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Anno 7 Novembre | Dicembre 2017
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SOS INFLUENZA
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DIPENDENZA DA CIBO? ECCO COME USCIRNE
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Anno 7 Novembre | Dicembre 2017
www.bgsalute.it
) Editoriale 7 Buon Natale da Bergamo Salute e InfoSostenibile ) ATTUALITà 8 Micotossine nelle farine: c’è da preoccuparsi? ) Specialità A-Z Immunologia 10 S.O.S. Influenza 2017-2018 12 Ginecologia Vulvodinia. Cosa è e come si cura 14 Otorinolaringoiatria Come riconoscere e curare il refusso faringo-laringeo ) PERSONAGGIO 16 Sara Dossena Il volto nuovo della corsa italiana ) IN SALUTE 18 Stili di vita C’è bere e bere 20 Alimentazione Dipendenza da cibo. Il primo passo per uscirne? Conoscerla e riconoscerla 22 Le miracolose bacche di Goji ) IN ARMONIA 26 Psicologia Canta che ti passa 28 Coppia Imparare a litigare, il segreto per essere felici
) IN FAMIGLIA 30 Dolce attesa Pubalgia in gravidanza: cause e rimedi 32 Bambini Bambini e regole. Istruzioni per l’uso ) in forma 34 Fitness Yoga in assenza di gravità 36 Bellezza Prp. La nuova frontiera del ringiovanimento ) ricetta 46 Farinata ai porri ) RUBRICHE 48 Altre terapie Fitosauna 50 Guida esami DNA, è boom di test di paternità 52 Animali Alzheimer. Quando gli animali “curano”
) DAL TERRITORIO 54 News 56 Onlus L’orizzonte di Lorenzo 58 Farmacie Dormire bene per vivere bene 60 Il lato umano della medicina Il medico di Città Alta 63 Malattie rare Dermatomiosite 64 Testimonianza Pesavo 134 chili. Ora grazie alla chirurgia sono rinato ) STRUTTURE 66 Happyfriends® 68 Casamia Verdello RSA ) PROFESSIONI SANITARIE 70 Ortottista ) REALTà SALUTE 73 Pianeta Sorriso 75 Studio di Psicologia DIALEGO 77 Dott. Fabio Toffanetti 79 Medicalmono 81 Dott. Giuseppe Carrara Allegato centrale: Amici di Bergamo Salute
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Buon Natale da Bergamo Salute e InfoSostenibile È passato quasi un anno da quando Bergamo Salute e InfoSostenibile si sono “fusi”. Due mondi solo apparentemente diversi, ma in realtà molto affini, per valori, obbiettivi e “stile di vita”. Un’unione che ha arricchito entrambi, in uno scambio virtuoso di idee e punti di vista. Ora, a distanza di quasi dodici mesi, siamo pronti a festeggiare il nostro primo Natale insieme. Ed è proprio all’insegna dell’unione e del dialogo che vogliamo fare gli auguri ai nostri lettori: che questo Natale possa portare non solo gioia e serenità, ma anche la voglia di confrontarsi e imparare gli uni dagli altri, una qualità mai come oggi necessaria.
Elena Buonanno Daniele Gerardi
PERIODICO DI CULTURA MEDICA E BENESSERE
attualità
Micotossine nelle farine: c’è da preoccuparsi? ∞ a cura DI LELLA FONSECA
È dello scorso ottobre la notizia del ritiro di un lotto di farina gialla di mais prodotta da un mulino di Mantova. Questo provvedimento nasceva dalla rilevazione di un eccessivo contenuto di fumonisine, agenti classificati come possibili cancerogeni. Un caso che non è passato inosservato e ha, come era prevedibile, suscitato dubbi e domande. Che cosa sono esattamente le fumonisine e le altre micotossine che possono contaminare le farine? Da dove provengono e quali sono i rischi per la salute? Lo abbiamo chiesto al dottor Massimo Valverde, medico specialista in endocrinologia, farmacologia e tossicologia, che da anni si occupa delle contaminazioni da micotossine. Dottor Valverde, che cosa sono le micotossine? Sono tossine prodotte dal metabolismo di alcune specie fungine, principalmente Aspergillus, Penicillium e Fusarium. Questi funghi filamentosi microscopici, comunemente noti come muffe, possono svilupparsi non solo in tutti i
prodotti alimentari, ma anche nei luoghi dove viviamo e lavoriamo producendo gli stessi effetti causati da alimenti contaminati. Le micotossine sono più di 300 e le autorità si sono focalizzate principalmente su aflatossine, fumonisine, ocratossine, patulina, tricoteceni e zearalenone. Da più di 20 anni lo IARC (sezione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che si occupa di tumori), l’ONU e la FAO pubblicano rapporti sulle micotossine che ne evidenziano la cancerogenicità e l’elevata tossicità sia per l’uomo sia per gli animali. Come arrivano sulle nostre tavole? I funghi responsabili della produzione di queste sostanze sono ubiquitari ed esistono da sempre. Determinate condizioni di temperatura e umidità ne favoriscono la crescita su tutti i prodotti vegetali, tra i quali maggiormente i cereali (e tutte le colture adatte alla produzione di farine), i legumi, la frutta secca, le spezie, il cacao e il caffè. Purtroppo queste tossine sono termoresistenti e stabili fino a circa
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300 °C, per cui la cottura non le può eliminare. La legge pone dei limiti al contenuto di micotossine negli alimenti (limiti per altro legalmente raddoppiati negli ultimi anni a causa dell’impossibilità di attenersi a quelli precedenti) pur osservando tutte le attenzioni del caso e gli enti preposti effettuano controlli regolari e approfonditi su di essi. Se il tasso di micotossine supera questi limiti le derrate devono essere inviate obbligatoriamente alla
DOTT. MASSIMO VALVERDE Specialista in Endocrinologia, Farmacologia e Tossicologia Direttore Sanitario Centro Medico MR Bergamo
termodistruzione (la legislazione corrente proibisce esplicitamente la possibilità di miscelare derrate a basso tasso di inquinamento con derrate altamente inquinate per ottenere derrate che rientrino nei limiti imposti). Nonostante i controlli però è possibile che lotti fuori norma siano immessi nel mercato, perché il campione analizzato (di origine nazionale o estera) è disomogeneo; inoltre lo stesso problema si pone con tutti gli alimenti veterinari che sono il vettore di accesso delle micotossine in questa filiera. Qual è la dimensione del problema? È un problema assolutamente rilevante per la salute; oltre all’indiscutibile cancerogenicità, negli ultimi anni le ricerche hanno evidenziato altri effetti. È di agosto di quest’anno la pubblicazione di un articolo scientifico a cura di alcuni ricercatori italiani, tra i quali il professor Carlo Brera dell’Istituto Superiore di Sanità, che evidenzia in modo convincente il legame tra l’autismo e le micotossine. Altre ricerche collegano queste sostanze ad alcune malattie non ancora ben inquadrate come la sindrome da fatica cronica o la fibromialgia e a patologie metaboliche di tipo autoimmune. Si valuta che anche
una parte preponderante delle cosiddette “intolleranze alimentari”, come ad esempio la Gluten-Like Syndrome (che mima la celiachia senza però averne le caratteristiche genetiche), potrebbe essere imputata alle micotossine. Che soluzioni esistono per limitare i rischi? Attualmente la legislazione europea autorizza esclusivamente trattamenti fisici sui raccolti (spazzolatura dei chicchi) per rimuovere la contaminazione esterna. Le micotossine però sono per la maggior parte all’interno dei chicchi. In Europa circa il 30-35% di tutti i raccolti è altamente contaminato e deve essere inviato alla termodistruzione. In annate particolarmente critiche questa quota aumenta drammaticamente: una recente pubblicazione della FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura) ha dimostrato che sino al 70% delle produzioni alimentari dei Paesi in via di sviluppo contiene livelli di tossine talmente elevati che ne imporrebbero l’immediata termodistruzione. Negli ultimi anni siamo giunti a risultati molto incoraggianti nei processi di eliminazione delle micotossine, sviluppando processi innovativi e assolutamente naturali che consentono di abbatterle quasi
completamente, permettendo così sia di ottenere dei principi alimentari detossificati sia di recuperare le derrate che oggi vengono distrutte. Ci si augura che davanti all’evidenza la normativa corrente possa essere sostanzialmente aggiornata, autorizzando processi simili a quelli che siamo già stati in grado di sviluppare, realizzando anche agenti altrettanto innocui e naturali in grado di eliminare le muffe presenti negli edifici. Sono in corso numerose ricerche, anche italiane, per il controllo dei funghi “in campo” con metodi “biologici”, poiché l’uso massiccio di pesticidi non è più proponibile; un’altra area di ricerca è da tempo orientata verso la creazione di sistemi di trasporto e di rilascio di pesticidi che permettano di ridurne le dosi impiegate. Per questo, oltre alle classiche procedure per la determinazione delle dosi di micotossine presenti nei prodotti agroalimentari, oggi sono parallelamente in fase avanzata di studio e di applicazione sperimentale diverse procedure molto più rapide e maneggevoli, utili non solo nei prodotti agroalimentari ma soprattutto in campo umano e veterinario, mentre contestualmente stanno evolvendo diverse ipotesi terapeutiche finalizzate a contrastare efficacemente gli effetti delle micotossine.
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SPECIALITà a-z
IMMUNOLOGIA
S.O.S. Influenza 2017-2018 Colpirà, secondo le previsioni, tra i quattro e i cinque milioni di italiani, con sintomi anche molto intensi ∞ a cura DI FABRIZIO PREGLIASCO
Per la stagione 2017-2018 sono previsti dai quattro ai cinque milioni di casi di influenza, oltre agli 8-10 milioni di sindromi provocate da altri virus respiratori: un’epidemia, quindi, di media entità. Attenzione però: anche se le proiezioni parlano di epidemia di media entità, sarà una delle peggiori per intensità degli ultimi dieci anni. Ecco perché non bisogna sottovalutarla. Questo vale soprattutto per le persone anziane, per chi ha malattie croniche e per i soggetti più fragili. Come? Innanzitutto aderendo alla campagna vaccinale partita da poco e poi mettendo in atto una serie di misure preventive, semplici ma efficaci.
Quattro virus già “conosciuti” in circolazione Si tratta di una malattia infettiva respiratoria molto contagiosa. Si trasmette per via aerea e provoca sintomi molto diversi tra loro, che vanno dai più lievi ad alcuni particolarmente gravi. A causare la malattia sono i virus influenzali, di cui esistono molti tipi diversi e che tendono a evolversi rapidamente. L’influenza della stagione 2017/2018, secondo le precisazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), sarà provocata dagli stessi virus che hanno caratterizzato la stagione passata, con in aggiunta un solo virus nuovo ovvero una variante
Il vaccino? Il vaccino resta la prevenzione più efficace nei confronti dell’influenza (non delle sindromi parainfluenzali!). È consigliata a tutta la popolazione e raccomandata alle categorie a rischio quali anziani, malati con patologie respiratorie croniche e cardiache di qualsiasi età, bambini e donne in dolce attesa (la campagna vaccinale 20172018 è iniziata il 31 ottobre).
similare ai virus dell’anno scorso: virus A/Hong Kong/4801/2014 (H3N2); virus B/Brisbane/60/2008 (lineaggio B/Victoria); virus A/Michigan/45/2015 (H1N1); virus B/ Phuket/3073/2013 (lineaggio B/ Yamagata).
Adriano Merigo 10 | Bergamo Salute | Novembre/Dicembre 2017
Prof. FABRIZIO PREGLIASCO Virologo Ricercatore del Dipartimento di Scienze biomediche per la salute dell’Università degli Studi di Milano e Direttore Sanitario dell’Irccs Galeazzi (Mi)
La principale via di contagio: le goccioline respiratorie La principale via di contagio è quella aerea attraverso le goccioline respiratorie emesse con la tosse, lo starnuto o anche semplicemente parlando. Si può però trasmettere anche per via indiretta, toccando superfici contaminate (come tasti
di ascensori o manici di carrelli della spesa), poiché il virus rimane in vita per qualche minuto. Per abbassare il rischio qualche norma protettiva e preventiva può essere adottata, sia di igiene personale, prima fra tutte lavarsi accuratamente le mani risciacquandole per almeno 30 secondi, sia di buona educazione come mettere le mani davanti alla bocca e al naso quando si tossisce o si starnutisce oppure buttare via fazzoletti usati. In caso di malattia poi è bene restare a riposo, dormendo a lungo perché il sonno aiuta a difendersi dal virus e in casa oltre i tre giorni, passati i quali si ritiene (a torto) di non essere più fonte di contagio. L’incubazione dura circa una settimana e si è contagiosi da un giorno prima della comparsa dei sintomi a quattro giorni dopo.
Non sempre i farmaci servono Molti dei casi guariscono anche senza farmaci. In genere comunque sono sufficienti farmaci sintomatici
Attenzione (anche) ai “cugini”! Mal di gola, naso chiuso, tosse e qualche linea di febbre. Sono i sintomi provocati dai “cugini” dell’influenza, virus detti parainfluenzali (in particolare coronavirus e adenovirus) che provocano sindromi simili all’influenza ma meno intense. Come distinguere le due condizioni? Perché si possa parlare di influenza devono essere presenti contemporaneamente: febbre improvvisa oltre i 38 °C per più di tre giorni, sintomi respiratori tra raffreddore, mal di gola, tosse, dolori muscolari e articolari. Se non si verifica la compresenza dei tre sintomi non si tratta di influenza ma di un’infezione respiratoria causata da uno dei più di 260 virus parainfluenzali. Per prevenirli, oltre a vestirsi a cipolla e curare l’igiene delle mani, c’è poco da fare. Si è visto che i probiotici giusti hanno la capacità di rinforzare le difese immunitarie e dunque possono essere utili. Resta valido poi il consumo di frutta e verdura fresche, per fare il pieno di vitamina C e di quelle del gruppo B. Anche se meno aggressivi dei virus influenzali, è opportuno comunque non sottovalutarli: si può ricorrere all’automedicazione consapevole contro i sintomi, se persistono però è bene rivolgersi al medico.
di automedicazione per la febbre e il dolore. È importante però fare automedicazione corretta e responsabile utilizzando questi farmaci per attenuare i sintomi e non azzerarli e scegliendo la terapia giusta per lo specifico sintomo: antistaminici in caso di gocciolamento nasale, starnuti, congiuntivite; vasocostrittori che sono contenuti negli spray nasali contro il naso chiuso; colluttori o pastiglie anti congestionanti o antisettici per il mal di gola; sedativi, fluidificanti e mucolitici contro la tosse; antinfiammatori quali antidolorifici e antipiretici per lenire dolori e febbre. Qualora i sintomi non dovessero migliorare entro quattro-cinque giorni, va consultato il medico. Gli antibiotici invece non sono indicati come primo approccio, ma vanno utilizzati solo dopo aver effettuato una visita medica, se i sintomi dell’influenza non passano con i farmaci di automedicazione oppure se, dopo un’apparente guarigione, si manifesta un ritorno di febbre e tosse produttiva. A supporto della terapia farmacologica possono essere utili i cosiddetti “rimedi della nonna”: brodo caldo, thè e tisane, che aiutano anche a reidratare l’organismo dai liquidi persi con la febbre, spremute di arance che danno vitamina C, ma senza eccedere per non incorrere nell’eventuale effetto collaterale di disturbi gastrointestinali, latte bollente con miele, sebbene il latte per la componente proteica potrebbe favorire la congestione nasale aumentando la produzione di muco.
I soggetti più a rischio Bisogna distinguere tra soggetti a rischio infezione e a rischio complicanze. Nel primo gruppo ci sono i giovani, i cosiddetti “untori”. Sono più esposti perché viaggiano di più, hanno una vita sociale più intensa e quindi più occasioni di contagio. Nel secondo invece ci sono gli anziani e chi soffre di patologie cardiorespiratorie croniche.
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SPECIALITà a-z
GINECOLOGIA
Vulvodinia Cosa è e come si cura ∞ a cura di CHIARA MARRA
Si stima, per difetto, che circa il 15% delle donne soffra nel corso della vita di vulvodinia o dolore vulvare cronico, un problema nascosto e grave che spesso viene diagnosticato in ritardo favorendone così la cronicizzazio-
ne. Questa forma di dolore viene infatti spesso erroneamente etichettata come di origine psicologica o confusa con infezioni vaginali ricorrenti. In realtà si tratta di una sindrome complessa caratterizzata da dolore vulvare-pelvico da cui poi deriva sofferenza psicologica, una patologia che mette a dura prova la donna e la relazione di coppia. Per affrontarla al meglio quindi è importante affidarsi a specialisti esperti in materia che possano riconoscerla tempestivamente e lavorino in equipe per offrire un percorso di cura completo e personalizzato.
Un dolore che dura almeno tre mesi DOTT. ssa chiara marra Specialista in Ostetricia e Ginecologia Direttore Sanitario CasaMedica Bergamo
Per vulvodinia si intende un dolore cronico localizzato a livello vulvare (ovvero ai genitali esterni) da almeno tre-sei mesi. Spesso però
questa condizione si associa ad altri disturbi come: cistiti post-coitali, sindrome della vescica dolorosa, endometriosi, sindrome del colon irritabile e fibromialgia. Si parla quindi più propriamente di dolore pelvico cronico, poiché frequentemente i sintomi non riguardano solo la vulva, ma anche organi come vescica e intestino.
Le cause? Uno stato infiammatorio cronico In genere la causa del dolore cronico è da andarsi a ricercare in infezioni vaginali ricorrenti (ad esempio sostenute da Candida) o infezioni delle vie
L’importanza di un approccio multidisciplinare
La terapia ha l’obbiettivo di migliorare la qualità di vita della donna, riducendo o azzerando (quando possibile) il dolore e sostenendola in un percorso di cura e di benessere psico-fisico. Non esiste una terapia “standard”, ma l’approccio migliore è quello personalizzato e multidisciplinare. Ecco gli approcci da integrare:
Visita ginecologica Il ginecologo, eseguita o confermata la diagnosi, cerca di rintracciare i fattori scatenanti e gli stimoli irritativi presenti. Ad esempio in caso di vaginiti o cistiti ricorrenti imposterà un’adeguata terapia per evitare che si ripropongano le recidive. La terapia si può avvalere di antimicotici, antibiotici, integratori naturali, agopuntura, ma anche di consigli comportamentali (uso di detergenti, gel e creme, abbigliamento etc.). Inoltre
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il ginecologo valuta la necessità ed eventualmente prescrive una terapia medica per il dolore neuropatico, qual è il dolore della vulvodinia. Visita osteopatica L’osteopata esperto può giovare laddove si presentino problemi posturali (che possono alterare il funzionamento dei muscoli del pavimento pelvico), disfunzioni strutturali di bacino e anca e disfunzioni viscerali a carico della vescica
Avere un rapporto sessuale, ma anche stare sedute, indossare un paio di pantaloni può risultare insopportabile. Eppure, di questa malattia si parla ancora troppo poco, tanto che ci vogliono anche 5 anni per arrivare a una diagnosi corretta” seguito a plurimi tentativi di rapporti dolorosiconilpartner.Talvoltaanche la distrofia delle mucose (secchezza vaginale) legata alla menopausa e rapporti dolorosi possono portare a una contrattura della muscolatura e a una infiammazione cronica.
urinarie ricorrenti. Anche un’eccessiva contrattura della muscolatura del pavimento pelvico può portare con il tempo a sviluppare dolore, in
Riabilitazione del pavimento pelvico L’ostetrica o il fisioterapista specializzato nel trattamento dell’ipertono della muscolatura perineale propone esercizi mirati, insegna automassaggi dei tessuti, pressione sui trigger point (punti in cui si focalizza il dolore), e se necessario si avvale della TENS (elettrostimolazione antalgica) e di altri dispositivi.
porti sessuali, la visita ginecologica e persino l’igiene intima. Nella maggior parte dei casi rendono impossibile avere rapporti con il partner.
