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ECONOMIA

Foto Sebastiano Rossi

«La ricetta per sostenere le aziende: meno burocrazia e costi di gestione, più concretezza, basta fare politica su imprenditori e lavoratori»

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CRISI CORONAVIRUS, I DUBBI DEL CAVALIERE BALDASSARE AGNELLI «Dinastia di combattenti ma ora è diverso»

Questo un breve riassunto della storia del gruppo, una carriera che ha portato Baldassare Agnelli alla nomina a Cavaliere del Lavoro nel giugno 2018. Ma lui, che si è sempre definito “la punta di una freccia”, non ha mai nascosto i meriti delle tante persone che stanno alla base di questo successo: la famiglia, a cominciare dalla moglie Marilena, dal figlio Angelo e dal fratello Paolo, l’altra colonna portante dell’azienda; i tanti amici che lo hanno sostenuto anche nei momenti difficili; e soprattutto gli operai, una seconda famiglia che Baldassare Agnelli orgogliosamente conosce uno a uno, con cui ha instaurato un rapporto di stima, affabilità e collaborazione, ben consapevole di cosa significhi essere un leader per dei lavoratori che, alla fine, sono coloro che costruiscono la fortuna dell’azienda. E oggi, non nasconde le sue preoccupazioni per tutte queste persone, dimostrando un’ottica da imprenditore “moderno” a dispetto dei lunghi anni trascorsi a farsi le ossa in ditta. Dal mio punto di vista di piccolo imprenditore della vecchia guardia, questa purtroppo non è la solita crisi in cui ci si dice «Rimbocchiamoci le maniche e ripartiremo». Questa volta temo non sarà così, mancherà l’entusiasmo per ripartire. In Italia arriviamo dalla crisi del 2008 che ha prosciugato le risorse finanziarie allora a disposizione, e questa terza guerra mondiale sanitaria ci ha trovato del tutto scoperti e impreparati. Questo dispiace, soprattutto perché le piccole aziende sono come una famiglia: si conoscono personalmente tutti i propri lavoratori, si conoscono le storie e le difficoltà di ognuno, e anche se abbiamo cercato di intervenire in prima persona, non solo con la cassa integrazione straordinaria, ma anche con anticipi e giorni di ferie, c’è grande preoccupazione per cosa ne sarà di tutti loro domani.

Suo fratello Paolo Agnelli, nel numero di marzo, aveva avuto parole molto dure e critiche sulla gestione della crisi per il mondo del lavoro, in particolare si era soffermato sull’importanza di garantire fondi

straordinari alle imprese, ridurre la burocrazia per ottenerli e ragionare su criteri che non fossero il semplice codice ATECO per garantire riaperture in sicurezza ed evitare l’effetto domino. Il nodo centrale rimane tuttora la burocrazia. L’effetto domino si è effettivamente verificato nella filiera, ma essendosi ormai completata la riapertura il problema è stato, più che risolto, messo da parte, e d’altronde tutte le aziende che conosciamo tra i nostri fornitori e collaboratori, hanno fatto tutto il possibile e anche di più per garantire una riapertura sicura, con tutte le misure e i DPI necessari. Lo dimostra il fatto che le uniche ditte ad essere oberate di lavoro in questo momento sono quelle che producono DPI, separatori in plexiglas, tutte le attrezzature che conosciamo per rendere un posto di lavoro a prova di contagio. E gli acquirenti, in questo caso, non possono essere che gli imprenditori stessi, a dispetto di quanto sostiene qualcuno che afferma che la riapertura sia stata affrettata e che non ci siano stati i dovuti approvvigionamenti di strutture e attrezzature di sicurezza.

Come stanno affrontando i dipendenti questo inizio di ripresa? La ripresa è molto, molto lenta, e le aziende stanno l a v o r a n d o forse al

cinquanta per cento. Stiamo cercando di far ruotare il personale in modo che la cassa integrazione debba coprire solo mezzo mese. La volontà c’è, ma c’è preoccupazione. Il nostro settore, essendo fornitori della ristorazione, è tra i più colpiti, secondo solo forse al turismo. Conosco personalmente molti imprenditori nella zona della Riviera Romagnola, per i quali la situazione si prospetta davvero difficile, ad oggi non ci sono prenotazioni se non per qualche weekend, e ovviamente il turismo straniero rimane affossato. Ovviamente i turisti torneranno, prima gli italiani e poi gli stranieri, ma bisogna sperare che davvero la crisi sia limitata solo a quest’anno e che la pandemia effettivamente rientri entro il 2020 con la collaborazione di tutti. Anche così, tuttavia, nel 2021 dovremo per così dire contare i sopravvissuti tra le attività, specialmente nel settore turistico, della ristorazione, hotellerie e intrattenimento.

