Bergamo Salute - 2018 - 44 – maggio/giugno

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numero

44

Anno 8 Maggio | Giugno 2018

www.bgsalute.it Poste Italiane spa Sped. in Abb. Postale DL 353/2003 (Conv. in legge 27/02/2004 N.46) Art. 1 comma 1 LO/BG

100

NOV ITÀ

E PAG RUBNUOIVNE RIC E HE

12

Cardiologia Morte improvvisa nel giovane e nello sportivo: perchè succede?

26

Alimentazione Dieta chetogenica: funziona davvero?

30

Psicologia Basta dire “non ho tempo”

36

Dolce attesa Test prenatali: istruzioni per l’uso

Bergamo Salute è sempre con te: leggila integralmente dal tuo computer, tablet o smartphone www.bgsalute.it

20

Rosalba Piccinni

Fiori e canzoni aiutano a vivere meglio Maggio / Giugno 2018 | Bergamo Salute | 1


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Dir. San. Dott.sa S. M. Arici

Informazione sanitaria ai sensi della legge 248 (legge Bersani) del 04/08/2006.

Dir. San. Dott. M. Bazza.

Dir. San. Dott. T. Ballatore

Dir. San. Dott. L. Bergamelli


numero

44

Anno 8 Maggio | Giugno 2018

www.bgsalute.it

) Editoriale 7 Bergamo Salute compie 8 anni ) ATTUALITà 8 Italia come stai? ) Specialità A-Z 12 Cardiologia Morte improvvisa nel giovane e nello sportivo: perché succede? 16 Odontoiatria Danno odontoiatrico. Quando si può chiedere il risarcimento 18 Podologia Piede d’atleta, come riconoscerlo e curarlo ) PERSONAGGIO 20 Rosalba Piccinni Fiori e canzoni aiutano a vivere meglio ) IN SALUTE 22 Stili di vita Sindrome della casa malata. Così ti difendi 26 Alimentazione Dieta chetogenica. Scopriamo se funziona davvero 28 Latti vegetali, facciamo chiarezza ) IN ARMONIA 30 Psicologia Basta dire “non ho tempo”! 33 Coppia Impara a chiedere scusa... e nella vita sarai un vincente

) IN FAMIGLIA 36 Dolce attesa Test prenatali: istruzioni per l’uso 38 Bambini Ritardo nella crescita, quando preoccuparsi 40 Più creativi e più felici con la meditazione 42 Ragazzi Malattie sessualmente trasmissibili. Vietato sottovalutare ) in forma 44 Fitness Corsa in montagna 46 Bellezza Pelle più luminosa e protetta con il picotage ) Ats informa 48 Screening e prevenzione ) ricetta 56 Riso rosso alla crema di zafferano e asparagi Fagottini vegan con verdure e lenticchie Crostata di fragole vegan ) RUBRICHE 60 Altre terapie Taraxacum offcinale, il dente di leone dalle molte virtù 62 Guida esami Mineralogramma del capello 65 Animali Ipertensione felina. Cure su misura per tenerla sotto controllo

) DAL TERRITORIO 68 News 72 Onlus Associazione Ibis 75 Malattie rare Miopatia “desmin storage” 76 Il lato umano della medicina Il blues mi aiuta a curare i pazienti 78 Testimonianza Così ho sconfitto bulimia e anoressia 80 Festival dell’ambiente 2018 Immagine per immagine ) STRUTTURE 82 Habilita Ospedale Faccanoni Sarnico 84 Istituti Ospedalieri Bergamaschi ) PROFESSIONI SANITARIE 87 Dietista ) REALTà SALUTE 91 Tecno System 93 Privatassistenza 95 Medicalmono 97 Sani sapori Allegato centrale: Amici di Bergamo Salute

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EDITORIALE

Adriano Merigo Quando siamo partiti 8 anni fa, nessuno avrebbe pensato che un giorno avremmo tagliato questo traguardo. Certo lo speravamo tutti, ma non era così scontato. Era il 2011 e già eravamo nel pieno della rivoluzione digitale anche per quanto riguardava i giornali. Investire ancora sul cartaceo? “Molto meglio il web. Ormai la carta è morta”, ci ripetevano. Ma noi, testardi, non ci siamo lasciati scoraggiare. Ci abbiamo creduto, nonostante tutto. E abbiamo avuto ragione. Oggi, a distanza di 8 anni, siamo più vivi e vegeti che mai (toccando ferro!). Basti pensare che dalle iniziali 64 pagine oggi siamo arrivati a cifra tonda, 100. In questi anni, foglio dopo foglio, risma di carta dopo risma, abbiamo cercato di regalarvi un’informazione seria e

rigorosa ma allo stesso tempo semplice e accessibile e voi, lettori e investitori, ci avete ripagato con apprezzamenti, riconoscimento e anche affetto. A dimostrazione che certo è comodo leggere le notizie sul computer, sul tablet e sul cellulare, ma il giornale cartaceo può avere ancora un suo ruolo: resta lì sulla mensola o nel portariviste pronto a essere ripreso in mano, sfogliato, letto e riletto, soprattutto se approfondisce temi così delicati e sensibili come la salute. Ovviamente arrivare fino a qui non è stato sempre semplice, anzi, e non ci illudiamo che lo sarà nemmeno in futuro. Ma siamo fiduciosi. Vorrà dire qualcosa se, a partire dagli Usa, alcune storiche testate dopo essersi ritirate nell’online, sono tornate in edicola. E se alcune testate nate

digitali stanno lanciando versioni cartacee. Il caso più noto è quello del settimanale Newsweek, ritornato nelle edicole dopo quasi due anni di solo on line. Questo non vuol dire che siamo contro il web, anzi: anche Bergamo Salute ha il suo gemello “virtuale” (www.bgsalute.it), un sito dinamico in continua evoluzione per offrire contenuti sempre nuovi e coinvolgenti. Che sia web o carta però l’impegno è uno solo: accompagnarvi lungo la strada della prevenzione e del benessere. Una strada che speriamo di percorrere insieme a voi ancora per tanti, tanti anni. Da parte mia e della redazione un grazie di cuore per questi primi 8 anni così ricchi di soddisfazione e di salute!

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attualità

Italia

come stai? ∞  a cura DI LUCIO BUONANNO

Una fotografia della salute del nostro Paese in 10 punti “Ciao come stai?”. Quante volte amici e parenti ci hanno fatto questa domanda per avere notizie sulla nostra salute. Non sempre è facile rispondere. Normalmente ce la si cava con un “Bene e tu?”. E se la domanda riguarda l’Italia? Adesso le risposte, le propone il Rapporto Osservasalute 2017 - a cura dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute delle Regioni Italiane - che ogni anno raccoglie i dati regione per regione e li rielabora fornendo una sorta di “radiografia” del nostro Paese. Uno dei responsi è che in Italia si muore meno per tumori e malattie croniche come il diabete e l’ipertensione ma solo dove si fa prevenzione. Nelle regioni del Nord in 12 anni si è avuto un calo dei tassi di mortalità del 20 per cento. Al Sud, invece, l’aspettativa di vita si riduce, con la Campania fanalino di coda. E le diseguaglianze tra Settentrione e Meridione non riguardano soltanto i tassi di mortalità. Il report dell’Osservatorio Nazionale non fa sconti e mette l’accento sulla sostenibilità economica del Sistema Sanitario Nazionale, sulla mancata prevenzione, sulle tante difficoltà per gli anziani e i pazienti in genere come 8 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2018

per esempio le liste d’attesa. Ma vediamo punto per punto come sta la nostra salute.

1. Al Nord siamo più longevi, soprattutto in Trentino Alto Adige dove l’aspettativa di vita è di 81 anni e sei mesi per gli uomini e 86 anni e 3 mesi per le donne. In Campania, soprattutto nelle zone di Napoli e Caserta, il dato sulla speranza di vita è di oltre 2 anni inferiore alla media nazionale che è di 82,7

IN TRENTINO SI VIVE TRE ANNI IN PIÙ che a NAPOLI (media uomini-donne) seguite da Caltanissetta e Siracusa. Le province più longeve sono quelle di Firenze con 84,1 anni di aspettativa di vita, seguite da Monza e Treviso. A Bergamo la media è di 83 anni. Negli ultimi cinque anni gli uomini hanno guadagnato 8 mesi di vita, le donne 3 mesi.


SE HAI LA LAUREA O IL DIPLOMA TI AMMALI MENO

2. Secondo l’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane il titolo di studio influisce sulle condizioni di salute e sulla speranza di vita: chi ha un diploma o una laurea può sperare di vivere fino a 82 anni, solo 77 invece se ha un livello di istruzione basso. Tra le donne il divario è minore:

83 anni per le meno istruite, 86 per le laureate. Ma le disuguaglianze riguardano anche le malattie croniche. Tra i 25 e i 44 anni una malattia cronica grave si manifesta nel 5,8 per cento di chi ha un titolo di studio basso e nel 3,2 tra i laureati. Un dato preoccupante che riguarda anche l’aspetto economico. La rinuncia alle cure per

3.

LA TERZA ETÀ INVECCHIA MALE Sono tanti gli italiani non autosufficienti tra gli anziani. L’11 per cento degli ultra sessantacinquenni non è in grado di svolgere le attività quotidiane in modo autonomo. «Anche se è aumentata l’aspettativa

di vita i nostri anziani non godono di buona salute e non si investe abbastanza nella prevenzione» dice Walter Ricciardi, direttore dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane. «Basta pensare che una donna anziana in Svezia vive in

cattive condizioni negli ultimi cinque anni di vita, un’italiana negli ultimi 15». Un grosso problema che mette a rischio i conti della sanità. Tra dieci anni gli anziani nona autonomi saranno 6 milioni e trecento.

MALATTIE CRONICHE E TUMORI FANNO MENO PAURA

4. In Italia, soprattutto al Nord, la mortalità per tumori e per malattie croniche come il diabete e l’ipertensione è diminuita del 20 per cento negli ultimi 12 anni grazie alla prevenzione e a nuovi stili di vita. In Meridione però la situazione è capovolta e la Campania è ancora

mancanza di soldi tra le persone con livello basso di istruzione è pari al 69 per cento mentre per i laureati è al 34 per cento.

maglia nera. «Il Sistema Sanitario Nazionale deve aumentare gli sforzi per promuovere la prevenzione di primo e secondo livello» sostiene il direttore Walter Ricciardi. L’efficacia delle cure e della prevenzione dei tumori è migliorata. In particolare si sono registrati buoni risultati

con la diminuzione dei fumatori e l’aumento di pap-test periodici e mammografie per le donne. Lo dimostra la diminuzione dei nuovi casi di cancro ai polmoni tra i maschi (meno 2,7 in dieci anni) e della cervice uterina tra le donne (meno 4,1 per cento all’anno). Maggio / Giugno 2018 | Bergamo Salute | 9


attualità

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ARTROSI: È RECORD EUROPEO

ANTIBIOTICI E ANTIDEPRESSIVI

L’OBESITÀ? SEMPRE PIÙ UN’EMERGENZA

Una delle malattie invalidanti per gli anziani è l’artrosi. Abbiamo il primato in Europa con il 46,6 per cento della popolazione anziana che ne è affetta in una qualche forma. Peggio di noi i portoghesi e gli ungheresi, rispettivamente 47,2% e 52,0%, contro i valori più bassi della Gran Bretagna, 6,1% e dell’Estonia, 8,2%). Il consiglio è agire per tempo, quando si è ancora giovani praticando regolarmente sport ed esercizio fisico.

Altro record riguarda gli antibiotici e gli antidepressivi. Per gli antibiotici siamo tra i primi in Europa con un consumo medio di 27,5 dosi al giorno. Per quanto riguarda gli antidepressivi il consumo è aumentato negli ultimi anni. Questa volta è il Sud il più virtuoso. I maggiori consumatori sono in Toscana (60,96 dosi), Bolzano (53,63), Liguria (53,09) e Umbria (52,06). Valori più bassi in Campania (30,59), Puglia (31,33), Basilicata (31,42), Sicilia (31,58), Molise (31,95).

Fra le emergenze c’è quella dell’obesità, soprattutto per quanto riguarda i bambini: il 34,2% di quelli fra 6 e 10 anni ha problemi di sovrappeso. Questo problema - dicono gli esperti che hanno redatto il Rapporto - rappresenta una novità rispetto al passato: i ragazzini fanno una vita sedentaria, passano molto tempo davanti al tablet o al pc. Negli ultimi 10 anni è aumentata la percentuale delle persone con chili di troppo (dal 33,9% al 36,2%) e quella degli obesi (erano l’8,5% oggi sono il 10,4%).

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GIOVANI A RISCHIO ANORESSIA E BULIMIA

TEMPI BIBLICI PER GLI ESAMI

STABILI I FUMATORI, IN CALO I BEVITORI

Più di tre milioni di giovani tra i 15 e i 24 anni, soprattutto ragazze, soffrono di disturbi come anoressia e bulimia con rischi gravissimi. I dati sono stati presentati alla Giornata della salute della donna. Per quanto riguarda la bulimia ogni anno si registrano 12 nuovi casi ogni 100 mila persone tra le donne e lo 0,8 di nuovi casi tra gli uomini. L’anoressia è la terza malattia cronica più comune tra i giovani e ha un rischio di mortalità altissimo, circa il 6 per cento.

122 giorni per una mammografia, 93 giorni per una colonscopia, 80 giorni per una TAC e via dicendo. È il quadro che il CENSIS (Centro Studi Investimenti Sociali) ha registrato nella sanità pubblica in Italia lo scorso anno scoprendo che a causa dei tempi biblici di attesa molti pazienti si rivolgono al settore privato o addirittura rinunciano. L’anno scorso 12,2 milioni di persone non si sono fatte curare per ragioni economiche: il 21 per cento al Nord, più del 50 per cento al Sud.

Rispetto agli anni precedenti in cui si registrava un calo, l’ultima edizione del Rapporto evidenzia un assestamento della quota dei fumatori. Sono circa 10 milioni e 430 mila i fumatori in Italia nel 2016 (nel 2015 erano 10 milioni e 300 mila), poco più di 6 milioni e 300 mila uomini e poco più di 4 milioni e 100 mila donne. Si tratta del 19,8% della popolazione di 14 anni e oltre. Il numero medio di sigarette fumate al giorno continua a diminuire in un trend continuo dal 2001, da una media di 14,7 sigarette nel 2001 a 11,5 del 2016, una variazione che conferma la tendenza alla riduzione di tale abitudine. Per quanto riguarda l’alcol, invece, la percentuale di “bevitori” si è leggermente abbassata, ma desta preoccupazione il calice pieno di vino o di super alcolici in mano ai ragazzini che cominciano a bere a 11 anni.

La sfida della cronicità La dimensione della cronicità è in costante e progressiva crescita (secondo dati Istat nel 2013 circa il 38% dei residenti in Italia dichiarava di essere affetto da almeno una delle principali patologie croniche, nel 2016 tale quota sale al 39,1%), con conseguente impegno di risorse sanitarie, economiche e sociali. Da gennaio la Regione Lombardia ha preso in carico chi soffre di patologie croniche, affidando il paziente a un gestore medico di sua scelta che lo segue con un piano assistenziale individuale organizzandogli visite e esami

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SPECIALITà a-z

CARDIOLOGIA

∞  a cura DI FELICE VALLE

Morte improvvisa nel giovane e nello sportivo: perché succede? Nel 490 a.c. Filippide, giovane messaggero greco, dopo aver percorso circa 40 chilometri da Maratona ad Atene, annunciata la vittoria dei Greci sui Persiani, cade a terra e muore. Probabilmente questo fu il primo caso registrato di morte cardiaca improvvisa di un atleta. La recente e prematura scomparsa del calciatore Davide Astori, avvenuta per arresto cardiocircolatorio in assenza di cardiopatia strutturale (questo è quanto si legge nel referto autoptico) ha nuovamente riacceso i riflettori sulla questione della prevenzione della morte improvvisa negli atleti, tematica tanto importante quanto complessa.

Le vittime? Persone apparentemente sane L’Arresto Cardiaco (AC) è un serio evento cardiovascolare che si ma12 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2018

nifesta con un’improvvisa perdita di coscienza, talvolta preceduta da sintomatologia acuta (dolore toracico, dispnea, palpitazioni…) generalmente di lieve entità. Se non soccorsa in pochi minuti e in modo adeguato, la vittima muore (Morte Cardiaca definita “improvvisa” se avviene entro un’ora dall’inizio della perdita di coscienza). Questa morte è di solito inattesa, poiché avviene in soggetti apparentemente sani o in persone affette da cardiopatia in cui però la morte non è prevista a breve tempo. La letteratura scientifica ha ampiamente documentato che nel 50-70% dei casi le aritmie responsabili dell’Arresto Cardiaco sono la Fibrillazione Ventricolare (FV) o la Tachicardia Ventricolare (TV) senza polso. Negli altri casi la causa è l’Asistolia o la Dissociazione Elettromeccanica (DEM); a differenza di queste aritmie, la FV/TV viene

indicata come “ritmo della salvezza” in quanto, se trattata prontamente con la defibrillazione elettrica, può essere interrotta.

Le cause: diverse a seconda dell’età Le cause di morte improvvisa devono essere distinte in base all’età di insorgenza. Le condizioni più frequenti in generale, tuttavia, sono: > forme legate ad anomalie strutturali del cuore: cardiomiopatia ipertrofica, displasia aritmogena del ventricolo destro, ipertrofia ventricolare sinistra, infarto del miocardio, ipoplasia delle coronarie, valvulopatie; > forme legate a disordini elettrofisiologici con instabilità elettrica (aritmie) senza anomalie strutturali del cuore: sindrome del QT lungo e


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I SISTEMI CHE COMPONGO IL CUORE

> Il sistema elettrico, che genera e regola il battito cardiaco; > il sistema meccanico, costituito dal muscolo cardiaco e dall’apparato valvolare che traducono l’impulso elettrico in contrattilità garantendo così unidirezionalità e continuità del nostro sangue; > il sistema che irrora e nutre il nostro cuore, ovvero le coronarie.

la sindrome del QT breve, sindrome di Brugada e la sindrome della tachicardia ventricolare polimorfa catecolaminergica definite queste anche canalopatie e la preeccitazione atrio ventricolare (Wolf-Parkinson-White); > forme infiammatorie di varia natura: miocarditi; > forme legate a vasculopatie: dissezione aortica, aneurisma cerebrale, ictus; > forme traumatiche: commotio cordis. > Negli adulti (con età sopra

i 40 anni) le patologie più frequentemente riscontrate in sede autoptica sono la malattia coronarica aterosclerotica e le cardiomiopatie (10- 15%). > Nei giovani (con età sotto i 35 anni) invece sono le cardiomiopatie, in particolare la cardiomiopatia ipertrofica e la displasia aritmogena del ventricolo destro, e le anomalie congenite delle coronarie. Nel 15-20% dei casi la morte improvvisa giovanile si verifica in assenza di anomalie cardiache strutturali evidenti (morte improvvisa sine materia) ma in presenza di disordini elettrofisiologici che determinano un’instabilità elettrica responsabile dell’insorgenza di aritmie ventricolari. Si tratta solitamente di malattie con una componente di ereditarietà-familiarità nelle quali il cuore non presenta alterazioni strutturali ed è apparentemente normale. Appartengono a questa categoria la sindrome del QT lungo, la sindrome del QT corto, la sindrome di Brugada e la sindrome della tachicardia polimorfa catecolaminergica. Queste sindromi sono legate a difetti genetici dei canali che aprono e chiudono i flussi di sodio e di potassio attraverso le membrane dei cardiomiociti (cellule cardiache), facilmente identificabili all’elettrocardiogramma. Nel caso della sindrome del QT lungo la morte improvvisa si verifica durante sforzo o emozioni intense (fa eccezione la

DOTT. FELICE VALLE Specialista in Cardiologia Istituto Clinico Quarenghi San Pellegrino Terme

variante LQTS3 in cui la morte si verifica a riposo e spesso nel sonno), mentre nella sindrome di Brugada la morte improvvisa si verifica prevalentemente a riposo e nel sonno. La sindrome catecolaminergica è invece dovuta a difetti genetici del rilascio del calcio dai cardiomiociti. È una malattia particolarmente infida e maligna perché non dà segni di sé all’elettrocardiogramma a riposo, ma solo in quello da sforzo quando si superano 120-125 battiti al minuto, anche per intense emozioni, potendo scatenare una fibrillazione ventricolare. Un 3-4% delle morti improvvise giovanili, infine, è imputabile ad anomalie del tessuto di conduzione, determinando un’alterazione dello stimolo elettrico che permette la contrazione del muscolo cardiaco, come per esempio nel caso della cosiddetta sindrome di Wolff-Parkinson-White.

I più colpiti gli under 35 La Morte Cardiaca improvvisa colpisce ogni anno in Italia circa 60.000 persone, di cui più di 1.000 giovani con età inferiore ai 35 anni. Si tratta di un fenomeno di una certa rilevanza sociale e con una particolarità preoccupante: la morte può insorgere in soggetti apparentemente sani, perfino negli atleti agonisti. Nessuno sport, anche se effettuato allo stremo delle forze, produce morte cardiaca improvvisa in un soggetto realmente sano. Affinché l’esercizio fisico degeneri in questa drammatica escalation di eventi è necessario ci sia un “substrato patologico”, cioè una condizione patologica asintomatica sottostante che rende vulnerabile il cuore.

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SPECIALITà a-z

CARDIOLOGIA

Perchè la prevenzione non basta La domanda che ora sorge spontanea è: “ma se si conoscono le cause, come mai ci sono ancora morti così drammatiche? La prevenzione non è sufficiente?”. L’Italia in questo campo fa scuola, essendo uno dei pochi Paesi che fa screening a tutta la popolazione agonistica a prescindere dalla presenza di sintomi. Gli esami standard di primo livello, applicati dal 1971 nell’idoneità sportiva, prevedono: > ECG a riposo, che permette di evidenziare gli effetti delle malattie sulla conduzione elettrica; > ECG sotto sforzo, utile per monitorare la presenza di condizioni latenti che si mostrano solo con l’attività fisica; > esame obiettivo e raccolta anamnestica estremamente importante per raccogliere sintomi sospetti e individuare alcune patologie ereditarie. Questi esami hanno permesso di evidenziare il 90% delle condizioni potenzialmente fatali nel periodo tra il 1979 al 2004, risultato di grande importanza in termini generali. E il restante 10%? Non è facile rispondere, perché i fattori in

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gioco possono essere molteplici. > Sottovalutazione o assenza di segni e/o sintomi: spesso sono presenti sintomi premonitori, ma sono sottovalutati dal paziente, ad esempio sincopi improvvise, pre-sincopi, dispnea a riposo immotivata, dolore precordiale. Altre volte possono non esserci sintomi precursori > Scarsa sensibilità del metodo per l’intercettazione della malattia: l’ECG riesce a rilevare molto bene la maggior parte delle patologie elettriche (ad esempio le canalopatie) e strutturali del miocardio (esiti di infarto, displasie aritmogene, ipertrofie), ma non riesce a fare altrettanto nell’aterosclerosi coronarica che andrebbe indagata con la coronarografia (esame non avulso da complicazioni e poco applicabile estensivamente) o dalla TAC coronarica. > Caratteristiche della visita medico-sportiva: sebbene obbligatoria negli agonisti, negli amatori la visita viene spesso evitata, ritenendo che l’ECG basale possa essere sufficiente. In realtà non è così, perché le condizioni a cui è sottoposto un cuore sotto sforzo sono molto diverse da quelle di

Il test genetico? non sempre serve a svelare l’origine Nonostante più di 50 geni siano associati al rischio di morte improvvisa giovanile, non tutti casi vengono spiegati dal test genetico. Spesso infatti neppure l’autopsia riesce a identificare la causa di un decesso inatteso. Circa il 20% degli arresti cardiaci in soggetti giovani con un cuore apparentemente sano restano di origine ignota. Il ruolo della ricerca resta fondamentale per riuscire a identificare le cause di queste aritmie giovanili e soprattutto per sviluppare test che consentano una diagnosi precoce, prima che i sintomi si manifestino.

riposo, per cui possono essere evidenziate delle sofferenze o dei tracciati anomali che normalmente passerebbero inosservati.


> Patologie cardiache ancora non conosciute.