Sintomi vari che possono estendersi anche ad altri organi, come la vescica
La diagnosi
I sintomi sono il dolore vulvare bruciante, oppure di tipo puntorio, o ancora la sensazione di “formicolio” o di prurito, talvolta accompagnati a sensazione di “secchezza”. A causa poi della propagazione dell’infiammazione si possono avere anche sintomi vescicali: senso di peso sovrapubico, pollachiuria (bisogno di andare a urinare di frequente), urgenza minzionale, bruciore uretrale etc.. Questi disturbi possono essere sempre presenti oppure possono essere peggiorati da alcune situazioni, come i rap-
Per la diagnosi sono fondamentali un’anamnesi accurata e un esame obbiettivo dettagliato. Bisogna infatti escludere che siano presenti altre patologie vulvari cause dei fastidi riferiti e inoltre sono necessari il cosiddetto swab test (si valuta la sensazione dolorosa evocata dalla pressione applicata con un cotton fioc) e la valutazione accurata del pavimento pelvico.
Visita gastroenterologica e consulto nutrizionistico Il gastroenterologo e il nutrizionista possono essere d’aiuto nei casi di sindrome del colon irritabile. Si sa che la regolarizzazione dell’intestino è importante per evitare vaginiti e cistiti ricorrenti e può modulare l’infiammazione anche a livello genitale. Inoltre il nutrizionista può fornire utili consigli per una dieta povera di cibi pro-infiammatori.
Percorso psicoterapico Il dolore vulvare coinvolge anche aspetti psicologici e relazionali. Può essere quindi utile un counseling sessuale e un supporto emotivo. Talvolta inoltre è bene indagare fattori passati e presenti che possono aver predisposto o possono mantenere la vulvodinia (abuso, traumi fisici ed emotivi di varia natura etc.). .
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SPECIALITà a-z
OTORINOLARINGOIATRIA
Come riconoscere e curare il reflusso faringo-laringeo
sensazione di corpo estraneo in gola (bolo faringeo)
“Cugino” del più noto reflusso gastroesofageo è una patologia a se stante spesso misconosciuta ∞ a cura DI Georgios Giourgos
Tutti o quasi conoscono il reflusso gastroesofageo. Ma pochi conoscono il reflusso faringolaringeo, patologia a esso in alcuni casi legata ma riconosciuta da tempo in ambito otorinolaringoiatrico come un’entità indipendente. Nonostante ciò esistono ancora angoli bui sia nell’iter diagnostico sia nella terapia e, di conseguenza, rimane spesso una patologia maltrattata.
Non sempre vanno a braccetto Negli ultimi anni si è riusciti a evidenziare che il reflusso faringolaringeo può esistere in pazienti che non avvertono i segni classici della malattia
da reflusso gastroesofageo. Il meccanismo rimane però simile nelle due patologie: la risalita del contenuto acido dello stomaco (succhi gastrici) esercita la sua azione nociva a livello della laringe e faringe (nel caso del reflusso faringolaringeo), mentre nel caso della malattia da reflusso gastroesofageo si limita soprattutto a livello esofageo-gastrico. Di conseguenza, mentre nel secondo caso i sintomi sono maggiormente “digestivi”, nel primo sono atipici ed “extradigestivi”.
I sintomi? Cambiamento di voce, tosse secca, sensazione di avere qualcosa in gola Nella malattia da reflusso gastroesofageo, quando i succhi gastrici vengono in contatto con la parete dell’esofago, si manifesta bruciore dietro lo sterno e rigurgito acido. Nel reflusso faringolaringeo, invece, i sintomi sono quelli riportati nell’infografica, che insorgono in genere di giorno e sono favoriti dalla posizione eretta, rispetto a quelli del “cugino” reflusso gastroesofageo che insorgono di notte, in posizione sdraiata.
DOTT. Georgios Giourgos Specialista in Otorinolaringoiatria e Chirurgia Cervico-Facciale UOC Otorinolaringoiatria ASST Papa Giovanni XXIII Bergamo
La diagnosi: un mix di anamnesi medica, esami e test Per poter arrivare alla diagnosi di reflusso faringolaringeo oggi
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cambiamento di voce (disfonia) tosse secca
abbiamo a disposizione diversi strumenti, anche se nessuno di essi rappresenta il gold standard diagnostico e soltanto un’attenta combinazione di questi elementi può orientare verso la diagnosi corretta. È importante sottolineare che il bruciore retrosternale (tipico sintomo della malattia da reflusso gastroesofageo) è presente solo nel 30% dei pazienti: l’assenza di questo sintomo è la regola nel reflusso faringolaringeo. Risulta quindi quasi sempre inutile un esofago-duodeno-gastroscopia (EGDS) nei pazienti con quest’ultimo. Elementi diagnostici utili invece sono: > anamnesi medica; > esame obbiettivo; > videoendoscopia delle alte vie aereo-digestive; > test con inibitori di pompa protonica (classe di farmaci che agisce sulle cellule che secernono acido nello stomaco, esattamente a livello della loro pompa protonica, inibendola e riducendo così la pro-
disturbo alla deglutizione (disfagia)
frequenti episodi di infiammazione della alte vie aero-digestive (faringiti, otiti, riniti, sinusiti)
duzione dell’acido nello stomaco); > dosaggio della pepsina (enzima contenuto nel succo gastrico, che durante la digestione scinde le proteine); > misurazione del pH. Mentre l’anamnesi medica permette una diagnosi cosiddetta di presunzione, l’esame obbiettivo e la videoendoscopia (con sonde millimetriche e senza bisogno di anestesia) permette di escludere la presenza di altre patologie otorinolaringoiatriche concomitanti, a volte subdole, e di rafforzare il sospetto diagnostico. Un test con inibitori di pompa protonica di circa due mesi può essere utilizzato come criterio aiutante nel sospetto di reflusso faringolaringeo, in aggiunta ai precedenti. Per quanto riguarda gli altri elementi diagnostici, va detto che la pH-metria è invasiva e poco utilizzata, mentre il semplice dosaggio della pepsina nelle secrezioni faringee dà rispo-
ste certe in assenza di fastidi per il paziente, soprattutto nei bambini.
Farmaci e cambiamento di stile di vita per tenerlo sotto controllo Escluse altre diagnosi sospette e confermata quella di reflusso faringolaringeo, il nucleo della terapia è rappresentato dalla riduzione dell’effetto dell’acidità delle secrezioni gastriche con farmaci come gli inibitori di pompa protonica (IPP), pro cinetici e alginati sotto attento consiglio medico. Di importanza fondamentale nella gestione della patologia risultano però anche cambi nello stile di vita (ad esempio evitando il fumo) e nell’alimentazione (riducendo cibi troppo grassi e fritti), il mantenimento del peso corporeo il più vicino a quello ideale, nelle abitudini del sonno e altri accorgimenti per i quali il vostro medico saprà informarvi e guidarvi passo dopo passo.
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SARA DOSSENA
Il volto nuovo della corsa italiana La 33enne bergamasca Sara Dossena ci racconta la sua personale rivincita nella maratona di New York e il suo sogno di ragazzina: correre alle Olimpiadi ∞ a cura DI Alice Rota
Ph. Maki Isayama
«Se ci penso ho ancora i brividi». Sono queste le prima parole di Sara Dossena, 33 anni, triatleta originaria di Clusone, salita alla ribalta delle recenti cronache per essere arrivata prima tra le atlete italiane all’ultima maratona di New York del 5 novembre scorso e sesta donna assoluta. Un sogno che si è realizzato grazie alla sua inesauribile tenacia, nonostante i numerosi infortuni subiti negli anni. Sara non è certo una che molla. La corsa ce l’ha nel sangue. Ha talento e grinta da vendere. La sua carriera inizia a 17 anni nella categoria Allievi. Nel 2002 partecipa ai Mondiali di corsa in montagna in maglia azzurra, categoria juniores
e nel 2003 in Alaska. Il suo percorso sembra essere roseo e promettente, ma proprio quell’anno segna l’inizio di una serie di infortuni che la costringono ad allenarsi e gareggiare poco fino allo stop. « Il mio punto debole sono soprattutto i piedi. Ho sofferto di fascite plan-
tare e per ripetute microfratture da stress ai piedi. Dopo aver scoperto di aver trascurato e fortunatamente superato una mononucleosi, che consideravo solo stanchezza e affaticamento da gara, allenamenti e lavoro, mi sono fratturata anche la tibia, sempre a causa dello stress. Nella corsa e soprattutto nelle distanze lunghe, i piedi sono molto sollecitati. Sono finita diverse volte sotto i ferri. Ogni volta dovevo ripartire daccapo, o quasi. Insomma, un supplizio, ero esasperata». Così nel 2007, dopo aver corso l’Europeo dei 10.000 da infortunata, a malincuore Sara dice basta. Si dedica al nuoto e alla bicicletta, fino alla scoperta del triathlon. «Nel 2011 un mio vecchio allenatore consiglia il triathlon, perché col nuoto e il ciclismo sarebbe stato meno traumatico allenarmi. Ho provato, m’è piaciuto subito e ho visto che in effetti non avevo particolari problemi. Non che siano mancati gli incidenti: quelli pare che siano una costante della mia vita d’atleta» dice ridendo. Nonostante gli infortuni però Sara si fa notare anche in que-
Non sono seguita da un nutrizionista. Ho il mio allenatore Maurizio Brassini e negli anni ho trovato come alimentarmi in modo equilibrato. Nei periodi di allenamento più intenso o quando affronto una gara servono ovviamente più carboidrati, perché è fondamentale non andare in carenza di energie: allora mi sforzo di mangiare più piatti di riso, dato che non sono un’amante della pasta”
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Le fratture da stress
sta disciplina conquistando diversi titoli italiani e anche qualche medaglia internazionale. Ma la corsa le manca troppo e così dopo qualche anno ci riprova, questa volta con la maratona. «L’ho fatto per variare un po’, anche per riprovare certe sensazioni» ammette. E così scatta “l’operazione maratona” che l’ha portata a New York: un esordio in grande stile il suo e una rivincita personale. «L’obbiettivo era divertirmi, emozionarmi e vivere questa mia prima esperienza con il cuore. Dalla prossima si penserà seriamente al cronometro». La preparazione per la 42 chilometri più famosa al mondo è stata molto dura, ma grazie al suo coach Maurizio Brassini e alla sua profonda dedizione, non solo ha raggiunto ma anche superato l’obbiettivo delle 2 ore e 30 minuti che si era data (il tempo finale è stato di 2:29:39). La sua prima maratona Sara l’ha preparata con pazienza e affrontata con altrettanta calma e consapevolezza. «Ho vissuto il tempo della gara veramente bene. Temevo di sentirmi insicura e di non reggere i 42 km; invece l’ho corsa serenamente, assaporandola. È stata un’esperienza incredibile. Non me l’aspettavo proprio. È stata una emozione grande, durata tutta la gara, mi sono quasi commossa. Il tifo, il pubblico, sono unici e incredibili». Accanto a lei, fino al traguardo di New York, c’è sempre stata la sua famiglia, a darle forza e coraggio anche quando gli infortuni le facevano vedere tutto nero. «I miei non sono sportivi, ma come tutti i genitori che vogliono vedere i propri figli realizzarsi nella vita e felici, hanno sempre appoggiato la mia fortissima passione per la corsa.
Le fratture da stress (o da fatica), sono dovute a numerosi microtraumi ripetuti, come avviene negli sport da endurance. Si crea, quindi, uno squilibrio tra sovraccarico funzionale e capacità di resistenza meccanica dell’osso, a causa di allenamenti troppo intensi, alterata biomeccanica, osteoporosi, amenorrea o squilibri ormonali. I segmenti ossei più colpiti sono calcagno, scafoide tarsale, metatarsi, tibia e perone. Il dolore, all’inizio, si manifesta dopo l’attività sportiva, poi tende a comparire anche durante lo sforzo fisico. Spesso le radiografie, a differenza della risonanza magnetica, risultano negative nelle prime tre-quattro settimane. Dottor Roberto Orlandi - Ortopedico e Medico dello Sport Comitato Scientifico di Bergamo Salute
Ph. Maurizio Brassini
Nei momenti più difficili sono stati la mia forza. Quando non sapevo più se mollare o andare avanti e provare ancora, avere la mia famiglia accanto mi ha fatto capire che mi avrebbero sostenuta e capita nella mia decisione di non fermarmi e tenere duro. Superare certi traumi non è solo questione di forza fisica: è la motivazione a spingere. Quando hai una passione, una vera passione per lo sport come la mia, la forza la tiri fuori e non c’è delusione che ti possa fermare» continua Sara. E infatti Sara non ha nessuna intenzione di fermarsi, anzi. «Oggi che ho scelto la maratona come mia prima attività, nello sport e
della vita, non lascerò il triathlon. Continuo ad allenarmi come un triatleta, aggiungendo alla corsa a piedi nuoto e bici, perché queste due discipline mi permettono il potenziamento muscolare, ma soprattutto sottopongono a meno stress i piedi. Variando le discipline in sede di allenamento ho raggiunto il mio equilibrio». Intanto però pensa alle prossime maratone, con un occhio in più al cronometro questa volta, ai campionati europei di Berlino (2018) e ai giochi olimpici di Tokio (2020). Una bella sfida che Sara affronterà, come sempre, mettendoci l’anima e senza paura. Complimenti e in bocca al lupo allora!
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in salute
STILI DI VITA
C’è bere e bere
∞ a cura DI ELENA BUONANNO
«Il bere è un tema molto presente nelle quotidianità degli italiani. Se andiamo a casa di amici cosa c’è di meglio che portare una bottiglia di quel vino un po’ particolare e ricercato! Se una sera usciamo a mangiare una pizza, perché no, qualcuno potrebbe decidere di accompagnarla con una birra fresca. O se parliamo di giovani, durante una serata in discoteca un cocktail “te lo prenderai? No?” Dunque spesso ci capita di assumere alcolici o che persone intorno a noi bevano. D’altra parte l’assunzione di sostanze alcoliche
ha avuto negli ultimi anni grande rilevanza. L’alcol infatti fa sempre discutere in tema di rischi per la salute». Chi parla è la dottoressa Diana Prada, psicologa e psicoterapeuta. L’abbiamo incontrata, ora che le feste si stanno avvicinando e con loro cene, pranzi e irrinunciabili brindisi con colleghi, amici e parenti, per parlar di bere sociale, ovvero il consumo di bevande alcoliche che avviene in compagnia di altri e secondo modalità e in occasioni accettate socialmente, da sempre parte della nostra cultura come momento di aggregazio-
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Qual è la dose massima al giorno? Si considera a basso rischio una quantità di alcol giornaliera, da assumersi durante i pasti principali, non superiore a i 20-40 g per gli uomini e 10-20 g per le donne. Un bicchiere di vino (da 125 ml), una birra (da 330 ml), un aperitivo (da 80 ml) oppure un bicchiere di superalcolico (da 40 ml) contengono la stessa quantità di alcol pari a circa 12 g.
Il consumo di alcol in Italia
DOTT.ssa DIANA PRADA Psicologa
Stando agli ultimi dati Istat disponibili, nel 2016 si stima che i consumatori giornalieri di bevande alcoliche siano il 21,4% della popolazione di 11 anni e più, confermando il trend strutturale discendente degli ultimi dieci anni (22,2% nel 2015 e 29,5% nel 2006). Continua invece ad aumentare la quota di coloro che consumano alcol occasionalmente (dal 38,8% del 2006 al 43,3% del 2016) e che bevono alcolici fuori dai pasti (dal 26,1% al 29,2%). Tra gli adolescenti diminuisce sensibilmente il consumo di alcolici (dal 29% al 20,4%) sia giornaliero (peraltro molto contenuto) sia occasionale. Beve vino il 51,7% della popolazione di 11 anni e più, mentre il 47,8% consuma birra e il 43,2% aperitivi alcolici, amari, superalcolici o liquori. Prevalgono i consumatori moderati (48,8% sul totale della popolazione e 75,4% sui consumatori annuali). Stabili, rispetto al 2015, i comportamenti di consumo abituale eccedentario o di binge drinking, che hanno riguardato 8 milioni e 643 mila persone (15,9% della popolazione e 25% dei consumatori).
Psicoterapeuta sistemico relazionale e formatrice équipe The Clew.
ne. Attenzione però: tutto, come sempre, sta nella giusta misura e nel giusto atteggiamento. Il rischio altrimenti, è che l’alcol, da “mediatore” di socialità, possa trasformarsi in un “rifugio” per le proprie insicurezze, difficoltà e disagi. Dottoressa Prada, cosa rappresenta il bere nella nostra società? Recentemente ho incontrato diversi gruppi di giovani tra i 17 e i 24 anni, ai quali ho chiesto quale fosse il loro punto di vista e come il tema del bere incidesse sulle loro vite. Gli spunti di riflessione emersi sono stati molteplici e interessanti. In primo luogo l’idea che il “ci vediamo a ber qualcosa” sia diventata quasi una formula unica che viene usata quando si ha voglia di vedere un amico e glielo si vuole comunicare... che poi a pensarci bene non è che l’intento sia quello di voler bere alcolici per forza, però la formula aiuta nel dare una motivazione che non debba far trasparire troppo di loro e dei propri sentimenti. Il bar, Il locale poi, sono un ritrovo, un posto dove incontrarsi e fare due risate in compagnia e magari si aggiunge Il gesto dell’offrire. Altri lo pensano
invece legato al momento della discoteca. Bevi qualcosa, i freni inibitori calano e tutto sembra più alla tua portata. Fino ad arrivare a cose quali: “la fai ubriacare e magari poi lei ci sta!” oppure “chi sta fuori va a finire che fa risse anche solo se lo guardi male!”.
Negli Stati Uniti sta prendendo piede una nuova moda: Il party senza alcol, Sober Social Events, feste ed eventi di qualsiasi tipo che non prevedono neanche una goccia d’alcol”
E per gli adulti invece in particolare ora che le feste e i brindisi di Natale si avvicinano? Il tema alcol associato al periodo festivo porta con sé molteplici significati. Le ricorrenze hanno un valore affettivo forte: si ritrovano parenti lontani, tutti sono alla ricerca di una
giornata di festa perfetta, doni, calore. Ma è anche il momento della malinconia, del ricordo, della nostalgia di una persona cara, di una gioventù che non ritornerà, di un dolore che riaffiora alla memoria. In un’epoca in cui la frenesia e il materialismo non lasciano posto al provare emozioni, quando queste si presentano in maniera forte a volte sono disorientanti. E purtroppo il rifugio nell’alcol è a portata di mano. Chi si sente in difficoltà e non trova il modo di allungare la sua mano verso l’altro, cerca rifugio nella bottiglia, un altro da me che mi toglie la responsabilità di provare questa o quell’altra emozione. Ma toglie soprattutto la possibilità di vedere le risorse che ho dentro di me e le persone che mi sono accanto. Che fare allora per prevenire queste situazioni di disagio? Cercare di ascoltare le persone che abbiamo a fianco, condividere con loro gioie e preoccupazioni. Vivere una vita fatta di umanità, sapendo che le difficoltà si presentano a volte inaspettate, ma che inaspettatamente possono anche andarsene e lasciare spazio a qualcosa di più bello.
