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L’Alta Langa secondo Enrico Serafino di Francesca Ragone
from BIBENDA n° 86
by Bibenda
Bibenda 86 duemilaventuno L’ALTA LANGA SECONDO ENRICO SERAFINO
Francesca Ragone
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L’ALTA LANGA
secondo Enrico Serafino
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Storia di un produttore visionario alla costante ricerca di terreni magici.
Bibenda 86 duemilaventuno L’ALTA LANGA SECONDO ENRICO SERAFINO
Lo stemma aziendale è il simbolo stilizzato della sezione di una conchiglia fossile, ritrovata durante alcuni scavi nel territorio dell’Alta Langa, popolato da simili reperti, perché questo luogo è in grado di narrare all’unisono l’avvicendarsi delle ere geologiche della Crosta Terrestre. In molte conchiglie è possibile ritrovare una successione a spirale che sembra portare all’infinito. Le forme geometriche e matematiche che appaiono dalle stratificazioni di questi suoli raccontano microcosmi dell’universo, che avrebbero improvvisamente suscitato l’interesse di Michelangelo, Keplero, Fibonacci, Bartok, Stradivari, e in generale di una moltitudine di filosofi, artisti e scienziati almeno dal 300 a.C. in poi, quando la Grecia con la scoperta del π (pi) greco aprì la strada alle riflessioni di Fibonacci, che nel 1202 iniziando a “giocare” con le cifre arabe, scoprì il numero aureo, fermandosi nella dimensione dell’inspiegabile. Di fronte a quel che molti anni dopo, Federico Garcìa Lorca nel suo pamphlet di poche pagine aveva chiamato duende, una forza misteriosa emanata dallo spirito della Terra, che si può sentire ma non si riesce a spiegare, qualcosa che si impossessa, ma che sta già dentro, nelle più recondite stanze del sangue: «Il duende non sta nella gola; il duende monta dentro, dalla pianta dei piedi. Vale a dire, non è questione di capacità ma di autentico stile vivo; vale a dire, di sangue; di antichissima cultura, e, al contempo, di creazione in atto» (F. Garcìa Lorca, Gioco e teoria del duende, 1933). Fluido inafferrabile che arriva direttamente al pubblico e rompe gli stili, l’arrivo del duende presuppone sempre un cambiamento radicale di tutte le forme. E allora, sarà stato un caso che Enrico Serafino abbia scelto proprio quel luogo? O potrebbe invece essere stato il luogo a richiamarlo, ad attirarlo, per qualche profonda ragione misteriosa? Non si può spiegare tutto. Ma è possibile lasciare aperto il pensiero all’interpretazione, perché se esiste ciò che “è” nella forma visibile, non si può escludere la presenza del “ni-ente” nella sua forma invisibile, e credere che sia niente nell’accezione comune del soggetto che interpreta. Enrico Serafino è stato un produttore visionario alla costante ricerca di terreni “magici” in grado di produrre uve diversificate, per scoprire vini ancora non detti ma che dentro posseggono tutta la forza recondita di suoni scuri da far emergere come verità socratiche. «Tutto ciò che ha suoni neri ha duende. Non c’è verità più grande. Questi suoni neri sono il mistero, le radici che affondano nel limo che tutti noi conosciamo, che tutti ignoriamo, ma da dove proviene ciò che è sostanziale nell’arte. Potere misterioso che tutti sentono e che nessun filosofo spiega. […] Per cercare il duende non v’è mappa né esercizio. Si sa soltanto che brucia il sangue come un topico di vetri, che prosciuga, che respinge tutta la dolce geometria appresa, che rompe gli stili, che fa sì che Goya, maestro nei grigi, negli argenti e nei rosa della migliore pittura inglese, dipinga con le ginocchia e i pugni in orribili neri bitume». Rampollo di una famiglia benestante di produttori di pasta del Canavese, a ventitré anni Serafino ha il sogno di fare vini importanti, tanto che nel 1878 decide di trasferirsi nel sud
del Piemonte, a Canale d’Alba, prima città dopo Torino ad avere sia servizi essenziali che a livello di infrastrutture, concentrandosi nella produzione di vini che non potevano essere lavorati dai contadini più umili, Barolo, Barbaresco e soprattutto Metodo Classico, perché questi necessitavano di tempi molto lunghi e strutture assai particolari per la produzione e per l’affinamento. Il giovane produttore mostra il suo ingegno già nella progettazione delle cantine sotterranee, disposte su tre differenti livelli secondo i principi della gravità al fine di ridurre al massimo l’utilizzo dei metodi meccanici. Da buon patriarca del vino in pochissimo tempo riesce a collezionare medaglie da ogni dove e già nel 1911 riesce ad esportare anche in Cina. Purtroppo dopo la sua morte gli eredi non sono stati all’altezza di portare avanti quel sogno e l’azienda viene acquisita da vari proprietari, i più importanti sono la famiglia Barbero, un’azienda produttrice di alcolici, Vermouth e vini, già con sede a Canale, e poi il noto Gruppo Campari. Durante la proprietà Barbero arriva il disciplinare, nel 1990, che vieta all’Italia il metodo Champenoise; quest’obbligo di fatto pone la cantina davanti a una scelta complicata: inventare un nuovo nome al metodo, oppure ascoltare il territorio. La risposta ricade naturalmente sulla seconda opzione, che ha la fortuna di incrociare sul proprio cammino l’agronomo Gianni Malerba il quale con la collaborazione di Istituti di ricerca superiore, le Università di Torino e di Piacenza, ritorna sulle orme di Enrico Serafino iniziando a selezionare le parcelle migliori. Comincia così a configurarsi l’idea dell’Alta Langa Docg, che raccoglie 148 comuni in appena 350 ettari; nel 1999 vede la luce la prima bottiglia della futura Alta Langa Docg e il 15
