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L’opera d’arte e
L’opera d’arte e il trauma inferto
Con-fusione contemporanea a Palazzo Fava
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di lucia Garnero
Accessibile, a partire dalla data di inaugurazione dell’8 aprile in modalità online con visite guidate, e poi aperta al pubblico il 26 aprile, la prima mostra di Palazzo Fava, Sfregi, di Nicola Samorì, sarà visitabile fino al 25 luglio 2021. L’esposizione, progetto di
Genus Bononiae. Musei nella
Città, realizzato con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna e fortemente voluto dal Presidente di Genus Bononiae, Fabio Roversi-Monaco, che di Samorì è stato uno dei primi sostenitori e collezionisti, è stata affidata alla cura di Alberto Zanchetta e Chiara Stefani, che si sono avvalsi della straordinaria partecipazione dell’artista nel formulare la soluzione narrativa e nella selezione delle opere; Sfregi è un progetto espositivo studiato dall’artista in esclusiva per le sale del Palazzo delle Esposizioni di Bologna. Una lettura esaustiva e lenticolare del percorso da lui intrapreso negli ultimi vent’anni che illumina le opere più rappresentative della sua produzione; sono circa 80 lavori che spaziano dalla scultura alla pittura, dagli esordi fino alle
In alto a sinistra: Nicola Samorì - Immortale 2018, olio e pennello su tavola, 41x31 cm. © Monitor, Roma / Lisbon / Pereto. AmC Collezione Coppola, Vicenza
A sinistra: un dettaglio di Immortale
realizzazioni più recenti. Bologna è la città in cui Samorì ha studiato presso l’Accademia di Belle Arti; in questo contesto prendono forma il suo stile e la sua poetica, fortemente connessi alla profonda necessità di fustigare la serenità delle immagini, prassi che sviluppa nel corso degli anni, con l’utilizzo di tecniche sempre nuove e diverse tra loro. L’evento rappresenta, dunque, un’importante occasione per fare ritorno a Bologna dopo gli anni accademici e sfidare, in un certo qual modo, le testimonianze che contraddistinguono Palazzo Fava, nell’ambito di un dialogo che lo ha posto nel ruolo di regista sia nella raccolta storica delle testimonianze di antichi fasti già presenti nei decori delle sale, sia nella necessità di generare una nuova dialettica tra il proprio corpus di opere e lo spazio espositivo. L’intenzione risulta evidente fin dal vestibolo, in cui domina una statua neoclassica di Apollo, volutamente affiancata da una scultura lignea realizzata dall’artista con un tronco antico, che già fa trapelare la sua meticolosa ricerca sulla materia. Ne deriva un affascinante itinerario nel quale le sue opere innescano una stretta e intensa relazione di rimandi, suggestioni e analogie con i preziosi fregi che decorano le pareti del Piano Nobile e con alcune opere individuate all’interno delle Col-
lezioni d’Arte della Fondazione
Carisbo. Tra le opere in mostra, la meravigliosa Maddalena Penitente del Canova e i suggestivi ritratti di
A destra: Nicola Samorì Valle umana (Malafonte) 2018, affresco strappato, 515x380 cm. © Galerie EIGEN+ART, Leipzig / Berlin Ph. Rolando Paolo Guerzoni Sopra: Nicola Samorì - Sfregi - vedute dell’allestimento, Palazzo Fava Genus Bononiae. Musei nella Città. Ph. Paolo Righi
donne cieche di Annibale Carracci. Si stabilisce, come risultato mirabile di tale approccio, un’“affinità elettiva” anche con lo stesso patrimonio del Museo. Grazie ai lavori incentrati sull’ustione del rame, con un focus sul tema del corpo scarnificato, l’artista tenta uno stravolgimento cromatico della Sala degli allievi di Ludovico Carracci. Nella stanza dipinta da Francesco Albani, la maestria dell’artista permette di adattare i colori e le forme della pietra alle sue nature morte. La Sala delle Grottesche accoglie l’affresco monumentale Malafonte in un gioco di perfette geometrie: “una sintonia che, proprio perché assoluta, si colloca lontano dall’omaggio, esplora territori inediti, si affida a materiali di ogni genere come il rame, il marmo, il legno che vengono ustionati, martoriati, innestati con impurità, germi che ci fanno compiere un continuo