Gli esami di secondo e terzo livello che possono ridurre il rischio Nei casi di sospetta patologia e per attuare i doverosi approfondimenti è possibile avvalersi di esami di secondo livello e, quando ritenuti necessari, di quelli ancora più avanzati, definiti di terzo livello. Tra gli esami di secondo livello va menzionato sicuramente l’ecocardiogramma color doppler che consente di rilevare le alterazioni strutturali del cuore e dei vasi, come la maggior parte delle cardiomiopatie, le patologie del primo tratto dell’aorta e i difetti valvolari. Le indagini di terzo livello comprendono invece tecniche strumentali ancora più avanzate, quali la Tc coronarica che permette di vedere le coronarie e, quindi, di escludere le anomalie congenite o diagnosticando la presenza di aterosclerosi coronarica. Questo test, sempre più raffinato tecnicamente, ad oggi è il migliore per diagnosticare i soggetti sani (“veri negativi” come si dice tecnicamente) dal punto di vista coronarico. Tra gli esami di terzo livello necessari per esclu-

dere cardiomiopatie congenite o acquisite, qualora ci sia un dubbio non chiarito tramite l’ecocardiogramma color-Doppler, c’è la RM cardiaca (risonanza magnetica cardiaca) che studia con elevatissima accuratezza il muscolo cardiaco e la sua funzionalità, integrabile in casi selezionati con test provocativo (stress RM). Un discorso a parte meritano gli atleti professionisti per i quali, anche in considerazione della tipologia di attività, andrebbero condotti studi più completi e approfonditi dell’apparato cardiovascolare. L’esecuzione di esami di terzo livello, quali Coro-Tc e RM cuore, potrebbe essere attuata in tutti quei casi in cui gli atleti, nonostante la giovane età, presentano familiarità con la morte improvvisa o segni e/o sintomi correlati ad essa quali malesseri durante lo svolgimento delle attività sportive, dolore toracico o sincope (svenimento). Infine è bene ricordare che la presenza di un defibrillatore semiautomatico è obbligo di legge da alcuni anni nei campi di calcio, nelle palestre, nei circoli sportivi e nei luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive: si tratta dell’unica chance, nei casi disperati, di salvare l’atleta colpito da malore con perdita di coscienza.

I defibrillatori automatici Sono device oggi semplicissimi da utilizzare (sono previste audioistruzioni); anche un personale non medico quindi può imparare a manovrarli con un corso di addestramento riconosciuto. Il primo trattamento dell’Arresto Cardiaco dovrebbe essere effettuato immediatamente sullo scenario dell’evento, in attesa dell’ambulanza, attivando la cosiddetta “catena della sopravvivenza”: Allarme precoce (chiamata al numero unico per le emergenze 112), RCP precoce (rianimazione cardiopolmonare), Defibrillazione precoce, Soccorso Avanzato precoce. I programmi di defibrillazione precoce, con la possibilità di utilizzare il defibrillatore anche da parte di cittadini comuni, adeguatamente addestrati, hanno aumentato di molto la sopravvivenza. In Italia sono stati avviati numerosi progetti locali che hanno dimostrato un aumento della sopravvivenza in alcune zone addirittura fino al 45%.

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SPECIALITà a-z

ODONTOIATRIA

Danno odontoiatrico Quando si può chiedere il risarcimento ∞  a cura DI maurizio maggioni

Intorno agli anni Novanta si è osservata la crescita delle richieste di risarcimento alle assicurazioni per danni odontoiatrici, in parte anche per l’affermarsi dell’implantologia che, in una certa fase, è stata praticata da odontoiatri che non avevano la formazione specifica. Il numero dei giudizi relativi all’accertamento di responsabilità nel settore odontoiatrico è in continuo aumento e rappresenta il 7-8% di tutto il contenzioso medico.

Una questione di fiducia… che si rompe Il contenzioso tra il paziente e l’odontoiatra curante s’instaura nel momento in cui viene meno il rapporto fiduciario medico paziente. Se si ritiene che il lavoro fatto dal proprio odontoiatria non risponda alle aspettative o siano comparsi disturbi che si ritengano correlati al suo intervento e il medico stesso 16 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2018

non offra al paziente assistenza e spiegazioni convincenti si interrompe il rapporto fiduciario.

Gli step previsti dalla legge per chiedere il risarcimento Qualche esempio di danno odontoiatrico: il paziente a seguito di un trattamento implantologico subisce la recisione o la lesione a un nervo o la dislocazione dell’impianto, l’estrazione incompleta di un elemento causa complicanze, una protesi si rompe subito dopo la realizzazione etc.. Come si può comportare il cittadino in questi casi? Negli ultimi anni lo scenario è cambiato, anche in seguito al DL 98/2013 (Decreto del fare) convertito nella Legge 98/2013 che rende obbligatoria la mediazione anche in materia di risarcimento danni derivante da responsabilità

medica e sanitaria, quindi anche nel caso di danni odontoiatrici. Per prima cosa è necessario rivolgersi a un nuovo odontoiatra curante che esamini la situazione, anche in base alla cartella clinica, radiografie etc. che il paziente gli fornisce. Ogni professionista è tenuto a consegnare al paziente su richiesta tutta questa documentazione. Il nuovo curante, eventualmente con altri procedimenti diagnostici, giunge a una diagnosi che si traduce in un piano terapeutico, in una prognosi e in un preventivo economico. L’eventuale danno di cui si può chiedere il risarcimento è costituito da: > danno patrimoniale consistente nella restituzione del compenso percepito e, cioè, di quanto pagato per la prestazione odontoiatrica; > rimborso delle spese necessarie per il rifacimento del lavoro; > danno non patrimoniale per


il danno biologico riportato, personalizzato in relazione al danno morale e al danno esistenziale.

dal parere del “nuovo” dentista... Il parere del nuovo curante è il primo passo essenziale, poiché non sempre la percezione del paziente è corretta. In alcuni casi le sue aspettative erano più elevate di quanto previsto dalle cure prospettate dal primo curante oppure la correlazione dei disturbi che lamenta con le cure odontoiatriche non sussiste. In questo caso è sconsigliabile intraprendere la richiesta di danni odontoiatrici. Se invece il nuovo curante riconosce che c’è stato un danno, il paziente tramite un avvocato invia all’odontoiatra responsabile la richiesta di risarcimento e chiede gli estremi della sua assicurazione professionale, che è oggi obbligatoria. Dal canto suo anche l’odontoiatra coinvolge la sua compagnia assicurativa, informandola della richiesta di risarcimento, che per l’assicuratore si traduce in un “sinistro sulla polizza RC professionale”.

… al tentativo (obbligatorio) di mediazione … In una prima fase avviene sempre una mediazione, nella quale il professionista, al quale viene contestato il danno, fornisce la sua documentazione sul caso e la sua relazione sul lavoro svolto, assumendosi eventualmente una parte o per intero la responsabilità. Il perito liquidatore dell’assicurazione propone un valore per il risar-

dott. maurizio maggioni Odontoiatra e protesista dentale Perfezionato in Oodontologia forense Consulente tecnico del Tribunale di Bergamo e Mediatore civile

Chiarezza e trasparenza, tracciabilità dei materiali: la chiave per evitare contenziosi

Pianeta Sorriso Bergamo

cimento al paziente e il mediatore nominato cerca un accordo tra le parti: se si raggiunge si procede alla liquidazione, in caso contrario si andrà al giudizio.

... fino al procedimento giudiziario Se si va a giudizio inizialmente il CTU (Consulente Tecnico d’Ufficio) nominato esamina tutta la documentazione fornita in fase di mediazione e si confronta nuovamente con le parti cioè con i CTP (Consulente tecnico di parte) dell’odontoiatra, del paziente e dell’assicurazione. In questa fase possono essere richiesti ulteriori pareri o accertamenti diagnostici. Viene quindi tentata nuovamente una mediazione. Se nuovamente non si arriva a un accordo, il CTU lo comunica al giudice e si passa al giudizio, in cui vengono presi in considerazioni molti fattori, come ad esempio se l’odontoiatra era aggiornato, cioè se aveva conseguito i crediti ECM previsti etc.

Per evitare o risolvere più facilmente i contenziosi è importante la stesura accurata e la firma da parte dell’odontoiatra e del paziente del piano di cure, del preventivo o di eventuali altri accordi che vengano presi. Se ad esempio un paziente richiede un trattamento in tempi ristretti perché deve andare all’estero e il curante accetta di farlo avvisandolo però che i tempi non garantiscono l’esito, questo dovrà essere sottoscritto a tutela dell’odontoiatra. Allo stesso modo nelle fatture dovranno essere chiaramente riportate le descrizioni dei compensi. In alcuni casi il danno può essere causato non da errore o imperizia dell’odontoiatra, ma dai materiali impiegati o dal lavoro di uno studio odontotecnico. Grazie all’attuale tracciabilità dei materiali in questi casi l’odontoiatra è in grado di riversare la responsabilità sui terzi coinvolti.


SPECIALITà a-z

PODOLOGIA

Piede d’atleta come riconoscerlo e curarlo ∞  a cura DI PATRICK ROTA

Si chiama “piede d’atleta” poiché le persone maggiormente colpite sono, in genere, gli sportivi, anche se chiunque, in determinate condizioni, può esserne vittima. Si manifesta in particolare nel periodo estivo a causa dell’aumento delle temperature e della frequentazione di piscine e altri ambienti caldo-umidi. Scientificamente nota con il nome di tinea pedis, o tigna del piede, è un’infezione della pelle non grave, ma molto contagiosa, provocata da funghi dermatofiti, ossia che si nutrono di cheratina, la principale costituente dello strato più superficiale della pelle.

Colpa di un fungo microscopico Il piede d’atleta è una micosi causata generalmente da un fungo 18 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2018

microscopico dermatofitico detto Trichophyton rubrum (60%) o da altri tipi di funghi del genere Epidermophyton floccosum (10%). Questi miceti (funghi) si sviluppano in ambienti ad alta umidità - come quella che si accumula quando non si usano scarpe traspiranti o non si asciugano bene gli spazi interdigitali - e si possono trovare soprattutto in luoghi pubblici come piscine e spogliatoi. L’infezione col-

Il piede d’atleta è frequente soprattutto d’estate, quando il caldo favorisce la macerazione della pelle, rendendola indifesa dagli attacchi”

pisce soprattutto soggetti di sesso maschile. Esistono tre forme di micosi: > interdigitale (tra le dita dei piedi è la più comune); > a mocassino (ipercheratosica); > vescicolo bollosa.

I sintomi: bruciore, desquamazione e arrossamenti tra le dita e sulla pianta del piede L’infezione causa alcuni disturbi (inizialmente può essere asintomatica) e difficoltà a calzare le scarpe. Dal piede può estendersi alle unghie, che appaiono inspessite e contornate. Altre caratteristiche e sintomi che possono aiutare a riconoscere l’infezione sono: > prurito, sensazione di bruciore o di tensione tra le dita della pianta del piede;


Piedi asciutti e al fresco: così si previene il problema La prevenzione è fondamentale: è bene tenere piedi freschi e asciutti e non camminare senza scarpe, nemmeno in casa. Si raccomandano poi scarpe che permettono la traspirazione, calze di cotone (che possono essere lavate ad alte temperature per eliminare i germi) o meglio di seta e argento (che sono batteriostatiche anche mentre si indossano) e l’uso di ciabatte e di asciugamani personali in piscina. È importante asciugare sempre bene i piedi, soprattutto tra le pieghe delle dita. > cute tra il terzo ed il quarto spazio fra le dita del piede che inizia ad arrossarsi, a desquamarsi e a fessurarsi e diviene umida; > pelle desquamata che può comparire rossa brillante a causa dell’infiammazione; > comparsa di piccole vescicole ed eruzioni; > comparsa di abrasioni purulente e piccole ragadi.

Non guarisce da solo Il piede d’atleta è un’infezione che non può guarire da sola. La terapia in genere prevede l’uso di creme e polveri antifungine. In caso di infezione diffusa si rivela più efficace la terapia sistemica (ovvero non locale ma con somministrazione orale) sempre con farmaci antimicotici che con un trattamento di 7-10 giorni nella maggior parte dei casi riesce a risolvere l’infezione,

DOTT. PATRICK ROTA Podologo Presso Poliambulatorio Avalon Romano di Lombardia

evitando così il prolungamento delle cure necessarie invece con i rimedi topici. Dopo la scomparsa dei sintomi è comunque consigliabile proseguire con il trattamento ancora per almeno una settimana per evitare che il disturbo si ripresenti. Il fungo infatti può continuare a persistere nelle unghie o nei capi d’abbigliamento. Utile è anche l’uso di bicarbonato di sodio: si cosparge sulla pianta del piede asciutto, si lascia interagire dai 20 ai 30 minuti, si risciacqua con acqua tiepida e infine si asciuga bene soprattutto tra le dita. Il trattamento va ripetuto più volte nell’arco di una settimana.

Attenzione ad asciugamani e superfici contaminate Il piede d’atleta è molto contagioso e si propaga facilmente per contatto cutaneo o tramite il contatto con superfici e oggetti contaminati (tipicamente in piscina o in luoghi umidi). Se si tocca qualcuno che ha questa condizione e ci si dimentica di lavarsi le mani è facile sviluppare l’infezione. Utilizzare gli stessi asciugamani, lenzuola o indumenti facilita la diffusione dell’infezione. Le docce pubbliche, le piscine e gli spogliatoi sono luoghi in cui si può contrarre più facilmente il piede d’atleta. è così contagioso che può diffondersi in tutto il corpo, provocando altre infezioni micotiche come la tinea cruris (tigna inguinale).

Maggio / Giugno 2018 | Bergamo Salute | 19


personaggio

ROSALBA PICCINNI

Fiori e canzoni aiutano a vivere meglio ∞  a cura DI LUCIO BUONANNO

È sempre in movimento, deve preparare i bouquet, controllare il menu del bistrot-ristorante aperto nello stesso negozio di fiori, provare le canzoni, preparare concerti. Dalla mattina alla notte è super impegnata. La incontriamo nel suo locale a Porta Romana a Milano. Capelli rossi, voce squillante, cadenza bergamasca. Rosalba Piccinni, soprannominata la “cantafiorista”, è infatti cresciuta ad Almè dove comincia a cantare nel coro parrocchiale a sei anni. A tredici lavora in un negozio di fiori, la sua grande passione alla pari con le canzoni. Va al Festival di Sanremo giovani e partecipa ad altri concorsi canori, scrive vari brani anche per la pubblicità di importanti società, fa la modella per una ditta di gio20 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2018

ielli, si esibisce con i migliori musicisti e da qualche anno porta la sua musica, che sa di jazz e di melodia, nelle case dei suoi clienti, alcuni molto famosi come Antonella Clerici che ha addirittura ricordato in un suo libro un’eccezionale serata con la brava “cantafiorista” bergamasca, e tanti altri vip. La sua storia comincia in via XXIV maggio a Bergamo dove per anni gestisce uno splendido negozio di fiori “coadiuvata” da due fedelissimi e dolcissimi labrador che osservano i clienti e il traffico sdraiati davanti alla vetrina. Poi si trasferisce per sette mesi in Città Alta, ma quattro anni fa decide di traslocare a Milano e dà vita a Potafiori che quasi subito si trasforma in Potalove.

«È un bistrot dei fiori, nel quale i fiori, il cibo e la musica sono gli ingredienti alchemici scelti per rendere un pranzo o una cena un’occasione unica e fuori dal comune» dice Rosalba la “cantafiorista”. E Potafiori-Potalove (che ricorda molto il bergamasco) diviene in poco tempo un punto di riferimento della moda, dell’editoria e di incontri di lavoro. La chef è napoletana, il menu è internazionale, ma la polenta e i casoncelli sono sempre presenti. «È il mio locale e racchiude tante cose della mia vita» dice Rosalba «perché è un negozio di fiori, un ristorante aperto dal mattino a notte inoltrata, uno spazio per concerti, eventi e mostre. Ma Potafiori è soprattutto un salotto


dove godere di alcune cose belle che rendono la vita piacevole, divertente ed emozionante. In pratica da noi si può entrare la mattina per fare colazione in un ambiente accogliente e rilassato, assistendo anche alla preparazione dei fiori freschi appena arrivati. Si può pranzare in un vero e proprio giardino di design o ritrovarsi la sera all’ora dell’aperitivo davanti a un calice di vino della casa oppure a cena ascoltando ottimo jazz». Già, il jazz, la passione di Rosalba. «È la riscoperta della musica italiana d’autore in chiave jazz» racconta. «È cominciato quasi per gioco. Quando da ragazzina portavo i fiori a casa dei clienti mi chiedevano di cantare e io non mi tiravo indietro. Non sono da sola, mi accompagnano importanti musicisti. Perché questa scelta di portare io la musica a casa di altri? La ragione è che non sempre ci sono locali che ti permettono di fare dei concerti. Le serenate d’amore, come le chiamo io, nascono così. Io porto i fiori, preparo gli addobbi. E i miei clienti, molti dei quali sono diventati amici, mi chiedono di cantare. Ho imparato a spingere le mie passioni. Mi rivedo ragazzina quando riempivo le case di tutti con i fiori e cantavo, continuavo a cantare e mi sentivo felice. È sempre un’emozione. A ogni serenata abbino il fiore giusto. I fiori, come le canzoni, aiutano infatti a vivere meglio e anche a curarsi qualche acciacco».

La vulcanica Rosalba ha lanciato un’altra sfida con il design. In occasione del Salone del mobile di Milano (ndr. che si è tenuto dal 17 al 22 aprile) ha lasciato tutti basiti presentando una serie di sue creazioni molto colorate. Non solo mobili ma anche bare e urne firmate. Sì, proprio casse da morto a colori: rosa cipria, ciclamino, giallo fluorescente, azzurro tenue. Le ha presentate con un funeral party con tanto di corteo funebre accompagnato dai pianisti Danilo Rea e Ramin Bahrami. In pratica, secondo la “cantafiorista” la morte si fa bella, diventa glamour. «La bara, oggetto simbolo del trapasso, perde l’aspetto tetro per diventare un’accogliente e colorata scatola personalizzabile con tessuti vivaci. La morte non dovrebbe essere solo un momento di dolore, ma anche di condivisione con i propri cari. Per poterlo essere sono sempre più convinta che sia necessario cambiare l’estetica a cominciare proprio dalla bara che dovrebbe essere l’ultimo oggetto di design a cui una persona nella sua vita si lega» dice. Intanto Rosalba si prepara al futuro: sta curando il terzo disco che uscirà tra qualche mese e un libro. Insomma le sue giornate sembrano non finire mai. Il suo è un canto alla vita con un sogno: una casa con giardino per adottare dei labrador, proprio come i due che le sono stati accanto per tanti anni.


in salute

STILI DI VITA

Sindrome della casa malata Così ti difendi ∞  a cura di MARIA CASTELLANO

Si chiama “sindrome dell’edificio (o della casa) malato” (SBS - Sick Building Syndrome o SHS - Sick House Syndrome) e si tratta di una condizione di insalubrità degli edifici che porta gli occupanti a contrarre una malattia, già riconosciuta sin dagli anni Ottanta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, e che presenta una serie di sintomi e disturbi riconducibili alla presenza di elementi tossici all’interno degli ambienti domestici e di lavoro, tra i quali le irritazioni della pelle e delle mucose, il mal di testa, la nausea, la stanchezza e la difficoltà di concentrazione. «Sempre più persone negli ultimi anni affermano di essere affette da allergie, intolleranze o malesseri di vario genere che spesso peggiorano nell’ambiente domestico o lavorativo, anche se il più delle volte queste sintomatolo-

gie vengono frettolosamente attribuite a uno o più alimenti o indumenti o detersivi o, ancora, ad altri oggetti di uso comune, senza peraltro che esistano sia degli esami specifici ai quali sottoporsi ( e ove spesso i comuni esami per le malattie allergiche danno quasi sempre esito negativo) e sia dei riscontri obiettivi» conferma il dottor Massimo Valverde, medico specialista in Endocrinologia, Farmacologia e Tossicologia. «Gli esperti hanno comunque evidenziato da tempo che molti di questi disturbi, spesso difficili da inquadrare in una vera e propria malattia, sono sicuramente attribuibili all’ambiente casalingo o lavorativo, o, per meglio dire, ad alcune condizioni fisiche, chimiche e ambientali che vengono a crearsi e che si rivelano dannose per la salute dell’uomo. Esiste comunque la possibilità di

DOTT. MASSIMO VALVERDE Specialista in Endocrinologia, Farmacologia e Tossicologia Direttore Sanitario Centro Medico MR Bergamo

Le regole della prevenzione Aldilà di un facile allarmismo fine a se stesso, esistono numerosi comportamenti, semplici ed efficaci, da mettere in atto costantemente per limitare al massimo la proliferazione e la dispersione negli ambienti in cui viviamo e lavoriamo di questi agenti nocivi (siano essi tossine o agenti chimici). Eccoli...

22 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2018

> Verificare che - sia a causa dell’umidità ambientale e sia a causa di infiltrazioni d’acqua - nei soffitti, nei sottotetti, nelle cantine e nelle interpareti (soprattutto se realizzate con cartongesso) non si formino quelle che vengono definite “muffe nere”. Nel caso di riscontro positivo, evitare le soluzioni “fai da te“ e rivolgersi sicuramente a un professionista che sia in grado di effettuare una

bonifica radicale a regola d’arte di tutte le componenti coinvolte ( tetto, muri, pareti, cantine etc.). > Lavare accuratamente gli indumenti, soprattutto facendoli asciugare al caldo durante l’inverno per evitare che prendano “odore di muffa” (ovvero che all’interno dei tessuti si sviluppino direttamente le stesse muffe),


Quando l’umidità viene dal terreno

sottoporsi ad adeguate e opportune terapie per alleviare o diminuire in modo evidente tali disturbi, sempre che, contestualmente, si provveda a normalizzare la situazione igienica del fabbricato e si eviti di disperdere involontariamente nei locali nuovi inquinanti ottenuti, ad esempio, con i fenomeni di combustione ad alto rilascio di particolato come il fumo di sigaretta, di candele, di bastoncini profumanti, etc ».

Quali sono, in particolare, le condizioni di rischio? Sono quelle in cui, per accumulo di umidità anche in aree di difficile riscontro, viene favorita la proliferazione di numerose tipologie di microfunghi che durante il loro ciclo vitale rilasciano nell’ambiente un’alta quantità di tossine che è stato ampiamente dimostrato essere la vera causa diretta dei disturbi fisici a cui abbiamo accennato. Si tratta di condizioni che riguardano

condizione che, soprattutto per i bambini, rappresenta una contaminazione costante, sia respiratoria e sia cutanea, che può avere conseguenze importanti. Le muffe, infatti, sono e si comportano anche quali potenti allergeni, ovvero sostanze che possono scatenare delle reazioni esagerate del sistema immunitario (dermatiti, starnuti, asma etc.).

> In inverno è consigliabile utilizzare deumidificatori posizionati in tutti i locali della casa per ridurre al minimo la possibilità di sviluppo delle muffe. > Aerare il più possibile gli ambienti, soprattutto nei giorni di bel tempo e di sole, senza avere paura di introdurre in casa le cosiddette “polveri sottili “che vengono indicate anche

Le porzioni di edificio fuori terra possono essere interessate da umidità dovuta all’assorbimento capillare dell’acqua da parte delle murature, fenomeni di condensa, ponti termici o eccesso di vapore nell’aria. Per contrastare l’umidità da risalita la soluzione è saturare il piede del muro con iniezioni di resine idrofobizzanti che ne annullano la risalita. Mentre, per i fenomeni di condensazione, si realizzano rivestimenti termici traspiranti autoregolanti, abbinati a sistemi di ricambio dell’aria. Le parti di fabbricato immerse nel terreno, invece, possono essere interessate da infiltrazioni d’acqua, vapore, gas Radon e sbalzi di temperatura provenienti dal terreno. In questo caso la miglior soluzione è la realizzazione di una serie di strati di rivestimento a tenuta stagna che contrastino qualunque infiltrazione. I prodotti impiegati sono anti incendio ed eco-compatibili, garantiscono la salubrità degli ambienti e tutelano perennemente la salute dei loro ospiti. Geom. Giorgio Vitali esperto in risanamenti edilizi di Artes

con il termine tecnico di “PM 10”; bisogna ricordarsi che la sola combustione di una sigaretta, di una comune candela, di un singolo lumino profumato o di un singolo bastoncino d’incenso in una stanza di 15 - 20 metri quadrati rilascia da 10 a 50 volte più “PM 10” rispetto alla dose che fa scattare il blocco della circolazione delle auto nelle grandi città.

