Bergamo Salute - 2019 - 53 - novembre/dicembre

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numero

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Anno 9 Novembre | Dicembre 2019

www.bgsalute.it Poste Italiane spa Sped. in Abb. Postale DL 353/2003 (Conv. in legge 27/02/2004 N.46) Art. 1 comma 1 LO/BG

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COPIE

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Influenza 2019-2020 MENO “CONTAGIOSA” MA PIÙ INSIDIOSA

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Il segreto per vivere bene? MEDITARE 10 MINUTI AL GIORNO

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“Cyclicity Diet” LA DIETA CHE SI ADATTA AGLI ORMONI FEMMINILI

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Fatbike SU GHIACCIO E SENTIERI DI MONTAGNA

Bergamo Salute è sempre con te: leggila integralmente dal tuo computer, tablet o smartphone www.bgsalute.it

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Francesco Graziano

Così sono diventato un angelo della notte Novembre/Dicembre 2019 | Bergamo Salute | 1


LA PREVENZIONE DENTALE IN PRIMO PIANO PRENOTA IL TUO CHECK UP

LA PREVENZIONE È LA MIGLIOR CURA

CENTRI ODONTOIATRICI A BERGAMO E PROVINCIA 800.688.549 Caredent Italia S.r.l. - Sedi operative di Albino (Direttore Sanitario: Dott. Nicola Attilio Rossi), Romano di Lombardia (Direttore Sanitario: Dott. Federico Previtali), Seriate (Direttore Sanitario: Dott. Tommaso Ballatore), Stezzano (Direttore Sanitario Dott.ssa Michela Zevolli, Trescore B. (Direttore Sanitario: Dott.ssa Arici Silvia Maria), Treviglio (Direttore Sanitario: Dott. Matteo Bazza), Villa d’Almè (Direttore Sanitario: Dott.ssa Korica Marija). Dental Curno S.r.l - Sede operativa di Curno (Direttore Sanitario: Dott. Matteo Braschi). Informazione sanitaria ai sensi della legge 248 (legge Bersani) del 04/08/2006.


numero

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Anno 9 Novembre | Dicembre 2019

www.bgsalute.it

EDITORIALE 7 Natale in compagnia? Fa bene a spirito e salute ) ATTUALITÀ 8 Cure miracolose in rete. I colossi del web fanno marcia indietro? ) SPECIALITÀ A-Z 10 Endocrinologia Menopausa 12 Infettivologia Influenza 2019-2020 Meno “contagiosa” ma più insidiosa 14 Ortopedia Mal di ginocchio Perché viene e cosa fare ) PERSONAGGIO 16 Francesco Graziano Così sono diventato un angelo della notte ) IN SALUTE 18 Stili di vita Il segreto per vivere bene? Meditare 10 minuti al giorno 20 Alimentazione “Cyclicity Diet”. La dieta che si adatta agli ormoni femminili 22 Panettone o pandoro? ) IN ARMONIA 24 Psicologia Kintsugi Come trasformare le ferite e la fragilità in punti di forza 26 Coppia Amori nell’era digitale

) IN FAMIGLIA 30 Dolce attesa Malattie della tiroide Le donne colpite fino a dieci volte più degli uomini 32 Bambini Disprassia Come riconoscerla e cosa fare 36 Ragazzi Postura corretta sui banchi di scuola ) IN FORMA 38 Fitness Fatbike. Per mettersi alla prova su ghiaccio e sentieri di montagna 40 Bellezza Guida alla scelta dello shampoo giusto ) ATS INFORMA 42 A Bergamo un progetto sperimentale per aiutare i malati di Alzheimer a ripristinare il ritmo di sonno-veglia ) RICETTA 46 Ciocco alberelli ) RUBRICHE 52 Altre terapie Tea tree oil. Un olio, tante virtù 54 Guida esami Esame dell’unghia 56 Animali Lacrimazione. Quando preoccuparsi

) DAL TERRITORIO 58 News 60 Onlus L’Orizzonte di Lorenzo 62 Farmacie Accesso al farmaco istruzioni per l’uso 64 Il lato umano della medicina Per 40 anni ho fatto nascere bambini. Ora faccio le sculture delle loro mamme 67 Malattie rare Sindrome di Hunter 68 Testimonianza Ero schiava dei modelli estetici irraggiungibili del web. Ora sono rinata ) STRUTTURE 70 Implantologia a carico immediato: cos’è e quando è indicata 72 In Cammino. Co-housing sociale di comunità ) REALTÀ SALUTE 74 Viktor Physio 77 Centro Medico Ponte 79 Tecno System 81 Istituto Internazionale di Kinesiologia Physis Allegato centrale: Amici di Bergamo Salute PARTECIPANTI ALLA FONDAZIONE ITALIANA PER L’EDUCAZIONE ALIMENTARE

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EDITORIALE

Natale in compagnia? Fa bene a spirito e salute

Adriano Merigo

Natale fa rima con felicità. Per i bambini sicuramente, ma anche per gli adulti (o almeno così dovrebbe). Certo, direte voi, non è così per chi ad esempio è malato, solo o si trova in difficoltà: questo periodo anzi amplifica il malessere. Forse la chiave sta nel capire cosa sia la felicità e cosa ci può davvero rendere felici. Non il denaro o i beni materiali, come la società di oggi ci spingerebbe a pensare. Ecco, il solito discorso buonista e moralista. No: è la scienza a dirlo e nello specifico una ricerca condotta dall’Harvard University iniziata nel 1938 e du-

rata per ben 75 anni. In tutti questi anni i ricercatori hanno seguito con attenzione le vite di 724 uomini, intervistandoli a intervalli regolari a proposito del loro lavoro, della loro vita familiare e della loro salute. Il risultato è stato che ciò che ci mantiene felici e sani, più che soldi e successo, sono le buone relazioni con gli altri, siano persone di famiglia, vicini di casa o colleghi. Al contrario le persone più isolate sono meno felici, si ammalano e il cervello declina più in fretta. Attenzione, però: si parla di rapporti umani in carne e ossa, non virtuali. Non importa che sia-

no sempre perfetti, perché incomprensioni e screzi fanno parte di una relazione “vera” e non conta la quantità ma la qualità. Ecco allora che il nostro augurio, per noi e per voi, è poter riscoprire il valore del rapporto con l’altro, chiunque esso sia. E quale occasione migliore del Natale, la festa per eccellenza della famiglia e degli affetti, per farlo? Ne vale la pena. Perché è da lì - come dicono gli studiosi di Harvard - che comincia la, felicità e la salute!

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ATTUALITÀ

Cure miracolose in rete I colossi del web fanno marcia indietro? ∞  A CURA DI MARIA CASTELLANO

“Nove settembre 2019. Google vieta le pubblicità di cure mediche senza basi scientifiche. Il gigante di Mountain View proibisce le inserzioni di trattamenti che possono rivelarsi ingannevoli e pericolosi”. Così titolava nei primi giorni dello scorso settembre una testata online, riferendo che Google, oramai riconosciuto come il massimo ente privato di comunicazione digitale, aveva deciso di prendere seriamente le distanze dai propri inserzionisti attivi nel campo della pubblicità e della vendita on line di pretesi rimedi “medico-salutistici”, spesso descritti come “miracolosi”. La decisione a un primo sguardo potrebbe sembrare dettata da una scelta etica dell’azienda statunitense, ma certamente nasce anche da motivazioni meno nobili, infatti si dice che Google tema di essere ulteriormente coinvolto nelle class action che pare siano in corso o in avviamento da parte di un gran numero di utenti insoddisfatti per gli “effetti” di prodotti rivelatisi ben diversi, lontani e difformi da quanto enfaticamente descritto dagli inserzionisti stessi. Sulla stessa linea anche Facebook e YouTube che sono scesi in cam-

po a luglio 2019 contro le “cure miracolose”. Lo ha riportato il Wall Street Journal, secondo il quale queste mosse sarebbero legate a un’inchiesta dello stesso giornale, da cui si deduce che i due social sono inondati di messaggi sbagliati. Travis Yeh, Product Manager di Facebook, ha annunciato che l’algoritmo che sceglie le notizie da promuovere sui profili è stato cambiato per diminuire la diffusione di post che fanno riferimento a prodotti e terapie di questo tipo. Abbiamo intervistato il professor Massimo Valverde, medico chirurgo, specialista in Patologia della Riproduzione Umana , Endocrinologia, Farmacologia e Tossicologia, riguardo alla proposta online di prodotti salutistici e di informazioni legate all’alimentazione, agli integratori e alla forma fisica in toni miracolistici. «Consiglio di diffidare di prodotti e informazioni relative alla salute provenienti da fonti non qualificate e verificabili. Sappiamo che la rete è inondata da informazioni false (fake news) in ogni campo, spesso create ad arte per fini anche malevoli e frequentemente

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condivise sui social media con leggerezza, senza controllarne la veridicità. La proliferazione delle notizie false è un dato di fatto che coinvolge aspetti giuridici, etici e la libertà di stampa e di opinione: il loro controllo e la loro eventuale eliminazione implica una forma di censura, che ovviamente pone enormi problemi etici, procedurali e tecnici. Visto il dilagare di informazioni sanitarie incontrollate e, allo stato delle cose, non potendole censurare in toto, personalmente ritengo che sarebbe

DOTT. MASSIMO VALVERDE Specialista in Patologia della Riproduzione Umana, Endocrinologia, Farmacologia e Tossicologia Direttore Sanitario Centro Medico MR Bergamo


necessario operare un controllo stringente su queste informazioni (spesso legate alla descrizione di rimedi, di terapie e di atti medici carenti se non completamente mancanti di una reale base scientifica verificata e accettata dalla comunità scientifica) ad esempio affiancando a tali informazioni delle contro-informazioni dotate di valore scientificamente oggettivo desunto dall’approfondimento dei dati accettati dalla comunità

IL MEDICO È IL PROFESSIONISTA DI RIFERIMENTO Il professor Valverde mette in guardia dall’affidarsi, anche nella vita reale, agli «esperti non qualificati sia che si parli di autodidatti sia di persone che abbiano seguito parzialmente o completamente un corso di studi in ambito biologico o sanitario, magari universitario, ma che comunque non abbiano conseguito la laurea in Medicina e Chirurgia, superato l’Esame di Abilitazione allo svolgimento della Professione medica e siano iscritti all’Ordine Professionale di competenza territoriale». Chiarisce lo specialista: «le attività che interessano direttamente la salute per legge devono essere svolte esclusivamente da professionisti formati e abilitati, anche per i risvolti di responsabilità civile, penale e assicurativa che inevitabilmente accompagnano qualsiasi attività di questo genere».

scientifica» suggerisce il professor Valverde. Professor Valverde, come clinico le capita di verificare in prima persona gli effetti della disinformazione sanitaria proveniente dalla rete? Purtroppo sì, in molte situazioni. Ad esempio ho visto pazienti diabetici, ipertesi, dislipidemici, etc. che tendono a ridursi le dosi dei farmaci o addirittura a interromperne completamente l’assunzione perché, per propria personale convinzione o seguendo suggerimenti elargiti da amici e parenti, temono che “alla fine possano far loro più male che bene” con i risultati che si possono immaginare. Un secondo esempio è la rilevazione sempre più frequente di patologie acute, soprattutto a carico del fegato, prodotte dall’assunzione di alcune spezie o estratti vegetali in dosi esagerate, secondo indicazioni che circolano massicciamente in rete. Perché informazioni senza fondamento fanno presa su un pubblico così vasto? Personalmente credo che alla base di un certo tipo di informazioni false esista una linea di pensiero “complottista“ che oramai percorre in modo trasversale tutto il mondo della comunicazione e che nello specifico ambito della salute poggia su alcuni argomenti ricorrenti quali: “il corpo non ha bisogno di medici e medicine per guarire dalle malattie, per tornare in salute basterebbe che le persone si alimentassero in modo corretto come suggerito da veri esperti ”indipendenti” (spesso non medici) che hanno studiato il tutto senza condizionamenti delle scuole ufficiali...“, “i medici non dicono mai la verità“, “alcuni medici illuminati hanno individuato da tempo le cause ed i rimedi di molte e terribili malattie ma viene loro impedito di parlare per non destabilizzare il sistema economico foraggiato dalle

aziende farmaceutiche“ “esistono terapie risolutive anche assolutamente innovative (ad esempio le cellule staminali) per qualsiasi tipo di malattia (a cominciare dai tumori) note sia da tempo e sia da tempi recenti anche a non medici e viene impedito di parlarne tenendole nascoste per non interferire con il “patto scellerato” tra i medici e le aziende farmaceutiche“, “alcuni farmaci e terapie sono tossici ma vengono prescritti e utilizzati dai medici per colpire una determinata popolazione o per incrementare il numero dei malati e quindi il sottostante e lucroso mercato della salute...“. I rischi però non riguardano solo gli acquisti online, ma anche l’uso incontrollato di prodotti che si acquistano nelle farmacie, parafarmacie, supermercati etc.. «A volte è incomprensibile come un certo tipo di informazione riesca a generare una diffidenza assoluta verso i farmaci convenzionali e una fede incrollabile in una varietà di integratori alimentari. L’uso incontrollato di questi prodotti, venduti liberamente, può anche essere altamente nocivo per la salute se non se ne conoscono e rispettano le modalità di consumo. Ad esempio l’uso e le dosi della Vitamina A presente nei farmaci registrati e autorizzati dagli organismi di controllo (Ministero della Salute, Agenzia Italiana del Farmaco, Agenzia Europea del Farmaco) è regolata da disposizioni stringenti che riguardano sia la sua dose massima sia il massimo tempo di assunzione perché al di sopra di certe dosi e tempi di assunzione, la Vitamina A è scientificamente riconosciuta come agente in grado di indurre malformazioni e morte nei feti e la comparsa o la proliferazione di alcuni tipi di tumore. E la Vitamina A non è l’unica tra i componenti dei tanti integratori ad avere controindicazioni di questa importanza» avverte il professor Valverde.

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SPECIALITÀ A-Z

ENDOCRINOLOGIA

Menopausa Stile di vita e farmaci (se servono) per limitare fastidi e rischi ∞  A CURA DI MARCELLO FILOPANTI

La menopausa è un passaggio naturale della vita di ogni donna, che si manifesta spesso con rapidi e numerosi cambiamenti fisici ed ormonali. Proprio perché è un evento fisiologico, la menopausa come tale deve essere vissuta, senza considerarla di per sé una malattia. Le donne lo sanno, ma spesso i disturbi che si presentano, dalle vampate alla tendenza ad aumentare di peso, non sono sempre facili da sopportare. Con la giusta terapia, se occorre, e alcuni accorgimenti, anche alimentari, è possibile vivere questa fase delicata in modo sereno e limitando i fastidi.

LA FINE DELL’ETÀ FERTILE, INTORNO AI 50 ANNI Strettamente parlando, con menopausa si intende l’interruzione definitiva del ciclo mestruale, causata dalla diminuzione della funzione dell’ovaio. Questo provoca una notevole riduzione degli ormoni estrogeni e di conseguenza grandi cambiamenti nell’organismo femminile. È una fase naturale nella vita

Si definisce menopausa quando sono passati 12 mesi dall’ultimo ciclo mestruale. Quest’arco di tempo, durante il quale si cominciano già ad avvertire i primi effetti dei cambiamenti ormonali che portano alla menopausa vera e propria, è definito climaterio” di una donna e non è da considerare come una malattia. Compare spontaneamente fra i 45 e i 55 anni, più frequentemente intorno ai 50. I sintomi possono iniziare anche cinque anni prima dell’ultima mestruazione (pre-menopausa). Data la lunga aspettativa di vita in Italia, la menopausa può comprendere anche un terzo della vita di una donna. Quando compare fra i 40 e i 45 anni si parla di menopausa giovanile, mentre prima dei 40

anni si definisce come precoce. In questi casi i rischi per la salute della donna possono essere significativi e quindi è consigliato rivolgersi al medico. Un fattore frequentemente associato alla menopausa giovanile e precoce è il fumo.

DALLE “VAMPATE” ALL’INSONNIA: I SINTOMI PIÙ COMUNI I sintomi più comuni della menopausa sono quelli vasomotori -le cosiddette “vampate”-, l’aumento di peso, l’insonnia e la secchezza vaginale. Più rari sono mal di testa e calo del tono dell’umore, anche fino alla depressione. Le vampate, se gravi, possono peggiorare i disturbi del sonno e dell’umore. La riduzione degli estrogeni modifica tessuti e organi soprattutto dell’apparato genitale. Per esempio, la secchezza della mucosa vaginale può comportare disturbi nel rapporto sessuale (dispareunia). Inoltre, nelle donne più anziane, la riduzione del tono muscolare della pelvi (la parte inferiore del bacino) può portare a prolasso e incontinenza.

I sintomi più comuni della menopausa

VAMPATE

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CALO DELLA LIBIDO

SECCHEZZA VAGINALE


A

DOTT. MARCELLO FILOPANTI Specialista in Endocrinologia Policlinico San Marco e Smart Clinic Le Due Torri e Oriocenter

NON SOLO FRAGILITÀ OSSEA: CON MENO ESTROGENI SALE ANCHE IL RISCHIO CARDIOVASCOLARE

gioranza dei casi non è necessaria una terapia al riguardo. È il rischio di fratture che conta in realtà e questo aumenta se sono presenti anche altre malattie, come l’artrite reumatoide, la celiachia, l’ipertiroidismo, o se si assumono farmaci, come cortisone e chemioterapici. In tutti questi casi più gravi può essere indicato un trattamento farmacologico vero e proprio, soprattutto a scopo preventivo. Anche nei casi in cui si siano già verificate, la terapia è in grado di ridurre il rischio di ulteriori fratture osteoporotiche. Se, nonostante dieta ed esposizione solare, il calcio e la vitamina D sono insufficienti, dovrebbero essere attivamente integrati.

TERAPIA ORMONALE: SÌ O NO?

Anche se la menopausa è un fenomeno normale, alcuni rischi per la salute aumentano. Primo fra tutti il rischio cardiovascolare, di infarto o di malattia coronarica, che aumenta gradualmente negli anni successivi alla menopausa. C’è poi il rischio di fratture ossee -soprattutto di femore, vertebre e polso- a causa dell’osteoporosi, cioè della riduzione del calcio nelle ossa. Un certo grado di osteoporosi è comunque fisiologico negli anni dopo la menopausa e nella mag-

Il trattamento più efficace per i sintomi correlati alla menopausa è la terapia ormonale sostitutiva (Tos), che può essere combinata, con estrogeni e progestinici, o solo estrogenica. In sostanza questo trattamento consiste nell’assumere gli ormoni che durante questa fase della vita si sono ridotti. Tuttavia, questa terapia va valutata molto attentamente a causa dei rischi che può comportare. Anche se i risultati degli studi clinici sul trattamento sostitutivo menopausale sono

SBALZI D’UMORE

INSONNIA

ancora dibattuti, sembra esserci infatti un piccolo aumento del rischio di carcinoma mammario e un più piccolo rischio di trombosi nelle pazienti che assumono questi farmaci. Dopo l’iniziale entusiasmo che aveva accolto la diffusione di queste terapie, oggi si è passati a un timore ingiustificato. Le più importanti società scientifiche, infatti, concordano sul fatto che la terapia sostitutiva menopausale possa essere una valida proposta per le donne con sintomi da menopausa medio-gravi. In alcune donne, invece, può essere sufficiente la somministrazione locale di estrogeni, con creme o ovuli, che consente di trattare i disturbi a livello della mucosa vaginale, senza grossi effetti negativi su altri organi. In ogni caso, come sempre in medicina, è necessaria una valutazione medica attenta e personalizzata per bilanciare i benefici e i rischi.

“SCALMANE” SOTTO CONTROLLO Per limitare le vampate, uno dei sintomi più fastidiosi e comuni legati alla menopausa, è utile limitare l’uso della caffeina, ridurre al minimo il consumo di alcolici e superalcolici, abolire il fumo di sigaretta. Importante è anche praticare una quantità minima e regolare di movimento fisico, con attività come il nordic walking, il trekking, lo sci di fondo, la camminata veloce, il nuoto, ma anche il ballo, il pilates, lo yoga, le arti marziali e l’allenamento funzionale con o senza pesi.

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SPECIALITÀ A-Z

INFETTIVOLOGIA

Influenza 2019-2020 Meno “contagiosa” ma più insidiosa

∞  A CURA DI FABRIZIO PREGLIASCO

Un’influenza 2019-2020 “sottotono” nel numero di malati attesi, ma più insidiosa per la circolazione di virus a maggior rischio di complicanze. Così si prospetta questa stagione influenzale, che vedrà il suo picco presumibilmente durante le vacanze di Natale. Ci aspettiamo di avere circa sei milioni di influenzati, con un’incidenza lievemente inferiore rispetto agli scorsi anni. A questi sei milioni, che saranno colpiti da vera influenza, vanno poi aggiunti altri otto milioni che contrarranno virus simil-influenzali.

I VIRUS? “VECCHIE CONOSCENZE” E NUOVE VARIANTI Quest’anno si sono diffuse due nuove varianti dei virus H3N2 e H1N1, che oltre ad avere una maggior capacità diffusiva, sono responsabili di forme influenzali che, soprattutto l’H1N1 nei bambini piccoli e l’H3N2 nei soggetti anziani e fragili, possono provocare maggiori severità e un più alto rischio di complicanze. Oltre a questi virus, saranno presenti anche il B/ Colorado e l’A/Kansas che sono varianti già conosciute dalle pre-

PROF. FABRIZIO PREGLIASCO Virologo Ricercatore del Dipartimento di Scienze biomediche per la salute dell’Università degli Studi di Milano e Direttore Sanitario dell’Irccs Galeazzi (Mi)

cedenti stagioni e altri 262 tipi di virus simil-influenzali che si differenzieranno dal fatto che, avendo un’intensità minore, procureranno sintomi più blandi.

I rimedi della nonna che funzionano A supporto della terapia farmacologica, possono essere utili i cosiddetti rimedi della nonna, in particolare brodo caldo, thè e tisane, che aiutano anche a reidratare l’organismo dai liquidi persi con la febbre, spremute di arance che danno vitamina C, ma senza eccedere per non incorrere nell’eventuale effetto collaterale di disturbi gastrointestinali, latte bollente con miele, sebbene il latte potrebbe favorire la congestione nasale aumentando la produzione di muco.

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COME RICONOSCERLA Perché si possa parlare di influenza devono essere presenti contemporaneamente tre caratteristiche. E cioè febbre improvvisa oltre i 38 gradi per più di tre giorni, sintomi respiratori tra raffreddore, mal di gola, tosse, dolori muscolari e articolari. Se non si verifica la compresenza dei tre sintomi citati si tratta di un’infezione respiratoria causata da uno dei più virus parainfluenzali.

LAVARSI LE MANI: LA PRIMA REGOLA PER EVITARE IL CONTAGIO La principale via di contagio è quella aerea attraverso le goccioline respiratorie emesse con la tosse, lo starnuto o anche semplicemente parlando. Si può però trasmettere anche per via indiretta, toccando superfici contaminate (come tasti di ascensori o manici di carrelli della spesa), poiché il virus rimane in vita per qualche minuto. Per contagiarsi basta il contatto con le goccioline di saliva emesse da una persona infetta mentre parla, tossisce e respira o anche toccare oggetti contaminati dalla saliva per favorire la diffusione e l’inoculazione del virus dell’influenza. Per abbassare questo rischio però qualche norma protettiva e preventiva può essere adottata: lavarsi accuratamente le mani con acqua e sapone risciacquandole per almeno 30 secondi, mettere le mani davanti alla bocca e al naso quando si tossisce o si starnutisce, buttare via fazzoletti usati, e restare a casa in caso di malattia ben oltre i tre giorni, passati i quali in genere si ritiene, a torto, di non essere più fonte di contagio.

L’incubazione dell’influenza dura circa una settimana e si è contagiosi da un giorno prima della comparsa dei sintomi a quattro giorni dopo. In genere, salvo complicazioni, si risolve nel giro di una settimana” RIPOSO, TANTI LIQUIDI E AUTOMEDICAZIONE CONSAPEVOLE PER RIMETTERSI IN SESTO In caso di influenza innanzitutto bisogna evitare di andare al pronto soccorso per non intasarlo e non contagiare altre persone. Meglio starsene a casa a riposo per tre-quattro giorni. È importante poi bere molto per reintegrare i liquidi e i sali minerali persi attraverso la sudorazione; fare pasti leggeri ma nutrienti, preferendo frutta e verdura. Infine, un ultimo consiglio è introdurre i probiotici nella nostra dieta (esistono sotto forma di integratori, ma sono presenti anche in alcuni alimenti come kefir, yogurt, verdure fermentate). Per quanto riguarda invece la terapia, sono sufficienti farmaci sintomatici di automedicazione per la febbre e il dolore, quindi antipiretici, antinfiammatori e analgesici. È importante però fare automedicazione corretta e responsabile utilizzando questi farmaci per attenuare i sintomi e non azzerarli, scegliendo la

Nei giovani, anche se molto raramente, si può sviluppare una polmonite virale. Nelle persone anziane invece il rischio maggiore è un sovraccarico del cuore. Quando si ha la febbre infatti il cuore batte più forte ed è sottoposto a un superlavoro.

terapia giusta per lo specifico sintomo: antistaminici in caso di gocciolamento nasale, starnuti, congiuntivite; vasocostrittori che sono contenuti negli spray nasali, contro il naso chiuso; collutori o pastiglie anti congestionanti o antisettici contro il mal di gola; sedativi, fluidificanti e mucolitici contro la tosse; antinfiammatori quali antidolorifici e antipiretici per lenire dolori e febbre. Qualora i sintomi non dovessero migliorare entro tre-quattro giorni, va consultato il medico di riferimento. Gli antibiotici invece non sono indicati come primo approccio, ma vanno utilizzati solo dopo aver effettuato una visita medica, se i sintomi dell’influenza non passano con i farmaci di automedicazione oppure se, dopo un’apparente guarigione, si manifesta un ritorno di febbre e tosse produttiva.

IL VACCINO? LA VERA ARMA DI PREVENZIONE Il vaccino resta la prevenzione più efficace, consigliata a tutta la popolazione e raccomandata nelle categorie a rischio quali anziani, malati con patologie respiratorie croniche e cardiache di qualsiasi età, bambini e donne in dolce attesa. Va detto, però, i vaccini a disposizione non ci mettono a riparo da tutti i virus, bensì solamente da quelli influenzali. In quest’ultimo caso esiste la probabilità comunque di ammalarsi nel corso dell’inverno, ma la sintomatologia sarà più attenuata e la guarigione più rapida. Gli effetti collaterali del vaccino stagionale sono minimi: nell’1% dei casi febbre, nel 10% dei casi si manifesta con sintomi locali come arrossamento e gonfiore.

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SPECIALITÀ A-Z

ORTOPEDIA

Mal di ginocchio Perché viene e cosa fare

∞  A CURA DI MARCO WALTER CASSAGO

Un dolore più o meno intenso al ginocchio può dipendere da diverse cause che variano a seconda dall’età, dallo stile di vita, dall’attività fisica che si svolge. Vediamo quali sono le più comuni e come affrontarle.

UN’ARTICOLAZIONE COMPLESSA E DELICATA L’articolazione del ginocchio comprende componenti ossee, tendinee e cartilaginee. La componente ossea è formata da: > femore, l’osso della coscia, il più lungo dello scheletro; > tibia, l’osso più grande della gamba (ossia la porzione dell’arto inferiore situata fra ginocchio e piede) ed è

posizionato anteriormente; > rotula, l’osso del ginocchio che protegge l’articolazione e costituisce il punto di inserzione dei muscoli che sovrintendono al movimento dell’arto inferiore. Le superfici ossee che entrano in contatto reciproco sono rivestite di cartilagine a scopo protettivo, per limitare i danni che l’attrito esercita durante il movimento relativo e assorbire gli urti. La componente muscolare del ginocchio, invece, è rappresentata principalmente da: > quadricipite femorale, situato nella porzione anteriore della coscia, che flette rispetto alla gamba;

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> bicipite femorale, situato nella porzione posteriore della coscia, che estende rispetto alla gamba; > muscolo tensore della fascia lata, muscolo laterale che allontana la gamba dalla linea mediana verticale. Ci sono poi i legamenti (che hanno la funzione di tenere unite le ossa), che collegano i quattro capi del quadricipite femorale alla rotula (due collaterali e due crociati); i menischi, cioè due dischetti a forma di mezzaluna che separano il femore dalla tibia a livello del ginocchio e hanno la funzione di assorbire gli urti e ammortizzare lo scarico del peso di tutto il corpo sulla gamba.


L’articolazione è contenuta in una struttura protettiva fibrosa (la capsula sinoviale), rivestita al suo interno da un tessuto morbido detto membrana sinoviale, che permette alle strutture anatomiche il moto relativo limitando l’attrito.

LE CAUSE PIÙ FREQUENTI: TRAUMI NEI GIOVANI, ARTROSI NEGLI ANZIANI Il dolore al ginocchio può essere generato da traumi (urti o movimenti che forzano le sue fisiologiche possibilità di movimento) oppure da fenomeni degenerativi, tumorali o infettivi. Possono essere malattie acute o croniche, primarie o conseguenti a disturbi che riguardano altri distretti. Quest’ultimo caso è rappresentato anche da fenomeni patologici che colpiscono la gamba (in altre sedi) o i piedi e che, comportando anomalie della deambulazione, si ripercuotono sulla salute del ginocchio. Nei giovani, si tratta principalmente di patologie associate all’accrescimento, mentre nelle persone adulte di malattie degenerative e fenomeni connessi all’invecchiamento e al disallineamento delle strutture ossee dell’arto inferiore.

IL PRIMO RIMEDIO: STARE A RIPOSO La prima medicina contro il dolore al ginocchio è stare a riposo per un tempo variabile a seconda dell’entità del problema. Nel frattempo dolore, infiammazione e gonfiore possono essere combattuti con impacchi freddi, bendaggio compressivo e antidolorifici o antinfiammatori da assumere per via orale o da applicare a livello topico. Anche tenere il ginocchio sollevato può aiutare a contrastare il gonfiore. In casi più seri possono essere necessari un tutore o iniezioni di steroidi, di acido ialuronico o di plasma arricchito di piastrine da far eseguire da personale sanitario. Altre volte bisogna assumere terapie a base di farmaci specifici contro le patologie che causano il dolore, ed eventuali lesioni possono richiedere un intervento chirurgico; fra le possibili opzioni sono incluse l’artroscopia e l’inserimento di protesi.

IMPORTANTE UN’ATTENTA RIABILITAZIONE A seguito di un trauma al ginocchio trattato sia in modo conservativo (cioè con terapie non invasive) sia con un intervento chirurgico, è comunque sempre indispensabile

DOTT. MARCO WALTER CASSAGO Specialista in Ortopedia e Traumatologia e Medicina dello Sport Istituto Clinico Quarenghi San Pellegrino Terme (BG)

una fase riabilitativa per lo più ambulatoriale, da svolgersi in centri altamente specializzati e certificati, dotati di moderne attrezzature, seguendo percorsi “rieducativi” personalizzati prescritti dal medico fisiatra sulla base della relazione del medico ortopedico e guidati da esperti fisioterapisti abilitati. Vanno infatti evitate soluzioni riabilitative improvvisate o eseguite da operatori privi delle adeguate abilitazioni professionali, per evitare danni importanti a un’articolazione delicata e complessa come quella del ginocchio.

Occhio al peso Prendersi cura della propria forma fisica può aiutare a ridurre il dolore al ginocchio. Il problema può infatti essere associato a un peso eccessivo che stressa l’articolazione, o a una scarsa forza o flessibilità dei muscoli che la circondano. Per questo anche un’alimentazione adeguata e un’attività fisica adeguata e regolare aiutano a combattere e prevenire il dolore al ginocchio.

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PERSONAGGIO

FRANCESCO GRAZIANO

Così sono diventato un angelo della notte Intervista al coordinatore dei “City Angels” di Bergamo ∞  A CURA DI LUCIO BUONANNO

Di giorno si occupa di sicurezza sui posti di lavoro all’Ospedale San Raffaele di Milano, la sera, quando rientra a Bergamo indossa la divisa dei “City Angels” per girare le zone più a rischio della città, come la stazione dei treni e delle autolinee, la Clementina, Malpensata portando con la sua squadra un sorriso, cibo e abiti, ma soprattutto un aiuto morale, una parola di speranza e di conforto dialogando con i più derelitti, con chi vive per strada. Insomma, con i suoi compagni, cerca di aiutare chi ha bisogno come i senzatetto, i tossicodipendenti, gli alcolisti, i disabili, le vittime della criminalità, o accompagnando quelle persone che non si sentono sicure quando cala il buio, o soccorrendo le persone colpite da malore o ferite.

Il suo nome di battaglia è “Night“. Tutti i “City Angels” hanno un soprannome. In realtà si chiama Francesco Graziano, ha 39 anni, è laureato in ingegneria biomedica ma da anni si è specializzato in sicurezza sui posti di lavoro, per qualche anno ha lavorato anche allo stadio di Bergamo. È sposato con Antonella, un’insegnante di origine siciliana, ha una figlia Arianna che ha due anni e mezzo ed è in attesa, a breve, del secondogenito. Ha un solo hobby: la fotografia che l’appassiona e lo emoziona soprattutto quando riprende la sua bambina. Da due anni è il coordinatore della sede di Bergamo dei “City Angels”. «Ci sono entrato per caso grazie a Teo Mangione di Radio Alta» dice. «Sono una delle “sentinelle” della sua trasmissione mattutina “Cola-

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zione con Radio Alta”. Segnalo le criticità del traffico o fatti di cronaca. E tramite Teo ho conosciuto Mario Furlan, il fondatore dei “City Angels”. Ho provato come volontario ed è stata un’esperienza molto positiva. E così è iniziata la mia storia di volontario. Il percorso ha previsto un primo affiancamento come ausiliario e, successivamente, ho dovuto sostenere un corso di formazione per essere preparato ad affrontare qualsiasi problema. Usciamo in squadre composte da tre, quattro o cinque “City Angels”, io soprattutto il giovedì sera, è un impegno e spesso si fanno anche sacrifici. Ma aiutare chi è in difficoltà ti dà una carica, un’emozione che nessun soldo può dare. Con loro parliamo, cerchiamo di stringere un rapporto di amicizia e di fiducia. Solo così possiamo aiutarli davvero.


Le loro storie spesso sono terribili. Noi siamo stati fortunati, abbiamo avuto dei saldi principi, delle famiglie sane alle spalle, abbiamo studiato, loro purtroppo spesso hanno conosciuto solo la miseria economica e morale e si sono lasciati andare compromettendo la loro vita, e vivono per strada. E noi, volontari di strada, cerchiamo di aiutarli. Facciamo lo stesso con i tossicodipendenti con l’obiettivo di indirizzarli verso un percorso di disintossicazione, di recupero». A Bergamo i volontari dei “City Angels” sono 25 che operano nelle notti dal martedì al venerdì e sono riconoscibili per la loro divisa: basco blu e maglietta o giubba rossa. «Il basco è simbolo di pace e ricorda i caschi blu dell’ONU» spiega “Night”. «La giubba ha il nostro logo, un’aquila che protegge la città, il rosso è il colore dell’emergenza e della solidarietà». Solidarietà, emergenza, sicurezza sono le tre parole d’ordine dell’Associazione nata nel 1994 a Milano alla Stazione centrale, una delle zone più problematiche, per iniziativa di Mario Furlan, collega giornalista e docente universitario, con lo scopo principale di assistere gli emarginati e tutelare i cittadini vittime della delinquenza. In 25 anni l’associazione ha fatto passi da gigante, vincendo due “Ambrogini d’oro”, il massimo riconoscimento del Comune di Milano e tanti altri premi. Ora è presente in 19 città italiane e in due in Svizzera. A Bergamo è arrivata nel 2013 e ha subito ottenuto importanti riconoscimenti e il sostegno del Comune che ha messo a disposizione l’attuale sede di via

Bono. D’altronde l’associazione ha un’attività duplice. «Prima di tutto la solidarietà verso i più deboli, verso chi viene emarginato» spiega Francesco. «Ma il vero problema attuale è quello dei più bisognosi, di quelli cioè che non arrivano a fine mese e hanno vergogna a chiedere aiuto alle altre associazioni o alle mense per i poveri. Noi distribuiamo vestiario e generi alimentari. Alla solidarietà si aggiunge il capitolo sicurezza e collaboriamo con le forze dell’ordine, la Croce Rossa, la Caritas per le situazioni di emergenza». Per il loro impegno i “City Angels” hanno ottenuto l’attestato di ”Benemerenza cittadina” dal Comune di Bergamo. «È stata un’emozione incredibile» dice il coordinatore «salire sul palco con tutti i volontari ed essere premiati direttamente dal sindaco». Un premio che fa dimenticare anche le aggressioni personali e alla sede. «Hanno danneggiato la porta. Abbiamo idea di chi sia stato, un ragazzo che ora, anche se non ha mai voluto ammettere di essere stato lui l’autore si dimostra pentito

con i fatti. L’assessore Messina ci ha aiutato per la sostituzione della porta che sarà aggiustata, è uscita con noi una sera ed è stata una serata abbastanza movimentata tra litigi e richieste di supporto al 118. Lei si è resa conto di persona del lavoro che facciamo e di cosa possiamo rischiare. Lo scorso anno abbiamo donato alla cittadinanza circa 5 mila ore di volontariato, sia per attività di servizio che per attività diurne come servizi ai cortei, ai concerti, ad alcune manifestazioni. Da volontari, senza ricevere un euro. Un grosso problema. Per aiutare i più disperati abbiamo bisogno di un fondo, di un furgone, anche usato. Ora quando serve usiamo le nostre auto per portare vestiario e cibo a chi ne ha bisogno o semplicemente per raggiungere i quartieri più periferici. Tutto sulle nostre spalle e sulle nostre tasche, anche per la parte di assicurazione dei volontari o per l’acquisto delle divise. Abbiamo qualche sovvenzione ma non basta. Purtroppo la gente che ci chiede aiuto è sempre più numerosa, soprattutto nel periodo invernale».

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STILI DI VITA

Il segreto per vivere bene? Meditare 10 minuti al giorno ∞  A CURA DI MARIA CASTELLANO

Dieci minuti di meditazione al giorno. Tanto basterebbe per vivere meglio. A dirlo sono sempre più ricerche scientifiche che ne evidenziano i benefici per corpo e mente. Attenzione però: bisogna essere costanti. Perché allora non provare? Ma da dove iniziare? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Enrica Desdorides, psicologa e psicoterapeuta. Dottoressa Des Dorides, innanzitutto che cos’è la meditazione? La parola meditazione deriva dal latino meditatio che significa riflessione. Indica una pratica di consapevolezza che si utilizza per raggiungere una maggiore padronanza delle attività di concentrazio-

ne del cervello. L’obiettivo è zittire il chiacchiericcio della mente per recuperare una condizione di tranquillità e di pace interiore. Diverse sono le tecniche di meditazione esistenti, utilizzate da religioni millenarie, dalle culture orientali e dalle discipline umanistiche. Le moderne psicologie le applicano come strumenti di rilassamento per mitigare lo stress, per la crescita della consapevolezza e la cura di sé. Come si può cominciare a meditare? Sarebbe utile avere a disposizione del tempo da dedicare a se stessi e individuare un luogo tranquillo e silenzioso in cui si può rimanere indisturbati. La posizione che viene spesso consigliata è seduti con le

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gambe incrociate nella posizione del loto con la schiena diritta e testa e collo eretti. Si può iniziare con tecniche di rilassamento che per-

DOTT. SSA ENRICA DES DORIDES Psicologa e Psicoterapeuta A Bergamo, Seriate, Gorlago e Trescore.


Il silenzio è il presupposto per creare le condizioni per lasciare il mondo fuori e dirigere l’attenzione all’interno. Non siamo abituati, ma accedere a uno stato interiore in cui la mente fa silenzio permette di conoscere se stessi, ascoltare le proprie emozioni, entrare in contatto con la propria natura più profonda e sviluppare la capacità intuitiva. Creare questa condizione di vuoto migliora la concentrazione, permette di liberare creatività e migliorare il rapporto con se stessi e con gli altri”


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STILI DI VITA

mettono di entrare in contatto con il proprio respiro, tenendo gli occhi chiusi e focalizzandosi sull’aria che entra ed esce e sul movimento del torace che si solleva e si abbassa. Non importa se si stia sdraiati o seduti: l’importante è sentire i punti di contatto del corpo sulla superficie di appoggio e rilassare quei punti. La mente non abituata potrebbe quindi vagare producendo pensieri che possono essere ricondotti al respiro. Si può iniziare per 10-15 minuti per poi aumentare la durata della pratica. Chi non ama stare fermo può praticare la meditazione dinamica in movimento portando consapevolezza sul momento presente durante azioni quotidiane come ad esempio camminare. Cosa accade al cervello durante la meditazione? Il silenzio ha un effetto benefico di modulazione sul cervello. L’assenza di rumore permette alla nostra “materia grigia” di modificarsi, gestire le emozioni e potenziare la memoria. La memoria a breve termine in particolare migliora con l’esperienza meditativa grazie a piccole sedute quotidiane. Inoltre la mente si libera dai pensieri negativi. Quali sono i benefici della meditazione e del rilassamento? Molti neuroscienziati sostengono con evidenze scientifiche i benefici della meditazione sullo stato di salute. Meditare è un allenamento per corpo e spirito che aiuta a ripristinare uno stato di equilibrio e benessere interiore. Chi medita sperimenta maggiore produttività sul lavoro e nello studio in quanto il cervello ha maggiore capacità di concentrazione. Una pratica

regolare permette di prevenire e alleviare stati di ansia, stress e depressione. La qualità del sonno migliora, le difese immunitarie si rinforzano. La forza e la vitalità aumentano così come la resistenza al dolore e alla fatica. In ambito relazionale i rapporti con le persone migliorano grazie a una maggiore empatia e propensione a comportamenti virtuosi. La meditazione chiamata mindfulness diminuisce sensibilmente la ruminazione mentale e i pensieri disfunzionali. La nostra mente ha una tendenza proattiva ad anticipare gli eventi per prepararsi ad essi: la pianificazione per alcuni aspetti può essere vantaggiosa, ma quando è eccessiva non permette di godersi il presente. Con la meditazione impariamo a coltivare una mente silenziosa che vive nel qui e ora. Ci sono frasi che aiutano a meditare? Molte pratiche meditative si avvalgono dell’utilizzo di frasi su cui riflettere che hanno lo scopo di calmare la mente. Aforismi, frasi celebri di maestri illuminati o personaggi della storia o della filosofia, citazioni illustri possono ispirare alla crescita e alla spiritualità. Chi ha difficoltà ad addormentarsi per i troppi pensieri e preoccupazioni potrebbe giovarsi nel portare la mente verso una o più frasi su cui riflettere per attivare la fiducia, la speranza e la pace. Si può imparare a costruire frasi positive e incoraggianti da ripetersi prima di prendere sonno per predisporsi al meglio. “Immagina come sarebbe bello se...”. In questo modo la mente si nutre di benessere e di creatività.

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AFORISMI PER INIZIARE “Chi vive in armonia con se stesso, vive in armonia con tutto l’universo” Marco Aurelio “Meditare è guardare in profondità nel cuore delle cose”. Thich Nhat Hanh “Il dono di imparare a meditare è il dono più grande che puoi dare a te stesso in questa vita”. Sogyal Rinpoche “Chi non medita è come colui che non si specchia mai”. Padre Pio “Trovare uno spazio di solitudine per meditare non è isolarsi dagli uomini, ma permettere che essi entrino a far parte di noi”. George Bernanos “Insegnerete la meditazione e la preghiera perché in questo modo l’anima si dilata”. Antoine de Saint-Exupery “Quando inspiri, torni a te stesso. Quando espiri rilasci ogni tensione”. Thich Nhat Hanh



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ALIMENTAZIONE

“Cyclicity Diet” La dieta che si adatta agli ormoni femminili ∞  A CURA DI VIOLA COMPOSTELLA

Una dieta che cambia durante i 28 giorni del ciclo mestruale, assecondando le naturali variazioni ormonali e dell’appetito. Si chiama Cyclicity Diet ed è stata ideata da Ennio Avolio e Claudio Pecorella, biologi nutrizionisti, con l’obiettivo di aiutare le donne a perdere peso in modo sano, ma soprattutto a vivere meglio e più a lungo, contrastando allo stesso tempo l’infiammazione correlata a sovrappeso e obesità. Il piano alimentare, descritto anche nell’omonimo libro dai due biologi nutrizionisti (Falco Editore), è anche oggetto di sperimentazione clinica per pazienti che soffrono di patologie come l’ovaio policistico, l’endometriosi e patologie cardiovascolari, grazie alla collaborazione di tre università - Tor Vergata,

Università della Calabria e University of California di San Diego.

UNA QUESTIONE DI ESTROGENI E PROGESTERONE È esperienza comune che in alcuni giorni del mese si ha più fame di dolci, in altri meno. È normale. Gli estrogeni riducono l’appetito e l’assorbimento dell’energia a livello metabolico, mentre il progesterone ha un effetto appetito-stimolante. Conoscere gli effetti di questi ormoni sul comportamento alimentare, oltre che sull’umore, è il primo passo per riuscire a “controllarli” e mettere a punto strategie efficaci per perdere peso senza troppe rinunce. Attenzione, però, perché la dieta sia efficace - avvertono i due ide-

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ANCHE L’ATTIVITÀ FISICA DEVE ESSERE “CICLICA” Anche l’esercizio fisico dovrebbe cambia durante i 28 giorni. Nei primi giorni del ciclo è consigliabile un’attività leggera, come yoga, stretching, walking, meditazione, perché le capacità di sforzo sono ridotte. Dal 5° all‘11° giorno si può aumentare l’intensità dell’allenamento, alternando cardiofitness con pesi. Questo tipo di allenamento può continuare fino al 21° giorno, quando le “energie” ricominciano a diminuire.


atori - è fondamentale seguirla in cicli regolari, per tutti e 28 i giorni, iniziando dal primo giorno del ciclo, cioè l’inizio della mestruazione. Nelle prime due settimane, cioè dal 1° giorno della mestruazione al 14-17° giorno, periodo di ovulazione, grazie agli estrogeni il metabolismo è più attivo e anche l’equilibrio glicemico è migliore. Durante le due settimane successive all’ovulazione, cioè dal 18° al 28° giorno (se il ciclo è regolare), si comincia a percepire una sorta di “frenata”, aumento del gonfiore e ritenzione idrica, oltre che voglia di dolci. È proprio in questa fase che il metabolismo e la gestione degli zuccheri da parte dell’insulina cambia e dovrebbe quindi cambiare l’alimentazione. Vediamola allora un po’ più nel dettaglio.

A CIASCUNA FASE I CIBI GIUSTI: MESTRUAZIONI (1-4 GIORNO) L’organismo consuma più carboidrati che grassi. Per questo è utile ridurre i cibi ricchi di grassi. Deve essere, invece, aumentato il consumo di carboidrati, meglio se provenienti da frutta e verdura di stagione. Per contrastare stanchezza e debolezza, poi, via libera a cibi ricchi di ferro, come carne rossa, salmone e tonno, fagioli,

ma anche alla frutta secca, ricca di magnesio.

FASE FOLLICOLARE (5-11 GIORNO) È utile assumere alimenti ricchi di antiossidanti, sostanze in grado di contrastare i radicali liberi responsabili dell’invecchiamento cellulare e di aiutare a riparare i danni causati dall’infiammazione. Buone fonti sono il pesce azzurro, ricco di acidi grassi essenziali Omega 3, frutti di bosco, cavoli, broccoli. In questa fase può essere indicato anche seguire digiuni intermittenti di 16 ore: favoriscono l’innalzamento dell’umore e aiutano a combattere livelli d’infiammazione insieme al mantenimento del peso e al rafforzamento del sistema immunitario.

FASE PERIOVULATORIA (12-15 GIORNO) Con l’aumento degli estrogeni inizia a diminuire il senso di fame, quindi è bene approfittarne per ridurre i carboidrati, aumentando invece proteine e verdure.

FASE LUTEALE (16-28 GIORNO) Il senso di fame ricomincia a crescere a causa dell’aumento del progesterone. Per rispondere a questa esigenza fisiologica è

previsto un aumento dell’introito calorico. In particolare, si può aggiungere uno spuntino dopo cena con cioccolato fondente o frutta secca per controllare la voglia di “dolce” tipica di questi giorni.

UN AIUTO ANCHE IN MENOPAUSA La dieta ciclica può essere seguita anche nelle fasi di transizione alla menopausa e in menopausa. In particolare devono essere privilegiati cibi anti-età, ricchi di proprietà antiossidanti come cioccolato fondente, olio extra vergine d’oliva, frutta secca, avocado, frutti di bosco, curcuma, perché contrastano l’infiammazione “silente” che è correlata alle disfunzioni metaboliche e cardiovascolari, oltre ad essere fonti di vitamine e minerali. È importante assumere anche cibi ricchi di Omega 3 come pesce azzurro e olio di canapa, perché aiutano a prevenire malattie cardiovascolari, ischemie, tumori, in particolare al seno e al colon, patologie neurodegenerative in donne di tutte le età, ma soprattutto aiutano a ridurre le vampate di calore in menopausa. Infine, serve attenzione a garantire il giusto apporto di vitamina D, indispensabile per la protezione della salute delle ossa.

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ALIMENTAZIONE

Panettone o pandoro? ∞  A CURA DI ELENA BUONANNO

Ogni anno, puntuale, si ripresenta l’eterna sfida tra pandoro e panettone. Abbiamo chiesto alla dottoressa Daria Fiorini, dietista, su che base valutare i due dolci natalizi per eccellenza.

COME SCEGLIERLI? ATTENZIONE ALL’ETICHETTA «Data la tipicità del pandoro e del panettone, per salvaguardare autenticità e denominazione tradizionale contro produzioni di derivati ottenuti con metodi rapidi o ingredienti inadatti, nel 2005 il Ministero delle Politiche Agricole, ha definito alcune regole per la loro produzione. Se il dolce non risponde, infatti, a determinati requisiti e ingredienti,

il prodotto non può fregiarsi della denominazione di “panettone” o “pandoro”» osserva la dottoressa Fiorini. Entrambi i dolci natalizi, ad esempio, richiedono una scrupolosa e lunga preparazione: sette ore per preparare l’impasto, dodici ore per la lievitazione naturale e altre sei ore per la cottura in forno e il raffreddamento. «Il pandoro, in particolare, ha una preparazione più complessa poiché la quantità di burro necessaria per conferire il caratteristico aroma rende più difficile la lievitazione». I produttori di panettone e pandoro possono aggiungere all’impasto alcuni ingredienti facoltativi: latte e derivati, miele, malto, burro di cacao, altri

INDUSTRIALE VS. ARTIGIANALE La produzione del panettone e del pandoro industriale inizia a fine agosto e termina a dicembre e il prodotto deve durare diversi mesi (circa sei), quindi necessita l’utilizzo di emulsionanti come i mono e digliceridi degli acidi grassi. I dolci di pasticceria, invece, sono privi di tali emulsionanti e sono preparati al massimo due settimane prima del Natale.

CARTA D’IDENTITÀ Tabella nutrizionale per 100 g di prodotto: . Proteine: 6,4 g . Carboidrati: 56,2 g . Grassi: 10,0g/100g . Energia: 363 Kcal . Calcio: 149mg . Fosforo: 190mg

Ingredienti obbligatori

farina di frumento (possibilmente macinata a pietra) uova di gallina di categoria A, ovvero fresche e non pastorizzate . burro in quantità minima pari al 16% del peso (non sono ammessi altri grassi) . zucchero . uvetta e scorza di agrumi canditi (arancia e cedro) in quantità non inferiore al 20% e in proporzioni uguali . lievito naturale costituito da pasta acida (il lievito di birra può essere aggiunto ma non oltre l’1%) . sale L’uvetta e i canditi possono mancare, ma in etichetta deve essere presente l’indicazione. . .

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lieviti naturali, aromi naturali e due soli conservanti: l’acido sorbico e il sorbato di potassio. Esistono poi, sempre di più negli ultimi anni, versioni arricchite con farciture e glassature di ogni tipo. «Il panettone può essere ricoperto o riempito con altri ingredienti come il cioccolato, ma non devono essere utilizzati grassi diversi dal burro (l’olio di palma, quindi, non deve essere presente). Anche nel caso del pandoro esistono versioni arricchite con farciture, ripieni, glassature e decorazioni, ma l’impasto base deve costituire almeno il 50% del peso del prodotto» avverte la dietista. «Il consiglio per scegliere il prodotto migliore è preferire quelli con il maggior numero di ingredienti di qualità, come farina di frumento macinata a pietra, uova, lievito naturale da pasta madre, uvetta e burro. Attenzione, dunque, al costo: i prezzi più bassi spesso sono associati a prodotti

con ingredienti di minor pregio o che non rispecchiano la ricetta tradizionale al 100%».

I CONSIGLI PER GUSTARLI SENZA SENSI DI COLPA Per tradizione panettone e pandoro si mangiano dopo il pranzo delle feste, già ricco di cibi a base di carboidrati (antipasti, primi piatti, pane etc.). «Buona regola sarebbe introdurli dopo un pranzo che abbia prediletto il secondo (quindi le proteine). Considerato però che l’abbinamento pranzo più dolce è l’eccezione, non la regola, a Natale possiamo concedercelo» suggerisce la dottoressa Fiorini. La cosa migliore è mangiarli a colazione, in modo che le calorie e gli zuccheri introdotti siano indirizzati “ai consumi” e non “all’accumulo”. «Un’idea è gustarli con una fonte proteica come una ciotolina di ricotta, dello yogurt o delle noci: le proteine rallentano l’as-

sorbimento degli zuccheri».Un po’ di movimento dopo i pasti riduce la glicemia (gli zuccheri nel sangue) in modo significativo. «Dopo pranzo o dopo cena, soprattutto se con i dolci si ha esagerato un po’, sarebbe opportuno dedicare del tempo per passeggiare, giocare, etc: l’importante è fare un po’ di movimento» conclude la dietista.

DOTT.SSA DARIA FIORINI Dietista A Bergamo Villaggio degli Sposi

CARTA D’IDENTITÀ Tabella nutrizionale per 100 g di prodotto: . Proteine: 6,4 g . Carboidrati: 56,0 g . Grassi: 19,7 g . Energia: 390Kcal . Calcio: 149mg . Fosforo: 140mg

Ingredienti obbligatori

farina di frumento uova di gallina di categoria A (fresche) non inferiori al 4% . burro in quantità minima pari al 20% del peso . zucchero . lievito naturale costituito da pasta acida . aromi di vaniglia(naturale) o vanillina (chimico) . sale . .

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PSICOLOGIA

Kintsugi Come trasformare le ferite e la fragilità in punti di forza

∞  A CURA DI GIULIA SAMMARCO

Curare le ferite dell’anima trasformandole in qualcosa di unico e prezioso. Già perché dopo il dolore c’è sempre un momento in cui si deve “rimettere insieme i cocci”. È questo l’insegnamento del Kintsugi (da, kin, oro e tsugi, riparare), l’arte giapponese nata secoli fa per riparare le tazze da tè che trasforma gli oggetti danneggiati e rotti in opere d’arte. Una metafora di un atteggiamento mentale che dovremmo imparare per vivere meglio e più in pace con noi stessi e con gli altri. Per i giapponesi, ogni “ferita”, fisica o emoti-

va, è un nuovo inizio e le cicatrici che ne derivano non vanno nascoste, ma esibite con orgoglio. Come ci spiega la dottoressa Francesca Calioni Bembo, psicologa e psicoterapeuta. Dottoressa Calioni Bembo, ci racconta che cosa è il Kintsugi? È un’antica arte giapponese nata apparentemente per caso all’incirca nel XIV secolo quando l’ottavo Shogun Yoshimasa, non sapendo a chi rivolgersi per riparare la propria tazza preferita per la cerimonia del tè andata in pezzi, la spedì in Cina,

purtroppo senza esito. Ritornata in patria, abili artigiani giapponesi decisero di trasformare allora la tazza in oggetto prezioso riempiendone le crepe con resina laccata; ricoprirono le crepe con polvere d’oro zecchino. Gesti sapienti, misurati e pazienti, per restituire l’oggetto al suo ciclo vitale, mettendone in risalto, dopo averle impreziosite, proprio le sue fratture. Storia o leggenda, l’origine del Kintsugi racchiude in sé il pensiero della spiritualità shintoista che anche gli oggetti siano dotati di una propria anima e non vadano gettati, ma ri-

Come scrive lo psicologo Tomàs Navarro, autore di “Kintsukuroi - L’arte giapponese di curare le ferite dell’anima (Giunti Editore), “non tutte le avversità vengono per nuocere. È vero, siete stati feriti (…). Ma ciò che conta è che siete stati capaci di andare avanti, di affrontare il dolore e ricostruire la vostra vita. C’è voluto impegno, lo so, e di certo la ferita ha lasciato delle conseguenze, ma non tutte sono negative. Ad esempio il dolore vi ha reso più sensibili e più empatici verso chi, come voi, è stato ferito. Avete molto da insegnare a queste persone. Siete rinati dalle vostre ceneri e le vostre cicatrici sono la migliore delle testimonianze” (…) non vergognatevi delle cicatrici, non nascondetele. Anzi, abbellitele, perché sono la più grande testimonianza della vostra forza”.

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composti e restituiti per continuare a essere usati per la loro funzione. Una filosofia di rispetto e grande creatività, che vede nella possibilità di trasformazione un ciclo vitale. Nulla si getta di ciò che amiamo, per essere sostituito da qualcosa di nuovo, integro e perfetto. La perfezione è un concetto che non esiste nella filosofia Zen e gli stessi oggetti interi convivono con proprie intrinseche differenze di fabbricazione, non sono mai identici, pur essendo uguali. L’amore per ciò che è irregolare denota un anelito verso la libertà, mentre ciò che è perfetto è statico, codificato e freddo, poiché si rivela a una prima occhiata e non lascia spazio per evocare intime differenze. Che cosa ci può insegnare oggi lo Kintsugi? Nella metafora del Kintsugi, quella di “abbracciare un danno”, trasformare un oggetto impreziosito da cicatrici dorate in uno unico e diverso ritroviamo un modo simile di guardare all’essere umano, alle sue ferite e ai suoi traumi. Nessuno è perfetto, ma è importante invece come riusciamo a guardare noi stessi e gli altri e che cosa possiamo fare di questo sguardo. La metafora del Kintsugi sembrerebbe concepire l’oggetto, in questo caso la persona, come passiva e infranta, ma così non è. Al contrario, riconoscere nelle proprie ferite, nel proprio dolore e nel pro-

Il Kintsugi offre una chiave di lettura diversa del dolore: imparando a rispettare la propria fragilità e cicatrici si impara a ricomporre le ferite dell’anima e a diventare persone più forti. La delicatezza e pazienza che il cambiamento Kintsugi- come una psicoterapia-comportano, richiedono una trasformazione lenta e profonda, che porta a riassemblare i pezzi sparsi di sé e della propria vita in modo creativo. E così porta anche a liberare la mente dalla ricerca della perfezione, che non esiste. Anzi, proprio dalle sconfitte e dalle imperfezioni è possibile percepire autentica bellezza, nello stesso modo in cui l’oro che impreziosisce le fratture trasforma poco per volta il vaso in un oggetto unico e differente da ciò che era.

prio frangersi, una mancanza, non celandola né vergognandosene, ma sentire il bisogno di attenzione e di cura, è un pensiero estremamente attivo e vitale, che può aprire alla trasformazione di sé. Sentirsi ferito, danneggiato, sofferente o mancante, incapace di mantenere la propria personale “interezza” è paradossalmente un atto di integrità, un primo modo dire IO. Tutto ciò contrasta anche con le richieste pressanti della società contemporanea. Lo sguardo sociale tende oggi più che mai a equiparare la bellezza a perfezione estetica, la soddisfazione lavorativa a successo, la vittoria a sopraffazione di chi non è perfetto o vincente. È difficile resistere a tale pressione, è difficile sentire di poter fare di una propria debolezza, di una propria ferita, il punto di partenza per un cammino di trasformazione. Prevale l’imperativo ideale a mostrarsi perfetti, forti, performanti, l’urgenza di aggirare il tempo e negarne il valore, affermare solo l’adesso-e-subito. Quella tazza infranta del Kintsugi subisce la pressione di essere perfetta, di vedere negata la propria speci-

fica condizione, di non poterne “abbracciare il danno”. In questo modo ciascuno vuole essere come l’altro, percepito come modello di integrità perfetta. Come nel Kintsugi, invece, iniziare un cammino di trasformazione si offre come arte, come atto per accogliere la propria (e l’altrui) imperfezione, debolezza, ferita, trauma, cioè le proprie crepe interiori procurate dalla vita, per restituirci ad essa imperfetti e più consapevoli, in continua aperta trasformazione di sé nel ciclo vitale.

DOTT.SSA FRANCESCA CALIONI BEMBO Psicologa e Psicoterapeuta SIPP A Bergamo


IN ARMONIA

COPPIA

Amori nell’era digitale Dalla dipendenza affettiva al ghosting: alla base la difficoltà di instaurare legami profondi ∞  A CURA DI VIOLA COMPOSTELLA

A fine settembre presso il centro Dipendiamo di Bergamo è stato presentato il libro “Amori 4.0 - Viaggio nel mondo delle relazioni”, nato con l’intento di fornire una panoramica dei differenti fenomeni affettivi che stanno caratterizzando la nostra società: dipendenza affettiva, poliamore, tradimenti, ghosting, narcisismo patologico, amore virtuale. Nel corso della presentazione alcuni degli autori - tra cui Amalia Prunotto, Ivan Ferrero, Annalisa Corno, Roberto Pozzetti, Beatrice Trentanove, Marzia Durante, Diana Vannini e Maria Chiara Gritti hanno spiegato al pubblico le svariate forme che l’amore sta assumendo nell’era digitale e raccontato come sia complesso nella nostra epoca trovare una bussola che orienti nel delicato terreno di “essere coppia”. «Alcuni

dei fenomeni descritti si caratterizzano per un eccessivo sbilanciamento relazionale, come la dipendenza affettiva, mentre sul versante opposto si collocano fenomeni che esprimono lo scetticismo della nostra società nell’investire tempo ed energie in un rapporto amoroso» osserva la dottoressa Maria Chiara Gritti, psicologa e psicoterapeuta, uno degli autori. Dottoressa Gritti, partiamo dalla dipendenza affettiva. Cosa s’intende? Con il termine dipendenza affettiva si fa riferimento a una forma di amore malato nella quale il rapporto si trasforma in un’abitudine a soffrire. L’elemento fondamentale della “Love Addiction” è rappresentato dal vuoto emotivo che spinge la persona dipendente a riempire

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in modo impulsivo e disperato il proprio bisogno d’amore, rimasto inappagato nell’infanzia. La dilagante diffusione di questa forma di dipendenza è attribuibile a una molteplicità di fattori di carattere sociale, psicologico e culturale; tuttavia la radice comune è rappresentata dal bisogno di trovare “fuori da sé” la soluzione alle proprie mancanze affettive. Nei giorni nostri, caratterizzati da una massiccia presenza della tecnologia, questo bisogno può essere soddisfatto in modo immediato, grazie alla possibilità di incontrare persone nuove tramite i social network esistenti nella Rete. Questo atteggiamento errato deriva spesso dal voler provare tutto e subito, catalogando i sentimenti e non lasciando loro il tempo di svilupparsi ed esprimersi liberamente rispettando tempistiche emotive spontanee.


