24 minute read

I ritratti di Modigliani

Stile e influenze dell’artista livornese

di danieLa MaLabaiLa

Advertisement

Il 27 marzo scorso si sarebbe dovuta inaugurare la mostra “Modigliani. Opere

dal Musée de Grenoble”

alla Fondazione Magnani-Rocca di Mamiano di Traversetolo, a Parma. Come sappiamo, anche questo settore dell’Arte e della cultura vive giorno per giorno allineandosi alle direttive anti-covid, speriamo dunque che si possa visitare dal vivo questa interessante mostra che pone in esposizione alcune opere di Amedeo Modigliani, una celebrazione tardiva del centenario dalla scompara prematura a soli 35 anni. Nato a Livorno, nel 1902 s’iscrisse alla “Scuola libera di Nudo” di Firenze e un anno dopo si spostò a Venezia, dove frequentò la stessa scuola presso l’Istituto per le Belle Arti; nel 1906 giunse a Parigi,

all’epoca la capitale europea

delle avanguardie artistiche. Entrò in contatto con personaggi come Pablo Picasso, Maurice Utrillo, Max Jacob, Jacques Lipchitz e Chaïm Soutine, e vi conobbe anche la pittrice Jeanne Hébuterne, destinata a divenire sua compagna di vita oltre che musa per i suoi dipinti. Famoso per il suo lavoro rapido (si dice che completasse un ritratto in una o due sedute), una volta terminati, non ritoccava mai i suoi dipinti. Modigliani però si

era inizialmente pensato come

scultore più che come pittore e iniziò a scolpire seriamente dopo che Paul Guillaume, un giovane e ambizioso mercante d’arte, s’interessò al suo lavoro sulla scultura nera. A causa delle polveri generate dalla scultura, le sue condizioni di salute peggiorarono e si trovò dunque costretto a concentrarsi

unicamente sulla pittura. Di-

A sinistra: Maschera africana Gouro, Costa d’Avorio. Collezione privata Marcello Lattari. venne, oltre che un grande pittore, anche un eccellente dise-

gnatore, riuscendo, con un tratto volumetrico e allo stesso tempo bidimensionale, a catturare la sensibilità e la psicologia di chi si lasciava ritrarre. L’esposizione, grazie alla collaborazione col Musée de Grenoble, consente di analizzare il rapporto fra disegno e pittura e di cogliere i principali riferimenti culturali nel suo lavoro di ritrattista. In mostra (al momento in programma fino al 4 luglio 2021) anche il dipinto “Femme au col blanc”, olio su tela del 1917, raffigurante Lunia Czechowska, moglie dell’amico d’infanzia di

Léopold Zborowski, mercante d’arte e mecenate di Modiglia-

ni, oltre a cinque ritratti a matita di personaggi della capitale francese degli anni Dieci, dove egli fu al centro della scena artistica, al tempo all’avanguardia internazionale. I capolavori dell’arte francese del periodo in cui egli visse e operò, appartenenti alle raccolte della Fondazione Magnani-Rocca (oltre a Cézanne, anche Renoir, Monet, Matisse e Braque; ma anche l’italiano Severini, che in quegli anni viveva a Parigi), offrono al pubblico una visione ampia della scena artistica del tempo, che dà dunque modo di analizzare l’ambito nel quale Modigliani si

esprimeva, probabilmente diventano comprensibili anche i suoi eccessi da “artista maledetto”. Nella poetica pittorica di Modigliani, il ritratto rappresenta

l’unico veicolo d’espressione possibile del furore creativo dell’artista ed il vitale strumento di esternazione dell’ansia, profondamente umana, d’intrecciare uno scambio relazio-

nale con altri esseri.

In alto a sinistra: Amedeo Modigliani, Portrait de Gillet, circa 1917-1919, matita su carta.

A sinistra: Paul Cézanne, Arbres 1887-1890, acquerello su carta. Sopra: Amedeo Modigliani, Femme au col blanc, 1917, olio su tela.

