio alla presenza della monacolina K, contenuta in quantità variabile. Questo aspetto, unito alle sue proprietà, ha reso il riso rosso fermentato un alimento popolare e apprezzato, sia come ingrediente culinario che come integratore alimentare.
Bisogna fare attenzione?
La monacolina K non è priva di controindicazioni e potenziali effetti collaterali. Tenendo bene a
Contro il colesterolo serve un approccio multiplo
La monacolina K è sì una sostanza naturale, ma pur sempre un’integrazione, un approccio solo sintomatico a un problema. Anche se la dislipidemia (livelli alterati di trigliceridi nel sangue) può essere gestita tramite l’assunzione di pastiglie, gli unici veri strumenti sono la consapevolezza e uno stile di vita più sano, caratterizzato da frequente esercizio fisico e corretta alimentazione. L’obiettivo non è solo quello di abbassare il colesterolo, ma stare in salute.
mente che “naturale” non sempre significa anche innocuo, ecco alcune delle principali controindicazioni al consumo di riso rosso fermentato:
> interazioni farmacologiche: la monacolina K può interagire con farmaci che influenzano i livelli di colesterolo o la funzione del fegato. L’uso concomitante di statine farmaceutiche e monacolina K può quindi aumentare il rischio di effetti collaterali;
> tossicità epatica: l’assunzione di dosi elevate di monacolina K può causare tossicità a livello del fegato, perciò è essenziale seguire le dosi raccomandate e non superare le quantità indicate dal produttore o dal medico;
> effetti collaterali: alcune persone possono sperimentare effetti collaterali indesiderati, quali disturbi gastrointestinali, mal di testa o dolori muscolari. Inoltre, il riso rosso fermentato non è raccomandato per le donne in stato di gravidanza o che allattano, per le persone con malattie epatiche o renali, per coloro che hanno una storia di intolleranza alle statine e per chi è soggetto a ipersensibilità ai prodotti del lievito.
Che alternative ci sono?
Oltre alla monacolina K, esistono altre sostanze naturali che possono
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∞ A CURA DI CLAUDIO
RUBRICHE ALTRE TERAPIE
agire sulla gestione del colesterolo. Tra quelle più studiate e conosciute si trovano:
> fibre solubili: presenti in alcuni alimenti come avena, legumi, mele, agrumi e semi di lino, queste fibre possono legarsi al colesterolo nel tratto digestivo, aiutando a ridurne l’assorbimento;
> omega 3: presenti in pesci grassi come il salmone, il tonno e le sardine, questi acidi grassi possono ridurre i livelli di trigliceridi e il rischio di malattie cardiache;
> niacina: (vitamina B3): può aumentare il colesterolo HDL (“colesterolo buono”) e ridurre il colesterolo LDL, anche se alti dosaggi possono causare effetti collaterali;
> fitosteroli: si trovano naturalmente in piante come noci, semi e alcuni oli vegetali e possono aiutare a ridurre
l’assorbimento del colesterolo nel tratto intestinale;
> tè verde: contiene catechine e altre sostanze con potenziali effetti benefici sul colesterolo;
> curcuma: una spezia che contiene curcumina, un potente antiossidante che può aiutare a migliorare i livelli di colesterolo;
> pepe nero: contiene una sostanza chiamata piperina, che potrebbe avere un effetto positivo sul metabolismo del colesterolo;
> uva rossa e vino rosso (con moderazione!): alcuni studi suggeriscono che il consumo moderato di uva rossa o di vino rosso può avere un effetto positivo sui livelli di colesterolo;
> aglio: generalmente associato a una riduzione del colesterolo e dei trigliceridi.
Ad ogni modo, è importante ricordare che l’efficacia e la sicurezza di queste sostanze possono variare
da persona a persona. Se ci sono livelli elevati di colesterolo e vi sarebbe l’intenzione di utilizzare integratori o alimenti per la loro gestione è essenziale consultare un medico per una valutazione completa dello stato di salute e ricevere consigli personalizzati sulla dieta e sullo stile di vita più adatti al caso specifico.
SERVIZIO DI CONSULENZA SPECIALISTICA
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Ritardi o disturbi di apprendimento
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Difficoltà emotive
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0-6 anni 6-12 anni 12-18 anni 18+ anni
Settembre/Ottobre 2023 | Bergamo Salute | 59
GENITORI E BAMBINI DI 6-12 ANNI
PER
DOTT. CRISTIAN TESTA Medico Fitoterapeuta Direttore Sanitario di For Me Centro Medico
La farmacia incontra la musica
Nell’anno di Bergamo Brescia
Capitale Italiana della Cultura anche l’Associazione Giovani
Farmacisti ha voluto dare il proprio contributo affidandosi al potere terapeutico della musica.
«La musicoterapia, così vasta nel suo repertorio e ricca di linguaggi intrinseci e immediati, permette di rivolgersi direttamente al corpo emotivo di coloro che vi entrano in contatto, instaurando un canale di comunicazione altamente efficace e di ampio riscontro in tutte le fasce di età» osservano Agnese Piantoni, infermiera e musicoterapeuta, e Maria Silvia Calvino Ramaccio, farmacista attiva e impegnata sia nell’Ordine dei Farmacisti di Bergamo che nell’Associazione Giovani Farma-
cisti. «In ambito specialistico, lo spirito della musicoterapia è proprio questo: affiancarsi alle normali terapie e ai momenti di degenza per portare sollievo e miglioramento alla condizione di salute delle persone, anziane e non, attraverso una melodia o il suono della voce, sfruttando questa caratteristica unica della musica» continuano le due dottoresse, a cui si aggiunge la dottoressa Elena Bottazzi, farmacista.
La musica come terapia
Per quanto non ancora riconosciuta tra le professioni sanitarie, la musicoterapia è di fatto presente nei centri di riabilitazione e negli ospedali. Il riconoscimento della sua scientificità deve passare anche attraverso la dimostrazione della sua efficacia nei diversi ambiti di applicazione, ma quello che ormai è universalmente riconosciuto - e lo sarà sempre più - è l’aiuto che questa disciplina fornisce sia nel processo di cura, sia nel migliorare l’approccio alla salute e alla qualità di vita delle persone.
Quali possono essere i benefici della musica sulla salute?