Sul versante opposto ci sono invece ghosting, poliamore, narcisismo patologico e chiusura nell’amore virtuale, sempre più diffusi... Il ghosting, ovvero il fenomeno di sparizione improvvisa dalla vita di una persona, è stato favorito dalla diffusione dei social network, nello specifico delle dating app, che hanno cambiato radicalmente il modo di vivere le relazioni: in questi spazi virtuali si socializza in modo semplice e coinvolgente, spesso con persone estranee che diventano però sempre più intime poiché il velo di mistero dell’altro nutre il desiderio di contatto. Qui però non ci sono controlli e tutto è possibile: i contatti online possono assumere una connotazione sessuale, come nel caso del cyber sex o del sexting, e possono diventare una vera e propria dipendenza. Un rischio possibile, che molto spesso si verifica, è la situazione in cui all’improvviso una persona sparisce nel nulla, senza fornire nessun tipo di spiegazione. La relazione viene annullata e insieme ad essa le proprie responsabilità. Con poliamore invece si intende la decisione di una coppia di aver altri partner pur mantenendo il legame e gli impegni relazionali

con il proprio partner originale. La scelta è condivisa, ma un punto critico di questa “conformazione amorosa” riguarda il rispetto di tutte le persone con cui si è deciso di instaurare la relazione; laddove il consenso viene estorto (più o meno consapevolmente) da uno dei due partner diventa distruttiva. Il narcisismo patologico, infine, è un termine utilizzato per indicare una “categoria” di persone incapaci di amare che solitamente mettono in atto comportamenti distruttivi nei confronti del partner. Il narcisista perverso tende a “succhiare la linfa vitale” del compagno/a togliendole vitalità ed energia. C’è la presenza del dominio di un membro della coppia sull’altro, che viene imposto con strategie seduttive, ricatti affettivi, manipolazione, abusi fisici e psicologici, minacce e tradimenti. Quali sono i rischi di relazioni di questo tipo? Questi legami distruttivi possono provocare traumi profondi nell’anima della persona e alimentare la sfiducia nelle relazioni umane. Esempio di tale sfiducia è rappresentato dal fenomeno del chiudersi all’interno di un rapporto virtuale, vissuto solo attraverso canali multimediali. La costruzione di un amore

senza il corpo sembra alimentato dall’illusione di poter vivere una relazione mettendosi al riparo dal “rischio” di un rapporto reale fatto solo di delusioni e sofferenza. La panoramica di queste forme di amore malsano ha permesso di evidenziare come, pur nella diversità, tutte queste configurazioni affettive siano accumunate da una difficoltà a costruire una sana intimità con se stessi e con l’altro. L’eccessivo investimento nell’altro e l’eccessivo investimento su di sé incarnano due facce della stessa medaglia: il nascosto rifiuto di un legame profondo.

DOTT.SSA MARIA CHIARA GRITTI Psicologa e psicoterapeuta Fondatrice del Centro Dipendiamo Bergamo


IN FAMIGLIA

DOLCE ATTESA

Malattie della tiroide Le donne colpite fino a dieci volte più degli uomini ∞  A CURA DI MARIA CASTELLANO

In Italia, ogni 100 mila abitanti, ci sono più di 5mila donne che soffrono di patologie autoimmuni. Alcune di quest’ultime, come la sclerosi multipla e artrite reumatoide possono migliorare in gravidanza, ma possono degenerare in allattamento. Di questo e altro abbiamo parlato con Simona Nava, ginecologa, tra i relatori del Congresso AIMES (Associazione Italiana di Medicina Sistemica) che si è tenuto qualche settimana fa a Milano. Dottoressa Nava, quali sono le ultime stime sulle donne colpite da patologie autoimmuni? E quali le patologie con il più elevato numero? In Italia si contano 5.000 casi di pazienti autoimmuni ogni 100 mila abitanti. La malattia autoimmune più frequente è l’artrite reumatoide che colpisce l‘1% della popolazione, le donne con frequenza tre volte superiore rispetto agli uomini. Una maggior disparità di genere si osserva in alcune malattie come la sindrome di Sjögren, il lupus eritematoso sistemico, le malattie autoimmuni della tiroide e la sclerodermia, che presentano una frequenza 7-10 volte più elevata nelle donne rispetto agli uomini. Quanto alla sclerosi multipla, in Italia, si riporta una prevalenza di

circa 40 casi per 100 mila abitanti e un’incidenza di circa 1,6 nuovi casi l’anno per 100 mila abitanti, con le donne colpite due volte più di frequente degli uomini. La malattia è molto rara in Giappone (2/100.000); quasi sconosciuta in Africa mentre è comune in Scandinavia (queste disparità geografiche vengono spiegate dalla diversa concentrazione di vitamina D nelle varie popolazioni). Come la gravidanza può influire sulle diverse patologie autoimmuni? La gravidanza in genere determina un miglioramento della maggior parte delle patologie autoimmuni, in particolare artrite reumatoide e sclerosi multipla che, grazie agli alti livelli di estrogeni e progesterone, migliorano durante la gestazione per, purtroppo, peggiorare in allattamento quando avviene un crollo dei livelli estrogenici e aumenta la prolattina, l’ormone che favorisce la montata lattea ma che predispone il sistema immunitario alla secrezione di citochine infiammatorie. Le tiroiditi e il Lupus eritematoso sistemico possono invece peggiorare proprio durante la gravidanza (quando spesso avviene la prima diagnosi). Un eccesso di funzione tiroidea su base autoimmune (ipertiroidismo) può associarsi spesso a

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poliabortività o (se non trattato) a tireotossicosi neonatale. L’ipotiroidismo invece, non producendo a sufficienza l’ormone tiroxina, fondamentale per lo sviluppo neurologico del feto, può determinare una riduzione delle capacità cognitivo/ intellettive del bimbo, fino all’estrema forma di deficit cognitivo noto come cretinismo. Qual è lo stato dell’arte del trattamento delle patologie autoimmuni durante la gravidanza? La ricerca ha contribuito molto a migliorare le condizioni di donne affette da malattie autoimmuni, individuare cause e fare prevenzione. Ai vecchi farmaci, spesso


DOTT.SSA SIMONA NAVA Specialista in Ostetricia e Ginecologia Presso il centro Doctors&Doulas

utilizzati anche in gravidanza, come cortisone e idrossiclorochina (un antimalarico con forte potere immunoinibitore) sono stati affiancati farmaci biologici la cui introduzione ha determinato un notevole progresso nella terapia di alcune malattie reumatiche. Per la prima volta sono disponibili molecole in

grado di bloccare selettivamente specifici mediatori del processo infiammatorio. Alcuni studi dimostrano che questi preparati hanno una potenza terapeutica superiore rispetto ai classici farmaci anti-reumatici. Tuttavia, non sono ancora da ritenere, anche per il loro costo elevato, un’alternativa ai farmaci

anti-reumatici. Il loro impiego è consigliato nei pazienti con forme aggressive che non rispondono in modo soddisfacente ai trattamenti convenzionali e non sono comunque sicuri per l’uso delle donne gravide. Nell’ambito della prevenzione, invece, si sta facendo sempre più strada un approccio sistemico, capace di valutare effetti epigenetici di precoci esposizioni a tossici o a stressogeni. Un articolo, pubblicato, nel 2015, su International Journal of Celiac Disease dal titolo “The World Incidence and Prevalence of Autoimmune Diseases is Increasing” riporta una tabella che mostra la crescita annua di alcune malattie autoimmuni. Spicca su tutti l’incremento della malattia celiaca in Canada. Questo è da associare agli usi di prodotti chimici in agricoltura e, in particolare, all’uso del glifosato nella coltivazione del grano. La vera prevenzione, quindi, sarebbe l’eliminazione di questi tossici epigenetici e disturbatori endocrini piuttosto che la produzione di altri farmaci.


IN FAMIGLIA

BAMBINI

Disprassia

Come riconoscerla e cosa fare ∞  A CURA DI ELENA BUONANNO

Colpisce 6 bambini su 100 tra i cinque e gli 11 anni, soprattutto maschi, rendendo difficile anche azioni e gesti apparentemente semplici come allacciarsi le scarpe o saltellare su una gamba sola, ma anche scrivere e disegnare. È la disprassia, disturbo della coordinazione motoria ancora oggi poco conosciuto e sottovalutato. Ma quali sono i campanelli d’allarme? E cosa possono fare i genitori per aiutare i figli a vivere al meglio la quotidianità? Ce lo spiega la dottoressa Letizia Corti, psicologa.

La disprassia è un disturbo dello sviluppo neurobiologico. Ad oggi le cause non sono ancora definite, ma le ricerche condotte fin ora suggeriscono un’immaturità dello sviluppo neuronale nel sistema nervoso centrale”

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Dottoressa Corti, che tipo di disturbo è la disprassia? Che caratteristiche ha? La disprassia è un disturbo del neurosviluppo che riguarda la capacità di apprendere e produrre prassie, ovvero gesti e movimenti coordinati, guidati da un’intenzione e finalizzati al raggiungimento di un obiettivo. Viene classificata come “disturbo della coordinazione motoria” e implica difficoltà a pianificare ed eseguire sequenze di atti motori volontari. Pur non alterando nella


sua globalità lo sviluppo motorio, comporta difficoltà nella gestione dei movimenti fini e complessi comunemente utilizzati nelle attività quotidiane (come vestirsi o

DOTT.SSA LETIZIA CORTI Psicologa Centro RicreAzione Pedrengo

allacciare le stringhe delle scarpe). È spesso associata a problemi di organizzazione spazio-temporale e deficit di attenzione e può comportare anche difficoltà nel linguaggio e negli apprendimenti. L’esordio avviene nella prima infanzia; anche se a lungo termine possono esserci miglioramenti, nel 50-70% dei casi le difficoltà di coordinazione permangono nel corso dell’adolescenza. Come si manifesta nella vita di tutti i giorni? E come si può riconoscere? I bambini con disprassia sono maldestri e lo sviluppo della coordinazione motoria risulta tardivo e incompleto, tuttavia riconoscere le forme con cui la disprassia si manifesta è spesso difficile. Innanzitutto la variabilità nelle

prestazioni motorie può trarre in inganno: il bambino non riesce a realizzare azioni in apparenza semplici, mentre svolge correttamente attività che appaiono simili o anche più complesse. Inoltre, malgrado esercitazioni e insegnamenti comparabili a quelli dei coetanei, non riesce a conseguire gli stessi risultati. Queste difficoltà vengono talvolta interpretate come scarso impegno o pigrizia, generando nel bambino frustrazione e senso di inadeguatezza. Ad esempio, un bambino disprassico che scrive male può essere considerato svogliato, mentre per lui la scrittura comporta un impegno e un’attenzione nel tracciare le lettere di gran lunga maggiori a quelli dei compagni: l’atto motorio della scrittura assorbe gran parte delle risorse attentive e cognitive,


IN FAMIGLIA

BAMBINI

impedendo di porre attenzione al contenuto e di acquisire nozioni. Quali sono quindi i segnali a cui prestare attenzione? I bambini più piccoli possono presentare un ritardo nel raggiungere le tappe fondamentali dello sviluppo motorio (sedersi, gattonare, camminare). Successivamente può esserci un ritardo nello sviluppo di alcune abilità quali salire le scale, pedalare, vestirsi, usare le cerniere o i bottoni, utilizzare le forbici; anche quando queste abilità vengono acquisite, l’esecuzione dei movimenti appare scoordinata. Inoltre possono riscontrare difficoltà a interrompere un movimento o a correggerne la traiettoria, a saltare su un piede solo, a stare seduti composti, o possono adottare un modo di camminare particolare (a passi brevi o in punta di piedi). I più grandi possono mostrare lentezza o scarsa precisione in attività quali costruire modellini o puzzle, giocare a palla, disegnare, scrivere a mano, possono avere difficoltà scolastiche e problemi di autostima, per cui l’aiuto fornito nel percorso scolastico può essere determinante per il decorso del disturbo. In adolescenza e in età adulta, possono permanere difficoltà nelle attività che richiedono velocità e precisione e nell’apprendere nuovi compiti in cui sono implicate abilità complesse e automatiche, come ad esempio guidare. È importante che i genitori riconoscano tempestivamente i segnali, anche con l’aiuto del pediatra e di educatori e insegnanti, che possono segnalare la presenza di anomalie da approfondire.

Come si arriva alla diagnosi? La diagnosi di disprassia richiede un’accurata valutazione da parte di un’equipe costituita da varie figure professionali (neuropsichiatra infantile, psicologo, logopedista, terapista della neuropsicomotricità). Oltre alla presenza di marcate difficoltà o di un ritardo nello sviluppo della coordinazione motoria (inferiore a quanto atteso per l’età), per la diagnosi è necessario che la compromissione delle abilità motorie non sia dovuta a patologie organiche e che interferisca in maniera significativa con le attività della vita quotidiana. Una diagnosi precoce è fondamentale per poter attuare le scelte terapeutiche, riabilitative e didattiche più adeguate. Cosa si può fare per supportare il bambino nello svolgimento delle attività quotidiane e scolastiche? Così come i genitori devono capire in quali modi compensare il problema del loro bambino a casa, anche a scuola è necessario mettere in atto gli aiuti necessari per consentire agli allievi disprassici di acquisire le competenze adeguate alla loro età. Questo può evitare l’insuccesso scolastico di molti bambini dotati di buona intelligenza. Il luogo in cui i bambini disprassici soffrono di più è infatti la scuola: sin dalla scuola d’infanzia si trovano a dover svolgere attività che li mettono in grande difficoltà, come disegnare, incollare, infilare perline. Spesso di conseguenza manifestano comportamenti problematici. Nel corso degli anni la quantità e la frequenza delle attività grafiche

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UN AIUTO DALLA RIABILITAZIONE “INTEGRATA” Accanto al supporto scolastico e in alcuni casi psicologico, l’intervento riabilitativo sulla disprassia può alleviare disagi soprattutto se iniziato nei bambini molto piccoli, quando il cervello è ancora molto plastico e può quindi essere modificato. È nell’infanzia infatti che si creano nuove connessioni nel sistema nervoso e si apprendono nuove abilità e competenze. Il percorso, che dovrebbe prevedere da una parte un intervento logopedico dall’altro psicomotorio, può aiutare il bambino a coordinare i movimenti, gestire le difficoltà quotidiane e sviluppare le abilità linguistiche generali.


aumentano e il bambino, malgrado gli sforzi smisurati, riesce a malapena a scrivere il suo nome. L’insegnamento e l’apprendimento devono avvenire nel rispetto delle possibilità e dei limiti del bambino, senza colpevolizzarlo per le sue difficoltà. Tenere conto della disprassia non vuol dire rinunciare a fare delle richieste ai bambini disprassici, ma accettare che potranno fare bene come gli altri, o persino di più, ma a modo loro. È fondamentale evitare la demotivazione all’apprendimento, promuovere l’autonomia e sostenere l’autostima del bambino.


IN FAMIGLIA

RAGAZZI

Postura corretta sui banchi di scuola I consigli della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia ∞  A CURA DI VIOLA COMPOSTELLA

Zaini troppo pesanti, posture scorrette durante lo studio e il gioco, un uso eccessivo di tablet e cellulari possono mettere a rischio la salute della schiena di bambini e adolescenti. Tutte queste abitudini sbagliate durante gli anni della scuola - quelli in cui si verifica la crescita principale dell’organismo - infatti possono contribuire a uno sviluppo inadeguato della muscolatura della colonna vertebrale, con conseguente minor elasticità e dolore, fino a problemi di ipercifosi. Cosa fare allora? Quali sono le regole per prevenire problemi da piccoli e quando saranno adulti? «La premessa d’obbligo è che tutti devo-

no mantenere le spalle e il tronco in posizione eretta, sia quando sono seduti sia quando sono in piedi, sia quando studiano, leggono, scrivono, passeggiano, chattano o giocano. Questo per evitare l’insorgenza e/o l’aggravamento della cifosi dorsale e lordosi lombare che possono portare a gravi deformità ossee» sottolineano gli esperti della Siot (Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia) a cui abbiamo chiesto qualche consiglio salva-schiena per gli studenti. 1. Indossare zaini leggeri: è tollerato un carico non superiore al 15% del peso corporeo del ragazzo; in casi superiori, troppi libri da portare

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a scuola e troppo pesanti, preferire il trolley. Per questo motivo sarebbe auspicabile che tutte le classi fossero dotate di armadietti porta libri personali per gli studenti. 2. Sui banchi di scuola cercare di mantenere la posizione corretta del tronco, cioè in posizione eretta. 3. Per quanto possibile, a scuola cercare di far osservare (anche a casa del resto) il rapporto ideale tra la seduta e il piano dello scrittoio: quest’ultimo dovrebbe essere più o meno all’altezza della linea del seno. Si può ottenere usando una sedia più bassa o uno scrittoio più in alto.


4. Controllare che le sedie a scuola (ma anche a casa) abbiano lo schienale rigido e alto e con un angolo di 90° con la seduta. Questo dovrebbe favorire la migliore postura possibile purché il ragazzo stia seduto con il bacino e le spalle aderenti allo schienale stesso. 5. Praticare sempre attività motoria a scuola e, oltre all’educazione fisica settimanale in palestra, sarebbe buona norma eseguire 10 minuti di esercizi in classe a metà giornata. 6. Per una buona postura è fondamentale anche avere in classe una illuminazione ottimale sia di luce naturale sia di luce artificiale. La scarsa illuminazione, infatti, causa uno sforzo maggiore degli occhi, che si accompagna a una alterazione della postura.

7. Per lo stesso motivo è importante che la lavagna in classe sia alta e ben visibile e che la distanza di questa dai banchi non sia eccessiva. 8. In tutte le scuole si va diffondendo l’uso di tablet: se da un lato questo dovrebbe ridurre il peso dei libri da utilizzare, dall’altro bisogna fare attenzione alla postura durante l’uso di questi ausili elettronici. È infatti dimostrato che il loro utilizzo giornaliero in modo smodato e incontrollato -insieme agli smartphone, vero allarme sociale- è causa di aumento della cifosi dorsale (ndr. per cifosi si intende la curvatura fisiologica della colonna vertebrale a livello dorsale, cioè tra la zona cervicale e la zona lombo-sacrale; quando la curvatura si accentua si forma una concavità in senso antero-posteriore, la cosiddetta “gobba”).

DOTTOR FRANCESCO FALEZ Specialista in Ortopedia e Traumatologia Presidente Siot (Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia)

9. Corollario irrinunciabile del punto precedente: vietare l’uso di smartphone in classe.


IN FORMA

FITNESS

Fatbike Per mettersi alla prova su ghiaccio e sentieri di montagna

∞  A CURA DI LELLA FONSECA

Nata negli Stati Uniti per essere usata sui terreni sabbiosi della California o sulla neve dell’Alaska è arrivata da qualche anno anche in Italia ed è stata subito accolta con entusiasmo e curiosità dagli appassionati di mountain bike. Parliamo della fatbike (fat in inglese significa grasso), una bici da fuoristrada con copertoni più larghi. Le nostre Orobie sono a portata di

mano, anzi di pedalata, per praticare questa modalità di fuoristrada ed è ormai frequente incontrare fatbike sia sui sentieri di montagna d’estate sia sulla neve d’inverno. Per conoscere meglio questa bicicletta e la sua pratica abbiamo incontrato Franco Lazzarini, esperto di mountain bike che si è cimentato con la fatbike appena è arrivata in Italia, circa quattro anni fa.

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Dal punto di vista dell’uso che differenze ci sono rispetto a una mountain bike tradizionale? La caratteristica distintiva è il copertone più largo (da 3,5 a 5 pollici, utilizzati a pressione minore del normale per consentire una maggiore tenuta su terreni difficili come neve, sabbia e fango). Per montare questo copertone i telai delle fatbike sono costruiti appositamente con forcelle più larghe, ce ne sono


con e senza ammortizzatori. La fatbike è un po’ più faticosa nella pedalata, quindi è vantaggiosa solo quando i terreni sono molto sconnessi, con ciottoli, ghiaia o sabbia su cui la ruota larga “galleggia” o sulla neve dove riesce a far presa meglio delle mountain bike tradizionali. A parte la larghezza, i copertoni sono di diversi tipi, con tasselli più o meno grossi. Anche se poco diffusi esistono anche copertoni chiodati per i ghiacciai. Su terreni abbastanza agevoli o su strada, invece, non porta vantaggi. Per chi non va sempre in montagna ma alterna tracciati di diverso tipo frequentemente è la seconda bici, oltre a una mountain bike normale. Visto che siamo nella stagione fredda, dove si può praticare sulla neve? Ovviamente non è ammessa sulle

piste da sci; solo raramente viene permessa la risalita a lato degli sciatori. Condivide altri percorsi nelle stazioni invernali, insieme a chi ciaspola (il passaggio dei ciaspolatori è utile a preparare il terreno per la fatbike) o cammina. La neve fresca non dovrebbe essere più alta di 1520 centimetri sopra il terreno o uno strato già compatto. Solo in occasione di eventi particolari, come il raduno internazionale che si svolge a Livigno, vengono messi a disposizione percorsi che normalmente non sarebbero destinati alle fatbike. E per quanto riguarda la sicurezza? Casco e protezioni sono gli stessi che si usano per la mountain bike. D’inverno sulla neve ovviamente si dovrà prestare attenzione alle condizioni climatiche e adottare indumenti adatti sia per il freddo

sia per la traspirazione. Come per gli altri sport che si praticano anche in montagna, ad esempio corsa o camminata, non basta la preparazione atletica di pianura, ma si deve tenere presente che l’ambiente alpino comporta rischi specifici e per goderne in sicurezza è necessaria esperienza o il supporto di guide.

FRANCO LAZZARINI Esperto di Mtb e fatbike


IN FORMA

BELLEZZA

Guida alla scelta dello shampoo giusto ∞  A CURA DI VIOLA COMPOSTELLA

La scelta dello shampoo giusto è molto importante non solo per avere capelli belli e luminosi ma soprattutto per mantenere la chioma e il cuoio capelluto sani. Non sempre però è facile capire quello più adatto a noi. «Lo shampoo è il prodotto cosmetico che maggiormente deve interagire con la fisiologia di capelli e cuoio capelluto, sia per frequenza d’uso sia per funzione. Il suo compito è detergere e rimuovere lo “sporco” da capelli e cuoio capelluto rispettandone la salute. Per questo è importante sceglierlo in base alle

diverse tipologie di capelli e cute, alla funzione specifica che deve svolgere, oltre che al livello di gradimento individuale» osserva la dottoressa Alessandra Vasselli, cosmetologa Aideco (Associazione Italiana di Dermatologia e Cosmetologia). Dottoressa Vasselli, quali caratteristiche deve avere un buono shampoo? Innanzitutto deve rispettare il più possibile il film idrolipidico di protezione dei capelli e del cuoio capelluto e il pH della cute, diverso sul

cuoio capelluto rispetto alla cute corporea. Le altre funzioni sono: > rimuovere efficacemente lo sporco sia esogeno (causato dagli agenti esterni ambientali) sia endogeno (composto da detriti cellulari e secrezione cutanee come sebo, sudore); > aiutare il ripristino del pH ideale; > migliorare l’idratazione e la protezione cutanea; > non indurre fenomeni di irritazione e/o sensibilizzazione. Il substrato su cui lo shampoo interviene è da un lato la superficie cutanea (in questo caso il cuoio

Tensioattivi: non sono tutti uguali Anionici (detti primari). Sono quelli più usati, hanno una grande capacità detergente e schiumogena ma sono aggressivi e spesso irritanti (sodium laureth sulfate o SLES e il sodium lauryl sulfate o SLS). Cationici. Hanno un potere detergente piuttosto basso, così come la capacità schiumogena; sono utilizzati principalmente in balsami e condizionanti (centimonium chloride, il behentrimonium, esterquat etc.). Anfoteri o anfionici (detti secondari). Sostengono la schiuma rendendola più durevole, riducono il potenziale irritativo del tensioattivo primario, viscosizzano (betaine, anfocetati etc.). Non ionici. Poco schiumogeni, sono buoni detergenti e hanno un’elevata tollerabilità cutanea (lauryl glucoside, cetearyl glucoside, coco-glucoside etc.).


capelluto), dall’altro il fusto del capello. In entrambi i casi interagisce quindi con la prima importante barriera protettiva: il cosiddetto “film idrolipidico”, prezioso insieme di acqua e lipidi, autoproduzione cutanea, che copre la superficie della pelle e dei capelli, svolgendo un importante ruolo di protezione e di mantenimento della cosiddet-

LE PRINCIPALI TIPOLOGIE Per uso frequente: non troppo aggressivi sul cuoio capelluto. Per capelli colorati: più delicati nel lavaggio con tensioattivi meno aggressivi ma con coloranti. Antiforfora: con specifici ingredienti per contrastare la forfora e prevenirne la formazione. Per capelli secchi: con tensioattivi meno aggressivi ma con una quantità rilevante di ingredienti come olii di origine naturale e non, siliconi o proteine idrolizzate. Per bambini: con tensioattivi meno schiumogeni e più delicati.

ta omeostasi cutanea e dei fusti capillari. Una pelle sana mantiene ottimale l’equilibrio tra acqua e lipidi di questa pellicola, consentendo di equilibrare i corretti livelli di idratazione e al tempo stesso garantire la giusta presenza di sostanze emollienti che conferisce elasticità, morbidezza e nel caso dei capelli pettinabilità e lucentezza. Quali sono gli ingredienti che compongono uno shampoo? La base di uno shampoo è costituita principalmente da acqua e tensioattivi. I tensioattivi sono sostanze dotate di proprietà detergenti, emulsionanti, schiumogene, bagnanti e solubilizzanti, che hanno il potere di abbassare la “tensione superficiale” di un liquido, come nel caso dell’acqua quando in miscela con una sostanza grassa. Senza l’uso di un tensioattivo l’acqua non sarebbe in grado di asportare lo sporco, ovvero il grasso. I tensioattivi, presenti in larga parte nei prodotti detergenti in generale e quindi anche in quelli destinati alla detersione del cuoio capelluto, possono essere scelti in base alle loro caratteristiche fisico-chimiche, che identificano anche il livello di tollerabilità ed efficacia di uno shampoo. Ad esempio, non tutti i tensioattivi producono schiuma in

Ginnastica contro i dolori alla schiena e alle spalle, dimagrimento e tonificazione con la professionalità ed esperienza di Giacomo Strabla

quantità abbondante, caratteristica quest’ultima molto gradita ma non connessa all’azione detergente (vedi box). Nella formulazione di uno shampoo sono presenti inoltre: conservanti, coloranti, agenti perlanti e opacizzanti, viscosizzanti, modificatori di pH, profumo. Lo shampoo, poi, può avere funzioni specifiche: antiforfora, antisebo, coadiuvante anticaduta, ristrutturante, colorante etc. Per ognuna di queste funzioni vengono inserite sostanze attive in grado di svolgere attività dermo-cosmetologiche. Il consiglio, quindi, è sempre leggere attentamente la lista degli ingredienti per essere certi che sia il più adatto alle nostre esigenze.

DOTT.SSA ALESSANDRA VASSELLI Cosmetologa Aideco Associazione Italiana di Dermatologia e Cosmetologia

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ATS INFORMA

A Bergamo un progetto sperimentale per aiutare i malati di Alzheimer a ripristinare il ritmo di sonno-veglia ∞  A CURA DI ATS BERGAMO

Uno dei disturbi più frequentemente legati all’Alzheimer è il cambiamento del ritmo sonno-veglia: un problema che investe i pazienti affetti da una patologia già grave e che ha riflessi anche sulla famiglia. Per questo l’Agenzia di Tutela della Salute di Bergamo sostiene, supervisionandone l’attuazione, la sperimentazione del Centro Notturno Alzheimer per il ripristino del ritmo sonno-veglia attivata presso l’Istituto Caprotti Zavaritt di Gorle dal 3 luglio 2019. Il progetto, realizzato

dalla Cooperativa Bergamo Sanità, è gestito da un’équipe formata in Terapie Non Farmacologiche, con la consulenza scientifica dell’Università degli Studi di Bergamo. Poiché si tratta di una sperimentazione unica a livello europeo, ATS ritiene importante monitorare, attraverso la responsabile del servizio “Promozione e Innovazione delle reti”, referente per il territorio provinciale della Misura RSA Aperta, la declinazione del progetto, per raccogliere evidenza dei risultati

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di efficacia ottenuti dai destinatari dell’intervento. «I pazienti con diagnosi di demenza certificata dal medico specialista che presentano disturbi comportamentali e del sonno con difficoltà di gestione da parte dei familiari, dopo 2/3 notti di osservazione al loro domicilio vengono inseriti al Centro Notturno, dove resteranno per le dieci notti successive, facendo ritorno a casa la mattina per poi rientrare la sera. Obiettivo, attraverso interventi di terapia non farmacologica nella fase notturna, è riportarli al


ripristino del ritmo sonno/veglia» spiega Elvira Schiavina, Responsabile U.O.S. Promozione e Innovazione delle Reti dell’Agenzia di Tutela della Salute di Bergamo. «La sperimentazione pilota, unica a livello europeo e che vede la consulenza dell’Università degli Studi di Bergamo, sarà condotta per 24 mesi e, dopo una prima fase di start-up e consolidamento, vedrà l’inserimento di un massimo di dieci persone alla volta». «La nostra Agenzia di Tutela della Salute segue già dal novembre 2017 il progetto “Avrò cura di te” per il sostegno domiciliare e ambulatoriale alle famiglie di malati di Alzheimer, promosso dalla Cooperativa Bergamo Sanità, e ora supporta il progetto “Centro Notturno Alzheimer”, ulteriore servizio a sostegno della domiciliarità» commenta Cristina Sarchi, Direttore Sociosanitario di via Gallicciolli. «Il progetto è rivolto a una fascia di popolazione particolarmente fragile, che nel territorio provinciale vede numerose famiglie impegnate nella cura e nell’assistenza di un proprio caro a domicilio con notevole coinvolgimento anche emotivo». Il progetto sperimentale è attivato all’interno dell’Istituto Caprotti Zavaritt di Gorle, che gestisce la Residenza Sanitaria Assistenziale (RSA), il Centro Diurno Integrato (CDI), ed è accreditato anche per l’erogazione della Misura RSA Aperta, ai sensi della DGR 7769/2018 di Regione Lombardia, a sostegno delle famiglie e dei suoi componenti fragili. L’accesso al Centro avviene in orario serale con il rientro al domicilio la mattina del giorno successivo. Il paziente affetto da Alzheimer è facilmente

disorientabile ed irritabile di fronte a qualsiasi cambiamento, pertanto l’allontanamento dalla propria casa e dai luoghi conosciuti nelle ore serali e notturne può essere fonte di stress. La persona viene dunque accompagnata dal proprio familiare o dal caregiver professionale (badante), al quale è garantita la necessaria consulenza. L’équipe è costituita da operatori formati in Terapie Non Farmacologiche: infermiere, operatore sociosanitario (Oss), terapista occupazionale, per assicurare l’opportuna e adeguata presenza nelle ore notturne al Centro attraverso l’attivazione di servizi personalizzati con percorsi non farmacologici (ad esempio musicoterapia, doll therapy, culla-care poltrone ergonomiche, massaggio terapeutico, terapia del contatto etc.). Vengono inoltre assicurati servizi sanitari e riabilitativi: la valutazione e il controllo geriatrico, il controllo dei parametri vitali, la somministrazione della terapia farmacologica da parte del personale infermieristico, sulla base delle indicazioni e prescrizioni del medico curante. Sono previsti anche interventi di sostegno al familiare: informazione ed educazione sanitaria e socio-educativa al miglior utilizzo domiciliare dei presidi e ausili e delle procedure che adattino l’ambiente domestico e supportino l’autonomia residua della persona anziana, e interventi utili a sostenere concretamente le richieste di ascolto espresse dalle famiglie, che evidenziano difficoltà di gestione dei familiari affetti da patologie degenerative. Nella fase di rientro a domicilio viene indicata ai familiari la strategia da attivare in fase notturna e, a distanza di tempo, saranno monitorati i risultati ottenuti.

DOTT.SSA CRISTINA SARCHI Direttore sociosanitario ATS Bergamo

DOTT.SSA ELVIRA SCHIAVINA Responsabile U.O.S. Promozione e Innovazione delle Reti ATS Bergamo

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Dessert

Ciocco alberelli

Difficoltà di preparazione Facile

Tempo di preparazione 20 minuti

Calorie ad alberello 120 Kcal

INGREDIENTI per circa 10 alberelli 185 g.... Muesli croccante 100 g... Cioccolato fondente 100 ml. Latte di soja PREPARAZIONE Spezzate grossolanamente il cioccolato, mettetelo in un pentolino insieme al latte di soia e scioglietelo a fuoco dolce facendo attenzione che non attacchi sul fondo. Unite il muesli e mescolate fino ad ottenere un composto piuttosto denso; spegnete la fiamma, prelevate con un cucchiaio parte dell’impasto e appoggiatelo su una teglia ricoperta con carta da forno, aiutandovi con una formina. Lasciate raffreddare e servite.

SIMONETTA BARCELLA Esperta di cucina naturale Co-autrice del libro “Il Cibo della Gratitudine”

Per dare un tocco di colore potete decorare con chicchi di melograno.

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RUBRICHE

ALTRE TERAPIE

Tea tree oil Un olio, tante virtù

PRECAUZIONI PER L’USO Per utilizzare il Tea Tree Oil bisogna seguire alcune precauzioni (che valgono in generale per tutti gli olii essenziali): > deve essere tenuto lon-

∞  A CURA DI GIULIA SAMMARCO

Disinfetta e aiuta a cicatrizzare le ferite. È un valido rimedio naturale contro i pidocchi e le micosi alle unghie. Aiuta a liberare il naso e ad alleviare tosse e raffreddore. È davvero un concentrato di virtù l’olio essenziale di Tea Tree Oil (albero del te). Lo sapevano già gli antichi aborigeni australiani, terra da cui arriva. Da allora questa pianta ha acquistato sempre più popolarità, è stata oggetto di numerosi studi e ricerche scientifiche e ha trovato applicazione in molti e diversi campi. Scopriamoli con l’aiuto di Ida Martellini, erborista.

rigeni australiani ne utilizzavano le foglie, ricche di olio essenziale, per curare ferite e piaghe e per tenere lontani parassiti e termiti dalle scorte di cibo. Le loro conoscenze, poi, sono state tramandate fino ai nostri giorni. La popolarità del Tea Tree, in particolare, comincia a crescere in Australia negli anni Trenta del secolo scorso quando medici e ricercatori conducono esperimenti sul suo olio essenziale dimostrandone le numerose indicazioni benefiche per l’uomo. Durante la Seconda Guerra Mondiale il Tea Tree Oil viene inserito nel kit

La storia del Tea Tree ha radici lontane eppure il suo utilizzo è più che mai “attuale”, visto che è probabilmente uno degli olii essenziali più diffusi e conosciuti… Le proprietà del Tea Tree (Melaleuca Alternifolia), pianta della famiglia delle Mirtacee autoctona del South Wales in Australia, sono note fin dai tempi antichi: gli abo-

Il Tea Tree Oil, oltre che allo stato puro, si può trovare inserito in moltissimi prodotti per la cura della persona: bagno doccia, shampoo, dentifrici, stick per labbra, detergente intimo, spray, etc. ”

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tano dalla portata dei bambini; > non va mai utilizzato puro sulle mucose quando sia necessario applicarlo direttamente sulla pelle lo si deve diluire con olii o creme per poterlo veicolare e renderlo assimilabile; > Siconsigliainoltre,alprimo utilizzo, di effettuare un test sulla pelle all’interno del braccio per verificare eventuali effetti collaterali poiché c’è la possibilità di una reazione allergica.

di pronto soccorso in dotazione ai soldati australiani. Quali sono le sue proprietà? E in quali casi si rivela utile? Le proprietà cicatrizzanti, antibatteriche, antimicotiche e antiodoranti del Tea Tree Oil lo rendono una delle sostanze più interessanti che la natura ci offre. È utile come an-


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tisettico locale per la disinfezione di ferite da taglio e abrasioni (favorisce anche la cicatrizzazione); in caso di infezioni cutanee, punture d’insetto, foruncoli, acne, herpes labiale, verruche e porri (30 gocce di olio essenziale aggiunte a 50

millilitri di olio vettore di mandorle o sesamo). Essendo un antimicotico può essere impiegato (puro) in caso di onicomicosi (micosi alle unghie). Per le gengiviti, le ulcere e le infiammazioni in genere del cavo orale è utile praticare degli sciacqui con due o tre gocce di olio essenziale diluite in mezzo bicchiere d’acqua: ha un’azione antiinfiammatoria, antibatterica e antisettica al pari di un colluttorio. In caso di infezioni da Candida Albicans, cistite, prurito, bruciore o semplice arrossamento, può aiutare un lavaggio con acqua (un litro con dieci gocce di olio essenziale). Questi lavaggi sono utili anche in caso di emorroidi e ragadi perché agiscono come antiinfiammatorio locale e disinfettante. Durante la stagione invernale, inoltre, l’uso dei vapori (l’antico rimedio dei fumen-

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ti) offre un azione fluidificante del muco ed espettorante, liberando il naso ed alleviando tosse e raffreddore. In una pentola di acqua bollente basta aggiungere tre o quattro gocce di olio essenziale e respirare i vapori facendo attenzione alla temperatura ed evitando di aprire gli occhi. In caso di influenza, avendo anche azione antivirale, è d’aiuto un bagno caldo con sette–dieci gocce di olio essenziale. Se non si può fare il bagno anche la doccia permette un’ottima assimilazione dell’olio mettendone cinque gocce sulla spugna insieme al detergente. Un altro impiego, infine, è quello contro la pediculosi (pidocchi) che spesso affligge i bambini in età scolare. Gli spray al Tea Tree Oil permettono di attenuare il pruriti e creano un ambiente ostile ai parassiti.

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RUBRICHE

GUIDA ESAMI

Esame dell’unghia Vietato sottovalutare alterazioni del colore o della consistenza della lamina ∞  A CURA DI GIULIA SAMMARCO

Unghie che cambiano colore. Si spezzano facilmente. O ancora si sollevano senza apparente motivo. Potrebbe essere colpa di una micosi (fungo). Per avere la certezza bisogna sottoporsi all’esame dell’unghia. E farlo senza aspettare troppo: in caso si tratti davvero di un fungo, prima si inizia la terapia maggiori sono le possibilità di risolvere il problema e prevenire danni irreversibili. Ma come capire se le unghie sono a rischio? E come si svolge l’esame? Lo abbiamo chiesto al professor Antonino Di Pietro, dermatologo. Quali sono i campanelli d’allarme che possono far sospettare un problema alle unghie?

Il primo campanello è l’alterazione del colore o della consistenza dell’unghia. Se la lamina, cioè la parte esterna e dura, diventa biancastra, giallastra, nerastra, con macchioline verdi oppure se si nota uno scollamento dal letto ungueale (la parte rosa inferiore), conviene fare subito un accertamento per verificarne le cause. Quella più comune e diagnosticabile con l’esame è la presenza di un fungo, in termini medici definita onicomicosi, come candida, dermatofiti e muffe. Ma ci potrebbero essere anche motivi traumatici (come l’aver schiacciato l’unghia) o altre patologie più rare di tipo dermatologico come psoriasi, lichen o eczemi.

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DOTT. ANTONINO DI PIETRO Specialista in Dermatologia Direttore dell’Istituto Dermoclinico Vita Cutis


SE L’ESAME RIVELA LA PRESENZA DI UN FUNGO

Come si fa l’esame dell’unghia? Prima di cominciare è bene lavare con cura e con un sapone neutro la zona da analizzare, ed eliminare smalti, gel o ricostruzioni almeno dieci giorni prima dell’appuntamento. Il dermatologo preleva un pezzo di unghia già staccata dal letto ungueale con un tronchesino, e poi gratta con un bisturi il letto ungueale per prelevare il materiale sospetto. Questo campione viene diviso in due parti e sottoposto a due esami. Il primo è al microscopio per poter osservare eventuali funghi da vicino

(dopo aver macerato il pezzettino di unghia con idrato di potassio al 30-40%). Già in questa prima fase è possibile capire se ci si trova di fronte a una micosi. Il secondo esame si effettua mettendo dei pezzettini di unghia su delle piastre contenenti terreni di coltura (per intenderci i classici dischetti trasparenti da laboratorio). Se sono presenti dei miceti, dopo 7-15 giorni si sviluppano delle colonie che appaiono come macchioline di varie forme e colore che corrispondono ai diversi funghi.

In caso l’esame dell’unghia confermi che si tratti di micosi, la cura consisterà nell’uso di smalti ungueali da applicare direttamente sulla zona interessata e antimicotici per bocca: la terapia orale è sempre indispensabile. Il trattamento può durare da due mesi fino anche a due o più anni, in relazione alla gravità della patologia. È molto importante una diagnosi precoce perché più si aspetta, più il fungo si estende compiendo danni difficili da riparare. Nei casi più gravi si può arrivare al disfacimento dell’unghia, e in questo caso si parla di onicolisi.


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ANIMALI

Lacrimazione Quando preoccuparsi ∞  A CURA DI ELENA BUONANNO

«Le lacrime rappresentano la prima barriera difensiva dell’occhio: hanno il compito di tenerlo lubrificato e proteggerlo da corpi estranei o agenti irritanti. Capita però molto frequentemente di vedere cani o gatti con una lacrimazione eccessiva da uno o da entrambi gli occhi» dice la dottoressa Francesca Bosio, medico veterinario. «Le cause possono essere diverse: alcune “banali”, altre più serie. In ogni caso è meglio non sottovalutare». Dottoressa Bosio, quali sono le cause principali di un’eccessiva lacrimazione? Innanzitutto bisogna distinguere un’aumentata produzione di lacrime (iperlacrimazione) da una diminuita eliminazione attraverso i dotti lacrimali (epifora). Fatta questa premessa, le cause possono essere: > presenza di peli mal posizionati (districhiasi o trichiasi); > disturbi delle palpebre, che si rovesciano verso l’interno dell’occhio (entropion); > alterazione dei dotti lacrimali; > prolasso della terza palpebra > dolore, causato per esempio da ulcere corneali, corpi estranei all’interno dell’occhio, uveiti etc.; > blefarite, cioè un’infiammazione

delle palpebre; > glaucoma, con aumento della pressione all’interno dell’occhio; > allergie. Quando ci si deve preoccupare? Se c’è dolore, se l’occhio è arrossato, se l’animale manifesta fotofobia (sensibilità alla luce), se un occhio appare più gonfio rispetto all’altro, se un occhio è mantenuto più chiuso, se il colore delle lacrime cambia. È fondamentale che i proprietari sappiano riconoscere le varie alterazioni lacrimali per determinare se sia o meno necessaria una visita veterinaria con urgenza. A questo proposito, possono essere distinti cinque tipi di scolo oculare. 1. Aumentata produzione di lacrime normali: se è transitoria e non è accompagnata da rossore dell’occhio o dolore, è possibile semplicemente monitorare la situazione. In caso persista, si rende necessaria la visita di uno specialista. 2. Muco o piccole crosticine attor-

DOTT.SSA FRANCESCA BOSIO Medico Veterinario Clinica Veterinaria Villa Francesca Seriate

no agli occhi: sono solitamente considerate fisiologiche (soprattutto la mattina) e possono essere rimosse con soluzione fisiologica. 3. Muco bianco-grigiastro: spesso è associato a una cheratocongiuntivite secca. Per far fronte alla scarsa produzione di lacrime, l’occhio produce un eccesso di muco per lubrificare l’occhio. Se non riconosciuta e trattata tempestivamente, causa forte dolore e può condurre alla cecità.

OCCHIO ALL’ALIMENTAZIONE Un’alimentazione scorretta spesso può essere causa di forme allergiche e favorire l’insorgenza di una lacrimazione eccessiva. È quindi molto importante prediligere alimenti di buona qualità, evitando di fornire avanzi della tavola o eccesso di snack.

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4. Scolo giallo-verdastro: spesso è sintomo di infezione, soprattutto se accompagnato da arrossamento dell’occhio e dolore. 5. Lacrime rosso-brunastre: sono causate da un pigmento contenuto nelle lacrime chiamato porfirina che, a contatto con l’aria, si ossida e conferisce al pelo una colorazione bruno-rossastra. Che cosa si può fare per risolvere il problema? E per attenuare eventuali segni sul pelo intorno agli occhi? In caso di lacrimazione eccessiva, accompagnata da uno o più sintomi sopra descritti, è necessaria la visita di un medico veterinario che, attraverso esami specifici, ne determinerà l’origine. Nell’attesa, è possibile cercare di ridurre la presenza di sostanze potenzial-

mente allergizzanti come il fumo di sigaretta, profumatori per ambiente, prodotti per la pulizia. Nelle razze a pelo lungo è consigliabile tenere toelettate le zone attorno agli occhi. Se non si notano ferite o ulcere, è possibile pulire gli occhi con soluzione fisiologica o salviettine detergenti apposite. Per attenuare le tracce brunastre sul pelo, si consiglia di pulire la zona perioculare con salviettine dedicate o garzine inumidite con soluzione fisiologica. In questo modo, la porfirina contenuta nelle lacrime non avrà tempo sufficiente di esposizione all’aria per completare il processo ossidativo. Una lacrimazione eccessiva senza cause sottostanti riscontrabili non rappresenta di per sé un problema grave. Va però tenuto in considerazione che l’ambiente eccessiva-

mente umido che si crea attorno all’occhio, può essere causa di dermatiti o sovra crescita di batteri o lieviti (malassezia).

Le razze più a rischio Razze con occhi molto grandi rispetto al diametro della testa o sporgenti, come Chihuahua, ShihTzu , Cavalier King Charles Spaniel oppure con abbondante crescita di pelo vicino agli occhi, come maltesi, volpini o barboncini, sono più propense a una lacrimazione abbondante.


DAL TERRITORIO

NEWS

Inaugurata nuova PET/CT per la medicina nucleare del Papa Giovanni XXIII È entrata in funzione all’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo una nuova PET/CT evoluta, che consente scansioni veloci, ad alta risoluzione e una gestione avanzata del movimento, unendo così alte performance diagnostiche alla massima tutela della sicurezza e del comfort del paziente. La nuova apparecchiatura è un tomografo total-body utilizzato prevalentemente in campo oncologico, neurologico e cardiologico. Si tratta di un’apparecchiatura di ultima generazione che consente di ottenere immagini di elevata risoluzione e di studiare in modo molto accurato tumori, patologie degenerative cerebrali, patologie flogistiche e infettive nonché contribuire alla gestione del paziente affetto da cardiopatia ischemica. In particolare in campo oncologico, rappresenta una versione evoluta e completamente digitale di una tecnologia che negli ultimi 20 anni ha cambiato i protocolli di stadiazione del malato oncologico consentendo elevata accuratezza diagnostica e migliorando la qualità di vita dei pazienti, evitando di sottoporli a procedure diagnostiche invasive e a interventi chirurgici o terapie mediche non appropriate. La PET è una tecnologia diagnostica presente all’Ospedale di Bergamo fin dal 2002. Unisce PET (dall’inglese Positron Emission Tomography, cioè Tomografia ad Emissione di Positroni, che dà informazioni sul metabolismo cellulare di organi ed apparati) e CT (dall’inglese Computed Tomography, cioè Tomografia Computerizzata, meglio nota come TC o Tac). L’apparecchiatura permette l’acquisizione contemporanea e la successiva fusione di entrambe le tipologie di immagini.

NEWS

Appuntamento con le stelle per la ricerca dell’Associazione Paolo Belli - AIL Ritorna, come da tradizione, l’appuntamento con le “Stelle di Natale AIL” dell’associazione “Paolo Belli - lotta alla leucemia e altre patologie onlus”. Nelle giornate del 6,7, 8 dicembre in diversi punti della città e della provincia (piazze, centri commerciali, strutture sanitarie) sarà possibile acquistare una Stella di Natale e dare il proprio contributo per sostenere la ricerca scientifica sulle leucemie, i linfomi e i mielomi (patologie oncologiche del sangue). Un piccolo ma importantissimo gesto che contribuirà a sostenere le iniziative dell’associazione che si concretizza ormai da più di 25 anni in aiuto e ascolto delle famiglie colpite da malattie ematologiche mediante servizi di patronato, di accoglienza e di accompagnamento; divulgazione di materiale informativo sulle malattie ematologiche e attraverso la promozione di conferenze e incontri tra cittadini e medici; sostegno alla ricerca scientifica sulle malattie ematologiche e alla loro cura attraverso borse di studio per giovani medici; realizzazione di laboratori, camere sterili e strutture necessarie per prestare cure adeguate. Per informazioni www.ailbergamo.it.


22 dicembre: a Bergamo torna la Babbo Running Per il nono anno consecutivo torna a Bergamo Babbo Running, la camminata ufficiale con barba e costume di Babbo Natale, per una giornata all’insegna della gioia del Natale, del divertimento e della solidarietà. Un evento ludico-motorio carico di allegria, ironico e divertente, nato nel 2011 e cresciuto negli anni oltre ogni aspettativa, coinvolgendo sempre più appassionati di tutte le età, fino a diventare l’autentico street show, la festa pre-natalizia per l’intera città, l’evento più atteso e dinamico del periodo natalizio. cinque km a ritmo libero, in cui si partecipa in costume da Babbo Natale per portare una ventata di

allegria nel centro città! Il ritrovo è fissato alle 14.00 in Via Sentierone (di fronte al Teatro Donizetti) presso il Babbo Runnning Village, un’area interamente dedicata ai partecipanti, dove ci si potrà iscrivere e ritirare il kit gara, con dj set, attività ludico-sportive, riscaldamento e show con ospiti e testimonial. La partenza della marcia sarà alle ore 15.00: un’esplosione di cappellini rossi invaderà la città di Bergamo. La quota di iscrizione è di 12.00 euro e comprende vestito completo e barba da Babbo Natale, pettorale, bag gara, gadget offerti dagli sponsor e ristoro finale. Ci si può iscrivere online o nei punti ufficiali convenzionati. Babbo

Running è organizzata da Italia Runners, associazione sportiva dilettantistica nata con lo scopo di sostenere le attività dell’atletica leggera, promuovendo in particolare la disciplina del running, anche attraverso l’organizzazione di manifestazioni a scopo ludico -aggregativo. Italia Runners è promotrice di altri eventi tematici di grande successo che coinvolgono sia atleti professionisti che amatori: Strasingle®, StraWoman®, Fluo Run®, Derby Run® e 31 Run®. Per informazioni: www.babborunning.it Facebook.com/babborunning Tel. 331 4370677


DAL TERRITORIO

ONLUS

Con L’Orizzonte di Lorenzo una nuova casa per i bambini operati al cuore al Papa Giovanni XXIII

∞  A CURA DI MARIA CASTELLANO

È stato inaugurato sabato 26 ottobre l’appartamento, voluto e sostenuto da L’Orizzonte di Lorenzo Onlus, che accoglierà le famiglie e i bambini cardiopatici in cura all’Ospedale di Bergamo. Un sogno realizzato per l’associazione, che dal 2005 supporta le cure del Papa Giovanni XXIII rivolte ad adulti e minori con cardiopatie congenite, con uno sguardo sempre attento alle famiglie. «Mettere a disposizione una casa è una risorsa importante, soprattutto quando si affrontano percorsi di cura lunghi, ma non basta: bisogna

creare le condizioni per prendersi cura di questi bambini» afferma Alessandra Panarese, presidente de L’Orizzonte di Lorenzo Onlus. «Con “la MIA casa”, vogliamo offrire alle famiglie l’opportunità di trovare una dimensione di relazioni che possa aiutarle a ricostruire

una loro quotidianità lontano dalla propria casa, con la possibilità, così, di dedicarsi ai propri bambini con maggiore serenità». «L’iniziativa di L’Orizzonte di Lorenzo Onlus consente a famiglie spesso costrette lontano da casa

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di poter sentire il sostegno di una collettività e di un territorio. Nei momenti in cui i piccoli pazienti sono ricoverati o restano vicino all’Ospedale per i controlli e le cure necessarie, i genitori possono dedicarsi appieno ai propri figli sollevati da una quotidianità che, lontano da casa e senza un appoggio logistico, risulterebbe estremamente difficile» commenta il direttore generale dell’ASST Papa Giovanni XXIII Maria Beatrice Stasi. La casa, che si trova al primo piano di una palazzina del quartiere di Longuelo, limitrofo all’Ospedale di Bergamo ed è stata messa a disposizione dalla Fondazione MIA, fornirà un supporto per i bambini e ragazzi dimessi dall’ospedale dopo un’operazione al cuore e che necessitano di controlli frequenti, ospitandoli durante il percorso di cura. Le famiglie non troveranno solo un luogo dove vivere, ma anche una rete di relazioni, servizi e opportunità di inclusione nel territorio. È un modo per non lasciarle isolate: spesso infatti i bambini in cura al Papa Giovanni XXIII proven-

gono da lontano e i loro genitori, già provati dall’esperienza della malattia, a volte necessitano di supporto economico, organizzativo e relazionale. Il supporto della rete sarà garantito dai volontari e da un educatore, appositamente formati, in collaborazione con la cooperativa sociale L’Impronta, grazie al progetto “Sconfinando si fa rete”, finanziato dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali e promosso da Regione Lombardia grazie alla collaborazione di alcune associazioni, tra cui la UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) di Bergamo come capofila. Grazie ai suoi circa 40 volontari attivi, l’associazione L’Orizzonte di Lorenzo Onlus non è nuova a progetti a favore del Papa Giovanni XXIII. Nei suoi 14 anni di attività ha effettuato numerose donazioni di strumentazione clinica tecnologicamente avanzata. L’ultima risale al dicembre scorso, quando la Terapia Intensiva Pediatrica guidata da Ezio Bonanomi ha ricevuto un ecodoppler dotato di alcune sonde cardio, cui se ne sono aggiunte altre donate dall’as-

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sociazione Amici della Pediatria. Numerosi anche i progetti sostenuti dall’associazione: dal 2006 L’Orizzonte di Lorenzo onlus finanzia la presenza di uno psicologo nelle équipe dei curanti, a supporto dei bambini cardiopatici e delle loro famiglie. L’associazione è stata poi tra i sostenitori, fin dal suo avvio nel 2012, dell’innovativo progetto “Giocamico”: grazie a uno psicologo e a due bambole di pezza, vengono informati e coinvolti ogni anno nel percorso di cura più di 200 bambini nella sola Cardiochirurgia e circa 1000 in tutto l’Ospedale. Convinti che il gioco sia una terapia, i volontari dell’associazione propongono ai ragazzi momenti ludici, con il progetto “Mettiamoci in gioco” e attività di informazione e orientamento alle famiglie. Solo nel 2018 sono stati raggiunti 800 genitori e 423 bambini e ragazzi. Per le famiglie l’associazione L’Orizzonte di Lorenzo onlus organizza infine incontri di mutuo aiuto, allo scopo di facilitare la condivisione di esperienze e creare opportunità di relazioni tra famiglie.

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DAL TERRITORIO

FARMACIE

Accesso al farmaco istruzioni per l’uso ∞  A CURA DI GIULIA SAMMARCO

Molto spesso capita di andare in farmacia, chiedere un farmaco e sentirsi rispondere: “serve la ricetta”. Questa frase è una delle più pronunciate ogni giorno nelle farmacie italiane e genera spesso discussioni e proteste con la clientela. Vediamo di fare un po’ di chiarezza insieme al dottor Ernesto De Amici, presidente dell’Ordine dei Farmacisti di Bergamo. «La ricetta medica è l’autorizzazione scritta del medico a disporre la consegna al paziente del medicinale da parte del farmacista, il quale in deroga alla disciplina ordinaria sul libero commercio, è il solo autorizzato a effettuarla» spiega il dottor De Amici. «La ricetta costituisce uno strumento di tutela della salute del cittadino. A questo scopo è soggetta a discipline che sono diverse in funzione della pericolosità dei medicinali prescritti. I criteri utilizzati per stabilire il regime legale di dispensazione sono: caratteristiche del principio attivo, indicazione terapeutica, dosaggio, via di somministrazione». Per quali categorie di medicinali è obbligatoria la ricetta? La legge stabilisce (art. 88, D.Lvo 219/06) che i medicinali siano soggetti a prescrizione medica quando: > possono presentare un pericolo, direttamente o indirettamente, anche in condizioni di normale utilizzazione, se sono usati senza controllo medico; > sono utilizzati spesso e in

larghissima misura, in condizioni anormali di utilizzazione, con conseguenti rischi per la salute; > contengono sostanze o preparazioni di sostanze, di cui non sono ancora stati sufficientemente approfonditi l’attività o gli effetti secondari; > sono destinanti a essere somministrati per via parenterale, salvo le eccezioni stabilite. Il Ministero dell’Interno ogni cinque anni rivede e pubblica la Farmacopea Ufficiale. A questa è allegato l’elenco dei prodotti che il farmacista non può vendere se non in seguito a presentazione di ricetta medica, anche quando detti prodotti fanno parte di medicamenti composti o di specialità medicinali. Quanto dura la prescrizione? La ricetta ripetibile in genere è valida sei mesi, salvo diversa indicazione del medico; scende a 30 giorni per i medicinali contenenti stupefacenti (come tranquillanti, sonniferi etc.). Se viene prescritta una sola confezione di farmaco si può riutilizzare per dieci volte (cioè per dieci confezioni), salvo diversa indicazione del medico; nel caso di medicinali contenenti stupefacenti invece la ripetibilità è limitata a tre confezioni. Se viene indicato un numero di confezioni superiore all’unità si esclude la ripetibilità e diventa non ripetibile. La ricetta non ripetibile in quali casi viene utilizzata?

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La ricetta non ripetibile o da rinnovare volta per volta è obbligatoria per tutti quei medicamenti con rischi potenziali di tossicità acuta e cronica o di assuefazione e tolleranza, con conseguente possibilità di abuso da parte del paziente, o che comunque possono comportare rischi particolarmente elevati per la salute. La ricetta non ripetibile ha validità di 30 giorni dalla data di compilazione e può essere presentata per la spedizione una sola volta. Da questo breve excursus su


quello che è l’aspetto normativo della prescrizione medica emerge chiaramente che il farmacista che rifiuta di vendere un farmaco in assenza della ricetta non lo fa perché “ha buon tempo”: sta andando contro il suo interesse economico in nome del superiore interesse della salute di chi ha di fronte. Perché, non dimentichiamolo mai, l’unico professionista tecnico del farmaco è il farmacista che, in virtù degli anni di studio, conosce i rischi potenziali legati all’uso non controllato di questo bene etico e non commerciale che chiamiamo “medicina“.

DOTT. ERNESTO DE AMICI Farmacista Presidente dell’Ordine dei Farmacisti della Provincia di Bergamo


DAL TERRITORIO

IL LATO UMANO DELLA MEDICINA

Per 40 anni ho fatto nascere bambini. Ora faccio le sculture delle loro mamme ∞  A CURA DI LUCIO BUONANNO

Le sue mani, che per quasi quarant’anni hanno aiutato molte donne a far nascere i loro bambini in ospedale o a casa, ora le mette nell’argilla, nella creta per dar vita a sculture che inneggiano alla maternità. Lei, ex infermiera professionale poi ostetrica, ora in pensione, è Franca Zucchinali, 68 anni ben portati nonostante un problema di salute dovuto a un intervento chirurgico (forse) sbagliato. Le sue opere sono state in mostra recentemente a Luzzana e al ONP Bistrò di via Borgo Palazzo. Capelli ramati, grande sorriso e tanta cultura, accetta volentieri di parlare con noi nella sua casa di Torre Boldone, mostrandoci le sculture e i suoi quadri appesi alle pareti, sempre dedicati all’universo femminile. «Dieci anni fa ho deciso di cessare una parte importante della mia professione di ostetrica “l’assistenza al parto”» racconta. «Una decisione che però mi ha fatto sentire un vuoto che mi ha attirato verso il modellare e mi ha sospinto verso l’argilla. Per anni le mie mani sono entrate nella terra delle donne e hanno sentito la potenza e la forza creatrice che ci è data. Dal contatto con l’energia della nascita e dal suo mistero è iniziato il mio percoso di ricerca: da dove veniamo? Come si partoriva nell’antichità? Illuminanti sono stati alcuni libri come “Il linguaggio della Dea” di Marija

Gimbutas, un’archeologa di origini lituane che ha dedicato la vita alla ricerca delle origini delle nostre antenate del Paleolitico e del Neolitico. Documentando e descrivendo il ritrovamento di statue raffiguranti corpi femminili con seni e ventri abbondanti, studia e ipotizza attraverso l’archeomitologia società antiche, dove il corpo delle donne veniva onorato e rispetatto, paragonato alla Madre Terra. Societá mutuali dove donne e uomini vivevano in pace onorando la Madre Terra attraverso il “Culto della Dea”. O come “Il calice e la spada” e “Il piacere e il sacro”, due volumi di Riane Eisler. Lavori visionari che mi hanno aperto la mente facendomi immaginare scenari possibili in un mondo nuovo dove il femminile e il maschile possono vivere in armonia creando bellezza e non distruzione». Così Franca Zucchinali, pensionata, comincia a mettere le mani nella creta e a dar vita alle sue donne in attesa. E nel frattempo si dedica a un’altra branca della sua professione con i consultori e le associazioni come “Inanna”, nome di una dea, per diffondere la cultura della nascita, la “Casa delle donne”, oppure i consultori “Zelinda” di Trescore Balneario, o la “Società di servizi Val Seriana” di Albino, o ancora “Mani di scorta” di Treviolo. «L’ostetrica non si limita solo ad aiutare le donne

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che partoriscono» dice. «Guarda a tutti i passaggi delle quattro stagioni di vita delle donne. All’adolescenza, alle donne in gravidanza, alla menopausa, all’età anziana. Con conferenze e incontri su questi temi molto importanti, insieme ad altre donne, ricerchiamo e riflettiamo sul significato di questi passaggi e sul valore dell’essere donna». Ora l’artista-ostetrica ha cominciato a modellare non solo donne incinte e le madri che allattano i loro bambini, ma anche rappresentazione di simboli antichi del femminile. Le facciamo notare che a Capua, vicino Caserta, esiste l’unico museo al mondo che raccoglie sculture di madri con figli recuperate negli scavi di epoca romana. E

In questa rubrica gli operatori sanitari (medici, infermieri etc.) si raccontano, facendo conoscere oltre al loro lato professionale la loro attività di artisti, volontari, atleti... Vuoi raccontare la tua storia su Bergamo Salute?

Scrivici su facebook o redazione@bgsalute.it!


lei entusiasta ci dice che senz’altro andrà a vederle per trovare nuove ispirazioni. «Facendo le mie sculture in argilla posso esprimere me stessa, è un lavoro introspettivo. Ogni personaggio ha una sua storia che mi appassiona e mi fa scoprire una parte di me. Una crescita personale come tutte le volte che ho aiutato le donne che ho assistito al parto. Un’emozione che si è ripetuta molte volte, che mi ha visto grata alla vita perché fortunatamente tutte le esperienze hanno avuto percorsi senza problemi». Nella vita di Franca qualche problema c’è stato. Ha cominciato a lavorare che era ancora una bambina. Dopo le scuole medie, prima a Milano in un istituto per anziani, poi in una fabbrica tessile. E lì in quell’opificio si è sentita fuori dal mondo. Voleva rendersi utile, e decide di diventare infermiera. Ci riesce subito. Dopo qualche anno passa alla scuola di ostetrica e trova così la sua strada. Poi dieci anni fa, un problema di salute: un intervento chirurgico che ha lasciato purtroppo qualche problema (di cui però non vuole parlare). «Quando metto le mani nella creta sparisce ogni preoccupazione» sospira. Come quando legge i commenti

dei ragazzi delle elementari che hanno visitato le sue mostre. “Pensavo che uomini e donne fossero diversi ma vedendo le sculture ho capito che siamo tutti uguali”. Oppure “Grazie, mi hai fatto capire”. O ancora “Grazie al Cielo che c’è qualcuno che pensa alle donne”. Pensieri innocenti di bambini della scuola primaria che le danno il sor-

riso come le volte che Franca tiene una conferenza sulla “Crone”, dal greco vegliarda, sulle donne non solo giovani ma anche anziane. “È una strada verso la saggezza femminile profonda attraverso l’intuizione, l’introspezione, l’ascolto, la cura, l’amorevolezza, la capacità di perdonare e l’empatia».



A.R.M.R Associazione Ricerca Malattie Rare

INSIEME CONTRO LE MALATTIE RARE Le Malattie Rare sono un ampio gruppo di patologie (circa 7.000 secondo l’OMS), accomunate dalla bassa prevalenza nella popolazione (inferiore a cinque persone per 10.000 abitanti secondo i criteri adottati dall’Unione Europea). Con base genetica per l’80-90%, possono interessare tutti gli organi e apparati dell’organismo umano.

Incontri con i soci e gli amici di A.R.M.R /

SABATO 23 NOVEMBRE ore 10:00 Cerimonia di consegna borse di studio 2019 Auditorium Piazza della Libertà Bergamo

/

GIOVEDÌ 19 DICEMBRE ore 17:30 alle 19:30 Via Salvioni, 4 Bergamo Auguri di Natale A.R.M.R.

SINDROME DI HUNTER O MUCOPOLISACCARIDOSI TIPO II Codice di Esenzione. RCG140 Categoria. Malattie delle ghiandole endocrine, nutrizione, metabolismo e disturbi immunitari. Definizione. Patologia del metabolismo dei mucopolisaccaridi (gruppo di polisaccaridi determinata dal deficit di un enzima chiamato iduronato solfatasi, che serve a decomporre nell’organismo sostanze chiamate glicosaminoglicani (GAG). Epidemiologia.Rara,s’ipotizzaun’incidenzadi1/100.000. Maschi e femmine sono colpiti in eguale misura. Segni e sintomi. La forma grave o di tipo A è la forma classica della malattia di Hunter ed è caratterizzata da lineamenti grossolani del viso, bassa statura, rigidità articolare, epatosplenomegalia ed ernie. Il ritardo mentale è grave. L’aspettativa di vita si estende all’adolescenza e talvolta anche fino a 20 anni di età. La forma di tipo B, meno grave, è caratterizzata da uno sviluppo mentale normale o solo lievemente deficitario con aspettative di vita migliori. Eziologia. La malattia riconosce una causa genetica. Diagnosi. La prima diagnosi si basa sul riscontro di un aumento nelle urine dei livelli di eparansolfato e dermatansolfato nelle urine. La diagnosi definitiva si ottiene mediante l’analisi dell’attività enzimatica su leucociti, siero o fibroblasti, e con l’analisi molecolare del gene dell’enzima irudonato solfatasi.

Tel. +39 035 671906 fax +39 035 672699 presidenza@armr.it WWW.ARMR.IT

Terapia. Il trattamento prevede terapie di tipo palliativo al fine di prevenire e\o trattare le eventuali complicanze a livello cerebrali, oculare, articolare, e dell’udito, oltre che respiratorie e cardiache. L’intervento di stabilizzazione atlanto-epistrofeo (cioè delle prime vertebre cervicali) è necessario per alcuni pazienti. Il trapianto del midollo osseo non si è dimostrato efficace. Un prossimo approccio terapeutico è rappresentato dalla terapia enzimatica sostitutiva. Dottor Angelo Serraglio Vice Presidente ARMR

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DAL TERRITORIO

TESTIMONIANZA

Ero schiava dei modelli estetici irraggiungibili del web. Ora sono rinata ∞  A CURA DI LELLA FONSECA

«Ricordo come l’aspirazione di un ventre piatto fosse diventata per me una vera e propria ossessione, tanto molesta da influire negativamente sul mio benessere psicofisico, sulla qualità della mia vita e sulla serenità. Navigavo sui social alla ricerca degli “esercizi migliori per un addome perfetto!” e così facendo mi imbattevo sempre più spesso nelle fotografie accattivanti delle cosiddette fitness girl. Super toniche e sportive, fanatiche sostenitrici di uno stile di vita dinamico e imprescindibilmente salutistico. Nessuno strappo alla regola, pochi pianificati “sgarri”, allenamenti stremanti in palestra etc..Il confronto con le loro vite (apparentemente) perfette faceva sembrare la mia banale e incompleta. Cominciai a dubitare del mio corpo e a mettere in discussione le mie abitudini, il mio personale rapporto con il quotidiano». Inizia così il racconto di Giada Salvi, ventunenne di Bergamo, con un passato di disturbo ossessivo che l’ha portata a un comportamento alimentare esasperato, a una dipendenza dall’attività fisica e dal web: tutto per cercare di raggiungere gli ideali, irrealizzabili, proposti dalla rete. Oggi Giada sta bene, ha imparato ad accettarsi, ha fatto pace con se stessa e si è iscritta alla facoltà di psicologia, spinta anche dal desiderio di realizzarsi in una professione che, come ha

toccato con mano, può realmente migliorare la vita delle persone e in alcuni casi, come il suo, salvarle. Tutto inizia intorno ai 18 anni, quando Giada si lascia “incantare” da social influencer o semplici ragazze fissate con la forma fisica, la palestra e la dieta. Ragazze sempre perfette, almeno ai suoi occhi, che cominciano a diventare per lei un modello da raggiungere, a tutti i costi. «Ammazzarsi di squat e nutrirsi di avocado o acqua di cocco. Ecco il segreto. Questo modello di vita propone un fisico magnifico immortalato in scatti sempre perfetti e fotografie studiate astutamente durante gli allenamenti» dice. Giada vuole diventare come loro, ne è ossessionata. Decide di mettersi a dieta, di scolpire il suo corpo con la palestra, seguendo per filo e per segno, senza sgarri, i consigli delle sue “beniamine” dei social. L’inseguimento del fisico ideale non le dà mai tregua, sembra che qualunque cosa faccia non sia mai abbastanza per arrivare a quella perfezione. E così il peso continua a scendere e insieme al peso perde anche il gusto di vivere e la voglia uscire con gli amici. «Ero troppo impegnata a rincorrere la mia solitudine tra le quattro mura di una palestra vuota». Finché, a gennaio 2019, il suo stato di salute peggiora in modo preoccupante e non solo perché è diventatatroppomagra:ilsuocorpo

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comincia a rifiutare quasi tutti i cibi e comincia a soffrite di diversi disturbi gastrici. La mamma, vedendo la figlia stare sempre peggio, decide di portarla da uno specialista, il dottor Salvatore Greco, gastroenterologo dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII. Lo specialista capisce che non è solo una questione di stomaco. C’è di più. E le consiglia una visita con il dottor Filippo Tancredi, psichiatra. La diagnosi è un disturbo ossessivo che causa un comportamento alimentare esasperato. Serve un percorso farmacologico e di psicoterapia. Giada fa fatica ad accettarlo ma alla fine cede. Lo fa per se stessa ma anche per sua mamma e suo papà, che in tutti quei mesi le sono stati vicini condividendo il suo dolore e tormento. «Ho dovuto toccare il fondo per accorgermi di tutto il

In questa rubrica pubblichiamo la storia di una persona che ha superato un incidente, un trauma, una malattia e con il suo racconto può dare speranza agli altri. Vuoi raccontare la tua storia su Bergamo Salute?

Scrivici su facebook o redazione@bgsalute.it!


male che mi stavo infliggendo» ricorda Giada. Grazie alle terapie, ma anche a un programma di “disintossicazione dai social”, comincia a prendere consapevolezza delle sue fragilità e ad accettarle. «Ho imparato ad ascoltarmi, a chiedermi il perché di certi gesti e domandarmi le cause di alcune assurde paure. Ho capito come soltanto l’accettazione delle proprie fragilità e la loro conseguente comprensione possano condurre alla salvezza». E la salvezza non tarda ad arrivare. Le cure iniziano a funzionare. Giada, settimana dopo settimana, sta meglio, per la gioia della famiglia e la soddisfazione dei medici che la

seguono. E inizia a rinascere, anche grazie all’amore di un fidanzato che la sostiene e l’ama per quello che è. «Finalmente sorrido alla vita come mai prima d’ora e sono felice della donna che sono diventata. Sono felice di non essermi arresa e di aver avuto la forza di chiedere aiuto, di essermi fidata (ed affidata) alle persone giuste. Sono felice di aver lottato per la mia salute, e per essermi riappropriata della libertà di poter scegliere». Oggi Giada usa i social in modo “sano”, quasi solo Instagram, con poche foto, non più del suo ventre piatto e definito mostrato con orgoglio, ma di una nuova normalità. «Sempre più

distante da una “me” così lontana, condivido la foto di una ragazza “normale” immortalata in una posa “normale” in un momento della vita “normale”. Perché una pancia gonfia è umana, è “normale”, è sana, è naturale. E io sono orgogliosa di mostrarla, assieme al sorriso più sincero di sempre. Spero che la mia storia possa aprire gli occhi ad altre ragazze come me, che soffrono seguendo modelli estetici irrealizzabili: la realtà che ogni giorno ci viene proposta attraverso i social è distorta e fasulla e non dobbiamo lasciarci condizionare. Perché non è quella la felicità. E io ora lo so».

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Implantologia a carico immediato: cos’è e quando è indicata Ritornare a sorridere in brevissimo tempo oggi è possibile grazie all’utilizzo di appositi sistemi di implantologia innovativi, come l’intervento implantologico a carico immediato. Ma in cosa consiste? Quali vantaggi offre rispetto alle tecniche di implantologia tradizionali? Ne parliamo con il dottor Matteo Braschi, odontoiatra esperto in chirurgia orale, membro direzione scientifica Caredent, network di centri dentistici diffusi in tutti Italia, presente

anche a Bergamo e Provincia. Dottor Braschi, cosa si intende per implantologia a carico immediato? L’implantologia a carico immediato è una particolare tecnica chirurgica che viene applicata per riabilitare sia i singoli elementi dentali che l’intera arcata (inferiore e/o superiore), e la cui peculiarità è la celerità con cui il paziente può riprendere la normale funzione masticatoria (ed estetica). Con

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IMPLANTOLOGIA ALL ON FOUR/FIVE/SIX La tecnica All on four (o All on Five/Six) è una tecnica di implantologia a carico immediato che permette di ripristinare un’intera arcata dentale, installando quattro (o 5 o 6) impianti in posizioni strategiche, al fine di restituire al paziente la piena masticazione in un’unica giornata. Questa tecnica è rivolta a chi è completamente privo di denti, sia che si tratti dell’arcata superiore o di quella inferiore. Nel caso in cui il paziente abbia necessità di estrarre uno o più denti, questo avverrà contestualmente all’inserimento degli impianti.


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questa tecnica, infatti, nella stessa giornata in cui vengono inseriti gli impianti in titanio viene anche posizionata la protesi fissa. In questo modo il paziente può recuperare il suo sorriso in tempi ridotti, senza dover attendere i mesi necessari all’osteointegrazione, con i fastidi che comportano le riabilitazioni a carico differito. Ma possono sottoporsi tutti a questa tecnica? La fattibilità della tecnica di implantologia a carico immediato è chiaramente soggetta alla valutazione del chirurgo e tiene conto di diversi fattori: > quantità e qualità dell’osso a disposizione; > età del paziente; > tipo di masticazione del paziente; > eventuali patologie sistemiche (ad esempio diabete, osteoporosi etc.); > terapie farmacologiche in corso > abitudini viziate del paziente (ad esempio fumo); > livello di igiene orale del paziente. È pertanto fondamentale precisare che, prima di procedere con la progettazione dell’intervento a carico immediato, il paziente viene accuratamente valutato dal chirurgo di riferimento e viene sottoposto ai necessari esami radiografici ed eventualmente ematochimici.

È dolorosa? L’intervento ha una durata breve e viene effettuato sotto anestesia locale. Durante l’operazione quindi il paziente non prova dolore, ma può avvertire qualche fastidio post intervento, soprattutto quando svanisce l’effetto dell’anestetico. Nel caso in cui questo fastidio tendesse a persistere anche in fase post-operatoria, si possono assumere degli antidolorifici, che sicuramente il dentista avrà cura di prescrivere.

E per quanto riguarda i prezzi? Quando si tratta di interventi odontoiatrici parlare a priori di prezzi è sempre inopportuno. È difficile, infatti, poter fornire dei preventivi senza conoscere a fondo il singolo caso a cui si sta facendo riferimento. In ogni caso è sempre bene effettuare una visita completa, farsi redigere un piano di cura completo e chiedere sempre la durata del trattamento e le eventuali alternative.

OTTO STRUTTURE A BERGAMO E PROVINCIA Albino (Direttore Sanitario: Dott. Nicola Attilio Rossi) Villa d’Almè (Direttore Sanitario: Dott.ssa Korica Marija) Curno (Direttore Sanitario: Dott. Matteo Braschi) Trescore Balneario (Direttore Sanitario: Dott.ssa Arici Silvia Maria) Stezzano (Direttore Sanitario: Dott.ssa Michela Zevolli) Romano di Lombardia (Direttore Sanitario: Dott. Luigi Bergamelli) Treviglio (Direttore Sanitario: Dott. Matteo Bazza) Seriate (Direttore Sanitario: Dott. Tommaso Ballatore) Per richiedere informazioni o fissare un appuntamento è disponibile il numero 800.688.549 oppure è possibile prenotare dal sito www.care-dent.it.

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STRUTTURE

COOPERATIVA IN CAMMINO

In Cammino Co-housing sociale di comunità

A solo un anno dall’inaugurazione, il 15 dicembre 2018, della Residenza San Carlo progetto di co-housing sociale di comunità sorto dalla ristrutturazione di un appartamento di via San Carlo, in pieno centro a San Pellegrino Terme - la cooperativa In Cammino sta per varare una seconda struttura a Santa Brigida. Entrambe propongono la coabitazione (co-housing), in stanze singole o doppie, di 12 persone a San Pellegrino e otto a Santa Brigida, in parte anziani, in parte con patologia psichiatrica e in parte con disabilità, assistiti da un’equipe professionale in un modello di natura assistenziale orientata al mantenimento tramite elaborazione di Progetti di Vita a forte vocazione comunitaria e ad alto impatto sociale, anche attraverso l’apertura di alcuni servizi alla comunità. «In cammino ha scelto la Valle Brembana quale territorio elettivo per generare esperienze di vita compiute, capaci di trasforma-

re le fragilità in opportunità, dove i legami possano tornare ad essere centrali e il benessere una dimensione accessibile a tutti» sottolinea Danila Beato, presidente della cooperativa. Il co-housing, nato in Danimarca negli anni Sessanta, è stato importato in Italia negli anni Novanta. Veniva così descritto dal suo creatore Charles Durrett “una tipologia di abitazione collaborativa nella quale i residenti partecipano attivamente nella progettazione e nella scelta del proprio vicinato. Le abitazioni private, che rimangono un inviolabile spazio di privacy, vengono completate da aree comuni che incoraggiano l’interazione sociale.” Il significato iniziale era legato a singoli e famiglie in condizioni di autonomia ma si è poi esteso a inquilini anziani (senior co-housing), madri sole, giovani. Per affrontare questa sfida, la cooperativa In Cammino si è appoggiata all’esperienza maturata nella

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gestione di servizio residenziali per anziani, malati psichici e persone adulte affette da disabilità, spinta dalla necessità di individuare nuove forme dell’abitare, che valorizzassero le dimensioni della condivisio-

LA NORMATIVA DI RIFERIMENTO Per il co-housing è costituita dalla DGR 7776/2017, che istituisce l’unità di offerta sociale per anziani C.A.S.A. e dalla DGR 4221/2007, che istituisce l’unità di offerta socio-sanitaria per persone con patologie psichiatriche denominata Residenzialità Leggera, nonché la L.112 sul tema del “Dopo di noi” che definisce il quadro normativo di riferimento delle progettualità relative all’abitare delle persone con disabilità.


Una rete per la valle ne (casa) e non della separatezza (appartamento).

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«Il co-housing coinvolge la comunità circostante in un reciproco e virtuoso riconoscimento, genera economie di scala e conseguenti risparmi per la collettività, per i gestori e per gli inquilini. L’obiettivo è la promozione dell’invecchiamento attivo e dell’inclusione sociale degli anziani, delle persone con disagio psichico e delle persone disabili, mediante azioni di contrasto all’isolamento, allo stigma e azioni di coinvolgimento nella comunità locale. L’offerta assistenziale prevede assistenza sulle 24 ore a cura di un’equipe multi professionale a preminenza socio-assistenziale, con presenza di assistenti familiari, ASA/OSS, EP, e attivazione al bisogno di figure professionali IP, FKT, anche attraverso la fruizione di interventi e Servizi specifici quali l’ADI. Questa formula si colloca in posizione mediana tra una domiciliarità non più opportuna – in quanto produttrice di isolamento, abbandono, o semplicemente priva di appoggi leggeri – e una residenzialità sanitaria pesante, spesso produttrice di dipendenza, disabilità secondarie, progressivo ritiro sociale» spiega la presidente. Alla persona inserita a San Pellegrino o a Santa Brigida viene chiesto il più alto livello di protagonismo possibile, in relazione al quadro delle sue autonomie e delle sue patologie, stimolando, in tal senso, le capacità residue sulla gestione dell’igiene personale, dell’ordine ambientale, all’interazione relazionale ed in mantenimento delle

La cooperativa In cammino, nata con il Servizio Territoriale Handicap, ha saputo, nell’arco di venti anni, strutturare una rete di servizi (forse la più grossa presente in Valle Brembana) su sei aree tematiche: Disabilità, Minori e Prima Infanzia, Salute Mentale, Socio Assistenziale, Benessere e Integrazione, Cure Specialistiche. Sul fronte della disabilità nel 2011 ha aperto il Centro Socio Educativo Olos a San Pellegrino Terme, riconvertendo le attività del Servizio Formazione Autonomia, per sopraggiunti limiti di età delle persone in carico. L’esperienza di Olos coniuga le attività della Disabilità con quelle del benessere rivolte all’intera popolazione. Nell’ambito della Salute Mentale dal 1998 ha sviluppato una vera e propria filiera della Residenzialità attraverso l’apertura di una Comunità Protetta ad Alta Intensità a San Pellegrino Terme, oggi trasformatasi in una Comunità a media protezione assistenziale e Progetti di Residenzialità Leggera e di housing sociale. Dal 2000 ha sviluppato la rete dei Servizi alla Prima Infanzia, in sinergia con alcune realtà parrocchiali e comunali, spingendo e realizzando, in stretta collaborazione con L’Ufficio di Piano della Valle Brembana, la prima esperienza di messa a sistema di una rete di Servizi rivolta all’intero territorio Vallare. Fanno capo ad In Cammino il Nido Linus Alta Valle Brembana di Valnegra, il Nido Cavagnis di San Giovanni Bianco, il Nido il Pulcino di San Pellegrino Terme, gli Spazi Gioco a Lenna e a San Pellegrino Terme, le attività di Animazione Territoriale sull’intera Valle, i CRE 3-6 anni e la Formazione Genitori. In Cammino è ente Accreditato presso la Regione Lombardia per l’Assistenza Domiciliare Integrata e per il Consultorio Famigliare Priula con sede a Zogno; gestisce la Casa Anziani di Serina. A San Pellegrino Terme dal 2008, nel campo della specialistica ambulatoriale, ha aperto un Poliambulatorio e un Centro Famiglia, a domanda pagante rivolto all’intera popolazione vallare

competenze cognitive residuali. «Gli ospiti provengono, per la parte anziana dal territorio attraverso i medici di medicina generale e dai casi già in carico alla cooperativa o veicolati dalle numerose relazioni allacciate sui diversi territori con i servizi pubblici comunali e distrettuali; per la parte psichiatrica dai progetti di residenzialità leggera già in carico alla cooperativa nonché dalla richiesta diretta di famiglie e dai servizi pubblici comunali. L’organizzazione del servizio ricalca le caratteristiche di una presa in carico: segnalazione - valutazione del caso

- accoglienza e inserimento - periodo di osservazione - definizione del “Progetto di vita”- erogazione del servizio - dimissione. Il cardine del progetto risiede nel concetto di “Progetto di vita”, calato nella realtà di una abitazione che è un servizio ma è anche una casa, e viene dunque declinato in una continua osmosi tra supporto professionale e esercizio di autonomia. È un progetto costantemente co-prodotto non solo a quattro mani tra ospite e operatore, ma anche con il fondamentale apporto dei coinquilini» conclude.

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Viktor Physio L’evoluzione della riabilitazione neuromotoria

Il centro Viktor Physio è un centro fisioterapico d’eccellenza che, con l’utilizzo del metodo Viktor, offre un’evoluzione nella riabilitazione neuromotoria. Il metodo è nato dalla grande esperienza in campo medico e scientifico del dottor Viktor Terekhov, la cui ricerca ha permesso la progettazione e lo sviluppo di un elettromedicale, il VIK16, che non ha analoghi nel mondo riabilitativo. Approfondiamo l’argomento proprio con il dottor Viktor Terekhov del centro fisioterapico Viktor Physio, che si trova all’interno del Point di Dalmine (Polo per l’Innovazione Tecnologica della Provincia di Bergamo).

Dottor Terekhov su quali principi si base questo innovativo approccio riabilitativo? Il metodo - alla base del quale c’è la tecnologia AFESK (Stimolazione Elettrica Funzionale Adattiva Kinesiterapica) con la workstation VIK16 - parte dai presupposti della tradizionale Stimolazione Elettrica Funzionale (FES), rivoluzionandone il concetto da terapia prevalentemente passiva a terapia attiva e intensiva basata sul movimento volontario (Kinesiterapia) ciclico e ripetitivo. Il movimento associato alla stimolazione elettrica fisiologicamente corretta, garantisce una sommazione di stimoli e permette di potenziare il coinvolgimento del

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SNC (Sistema Nervoso Centrale), favorendo una riorganizzazione di quest’ultimo (da qui il termine adattiva) e amplificando notevolmente l’effetto riabilitativo. Per chi è indicato? La funzionalità e il tipo di lavoro che viene svolto con l’utilizzo della workstation VIK16 si rivolgono a tutte quelle patologie che colpiscono il sistema neuromuscolare e a tutte quelle patologie che comportano una disfunzione, un problema o un deficit del movimento. Il metodo rappresenta un’opportunità terapeutica e di miglioramento delle condizioni di vita. In particolare è indicato


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VIK16 è un sistema elettromedicale (certificato e brevettato) in grado di affiancare o sostituire il Sistema Nervoso Centrale nella gestione dello schema motorio erogando su 16 gruppi muscolari opportuni stimoli per intensità, tempo di attivazione e frequenza durante il movimento ciclico pianificato” > per persone in condizioni di para o tetraplegia, emiplegia di qualsiasi derivazione, malattie neurodegenerative e demielinizzanti, come la sclerosi multipla e la SLA; > per il trattamento di “mal di schiena” anche associati a discopatie con o senza coinvolgimento del sistema nervoso periferico;. > ove necessiti una riabilitazione post operatoria dovuta a lesioni di natura ortopedica; > per il mantenimento di un buono stato di salute nelle persone in età avanzata per prevenire e affrontare le problematiche geriatriche; > nella preparazione sportiva di alto livello. Inoltre, la stimolazione elettrica funzionale adattiva (AFESK), fornita dalla workstation VIK16, è efficace sul fronte della prevenzione degli infortuni sportivi poiché con l’at-

tivazione appropriata dei gruppi muscolari responsabili di un determinato movimento, nel rispetto del timing di attivazione fisiologico, consente agli atleti di correggere eventuali asimmetrie muscolari, diminuendo il rischio di infortuni. Nella riabilitazione ortopedica e nell’allenamento sportivo è possibile operare a un’intensità che non si riesce a raggiungere con la riabilitazione classica o con un normale allenamento poiché la quantità di esercizi eseguiti risulta essere fino a sette volte superiore, con il reclutamento del 100% delle fibre muscolari (in un normale esercizio se ne utilizzano il 70-75%). Tutto questo con l’intento di ottimizzare il più possibile il gesto atletico (per ogni tipo di disciplina sportiva) con un aumento notevole in termini di forza, velocità e resistenza. Nei traumi midollari, invece, il principio alla base del metodo Viktor è significativo in quanto, sfruttando le potenzialità residue del SNC, favorisce il recupero, la riorganizzazione (e successiva compensazione) dei circuiti collaterali del midollo spinale che sono stati colpiti e disorganizzati in seguito al trauma, così come nell’emiplegia promuove la riattivazione funzionale dei centri corticali responsabili del movimento. Se dovesse sintetizzare in poche parole i punti di forza di questo metodo quali sarebbero? Le prerogative che determinano l’efficacia del trattamento sono la collaborazione da parte del paziente e lo svolgimento attivo di ogni esercizio in modo funzionale e coerente con il programma riabili-

tativo selezionato dal terapista. Lo svolgimento attivo di ogni esercizio è la grande differenza con gli altri sistemi di elettrostimolazione che in genere vengono applicati sul paziente che “subisce” in maniera passiva lo stimolo. L’utilizzo di elettrostimolazione attiva sincronizzata con i cicli di movimento, porta a un aumento esponenziale delle possibilità di recupero. Attualmente presso il centro fisioterapico Viktor Physio, sono in trattamento pazienti di età compresa tra i 4 e gli 85 anni, con situazioni patologiche come quelle precedentemente citate. VIKTOR PHYSIO Polo per L’innovazione Tecnologica Via Pasubio 5 Dalmine BG Tel. 035 6224112 info@viktor.physio www.viktor.physio

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Dallo sport, per lo sport L’esperienza dell’ex pugile e massofisioterapista Luca Messi al servizio degli sportivi bergamaschi e non solo... Pugile professionista dal 1998, Luca Messi ha conquistato numerosi titoli tra cui quelli di Campione Intercontinentale W.B.U. e W.B.A., ma la carriera agonistica non gli ha impedito di seguire un’altra formazione, quella di massofisioterapista. Ha conseguito il diploma biennale presso l’Ospedale di Alzano Lombardo, con tirocinio in varie strutture della Bergamasca, e in seguito secondo i nuovi ordinamenti anche quello triennale. Nel 2000, mentre è ancora impegnato sui ring, anche in USA e Francia, apre il Centro Medico Ponte di cui è amministratore. Nel 2015 chiude la carriera agonistica e può dedicarsi in prima persona al centro medico, rivolto alla medicina dello sport a 360 gradi.

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Il Centro Medico Ponte rilascia i certificati per l’idoneità sportiva anche agonistica, offre consulenza alle società sportive ed è specializzato nella riabilitazione con massofisioterapia e terapie fisiche, come le elettroterapie antalgiche e di stimolazione, Tecar, laser e ultrasuoni. «Seguo personalmente le terapie manuali e fisiche» dice Luca Messi. «Applico diversi tipi

CENTRO MEDICO PONTE Dir. San. dott.ssa Rossella D’Arrigo Via San Clemente, 54 Ponte San Pietro (BG) Tel. 035 4376319 centromedicoponte@gmail.com www.centromedicoponte.com

di massofisioterapia (tradizionale, miofasciale e linfodrenante), massaggio rilassante, rassodante, sportivo, decontratturante, riabilitativo, estetico e post traumatico, ma anche i bendaggi funzionali e il taping neuromuscolare. Utilizzo anche la ginnastica correttiva e antalgica. La mia carriera professionale di pugile mi aiuta molto nell’approccio allo sportivo traumatizzato e in generale al mondo dello sport» aggiunge il pugile, che è anche tecnico sportivo federale.

Il Centro Medico Ponte è impegnato anche nella prevenzione e nella lotta al doping. «Cerchiamo di informare e mettere in guardia gli sportivi sulle sostanze dopanti. Il doping oggi non riguarda solo l’agonismo ma anche lo sport amatoriale; a volte senza arrivare al vero e proprio uso di sostanze, gli sportivi in cerca di migliori prestazioni, ad esempio nel ciclismo o nella corsa, si avventurano in un fai-da-te che li porta ad abusare di integratori o a seguire un’alimentazione scorretta» spiega Messi.

Il Centro, inoltre, si avvale di diversi medici specialisti in cardiologia, ortopedia e traumatologia, medicina dello sport ma anche di dietologi e biologi nutrizionisti, sotto la direzione sanitaria della dottoressa Rossella D’Arrigo. «Per tutte le prestazioni è necessario fissare un appuntamento. Visite e certificazioni vengono erogate dalle 14 alle 20, mentre per i trattamenti manuali e fisici che seguo personalmente, sempre su appuntamento, sono possibili con orari molto estesi, anche la mattina presto» conclude Messi.



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Defibrillatori Cosa dice la nuova legge

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È in fase di approvazione la nuova legge dedicata all’utilizzo dei defibrillatori, strumenti potenzialmente salvavita in caso di arresto cardiaco. Si tratta del DDL S. 1441, “Disposizioni in materia di utilizzo dei defibrillatori semiautomatici e automatici in ambiente extraospedaliero”, già approvato alla Camera e ora in attesa dell’ok finale. Obiettivo: “favorire la progressiva diffusione e l’utilizzazione dei defibrillatori semiautomatici e automatici esterni”. Ma quali sono le novità? «Innanzitutto le nuove destinazioni in cui il defibrillatore automatico esterno (Dae) sarà obbligatorio» osserva Federico Pelicioli di Tecno System, azienda specializzata nell’assistenza e vendita di apparecchiature elettromedicali. Quali sono? Le sedi della pubblica amministrazione con almeno quindici dipendenti e aperte al pubblico: scuole, istituzioni educative, aziende e amministrazioni di stato a ordinamento autonomo, Regioni, Province, Comuni, Comunità Montane, consorzi, associazioni, istituzioni universitarie, istituti autonomi delle case popolari, Camere di Commercio dell’industria, artigianato e agricoltura, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, amministrazioni, Coni, etc.. E poi, aeroporti, stazioni, porti, aerei, treni, navi, gestori di servizi pubblici. Sono previste misure per favorire questo processo di adeguamento? Dando priorità a scuole e università, sarà avviato un progetto plurien-

nale di cinque anni con finanziamenti che dovrebbero essere già disponibili a decorrere dal 2020 con due milioni di euro all’anno. Mentre gli enti territoriali dovranno adottare misure premiali (incentivi o sgravi fiscali) per contribuire alla diffusione in centri commerciali, condomini, alberghi e strutture aperte al pubblico. In aggiunta, sono previste campagne ministeriali di sensibilizzazione.

Ci sono altre novità previste dalla legge? L’utilizzo del defibrillatore automatico (oggi è consentito l’utilizzo del semiautomatico) e una nuova organizzazione del servizio di chiamata al 118 (in Lombardia al 112, numero unico AREU) in cui gli operatori saranno tenuti a fornire durante la chiamata di emergenza le istruzioni da seguire sulle manovre di rianimazione cardiopolmonare e sull’uso del Dae e, laddove possibile, dare indicazioni utili per localizzare il Dae più vicino (regioni

come la Lombardia stanno già operando in questo modo da alcuni anni). Inoltre verrà consentito l’uso del defibrillatore anche a personale che non necessariamente ha avuto una formazione specifica all’attività di cardioprotezione senza gravare in termini di responsabilità sul possibile soccorritore. Anche la gestione del Dae sul territorio subirà dei cambiamenti: tutti gli enti o soggetti pubblici o privati che hanno già in dotazione uno o più defibrillatori dovranno comunicarne al servizio 118 locale il numero di dispositivi in possesso, caratteristiche, marca, modello, eventuali orari di accessibilità al pubblico, data di scadenza della batteria e degli elettrodi, nonché i nominativi delle persone in possesso della certificazione BLSD. Mentre per i Dae acquistati successivamente alla data di entrata vigore della legge all’atto di vendita sarà il venditore o distributore a comunicare al 118 tutte le informazioni. I Dae dovranno essere monitorati da remoto dalla centrale operativa più vicina consentendo di verificarne in tempo reale lo stato e la scadenza delle parti deteriorabili e segnalare eventuali malfunzionamenti. Infine, il 118 dovrà avere un App per la rapida geolocalizzazione dei soccorritori volontari e dei Dae più vicini così da minimizzare i tempi di intervento.

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Kinesiologia specializzata Un aiuto per ritrovare benessere ed equilibrio Riportare l’organismo e tutte le sue componenti, fisiche e mentali, in uno stato di equilibrio. È questo l’obiettivo della Kinesiologia applicata o specializzata, disciplina diffusa in tutto il mondo ma ancora poco conosciuta in Italia. Letteralmente “studio del movimento” (dal greco kinesis, movimento, e logos, studio) non va confusa con la più nota chinesiologia che si limita alla meccanica muscolare. Conosciamola meglio con Marco Rado e Monica Angelillo, Professionisti in Kinesiologia e Discipline Bio-Naturali con oltre vent’anni di esperienza, istruttori autorizzati di Applied Physiology e fondatori dell’Istituto Internazionale di Kinesiologia Physis, nato con lo scopo di promuovere la Kinesiologia, le Discipline Bio-Naturali e gli approcci Olistici in genere. Che cosa si intende per Kinesiologia? La Kinesiologia specializzata è una disciplina olistica che considera la persona nella sua globalità. At-

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Le origini La Kinesiologia applicata nasce nel 1964 in America grazie all’intuizione del dottor Goodheart, chiropratico: notò che toccando specifici punti e manipolando specifiche strutture del corpo dei pazienti la loro forza muscolare variava notevolmente e molti disturbi, apparentemente inspiegabili, traevano giovamento.

traverso semplici test muscolari, consente di ottenere informazioni sullo stato di equilibrio dell’individuo a livello fisico/ strutturale, mentale/emotivo e biochimico/nutrizionale. Tutti questi aspetti coesistono e vengono espressi simultaneamente: il loro equilibrio porta al benessere. Qualunque evento ne destabilizzi anche solo uno, ad esempio l’aspetto fisico/strutturale, creerà disarmonia e compensazioni anche a tutti gli altri livelli (mentale, emotivo, biochimico, nutrizionale, energetico, stile di vita, etc.). Il professionista in Kinesiologia, esercitando una specifica pressione sugli arti, valuta la qualità di risposta dei muscoli rispetto agli stimoli esercitati. Questa risposta varia a seconda di come l’organismo è organizzato per affrontare gli stress a cui viene sottoposto il sistema corpo/mente. Andando più nel dettaglio, su che principi si basa? La Kinesiologia Specializzata ha introdotto il principio di corrispondenza tra muscoli, organi e meridiani della Medicina Tradizionale Cinese. Se l’energia del meridiano e la funzione dell’organo associato sono in equilibrio risulterà normale anche il tono basale dei muscoli ad essi correlati, mentre un loro squilibrio provocherà un’alterazione del tono muscolare e della velocità di risposta del muscolo. Valutando la risposta dei muscoli al test kinesiologico, risulta quindi possibile effettuare una verifica generale sull’equilibrio tra gli aspetti mentale/ emotivo, biochimico/nutrizionale, fisico/strutturale ed energetico della persona. In questo modo si è in

grado di evidenziare squilibri anche molto lievi, intervenendo con immediatezza e in forma preventiva su aspetti che porterebbero, col tempo, a manifestazioni di squilibri più profondi. La prevenzione è l’aspetto centrale della Kinesiologia specializzata: riequilibrare uno squilibrio prima che si trasformi in un problema, rendere la persona consapevole dei propri stili di vita e di cosa è cosa è meglio per sé aiutarla a trovare semplici strategie per alleviare gli stress quotidiani, esprimere le proprie potenzialità per raggiungere i propri obiettivi e uno stato di benessere ottimale. ISTITUTO INTERNAZIONALE DI KINESIOLOGIA PHYSIS Via Tintoretto 6, Bergamo Tel. 035 0380915 info@apkinesiologia.com www.apkinesiologia.com.

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Bergamo Salute anno 9 | n° 53 Novembre | Dicembre 2019 Direttore Responsabile Elena Buonanno Redazione Rosa Lancia redazione@bgsalute.it Grafica e impaginazione Gabriele Rota gabriele.rota@marketingkm0.it Fotografie e illustrazioni Shutterstock, Adriano Merigo Stampa Elcograf S.p.A Via Mondadori, 15 - 37131 Verona (VR) Casa Editrice Marketing Km Zero Srls Via G. Zanchi, 22 - 24126 Bergamo Tel. 035.0514318 - info@marketingkm0.it Pubblicità Luciano Bericchia Tel. 035.0514601- info@bgsalute.it Hanno collaborato Lucio Buonanno, Maria Castellano, Rita Compostella, Viola Compostella, Lella Fonseca, Giulia Sammarco

COMITATO SCIENTIFICO • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • •

Dott. Diego Bonfanti - Oculista Dott.ssa Maria Viviana Bonfanti Medico Veterinario Dott. Rolando Brembilla - Ginecologo Dott.ssa Alba Maria Isabella Campione Medicina Legale e delle Assicurazioni Dott. Andrea Cazzaniga Idrologo Medico e Termale Dott. Marcello Cottini - Allergologo Pneumologo Dott. Giovanni Danesi - Otorinolaringoiatra Dott. Adolfo Di Nardo - Chirurgo generale Dott. Nicola Gaffuri - Gastroenterologo Dott.ssa Daniela Gianola - Endocrinologa Dott. Antoine Kheir - Cardiologo Dott.ssa Grazia Manfredi - Dermatologa Dott. Roberto Orlandi Ortopedico Medico dello sport Dott. Paolo Paganelli - Biologo nutrizionista Dott. Antonello Quadri - Oncologo Dott.ssa Veronica Salvi - Ostetrica Dott. Orazio Santonocito - Neurochirurgo Dott.ssa Mara Seiti - Psicologa - Psicoterapeuta Dott. Sergio Stabilini - Odontoiatra Dott. Giovanni Taveggia Medicina Fisica e Riabilitazione Dott. Massimo Tura - Urologo Dott. Paolo Valli - Fisioterapista

COMITATO ETICO • •

Dott. Ernesto de Amici Presidente dell’Ordine dei Farmacisti di Bergamo Gianluca Solitro - Presidente OPI

Iscr. Tribunale Bergamo N°26/2010 del 22/10/2010 Iscr. ROC N°26993. Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione, anche se parziale, di qualsiasi testo o immagine. L’editore si dichiara disponibile per chi dovesse rivendicare eventuali diritti fotografici non dichiarati. I contenuti presenti su Bergamo Salute hanno scopo divulgativo e non possono in alcun modo sostituirsi a diagnosi mediche.

Tiratura 30.000 copie/bimestre. Canali di distribuzione: • Abbonamento • Spedizione a diverse migliaia di realtà bergamasche, dove è possibile leggerla nelle sale d’attesa (medici e pediatri di base, ospedali e cliniche, studi medici e polispecialistici, odontoiatri, ortopedie e sanitarie, farmacie, ottici, centri di apparecchi acustici, centri estetici e benessere, palestre, parrucchieri etc.) • Distribuzione gratuita presso le strutture aderenti alla formula "Amici di Bergamo Salute".

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