viaggio senza fine tra presente e
passato”. Rispetto alle imponenti opere del piano nobile, nelle sale del secondo piano sono esposti lavori di piccolo e medio formato che sviluppano singoli temi o costituiscono dei focus sulle diverse tecniche utilizzate dall’artista: l’accecamento dell’immagine, l’aggregazione di materiali di risulta, la pittura su pietra, il disegno e la scultura. Sono qui presenti: Lienzo, il Cristo deposto dipinto su un antico tavolo da massaggio; i lavori su onice in cui la pittura incontra la forma naturale della materia; le due splendide Santa Lucia – una scolpita, l’altra dipinta – che si specchiano, con i loro occhi scarnificati. Le opere esposte sono rappresentative della vasta e complessa produzione di Samorì, che gli
Sopra: Nicola Samorì - Lucia 2019, olio su onice e pietra di Trani, 40x30 cm. © Monitor, Roma / Lisbon / Pereto © Galerie EIGEN+ART, Leipzig / Berlin. Ph. Rolando Paolo Guerzoni Sotto: Nicola Samorì e Fabio Roversi-Monaco, Presidente Genus Bononiae
ha permesso di differenziarsi
dall’odierno panorama artisti-
co, balzando agli onori della critica internazionale. “Questa mostra antologica vuol essere un riconoscimento alla carriera dell’artista, che si presenta al pubblico con un’esposizione ricca ed esauriente – spiega
NICOLA SAMORÌ
Sfregi
8 aprile – 25 luglio 2021 (verifica l’effettiva apertura prima di recarti sul posto) Palazzo Fava, Bologna
INFO T. +39 051 19936343 esposizioni@genusbononiae.it Da martedì a domenica 10.00 - 19.00 Giovedì 12.00 - 21.00
Inquadra con il tuo smartphone il codice QR per collegarti al sito www.genusbononiae.it
Nicola Samorì - Caino 2020, olio su lino, 2020x150 cm © Monitor, Roma / Lisbon / Pereto © Galerie EIGEN+ART, Leipzig / Berlin. AmC Collezione Coppola, Vicenza Ph. Rolando Paolo Guerzoni
Sotto: Nicola Samorì - Sfregi vedute dell’allestimento, Palazzo Fava Genus Bononiae. Musei nella Città Ph. Paolo Righi
Fabio Roversi-Monaco, Presidente di Genus Bononiae – Sono felice di accogliere a Palazzo Fava un giovane che ha saputo imporsi sul piano internazionale. Le sue opere ci fanno riflettere ed emozionare, riscoprendo il valore taumaturgico dell’arte, di cui abbiamo estremo bisogno”. Altrettanto significativo quanto affermato da Alberto Zanchetta: “Una conversazione tra artisti e secoli che si attua secondo un volontario ricorso al paradosso, alla straniante sensazione che si prova sin dal titolo dell’esposizione: Sfregi. Lemma da intendersi come azione di stravolgimento, turbamento e rebus intellettuale che cela, infine, un potere misterico e salvifico”.s l
EUGENIO CERRATO
“Girotondo” 2005, acrilico su legno, martelli e calchi di uova, 90x90 cm.
“L’ovile”, 2006, acrilico su legno, forbici e pecorelle di carta, 100x100 cm.
Dario Romano
Vincitore al BAC Winter Edition - Pittura
di vincenzo chetta
Dario Romano, vincitore del premio copertina al
BAC Winter Edition, è nato a Brescia nel 1962 e vive e lavora nella provincia, a Flero. Inizia a frequentare lezioni d’arte già da molto giovane, diplomandosi Maestro d’Arte in Arti Pittoriche. Ma non ha mai sentito come conclusi i suoi studi, infatti durante la sua carriera
ha sempre lasciato molto spazio alla perfezione della tecnica e alla ricerca stilistica frequentando
corsi privati presso importanti artisti contemporanei bresciani. Crea opere uniche, dipinti che già dal primo sguardo fanno emergere la superba tecnica dell’olio a velatura, ot-
L’artista Dario Romano nel suo studio
tenuta con paziente stesura della materia.