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in salute
ALIMENTAZIONE
Dipendenza da cibo Il primo passo per uscirne? Conoscerla e riconoscerla
∞ a cura DI GIULIA SAMMARCO
«Diversi studi hanno ormai dimostrato un’associazione tra l’umore e il comportamento alimentare. D’altra parte è esperienza comune come al cibo vengano attribuiti significati diversi, non solo fonte di energia per vivere ma anche elemento consolatorio. In una certa misura tutto questo è normale. In alcuni casi però il cibo può potenzialmente indurre dipendenza: chi consuma, abitualmente e in quantità eccessive rispetto ai fabbisogni reali, alimenti particolarmente palatabili (cioè gratificanti per il palato) e calorici, rischia con il tempo più facilmente una perdita dell’autocontrollo ali-
Stress, ansia e depressione hanno dimostrato un’alta correlazione patologica con il comportamento alimentare di simil-dipendenza”
mentare». Chi parla è il dottor Valerio Barbieri, dietologo. Lo abbiamo incontrato per approfondire la cosiddetta food addiction (FA) o dipendenza da cibo, problema sempre più diffuso, che secondo le stime riguarda una persona su cinque, in particolare donne. Dottor Barbieri, cosa si intende per dipendenza da cibo? La food addiction è una forma di dipendenza mentale causata da e/o correlata con l’assunzione di particolari specifici alimenti, come i cibi-spazzatura (dolci, patatine, snack etc.), il cui sviluppo è stato ipotizzato negli ultimi decenni, soprattutto in relazione all’incremento delle situazioni di stress a cui la società moderna ci espone, alla facilità di accesso alle risorse alimentari nei paesi industrializzati e ai processi di trattamento che subiscono oggi gli alimenti (l’industria alimentare ha realizzato cibi “arricchiti” di zucchero, sale, grassi, i quali possono massimizzare le proprietà
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rinforzanti dei cibi tradizionali). Analogamente a quanto accade con le droghe, l’esposizione frequente a questi cibi può portare a risposte simili nei sistemi cerebrali cosiddetti “dopaminergico” (coinvolto in numerosi meccanismi neurologici tra cui i processi di gratificazione) e “oppioide”. Le analogie sarebbero riscontrabili però anche a livello comportamentale (uso della “sostanza” per sedare emozioni negative, meccanismi di ricompensa, spinta all’assunzione di cibo, elevata sensibilità verso stimoli che scatenano la ricerca di sostanze o cibo): un deficit nei meccanismi di ricompensa è un importante fattore di rischio per lo sviluppo di comportamenti impulsivi (cioè privi di una razionale motivazione) e compulsivi (quindi infrenabili). Inizialmente, il consumo di cibo altamente palatabile ha sia una funzione di rinforzo positivo (che porta sensazioni piacevoli) sia una di rinforzo negativo (che porta a sensazioni di conforto) che pos-
DOTT. VALERIO BARBIERI Scienze dell’Alimentazione Referente medico Centro Disturbi Alimentari Policlinico San Pietro Ponte S. Pietro e Smart Clinic Orio Center
sono nel breve termine normalizzare la risposta dell’organismo allo stress. L’assunzione abituale di questi alimenti, però, potrebbe amplificare i circuiti cerebrali dello stress e bloccare le vie neurologiche di ricompensa cosicché l’assunzione continuativa diventa obbligatoria per prevenire gli stati emotivi negativi. Quali sono i sintomi che possono far sospettare di avere questo problema? I sintomi più comuni sono la perdita di controllo alimentare (nonostante le conseguenze negative di cui si è consapevoli) e l’incapacità a smettere di cibarsi nonostante il desiderio di farlo. Possono essere presenti episodi di abbuffate compulsive, senso di conforto portato dall’eccesso alimentare, scarso controllo riguardo l’ammontare di
cibo e la modalità di assunzione, eccessi alimentari in risposta a una situazione di stress. Uno strumento utile per identificare i soggetti con sintomi da “dipendenza alimentare”, sviluppato qualche anno fa (2009), è la “Yale Food Addiction Scale” (YFAS). Questa scala considera parametri specifici, tra i quali: la perdita di controllo riguardo al consumo di cibo, la presenza di un persistente desiderio o ripetuti e infruttuosi tentativi di smettere, un continuo comportamento alimentare alterato a dispetto dei problemi fisici e psicologici e un disagio relazionale con familiari e amici clinicamente significativo. La “Palatable Motives Eating Scale” (PEMS), invece, è una scala validata e riconosciuta per identificare i motivi che spingono a consumare cibi altamente palatabili: sociali (ad esempio, per celebrare un’occasione particolare con amici), di evasione (ad esempio, per dimenticare i problemi personali), di gratificazione (ad esempio, perché consentono di percepire sensazioni piacevoli) e di conformismo (ad esempio, perché amici o parenti vogliono che si consumino questi alimenti e bevande). Cosa si può fare per uscire da questa spirale? Numerosi studi hanno raccomandato, anche per la food addiction, l’applicazione del trattamento classico per le dipendenze da sostanze
psicotrope includendo tanto gli interventi psicologici - psichiatrici quanto la riduzione dell’esposizione a quei cibi che creano la dipendenza. Sfortunatamente il trattamento standard dei disturbi alimentari è associato con un elevato tasso di ricaduta. In ogni caso, l’approccio deve essere multifattoriale. Esistono diverse tecniche comportamentali che in molti casi si rivelano efficaci, anche associate nei casi più seri e sotto stretto controllo medico a farmaci che agiscono sui livelli di dopamina e di serotonina, noto anche come ormone del buonumore. Attenzione però: perché possano essere davvero efficaci ci vuole tempo, anche fino a sei mesi.
QUANTO è DIFFUSA? La prevalenza della food addiction (FA) nella popolazione adulta sembra essere del 19,9%, doppia nelle persone sovrappeso/ obese rispetto ai normopeso (24,9% - 11,1%) e nelle femmine rispetto ai maschi (12,2% - 6.4%). È inoltre più frequente nelle persone con più di 35 anni rispetto ai più giovani (22,2% - 17%).
in salute
ALIMENTAZIONE
Le miracolose bacche di
∞ a cura DI LELLA FONSECA
L’inverno è arrivato ed è tempo di fare rifornimento di vitamine per resistere al freddo e ai cali di energia. I frutti del Lycium, ovvero le bacche di Goji, in inglese wolfberries (bacche del lupo), possono aiutarci. Negli ultimi anni hanno ottenuto l’appellativo di “superfrutto” per la grande quantità di nutrienti preziosi per l’organismo. Ai “diamanti rossi” si riconoscono effetti adattogeni (per sopportare i momenti di stress), energizzanti, antiossidanti, protettivi e immunostimolanti. Arbusto originario degli altipiani himalayani, il Goji appartiene alla famiglia delle Solanacee (la stessa di pomodori, melanzane e patate) e negli anni ’70 fu importato soprattutto negli Stati Uniti, grazie alla grande capacità di adattamento. «Queste bacche contengono 19 amminoacidi, compresi gli 8 essenziali che l’organismo non è in grado di produrre; 21 minerali traccia, tra cui ferro, calcio, cromo, potassio, zinco, selenio e il raro germanio; un’intera gamma di carotenoidi antiossidanti, tra i quali il beta-carotene, essenziale per la sintesi della
vitamina A; una concentrazione di vitamina C maggiore rispetto alle arance; vitamine del gruppo B (soprattutto B1 e B2) e a differenza degli altri frutti, anche vitamina E» spiega la dottoressa Daria Fiorini, dietista. Analizziamo nel dettaglio le azioni di questi prodigiosi frutti.
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ANTIAGING E PROTETTORI DI OCCHI E PELLE Grazie al cocktail di antiossidanti contenuti (vitamine, minerali, polifenoli, polisaccaridi, etc.) le bacche di Goji intervengono sull’ossidazione delle cellule contrastando i radicali liberi prodotti a causa d’inquinamento, alcol, fumo, raggi UV, stress psicofisico prolungato, eccessiva attività fisica e che predispongono l’organismo a sviluppare malattie degenerative e anticipare l’invecchiamento di cellule e tessuti. «In un test scientifico sviluppato dal Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti per misurare il livello di antiossidanti negli alimenti vegetali, le bacche di Goji si sono classificate prime con largo vantaggio. Per questo sono considerate “frutto della lon-
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gevità”: proteggono gli occhi e la pelle dai raggi UV, causa sempre più frequente di macchie cutanee e tumori alla pelle» osserva l’esperta.
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MIGLIORANO LE PRESTAZIONI SPORTIVE Il Goji, essendo un adattogeno, migliora significativamente tutti i parametri : consumo massimo di ossigeno, tolleranza e soglia della fatica. Inoltre aumenta l’energia, la resistenza e la vitalità; aiuta a combattere gli effetti dannosi del-
DA EVITARE IN CASO DI... > Trapianto di organi o
assunzione di farmaci immunosoppressori. > Ipertensione e diabete se si sta seguendo terapia con farmaci. > Assunzione di anticoaugulanti (come la cardioaspirina). > Allergia alle solanacee (pomodori, patate, etc.).
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RAFFORZANO LA RISPOSTA IMMUNITARIA
DOTT. SSA DARIA FIORINI Dietista A Bergamo - Villaggio degli Sposi
Uno studio pubblicato sul Journal of the Beijing Medical University (1992) ha evidenziato che il Goji è in grado di bilanciare la risposta immunitaria. «Non potenzia il sistema immunitario ma, in qualità di adattogeno, agisce bilanciando il sistema immunitario e contribuisce a ristabilire la normale e sana funzione immunitaria» chiarisce la dietista. Inoltre aumenta il numero di linfociti e aiuta anche ad attivarli quando il corpo si trova sotto attacco.
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RIEQUILIBRANO L’INTESTINO lo stress (che induce produzione eccessiva di cortisolo e distruzione della massa muscolare); promuove la salute cardiovascolare e contribuisce a rafforzare cuore e circolazione; facilita il recupero da allenamenti intensi, aumenta la lucidità mentale, i riflessi, l’udito, la vista e la coordinazione motoria; aiuta a prevenire i dolori muscolari, aumentando l’attività della lattato-deidrogenasi, l’enzima che elimina l’acido lattico.
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HANNO UN’ AZIONE ANTINFIAMMATORIA Secondo alcune recenti ricerche, i flavonoidi contenuti nelle bacche di Goji sono i responsabili del potente effetto antinfiammatorio. Sono quindi un supporto per prevenire le malattie a base infiammatoria (cardiovascolari, neurodegenerative, obesità, diabete e tumori).
I polisaccaridi LBP, (zuccheri caratteristici di queste bacche) in associazione con le fibre presenti nelle bacche, svolgono un’eccellente attività probiotica: favoriscono la crescita e lo sviluppo della flora batterica e quindi dei microrganismi positivi che competono con quelli dannosi, sottraendo loro nutrimento e occupando i siti di adesione alle pareti intestinali. Migliorano lo stato delle mucose del colon e contribuiscono ad agevolare il transito intestinale e di conseguenza a migliorare l’assorbimento dei nutrienti.
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AIUTANO IL FEGATO Il compito principale del fegato è eliminare le tossine, processo in cui è coinvolto l’enzima superossido-dismutasi (SOD) che può essere aumentato dalle bacche. Inoltre il
Consumale come... . . . . .
Succo (puro o concentrato) da diluire in poca acqua. Bacche essiccate, secche o ammollate. Polvere (ottenuta dalla macinazione delle bacche essiccate). Integratori alimentari (capsule a base di estratto secco). Ingrediente di snack, barrette e tisane.
Goji contiene betaina, utile a prevenire alcuni disturbi come il fegato grasso e i danni cardiovascolari.
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CONCILIANO IL SONNO E STIMOLANO LA CONCENTRAZIONE Le vitamine del gruppo B facilitano la trasformazione del triptofano (precursore della serotonina) in serotonina (detta “ormone della felicità”), regolando il ritmo sonno-veglia ma sono anche fondamentali per la salute del sistema nervoso, per la concentrazione e per la memoria. È presente anche il magnesio che aiuta a combattere i disturbi del sonno. Gli omega3 generati dagli acidi grassi delle bacche sono il miglior nutrimento del cervello.
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EVITANO I PICCHI GLICEMICI Il cromo contenuto agisce a livello del recettore per l’insulina. Grazie a questa azione il cromo normalizza e rieduca il metabolismo degli zuccheri, evitando le fluttuazioni della glicemia che sono spesso responsabili della stanchezza improvvisa e degli attacchi di fame.
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RIDUCONO IL COLESTEROLO Gli acidi grassi contenuti nelle bacche di Goji hanno effetti benefici sul metabolismo dei grassi. Se integrati in una dieta sana, l’acido linoleico e l’acido linolenico, dopo la trasformazione in omega3 e omega6, abbassano il colesterolo e i trigliceridi. Inoltre le bacche hanno un’importante azione anti-trombotica fluidificando il sangue.
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AIUTANO LA SESSUALITà Nella medicina tradizionale cinese le bacche di Goji sono definite matrimony vine, cioè pianta del matrimonio, e sono molto utilizzate per i problemi alla prostata, per potenziare le prestazioni sessuali e aumentare libido e fertilità. Novembre/Dicembre 2017 | Bergamo Salute | 23
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PSICOLOGIA
in armonia
Canta che ti passa
∞ a cura di GIULIA SAMMARCO
I miti di molte culture ci parlano di come l’universo sia stato creato attraverso il suono. I sacerdoti e i maghi erano spesso musicisti. Già gli antichi sapevano che ogni cosa nel cosmo è in uno stato di vibrazione, ogni cosa ha la sua frequenza. L’uso del suono come modalità di guarigione non è nuovo: i primi esseri umani davano al suono un valore sacro e rituale, lo usavano per liberare il corpo dalle malattie, per favorire la fertilità, facilitare le nascite, accompagnare i riti funebri, aiutare la crescita dei raccolti. Egizi, Assiro Babilonesi e Greci si servivano di mescolanze di parole e suoni per comunicare e interagire con la natura mentre per i Cinesi e gli Indiani il suono è l’essenza della vita stessa. «La voce umana è un potente strumento musicale che portiamo sempre con noi, di cui
spesso non siamo completamente consapevoli ma che coinvolge l’intera persona negli aspetti fisici, mentali, emotivi e spirituali. I suoni articolati che produciamo con la voce rispecchiano le nostre condizioni mentali ed emotive, imparando a utilizzare meglio il respiro e la voce possiamo sentirci meglio. Pensiamo ad esempio a tutte le persone che parlano in apnea o troppo velocemente: basterebbe rallentare l’eloquio per calmarsi e riprendere il controllo di sé. A volte invece per sfogarci dobbiamo gridare e buttare fuori tutta la nostra energia trattenuta per sentirci meglio» osserva la dottoressa Enrica Des Dorides, psicologa e psicoterapeuta.
MENO STRESS E PIÙ ENERGIA Il canto ha potenti effetti terapeutici e sono sempre più numerosi i
medici che utilizzano i suoni per curare il corpo, la mente e lo spirito. Alcuni studi hanno osservato che chi canta ha, rispetto alla media, più
Sette note per sette chakra Nella cultura indiana ogni nota agisce su una parte del corpo ed è possibile riequilibrare i chakra con le note musicali. Secondo questa tradizione i sette chakra principali (centri di energia del corpo disposti dalla base della colonna alla cima della testa) possono essere armonizzati tramite le note musicali che risuonano ognuna in un punto specifico del corpo.
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in armonia
PSICOLOGIA
gliere i blocchi energetici. Quando tratteniamo le emozioni un’area tipica che si contrae è quella della gola: in questi casi sembra che la voce non esca. Utilizzare il respiro profondo e la respirazione diaframmatica permette di appoggiare il suono e vincere anche la timidezza di esprimersi. La musica e il canto aiutano a trasformare le nostre emozioni negative e ridare gioia e vitalità» conferma la psicologa. DOTT.SSA ENRICA DES DORIDES Psicologa e Psicoterapeuta A Gorlago, Seriate e Bergamo
bassi livelli di cortisolo nel corpo cioè meno stress, un sistema nervoso forte, un sistema immunitario che reagisce bene, ottime capacità digestive. «Ormai la musicoterapia è ufficialmente accettata come una delle strategie per affrontare le problematiche psicologiche e ha svariati campi d’applicazione, dall’autismo agli handicap e in generale dove la comunicazione, verbale ha dei limiti. Quanti di voi avranno provato il senso liberatorio del cantare a squarciagola in auto o sotto la doccia? Cantare è un modo per comunicare all’esterno, imparare a far sgorgare i suoni dal profondo di se stessi, aiuta a scio-
IN GRUPPO È ANCORA MEGLIO Gli scienziati hanno indagato come la frequenza cardiaca cambia quando si canta in gruppo all’interno di un coro. I risultati sono sorprendenti: i battiti cardiaci si possono sincronizzare fino a produrre una sorta di campo magnetico intenso, con un effetto rigenerante molto profondo. Un altro studio condotto dal Dr. Julene K. Johnson ha dimostrato come cantare in gruppo possa essere un metodo efficace per migliorare la salute e il benessere degli anziani.
DAL CANTO DEI MANTRA … Il canto dei mantra è una tradizione antica della meditazione e un metodo per conseguire la liberazione della coscienza. «I mantra non sono altro che espressioni verbali semplificate. Con la ripetizione
queste parole “di potere” acquistano una vita propria, come un pilastro di forza in grado di trasformare le paure in coraggio, la confusione in saggezza, l’ansia in fiducia e il dolore in gioia. Qualsiasi parola può diventare un mantra. Si può meditare su un suono o su una parola per ricreare l’armonia dentro di noi. Un mantra per eccellenza è l’OM che rappresenta l’energia che permea il creato. Questo suono cosmico, se emesso correttamente, risuona in tre punti del corpo: l’ombelico, il cuore e il punto tra le sopracciglia ed è in grado di produrre un beneficio globale sulla persona, agendo sull’aspetto razionale ed emozionale» spiega l’esperta.
… A QUELLO DEGLI ARMONICI I suoni armonici esistono in ogni emissione vocale. Sono gruppi di frequenze armoniche relative alla nota fondamentale della voce. Il canto degli armonici è una tecnica secolare praticata in tutto il mondo che ha poteri terapeutici, infonde calma e sicurezza interiore. Si pratica in gruppo e il coro armonico permette di beneficiare dell’intreccio delle voci facendoci sentire in comunione con gli altri. Questo tipo di canto agisce sul cranio, sul fluido spinale e sul cervello e contribuisce a restituire equilibrio ed energia.
Vox sana in corpore sano Corpo, mente e spirito interagiscono per determinare lo stato di salute generale. La voce è una caratteristica unica di ognuno di noi, è come un biglietto da visita e rivela molto del nostro stato d’animo. Una voce sana è versatile, denota sensibilità e calore. Il tono è chiaro e vivace, aperto e naturale. Portare attenzione alla voce come strumento di cambiamento ci permette di modificare immediatamente il nostro stato corporeo ed emotivo verso un atteggiamento più comunicativo e propositivo.
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in armonia
COPPIA
Imparare a litigare, il segreto per essere felici ∞ a cura DI VIOLA COMPOSTELLA
Non sempre è un segnale di qualcosa che non va in una coppia. Anzi, secondo gli esperti, in molti casi è il contrario: se fatto in modo “costruttivo”, aiuta a conoscersi meglio e a crescere insieme sentendosi liberi di essere se stessi, in altre parole a costruire una relazione più sana e felice. Di cosa stiamo parlando? Del litigio.