Lungo il percorso espositivo, possiamo incontrare le sottolineature delle influenze che hanno toccato Modigliani, come ad esempio

l’insegnamento di Paul Céz-

anne e le maschere africane, alcuni pezzi dei quali sono accostati ai lavori di Modigliani. Non dimentichiamo l’influenza più importante di tutte, quella del Par-

migianino, dal quale proviene l’ideale femminile con il collo

lungo. Un’esposizione che speriamo di poter presto visitare, per riempirci gli occhi di bellezza. s l

MODIGLIANI

Opere dal Musée de Grenoble

27 marzo - 04 luglio 2021 (verifica l’effettiva apertura prima di recarti sul posto) Fondazione Magnani-Rocca, Mamiano di Traversetolo

INFO T. +39 0521 848327

Mercoledì, giovedì e venerdì 10.00 - 18.00 Sabato, domenica e festivi 10.00 - 19.00

Inquadra con il tuo smartphone il codice QR per collegarti al sito www.magnanirocca.it

LUIGI SETTEMBRINI

www.settembrini.org info@settembrini.org luigisettembrini.artist

Solem orientem - 2020, polimaterico su tela di juta, 100x100 cm.

Alfredo Rapetti Mogol

Oltre le parole...

di Vincenzo chetta

Alfredo Rapetti Mogol “Io e te”, 2018, piombo e inchiostro su spartito musicale, 32x23,5 cm. © Ph. Andrea Corbellini

Ho incontrato per i lettori di BIANCOSCURO Alfredo Rapetti Mogol, anima gentile per eccellenza, noto artista e paroliere, famoso anche con lo pseudonimo Cheope. Mi ha raccontato il suo percorso e la sua arte. Nipote e figlio d’arte: il nonno, Mariano, in arte Calibi, era autore di canzoni come “Vecchio scarpone” e “Le colline sono in fiore”, mentre il padre Giulio, in arte Mogol, è diventato celebre per aver scritto i testi di innumerevoli brani di successo

per svariati artisti, tra i quali l’indimenticabile Lucio Battisti; la madre, Serenella De Pedrini, è una disegnatrice di moda. Nato a Milano nel 1961, inizia la sua carriera come paroliere nel 1983 con la canzone “Il chitarrista”, cantata da Ivan Graziani. Successivamente, ha composto numerose canzoni per Raf come ad esempio Il battito animale, Due. Nel 1994 inizia la collaborazione con Laura Pausini, per la quale ha composto oltre 60 brani tra cui: “Strani amori”, “Incancellabile” e “E ritorno da te”. Ha lavorato, tra gli altri, anche con Adriano Celentano, Mina, Divo, Carlos Santana, The Corrs, Gilberto Gil, Ron, Boomdabash, Alessandra Amoroso, Loredana Bertè, Fiorella Mannoia, Giusy Ferreri, Marco Mengoni, Michele Bravi ed Eros Ramazzotti. È docente alla Fondazione Industria Milano - New York ed al CET (Centro Europeo di Toscolano) gestito dal padre Mogol. Ma Alfredo non esaurisce la sua carica artistica con la creazione di bellissimi testi, la sua carriera come artista visivo è in continua ascesa. Numerose sono state le mostre personali e collettive che lo hanno visto protagonista, ed il suo curriculum annovera mostre personali alla Fondazione KMG di Berlino, alla Fondazione Ideazione di Roma, a Villa Olmo di Como, all’Albergo delle Povere di Palermo, alla Certosa di San Lorenzo di Padula, alla Galleria Maretti di Monte-Carlo e alla Ca’ D’oro di Roma. Fra le collettive ricordiamo: Grand Palais di Parigi; MAR’S di Mosca; Palazzo Strozzi a Firenze; Museo per l’Arte Straniera di Riga; Salone d’Autunno a Parigi; Museo Permanente di Milano e la Biennale di Venezia nel 2007. Nel suo fare arte si occupa di comunicazione emotiva, sia nell’ambito della pittura

che in quello della scrittura, cercando di essere sempre il più vero possibile, di non ingannare. Abbiamo così in tutte le sue creazioni, una parte vera e autentica di lui. Le opere di Alfredo Rapetti Mogol sono realizzate prevalentemente in due modi: nel primo osserviamo un tratto calligrafico che perde man mano il significato assumendo carattere gestuale e decorativo; nel secondo, ecco le parole scomposte, rappresentate a caratteri cubitali, spezzate e accorpate in maniera da formare un nuovo linguaggio.