Maggio / Giugno 2018 | Bergamo Salute | 23


in salute

STILI DI VITA

Cosa dice il Ministero della Salute numerosissime costruzioni, siano esse case di abitazione o edifici a uso lavorativo. In particolare le costruzioni più a rischio sono quelle di più recente costruzione, ormai ben coibentate e quasi “sigillate” rispetto al ricambio d’aria per contenere al massimo la dispersione energetica dei sistemi di riscaldamento e di raffreddamento, o quelle nelle quali siano note infiltrazioni di acqua causate da tantissimi fattori e che comunque arrivino a coinvolgere sia i tetti e i muri sotto di essi e sia le cantine e, comunque, le aree inferiori delle costruzioni. Non vanno poi dimenticate altre cause che rendono la casa “malata”, che però, pur avendo un’indubbia interferenza con la nostra salute, alla luce dei fatti risultano avere un peso inferiore, fatte salve alcune situazioni particolari come quelle di una recente tinteggiatura delle pareti o la sostituzioni radicale di arredi che possono introdurre transitoriamente nell’ambiente delle tracce di prodotti chimici volatili quali formaldeide, diluenti di vernici e adesivi etc. Come riconoscere i sintomi di questa sindrome? Alcuni studiosi svedesi, in una ricerca scientifica condotta già nel 2005 su centinaia di edifici e migliaia di abitanti di Stoccolma, hanno cercato di definire il perimetro di questa sindrome. Nello studio si legge: “la malattia correlata all’abitazione è stata delimitata come segue. > La causa dell’insorgenza di una malattia si riferisce alla casa. > I sintomi compaiono all’interno della casa. > I sintomi saranno meno gravi o scompariranno se il paziente è lontano da casa. > Se il paziente va a casa, i sintomi 24 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2018

La Sindrome dell’edificio malato indica un quadro sintomatologico ben definito, che si manifesta in un elevato numero di occupanti di edifici moderni o recentemente rinnovati, dotati di impianti di ventilazione meccanica e di condizionamento d’aria globale (senza immissione di aria fresca dall’esterno) ed adibiti a uso quali uffici, scuole, ospedali, case per anziani, abitazioni civili. L’eziologia specifica è ancora sconosciuta, ma è probabilmente multifattoriale e variabile da caso a caso. Da numerose indagini in edifici in cui sono stati segnalati problemi di salute o di comfort è emerso che il problema prevalente (in quasi la metà dei casi) era costituito da una ventilazione inadeguata ( che in pratica provoca un aumento della concentrazione di polveri, tossine, agenti chimici etc.). Sebbene i sintomi siano spesso di modesta entità, i casi di SBS che si verificano in ambienti lavorativi possono avere un costo generale più elevato di alcune malattie gravi e a prognosi peggiore, sia per il numero dei soggetti coinvolti e sia in quanto causa di un significativo calo della produttività. Alcuni studi condotti su uffici e altri edifici ad uso pubblico in diversi paesi, hanno rivelato una frequenza di disturbi tra gli occupanti compresa tra il 15% e il 50%. (Fonte www.salute.gov.it).

appariranno ripetutamente. Per quanto riguarda invece le sintomatologie, lo stesso studio ha evidenziato che: “... i rapporti di probabilità con più di due sintomi caratteristici della SHS erano “nausea o vomito” “fastidiosi in tutto”, mentre le sostanze al contatto con le quali i sintomi peggioravano erano “ l’odore di un qualsiasi profumo ( tra l’altro spesso addizionato ai comuni detergenti, detersivi, etc. etc. ) e i cosmetici”. Può essere legata anche all’acqua del rubinetto? In alcune zone dell’Italia viene da sempre riscontrata la presenza minimale, non letale e non tossica (nemmeno a lungo termine) sia per l’uomo e sia per gli animali, di arsenico di origine vulcanica nell’acqua potabile. è evidente che a questa condizione non possa essere at-

tribuita alcuna azione dell’uomo. Per la stessa particolare natura geologica-vulcanica del terreno, anni fa molti dei disturbi e patologie oggi riconosciuti far parte della “sindrome della casa malata” erano state erroneamente attribuiti alla naturale presenza nelle cantine delle case di un gas debolmente radioattivo noto con il nome di Radon. In realtà alla prova dei fatti il gas Radon non è responsabile dei sintomi citati, ma la sua presenza andrebbe verificata soprattutto nei seminterrati più profondi, non dotati di costante ventilazione e a diretto contatto con il terreno ove, sempre in determinate aree del Paese, questo gas tende ad accumularsi. In questo caso si presenta un rischio in quanto il Radon è stato riconosciuto dall’OMS come causa di tumore al polmone al pari del fumo di tabacco.



in salute

ALIMENTAZIONE

Dieta chetogenica Scopriamo se funziona davvero ∞  a cura DI GIULIA SAMMARCO

L’estate è sempre più vicina. E con lei anche la tanto temuta (per molti e molte) prova costume. Ecco allora che finalmente decidiamo di “metterci a dieta”. Così ci troviamo bombardati dai consigli degli amici o dei giornali, dalle foto di chi è dimagrito pubblicate sui social. Tutti pronti a darci suggerimenti su come perdere peso e arrivare pronti all’appuntamento. Risultato? Ci ritroviamo sempre più confusi. Dieta chetogenica? Di transizione? Ciclica o intermittente? Basse calorie o bassi carboidrati? O solo basso indice glicemico? Quale dieta scegliere

DOTT.SSA CRISTINA ROBBA Specialista in Nefrologia e Nutrizione Responsabile dell’ambulatorio di Nutrizione Clinica Policlinico San Marco Zingonia e Nefrologa-Nutrizionista di Smart Clinic

26 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2018

per perdere peso in modo efficace e soprattutto mantenere i risultati nel tempo? Ne parliamo con la dottoressa Cristina Robba, nefrologa e nutrizionista. Dottoressa Robba, in questo periodo si sente spesso parlare di diete chetogeniche, tra le più gettonate perché promettono di perdere peso in poco tempo, anche se molti dicono che potrebbero essere pericolose per la salute… Le diete chetogeniche si basano sulla premessa che il nostro organismo è capace di prendere energia dalle riserve di grasso se la disponibilità di carboidrati è notevolmente ridotta. Se i glucidi (ovvero gli zuccheri o carboidrati) introdotti nella dieta sono in quantità molto basse, si promuove la mobilizzazione dei grassi dai tessuti, favorendo l’ossidazione di questi acidi grassi nel fegato. Si producono così i “corpi chetonici” (da qui il termine di dieta chetogenica) che vengono utilizzati a scopo energetico. In pratica in cosa consiste questa particolare dieta? Quando viene effettuata con l’obiettivo di dimagrire, si tratta di una dieta fortemente ipocalorica, la così detta VLCD (Very Low Calorie

La dieta chetogenica non è prescrivibile in gravidanza e allattamento, ai diabetici tipo 1, agli affetti da insufficienza renale ed epatica, nei casi di angina instabile, infarto cardiaco o labilità psichica”

Diet), con una composizione generalmente iperproteica, ottenuta generalmente con un’integrazione di proteine in polvere, pochissimi glucidi (non sono concessi nemmeno quelli presenti nelle verdure zuccherine come le carote o i peperoni) e pochi lipidi e un elevatissimo apporto idrico. Questo approccio dietetico così restrittivo obbliga alla supplementazione con polivitaminici e microalimenti e a uno stretto controllo medico. La durata della dieta è tra le 8 e le 12 settimane, durante la quale ci si deve sottoporre a controlli periodici. Non è un’alimentazione che possono seguire tutti quindi… No. Da quanto detto finora è


evidente che non può essere una “dieta fai da te” e può essere proposta solo a pazienti selezionati, non comunque come prima scelta. Si possono infatti presentare effetti collaterali, essendo una dieta fortemente sbilanciata che non segue le regole dell’alimentazione equilibrata del modello mediterraneo. Tuttavia in alcune particolari situazioni cliniche rappresenta un approccio interessante e alternativo ad altri percorsi terapeutici. È questo il caso, ad esempio, di persone che hanno necessità di calare di peso rapidamente, in preparazione a interventi chirurgici o nel trattamento di patologie osteo-muscolari in cui il peso corporeo ha un ruolo importante (ad esempio la patologia dell’anca). E per chi vuole dimagrire “solo” per vedersi meglio? In parecchi casi si può invece impostare una terapia dietetica che possiamo definire chetogenica

mitigata o mista, con un pasto costituito da cibi freschi proteici e l’altro pasto da sostitutivi in polvere. La verdura deve essere presente sia a pranzo sia a cena, mentre i carboidrati devono essere molto limitati durante la settimana. Questo consente di consumare almeno un pasto in modo conviviale, senza compromettere il processo di dimagrimento. Anche in questo caso l’apporto di acqua durante la giornata deve essere elevato e può essere necessaria una supplementazione di vitamine e sali minerali, soprattutto se è necessario protrarre la dieta. La “strada” ideale, però, sarebbe una dieta ipocalorica ma bilanciata che non riduca drasticamente l’apporto di carboidrati, ma permetta di modulare adeguatamente l’apporto di tutti i nutrienti (carboidrati, proteine e grassi) pur mantenendo limitato il numero delle calorie. Si tratta delle LCD (Low Calorie Diet) che possono dare ottime soddisfazioni.

Sangue o glicemia alta? Mangia così Per chi, pur avendo un peso normale, è affetto da dislipidemia aumento di colesterolo e trigliceridi nel sangue) possono essere indicate diete ipolipidiche (a basso contenuto di grassi) e non ipocaloriche. Chi soffre di intolleranza ai carboidrati, diabete o pre-diabete dovrebbe seguire diete a basso indice glicemico, che prevedono l’utilizzo di alimenti che alzano il livello di glicemia nel sangue molto lentamente dopo il pasto. In questi regimi alimentari abbondano fibre, alimenti integrali e legumi, mentre sono banditi gli zuccheri semplici.

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ALIMENTAZIONE

Latti vegetali facciamo chiarezza

∞  a cura DI VIOLA COMPOSTELLA

C’è chi lo sceglie per motivi salutistici. Chi per rispetto nei confronti degli animali. Chi ancora per variare sapore e gusto. Qualunque sia la motivazione, negli ultimi anni il latte “alternativo” piace sempre di più agli italiani. Al punto che, secondo le stime, entro il 2021 l’Italia sarà il settimo paese al mondo fra i più addicted ai latti vegetali, superando tedeschi e olandesi. Sui banchi dei supermercati ormai se ne trovano davvero di tutti i tipi: non solo latte di soia, considerato fino a poco 28 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2018

tempo fa il latte vegetale per eccellenza, ma anche latte di mandorle, nocciole, cocco, riso, orzo, avena etc.. Conosciamoli meglio con l’aiuto del dottor Paolo Paganelli, biologo nutrizionista. Dottor Paganelli, a cosa è dovuto il boom di consumi di latti vegetali che si è registrato negli ultimi anni? A diversi fattori. Innanzitutto alla sempre maggiore presenza di persone che riferiscono intolleranza al lattosio. I latti vegetali trovano poi

largo consumo anche tra chi per scelta abbraccia il veganesimo e quindi non consuma latte di origine animale. Senza entrare nel dettaglio, possiamo comunque dire che l’utilizzo di questi prodotti alternativi vegetali, in sostituzione al latte vaccino, costituisce più un soddisfacimento delle esigenze del consumatore che una necessità nutrizionale vera e propria, fatta eccezione per le situazioni di intolleranza o allergia accertata al lattosio o alle proteine del latte.


DOTT. PAOLO PAGANELLI Biologo Nutrizionista A Bergamo

Ma possono rappresentare davvero un’alternativa al latte animale? È necessario fare chiarezza sulle differenze che intercorrono tra il latte di origine animale e quelli di origine vegetale; pur rappresentando una buona alternativa,

infatti, le caratteristiche chimico fisiche e nutrizionali sono molto diverse. Non sono un sostenitore della necessità di consumare latte vaccino dopo lo svezzamento (siamo gli unici mammiferi a farlo), ma neppure lo sconsiglio. Dipende dalla risposta individuale della persona alla presenza del lattosio o delle proteine del latte. Se, quindi, un paziente in buono stato di salute volesse per diverse ragioni passare al consumo di latti vegetali, questo non rappresenterebbe dal mio punto di vista un problema. Ma quali sono le loro caratteristiche? Quali le loro proprietà? In commercio ormai troviamo davvero tanti latti vegetali diversi: latte di soia, di riso, di mandorle, d’avena, di cocco e... anche di Kamut. Basta analizzare velocemente la diversa origine di questa carrellata di latti (la soia è un legume, il riso e il Kamut

sono cereali, le mandorle sono frutti secchi, il cocco è un frutto oleoso etc.) per capire come abbiano caratteristiche, e quindi indicazioni, molto diverse fra di loro. Il latte di avena e di Kamut, per esempio, contengono glutine e quindi vanno assolutamente evitati da chi è celiaco. È bene poi sottolineare che i latti vegetali è vero che non contengono lattosio né proteine del latte vaccino, ma ciò non significa che siano alimenti ipoallergenici. Basti pensare alle proteine della soia, causa di una delle allergie più diffuse. Non mancano poi disturbi causati da mandorle o avena. Dal punto di vista dei grassi, invece, i latti vegetali apportano un buona quantità di quelli insaturi (cioè “buoni”), mentre sono privi di colesterolo e sono quindi indicati in chi deve seguire una dieta ipocolesterolemizzante. Tutti i latti vegetali, infine, sono spesso addizionati di calcio, vitamina D e vitamina B12.

A ciascuno il suo Il latte di soia fornisce un apporto proteico quasi simile a quello vaccino, ma è meno calorico. Apporta una buona quantità di lecitina (emulsionante naturale che favorisce l’eliminazione dei grassi nel sangue, soprattutto il colesterolo, e impedisce il loro accumulo sulle pareti delle arterie), omega 3 e fibre alimentari. > Il latte di riso è fra i più leggeri. Povero di proteine è però ricco di zuccheri semplici che forniscono energia prontamente disponibile. Ad alta digeribilità, è utile in caso di perdita di appetito e debolezza. Inoltre aiuta a regolarizzare la funzionalità intestinale. > Il latte di mandorla è particolarmente ricco di micronutrienti e grassi buoni. Buono il contenuto di sali minerali, soprattutto zinco, calcio, ferro, magnesio e potassio, vitamina D, vitamina B2, B12 e E. > Il latte di avena possiede un discreto contenuto di carboidrati e zuccheri, un buon quantitativo di fibra e di vitamine del gruppo B. Contribuisce ad abbassare i livelli circolanti di colesterolo LDL (il cosiddetto “colesterolo cattivo”). > Il latte d’orzo ha un discreto contenuto di carboidrati e zuccheri, un basso apporto proteico e lipidico. Contiene glutine.

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in armonia

PSICOLOGIA

Basta dire “non ho tempo”! I consigli per organizzare meglio le giornate e ridurre lo stress

∞  a cura DI MARIA CASTELLANO

Sempre più spesso si sente parlare di time management, ovvero gestione del tempo. Ed è facile imbattersi in corsi, libri, video dedicati a questo tema. Il problema di gestire in modo efficace il tempo, conciliando lavoro e famiglia, impegni di vario genere, passioni e interessi, infatti, sembra essere ormai diventato una priorità nella nostra società in cui siamo sempre di corsa e abbiamo sempre la percezione che il tempo non basti mai. In realtà, in molti casi, il problema non è non avere abbastanza tempo a disposizione ma non saperlo usare nel modo più produttivo. È possibile imparare ad amministrarlo correttamente e riuscire a vivere così appieno le proprie giornate e la propria vita, senza ri30 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2018

nunce e rimpianti e con meno stress? E come? Ce lo spiega la dottoressa Enrica Dedorides, psicologa e psicoterapeuta. Dottoressa Dedorides, è vero, come si sente spesso dire, che c’è poco tempo? Già il filosofo latino Seneca diceva che non è vero che abbiamo poco tempo: la verità è che ne perdiamo molto. L’insegnamento è quello di lasciar andare via le cose inutili e irrecuperabili concentrandosi sulle cose che per noi hanno valore. Chi è troppo indaffarato non può svolgere bene nessuna attività, perché una mente impegnata in mille cose, non può concepire nobili pensieri. Essere presenti a se stessi significa selezionare e mettere attenzione

su una cosa alla volta per vivere appieno il momento presente. La vita non è Breve, ma la rendiamo tale facendoci sottrarre tempo dal dolore, il rimpianto, il risentimento, dubbi e paure. A volte diamo il potere alle persone di introdursi nella nostra vita fino a diventare i padroni del nostro tempo, dimenticandoci di cosa vogliamo e di cosa ci fa stare veramente bene. Domandarsi “cosa voglio adesso?” e “dove voglio andare?” permette di tracciare una rotta. Per poter viaggiare leggeri e spediti dobbiamo lasciare lungo il cammino i rami secchi e i fardelli troppo pesanti senza insistere nel voler aprire porte chiuse che non si apriranno più. Basta con il frequentare persone con cui non siamo in sintonia perché abbiamo paura di


15 CONSIGLI SALVATEMPO > Prendi coscienza del tempo che hai > Evita le cose inutili e le persone che fanno perdere tempo > Ottimizza e razionalizza > Sfrutta i cosiddetti “tempi morti” > Pianifica le attività > Usa le liste delle cose da fare > Impara a delegare > Definisci le priorità > Elimina le distrazioni > Scegli a chi vuoi dare il tuo tempo > Datti un limite > Impara a dire no > Prenditi cura di te stesso > Vivi intenzionalmente ogni momento > Verifica come hai speso il tuo tempo

rimanere soli. Piuttosto diventiamo amici di noi stessi e cominciamo a fidarci di quello che siamo e che possiamo realizzare. Ogni minuto va respirato profondamente. Perseguendo la direzione di vita coerente con i propri valori e ideali ci si sente bene e non sarà mai tempo perso quello dedicato a noi stessi e al benessere della nostra anima. Come si gestisce il tempo in modo efficace? Molte persone non si rendono conto di come stanno utilizzando il tempo a loro disposizione. A volte per pigrizia o per ansia si rimandano i compiti che non ci piacciono o che ci costano sforzo e fatica. Il punto di partenza è, quindi, tenere traccia di come il tempo viene speso nelle singole attività quotidiane o settimanali per verificare quanto si è in grado di realizzare in una giornata, pianificare meglio quello che ci interessa di più e creare dei margini (cuscinetti di tempo) per poter attuare il programma. Bisogna definire importanze e urgenze. Una volta presa l’abitudine questo modo di ragionare diventerà sempre più fluido e piacevole, ma soprattutto efficace. I compiti importanti e urgenti hanno priorità assoluta. Quelli importanti, ma non urgenti possono essere messi in secondo piano. Alcune cose

DOTT. SSA ENRICA DES DORIDES Psicologa e Psicoterapeuta A Bergamo, Seriate, Gorlago.

sono urgenti, ma non importanti quindi possono essere delegate. Per ciò che non è né importante, né urgente non occorre sprecare energie immediate, si può metterlo in fondo alla lista. E come è possibile, invece, coniugare vita privata e carriera? Vale la stessa regola? Il dilemma donna in carriera o madre di famiglia, padre presente o manager di successo? Non è detto che si debba necessariamente scegliere tra una cosa e l’altra. Anche se, è innegabile, la mancanza di tempo, lo stress, la frenesia e l’incapacità di staccare la spina fanno sì che a volte il lavoro sembri assorbire interamente le

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in armonia

PSICOLOGIA

Chi fa un uso pessimo del tempo che gli è stato messo a disposizione spesso è tra coloro che si lamentano di avere poco tempo” Jean de la Bruyere (scrittore francese del 1600)

nostre giornate, dandoci l’impressione di non aver portato a termine nulla di quanto avremmo dovuto. In questi casi è inutile portarsi dietro sensi di colpa che non fanno altro che mangiare le energie. Bisogna prendere consapevolezza che è una condizione comune che na-

sce probabilmente dalla mancanza di organizzazione oppure da una gestione del tempo approssimativa. Ecco allora che ognuno di noi può imparare a pianificare meglio ogni tipo di tempo che ha a disposizione e a chi vuole destinarlo ad esempio: > tempo per te stesso; > tempo per la famiglia; > tempo per gli amici; > tempo per i progetti personali; > tempo per il riposo; > tempo per il lavoro; > tempo per gli hobby. In che modo si può imparare? Attribuiamo a ogni tipo di tempo una percentuale in modo che il to-

tale sia 100%. Possiamo disegnare una torta con tante fette. In questo modo salta all’occhio quali sono le fette più grandi e quelle più sottili. Possiamo correggere le percentuali per riportare equilibrio e avvicinarci il più possibile alla nostra qualità di vita ideale. Naturalmente i propositi di ritagliarci più tempo per le cose che ci danno piacere vanno poi portati avanti con coerenza e costanza. Per diventare padroni del proprio tempo bisogna imparare a gestire se stessi. Gestire il tempo è frutto di allenamento e disciplina. Non è immediato, ma vale la pena provarci. Numerosi studi scientifici hanno dimostrato che una buona gestione del tempo alimenta l’autostima e aiuta a ridurre lo stress.


COPPIA

In armonia

Impara a chiedere scusa... e nella vita sarai un vincente (non un perdente come molti pensano)

∞  a cura di VIOLA COMPOSTELLA

Quante volte da piccoli i genitori ci hanno detto: “Chiedi scusa!”, di fronte a qualche marachella. Due semplici parole, ma così difficili da pronunciare. Perché? Cosa c’è di così difficile nel chiedere perdono, per esempio, a qualcuno che abbiamo ferito? Le incomprensioni e i conflitti in una coppia sono abbastanza quotidiani, a volte anche per motivi futili, ma non sempre si chiede “scusa”. Di più: dopo un litigio, rimangono musi lunghi, silenzio, tensione, a volte ci si scam-

bia frasi sarcastiche, altre si fa finta di nulla e si riprende a parlare senza tornare più su ciò che ha scatenato la discussione. «In molti casi permane una sensazione di tensione che potrebbe smorzarsi, proprio chiedendo scusa» osserva la dottoressa Emanuela Zini, psicologa e psicoterapeuta. «Chiedere scusa è un’abilità sociale che dovrebbe essere appresa nella prima infanzia parallelamente allo sviluppo dell’empatia, ovvero, in parole povere, la capacità di mettersi nei panni degli altri».

DOTT.SSA EMANUELA ZINI Psicologa e Psicoterapeuta Studio di psicologia Ambivere

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in armonia

COPPIA

Ma quindi c’è l’empatia alla base dell’inclinazione a chiedere scusa? Sì. Il professor Aaron Lazare, preside di Medicina alla università del Massachussets e autore del libro “On apology” (letteramente sulla scusa), nel 2004, ha condotto uno studio che lo ha portato a questa considerazione: “I più propensi a chiedere scusa sarebbero coloro

I 4 passi per farlo in modo efficacE > Abbattere i pregiudizi

della società che associa il chiedere scusa alla debolezza; in realtà sapere chiedere scusa è un grande gesto coraggioso. > Essere assertivi assumendosi le proprie responsabilità, cercando di empatizzare con la persona offesa. > Chiedere scusa in modo sincero, chiaro e semplice. > Imparare dagli errori e mettersi in discussione.

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che mostrano più umiltà, empatia e orientamento verso gli altri; chi possiede credenze positive sul sé, chi crede nella possibilità di migliorare in merito alle esperienze vissute e chi ha una impostazione mentale fondata sull’accettazione non giudicante delle persone e degli eventi che accadono sembra essere maggiormente in grado di comprendere i propri errori e agire di conseguenza”. Ricerche più recenti, condotte dallo psicologo canadese Andrew Howell e colleghi nel 2011, sottolineano che la volontà a scusarsi riflette un funzionamento psicologico sano e adattivo. I fattori che invece non permettono le scuse sono la tendenza all’evitamento, alti livelli di supponenza e tratti di personalità collegabili al narcisismo. Quindi chiedere scusa è un segno di forza. Perché allora rappresenta spesso un tabù? Chiedere scusa è difficile perché comporta ammettere delle colpe. Per qualcuno questo è molto minaccioso rispetto all’immagine di sé, per esempio: “se ho fatto qualcosa di male e lo ammetto, allora sono una persona cattiva”. Le scuse, quindi, sono una minaccia verso la propria identità e autostima. Altre

“Scusarsi è un profumo delizioso, può trasformare il momento più goffo in un regalo grazioso” ∞∞ Margaret Lee Runbeck

Scrittrice statunitense persone, invece, nel chiedere scusa provano vergogna, c’è il timore che la persona offesa potrebbe aumentare il carico di stress, accusandolo anche di offese precedenti e dando a lui tutta la piena responsabilità. Un aspetto importante da considerare, però, è che in una relazione si è in due e “chiedere scusa” è qualcosa che dovrebbero fare entrambi i partner. Uno dei due nella coppia potrebbe essere più predisposto, ma è necessario sapere che è corretto che entrambi possano riuscire a farlo (questo vale in qualsiasi relazione). A volte chiedere scusa è difficile perché la coppia entra in una dinamica per cui si debba stabilire un vincitore e un vinto, ma non funziona così, anzi mettersi in quella situazione è pericoloso, perché crea una relazione di vittima/persecutore e il rischio è che si continui a rimuginare senza uscire dal conflitto. Bisogna, inoltre, imparare a tollerare che la persona offesa potrebbe non accettare le


scuse, per esempio perché è troppo ferita, potrebbe aver bisogno di più tempo oppure non vuole più recuperare il rapporto; aldilà della reazione della persona offesa, l’aspetto positivo da considerare è la forza che la persona ha trovato, comunque, nel chiedere scusa e nel mettersi in discussione. Un altro elemento che caratterizza chi non riesce a scusarsi, riguarda il fatto che la persona in torto è a più agio con la rabbia e la distanza emotiva, piuttosto che con la vicinanza e il mettersi in discussione che lo renderebbero estremamente vulnerabile. Perciò nel non chiedere scusa si crea una barriera difensiva che lo fa sentire più al sicuro. Ma si può imparare a chiedere scusa? Come? Innanzitutto è necessario lasciare

da parte l’orgoglio, mettersi in discussione e pensare che non si è in una posizione di debolezza. Bisogna riuscire a fermarsi e analizzare il proprio comportamento: quando ci si rende conto di aver fatto un torto, questo deve diventare un’occasione per porsi delle domande, per esempio: “perché ho agito in quel modo?”, “ho capito fino in fondo perché ho ferito il partner?”, “come mi potrò comportare la prossima volta per non ripetere lo stesso errore?”. A volte ciò non succede e questo rischia di perpetrare anche in altre occasioni gli stessi errori. Un altro suggerimento utile è che non bisogna pensare che per chiedere scusa sia necessario per forza usare le parole classiche “ti chiedo scusa”: ognuno ha il suo carattere e modalità per poterlo fare: c’è chi riesce con semplici gesti di

Domandare perdono? Fa stare bene Imparare a chiedere scusa fa parte delle competenze sociali, migliora le relazioni interpersonali, riduce la rabbia, accresce la coesione della comunità. Le persone che riescono a chiedere scusa, possiedono una autostima maggiore, perché non temono il mettersi in discussione e riescono maggiormente a tollerare ciò che ne consegue.

vicinanza, chi con un abbraccio, chi con una lettera, chi con le parole. Se le scuse sono fatte con semplicità e sincerità ogni modo va bene.


in famiglia

DOLCE ATTESA

Test prenatali istruzioni per l’uso ∞  a cura DI Elena Buonanno

IN PRIVATO O CON SSN?