Ma cosa succede quando due persone litigano? E cosa vuol dire farlo nel modo giusto? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Eleonora Negri, psicologa e psicoterapeuta. Dottoressa Negri, cosa significa innanzitutto, litigare? La lingua italiana identifica con il verbo litigare l’atto di “discutere con
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qualcuno in modo violento”, ovvero di “entrare in contrasto con qualcuno”. Queste definizioni rimandano a un insieme di comportamenti negativi e inducono a pensare al litigio come a un’entità potenzialmente dannosa per una relazione. Talvolta capita che le persone raccontino di un litigio riferendosi a un episodio problematico o particolarmente
doloroso, specialmente quando coinvolge figure importanti per la propria vita. Nella società attuale, fondata in parte sui valori dell’immediatezza e del reperimento di soluzioni veloci, il concetto di litigio viene frequentemente associato al tema della perdita, della separazione, dell’interruzione di un rapporto. Ciò assume una piega particolarmente delicata quando si pensa al litigio all’interno della coppia. Spesso elevati livelli di conflitto vengono considerati come l’anticamera della fine di un rapporto e questo, naturalmente, a volte può accadere. Uno sguardo più ampio sul tema della lite però può aiutare a considerare il fenomeno in modo diverso, ossia come una delle possibili modalità di confronto e di comunicazione tra partner. Credo possa essere utile adottare una modalità di ragionamento più ampia, che vada al di là della lineare associazione tra “litigio” e “relazione in pericolo” e che si avvicini al considerare la lite come una dinamica che appartiene al corso fisiologico delle relazione. è vero che le coppie in cui si litiga poco sono quelle che funzionano meglio? Purtroppo la risposta è no. La tendenza all’evitamento del conflitto può portare al ritiro da un confronto onesto e veritiero. La paura di litigare con il partner e di causare dolore fa sì che la persona tenga per sé determinati vissuti i quali, accumulandosi, creano rancore e sofferenza. Questo tipo di atteggiamento genera distanza: il silenzio e il “non detto” spingono a chiudersi in se stessi ed espongono la relazione a rischio anche maggiore di quanto possa fare un litigio. La lite è un con-
fronto che porta all’espressione di sé, pur in modo non sempre esente dal dolore. Può rappresentare un punto di rottura momentaneo che però favorisce una nuova partenza insieme. Il litigio infatti non consiste soltanto in una frattura, ma anche in un’occasione di incontro, un cercare insieme dei punti in comune. Anche grazie alle liti si arriva a conoscere il partner in modo più completo, da punti di vista non scontati. Al tempo stesso si impara qualcosa in più su se stessi e sulle proprie modalità di gestione dei rapporti. Il litigio esprime la volontà e il bisogno di avvicinarsi all’altro. è una “non rinuncia” che ci si concede all’interno del rapporto di coppia: i litigi sono maggiori all’interno delle relazioni significative proprio perché in esse la persona non demorde facilmente e ha bisogno di esprimere il proprio punto di vista durante un confronto. La coppia quindi diventa anche il contesto d’eccellenza dove “imparare” a litigare.
Si impara a litigare anche riflettendo sulla possibilità di ascoltare l’altro” Come si può riuscire a litigare in maniera costruttiva? Innanzitutto non si deve considerare l’altro come un avversario da combattere o da cui fuggire. Non perdere di vista questo punto può aiutare i partner a non trasformare una lite in uno scontro sterile e veramente dannoso per la coppia. Si litiga per chiarire, trovare una soluzione condivisa a questioni che
DOTT. ELEONORA NEGRI Psicologa e Psicoterapeuta Mozzo
si presentano nella vita quotidiana e un compromesso veramente attuabile. È importante tenere bene a mente che litigare non significa prevaricare l’altro e cercare insistentemente di farlo aderire alla propria posizione. Si impara a litigare anche riflettendo sulla possibilità di ascoltare l’altro. Qualsiasi lite genera rabbia, è innegabile. È anche necessario ricordare che spesso scendono in campo anche sentimenti diversi, come delusione e tristezza. Trovare uno spazio per condividere questi vissuti è importante per evitare che l’ira prenda il sopravvento e aprire alla possibilità di un dialogo più mite, più orientato alla comprensione. Una discussione con queste caratteristiche può aiutare a considerare il punto di vista dell’altro e contemplare l’ipotesi che modificare la propria opinione costituisca un vero arricchimento per la coppia. Con questa conquistata disponibilità le sentenze possono diventare interrogativi, il giudizio può mutare in consiglio e l’ostilità lascia spazio alla collaborazione.
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in famiglia
DOLCE ATTESA
Pubalgia in gravidanza: cause e rimedi ∞ a cura DI ELENA BUONANNO
Colpisce una donna su cinque, si manifesta per gradi di intensità differenti e di solito compare nel terzo trimestre di gravidanza. Parliamo dalla pubalgia, dolore tipico degli sportivi, che però può interessare anche le donne in gravidanza e nel post parto e che, se trascurata o curata impropriamente, può diventare cronica e invalidante. Conosciamola con l’aiuto della dottoressa Monica Vitali, ostetrica. Dottoressa Vitali, cosa si intende per pubalgia? La pubalgia è un´infiammazione dolorosa al basso ventre, dovuta allo stiramento dei muscoli che hanno inserzione sulla branca pubica. Per questo si accusa maggiormente il dolore nella regione dei muscoli adduttori dell’anca (muscoli che muovono l’anca verso l’interno) ma non sempre è
DOTT.SSA. MONICA VITALI Ostetrica riabilitatrice, formazione osteopatica Studio Vitali Bergamo
possibile individuare il punto esatto. Come si manifesta e in quali situazioni? Il sintomo caratteristico è il dolore all’inguine, che a volte si irradia anche verso l’interno della coscia oppure verso la zona lombare della schiena. È un dolore che si fa sentire soprattutto mentre si cammina o si fanno le scale, quando si sta sedute troppo a lungo o si cerca di stare su una gamba sola (succede mentre ci si veste) quando si allargano le gambe, per esempio per scendere dalla macchina, oppure quando ci si rigira nel letto. In alcuni casi può anche esserci dolore durante i rapporti sessuali o in generale all’area del perineo. Per quale motivo il periodo della gravidanza è a rischio? Durante la gestazione i movimenti di oscillazione della zona pelvica creano forte tensione a livello articolare che molto di frequente sfocia in dolore. La maggiore mobilità della cavità addomino-pelvica, favorita anche dai mutamenti ormonali che coinvolgono ad esempio la relaxina e il progesterone, diventa in questo periodo di fondamentale importanza. La pel-
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vi, che nella donna ha la conformazione per accogliere e contenere il nascituro, è una struttura ossea e muscolo-legamentosa formata dal distretto superiore che è inestendibile e dal distretto inferiore estendibile. Le articolazioni, (due
sacro-iliache posteriormente e la sinfisi pubica anteriormente) tra loro subiscono un aumento della mobilità articolare per permettere di contenere maggiormente l’utero che diventerà sempre più voluminoso durante le 40 settimane di gestazione e per permettere al bimbo, a termine della gravidanza, di entrare nel canale da parto e nascere. Queste modificazioni possono causare dolore nelle varie fasi, soprattutto se sono già presenti dei compensi posturali non trattati. Cosa bisogna fare in caso si avverta un dolore che possa far sospettare il problema? Durante il primo e secondo trimestre di gravidanza è molto importante non sottovalutarlo perché è possibile che il dolore sia causato da una problematica dovuta al prolasso del disco della colonna vertebrale del tratto lombare (L1-L3), che se non tempestivamente trattata, potrebbe dare disturbo al nervo ileo-inguinale e ai suoi rami cutanei (rami vicino alla superficie della pelle) e al ramo genitale (che innerva i genitali) del nervo genito-femorale. Quindi, eventuali lesioni a lungo termine all’inguine possono sollecitare questo nervo creando dolore mantenuto anche nel post parto. Durante il terzo trimestre, invece, la pubalgia può essere un campanello d’allarme di mal posizionamento del feto. Con l’aumento del volume gravidico,
Manipolazioni, stretching e yoga contro il dolore Spesso la pubalgia scompare dopo il parto. Nel caso in cui però il dolore persista sono necessari una valutazione corretta e trattamenti manipolativi con sanitari esperti. Gli obbiettivi sono: > ridurre il dolore e l’infiammazione; > migliorare la flessibilità e la condizione dei muscoli; > rafforzare le muscolatura; > distribuire in modo corretto i carichi e le spinte; > rendere biomeccanicamente più funzionale il rachide e la pelvi; > preparare il bacino al parto. Un moderato esercizio fisico può essere d’aiuto. Il classico nuoto, uno degli sport più indicati in gravidanza, aiuta perché in acqua, dove ci sono meno sollecitazioni, il dolore si attenua. L’effetto preventivo o di riduzione del dolore a lungo termine, però è minimo. Per ottenere questo risultato, si deve lavorare sull’elasticità dei muscoli coinvolti, attraverso appositi esercizi di stretching e di rinforzo muscolare. Lo yoga per esempio può essere indicato. Per altri semplici esercizi di rafforzamento della muscolatura meglio chiedere consiglio a personale esperto, per esempio un fisioterapista o un osteopata possibilmente specializzati in gravidanza.
infatti, unito alla lordosi, all’aumento della mobilità articolare e alla modificazione della respirazione che diventa prettamente toracica, viene a crearsi una maggiore pressione sull’addome che porta muscoli, tendini e organi a scaricare tutte le pressioni sul pube. Talvolta il dolore si può irradiare anche posteriormente a livello inguinale e associarsi a un dolore sacrale (cioè all’osso sacro). Ma si può fare qualcosa per prevenire il dolore?
Per evitare o per contenere questo disturbo è consigliabile: tenere il peso sotto controllo (se si superano i 15 chili dall’inizio della gravidanza c’è rischio maggiore); stare seduti correttamente appoggiando tutta la schiena allo schienale, evitando di tenere il peso in avanti comprimendo la pancia; evitare i pesi per non gravare sulla zona lombare; quando si sta ferme in piedi, distribuire equamente il peso appoggiando bene entrambi i piedi e possibilmente evitare scarpe con il tacco alto.
in famiglia
BAMBINI
Bambini e regole Istruzioni per l’uso ∞ a cura di maria Castellano
Quando è giusto dare regole ai bambini e quando è troppo? Quali regole è giusto dare? In che modo? Divieti, concessioni e regole per i genitori con figli di tutte le età sono pane quotidiano. Come destreggiarsi per evitare di essere troppo rigidi o al contrario troppo permissivi? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Sofia Raffa, psicologa e psicoterapeuta. Dottoressa Raffa, da che età bisognerebbe cominciare a dare le prime regole ai propri figli? Fin dalla prima infanzia, perché è da lì che un genitore e un figlio iniziano a sperimentarsi. Nel corso del primo anno di vita il bambino è ancora molto dipendente dalle figure di accudimento ed è con il passare dei mesi che inizia a differenziarsi. Il bambino intorno all’anno fa conquiste molto importanti, come imparare a camminare e parlare, è curioso, prende, mette in bocca o lancia gli oggetti. I due anni vengono definiti dagli inglesi “the terrible two”, ossia i terribili due, perché è frequente che il piccolo usi di continuo la parola NO. Anche i genitori si sperimentano nel
nuovo ruolo e adottano uno stile educativo che meglio si addice alla loro personalità e al temperamento del bambino (vedi box). Come devono essere impartite le regole? Intorno ai due-tre anni grandi discorsi, troppe regole e un atteggiamento autoritario o aggressivo, potrebbero non sortire l’effetto che si desidera. Le regole vanno date in modo semplice, chiaro, aiutando il bambino a verbalizzare le sue emozioni e facendo in modo che il messaggio arrivi anche attraverso il linguaggio non verbale: mettendosi alla sua stessa altezza, guardandolo negli occhi, usando l’inflessione della voce. Il modo migliore per fargli acquisire le regole, però, è fare voi stessi da modelli. I vostri bimbi vi osservano e avranno modo di imparare dalle vostre azioni. Se, ad esempio, viene stabilita la regola di stare tutti insieme seduti a tavola, sarà importante che anche voi restiate seduti e non vi mettiate a sbrigare altre faccende o rispondere al telefono. Un altro sistema molto efficace per stabilire le regole è quello di stabilire delle
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routine. Se si decide che i bimbi vanno a letto alle nove, sarà importante che ogni sera l’orario venga rispettato (con qualche eccezione ovviamente!). Quali sono le regole base da stabilire? Per un bambino di due-tre anni saranno sufficienti cinque o sei regole al massimo che possono riguardare il sonno, il mangiare, l’igiene personale e la relazione con gli altri. Alcune regole potrebbero essere: avere un orario per addor-
DOTT.SSA SOFIA RAFFA Psicologa,Psicoterapeuta e Terapista EMDR Trescore Balneario
mentarsi, dormire nel proprio lettino, stare a tavola tutti insieme per mangiare (senza tablet o giochi), lavare le mani prima di mangiare. A quest’età i bambini mettono in atto alcuni comportamenti che mettono in difficoltà il genitore ma che rappresentano un passaggio fisiologico nella crescita del bambino. Il piccolo è molto curioso e intorno ai due anni cerca di conoscere il mondo con gli strumenti che ha a disposizione. Un esempio: molti bambini amano manipolare il cibo prima di portarlo alla bocca o lanciano quello che hanno in mano. Dire sempre di no o sgridarli è controproducente, perché si rischia di mettere un freno alla curiosità. Un escamotage potrebbe essere arginare questi comportamenti in ambienti sconvenienti e predisporre un angolo sicuro, con giochi e materiali diversi o elementi naturali, come l’acqua, la farina, la sabbia, dove può fare quello che gli piace senza rischiare di farsi male. Castighi, rimproveri e lodi sono gusti? Prima di dare un castigo o rimproverare un bimbo così piccolo, bisogna capire se il suo comportamento è intenzionale o no. Se si sceglie di rimproveralo, fate in modo che il rimprovero sia specifico e riferito all’azione sbagliata che ha commesso, anziché a lui
come persona. Dire “Non si tirano i capelli!” ha un altro peso che dire “Sei cattivo!”. Lo stesso discorso vale per le lodi. Cercate di ridurre al minino i castighi e specialmente evitare quelli protratti nel tempo e proiettati nel futuro, perché a un’età in cui il senso del tempo è poco chiaro potrebbero creare confusione. Un castigo adatto per un bimbo di due-tre anni potrebbe essere farlo sedere per cinque minuti, immediatamente dopo aver commesso il comportamento che voi pensate meriti una punizione. Tenete presente che all’inizio il bambino obbedisce alle regole per amore vostro, perciò fategli capire che anche se ha sbagliato ci siete ancora per lui e che poi ci si può riappacificare. Ma perché a volte è così difficile imporre delle regole? Per alcuni genitori è veramente difficile stabilire dei limiti. Ad esempio alcuni non riescono a dire di no al lettone e capita che restino molto tempo a dormire con i bambini. È comunque complicato rispondere, perché ogni famiglia ha le proprie dinamiche. Interrogarvi sulle emozioni che i no, i capricci e i pianti del bambino evocano in voi aiuta sicuramente a capire dove finiscono le difficoltà del bambino e dove iniziano le vostre. Sentire un bimbo che piange perché
vuole dormire nel lettone per una mamma che passa tutto il giorno al lavoro, ha sicuramente un significato diverso che per una mamma che passa tutta la giornata a contatto col proprio bambino. Interrogatevi sulle richieste, sui bisogni ed emozioni del vostro bambino, ma non dimenticate di interrogarvi anche su voi stessi.
Lo stile educativo? Meglio se autorevole Gli psicologi hanno distinto diversi stili educativi: autoritario, improntato sul dare regole rigide; permissivo, dove al bambino è lasciata libertà di muoversi e trovare da solo il proprio limite; autorevole, in cui le regole vengono date ma con una certa flessibilità, ossia considerando anche le emozioni che il bambino esprime. È provato che i figli di genitori autorevoli sono più responsabili, sensibili, indipendenti e dotati di buona autostima.
in forma
FITNESS
Yoga in assenza di gravità
Antigravity® Fitness & Yoga, benessere per corpo e mente ∞ a cura DI ELENA BUONANNO
Si chiama Antigravity® Fitness & Yoga ed è una nuova disciplina, praticata in sospensione (o in assenza di gravità) accessibile a tutti, che dopo aver spopolato in America sta conquistando sempre più appassionati anche in Italia. Non fatevi ingannare dal nome, però: è un mix di tante discipline diverse. Scopriamola insieme a Lucia Giupponi, insegnante di Antigravity® Fitness & Yoga Italia. Di che tipo di disciplina si tratta? Fondata da Christopher Harrison, ginnasta, acrobata, danzatore a
livello mondiale di Broadway, unisce le pratiche acrobatiche con la filosofia originale dello yoga. Il suo obbiettivo è permettere a tutti di sperimentare la piacevole sensazione di essere sospesi in aria e trarre i benefici che derivano dalle posizioni classiche dello yoga (asana) compiute grazie alla facilitazione del sostegno di un’amaca di stoffa. È un programma di allenamento basato sul suspension training (cioè allenamento in sospensione), che fonde tantissime discipline come la danza, l’acrobatica, il pilates, la calistenica (vedi dettaglio) e il 60% di
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yoga. Questa combinazione unica di esercizi all’interno di sequenze specifiche permette di decomprimere la colonna vertebrale allineando il corpo dalla testa ai piedi, allungare e rinforzare i muscoli, rigenerare il sistema linfatico e la circolazione, rallentare l’invecchiamento cellulare. L’amaca è utilizzata per cambiare il rapporto dinamico a terra, consentendo di modellare il corpo attraverso esercizi unici che sfidano le leggi della fisica. Questo nuovo tipo di yoga, svolto con un trapezio soft, spazia dalle tecniche più semplici alle pose più avanzate.
Quali sono i benefici che offre? È un toccasana per il corpo, ma soprattutto per lo spirito. La pratica attiva delle nuove aree creando nuove connessioni sinaptiche e percorsi neurali, conosciuti come neuroplasticity (capacità di apprendere), che aumenteranno la
La calistenica mira a sviluppare forza e massa muscolare attraverso esercizi e movimenti a corpo libero che si eseguono con il peso del proprio corpo” recettività, consentendo di essere maggiormente consapevoli verso il mondo e se stessi. > Alleggerisce il corpo. Libero dalla forza di gravità, il corpo riesce a controllare ed eseguire le posizioni che potrebbero sembrare impossibili da raggiungere a terra. È possibile allungarsi e distendersi sentendosi leggeri ed equilibrati. La microcircolazione viene stimolata dalle posizioni in sospensione e da quelle a testa in giù. > Rinforza i muscoli. Grazie agli esercizi da fare in sospensione o a testa in giù si lotta contro la for-
za di gravità, rinforzando i famosi muscoli antigravitazionali che permettono di subire meno la forza della gravità quando siamo in piedi. La vita di tutti i giorni sembrerà più leggera, perché sarà possibile contrastarla con una postura migliore riequilibrando il tono muscolare e decomprimendo la colonna. > È antiage. Nella postura eretta, normalmente, il flusso del sangue va dall’alto verso il basso. In questa disciplina in “inversione” (ovvero a testa in giù), cambia il senso del flusso sanguigno. Questo permette una maggiore ossigenazione del sangue nel viso, aiutando a combattere i radicali liberi e rallentando così l’invecchiamento. > Fa bene alla schiena. Libera dal carico, anche la schiena può lavorare ai massimi livelli: vi è maggior idratazione dei dischi vertebrali della colonna e maggior spazio a disposizione dei nervi all’interno del midollo spinale (alla fine di una lezione, Christopher Harrison garantisce agli allievi di essere più alti di due o tre centimetri). > Migliora il sistema linfatico e circolatorio. Favorisce una riattivazione dei sistemi endocrino, linfatico, digerente e circolatorio. Questo porta di conseguenza ad un maggiore drenaggio dei liquidi; la sensazione che si ha è di reale leggerezza agli arti inferiori e quin-
di benessere. > Aumenta la fiducia in se stessi. Rimanere sospesi, esercitarsi a testa in giù, insegna a controllare il proprio corpo e i propri movimenti, allena la mente a tenere a bada la paura, acquisendo consapevolezza di sé e dei propri limiti. > Favorisce il buonumore e diverte. Le posizioni inverse favoriscono il rilascio degli ormoni della felicità, serotonina, endorfina, ossitocina e dopamina, responsabili del benessere avvertito dopo l’attività fisica. Inoltre libera dallo stress e dall’affaticamento mentale. Ma la possono praticare tutti o ci sono controindicazioni? È adatta a tutti, senza limiti di età.