Le sue opere si potrebbero descrivere

con le parole del padre: “Capire tu non puoi... Tu chiamale se vuoi, emozioni...”

Vincenzo Chetta: Una vita nel mondo artistico, dalle parole scritte per essere cantate, a quelle scritte per essere ammirate. Com’è nata la passione per le arti visive? Alfredo Rapetti Mogol: La Passione per le arti visive nasce dal DNA di mio nonno paterno che fu Presidente dell’Associazione Arti grafiche e fondò la sua ditta De Pedrini SPA nel 1920, ancora attiva e nelle eccellenze di quest’arte. Sono sempre stato appassionato di arti visive, ho dipinto fin da giovanissimo e durante il liceo ho frequentato la scuola del fumetto a Milano. Nel 1996 ho cominciato a lavorare sulla parola dipinta che, insieme a quella cantata, rimane la radice di tutto il mio lavoro. V.C.: “Mogol” è il nome d’arte di tuo padre, come mai ha iniziato ad apparire nella tua firma? A.R.M.: Mogol, pseudonimo di mio padre come autore di testi, è diventato da quindici anni per suo volere il cognome di tutta la nostra famiglia, anche se ancora non in molti lo sanno. Sempre mio padre mi ha poi

Alfredo Rapetti Mogol nel suo studio © Ph. Valentina Tamborra

A destra: Alfredo Rapetti Mogol “Mappa del cielo”, 2012 acrilico, bitume e piombo su tavola, 60x40 cm. © Ph. Andrea Corbellini

Sotto: Alfredo Rapetti Mogol “A chi se non noi due”, 2019 acrilico su tavola 96x126 cm. © Ph. Andrea Corbellini

chiesto espressamente di usarlo anche in pittura, non l’avrei mai fatto, né mi sarei mai permesso altrimenti. V.C.: Dalle prime opere degli esordi a quelle di oggi, cosa ha influenzato maggiormente il tuo percorso artistico e quali eventi hanno caratterizzato maggiormente la tua evoluzione? A.R.M.: Il mio percorso artistico in pittura si è modificato completamente dal 1996, anno in cui ho cominciato a lavorare sulla parola dipinta. Da allora ho cercato di declinare il segno, la scrittura su tela, tavola, cemento, in ogni altro modo possibile e a me affine per concetto ed estetica, attuando una serie di cicli: scritture, lettere, cieli, dedali, cementi, piombi, fino ad arrivare alla parola scomposta. Ogni giorno qualcosa mi ispira, che venga dalla terra o dal cielo, il mio tentativo è di tradurlo in arte e comunicarlo nel modo più sincero e semplice possibile. Chiaramente

ogni mostra preparata o vista mi ha accresciuto, ogni verso scritto o letto, ogni minuto vissuto nella vita come nell’arte mi è servito a crescere e a capire di più i miei due mestieri. V.C.: Come e quando è nata la “parola scomposta”? A.R.M.: La parola scomposta, scomposizione alfabetica elementare come ho voluto chiamarla, è arrivata come quasi tutte le cose che faccio: con una visione. Una intuizione su cui ho lavorato molto prima di decidere come mettere in pratica. Dall’i-