Diversi progetti pilota avviati in strutture di degenza, con particolare attenzione ai pazienti psichiatrici e affetti da Alzheimer,
hanno dimostrato che i suoni e le melodie possono avere numerosi effetti benefici, come smuovere ricordi positivi, coinvolgere e aggregare; possono portare i pazienti a muovere corpo ed emozioni seguendo la musica e, infine, interagire, aumentando felicità e sicurezza personale. La musica è un linguaggio universale che, attraverso parole non verbali e non scritte, aiuta a rivivere ricordi e a muovere cassetti della memoria, alleviando momenti d’ansia, migliorando energia e tono dell’umore e favorendo l’inserimento nel gruppo.
Quali sono le iniziative in programma?
In questo anno speciale, le iniziative a favore della musicoterapia
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∞ A CURA DI IVANA GALESSI
DOTT.SSA MARIA SILVIA CALVINO RAMACCIO Farmacista Esperta in medicine complementari
DOTT.SSA ELENA BOTTAZZI Farmacista Esperta in medicine complementari
DAL TERRITORIO FARMACIE
La cultura è cura
Entrambe le iniziative, promosse dagli Ordini dei Farmacisti e dalle Federfarma di Bergamo e Brescia, fanno parte del palinsesto La Cultura è Cura: eventi, conferenze, visite guidate e appuntamenti lungo tutto l’anno. In particolare, l’Ordine dei Farmacisti e Federfarma Bergamo hanno previsto un ricco calendario pubblicato sul sito www.culturainfarmacia.it, piattaforma condivisa dalle due province attraverso la quale i cittadini possono visualizzare gli appuntamenti, prenotare le visite e trovare tutti i link utili.
sono due, previste nel mese di ottobre. La prima è un concerto del coro degli studenti dell’Università di Bergamo diretti dalla professoressa Laura Pesenti, insegnante di canto lirico e moderno, vocal coach di fama nazionale ed esperta nella risoluzione delle patologie delle corde vocali, presso la Casa di Riposo di Dalmine, alla presenza di Ernesto De Amici, presidente dell’Ordine dei Farmacisti di Bergamo. Grazie a questa iniziativa, gli ospiti della struttura potranno comprendere la capacità della musica di collegarsi alle emozioni e al sentito, attraverso brani di diverso stile e genere. È dimostrato infatti che, attraverso l’ascolto della musica e la partecipazione attiva dei pazienti, la prognosi e la degenza possono migliorare.
E la seconda?
La seconda iniziativa è una conferenza pubblica che vedrà, oltre alla presenza della professoressa Laura Pesenti, quella di Fabio Santini, noto giornalista, scrittore e musicologo, di Agnese Piantoni e Silvia Pellegrini, educatrice professionale della Casa di Riposo di Dalmine. L’incontro alternerà discussioni riguardanti la salute e la medicina ad aspetti più artistico-musicali: si indagherà come la musica, attraverso le frequenze dei suoni e delle melodie, agisce a livello delle cellule e dell’organismo, influenzandone i meccanismi. Per questo, ciascuna melodia può dare un aiuto specifico e agire sulla memoria e sul ricordo delle persone, quindi essere usata a scopo terapeutico.
Settembre/Ottobre 2023 | Bergamo Salute | 61
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All’ASST Bergamo Ovest gli esami radiologici sono a portata di click
Un ulteriore passo verso una sempre maggiore digitalizzazione e sostenibilità dei servizi. Dal 1° settembre, l’ASST Bergamo Ovest ha reso più semplice l’accesso a referti e immagini di esami radiologici, senologici e di medicina nucleare eliminando la consueta busta contenente CD e/o DVD e mettendo a disposizione dei pazienti un servizio online (cloud ) protetto da username e password rilasciati al momento dell’accettazione. Numerosi i vantaggi del servizio: i pazienti, oltre alla possibilità di visualizzare i referti online senza dover tornare in struttura, potranno condividere direttamente i documenti con un altro specialista o con il proprio medico di medicina generale, mentre l’azienda potrà ridurre il consumo di policarbonato, plastica e carta, diventando più ecosostenibile.
Tra gli esami visualizzabili online vi sono: Rx - Radiografia tradizionale e con mezzo di contrasto, Ortopantomografia - Panoramica, RMN - Risonanza magnetica nucleare, TC (Tomografia Computerizzata) e Angio TC, Mammografia, Ecografia, PET/TC - Tomografia ad Emissione di Positroni/Tomografia Computerizzata, MOC – Densitometria ossea, Scintigrafia.
Salvo urgenze, il referto e le immagini saranno disponibili a partire dal quinto giorno lavorativo successivo alla data di effettuazione dell’esame e resteranno a disposizione dei pazienti per 45 giorni.
62 | Bergamo Salute | Settembre/Ottobre 2023 NEWS
DAL TERRITORIO NEWS
arte e salute con Accademia Carrara, The Bridge for Hope e Humanitas Gavazzeni
Dopo il successo riscontrato nella precedente edizione, torna “Incontrarsi nell’arte”, il ciclo di appuntamenti dedicati a persone in trattamento oncologico, familiari, caregiver e personale medico-sanitario, alla scoperta della forte correlazione tra benessere e cultura, nato nel 2022 dalla collaborazione tra Accademia Carrara, The Bridge For Hope e Humanitas Gavazzeni.
Con l’obiettivo di diffondere la cultura della prevenzione e mette-
re in comunicazione arte e cura, un’educatrice museale e uno specialista delle strutture ospedaliere Humanitas di Bergamo accompagneranno i partecipanti alla scoperta delle opere della Carrara, che diventano porte aperte sulla vita, sulle emozioni e sulla salute. Nell’anno di Bergamo Brescia Capitale Italiana della Cultura 2023, il progetto si allinea perfettamente con uno dei temi portanti dell’iniziativa: la cultura come cura, un invito a vivere i luoghi dell’arte come
spazi di bellezza, di riscoperta di sé, di incontro con le proprie emozioni e di benessere.