Pochi rischi e risultati validi. Sono queste le cose che una mamma in attesa chiede a un test prenatale. Ad oggi la certezza è fornita solo da esami invasivi che però hanno un rischio di aborto che va dallo 0,3% fino all’1%. Per questo, da anni, lo sforzo della scienza è stato quello di mettere a punto test non invasivi. Tra questi il più utilizzato è la cosiddetta ecografia di traslucenza nucale (TN), un esame ecografico che viene eseguito alla fine del primo trimestre. Ma quanto è attendibile? Può sostituire esami prenatali più invasivi? Va eseguita da sola o in asso36 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2018

ciazione con altri test non invasivi? Ne parliamo con il dottor Nicola Strobelt, ginecologo. Dottor Strobelt, si sente spesso parlare dell’ecografia di traslucenza nucale per la diagnosi prenatale. In cosa consiste e su quali principi si basa? Si tratta di un esame ecografico eseguito con la classica tecnica transaddominale fra la 11esima e la 13esima settimana di gestazione. Si basa sulla possibilità di identificare feti ad aumentato rischio di patologie congenite misurando lo

L’ecografia di traslucenza è da poco rimborsata dal Sistema Sanitario Nazionale. I nuovi LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) definiti dal Ministero della Salute, infatti, considerano questa ecografia del primo trimestre come prestazione da erogare a tutte le donne che la richiedano. Ogni Regione italiana sta inoltre valutando come associare il bi-test a questa ecografia, in maniera da fornire metodiche di screening attendibili alla portata di tutti. Il test del DNA libero circolante, considerato oggi il test più affidabile in assoluto, resta invece a pagamento.


spessore della raccolta di liquido del tessuto sottocutaneo della nuca del feto. Quali anomalie, in particolare, è in grado di rilevare? È stata studiata per la definizione del rischio della trisomia 21 (Sindrome di Down). In pratica è un test che considera il rischio di base di una donna di aver concepito un bambino con trisomia 21, che varia in funzione della sua età. Questo rischio di base viene ricalcolato sulla base del valore della misura della TN, fornendo un valore individualizzato che si riferisce a quella specifica madre con quello specifico feto. Il risultato è espresso in termini numerici (ad esempio 1/1200) e consente di fornire un’indicazione sulla base della quale la coppia di genitori sceglierà se accedere a procedure invasive, quali l’amniocentesi o il prelievo dei villi coriali. Una valore patologico della TN può inoltre indicare un aumentato rischio di cardiopatia congenita oppure di sindrome genetica. Rappresenta dunque uno strumento che indirizza a esami ecografici del secondo trimestre più accurati, allo scopo di escludere cardiopatie o altre anomalie eventualmente associate a difetti genetici. Ma quanto è affidabile e attendibile? Usata da sola non identifica più dell’80% dei casi di sindrome di

Down ad alto rischio. Per questo motivo viene sempre integrata da altre osservazioni ecografiche, come lo studio dell’ossificazione dell’osso nasale del feto, il grado di reflusso sulla valvola tricuspide, oppure lo studio del flusso su un vaso del feto che si chiama dotto venoso di Aranzio. L’esame ecografico così approfondito viene inoltre spesso integrato con un test biochimico, detto bi-test. L’associazione di ecografia di TN e bi-test viene definita come “test integrato”. Si tratta di un approccio in uso da più di 20 anni che identifica più del 95% dei feti con sindrome di Down, ma che produce falsi allarmi nel 3% dei casi. In alternativa al test integrato è stato da qualche anno introdotto il “test sul DNA libero circolante”. Si esegue l’ecografia di TN e, se regolare per tutti i parametri, viene eseguito questo prelievo del sangue della madre sul quale vengono eseguite complesse analisi studiando il DNA che circola nel sangue materno e che proviene in parte anche dalle cellule della placenta. È un approccio che identifica più del 99% dei feti con sindrome di Down e che ha ridotto i falsi allarmi a livelli bassissimi. Può sostituire completamente altri esami prenatali più invasivi (amniocentesi, villocentesi o prelievo di sangue cordonale)? Assolutamente no. Ogni caso definito “ad alto rischio” richiede un test diagnostico invasivo per la de-

finizione certa del tipo di anomalia cromosomica eventualmente presente. Nel caso in cui all’ecografia del primo trimestre si evidenziassero determinate anomalie, c’è l’indicazione a eseguire ecografie del secondo trimestre più approfondite, anche in presenza di un quadro cromosomico normale. Per chi può essere consigliabile e in quali situazioni? Può essere consigliata a tutte le coppie interessate a definire in maniera precisa il rischio di anomalia cromosomica fetale. Non esiste però un’indicazione “automatica”. Non facendo parte dei cosiddetti esami di routine, è bene che, prima di decidere se ricorrervi o no, ogni coppia abbia un colloquio approfondito col proprio ginecologo.

DOTT. NICOLA STROBELT Specialista in Ostetricia e Ginecologia Co-funder e titolare dello Studio Medico-Ostetrico WoCare Bergamo

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in famiglia

BAMBINI

Ritardo nella

crescita

quando preoccuparsi L’IPOFISI Detta anche ghiandola pituitaria è una piccolissima struttura anatomica con un’enorme importanza biologica. Controlla infatti la funzionalità di numerosi organi, tra cui tiroide, surreni, ovaie e testicoli. Partecipa inoltre alla regolazione del metabolismo idrico e alla crescita corporea.

∞  a cura DI MARIA CASTELLANO

Nella maggior parte dei casi non dipende da patologie o problemi di salute. Ciò nonostante la bassa statura spesso rappresenta un cruccio per i genitori, anche per il disagio psicologico che può generare nel bambino. Ma quando si può parlare davvero di ritardo nella crescita? Quali possono essere le cause? In quali casi è necessario preoccuparsi? «Il controllo dei processi di crescita e sviluppo è un indicatore delle condizioni di salute del bambino. La velocità di crescita, però, dipende da diversi fattori legati in parte alle caratteristiche costituzionali e in parte a fattori ambientali. Varia anche col sesso, essendo maggiore nei maschi» sottolinea la dottoressa Liana Cortesi, endocrinologa pediatrica. «Il medico valuta la crescita attraverso apposite curve chiamate “curve di crescita” che 38 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2018

mostrano su un grafico i valori medi e i percentili della statura nelle diverse età per popolazioni diverse e con diverse patologie». Dottoressa Cortesi, a volte però la crescita del proprio figlio si discosta da queste curve, in particolare per l’altezza. Cosa significa? Nella maggior parte dei casi il bambino di bassa statura non ha

Il difetto di produzione di GH determina non solo bassa statura e un rallentamento della produzione ossea, ma può causare anche alterazioni metaboliche”

alcuna patologia. Spesso il ritardo di crescita, infatti, non è altro che una variante dei normali processi di crescita, frequente soprattutto nel maschio: in questa condizione il ritardo nella crescita è legato a un ritardo dello sviluppo puberale che avviene semplicemente più tardi e non è legato ad alcun problema specifico. Generalmente lo scatto di crescita puberale avviene all’età di 11-13 anni nelle femmine e all’età di 12-14 anni nel maschio. Quando il processo è in ritardo lo sviluppo sessuale e l’altezza finale vengono raggiunti a un’età più avanzata: è importante distinguere questa condizione, che non richiede alcun trattamento, da altre che producono effetti simili e in particolare dal deficit dell’ormone della crescita.


L’importanza del corretto inquadramento

DOTT.SSA LIANA CORTESI Specialista in Endocrinologia pediatrica Medico dell’Unità di Endocrinologia ASST Papa Giovanni XXIII Bergamo

La valutazione di un bambino/ragazzo con bassa statura prevede un’anamnesi accurata che indaghi prima di tutto la statura dei genitori (se sono di bassa statura è più facile che lo siano anche i figli), la storia prenatale, la lunghezza e il peso alla nascita. Bisogna poi considerare la presenza di eventuali malattie croniche (come celiachia o ipotiroidismo), terapie farmacologiche e lo stato nutrizionale. Fondamentale è ovviamente anche la corretta rilevazione dei parametri di crescita (statura, peso, velocità di crescita valutata su un periodo di almeno un anno, valutazione della proporzione dei vari segmenti corporei, stadi di sviluppo puberale). In base ai dati emersi possono rendersi necessari approfondimenti più specifici che comprendono esami di laboratorio. Molto importante per un corretto inquadramento del paziente con bassa statura è anche la misurazione dell’età ossea attraverso Rx del polso sinistro. In casi selezionati possono essere necessari esami genetici.

L’ormone della crescita (GH Growth hormone) è un ormone prodotto dall’ipofisi il cui effetto principale nel bambino è la regolazione della crescita scheletrica, oltre all’attivazione in generale dei processi di crescita in tutti gli organi. La sua produzione è stimolata in modo naturale da alcuni fattori quali il sonno, l’esercizio fisico e un adeguato stato nutrizionale. Un suo deficit, dovuto alla riduzione o la completa assenza di produzione di questo ormone, può essere causato da alterazioni anatomiche o funzionali dell’ipofisi. Nel secondo caso questa ghiandola non presenta anomalie ma non funziona in modo adeguato.

di crescita da deficit di GH è necessario confermare la diagnosi attraverso lo studio ormonale con test dinamici e completare con la Risonanza magnetica dell’ipofisi. Non è sufficiente una singola misurazione di GH nel sangue poiché la secrezione dell’ormone non è costante durante le varie ore del giorno. Inoltre, per ottenere una valutazione adeguata è necessario eseguire test di stimolo specifici, la mattina a digiuno in ambiente controllato.

Come si può avere ha la certezza che il proprio figlio ne sia affetto? Nel caso di sospetto di ritardo

Qual è, in caso affermativo, la terapia? In caso la valutazione dei dati auxologici (ovvero di crescita) e i risultati

dei test confermino la diagnosi, si può ricorrere a un’eventuale terapia con la somministrazione di un ormone biosintetico del tutto identico a quello prodotto dalla ghiandola dell’ipofisi. È bene sottolineare che questa terapia deve essere necessariamente prescritta solo nei casi in cui sia stato accertato un difetto di produzione dell’ormone e che il paziente deve essere attentamente seguito e monitorato da un centro specializzato di endocrinologia pediatrica. La durata della terapia dipende dalla gravità del difetto ormonale. Nella maggior parte dei casi viene interrotta 2-3 anni dopo il completamento dello sviluppo puberale.


in famiglia

BAMBINI

Più creativi e più felici con la meditazione

∞  a cura DI ELENA BUONANNO

Meditare fa bene a tutti, anche ai bambini: aumenta la loro autostima e sviluppa la creatività. In molti Paesi, come Francia, Belgio e Stati Uniti, la meditazione è stata persino introdotta nelle scuole, con ottimi risultati dal punto di vista psicologico, di relazione, di rendimento e anche, in alcuni casi fisico. Approfondiamo l’argomento con Liliana Crotti, insegnante, Counselor ed esperta di meditazione, e Simone Migliorati, Counselor ed esperto di meditazione. In quale fascia di età si può proporre la meditazione? Se consideriamo come meditazione la capacità di essere realmente presenti al “qui e ora”, dell’ascolto del proprio corpo e del proprio respiro, la capacità di essere in contemplazione senza pensare a ciò che è stato o ciò che sarà, apparirà strano ma i più grandi meditatori del tempo sono i bambini neonati e in età prescolare. In questa fase della vita, infatti, il bambino è in grado 40 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2018

di non farsi sopraffare dal sistema cognitivo, ma vive in un-tempo-euno-spazio in cui corpo, respiro ed emozione sono gli elementi fondanti della propria vita e del proprio modo di relazionarsi (sguardo, sorriso, carezza etc.). Di fatto si può proporre la meditazione da qualsiasi momento della vita, già dai cinque anni con giochi meditativi, considerando però sempre la singola situazione di ciascun bimbo. Come la si insegna, che differenza c’è rispetto a insegnarla agli adulti? L’aspetto interessante è che con i bambini è molto più facile che con gli adulti, proprio perché chiedere a un bimbo di staccare la mente e lasciarsi andare alla saggezza del proprio respiro e del proprio corpo è molto più semplice. Gli adulti a volte faticano in questo passaggio, poiché la mente è sempre pronta a metterci lo zampino e attivarsi, distogliendo l’attenzione del momento presente. Con i bimbi la modalità è quella ludica: tutta l’atti-

vità di meditazione viene proposta come fosse un gioco e prevede anche momenti di attivazione, oltre che di disattivazione, mentre con gli adulti il passaggio al sistema nervoso involontario è pressoché immediato. Quante ore settimanali si devono dedicare perché sia efficace? I progetti nelle scuole prevedono di solito un accesso di un’ora-un’ora e trenta minuti per ciascuna classe. Ovviamente questi incontri

Liliana crotti Insegnante e Counselor Esperta di meditazione


Una parEntesi di pace … anche a casa servono per iniziare. Il consiglio agli insegnanti è di ripetere e proporre nel momento del bisogno (esempio prima di una verifica o quando la classe durante la lezione appare ingestibile) alcuni dei giochi che i bambini hanno appreso nel percorso. L’aspetto interessante che dimostra la funzionalità della meditazione per i bambini è che spesso sono loro i primi a ricorrere a quanto hanno appreso nel percorso, quando sentono di averne bisogno, o addirittura, i bimbi raccontano che a casa hanno accompagnato mamma o papà in una meditazione, facendo loro fare ciò che loro hanno imparato a scuola. Sarebbe utile ritagliarsi un momento tutti i giorni, magari in presenza dei genitori, dove insieme ci si concede un momento di meditazione, di stacco dalla giornata, di profonda connessione con sé e con l’altro, magari la sera, prima di andare a dormire, soprattutto se il bimbo fatica ad addormentarsi. Quali sono i benefici? La pratica della meditazione permette al bambino e al ragazzo di sperimentare momenti di recupero, di rilassamento profondo, viscerale, che gli permetteranno di riconoscere gli stati mentali ed emotivi e prendersene cura. Ciò

Se vuoi iniziare a praticare meditazione con il tuo bimbo, prenditi un tempo, per esempio prima di andare a dormire, mettetevi scalzi (il contatto con la Terra è fondamentale) e sedetevi in uno spazio libero da rumori e disturbi. Iniziate con un rito, che può essere anche il saluto Namasté a mani giunte. Chiedi al tuo bambino di mettersi sdraiato e di iniziare a far entrare l’aria dal suo nasino e immaginare la sua pancia come un palloncino, quando l’aria entra il palloncino si gonfia, quando l’aria esce il palloncino si sgonfia. Continua per alcuni respiri e poi inizia a guidarlo in un viaggio, dove magari può rivedere la sua giornata e ringraziare per ogni esperienza collezionata, anche la più difficile, perché meditazione è anche capacità di accettare e cogliere il bello da ogni evento che succede.

comporta sicuramente una nuova consapevolezza personale emotiva e l’assunzione di responsabilità rispetto al proprio agito nei confronti dell’ambiente circostante, quindi permette al bambino di sperimentare emozioni e di poter comprendere cosa succede nel corpo nel momento in cui le prova. La meditazione opera sul miglioramento dell’attenzione, della concentrazione, dei tempi di tenuta rispetto all’attività didattica e cognitiva, incrementa l’autostima e la resilienza, quindi facilita l’apprendimento didattico. La pratica della meditazione per bambini consente, anche ai più piccoli, di acquisire consapevolezza del mondo ester-

no e, parallelamente, di ricercare una forma di silenzio interiore definibile come pausa dalle azione quotidiane. Quello di contattare il proprio sé corporeo attraverso il rilassamento è un aspetto fondamentale della meditazione; il bambino pertanto inizierà a prendere coscienza del proprio sé mentale, dei suoi contenuti, dei pensieri e della maniera in cui gestirli e lasciarli fluire. Con la crescita, il bambino che padroneggerà questa consapevolezza sarà tendenzialmente un bambino equilibrato e in grado di affrontare meglio le difficoltà della vita, sviluppando conoscenza di sé, consapevolezza emotiva e resilienza.


in famiglia

RAGAZZI

Malattie sessualmente trasmissibili Vietato sottovalutare ∞  a cura DI ELENA BUONANNO

Colpiscono a tutte le età e livelli sociali, ma sono più frequenti tra i giovani, anche a causa della disinformazione e della ridotta percezione del pericolo. Parliamo delle malattie sessualmente trasmesse (MST), un problema più diffuso di quanto si pensi. Troppo spesso infatti le si considera come qualcosa che “non capiterà proprio a me”. Sbagliato! Queste malattie non riguardano infatti solo alcune categorie cosiddette a rischio. Possono riguardare chiunque. Per questo è fondamentale conoscerle e scoprire come prevenirle. Lo facciamo con l’aiuto del dottor Francesco Clemente, ginecologo. Dottor Clemente, quali sono le malattie sessualmente trasmissibili (MST) più diffuse? 42 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2018

Le più diffuse sono la Clamidia, il Papilloma virus, la Sifilide, la Gonorrea, l’HIV, l’Herpes virus, la Trichomonas, l’Epatite B e C. La Clamidia è l’infezione vaginale sessualmente trasmessa più frequente e, soprattutto quando si parla di apparato genitale femminile, spesso è asintomatica causando danni senza che ce ne si accorga. Il Ministero della Salute nel periodo 1991-2015 ha segnalato 120.000 casi di malattie sessualmente trasmesse con quasi 50.000 casi di condilomi anogenitali da Papilloma Virus (HPV) e almeno 10.000 casi di sifilide (dati generalmente sottostimati per l’assenza di costante segnalazione). Nel 2017 in Italia ci sono stati 9.006 nuovi casi di tumori della bocca (in un rapporto di circa 3 a 1 tra maschi e femmi-

ne) molti associati all’infezione da HPV correlata ai rapporti orali. A proposito dell’infezione da HPV è doveroso fare una precisazione: circa il 80% della popolazione generale ne è affetta; questo però non significa che queste persone stiano per sviluppare un tumore maligno. Esistono infatti diversi tipi di virus, di cui solo alcuni sono cancerogeni. E anche in questo caso, non è detto che la situazione precipiterà. Nelle donne solo in una percentuale del 20%, e a distanza di anni dall’infezione primaria, i virus cancerogeni possono determinare lo sviluppo di un tumore maligno alla cervice uterina. Quindi è fondamentale vaccinarsi contro l’HPV, eseguire il Pap test ogni tre anni a partire dall’inizio dell’attività sessuale ed associare l’HPV test ogni cinque anni come


Attenzione alle false credenze sensibilizzazione ad hoc su queste fasce di popolazione sessualmente attiva, questo nonostante il beneficio dato dal trattamento precoce che limita molto la diffusione del virus. In totale sono 30.000 i nuovi casi ogni anno in Europa e circa 3.500 in Italia e il trend non accenna a diminuire. DOTT. FRANCESCO CLEMENTE Specialista in Ostetricia e Ginecologia ASST Bergamo EST

previsto dai recenti protocolli del Ministero della Salute. Qual è la consapevolezza dei giovani oggi nei confronti del rischio di contrarre malattie sessualmente trasmissibili? Stiamo assistendo a una minore percezione del rischio di queste malattie. Un problema che riguarda non solo i ragazzi e gli adolescenti, ma anche gli adulti: ad esempio per l’HIV, nei casi di popolazione over 50 che riceve una diagnosi tardiva, il 63% dei casi (contro il 47% dei più giovani) è già con segni di infezione avanzata. Le ragioni? Mancanza di consapevolezza, sottostima del rischio, carenza di campagne di

Quali consigli dare per prevenirle? Il modo più sicuro per evitare di contrarre una malattia sessualmente trasmissibile è avere rapporti stabili o quanto meno con un partner di cui sia noto lo stato di salute. Quindi le principali misure che possono essere di aiuto sono: > conoscere lo stato di salute del partner e la sua storia medica; > informarsi sui rischi e sottoporsi subito ai test per queste malattie quando necessario; > vaccinarsi contro l’HPV; > usare correttamente profilattici di comprovata qualità. È bene ricordare comunque che, nonostante i profilattici riducano notevolmente il rischio di contrarre alcune di queste malattie, non offrono la certezza assoluta di prevenzione da tutte le malattie, perché i virus e alcuni batteri possono essere trasmessi per contatto cutaneo nell’area genitale non protetta dal profilattico.

Troppo spesso i giovani vengono condizionati da false credenze senza informarsi adeguatamente. C’è chi ad esempio pensa che un malato di HIV possa riconoscersi dall’aspetto fisico o chi crede che sia sufficiente lavarsi bene prima di un rapporto per evitare di trasmettere un’infezione. In realtà, nella maggior parte dei casi, esiste una scarsa consapevolezza del fatto che, anche con un singolo rapporto, si può contrarre un’infezione e che una persona contagiata può avere un aspetto fisico identico a quello di una persona sana. Altra precisazione va fatta per la candidosi. Questa non è considerata una malattia sessualmente trasmessa. La candida è un fungo normalmente ospite del nostro corpo ma in certe condizioni può diventare infettiva dando un’intensa sintomatologia genitale. La candida quindi generalmente non è passata da un individuo all’altro, ma è naturalmente presente in tutti gli individui e in determinate condizioni di debilitazione può diventare un problema.

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FITNESS

Corsa in montagna

∞  a cura DI LELLA FONSECA

Gusto della sfida e della fatica. Passione per la natura. Senso di libertà. Sono molte le ragioni che spingono sempre più bergamaschi ad avvicinarsi alla corsa in montagna, nelle sue molteplici varianti. Se poi ci aggiungiamo che a due passi dalla nostra città, sulle Prealpi orobiche, abbiamo a portata di mano (o per meglio dire gamba) percorsi mozzafiato il gioco è fatto. Ma quali sono gli accorgimenti per avvicinarsi a questo sport senza troppi rischi? Quali sono le differenze principali rispetto alla corsa in città? «La corsa in montagna “classica” si può vedere come un’evoluzione della corsa campestre in pianura, generalmente si svolge su percorsi di 5.000/10.000 metri su itinerari montani e fa riferimento alla stessa federazione sportiva (Fidal Federazione Italiana Atletica Leggera)» spiega Michelangelo Oprandi, guida alpina di San Pellegrino, skyrunner e scialpinista agonista, detentore del record sul Pizzo del Diavolo con Davide Milesi. «Le corse si svolgono su sentieri o carrabili che, come nel caso 44 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2018

della corsa campestre, possono essere in condizioni abbastanza diverse a seconda della stagione e delle condizioni meteorologiche». In che cosa invece differiscono le due corse? La differenza principale dalla corsa in pianura è data dalle salite e dalla discese che si affrontano in montagna. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare la maggiore criticità si verifica durante le discese. La salita impegna da punto di vista cardiocircolatorio e muscolare, per cui a seconda dell’allenamento il runner rallenterà più o meno sulla pendenza. La discesa, invece, richiede tecnica e allenamento specifici. Proprio per le discese, chi si accosta alla corsa in montagna provenendo dalla pianura potrà sentire maggiore fatica dopo un allenamento alpino, che si presenterà soprattutto due giorni dopo. La corsa in pianura e in montagna si può alternare in un ottimo allenamento combinato. Un’ulteriore evoluzione della corsa in montagna è lo sky running, nato negli anni

I benefici? Per corpo e mente La corsa in montagna, dal punto di vista fisico, permette di allenare, allungare e tonificare le gambe (in particolare cosce), le braccia e i glutei. Il contatto con la natura e lo sforzo fisico (che favorisce il rilascio delle endorfine, i cosiddetti “ormoni del benessere”), invece, agiscono come anti-stress, contribuendo al rilassamento mentale.