dea alla prima opera è passato oltre un

anno. Il lavoro è basato sulla scomposizione di frasi semplici, familiari a tutti, creando delle isole letterali, dei segmenti linguistici che abbiano una vita propria e ci trasportino in un altro tempo o in un altro luogo, in altra cultura. Ad esempio “io sono io” diventa IOS ON OIO. Il messaggio così scritto rimane più a fondo nel fruitore dell’opera che ha operato un piccolo sforzo di decodificazione per “leggerlo”. Gli è andato incontro, ha cercato un contatto con l’opera e per questo viene premiato. V.C.: Cosa rappresentano le grafie con cui dipingi? A.R.M.: Scrittura come segno,come forma del pensiero, di un pensiero in continua evoluzione, come impronta ed infinita testimonianza dell’essere umano. Scrittura come gesto e tentativo di rappresentare i diversi stati d’animo che ci attraversano. Segno, alfabeto che perde volontariamente il suo significato letterale per ricercarne uno più primigenio ed universale, che a tutti noi appartiene, senza barriere linguistiche o culturali, condiviso per sensibilità ed origine.

Parola che si trasforma in pittogram-

ma, in pura calligrafia che non contiene ed impone precisi messaggi personali scelti, ma che eventualmente suggerisce ed evoca private risposte, nell’infinita possibilità di una libera lettura soggettiva. Scrittura come traccia della memoria e di un imprescindibile e sempre vivo umano DNA.

Alfredo Rapetti Mogol “Lettera bianca” 2013, acrilico su tela 100x100 cm. © Ph. Andrea Corbellini

V.C.: Tra tutte, a quale tua opera sei più legato, in quale riconosci tutto te stesso? A.R.M.: Ognuna in cui mi riconosco profondamente e che sento mi possa pienamente rappresentare. Senza distinzione. V.C.: Cosa ti aspetti dalle persone che durante una mostra ammirano le tue opere? A.R.M.: Che si sentano a casa, davanti a qualcosa che gli appartiene, che gli somiglia. Che si sentano compresi e in pace. V.C.: Ha più valore l’opera compiuta, o quello che gli spettatori possono pensare dell’opera? A.R.M.: Sono convinto che un’opera compiuta, autentica e sincera produca negli spettatori la stessa vibrazione emotiva che ha provato chi l’ha creata. V.C.: Data la tua esperienza personale,

A sinistra: Alfredo Rapetti Mogol “Mappa del cielo”, 2015, acrilico e bitume su tela, 140x110 cm. © Ph. Andrea Corbellini

Sotto: Alfredo Rapetti Mogol “Io sono io”, 2017, acrilico su carta, 68x96 cm. © Ph. Andrea Corbellini

Sopra: Alfredo Rapetti Mogol “Mappa del cielo”, 2016, acrilico su rame, 76x90 cm. © Ph. Andrea Corbellini

A destra: Alfredo Rapetti Mogol nel suo studio © Ph. Valentina Tamborra

cosa consiglieresti ad un giovanissimo che decide di fare della passione, un lavoro? A.R.M.: Consiglierei di crearsi una feroce autocritica con la quale possa avere possibilità di valutare obiettivamente il proprio lavoro e, soprattutto, dargli il modo di dare credito al proprio gusto. V.C.: Quali sono i tuoi prossimi progetti? A.R.M.: Una mostra pubblica a luglio, personale al Castello di Vigevano e ad ottobre un’installazione con il maestro Michelangelo Pistoletto per la biennale di Firenze. V.C.: Non vedo l’ora di poterle visitare. Grazie mille per la tua pazienza Alfredo, sei una persona veramente speciale. s l

Giorgio Toniolo

Vincitore al BIANCOSCURO Art Contest

di ettore tiretto

“Frattura” fotografia digitale

Giorgio Toniolo è il vincitore, nella sezione dedicata alla fotografia, dell’edizione 2020 del BIANCOSCURO Art Contest con l’opera dal titolo “2020”, alla quale è dedicata la nostra rinomata “Over the Cover” di questo numero. Toniolo ha fatto la differenza nella sezione fotografia, vincendo il prestigioso Premio Copertina assegnato il giorno 17 ottobre 2020 al Grand Visconti Palace di Milano alla presenza del Direttore di BIANCOSCURO Vincenzo Chetta e della Giuria (presente in formato ridotto a causa delle norme anti-contagio), rappresentata da Daniela Malabaila, Franco Crugnola e Isabella Rigamonti. L’opera ha passato man mano i diversi step di selezione del concorso, ma ha da subito attirato l’attenzione della commissione critica del BIANCOSCURO Art Contest: questa realizzazione fotografica è figlia concettuale del momento storico che stavamo e stiamo purtroppo ancora vivendo, un, troppo lungo, periodo pandemico che è tuttora causa di restrizioni e forti stress. Nella realizzazione degli scatti, l’obiettivo primario di Toniolo è il processo creativo, i colori, la luce ed il taglio della foto, ma ricordiamo che nella sua fotografia sono importantissimi anche i linguaggi