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Bibenda 86 duemilaventuno L’ALTA LANGA SECONDO ENRICO SERAFINO
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giugno 2001 nasce ad Asti il Consorzio Alta Langa, con le prime sette case spumantiere: Barbero con Enrico Serafino, Bersano & Riccadonna, Giulio Cocchi, Fontanafredda, Gancia, Martini & Rossi, Vigne Regali. Una caratteristica davvero speciale di questo territorio è l’altitudine elevata, fino anche a 900 metri sopra il livello del mare, luogo ottimale per i Metodo Classico, vini capaci di grande longevità, come atto di mutuo scambio verso i produttori, il cui dono più grande riservato alla cura di questi vini eccezionali è proprio il loro tempo. A raccontare la storia di questa cantina piemontese è Nico Conta, presidente dal 2015 dell’azienda acquisita dalla famiglia Krause Gentile nello stesso anno. Con il suo carisma fa risuonare la sala, risvegliando il pubblico per prepararlo all’arrivo dei vini, emozionanti, perchè conservano i segni della vita che hanno vissuto, sono l’essenza della terra piemontese. Per designare l’energia di questa regione, Conta ha coniato il termine “Attitudine Piemontese”, quella forza propria e particolare degli abitanti di trarre il massimo dai doni naturali offerti dal loro territorio, derivata da un enorme atto di volontà da parte delle famiglie locali, a maggioranza contadine, che sino alla metà del ‘900 vivevano in uno stato di estrema povertà, al fine di migliorare la propria condizione di vita. Sono le rughe dei sacrifici che solcano il viso delle donne piemontesi nella stanza accanto, rimaste a preparare per ore la Bagna Caoda, la base di questa forza, che tradotta nei vini diventa poesia. Interpretare la particella, il piede della vigna, e poi come si comporterà il vino durante la fermentazione, si rivela un’esperienza ogni volta unica e irripetibile. Le uve raccolte vengono sottoposte a cernita su tavolo vibrante, e raffreddate. Le basi ottenute rimangono a contatto con i propri lieviti nelle cantine storiche, per il tempo richiesto dal millesimo, ma mai meno di 60 mesi. Il dégorgement à la glace si conclude con la ricolmatura utilizzando solo vino di riserva della stessa tipologia. Nel 2014 esce il primo millesimo, quando “I Paesaggi Vitivinicoli del Piemonte: Langhe-Roero e Monferrato” venivano iscritti dall’Unesco nella Lista dei Beni riconosciuti come Patrimonio
Mondiale dell’Umanità. Il presidente Conta termina il suo intervento con una citazione da Umberto Eco, il lector della fabula è più importante del lupo, passando “il calice” al pubblico, vero protagonista della degustazione, laddove l’esperienza è ciò che accade tra il vino e chi lo assaggia/interpreta.
I VINI
Alta Langa Blanc de Blancs Extra Brut Propago 2017 Bianco Docg - Chardonnay 100% - Gr. 12,5 % Non ancora in commercio Paglierino con riflessi dorati. Perlage fine e persistente. Ampio, incisivo e minerale, delicati sentori floreali, si avverte la matrice cruda del territorio nei sentori agrumati e di pietra focaia. Palato preciso, raffinato e cremoso, sapido e con una bella scia minerale. Equilibrio perfetto. Fresco e lungo. Strepitosa affinità con il naso in un ritorno gustolfattivo coerente nelle note agrumate e minerali.
Alta Langa Oudeis de Saignée Rosé 2017 Rosato Docg - Pinot Nero 100% - Gr. 12,5 - € 26 Tenue rosa ramato. Naso elegante e minerale, vino criptico da vitigno scuro base ancestrale del Pinot Nero, con delicati accenni fruttati. Il palato è in estasi, perfetto equilibrio tra sapidità e freschezza con una persistenza interminabile.
Alta Langa Brut Oudeis 2016 Bianco Docg - Pinot Nero 85% - Chardonnay 15% - Gr. 12,5 - € 24 Paglierino brillante. Naso sedotto da mineralità iodata, pot-pourri di fiori campestri e fiori chiari, camomilla, tiglio e frutta a polpa bianca. Il palato in perfetto equilibrio sferico è fresco e sapido. Alta Langa Pas Dosé Zero de Saignée Riserva 2014 Rosato Docg - Pinot Nero 100% - Gr. 12,5 - € 29 Oro rosa. Naso profondo, soffusa mineralità, fiori chiari, note fruttate di lamponi e ribes. Palato vigoroso e dinamico, sapido a limite del salato, spumoso e soffice. Finale minerale lunghissimo.
Alta Langa Pas Dosé Zero Riserva 2014 Bianco Docg – Pinot Nero 100 % - Gr. 12,5 % - € 29 Ecco l’incontro tra il mare e il vulcano. Paglierino con riflessi dorati, frutta matura, tocco speziato di cumino e coriandolo, note agrumate. Palato sapido, fresco, con un’esplosione vegetale e balsamica dalla persistenza infinita.
Gavi Poggio della Rupe 2020 Bianco Docg – Cortese 100 % - Gr. 12,5 Non ancora in commercio L’assaggio a sorpresa è riservato a questo grande bianco piemontese. Cristallino con riflessi verdolini, il bouquet aromatico e floreale si esprime con note delicate di biancospino, cedro, pompelmo e intensi soffi balsamici. Il palato è coerente, sapido e fruttato.