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PRIMA PAGINA SBOMBER

Senza campioni, senza giovani, senza donne. Con un commissario tecnico della nazionale, Roberto Mancini, che si è dimesso a tre settimane da un turno di qualificazione agli Europei 2024 in onore al motto della classe dirigente italiana: non mollare la poltrona mai, salvo se c’è un’alternativa pagata meglio.

La serie A 2023-2024 è così: un campionato senza. Anche i padroni sono declinati lentamente assieme a ciò che fu la borghesia imprenditoriale italiana, sostituiti da fondi stranieri e homines novi, come nel senatus populusque romanus si chiamavano gli emergenti senza appartenenze aristocratiche.

CELESTE E AZZURRO

Khvicha Kvaratskhelia, durante la partita Napoli-Atalanta. A destra, Simone Pafundi prima della finale della Coppa del Mondo under 20 tra Italia e Uruguay più antica d’Italia.

I Moratti sono spariti da tempo. Silvio Berlusconi, appena morto, è stato divinizzato da un trofeo fra le sue due squadre, Monza e Milan. Che dire degli Agnelli? Andrea, ultimo portatore del cognome che significa Juventus, è finito nella morsa delle plusvalenze, ottima opportunità per fargli pagare la fuga in avanti della Super League. Nella Roma ci sono gli Usa, non si sa per quanto. Alla Lazio c’è il finalmente senatore Claudio Lotito, eletto in un Molise che non è precisamente al centro del pallone nazionale. Ha insegnato lui ad Aurelio De Laurentiis, neocampione d’Italia con il Napoli, che calcio non significa necessariamente buttare denaro. E a Lotito lo ha insegnato Giampaolo Pozzo, veterano dei proprietari di A, habitué dei miracoli sportivi e delle disinvolture tributarie.

Essere senza padroni non è necessariamente un male. L’incertezza del risultato, dopo i terrificanti nove scudetti consecutivi della Juve dal 2012 al 2021, più pesanti della pandemia, fa da motore a una campagna abbonamenti con ottimi risultati. Oltre alle solite milanesi e romane, si stanno confermando realtà di passione come il Lecce, squadra di una città da 90 mila abitanti avviata a replicare le 20 mila tessere della stagione scorsa. Per una Sampdoria retrocessa dalla crisi sportiva e finanziaria, il pubblico genoano ritrova in serie A la società

L’assenza di padroni fa accettare meglio al pubblico un calciomercato di storica marginalità, dopo che agli inglesi della Premier League si è aggiunta la concorrenza saudita. Che importa perdere Kim se a Napoli rimane Kvaratskhelia? Se Sandro Tonali lascia il Milan, Rafa Leão rimane. Almeno per quest’anno. In mancanza d’altro si guarda il bicchiere mezzo pieno, anche se il livello continua a scendere, al contrario dei debiti dei club, saliti dai 4,78 miliardi di euro della stagione 2018-19 ai 5,6 miliardi del 2020-21, secondo i dati del report Figc anticipato da L’Espresso.

La nuova stagione calcistica sarà, come il film di Alberto Sordi, una vacanza intelligente? Per adesso, è tutto all’insegna del fare di necessità virtù. A partire dalla televisione. Il match sui diritti televisivi della serie A è in piena bagarre. Il prossimo torneo è l’ultimo del trienna- le 2021-2024 conquistato da Dazn per il pacchetto principale di sette partite, con le altre tre a Sky Italia e Mediaset per la Coppa Italia. Ma la Lega è alle prese con un rinnovo che si annuncia difficile. La fine del termine triennale della legge Melandri è una variabile aggiuntiva. Il nuovo contratto potrà durare tre, quattro oppure cinque anni con una base d’asta di 1,15 miliardi all’anno per il triennale, di 1,265 miliardi di euro per il quadriennale e di 1,38 miliardi per il quinquennale.

Senza insistere sul fatto ormai noto che i diritti televisivi tengono in piedi un sistema traballante, finanziariamente suicida, vessato dagli agenti, blandito da una politica in cerca di consensi e assediato da ogni categoria di creditori, la prima offerta dei network presentata all’inizio di luglio era al ribasso di circa metà della cifra ed è stata respinta dalla Lega guidata da Lorenzo Casini e Luigi De Siervo. Nelle settimane successi- ve, trascorse in trattative private, le parti si sarebbero avvicinate. La scadenza per trovare l’accordo è metà ottobre.

«È l’asta dei diritti tv più difficile di sempre?», si è chiesto l’ad della Lega De Siervo. «Sì, lo sapevamo e lo abbiamo detto in tempi non sospetti. È la più difficile perché la competizione tra le emittenti in questo momento in Italia è latente».

Più che latente, è fantomatica. Sky appare molto titubante dopo due anni di perdite di bilancio aggregate di quasi 1,5 miliardi di euro (764 milioni nel 2021 e 735 nel 2022). E il gruppo Dazn di Len Blavatnik ha perso 6 miliardi di dollari in cinque anni.

Così si sono affacciate soluzioni al risparmio. Urbano Cairo, proprietario del Torino e di La7, e l’anchorman-businessman Michele Criscitiello di Sportitalia hanno deciso di puntare sul calcio della scoppiettante Saudi Pro League per qualcosa meno di mezzo milione di euro.

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