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BELLEZZA
PRP La nuova frontiera del ringiovanimento
∞ a cura DI VIOLA COMPOSTELLA
Più giovani senza bisturi? Oggi è possibile: basta usare il proprio sangue. Non è fantascienza. È realtà, grazie al PRP o biorivitalizzazione con plasma arricchito di piastrine, pratica ormai consolidata a livello internazionale e da anni utilizzata con successo in medicina rigenerativa e dermatologia. In ambito estetico permette di migliorare l’elasticità della pelle, aumenta la tonicità e attenua le rughe. Ma non solo: aiuta a combattere la calvizie e favorisce la ricrescita dei capelli. I vantaggi? Ideale per chi ha paura degli interventi chirurgici e per chi non vuole utilizzare sostanze chimiche ma preferisce rimedi “naturali”, è efficace e sicura. A patto ovviamente che venga effettuata in strutture e ambienti certificati. Ma, nello specifico, di cosa si tratta? Come si effettua il tratta-
mento? Risponde la dottoressa Jlenia Lonigro, chirurgo plastico e medico estetico. Dottoressa Lonigro, ci spiega meglio di che trattamento medico-estetico si tratta? In ambito medico-estetico il PRP (Platelet Rich Plasma, in italiano plasma arricchito di piastrine) è una tecnica cosiddetta di biorivitalizzazione, ovvero un trattamento antiage che si basa sull’impiego di specifiche sostanze (biocompatibili e riassorbibili) per riattivare la parte più vitale della pelle e favorire tono, compattezza, idratazione. In questo caso la sostanza biocompatibile utilizzata è il sangue della stessa persona, prelevato e opportunamente trattato. Questo fa sì che si tratti di una sostanza assolutamente tollerata dall’orga-
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Nessun rischio se fatto secondo le regole Oltre a essere molto ben tollerato, essendo una sostanza “naturale” che deriva dal paziente stesso, non presenta effetti collaterali né rischio di reazioni avverse o di natura allergica presente invece con altri materiali. Ovviamente a patto che durante la procedura vengano rispettati tutti i criteri di sterilità. È importante sottolineare infatti che per poter eseguire questa terapia, la struttura deve possedere l’autorizzazione all’utilizzo di emoderivati (componenti del sangue) e rispettare precisi criteri.
Anche in caso di calvizie e perdita di capelli Un campo molto interessante è quello che riguarda la calvizie e il diradamento dei capelli, in cui il plasma arricchito di piastrine si è rivelato efficace: iniettato nel cuoio capelluto, stimola la ricrescita del bulbo capillifero. Dopo due settimane dall’ultimo trattamento con PRP nell’area infiltrata si riscontra un aumento di spessore dell’epidermide del cuoio capelluto (come se avvenisse un ringiovanimento del cuoio capelluto) oltre a un aumento del numero dei follicoli (e quindi la comparsa di nuovi capelli) rispetto alle zone non trattate.
nismo. Il concentrato di piastrine è utilizzato da molti anni, con successo, come rigenerante di tessuti danneggiati ad esempio in chirurgia maxillo-facciale e odontostomatologica, in oculistica. Ma come si svolge in pratica? Il medico estetico preleva un piccolo quantitativo di sangue che viene centrifugato in una speciale apparecchiatura per separare i
DOTT.SSA JLENIA LONIGRO Specialista in Chirurgia Plastivca e Medico estetico Presso Smartclinic Oriocenter e Smartclinic Le due Torri
globuli rossi dalla parte contenente plasma e piastrine, cioè quelle piccole cellule del sangue ricche di fattori di crescita capaci, tra le altre cose, di far produrre collagene ed elastina (proteine della pelle che le conferiscono elasticità e tonicità) e favorire i processi di rigenerazione. Questa parte viene poi trattata con un attivatore piastrinico, cioè una sostanza che favorisce la proliferazione delle piastrine. Il plasma così ottenuto, che ha una quantità di piastrine molto superiore al valore normale, viene subito reiniettato sotto cute con microiniezioni. Quali sono gli effetti immediati e nel tempo che si possono ottenere? Nell’immediato si ottiene un leggero “effetto filler”, ma i risultati più evidenti si manifestano nell’arco di un mese circa. Grazie alla stimolazione di collagene ed elastina, la pelle appare più tonica, luminosa e compatta, in una parola più giovane. In particolare è utile per la zona del volto, soprattutto guance
e contorno occhi (le cosiddette “zampe di gallina”), ma anche per ringiovanire collo, décolléte e mani, zone queste ultime difficilmente migliorabili con altri trattamenti di medicina estetica. Basta un trattamento? Se l’obbiettivo è il ringiovanimento l’ideale sarebbe ripetere il trattamento ciclicamente, ad esempio ai cambi di stagione, in particolare dopo l’estate e prima dell’inverno. Per la calvizie invece in genere il protocollo iniziale prevede una applicazione al mese per tre mesi. In ogni caso è sempre il medico che, a seconda delle caratteristiche e delle aspettative della persona, insieme a lei stabilisce quale sia la cadenza più indicata. È doloroso? No. Solo nel caso di trattamento per la calvizie può essere necessario applicare un’anestesia locale (pomata), essendo il cuoio cappelluto una zona particolarmente sensibile.
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Ingredienti per 3-4 persone 250 g... Farina di ceci 750 ml. Acqua qb......... Olio Extra Vergine di Oliva 1............ Porro qb......... Farina fioretto o carta da forno Preparazione Setacciate la farina di ceci in una ciotola e scioglietela con l’acqua. Lasciate riposare almeno due ore. Nel frattempo fate cuocere il porro in padella con un filo d’olio e un pizzico di sale. Trascorse le due ore versate le verdure nella pastella di ceci, insaporite con il sale e aggiungete due cucchiai di olio. Mescolate con cura. Oliate abbondantemente una teglia e cospargetela con farina fioretto. Versate l’impasto e infornate a 200° per 30 minuti. Lasciate raffreddare prima di tagliare a quadrotti e servite. 46 | Bergamo Salute | Novembre/Dicembre 2017
SIMONETTA BARCELLA Esperta di cucina naturale Co-autrice del libro “Il Cibo della Gratitudine”
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ALTRE TERAPIE
Fitosauna Il benessere che viene dal cedro siberiano ∞ a cura DI MARIA CASTELLANO
Una tradizione antica e lontana che sta vivendo una nuova giovinezza. È la fitosauna, una sauna originaria della Russia realizzata interamente in legno di cedro siberiano. A differenza della sauna tradizionale, si tratta di una sorta di “botte” che può ospitare solo una persona. Ma quali sono i benefici? E quali i vantaggi? Ce lo spiega il dottor Massimo De Nardi, dottore in Scienza dello Sport. Come nasce l’idea di questa fitosauna? Il cedro è l’albero più rappresentativo della Russia, cresce quasi esclusivamente in questa regione e le sue proprietà sono note da secoli. I russi lo considerano simbolo di benessere, forza e longevità. Il cedro è considerata la pianta che cura 100 malattie: prima dell’avvento dei medicinali veniva usata la sua resina come unguento per la cura di ustioni e ferite. Nei secoli scorsi, per curarsi da diversi malanni, si era soliti stazionare in botti di cedro siberiano, riscaldate da pietre roventi, che sprigionavano preziosi olii essenziali, che vengono anche estratti per la loro ricchezza in sostanze antibatteriche e ad azione antipatogena. Da questa tradizione è nata la fitosauna: una sauna a vapore unica nel suo genere. Ma come è fatta? La fitosauna è composta esclusivamente da legno di cedro siberiano, non ci sono colle o materiale sintetici che uniscono i vari pannelli di
legno: vengono costruite con un particolare metodo che fa sì che i diversi componenti si incastrino tra di loro. Si viene così a formare una sorta di botte di legno, con all’interno una seduta regolabile in altezza, chiusa in cima da due pannelli che consentono di avere la testa completamente al di fuori. Ciò ne consente l’utilizzo anche qualora una persona soffra di claustrofobia, cosa che risulta praticamente impossibile nelle normali saune e bagno turco. La fitosauna è collegata a un generatore di vapore, il quale permette di scaldare velocemente l’interno della botte. Si viene così a creare un ambiente con umidità al 100% e con una temperatura regolabile (si consiglia comunque di non superare i 45-50°C). Quanto dura una seduta? A cosa fa bene? La durata della seduta va dai cinque ai 15 minuti, al termine della quale è opportuno fare una doccia fresca. Durante la seduta si suda parecchio, molto di più che in una sauna tradizionale, tant’è che uno dei principali benefici è lo spiccato effetto detox (cioè detossinante): scorie e tossine vengono espulse più facilmente, grazie all’apertura dei pori cutanei. La vasodilatazione che avviene mentre si sta nella fitosauna favorisce inoltre un’idratazione profonda, portando ossigeno e sostanze nutritive verso le zone periferiche. La seduta di fitosauna risulta piacevole e molto rilassante, sia per il benessere dato dall’esposizione a queste temperature sia per
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il fatto di poter respirare aria fresca, avendo la testa al di fuori. È possibile inoltre arricchire il vapore che viene immesso nella fitosauna con delle essenze naturali, rendendo così ancor più piacevole ed efficace la seduta stessa. La seduta di fitosauna può essere effettuata anche più volte in un giorno, può essere in abbinamento con un massaggio, dopo un’attività sportiva o dopo un’esposizione al freddo (doccia fredda, bagno di ghiaccio, criosauna). Risulta un ottimo “allenamento” per la circolazione se effettuata dopo raffreddamento, per il principio dell’effetto “pompa” vasocostrizione/vasodilatazione. È indicata
Un’alleata della linea e della pelle La fitosauna è utile anche per il controllo del peso, per il benessere psicofisico e per il miglioramento della qualità e del tono della pelle, oltre che per la riduzione di cellulite e di ritenzione idrica.
I russi considerano il cedro siberiano simbolo di benessere, forza e longevità” mento poichè è meglio farla non troppo vicino alla competizione (si consiglia infatti di non farla nei duetre giorni che precedono la gara).
anche per gli sportivi poiché facilita il recupero: risulta importante però inserirla al momento opportuno nella periodizzazione dell’allena-
È adatta a tutti? Sì, può essere fatta praticamente da tutti, a meno che si soffra di fragilità capillare: in questo caso il calore è sconsigliato. Chiunque riesce a sopportare facilmente una seduta di fitosauna, in quanto risulta determinante il fatto di avere la testa completamente al di fuori e poter respirare così aria dell’ambiente. In questo modo anche chi soffre di ipotensione (pressione bassa) non ha alcun problema. Sicuramente nei prossimi anni ne sentiremo par-
lare sempre di più anche in Italia. La sua naturale efficacia è destinata a conquistare anche il nostro Paese!
DOTT. MASSIMO DE NARDI Scienze motorie Dottorando in Neuroscienze
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GUIDA ESAMI
DNA
è boom di test di paternità ∞ a cura DI MARIA CASTELLANO
Dimenticatevi gli intrighi di film e soap opera. Oppure le storie di vip. Il test di paternità negli ultimi anni sta registrando un vero e proprio boom anche tra le persone comuni. A chiederlo, in genere, sono uomini che vogliono sapere se i loro figli sono frutto di tradimento, soprattutto in sede di separazione o divorzio. E così nel web si sono moltiplicati studi che promettono di chiarire ogni dubbio, con invio a casa del kit di prelievo e rispedizione allo studio della busta con il campione da esaminare. Ma quali sono i test davvero attendibili? E cosa dice la legge a riguardo? Lo abbiamo chiesto alla dottoressa Alba Campione, medico legale. Dottoressa Campione, che cosa si analizza con il test di paternità? Il test di paternità viene effettuato sul DNA per accertare se un uomo è il padre biologico di un altro individuo. Questo perché il patri-
monio genetico di ogni individuo è formato per il 50% dal patrimonio genetico del padre e per il 50% dal patrimonio genetico della madre. Il DNA di ciascuno di noi è unico, ad eccezione di quello dei gemelli omozigoti. La paternità biologica viene quindi accertata se il presunto figlio/a possiede metà del suo patrimonio genetico. Ma è attendibile? L’affidabilità del test, purché sia eseguito a regola d’arte, raggiunge il 99,99%. Basandosi sulla statistica, la metodologia di analisi non raggiunge mai il 100%; un test perché possa essere definito affidabile deve raggiungere almeno il 99,72%. Come si esegue? Il prelievo (sia del sangue periferico sia del liquido salivare) deve essere effettuato su soggetti che hanno espresso il proprio consenso e a cui sia stata spiegata la finalità dell’indagine e che abbiano esibito un documento di identità valido. Per-
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COME SCEGLIERE IL LABORATORIO GIUSTO In rete si trova una vasta gamma di offerte, dai test casalinghi fai da te a laboratori che inviano al domicilio personale qualificato per effettuare i prelievi dei campioni biologici da testare. Ovviamente i costi sono molto variabili, da circa 200€ per test informativi agli 800-1000€ dei laboratori certificati per effettuare test a uso legale. Si consiglia perciò di leggere sempre molto attentamente cosa offre il laboratorio, se il risultato può avere un utilizzo legale o meno. Strutture laboristiche certificate e i laboratori degli Istituti di Medicina Legale offrono, per test di paternità a uso legale, i risultati più qualificati.
COSA DICE LA LEGGE
DOTT.SSA ALBA MARIA ISABELLA CAMPIONE Specialista in Medicina Legale e delle Assicurazioni Bergamo
tanto il test deve essere eseguito in un laboratorio che garantisca la “catena della sicurezza” dei campioni prelevati; il responsabile della sicurezza è il medico che effettua il prelievo. Di conseguenza per effettuare un test di paternità a uso legale è necessario che i campioni vengano raccolti in strutture riconosciute e da persone qualificate.
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Il riconoscimento o il disconoscimento di paternità sono normate art. 106 comma 1, lettera a) che ha abrogato il precedente art. 235 cc con D.lgs 28 dicembre 2013 n°154. Inoltre una sentenza della Corte di Cassazione del 2006 (n°266) ha determinato che da solo il test di paternità eseguito sul DNA è una prova sufficiente per il riconoscimento o disconoscimento di paternità di un figlio. Il test può essere eseguito anche prima della nascita del concepito, attraverso un prelievo da placenta o villi coriali, così come può essere prelevato da cadavere, ma prima di effettuare una eventuale cremazione. Perché questo test abbia un valore legale, non può essere eseguito all’insaputa di uno dei due genitori. Se fra i soggetti dell’indagine vi è un minore, entrambi gli esercenti la potestà genitoriale devono dare l’assenso all’indagine, oppure il tutore legale. Nel caso di un figlio maggiorenne è lo stesso che decide o meno se sottoporsi al test. Nessun può essere obbligato a sottoporsi al prelievo per il riconoscimento nel corso di una causa civile, ma generalmente se il presunto padre si rifiuta, il giudice gli attribuisce la paternità. Se il test viene eseguito all’insaputa di uno dei due genitori, il genitore che lo effettua non compie nessun reato, ma il test avrà solo un valore informativo e non legale. Riguardo ai kit in libera vendita su internet, il risultato di tali indagini non ha valore legale.
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ANIMALI
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Non solo farmaci: contro l’Alzheimer anche l’aiuto di un animale può fare molto. A dirlo sono molti studi scientifici. E altrettante sono le esperienze in ospedali e case di riposo in cui gli animali (per lo più cani) si trasformano in membri, a tutti gli effetti, dell’equipe multidisciplinare. «Può sembrare un paragone azzardato quello tra persone e animali, ma in tutti gli ambiti in cui si verifica una compromissione cognitiva ed emotiva forte, come nell’Alzheimer, la modalità relazionale che si instaura con un animale diviene simile a quella dell’animale stesso» dicono Stefano Cortinovis, infermiere e consulente relazionale e Simone Migliorati, counselor e consulente relazionale. In che modo chi soffre di Alzheimer riesce a instaurare questo rapporto “speciale” con l’animale? La perdita di capacità di condivisione convenzionale delle emozioni, nella persona con malattia di Alzheimer, rende difficile comprendere cosa la persona stia vivendo nel momento presente. La relazione guidata con il cane permette alla persona di vivere in un contesto con un altro essere
vivente (l’animale) che condivide le proprie emozioni in maniera non tradizionale. Questa modalità di condivisione viene definita “comunione di animalità”: nel riconoscere l’emozione dell’animale, la persona comprende meglio le proprie, entrando in contatto con la sfera più intima di sé. Ciò che accomuna la persona e l’animale è l’esperienza emotiva che però non viene condivisa in modo convenzionale (per esempio utilizzando la parola). In caso di patologie cognitive e degenerative la capacità di provare emozioni non cambia; ciò che viene meno però è la capacità di condividerle a parole. Ecco allora che il cane diviene un alleato che, esattamente come la persona che soffre di demenza, vive emozioni piene e pure, ma deve trovare altri canali di comunicazione (corporei). L’atteggiamento empatico, accogliente e mai giudicante dell’animale apre a una relazione che va a lavorare su un piano biografico, legato alla vita
del passato, permettendo di accedere a componenti emotive anche rimosse che, in assenza del cane, non si sarebbero raggiunte. Quali sono in particolare i benefici derivanti da questa relazione? Le persone con malattia di Alzheimer sono spesso sottoposte a terapie farmacologiche necessarie ,ma che condizionano negativamente la curva fisiologica emotiva. Quando sono ansiosi, si tende a normalizzare l’attivazione del sistema nervoso involontario simpatico; quando invece sono depressi, si tende, con il farmaco, a lavorare sull’inibizione dell’attivazione del sistema nervoso involontario parasimpatico (vedi box). La consulenza relazionale con gli animali diventa quindi una co-terapia di supporto che va ad agire sulla sinergia del sistema simpatico/parasimpatico. Per meglio comprendere le dinamiche relazionali che la presenza
L’attività mediata dall’animale può ravvivare i meccanismi cerebrali dell’attenzione, stimola il coordinamento psicomotorio, riaccende motivazioni, aiuta a relazionarsi e può evocare emozioni positive”
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Le due “parti” del sistema nervoso autonomo Il sistema nervoso simpatico e il sistema nervoso parasimpatico costituiscono le due componenti del sistema nervoso autonomo, ovvero quello che regola le attività degli organi che non sono comandate direttamente dalla volontà. Il sistema simpatico interviene nelle situazioni di emergenza, il sistema parasimpatico nei momenti di relax.
guidata del cane può generare, illustreremo il caso della signora Laura. Ricoverata presso un centro specialistico per l’Alzheimer ha da
subito mostrato atteggiamenti oppositivi e aggressivi, sia nei confronti dei professionisti della struttura sia degli altri degenti. Attraverso un percorso di consulenza relazionale dapprima individualizzato, sono emerse le capacità di dare e ricevere affetto e cura della signora, che con il cane ha sempre mantenuto un atteggiamento positivo e propositivo, ricordando persino il giorno della settimana in cui si svolgeva l’attività con i cani. La relazione con il cane, che non ha mai giudicato né preso in considerazione l’atteggiamento prevalente della signora ma si è concentrato sulla relazione nel momento presente, ha permesso a Laura di sperimentarsi in maniera produttiva prima con i consulenti relazionali poi con i professionisti della struttura, fino ad arrivare a migliorare notevolmente la relazione con gli altri degenti. Ciò che ha permesso di raggiungere questo significativo obiettivo è stata la presenza del cane
durante i primi approcci con gli altri pazienti a cui Laura ha presentato l’animale dimostrando di essere anche altro rispetto a quello che prima della presenza del cane mostrava. Questo episodio dimostra come affidandosi alla saggezza dell’animale, appositamente preparato, si possano ottenere grandi risultati.