visivi che creano nella mente dello spet-

tatore un viaggio ad occhi aperti: le sue sono opere che permettono di catapultar-

“2020” 2020, fotografia digitale, 38x50 cm.

“Selleries refuge” fotografia digitale

“La creazione” fotografia digitale

si al loro interno come un viaggio onirico. Ma scopriamo qualcosa in più sulla vita di Giorgio Toniolo: vive in Piemonte, in un piccolo paesino di collina, Prarostino, in provincia di Torino, ed ha iniziato ad appassionarsi di fotografia da giovanissimo, arrivando ad acquistare la sua prima reflex a 16 anni. “Con la fotografia ho trovato il mio mezzo di espressione. Sono affascinato dalla bellezza. Credo che la bellezza si trovi ovunque… Anche quando è nascosta nell’oscurità”, ci racconta Toniolo. Negli ultimi anni ha perfezionato la sua tecnica, naturalmente sempre alla ricerca di nuovi stimoli e di migliorie nel suo lavoro artistico. Per la realizzazione dei suoi scatti utilizza luoghi e soggetti comuni. A livello compositivo, le sue opere possiamo definirle senza ombra di dubbio concettuali, quasi

un viaggio tra l’idea che vuole

“The revenge of the nails” fotografia digitale

esprimere e realtà dell’oggetto o della scena immortalata. Predilige il bianco e nero, le linee pulite ed essenziali, le simmetrie perfette, insomma una fotografia minimalista che concentra l’attenzione proprio dove il fotografo vuole. Toniolo sappiamo essere da sempre appassionato di arte e design, ma è soprattutto un grande foto-

grafo dalle elevate doti tecniche

e creative, con una carriera in continua ascesa che vede questa vittoria come un punto dal quale riprendere la scalata verso il

meritato successo, così come è stato assolutamente meritato il Premio al BIANCOSCURO Art

Contest. Non possiamo che essere fieri di poterlo consacrare con questa pubblicazione, sicuri che la sua continuerà ad essere una carriera costellata di successi. s l

Sopra: “Manhattan” fotografia digitale

A destra: Giorgio Toniolo in una sua elaborazione fotografica

INFO @giorgiotoniolo

Caravaggio

Un grande capolavoro ai Musei Reali di Torino

di ettore tiretto

Dallo scorso 25 febbraio 2021, ai Musei

Reali di Torino, è esposto il “San Gio-

vanni Battista” di Caravaggio. L’opera, realizzata tra il 1604 e il 1606, appartiene alle collezioni delle Gallerie Nazionali di Arte Antica ed è esposto per la prima volta a Torino grazie a uno scambio promosso in occasione della mostra “L’ora dello spettatore. Come le immagini ci usano” in programma a Palazzo Barberini di Roma. Grazie al sostegno della Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino, al contributo di Reale Mutua e alla collaborazione del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, l’opera è presen-

tata al centro della sala dedicata agli artisti

caravaggeschi italiani e stranieri della Galleria Sabauda. Caravaggio, uno dei pittori più celebrati e amati di ogni tempo, con il suo stile

audace e innovatore, mostra San Giovanni

ancora adolescente, in un momento di riposo nel deserto, dove trascorse gran parte della sua esistenza. La mostra permetterà di presentare al pubblico uno dei capolavori del pittore, ma sarà anche un’occasione unica per mostrare lo stretto dialogo che intercorre con le opere di quei pittori italiani e stranieri, di prima e seconda generazione, che furono profondamente influenzati dalla sua pittura. s l