Fate parte di una dinastia industriale ormai arrivata alla quarta generazione, non è certo la prima volta che siete costretti ad affrontare una crisi… No, certamente no. Mio nonno Baldassare ha avviato l’azienda

nel 1907 e dopo soli otto anni ha dovuto affrontare il primo default per via del primo conflitto mondiale. Non ho conosciuto bene mio nonno, che ci ha lasciati quando io avevo solo dieci anni, ma ora rimpiango di non aver trascorso del tempo in officina con lui, penso avrebbe potuto insegnarmi molto. C’è stata la crisi del ’29, tutte le banche sono andate a rotoli, e mio padre Angelo ci raccontava spesso del nonno in lacrime. Strano immaginarlo prostrato, in quanto mio nonno, stando a quello che di lui mi raccontano, somigliava molto a mio fratello Paolo, un uomo brillante, di carattere, sempre reattivo. Mio padre Angelo, invece, somigliava maggiormente a me, un tipo riflessivo, uno che non ama

mettersi in mostra, uno che lavora dietro le quinte. Si trasformava solo quando era con noi, in famiglia. Era lì che ce lo godevamo maggiormente, a casa e nei brevi periodi di vacanza diventava spensierato, riusciva a lasciare da parte le preoccupazioni lavorative. E poi vennero la Seconda Guerra Mondiale, la crisi del 2008, e fu la sua grande inventiva a permetterci di superare anche questi problemi. Non stava mai fermo, era sempre intento a inventare, creare, sperimentare. Aveva delle idee veramente rivoluzionarie, magari poi non tutte andate a buon fine. Ne abbiamo viste tante di crisi, e da tutte siamo usciti vittoriosi, ma ho la sensazione che questa sia diversa.

In cosa, esattamente? Abbiamo scoperto un nuovo modo di lavorare, in smart working, il che certamente costituisce un’opportunità che anche io mi sto godendo. Ma resta il fatto che non tutto si può fare in smart working. I DPI necessari, le mascherine, di fatto riducono la produttività, è molto faticoso lavorare con la mascherina sul viso nonostante, ovviamente, siano garantite le pause dovute. Confido nella positività, nella fiducia, ma in questo momento tutti, a maggior ragione noi con qualche anno in più sulle spalle, che abbiamo visto morire degli amici, sentiamo ancora molto forte la pressione e la preoccupazione di

questa situazione. Lo spirito è cambiato.

Come sono destinati a cambiare gli equilibri del commercio mondiale? Credo che questa vicenda, e in particolare il fatto di vedere la Cina, maggior fornitore mondiale di beni, ridotta in default e impossibilitata a consegnare, abbia insegnato alle aziende l’importanza di non rivolgersi a un fornitore unico. Non è certo la prima volta che si presenta questo problema, ma mai prima d’ora si era presentato su scala globale e in maniera così pervasiva. Molte aziende che avrebbero potuto muoversi diversamente si sono trovate in blocco anche per questo. È sempre indispensabile avere un piano B, ma un piano B, inteso come un fornitore di riserva, deve avere prezzi in linea con quelli del fornitore principale. Meglio ancora sarebbe avere una gamma di fornitori da far lavorare a rotazione. Ma, per fare in modo che ciò avvenga, dobbiamo necessariamente tornare a chiedere una riduzione dei costi del lavoro e della gestione, altrimenti tutto questo si blocca. Non è più tempo di fare politica su imprenditori e lavoratori: è tempo di usare il buon senso.

Già, usare il buon senso ed evitare di usare qualunque scusa, in questo caso la pandemia, per raccogliere voti. E una visione imprenditoriale coerente, dato che, già in tempi non sospetti (per intenderci, al tempo della sua nomina a Cavaliere del Lavoro nel 2018), sempre su queste pagine Baldassare Agnelli si era espresso con decisione per una riduzione della burocrazia e dei costi di gestione, quando gli era stato chiesto quale avrebbe potuto essere la sua “ricetta magica” per le aziende italiane. Questo a dimostrazione del fatto - chiosa Agnelli - che viviamo in un Paese meraviglioso, ma cronicamente incapace di risolvere i propri problemi, che guarda caso a distanza di anni sono sempre gli stessi. L’Italia, come ha ricordato il Presidente Mattarella nel giorno della mia nomina a Cavaliere, è capace di esprimere talento, impregno, sacrificio. Le PMI sono la spina dorsale del nostro Paese, non sappiamo più come ribadirlo. È ora che le istituzioni se ne dimostrino all’altezza, sostenendole concretamente. Dopo questo scossone, non è più possibile aspettare. Arianna Mossali

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