Nonostante balzi subito all’occhio e la faccia da padrone in un primo momento, non bisogna soffermarsi troppo sulla
sua tecnica, poiché Romano porta avanti un percorso di ricerca artistica di “opere non finite” accuratamente ottenute focaliz-
zando l’attenzione sulla sua visione del
mondo animale, come possiamo vedere ad esempio qui a fianco nell’opera “Evoluzione?”. Un gruppo di scimmie che pensano, ridono, giocano, parlano tra loro, fanno le smorfie, addirittura una di loro fuma. Ma possiamo notare questa particolarità del fare arte di Dario Roano anche nell’opera “Nothing is what it seems”, nella quale possiamo notare che il leone, Re della savana, è privo di denti ed al posto della preda ha una scatola di pelati: sono opere come queste
che fanno comprendere la funzione dell’arte sia nella società
che per il singolo, la riflessione di fronte a questi dipinti è immediata e profonda.
In queste pagine possiamo ammirare altre scene dipinte dall’artista brescia-
“Evoluzione?” - 2018, olio e acrilico su tela, 110x110 cm.
“Nothing is what it seems” - 2016, olio su tela, 100x130 cm.
“La pittura è una professione da cieco: uno non dipinge ciò che vede, ma ciò che sente,ciò che dice ” a se stesso riguardo a ciò che ha visto.
Pablo Picasso
“Palla al centro” 2019, olio e acrilico su tela, 110x110 cm.
“Energia?” 2019, olio e acrilico su tela, 120x170 cm.
no: “Red fish” dove due elefanti nuotano allegramente con un pesciolino rosso ed “Energia?” che racconta la fase concitata di una vera e propria lotta alla conquista del palio cittadino; nell’angolo a sinistra fa capolino la piccola testolina di un gattino che ci guarda, fissa noi spettatori della scena. Qui a sinistra possiamo vedere “Palla al centro”, l’opera vincitrice del Premio Copertina al BAC Winter Edition, tela superba nella realizzazione, nell’originalità e nel significato, che non necessita di alcuna “spiegazione”. Nelle sue opere è eviden-
te l’enorme rispetto che l’artista ha degli
animali, ponendo il mondo animale al centro dell’interesse umano nella visione
di un rispetto generale ormai perduto,
una realtà estremamente importante che vediamo ormai svanire, così come il colore dei dipinti dell’artista va via via sfumando.
Questo è il messaggio insito nelle opere
di Dario, opere che attraggono lo spettatore per l’estrema precisione e l’enorme bellezza, ma che portano anche un messaggio
di positività e responsabilità dell’uomo
moderno. Ma non solo arte e messaggi sociali, Dario Romano negli anni ha maturato notevole esperienza nella decorazione artistica, approdando in un’azienda leader nella realizzazione di scenografie teatrali diventando responsabile di laboratorio. Da anni, inoltre, ricopre il ruolo di insegnante dapprima all’Accademia dei Nove di Rezzato ed organizza privatamente la stessa tipologia di corso presso l’Istituto Don Orione di Botticino. Dal 2018 è socio ordinario della Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente di Milano. Le sue tele sono presenti in collezioni pubbliche e private. Notevole il numero di mostre in Musei e Gallerie di importanti città italiane e capitali mondiali, nelle quali ha riscosso notevoli consensi di pubblico, ricevendo numerosi premi e riconoscimenti dalla critica. Da non scordare le numerose pubblicazioni a lui dedicate: tutto il lavoro che ha svolto fin oggi ha portato molte soddisfazioni, fino ad arrivare all’ambitissima
copertina sulla nostra rivista d’arte,
BIANCOSCURO. La sua carriera sicuramente non si fermerà a questo traguardo, ma continuerà ad evolversi e ad arrivare sempre più in alto. s l
www.darioromanoarte.it
romanoarte@libero.it
instagram.com/romanoarte.dario facebook.com/dario.romanoarte
Davide Sertorelli
Lo scultore del legno fluido
di daniela Malabaila
Donna 2015 scultura in legno di cirmolo colorato a tempera 35x20 cm.