CARAVAGGIO AI MUSEI REALI

25 febbraio - 30 maggio 2021 (verifica l’effettiva apertura prima di recarti sul posto) Musei Reali di Torino - Galleria Sabauda, Torino

INFO info@coopculture.it

Dal lunedì al venerdì 9.00 - 19.00

Inquadra con il tuo smartphone il codice QR per collegarti al sito www.museireali.beniculturali.it

Michelangelo Merisi da Caravaggio San Giovanni Battista Gallerie Nazionali di Arte Antica Galleria Corsini Roma Ph. Alberto Novelli

Artista Contemporaneo

Maurizio D’Andrea propone opere simboliche dove le scene incontrano contrasti di forme e colori che fondono le loro basi sul concetto di “spazio ed equilibrio” tra le parti condivise da una forte e distinta capacità espressiva. L’artista giunge a queste soluzioni attraverso composizioni sia geometrico-astratte che liriche, risolte con un dinamismo cadenzato da preziose dissolvenze e con un ricco accostamento di colori vivaci e di aspetti scanditi da una prominente e risolutiva capacità di adattamento alla realtà. L’artista analizza, indaga, scava nella propria interiorità senza mai fermarsi usando sempre nuove soluzioni strutturali, nuove tecniche, nuove ricerche creative. La sua maturità compositiva attraverso una imprescindibile evoluzione artistica gli ha permesso in questo modo di costruire il suo manifesto interiore in cui si assommano identità poetiche ed ideali aspetti esistenziali. Maurizio D’Andrea si muove fra vari ambiti artistici come la pittura, la grafica, digitale, la scultura, l’arte generativa, la fotografia. I suoi molteplici orientamenti sono alquanto speciali, celano una fantasia imbrigliata che quando si scatena libera un sorprendente armato vigore inventivo. Per queste ragioni può definirsi artista universale e versatile per il suo modo di dichiararsi nell’essenza delle cose e degli atteggiamenti e la sua possibilità di rendere un pensiero immagine e specchio della propria identità psicologica. In questi lavori, fondati sull’assoluta libertà di esecuzione, assistiamo ad un gesto ripetitivo e vigoroso, all’accuratezza della realizzazione, allo scorrere del pennello, all’utilizzo di collage e assemblaggi. Si fa artefice di un universo in continua trasformazione poiché l’arte segue sempre il corso del tempo. Un tempo difficile da raccontare dove il concetto di arte viene stravolto a favore di una tecnologia sempre in continua espansione. Proprio per questo abbandona gli eccessi della pittura del passato, per addivenire ad un’arte decisamente personale dove gli estremi modi e colori provocati dalle atmosfere suggestive si addensano sui supporti attraverso una libera espressione di emozioni, emettendo energia che affascina lo spettatore. Ha ricevuto numerosi premi per meriti artistici ed è stato inserito come artista emergente in diverse riviste del settore.

Ti scrivo una poesia 2021, acrilico su tela, 60x60 cm.

Ugo Zannoni

Il mecenate dell’Ottocento scaligero

di Mario GaMbatesa

Fra le celebrazioni dei settecento anni dalla morte di Dante Alighieri, va ricordata la mostra veronese dal titolo “La Mano che Crea”. L’esposizione vuole far riscoprire la figura di Ugo Zan-

noni, scultore, collezionista e mecenate

dell’Ottocento scaligero. La mostra, allestita presso la Galleria d’Arte Moderna Achille Forti (Palazzo della Ragione) è stata concepita come un laboratorio dove professori e studenti dell’Accademia di Belle Arti e dell’Università di Verona hanno potuto collaborare e fare esperienza diretta di ciò che avviene dietro le quinte, prima e durante l’apertura dell’esposizione. Il concetto di museo partecipativo non poteva non essere evidenziato parlando appunto della figura di Zannoni, il cui

interesse è stato sempre rivolto alla didattica ed all’impegno civile in favore

della cultura. Nato a Verona nel 1836, Zannoni, studia all’Accademia di Venezia per entrare poi all’Accademia di Brera a Milano nel 1858. Nel 1865 Zannoni