Le prossime date:
Sabato 14 ottobre 2023, ore 15:30: Incontrarsi nell’arte – “Il cuore: arte e vita”, in occasione del Mese Rosa 2023
Sabato 18 novembre 2023, ore 15:30: Incontrarsi nell’arte – “Essere uomo”, in occasione del mese dedicato alla prevenzione maschile. La prenotazione è obbligatoria: prenotazioni@lacarrara.it
“Incontrarsi nell’arte”: tornano gli appuntamenti tra
Associazione Amici della Pediatria
∞ A CURA DI SARA CARRARA
L’Associazione Amici della Pediatria è nata nel 1990 e da allora si impegna per migliorare l’assistenza ai bambini ricoverati (presso gli Ospedali Riuniti di Bergamo prima e l’ASST Papa Giovanni XXIII poi) e per dare supporto alle loro famiglie.
“La casa è il luogo dove abitare, dove dormire e dove mangiare, dove sentirsi sicuri e protetti, dove ci sono i nostri affetti. Da questa citazione di Rita Sabatini, psicologa e psicoterapeuta famigliare, nasce il nostro primo progetto “esterno” all’ASST Papa Giovanni XXIII, ma in continuità con il nostro essere presenti. Un segno di accoglienza e vicinanza alle numerose famiglie che provengono da tutta Italia ed Europa per intraprendere un percorso di cura del proprio figlio” spiega Milena Lazzaroni, Presidente dell’Associazione.
In che senso un progetto “esterno”?
Si chiama “Le Casette” e si tratta di un’iniziativa dedicata all’ospitalità per i bambini e le loro famiglie fuori dall’ospedale. L’ospitalità ha per noi un ruolo fondamentale, nella convinzione che quello che vive un’altra persona potrebbe succedere anche a noi: grazie a questo progetto possiamo regalare ricordi, sensazioni ed emozioni positive che diventano una storia da raccontare quando tutto sarà passato, a beneficio di un’umanità che va rincorsa e confermata.
“Le Casette” sono state inaugu-
rate il 19 novembre 2022, giorno del trentaduesimo compleanno dell’Associazione: è stata la festa che abbiamo sempre sognato, un pomeriggio durante il quale tutti gli ospiti hanno potuto chiacchierare, conoscersi, giocare, disegnare, fare merenda e infine rilassarsi, guardando i cartoni animati. Il sole è stato un regalo magnifico e le emozioni sono state racchiuse e impresse tra le mura. I sorrisi hanno arricchito “Le Casette” e risuoneranno ancora per molto tempo. I cuori di tutti ne sono usciti più contenti e consapevoli di cosa rappresenta questo progetto.
Esiste anche un altro progetto fuori dalle corsie dell’ospedale che vi ha visti impegnati, è corretto?
Esatto, si tratta del parco-giardino GiCoBe (Gioco Colore Bergamo), situato in prossimità della Torre 2 dell’ASST Papa Giovanni XXIII e inaugurato a giugno 2023. Quest’area è dedicata in esclusiva a tutti i bambini e ragazzi in cura presso l’ospedale, per trasformare l’attesa di una visita, di un esame in ambulatorio pediatrico o di un ricovero in un’esperienza ludico-creativa dalle grandi emozioni.
Il giardino pediatrico è ispirato ai principi della pedagogia dell’Outdoor Education (educazione all’aria aperta), pensata per dare qualità al processo educativo attraverso la ricchezza degli stimoli che gli ambienti esterni possono garantire,
grazie alla loro grande adattabilità, flessibilità e alle infinite possibilità che offrono sul piano ludico. L’ambiente esterno è concepito come contesto educante e il bambino, entrandone a diretto contatto, sviluppa una capacità esplorativa e osservativa e diventa il protagonista attivo di un’esperienza fantastica e sensoriale. Nello specifico, l’ambientazione tematica è concepita come un mondo fantastico e colorato che permette al bambino di immergersi nella propria fantasia e lo spazio è progettato per incentivare la sensibilità artistica e richiamare l’attenzione sui temi della sostenibilità e del riciclo. È dimostrato che le esperienze che si svolgono in natura non solo offrono ai bambini svariati benefici psicofisici, tra cui l’aumento della concentrazione, la diminuzione dello stress e la stimolazione dell’intelligenza naturalistica, ma aumentano anche la capacità di gestione del tempo libero e consentono di esprimere e potenziare le competenze emotive, affettive, sociali, espressive, creative e senso-motorie. L’Outdoor Education applicata presso il parco-giardino GiCoBe, mira allo sviluppo del bambino, basandosi su un approccio sensoriale ed esperienziale, reso possibile non solo dal contesto naturale e dalla scelta accurata di piante con diversi colori e profumi, ma anche dalle proposte pedagogiche che sono state pensate per ogni fascia d’età, come pannelli
64 | Bergamo Salute | Settembre/Ottobre 2023 TERZO SETTORE DAL TERRITORIO
Da più di 30 anni al fianco dei bambini ricoverati e delle loro famiglie
sensoriali e vere e proprie “isole pedagogiche” che consentono di provare diverse attività ludiche per vivere del tempo all’aria aperta in un contesto di relazioni, con altre persone e con l’ambiente.
Che tipo di supporto offrite all’interno dell’ospedale?
Conosciamo bene la preoccupazione, i timori, le fragilità che ogni mamma e ogni papà presentano in volto e spesso le attività più “normali” – come mangiare o dormire per riposarsi e ricaricarsi in vista di un nuovo giorno di “lotta” contro la malattia dei propri figli – passano in secondo piano, con il rischio che diventino ulteriori problemi da risolvere nella quotidianità. Per questo tutti i giorni noi, gruppo di ormai ben 100 volontari, offria-
Associazione Amici della Pediatria ETS OdV
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> vicinanza consolante e amicizia su cui contare (spesso i genitori ci definiscono “parte della loro famiglia”).
Inoltre ci occupiamo di aiutare i genitori stranieri a imparare la lingua italiana, per rendere il loro soggiorno in struttura più semplice, sotto ogni aspetto. Il servizio di mediazione culturale, da noi proposto e sostenuto 30 anni fa, è da tempo garantito dall’Ente ospedaliero. Negli scorsi mesi abbiamo inserito anche altri servizi oltre al
per buone esperienze di crescita oltre che supporto per il benessere.
Ma la vostra azione di sostegno è ancora più ampia…
Proprio così. Tra le nostre attività rientra anche l’acquisto di macchinari, attrezzature e arredi che possano favorire la realizzazione di un “ospedale senza dolore per i bambini”. Inoltre sosteniamo borse di studio per medici e infermieri, oltre che la loro partecipazione a corsi e convegni, perché crediamo
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A.R.M.R.