Davide Sertorelli
ha da subito destato grande interesse fra la giuria quando ha iscritto al BAC Winter Edition le sue opere di
“legno fluido”, opere scultoree dalle forme sinuose ed astratte (ma non totalmente), premiate poi con la pubblica-
zione sulla Over the Cover di BIANCOSCURO Art Magazine #46.
Le sue opere richiamano alla mente le forme della natura, montana e boschiva, dove lui vive e da dove trae ispirazione e materia prima: il legno, il materiale
di cui è fortemente innamorato per le
forme e le naturali, caratteristiche venature, con cui gioca sapiente-
mente con il ritmo dei contrasti. Nato a Bormio nel 1967, è scultore autodidatta. Pur scoprendo da molto giovane la passione per la scultura (lui stesso racconta: “Rimasi affascinato dallo scoprire cosa potevo creare in laboratorio, vedere prendere forma, e
vita, il legno nelle mie mani
mi ha portato ad indagare sempre di più questa passione per l’arte.”) ha iniziato a lavorare il legno “seriamente” e a mostrare i suoi capolavori solo nel 2003. Studiando le sue opere, troviamo un’in-
fluenza dal fare arte di Henry Moore,
Constantin Brâncuși, Salvador Dalì:
L’infinito 2016 scultura in legno di noce 95x25 cm.
Maternità scultura in legno di betulla
tre grandi artisti che possiamo rivedere in qualche modo anche nelle opere di Sertorelli, seppur lui sia riuscito a trovare la sua cifra stilistica, ormai rico-
noscibile nel panorama della scultura
internazionale. L’artista ama utilizzare legni con venature molto accentuate per valorizzarne i colori con il disegno, ottenendo risultati estremamente raffinati e suggestivi nelle opere lasciate con il loro colore naturale. Importante un passaggio della sua procedura creativa che Sertorelli ci svela: “Spesso si pensa che io veda l’opera compiuta semplicemente guardando il legno che ho a disposizione. Ma non è così, io
prima progetto meticolosamente l’opera su carta, e solo dopo il disegno vado alla ricerca del pezzo adatto alla rea-
lizzazione del progetto, che sia della dimensione giusta e che abbia le proporzioni adatte, oltre che la consistenza ed il colore giusti, soprattutto nel caso in cui la scultura sia stata progettata per non essere dipinta”. Ecco dunque che solo dopo aver definito il progetto e aver trovare il giusto pezzo di legno, Davide Sertorelli può far partire la musica classica che sempre lo accompagna nella creazione e può iniziare a dare forma, movimento e fluidità all’essenza prescelta. Le sue esposizioni spaziano dalla terra madre di Bormio, dove ha messo in mostra le sue opere in diverse personali, a Milano, Venezia,
Roma, Sondrio, Brescia, Palermo,
Lecce, Matera. Ha esposto anche in Svizzera e negli Emirati Arabi, portan-
do sempre avanti il suo lavoro con sobrietà, umiltà, gioia e profondo rispet-
to per l’ambiente in cui vive. s l
scultoree lignee dalle forme sinuose e
tondeggianti, solo in apparenza astratte poiché un’attenta lettura ne rivela la loro essenza.
L’ artista, dopo un primo periodo in cui si concentra sul figurativo, indirizza la sua ricerca verso una radicale stilizzazione e semplificazione delle forme, non abbandonando mai del tutto la metafora dell’anatomia umana, abolisce ogni approccio mimetico basato sull’osservazione diretta ricreando forme che sono, al contempo, sintesi ed essenza della realtà.
Il legno, prelevato direttamente dal suo ambiente naturale, viene sapientemente
intagliato, come fosse modellato dall’erosione del vento, senza alterare la forma ma valorizzando il contenuto
alla ricerca di un dinamismo che conferisce leggerezza e fluidità, nel paradosso della solidità della materia, amplificato dallo slancio verticale.
Le sculture sembrano immerse nello spazio che le attraversa nell’alternanza dei vuoti e pieni mentre la luce, scivolando sulle superfici levigatissime, le sublima.
Davide Sertorelli crea le sue opere nel suo studio alle pendici dei monti in Valtellina, in una dimensione di totalizzante comunione panica con la natura dalla quale attinge, in un rapporto di reciprocità, per dare forma all’essenza del sua realtà.
Dott.ssa Ilaria Giacobbi