numero
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Anno 8 Settembre | Ottobre 2018
www.bgsalute.it Poste Italiane spa Sped. in Abb. Postale DL 353/2003 (Conv. in legge 27/02/2004 N.46) Art. 1 comma 1 LO/BG
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NOV ITÀ
E PAG RUBNUOIVNE RIC E HE
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Prurito QUANDO PREOCCUPARSI E COME RISOLVERLO
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Buoni propositi TRASFORMALI IN REALTÀ... IN 5 MOSSE
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Crono-dieta MANGI AL MOMENTO GIUSTO E NON INGRASSI
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Pelle più giovane BASTA UNA LUCE
Bergamo Salute è sempre con te: leggila integralmente dal tuo computer, tablet o smartphone www.bgsalute.it
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Raffaella Ravasio
Vi racconto la “mia” BergamoScienza Settembre/Ottobre 2018 | Bergamo Salute | 1
numero
46
Anno 8 Settembre| Ottobre 2018
www.bgsalute.it
) EDITORIALE 7 Niente panico... ) SPECIALITÀ A-Z 8 Dermatologia Prurito. Quando preoccuparsi e come risolverlo 12 Otorinolaringoiatria Sinusite: così la riconosci e la curi 14 Urologia Calcoli Renali. Ora si “polverizzano” con il laser ) PERSONAGGIO 16 Raffella Ravasio Vi racconto la “mia” BergamoScienza 18 Focus BergamoScienza 2018 ) IN SALUTE 20 Stili di vita Trasforma i buoni propositi in realtà... in 5 mosse 22 Alimentazione Con la crono-dieta mangi al momento giusto e non ingrassi 24 Il fico. Dolcezza di fine estate ) IN ARMONIA 26 Psicologia Sempre in ritardo? Ecco cosa fare 28 Coppia Le coppie senza sesso ) IN CASA 32 Architettura Gli Architetti in una rivista che tratta di salute...
DAL TERRITORIO 70 News 72 Farmacie Diabete: un progetto al servizio de cittadino 74 Il lato umano della medicina Mente e cuore nelle mie opere ispirate dai pazienti 77 Malattie rare Malattia di Tangier 78 Testimonianza A piedi... Sogno di trapiantato verso Santiago di Compostela 80 Viviromano Sostenibilmente
) IN FAMIGLIA 34 Dolce attesa La musica che piace al bebè? Né pop né rock: è classica 36 Bambini Come gestire la rabbia nei più piccoli 39 Mughetto. L’importanza di curare sia il bimbo sia la mamma 42 Ragazzi Prima volta a 16 anni, ma di sesso non si parla con i genitori ) IN FORMA 44 Fitness Step: passo dopo passo e ritorni in forma 46 Bellezza Pelle più giovane e compatta? Basta una luce ) ATS INFORMA 48 La promozione della salute parte dalla scuola ) RICETTA 56 Muffin salato 57 Tofu sott’olio 58 Crema spalmabile alle nocciole ) RUBRICHE 62 Altre terapie Costellazioni familiari 64 Guida esami Capillaroscopia: quando serve 66 Animali Alito pesante? E se fosse colpa delle gengive?
) STRUTTURE 82 Caredent 84 Habilita Poliambulatorio San Marco ) PROFESSIONI SANITARIE 87 L’infermiere strumentista ) REALTÀ SALUTE 91 Centro Medico M.R. 93 RSA Bramante 95 Tecno System 97 InsiemeAte Onlus Allegato centrale: Amici di Bergamo Salute
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Settembre/Ottobre 2018 | Bergamo Salute | 3
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EDITORIALE
Niente panico... Prima l’allarme legionella. Poi quello della “Febbre del Nilo”. Alzi la mano chi di voi, quest’estate, leggendo gli articoli di cronaca sui quotidiani, almeno per un attimo, non ha temuto per la propria salute e quella dei propri cari. Sarebbe anormale se non fosse così. Tra una preoccupazione giustificata e la psicosi però ne passa. E il confine negli ultimi tempi - tempi in cui sembra si viva sempre nell’attesa di qualche catastrofe che possa fare audience e coinvolgere emotivamente - è stato in molti casi oltrepassato. Basti pensare, ad esempio, alla reazione irrazionale scatenata dall’epidemia di polmonite causata da un contagio di legionella nel Milanese: nonostante le rassicurazioni da parte dell’assessorato sul fatto che la legionellosi non si trasmette né bevendo l’acqua, sebbene contenente il batterio, né da uomo a
uomo o da animale a uomo, la paura è montata al punto da creare terreno fertile per l’entrata in scena di “sciacalli”, finti funzionari che si presentavano nelle case per fare controlli all’acqua dei rubinetti. Anche nel caso della “Febbre del Nilo”, causata da un virus che arriva dall’Africa con gli uccelli migratori e poi contagia l’uomo attraverso le zanzare, il rischio psicosi è stato dietro l’angolo, sebbene gli esperti abbiamo ripetuto più volte che la morte in seguito al contagio si verifica nello 0,1 % dei casi di infezione. E che dire di tutta la questione vaccini, che sta tenendo banco da mesi con polemiche anche molto accese che vedono da una parte i no vax e dall’altra i medici? A nulla valgono le rassicurazioni sul fatto che non provocherebbero, come molti ancora pensano, autismo. La convinzione del legame tra vaccini e autismo fu diffusa per la prima
volta 20 anni fa sulla prestigiosa rivista Lancet dal medico inglese Andrew Wakefield. Pochi però sanno che, solo qualche anno dopo, lo stesso medico fu costretto a ritirare la sua ricerca perché risultò viziata da difetti metodologici e interessi economici con conseguente radiazione dall’albo. Eppure, dopo tanti anni e smentite da ricerche scientifiche, lo studio è ancora il più citato dai no vax. Ed è questo il punto: ormai sul web si legge di tutto e spesso non ci si preoccupa di indagare quale sia l’attendibilità delle fonti. Con un comportamento “di pancia”, si condivide senza approfondire, contribuendo così alla disinformazione generalizzata. “Lo stanno dicendo tutti” nel web non è una misura della correttezza dell’informazione, quanto del suo effetto di suggestione. Non a caso è ormai diventato un tema di grande rilevanza quello delle fake news (notizie volutamente false) e di come controllarne la proliferazione. Tutto questo per dire che oggi più che mai la parola chiave, soprattutto nell’informazione su temi così delicati come la nostra salute, deve essere l’equilibrio! Equilibrio che deve passare dalla verifica delle fonti e da un atteggiamento che non si lasci andare a facili allarmismi. Noi cerchiamo di farlo, nel nostro piccolo, da otto anni, proponendo, insieme ai nostri preziosissimi esperti, innanzitutto informazioni attendibili scientificamente ma anche il più possibile rassicuranti. Non ci resta che augurarvi, come sempre, una buona e “serena” lettura!
Adriano Merigo
Settembre/Ottobre 2018 | Bergamo Salute | 7
SPECIALITÀ A-Z
DERMATOLOGIA
Prurito
Quando preoccuparsi e come risolverlo
∞ A CURA DI PAOLO SENA
Il prurito è definito come una sensazione spiacevole che evoca il desiderio di grattarsi. Si tratta di un sintomo assai diffuso, che a seconda delle statistiche colpisce dall’8 al 40% della popolazione. Può essere la spia di molte malattie della pelle, ma non solo. Spesso ha cause banali, altre volte, soprattutto quando diventa cronico (ovvero se la durata supera le 6 settimane), può essere il segnale di
Il prurito, oltre a essere una manifestazione tipica di problemi alla pelle spesso banali, può talvolta essere spia di malattie più serie”
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malattie più serie. Individuarne la causa è il primo passo per mettere a punto una strategia terapeutica efficace ed eliminare i fastidi.
NON TUTTI I PRURITI HANNO LA STESSA ORIGINE Comunemente si distinguono quattro possibili cause. > Prurito dermatologico: è un sintomo generato da una malattia cutanea. Si concentra nelle aree in
DOTT. PAOLO SENA Specialista in Dermatologia U.O. Dermatologia ASST Papa Giovanni XXIII Bergamo
cui essa è presente e si allevia o scompare con il trattamento della stessa. > Prurito sistemico: la sensazione cutanea non origina da una malattia della pelle, ma da malattie renali, epatiche, endocrine, metaboliche, neoplastiche. Anche l’assunzione di alcuni farmaci può far insorgere prurito, pur senza una vera reazione allergica. Il prurito può presentarsi anche in gravidanza, associato o
meno a malattie specifiche: quasi il 40% delle gravide ne soffre, soprattutto nel terzo trimestre. > Prurito neuropatico: meno frequente, insorge a causa di un danno, di una degenerazione o di una disfunzione acquisita delle fibre nervose deputate alla conduzione dello stimolo che il sistema nervoso centrale interpreta come prurito. È il sintomo cardine di malattie poco comuni quali la notalgia o meralgia parestesica o il prurito brachioradiale, ma può anche manifestarsi come conseguenza di un danno neurologico indotto da malattie più diffuse come l’herpes zoster, la sclerosi multipla e gli ictus cerebrali. In tali casi la cute mostra solo segni secondari al grattamento cronico (ispessimento, iperpigmentazione, escoriazioni) il cui riconoscimento, insieme alla particolare localizzazione del sintomo e al suo essere accompagnato spesso da parestesie (sensazione di bruciore, puntura, caldo/freddo), può permettere la diagnosi senza dover procedere ad altre indagini diagnostiche. > Prurito psicogeno: insorge nel contesto di un disturbo psichiatrico, più spesso di tipo depressivo o ossessivo-compulsivo. Si tratta di una diagnosi di esclusione, alla quale si arriva dopo aver preso in considerazione altre possibili cause di prurito. Si accompagna spesso a escoriazioni anche importanti e/o a segni di auto-danneggiamento della cute. Nella valutazione di questo tipo di prurito va tenuto in considerazione il fatto che alcuni farmaci utilizzati in ambito psichiatrico possono essi stessi indurre prurito.
QUANDO È SINTOMO DI MALATTIE DERMATOLOGICHE… Tra le malattie dermatologiche che possono avere come sinto-
mo il prurito, la più comune è la dermatite atopica, che può iniziare in età infantile ed è quasi invariabilmente accompagnata da prurito. Possono evocare prurito anche la dermatite da contatto, l’orticaria, la psoriasi (soprattutto quando localizzata in certe aree come le pieghe), malattie di origine parassitaria come la scabbia (classico in questo caso il prurito notturno) e malattie meno comuni come il pemfigoide bolloso, la dermatite erpetiforme e il lichen planus. La diagnosi viene effettuata dal dermatologo sulla base soprattutto dei dati clinici, eventualmente con l’ausilio di una biopsia cutanea.
… E QUANDO È LA SPIA DI UN PROBLEMA PIÙ “AMPIO” Il prurito di origine sistemica è spesso generalizzato, più acuto nelle ore serali/notturne, e resistente a provvedimenti terapeutici generici o specifici. Il ruolo del dermatologo in questo caso è quello di diagnosticare un’eventuale dermatite che causi il sintomo oppure di richiedere accertamenti di laboratorio e/o strumentali e la consulenza di altri specialisti per una corretta individuazione dell’origine del prurito. L’associazione con altri sintomi e segni (astenia, perdita di peso, sudorazione notturna) può indirizzare la diagnosi. Questo tipo di prurito è quindi una “spia” importante che se adeguatamente considerata può portare alla diagnosi precoce di malattie anche severe. Nel caso del prurito sistemico, infatti, le malattie più frequenti sono quelle renali (insufficienza renale cronica), epatiche (soprattutto se associate a colestasi, cioè a un rallentamento dell’eliminazione della bile), endocrine (ipertiroidismo), metaboliche (diabete), neoplastiche (malattie linfo- o mielo-proliferative).
Settembre/Ottobre 2018 | Bergamo Salute | 9
SPECIALITÀ A-Z
DERMATOLOGIA
NON SOLO ANTISTAMINICI: LA TERAPIA PER ALLEVIARE IL FASTIDIO Il cardine della terapia del prurito sono da decenni gli antistaminici, farmaci che bloccano il recettore H1 per l’istamina (sostanza che il corpo produce proprio in risposta alla presenza di un allergene). Negli ultimi anni il loro ruolo è stato progressivamente ridimensionato. L’istamina, storicamente considerata la “molecola del prurito”, è infatti solo una delle molte sostanze coinvolte nella complicata genesi del prurito: serotonina, proteasi, citochine, interleuchine, bradichinina, sostanza P, peptidi oppiodi ne sono alcuni esempi. Inoltre un complesso sistema di regolazione e di trasmissione dello stimolo attraverso fibre e recettori nervosi di diverso tipo interviene nell’elaborazione del sintomo prurito da parte del sistema nervoso centrale. Gli antistaminici di prima generazione, per la loro forte capacità di indurre sonnolenza, trovano oggi indicazione soprattutto nei pruriti notturni. Quelli di nuova generazione, meno sedativi, sono utilizzati nel prurito da orticaria, eczema, punture d’insetto, mastocitosi, reazioni da farmaco. Corticosteroidi e immunosoppressori (azatioprina, ciclosporina, micofenolato mofetile) possono essere utilizzati nella terapia delle dermatiti, agendo anche sul prurito che le accompagna. L’acido ursodesossicolico può essere efficace nel trattamento del prurito da colestasi della gravidanza. Varie sperimentazioni hanno ricercato nuove terapie sistemiche. Antiepilettici come gabapentin e pregabalin sono stati utilizzati con discreti risultati nei pruriti uremici (cioè da insufficienza renale) e di origine neuropatica. Antidepressivi quali mirtazapina e paroxetina possono
essere utili nel trattamento del prurito notturno, da colestasi, uremico o paraneoplastico. Antagonisti dei recettori degli oppioidi (naloxone, naltrexone) possono alleviare il prurito nella colestasi (ovvero malattia del fegato con compromissione del flusso della bile), nell’uremia e nelle malattie dermatologiche. Come terapia locale, nei pruriti indotti da malattie cutanee possono essere utilizzati corticosteroidi o inibitori della calcineurina, che riducendo l’infiammazione della pelle agiscono secondariamente anche sul sintomo. La fototerapia con ultravioletti B e/o A, associati o meno all’assunzione di psoraleni (PUVA-terapia), si rivela utile soprattutto nel caso delle malattie dermatologiche (eczema, psoriasi, linfomi cutanei) ma anche di altra origine (insufficienza renale). La capsaicina, derivata dalle piante del genere Capsicum, si è dimostrata utile sperimentalmente nel contenere i pruriti neurologici (notalgia parestesica, prurito brachioradiale, prurito dopo zoster): attualmente in Italia esistono cerotti che la contengono all’8%, che hanno indicazione come antidolorifici. Il mentolo a concentrazioni inferiori al 5% può causare una momentanea e localizzata riduzione della temperatura cutanea, in questo modo diminuendo il prurito; a concentrazioni maggiori diventa irritante. Gli anestetici locali (lidocaina, prilocaina) in crema possono rivelarsi utili nei pruriti localizzati di varia origine (neuropatici, post-ustione, uremici). Altre sostanze (tossina botulinica, cannabinoidi) sono state segnalate come potenzialmente efficaci nel controllo del prurito in studi sperimentali. Gli antistaminici topici sono generalmente sconsigliati per l’elevata capacità di indurre reazioni allergiche locali.
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Dai rimedi della nonna alle precauzioni quotidiane Quasi tutti i tipi di prurito possono essere alleviati da alcuni rimedi non farmacologici. L’idratazione frequente contribuisce a riparare la barriera cutanea e a ridurre la xerosi (secchezza), che può essa stessa causare o esacerbare il sintomo. Le detersioni troppo frequenti e l’utilizzo di detergenti aggressivi possono favorire la secchezza e vanno quindi evitati, preferendo detergenti con pochi tensioattivi (poco schiumogeni). Bagni con amido possono prevenire la secchezza cutanea, ma non devono essere troppo frequenti né prolungati. I recettori del prurito sono sensibili alla temperatura e chi ne soffre dovrebbe evitare di coprirsi troppo o fare bagni o docce eccessivamente caldi o prolungati. Alcune fibre come la lana sono irritanti e il loro contatto diretto con la cute va quindi possibilmente evitato. Una fasciatura leggera delle aree più pruriginose può aiutare a prevenire i danni indotti dal grattamento (talora anche inconsapevole); tenere le unghie molto corte può evitare la formazione di escoriazioni. Nei casi di pruriti particolarmente prolungati anche una terapia comportamentale può essere utile, poiché può insegnare a interrompere il circolo vizioso prurito-grattamento attraverso esercizi di “distrazione” dal sintomo e di interruzione dell’abitudine.
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SPECIALITÀ A-Z
OTORINOLARINGOIATRIA
Sinusite così la riconosci e la curi ∞ A CURA DI ALEXANDRA TOMMASI
Si manifesta con un senso di pesantezza, in particolare intorno agli occhi e alla radice del naso, oltre che con congestione e gocciolamento nasale. In alcuni casi viene confusa con il comune raffreddore, con la conseguenza che, non curata correttamente, diventa ricorrente o cronica. È la sinusite, problema diffuso che secondo le stime riguarda circa l’otto per cento della popolazione. Impariamo a riconoscerla e ad affrontarla nel modo giusto.
UN’INFIAMMAZIONE DELLA MUCOSA DI NASO E SENI PARANASALI La sinusite è un’infiammazione della mucosa che riveste il naso e i seni paranasali, le cavità piene d’aria che si trovano nella fronte e ai lati del naso, dietro le guance e in mezzo al cranio, con la funzione di riscaldare e di umidificare l’aria che respiriamo. La sinusite può essere classificata come “acuta” quando i sintomi si risolvono entro le 12 settimane; “cronica” quando la durata dei sintomi supera le 12 settimane; “ricorrente” quando si hanno più di tre o quattro episodi l’anno.
I SINTOMI: DAL DOLORE FACCIALE ALLA TOSSE
DOTT.SSA ALEXANDRA TOMMASI Specialista in Otorinolaringoiatria Humanitas Castelli Bergamo
La sintomatologia è caratterizzata da congestione nasale e rinorrea (gocciolamento nasale) di tipo purulento o non. Altri sintomi possono essere: dolore facciale tipicamente localizzato intorno all’occhio, al sopracciglio, allo zigomo; dolore a livello della mascella o dell’arcata dentaria superiore, ovvero alla radice del naso. In alcuni casi il dolore è accompagnato
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da gonfiore dei tessuti interessati, senso di pressione che può dare la sensazione di spostarsi con i movimenti del capo, riduzione o perdita dell’olfatto e del gusto, cefalea, sensazione di scolo retronasale. Alcuni di questi sintomi sono più tipici della forma acuta, altri della forma cronica. Sintomi meno frequenti, ma non meno fastidiosi, sono febbricola, tosse (presente soprattutto in età pediatrica), ovattamento auricolare, alitosi.
LE CAUSE? MOLTE E DIVERSE Le cause scatenanti possono essere molteplici: > infettive, legate a infezioni di ogni tipo (batteriche, virali, micotiche); > allergologiche, in aumento negli ultimi anni, legate ai cambi climatici e all’inquinamento; > odontogene, ovvero legate ai denti, per patologie o trattamenti odontoiatrici all’arcata dentaria superiore; > traumatiche, che hanno causato frattura delle ossa del massiccio facciale o del setto nasale; > jatrogene, cioè conseguenti a trattamenti medici, ad esempio in esiti
di interventi chirurgici oncologici; > malformative, dalla nascita; > immunitarie, legate a difetti del sistema immunitario come l’immunodepressione.
PER LA DIAGNOSI, IN GENERE, BASTA UNA VISITA ACCURATA La diagnosi viene effettuata dall’otorino attraverso la valutazione anamnestica (cioè la raccolta della storia clinica raccontata dal paziente) e attraverso la visita clinica. La visita, semplice e indolore, consiste nell’osservazione del naso e del cavo orale, anche avvalendosi dell’utilizzo dell’endoscopio, una mini telecamera che permette di addentrarsi nelle cavità nasali senza procurare dolore al paziente, e di osservare alcune delle “porticine”, osti, che mettono in comunicazione il naso con i seni paranasali e le zone più nascoste del naso. In casi particolari si ricorre alla TC del massiccio facciale senza mezzo di contrasto, ancora una volta un esame rapido e indolore, particolarmente utile in vista di un intervento chirurgico.
ATTENZIONE AD AMBIENTI TROPPO SECCHI E FREDDI La prevenzione si basa prima di tutto sulla corretta igiene ambientale, in particolare evitando di trascorrere lunghi periodi in ambienti sia molto secchi e affollati sia fumosi e con temperature troppo
rigide. Inoltre sarebbe opportuno evitare voli aerei, escursioni in alta montagna e immersioni quando si è particolarmente raffreddati perché il rischio, esponendosi a traumi pressori (dovuti a sbalzi di pressione), aumenta in modo significativo.
delle cavità e al normale drenaggio delle secrezioni nasali, così da evitare il rischio di ristagno, condizione che può favorire lo sviluppo e la sovrapposizione di un’infezione batterica.
COME SI CURA Quando si sospetta una sinusite bisogna intervenire tempestivamente, perché le complicanze delle forme trascurate o non riconosciute possono essere molto insidiose. La sinusite acuta va trattata con terapia antibiotica per bocca, quando si sospetti la forma batterica, e corticosteroidea topica (per via nasale), talvolta anche orale. Nella forma cronica, con corticosteroidi topici a cicli e quando sussiste un’allergopatia, l’associazione dell’antistaminico riduce il rischio di ricadute. I lavaggi nasali con soluzione salina fatti con costanza rappresentano un rimedio estremamente utile, poiché allontanano e riducono la quantità di batteri e di allergeni presenti nel naso, riducendo conseguentemente l’aggressività patogena e la reattività della mucosa interessata. Quando le terapie mediche falliscono, o danno un risultato parziale, la terapia chirurgica è un’alternativa necessaria. L’intervento permette di modificare l’anatomia interna del naso e dei seni paranasali rimuovendo gli ostacoli alla normale ventilazione
NON È LA STESSA COSA DEL RAFFREDDORE Il raffreddore dovuto alla presenza di virus, per lo più del genere dei Rhinovirus, dà tendenzialmente sintomi solo a livello del naso. La sinusite, invece, oltre che con la congestione nasale può manifestarsi anche con mal di testa, tosse e una sensazione di dolore che si allarga a tutto il volto. Altre differenze riguardano l’entità e la durata dei sintomi. La sinusite è una condizione cronica che può durare anche tutto l’anno a differenza del raffreddore che va via nel giro di una settimana. È inoltre più dolorosa e pregiudica maggiormente la qualità di vita, dando problemi anche alla vista e limitando la capacità di percepire gli odori.
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SPECIALITÀ A-Z
UROLOGIA
Calcoli renali Ora si “polverizzano” con il laser ∞ A CURA DI RICCARDO GALLI
Sono sempre di più gli italiani che soffrono di calcoli renali. Secondo le statistiche ogni anno si registrano 100mila nuovi casi. Colpa, nella maggior parte dei casi, di dieta scorretta e della sedentarietà, primi fattori di rischio per la formazione di questi “sassolini” nelle vie urinarie (rene, uretere, vescica). La buona notizia, però, è che oggi abbiamo a disposizione diverse armi per combatterli, non solo mediche ma anche di chirurgia mini-invasiva, come i laser di ultima generazione.
TERAPIE DIVERSE A SECONDA DEL TIPO DI CRISTALLI I calcoli sono formati da cristalli contenuti nelle urine che precipitano e si aggregano. I cristalli che costituiscono i calcoli sono principalmente cinque: in oltre l‘80% dei casi si tratta di ossalato di calcio, meno frequentemente sono costituiti da fosfato di calcio, acido urico, struvite e cistina. La composizione è importante perché la terapia medica di prevenzione per evitare le recidive o il tipo di
approccio chirurgico possono variare in base alle caratteristiche del calcolo. La formazione dei calcoli renali è complessa e multifattoriale. Può esserci una predisposizione genetica, cioè familiarità per calcolosi renale, tuttavia la dieta e i processi metabolici giocano un ruolo importantissimo.
LA CHIRURGIA: BASTA TAGLI, MEGLIO LE TECNICHE MINI-INVASIVE La chirurgia a cielo aperto per la calcolosi è stata praticamente abbandonata, non si “taglia” più, grazie all’avvento di tecniche mini-invasive. Per i calcoli dell’uretere e del rene si eseguono l’ureteroscopia semirigida o flessibile, che passando attraverso le vie naturali (uretra e vescica), con strumenti digitali e a fibre ottiche molto sottili, permettono di raggiungere i calcoli e polverizzarli mediante energia laser Holmium. La degenza è solitamente di una notte post operatoria e il dolore minimo. Per calcoli renali più grossi o multifocali utilizziamo invece la tecnica
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IL NOSTRO IMPIANTO IDRAULICO La via escretrice urinaria è paragonabile a un impianto idraulico: il rene produce urina, come se fosse un rubinetto, mentre l’uretere è il canale attraverso cui l’urina scorre per essere raccolta nella vescica ed eliminata.
Se si trasforma in colica
percutanea, con la quale si accede al rene attraverso un foro praticato sul fianco, a livello lombare, del diametro di un mignolo. Questa tecnica, denominata Mini-PCNL, permette di trattare calcoli complessi in maniera mini-invasiva. La degenza è di due notti post procedura. Per calcoli con particolari caratteristiche di sede (renali e ureterali), dimensione e durezza, può risultare efficace anche la litotrissia extracorporea, trattamento non invasivo della calcolosi nel quale onde d’urto focalizzate sul calcolo rompono il calcolo, facilitandone l’eliminazione.
DOTT. RICCARDO GALLI Specialista in Urologia U.O. di Urologia Policlinico San Pietro Ponte San Pietro
La presenza di calcoli, in genere, di per sé non causa sintomi particolari. Il problema nasce quando, spostandosi, vanno a ostruire le vie urinarie. Questa ostruzione a livello della via escretrice ostacola il normale deflusso dell’urina e ne aumenta la pressione distendendo le fibre nervose. Da qui la colica renale, con un’incidenza altissima del 15% circa (è uno dei motivi principali di accesso al pronto soccorso). Esordisce con un dolore acuto al fianco interessato inoltre, in un caso su due è associata a nausea e vomito. Il dolore ha andamento colico, cioè aumenta e diminuisce in modo ciclico e correlato agli spasmi dell’uretere che cerca di far progredire il calcolo. In base alla sede dell’ostruzione il dolore si può irradiare anteriormente e spingersi sino ai genitali del lato interessato, oltre a dare sintomi di tipo irritativo urinario (bruciore o frequenza aumentata). A differenza di altri dolori addominali, con la colica renale non si trova giovamento in nessuna posizione. Contrariamente a quanto molti pensano, bere non aiuta, anzi. Se si beve durante una colica il calcolo potrebbe essere spinto a valle, ma c’è il rischio di rottura della via urinaria e dell’aggravarsi della sintomatologia. È consigliabile quindi bere a piccoli sorsi, solo quando non si ha dolore, mettere una borsa dell’acqua calda sul fianco e assumere un anti-infiammatorio non steroideo, per bocca o tramite iniezione intra-muscolo. Se il dolore non passa o fosse associato a febbre è necessario rivolgersi al medico.
PERSONAGGIO
RAFFAELLA RAVASIO
Vi racconto la “mia” BergamoScienza Intervista al nuovo presidente, tra gli ideatori 16 anni fa della fortunata manifestazione ∞ A CURA DI LELLA FONSECA
La XVI edizione di BergamoScienza si presenta con un management tutto al femminile, grazie all’ingresso nel Consiglio direttivo di Patrizia Graziani e Lucia Fumagalli, l’elezione del nuovo segretario generale dell’Associazione Susanna Pesenti, ma soprattutto per l’insediamento del nuovo presidente Raffaella Ravasio, socia fondatrice eletta all’unanimità che per la prima volta occuperà, per due anni, questo ruolo. L’abbiamo incontrata per sapere come, una ventina di anni fa, è iniziata quest’avventura. «Tutto è iniziato alla fine degli anni ‘90 con Sinapsi, un circolo di amici accomunati dall’amore per la scienza e la filosofia che si incontravano e passavano intere serate a parlare dei temi che li affascinavano sotto la guida del professor Enzo Quarenghi, allora docente di filosofia al Liceo Lussana» racconta Raffella. «Eravamo in sette e ci incontravamo nelle nostre case, ma dopo un certo tempo è nato spontaneo il desiderio di
estendere ad altri, fuori da questo piccolo gruppo, la ricchezza dei temi di cui discutevamo. E così per tre anni consecutivi abbiamo organizzato delle lezioni pubbliche aperte a tutti, dalle quali è poi germogliata la prima edizione di BergamoScienza, molto lontana da quello che riusciamo a fare oggi, ma con una madrina d’eccezione: Rita Levi Montalcini». Raffaella Ravasio, classe 1957, diplomata al liceo scientifico, a 19 anni si trova divisa tra il desiderio d’intraprendere studi scientifici, in particolare la facoltà di medicina, e quello di misurarsi subito con un’attività concreta. Il suo senso pratico la porta a scegliere la seconda via, entrando giovanissima nell’azienda di famiglia, la Polaris di Pontida. Sposata con due figli, ha sempre conciliato gli impegni familiari con l’attività imprenditoriale e la sua passione: la scienza. La scienza per lei è ovunque, si interseca con tutte le attività umane e proprio per questo «oggi più che mai è necessario interrogarsi
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sul senso del limite» sostiene. «La specializzazione nelle diverse branche diventa ogni giorno più accentuata e questo rischia di far perdere la visone globale. A volte ci si aspetta troppo dalla scienza, che da sola non può dare tutte le risposte. Per questo BergamoScienza è fatta anche di filosofia, di storia e di arte, sotto la guida di Alessandro Bettonagli, apprezzatissimo direttore artistico». «Non è stato sempre facile» confessa. «Le soddisfazioni in questi anni però sono state tante e certamente mi hanno ripagato degli sforzi fatti». Al suo fianco c’è sempre stato il marito Umberto Corrado, che ha ricoperto a lungo il ruolo di segretario dell’associazione. «Probabilmente il fatto che BergamoScienza fosse un interesse comune ha reso possibile il nostro impegno in questo progetto, altrimenti avremmo dovuto sacrificare troppo la vita familiare». L’idea di BergamoScienza è esplosa in auto al ritorno dal Festival della letteratura di Mantova, una
festa che coinvolgeva tutta la città. «Siamo stati contagiati dal clima di quell’evento» ricorda la presidente. «Così è nata la volontà di creare nella nostra città qualcosa che potesse avvicinare chiunque, in modo totalmente gratuito, ai temi che ci affascinavano, ma non in modo accademico come spesso accade. Determinante è stata l’amicizia con Gianvito Martino, neurologo del San Raffaele di Milano, tuttora presidente del comitato scientifico della manifestazione. Non è semplice scegliere e portare a Bergamo grandi scienziati che sappiano anche comunicare efficacemente e in modo semplice. Di edizione in edizione però si è creato un “passaparola” che ha aiutato ad avvicinare nomi importanti che all’inizio potevano sembrare inaccessibili. Chi interviene rimane spesso colpito dallo spirito vivace che si respira nelle lezioni e anche dalla bellezza della nostra città».
50° si vuole rimarcare il suo apporto alla manifestazione» sottolinea la presidente. Ma com’è possibile offrire gratuitamente ai cittadini la miriade di laboratori, interventi di altissimo livello scientifico, allestimenti, spettacoli che oggi compongono Bergamo Scienza? «L’anima di questa grande macchina organizzativa sono i volontari, a tutti i livelli. A partire dagli studenti, dai professori che operano al di fuori dell’orario scolastico, ai genitori, ai membri dei vari comitati e del consiglio direttivo, ma questo non basta, senza le istituzioni non ce la faremmo. Il loro contributo è indispensabile e
riusciamo a riceverlo perché siamo fortemente radicati sul territorio». Quale direzione prenderà Bergamo Scienza nel biennio della sua presidenza? «Certamente il consolidamento delle ultime azioni intraprese: dalla presenza continua durante tutto l’anno con lo“Science center” presso l’Urban Center alla diffusione territoriale che ci ha portato a rivolgerci anche a scuole di Brescia, Cremona e Mantova. Nella provincia di Bergamo vogliamo allargare la presenza dal capoluogo ad altri comuni. Una grande sfida è l’internazionalizzazione, che è affidata a Mario Salvi e Rosella Colleoni».
«In quegli anni i miei figli avevano 10 e 14 anni e ci siamo resi conto che la città non offriva grandi stimoli culturali ai Ragazzi. Da questa riflessione deriva una delle peculiarità della rassegna: l’accento sui laboratori e sulla partecipazione degli studenti, dalla scuola materna all’università». Nello sviluppo delle attività rivolte alle scuole è stato determinante il contributo del professor Sergio Pizzigalli, professore di fisica in pensione del liceo Lussana e della dottoressa Patrizia Graziani, dirigente dell’Ufficio Scolastico Territoriale di Bergamo. «Anche l’Università è stata una componente importante, è socio fondatore e quest’anno nel Settembre/Ottobre 2018 | Bergamo Salute | 17
FOCUS
BERGAMOSCIENZA
L’edizione 2018 in sintesi ∞ A CURA DI LUCIO BUONANNO
Tra i tanti obiettivi di questa XVI edizione di BergamoScienza c’è quello di superare le 153.141 presenze, dell’anno scorso, ma soprattutto consentire ai giovani di dare uno sguardo al futuro. Per sedici giorni e con oltre 160 incontri scienziati, docenti universitari, ricercatori e scrittori divulgheranno ogni tipo di scienza dal cervello allo spazio, dalla letteratura alla medicina e via dicendo. Ad aprire la manifestazione sabato 6 ottobre alle 17,30 “Le emozioni tra scienza, cervello e letteratura”, dialogo tra uno degli scrittori più famosi, l’inglese Ian McEvan e il neuropsichiatra Ray Dolan, docente all’Università College di Londra, specializzato in neurologia delle emozioni e di come esse influiscano sugli aspetti cognitivi. Come al solito gli argo-
menti sono trattati in modo semplice. E come ogni anno ci sarà un premio Nobel. Quest’anno è stato invitato per domenica 7 alle 17 Craig Cameron Mello, ricercatore di Harvard e Premio Nobel per la Medicina 2006 per aver scoperto il meccanismo RNA interference, capace di silenziare le informazioni contenute in alcuni geni permettendo così di identificarne il ruolo. Insomma c’è solo l’imbarazzo della scelta per assistere a uno dei tanti incontri, tutti gratuiti. Eccone alcuni.
1. ARTE E SCIENZA ALLA GAMEC Anche quest’anno la manifestazione in collaborazione con MERU Art* Science Research Program, prevede tre conferenze di approfondimento sul tema al centro
della mostra Black Hole. Arte e matericità tra Informe e Invisibile, in programma alla GAMeC dal 4 ottobre al 6 gennaio 2019.
2. SPETTACOLI E MUSICA CON NERI MARCORÈ Molti gli eventi in collaborazione con la rassegna Contaminazioni Contemporanee, che vedono grandi nomi della musica internazionale. Parole, musica e immagini saranno le protagoniste di “Racconto Cosmico. Spazio, materia e gravità nell’evoluzione dell’universo”, un viaggio tra scienza e spettacolo guidato da Neri Marcorè, con tre scienziati d’eccellenza, Fernando Ferroni, presidente dell’Istituto Nazionale Antonio Masiero, vicepresidente dell’INFN, e Viviana Fafone, ricercatrice della collabo-
Scienza per tutti... 4. SPAZIO E ASTRONOMIA
5. INTELLIGENZA ARTIFICIALE
Nell’incontro “Lo strano mondo dei buchi neri” insieme al direttore del Dipartimento di Fisica Teorica del CERN Gian Francesco Giudice, autore del libro Odissea nello Zeptospazio, si andrà alla scoperta dei corpi celesti più misteriosi: i buchi neri. Il loro studio apre nuove frontiere utili a comprendere le leggi fondamentali dell’universo. Si parlerà di spazio, ma anche di rifiuti spaziali. E lo spazio sarà anche il tema dell’incontro” Dagli asteroidi alla terra” con le o le ultime notizie sulla missione dalla viva voce dei tre scienziati italiani coinvolti direttamente nel progetto, John Brucato, Elisabetta Dotto e Maurizio Pajola, per meglio comprendere la natura degli asteroidi, della loro composizione e della loro storia.
È una delle questioni tecnologiche che nel millennio digitale pone le maggiori sfide, solleva le domande più controverse e sta rivoluzionando il modo in cui viviamo, lavoriamo e prendiamo decisioni, ed è ormai ampiamente accettato che nei prossimi decenni questa supererà l’efficienza e la produttività umana mettendo a rischio molti lavori e aprendone di nuovi, oggi sconosciuti. Ne parlerà Alfredo Canziani del New York University Courant Institute on Mathematical Sciences nell’incontro “Ridefinire insegnamento nell’era dell’Intelligenza Artificiale”. Ma cosa ci riserva il futuro? Proverà a rispondere a questa domanda, nell’incontro “Il futuro della robotica in medicina”, Alon Wolf, fondatore del Medrobotics Corporation e del Biorobotics and Biomechanics Lab al Technion I.I.T. (Israel Institute of Technology) dove sviluppa robot per scopi medico-chirurgici.
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Per gli orari e i luoghi, il programma completo si trova sul sito: www.bergamoscienza.it”
razione internazionale VIRGO, che ripercorreranno l’intera evoluzione dell’universo.
3. SCUOLE IN PIAZZA E LABORATORI Sessantaquattro scuole partecipano al festival ideando e realizzando 114 laboratori e veri e propri giochi scientifici, capaci di svelare il lato divertente e sorprendente della scienza e far scoprire il valore della collaborazione. E sabato 6 e domenica 7 sul Sentierone un assaggio dei molti laboratori interattivi con gli stand di 42 istituti scolastici ai quali si affiancano, per la prima volta, quelli di Guardia di Finanza, e Accademia, Polizia e Carabinieri, lo Stato Maggiore della Difesa.
6. SALUTE E MEDICINA “Bambini geneticamente modificati” sarà un viaggio nel futuro della medicina e delle terapie avanzate insieme a due scienziati italiani, pionieri nel campo della medicina rigenerativa Michele De Luca del Centro di Medicina Rigenerativa Ferrari dell’Università di Modena e Reggio Emilia e Luigi Naldini, Direttore del San Raffaele Telethon Institute for Gene Therapy (TIGET) all’IRCCS Ospedale San Raffaele. 0. Matthew W. Johnson, della Johns Hopkins University School of Medicine, esperto di sostanze psichedeliche, illustrerà invece i risultati delle ultime ricerche che hanno dimostrato la capacità di queste sostanze d’incidere in modo significativo sulla dipendenza da tabacco e da altre sostanze e di ridurre lo stato d’ansia e depressione legati ad esempio a una diagnosi di cancro. Nell’incontro “ Il segreto della vita. I misteri della duplcazione cellulare” il biochimico Kim Ashley Nasmyth,
dell’Università di Oxford, illustrerà la sua scoperta del meccanismo di segregazione cromosomica durante la mitosi e delle profonde implicazioni per la nostra comprensione della vita stessa e di molte patologie, come alcune forme di cancro o malattie genetiche.
7. LA SCIENZA IN CUCINA La scienza dialoga anche con la cucina e il chimico e divulgatore scientifico Dario Bressanini ne parlerà nell’incontro “La Scienza della carne” mentre Alberto Guidorzi, Luigi Mariani e Francesco Salamini discuteranno di verità e bugie del mondo della produzione “biologica” nell’incontro “Il mondo BIO, tra menzogne e verità”.
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IN SALUTE
STILI DI VITA
Trasforma i
buoni propositi in realtà… in 5 mosse ∞ A CURA DI GIULIA SAMMARCO
«Il rientro dalle vacanze per qualcuno può essere anche molto faticoso: riprendere i ritmi abituali, incastrare gli impegni lavorativi con quelli familiari, rivedere il calendario in vista dell’autunno richiede una certa dose di energia e volontà non sempre immediatamente disponibili. Ma può anche essere uno stimolo per rispolverare quel ricorrente proposito di dedicare del tempo ad hobby, passioni e attività per il proprio benessere. Sappiamo però, che, nonostante le buone intenzioni, non è sempre così facile riuscire a far funzionare tutto come vorremmo: le vecchie abitudini e le inevitabili urgenze rischiano spesso di far rimandare i proponimenti a un possibile domani che diventa interminabile». Chi parla è Rossella Capetti, counselor. Ci siamo rivolti a lei per avere qualche consiglio per mantenere le buone intenzioni che ci animano all’inizio di un nuovo anno lavorativo o di studio e che spesso però naufragano, nella mi-
gliore delle ipotesi, dopo qualche settimana. Non questa volta però! Qual è la prima regola per non ricadere nella trappola delle solite abitudini e dei soliti vizi? Per resistere alla tentazione di cedere alla routine quotidiana e demoralizzarsi è bene innanzitutto allontanare i sensi di colpa e prendere consapevolezza del fatto che perseverare nei propri schemi mentali è del tutto normale, non è solo pigrizia o difficoltà a gestire i cambiamenti, ma una semplice e naturale attitudine umana. Ugualmente, però, se lo si vuole, è possibile mettere in atto altre capacità e trovare il modo di riorganizzarsi, includendo soluzioni che rendano la vita più soddisfacente. Ogni nostro comportamento, modo di fare, atteggiamento, infatti, non è nient’altro che una serie di esercizi ripetuti nel tempo, come un programma di allenamento, che può essere modificata.
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Ma quindi ci si può “allenare” al cambiamento e a far sì che i buoni propositi diventino buone abitudini in grado di durare per tutto l’anno e oltre? Assolutamente sì. Per farlo, è utile seguire cinque passi.
1. PORSI UN OBIETTIVO Dopo la pausa estiva e prima di ricominciare, è bene prendersi un attimo di tempo per stare con se stessi in silenzio e ascoltarsi, per prestare attenzione alle cose che solitamente ci sfuggono e riconoscere ciò di cui abbiamo davvero bisogno. Solo in questo modo possono emergere i desideri, le idee, i progetti per il prossimo futuro che più ci appartengono e che vorremmo realizzare: imparare a ballare, approfondire un nuovo interesse, dipingere, fare esercizio fisico etc.. Cercate di immaginare nel dettaglio cosa volete ottenere e quale risultato volete raggiungere. Nel farlo potrebbero emergere pensieri e frustrazioni riguardo a
esperienze passate: è tempo di lasciarle andare per darsi una nuova possibilità.
2. VERIFICARE LA MOTIVAZIONE Una volta individuato l’obiettivo è fondamentale chiedersi perché si vuole raggiungere quel risultato e come ci si vorrebbe sentire una volta ottenuto. Attenzione! la motivazione deve partire da dentro, deve essere una spinta personale, intima. Se si inseguono mode, consigli o suggerimenti altrui di cui non si è completamente convinti, potrebbe essere molto più faticoso mantenere la concentrazione e la volontà e non è detto nemmeno arrivi la soddisfazione immaginata. Quando si sceglie qualcosa per sé deve essere qualcosa che appassiona, un’attività stimolante, che dà gioia, tanto da non accorgersi delle ore che passano. Se non ci sono questi presupposti, bisogna rimettere a fuoco l’obiettivo.
3. FARE UN PIANO È il momento di pensare a quali azioni, esercizi, modalità sono necessarie per raggiungere l’obiettivo, prendere l’agenda e fare un programma, scegliere i giorni, i tempi e gli spazi. Quando preparate il vostro piano e lo metterete in atto ricordate che il “multitasking” non è così efficace come ci hanno fatto credere. È molto più utile fare una
cosa per volta, cercando di tenere lontano le distrazioni: essere esposti a un flusso continuo di informazioni e di possibili richieste alimenta il bisogno di controllo e l’ansia, fare con calma e con poche cose attorno aiuta, invece, ad avere meno intoppi.
4. GESTIRE IL CARICO Una delle cose più importanti da tenere in considerazione è che l’“allenamento” (la nuova abitudine) deve essere graduale, fatto di piccoli passi alla volta, ed è quindi essenziale partire con azioni semplici per poi aumentare frequenza ed intensità in base alla condizione e alle abilità raggiunte. Sia che vogliate riprendere a leggere, sia che abbiate deciso di iniziare a correre, ricordate di andare per gradi e non esagerare; ogni tanto fate delle pause e, se necessario, resettate tutto per poi ricominciare da capo. Non preoccupatevi solo del traguardo finale, ma prestate attenzione a ogni passo e godete di ogni vostro piccolo o grande risultato.
tivo e, soprattutto, sul perché lo state facendo e pensate a come vi siete sentiti tutte le volte che avete raggiunto un traguardo, sentitevi orgogliosi per ciò che avete ottenuto. Siate gentili con voi stessi e non soffermatevi sugli errori o le incertezze, ma sistemate e adattate il vostro programma perché sia più in linea con le energie e le capacità del momento. Spesso la stanchezza o la noia arrivano perché siamo mossi da motivazioni che non ci appartengono, perché abbiamo chiesto troppo e velocemente a noi stessi, e quindi dobbiamo diminuire il carico e progredire più lentamente, oppure perché l’attività non richiede sufficientemente impegno per stimolarci a dare di più.
5. ACCOGLIERE LA FATICA Spesso i buoni propositi vanno incontro a momenti di fatica o sconforto, quindi è bene rifletterci sin da ora: “cosa farete se doveste ritrovarvi in difficoltà, saltare un giorno, non farcela?”. Niente panico: concentratevi sull’obiet-
ROSSELLA CAPETTI Life Coach e Operatrice Olistica Di Energia in Armonia
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IN SALUTE
ALIMENTAZIONE
Con la crono-dieta mangi al momento giusto e non ingrassi ∞ A CURA DI ELENA BUONANNO
Fate sempre attenzione alle calorie, a quanti grammi di ciascun alimento mangiate, a ridurre al minimo zuccheri e dolci. Eppure non riuscite a dimagrire come vorreste. Forse sbagliate il momento. Proprio così. Calorie, grammi etc., infatti, contano ma non sono gli unici elementi da tenere in considerazione quando si è a dieta. Anche l’ora in cui si mangia può risultare decisiva: durante le varie fasi della giornata si assimila e si smaltisce in modo diverso il cibo. Da qui l’idea della cosiddetta crono-dieta (o crono-nutrizione). «Si tratta di un nuovo approccio alla nutrizione che prende in esame sì l’alimento consumato, le sue caratteristiche chimico-fisiche e le sue caratteristiche organolettiche, ma anche e soprattutto il suo impatto sotto il profilo del bioritmo cioè di quando viene assunto» osserva il dottor Paolo Paganelli, biologo nutrizionista. Su quali principi si basa questo tipo di dieta? Prende spunto dalla cronobiologia, ovvero la scienza che studia i
ritmi biologici. La natura, infatti, ci ha fornito di un orologio biologico che rispetta non solo il ritmo delle stagioni ma anche quello giornaliero. Gli orologi interni sono l’equipaggiamento base di tutti gli esseri viventi, sia di piante sia di animali. In particolare, questa
QUESTIONE (ANCHE) DI METABOLISMO Il metabolismo consiste nell’insieme di tutte queste reazioni chimico fisiche ed è suddiviso in anabolismo e catabolismo; a livello anabolico si verifica la sintesi delle grosse molecole utili alla vita mentre a livello catabolico assistiamo esattamente al contrario: da molecole grandi e complesse a molecole più piccole e semplici che possono essere assimilate e utilizzate dall’organismo.
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strategia alimentare si basa sulle variazioni cosiddette circadiane (ndr. il ritmo circadiano è il ciclo che si compie all’incirca ogni 24 ore, con cui si ripetono regolarmente alcuni processi fisiologici) e che, a loro volta, si basano sulle variazioni metaboliche e ormonali che si verificano durante la giornata. Ritmo biologico e metabolismo, quindi, sono strettamente legati fra di loro. Ma come funziona il nostro orologio biologico? Nella fase di costruzione che indicativamente va dalle tre del mattino alle 15 si assiste a una fase detta di crescita o catabolica, dalle 15 alle tre del mattino a una fase di assorbimento e di eliminazione o anabolica. Quali sono quindi le regole della crono-dieta? Nella crono-dieta, viene consigliato di assumere i carboidrati nella parte iniziale della giornata. Non si tratta quindi di limitarne solamente l’apporto ma anche di distribuire la loro assunzione durante le 24 ore, concentrandola al mattino e al
primo pomeriggio. Il pane e tutti gli altri cibi ad elevato contenuto di carboidrati andranno pertanto assunti al mattino poiché in questa fase della giornata l’azione liposintetica (di sintesi dei grassi) e anabolica dell’insulina (ormone prodotto dal pancreas che controlla i livelli di zucchero nel sangue) è contrastata dagli ormoni corticosteroidei (cortisolo). Non solo, le attività svolte durante il giorno consentono di metabolizzare gran parte dell’energia introdotta con gli alimenti nella prima parte della giornata. Nelle ore serali andrà incrementato invece il consumo di proteine: il profilo ormonale che si instaura nelle ore serali infatti favorirebbe l’utilizzo dei grassi a scopo energetico e la costruzione di massa muscolare durante la notte. La cronodieta in passato era a tutti gli effetti una dieta dissociata; oggi sono stati rivisti
alcuni aspetti di questa dieta e al piatto di carboidrati o di proteine viene sempre associato un consistente apporto di verdure in modo da controllare l’acidosi prodotta dal catabolismo delle proteine e dei carboidrati (ovvero l’insieme delle reazioni e dei processi metabolici con i quali l’organismo scinde le molecole organiche complesse in molecole più semplici, con conseguente liberazione di energia).
per essere coerenti con il nostro bioritmo, a pranzo carboidrati e alla sera proteine sempre accompagnati da un’abbondante porzione di verdura di stagione.
Ci può fare un esempio pratico di alimentazione giornaliera che si “abbini” correttamente al nostro bioritmo? Uno schema alimentare ideale potrebbe essere quello che prevede un’abbondante colazione al mattino, due spuntini leggeri (ad esempio un frutto, che aiuta a mantenere un buon equilibrio acido base) durante la giornata e,
DOTT. PAOLO PAGANELLI Biologo Nutrizionista A Bergamo
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ALIMENTAZIONE
Il fico Dolcezza di fine estate
DOTT. SSA DARIA FIORINI Dietista A Bergamo - Villaggio degli Sposi
∞ A CURA DI VIOLA COMPOSTELLA
Romani ed Etruschi lo veneravano poiché, secondo la leggenda, aveva nutrito Romolo e Remo. Nella Bibbia viene raccontato che Adamo ed Eva, per coprire le proprie nudità a causa della vergogna del peccato, usarono le sue foglie. Albero della conoscenza del Bene e del Male, il fico oggi mantiene una fama di tutto rispetto, grazie al suo sapore dolce e inebriante che lo rende inconfondibile, ma anche alle sue numerose proprietà benefiche per la salute. Scopriamole con l’aiuto della dottoressa Daria Fiorini, dietista.
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CONTRASTA LA STIPSI Ricco di fibre vegetali, lignina e mucillagini, il fico è considerato un lassativo naturale in caso di stipsi o problemi intestinali.
Il lattice contenuto nelle foglie e nel picciolo, viene usato per la cura di porri e verruche e, in passato, per cagliare il latte e creare formaggi artigianali”
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DÀ ENERGIA Il fico è ricco di zuccheri facilmente assimilabili (fino al 13% del suo peso) e fornisce diverse vitamine e sali minerali, specialmente potassio, magnesio e ferro. Questo
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mix lo rende una fonte di energia prontamente utilizzabile dal nostro organismo.
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AIUTA A SPEGNERE LE INFIAMMAZIONI Consumato fresco o utilizzato come impacco, il fico è alleato della pelle. Risulta infatti utile in caso di ascessi, acne, infiammazioni dell’apparato urinario e circolatorio.
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TIENE LA PRESSIONE SOTTO CONTROLLO Il buon contenuto di potassio, calcio, magnesio e fibre rende il frutto un alimento con proprietà utili al controllo della pressione sanguigna.
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È AMICO DEL CUORE Anche se zuccherino, i sali minerali in esso contenuti sono utili al controllo della glicemia. Secondo diversi studi, sono soprattutto le foglie, regolarmente consumate in alcune parti del mondo, ad esplicare questa funzione. Grazie alla presenza di omega 3, omega 6 e pectina (un tipo di fibra solubile), il fico risulta coadiuvante nella riduzione del colesterolo LDL, dei trigliceridi e del rischio cardio-vascolare.
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MANTIENE GIOVANI Ricco di polifenoli e flavonoidi, contribuisce a mantenere giovani le cellule del nostro corpo, contrastando l’azione dei radicali liberi. Secondo una ricerca svolta presso l’Università di Innsbruck in Austria, il fico raggiunge la maggior quantità di antiossidanti quando è completamente maturo.
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MIGLIORA LA DIGESTIONE Questa azione viene svolta dagli enzimi digestivi e dai prebiotici
Tabella nutrizionale per 100 g di parte edibile: . Energia 47 kcal . Proteine 0,9 g . Carboidrati a 11 g . Acqua 82 g . Fibra 2 g
contenuti nel fico, sostanze di cui si nutrono i batteri buoni che normalmente vivono nel nostro intestino. Quando la flora batterica è equilibrata ne beneficia non solo la digestione ma tutto il corpo.
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È ALLEATO DI OSSA E DENTI Il fico è ricco di calcio, ferro, potassio e vitamina A; per questo motivo risulta benefico e rinforzante nei confronti di ossa e denti.
IN GRAVIDANZA FA BENE AL FETO Il fico rappresenta un ottimo alimento durante la gravidanza, quando il fabbisogno di vitamine e sali minerali aumenta. In particolare, la presenza di calcio contribuisce a raggiungere il fabbisogno giornaliero utile al nascituro per sviluppare correttamente spina dorsale e ossa.
PER SAPERNE DI PÙ… > Proveniente dall’Asia, si
è poi diffuso nel bacino del Mediterraneo, dove cresce nelle zone più calde e secche. L’Italia è una grande produttrice di fichi e i frutti migliori provengono soprattutto da Puglia, Campania, Sicilia, Calabria e anche dalla Toscana. > I frutti (più propriamente detti siconi), maturano da metà giugno a settembre inoltrato, secondo la varietà e la fascia climatica. > Le varietà di fico sono oltre 700 e vengono distinte secondo diversi criteri: per il colore della buccia (bianca o nera), per la forma (tonda o allungata), per il periodo di maturazione, per il numero di fruttificazioni annue e per la destinazione della produzione (consumo fresco o essiccazione). > Il fico fresco è particolarmente delicato; nel frigorifero si conserva 3-5 giorni, ben riposto in un contenitore chiuso per evitare l’assorbimento di odori provenienti da altri cibi. I fichi secchi, invece, si conservano più a lungo, soprattutto se in luoghi non accessibili agli insetti che potrebbero essere attirati dalla presenza dello zucchero.
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IN ARMONIA
PSICOLOGIA
Sempre in ritardo? Ecco cosa fare ∞ A CURA DI ELENA BUONANNO
“Non è colpa mia”. “Non avevo visto l’ora”. “C’era traffico”. Chissà quante volte vi sarete sentiti
DOTT. SSA ENRICA DES DORIDES Psicologa e Psicoterapeuta A Bergamo, Seriate, Gorlago
dire frasi come queste dall’amico o amica, parente, collega perennemente in ritardo. E voi, tutte le volte, lì pronti ad arrabbiarvi. In realtà potrebbero anche non essere tutte scuse. Alcune persone infatti sarebbero in qualche modo “predisposte” al ritardo cronico. Perché? Quali possono essere le cause? E cosa fare invece per limitare il problema, soprattutto quando si ripercuote sui rapporti con gli altri? Ce lo spiega la dottoressa Enrica Des Dorides, psicologa e psicoterapeuta. È solo questione di disorganizzazione o ci sono cause psicologiche inconsce del ritardo cronico?
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Le cause potrebbero risalire all’infanzia ed essere del tutto inconsapevoli da parte della persona. All’origine del bisogno incoscio di far tardi potrebbe esserci un rapporto conflittuale con le figure autoritarie o iperprotettive verso le quali si provava un senso di ribellione. La reazione di chi sente soffocato dai vincoli imposti potrebbe portare a non rispettare le regole e quindi anche un orario prestabilito, ma potrebbe anche essere un modo per affermare il proprio potere decisionale. Il senso di oppressione sperimentato verso figure richiedenti, come ad esempio una madre controllante o un padre padrone, potrebbe essere trasposto nella persona di
un capo o del partner. Ciò spinge la persona a disobbedire perché non accetta di essere sottomesso. Quando questo atteggiamento si cronicizza la persona è in ritardo anche quando prende un treno o un aereo. Un’altra causa ipotetica del ritardo cronico potrebbe essere l’intenzione di mettere l’altro o gli altri alla prova. Verificando se la persona con la quale ha un appuntamento è disposta ad aspettare ottiene la conferma del suo interesse. Questi tipi di atteggia-
COSA DICE LA SCIENZA Esiste un’ipotesi scientifica legata al disturbo da ritardo cronico. Alcuni specialisti ritengono che ci sia un collegamento tra questo disturbo e la sindrome da deficit di attenzione che impedirebbe la corretta percezione del tempo in relazione ai gesti e le azioni da compiere. Questo porterebbe il ritardatario a non riuscire a organizzare gli impegni in modo ottimale.
Ma quando diventa un problema? Quando il ritardo diventa uno stile di vita che può compromettere la riuscita professionale e le relazioni sociali.
meglio e quindi rispettare maggiormente gli orari. Il tempo è il bene più prezioso che abbiamo. Non è saggio perderlo aspettando chi non è puntuale. È una questione di rispetto. È importante quindi partire da questo presupposto. Un primo consiglio potrebbe essere allenarsi a misurare il tempo necessario per fare le cose, mettendo già in conto qualche minuto in più, ad esempio nel caso di un tragitto in macchina, per eventuali imprevisti; utile poi è annotare in agenda gli appuntamenti come se fossero schedulati almeno mezz’ora prima del tempo previsto. Altro suggerimento è imparare a organizzare meglio gli impegni, identificando le priorità della giornata e dedicandosi prima alle cose più importanti e poi a quelle che contano meno.
È possibile diventare almeno un po’ più puntuali? Alcune persone non si pongono il problema di ritardare o far aspettare amici, coniugi o colleghi. Questo può essere la spia di un carattere egocentrico che porta a preoccuparsi poco delle esigenze altrui. Qualsiasi tipo di suggerimento sarebbe inutile se non richiesto. Se invece la persona ritiene che il ritardo sia qualcosa di invalidante nella propria vita si possono dare alcuni suggerimenti pratici che possono aiutare a organizzarsi
Come ci si deve comportare nei confronti dei ritardatati? Non ha senso arrabbiarsi se si conoscono i difetti dell’altro. Essere preparati al fatto che ci sarà da attendere non vuol dire regalare il tempo agli altri. Si potrebbe accordarsi per un orario nettamente in anticipo rispetto alla scadenza da rispettare. Se si è in gruppo si può anche già stabilire il ritardo massimo che si è disposti a tollerare e oltre il quale si è autorizzati ad andare. Essere assertivi vuol dire rispettare gli altri facendosi rispettare.
menti cominciano a manifestarsi nell’infanzia e diventano ancora più visibili durante l’adolescenza. Un’altra spiegazione, in particolare per chi è insicuro, potrebbe essere quella di non trovarsi in imbarazzo se si arriva per primi a un appuntamento. Infine, quando ci sente imprigionati in una serie di impegni che sono vissuti come un sovraccarico e una limitazione alla propria libertà, dimenticarsi gli appuntamenti o arrivare tardi può essere un modo inconscio per riappropriarsi del proprio tempo.
IN ARMONIA
COPPIA
Le coppie senza sesso Quando l’intimità erotica sembra impossibile 28 | Bergamo Salute | Settembre/Ottobre 2018
∞ A CURA DI GIULIA SAMMARCO
In questi ultimi mesi si sente spesso parlare di un fenomeno abbastanza particolare, quello cioè delle “coppie che non fanno sesso”, i famosi matrimoni bianchi, che secondo alcune statistiche e alcune ricerche sembra riguardare addirittura il 30% delle relazioni. Ma le cose stanno proprio così? «È difficile conoscere i dati precisi, anche perché probabilmente c’è una parte di non detto, non confessato, nascosto, però direi che possiamo ritenere il 30% una stima abbastanza attendibile. E io parlerei non soltanto dei classici matrimoni bianchi dove il sesso non c’è, ma anche di tutti quei “matrimoni opachi”, relazioni di coppia dove qualche rapporto c’è, ma giusto due o tre all’anno» sottolinea il dottor Silvio Mori, psicologo e sessuologo.
Dottor Mori, quale può essere la causa di questo fenomeno che a quanto pare è tutt’altro che raro? Non esiste un’unica causa, così come non esiste un’unica spiegazione. Spesso dietro questa assenza di vita sessuale all’interno della coppia ci sono difficoltà vere e proprie, a volte nella donna, a volte nell’uomo, a volte in entrambi. Ci possono essere disturbi che riguardano la fase del desiderio (assenza di desiderio, desiderio ipoattivo) oppure la fase di eccitazione (disfunzione erettile) o disturbi da dolore sessuale femminile (dispareunia e vaginismo, difficoltà cioè al rapporto penetrativo). E spesso il problema emerge quando nasce il desiderio di un figlio. Ci sono coppie, ad esempio, che arrivano al matrimonio senza aver mai consumato un rapporto sessuale,
DOTT. SILVIO MORI Psicologo e Sessuologo A Bergamo e Brescia
generalmente per una richiesta di astinenza di uno dei due, magari per motivi religiosi anche se a volte dietro ciò si nasconde già ed è già presente un blocco o una paura nei
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IN ARMONIA
COPPIA
confronti della sessualità. Dopo il matrimonio, però, non è detto che scoppi miracolosamente la passione e l’intesa come invece loro si aspettavano e quindi il sesso resta un miraggio. Queste sono coppie che quindi che non hanno mai avuto rapporti completi né prima né dopo il matrimonio, ma esistono anche situazioni diverse di questo fenomeno delle “coppie senza sesso”? Assolutamente. Innanzitutto voglio specificare che utilizzo il termine matrimonio per semplificare, ma è chiaro che mi riferisco a tutte le relazioni, anche ovviamente quelle di convivenza. Detto ciò, mi sento di dire che sì esistono anche coppie che in realtà all’inizio avevano una buona vita sessuale e poi hanno smesso, o quasi, di avere rapporti. E i motivi possono essere dei più disparati: l’arrivo di un figlio e la conseguente difficoltà per alcune coppie di riprendere una buona
intesa sessuale; la presenza di un tradimento che chiama in gioco tutto il tema della fedeltà e infedeltà (sesso in coppia scarso, sesso extra-coniugale florido), anche nella sua componente più virtuale di un fenomeno che sembra in incredibile espansione che è quello delle chat erotiche, “realtà parallela” dove un partner vive la propria sessualità in una sorta di “giardino segreto”, un rifugio eccitante ed appagante che però lo porta ad allontanarsi dall’altra realtà, quella della coppia, quella dell’intimità, quella della vita a due. Stesso discorso vale anche per l’eccesso di pornografia. Altre volte invece l’assenza di vita sessuale nella coppia diventa una spia dello stato di salute della coppia stessa: rancori, risentimenti, insoddisfazioni, incomprensioni possono indurre un’inibizione della risposta sessuale, con calo del desiderio e difficoltà di eccitazione. Il panorama delle “coppie senza sesso” sembra effettivamente
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molto ampio, non esiste una tipologia fissa, ogni situazione è unica anche se esistono dei profili simili… Esattamente. E a tal proposito esistono altre due tipologie di “coppie senza sesso”. Innanzitutto le coppie asessuali, realtà in Italia ancora poco conosciuta ma che negli Stati Uniti ad esempio è decisamente in crescita. Sono coppie che non rinunciano all’amore ma solo alla componente fisica e corporea della sessualità. E poi ci sono coppie, credo in numero maggiore di quanto ci si possa immaginare, dove uno dei due (più raramente entrambi) nasconde, spesso con una terribile sofferenza, la propria omosessualità. Sono coppie che spesso hanno avuto alle spalle anche una discreta vita sessuale, a volte hanno anche dei figli, ma poi col tempo la componente omosessuale prende il sopravvento e,come dicevo prima, spesso con tanta sofferenza.
Per riprendere o iniziare… Per una coppia che ha il desiderio di riprendere una buona vita sessuale o iniziare ad avere una buona vita sessuale esistono tante “soluzioni” . «Nel panorama attuale ci sono diversi professionisti che possono aiutare, dall’andrologo al ginecologo al sessuologo, e consultarli può essere un modo per far emergere disturbi sessuali che magari si ignoravano» osserva il dottor Mori. «È chiaro che se la causa dell’assenza di una vita sessuale nella coppia è riconducibile a disturbi sessuali specifici è necessario per prima cosa affrontare questi disturbi, senza imbarazzi e senza timori. E come dicevo prima di soluzioni fortunatamente ce ne sono tante, a volte anche con un supporto farmacologico (pensiamo alla disfunzione erettile) o riabilitativo (pensiamo all’utilità ad esempio della riabilitazione del pavimento pelvico in aggiunta ad esercizi specifici per i casi di difficoltà sessuale femminile). Altre volte invece non è la presenza di disturbi sessuali specifici a rendere difficile l’intimità erotica in coppia quanto semmai la presenza di conflitti irrisolti, rancori, risentimenti, e in questi casi è meglio non far cronicizzare questi sentimenti negativi e poterli affrontare, magari con l’aiuto di uno psicologo, per creare un ponte comunicativo e un confronto efficace e in questo senso lavorare sulla relazione può migliorare anche la vita sessuale della coppia. Per cui mi sento di dire, al di là dei casi specifici, che il segreto forse è proprio questo: lavorare sulla relazione. E questa speciale “manutenzione” ogni coppia dovrebbe farla, anche in modo autonomo, anche quando le cose vanno bene. Perché vivere in due, magari per tutta la vita, non è semplicissimo, le cose belle non capitano per miracolo. Alcuni per esempio ritengono che il calo di sessualità nelle coppie stabili sia quasi un destino scritto, legato anche alla routine e alla monotonia, allo stress, agli impegni, al fatto che ad un certo punto cercare fuori dalla coppia sia quasi inevitabile perché è più stuzzicante. Io non sono del tutto d’accordo, anzi ritengo che la fedeltà (e la monogamia) possa essere molto molto sexy. Ma ci vuole consapevolezza. Come dico sempre, avere una buona vita sessuale in coppia è come avere un bel giardino…bisogna prendersene cura. In altre parole, sfruttando questa volta una metafora culinaria, per fare un buon risotto non bastano gli ingredienti giusti, serve attenzione, cura, passione. Serve il cuore».
IN CASA
ARCHITETTURA
Gli Architetti in una rivista che tratta di salute... ∞ A CURA DELL’ORDINE DEGLI ARCHITETTI DI BERGAMO
Analogia tra edificio e corpo umano Per comprendere come sono costruiti gli edifici e per valutare i problemi della sicurezza, può essere d’aiuto fare una analogia con il corpo umano. L’analogia tra corpo umano ed edificio è molto antica. I termini che indicano lo stato di malessere di una persona come: infermo, infermità, infermiere sono derivati tutti dal capostipite latino firmitas (stabilità) che indica lo stato di “buona salute” di un edificio. Quando una persona è malata si chiama il medico perché faccia la diagnosi e prescriva la cura; quando un edificio presenta anomalie quali lesioni, spostamenti e deformazioni si deve chiamare un tecnico che sia in grado di risalire alle cause che li hanno determinati e valutarne la gravità e gli interventi necessari. Gli edifici quindi, come il corpo umano, devono essere curati e tenuti sotto controllo per conservarli in buona salute. Può pertanto essere utile saper individuare in primis sintomi di malessere che si possono manifestare nella propria casa.
Perché l’Ordine degli Architetti della Provincia di Bergamo avvia, a partire da questo numero, una serie di comunicazioni su Bergamo Salute? Cosa c’è di particolare, dal momento che questa non è una pagina pubblicitaria? Di quale malato stiamo parlando e in che modo gli architetti contribuiscono alla sua profilassi e alla sua cura? L’Ordine degli Architetti Paesaggisti Pianificatori Conservatori della Provincia di Bergamo si è assunto l’onere di promuovere la Cura del Territorio, tramite la forza terapeutica dell’Architettura, per una città e un territorio che mostrano chiari segni di “malattia”. Non è una speranza, è un progetto inteso come prospettiva condivisa e continua in cui gli archi-
tetti diventano coprotagonisti della salubrità dell’ambiente per l’uomo, con la volontà di testimoniare, tramite l’Istituzione, la promessa di benessere che ogni progetto civile e sociale deve perseguire. In questa circostanza l’Ordine promuove la cultura della cura degli edifici tramite l’evento “Diamoci una scossa”, che
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32 | Bergamo Salute | Settembre/Ottobre 2018
interessa l’intero patrimonio edilizio pubblico e privato, a partire dal 30 settembre 2018, Giornata nazionale per la prevenzione sismica promossa dalla Fondazione Inarcassa, dal Consiglio nazionale degli Architetti e dal Consiglio nazionale degli Ingegneri, con il supporto scientifico del Consiglio Superiore dei Lavori Pub-
L’Ordine promuove la cultura della cura degli edifici tramite l’evento Diamoci una scossa, che interessa l’intero patrimonio edilizio pubblico e privato, a partire dal 30 settembre 2018, Giornata nazionale per la prevenzione sismica”
blici, del Dipartimento Protezione Civile, della Conferenza dei Rettori Università Italiane e della Rete dei Laboratori Universitari di Ingegneria Sismica. L’iniziativa ha lo scopo di promuovere una cultura della pre-
venzione sismica per un concreto miglioramento delle condizioni di sicurezza del patrimonio immobiliare. In un paese straordinario ma ad alto rischio sismico come l’Italia il grado di sicurezza della casa diven-
La visita tecnica La visita ha una valenza meramente informativa e di sensibilizzazione sul tema della sicurezza sismica e non va assolutamente confusa con un’attività professionale. L’iniziativa si articola in due diversi momenti: informativo e operativo. Domenica 30 settembre dalle 10 alle 17, a cura degli Ordini Provinciali degli Architetti e Ingegneri, centinaia di piazze delle principali città italiane diventano le Piazze della Prevenzione Sismica. La Provincia di Bergamo ospita l’iniziativa in 5 luoghi: > Bergamo in via XX Settembre (angolo via Borfuro) > Treviglio in piazza Manara > San Pellegrino in via Papa Giovanni XXIII (nei pressi del Comune) > Sarnico in piazza Umberto I > Nembro in piazza della Libertà davanti al Modernissimo Tecnici esperti sono a disposizione per spiegare cosa significhi il rischio sismico, i fattori che possono incidere sulla sicurezza di un edificio e le agevolazioni finanziarie messe a disposizione dallo Stato per migliorare la sicurezza della propria abitazione. Il soggetto da sensibilizzare, destinatario della proposta di prevenzione sismica, è ovviamente il Cittadino, spesso inconsapevole dei rischi che può comportare un edificio non adeguatamente manutenuto.
ta la prima cosa da conoscere e migliorare attraverso adeguate misure. Come purtroppo si è constatato, anche recentemente, il terremoto è un evento imprevedibile i cui effetti sulle persone e sugli edifici possono essere disastrosi. Le conseguenze possono essere mitigate o eliminate adottando misure che migliorino la sicurezza degli edifici. Dal 30 settembre e fino alla fine di novembre i professionisti parteciperanno volontariamente all’iniziativa “Diamoci una scossa”, la prima nel suo genere in Italia, recandosi su richiesta dei cittadini, presso le abitazioni per fornire una prima informazione sui fattori che possono incidere sul grado di sicurezza dell’edificio (es. zona di edificazione, anno di costruzione, tipologia di edificio, normativa di riferimento, etc.) aggiornando sulle agevolazioni finanziarie (Sisma Bonus e Eco Bonus) oggi a disposizione per migliorarlo, con spese rimborsabili fino all’85% a carico dello Stato. Nel box blu sono riportate le informazioni per richiedere la visita, in funzione della tipologia dell’immobile possono fare richiesta proprietari, affittuari o altri aventi diritto. Per edifici con un numero di unità abitative superiore a 8 la richiesta può pervenire esclusivamente dall’Amministratore condominiale.
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IN FAMIGLIA
DOLCE ATTESA
La musica che piace al bebè? Né pop né rock: è classica
∞ A CURA DI VIOLA COMPOSTELLA
Né pop né rock. I feti, come i neonati, amano la musica classica. In particolare Mozart. Stando allo studio presentato da Institut Marquès al quinto congresso dell’International Association for Music and Medicine, che si è tenuto a giugno a Barcellona, la musica classica provoca un numero maggiore di reazioni nel feto rispetto ad altri generi musicali, con movimenti della bocca simili al canto. L’84% dei feti dimostra, infatti, di amare il genere classico più della musica tradizionale (79%) e del pop-rock (59%). Preferenze confermate anche dagli enfant terrible che hanno tirato fuori la lingua durante l’ascolto: la musica classica ha ottenuto una percentuale maggiore di protrusione (35%) di quella tradizionale (20%) e del pop-rock (15%). Per intercettare i gusti musicali dei nascituri, i ricercatori di Institut Marquès, che da anni conduce ricerche all’avanguardia sugli effetti della musica all’inizio della vita, hanno analizzato le espressioni facciali di 300
feti tra la 18esima e 38esima settimana di gestazione, in risposta all’emissione intravaginale di 15 canzoni appartenenti a tre diversi generi: classica, tradizionale e pop-rock. Sebbene il pop-rock sia lo stile che provoca meno reazioni nei feti, Bohemian Rhapsody dei Queen rappresenta un’eccezione. Pur essendo ancora sconosciuti i motivi che guidano queste preferenze, a conquistare i neonati potrebbero essere dunque i suoni semplici e ripetitivi. «Istintivamente continuiamo a parlare ai bambini con toni alti e melodicamente, perché sappiamo che è così che ci capiscono meglio, è così che si rendono conto che vogliamo comunicare con loro. Che si tratti dunque di una serenata di Mozart o del suono ancestrale del tamburo africano, il potere comunicativo delle melodie è innegabile. La più antica forma di comunicazione prima che verbale era musicale. Suoni, gestualità e danze precedono tutt’oggi le parole» spiega la dottoressa Marisa López-Teijón,
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direttrice di Institut Marquès. Lo studio, inoltre, dimostra l’importanza della stimolazione neurologica precoce, che può attivare percorsi cerebrali legati alla parola e alla comunicazione.
L’84% dei feti ha dimostrato di amare il genere classico più della musica tradizionale (79%) e del pop-rock (59%). Tra le tracce preferite “Piccola serenata notturna” di Mozart e “Bohemian Rhapsody” dei Queen”
È molto raro che questi movimenti si verifichino spontaneamente durante il secondo e il terzo trimestre di gravidanza (solo il 3-5% lo fa senza alcuno stimolo).
In “contatto” tecnologico già prima della nascita
DOTT.SSA MARISA LÓPEZ-TEIJÓN Specialista in Ostetricia e Ginecologia
Lo studio sulle reazioni dei feti ai diversi stimoli acustici è stato effettuato con l’aiuto di un sound player pioniere. Dispositivo capace di trasmettere musica e suono della voce all’interno della vagina, è posizionato come se fosse un tampone ed è collegato al cellulare, risultando totalmente sicuro per la madre e per il bambino. Emette onde sonore fino ad un massimo di 54 decibel, che è il livello di una normale conversazione. Oltre a rendere possibile la comunicazione con il feto, questo dispositivo ha applicazioni mediche molto importanti: consente di scartare la sordità fetale e facilita le ecografie poiché, provocando una risposta nel bambino, migliora la visione delle strutture fetali durante il suo svolgimento. Approvato dalla FDA (ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici), fornisce ai genitori un primo contatto con il loro bambino in quanto non solo consente loro di riprodurre musica per la stimolazione fetale ma, attraverso la app gratuita, consente di registrare i loro messaggi in modo che il bambino possa sentire la voce dei loro genitori anche prima della nascita.
Direttrice Institut Marquès di Barcellona.
CLASSICA
Movimento bocca e lingua
Protrusione della lingua
MOZART
Serenata K525
91%
73%
BACH
Solo BWV1030
87%
47%
PROKOFIEV
Pedro y Lobo Op.67
88%
10%
STRAUSS
Marcha Radetzky
80%
20%
BEETHOVEN
Sinfonia nº9 Himno de la Alegría
72%
27%
GLOBALE
84%
35%
POP - ROCK
Movimento bocca e lingua
Protrusione della lingua
QUEEN
Bohemian Rhapsody
90%
40%
VILLAGE PEOPLE
Y.M.C.A
90%
10%
ADELE
Someonelikeyou
60%
20%
BEE GEES
Too muchheaven
59%
0%
SHAKIRA
WakaWaka
50%
8%
59%
15%
GLOBALE
Settembre/Ottobre 2018 | Bergamo Salute | 35
IN FAMIGLIA
BAMBINI
Come gestire la
rabbia nei più piccoli
∞ A CURA DI ELENA BUONANNO
«La gestione delle emozioni è un affare complicato per tutti, figuriamoci per i bambini! Una delle più complicate è la rabbia: spesso scambiata per capriccio, la richiesta che solitamente viene fatta ai bambini è quella di non esprimerla, di non arrabbiarsi. Ma la rabbia di per sé non è patologica semplicemente a volte è difficile da gestire e per questo spaventa i genitori». Chi parla è Laura Grigis, psicologia e psicoterapeuta. L’abbiamo incontrata per capire in che modo questo sentimento possa essere tenuto sotto controllo e quando è il caso di preoccuparsi perché diventa dannoso per il bambino e chi gli sta intorno. Dottoressa Grigis, che il bambino in certe situazioni manifesti rabbia può essere normale? Certamente sì. La rabbia è un’emozione primordiale, di base, de-
terminata dall’istinto di difendersi per sopravvivere nell’ambiente in cui ci si trova, che si sperimenta quando leggiamo l’evento che ci accade come un’ingiustizia o un sopruso. La sua funzione è definire i confini di ciò che ci sta bene e di ciò che invece non vogliamo, funziona da campanello d’allarme per farci sentire che qualcuno sta minacciando i nostri diritti, che qualcuno non rispetta delle regole per noi fondamentali, che un nostro desiderio o una nostra necessità non sono soddisfatte. È quindi normalissimo che un bambino si arrabbi mentre si relaziona con un coetaneo, per un dispetto subito, quando viene costretto a riordinare la cameretta o a mangiare il passato di verdure. Come tutte le altre emozioni, anche la rabbia ha una sua funzione adattiva e sarebbe controproducente (oltre che impossibile) pensare di eliminarla.
36 | Bergamo Salute | Settembre/Ottobre 2018
A volte però può diventare patologica... Quando non è gestibile, non è modulabile e quando risulta essere l’unica modalità espressiva del bambino. Sembrano essere in aumento, negli ultimi anni, i bambini che mostrano difficoltà nel relazionarsi in modo sereno
DOTT.SSA LAURA GRIGIS Psicologa e Psicoterapeuta A Bergamo
insieme di comportamenti problematici, che portano a dirigere verso l’esterno, sotto forma di oppositività, impulsività, iperattività, aggressività e rabbia, le proprie emozioni critiche. I bambini con disturbi esternalizzanti mettono a dura prova tutte le persone con le quali entrano in contatto: i genitori, gli insegnanti, i compagni di gioco e di scuola.
con i coetanei, agendo spesso con rabbia, aggressività e sprezzo delle regole e delle autorità. Si tratta di bambini che presentano i cosiddetti disturbi esternalizzanti: con questo termine s’intende un
Qual è invece l’impatto sul bambino stesso e sulla sua crescita? La qualità della vita e il benessere psicologico del bambino con disturbi esternalizzanti sono ovviamente a rischio: i diversi am-
biti della sua quotidianità (scuola, sport, amicizie…) gli rimandano un’immagine di sé come “il cattivo”, “il guastafeste”, “quello che picchia”. Queste etichette, in una sorta di profezia che si autoavvera, rischiano ben presto di diventare delle definizioni stabili e permanenti che il bambino ha di sé: in questo modo a lui non resterà altro da fare che comportarsi come tutti si aspettano da lui. A questi bambini spesso vengono diagnosticati disturbi da comportamento dirompente, come l’ADHD (Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività), il Disturbo oppositivo-provocatorio o il Disturbo della condotta, definiti come life course persistent ovvero
Premi e punizioni: istruzioni per l’uso Il potere delle lodi > Quando siete orgogliosi di vostro figlio, diteglielo! > Ringraziatelo ogni volta che vi fa un favore. > Ringraziatelo ogni volta che fa un bel gesto verso qualcuno. > Ditegli “bravo!” ogni volta che fa qualcosa con un buon risultato. > Ditegli quanto apprezzate che lui stia provando a fare qualcosa di buono (anche se non riesce a portarlo a termine al 100%).
No alle punizioni fisiche > Non sono efficaci, non funzionano. > Non sono un’esperienza positiva di apprendimento per il bambino. > Creano distanza emotiva. > Non insegnano comportamenti positivi per le relazioni sociali. > Portano all’imitazione, a mettere in atto comportamenti aggressivi con gli altri. > Hanno un effetto negativo sull’autostima del bambino.
> Si rischia di perdere il controllo e di fare realmente del male al bambino. Le punizioni (mai fisiche) funzionano se vengono utilizzate in parallelo alle gratificazioni, ai premi, per i comportamenti positivi. In questo modo il bambino non avrà bisogno di provocare o trasgredire per ottenere la tua attenzione, perché l’avrà ogni volta che fa qualcosa di positivo.
Settembre/Ottobre 2018 | Bergamo Salute | 37
IN FAMIGLIA
BAMBINI
come disturbi relativamente stabili nel corso della vita. Cosa si può fare per evitare tutto questo? In un’ottica preventiva, è fondamentale che genitori, familiari, scuola etc. siano in grado di proporre anche un percorso di educazione alle emozioni, per fornire fin da piccoli un bagaglio di competenze e conoscenze fondamentali per lo sviluppo dell’Intelligenza Emotiva (D. Goleman 1995). In un’ottica di prevenzione secondaria, cioè d’intervento in situazioni che già presentano delle componenti problematiche, invece, è stato sviluppato in America (J.E. Lochman e coll. 2002) e introdotto in Italia (A. Milone 2014) il Coping Power Program, uno dei pochi programmi con caratteristiche di complessità e di provata efficacia nel trattamento del comportamento dirompente in età scolare. L’intervento multimodale che lo caratterizza parte da un semplice presupposto: non esiste un’unica causa che spiega il comportamento aggressivo e dirompente del bambino, ma nu-
merose e diverse variabili, come la predisposizione biologica e temperamentale o le esperienze ambientali e relazionali, che portano i bambini con problemi di aggressività a sviluppare una modalità distorta e deficitaria di elaborazione dell’informazione sociale: tendono a valutare i segnali sociali provenienti dagli altri in maniera ostile, reagendo in modo aggressivo. Inoltre presentano difficoltà relativamente al problem solving: riescono a formulare poche alternative di soluzione a un problema e la principale soluzione per loro è spesso l’aggressività. È proprio a partire da questi molteplici fattori e caratteristiche che è stato sviluppato e sperimentato il Coping Power Program che prevede un intervento di gruppo (o individuale) per i bambini e in parallelo un percorso di parent training per i genitori. Il percorso dedicato ai bambini, che dura all’incirca un anno, è incentrato sull’apprendimento di competenze legate al riconoscimento dei segnali fisiologici della rabbia e del punto di vista altrui, alla valutazione di soluzioni alternative per
la gestione di conflitti e al potenziamento di abilità interpersonali e sociali. Per quanto riguarda invece il percorso parallelo con i genitori, il confronto con il gruppo permette di condividere e sperimentare soluzioni relazionali ed educative più funzionali, acquisendo nuove abilità nella gestione dei problemi del figlio e dei propri vissuti emotivi: fare il genitore è il mestiere più difficile del mondo, per questo è utile a volte fermarsi a riflettere e provare a mettere in pratica alcuni consigli (vedi box). Spesso il cronicizzarsi delle problematiche di aggressività è uno dei principali fattori di rischio per la devianza in età adolescenziale (abuso di stupefacenti e alcol, condotte criminali, ingresso in gruppi devianti). Per questo motivo l’intervento precoce è importante; anche i cosiddetti “bambini difficili” (e i loro genitori) hanno la possibilità di vivere relazioni sociali funzionali, serene e soddisfacenti, imparando e sperimentando nuove abilità sociali, in un ambiente supportivo e non giudicante.
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Mughetto L’importanza di curare sia il bimbo sia la mamma
∞ A CURA DI GIULIA SAMMARCO
La candidosi orale, o mughetto, è una malattia micotica, cioè causata e sostenuta da un fungo. Può essere contratta a qualsiasi età, ma è specifica del neonato. Quando colpisce i lattanti bisogna curare sia il bimbo sia la mamma, perché, quasi sempre, il fungo si trova sul capezzolo materno ed è in questo modo che il piccolo s’infetta durante la poppata. Ma come riconoscerla? E in cosa consiste la terapia? Lo abbiamo chiesto al dottor Sergio Clarizia, pediatra. Di che tipo di malattia si tratta? È un’infezione causata dalla Candida Albicans, agente patogeno della famiglia dei funghi, specificamente
dei Saccaromiceti. È molto infettivo, resistente e ha una capacità di proliferazione particolarmente veloce, quindi si manifesta in modo molto rapido. Vive fisiologicamente nelle mucose umane e ha un ruolo determinante nella digestione degli zuccheri; generalmente, si trova nella bocca, nel tratto intestinale e nella vagina. Quando è presente in quantità minima e fisiologica, è considerato un elemento della flora batterica, cioè quel gruppo di batteri buoni che proteggono le mucose più delicate e contribuiscono alla perfetta assimilazione e fermentazione di alcuni nutrienti. In alcuni casi, però, il comportamento della Candida Albicans può modificarsi e diventare patogeno, attac-
cando le mucose che solitamente protegge: i funghi proliferanti non sono più considerati salubri e, in quel caso, se vengono a contatto con un altro soggetto, diventano infettivi. Ecco perché, in caso di malattia della bocca causata da Candida Albicans in un poppante, bisogna curare tanto il piccolo quanto la madre, per evitare che continuino a reinfettarsi vicendevolmente attraverso le poppate al seno. Quali sono in particolare le cause per cui, improvvisamente, un fungo considerato parte del proprio organismo cambia comportamento e diventa “problematico”?
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YOGURT PER LA FLORA BATTERICA E CAMOMILLA CONTRO IL DOLORE Per debellare velocemente, e al meglio, il mughetto è consigliabile assumere, per almeno 15 giorni, oltre al farmaco consigliato dal medico, dei fermenti lattici. Questi aiuteranno la flora batterica a proliferare e lavorare nel migliore dei modi, debellando i miceti patogeni della Candida Albicans. In alternativa ai fermenti lattici preconfezionati si può aggiungere, all’alimentazione giornaliera, una quantità di yogurt pari a due vasetti: 500 grammi. Consumare abitualmente yogurt ha anche un effetto preventivo contro la Candida. Per lenire il dolore alla bocca, invece, è possibile fare degli sciacqui con acqua e camomilla, acqua e malva o acqua e bicarbonato: non sono curativi, ma donano un po’ di sollievo.
> Un abbassamento improvviso e significativo delle difese immunitarie: ad esempio in associazione a un evento acuto virale o batterico. La Candida, infatti, si può manifestare improvvisamente durante un forte raffreddore o influenza, durante una qualsiasi malattia virale come: gastroenterite, enterite, stomatite, herpes labiale, malattie infettive esantematiche tipiche di bambini, sindromi influenzali generiche. Allo stesso modo può comparire in concomitanza, o a seguito, di un’infezione batterica di qualsiasi tipo: congiuntivite, gengivite, tonsillite, faringite, bronchite, polmonite, pleurite. Tutte le situazioni che determinano un incremento del lavoro del sistema immunitario, quindi lo mettono in difficoltà, sono potenziali cause dello scatenarsi di una reazione da Candida. > Il contatto con mucose o saliva di un soggetto con in corso una micosi sostenuta da Candida Albicans: i due casi più comuni sono il bacio con una persona affetta da mughetto o la poppata tra lattante e mamma. > Gli antibiotici: le cure antibiotiche, soprattutto se intense e prolungate, creano una diminuzione della capacità immunitaria e, spesso,
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agiscono debellando tutti i batteri, compresi quelli buoni della flora intestinale, tra cui quello della Candida. Per questo motivo, sospesa la cura antibiotica, questi batteri tendono a riprodursi molto velocemente, per ripristinare la propria colonia. Può succedere che, durante questo processo, il micete della Candida si riproduca in quantità esagerate e troppo veloci, scatenando così un’infezione. Per questo è sempre consigliato, quando ci si sottopone a una cura antibiotica, assumere dei fermenti lattici, che aiutano a proteggere la flora batterica e minimizzano questo rischio. > Lo stress: nonostante molti non la considerino una malattia, è alla base di molte patologie moderne. Un periodo faticoso, caratterizzato da ritmi vitali sostenuti, poco riposo e umore nervoso, può favorire la caduta delle difese immunitarie e l’insorgere, tra le altre cose, di mughetto. > L’alimentazione sbagliata o l’indigestione: un pasto troppo ricco, che provoca digestione difficile o vera e propria indigestione, può essere un elemento scatenante per favorire l’insorgere di Candida orale, spesso associata ad afte labiali o piccole ulcerazioni.
Come si manifesta? Compaiono delle placche bianche, spesse e voluminose, all’interno della bocca. Nei neonati il fenomeno è piuttosto impressionante: tutta la cavità orale del bambino diventa bianca, come se fosse ricoperta da batuffoli di ovatta o piena di schiuma. Negli adulti, invece, la Candida orale può essere voluminosa e molto visibile come quella dei bimbi piccoli ma, nella maggior parte dei casi, si limita a due-tre placche di piccole dimensioni, simili ad afte, che però non guariscono e non evolvono nei giorni. In alcuni casi le placche possono essere presenti anche sulle labbra, in fondo alla lingua, sull’ugola e sulle tonsille. Alle placche si associano poi alcuni sintomi, come il dolore, che può andare da un leggero fastidio con sensazione di prurito fino a un franco bruciore. Soprattutto i neonati soffrono particolarmente e manifestano il loro disagio piangendo di un pianto inconsolabile e rifiutando sia il seno materno, sia il biberon, sia il ciuccio. Quando il mughetto interessa i lattanti è fondamentale avvisare prima possibile il pediatra, in modo che possa consigliare subito un farmaco per lenire il dolore e permettere al piccolo di bere e alimentarsi serenamente.
Servono esami specifici per diagnosticarla? No: se si hanno dubbi basta farsi vedere dal proprio medico, in quanto i sintomi sono talmente specifici che non necessitano di alcun approfondimento. Può essere utile seguire un iter diagnostico solo se gli episodi di mughetto diventano ricorrenti e sempre più gravi: in quel caso potrebbero essere provocati da una patologia retrostante che necessita di particolare attenzione. In cosa consiste la cura? La candidosi orale si cura facilmente, e in pochi giorni, con l’uso di specifici farmaci antimicotici o antifungini. Il principio attivo più adatto è consigliato dal medico di base, che lo sceglierà basandosi sulla sua personale conoscenza del paziente, sulla sua storia clinica, sulle sue eventuali intolleranze ed allergie. In generale, però, i farmaci più indicati sono: > i preparati a base di fluconazolo, un antimicotico ad ampio spettro, scelta d’elezione per le infezioni micotiche sostenute da più agenti (la cura può durare dai cinque ai 15 giorni, in base alla gravità dell’infezione); > i farmaci a base di itraconazolo, che si assumono sottoforma di
compresse o pillole e curano la patologia in 8 giorni; > l’amfotericina o l’echinocandine, che garantiscono la cura veloce delle infezioni micotiche e sono la scelta d’elezione per le infestazioni leggere o in regressione (la cura dura due-quattro giorni); > la nistatina, un farmaco molto efficace che, però, prevede delle somministrazioni in dosi massicce, una compressa ogni 4-6 ore, motivo per il quale è un trattamento che deve essere sottoposto a prescrizione medica
DOTT. SERGIO CLARIZIA Specialista in Pediatria Pediatra di famiglia a Bergamo e presso Politerapica Seriate
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IN FAMIGLIA
RAGAZZI
Prima volta a
16 anni
ma di sesso non si parla con i genitori ∞ A CURA DI GIULIA SAMMARCO
La “prima volta” arriva per i ragazzi italiani in media fra i 16 e i 17 anni. Aumenta l’uso del preservativo ma l’argomento resta tabù nelle conversazioni in famiglia. Sono solo alcuni dei dati emersi dal primo studio del Ministero della Salute sulla salute sessuale e riproduttiva degli italiani. Nato per orientare e sostenere la programmazione di interventi a sostegno della fertilità in Italia, è stato presentato in occasione della terza Giornata nazionale di informazione e formazione sulla salute riproduttiva, che si è celebrata il 22 settembre. Il coordinamento dello studio è stato affidato all’Istituto Superiore di Sanità e hanno partecipato la “Sapienza” Università di Roma, l’Ospedale Evangelico Internazionale di Genova e l’Università degli studi di Bologna. Sono state realizzate indagini rivolte sia alla popolazione potenzialmente fertile (adolescenti, studenti universitari e adulti in età fertile), sia ai professionisti sanitari
Il primo Studio nazionale sulla fertilità ha raccolto informazioni sulla salute sessuale e riproduttiva per orientare e sostenere la programmazione di interventi a sostegno della fertilità in Italia”
(pediatri di libera scelta, medici di medicina generale, ginecologi, andrologi, endocrinologi, urologi, ostetriche). Per quanto riguarda gli adolescenti, l’indagine è stata condotta in ambito scolastico con il supporto delle Regioni e dei professionisti del SSN, su un campione, statisticamente rappresentativo, di 16.063 studenti prevalentemente di 16-17 anni. Ha coinvolto 941 classi terze di 482 scuole secon-
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darie di secondo grado, distribuite su tutto il territorio nazionale. Ecco alcuni degli aspetti emersi, considerati tra i più interessanti da parte degli esperti del Ministero. Dalle risposte emerge un’errata percezione (sovrastima) da parte dei ragazzi e delle ragazze relativamente all’adeguatezza delle informazioni in loro possesso sulle tematiche della salute sessuale e riproduttiva che nella maggior parte dei casi (89% i maschi e 84% le femmine) cercano su internet. Si rilevano spazi di miglioramento nella conoscenza dei seguenti aspetti: > fattori di rischio/protettivi per la riproduzione (età e stili di vita); > alcune infezioni a trasmissione sessuale (IST) quali epatite virale, sifilide, gonorrea, papilloma virus e clamidia; > metodi contraccettivi in grado di proteggere dalle IST. Rimangono poco conosciuti i consultori (situazione invariata rispetto a quanto rilevato dall’indagine ISS
2010). Anche il contatto con i medici specialisti è limitato. Circa 1 adolescente su 3 ha dichiarato di aver avuto rapporti sessuali completi (35% dei maschi e 28% delle femmine). I metodi contraccettivi più conosciuti sono il preservativo (99%) e la pillola (96%) Per quanto riguarda l’utilizzo dei metodi contraccettivi, rispetto a un’indagine fatta dall’ISS nel 2010, rimane stabile la percentuale di chi non usa alcun metodo (10%), mentre aumenta l’utilizzo del preservativo (77%) ma anche quello del coito interrotto (26%) e del calcolo dei giorni fertili (11%). La famiglia è un luogo in cui difficilmente si affrontano argomenti
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quali “sviluppo sessuale e fisiologia della riproduzione”, “infezioni/malattie sessualmente trasmissibili” e “metodi contraccettivi” (solo il 10% parla in famiglia di questi argomenti in maniera approfondita). Il 94% dei ragazzi ritiene che debba essere la scuola a garantire l’informazione sui temi della sessualità e riproduzione (ben il 60% di loro ritiene che questo dovrebbe iniziare dalla scuola secondaria di primo grado o anche prima, dato che conferma quanto già emerso nell’indagine ISS del 2010); tuttavia solo il 22% degli adolescenti vorrebbe ricevere queste informazioni
dai propri docenti, mentre il 62% vorrebbe personale esperto esterno alla scuola. Emerge un gradiente Nord-Sud su alcuni aspetti indagati, soprattutto in relazione alle conoscenze. D’altra parte, la partecipazione a corsi/ incontri sul tema della sessualità/ riproduzione al Sud è pari al 33%, decisamente inferiore a quella nel Nord del Paese pari al 78% (aumenta il divario Nord-Sud rispetto al 2010). Solo il 7% degli adolescenti pensa di non avere figli nel suo futuro, mentre quasi l’80% di loro indica come età giusta per diventare genitore prima dei 30 anni.
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Step passo dopo passo e ritorni in forma ∞ A CURA DI GIULIA SAMMARCO
«Allenarsi con lo step, letteralmente “passo”, è un ottimo e impegnativo metodo di training, ma prima di addentrarci nel tipo di attività, nelle caratteristiche, nei benefici e risultati iniziamo presentando l’attrezzo». Chi parla è Giacomo Strabla, Personall Trainer. Ci siamo rivolti a lui ora che l’anno è ricominciato, e così anche la voglia di fare attività fisica in palestra o a casa, per conoscere meglio questo tipo di allenamento, che in realtà raggruppa due categorie: la prima è rappresentata dai macchinari computerizzati o solo meccanici, la seconda dai cosiddetti “rialzi” (regolabili in altezza), maneggevoli e poco ingombranti. In cosa si differenziano? I primi consentono di eseguire movimenti ad ampiezza e livelli di difficoltà variabili e, per intenderci, si trovano generalmente nelle sale attrezzi dei centri fitness. I secondi permettono agli utilizzatori di salire e scendere dall’attrezzo in vari modi e sono presenti nelle sale corsi dei centri fitness, dove si svolgono lezioni di gruppo. In entrambi i casi ovviamente ci si può allenare anche da soli, a casa propria. Passiamo all’allenamento: che tipo di attività e movimenti prevede?
Spingere le due pedane dello step in modo alternato verso il basso e salire e scendere dallo step come se fosse un “gradino/gradone”, questo è il movimento richiesto da quest’attività! Si tratta principalmente di simulare una camminata lungo un’interminabile scalinata o
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gradinata e nel caso dei corsi di gruppo compiere vere e proprie evoluzioni su e giù da questo “strano” gradino. Se non ci sono controindicazioni, questa metodologia di allenamento si presta bene a una svariata gamma di persone appartenenti a una fascia d’età
piuttosto ampia poiché riproduce un movimento naturale. Se ci pensiamo non c’è nulla di più naturale che camminare in salita e discesa o su e giù da gradini e scalinate. Quali sono gli obiettivi che si possono raggiungere? Indipendentemente dal tipo di step utilizzato, la caratteristica principalmente stimolata è la resistenza, l’allenamento è quasi sempre di tipo aerobico (cioè a bassa intensità e lunga durata). Il lavoro muscolare è impegnativo e a carico principal-
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mente degli arti inferiori. I muscoli direttamente interessati sono principalmente i glutei, i quadricipiti, gli ischio-crurali, il gastrocnemio, il soleo, i tibiali anteriori, i peronei mentre secondariamente gli altri componenti del core, adduttori e abduttori. L’allenamento con lo step permette di bruciare molte calorie e di raggiungere diversi obiettivi: dimagrimento, tonificazione della muscolatura della parte inferiore del corpo, aumento della resistenza generale e, se inserito in un programma studiato con attenzione, aumento delle performance negli atleti di running, ciclismo, arrampicata etc. Quali, invece, i benefici? Tra i più importanti ci sono il cambiamento della composizione corporea dovuto all’aumento del tono muscolare di glutei e gambe e il rassodamento di queste aree con il conseguente incremento del metabolismo basale (I muscoli consumano più energia). Inoltre aiuta a migliorare l’efficienza del sistema cardiovascolare/respiratorio e può contribuire a tenere sotto
controllo problemi di ipercolesterolemia, ipertensione ed altri disturbi che trovano nell’attività fisica un rimedio importante insieme a un’alimentazione bilanciata e a uno stile di vita regolare. Ci sono controindicazioni o precauzioni da adottare prima di iniziare? Innanzitutto è necessario assicurarsi di non avere disturbi o patologie a carico delle caviglie, delle ginocchia, delle anche e se lo step utilizzato è quello “da corsi di gruppo” anche a carico della colonna vertebrale. Inoltre, come si può facilmente intuire, l’utilizzo esclusivo dello step comporta una carenza di allenamento nella parte superiore del corpo che a sua volta può generare altre situazioni non ottimali. Il consiglio è quindi integrare con esercizi specifici per la parte superiore del corpo in modo da evitare squilibri e ottenere maggiori benefici (l’allenamento indipendentemente dall’obiettivo che si vuol raggiungere dovrebbe sempre coinvolgere l’intero corpo!).
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Pelle più giovane e compatta? Basta una luce ∞ A CURA DI VIOLA COMPOSTELLA
Ringiovanisce la pelle, attenua rughe e cicatrici, riduce le borse sotto gli occhi e contrasta la cellulite. Tutto in modo indolore e sicuro. È la fotobiomodulazione con LED, trattamento che sfrutta la naturale energia di questo tipo di luce (tradizionalmente usata per l’illuminazione) per stimolare, rigenerare e disintossicare le cellule della pelle. Ma come funziona? In quali casi è ef-
ficace? Lo abbiamo chiesto a Massimo De Nardi. Come agiscono i LED sulla pelle? I fotoni emessi dalla luce LED (Light Emitting Diodes), con lunghezze d’onda specifica per le cellule bersaglio, stimolano dei fotorecettori o dei substrati cellulari provocando una catena di reazioni biochimiche obiofisichecheportanoaunarisposta cellulare, detta biostimolazione
specifica. Ricerche scientifiche hanno dimostrato che le cellule del nostro organismo assorbono particelle di luce (fotoni) e trasformano la loro energia in adenosintrifosfato (ATP), la forma di energia utilizzata dalle cellule. L’aumento di ATP è quindi utilizzato per accelerare i processi metabolici; sintetizzare il DNA, RNA, proteine, enzimi e altri prodotti necessari per riparare o rigenerare i componenti cellulari.
Dalla NASA alla medicina estetica L’uso dei LED è si è affermato solo alla fine degli anni Novanta grazie alla nascita di LED superpotenti da parte del dottor Whelan e del suo gruppo di ricercatori della NASA. Negli ultimi anni la letteratura scientifica ha studiato e validato i differenti ambiti di azione della fotobiomodulazione, con trial clinici e in vitro. Dalla lunghezza d’onda della radiazione luminosa dipende il colore visibile della luce emessa. È stato dimostrato che LED di colore diverso hanno effetti diversi. Per queste applicazioni si impiegano LED particolarmente sofisticati, che emettono luce con lunghezza d’onda e intensità specifiche, identificate con studi sperimentali, che attivano precisi processi biologici.
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Più semplicemente si può dire che trasferiscono energia alle cellule “compromesse” in modo tale da aumentarne le “performance” e lo stato di salute, contrastando i processi di degenerazione. In questo modo le cellule danneggiate o compromesse possono essere riparate, altre cellule possono essere indotte a un livello maggiore di replicazione. Nel caso specifico della pelle ha un’azione anti-aging e ristrutturante, stimolando i fibroblasti (i “mattoni” della pelle) a produrre più collagene ed elastina,
DOTT. MASSIMO DE NARDI Scienze motorie Dottorando in Neuroscienze
sostanze fondamentali per mantenerla compatta e giovane. Gli effetti sono diversi in base all’intensità e alla combinazione di lunghezze d’onda (colori) impostati: > la luce rossa a 640 nm è attiva nei casi di pelle ruvida, intossicata, edematosa (con gonfiore) e nei casi di cellulite nodulare in fase iniziale; > la luce blu a 464 nm risulta efficace per il trattamento delle rughe, la pelle coperosica, contratta e congestionata; inoltre uccide i batteri responsabili dell’acne (Propionibacterium Acnes). > la luce infrarossa a 880 nm penetra in profondità e aumenta la microcircolazione, diminuendo di conseguenza l’infiammazione e attenuando il dolore. Che differenza c’è rispetto al laser o alla luce pulsata? A differenza dei laser, della luce pulsata o della radiofrequenza, i LED presenti nei dispositivi di fotobiomodulazione liberano energia a bassa intensità. Questo significa che la pelle non subisce traumi termici da calore, è un trattamento indolore, sicuro e non invasivo
che non comporta l’ablazione (rimozione) della superficie cutanea. Inoltre è solitamente molto meno cara rispetto a terapie come laser e radiofrequenza. Come si svolge una seduta? La fotobiomodulazione si avvale di pannelli luminosi, di dimensioni diverse a seconda dell’area da trattare (viso o corpo). Il pannello va tenuto il più possibile vicino alla pelle e la durata della seduta va da pochi minuti fino a mezz’ora. Quante sedute sono necessarie per vedere dei risultati? Per un risultato ottimale viene solitamente consigliato un ciclo di almeno otto/dieci sedute e un mantenimento dopo sei/12 mesi a seconda del protocollo utilizzato e della risposta individuale. Ci sono controindicazioni o situazioni per cui il suo uso è sconsigliato? Non ci sono limiti dovuti al fototipo o alla stagione, non ha effetti collaterali e ha come unica controindicazione la fotosensibilizzazione.
ATS INFORMA
La promozione della salute parte dalla scuola ∞ A CURA DI ATS BERGAMO
Promuovere la salute è un’azione strategica che ATS Bergamo, insieme con altri partner, rivolge annualmente alle istituzioni scolastiche e alle comunità del territorio con vari progetti dedicati alla prevenzione delle dipendenze delle giovani generazioni: dalle droghe all’alcol fino al gioco d’azzardo. Particolare attenzione viene posta agli interventi di prevenzione delle dipendenze a scuola, attraverso la realizzazione di corsi di formazione destinati direttamente ai docenti che, successivamente, avranno il compito di intervenire con gli studenti, realizzando attività coinvolgenti e divertenti, che hanno l’obiettivo di sviluppare le abilità di vita dei ragazzi e di accrescere le loro capacità si resistenza
alle pressioni esterne. «I principali programmi confermano le ricadute positive sui comportamenti giovanili» evidenzia Luca Biffi, psicologo e dirigente dell’Unità di Prevenzione delle Dipendenze afferente al Dipartimento d’Igiene e Prevenzione Sanitaria dell’ATS Bergamo. «Nel tempo abbiamo riscontrato da parte degli studenti partecipanti ai progetti, un uso ridotto nella prima media (scuola secondaria di primo grado), sia per gli alcolici (21% in meno) che per le sigarette (41% in meno) rispetto a quelli non partecipanti. Le progettazioni avviate con le tre ASST orobiche, promosse e sostenute da Regione Lombardia, solo in quest’ultimo anno scolastico han-
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L’OFFERTA FORMATIVA 2018-2019 L’offerta formativa per l’anno scolastico 2018-19 è stata già inviata a giugno dall’Ufficio Scolastico Territoriale a tutte le scuole che hanno così la possibilità di aderire, gratuitamente, ai progetti d’interesse entro il 30 settembre. Informazioni e dettagli sui progetti di prevenzione sul portale atsbg.it oppure contattando gli operatori del settore (035.2270591 – 586 oppure luca.biffi@ats-bg.it).
no coinvolto circa 14.000 studenti e 500 docenti distribuiti in 72 scuole del territorio». “Life Skills Training Program” è un progetto triennale, che inizia in prima media e ha l’obiettivo di potenziare le abilità degli studenti necessarie ad affrontare positivamente le situazioni critiche che incontreranno nel corso della vita. Da quest’anno il progetto è affiancato anche da un percorso formativo rivolto ai genitori realizzato in collaborazione con l’Associazione Genitori Atena. Sulla stessa lunghezza d’onda il progetto “UNPLUGGED” indirizzato alle scuole secondarie di secondo grado, mentre il progetto Giovani Spiriti, realizzato in collaborazione con l’Ufficio Scolastico di Bergamo e le ASST Bergamo Est e Papa Giovanni XXIII, affronta tematiche trasversali inerenti alcol, droghe, sicurezza stradale, gioco d’azzardo e nuove tecnologie e che prevede la possibilità di inserire ulteriori attività supplementari e facoltative, quali spettacoli teatrali a tema su alcol, droghe o gioco d’azzardo e la formazione dei genitori avviata, anche qui, in collaborazione con l’Associazione Genitori Atena. «Il progetto è studiato appositamente per gli adolescenti del biennio della scuola secondaria di secondo grado ed affronta i temi
dell’uso di sostanze legali e illegali, la guida sotto effetto di sostanze psicoattive, il gioco d’azzardo e l’utilizzo smodato di smartphone e social network» continua Luca Biffi, responsabile scientifico del progetto. «Dalla formazione dei docenti ai lavori in classe l’obiettivo è sviluppare in questi giovani alcune importanti abilità di vita, tra cui la capacità di relazionarsi agli altri pensando con la propria testa e mantenendo una propria posizione senza lasciarsi influenzare da cattivi fattori esterni e il senso critico verso le comunicazioni ingannevoli legate a possibili comportamenti a rischio». Si interviene anche nei contesti del divertimento serale e notturno attraverso la collaborazione con il progetto “Good Night” (ente capofila della Cooperativa AEPER) di cui ATS è partner e attraverso il progetto “Notti in sicurezza”, che comprende una serie d’iniziative di sensibilizzazione a tutela della prevenzione dei comportamenti a rischio legati al divertimento notturno. In particolare il Progetto “Safe Driver/Guidatore designato”, coordinato dal SerD di Bergamo dell’ASST Papa Giovanni XXIII, in sinergia con ATS Bergamo, e promosso con la collaborazione di: ASCOM Bergamo, Associazione Genitori Atena, Croce Rossa Italiana, Discoteca Bolgia, Polizia
Stradale di Bergamo e Rotary Club Dalmine Centenario che si sviluppa in numerose serate nei locali del territorio. ATS Bergamo, che propone ai frequentatori di locali ed eventi di individuare un componente del gruppo che si assuma il compito di fare da autista astenendosi dal bere. Numerose le iniziative di contrasto e prevenzione al gioco d’azzardo anche oltre la scuola, attraverso interventi in differenti contesti, che comprendono fra l’altro: i locali slot, attraverso il codice etico che ha ormai superato le 500 adesioni in provincia; la formazione delle diverse figure che impattano con il problema; la collaborazione con gli Istituti di Credito, il supporto all’Ente Locale nella stesura di regolamenti sul gioco d’azzardo.
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Lericette della salute Muffin salato Primo piatto Difficoltà di preparazione Facile
Tempo di preparazione 30 minuti
Calorie a persona 413 Kcal
INGREDIENTI per 4 persone 300 g... Farina tipo 2 300 g... Carote 50 g...... Olio extravergine d’oliva 240 ml. Latte di soia 1............ Cucchiaino di sale marino integrale 1............ Cucchiaino di erba cipollina tritata 2............ Cucchiaini di polvere lievitante con cremortartaro 1............ Pizzico di cannella qb......... Semi di sesamo neri PREPARAZIONE
SIMONETTA BARCELLA Esperta di cucina naturale Co-autrice del libro “Il Cibo della Gratitudine”
Miscelate in una ciotola la farina con il lievito e aggiungete il sale. Aggiungete latte e olio (l’impasto deve risultare molto morbido) e poi le carote frullate, la cannella e l’erba cipollina. Mettete nei pirottini e spolverate con i semi di sesamo neri. Infornate a 180 gradi per 20 minuti (il tempo è da regolare in base alla dimensione del pirottino). Servite con un pesto semplice di rucola o basilico.
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Secondo piatto Difficoltà di preparazione Facile
Tofu sott’olio INGREDIENTI qb......... Tofu qb......... Olio extravergine d’oliva qb......... Erbe aromatiche e spezie qb......... Sale marino integrale qb......... Cucchiaio di olio extravergine di oliva qb......... Pepe nero qb......... Sale PREPARAZIONE Scottate il tofu in acqua salata con qualche foglia di salvia per 10 minuti. Tagliatelo ancora caldo a tocchetti di un cm e salatelo, posizionandolo in un vasetto di vetro ben pulito. Coprite bene con l’olio e aromatizzate con le erbe scelte. Chiudete il barattolo e conservate in frigorifero almeno cinque-sei giorni prima di consumarlo. L’olio può essere utilizzato come condimento.
Come erbe aromatiche e spezie si possono usare origano, timo, coriandolo in semi… ma anche aglio, peperoncino.
Tempo di preparazione 20 minuti
Calorie a per 100 g di tofu 100 Kcal
RICETTA
Dessert DifficoltĂ di preparazione
Crema spalmabile alle nocciole INGREDIENTI per 4 persone 3............ Cucchiai di malto di riso 2............ Cucchiai di cacao amaro in polvere 3............ Cucchiai di crema di nocciole 1............ Pizzico di vaniglia qb......... Latte di riso
Facile
Tempo di preparazione 5 minuti
PREPARAZIONE Amalgamate tutti gli ingredienti aggiungendo il latte di riso fino a raggiungere la fluiditĂ gradita. Servite spalmando su pane casereccio o sulle crepes.
Calorie a persona (2 cucchiai) 160 Kcal
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ALTRE TERAPIE
Costellazioni familiari Per “rileggere” i legami del passato e imparare a vivere meglio il presente
∞ A CURA DI VIOLA COMPOSTELLA
Le costellazioni familiari sono una forma di terapia alternativa di gruppo in cui le persone cercano di ricostruire il proprio vissuto e di ricercare e ricreare i legami che influenzano la loro vita in famiglia, presente e passata. Si può ricorrere alle costellazioni familiari come metodo complementare in caso di malessere emotivo o fisico di varia natura. Ce ne parla la dottoressa Giusy Savoldi, psicologo e psicoterapeuta con formazione nella terapia con le costellazioni familiari. Dottoressa Savoldi, qual è l’origine di questa terapia? L’ideatore è lo psicologo tedesco Bert Hellinger, secondo il quale non siamo noi a decidere se nella nostra vita vogliamo seguire la via della gioia o della sofferenza poiché la nostra scelta dipende dalle emozioni irrisolte del nostro passato familiare. Esse ci si inscrivono dentro così profondamente da condizionare il nostro destino; ci legano come una cascata di informazioni inconsce, una sor-
Se vuoi sapere dove andare, torna là da dove sei venuto” (adagio africano) ta di patrimonio genetico delle emozioni, a persone del nostro passato, che possiamo anche non aver conosciuto e a eventi cui non abbiamo preso parte. Secondo i suoi studi - in parte realizzati durante una permanenza di 16 anni in Africa a contatto con la cultura Zulu - questi fatti, queste persone, anche se lontani nel tempo influiscono sul modo in cui impostiamo la nostra esistenza: noi siamo contenuti nell’anima della nostra famiglia. In Germania, dove il metodo è nato, il suo nome non parla di costellazioni ma di “messa in scena familiare”. Come avviene in pratica una sessione di costellazioni familiari? In concreto, nel caso di una costellazione familiare di gruppo, il
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partecipante presenta una propria tematica e sceglie, nel gruppo stesso, delle persone che rappresentino quei membri del suo
UNO STRUMENTO EFFICACE SOLO IN MANI ESPERTE Le costellazioni familiari sono uno strumento molto particolare che richiede cautela da parte di chi conduce. Non trattandosi di una professione regolamentata da un albo, è importante per chi fosse interessato a sperimentare questo metodo, porre attenzione alla scelta del conduttore del gruppo di costellazioni familiari, che deve possedere una buona preparazione nella relazione di aiuto e saper dosare l’intervento affinché non diventi da costruttivo distruttivo.
passato familiare che gli vengono indicati da chi guida (il cosiddetto “costellatore”) e li ”mette in scena” nello spazio al centro (è possibile anche realizzare una costellazione con modalità Individuale, insieme al conduttore). Da qui, poi, ha inizio un lavoro d’indagine e di ricerca di una buona soluzione attraverso una reviviscenza del passato: lungi dal fare ragionamenti sulle dimensioni psicologiche di un situazione si lavora su fatti accaduti e non risolti che possono tornare a esistere grazie ai rappresentanti disposti sulla scena. La soluzione si manifesta attraverso successivi passaggi, prende forma con i suoi equilibri, con le emozioni che l’abitano; emerge dalle dinamiche spontanee tra i rappresentanti che portano alla luce il vissuto emotivo bloccato e trova posto a un livello profondo
dell’anima, sia familiare, che personale, di chi ha posto la domanda. Da tutto ciò si può comprendere come lavorare con le costellazioni familiari significhi trovare e lasciare andare il legame con il passato che inconsciamente custodiamo per raggiungere una nuova armonizzazione e un nuovo equilibrio, che diventano una base sicura da cui partire, o ripartire, lasciando andare con amore e rispetto il legame antico che può aver bloccato la propria vita. Leggere una propria fatica con l’aiuto delle costellazioni familiari significa darsi la possibilità di modificare il modo di guardare al passato della propria famiglia. Possiamo entrare nella gabbia che ci stringe e andare con coraggio, amore e responsabilità fino in fondo, finché le sue sbarre non cedono. La felice conseguenza è
il passaggio da un amore che toglie le forze e ci impedisce di vivere, all’amore che permette all’energia e alla saggezza delle generazioni precedenti di scorrere fino a noi. Il futuro di un fiume, in fondo, è la sua sorgente.
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GUIDA ESAMI
Capillaroscopia quando serve ∞ A CURA DI MARIA CASTELLANO
Esame veloce e non invasivo, la capillaroscopia (o videocapillaroscopia) permette di studiare in modo approfondito i piccoli vasi sanguigni, in particolare a livello dell’ughia. Si è visto infatti che alterazioni dei capillari in quella sede possono essere la spia di disturbi funzionali ma anche di alcune patologie autoimmuni. Quali in particolare? E in cosa consiste l’esame? Risponde il professor Maurizio Pietrogrande, internista e immunoreumatologo. Professor Pietrogrande, di che tipo di esame si tratta? È un esame non invasivo eseguibile ambulatorialmente. Tramite il capillaroscopio, microscopio digitale di piccole dimensioni, è possibile evidenziare lo strato immediatamente sottostante alla superficie cutanea. Si riescono così a vedere con un ingrandimento di 100-200 volte i piccolissimi vasi (i capillari) e valutarne distribuzione e densità, forma, dimensione e anche flusso ematico al loro interno. Si riesce anche valutare il contorno e il tessuto immediatamente circostante i capillari dove, in condizioni di sofferenza, si può accumulare del liquido (edema pericapillare). Per la diagnosi di quali problemi e patologie è utile? È fondamentale nella valutazione del fenomeno di Raynaud, malattia descritta per la prima volta nella sua
tesi di dottorato dal medico francese Maurice Raynaud. Nei pazienti che presentano questo fenomeno, all’esposizione al freddo (a volta semplicemente nel passaggio dal caldo al freddo) si verifica una drastica riduzione del flusso di sangue (ischemia) nelle estremità (mani soprattutto, ma anche piedi, naso, orecchie). Di conseguenza uno o più dita, con una netta demarcazione tra zona “ischemica” e zona “normale”, diventano prima bianche, poi arrossiscono (iperemiche) e a volte si gonfiano (edema) e infine scolorano verso il blu-viola (cianotiche). Le tre fasi (che ricordano i colori della bandiera francese) possono avere durata variabile, a volte veramente fugaci, ma anche essere al contrario molto persistenti. Chi è affetto da fenomeno di Raynaud può soffrire, soprattutto in inverno, di piccole lesioni delle estremità di tipo ulceroso (la parte superiore della cute manca) e a volte necrotico (compare del tessuto nerastro o delle croste dolorose). Il fenomeno di Raynaud può esser solo un fatto funzionale, un disturbo non collegato a malattie e quindi solo un fastidioso disturbo. Per poterlo affermare però è necessario escludere che coesistano malattie che possono determinarlo, tra cui alcune potenzialmente molto serie e comunque evolutive. Il fenomeno di Raynaud, infatti, è caratteristico della Sclerosi Sistemica Progressiva (sclerodermia) e può essere, soprattutto nelle fasi precoci,
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FONDAMENTALE PER LA DIAGNOSI PRECOCE DELLA SCLERODERMIA Il fenomeno di Raynaud è un segno clinico tipico della sclerodermia, che può precedere di mesi e anni l’insorgenza di altre manifestazioni. Letteralmente “pelle dura”, la sclerodermia è una malattia cronica ed evolutiva, di origine autoimmune, che colpisce soprattutto le donne. Inizia in maniera quasi inavvertibile e porta a indurimento e ispessimento della cute in zone più o meno estese della superficie corporea dovuto a fibrosi, cioè formazione di tessuto connettivo di tipo cicatriziale. In vario grado vari organi interni (esofago, intestino, polmoni, reni e cuore) possono essere interessati da tale fenomeno. La fibrosi è conseguenza di alterazioni dovute a infiammazione autoimmune delle piccole arterie periferiche e dei capillari. Nel caso della sclerodermia la capillaroscopia evidenzia delle caratteristiche alterazioni (pattern sclerodermico) ed ora rientra tra i criteri diagnostici per questa malattia.
l’unico sintomo, anche prima della comparsa di autoanticorpi dosabili. Il fenomeno di Raynaud compare anche in molte altre malattie del connettivo autoimmuni come LES (lupus eritematoso sistemico) e malattia di Sjogren. È un sintomo importante nella crioglobulinemia mista, una rara vasculite sistemica. Inoltre può esser secondario ad
attività che si accompagnano a prolungate vibrazioni quali: suonare il pianoforte o il flauto, o (in passato) usare il martello pneumatico. Il
DOTT. MAURIZIO PIETROGRANDE Specialista in Medicina Interna Smart Clinic Orio e Stezzano
fenomeno di Raynaud si osserva spesso anche in forti fumatori. Come si esegue? Una fonte di luce coerente, opportunamente distanziata dalla superficie cutanea, è associata a un sistema di ripresa video e, tramite fibre ottiche, a un computer su cui viene evidenziata la parte in esame. La capillaroscopia periunguele, anche detta angioscopia transdermica, si esegue di solito posizionando lo strumento a livello della cuticola ungueale (la lunetta alla base delle unghie). In questa sede delle dita i capillari non sono verticali rispetto alla superficie, ma paralleli e quindi si possono ben esaminare in tutta la loro lunghezza.
Quanto dura? Ha controindicazioni? In genere circa 15 minuti. È necessario che la cuticola sia più estesa possibile, per cui si raccomanda di non fare manicure almeno nei 10 giorni precedenti all’esame, che sia anche ben visibile e quindi di evitare smalto e unghie finte. Si raccomanda non mangiarsi le unghie almeno nei 15 giorni precedenti, poiché i capillari della cuticola degli onicofagi (i mangiatori di unghie) presentano spesso alterazioni aspecifiche “da strappo” che possono falsare l’esame. Non è invasivo e non ha controindicazioni, con esclusione di persone con pelle molto scura nei quali può diventare quasi impossibile riconoscere i capillari.
ANIMALI
RUBRICHE
Alito pesante? E se fosse colpa delle gengive? ∞ A CURA DI GIULIA SAMMARCO
L’alito pesante è una delle cause più frequenti per cui il cane viene portato dal veterinario, di solito pensando a problemi di digestione. L’alitosi, questo il termine medico, invece spesso è la spia principale di una malattia parodontale. «Ovvero di un’infiammazione delle gengive che, insieme al cemento di rivestimento delle radici dentali, al legamento parodontale (il legamento che favorisce l’adesione del dente all’osso) e all’osso alveolare, costituiscono il cosiddetto apparato parodontale» spiega la dottoressa Sabrina Palazzi, medico
veterinario. «La malattia parodontale porta allo sviluppo di gengivite, la causa più comune di problemi del cavo orale nei nostri animali domestici». Dottoressa Palazzi, come si fa a sospettare che il proprio amico a quattro zampe possa soffrire di problemi alle gengive? Come appaiono le gengive sofferenti? Una gengiva infiammata sarà di colore più o meno arrossato, presenterà congestione ed edema (cioè gonfiore) e un’eventuale retrazione della gengiva stessa con
conseguente visibilità della radice. Tutto in gradi differenti a seconda della gravità. Ma quali sono le cause e i fattori di rischio di malattia parodontale nei cani? La causa principale nel mondo canino, come nell’uomo, è la placca, che consiste nell’accumulo di cibo assunto durante giornata, detriti salivari e batteri, inizialmente di consistenza molle, che aderisce alla superficie dentale. Nell’arco di 48 ore la consistenza si modifica e solidifica aderendo sempre più allo
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ANIMALI
smalto. Se non viene rimossa, la sua persistenza porta alla formazione di tartaro, ovvero un materiale che calcifica e aderisce alla superficie del dente dov’è presente la placca. Il problema è che la sua porosità lo rende una casa confortevole per i batteri che vi prolificano, causando
BOCCA SANA... IN CORPO SANO L’ igiene orale, come per l’uomo, è fondamentale non solo per la bocca, l’alito e i denti ma per tutto l’organismo. Se non trattata, oltre alla perdita dei denti, e a potenziali fratture mandibolari possono subentrare patologie respiratorie, ascessi retrobulbari e, come si è visto nell’uomo, alcune patologie cardiovascolari possono essere la conseguenza di una bocca non proprio in salute.
così irritazione e infiammazione alla gengiva. Inoltre la composizione del tartaro funge da protezione per i batteri che quindi saranno poi più difficilmente attaccati da farmaci e spazzolino. Come si può prevenire? Innanzitutto con lo spazzolino da denti. È importantissimo abituare il cane, fin da cucciolo, alla pulizia meccanica dei denti. S’inizia con una garzina imbevuta avvolta sul dito e si massaggiano denti e gengive per poi gradualmente passare allo spazzolino (in commercio ci sono anche ditali morbidi di gomma o silicone con setole finali da infilare sul dito). La pulizia quotidiana va fatta massimo ogni 48 ore per il motivo accennato sopra (la placca si modifica dopo le 48 ore), ricordandosi che è meglio una spazzolata veloce quotidiana che una più insistente settimanale. Lo spazzolino svolge l‘80% del lavoro di asportazione della placca, il 20% è lasciato invece alle paste enzimatiche per cani, una sorta di dentifricio specifico per loro. Attenzione a non usare il dentifricio umano: l’ingestione da parte del cane può causare gastriti (senza contare la tossicità dello xilitolo), quello specifico ha un gusto
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di carne decisamente più gradito. Integrazioni e snack cosiddetti di “oralcare” possono aiutare? In commercio si trovano prodotti in polvere o crocchette a base di alga che contengono fucoidano e altre sostanze che possono agire riducendo rispettivamente la formazione di placca e il deposito di tartaro. Gli snack per la pulizia possono dare un piccolo aiuto in più anche se la loro azione è solo sulla parte che agisce nella masticazione. Questi prodotti, però, una volta assimilati apportano una notevole concentrazione di zuccheri, quindi è bene prestare attenzione a quali utilizzare, privilegiando prodotti a base di parti animali disidratate ed essiccate, che conservano le proprietà nutrizionali senza aggiunte, e con consistenza gommosa. Se nonostante tutto il problema si manifesta, cosa si può fare? Se alla visita periodica il vostro veterinario riscontra una problematica gengivale con presenza di placca e tartaro il consiglio sarà quello di effettuare una valutazione della reale situazione in anestesia generale. A quel punto si provvederà alla pulizia e lucidatura dei denti,
la “detartrasi”, alla valutazione con sonda parodontale degli strati più nascosti ed eventualmente alla radiografia per valutare lo stato di salute di radici e strato osseo. Non tutto infatti è visibile: in alcuni casi
l’aspetto non corrisponde al reale stato di salute della bocca e l’unico modo per avere un quadro completo è un’indagine approfondita in anestesia generale.
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DAL TERRITORIO
NEWS
Ottobre: mese della prevenzione in rosa Anche quest’anno ottobre è il mese della prevenzione. Come ogni anno LILT - Lega italiana per la Lotta Contro i Tumori - lancia la Campagna Nastro Rosa, con il patrocinio del Ministero della Salute, con l’obiettivo di sensibilizzare un numero sempre più ampio di donne sull’importanza della prevenzione e della diagnosi precoce dei tumori della mammella. Per il mese rosa 2018 LILT ha voluto raddoppiare il messaggio con ben due testimonial d’eccezione: Filippa Lagerback e Federica Panicucci, due volti noti della televisione impegnate a ribadire l’importanza della prevenzione come una cosa bella, importante e necessaria. Anche la sezione Bergamo della LILT, come da tradizione, aderisce alla campagna: le donne bergamasche che per età non rientrano nel programma di screening mammografico di ATS, avranno la possibilità di effettuare una visita senologica gratuita presso le Unità Operative di Senologia delle strutture pubbliche e private convenzionate della città e della provincia che hanno aderito all’iniziativa. Le prenotazioni potranno essere effettuate direttamente on line dal sito www.legatumoribg.it, con una semplice procedura guidata.
NEWS
Arriva “Soffio Vitale”, l’app di AIDO per la donazione d’organi Grazie al lavoro di un gruppo di studenti dell’Istituto Guglielmo Marconi di Dalmine, la postazione multimediale “Punto AIDO - Soffio Vitale”, presente dal marzo dello scorso anno nella Hospital street dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, è diventata un’app per cellulari. L’app, tra le poche applicazioni in lingua italiana dedicate alla donazione degli organi (disponibile su Play Store e Apple Store) consente di informarsi sulla donazione e sulle attività di trapianto svolte al Papa Giovanni XXIII. I contenuti, in particolare, sono gli stessi disponibili sulla postazione multimediale touchscreen nei pressi del CUP centrale: filmati, materiale informativo sulla donazione e il trapianto di organi e tessuti e la possibilità concreta di iscriversi all’AIDO e diventare quindi donatore dopo la propria morte. Una proposta che grazie al totem hanno accolto in 900 persone, in poco più di un anno. L’iniziativa è stata promossa dall’Aido Provinciale, che ha coinvolto il Papa Giovanni XXIII e l’Ufficio Scolastico Territoriale di Bergamo.
Novità in libreria COCCOLA IL TUO INTESTINO (EDIZIONI RED) di Eve Kalinik
Il vero benessere fisico parte dall’intestino. È ormai dimostrato da medici, studiosi e nutrizionisti come cercare di raggiungere uno stato di perfetta salute intestinale sia il primo passo per stare davvero bene. Negli ultimi decenni i ritmi e le abitudini della società in cui viviamo hanno segnato profondamente la nostra salute, in particolare quella intestinale. Comportamenti alimentari
scorretti, uso eccessivo di farmaci e stress, sono fattori nemici dell’intestino e il risultato, spesso, sono sintomi come dolore, meteorismo e gonfiore. Cosa fare allora? Come spiega Eve Kalinik, autrice di “Coccola il tuo intestino” il punto d’avvio è una terapia nutrizionale, ovvero un metodo che usa semplicemente cibo e integratori naturali selezionati ad hoc per riportare l’organismo in equilibrio.
DAL TERRITORIO
FARMACIE
Un progetto al servizio del cittadino Al via il nuovo percorso diagnostico terapeutico assistenziale con farmacie, Medici di Medicina Generale e diabetologi ∞ A CURA DI GIULIA SAMMARCO
Il diabete è una malattia cronica fortemente correlata a stili di vita, che, con le sue complicanze, rappresenta un grave problema sanitario per le persone di tutte le età, di tutte le etnie e di tutte le aree geografiche sviluppate. Per questo le autorità sanitarie spendono energie e risorse per educare la popolazione a conoscere, valutare e curare il diabete attraverso il cosiddetto “percorso diagnostico terapeutico assistenziale”. All’inizio di quest’anno è partito ufficialmente un progetto che ha coinvolto le farmacie bergamasche in un più ampio percorso di attività educazionale, promosso da ATS Bergamo in collaborazione con i Medici di Medicina Generale e i diabetologi, con l’obiettivo di favorire la diagnosi precoce del diabete, monitorare l’aderenza terapeutica e soprattutto sperimentare un modello di approccio di comunità che permetta una prevenzione pri-
maria, secondaria e terziaria della malattia.Il diabete può determinare complicanze acute o croniche, che riguardano diversi organi e tessuti, che possono essere prevenute o rallentate nella loro progressione attraverso uno stretto controllo di tutti i fattori di rischio correlati alla glicemia e tramite una corretta istruzione di stili di vita. La definizione di percorsi sanitari condivisi da ospedale e territorio risulta particolarmente indicata per una gestione razionale, efficace ed economica delle patologie croniche che richiedono un approccio metodologico coordinato. La costruzione di un progetto con la definizione degli obiettivi, dei ruoli e degli ambiti di intervento, rappresenta il valore aggiunto del “percorso diagnostico terapeutico assistenziale” e il coinvolgimento multidisciplinare consente lo scambio di informazioni tra tutte le figure sanitarie coinvolte.
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«L’incidenza della malattia nella popolazione adulta è pari al 5% della stessa con una quota importante di pazienti che ignorano il proprio stato di salute ed è per questo che diventa importante porre delle domande specifiche a tutti quei soggetti a rischio di malattia» dice la dottoressa Michela Bialetti, farmacista. «I farmacisti che operano nelle farmacie territoriali dovranno proporre alcuni questionari definiti di “arruolamento pazienti” per cercare di scovare tutti quei soggetti che già sono malati e non sanno di esserlo; oppure questionari sulla aderenza terapeutica, cioè l’attenzione alla cura e alla regolarità della stessa, a tutti i pazienti che si recano in farmacia per ritirare i medicinali relativi alla patologia diabetica. I risultati di questi questionari verranno valutati secondo metodologie collaudate dagli specialisti e inviati ai medici curanti che effettueranno ulteriori accertamenti o correzioni di terapia». Il cittadino
spesso sottovaluta i rischi legati a una sedentarietà o a un eccesso di calorie introdotte normalmente a ogni pasto: verranno quindi offerti anche opuscoli educazionali mirati all’istruzione della popolazione su corretti stili di vita, una sana alimentazione e una gestione dell’esercizio fisico ottimale per ogni persona adulta. Lo scopo di tutto questo progetto è ottimizzare le risorse sanitarie attraverso la sinergia di azioni di tutta la struttura sanitaria provinciale coinvolgendo medici e farmacisti per migliorare la salute di tutti i cittadini. Se il progetto che è appena nato e partito in una zona ristretta della provincia darà i risultati sperati, verrà esteso a tutto il territorio bergamasco, dando la possibilità a tutti i cittadini di diventare persone consapevoli della propria salute e di tutti i rischi collegati a una gestione superficiale della stessa sempre accompagnati dal loro farmacista di fiducia.
IN CONCRETO > A tutti i cittadini con più di 45 anni nelle farmacie e
negli studi medici di Calusco d’Adda veniva proposto un questionario allo scopo di evidenziare il rischio di diventare diabetici in un prossimo futuro (questionario di J. Lindström and J. Tuomilehto). > Tutti coloro che superavano il punteggio stabilito venivano invitati a recarsi dal proprio medico curante per eventuali approfondimenti e veniva loro consegnato un volantino educazionale prodotto dalla ATS di Bergamo su stili di vita più sani ( movimento, alimentazione, fumo…) > I casi ritenuti dai medici meritevoli di ulteriori approfondimenti diagnostici sono stati oltre 300 e questi hanno evidenziato 15 nuove diagnosi ( 6 di diabete silente e 9 di ridotta tolleranza agli zuccheri ). > A questi 15 cittadini è stata migliorata la qualità della vita nell’immediato ed allontanato di molti anni l’inizio del percorso della malattia con notevole risparmio di sofferenza in primis e di risorse per il Servizio Sanitario. > L’ unico neo è che solo un terzo delle persone meritevoli di approfondimento si sono recate dal medico: su questo si dovrà lavorare per migliorare i risultati e verrà prestata attenzione nel prossimo test che verrà effettuato in altra sede.
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Dott. Massimo Buttinoni Esperto in Medicina Estetica e del Benessere cell. 3291769839
DAL TERRITORIO
IL LATO UMANO DELLA MEDICINA
Mente e cuore nelle mie opere ispirate dai pazienti ∞ A CURA DI LUCIO BUONANNO
A leggere la biografia di Fabio Belometti, che ci aspetta per l’intervista nel suo studio di massoterapia in via Palma il Vecchio a Bergamo, viene un po’ di timore. È cintura nera e secondo Dan di karate, istruttore di kickboxing (l’arte marziale di origine giapponese che si combatte con pugni e calci) e ha anche avuto un passato di culturismo: a soli 24 anni è stato campione lombardo di bodybuilding. Oggi, che di anni ne ha 47, continua la sua preparazione fisica in palestra, con il golf, i viaggi, le nuotate in paradisi terrestri, a cui si aggiunge la passione per la pittura o meglio opere concettuali, dove nulla è per caso. A vederlo però passa anche l’ultimo dei timori. È alla mano, non è un gigante, ha il fisico asciutto, atletico, baffi e barbetta. Ci accoglie con un sorriso: ha appena rimesso in sesto una paziente che soffriva per dolori al collo e alla schiena, una delle sue specialità su cui ha di recente scritto anche il libro “Salute amica” (Edito da BE Bruno Editore), già diventato un bestseller, nel quale offre idee e consigli pratici per migliorare il nostro benessere quotidiano. È stata la sua intensa attività sportiva a spingerlo a studiare il corpo
umano e a specializzarsi in massoterapia. «Per tre anni ho insegnato a una ventina di ragazzi la kickboxing, ci divertivamo e per me era già la realizzazione di un grande sogno. Ogni tanto ci si faceva male, mai nulla di grave, ma mi piaceva capire cosa accade nel corpo durante un trauma e come poter intervenire per alleviare i dolori» racconta. Allora lavora come elettricista cablatore in un’azienda di laser di giorno. La sera studia in una scuola privata per diventare massaggiatore, poi altri corsi a Milano per specializzarsi riuscendo anche a diventare operatore abilitato alla terapia cranio sacrale. Nel 2012 la scoperta della pittura, anzi del concettuale. Comincia quasi per caso. Una notte dà vita alla sua prima opera. La chiama “Mente e cuore”: una tela su cui campeggia sulla sinistra un cubetto trasparente che indica la mente, e sulla destra un cuore. «Mente e cuore sono la mia ispirazione» ci dice. «La mia ricerca dell’infinito. All’arte mi dedico quando finisco le sedute di massoterapia con i miei pazienti. A volte lo spunto mi viene dalle chiacchierate che faccio con i miei pazienti durante la giornata, come questo quadro che ho chiamato “Consumazione Italia”
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dove si vede il verde, il bianco e il rosso della nostra bandiera sbavare, quasi “piangere”. Nelle mie opere uso diversi materiali e tecniche, altri quadri hanno delle installazioni, oggetti di supporto per una migliore comprensione, quasi a voler fare toccare il pensiero…». Poi, guardando i tagli nelle opere di Fontana ha una brillante intuizione che diventa una delle caratteristiche dei suoi quadri. «Fontana faceva i tagli, io li cucio» continua. «Nelle mie opere faccio anche io i tagli ma poi uso ago e filo». Partecipa anche
In questa rubrica gli operatori sanitari (medici, infermieri etc.) si raccontano, facendo conoscere oltre al loro lato professionale la loro attività di artisti, volontari, atleti... Vuoi raccontare la tua storia su Bergamo Salute?
Scrivici su facebook o redazione@bgsalute.it!
a diverse mostre, molte a Genova grazie alla galleria Satura che lo scopre, con la stessa infatti partecipa anche ad una biennale nel 2015 e quest’anno al Satura International Contest, che si è tenuto dal 7 al 21 luglio scorso con la partecipazione di 131 artisti provenienti da tutto il mondo, è tra gli autori segnalati. Nel 2017 partecipa alla Triennale di Verona e incontra Vittorio Sgarbi che gli fa i complimenti e lo invita a continuare nella sua ricerca artistica. E intanto sta già lavorando ad altre opere. «Me le chiedono anche alcuni miei pazienti che le vedono esposte nel mio studio. È stata proprio una mia paziente a convincermi a dargli un quadro. Ci ho pensato un po’ perché fino a quel momento non avevo alcuna
intenzione di separarmi dalle mie opere. Lavoravo per divertimento e per passione, non pensavo certo che un giorno me le chiedessero. Nello studio, dopo le 22, o nei weekend, tolgo il mio abito da
lavoro per mettermi quello di artista e do vita alla fantasia sempre tenendo presente il mio pensiero fisso: mente e cuore che mi accompagna anche quando curo i pazienti».
o t n e m i v o m n i o s s u L
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CONVENZIONATA ASL E INAIL
A.R.M.R Associazione Ricerca Malattie Rare
INSIEME CONTRO LE MALATTIE RARE Le Malattie Rare sono un ampio gruppo di patologie (circa 6.000 secondo l’OMS), accomunate dalla bassa prevalenza nella popolazione (inferiore a cinque persone per 1.000 abitanti secondo i criteri adottati dall’Unione Europea). Con base genetica per l’80-90%, possono interessare tutti gli organi e apparati dell’organismo umano.
Incontri con i soci e gli amici di A.R.M.R /
SABATO 6 OTTOBRE Delegazione Noto (Resp. Lucia Striano) Convegno sulle Malattie Rare Relatrice dott.ssa Ariela Benigni A.R.M.R. 2019
/
VENERDÌ 19 OTTOBRE “Cena d’ Autunno” Delegazione Orobie
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SAB-DOM 20-21 OTTOBRE Partecipazione Delegazione Orobie alla Sagra delle mele di Piazza Brembana
/
SABATO 17 NOVEMBRE Cerimonia di Consegna Borse di Studio A.R.M.R.2019 Auditorium Piazza Libertà di Bergamo
Tel. +39 035 671906 fax +39 035 672699 presidenza@armr.it WWW.ARMR.IT
MALATTIA DI TANGIER, Codice di Esenzione. RCG070 Categoria. Malattie delle ghiandole endocrine, della nutrizione, del metabolismo e disturbi immunitari. Definizione. Dislipidemia ereditaria caratterizzata da marcata riduzione delle lipoproteine plasmatiche ad alta densità (HDL). Bassi livelli plasmatici di colesterolo, normali o elevati livelli di trigliceridi, accumulo di esteri del colesterolo in alcuni tessuti. Epidemiologia. La precisa incidenza della patologia è tuttora sconosciuta; si calcolano nel mondo 50 affetti; maschi e femmine risultano affetti in egual misura. Segni e sintomi. Inizialmente la malattia si manifesta con marcata riduzione delle lipoproteine plasmatiche ad alta densità (HDL), bassi livelli plasmatici di colesterolo, normali o elevati livelli di trigliceridi. Le manifestazioni cliniche dipendono dalla deposizione di esteri del colesterolo in alcuni tessuti come le adenoidi e le tonsille e, talvolta, la mucosa anale, che assumono colore giallo-arancio. Si riscontrano inoltre epatosplenomegalia, linfadenopatia, diffusa infiltrazione corneale e neuropatia periferica che può essere intermittente o lentamente progressiva e che interessa prevalentemente le fibre sensitive. L’arteriopatia coronarica è comune sia agli eterozigoti sia agli omozigoti per la malattia di Tangier. Eziologia. La causa della malattia non è nota con precisione: sembra esservi un difetto del gene che controlla la sintesi delle lipoproteine ad alta densità e conseguentemente il traffico intracellulare del colesterolo. La patologia riconosce un’eziologia genetica e una modalità di trasmissione autosomica recessiva. Test diagnostici. La diagnosi è clinica e di laboratorio. La diagnosi differenziale si pone con le altre dislipidemie congenite e acquisite. . Terapia. La terapia consiste nel ridurre al massimo l’apporto di lipidi con la dieta Dottor Angelo Serraglio Vice Presidente ARMR
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DAL TERRITORIO
TESTIMONIANZA
A piedi… sogno di un trapiantato verso Santiago de Compostela ∞ A CURA DI MARCO MINALI
Riportiamo la bellissima testimonianza scritta da Marco Minali, 47 anni di Treviolo, trapiantato di rene da venticinque anni, che quest’anno ha vissuto per la prima volta l’esperienza del Cammino di Santiago in solitaria… un sogno apparentemente “impossibile” diventato realtà. Partire per un lungo viaggio è sempre un’incognita, i dubbi ti attanagliano e i pensieri si aggrovigliano come rami degli alberi. La paura di iniziare un’avventura, solitaria e completamente nuova, spaventa. Quante domande: sarà come sto immaginando? Quali difficoltà affronterò? Sarò all’altezza? Per un trapiantato d’organo, tra l’altro, queste paure si moltiplicano enormemente, sommandosi alle domande che mi accompagnano da ben 25 anni. Le pastiglie che devo prendere regolarmente ogni otto ore, dove le metterò? Dovrò fare attenzione alle infezioni, alla stanchezza, dovrò curare i miei piedi, dovrò idratarmi molto bene, e soprattutto dovrò riposarmi per non rendere inutile il dono fattomi tanti anni fa. Un mese da solo, a piedi e percorrendo una media di 30 km tutti i giorni. Ebbene sì, avete letto bene,
tutti i giorni. Con differenti condizioni atmosferiche: sole, pioggia, nebbia, sia con il caldo sia con il freddo, in pianura e lungo le ripide salite di montagna. Questo è quanto mi aspettava prima di partire, ansia e dubbi, dipanati nei primi chilometri di cammino. Quel cammino voluto e desiderato da tempo, il primo in solitaria dalla cittadina francese San Jean Pie de Port fino alla più famosa Santiago de Compostela, dopo un percorso di oltre 800 chilometri. Mi sono preparato molto, sia fisicamente sia mentalmente: volevo assolutamente arrivare alla meta, senza sottovalutare nessun aspetto. Volevo festeggiare i miei primi 25 anni di trapianto e volevo festeggiarli con un’impresa tutta mia, da condividere con le persone che mi sono accanto e che mi hanno sostenuto in tutte le difficoltà. E così inizia l’avventura. Lo zaino è pronto, sarà la mia casa. Una casa che porterò sulle spalle e dove riporrò quanto mi serve. Una casa di sette chili, con letto, wc, armadio, farmacia. Quante cose inutili di cui ci circondiamo e che riteniamo fondamentali nella vita di tutti i giorni. Si parte lungo la prima tappa, quella più impegnativa, quella a cui ho dedicato i miei allenamenti sulle montagne della mia Bergamo. È la
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prima e più faticosa, quella che mi impegnerà per circa sette ore per 25km, lentamente si sale lungo il pendio dei Pirenei francesi. La salita è bella tosta soprattutto i primi 8 chilometri mettono alla prova le gambe dei pellegrini ma lo spettacolo merita la fatica. Il mio Angelo dal cielo ha voluto proteggermi in questa dura tappa. A metà del percorso arrivo alla croce Thibault, mi fermo a pregare. Molti mi hanno chiesto di farlo: qui credo sia la prima occasione dove riporre le speranze di molti. Il mio cammino solitario comincia a esser di gruppo. Salgo, salgo lungo una strada asfaltata che lentamente si trasforma in un sentiero di montagna, i pascoli si aprono ai miei occhi e i paesaggi sono bellissimi, mi fermo più volte a contemplare le bellezze della natura. Sono felice della vita! Quale grande seconda opportunità mi è stata regalata quel lontano 6 dicembre 1993. Arrivo al monastero di Roncisvalle, alla fine della prima tappa. Ora mi aspetta il riposo, ma dopo aver fatto il bucato e una bella doccia. Dormiamo in una grande camerata con circa 100 persone, tutti in letti a castello. Ho già incontrato pellegrini provenienti dalla Germania,
In questa rubrica pubblichiamo la storia di una persona che ha superato un incidente, un trauma, una malattia e con il suo racconto può dare speranza agli altri. Vuoi raccontare la tua storia su Bergamo Salute?
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Corea del sud, USA, ma ne incontrerò ancora molti. Le giornate sono scandite ormai in modo costante, sveglia alle 6:30. Lo zaino è già pronto per evitare di prepararlo al buio e per non svegliare chi dorme. La colazione la faccio lungo il cammino, non preoccupatevi si trovano bar e supermercati nei piccoli paesini rurali, fatti di poche case e tanti animali che incontriamo. Il pranzo sarà un panino accompagnato dall’acqua che non deve assolutamente mancare. La cena verrà fatta negli albergue che mi ospiteranno per la notte. Sono paragonabili ai nostri rifugi di montagna: pernotto e doccia, sei euro; cucina per cucinare il cibo che comprerò lungo la giornata. Incontrerò anche albergue cosiddetti a donativo, dove pagherò quello che vorrò e sarò io a decidere la tariffa in base alla mia
disponibilità economica e a quello che riterrò congruo. Così sarà al S. Nicolas, una chiesa sconsacrata. Si dorme in letti a castello ma la cosa bella è che non c’è corrente elettrica, si cena e si vive con la luce della candela. Affascinante! I volontari hanno inoltre l’usanza di lavare i piedi ai pochi pellegrini che si fermano, una pratica che dovrebbe richiamare quanto fatto da Gesù ai suoi discepoli.
Ci guardiamo attorno, in silenzio. I nostri sguardi si incrociano e scoppiamo a piangere, un pianto liberatorio. Siamo arrivati alla meta, con la nostra forza con i nostri problemi, ma siamo arrivati e non ci sembra vero. Una dedica speciale va a tutte le persone che attendono una seconda opportunità, grazie a un trapianto. Che possiate quanto prima riprendere con forza in mano la vs. vita! Tanta salute a voi! E Buen Camino.
Arrivo a Santiago, siamo in cinque pellegrini di nazionalità diverse. Ci siamo conosciuti nei giorni precedenti. Decidiamo di entrare nell’ultimo chilometro mano nella mano, fino alla piazza di fronte alla cattedrale. Siamo emozionati e silenziosi, stranamente solo poco prima ridevamo e scherzavamo come bambini, si sentiva l’agitazione. Siamo di fronte alla cattedrale, non capiamo cosa succede.
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DAL TERRITORIO
APPUNTAMENTI
Viviromano Sostenibilmente Anche per la terza edizione tante iniziative all’insegna dello stile di vita sano ∞ A CURA DI LELLA FONSECA
Viviromano giunge quest’anno alla sua terza edizione con molte novità. Infatti, oltre all’ormai tradizionale filo conduttore (promuovere e stimolare stili di vita più in sintonia con le tematiche della sostenibilità) si darà un’attenzione speciale alla salute e al benessere. Eccezionalmente, per il 40° della vittoria della Palma d’oro al Festival Internazionale del Cinema di Cannes del film “L’albero degli zoccoli”, si renderà anche omaggio a Ermanno Olmi, recentemente scomparso, con un incontro tenuto dall’esperto Maurizio Plebani. Viviromano Sostenibilmente si svolge nel centro storico di Romano di Lombardia (BG) domenica 7 ottobre, in Piazza Roma. Attorno alla piazza verrà allestita un’area “benessere” con postazio-
ni per trattamenti olistici e nuove forme di cura e attenzione per la persona e il pianeta, affiancata da un’area “salute” con stand di professionisti, farmacisti e associazioni specializzate presso le quali si potranno eseguire gratuitamente alcuni test, come la misurazione dell’indice della glicemia, della pressione arteriosa, della frequenza cardiaca, etc. Spazio anche per i più piccoli e per le famiglie con laboratori e giochi, alternando al puro divertimento momenti didattici e formativi per imparare a vivere e nutrirsi in modo naturale. Sempre in omaggio a Ermanno Olmi, per tutto il giorno in piazza ci sarà la possibilità di giocare con i passatempi di una volta: giochi artigianali e in legno, con i quali i più piccoli potranno sperimentare insieme con i propri
nonni un tuffo nel passato, non così lontano eppure così distante dalle nuove e tecnologiche modalità di gioco delle nuove generazioni. Come nelle edizioni precedenti, nelle vie centrali della città avrà luogo un mercato dei prodotti locali dove sarà possibile fare una spesa genuina e sostenibile. Durante la giornata si alterneranno interventi dei produttori che illustreranno il frutto del proprio lavoro e proporranno degustazioni guidate, affiancate dai consigli di dietisti ed esperti di alimentazione. Una buona opportunità per una giornata di svago ma anche per riflettere su quanto la nostra salute e il nostro benessere derivino da ciò che mettiamo nel piatto tutti i giorni. La facilità con cui abbiamo oggi accesso agli alimenti ci fa spesso perdere di vista l’autentico
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UN’OCCASIONE PER VISITE STORICHE E ARTISTICHE valore del cibo. Un atteggiamento, il nostro, molto lontano da quello della cultura contadina dei nostri nonni, di cui proprio Ermanno Olmi ci ha lasciato una testimonianza vivida ne “L’albero degli zoccoli”.
In concomitanza con ViviRomano avrà luogo anche la “Giornata dei Castelli, palazzi e borghi medievali”. Romano offrirà quindi a visitatori e turisti la possibilità di scoprire la Rocca viscontea, il palazzo Rubini e il caratteristico centro storico medievale con i ben conservati Portici della Misericordia.
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STRUTTURE
CAREDENT
Il Chirurgo Dott. Andrea Damiola insieme allo staff della clinica Caredent di Trescore Balneario
Impianti dentali a carico immediato Cosa sono e perché sceglierli ∞ A CURA DI FRANCESCA DOGI
Denti fissi in una sola giornata? Ritornare a sorridere in brevissimo tempo oggi è possibile grazie all’utilizzo di appositi sistemi di implantologia innovativi, come l’intervento implantologico a carico immediato. Ma in cosa consiste? Quali vantaggi offre oltre alla rapidità rispetto agli impianti “tradizionali”? Ne parliamo con il dottor Andrea Damiola, chirurgo di Caredent, network di centri dentistici, presente da più di dieci anni e in costante crescita, che si prende cura della salute dentale di oltre 80.000 pazienti in Italia, negli oltre 50 centri all’attivo. Approccio multidisciplinare, procedure medico-scientifiche rigorose, strumenti diagnostici e tecnologie all’avanguardia: questi i punti di forza per offrire servizi di odontoiatria a 360° gradi, di qualità, anche in urgenza.
Nella bergamasca i centri sono dieci, di cui uno di prossima apertura (vedi box). Dottor Damiola cos’è e come funziona l’implantologia a carico immediato? L’implantologia a carico immediato è un particolare intervento di implantologia, che si contraddistingue per la sua rapidità. Con questa procedura infatti, la protesi fissa provvisoria viene posizionata nella stessa giornata in cui vengono installate le viti in titanio che costituiscono gli impianti. Così il paziente può recuperare il suo sorriso in tempi brevissimi, senza dover aspettare i mesi necessari all’osteointegrazione della tecnica a carico differito (che prevede cioè il posizionamento degli impianti definitivi in un secondo tempo). Il
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fatto di non doversi sottoporre a ulteriori interventi e di avere subito una protesi fissa, velocizza la riabilitazione. È indicata sia nel caso che manchi solo un dente, sia in casi più importanti? La tecnica del carico immediato è adatta a ricostruire sia un singolo dente sia un’intera arcata. Nei casi di edentulia (cioè mancanza di denti) totale si può ricorrere a tecniche particolari che mirano a ricostruire le arcate con pochi impianti. Tra queste, la tecnica All on four (o All on Five/Six), una tecnica di implantologia a carico immediato che permette di ripristinare un’intera arcata dentale, installando quattro (o cinque o sei) impianti in posizioni strategiche e risolvendo così la mancanza di denti del paziente in
un’unica seduta. Gli impianti dentali devono essere inseriti in punti precisi del cavo orale, in una posizione inclinata di circa 45 gradi. In questo modo, con pochi punti di sostegno, si riesce a ottenere una base di appoggio stabile per la protesi, che verrà ancorata subito. Questa tecnica è particolarmente adatta a chi è completamente privo di denti, sia che si tratti dell’arcata superiore sia di quella inferiore. In caso contrario, nella stessa seduta verranno estratti i denti, regolarizzato l’osso alveolare, ovvero dove era alloggiato il dente estratto, per poter creare lo spazio necessario alla falsa gengiva artificiale e quindi posizionare gli impianti. Quali sono i vantaggi offerti da questa tecnica? Ed esistono, invece, controindicazioni? Partiamo dalle controindicazioni. Per sottoporsi all’intervento è infatti indispensabile avere alcuni requisiti indispensabili: una buona qualità e quantità ossea sufficiente a ospitare l’impianto; un buon supporto gengivale; è necessario che il paziente non soffra di bruxismo, non sia in terapia con bifosfonati, non sia un cardiopatico o diabetico non compensato. Per quanto riguarda invece i vantaggi, il primo è
dato sicuramente dalla rapidità con cui può tornare a mangiare e parlare tranquillamente, senza dover aspettare mesi prima di avere una protesi funzionante. Con il carico differito infatti, sarebbe costretto a trascorrere dai tre ai sei mesi con una protesi mobile, o rimanere addirittura senza denti, fino a che non si completa l’osteointegrazione (cioè, in termini semplici, l’integrazione tra osso e protesi). Solo allora, dopo un lungo periodo di disagi fisici e psicologici, potrebbe ottenere la completa riabilitazione della bocca sottoponendosi ad un secondo intervento, in cui viene fissata la corona sugli impianti. Inoltre l’intervento è poco invasivo e avvenendo tutto in un’unica seduta diminuiscono anche i costi.
di successo degli impianti a carico differito, e, nonostante siano necessari dei requisiti, nel 90% dei casi i pazienti risultano idonei alla procedura. Per qualsiasi decisione in merito alla propria salute è comunque bene chiedere il consiglio di un esperto.
Ma è efficace e sicura come la tecnica “tradizionale”? È stato accertato che gli impianti inseriti con la tecnica a carico immediato s’integrano con l’osso alla stessa maniera di quelli inseriti con il carico differito. Pertanto, si tratta di due metodologie ugualmente sicure e affidabili, nonostante per anni quella a carico immediato sia stata demonizzata. L’implantologia a carico immediato garantisce quindi la stessa percentuale
Indicativamente quanto costa? Quando si tratta di interventi odontoiatrici parlare di prezzi è sempre problematico. È difficile, infatti, fornire dei preventivi senza conoscere a fondo il singolo caso a cui si sta facendo riferimento. È sempre bene effettuare una visita completa, farsi redigere un piano di cura completo e chiedere sempre la durata e le eventuali alternative.
È un intervento doloroso? L’intervento ha una durata breve e viene effettuato in anestesia locale. Durante l’operazione quindi il paziente non prova dolore, al massimo un po’ di fastidio, soprattutto quando svanisce l’effetto dell’anestetico. Nel caso questo persista anche in fase post-operatoria, si possono assumere degli antidolorifici, che sicuramente il dentista avrà cura di prescrivere.
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Dieci centri in provincia di Bergamo Clinica di Bergamo Direttore Sanitario Dott. Sergio Migliorati Clinica di Albino Direttore Sanitario Dott. Nicola Attilio Rossi Clinica di Seriate Direttore Sanitario Dott. Ciro Susini Clinica di Ponte San Pietro Direttore Sanitario Dott. Luigi Bergamelli Clinica di Villa D’Almè Direttore Sanitario Dott. Antonio Mandracchia Clinica di Treviglio Direttore Sanitario Dott. Matteo Bazza Clinica di Stezzano Direttore Sanitario Dott. Tommaso Ballatore Responsabile Sanitario Dott.ssa Michela Zevolli Clinica di Romano di Lombardia Direttore Sanitario Dott. Pier Paolo Bergandi Clinica di Trescore Balneario Direttore Sanitario Dott.ssa Silvia Maria Arici Clinica di Curno prossima apertura
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STRUTTURE
HABILITA POLIAMBULATORIO SAN MARCO
Dalla chirurgia della colonna all’allergologia Tante novità per la salute e il benessere di grandi e piccini
∞ A CURA DI FRANCESCA DOGI
Con l’arrivo dell’autunno Habilita Poliambulatorio San Marco di Bergamo amplierà l’offerta di servizi a disposizione dell’utenza. Già attualmente la struttura di piazza Repubblica 10 accoglie diversi specialisti che visitano un numero sempre crescente di pazienti. All’interno del Poliambulatorio San Marco è presente anche un Punto Prelievi, aperto dal lunedì al sabato dalle 7.00 alle 9.00 senza bisogno di prenotare. Per venire incontro alla sempre crescente richiesta proveniente dal territorio, Habilita ha voluto implementare il ventaglio dei servizi offerti al pubblico.
Cominciamo dal nuovo servizio di chirurgia della colonna vertebrale. Nella famiglia Habilita è entrato il dottor Claudio Irace, neurochirurgo specializzato nella chirurgia della colonna vertebrale. Da settembre il dottor Irace ha iniziato la collaborazione, come specialista ambulatoriale e come Responsabile della Chirurgia Vertebrale, nelle sedi di Bergamo e di Fara Novarese. Ma chi si deve rivolgere al neurochirurgo specializzato nella chirurgia della colonna? «Le patologie principali che rientrano in questo tipo di chirurgia sono quelle degenerative. Meno frequenti, invece, sono quelle
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traumatiche e tumorali. Inizialmente ci occuperemo però soprattutto delle patologie degenerative nel tratto cervicale, dorsale e lombare. Si tratta soprattutto di ernie del disco, restringimenti del canale vertebrale, cisti sinoviali» osserva il dottor Irace. Quali sono i principali sintomi che devono far pensare che sia il caso di ricorrere a una visita dall’ortopedico o dal neurochirurgo? «Il sintomo, mal di schiena o mal di collo, di per sé, può anche essere aspecifico; lo specialista deve essere in grado di correlare tale sintomo con l’esito degli esami strumentali, partendo da un’attenta anamnesi. È vero che per un mal di schiena,
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delicate da sistemare, o comunque a piccoli interventi di chirurgia estetica. Solitamente si tratta di blefaroplastiche e ortoplastiche» osserva il dottor Casati. Qual è la tipologia di pazienti che si rivolge a lei per la chirurgia estetica? «Credo che se una persona ha dei difetti fisici e si accetta così com’è, va benissimo. Se invece questi difetti creano una situazione di fastidio e disagio si può cercare di correggerli per renderlo più felice».
ad esempio, la causa più frequente è una discopatia lombare, ma non dimentichiamo che sono sempre più frequenti delle micro infezioni della colonna lombare, “spondiliti” o “spondilodisciti”, che provocano un mal di schiena identico a quello delle persone affette da discopatia; tuttavia la diagnosi e la cura sono completamente differenti. Un mal di schiena che si risolve nel giro di pochi giorni non è preoccupante; quando comincia ad essere persistente il paziente va dal medico curante che gli indicherà qualche esame diagnostico. Se il problema continua, si rivolgerà quindi allo specialista, fisiatra, ortopedico o neurochirurgo, a seconda delle situazioni».
orticaria-angioedema, l’allergia al veleno degli imenotteri e l’allergia a farmaci» sottolinea la dottoressa Ortolani. A livello ambulatoriale, durante una visita dall’allergologo, come si può intervenire? «Per effettuare diagnosi di un’allergia respiratoria è possibile fare i prick test se si presume un problema di oculorinite allergica o di asma allergico oltre alla spirometria in quest’ultimo caso. Anche in caso di allergia alimentare, vengono effettuati i prick test che rappresentano il primo approccio diagnostico. In un secondo momento, sia per le allergie respiratorie che per quelle alimentari, è possibile fare un esame approfondito del sangue, ma solo in caso di effettiva necessità».
Un altro specialista che da fine settembre sarà a disposizione dei pazienti di Habilita Poliambulatorio San Marco Bergamo è la dottoressa
E le novità proseguono: in Habilita Poliambulatorio San Marco Bergamo è attivo infatti anche il nuovo ambulatorio di Chirurgia Plastica
Infine due aspetti che riguardano proprio la struttura del Poliambulatorio San Marco di Bergamo. Durante l’estate è stato completamente rinnovato lo spazio riservato alla fisioterapia: locali più ampi e confortevoli dove poter svolgere le sedute e un accesso più rapido e immediato anche per la piscina, completamente ristrutturata. Novità importanti anche per il servizio di
Valeria Ortolani, allergologa. «L’allergologo si occupa di diversi aspetti: tra le patologie più ricorrenti e più diffuse ci sono sicuramente la rinite allergica e l’asma. Aggiungerei poi le allergie alimentari, la sindrome
con il dottor Annibale Casati. «A livello ambulatoriale verranno effettuate delle visite di controllo ed eventualmente dei piccoli interventi. Mi riferisco soprattutto a lesioni sul viso che possono essere
Odontoiatria. L’ammodernamento degli spazi sarà accompagnato dall’arrivo di nuovi specialisti che forniranno un servizio d’alta qualità come richiesto dagli standard di Habilita.
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L’infermiere strumentista
∞ A CURA DI MARIA CASTELLANO
È una figura di grande importanza nell’ambito di un’équipe operatoria. Prepara gli strumenti necessari al chirurgo e lo assiste durante l’intervento conoscendone i tempi e le diverse fasi, agevolandone il lavoro. È l’infermiere strumentista. Qual è il percorso di studi per acquisire questa qualifica? Quali gli sbocchi professionali? Lo abbiamo chiesto a Mirella Santinello, coordinatore infermieristico del blocco operatorio, centrale di sterilizzazione e Day Surgery di Humanitas Gavazzeni e Docente al “Master in assistenza infermieristica in blocco operatorio” presso Humanitas University. Chi è l’infermiere strumentista? Lo strumentista è quella risorsa umana che nel processo di gestione della persona che si sottopone a intervento chirurgico si avvale delle proprie competenze professionali specifiche per ottenere una perfor-
mance qualitativamente elevata e, quindi, efficace per il raggiungimento del risultato pianificato e/o previsto per l’atto operatorio. Solo così dimostra di essere in grado di promuovere la “crescita” del gruppo di lavoro, attuando un processo di miglioramento e di perfezionamento interno che si ripercuote positivamente su tutto l’operato dell’organizzazione e, in modo particolare, sul paziente. Come si diventa infermiere strumentista oggi? Non esiste in Italia un percorso formativo obbligatorio per l’infermiere strumentista. Lo strumentista è quindi un infermiere in possesso di una laurea in Scienze Infermieristiche. Esistono però dei Master universitari, di primo e secondo livello, dalla durata media di 12/ 24 mesi, che perfezionano un percorso specifico quale quello dell’infermiere strumentista, dell’infermiere di sala e dell’infermiere di anestesia.
Esistono corsi di studi sul territorio o comunque vicino a Bergamo? Sì, esistono diversi Master per “assistenti di sala operatoria”, questo è la denominazione del percorso formativo post laurea, ed è possibile frequentarli a Brescia, Milano, Rozzano (Mi). In genere, il corso è strutturato con lezioni frontali in aula e simulation center per la parte teorica, alternate a periodi di pratica nei blocchi operatori di ogni specialità, dalla chirurgia generale alla traumatologia, dalla chirurgia vascolare alla neurochirurgia alla cardiochirurgia. I futuri strumentisti fanno inoltre esperienza nella sale di emodinamica dove vengono applicate tecniche interventistiche mininvasive semprepiùperformanti e tecnologicamente avanzate. Il percorso formativo comprende inoltre la gestione della strumentazione delle apparecchiature per l’endoscopia diagnostica e interventistica. Per dare una visione di
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GUIDA ALLE PROFESSIONI SANITARIE
insieme del percorso del paziente in caso di chirurgia di urgenza, la formazione prevede un periodo di studio in Pronto Soccorso, nella “camera rossa”, quella delle urgenze. I docenti offrono la loro esperienza per preparare gli studenti al mondo della sala operatoria, raccontando anche l’evoluzione delle tecnologie, i nuovi materiali protesici, le tecniche anestesiologiche. Importante è anche la conoscenza dei materiali oggi “antiquati” che permette agli operatori che vogliono dedicare la loro professione in aree povere del mondo di poter lavorare anche con pochi strumenti e non troppo moderni. In quali contesti opera l’infermiere strumentista? L’infermiere strumentista svolge la sua professione principalmente nella sale operatorie di ospedali e cliniche, oltre che negli ambulatori chirurgici. Alcuni strumentisti, dopo un periodo di esperienza in sala operatoria, possono anche in-
traprendere la via della consulenza specialistica di prodotti per ditte fornitrici di strumenti, presidi o protesi. Accennava all’assistente di sala. Che differenza c’è rispetto allo strumentista? Il profilo dell’assistente di sala operatoria vede più ruoli: da quello di strumentista, ovvero legato all’attività sul campo operatorio in senso stretto del termine, a quello legato all’infermiere fuori campo che si occupa di tutta l’attività di supporto. Il suo lavoro comprende attività di coordinamento, delega e sorveglianza per gli interventi chirurgici programmati e di emergenza. L’infermiere di sala è responsabile del corretto utilizzo e della gestione dei presidi e delle apparecchiature medicali “non sterili”, delle lampade scialitiche, dei monitor, delle stazioni per la chirurgia in laparoscopia, degli aspiratori e di tutti i collegamenti delle attrezzature “sterili” (elettrobisturi, laser, ottiche, etc.). Ha il
compito di assistere all’intervento chirurgico come lo strumentista, seguendo l’evoluzione dell’operazione e anticipando i bisogni dello strumentista; inoltre è suo compito definire le tempistiche nelle quali effettuare i compiti non strettamente legati all’intervento chirurgico (documenti, gestione materiali, gestione rifiuti). L’infermiere responsabile di sala prepara e dispone la sala operatoria per ogni intervento, a seconda del paziente in lista operatoria, della specialità chirurgica e degli operatori, affinché ogni processo sia coordinato con il resto delle attività coinvolte nell’atto chirurgico. Effettua un primo controllo sulla sterilità dello strumentario chirurgico, segue il posizionamento del paziente sul tavolo operatorio, gestisce la seduta operatoria provvedendo a mantenere il flusso operativo e avviando i processi necessari allo svolgimento dell’intervento successivo. Può anche avere ruolo di tutor.
Il lavoro dell’assistente di sala… > Sopralluogo e controllo delle sale operatorie. > Preparazione del materiale e dello strumentario necessario per l’intervento chirurgico insieme allo strumentista.. > Collaborazione con lo strumentista nella vestizione del tavolo servitore e nell’effettuazione del conteggio preoperatorio.
… e dello strumentista > Preparazione degli strumenti necessari al chirurgo. > Supervisione dell’intervento, conoscenza dei tempi e delle fasi dell’intervento, delle possibili variabili, gestione del campo operatorio e dell’equipe.
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REALTÀ SALUTE
Contro il mal di schiena serve un approccio multidisciplinare
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∞ A CURA DI FRANCESCA DOGI
Ne soffrono, secondo le stime, 7 italiani su 10. Con pesanti ripercussioni sulla vita di tutti i giorni. Al punto che rappresenta una delle principali cause di assenza dal lavoro, indipendentemente dall’età. Parliamo del mal di schiena, problema muscolo-scheletrico favorito da fattori come fumo, stress, vita sedentaria e posizioni scorrette in ufficio. Quando si presenta, oltre alle cause ossee principali (artrosi ed ernia al disco), è importante considerare la struttura muscolare per individuare l’origine del dolore. Il mal di schiena, infatti, è un termine generico usato per descrivere un ampio spettro di patologie: grazie a un approccio multidisciplinare è possibile inquadrare correttamente le cause ed elaborare così la terapia più efficace e personalizzata. Presso il Centro di Radiologia e Fisioterapia di Gorle, accreditato ATS, è attiva un’equipe per la cura delle diverse patologie della schiena: dal fisiatra al chiropratico, dal dentista al fisioterapista, dalla diagnostica per immagini all’ozonoterapia. La prima visita viene svolta dal fisiatra che, a seconda del caso specifico, coinvolge il chiropratico, l’odonto-
iatra o altre figure professionali. «La chiropratica ha come obiettivo risalire alle cause del mal di schiena, dando una spiegazione di ciò che ne provoca lo squilibrio funzionale» sottolinea il dottor Andrea Clementoni, chiropratico al Centro M.R. di Gorle. «Una volta definita la diagnosi corredata da una diagnostica mirata, con RX o RMN, il chiropratico potrà scegliere la tecnica più adeguata ed efficiente che non solo eliminerà il dolore iniziale ma permetterà al paziente di mantenere i benefici ottenuti. Per questo motivo la chiropratica ha avuto un ottimo riscontro nella cura e nel trattamento del mal di schiena e attualmente rappresenta la terapia più valida, senza ricorrere all’utilizzo di farmaci o alla chirurgia». Patologia molto comune che causa mal di schiena è l’ernia del disco intervertebrale che, nella maggior parte dei casi, non è da operare. «Contro questa sintomatologia dolorosa l’ossigeno-ozonoterapia può fare molto grazie al suo potere antinfiammatorio nei confronti del nervo e la capacità di legarsi alle molecole di acqua» spiega il dottor Ademir Festa, fisiatra operativo presso il Centro M.R. di Gorle.
CENTRO MEDICO M.R. Via Roma 28 - Gorle (BG) Tel. 035 290636 - 4236140
www.centromedicomr.it
«Consiste nella somministrazione, tramite iniezione, di ozono medicale in concentrazioni e quantità ben definite in corrispondenza del disco intervertebrale interessato dall’ernia: a seguito della riduzione di volume del disco diminuisce la pressione intradiscale che rappresenta la causa dell’infiammazione e del dolore». Molti mal schiena, infine, possono essere attribuiti all’apparato masticatorio. «Da qui l’importanza di un esame accurato dell’occlusione dei denti, della funzionalità dell’articolazione temporomandibolare, della muscolatura masticatoria e cervicale, di alcuni aspetti posturali del paziente e delle sue abitudini funzionali e parafunzionali come il digrignamento eccessivo dei denti» conclude il medico odontoiatrico Edoardo Franzini. «Il protocollo terapeutico sarà multidisciplinare, con anche un eventuale intervento fisioterapico».
Settembre/Ottobre 2018 | Bergamo Salute | 91
REALTÀ SALUTE
RSA Bramante Progetti e approcci non farmacologici dedicati alla cura cognitiva di anziani con particolari necessità
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∞ A CURA DI FRANCESCA DOGI
RSA Bramante: una struttura su cui il territorio bergamasco può contare da tempo, che da fine anno sarà completamente rinnovata. Alla fine dei lavori di ampliamento disporrà di 69 posti accreditati per accogliere persone anziane autosufficienti e non, per soggiorni temporanei o definitivi. La struttura fornisce assistenza sanitaria e infermieristica continua e qualificata e già da tempo si distingue per il suo approccio terapeutico innovativo, aperto verso tecniche e percorsi non farmacologici. Tra le numerose attività terapeutiche di questa tipologia, c’è il progetto editoriale “Il Birichino”, periodico mensile interamente redatto e curato dagli ospiti della struttura insieme allo staff, all’interno del quale vengono raccolti appuntamenti, curiosità, aneddoti di vita, ricordi. «È un progetto bellissimo, realizzato dagli ospiti della struttura insieme allo staff, dove tutti si possono raccontare: perché raccontare, appunto, non solo attiva la memoria ma stimola anche capacità come il ragionamento, il linguaggio, l’attenzione, alle quali essa è direttamente collegata» commenta la dottoressa Nicole Venturini, psicologa della struttura che segue l’iniziativa.
Il Gruppo Edos Attualmente gestisce 16 residenze Sanitarie Assistenziali dislocate in Lombardia, Piemonte, Abruzzo, Valle D’Aosta e Emilia Romagna, per un totale di circa 1400 posti letto complessivi, e offre servizi di altissima qualità, fatti di umanità, ascolto, partecipazione e grande professionalità Per saperne di più: www.edossrl.it o numero verde gratuito 800966159.
Tutti i percorsi di cura, in RSA Bramante, sono altamente personalizzati: ogni singola situazione è assistita da un progetto specifico, in cui vengono individuati bisogni assistenziali, educativi e sanitari, componendo un piano con molteplici attività, come i laboratori manuali e l’ortoterapia, nel meraviglioso contesto nel quale la struttura si trova, immersa tra le colline. Terapie non farmacologiche innovative e approcci dolci costitu-
iscono poi risorse dedicate a chi ha esigenze particolari: il “Memory training” e il “libro della vita” ad esempio, mirano a conservare le facoltà cognitive personali, ripercorrendo e ricostruendo le fasi dell’esistenza dell’ospite. Si tratta di attività interattive, che prevedono percorsi multidisciplinari seguiti dall’educatrice e sotto la supervisione di una psicologa dedicata al progetto, per un lavoro di équipe il cui focus è garantire un’efficacia reale e ad ampio spettro.
RSA BRAMANTE Via Gambirago 570 Pontida (BG) Tel. 035 783128
Struttura attiva 24 ore su 24
Settembre/Ottobre 2018 | Bergamo Salute | 93
REALTÀ SALUTE
Defibrillatore in azienda: uno strumento salva-vita
TECNO SYSTEM SRL Via Madreperla 12/B Treviglio (BG) Tel. 0363 30 17 88 info@tecnosystemsrl.org www.tecnosystemsrl.org ∞ A CURA DI FRANCESCA DOGI
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Ogni anno in Italia si registrano circa 60mila decessi per morte cardiaca improvvisa (AAC), la maggior parte dei quali provocati dalla fibrillazione ventricolare e quindi in buona parte evitabili se si intervenisse con un DAE (defibrillatore semiautomatico esterno) in tempi molto ridotti. L’AAC colpisce senza segnali premonitori, per strada, a casa, nei luoghi pubblici, al lavoro, lontano quindi da ospedali e strutture sanitarie. «In Italia il 5% degli AAC avvengono sul luogo di lavoro. Per questo da tempo cerchiamo di sensibilizzare le aziende: la legislazione non obbliga i datori di lavoro a dotarsi dell’apparecchio, ma
sarebbe altamente consigliabile farlo» dice Federico Pelicioli di Tecno System. «Le Regioni ne suggeriscono l’installazione nelle compagnie, enti, ditte, associazioni, etc. dove ci sia un elevato afflusso di utenti e anche negli Istituti scolastici di ogni ordine e grado. I datori di lavoro dovrebbero considerare che, al di là delle norme, la perdita di un dipendente a causa di un arresto cardiaco, fatalità spesso evitabile con un dispositivo dal costo certamente abbordabile per un’azienda, ha un impatto negativo sulla percezione della sicurezza in azienda». Paradossalmente le statistiche evidenziano che i defibrillatori vengono
I lavoratori più a rischio Nonostante gli eventi di morte cardiaca improvvisa (AAC) non siano prevedibili, esistono fattori lavorativi che possono contribuire a favorire o peggiorare alcune malattie cardiovascolari: > asfissia da inalazione di gas tossici > condizioni lavorative stressanti > caldo o freddo estremi > sforzo fisico > elettrocuzione (cioè la scossa elettrica).
installati nei luoghi di lavoro solo dopo che si è verificato un AAC, spesso fatale. L’INAIL ha individuato la presenza dei DAE nelle aziende e l’organizzazione di corsi Blsd (Basic life support defribillation, per insegnare ai dipendenti le manovre da compiere in caso di arresto cardiaco) tra gli interventi per il miglioramento delle condizioni di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro, in aggiunta a quelli minimi previsti per legge. Questi interventi permettono di ottenere lo “sconto per prevenzione” da parte dell’ente. «La disposizione dei DAE nelle aziende va valutata in base al numero dei lavoratori e al tipo di attività. L’efficacia del primo soccorso dipende anche dall’organizzazione di un piano di soccorso interno, dalla formazione dei lavoratori, dalla veloce reperibilità del DAE (in modo da garantire l’intervento entro cinque minuti), dalla corretta esecuzione delle manovre di rianimazione cardiopolmonare e dall’attivazione precoce del 112 (in Lombardia numero unico dell’AREU). I DAE all’interno di un’azienda dovrebbero essere percepiti alla stregua degli estintori».
Settembre/Ottobre 2018 | Bergamo Salute | 95
infoSOStenibile il periodico dal cuore green
InfoSOStenibile è una testata freepress che tratta argomenti che hanno per filo conduttore la sostenibilità economica, sociale e ambientale, intesa come opportunità per una società migliore che utilizzi in modo intelligente le risorse del pianeta. Per informazioni: 035 0514318 www.infosostenibile.it
PERIODICO SUGLI STILI DI VITA E D’IMPRESA SOSTENIBILI
REALTÀ SALUTE
Virtual Dementia Tour® (VDT®) Un viaggio nella demenza per comprendere e assistere meglio chi ne soffre ∞ A CURA DI FRANCESCA DOGI
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47 milioni di persone. Tante sono, secondo le stime, le persone nel mondo affette da demenza, un problema che riguarda innanzitutto, ovviamente, chi ne soffre, ma anche, e pesantemente, la sua famiglia e l’intera comunità in cui è inserito. La sfida oggi a livello sociale, quindi, è: come può il territorio supportare gli anziani e le loro famiglie in un bisogno che va oltre l’assistenza di tipo sanitario e coinvolge la sfera della quotidianità delle persone non più autosufficienti? Anche con progetti innovativi come il Virtual Dementia Tour® (VDT®), un percorso esperienziale, originale e scientificamente provato per costruire una maggiore comprensione del tema della demenza, ideato da P.K. Beville M.S, specialista in geriatria e fondatrice di Second Wind Dreams® (SWD®), organizzazione no profit, con sede a Roswell (Georgia), che è stata riconosciuta come la numero uno negli Stati Uniti nell’impegno per trasformare la percezione dell’invecchiamento attraverso la realizzazione dei sogni per le persone anziane. Il progetto coinvolge gli operatori professionalmente deputati all’assistenza
Associazione InsiemeAte Onlus Via Francesco Baracca 28 San Paolo d’Argon BG Numero verde 840 000 640 (per informazioni e iscrizioni) info@insieme-a-te.it
www.insieme-a-te.it
delle persone anziane, le famiglie e il contesto sociale in cui la persona fragile vive. Utilizzato per la formazione di personale in contesti clinici e/o educativi (operatori di RSA, case di riposo, servizi a domicilio, scuole di medicina etc.) - ma anche per mostrare alla comunità uno scorcio del mondo della demenza e consentire di comprenderla - ad oggi il VDT è stato condotto da una stima di oltre tre milioni di persone in 20 Paesi nel mondo. In Italia, la diffusione del VDT è stata affidata in esclusiva e per la prima volta all’Associazione InsiemeAte Onlus, un’associazione che fornisce assistenza domiciliare a favore di persone fragili e delle loro famiglie, per garantire benessere e qualità della vita all’interno della propria casa. «Durante l’esperienza del VDT, facilitatori qualificati guidano i partecipanti, equipaggiati con dispositivi brevettati che alterano i loro sensi, mentre cercano di compiere comuni mansioni quotidiane ed esercizi» spiega Paola Brignoli, direttore dell’Associazione InsiemeAte Onlus. «Il VDT permette ai caregiver di sperimentare in prima persona le difficoltà fisiche e mentali che le
persone con demenza devono affrontare quotidianamente e di usare a loro volta questa esperienza per fornire una migliore assistenza centrata sulla Persona. Per valutare il cambiamento da parte dei caregiver professionali nella comprensione dell’approccio centrato sulla persona, SWD® ha sviluppato un ulteriore strumento, il DACE® (Dementia Aware Competency Evaluation®) che utilizza specifici indicatori per valutare nel tempo i risultati della conduzione del VDT. Al momento la diffusione del progetto VDT sul territorio sta procedendo con risultati molto positivi. Di recente InsiemeAte è stata chiamata a proporre il VDT nel mese di settembre, dedicato all’Alzheimer, durante l’evento organizzato dal Dipartimento di Scienze Umane e Sociali e dal gruppo di ricerca Dementia Friendly Italia dell’Università degli Studi di Bergamo “Come fare a diventare Dementia Friendly?” E durante la giornata Alzheimer organizzata dalla Fondazione RSA Vaglietti Corsini Onlus. Abbiamo già in programmazione altre attività sul territorio”» conclude Paola Brignoli.
Bergamo Salute anno 8 | n°46 Settembre | Ottobre 2018 Direttore Responsabile Elena Buonanno Redazione Rosa Lancia redazione@bgsalute.it Grafica e impaginazione Gabriele Rota gabriele.rota@marketingkm0.it Fotografie e illustrazioni Shutterstock, Adriano Merigo, Laura Pietra Stampa Elcograf S.p.A Via Mondadori, 15 - 37131 Verona (VR) Casa Editrice Marketing km Zero Srls Via G. Zanchi, 22 – 24126 Bergamo Tel. 035.0514318 info@bgsalute.it - www.bgsalute.it Hanno collaborato Lucio Buonanno, Maria Castellano, Rita Compostella, Viola Compostella, Lella Fonseca, Marco Minali, Giulia Sammarco
COMITATO SCIENTIFICO • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • •
Dott. Diego Bonfanti - Oculista Dott.ssa Maria Viviana Bonfanti Medico Veterinario Dott. Rolando Brembilla - Ginecologo Dott.ssa Alba Maria Isabella Campione Medicina Legale e delle Assicurazioni Dott. Andrea Cazzaniga Idrologo Medico e Termale Dott. Marcello Cottini - Allergologo Pneumologo Dott. Giovanni Danesi - Otorinolaringoiatra Dott. Adolfo Di Nardo - Chirurgo generale Dott. Nicola Gaffuri - Gastroenterologo Dott.ssa Daniela Gianola - Endocrinologa Dott. Antoine Kheir - Cardiologo Dott.ssa Grazia Manfredi - Dermatologa Dott. Roberto Orlandi Ortopedico Medico dello sport Dott. Paolo Paganelli - Biologo nutrizionista Dott. Antonello Quadri - Oncologo Dott.ssa Veronica Salvi - Ostetrica Dott. Orazio Santonocito - Neurochirurgo Dott.ssa Mara Seiti - Psicologa - Psicoterapeuta Dott. Sergio Stabilini - Odontoiatra Dott. Giovanni Taveggia Medicina Fisica e Riabilitazione Dott. Massimo Tura - Urologo Dott. Paolo Valli - Fisioterapista
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Dott. Ernesto de Amici Presidente dell’Ordine dei Farmacisti di Bergamo Beatrice Mazzoleni - Presidente OPI
Iscr. Tribunale Bergamo N°26/2010 del 22/10/2010 Iscr. ROC N°26993 © 2018. Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione, anche se parziale, di qualsiasi testo o immagine. L’editore si dichiara disponibile per chi dovesse rivendicare eventuali diritti fotografici non dichiarati. I contenuti presenti su Bergamo Salute hanno scopo divulgativo e non possono in alcun modo sostituirsi a diagnosi mediche.
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