Fondazione Ricerca Malattie Rare
INSIEME CONTRO LE MALATTIE RARE
Le Malattie Rare sono un ampio gruppo di patologie (oltre 7.000 secondo l’OMS), accomunate dalla bassa prevalenza nella popolazione (inferiore a cinque persone per 10.000 abitanti secondo i criteri adottati dall’Unione Europea). Con base genetica per l’80-90%, possono interessare tutti gli organi e apparati dell’organismo umano.
ANOMALIA DI PETER
Codice di Esenzione. RN0100
Categoria. Malformazioni congenite.
Definizione. L’anomalia di Peter è una condizione caratterizzata da opacità corneale, difetti nella struttura posteriore della cornea, sinechie iridocorneali e/o cheratolenticolari.
Epidemiologia. La precisa incidenza della patologia non è nota e in genere si tratta di una forma a occorrenza sporadica. Maschi e femmine sono colpiti in uguale misura.
Segni e sintomi. L’alterazione corneale è il reperto principale. La cornea presenta opacità diffuse, alterazioni nelle regioni interne, sinechie con le strutture posteriori. Caratteristica l’assenza, anche parziale, della membrana di Bowman. Circa la metà delle persone affette sviluppa glaucoma nell’infanzia.
SABATO 21
OTTOBRE
RED Party Fondazione A.R.M.R. 2023
Ore 20, Via San Bernardino 141 Bergamo. Per info e prenotazioni: 348 2296235
Eziologia. L’anomalia di Peter è verosimilmente riconducibile ad agenti eziologici diversi. In alcuni casi sono state dimostrate mutazioni in geni noti implicati nello sviluppo delle strutture oculari, quali PAX6. La maggioranza dei casi è sporadica.
Test diagnostici. La diagnosi è essenzialmente clinica.
Diagnosi differenziale. Deve essere posta con altre condizioni associate ad anomalo sviluppo del segmento oculare anteriore e con il glaucoma primitivo congenito.
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Terapia. La terapia si basa sulla prevenzione delle complicanze. Devono essere effettuati controlli periodici del tono oculare allo scopo di monitorare l’eventuale sviluppo di glaucoma.
Angelo Serraglio Vice Presidente della Fondazione A.R.M.R Vice Presidente Commissione Scientifica Fondazione A.R.M.R.
Settembre/Ottobre 2023 | Bergamo Salute | 67
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Incontri con i sostenitori e gli amici di A.R.M.R.
Dottor
Qui ho trovato la mia nuova casa
Ahmed Alanni, iracheno, è dovuto scappare da Bagdad perché la sua vita era in pericolo. A Bergamo ha ricominciato da zero, ma dopo tanti sacrifici è tornato a fare quello per cui aveva studiato: il farmacista
Ha scelto l’Italia e non la Svezia, al contrario di molti suoi connazionali, e non ne è affatto pentito. «Lì ci sono i vantaggi del welfare, ma è difficile costruire rapporti, si fa fatica a socializzare. Qui le cose sono diverse, la gente è molto più accogliente». La storia del dottor Ahmed Alanni rappresenta una luce di speranza per tutti quelli che vivono in Paesi dove la guerra e la situazione politica mettono a repentaglio i principi stessi dell’esistenza. Fortunatamente, le scelte difficili e i sacrifici hanno avuto per lui un esito felice: un modello di rinascita e integrazione.
«In Iraq stavo bene. Mi sono laureato all’Università di Bagdad e avevo una farmacia annessa a una piccola clinica privata. Ma a un certo punto la situazione politica e la guerra mi hanno costretto a
decidere di andarmene insieme a mia moglie: sono stato minacciato più di una volta». Era il 2014 e Ahmed cercava un posto dove poter vivere serenamente, senza più paura: per questo ha scelto l’Europa. Ha chiesto lo status di rifugiato politico e nel 2016 l’ha ottenuto. Questi sono gli anni in cui comincia a imparare l’italiano: « All’inizio sapevo dire solo “buongiorno” e “ciao”, perciò ho dovuto ricominciare da zero e fare tantissimi corsi per imparare la lingua: ho frequentato anche la scuola media. Giravo in bicicletta per tutti i centri di formazione e lavoro a Bergamo per iscrivermi a tutti i corsi gratuiti possibili, anche a quelli per diventare pizzaiolo o magazziniere, più che altro per impratichirmi con l’italiano».
Sempre nel 2016, con un figlio in arrivo, ha cominciato a lavorare,
prima come mediatore culturale e poi come operatore della Cooperativa Ruah, in un centro di accoglienza per richiedenti asilo nel periodo dell’emergenza sbarchi. «Viste le mie competenze, nell’arco di un paio d’anni sono diventato il referente sanitario della struttura».
Nel 2019 ha deciso di lasciare il lavoro per iscriversi al corso di laurea in Farmacia dell’Università Statale di Milano e ottenere così il riconoscimento del suo titolo di studio. È dovuto partire dal quarto anno, ma ha dedicato tutto il suo tempo allo studio, dimostrando una grande volontà. « Sono riuscito a superare tutti gli esami, una ventina, e anche l’esame di Stato in appena due anni, nonostante l’emergenza sanitaria e la situazione complicata di quel periodo: per molti mesi ho seguito le lezioni
68 | Bergamo Salute | Settembre/Ottobre 2023
∞ A CURA DI CLAUDIO GUALDI
DAL TERRITORIO IL LATO UMANO DELLA MEDICINA
online, a parte le ore di laboratorio, che ho frequentato obbligatoriamente in presenza».
L’ultimo anno, il piano di studi prevedeva 900 ore di tirocinio da svolgere in una struttura ospedaliera o in una farmacia privata del territorio. Ahmed si è quindi rivolto alla farmacia Sella di Bergamo, di cui era già cliente (abitava lì vicino) e già prima di laurearsi la dottoressa Cristina Sella gli ha offerto un lavoro. « Sono felice di aver trovato lavoro in un ambiente sereno e tranquillo. Mi sento molto soddisfatto, anche per aver preso parte alle campagne di prevenzione sul
territorio: lo scorso anno ho vaccinato più di 300 persone contro il Covid e circa 250 persone contro l’influenza (la maggior parte erano over 65); ho fatto tamponi a oltre 1000 persone. Insomma, sono orgoglioso di essere stato parte attiva nel contenimento della diffusione del virus».
In certi momenti non è stato facile: soprattutto all’inizio, l’umore era basso. «Ma mia moglie mi ha dato forza. Lei è dentista, anche se non ha mai fatto il riconoscimento del suo titolo di studio: si occupa di nostro figlio, che ora ha 7 anni». Inizialmente la coppia ha vissuto
In questa rubrica gli operatori sanitari (medici, infermieri etc.) si raccontano, facendo conoscere oltre al loro lato professionale la loro attività di artisti, volontari, atleti...
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per un breve periodo a Roma, poi per otto giorni a Milano: la metropoli non li ha conquistati, mentre a Bergamo si sono trovati benissimo. «Mi manca la mia famiglia, naturalmente. Da quando sono partito ho incontrato i miei genitori solo due volte, ma in Giordania, perché come rifugiato politico è troppo rischioso tornare in Iraq. Il mio Paese mi manca, anche se quello attuale non è l’Iraq che conosco io».
Nonostante la religione e le usanze diverse, Ahmed non ha mai avuto problemi a Bergamo. «Mi sono sempre sentito a mio agio. I colleghi sono curiosi sul regime alimentare di noi musulmani, nulla di più. Mio figlio a scuola sa che non può mangiare alcune cose, ma vive la situazione con grande serenità. Sa di essere in Italia ma di non essere italiano. Almeno per il momento».
MARCO GHEZZI
PSICOLOGO PSICOTERAPEUTA COACH
consulenza e psicoterapia per adulti e adolescenti esperto in psicoterapia Emdr consulenza e coaching per imprenditori, manager, atleti
Settembre/Ottobre 2023 | Bergamo Salute | 69
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N.
iscrizione ordine psicologi della Lombardia 4352
Sui pedali, contro la sclerosi multipla
Non è facile convivere con la sclerosi multipla. Un inquilino antipatico, noto anche come “malattia dai mille volti”, che sconvolge in modo radicale la vita di una persona e dei suoi cari. Produce anticorpi che, invece di difendere l’organismo, lo aggrediscono, generando sintomi molto variabili tra i quali difficoltà nella deambulazione (solitamente sulle lunghe distanze), dolori articolari e muscolari, problemi visivi (transitori) e di equilibrio, forte sensibilità alle alte temperature, energia ridotta. Genera un malfunzionamento del sistema nervoso centrale: il sistema immunitario “pensa” che la mielina (la guaina che, oltre
a proteggere il collegamento neurale, aiuta nella trasmissione dei segnali che dal cervello vanno al resto del corpo) sia un nemico da combattere, per questo gli anticorpi la “consumano”. E i danni, visto la natura delle cellule nervose, finisco per essere irreversibili. Andrea Abate, 29 anni, avrebbe sicuramente preferito non averci a fare, ma trova le energie mentali e fisiche per guardare oltre, senza abbattersi, facendo leva sulle sue passioni e sui sentimenti. Basta ascoltare le sue parole pacate e aperte al mondo per cogliere la sua reazione positiva alla sfida posta dal destino.
Ha accusato i primi sintomi della
malattia in un momento gioioso. « A maggio 2020 il mio patrigno era appena tornato a casa dopo due mesi di terapia intensiva, di cui uno in coma, a causa di un’infezione da Covid, ma è proprio in quei giorni che la sclerosi multipla ha iniziato a manifestarsi attraverso dei problemi alla vista. Successivamente, ho accusato problemi di equilibrio e difficoltà a camminare. La diagnosi vera e propria, però, è arrivata solo a giugno 2022». Devastante, per lui, anche la stanchezza, soprattutto nel periodo estivo: un dato comune per chi è affetto da sclerosi multipla. Un ulteriore possibile sintomo della malattia è la per-
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∞ A CURA DI CLAUDIO GUALDI
DAL TERRITORIO TESTIMONIANZA
La malattia è stata diagnosticata ad
Andrea Abate, 29
anni,
a giugno del 2022.
Dopo il trapianto di cellule staminali sta meglio e sogna di aprire un’officina per biciclette tutta sua
La mia fidata bicicletta, il mio muletto di città, nel corso di uno spostamento
dita di controllo sulle capacità cognitive: memoria, capacità di articolare un discorso e senso logico tendono a calare. « Al momento, dai test neuropsicologici che ho affrontato, non risulta che io abbia problematiche di questo tipo, per fortuna».
La sclerosi multipla di Andrea è di tipo aggressivo. Per questo motivo, lo scorso anno gli specialisti l’hanno messo di fronte a due strade alternative: passare a un farmaco nuovo, che stava dando ottimi risultati, oppure procedere a un autotrapianto di midollo, soluzione più impegnativa, ma anche più efficace. «Ho chiesto informazioni più approfondite, anche facendo riferimento a quanto indicato da AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla) e ho capito che
In questa rubrica pubblichiamo la storia di una persona che ha superato un incidente, un trauma, una malattia e con il suo racconto può dare speranza agli altri.
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I primi giorni del trapianto mostro i numerosi tubicini provenienti dal Catetere Venoso Centrale
DAL TERRITORIO TESTIMONIANZA
il trapianto sarebbe stata la scelta migliore». Non è comunque un trattamento semplice: si parte con una serie di iniezioni per stimolare la produzione di cellule staminali, a cui segue un ciclo di chemioterapia ad alte dosi. In questa fase, Andrea ha perso i capelli ed è dimagrito dieci chili. «I medici hanno raccolto e prelevato le cellule staminali e me le hanno rinfuse nell’organismo, come in
una trasfusione». Questa serie di interventi concatenati permette, in sostanza, di resettare il sistema immunitario per far sì che non attacchi il sistema nervoso centrale. Non è una cura definitiva, purtroppo, ma non si sa se e quando ricomincerà il processo degenerativo. Da ottobre 2022, il ricovero si è protratto fino a poco prima delle festività natalizie. «È stato un momento prezioso per riflettere sulla
mia vita e lasciar perdere il superfluo: se prima tendevo a essere critico nei confronti degli altri, ho imparato a sospendere il giudizio, ad ascoltare e accettare le persone come sono».
I problemi di salute non hanno comunque allontanato Andrea da una grande passione: quella per la bicicletta. «Da otto anni è il mio mezzo di locomozione preferito. Anche se con la progressione del-
Ciclofficina improvvisata all’aria aperta, spazio gentilmente offerto da mia nonna Carmela
Io e la mia ragazza Silvia in viaggio a Vienna! Qui siamo sul trenino che attraversa il Prater
la malattia ho incontrato sempre maggiori difficoltà a utilizzarla, con il trapianto la situazione è decisamente migliorata».
Ora Andrea, già diplomato all’Accademia Carrara in “Tecnologie per l’arte” e dopo essersi cimentato in alcuni lavoretti (ha aiutato i suoi in un’attività di ristorazione, ha fatto alcune attività di grafica ed è stato commesso in un negozio di elettronica), sta seguendo un corso di perfezionamento online dell’Università di Verona dal
titolo “Esperto Promotore Mobilità Ciclistica”. «È quello che voglio fare: promuovere l’uso della bicicletta. Non sono contro l’auto a priori, anzi, adoro la Panda del 1998 che mi ha regalato mio zio dopo averlo convinto a non rottamarla. La macchina serve, ma credo sia necessario dare più spazio alla bicicletta, in tutte le sue forme».
Anche a corso terminato, però, Andrea non potrà fare il consulente in quel campo: « Servirebbe
anche una laurea in Urbanistica, Ingegneria o Architettura. Io me la potrei giocare invece sulle riparazioni. Prendermi cura della bicicletta mi rende felice: per seguire la mia passione ho anche frequentato un corso di meccanica per biciclette. Mi piace soprattutto restaurare quelle vecchie, in modo creativo: ecco, in futuro vorrei avere uno spazio tutto mio per dedicarmi a questo». Naturalmente, è un progetto a lungo termine.
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Camminata nei pressi di Bard! Siamo io ed i miei amici Lorenzo e Dario
Tecnico sanitario di laboratorio biomedico
Il Tecnico Sanitario di Laboratorio Biomedico (TSLB) è un professionista sanitario fondamentale nel contesto ospedaliero in quanto svolge un ruolo cruciale nella diagnosi e nel monitoraggio di numerose patologie.
La Medicina di Laboratorio è una scienza clinica applicata che studia con metodi chimici, fisici e biologici le alterazioni dell’organismo ricavando, da campioni biologici provenienti dal paziente, dati che consentono al medico di ottenere informazioni utili a scopo diagnostico, terapeutico, preventivo, prognostico e riabilitativo. Il Tecnico Sanitario di Laboratorio Biomedico si occupa proprio del reperimento di questi dati attraverso l’utilizzo di competenze e nozioni acquisite con un percorso di studi specifico. Conosciamo meglio questa figura sanitaria con l’aiuto della dottoressa Anna Carobbio, Presidente commissione d’albo TSLB.
Quali sono le mansioni del Tecnico Sanitario di Laboratorio Biomedico?
Il Tecnico Sanitario di Laboratorio Biomedico è un professionista sanitario specializzato nell’effettuare analisi diagnostiche e di laboratorio su campioni di varia natura,
in diversi contesti: anatomia patologica, medicina trasfusionale, biochimica clinica, immunologia, microbiologia, virologia, ematologia, genetica, tossicologia, medicina forense e molti altri settori. Per poter effettuare in tutta sicurezza i diversi tipi di analisi, il Tecnico Sanitario di Laboratorio Biomedico è sempre più al centro della gestione del laboratorio in cui lavora. È di sua competenza, infatti, la gestione delle attività che rientrano come parte integrante della routine del laboratorio: controlli di qualità, manutenzione degli strumenti, controllo e verifica della fase pre-analitica e post-analitica, gestione e conoscenza degli strumenti di diagnostica e dei loro principi di funzionamento, interpretazione dei risultati dei test in base alle variabilità, aggiornamento continuo sulle nuove metodiche, validazione tecnica dei risultati, mantenimento degli standard di sicurezza ecc…
Dove lavora questa figura professionale?
Il Tecnico Sanitario di Laboratorio Biomedico trova impiego in diversi contesti sanitari e non solo: ospedali, laboratori di analisi, istituti di ricerca, centri di diagnosi e strut-
ture sanitarie private, ma anche istituti zooprofilattici, strutture biomediche e biotecnologiche. Per poter trovare impiego esistono diverse modalità. Presso gli ospedali pubblici è necessario, ad esempio, partecipare a bandi di concorso, avvisi di selezione, borse di studio. All’interno di un laboratorio, il Tecnico Sanitario di Laboratorio Biomedico svolge il proprio lavoro con autonomia tecnico-professionale, ma collabora e fa parte di un gruppo costituito da medici, biologi, ricercatori e altre figure professionali che insieme formano il dipartimento della Medicina di Laboratorio.
Come si diventa Tecnico Sanitario di Laboratorio Biomedico?
Per diventare Tecnico Sanitario di Laboratorio Biomedico è necessario seguire un percorso di formazione specifico, ovvero un corso di Laurea Triennale in Tecniche Sanitarie di Laboratorio Biomedico, facente parte delle lauree delle professioni sanitarie. Trattandosi di un percorso di studi a numero chiuso, per accedervi è necessario superare il test che annualmente viene svolto per le lauree per professioni sanitarie. Le università
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∞ A CURA DI SARA CARRARA
GUIDA ALLE PROFESSIONI SANITARIE
Una figura essenziale per la diagnosi medica
che hanno questo corso di studi, in Lombardia, sono diverse, tra cui l’Università Bicocca e l’Università Statale di Milano, l’Università di Brescia e l’Università di Pavia. Durante il corso, il piano di studi è articolato con una parte teorica e una parte pratica consistente in diverse ore di tirocinio da svolgere presso le strutture ospedaliere convenzionate con le università. La parte teorica, invece, spazia in tutti gli ambiti della Medicina di Laboratorio: Anatomia Patologica, Medicina Trasfusionale, Biochimica, Ematologia, Medicina Legale, Genetica, Patologia clinica, Microbiologia e Virologia, Metodologie di Laboratorio ecc…
Esiste l’Ordine per questa professione?
Come per molte professioni sanitarie, è presente un Ordine Professionale che regola l’attività dei Tecnici Sanitari di Laboratorio Biomedico: l’Ordine dei Tecnici
Sanitari di Radiologia Medica e delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione. Iscriversi è obbligatorio per poter esercitare la professione, garantendone così la tutela attraverso tutti i requisiti necessari per poter diventare un Tecnico Sanitario di Laboratorio Biomedico.
Vi è richiesta di queste competenze nel mondo del lavoro?
Il Tecnico Sanitario di Laboratorio Biomedico è una professione attualmente molto ricercata, con un elevato tasso di occupazione post-laurea. È certamente una figura di cui spesso non si sente parlare, poiché rimane dietro le quinte nel grande complesso della sanità. Tuttavia, dietro ogni analisi di laboratorio, ogni referto, c’è sempre un Tecnico Sanitario di Laboratorio Biomedico con alle spalle delle competenze specifiche acquisite
sia con il corso di studi universitario, sia con la formazione continua e il costante aggiornamento. È una professione che non ha contatto diretto con il paziente, ma che del paziente prende a cuore ogni singolo campione, dal suo arrivo in laboratorio fino al rilascio finale del risultato, sempre accuratamente analizzato.
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Ne siamo stati tutti testimoni almeno una volta nella vita: quando a un bambino viene detto che dovrà sottoporsi a una visita dal dentista la reazione principale è la paura, seguita da un rifiuto spesso ostinato.
«In realtà iniziare un percorso di prevenzione orale già dalla prima infanzia, tra i tre e i quattro anni (o comunque quando la dentizione da latte è ormai completa) è fondamentale per porre le giuste basi della salute orale futura» afferma il dottor Maurizio Maggioni, odontoiatra, fondatore e Direttore Sanitario della Clinica dentale Pianeta Sorriso.
«In questa prima fase il professionista fornirà al piccolo paziente e ai suoi genitori consigli per attua-
Prima visita dal dentista: importante già a partire dai 3 anni di età
re una corretta igiene orale, grazie alla quale prevenire la formazione di carie. Parallelamente provve-derà alla sigillatura dei solchi e valuterà la presenza di eventuali disgnazie precoci, ovvero malformazioni delle ossa che possono insorgere durante la crescita e che determinano un malposizionamento delle ossa mascellari e dei denti» continua Maggioni. La ricerca delle disgnazie viene effettuata anche nel momento di passaggio dai denti da latte ai denti permanenti. «Nel bambino in fase di sviluppo è possibile intervenire facilmente e in modo non invasivo. Poiché le suture, cioè le superfici che collegano ossa vicine, risultano ancora in formazione è possibile stimolare la cre -
LE PRINCIPALI DIFFERENZE TRA DENTI DA LATTE E DENTI PERMANENTI
In totale i denti da latte sono 20 (10 per ogni arcata dentaria) e sono suddivisi in incisivi, canini e molaretti. Il primo dente che spunta è l’incisivo, mentre l’ultimo il molare.
I denti permanenti, invece, sono 32 (16 per arcata) e, oltre agli incisivi e ai canini, sono presenti premolari e molari. Seguono lo stesso andamento dei denti da latte, quindi prima compaiono gli incisivi e poi i canini, i premolari e i molari. Gli ultimi sono i denti del giudizio, che compaiono tra i 17 e i 22 anni.
Può capitare che i denti da latte spuntino rapidamente oppure che quelli permanenti tardino a comparire: generalmente non è un problema, ma è sempre preferibile affidarsi al proprio dentista di fiducia per un consulto.
scita e lo sviluppo delle ossa stesse attraverso l’impiego di apparecchi adeguati» precisa Maggioni. Anomalie nella posizione dei denti, note anche come malocclusioni, possono infatti accrescere l’accumulo di placca e favorire traumi dentali durante la masticazione oltre che la sofferenza gengivale e parodontale, tutti elementi che, con l’andar del tempo, aumentano il rischio di problemi più importanti. Oltre alla creazione sin da subito di un buon rapporto tra dentista e piccolo paziente, la tecnologia offre delle soluzioni innovative per ridurre la sensazione di paura. «Per esempio con il laser a Erbio si possono ottenere gli stessi risultati del trapano, ma senza il rumore e le vibrazioni che lo contraddistinguono. Per la cura della carie, invece, si può ricorrere all’ozonoterapia, che combatte l’infezione batterica direttamente alla radice. Si tratta di un trattamento indolore e che in alcuni casi può essere completato anche in una sola seduta» conclude Maggioni.
CLINICA DENTALE
PIANETA SORRISO
Dir. San. dott. Maurizio Maggioni
Via Zelasco, 1 - Bergamo
Tel. 035 213009
info@mauriziomaggioni.it
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Settembre/Ottobre 2023 | Bergamo Salute | 77
INFORMAZIONE PUBBLICITARIA
REALTÀ SALUTE
«Dall’inizio dell’anno la Cooperativa Sociale In Cammino di San Pellegrino Terme collabora con il Servizio Famiglia e Minori dell’Azienda Speciale Sociale Valle Brembana alla promozione di una cultura dell’accoglienza, con l’obiettivo ambizioso di creare una rete di famiglie accoglienti e/o affidatarie» racconta Federica Arioli, presidente della cooperativa. La legge 184/83 riporta chiaramente che “il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia” e “lo Stato, le Regioni e gli enti locali, nell’ambito delle proprie competenze, sostengono, con idonei interventi, nel rispetto della loro autonomia e nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, i nuclei familiari a rischio, al fine di prevenire l’abbandono e di consentire al minore di essere educato nell’ambito della propria famiglia”.
«Nella quotidianità, però, capita spesso che, nonostante gli interventi di sostegno messi in atto, si renda necessario rispondere con azioni più incisive. L’affido familiare, nelle sue diverse forme, rap-
presenta una misura di protezione temporanea attivata a favore di un minore che deve essere allontanato dalla propria famiglia, della quale si sono rilevate carenze importanti nella cura dello stesso: mentre la famiglia di origine viene aiutata nella gestione delle sue difficoltà, la famiglia affidataria costituisce un contesto relazionale naturale e arricchente che accoglie, cura ed educa il bambino. I progetti di affido prevedono comunque il mantenimento della relazione del minore con la propria famiglia, secondo le modalità ritenute più opportune» continua la presidente, che aggiunge «il tema dell’accoglienza di minori che vivono in situazione di fragilità rilancia il tema più ampio di una comunità educante e in grado di accogliere i loro bisogni. In tal senso tutte le agenzie educative del territorio e non solo, ogni singolo cittadino deve sentirsi chiamato in causa, in un’ottica di corresponsabilità, di cura e di apertura alla tutela del diritto di futuro che ogni bambino ha.
La Valle Brembana, pur caratteriz-
zata da una scarsa densità abitativa, evidenzia un significativo numero di famiglie fragili, con minori che rischiano di essere allontanati quale misura estrema per la mancanza di famiglie disponibili all’affido, sia esso diurno o residenziale».
«Un antico proverbio africano recita “Per crescere un bambino ci vuole un intero villaggio”, il che sta a significare che per intraprendere un percorso di accoglienza è fondamentale non sentirsi mai soli: serve un lavoro di squadra, con il coinvolgimento di diverse persone – professionisti e non – che sappiano costruire alleanze e che quotidianamente cooperino per la buona riuscita dei singoli percorsi» conclude.
Settembre/Ottobre 2023 | Bergamo Salute | 79 COOPERATIVA IN CAMMINO Via De’ Medici 13 San Pellegrino Terme (BG) Tel. 0345 22636 segreteria@coopincammino.it www.coopincammino.it
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REALTÀ SALUTE
Per crescere un bambino ci vuole un intero villaggio
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AIP Associazione Italiana Parkinsoniani
L’Associazione Italiana Parkinsoniani (AIP) nasce a Milano nel 1990 e qui ha la sede nazionale. Il gruppo di Bergamo dell’AIP viene costituito da alcuni soci bergamaschi nel 1996 e attualmente ha sede presso Fondazione
CARISMA, Casa di Riposo Santa Maria Ausiliatrice, (ex Gleno). È costituita da persone affette dalla malattia di Parkinson, dai loro familiari, da amici, volontari e sostenitori. I soci iscritti sono circa 300.
L’Associazione non ha lo scopo di curare la malattia, ma ha l’obiettivo di migliorare le condizioni di vita dei malati e di raccogliere fondi per sostenere la ricerca scientifica.
In particolare, gli obiettivi di AIP Bergamo sono:
> nei confronti degli associati: conoscenza reciproca, confronto su problematiche comuni e scambio di informazioni, messa a disposizione di servizi; > nei confronti della comunità e delle istituzioni locali: creare sensibilità e informazione sulla malattia, far conoscere l’associazione e favorire l’adesione di persone coinvolte dal problema, accreditare l’Associazione come punto di riferimento e interlocutore per i problemi riguardanti la malattia di Parkinson.
Come dice il Presidente, Marco Guido Salvi: «Siamo insieme per avere più forza nell’affrontare il delicato cammino che la malattia impone sia ai pazienti che ai familiari, avendo la certezza che il sostegno reciproco può renderlo meno difficoltoso. La nostra se-
zione , una delle più attive a livello nazionale, punta a raggiungere i propri obiettivi attraverso attività di informazione, formazione e sensibilizzazione attraverso la realizzazione di varie iniziative e attività di supporto e collegamento con i malati e le famiglie. Il Consiglio Direttivo ha fatto recentemente una revisione delle attività svolte nella prima parte dell’anno e ha deciso di attuare un piano molto ambizioso a partire dal secondo semestre».
Le attività di AIP sono: Fisioterapia di gruppo: il corso si tiene presso Fondazione CARISMA (ex Gleno) con due gruppi per due volte alla settimana, il martedì e il giovedì (ore 10-11 e ore 11-12). La ripresa è prevista per inizio ottobre. Training del cammino: il corso si tiene il mercoledì e il venerdì (ore 10-11) presso il Centro Sportivo Don Bepo Vavassori, via Don Bepo Vavassori – Villaggio degli Sposi. (Società PERFORM). Inizia il 20 settembre. I primi due incontri sono aperti a tutti e gratuiti.
Kick Boxing: il corso si tiene il lunedì (ore 16.30-17.30) presso la palestra della Società SUPREME, via delle Canovine 56 a Bergamo. Teatro Terapia: attività condotta dalla Cooperativa Punto a Capo con incontri settimanali programmati di volta in volta. AIP è alla ricerca di persone che possano “rinforzare” il gruppo.
Tango Terapia: lezione con i maestri Stefania Sonzogni e Andrea Possenti il mercoledì (ore 15.3016.30) presso CARISMA. I primi due incontri sono gratuiti. Il corso vero e proprio parte verso la metà
di ottobre.
Nordic Walking: un’attività che si pratica per fisioterapia, fitness e sport, particolarmente adatta nella cura della malattia di Parkinson.
Tai Chi: un’antica pratica cinese che unisce meditazione e movimento e ha lo scopo di migliorare la postura.
Dance Well: un corso di danza condotto all’interno del museo da Teachers certificati, a contatto con le opere d’arte.
Altre iniziative di AIP sono: Conferenze e incontri: promossi da AIP e finalizzati a: sensibilizzazione sulla malattia di Parkinson, conferenze di informazione, collaborazioni con enti e associazioni su temi di interesse comune, partecipazione a gruppi di lavoro organizzati da ATS e Centro Servizi Volontariato su caregiver, laboratorio della salute e riforma sanitaria. Rappresentazione teatrale: il gruppo “Teatro e Tremore” presenterà uno spettacolo teatrale a fine novembre in occasione della Giornata Nazionale della Malattia di Parkinson.
Esiste già un libro dal titolo “Di Parkinson non si muore”, e AIP, con le sue proposte, auspica che si possa scriverne un altro dal titolo “Il Parkinson non ferma la vita! ”
Settembre/Ottobre 2023 | Bergamo Salute | 81 AIP – sez. di Bergamo tel. 035 244561 Martedì e Giovedì ore 10.00-12.00 info@aipbergamo.it www.aipbergamo.it
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Bergamo Salute anno 13 | n° 74
Settembre | Ottobre 2023
Direttore Responsabile
Claudio Gualdi
Redazione
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Grafica e impaginazione
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Fotografie e illustrazioni Shutterstock, Adriano Merigo
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Hanno collaborato
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Iscr. Tribunale Bergamo N°26/2010 del 22/10/2010
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