STEFANO CORTINOVIS Infermiere e Consulente Relazionale Consulenza Relazionale B.A.U.©
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news Sindrome di Angelman, nasce il primo registro italiano Un registro nazionale che raccolga i pazienti italiani affetti dalla Sindrome di Angelman. Il progetto nasce all’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo grazie alla collaborazione tra l’Associazione Angelman Onlus e la FROM - Fondazione di Ricerca dell’Ospedale di Bergamo. è la prima iniziativa strutturata per portare alla luce il numero e le storie dei pazienti colpiti da questa malattia neurologica rara di origine genetica, caratterizzata da un serio ritardo cognitivo, problemi motori e assenza di linguaggio verbale. Attualmente non esiste una fotografia completa e dettagliata su quanti siano questi malati in Italia e sulle loro condizioni cliniche (in Italia si stimano fra i 20 e i 40 nuovi casi l’anno). L’obbiettivo principale del Registro è accogliere informazioni su bambini e adulti affetti da questa sindrome, con criteri standardizzati e omogenei rispetto a quelli adottati anche a livello internazionale. Il registro permetterà inoltre di raggiungere altri importanti risultati: migliorare la comprensione della storia naturale e l’impatto della Sindrome di Angelman nel corso della vita, mettere a punto ulteriori studi e informare le famiglie dei malati sullo stato di avanzamento della ricerca con particolare riguardo alle nuove opzioni terapeutiche. Il registro sarà attivato a febbraio 2018 e potranno accedervi liberamente tutti i genitori/care givers di bambini o adulti con diagnosi, anche solo clinica, di Sindrome di Angelman residenti nel territorio italiano.
Crescere in salute: una guida on line a prova di “bufale” Si chiama #CrescereInSalute ed è la sezione del portale di Ats Bergamo www.ats-bg.it, curata da pediatri di famiglia e pediatri ospedalieri della rete pediatrica della provincia di Bergamo in coordinamento con Ats Bergamo, che nasce con l’obbiettivo di garantire il miglioramento della qualità assistenziale del bambino e dell’adolescente tramite un’informazione semplice, corretta ed efficace, rivolta tanto a loro quanto ai genitori, con la consapevolezza che nell’era del web e della rete, la correttezza informativa sia un passo importante per tutelare la salute. Accedendo alla pagina web “crescere in salute” si ha la possibilità di consultare numerosi documenti scientifici e approfondimenti sia in formato testuale che video, suddivisi in dieci aree tematiche che ripercorrono i principali settori d’interesse dall’adolescenza all’alimentazione, dalle allergie alle vaccinazioni, non dimenticando temi importanti come bambini e bambine del mondo, emergenza e urgenza, sicurezza, malattie, stili di vita corretti e la scuola. Tutto questo senza inciampare in fake news (notizie false) grazie a un’informazione sicura, corretta e certificata dalle più autorevoli società scientifiche pediatriche locali e nazionali.
8-9-10 dicembre tornano le stelle per la ricerca dell’AIL Ritorna, come da tradizione, l’appuntamento con le “Stelle di Natale AIL” dell’associazione “Paolo Belli lotta alla leucemia e altre patologie Onlus”. Nelle giornate del 8 - 9 - 10 dicembre in diversi punti della città e della provincia (piazze, centri commerciali, strutture sanitarie) sarà possibile acquistare una Stella di Natale e dare il proprio contributo per sostenere la ricerca scientifica sulle leucemie, i linfomi e i mielomi (patologie oncologiche del sangue). Un piccolo ma importantissimo gesto che contribuirà a sostenere
le iniziative dell’associazione che si concretizzano ormai da più di 25 anni in aiuto e ascolto delle famiglie colpite da malattie ematologiche mediante servizi di Patronato, di accoglienza e di accompagnamento; informazione e divulgazione di materiale informativo sulle malattie ematologiche e attraverso la pro-
mozione di conferenze e incontri utili tra cittadini e medici; sostegno alla ricerca scientifica e alla cura attraverso borse di studio per giovani medici per lo sviluppo della ricerca sulle malattie ematologiche; realizzazione di laboratori, camere sterili e strutture necessarie per prestare cure adeguate.
dal territorio
onlus
L’orizzonte di Lorenzo ONLUS Una mano tesa verso bambini, adolescenti e adulti cardiopatici congeniti ∞ a cura DI LELLA FONSECA
Tutto ha inizio da una frase detta da Lorenzo durante il suo ultimo ricovero nel dicembre del 2004, a 14 anni. “Come sarebbe bello se qualcuno potesse prendersi cura di me e dei bambini come me, in un modo diverso…”. Il professore della scuola in ospedale che lo ascolta comprende la stanchezza di Lorenzo e la lezione si trasforma in un dialogo spontaneo che regala a entrambi un momento di grande empatia. Un anno dopo, nel 2005, i genitori di Lorenzo insieme a un gruppo di
amici riuniti intorno a loro, danno vita a “L’orizzonte di Lorenzo ONLUS”. «In collaborazione con i medici del reparto di Cardiochirurgia e Cardiologia Pediatriatica dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, abbiamo fatto i primi passi per realizzare il nostro obbiettivo: contribuire a migliorare l’assistenza e la cura di bambini, adolescenti e adulti con cardiopatie congenite, con uno sguardo sempre attento alle famiglie. Dopo 12 anni l’Associazione ha raggiunto circa 150 soci, molti dei quali genitori di bambini
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affetti da cardiopatia congenita e da tante persone sensibili che hanno a cuore la nostra missione» racconta la presidente Alessandra Panarese. «I nostri 40 volontari dedicano ogni giorno il loro tempo e la loro passione a realizzare insieme a noi l’idea di Lorenzo. Crediamo nello spirito di solidarietà e di vicinanza all’altro, che ci porta a conoscere e comprendere i bisogni dei bambini e dei ragazzi affetti da cardiopatie congenite e delle loro famiglie, durante tutto il percorso di cura, dalla diagnosi al ritorno a casa».
L’Orizzonte di Lorenzo ONLUS Sede operativa presso ASST Papa Giovanni XXIII Piazza OMS, 1 - 24127 Bergamo - Tel 331-232.0630 info@lorizzontedilorenzo.com www.lorizzontedilorenzo.com Codice Fiscale 94040850151
L’Associazione propone una serie di servizi gratuiti, complementari rispetto al percorso di cura. Partendo dall’ascolto dei bisogni fornisce informazioni e organizza gruppi di auto-aiuto per i genitori e momenti di svago per le famiglie. «Quotidianamente gestiamo momenti di gioco strutturato, nella ludoteca donata al reparto e nelle camere, con i nostri volontari ed educatori professionali. Dal 2006 garantiamo il supporto psicologico ai giovani pazienti fino all’età adulta e alle loro fa-
miglie, tramite la presenza dello psicologo nell’équipe multidisciplinare, durante tutto il percorso di cura, grazie al finanziamento e alla collaborazione progettuale con l’Unità di Psicologia Clinica della ASST. Dal 2012 sosteniamo il progetto “Giocamico”: attraverso un’attività ludica specifica condotta da una psicologa, il bambino viene infomato sul suo percorso di cura, favorendone la partecipazione. Doniamo giochi, libri e attrezzature elettromedicali. Organizziamo convegni per i geni-
DISFUNZIONI DEL PAVIMENTO PELVICO
Risolvi facilmente i disturbi che compromettono la qualità della tua vita.
tori su temi inerenti l’educazione sanitaria e la vita quotidiana, oltre a sostenere convegni scientifici per promuovere l’interscambio culturale tra operatori sanitari» conclude Alessandra. Lo sportello informativo dell’associazione è attivo presso il Reparto di Cardiologia e Cardiochirurgia Pediatrica dell’ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo. I volontari sono a disposizione dal lunaedì al venerdì dalle 15 alle 18, il martedì e giovedì fino alle 20.
Incontinenza urinaria
Disfunzioni sessuali
Vescica iperattiva
Dolore pelvico cronico
Cistite ricorrente
Vaginismo, Vulvodinia,
Prolasso genitale-rettale
Dispareunia
Incontinenza ai gas-fecale
Cicatrici
Stipsi, Ragadi, Emorroidi
Pubalgia-Coccicodinia
Prostatectomia
Enuresi notturne
Ricanalizzazione stomia
Dolore in gravidanza
PER UNA VISITA DI VALUTAZIONE
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dal territorio
FARMACIE
Dormire bene per vivere bene I rimedi per conciliare un sonno davvero ristoratore
∞ a cura DI GIULIA SAMMARCO
Il sonno è un’attività che è stata molto studiata, eppure non conosciamo ancora perfettamente tutte le funzioni che svolge. Quello che è certo è che tutti i mammiferi dormono e che il sonno è fondamentale, sia sotto l’aspetto qualitativo sia quantitativo, per l’equilibrio e il benessere. Capita però che, per diversi motivi, non si riesca a dormire bene o a sufficienza. Può trattarsi di un disturbo occasionale. Spesso però il problema del sonno insufficiente o disturbato si prolunga per giorni o settimane e, se sottovalutato, può diventare una condizione semipermanente, complici abitudini di vita, stress, preoccupazioni, motivi di lavoro o malattie. Cosa fare allora? Ne parliamo con il dottor Maurizio Pagnoncelli Folcieri, farmacista. Dottor Pagnoncelli, ma di quante ore di sonno abbiamo bisogno? Il neonato dorme fino a 20 ore al giorno, ma col progredire dell’età il bisogno di dormire progressivamente diminuisce, attestandosi sulle sette/otto ore al giorno per l’adulto e scendendo a cinque/sei per gli anziani. Questi valori sono ovviamente indicativi: ognuno ha abitudini e necessità diverse e personali, che possono inoltre cambiare in relazione a molteplici fattori.
In Italia soffrono di disturbi del sonno, stabilmente o occasionalmente, circa la metà della popolazione e circa due terzi delle persone anziane”
Come possiamo migliorarne la qualità? Esistono abitudini e comportamenti che possono influenzare positivamente qualità e quantità del nostro sonno: > assumere una cena leggera e pochi alcolici; > evitare bevande eccitanti come tè o caffè; > evitare il fumo; > evitare attività fisiche impegnative prima del sonno; > evitare attività particolarmente impegnative sul piano mentale o emotivo; > non dormire davanti alla televisione o prima di andare a letto; > fare in modo che silenzio, buio, temperatura e grado di umidità della camera da letto garantiscano le condizioni ambientali più favorevoli; > cercare di coricarvi, e di svegliarvi, sempre nella medesima fascia ora-
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ria, costruendo e rafforzando così il proprio ritmo veglia-sonno; > evitare di restare a letto se non si riesce ad addormentarsi (o a riprender sonno) e dedicarsi a qualche attività rilassante. Se tutto questo non basta, i farmaci possono aiutare? Oggi esistono diversi farmaci efficaci per indurre il sonno. Tutte le molecole della famiglia delle Benzodiazepine garantiscono, oltre a un’attività ansiolitica e miorilassante, una più o meno marcata (e più o meno prolungata) capacità di indurre e mantenere un sonno di qualità e con caratteristiche simili a quello fisiologico. Tuttavia l’uso delle Benzodiazepine presenta rischi e controindicazioni che ne sconsigliano l’uso, se non occasionale e per brevi periodi: danno assuefazione; creano, più o meno rapidamente, dipendenza; inducono tolleranza (per ottenere nel tempo lo stesso effetto è necessario gradatamente aumentare la dose). Per questo vanno assunte solo per decisione condivisa col proprio medico, seguendone le indicazioni sulla scelta della molecola, dosaggio, durata della terapia. Esistono rimedi naturali davvero efficaci?
Una volta messi in atto gli accorgimenti già elencati, che costituiscono la prevenzione primaria dei disturbi del sonno, possiamo ricorrere con buone possibilità di successo ad alcune ben conosciute specie vegetali, i cui principi attivi si sono dimostrati efficaci nel favorire il sonno e migliorarne la qualità (il farmacista può aiutare nella scelta del prodotto fitoterapico più adatto e ben tollerato a seconda delle persona). > Passiflora (Passiflora incarnata L.) Da sempre è utilizzata per le sue proprietà ansiolitiche e sedative e per l’effetto spasmolitico sul tratto gastrointestinale. I suoi principi attivi (flavonoidi glicosidici) hanno dimostrato capacità di agire sugli stessi recettori cui si legano le Benzodiazepine. Non sono note
DOTT. MAURIZIO PAGNONCELLI FOLCIERI Farmacista Presidente dell’Ordine dei Farmacisti di Bergamo
né controindicazioni né effetti indesiderati e risulta quindi adatta anche per i bambini. Può causare sonnolenza se assunta durante il giorno e non è stata documentata la sua tollerabilità in gravidanza e allattamento. > Valeriana (Valeriana officinalis L.) L’ attività ipnotica, ansiolitica e miorilassante è dovuta a un fitocomplesso i cui componenti principali sono gli Acidi Valerenici e i Valepotriati. Alcuni studi clinici hanno dimostrato la loro capacità di ridurre il tempo di addormentamento e migliorare la qualità del sonno, senza interferenze con l’attività onirica, alterazioni elettroencefalografiche e influenza su lucidità e riflessi al risveglio. Priva di effetti collaterali e controindicazioni, non è però stata sottoposta a studi clinici che ne dimostrino l’utilizzabilità in gravidanza e allattamento. > Escolzia (Escholtzia Californica C.) Papaveracea, svolge attività antispastica sulla muscolatura liscia addominale, sugli stati d’ansia e le loro somatizzazioni e sull’insonnia. Si tratta di un vegetale dall’azione più complessa e meno documentata rispetto a Passiflora e Valeriana, alle quali peraltro viene spesso utilmente associata. > Melissa (Melissa officinalis) L’azione è dovuta a un fitocomplesso ricco di flavonoidi. Numerosi studi ne hanno dimostrato l’effetto antispastico e l’attività
Un toccasana per corpo e mente Il sonno consente al fisico di riposare nel senso più pieno del termine: movimento e temperatura corporei, tono muscolare, pressione del sangue, frequenza cardiaca, si riducono durante il sonno. Cambia anche l’attività cerebrale: diminuisce vistosamente durante la fase iniziale, il sonno non REM, più profondo, insieme a tutti i parametri prima nominati; riprende poi una vivace attività mentale nelle fasi REM, che si susseguono alternandosi alle altre. Si tratta di fasi caratterizzate da rapidi movimenti degli occhi (Rapid Eyes Movements), durante le quali si sogna, si rielaborano le esperienze vissute, si consolidano i ricordi e si riorganizzano le informazioni acquisite durante il giorno.
sedativa e ipnoinducente soprattutto in associazione con Camomilla e Valeriana, sia nel bambino sia nell’adulto. Pur non essendo stata studiata nei suoi effetti in gravidanza e allattamento, è riconosciuta l’assenza di effetti collaterali e controindicazioni.
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dal territorio
Il lato Umano della medicina
Il medico di Città Alta Ricordo del dottor Piersandro Gualteroni
∞ a cura DI lella fonseca
Si è spento la scorsa Primavera all’età di 92 anni nella sua casa di Bergamo Alta, circondato dall’affetto della famiglia. Molti bergamaschi hanno conosciuto e apprezzato il dottor Piersandro Gualteroni come medico di famiglia di grande umanità, medico condotto, com’era definito il suo ruolo quando cominciò la professione, che ha sempre esercitato come una missione, non come un lavoro. Abbiamo incontrato i figli del dottore, Marinella, Umberto e Daniela, che hanno accettato il nostro invito a raccontare la figura del padre, con la semplicità che l’ha sempre contraddistinto e che ha insegnato anche a loro.
LA VALIGETTA SEMPRE PRONTA Per il dottor Gualteroni non ci sono mai stati orari, il telefono suonava anche di notte o la domenica e lui non esitava a prendere la valigetta
e correre dove lo chiamavano. «Soprattutto nei primi anni della sua carriera la specializzazione in medicina non era quella attuale, non esisteva la guardia medica e per il medico condotto era normale affrontare situazioni di ogni tipo, da un parto inatteso a medicazioni d’emergenza. A volte le chiamate arrivavano anche dalle carceri, di cui è stato il medico incaricato per parecchi anni, dove ad esempio succedeva che un detenuto ingoiasse una forchetta o si provocasse delle ferite» ricorda il figlio. «Nonostante l’impegno della professione però è stato sempre un padre presente. Passava molto tempo in studio o in giro per le visite, ma nei momenti cruciali c’era, vicino ai figli e ai nipoti».
Gualteroni era sapere ascoltare senza giudicare. Prima di entrare negli aspetti strettamente sanitari conversava sempre con i pazienti e cercava di capire a fondo quale problema potesse avere la persona che gli stava davanti, dava importanza al dolore dell’anima quanto a quello del corpo. Questo creava un profondo rapporto umano con i suoi assistiti. «Al suo funerale in Duomo in Città Alta c’era moltissima gente, tutti noi ci siamo stupiti del numero di persone intervenute e del fatto che ne conoscevamo pochissime. Anche se da anni ormai era in pensione sono stati veramente tanti i pazienti che sono venuti a dargli l’ultimo saluto» ricordano i figli.
L’ATTENZIONE PER I DETENUTI MEDICO DEL CORPO E DELL’ANIMA Al di là della competenza professionale, una rara dote del dottor
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L’attività di medico carcerario, parallela a quella di medico di famiglia, è iniziata a Sant’Agata in Città Alta ed è proseguita quando la casa
circondariale è stata spostata in via Gleno. Il dottor Gualteroni rifiutava la scorta, entrava sempre solo nelle celle: a quell’epoca non c’era un’equipe sanitaria e operava quindi senza collaboratori. Nel 1979 il suo studio fu attaccato da un commando di tre terroristi. Il bersaglio era il medico, ma un carabiniere in divisa, che era presente in sala d’aspetto con il figlio, per fermarli fu colpito a morte. Correvano gli “anni di piombo”, due mesi dopo fu lanciato un pacco bomba all’ingresso dell’abitazione del direttore della casa circondariale Rocco Trimboli. I terroristi avevano scelto il dottor Gualteroni per quello che rappresentava istituzionalmente, non per motivi personali, ma questo fatto tragico lo segnò profondamente. Dopo l’attacco molti detenuti vollero testimoniare al medico la loro solidarietà, era molto ben-
voluto nell’ambiente carcerario. La sua profonda fede cristiana gli faceva credere nella possibilità di redenzione per qualunque essere umano. «Succedeva che, una volta scontata la pena, i detenuti venissero a cercarlo in studio o a casa per chiedere aiuto o consiglio» testimoniano i figli.
to in questo difficile contesto la sua esperienza professionale e umana, maturata in una vita intera dedicata a prendersi cura dei pazienti, sono state preziose.
LA PENSIONE E IL VOLONTARIATO Quando giunse l’età della pensione Piersandro Gualteroni era ancora molto attivo e cominciò a dedicarsi al volontariato presso la casa Raphael di Torre Boldone: una casa alloggio ad alta integrazione sanitaria, nata dalla collaborazione tra l’Associazione Comunità Emmaus e la Diocesi di Bergamo per l’assistenza a persone affette da AIDS, anche in condizioni di parziale o totale non autosufficienza. Soprattut-
In questa rubrica gli operatori sanitari (medici, infermieri etc.) si raccontano, facendo conoscere oltre al loro lato professionale la loro attività di artisti, volontari, atleti... Vuoi raccontare la tua storia su Bergamo Salute?
Scrivici su facebook o redazione@bgsalute.it!
A.R.M.R Associazione Ricerca Malattie Rare
INSIEME CONTRO LE MALATTIE RARE Le Malattie Rare sono un ampio gruppo di patologie (circa 6.000 secondo l’OMS), accomunate dalla bassa prevalenza nella popolazione (inferiore a cinque persone per 1.000 abitanti secondo i criteri adottati dall’Unione Europea). Con base genetica per l’80-90%, possono interessare tutti gli organi e apparati dell’organismo umano.
Incontri con i soci e gli amici di a.R.M.R / / /
SABATO 2 DICEMBRE Cerimonia di Consegna Borse di studio 2018 Sala Mosaico della Camera Commercio - inizio ore 10 DOMENICA 17 DICEMBRE Concerto Gospel al Teatro di Colognola - inizio ore 18 GENNAIO 2018 Cena con i volontari della Fondazione A.R.M.R. presso la Trattoria da Giuliana di Via Broseta - data da definire Consiglio Direttivo della Fondazione A.R.M.R
DERMATOMIOSITE Codice di Esenzione. RM0010 Categoria. Malattie del sistema osteomuscolare e del tessuto connettivo. Definizione. Malattia infiammatoria che colpisce specificamente cute e muscoli; si manifesta con eritema persistente e deficit muscolare. Può insorgere acutamente, in giorni o settimane, o insidiosamente, in più di sei mesi. Epidemiologia. L’incidenza è di cinque casi per milione di abitanti, con prevalenza del sesso femminile (2:1); predilige la quinta e la sesta decade di vita. Segni e sintomi. Eritema cutaneo rosa-lillaceo, talvolta desquamante e solcato da fini teleangectasie, che interessa principalmente volto, soprattutto palpebre, dorso delle mani e il perionichio (zona intorno all’unghia); possono essere colpiti anche gli arti e il cuoio capelluto, dove provoca alopecia diradante. L’eritema si accompagna all’edema. Tipiche sono le papule di Gottron sul dorso delle mani. Nelle forme croniche è possibile l’ipercheratosi, soprattutto a orecchie e dorso delle mani. Le manifestazioni muscolari sono dominate dalla debolezza; nella fase acuta possono comparire dolore e astenia. Eziologia. Probabilmente sono implicati fattori infettivi, predisposizione genetica e, a volte, presenza di neoplasie. Diagnosi. Contribuiscono sia criteri clinici sia di laboratorio: tra questi il dosaggio della creatinchinasi, l’elettromiografia, la biopsia muscolare. Utili possono risultare la capillaroscopia e il dosaggio di anticorpi circolanti, considerati marker sierologici specifici (anti-Mi-2 e gli anti-Jo-1). Fondamentale è uno screening per la ricerca di neoplasie associate.
Tel. +39 035 671906 fax +39 035 672699 presidenza@armr.it WWW.ARMR.IT
Terapia. Corticosteroidi, inizialmente con dosaggio maggiore, poi di mantenimento per evitare recidive. Nei casi che non rispondono a questa terapia possono essere utilizzati agenti immunosoppressori quali il methotrexate o l’azatioprina o talora la plasmaferesi (separazione del plasma sanguigno dagli elementi corpuscolati del sangue ottenuta mediante centrifugazione). Dottor Angelo Serraglio Vice Presidente ARMR Novembre/Dicembre 2017 | Bergamo Salute | 63
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testimonianza
Pesavo 134 chili Ora grazie alla chirurgia sono rinato ∞ a cura DI LELLA FONSECA
«Il peso è sempre stato il mio problema, fin da bambino. Non riuscivo a controllare il desiderio di mangiare in nessun modo. A 22 anni sono arrivato a pesare 130 chili». Chi racconta è il dottor Giuseppe Santagati, 44 anni, chirurgo generale dell’Ospedale Bolognini di Seriate. In lotta con il peso per tutta la vita, oggi, a 90 chili, si sente rinato e vuole condividere il suo percorso per uscire dall’obesità verso una “vita nuova” su tutti i fronti: nel lavoro, nella vita familiare e di coppia, nel rapporto con amici e conoscenti e con se stesso. «Nel 1996 a 22 anni, visto che in nessun modo riuscivo a controllare il peso, sono stato giudicato idoneo a un intervento di chirurgia bariatrica (ndr cioè chirurgia dell’obesità), un bendaggio gastrico. L’operazione è andata bene e nei mesi successivi ho raggiunto gli 80 chili. Un bel traguardo. Purtroppo però non è stato duraturo. Negli anni seguenti il peso ha rico-
minciato a oscillare. Avevo imparato a “ingannare” il mio stomaco, cominciando a bere molto mentre mangiavo in modo da riuscire a facilitarne lo svuotamento e a ingerire comunque ingenti quantità di cibo. Inoltre gradualmente il bendaggio, come può succedere, si è dislocato». Complice un dispiacere che lo induce a consolare il dolore con il cibo, il dottor Santagati nel 2017, a 43 anni, tocca nuovamente i 134 chili. Non si tratta solo di un problema estetico. Ma di salute. L’obesità si accompagna infatti a ipertensione, tachicardia, tassi glicemici alterati che preannunciano il diabete; le giunture degli arti inferiori si logorano e la previsione è che prima dei 50 anni dovrà operare le anche e le ginocchia. Provvidenzialmente, in occasione di un congresso di chirurgia, fa la conoscenza di un collega più anziano, specializzato in chirurgia bariatrica, che guadagna la sua piena fiducia e diventa
QUANDO È INDICATA LA CHIRURGIA Secondo le Linee Guida internazionali la chirurgia bariatrica può essere presa in considerazione solo dopo il fallimento di programmi integrati di trattamenti non chirurgici (dieta, esercizio fisico, terapie comportamentali). I candidati potenziali sono pazienti con un BMI (valore che si ottiene dividendo il peso, in chilogrammi, per il quadrato dell’altezza, in metri) superiore a 40; altre possibili indicazioni sono i pazienti con un BMI tra 35 e 40 che hanno comorbidità (cioè patologie associate) ad alto rischio o problemi fisici che interferiscono con una normale qualità della vita e trarrebbero giovamento dall’intervento.
Le principali tipologie di intervento ➊
Interventi restrittivi Riducendo lo stomaco, permettono di ottenere sazietà con una quantità di cibo inferiore. Vediamo i più diffusi. / Bendaggio gastrico Viene “strozzata” la parte superiore dello stomaco con un anello di silicone. Lo “strozzamento”, che può essere regolato dal medico attraverso una piccola valvola posizionata sottopelle, fa sì che il cibo passi più lentamente. / Sleeve Gastrectomy Viene asportata gran parte dello stomaco attraverso una sezione verticale. La capacità dello stomaco risulta irreversibilmente ridotta. ➋ Interventi malassorbitivi Riducono l’assorbimento da parte dell’intestino di grassi e amidi. / Diversione biliopancreatica Consiste nell’asportazione di una parte dello stomaco e nella creazione di un doppio condotto intestinale per ritardare l’incontro tra il cibo ingerito e i succhi digestivi biliopancreatici. ➌ Interventi “misti” Agiscono con un’azione di restringimento dello stomaco e un’azione metabolica. / Bypass gastrico Attraverso la sezione dello stomaco, viene creata una tasca gastrica collegata direttamente all’intestino. In questo modo gran parte dello stomaco e del duodeno rimane escluso dal passaggio di cibo. Si perde peso per il minor appetito e per una maggiore sazietà.
professionalmente il suo mentore, il prof. Giusto Pignata, primario dell’Ospedale San Camillo di Trento. «Non è stato facile decidere di affrontare un secondo intervento, ma l’appoggio della mia famiglia, degli amici e lo speciale rapporto con il prof. Pignata mi hanno convinto. Così a marzo 2017, a Trento, ho affrontato in laparoscopia la rimozione del vecchio bendaggio e il confezionamento di un by pass gastrico che ha ridotto dell’80% la capacità dello stomaco e l’esclusione di tre metri d’intestino tenue» ricorda Giuseppe Santagati. L’operazione laparoscopica viene eseguita in fast track e dopo soli tre giorni il chirurgo viene dimesso. Nei mesi successivi il peso scende e così può anche riprendere una moderata attività fisica che lo aiuta a fare ulteriori progressi. «Chi non prova sulla sua pelle a essere obeso non riesce a capire quanto sia difficile fare movimento e con-
trollarsi nell’alimentazione in quelle condizioni. Certo la necessità di affrontare la chirurgia bariatrica deve essere attentamente valutata in base all’indice di massa corporea, alle altre patologie presenti e dopo
avere tentato tutte le altre strade per perdere peso. Quando si rende necessaria però è una grande opportunità, è veramente come uscire da un tunnel e riprendere in mano la propria vita».
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Nasce a Bergamo il primo network italiano di ospedali veterinari e centri di servizi all inclusive per animali domestici Nasce a Bergamo il primo network italiano di ospedali veterinari e centri di servizi all inclusive per animali domestici Servizi veterinari di salute, prevenzione e benessere di alta qualità al giusto prezzo. È questa la sfida di HappyFriends®, da poco inaugurato a Bergamo, dove tra città e provincia si stimano circa 500.000 tra cani e gatti. «HappyFriends® è il nuovo e primo network italiano di centri veterinari nato per fornire servizi a 360 gradi per la cura e il benessere degli animali domestici: servizi ambulatoriali, pronto soccorso e ospedale veterinario 24 ore al giorno, piani di salute e prevenzione, parafarmacia veterinaria e vendita di prodotti di salute, servizi di toelettatura, corsi di comportamento, puppy class, corsi d’addestramento sportivo e tanto altro ancora» spiega Paolo Miglietta, socio di 7STAR Srl., società che ha portato il progetto HappyFriends® in Italia. Un punto di riferimento, quindi, dove trovare tutto quello di cui si può avere bisogno per rendere la vita dei nostri amici a quattro zampe (o più o meno, visto che i veterinari della struttura sono esperti in diverse branche e ambiti e quindi in grado di prendersi cura di tutti i tipi di animali) più bella, sana e felice. «Il nostro modello si può riassumere in alcuni punti chiave» continua Miglietta. «Innanzitutto la
copertura delle cure veterinarie: è possibile curare la quasi totalità delle possibili patologie veterinarie degli animali domestici. Grande attenzione, poi, è stata dedicata alla qualità delle prestazioni, attraverso una scelta meticolosa dei professionisti e di attrezzature mediche e diagnostiche tecnologicamente avanzate. A questo si aggiungono altri aspetti importanti: i prezzi
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competitivi, resi possibili dall’elevato volume di acquisti, agevolazioni su pagamenti con finanziamenti e rateizzazioni e la possibilità di sottoscrivere una tessera fedeltà che permette di usufruire di sconti. Infine, ma non per importanza, il paziente è seguito sin dalla prima visita da un veterinario che diventa il riferimento per ogni esigenza; le cliniche sono aperte 24 ore su 24,
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∞ a cura DI FRANCESCA DOGI
sette giorni su sette; sono disponibili piani di salute e prevenzione, pensati per le diverse fasce d’età e le specifiche esigenze di ciascuna, per anticipare i possibili problemi e garantire agli animali domestici
una vita sana in ogni fase della loro vita». Il primo centro è stato aperto il 28 ottobre 2017 sulla Strada Provinciale Briantea a Bergamo, ma sono già in programma diverse aperture per arrivare a un
totale di 30 strutture nel nord Italia entro il 2020, di cui sei in Lombardia entro il 2018. HappyFriends® si trova in Via Antonio Meucci, 2 a Curno, Tel. 035 015 9227. www.happy-friends.it
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CASAMIA VERDELLO Residenza Sanitaria Assistenziale
Efficienza, funzionalità e contatto con il territorio
∞ a cura DI FRANCESCA DOGI
Efficienza, funzionalità e contatto con il territorio sono tre punti cardine nel ventaglio di proposte delle Residenze per anziani del Gruppo Orpea, realtà francese leader nel settore, con oltre 25 anni di successi alle spalle e oggi punto di riferimento per chiunque abbia l’esigenza di rivolgersi al mondo dei servizi alla persona, con particolare riferimento alle cure sanitarie. In questo contesto si inserisce Casamia Verdello, nuova e moderna RSA, prima struttura del Gruppo in Lombardia, che a breve compirà tre anni ed è già fiore all’occhiello di un innovativo concept nel panorama delle case di riposo, avendo in pochi mesi realizzato il riempimento completo della struttura con i suoi 100 posti letto disponibili, 70 dei quali in camera singola, soluzione che permette di tutelare al meglio
il rispetto della riservatezza e della privacy di ogni ospite. «La Residenza, la cui struttura portante è stata realizzata in legno, utilizzando le più moderne tecniche di progettazione al fine di ridurre al minimo l’impatto ambientale, è stata pensata per persone con
A Casamia Verdello sono disponibili soggiorni sia a lungo termine sia per brevi periodi di sollievo, per offrire un momento di pausa dalle difficoltà quotidiane e un’ottima occasione di rinnovamento fisico e psichico”
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diversi gradi di autosufficienza e offre servizi di assistenza specializzata in un contesto di alta qualità ed elevato confort alberghiero» dice il direttore Egidio Passera. «Gli ospiti possono infatti scegliere soluzioni in camera doppia o singola, ciascuna delle quali dotata di ricircolo d’aria e impianto di climatizzazione, letti medicalizzati, dispositivo di chiamata, bagno privato, oltre che telefono privato e televisione a schermo piatto in base all’opzione richiesta». Una curiosità: l’edificio, di oltre 6.500 metri quadrati disposti su tre livelli, è suddiviso in cinque “nuclei” identificati con i nomi delle valli del territorio: Valle Imagna, Val Brembana, Val Cavallina, Val Seriana e Val Camonica. A ogni piano sono inoltre presenti tutti i servizi necessari al buon funzionamento del nucleo stesso, quali bagno assistito, office, infermeria e palestra
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per la fisioterapia; il piano terra apre su spazi verdi condivisi, opportunamente attrezzati per gli ospiti, con percorso scoperto e pavimentato per godere di momenti all’aria aperta in compagnia dei propri cari e/o per approfittare del bel tempo per praticare la fisioterapia non solo in palestra ma anche all’esterno. Al piano terra è possibile trovare il salone polivalente, area nella quale vengono organizzati gli eventi e le feste musicali di compleanno, un salottino parrucchiera e l’avanguardistica sala Snoezelen, spazio multisensoriale basato su uno studio di origine olandese, utilizzata per favorire il rilassamento e la gestione dei disturbi di tipo comportamentale. «Sempre considerando le peculiarità di un servizio appositamente pensato per persone della terza età, Casamia Verdello pone massima attenzione anche alla ristorazione, realizzata in loco, affinché i pasti vengano vissuti come importanti momenti di piacevole convivialità. Lo chef qualificato e il suo staff, in coordinamento con la direzione medica della struttura, propongono ogni settimana una cucina preparata con prodotti freschi di stagione con possibilità di diete personalizzate e di pasti a struttura modificata» continua Passera. La Residenza garantisce la sicurezza di un’assistenza fornita da personale competente e qualificato presente 7 giorni su 7 e 24 ore su 24; l’équipe multidisciplinare segue protocolli e procedure rigorose per assicurare ai residenti un sostegno adatto alle esigenze, nel rispetto dei ritmi di vita e dell’individualità di ognuno. Il Direttore Sanitario, coadiuvato da altri tre colleghi, guida e consiglia l’équipe, intrattiene rapporti con le famiglie e coordina le diverse figure (fisioterapisti, infermieri, educatori) con l’obbiettivo di definire azioni che permettano agli ospiti di mantenere e rafforzare le proprie abilità.
In questo modo l’assistenza sanitaria si integra con la strutturazione di attività ricreative socio-culturali, laboratori terapeutici e gruppi di lettura, nonché spettacoli ed eventi musicali, tutti aspetti indispensabili per mantenere e potenziare il livello di autonomia di ciascun ospite stimolando lo “stare insieme”. «Casamia Verdello considera inoltre molto importante il contatto con il territorio: l’Associazione Peppino Brolis, gli Alpini, i Bersaglieri, le scuole, la parrocchia e molti altri enti, come diversi cori e/o gruppi musicali, dedicano amorevolmente un po’ del loro tempo a favore degli ospiti che soggiornano presso la struttura» sottolinea il direttore.
«Annualmente le associazioni di volontari che collaborano con noi partecipano a incontri formativi al fine di garantire ogni giorno benessere e allegria alle persone residenti. Infine è un luogo aperto, volto a favorire gli scambi fra le persone e le generazioni come fonte di crescita reciproca: per questo sono periodicamente in programma eventi a porte aperte, giornate a tema, spettacoli rivolti a qualsiasi età e convegni specialistici su tematiche di interesse generale». Per chiunque fosse interessato, al numero 035.87.19.59 la Reception di struttura e il personale saranno lieti di potervi dare tutte le informazioni che desiderate.
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guida alle professioni sanitarie
Ortottista Una figura chiave per la prevenzione e cura della salute visiva ∞ a cura DI MARIA CASTELLANO
Lavora in stretta collaborazione con il medico oculista in molti ambiti: preventivo, riabilitativo e diagnostico. Svolge un ruolo importante nella prevenzione dei disturbi visivi nei bambini in età scolare e prescolare, come “occhio pigro” e strabismo e nella riabilitazione di problemi di ipovisione (deficit più o meno gravi della vista) a tutte le età. Parliamo dell’ortottista, professione sanitaria sempre più diffusa. Conosciamola meglio con l’aiuto di Chiara Biccari, dottoressa in Ortottica e Assistenza Oftalmologica. Come si diventa ortottista oggi? La figura di ortottista e assistente in oftalmologia oggi è un laureato delle professioni sanitarie della riabilitazione. Il percorso di studi prevede la laurea triennale in Ortottica e Assistenza Oftalmologica cui possono seguire lauree magistrali specialistiche, master universitari e dottorati di ricerca. L’ingresso alla facoltà è a numero chiuso (12 posti a Milano per l’anno accademico 2017/18) e prevede il superamento del test di ammissione. Inoltre la frequenza alle lezioni è obbligatoria così come il tirocinio di 600 ore annue. Dove è possibile frequentare il corso di studi vicino a Bergamo? L’università più vicina a Bergamo è la facoltà di Medicina dell’Università degli Studi di Milano. Il percorso di studi prevede un tiro-
cinio obbligatorio per tutti gli anni di laurea che si svolge in diverse sedi ospedaliere milanesi quali l’Ospedale Maggiore di Milano Ca’ Granda (Policlinico), l’Ospedale San Giuseppe, l’Ospedale L. Sacco e l’Ospedale San Paolo. Da quando il percorso è questo? Che cosa era richiesto in precedenza? Nel 1955 nasce in Italia la prima scuola di formazione dell’ortottista ed è di tipo universitario. Oggi la sua attività è regolamentata dal DL 14 settembre 1994, n. 743 che individua nella figura profes-
Dal greco orthos (dritto e regolare) e optiké (visione), l’ortottica è una branca dell’oculistica che mira a rieducare la visione binoculare attraverso la correzione di deficit funzionali mediante specifici esercizi e anche con l’ausilio di lenti” sionale dell’Ortottista-Assistente in Oftalmologia l’operatore sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante e su prescrizione del medico, tratta i disturbi motori e sensoriali della visione ed effettua le tecniche di semeiologia strumentale-oftalmologica.
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In quali contesti opera? L’ortottista-assistente in oftalmologia svolge la sua attività professionale in strutture sanitarie, pubbliche o private, in regime di dipendenza o in libera professione. Spesso questa figura affianca il medico oculista nella sua attività ambulatoriale e di sala operatoria assistendolo nello svolgimento delle visite e occupandosi della diagnostica strumentale. Altresì può operare indipendentemente in uno studio ortottico. Quali sono le sue mansioni? La pratica ortottica è varia e prevede la valutazione, la prevenzione e la riabilitazione delle abilità sensoriali visive e neuro-motorie. In età pediatrica si occupa dello studio dell’acuità visiva e del suo mantenimento a livelli ottimali intervenendo nei casi di ambliopia (il famoso “occhio pigro”) e nell’alterazione della visione binoculare come avviene nello strabismo. In età adulta
gestisce la diplopia (visione doppia) e i deficit di convergenza. Inoltre è compitodell’ortottistal’esecuzione di esami strumentali oftalmologici diagnostici, riabilitativi e per finalità medico-legali (tra cui campo visivo, biometria, topografia corneale, tomografia a coerenza ottica OCT, esami elettrofunzionali, test di sensibilità al contrasto etc.). Si occupa anche della valutazione, prevenzione e riabilitazione delle disabilità visive come l’ipovisione a tutte le età; delle attività di screening preventivi presso scuole, istituzioni ed eventi; della consulenza nella medicina del lavoro per aziende, associazioni, società sportive; della strumentazione nelle sale operatorie oftalmologiche; delle attività di ricerca e di collaborazione nella conduzione di studi clinici.