vince il concorso per il monumento di

Dante in occasione del VI centenario della nascita del poeta fiorentino, che diverrà la sua opera più celebre, ancora oggi collocata in piazza dei Signori a Verona. La fama di questa scultura lo porterà ad aprire uno studio a Milano, dove comincerà

a realizzare statue per il Duomo della

città, così come altre opere per l’esposizione internazionale del 1872, aprendo contatti altolocati, tanto da essere nominato da re Vittorio Emanuele II, Cavaliere della Corona. Dopo la morte di Francesco Hayez viene nominato consigliere dell’Accademia

Angelo Recchia - L’arte avvilita (o La pittura avvilita) 1876, olio su tela, 34.5x27 cm. Verona, Musei Civici – Galleria d’Arte Moderna Achille Forti © Ennevifoto, Verona

A destra: Vincenzo Hayez - Ritratto di Ugo Zannoni 1873, olio su tela, 72x59.5 cm. Verona, Musei Civici – Galleria d’Arte Moderna Achille Forti

Ugo Zannoni - Busto ritratto di Giulio Pompei 1871, marmo, 77.3x65x40.5 cm. Verona, Musei Civici – Galleria d’Arte Moderna Achille Forti © Ennevifoto, Verona Ugo Zannoni - Busto ritratto di Cesare Bernasconi 1871, marmo, 78x52.3x37.5 cm. Verona, Musei Civici – Galleria d’Arte Moderna Achille Forti © Ennevifoto, Verona

di Brera. Dal 1905, tornato a Verona, si adopera per costituire una Galleria d’Arte Moderna nel Museo Civico scaligero e a questo scopo offre la propria collezione al Comune. Con questo nobile gesto, Zan-

noni ha donato alla città trentacinque sculture del suo atelier e ottantatré dipinti di autori in prevalenza lombar-

di. La collezione Zannoni rappresenta uno spaccato esemplare dell’affascinante

mondo del collezionismo d’arte otto-

centesco, un esempio in cui si riflette il forte senso civico che ha animato singolarmente la società civile veronese e veneta a cavallo tra Ottocento e Novecento. La mostra, aperta al pubblico dal 27 giugno scorso, sarà visitabile fino al 31 dicembre prossimo, sempre con l’eventuale favore dei nuovi Dpcm ministeriali. L’intero lavoro espositivo è stato condiviso con un comitato scientifico composto da studiosi e con l’aiuto di giovani volontari del Servizio Civile Nazionale che hanno seguito ogni fase del progetto. L’esposi-

zione è un omaggio che la città di Vero-

na rivolge ad un artista ed un mecenate, che ha segnato profondamente un perio-

LA MANO CHE CREA La Galleria pubblica di Ugo Zannoni (18361919). Scultore, collezionista e mecenate

27 giugno 2020 - 31 dicembre 2021 (Verifica l’effettiva apertura prima di recarti sul posto) Galleria d’Arte Moderna Achille Forti, Verona

INFO T. +39 045 8001903 gam.comune.verona.it

Da lunedì a venerdì 12.00 - 19.00

Inquadra con il tuo smartphone il codice QR per collegarti al sito

gam.comune.verona.it

do decisivo per l’arte ottocentesca. Le sue opere arrivano a noi come monito per ricordare quanto la cultura sia importante nelle nostre vite, un rifugio sicuro soprattutto in un periodo come quello che stiamo vivendo. Tenendo sempre a mente che l’Arte, in tutte le sue meravigliose

sfaccettature, rende migliore il mondo

in cui viviamo. s l

A sinistra: allestimento della mostra

Sotto: Paolo Farinati - Cristo uomo dei dolori 1581, olio su tela, 45x60 cm. Verona, Musei Civici – Museo di Castelvecchio