Novanta con Marino Giacometti, ora presidente della Federazione Mondiale, che prevede percorsi più impegnativi, per distanza e pendenza, come ad esempio salire e scendere dall’Adamello. Si declina su tre discipline madre: > Il km verticale, o Vertical Rail, una corsa che prevede 1.000 metri di dislivello in salita e discesa; > la sky race, con distanze vicine a una mezza maratona e dislivelli variabili; > la sky marathon, che prevede distanze vicine alla maratona e anche passaggi sulla neve. Negli ultimi anni poi si sono affer-


I consigli per la tua sicurezza

MICHELANGELO OPRANDI Guida alpina, skyrunner e scialpinista agonista di San Pellegrino Terme (BG)

mate discipline estreme come gli ultra trail, nate al di fuori delle federazioni sportive e con caratteristiche che oltrepassano il puro sport per diventare quasi delle prove di sopravvivenza. Quale abbigliamento serve? Le calzature sono fondamentalmente scarpe da corsa normali, a volte con particolari rinforzi e suole specifiche. Quando si affronta una corsa in montagna in genere si porta con sé qualcosa di più: anche d’estate almeno una giacca leggera, occhiali, acqua, perché il tempo in montagna cambia più velocemente e si può essere lontani dall’abitato. Che tipo di sportivi attrae la corsa di montagna? Gli sportivi più giovani che si affacciano alla corsa in montagna

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Per correre in montagna in sicurezza è indispensabile seguire due precauzioni: > sottoporsi a una visita medico-sportiva per verificare se vi sono controindicazioni; > allenarsi almeno due volte alla settimana, meglio in compagnia, su percorsi con discese, in modo da “avere sulle gambe” la distanza che si intende coprire. Bisogna anche ridurre l’eventuale sovrappeso, curare l’alimentazione e l’idratazione (durante la settimana e in gara) e selezionare accuratamente i materiali dell’equipaggiamento che si indossa. La sicurezza infatti dipende anche da calzature, indumenti (maglietta, giacca a vento, calzoni) e accessori (occhiali, cappello, guanti, etc.), da scegliere in base ai percorsi e alle condizioni atmosferiche. Dott. Giulio Sergio Roi, Federazione Italiana Skyrunning

sono di solito ragazzi delle valli che spesso hanno in famiglia praticanti di sport alpini, mentre chi si accosta alla disciplina a 30 o 40 anni in genere sono runner di pianura motivati dal contatto con la natura, dai paesaggi o dalla sfida delle pendenze. Ci sono anche appassionati di sport invernali che usano la corsa in montagna come potenziamento muscolare estivo. Che consigli si possono dare a chi volesse iniziare? Premesso che si tratta di uno sport impegnativo, il primo e fondamentale consiglio per chi inizia, anche

se allenato in pianura, è procedere in modo graduale e costante, aumentando i tempi di percorrenza in modo progressivo. Come già accennato, inoltre, prima di approcciarsi alla corsa in salita è necessario disporre già di una buona preparazione aerobica, mentre per la corsa in discesa è opportuno avere allenati I quadricipiti. Come per le escursioni, poi, è fondamentale rimanere su sentieri frequentati e segnalati. Attraversare un bosco o un prato, se scende la nebbia, può lasciare senza riferimenti e ci si può perdere se non si è dotati di dispositivi di orientamento.

Si è tenuto a Bergamo il 24 e 25 maggio il “Corso per personale sanitario impiegato in gare di skyrunning, trail running e ultratrail”, organizzato dalla Società Italiana di Medicina di Montagna. Obiettivo: acquisire professionalità nell’assistenza alle competizioni di corsa in montagna: Accreditato per medici e paramedici, oltre alla parte teorica ha previsto anche sessioni pratiche sul trattamento delle patologie ortopediche minori, sulla preparazione di uno zaino sanitario e su come tenersi in forma per praticare gli sport alpini con l’aiuto di un preparatore atletico.

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Pelle più luminosa e protetta con il picotage ∞  a cura DI GIULIA SAMMARCO

Volete attenuare i segni del tempo e far scomparire quelle antiestetiche rughette d’espressione? Desiderate ridare un aspetto fresco e luminoso al vostro volto in modo naturale, senza ricorrere a trattamenti invasivi e dolorosi? Con il picotage (dal francese punzecchiare) potrete rivitalizzare la pelle di viso, collo, décolleté con delle micro iniezioni di acido ialuronico, sostanza naturalmente presente nel corpo, fondamentale per mantenere la pelle idratata e giovane. E non è tutto. In questa stagione, in particolare, questo trattamento può diventare un pre46 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2018

zioso alleato per preparare le pelle al sole rendendola più “forte” e protetta nei confronti dei raggi UV. Quali sono i benefici del picotage? In cosa si differenzia dai più noti filler sempre con acido ialuronico? E perché viene considerato naturale? Lo abbiamo chiesto al professor Antonino di Pietro, dermatologo. Professor di Pietro, ci spiega che cosa s’intende per picotage? Questa tecnica consiste in una serie di micro iniezioni di un gel di acido ialuronico puro a circa un millimetro di profondità e a distanza di un centimetro l’una dall’altra nel-

le pieghe di viso, collo e décolleté. Si differenzia dal tradizionale filler o dal botox perché non agisce riempiendo le rughe dall’interno o paralizzando le espressioni, ma stimolando la produzione di collagene ed elastina e mantenendo naturalmente idratata la pelle. Con il picotage le rughe non scompaiono del tutto, ma si attenuano visibilmente e il viso ottiene tono e luminosità. E i benefici che offre questo trattamento non sono solo estetici: favorendo la produzione di collagene ed elastina, ovvero i “mattoni” delle cellule della pelle, si crea un “barriera” che rende la cute


più resistente alle aggressioni esterne e si rinforzano le naturali difese della pelle contro i raggi solari, motivo che lo rende particolarmente indicato in questa stagione. Che tipo di sostanza è l’acido ialuronico e perché si può definire naturale? L’acido ialuronico è un saccaride o zucchero, una sostanza naturalmente presente nel tessuto connettivo (pelle, tendini, cartilagine, etc. ) e necessaria per mantenere la cute elastica e ben idratata in profondità, grazie alla sua capacità di richiamare molecole d’acqua. Il problema è che la produzione di questa sostanza tende a diminuire con l’avanzare dell’età: se a 20 anni l’acido ialuronico che abbiamo nel corpo riesce a catturare circa il 70% dell’acqua, a 65 la percentuale scende al 25%. Con la conseguenza che la pelle (ma anche ad esempio la cartilagine delle articolazioni) è meno idratata, perde compattezza ed elasticità e compaiono le rughe. L’acido impiegato per il picotage si definisce naturale perché privo di sostanze chimiche addensanti. Per questo

risulta ancora più biocompatibile, facilmente riassorbile e il risultato è un effetto rivitalizzante, una pelle più compatta e “consistente”. Ha controindicazioni? No, l’acido naturale viene riassorbito progressivamente dalla pelle, senza effetti collaterali. Le micro iniezioni sono poco invasive e non causano la rottura dei capillari e quindi non generano la formazione di ecchimosi (lividi) e non provocano dolore, purché vengano eseguite da personale medico esperto e solo dopo un’attenta anamnesi del paziente che consente di scegliere il trattamento più adatto, in base all’entità dell’inestetismo e alle esigenze del paziente. Quante sedute sono necessarie per ottenere i risultati sperati? Il numero delle sedute può variare a seconda del grado di invecchiamento della pelle. Generalmente sono sufficienti 2 - 3 sedute iniziali distanziate un mese l’una dall’altra. Successivamente può esserci una seduta di mantenimento ogni tre quattro mesi.

DOTT. ANTONINO DI PIETRO Specialista in Dermatologia Direttore dell’Istituto Dermoclinico Vita Cutis presso Smart Clinic Stezzano

È necessaria una preparazione al trattamento? Prima del trattamento è utile una accurata visita dermatologica per capire lo stato della pelle e prepararla con l’uso di creme e integratori antiaging. Quanto dura l’effetto? Il picotage è un trattamento che stimola la rigenerazione: per mantenere buoni risultati si consiglia una seduta ogni 3 - 4 mesi.


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Screening e prevenzione I programmi per la diagnosi precoce del tumore al colon retto e alla mammella

∞  a cura DI ATS BERGAMO

I programmi di screening oncologici, previsti dai Livelli Essenziali di Assistenza, vengono attuati da Ats Bergamo su tutto il territorio provinciale. L’individuazione precoce di un tumore è un’azione fondamentale in quanto non solo garantisce una cura molto più efficace della malattia ma, contestualmente, permette di intervenire, precocemente, nell’identificazione dei segni di malattie croniche non diffusive che coinvolgono un elevato numero di persone.

Lo screening al colon retto Il tumore del colon retto è particolarmente rilevante, rappresentan48 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2018

do un’importante causa di morte sopra i 50 anni. «Fra i segnali più precoci c’è il sanguinamento, non visibile a occhio nudo nelle feci, che può precedere, anche di anni, la comparsa di altri sintomi» sottolinea Laura Tessandri, medico e responsabile dell’UOS Centro Screening del Dipartimento d’Igiene e Prevenzione Sanitaria dell’Ats Bergamo. «In questo caso fra le strategie più efficaci di prevenzione c’è il test per la ricerca del sangue occulto fecale, proposto in modo gratuito da Ats Bergamo, che permette di rintracciare il sangue nelle feci anche se presente in quantità molto piccole. Eseguire il test è semplice e non richiede nemmeno l’im-

pegnativa del medico curante grazie alla raccolta del campione di feci, fatta direttamente a casa seguendo le istruzioni indicate. Se Il test risulta negativo il consiglio è quello di ripeterlo, in assenza di sintomi, ogni due anni; se, invece, il test risultasse positivo è importante non allarmarsi poiché molto spesso le tracce di sangue nelle feci sono causate da ragadi, emorroidi o diverticoli. In caso di positività al test di screening l’utente viene contattato telefonicamente ricevendo proposta di appuntamento con uno specialista di endoscopia per valutare lo stato di salute e l’opportunità di eseguire una pancolonscopia di approfondimento senza im-


pegnativa del Medico curante e senza pagamento di ticket». Ats Bergamo organizza, in collaborazione con i Medici di Assistenza Primaria, le farmacie, le strutture sanitarie, i Comuni e la Lega Italiana per la Lotta ai Tumori, un programma di prevenzione, ampliato da gennaio a ulteriori fasce d’età, rivolto ai residenti, compresi tra i 50 e i 74 anni, che sono invitati ad eseguire il test: questa ricerca del sangue occulto nelle feci non garantisce una protezione assoluta e definitiva poiché non tutti i tumori in fase iniziale si manifestano con perdite di sangue e in alcuni casi il sanguinamento è troppo limitato per essere rilevato come positivo con

il test di screening. Alcuni tumori colon rettali, inoltre, possono manifestarsi solo successivamente ad un esame negativo, motivo per cui è fondamentale, in assenza di sintomi sospetti, ripetere il test per la ricerca del sangue occulto ogni due anni mantenendo sempre informato il Medico di famiglia qualora compaiano sanguinamento rettale o sintomi intestinali insoliti come dolori, diarrea o stipsi. Chi ha condizioni ereditarie, con familiarità/storia personale per cancro al colonretto o polipo adenomatoso, con malattie infiammatorie croniche, e pertanto considerate a “rischio elevato”, ha bisogno di una sorveglianza specifica da concordare con il Medico di famiglia.

Lo screening mammografico Lo screening mammografico assicura, invece, a ogni donna un percorso di diagnosi e terapia, equo, gratuito ed accessibile. «Lo screening rivolto alle donne residenti nella provincia bergamasca nella fascia d’età compresa fra i 50 ed i 74 anni, prevede l’invito a eseguire i test per la diagnosi precoce di una lesione tumorale o suscettibile alla trasformazione maligna, offrendo prestazioni specialistiche, basate su evidenze scientifiche, ricomprese nei LEA sempre senza versamento di alcun ticket da parte delle donne che partecipano» spiega la dottoressa Tessandri. «Anche in questo caso eseguire il test è semplice e

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atS INFORMA

non richiede nemmeno alcuna prescrizione poiché la mammografia è un esame radiografico, che può individuare un tumore al seno, prima ancora che questo diventi palpabile o si evidenzi con dei sintomi. Riconoscere il tumore nelle prime fasi, non solo è fondamentale ma permette in molti casi un trattamento meno invasivo garantendo una maggiore possibilità di guarigione. La mammografia bilaterale di screening, eseguita in doppia proiezione, è un esame semplice con specificità e sensibilità diagnostica elevate e con un rapporto positivo in termini di costo/efficacia. L’esame, eseguito da un Tecnico sanitario di radiologia medica, specificamente addestrato, dura all’incirca 15 minuti: la compressione su entrambe le mammelle, seppur può risultare fastidiosa, si rende necessaria per ottenere un buon risultato d’immagine mentre la dose di radiazioni erogata dalle moderne apparecchiature è molto bassa ed è considerata sicura. In 50 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2018

caso di esito non negativo o dubbio della mammografia di screening alla donna saranno assicurati, senza versamento di alcun ticket, accertamenti clinici e di diagnostica radiologica e chirurgica d’approfondimento, avviando le eventuali cure che si rendessero necessarie, presso una delle strutture ospedaliere della provincia». La mammografia, tuttavia, non è sempre in grado di evidenziare la malattia anche se è presente; questo succede per difficoltà di interpretazione (come nelle mammelle dense, cioè con ricca componente ghiandolare) o perché il tumore si sviluppa tra una mammografia di controllo e la successiva (i cosiddetti tumori intervallo). È importante, quindi, per ogni donna conoscere le proprie mammelle, per avvertire eventuali cambiamenti del seno (comparsa di noduli, secrezioni ematiche del capezzolo, retrazioni della cute della mammella, rientranza del capezzolo) e rivolgersi al proprio

Medico di famiglia o a un senologo. La popolazione femminile di età 50 - 74 anni, coinvolta dallo screening mammografico, viene invitata ogni due anni, tramite lettera al proprio domicilio, a eseguire un test di screening, poiché questa azione fondamentale garantisce una cura più efficace di una malattia che, come nel caso del tumore alla mammella, è particolarmente importante, anche in termini d’incidenza, considerati che rappresenta la prima causa di morte per tumore per le donne. Dal 2018, relativamente allo screening mammografico, le donne nella fascia d’età 45-49 anni potranno scegliere di entrare nel programma, rivolgendosi direttamente alle strutture di ricovero e cura della rete, prenotando una mammografia di screening - senza impegnativa del Medico di famiglia e senza versamento di alcun ticket - qualora sia trascorso almeno un anno dall’ultima mammografia eseguita. Dal 2019, invece, anche le donne nella fascia di età compresa fra 45-49 anni riceveranno la lettera d’invito a partecipare allo screening mammografico.


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54 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2018


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Lericette della salute Primo piatto Difficoltà di preparazione Medio –facile

Tempo di preparazione 40 minuti

Riso rosso alla crema di zafferano e asparagi caramellati Ingredienti per 4 persone 320 g......... Riso rosso 640 ml...... Acqua 1.................. Mazzetto di asparagi 1.................. Busta di zafferano 1/2.............. Carota 1/2.............. Gamba di sedano 1/2.............. Cipolla qb............... Timo, rosmarino fresco, foglie di menta fresca 1.................. Cucchiaio di malto di riso Preparazione

Calorie a persona 300 Kcal

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Lavate con cura il riso fino a che l’acqua non risulti limpida. Mettetelo in una casseruola con l’acqua e un pizzico di sale, portate a bollore, abbassate la fiamma al minimo, coprite con un coperchio e lasciate cuocere per circa 20 minuti. Pulite bene gli asparagi, tagliate le punte e mettetele da parte; tagliate il resto del gambo a rondelle e mettetelo a cuocere con un po’ di acqua, aggiungete il sale e le erbe aromatiche. Cuocete per circa 20 minuti finché non risultino morbidi e ben cotti. A questo punto togliete le rondelle di asparagi (tenete l’acqua di cottura) e frullatele con un mixer per creare una cremina! Prendete un po’ di acqua calda di cottura degli asparagi, sciogliete la bustina di zafferano e aggiungete alla crema di asparagi. Nella restante acqua degli asparagi scottate le punte per circa quattro-cinque minuti. Una volta scottati metteteli a caramellare con il malto, precedentemente sciolto in un pentolino, per tre-quattro minuti. Impiattate, alternando una parte di riso, una di salsa e un’altra di riso e terminando con le punte di asparagi caramellati.


Fagottini vegan con verdure e lenticchie Ingredienti per 4 persone 300 g....... Farina 2 20 g.......... Amido di mais 70 ml....... Olio di girasole spremuto a freddo 150 ml..... Acqua fredda 150 g....... Lenticchie cotte 1................ Pizzico di sale 1/2............ Cucchiaino di curcuma 1................ Cipollotto 1................ Carota 1................ Zucchina 1................ Manciata di capperi 1................ Pomodoro secco sott’olio qb............. Olio extravergine di oliva Preparazione Mettete tutti gli ingredienti dentro un recipiente dai bordi alti, partendo dagli ingredienti secchi. Impastate per qualche minuto fino a formare un panetto morbido. Avvolgete in una pellicola e lasciate riposare in frigorifero per mezz’ora. Riprendete l’impasto, stendetelo cercando di dargli una forma rettangolare e poi ripiegatelo in due a forma di libro. Stendete nuovamente e ripetete questa operazione per tre volte. In una pentola mettete un paio di cucchiai di olio d’oliva e il cipollotto e fate scaldare, poi aggiungete tutte le verdure tagliate a dadini e le lenticchie cotte. Salate e lasciate cuocere finché le verdure si saranno ammorbidite, ma non troppo… devono rimanere ancora un po’ croccanti! Nel frattempo dissalate i capperi e tagliate a pezzettini il pomodorino secco; cercate di creare una purea con capperi e pomodorino secco, unendovi poi anche tutte le verdurine. Riprendete la pasta sfoglia stesa e tagliate a rettangoli non troppo grandi; aggiungete il ripieno e chiudete a fagottino. Fate cuocere in forno a 180° per circa 20 minuti!

Secondo piatto Difficoltà di preparazione Medio-facile

Tempo di preparazione 40 minuti

Tempo di cottura 20 minuti in forno

Calorie a persona 200 Kcal (2 fagottini)


ricetta

Dolce Difficoltà di preparazione Facile

Tempo di preparazione 50 minuti

Calorie a persona 250 Kcal 1 fetta

Crostata di fragole vegan Ingredienti teglia di 28 cm Per la base 400 g... Farina 2 200 g.... Uvetta 50 ml.... Succo di arancia 80 ml.... Olio di semi deodorato 200 g.... Nocciole tostate 20 g....... Lievito per dolci naturale 3 g......... Cannella 2 g......... Sale

Per la guarnizione 500 g.... Fragole 200 ml. Succo di arancia 100 ml.. succo di mela bio 2 g......... Agar agar in polvere 1 pizzico Sale

Per la crema pasticcera 350 ml. Latte di mandorla 35 g...... Kuzu (radice addensante) 1............ Punta di cucchiaino di semi di vaniglia 1/2........ Cucchiaino di buccia di limone grattugiata 90 g..... Malto di riso 1............ Cucchiaino di curcuma

Preparazione Base. Ammollate l’uvetta per circa mezz’ora in acqua tiepida e poi tritate le nocciole tostate, fino a ridurle in farina. In una ciotola mettete farina, farina di nocciole, uvetta frullata, lievito e cannella, sale, succo d’arancia e olio. Mescolate e impastate bene con le mani, fino a ottenere un impasto liscio e piuttosto asciutto. Con il matterello stendetelo su un piano di lavoro infarinato, date uno spessore di circa ½ cm e diametro di 32 cm circa. Trasferite la sfoglia su carta da forno, avendo cura di farla aderire su una teglia, premendo con le dita, anche sui bordi (devono essere abbastanza alti da contenere la frutta e la crema). Eliminate eventuale pasta in eccesso rifilando il bordo con un coltello affilato. Bucherellate la superficie della sfoglia con una forchetta e cuocete in forno preriscaldato a 180° per 40 minuti, fino a completa doratura. Una svolta sfornata, lasciate raffreddare completamente la base e disponetela su un piatto. Crema. In un pentolino versate il latte e amalgamate il kuzu, aggiungete gli altri ingredienti e ponete a fuoco medio. Mescolate continuamente fino ad addensamento. Distribuitela tiepida sulla base della crostata. Guarnizione. Per preparare la gelatina portate a ebollizione il succo d’arancia e di mela con il sale e l’agar agar mescolando continuamente. Fate sobbollire almeno cinque minuti e poi spegnete il fuoco e lasciate intiepidire. Intanto lavate le fragole ed eliminate la parte verde, tagliatele a fettine di pochi millimetri e disponetele sulla torta, leggermente sormontate. Versate sulle fragole la gelatina ancora tiepida e aspettate che si raffreddi completamente prima di servire. 58 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2018



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ALTRE TERAPIE

Taraxacum officinale il dente di leone dalle molte virtù ∞  a cura DI MARIA CASTELLANO

Ottimo per depurare l’organismo e contrastare la ritenzione idrica (e quindi la cellulite). Se siete alla ricerca di un alleato naturale per “purificarvi”, anche in vista dell’estate, il Tarassaco (Taraxacum Officinale) è quello che fa per voi. Si tratta di una pianta medicinale usata in fitoterapia e promossa da seri studi scientifici, che tra le sue proprietà ha quella di stimolare la diuresi. Conosciuto anche come dente di leone, è una delle piante spontanee più note, cresce anche in città nelle crepe dell’asfalto, ai bordi dei marciapiedi, resistendo all’inquinamento cittadino. «Per questo nella tradizione popolare è da sempre considerato un ottimo

rimedio per depurare il corpo dalle tossine» spiega la dottoressa Valentine Galizzi, farmacista. «Il nome volgare “piscialletto” si riferisce appunto all’usanza di bere il decotto della radice per eliminare il ristagno di liquidi e le tossine. Ma le virtù di questa preziosa pianta non si fermano qui. Le maggiori componenti ad azione terapeutica si trovano nella radice (la droga raccolta in autunno) nota grazie alle proprietà colagoghe e coleretiche, eupeptiche o digestive e diuretiche, utili per trattare diverse disfunzioni del fegato e la cosiddetta piccola insufficienza biliare. In dosi maggiori, inoltre, questa pianta ha un’attività antireumatica e lassativa».

Delle piante officinali si utilizzano alcune parti, chiamate droghe, nelle quali sono presenti le sostanze funzionali, o principi attivi”

MISCELA PER TISANA TARASSACO

TISANA DEPURATIVA DELLE 5 RADICI

Cardo mariano (Silybum marianum) semi 20 grammi

Bardana 20 grammi

Dottoressa Galizzi, cominciamo dall’attività diuretica… Il Tarassaco risulta utile nel trattamento della ritenzione idrica, anche associata a condizioni di sovrappeso e obesità. L’effetto diuretico può anche contribuire a contrastare la ritenzione idrica nella sindrome premestruale e agire

Le tisane La Farmacopea Ufficiale italiana definisce la composizione di alcune miscele di erbe contenenti Tarassaco, taglio tisana, che possono essere prescritte dal medico e preparate dal farmacista. Il rapporto medio droga/acqua in una tisana è di circa 3-5 g di droga ogni 100 ml d’acqua. La posologia è sempre di una tazza 2-3 volte al giorno, prima dei pasti per favorirne l’assorbimento. Bisogna far bollire l’acqua, aggiungere le erbe a fuoco spento e lasciare in infusione 15 minuti con un coperchio. La tisana deve essere poi filtrata e servita ancora calda senza dolcificare, o al massimo con un cucchiaio di miele d’acacia. 60 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2018

Cicoria 20 grammi Cumino di malta (Cuminum Cyminum) frutto 10 grammi Menta piperita (Mentha piperita) foglie 20 grammi

Gramigna 20 grammi Tarassaco 20 grammi Liquirizia 20 grammi

Tarassaco (Taraxacum officinale) radici - parte aerea 30 grammi Zedoaria (Curcuma zedoaria) rizoma 20 grammi.

In questo caso trattandosi di radici, meglio mantenere l’ebollizione per 5 minuti prima dell’infusione a fuoco spento.


contro la ritenzione delle urine nelle infezioni vescicali. Sulla proprietà diuretica del Taraxacum officinale influisce certamente anche l’elevato contenuto di potassio, tale da rimpiazzare quello perso nelle urine: usando la droga come diuretico si ottiene un netto guadagno di questo minerale, diversamente che con i diuretici convenzionali. Cosa si intende invece per attività colagoga e coleretica? Si riferisce alla capacità di stimolare rispettivamente il flusso biliare verso l’intestino e la secrezione della bile da parte delle cellule epatiche. L’azione del Tarassaco interessa elettivamente il fegato congestionato e la cistifellea sui quali sviluppa una marcata azione decongestionante, stimolante e promuovente l’emissione della bile. Stimolando

la funzione biliare regola anche le funzioni intestinali e contrasta la stitichezza, grazie anche all’elevato contenuto di inulina nelle radici, un tipo di fibra che riequilibra l’ecosistema intestinale favorendo la crescita dei batteri simbionti. In che forma di può assumere il Tarassaco? Le modalità d’uso possono essere diverse: succo, estratto fluido, tintura, infuso, dinamizzazioni omeopatiche. Ci sono precauzioni o controindicazioni? Non sono noti studi clinici controllati in donne in gravidanza e durante allattamento; in conformità con la prassi medica generale, il prodotto non deve essere impiegato senza prima avere sentito il parere

dott.ssa valentine galizzi Farmacista A Treviolo (BG)

del medico. I preparati a base di Tarassaco sono controindicati in caso di occlusione dei dotti biliari e in persone che soffrono di ulcera peptica, poiché stimolano le secrezioni gastriche. Esiste poi un’ipersensibilità individuale accertata alle Asteraceae (famiglia di appartenenza del Tarassaco).


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GUIDA ESAMI

Mineralogramma del capello Una “fotografia” dell’equilibrio minerale del nostro organismo ∞  a cura DI VIOLA COMPOSTELLA

«I minerali sono sostanze fondamentali per il corretto funzionamento del nostro organismo. Un loro disequilibrio può portare a deficit energetici e rendere impossibili o difficoltose molte reazioni chimiche indispensabili per una buona salute. Ecco perché, per valutare lo stato nutrizionale di una persona, può essere utile sottoporsi all’analisi minerale tessutale del capello o mineralogramma» spiega il dottor Paolo Bianchini, biologo nutrizionista. «L’analisi dei minerali nei capelli rivela la storia metabolica del paziente. I capelli sono infatti sede di deposito dei minerali (anche tossici). La loro composizione indica pertanto ciò che l’organismo ha accumulato negli ultimi 62 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2018

mesi. Lo stato minerale del capello fornirà indicazioni precise sull’adeguatezza della dieta, sul metabolismo vitaminico, sulla tendenza dell’organismo ad accumulare minerali tossici e sulla propensione a depositare in maniera eccessiva e anomala minerali peraltro utili». Dottor Bianchini, ci spiega meglio in cosa consiste il mineralogramma? Il mineralogramma è un’analisi chimica del capello che dosa i minerali essenziali (minerali nutrienti e oligoelementi) e i minerali tossici. Si differenzia profondamente dalle comuni analisi del sangue: si riferisce, infatti, ai processi metabolici intracellulari, mentre le analisi

ematiche alle zone extracellulari. Pertanto, il mineralogramma non è alternativo alle analisi ematiche, ma integra informazioni che altrimenti non sarebbe possibile ricavare. Quali indicazioni fornisce? Indica la tendenza a molte patologie, incluse immunodeficienze, infezioni, osteoporosi, disfunzioni tiroidee e surrenaliche, dell’apparato digerente, riproduttivo, respiratorio, cardiocircolatorio, osteoarticolare, nervoso. Permette inoltre di identificare e quantificare la presenza di minerali tossici come mercurio, alluminio, cadmio, piombo, arsenico. Dal mineralogramma del capello discende quindi un quadro unico ed esclusivo del soggetto


analizzato, che permette un’estrema personalizzazione della terapia dietetica e integrativa. Obiettivo del mineralogramma è infatti quello di individuare la costituzione base del soggetto e portarlo quanto più possibile vicino all’idealità, ovvero permettergli di conseguire un reale stato di benessere per le sue peculiari caratteristiche. La terapia integrativa sarà costituita da minerali, aminoacidi, vitamine ed estratti erbali standardizzati, da somministrare tenendo conto di ogni situazione particolare, giungendo così a riequilibrare le funzionalità organiche dell’individuo in una logica di predizione e prevenzione. Come si svolge il test? Un campione (di un grammo) di capelli viene prelevato alla base del cranio a livello della nuca o dalla zona retroauricolare, raccogliendo i tre centimetri più vicini alla cute. In questo modo si hanno infor-

mazioni sullo stato nutrizionale del paziente degli ultimi 3 mesi (i capelli crescono un centimetro/ mese). Viene quindi spedito a un laboratorio dove verrà analizzato attraverso uno strumento molto particolare (spettrofotometro ad assorbimento atomico a emissione di plasma), dopo essere stato lavato per eliminare eventuali sostanze chimiche usate per il trattamento dei capelli e digerito in una soluzione acida. È possibile quantificare la presenza di 37 minerali, inclusi quelli tossici. I risultati del mineralogramma (che vengono rappresentati in grafici, come pure le considerazioni e le spiegazioni contenute) rappresentano uno strumento a disposizione dell’operatore sanitario nel formulare un corretto inquadramento dello stato nutrizionale del richiedente, che li potrà utilizzare, integrandoli con eventuali altre indagini. Tali risultati vengono elaborati e interpretati

con la supervisione e il controllo di un medico specializzato. Lo possono fare tutti? Sì, chiunque può sottoporsi al test, essendo assolutamente innocuo e indolore. Per i calvi, si possono prelevare i peli di altre zone del corpo, come la barba, il petto, le ascelle o il pube.

DOTT. PAOLO BIANCHINI Biologo nutrizionista Esperto di Terapie Naturali



ANIMALI

RUBRICHE

∞  a cura DI MARIA CASTELLANO

Ipertensione felina Cure su misura per tenerla sotto controllo Lo sapevate che i nostri amici gatti possono soffrire di pressione alta? Proprio così. L’ipertensione felina è una condizione patologica sempre più frequente, sia perché legata all’invecchiamento della popolazione felina, sia per

una maggiore consapevolezza del problema e un aumento della diffusione di idonei mezzi diagnostici. Se trascurata può esporre l’animale a molti e diversi rischi e patologie che possono colpire l’occhio, il sistema nervoso centrale, il cuore e

il rene. Come evitare danni? Qual è la terapia da seguire? Lo abbiamo chiesto al dottor Jacopo Riva, medico veterinario. Dottor Riva, cosa si intende per ipertensione nel gatto?

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rubriche

ANIMALI

L’ipertensione è definita come innalzamento prolungato della pressione arteriosa sistemica oltre i limiti normali per una determinata specie ed è una condizione clinica che se non trattata può causare gravi malattie e morte nel gatto. Per un felino i valori normali sono per la pressione sistolica inferiori a 170 mm/Hg e per la pressione diastolica inferiori a 110 mm/Hg. Colpisce più facilmente soggetti di mezza età ma più facilmente dopo gli 11-12 anni di vita. Quali sono le cause? L’ipertensione può essere primaria (la forma più rara) oppure svilupparsi come conseguenza di un processo patologico (ipertensione secondaria). Le possibili cause di ipertensione primaria comprendono iperattività adrenergica, consumo protratto di diete ipersodiche (con eccessiva quantità di sale), rilascio improprio di “renina” (un enzima renale che regola la pressione), obesità o più in generale risposte inadeguate degli organi bersaglio a ormoni o terapie farmacologiche particolari. Nel gatto, la malattia è

DOTT. Jacopo Riva Medico Veterinario Specialista in Etologia Applicata Ambulatorio Veterinario Santa Maria – Calcinate

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Valori di pressione accettabili per un gatto sono sotto i 170 mm/Hg per la sistolica (la cosiddetta “massima”) e sotto i 110 mm/Hg per la diastolica (la cosiddetta “minima”)”

spesso associata a un’ampia gamma di disordini tra cui le nefropatie (malattie ai reni) e l’ipertiroidismo. Ci sono anche casi di ipertensione idiopatica, cioè senza una causa diagnosticabile, come l’aumento della pressione del sangue derivata da situazioni di stress, ad esempio le visita dal veterinario (ipertensione da camice). Come si manifesta e quali sono i rischi se non viene curata? Sintomi sono l’aumento della produzione di urina, della sete, inappetenza, vomito, etc.. L’ipertensione è in grado di danneggiare direttamente soprattutto quattro organi “bersaglio”: occhio, sistema nervoso centrale, cuore e rene. Queste condizioni arrecano danni significativi, tra cui emorragie, con possibile distacco della retina, ictus, danni renali e al cuore, causando forte debilitazione soprattutto in quei gatti che già soffrono di scarsa funzionalità renale o malattia della tiroide.Ilgattopuòpresentaredeficit visivi e cecità causati da emorragie, edemi e distacchi retinici; alterazioni comportamentali, atassia (alterazione locomotoria), crisi convulsive per emorragie ed edemi a livello del sistema nervoso centrale e tronco cerebrale; l’ipertrofia del ventrico-

lo sinistro (che si può sviluppare in risposta all’ipertensione aortica) può portare a un soffio cardiaco; possono infine comparire o aggravarsi i segni dell’insufficienza renale cronica per un danno renale diretto da ipertensione. La cecità quasi improvvisa è spesso l’unico sintomo apparentemente presente negli stadi iniziali: la terapia antipertensiva se iniziata precocemente, può indurre il miglioramento delle lesioni oculari e alcuni soggetti colpiti da cecità possono riacquistare la vista. In fase diagnostica è molto utile mantenere una costante attenzione alla possibile presenza della patologia, che dovrà essere sospettata in tutti i pazienti portati alla visita per patologie oculari o in soggetti ai quali è stata diagnosticata una malattia per la quale sia nota un’associazione con l’ipertensione o nei gatti che, sottoposti a ecocardiografia, mostrino un’ipertrofia del ventricolo sinistro. Come si arriva alla diagnosi? E in che modo si può controllare la pressione a un gatto? Chiaramente è necessario monitorare la pressione sanguigna in qualsiasi caso sia presente o si sospetti una patologia compatibile con danni da ipertensione felina. Dal momento che le patologie in questione si verificano più comunemente in gatti anziani, è indicato come screening preventivo il monitoraggio della pressione sanguigna nei gatti da 8-9 anni di età in poi. Il gatto deve essere visitato in un ambiente il più possibile tranquillo attendendo alcuni momenti in modo che possa adattarsi all’ambiente stesso e per minimizzare l’incidenza della cosiddetta “ipertensione da camice”; in tutte le fasi della procedura è importante ridurre al minimo indispensabile il conteni-


mento dell’animale. È possibile misurare la pressione sanguigna utilizzando tecniche dirette che comportano la cateterizzazione di un’arteria, ma non sono utilizzabili nel gatto sveglio, oppure una metodica indiretta adatta all’impiego clinico (in quanto associata a stress minimo per l’animale), come la metodica Doppler che si è dimostrata la più affidabile per la valutazione della pressione sanguigna nel gatto sveglio. Il Doppler con sfigmomanometro permette la rilevazione del flusso arterioso e la sonda può essere applicata alla zampa o alla coda dell’animale, in modo simile a come si misura la pressione sanguigna nell’uomo. Tale risultato fa dunque parte di una serie di aspetti (visita clinica

e altri esami collaterali ematici e non) e richiede più misurazioni seriali per confermare la diagnosi di ipertensione. Oltre a ciò vanno indagate tutte le possibili patologie sottostanti e correlate con una serie di accertamenti diagnostici. Come si cura? Una volta accertata la diagnosi è possibile instaurare una terapia antipertensiva ad hoc a seconda del soggetto e della patologia in corso. La terapia ha come obiettivo abbassare la pressione sanguigna riportandola entro limiti accettabili. Il trattamento si basa da un lato sull’identificazione e sul controllo di qualsiasi malattia sottostante, dall’altro sulla terapia antipertensiva specifica. Talvolta il controllo della

malattia principale è sufficiente a riportare alla normalità i valori pressori dell’animale; altre volte, invece, l’ipertensione persiste come nel caso dell’ipertensione associata a ipertiroidismo nonostante il successo della terapia della malattia tiroidea. Inizialmente, quindi, è utile modificare la dieta riducendo l’apporto di sodio unitamente a terapie farmacologiche come i diuretici, beta-bloccanti e vasodilatatori, gli ace-inibitori o i bloccanti dei canali del calcio. Il trattamento deve comunque essere sempre personalizzato. Solo il medico veterinario potrà decidere l’approccio diagnostico e terapeutico migliore a seconda delle patologie scatenanti e in base alla gravità del paziente.


dal territorio

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INV. Quadri donati dalla Galleria Fumagalli esposti all’Ospedale Papa Giovanni XXIII Una mostra permanente allestita nel corridoio di Radiologia/Neuroradiologia che conduce da Torre 2 a Torre 5 attraversando il cuore stesso dell’Ospedale. Inaugurata da qualche giorno, si intitola INV. e ospita una selezione di opere del vasto patrimonio artistico donato alla struttura ospedaliera dalla Famiglia Fumagalli, proprietari della storica galleria d’arte bergamasca. La selezione delle opere, a cura di Claudia Santeroni, costituisce una miscellanea di esperienze artistiche diversificate, appartenenti ad autori e tempi non lineari, ascrivibili grosso modo alla seconda metà del Novecento. I nuclei salienti che si possono estrapolare da questo repertorio sono di tipo astratto, segnico-gestuale e materico: si è optato per filoni tematici individuabili per la loro marcata affinità. L’attenzione si concentra su una selezione di opere che, collocate in un determinato contesto, ovvero quello ospedaliero, potevano apparire all’attenzione del visitatore una sorta di sillabario aniconico, complessivamente improntato all’uniformità cromatica, tematica e alle corrispondenze formali. Si tratta di opere laiche che suggeriscono, con discrezione, un’atmosfera di partecipata solidarietà umana attraverso una della più alte espressioni dell’agire dell’uomo: la creazione artistica.

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Un numero verde contro la psoriasi Un numero verde (800 949 209), attivo dal lunedì al venerdì, a sostegno dei 200.000 pazienti della Lombardia affetti da psoriasi. È stato lanciato in occasione della seconda edizione della campagna “Chiedi al tuo dermatologo” – lanciata da Novartis e patrocinata dall’Associazione per la difesa degli psoriasici (Adipso) e dalle società scientifiche Adoi (Associazione dermatologi-venereologi ospedalieri italiani e della sanità pubblica) e Sidemast (Società italiana di dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle malattie sessualmente trasmesse). Obiettivo della campagna è attivare quella fetta di pazienti, purtroppo ancora consistente, che per stigma o per rassegnazione non si rivolge al dermatologo, la figura di riferimento nel trattamento di un’impattante patologia quale è la psoriasi.


Il Corso di laurea in Ostetricia confermato dall’UNICEF “Amico dell’allattamento” Il Corso di laurea in Ostetricia di Milano - Bicocca (con sede a Bergamo, all’Ospedale Papa Giovanni XXIII, e a Monza, presso l’Ospedale San Gerardo-Fondazione Monza e Brianza per il Bambino e la sua Mamma) è stato riconfermato “Corso di laurea amico dell’allattamento materno” dall’UNICEF. La riconferma del titolo è avvenuta in seguito ad un’attenta valutazione dell’offerta formativa, dei tirocini curriculari e di interviste con docenti e studenti per verificare la coerenza con gli standard previsti

dall’UNICEF sulle competenze e le abilità necessarie a sostenere le madri che allattano e le famiglie nei percorsi di genitorialità. Da quando il Corso di Laurea è iniziato al 2016 sono stati circa oltre 500 i laureati in Ostetricia all’Università di Milano-Bicocca. Gli standard formativi previsti dall’UNICEF per ottenere il riconoscimento riguardano sei macro aree: 1. descrivere come funziona la lattazione umana e l’allattamento; 2. sostenere le madri nell’avvio e nel proseguimento dell’allattamento;

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3. gestire le sfide che potranno insorgere nel corso dell’allattamento; 4. facilitare e proteggere la relazione madre-bambino; 5. diffondere la cultura dell’allattamento e di una corretta alimentazione per madre e bambino attraverso una comunicazione efficace; 6. descrivere l’Iniziativa UNICEF Insieme per l’Allattamento e il Codice Internazionale sulla Commercializzazione dei Sostituti del Latte Materno.

Incontinenza urinaria

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dal territorio

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La salute nelle città come bene comune Sono 6.000 le persone con diabete nella città di Bergamo e oltre 50.000 nella provincia. Vivere in città è associato a un peggioramento dello stile di vita e a un aumento delle malattie croniche non trasmissibili come il diabete. ATS Bergamo e Comune di Bergamo aderiscono al progetto Cities Changing Diabetes® adottando il Manifesto della Salute nelle città. A Bergamo il 9 giugno 2018 presso la Sala del Mosaico della Camera di Commercio si confrontano i massimi esponenti delle istituzioni sanitarie regionali, del management dell’ATS di Bergamo, del Comune di Bergamo, i clinici, gli esponenti di associazioni di pazienti, i ricercatori e le imprese del settore Salute sul tema della salute nelle città. Il convegno è organizzato da ATS di Bergamo e Comune di Bergamo in collaborazione con l’Associazione Diabetici Bergamaschi e l’AssociazioneNOI insieme per i diabetici insulino-dipendenti con il patrocinio di OMCeO di Bergamo e dell’Health City Institute e con il contributo non condizionante di Novo Nordisk nell’ambito del progetto internazionale Cities Changing Diabetes®. Aprirà i lavori Giulio Gallera, Assessore al Welfare di Regione Lombardia. Interverranno inoltre Mara Azzi, Direttore Generale di ATS di Bergamo,Giorgio Gori, Sindaco di Bergamo,Roberto Pella, Vicepresidente Vicario ANCI, Guido Marinoni, Presidente dell’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Bergamo. I cambiamenti demografici in corso, che includono l’urbanizzazione, il peggioramento degli stili di vita, l’invecchiamento della popolazione e l’isolamento

sociale si riflettono in una crescita costante della prevalenza del diabete, una delle malattie croniche a più ampia diffusione nel mondo che costituisce una delle più rilevanti e costose malattie sociali della nostra epoca. Nelle città vivono oggi i due terzi delle persone affette da diabete; questo fenomeno, noto come Urban Diabetes, è un problema emergente anche in Italia visto che nelle 14 Città Metropolitane risiede il 36% della popolazione del Paese e circa 1,2 milioni di persone con diabete. Da qui la necessità di mettere in atto nelle aree urbane una strategia integrata, finalizzata a costruire un’idea di città come “promotore della salute”, attraverso un approccio multilivello che comprenda iniziative di vario genere, sociali prima ancora che sanitarie. In tale direzione ATS Bergamo e Comune di Bergamo hanno aderito al progetto Cities Changing Diabetes® adottando il Manifesto della Salute nelle città, documento elaborato dall’Health City Institute in collaborazione con Ministero della Salute e ANCI, che delinea le azioni da intraprendere per studiare i determinanti della salute nelle Città e migliorare la qualità di vita dei cittadini. Il progetto Cities Changing Diabetes®, primo progetto mondiale di Urban Diabetes; è un programma di parnership promosso dall’University College of London e dallo Steno Diabetes Center danese con il sostegno di Novo Nordisk e ha l’obiettivo di creare un movimento unitario in grado di stimolare, a livello nazionale e locale, i decisori politici a considerare come prioritario il tema dell’Urban Diabetes.


Novità in libreria

Toti, pirata cambusiere (Arcadia)

Cura. Una parola del nostro tempo (San Paolo)

Metti insieme un cuoco, un vignettista e un’esperta di satira, li agiti per bene e viene fuori un libretto simpatico, adatto ai ragazzi con un titolo avvincente: “Toti, pirata cambusiere - Avventure per ricette e ricette di avventure”. A narrare queste avventure con vignette e ricette sono Antonio G. Chessa, il cuoco, Emanuela Marmo, l’esperta di satira, con le illustrazioni di Giancarlo Covino, vignettista e architetto. Toti è un paffuto topino che scopre di avere talento per la cucina e per le avventure e si imbarca di nascosto su un mercantile diretto alla baia nella quale si è arenata la nave pirata di Coda Nera. Con lui ci sono due nuovi amici topini. Durante la navigazione inventa un sacco di ricette: dal polpettone di patate e tonno, alla zuppa alla Toti, dai funghi sul pennone al panino formaggioso, dai biscottini della consolazione al frullato della natura e via dicendo. Il tutto condito con una serie esilarante di avventure da solo e con gli amici topini.

L’autore è Marco Trabucchi, professore di neuropsicofarmacologia nell’Università Tor Vergata di Roma e Presidente dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria, società scientifica che studia le condizioni di benessere della persona anziana in relazione allo stato di salute somatica. La cura è un paradigma centrale nella vita, sia che venga ricercata, sia che si ritenga di poterne fare a meno, sia che venga rifiutata. È atteggiamento sempre presente nell’animo umano, perché la cura che si riceve e si dona è parte del cuore. Ma è anche parte della carne, perché non esiste una cura realizzata solo con il cervello. Di quale cura hanno bisogno gli uomini? Di quella giornaliera da parte di chi ascolta, accompagna, provvede, e di quella, meno ordinaria ma importante, di chi sostiene quando le condizioni del corpo e della mente non permettono autonomia. La cura ha diverse espressioni, da quella umana di chi nella vita accompagna il concittadino che ha momenti di debolezza nei quali la cura può essere importante, a quella strettamente medica o psicologica, cioè l’intervento a favore della persona in condizioni di sofferenza, che si giova di un supporto o di una terapia. Vi sono molti contatti tra le due modalità di cura; l’Autore, in particolare, è portato a ritenere simili i due approcci, perché alla base di entrambi vi è l’attenzione, la dedizione, la stabilità della donazione. Maggio / Giugno 2018 | Bergamo Salute | 71


DAL TERRITORIO

ONLUS

Così la SLA fa un po’ meno paura

∞  A CURA DI LUCIO BUONANNO

Ogni anno almeno quindici bergamaschi vengono colpiti dalla SLA (Sclerosi Laterale Amiotrofica), con un preoccupante aumento negli ultimi anni: da 80 casi a 140. È una malattia terribile che colpisce le cellule nervose del cervello e del midollo spinale che controllano i muscoli e lascia pochissime, se non nessuna, speranze di guarigione. Porta progressivamente a rigidità muscolare, difficoltà di parola, blocca la deglutizione e la respirazione. Si finisce per vivere attaccati a una macchina. Almeno per ora. Gli studi scientifici su questa malattia sono tanti; ultimamente sono stati messi a punto anche nuovi farmaci come l’edaravone che però può essere somministrato solo in strutture mediche autorizzate (in Lombardia l’unico centro è l’Ospedale Papa Giovanni XXIII dove i medici hanno avviato nel gennaio di quest’anno il primo ciclo) e, anche se ne rallenta la progressione, non cura la malattia ed è efficace solo 72 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2018

Ibis: nell’antico Egitto uccello sacro al dio Thot. Il suo apparire annunciava la crescita del Nilo. Viene nominato da Giobbe come uno degli animali in cui si manifesta maggiormente la potenza divina”

in pazienti con malattia in fase iniziale e che rientrino in alcuni criteri stabiliti dall’Agenzia Italiana del farmaco. Insomma, le speranze per questi malati sono appese al lumicino, ma molto si può, e si deve, fare comunque per loro e per mi-

gliorare le loro condizioni di vita. Per questo l’Associazione IBIS Onlus, nata nel 1999 e impegnata nella lotta alla Sclerosi Laterale Amiotrofica e le Malattie Rare e nel sostegno ai malati: per tre anni, dal 2015 al 2017 e nel 2018 con UBI Banca, ha finanziato il progetto “Un Case manager per la SLA”. “L’abbiamo chiamato così”, si legge in una nota “perché ha come obiettivo ultimo quello di consentire ai pazienti di superare i limiti imposti dalla malattia soprattutto sul fronte della comunicazione e dei movimenti e di acquisire nuove abilità e competenze e una migliore qualità della vita”. Cuore del progetto è il dottor Virginio Bonito, neurologo, coadiuvato dal case manager, letteralmente “coordinatore del caso”, una figura

Ibis Onlus via Borgo Palazzo, 130 Bergamo Per contribuire: IT24F0311111101000000098625 www.associazioneibis.it


Tanti progetti Oltre al progetto Superabile l’Associazione Ibis ha realizzato e realizza molte e diverse attività: > convenzione con l’Ospedale Papa Giovanni XXIII per il finanziamento delle visite o degli interventi che gli specialisti fanno a domicilio di persone con la SLA > convenzione con la Croce Bianca Città di Bergamo per il trasporto gratuito per le persone con SLA e loro familiari > finanzia un programma di fisioterapia specifica e di idroterapia > offre supporto psicologico, informazioni su leggi e diritti del malato > gestisce un magazzino di materiale sanitario di consumo e ausili, concessi gratuitamente a chi ne ha bisogno > organizza eventi per raccolte fondi e campagne di sensibilizzazione.

professionale specializzata nel facilitare l’accesso dei pazienti con SLA o altre gravi malattie neurologiche ai servizi di cui hanno bisogno anche fuori dall’Ospedale. «La Sclerosi Multipla Amiotrofica e altre malattie neurologiche comportano deficit neurologici anche molto complessi e variabili e bisogni che trovano una risposta in varie realtà sociosanitarie: l’ospedale, il domicilio, la terapia intensiva, l’hospice» spiega la dottoressa Maria Rosa Rottoli, direttore dell’Unità di neurologia dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII. «Il progredire della malattia

fa sì che il paziente e la famiglia debbano interagire con figure diverse in una rete complessa che rischia di diventare un labirinto nel quale non sanno neppure a chi rivolgersi. In un percorso di cura che si prolunga negli anni avere una figura che facilita la comunicazione e il coordinamento tra i professionisti sanitari e socio-sanitari è indispensabile per ridurre il rischio di interventi intempestivi e inappropriati e la frammentazione dell’assistenza». E l’Associazione Ibis Onlus per la Sclerosi Laterale Amiotrofica e le Malattie Rare, con la

presidente Ludovica Torza e altri volontari, cerca proprio di rendere meno drammatica la situazione delle 140 famiglie bergamasche in cui un caro è stato colpito dalla malattia. «La storia della nascita dell’Associazione è legata al desiderio di rispondere in modo concreto ed efficace ai problemi delle persone affette dalla SLA e delle loro famiglie. Fornisce servizi di utilità sociale e supporto per le diverse esigenze e si colloca come punto di riferimento territoriale per ogni richiesta d’aiuto e d’informazione» spiega la presidente.


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A.R.M.R

MIOPATIA “DESMIN STORAGE”

Associazione Ricerca Malattie Rare

Codice di Esenzione. RFG070

INSIEME CONTRO LE MALATTIE RARE

Categoria. Malattia del sistema nervoso e degli organi di senso.

Le Malattie Rare sono un ampio gruppo di patologie (circa 6.000 secondo l’OMS), accomunate dalla bassa prevalenza nella popolazione (inferiore a cinque persone per 1.000 abitanti secondo i criteri adottati dall’Unione Europea). Con base genetica per l’80-90%, possono interessare tutti gli organi e apparati dell’organismo umano.

Incontri con i soci e gli amici di a.R.M.R /

VENERDì 25 MAGGIO Gran Galà 2018 Festeggiamenti per il 25° anno di A.R.M.R.

Definizione. Gruppo eterogeneo di miopatie (malattie che colpiscono la funzionalità muscolare) ereditarie, caratterizzate da accumulo di desmina, proteina che fa parte dei filamenti intermedi nella fibra muscolare striata (ovvero la componente muscolare del cuore o dell’apparato scheletrico). Epidemiologia. Patologia molto rara; in letteratura sono state descritte poche decine di casi. Segni e sintomi. Esordisce solitamente nella seconda o terza decade di vita; sono stati descritti tuttavia alcuni casi a esordio in età infantile. I sintomi principali delle forme congenite sono determinati dalla compromissione della muscolatura bulbare (o spinale) e dei cosiddetti cingoli scapolare e pelvico (complessi articolari a livello della parte alta della schiena e della zona delle anche). È stata inoltre descritta una forma progressiva, che si manifesta solitamente in età adulta, con primario coinvolgimento dei muscoli delle mani e dei piedi, associata a cardiomiopatia. Sono state osservate anche forme a esordio precoce, caratterizzate dal coinvolgimento dei muscoli striati (muscoli degli arti, del tronco e facciali); anche in questo caso vi è cardiomiopatia. L’aspettativa di vita è di solito ridotta a causa delle complicanze cardiache e respiratorie Eziologia. La malattia ha un’origine genetica.

Tel. +39 035 671906 fax +39 035 672699 presidenza@armr.it WWW.ARMR.IT

Diagnosi. Si basa sulla biopsia muscolare che mostra la presenza di aggregati di filamenti desminici. Il test genetico-molecolare è ancora in fase di studio. Terapia. Non esiste terapia risolutiva. Il trattamento è sintomatico e di supporto. I pazienti con cardiomiopatia possono necessitare dell’impianto di pace-maker. Dottor Angelo Serraglio Vice Presidente ARMR

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dal territorio

Il lato umano della medicina

Il blues mi aiuta a curare i pazienti

∞  a cura DI LUCIO BUONANNO

«Ho cominciato a suonare la chitarra a 14 anni. Mi ha aiutato a superare un’infatuazione amorosa adolescenziale. Me l’aveva regalata mia madre, appassionata musicista. Da allora non ho più smesso e da qualche anno,con alcuni amici, abbiamo formato un gruppo composto da Marco (ndr. Rascaroli, anche lui neurologo), batterista, due imprenditori Valerio al basso e Luigi alla chitarra solista, e Roger, un top manager, alle tastiere. Questo gruppo, nato qualche anno fa in giugno, è stato chiamato No Tax Band (NTB) a stigmatizzare l’odiosa scadenza fiscale del mese. Il nostro genere? Blues e rock anni 70 alla Jimy Hendrix per capirci, i Led Zeppelin, ma non solo». Claudio Ferrante, 62 anni, è la voce e chitarrista dei “No tax band”. Di professione però è il responsabile della neurologia e del Centro di sclerosi multipla del Policlinico di Ponte San Pietro. Per lui neurologia e musica sono strettamente collegate. «La musica è fonte di profonde emozioni che sono l’elaborato del “lavoro” cerebrale». 76 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2018

E le emozioni riesce a trasmetterle anche quando fa i concerti. «Purtroppo non ho mai studiato musica a causa un difetto visivo congenito che non mi permette di leggere un pentagramma, pena un malessere simile al mal d’auto. Ho imparato però a suonare a orecchio su quella meravigliosa chitarra che mi diede mia mamma e su quella che mi regalarono il giorno della mia laurea, il 2 aprile 1981. Una chitarra eccezionale, una Ovation. Adesso però uso una chitarra semiacustica più adatta alle esigenze di amplificazione». Il nostro neurologo ce la descrive con passione. Sembra quasi di vederla in azione, di sentirla vibrare tra le sue mani. Ferrante è figlio d’arte: la mamma, di ascendenze austriache, era musicista, il papà di Pozzuoli, ufficiale dell’Aeronautica, durante la seconda guerra mondiale, ma anche attore e capo della filodrammatica puteolana in gioventù. Ricorda ancora il primo concerto del gruppo: a Merate in un bar per la festa di apertura della primavera. Grande successo. La gente si fer-

mava a sentire i brani blues dei “No tax band”. E altri concerti che i No tax band” aprivano con “Blues in Milan” di Nanni Svampa e Nino Patruno, due dei mitici “Gufi“. Il blues è il loro cavallo di battaglia. «È la fusione di musica afro e bianca. È paradossalmente gioiosa, il canto e la musica sono una magia, danno emozioni anche se le parole sono spesso drammatiche. La stessa sensazione che ho provato io a New Orleans. Avevo 28 anni e una

In questa rubrica gli operatori sanitari (medici, infermieri etc.) si raccontano, facendo conoscere oltre al loro lato professionale la loro attività di artisti, volontari, atleti... Vuoi raccontare la tua storia su Bergamo Salute?

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sera sono andato nel quartiere francese e mi sono bloccato davanti a un anziano che suonava il sassofono. Sono stato lì davanti a lui, seduto per terra appoggiato alla saracinesca di un negozio chiuso, per tre ore: lui non ha mai smesso di suonare. Alla fine ci siamo mossi e ognuno è andato per la sua strada senza neppure salutarci. Io ero felice, commosso, di avere ascoltato un blues fantastico». Uno dei prossimi obbiettivi è eseguire in un concerto “Creuza de ma” di Fabrizio De Andrè. «È un brano difficile, ma prima o poi lo faremo. Anche perché mia moglie ci chiede di inserire nel nostro repertorio qualche brano del grande Faber». Ma prima ancora l’obbiettivo del medico è puntato sui giudici dell’ENCI (Ente Nazionale della Cinofilia Italiana) che dovrebbero riconoscere come cane di razza il Pastore del Lagorai, forse il progenitore di tutte le razze di cani pastori, la cui presenza, come risulta dai graffiti rupestri della Valcamonica risale a quasi tremila anni fa. Ferrante ha infatti un esemplare di sette mesi e si sta battendo perché possa essere la prima razza canina trentina di sempre e la diciassettesima di

tutta Italia. Ci mostra con orgoglio la foto sul telefonino di Ozzy, chiamato come John Michael “Ozzy” Osbourne il cantautore, compositore e attore britannico, divenuto famoso prima con i Black Sabbath e poi con una carriera solista di grande successo, tanto da essere riconosciuto da tanti come “il padrino dell’heavy metal”. «Il nostro

Ozzy è un giocherellone e non sta mai fermo» dice il neurologo. «Va d’accordissimo con Attila, l’altro cane, nero con gli occhi di giada, che abbiamo adottato. Era in un canile e nessuno lo voleva perché era nero». E chissà che un giorno il primario di neurologia non scriverà una canzone per i suoi due beniamini a quattro zampe.


dal territorio

testimonianza

Michael Woloschinow

Così ho sconfitto bulimia e anoressia

Vi riportiamo la toccante testimonianza di Vanessa, che ci ha scritto dopo aver letto un’altra storia di speranza pubblicata in queste pagine della nostra rivista ∞  a cura DI VANESSA MANZONI

”Ecco la mia storia. Spero che vi piaccia e possiate pubblicarla. Scusatemi per la lunghezza ma è stato terapeutico scrivere di getto tutta la mia storia e mi è venuto naturale”. Sono Vanessa, una ragazza di 26 anni, studentessa universitaria di lettere, di Dalmine. Ho scoperto questa interessantissima rubrica leggendo in ospedale un numero della vostra rivista. Amo scrivere da sempre, ma non ho mai avuto il coraggio di mettere nero su bianco quello che mi è capitato anche perché ho avuto una “ricaduta” e ne sono riuscita solo di recente. Ora, però, è come se l’articolo che ho letto in questa sezione mi abbia chiamata e quindi “perché non scrivere anche io la mia 78 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2018

storia, rendendola così pubblica?” mi sono detta. Finalmente non mi vergogno più di dire di che cosa ho sofferto. Ho sofferto di disturbi del comportamento alimentare: dalla bulimia del 2008 in cui ho vomitato per mesi (un estremo tentativo di richiamare l’attenzione dei miei genitori), all’anoressia del 2015-2016 dovuta anche al trauma della morte, dopo anni di malattia, di mia mamma per un tumore. In questa testimonianza voglio parlare della mia malattia, perché, anche se è ancora un tabù, questa è: una malattia. Quante volte mi sono sentita dire: “poverino è chi ha un tumore tu invece te la sei cercata”. Di sicuro alla base dei disturbi alimentari c’è un non volersi bene, una difficoltà psicologica che ha la meglio sulla razionalità.

Spesso quando i media parlano di disturbi alimentari lo fanno in una chiave appunto troppo “mediatica”, sensazionalista o comunque troppo ricca di particolari: la persona che ne ha sofferto e ne è uscita si sofferma molto a parlare delle cose che faceva mentre stava male... comportamenti negativi e dannosi che possono nuocere a chi, ancora dentro quel tunnel, li può prendere ad esempio, non rendendosi conto che possono mettere letteralmente a rischio la vita. Io per esempio avevo comprato dei libri che raccontavano storie di ragazze anoressiche dicendomi che mi avrebbero aiutato a uscirne. In realtà, col senno di poi, ho capito che avevo mentito a me stessa. L’ equipe di medici che mi seguiva mi sconsigliò vivamente di leggere


libri del genere perché c’ero dentro ancora fino al collo e avrei potuto copiare su me stessa quei comportamenti dannosi. Tutto questo per dire che io la mia storia la voglio raccontare da un’angolazione diversa. Non voglio raccontare le azioni che facevo a me stessa mentre stavo male, non voglio certo essere un esempio. Al contrario voglio raccontare come ho fatto io a uscire da tutto ciò, a tornare a vivere e sorridere. Questo articolo vuole essere una speranza, una testimonianza di chi ce l’ha fatta a sconfiggere questa “bestia” come la chiamavo io. Non lo nego, non è stato facile per niente. È stata una strada in salita. Ma partiamo dall’inizio. Voglio parlare non della prima volta ma della seconda mia ricaduta, che è anche quella più recente. Dopo quello che avevo passato da ragazzina mai e poi mai avrei pensato di ricaderci. E invece è risuccesso. Piano piano, dopo che mia mamma si è ammalata. Una lunga malattia, un calvario, che me l’ha strappata quando avevo solo 23anni. Per tutto quel tempo ho cercato di “fare la forte”, non ho esternato il

mio dolore ma ovviamente dentro stavo morendo dal dolore. Mentre lei stava male ho iniziato a mangiare in modo compulsivo per arginare la sofferenza. Non fumo né bevo alcolici: il cibo era la mia unica valvola di sfogo. Prima di morire le promisi che sarei dimagrita come lei voleva per me e sarei tornata al mio peso forma. Quello diventò il mio obiettivo di vita. In un mese, solo riducendo il cibo, riuscii ad arrivare al mio peso forma. Purtroppo però mi ritrovai dentro un altro vortice: continuavo a perdere chili. Arrivai a perderne più di 10 in poco tempo, andando sottopeso. Ovviamente io non me ne accorgevo, non mi vedevo magra e allontanavo tutti i miei familiari. Più loro mi dicevano che ero malata più io negavo. Finché sono finita in codice giallo all’ospedale per grave iponatremia (calo del sodio nel sangue). Non avevo mangiato nulla per due settimane perché avevo paura di soffocare col cibo e mi si era chiuso lo stomaco. Avevo toccato il fondo. Ma qui, in ospedale, è avvenuto l’incontro che avrebbe cambiato le mie sorti. Era la fine dell’estate del 2016 quando ebbi la fortuna di conoscere il primario della psichiatria dell’Ospedale Papa

In questa rubrica pubblichiamo la storia di una persona che ha superato un incidente, un trauma, una malattia e con il suo racconto può dare speranza agli altri. Vuoi raccontare la tua storia su Bergamo Salute?

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Giovanni XXIII di Bergamo, la dottoressa Bondi, specializzata anche in problemi alimentari. Una “Santa”, come la chiamo io, la mia salvatrice, anche se penso davvero che non si possa aiutare chi non vuole essere aiutato. Da quell’incontro è iniziato un lavoro di equipe con la psichiatra, la psicologa e la dietologa... Il primo passo è stato tenere un diario alimentare accurato. Poi c’erano le sedute di psicoterapia, un’ora ogni settimana per molto più di un anno e le visite con la psichiatra per controllare l’andamento della cura farmacologica che mi era stata data anche per gli attacchi di ansia e panico di cui avevo cominciato a soffrire. È stato un percorso di cura e guarigione lungo, un lavoro costante che mi ha portato dove sono a oggi. Oggi ho rimesso il giusto peso, mangio seguendo un regime equilibrato e adatto a me che mi ha dato un medico specialista in alimentazione. Posso dire di essere guarita, anche se continuo mensilmente i miei incontri con la dietista, che mi aiuta a gestire al meglio il cibo, e continuo la psicoterapia che mi aiuta a superare il mio grave lutto. Non non ho più attacchi di panico e non soffro più d’ansia. Sono rinata. Posso finalmente guardare al futuro con sorriso e non più con paura, non mi vedo più magra fino all’osso e sola, mi vedo serena e circondata da tutta la mia famiglia, quella di oggi e quella che magari un giorno mi costruirò. Vincere la battaglia contro i disturbi alimentari è dura, ma se hai accanto le persone giuste, puoi imparare ad amarti e ricominciare a vivere.


dal territorio

FESTIVAL DELL’AMBIENTE 2018

Il festival dell’ambiente 2018 immagine per immagine I volti, i luoghi e i momenti più significativi della 7ª edizione del festival bergamasco sulla sostenibilità ∞  a cura DI GIULIA SAMMARCO

Inaugurazione La prima mattinata del festival, quella di venerdì 18 maggio, ha ospitato il consueto taglio del nastro che ha sancito l’inizio ufficiale della settima edizione del Festival dell’Ambiente. L’onere di aprire le danze è stato affidato all’assessore all’Ambiente, politiche energetiche e verde pubblico Layla Ciagà in rappresentanza del Comune di Bergamo, grande promotore dell’evento. Di grande rilievo è stato anche l’intervento del neo assessore all’Ambiente e Clima della Regione Lombardia, Raffaele Cattaneo. Subito dopo il taglio è intervenuta anche la senatrice bergamasca Alessandra Gallone che ha concluso la cerimonia sottolineando come l’ambiente sia il futuro.

80 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2018

Progetto Scuole Action 2 Art

Espositori e associazioni Anche quest’anno la green economy è arrivata sul Sentierone grazie agli stand degli espositori e delle realtà che hanno un occhio di riguardo verso l’aspetto più strettamente economico della sostenibilità ambientale. Sono stati presentati prodotti provenienti dai diversi settori tra i quali alimentazione, energie rinnovabili, stili di vita, mobilità, edilizia e sevizi relativi alla casa. Oltre a questi, lo spazio all’ombra del Quadriportico è stato occupato dalle realtà del terzo settore con associazioni, enti e cooperative che hanno esposto i loro prodotti e le loro iniziative.

Il classico venerdì mattina dedicato alle scuole ha visto la presentazione del Progetto Scuola “Action 2 Art” realizzato in collaborazione tra l’Assessorato all’Ambiente del Comune di Bergamo, A2A e Aprica in cui 10 classi di 7 scuole secondarie di II grado di Bergamo hanno presentato i loro progetti di eco-design. Il progetto vincitore è stata la seduta realizzata con il recupero di tubi metallici dal titolo “Acqua e amore” realizzato dalla 4ª AFJ dell’Istituto “Cesare Pesenti” che avrà l’onore di vederla esposta a Milano durante la Fall Design Week 2018. Inoltre la classe potrà partecipare a un laboratorio interattivo al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia “Leonardo da Vinci” di Milano.


Sapori per tutti i gusti nel weekend Nel corso di tutta la giornata di sabato, il Festival dell’Ambiente ha ospitato in via eccezionale il Mercato della Terra di Slow Food, che ogni secondo e quarto sabato del mese propone i suoi prodotti che rispettano l’ambiente e custodiscono i segreti e i saperi dei territori e delle tradizioni locali. Domenica invece è stata la volta delle bancarelle dei produttori biologici che hanno portato nel centro cittadino la BioDomenica di Primavera, un’iniziativa organizzata dal Bio-distretto dell’Agricoltura Sociale di Bergamo in collaborazione con il Comune di Bergamo.

Laboratori MoBLArte Come da tradizione lo spazio dedicato alle attività di bambini e famiglie è stato curato dai volontari dell’associazione MoBLArte che, sabato e domenica, hanno accompagnato i più piccoli alla scoperta del significato di essere degli abitanti attraverso un atelier delle impronte. Si è creata così la perfetta occasione per approfondire, attraverso il gioco, concetti come abitare un territorio e le relazioni che intercorrono tra un territorio e le persone che lo occupano.

Cena a lume di sostenibilità Il Festival dell’Ambiente 2018 ha ospitato anche la terza edizione della Cena Sostenibile “Diamo Luce alla Sostenibilità”. L’edizione di quest’anno si è consumata nella suggestiva cornice del giardino di piazza Dante con un menù ideato dagli studenti di Engim Lombardia, il centro di formazione professionale di Valbrembo e Brembate di Sopra che ha organizzato la serata in collaborazione con Slow Food Bergamo e il Bio-Distretto dell’Agricoltura di Bergamo. Parte del ricavato della cena verrà devoluto al Cesvi a sostegno dei progetti potati avanti nelle zone più povere del mondo.


strutture

Habilita Ospedale Faccanoni Sarnico

Fragilità e cronicità: potenziata l’area di geriatria

∞  a cura DI FRANCESCA DOGI

Cercando di rispondere a una sempre più specifica richiesta proveniente dal territorio, Habilita si è attivata per mettere a disposizione servizi che rispondano in modo efficace alle esigenze dei pazienti. Come dimostra il recente inserimento di un nuovo professionista geriatra, Deborah Chiesa, nell’equipe già presente in Habilita Ospedale Faccanoni a Sarnico. L’abbiamo incontrata per approfondire da un lato il servizio of82 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2018

ferto dall’altro il ruolo del geriatra, figura sempre più cruciale in una società come la nostra caratterizzata dall’invecchiamento della popolazione e dalla conseguente cronicità. Dottoressa Chiesa, ma di cosa si occupa di preciso il geriatria? Il geriatra è il medico a cui dovrebbe rivolgersi la persona anziana con molte patologie e che di con-

seguenza assume molti farmaci. Negli ultimi anni infatti il problema della polifarmacoterapia nel paziente anziano è sempre più tenuto in considerazione nella comunità scientifica. Si stima che l’11% della popolazione anziana in Italia (più di 1,3 milioni di individui) assuma più di 10 farmaci al giorno. Assumere molti farmaci rende il paziente a rischio di interazioni farmacologiche anche gravi. Inoltre si può andare incontro alla cosiddetta “cascata


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prescrittiva”, per cui un farmaco può provocare una reazione avversa per la quale viene dato un altro farmaco per trattarla e così via. Per esempio spesso il peggioramento del decadimento cognitivo e dell’agitazione dato da alcuni farmaci viene trattato con altri farmaci, come i sedativi, invece che con la sospensione del farmaco implicato nel peggioramento stesso. Quando inoltre la complessità clinica del paziente diviene elevata, soprattutto in casi di demenza avanzata, e quindi con aspettativa di vita limitata, si rende necessaria una revisione della terapia e degli obiettivi per il paziente, che devono a questo punto orientarsi verso un controllo della sintomatologia, soprattutto quella dolorosa, piuttosto che perseguire la prevenzione delle malattie. Bisogna poi ricordare che la polifarmacoterapia ha un notevole impatto sui costi del sistema sociosanitario. L’obiettivo del geriatra è quindi quello di aiutare i pazienti anziani fragili che, oltre a soffrire di molte malattie, possono anche presentare decadimento cognitivo rendendo spesso difficoltoso rivolgersi ai vari specialisti per gestire tutti gli aspetti del paziente. A questo punto della vita risulta più utile fare affidamento a una persona di riferimento, come il geriatra, che ha una visione più globale e che cerca di trovare un equilibrio per la gestione di tutti i problemi che si trova ad affrontare il paziente anziano, rivalutando periodicamente sia la condizione fisica e cognitiva sia le terapie farmacologiche specifiche di un anziano, che spesso si trascinano nel tempo.

Ora si avvicina la stagione più calda, una stagione in cui i soggetti più fragili possono avere particolari problemi. Ci può dare qualche consiglio? Mantenere un’adeguata idratazione è un consiglio che va sempre seguito, in ogni periodo dell’anno, ma in particolare proprio quando inizia a fare caldo. Anche in questo caso è importante valutare la necessità di alcune terapie nei mesi più caldi. Ad esempio le terapie diuretiche o le terapie antiipertensive possono provocare lipotimie o svenimenti e quindi vanno calibrate paziente per paziente, valutando periodicamente le sue condizioni cliniche. Lei è appena arrivata all’Ospedale di Sarnico: qual è la sua prima impressione? L’impatto iniziale è stato decisa-

mente buono. Ho avuto fin da subito l’impressione di una struttura completa che rappresenta un valido aiuto per le persone del territorio poiché fornisce una serie di servizi fondamentali per la comunità del Basso Sebino. Ho cominciato a lavorare sia in reparto sia in ambulatorio in libera professione. Il paziente che si rivolge a me, solitamente, è un paziente che è diventato fragile a causa di diverse patologie che possono colpire cuore, reni o polmoni, ma che ha soprattutto problemi di decadimento cognitivo e pertanto spesso i familiari faticano a gestire in tutta la sua complessità. È importante quindi mantenersi controllati periodicamente con un professionista esperto che sappia tenere in considerazione tutti i problemi consigliando la terapia più corretta per ogni paziente.

Maggio / Giugno 2018 | Bergamo Salute | 83


strutture

ISTITUTI OSPEDALIERI BERGAMASCHI

Sorridi! C’è la smile… e togli occhiali e lenti a contatto

∞  a cura DI FRANCESCA DOGI

Con l’avvicinarsi dell’estate non vedete l’ora di fare un bagno al mare, al lago o in piscina, ma siete stanchi di dover sempre togliere gli occhiali da vista per entrare in acqua? Mettete le lenti a contatto per nuotare ma vi si irritano gli occhi? Volete vederci chiaro e dire addio a occhiali e lenti a contatto in vista della bella stagio84 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2018

ne? Perché non provate la chirurgia refrattiva, tecnica che permette di correggere i principali difetti visivi (miopia, ipermetropia e astigmatismo) in modo veloce e sicuro grazie all’utilizzo di laser di ultima generazione. Ce ne parla il dottor Giulio Leopardi, responsabile dell’unità di oculistica del Policlinico San Pietro e oculista di Smart

Clinic, struttura sanitaria del Gruppo ospedaliero San Donato all’interno del centro commerciale Oriocenter. Qui è attivo il Centro di chirurgia refrattiva, l’unico nella bergamasca dotato della piattaforma più completa e innovativa oggi disponibile per questo tipo di interventi che, oltre alle metodiche tradizionali, con laser a eccimeri


NIENTE DOLORE, SOLO FASTIDI

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(con tecnica Prk) e femtolaser (con tecnica Lasik), permette di sottoporsi alla cosiddetta Smile. Si tratta di una nuovissima tecnica mini-invasiva che garantisce risultati ottimali con tempi di recupero pressoché immediati per il paziente, praticata con lo strumento femtolaser di Zeiss che permette una grande precisione di taglio ed è dotato di devices applicativi altamente tecnologici. Dottor Leopardi, in cosa consiste la tecnica “Smile”? Smile (Small incision lenticule extraction) è una denominazione poco conosciuta, ma nel 2017 nel mondo è stato festeggiato il milione di procedure, di cui 5.000 in Italia. Questa tecnica è praticabile sugli occhi miopi o con astigmatismo associato a miopia, mentre sono esclusi, almeno per il momento, gli ipermetropi. Il femtolaser prepara all’interno della cornea con due tagli (uno inferiore e l’altro superiore, alla profondità stabilita dal chirurgo in base alle caratteristiche dell’occhio) un dischetto (lenticolo) dello spessore richiesto dal valore di correzione voluto. Attraverso una microincisione di circa due millimetri, sempre praticata dal femtolaser, il chirurgo estrae il lenticolo. Quanto più elevato è il valore di correzione richiesto, tanto più spesso sarà il lenticolo. La precisione del femtolaser, vero e proprio laser chirurgico, è inimmaginabile per qualsiasi tipo di bisturi, trattandosi di un’emissione calcolabile, appunto, in femtosecondi. Che vantaggi offre? La micro incisione mantiene intatti

gli strati corneali superiori, riduce l’incidenza di infezioni e accelera la guarigione. Inoltre, limita l’insorgenza della sindrome dell’occhio secco, poiché diminuisce il numero di nervi recisi. Passiamo ora alle metodiche più tradizionali, come funzionano? Il laser a eccimeri (con tecnica Prk) rimodella la superficie anteriore della cornea, la prima lente dell’occhio, dopo che meccanicamente viene asportato l’epitelio di superficie (procedura di disepitelizzazione). Si scolpisce una “lente a contatto naturale” del potere diottrico desiderato per la correzione del difetto. Solo la precisione del raggio laser permette di asportare lembi di tessuto corneale di un micron (un millesimo di millimetro) a ogni spot (colpo). Il femtolaser (con tecnica Lasik) viene invece usato per tagliare sagittalmente la cornea e in seguito si procede con l’utilizzo del laser a eccimeri. Queste due metodiche consentono di correggere miopia, ipermetropia e, dove presente, l’astigmatismo. Chi sono i candidati ideali alla chirurgia refrattiva? Ci si può sottoporre alla chirurgia refrattiva se il difetto visivo è stabile da almeno due anni. Fondamentale è quindi la fase pre-operatoria e in particolare l’esatta valutazione del difetto refrattivo, della curvatura e dello spessore corneali, del diametro della pupilla. Per questo motivo vengono effettuati con grande attenzione gli esami preliminari e questi parametri vengono valutati più volte.

Il trattamento di superficie (Prk) è indolore per il paziente, che ha l’occhio anestetizzato. I fastidi e il dolore iniziano due -tre ore dopo l’intervento e si protraggono un paio di giorni. Il trattamento femtolaser è fastidioso nei 5-6 minuti di esecuzione, ma non dà alcun disturbo al paziente nei giorni successivi al trattamento. In genere la guarigione completa richiede circa due - tre mesi. Con la tecnica smile, la superficie corneale viene rispettata al massimo, la ripresa funzionale del paziente è molto veloce, calcolabile in pochi giorni e l’assestamento del tessuto avviene in tempo reale. Inoltre questa metodica rispetta assolutamente le terminazioni nervose corneali anteriori, mantenendo inalterata la sensibilità corneale che nelle metodiche tradizionali (Prk e femtolaser con tecnica Lasik) viene recuperata dopo alcuni mesi dal trattamento. È utile ricordare che il trattamento laser viene costruito sul valore presente al momento, che deve essere stabile per almeno due anni. Tuttavia, non è prevedibile un eventuale cambiamento successivo al trattamento.


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guida alle professioni sanitarie

Dietista sempre più punto di riferimento per una sana alimentazione ∞  a cura DI VIOLA COMPOSTELLA

È la figura sanitaria che si occupa della corretta applicazione dell’alimentazione e della nutrizione. Un professionista che svolge il suo ruolo sia in ambito preventivo sia clinico, sia per il singolo sia per le comunità, in autonomia o in collaborazione con il medico. Spesso confuso con il dietologo o il nutrizionista, il dietista è una figura sempre più richiesta in diversi ambiti lavorativi, dagli ambulatori agli ospedali, alle mense. Ma

come si diventa dietista? E quali sono in particolare i suoi compiti? Ce lo spiega la dottoressa Maria Giuditta Grazioli, Coordinatrice attività tecnico-pratiche Corso Laurea Dietistica - Dipartimento Scienze Cliniche Sperimentali dell’Università degli Studi di Brescia. Dottoressa Grazioli, come si diventa dietista oggi? Per diventare dietista bisogna conseguire la laurea di 1° livello

in Dietistica. L’accesso è possibile dopo il diploma di Scuola Media Secondaria Superiore o titolo estero equipollente. È a numero programmato su base nazionale ed è previsto il superamento di un test di ingresso con domande a risposta multipla su argomenti di chimica, fisica, biologica, matematica, logica e cultura generale. Il corso è di tipo teorico - pratico, ha una durata di tre anni e prevede l’obbligo della frequenza. L’ esame finale ha valore

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guida alle professioni sanitarie

di esame di Stato abilitante all’esercizio della professione. Dove è possibile frequentare il corso di studi vicino a Bergamo? In Lombardia i corsi sono attivati presso: Università degli Studi di Brescia, Università degli Studi di Milano, Università degli Studi di Pavia. Che tipo di formazione è prevista? Il percorso formativo inizia con l’acquisire una buona conoscenza delle discipline teoriche essenziali, nonché i fondamenti delle discipline caratterizzanti la professione del dietista (chimica degli alimenti, microbiologia, igiene applicata, alimentazione e nutrizione umana, fisiopatologia della nutrizione e del ricambio e dietetica e dietoterapia) per affrontare la prima esperienza di tirocinio. Prosegue con l’approfondimento delle discipline caratterizzanti, biologiche e cliniche, per permettere di affrontare l’attività di tirocinio del secondo anno, fondamentalmente rivolto all’individuo o a gruppi di popolazione in condizioni fisiologiche. La formazione si completa con l’approfondimento della psicologia e dei disturbi del comportamento alimentare, nonché del management sanitario per perfezionare l’attività di tirocinio, fondamentalmente rivolto all’individuo e a gruppi di popolazione in condizioni patologiche in ambito clinico. Quali sono in particolare le sue mansioni? 88 | Bergamo Salute | Maggio/Giugno 2018

Il profilo professionale approvato nel 1994 (D.M. n.744 del 1994) traccia in modo puntuale le competenze della figura professionale e ne delinea chiaramente il confine rispetto a quelle del medico e di altri operatori sanitari nel rispetto reciproco delle specifiche competenze professionali. In particolare, organizza e coordina le attività specifiche relative all’alimentazione in generale e alla dietetica in particolare; collabora con gli organi preposti alla tutela dell’aspetto igienico sanitario nei servizi di ristorazione; elabora, formula e attua le diete prescritte dal medico e ne controlla l’accettabilità da parte del paziente; collabora con altre figure al trattamento multidisciplinare dei disturbi del comportamento alimentare; studia ed elabora la composizione di razioni alimentari finalizzate a soddisfare i bisogni nutrizionali di gruppi di popolazione e pianifica l’organizzazione dei servizi di alimentazione di comunità di sani e di malati; svolge attività didattico - educativa e di informazione finalizzate alla diffusione di principi di alimentazione corretta tale da consentire il recupero e il mantenimento di un buono stato di salute del singolo, di collettività e di gruppi di popolazione. In quali contesti opera? I laureati in dietistica svolgono la loro attività professionale in strutture sanitarie pubbliche o private, in regime di dipendenza o libera professione. In particolare, per le sue specificità professionali, il dietista si occupa di: dietoterapia nel sogget-

to malato; equilibrata alimentazione nel soggetto sano; ristorazione nelle comunità sia sotto il profilo nutrizionale sia igienico.

Tre figure distinte Dietista Operatore sanitario che svolge attività per la sicurezza alimentare, la nutrizione per la collettività, l’educazione alimentare, la dietetica e la nutrizione clinica. In particolare elabora, formula e attua le diete prescritte dal medico in caso di patologie (obesità, ipercolesterolemia, diabete etc.). Dietologo Medico specialista in Scienza dell’alimentazione che opera nelle dietetica e nella dietoterapia. Nutrizionista Laureato con diversa formazione culturale che, grazie a percorsi formativi specifici e riconosciuti, acquisisce competenze nel campo della nutrizione umana (come ad esempio il biologo). Può elaborare piani alimentari a persone che non abbiano patologie



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Realtà salute

Arresto cardiaco:

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il può salvare la vita

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∞  a cura DI FRANCESCA DOGI

In Italia, ogni anno, muoiono circa 60.000 persone per arresto cardiaco (ACC). Non sono persone malate e non ci sono segnali premonitori. Succede per strada, a casa, al lavoro, nei luoghi pubblici, lontano quindi da ospedali e strutture sanitarie. In caso di arresto cardiaco abbiamo solo pochi minuti per agire e salvare una vita: dopo 1 minuto le possibilità di sopravvivenza si abbassano del 10% e dopo 5 minuti del 50%. «Purtroppo davanti a questo tipo di emergenza ancora oggi in Italia sono moltissime le persone che non sanno come comportarsi» osserva Federico Pelicioli di Tecno System. «È soprattutto un problema di cultura, da anni mi batto in vari ambienti per fare capire quanto sia importante conoscere il problema, prima ancora di dotarsi di un DAE (Defibrillatore Semiautomatico Esterno)». Che cosa è dunque necessario sapere? Per prima cosa si devono sempre attivare i soccorsi chiamando il 112, il numero unico di

emergenza dell’AREU (Azienda Regionale Emergenza Urgenza) attivo in Lombardia. Il servizio localizza la richiesta d’aiuto e invia al più presto l’ambulanza, ma questo non basta. I dati dicono che quando ci si limita a chiamare soccorso il 94% delle vittime di AAC muore prima di raggiungere l’ospedale. L’operatore AREU può guidare il soccorritore al primo intervento e questo può fare la differenza. Anche se non ha un addestramento specifico può fare le manovre preliminari previste dalle Linee Guida per la Rianimazione Cardiopolmonare (30 compressioni toraciche e due insufflazioni per circa due minuti). Poi se sul luogo del malore è disponibile un DAE il soccorritore viene guidato a impiegarlo. Esistono corsi di cinque ore sull’uso del DAE, erogati da centri di formazione accreditati dall’AREU, ma tutti devono sapere che chiunque in caso di emergenza può utilizzarlo. L’apparecchio riporta chiaramente le semplici operazioni da fare. Essendo semiautomatico analizza

l’attività cardiaca e quando il soccorritore preme il pulsante eroga la scarica solo se ci sono le condizioni. In poche parole una persona non addestrata non potrà mai nuocere all’infortunato utilizzando il DAE, mentre utilizzandolo può salvargli la vita. «La diffusione del DAE sul territorio è fondamentale, le società sportive hanno ormai l’obbligo di dotazione, ma pensiamo a quanti luoghi pubblici, di lavoro o residenziali potrebbero entrare nella catena della sopravvivenza! Ad esempio il 5% degli AAC avvengono sul luogo di lavoro, da tempo cerchiamo di sensibilizzare le aziende in questo senso» conclude Pelicioli.

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Maggio / Giugno 2018 | Bergamo Salute | 91



Realtà salute

Estate e fragilità I servizi di assistenza domiciliare di Privatassistenza ∞  a cura DI FRANCESCA DOGI

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Al giorno d’oggi l’assistenza domiciliare è un servizio fondamentale, una necessità reale per le famiglie, non solo di Bergamo e Provincia o della Lombardia, ma di tutta Italia. Sempre più persone si trovano ad affrontare le problematiche legate all’invecchiamento e alla salute dei propri cari, soprattutto durante il periodo estivo. «Le famiglie, purtroppo, trovano pochissime risposte strutturate e veloci, ecco perché il centro Privatassistenza è una risorsa importante per i cittadini di Bergamo e Provincia. Siamo sempre reperibili, 24 ore su 24 tutti i giorni dell’anno, anche sabato domenica e festivi, ci avvaliamo di operatori qualificati per erogare direttamente a casa delle famiglie servizi socio sanitari, anche durante l’estate» spiegano i referenti delle sedi di Privatassistenza, la pima rete italiana di assistenza domiciliare per anziani, malati e disabili che conta sei centri in provincia di Bergamo. «I mesi di luglio e agosto coincidono con la stagione

Privatassistenza Bergamo Tel. 035.230112 Bonate Sotto Tel. 035.993712 Dalmine Tel. 035.5905826 Nembro Tel. 035.0274102 Romano di L. Tel. 0363.1901164 Seriate Tel. 035.5905826 Treviglio Tel. 0363.305409 Trescore Tel. 035.993712 www.privatassistenza.it

più bella, quella legata alle vacanze, ma per molte persone, soprattutto le più deboli e fragili, il periodo estivo può significare caldo, solitudine, carenza di sevizi sul territorio, città vuote, sole forte, sbalzi termici, disidratazione e colpi di calore. Tutti questi elementi rappresentano un serio problema che non va sottovalutato». Quali servizi erogano i Centri Privatassistenza? I Centri Privatassistenza erogano servizi socio assistenziali: alzata del mattino e igiene, accompagnamento, assistenza al pasto, bagno assistito, messa a letto e veglia notturna, assistenza anche negli ospedali e nelle cliniche del territorio. Si tratta di importanti servizi qualificati che permettono agli anziani, a persone malate e disabili, di poter vivere nel modo migliore grazie ad un aiuto professionale. Siamo sempre in contatto con le famiglie ed offriamo un controllo giornaliero, monitoraggio dei parametri vitali, accompagnamento a visite mediche e commissioni, somministrazione terapie, controllo stato idratazione e alimentazione, controllo ambiente domestico e temperatura in casa. Inoltre, integriamo l’assistenza con prestazioni infermieristiche quali: iniezioni, medicazioni, cateterismi, clisteri, flebo oppure organizziamo servizi fisioterapici e riabilitativi o anche più specialistici quali quelli podologici (seguiamo molti casi di piede diabetico), e logopedici per la

rieducazione vocale e per la masticazione e deglutizione. Assistiamo quotidianamente moltissimi casi di Ictus, Alzheimer, Parkinson e altre gravi patologie che necessitano di supporto costante e professionale. Perché scegliere Privatassistenza? Privatassistenza fa la differenza, ne siamo convinti e ce ne accorgiamo quotidianamente quando vediamo migliorare lo stato di salute e la qualità di vita dei nostri assistiti e delle loro famiglie. L’aspetto del nostro lavoro ci dà maggiore soddisfazione sono i ringraziamenti che riceviamo dalle famiglie, che riescono finalmente a trascorrere un’estate più serena.


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Realtà salute

Medicalmono

Qualità e convenienza per i monouso medicali ∞  a cura DI FRANCESCA DOGI

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«L’importanza del monouso in ambito medicale è alla base della nascita della nostra azienda. Dopo aver collaborato per oltre dieci anni con aziende multinazionali del settore medicale nel 2011 ho fondato Medicalmono srl, un vero e proprio ingrosso del monouso. L’idea è nata dall’esigenza di molte realtà di poter acquistare monouso generico e specialistico da un unico fornitore che garantisca prezzi competitivi e tempistiche di consegna ridotte. Con i nostri prodotti rispondiamo alle esigenze di moltissime realtà, ci rivolgiamo in particolare a: ospedali, case di cura e case di riposo, ambulatori medici, odontoiatrici e veterinari, ma anche agli studi di estetiste, tatuatori e altri operatori del settore» racconta il titolare di Medicalmono srl Gianluca Crotta. L’azienda si è recentemente affacciata al nuovo settore dei clienti

Medicalmono srl Sede con spaccio ai privati Via XXV Aprile 22 Grassobio (Bg) Tel. 035 4653174 info@ medicalmono.it www.medicalmono.it

industrial ai quali è in grado di offrire articoli di primo soccorso (cassette di sicurezza, reintegri, ricambi singoli) che permettono di attenersi alle normative di legge. L’offerta industrial prevede anche rotoli e bobine di carta (sia per bagno sia per pulizia) e disinfezione di ambienti e superfici. «Per le Società sportive mettiamo a disposizione valigette e borse mediche complete e materiale di primo soccorso. L’ultima novità, non solo per quest’ultimo comparto, è il defibrillatore per il quale possiamo offrire anche il corso di formazione» spiega Crotta. Tra i punti di forza di Medicalmono c’è la possibilità di personalizzazione degli articoli, la programmazione degli ordini, senza quantità minima, e l’opzione nel ritiro, che può essere in sede o per spedizione. Nonostante il mercato sia essenzialmente di settore la vendita è aperta anche ai privati. Molte famiglie infatti oggi accudiscono anziani che richiedono medicazioni o presidi per l’incontinenza. Rispetto alle farmacie l’assortimento è maggiore e i prezzi più convenienti.



Realtà salute

Sani sapori, non solo per il palato... ∞  a cura DI FRANCESCA DOGI

“Proporre un modo diverso di alimentarsi, sano e attento alla salute della persona Un modo di nutrirsi ma anche di nutrire il sé, offrendo non solo piatti preparati con materie prime bio a km zero e di qualità, ma anche percorsi, incontri, eventi e serate dedicati al benessere della persona in senso olistico”. Questo era il sogno di Silvia Saltarelli e Gloria Bruzzone, che da febbraio si è concretizzato a Seriate, con l’apertura di Sani Sapori, una gastronomia vegetariana-vegana e non solo: un luogo dove vengono proposti anche incontri e corsi sull’alimentazione, sulla nutrizione e sul benessere in senso lato.

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Silvia Saltarelli, diplomata in alimentazione, si occupa da anni di educazione alimentare, cucina e benessere. Prima di giungere a questa tappa del suo percorso ha seguito molte strade, tra fornelli e corsi, come la fondazione di Sa di Buono di Dalmine, associazione no profit che si occupa di educazione alimentare e al gusto. L’inte-

resse per il binomio cibo-salute e la convinzione che “siamo quello che mangiamo”, la porta a frequentare la Scuola di Cucina naturale “La Sana Gola” - corso di terapia alimentare - al fine di coniugare la buona tavola a un corretto modo di nutrirsi. E poi, l’incontro con Gloria. Una strada, la sua, che parte dai corsi di pasticceria e cucina tradizionale, passando in poco tempo a quella vegana e macrobiotica, nel desiderio di approfondire le tematiche e le tecniche legate alla cucina naturale. «Non solo quello che mangiamo. Da qui viene la nostra attenzione ad altri aspetti del benessere della persona. Anche la formazione olistica di Gloria, la sua capacità di declinare cibo e spiritualità, è stata importante per dare questa impronta a Sani Sapori» spiegano le socie. Il menù della gastronomia spazia dalla cucina mediterranea in tutte le sue declinazioni

regionali, a piatti vegetariani, vegani, macrobiotici o per particolari intolleranze alimentari. Si possono consumare al tavolo pranzi, merende, pause caffè e prossimamente anche cene.

Cibo per la mente Sani sapori organizza anche incontri e corsi sull’alimentazione e il benessere. Prossimi appuntamenti: > 6-13-20 giugno Erbe che passione. Corso teorico e pratico per la conoscenza e l’uso delle erbe spontanee e medicinali con Gianluca Bellini Erborista e fitopreparatore. > 25 giugno Laboratorio di preparazione formaggi veg con Vanessa Agosti “La Casara Veg”. > Altre date Chiacchere a merenda. Merenda tematica a cura di Rossella Capetti, Operatrice Olistica. Serata di presentazione del libro di Carlo Zanni “Alimentazione Consapevole evolutiva” Laboratorio di cucina per bambine e bambini.

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Maggio / Giugno 2018 | Bergamo Salute | 97


Bergamo Salute anno 8 | n°44 Maggio | Giugno 2018 Direttore Responsabile Elena Buonanno Redazione Rosa Lancia redazione@bgsalute.it Grafica e impaginazione Nello Ruggiero nello.ruggiero@marketingkmzero.it Fotografie e illustrazioni Shutterstock, Adriano Merigo, Tommaso Bernardi, Michelangelo Oprandi, Alex Persico, Michael Woloschinow, Stampa Elcograf S.p.A Via Mondadori, 15 - 37131 Verona (VR) Casa Editrice Marketing km Zero Srls Via G. Zanchi, 22 – 24126 Bergamo Tel. 035.0514318 info@bgsalute.it - www.bgsalute.it Hanno collaborato Lucio Buonanno, Maria Castellano, Rita Compostella, Viola Compostella, Lella Fonseca, Giulia Sammarco

Comitato Scientifico • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • •

Dott. Diego Bonfanti - Oculista Dott.ssa Maria Viviana Bonfanti Medico Veterinario Dott. Rolando Brembilla - Ginecologo Dott.ssa Alba Maria Isabella Campione Medicina Legale e delle Assicurazioni Dott. Andrea Cazzaniga Idrologo Medico e Termale Dott. Marcello Cottini - Allergologo Pneumologo Dott. Giovanni Danesi - Otorinolaringoiatra Dott. Adolfo Di Nardo - Chirurgo generale Dott. Nicola Gaffuri - Gastroenterologo Dott.ssa Daniela Gianola - Endocrinologa Dott. Antoine Kheir - Cardiologo Dott.ssa Grazia Manfredi - Dermatologa Dott. Roberto Orlandi Ortopedico Medico dello sport Dott. Paolo Paganelli - Biologo nutrizionista Dott. Antonello Quadri - Oncologo Dott.ssa Veronica Salvi - Ostetrica Dott. Orazio Santonocito - Neurochirurgo Dott.ssa Mara Seiti - Psicologa - Psicoterapeuta Dott. Sergio Stabilini - Odontoiatra Dott. Giovanni Taveggia Medicina Fisica e Riabilitazione Dott. Massimo Tura - Urologo Dott. Paolo Valli - Fisioterapista

Comitato Etico • •

Dott. Ernesto de Amici Presidente dell’Ordine dei Farmacisti di Bergamo Beatrice Mazzoleni - Presidente OPI

Iscr. Tribunale Bergamo N°26/2010 del 22/10/2010 Iscr. ROC N°26993 © 2018. Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione, anche se parziale, di qualsiasi testo o immagine. L’editore si dichiara disponibile per chi dovesse rivendicare eventuali diritti fotografici non dichiarati. I contenuti presenti su Bergamo Salute hanno scopo divulgativo e non possono in alcun modo sostituirsi a diagnosi mediche. I canali di distribuzione di Bergamo Salute • Abbonamento • Spedizione a diverse migliaia di realtà bergamasche, dove è possibile leggerla nelle sale d’attesa (medici e pediatri di base, ospedali e cliniche, studi medici e polispecialistici, odontoiatri, ortopedie e sanitarie, farmacie, ottici, centri di apparecchi acustici, centri estetici e benessere, palestre, parrucchieri etc.) • Distribuzione gratuita presso le strutture aderenti alla formula "Amici di Bergamo Salute".

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