Realtà salute
Pianeta Sorriso Competenza, tecnologia e accoglienza… a misura di ogni paziente ∞ a cura DI FRANCESCA DOGI
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Laser per la cura e la diagnosi odontoiatrica, nuovi sistemi radiologici a bassissimo dosaggio, modellamento 3D delle impronte, pulizia dei denti con Air brush, ozonoterapia, sedazione cosciente. Sono queste alcune delle moderne tecnologie che si possono trovare presso la clinica odontoiatrica Pianeta Sorriso di Bergamo. «L’odontoiatria ha fatto grandi passi avanti negli ultimi anni. Quello che caratterizza la nostra struttura è l’uso quotidiano e routinario delle tecnologie più avanzate. Non aspettiamo l’espressa richiesta del paziente o casi selezionati per impiegare questi strumenti» dice il dottor Maurizio Maggioni, odontoiatra fondatore di Pianeta Sorriso, tra i primi odontoiatri in Italia a utilizzare il laser e docente di Laserterapia in diverse università. «Tendo a utilizzare questo strumento non cruento in tutte le situazioni
in cui rappresenta un vantaggio: in particolare come trattamento dolce soprattutto per i bambini, in alternativa al trapano, che è sempre traumatico. Per la cura utilizziamo strumenti laser di ultima generazione a Herbio, a diodo e biostimolazione, mentre per la diagnosi impieghiamo Dignoscan: un recente sviluppo che associa una potente telecamera miniaturizzata a un laser e ci permette di esplorare su un monitor i denti del paziente in modo molto accurato, ottenendo una diagnosi precisa, senza fastidi e senza usare raggi-X. I laser da noi sono sempre pronti a lato della poltrona, così come le bocchette dei gas utilizzati per la sedazione cosciente, che non rappresenta l’ultima spiaggia per un paziente traumatizzato, ma una soluzione a portata di mano per tutti quelli che desiderano superare l’ansia o la fobia di essere dal dentista». Pianeta Sorriso schiera 11 profes-
sionisti selezionati nelle migliori cliniche e università, in continuo aggiornamento. Ognuno si occupa di una specifica branca dell’odontoiatria: ortodonzia invisibile e tradizionale, conservativa, igiene, implantologia, chirurgia orale, pedodonzia e da ultimo anche medicina estetica, come complemento ai trattamenti dentali per raggiungere il miglior risultato estetico. Un laboratorio odontotecnico adiacente alla clinica permette inoltre di realizzare velocemente e con la massima precisione singoli elementi e protesi, anche avvalendosi, per la costruzione dell’anima di questi manufatti, di New Ancorvis, azienda leader in Italia nell’impiego della tecnologia CAD-CAM e stampa 3D in base alle elaborazioni tridimensionali inviate telematicamente dagli studi odontoiatrici. «La nostra filosofia è associare il meglio nelle competenze e tecnologie odontoiatriche in un ambiente molto ospitale e rilassante per il paziente, soprattutto quando deve trattenersi per qualche ora in studio, mantenendo prezzi in linea con il mercato grazie alla gestione ottimizzata degli studi e dei materiali utilizzati» conclude il dottor Maggioni.
Clinica Dentale Pianeta Sorriso Via Zelasco, 1 - Bergamo Tel. 035 213009 info@mauriziomaggioni.it www.pianetasorriso.it
Novembre/Dicembre 2017 | Bergamo Salute | 73
Realtà salute
Studio di Psicologia DIALEGO è giusto portare i bambini dallo psicologo? ∞ a cura DI FRANCESCA DOGI
«Come possiamo aiutare i nostri bambini quando si trovano a vivere un momento di difficoltà o un disagio? Questa è la domanda con cui spesso i genitori arrivano nel nostro studio. La loro preoccupazione più grande è quella di scegliere cosa sia meglio per i propri figli. Pensare al benessere dei bambini (alimentazione, igiene, salute, istruzione etc.) è compito degli adulti. Proprio per questa ragione, riteniamo che lo psicologo debba lavorare con i genitori per aiutare i loro figli». A parlare sono le dottoresse Silvia Nessi e Marisa Pandolfi, psicologhe di DIALEGO
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Un approccio a misura dei più piccoli Le prime sedute sono dedicate alla fase di consulenza con l’obbiettivo di conoscere e comprendere il problema. Il primo colloquio si svolge con i genitori (insieme o, nei casi di separazione, in modo disgiunto). Successivamente, incontriamo la famiglia chiedendo a tutti i componenti di “mettersi in gioco”: > con i bambini dai 18 mesi ai 10-11 anni utilizziamo delle sedute di gioco condiviso per metterli a loro agio e consentire loro di esprimersi al meglio; > con i ragazzi più grandi usiamo le tecniche della narrazione.
Studio di Psicologia, centro specializzato di psicologia a indirizzo sistemico-relazionale che si occupa anche del supporto psicologico dei più piccoli. «Il mondo della psicologia offre diversi servizi e molti modi di lavorare con i bambini. Di solito, si tratta di percorsi individuali che chiudono fuori dalla porta i genitori. Dal nostro punto di vista, questo modo di lavorare non considera un principio fondamentale: l’universo emotivo di un bambino è rappresentato dalla sua famiglia. Come facciamo, dunque, a capire cosa gli sta succedendo senza di essa?» continuano le due esperte. Attualmente, fonti autorevoli affermano che la terapia della famiglia sia il modo migliore per affrontare i problemi che emergono in età evolutiva. «Come psicologhe sistemico-relazionali lavoriamo nel pieno rispetto dell’età e delle caratteristiche di chi abbiamo di fronte a noi. Riteniamo che i bambini, anche se piccoli, a modo loro siano capaci di raccontare il proprio mondo, il modo in cui lo vivono, le loro
emozioni. Per questo motivo è per noi importante incontrarli, in fase di consulenza, per capire quale messaggio stanno mandando con i loro comportamenti, ma non proseguiamo l’eventuale percorso con loro. Lo scopo della psicoterapia infatti è proprio quello di sollevarli da un peso emotivo e, per raggiungere questo obbiettivo, il primo passo è quello di fare in modo che siano gli adulti a occuparsi dei problemi e delle difficoltà che i loro figli vivono in un determinato momento. In sintesi, incontriamo i bambini perché sono i protagonisti del problema di cui sono portatori, ma li lasciamo fuori dalla terapia proprio perché sono bambini!».
DIALEGO Studio di Psicologia Via Gabriele Rosa 30 Bergamo Dott.ssa S. Nessi Tel. 3497893526 Dott.ssa M. Pandolfi Tel. 3455999552 info@studiodialego.com www.studiodialego.com
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Realtà salute
Teosyal pen: il futuro nel mondo dei filler Competenza e tecniche specialistiche all’avanguardia e tecnologie di altissimo livello per risultati “naturali” e soddisfacenti ∞ a cura DI FRANCESCA DOGI
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È uno dei trattamenti di medicina estetica più richiesto dalle italiane (ma anche dagli italiani). Per attenuare le rughe o aumentare il volume delle labbra. Attenzione però: per avere un risultato soddisfacente e, soprattutto, minimizzare i rischi derivanti da un filler fatto male è fondamentale affidarsi a medici preparati e sostanze sicure. «Quando si parla di medicina estetica la disinformazione regna sovrana e i pazienti non ricevono le giuste informazioni per sapere se si stanno recando presso un vero specialista del settore. Inoltre, quando un paziente si vuole sottoporre a un trattamento iniettivo, ad esempio con acido ialuronico (filler), si confronta sempre con il timore di sentire dolore e di avere tempi di recupero piuttosto lunghi con possibili ecchimosi (lividi)» sottolinea il dottor Fabio Toffanetti, specialista in Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica. Incertezza del risultato, qualità dei prodotti utilizzati e timore del dolore (oltre al dubbio di trovarsi davanti a un professionista realmente competente): sono
Dott. Fabio Toffanetti Via Borfuro 1 Bergamo Tel. 347 853 2296
fabio.toffanetti@yahoo.it www.fabiotoffanetti.it
queste le principali cause di preoccupazione da parte del paziente, in particolare quando si parla di iniezioni di acido ialuronico e di biorivitalizzanti. «Proprio per questo motivo mi affido solo all’utilizzo di filler (acido ialuronico) dinamici di ultima generazione della massima qualità utilizzando un innovativo strumento elettronico cordless creato proprio per favorirne l’applicazione. Si tratta della Teosyal Pen, un presidio tecnologico avanzato in grado di rendere questi tipi di trattamenti estetici più confortevoli con minimo rischio di ecchimosi e che offre a un medico specialista esperto la possibilità di esprimere al meglio la propria tecnica e manualità. L’utilizzo di questo presidio medico aiuta lo specialista, non solo riducendo il fastidio legato al trattamento, ma anche migliorando notevolmente la possibilità di distribuire l’acido ialuronico in maniera molto più omogenea e naturale. Ciò porta a un notevole beneficio in termini di comfort oltre che di naturalezza e ottimizzazione del risultato, specialmente in zone delicate come le labbra e il contorno occhi». Innovazione e tecnologia al servizio della naturalezza, quindi. «Continuamente le tecniche e i mate-
riali si evolvono e si perfezionano, garantendo al paziente risultati ottimali ma soprattutto naturali e non artificiosi: è infatti la naturalezza la componente fondamentale di un bel risultato estetico. A tal proposito fondamentale è affidarsi a un medico chirurgo specialista in Chirurgia Plastica Ricostruttiva
La medicina e chirurgia estetica rappresentano un ottimo strumento che consente di restituire benessere e equilibrio psico-fisico di fondamentale importanza per un completo stato di salute” ed Estetica. Purtroppo, in questo campo si improvvisano centinaia e centinaia di medici non specialisti che si professano esperti del settore, specialmente per quanto riguarda la medicina estetica» conclude il dottor Toffanetti.
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Trattamento della tosse secca e grassa Protegge la mucosa e idrata, favorendo l’eliminazione del muco
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Realtà salute
Medicalmono Prodotti medicali monouso di alta qualità a prezzi accessibili… ora anche per i privati
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∞ a cura DI FRANCESCA DOGI
Medicalmono s.r.l. Sede con spaccio ai privati Via XXV Aprile 22 Grassobio (Bg) Tel. 035 4653174 info@ medicalmono.it www.medicalmono.it
Acquistare da un unico fornitore buona parte dei prodotti medicali monouso. È questa una delle principali esigenze di case di cura, case di riposo, ambulatori medici, odontoiatrici e veterinari, ma anche di estetiste, tatuatori e altri operatori del settore. «Dopo anni di vendita diretta in ospedali e grandi case di cura ci siamo resi conto che il prodotto medicale monouso era sempre in crescita, anche in realtà di minore dimensione. Dalla collaborazione con le più grandi aziende italiane produttrici di medicazione, teleria in TNT, abbigliamento monouso e presidi medici, è quindi nato Medicalmono, un vero e proprio ingrosso del monouso» racconta il titolare Gianluca Crotta. «Tra i nostri punti di forza c’è il listino cartaceo dettagliato, integrato da una piattaforma di e-commerce che permette al cliente di visionare e ordinare la merce in qualsiasi momento. Grazie a un magazzino sempre fornito con oltre 2000 articoli, siamo in grado di evadere gli ordini in 24/48 ore». Medicalmono distribuisce articoli per la medicazione, presidi medici (dalle siringhe ai kit infusionali, cateteri, contenitori per analisi, medicazioni e garze sterili, bisturi etc.), teleria, abbigliamento monouso, prodotti per l’assistenza al paziente (per la degenza, l’igiene e l’incontinenza), materiale per gli studi odontoiatrici, strumenti chirurgici in acciaio monouso e riutilizzabili e materiale per la sterilizzazione. È possibile richiedere anche set speciali e kit monouso personalizzati. «Ormai anche il settore veterinario utilizza materiali si-
mili a quelli della medicina umana. Negli ultimi anni, grazie alla collaborazione con specialisti del settore e alla joint venture con Muller srl siamo diventati leader nei set monouso veterinari per piccoli e grandi animali. Un altro punto di forza è il nostro servizio dedicato alle aziende per ottemperare alle normative di legge riguardanti l’obbligo di acquisto e reintegro delle cassette di pronto soccorso. Infatti oltre a una vasta gamma di cassette di pronto soccorso e borsoni c’è la possibilità di acquistare ricambi completi, ma anche singoli» aggiunge. Un importante vantaggio per i professionisti è fare ordini senza quantitativi minimi e consegne programmate nel tempo. Spesso infatti gli studi medici o i poliambulatori non dispongono di spazio sufficiente per poter stoccare molte confezioni dei materiali di consumo. Una recente novità è l’estensione della vendita ai privati, senza partita Iva. «In una società in cui la vita si è allungata, molte famiglie accudiscono anziani che richiedono medicazioni o presidi per l’incontinenza. Le farmacie sono il naturale punto di acquisto di questi prodotti, ma l’assortimento è minore e i prezzi sono più elevati di quelli che può assicurare una realtà come la nostra, specializzata nel monouso per professionisti. L’acquisto di questi prodotti, utilizzati spesso per anni, è oneroso. Da Medicalmono gli aventi diritto possono sfruttare anche l’Iva al 4%. Per la medicazione i privati hanno anche il vantaggio di trovare da noi i prodotti professionali usati durante il ricovero» conclude Crotta.
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Realtà salute
Adiposità localizzate Come ridurle in una sola seduta ∞ a cura DI FRANCESCA DOGI
«Oggi è possibile eliminare le adiposità localizzate attraverso la Lipoemulsione Sottocutanea (LESC) un’efficacissima tecnica di liposcultura, che in una sola seduta e in modo non cruento consente di rimodellare il corpo riducendo il volume di antiestetici pannicoli adiposi, migliorando inoltre la tonicità dei tessuti». Chi parla è il dottor Giuseppe Carrara, specialista in Chirurgia d’urgenza, perfezionato in Chirurgia Estetica presso l’Università di Milano, fondatore dell’Ambulatorio Polispecialistico Carrara dove è possibile sottoporsi a trattamenti di medicina estetica innovativi, efficaci e “su misura”.
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Dottor Carrara, per quali zone in particolare è efficace? Questa metodica consente di intervenire ovunque vi sia tessuto adiposo in eccesso come addome, fianchi, glutei, interno ed esterno cosce, ginocchia, caviglie, braccia, mento… In cosa consiste? Eseguito in anestesia locale, si avvale di un innovativo apparecchio medicale che, per mezzo di una multifrequenza ultrasonica pulsata, “scioglie” il grasso disgregando e distruggendo le cellule adipose. Basta una sola seduta per ottenere risultati sovrapponibili a quelli di una liposuzione, ma in modo sicuramente meno traumatico. La LESC può essere utilizzata anche per la “correzione” di alterazioni
morfologiche che talvolta si possono verificare nella liposuzione tradizionale. Chi sono i candidati ideali? Il trattamento è rivolto in particolare alle persone con piccole e medie adiposità o agli sportivi che sempre più spesso sono attratti da tale metodica. Ci sono zone del corpo, infatti, in cui né dieta né palestra riescono a essere veramente incisive nel rimodellamento, anzi il dimagrimento eccessivo evidenzierà questi inestetismi. Queste zone variano a seconda che la distribuzione del grasso sia di tipo ginoide o androide: rispettivamente fianchi e cosce grosse con torace sottile oppure gambe sottili con adiposità dalla vita in su. La lipoemulsione sottocutanea è sicuramente un trattamento efficace richiesto da entrambi i sessi. Scegliendola si possono evitare eccessi nell’attività fisica o nella dieta, in grado talvolta di alterare gli equilibri omeostatici dell’organismo. Ma il risultato è duraturo? La metodica è duratura. Nell’adulto, infatti, la cellula adiposa una volta distrutta, non si riformerà. Ovviamente per un risultato che si mantenga soddisfacente nel tempo dovranno essere rispettate due elementari regole: alimentazione corretta e movimento. Ci sono rischi o controindicazioni? No. Nell’individuo sano la metodi-
ca è assolutamente sicura, ad oggi non sono stati resi noti episodi embolici. Quanto dura una seduta e dopo quanto si può tornare alle normali attività? È un trattamento che richiede da parte del paziente un impegno al massimo di mezza giornata e una volta terminato consente di tornare immediatamente alle normali attività quotidiane con l’unica accortezza di indossare un’apposita guaina compressiva.
Dott. Giuseppe Carrara Bergamo e Mapello (Bg) Tel. 035 4945539 www.dottorcarraragiuseppe.it
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Bergamo Salute anno 7 | n°41 Novembre | Dicembre 2017 Direttore Editoriale Elena Buonanno Direttore Responsabile Daniele Gerardi Redazione Rosa Lancia redazione@bgsalute.it Grafica e impaginazione Nello Ruggiero nello.ruggiero@marketingkmzero.it Fotografie e illustrazioni Shutterstock, Adriano Merigo, Maki Isayama, Pierluigi Benini (copertina) Stampa Elcograf S.p.A Via Mondadori, 15 - 37131 Verona (VR) Casa Editrice Marketing km Zero Srls Via Broseta, 121 – 24128 Bergamo Tel. 035.258559 – Fax 035.209040 info@bgsalute.it - www.bgsalute.it Hanno collaborato Maria Castellano, Viola Compostella, Lella Fonseca, Alice Rota, Giulia Sammarco
Iscr. Tribunale Bergamo N°26/2010 del 22/10/2010 Iscr. ROC N°21019 © 2017. Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione, anche se parziale, di qualsiasi testo o immagine. L’editore si dichiara disponibile per chi dovesse rivendicare eventuali diritti fotografici non dichiarati. I contenuti presenti su Bergamo Salute hanno scopo divulgativo e non possono in alcun modo sostituirsi a diagnosi mediche.
Comitato Scientifico • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • •
Dott. Diego Bonfanti - Oculista Dott.ssa Maria Viviana Bonfanti Medico Veterinario Dott. Rolando Brembilla - Ginecologo Dott.ssa Alba Maria Isabella Campione Medicina Legale e delle Assicurazioni Dott. Andrea Cazzaniga Idrologo Medico e Termale Dott. Marcello Cottini - Allergologo Pneumologo Dott. Giovanni Danesi - Otorinolaringoiatra Dott. Adolfo Di Nardo - Chirurgo generale Dott. Nicola Gaffuri - Gastroenterologo Dott.ssa Daniela Gianola - Endocrinologa Dott. Antoine Kheir - Cardiologo Dott.ssa Grazia Manfredi - Dermatologa Dott. Roberto Orlandi Ortopedico Medico dello sport Dott. Paolo Paganelli - Biologo nutrizionista Dott. Antonello Quadri - Oncologo Dott.ssa Veronica Salvi - Ostetrica Dott. Orazio Santonocito - Neurochirurgo Dott.ssa Mara Seiti - Psicologa - Psicoterapeuta Dott. Sergio Stabilini - Odontoiatra Dott. Giovanni Taveggia Medicina Fisica e Riabilitazione Dott. Massimo Tura - Urologo Dott. Paolo Valli - Fisioterapista
Comitato Etico • • • • • •
Dott. Maurizio Pagnoncelli Folcieri Presidente dell’Ordine dei Farmacisti di Bergamo Dott. Ezio Caccianiga - Presidente dell’Ordine dei Medici Veterinari di Bergamo Dott. Piero Attilio Bergamo - Oculista Dott. Luigi Daleffe - Odontoiatra Dott. Tiziano Gamba - Medico Chirurgo Beatrice Mazzoleni - Presidente IPASVI
I canali di distribuzione di Bergamo Salute • Abbonamento • Spedizione a diverse migliaia di realtà bergamasche, dove è possibile leggerla nelle sale d’attesa (medici e pediatri di base, ospedali e cliniche, studi medici e polispecialistici, odontoiatri, ortopedie e sanitarie, farmacie, ottici, centri di apparecchi acustici, centri estetici e benessere, palestre, parrucchieri etc.) • Distribuzione gratuita presso le strutture aderenti alla formula "Amici di Bergamo Salute".
Bergamo Salute è sempre con te: leggila integralmente dal tuo computer, tablet o smartphone www.bgsalute.it 82 | Bergamo Salute | Novembre/Dicembre 2017
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