Alberto

F O R N A I

w w w . a l b e r t o f o r n a i . i t

Michelangelo Grigoletti

L’omaggio al ritrattista veneto

di rebecca Maniti

Amaggio dovremmo poter visitare una mostra celebrativa dedicata a Michelangelo Grigoletti, grande artista del 1800. La rassegna, che si sarebbe dovuta tenere nel 150° anniversario della scomparsa ed è stata posticipata per le note misure di contenimento del contagio da Covid19, è sotto la cura di Vania Gransinigh ed è organizzata dall’Assessorato alla Cultura. Grigoletti si è avvicinato all’arte grazie allo zio che ha riconosciuto il suo talento, frequentò l’Accademia di belle arti

di Venezia e studente modello, arriverà

a insegnare lui stesso nella scuola veneziana, ad autori come Giacomo Favretto, Federico Zandomeneghi, Tranquillo Cremona, Eugenio Prati, Albano Tomaselli e Gian Battista Carrer.

“Omaggio a Michelangelo Grigoletti

(1801-1870)” sarà allestita nelle sale del Museo Civico d’arte dall’8 maggio al 25 luglio 2021. “La mostra - sottolinea l’Assessore alla Cultura Pietro Tropeano - prosegue la riscoperta e la valorizzazione dei grandi artisti del nostro territorio iniziata con il Pordenone. Michelangelo Grigoletti, pordenonese di Roraigrande, ha saputo

riempire con la sua individualità creativa uno dei periodi forse meno cono-

sciuti dell’arte veneta. È stato un grande ritrattista della nuova Accademia di Venezia lasciandoci una ricca collezione di opere

In alto a sinistra: Michelangelo Grigoletti Ritratto della sorella Meri 1829, olio su tela, 43x36,5 cm. Pordenone, Museo Civico d’Arte

A sinistra: Michelangelo Grigoletti Ritratto della famiglia Petich 1845, olio su tela, 138x180 cm. Pordenone, Museo Civico d’Arte.

A destra in basso: Michelangelo Grigoletti La nobile Isabella Fossati con la figlia Maria Clorinda, il genero e le nipoti 1828-29, olio su tela, 136x169 cm. Nobile Isabella Palumbo-Fossati

Michelangelo Grigoletti - Ritratto della signora Bianca F. 1845 ca., olio su tela, 56,6x46 cm. Pordenone, Museo Civico d’Arte

in parte presenti nel Museo Civico di Pordenone.” Il percorso espositivo si divide in tre sezioni: la prima sarà dedicata alla pittura a soggetto storico-romantico, la seconda ai dipinti a tema sacro e religioso, la terza sezione riguarderà invece la produzione ritrattistica, veri capolavori di sensibilità umana e indagine

OMAGGIO A MICHELANGELO GRIGOLETTI

(1801 – 1870)

08 maggio - 25 luglio 2021 (Verifica l’effettiva apertura prima di recarti sul posto) Museo Civico d’Arte, Pordenone

INFO T. +39 0434 392935

Mercoledì, giovedì e venerdì 15.00 - 18.00 PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA

Inquadra con il tuo smartphone il codice QR per collegarti al sito www.comune.pordenone.it

psicologica. La mostra sarà l’occasione anche per mostrare il “Ritratto della famiglia Petich” capolavoro del 1845 da poco restaurato. Michelangelo Grigoletti merita questa celebrazione, assoluto protagonista come interprete di primo piano di un periodo in cui a trionfare furono le poetiche neoclassiche, sostituite ben presto da quelle romantiche, con un’apertura finale sul realismo di fine Ottocento. s l

ROSANNA CARLINI

Audacia e Astuzia

2021, olio su tela, 25x25 cm.

Was born in Rome and has always been an art lover. Art is something she has focused on for her own personal enjoyment and she has been able deepen her knowledge of it, thanks to the city she was born the techniques and personalities of various famous artists, from them, she draws inspiration for her paintings, which she loves to create with personal variations. Her personal creative theme is expressed in portraits, as she finds that the face holds the unique emotional and intimate part of every person, transferring a precise moment of expression into the canvas. Some works are visible on artcontest.biancoscuro.it and Instagram cr_rosannacarlini.

Coraggio e Fierezza

2021, olio su tela, 25x25 cm.

This article is from: