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Maremma di Federico Sorgente
from BIBENDA n° 86
by Bibenda
Bibenda 86 duemilaventuno MAREMMA
MAREMMA
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Federico Sorgente
Terra aspra nelle forme e dolce nella sostanza, come i suoi abitanti e il suo Sangiovese. Dopo l’ultima curva appare, all’improvviso. Placido, dormiente, si crogiola conscio della sua bellezza. È adagiato tra cielo e mare: Monte Argentario, per tutti l’Argentario, guardiano della Maremma Toscana, ormeggiato a terra da Feniglia e Giannella, galleggiando tra mare e laguna con Orbetello che, tenace, tenta di raggiungerlo. Attraversando la pianura lo vedi avvicinarsi imponente.
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Bibenda 86 duemilaventuno MAREMMA
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Gli ultimi respiri di Caravaggio, da lui condivisi, lo rendono regale e consapevole di forza e prestigio che dona alla sua Maremma, terra non facile da comprendere ma dal fascino avvolgente, aspra nelle forme e dolce nella sostanza, come chi, vivendola, assapora i suoi profumi e le sue contraddizioni. Allontanandosi dal Monte e dal Tombolo della costa, struggente e inebriante è il susseguirsi delle colline che meravigliose si rincorrono, sferzate dal maestrale in autunno, flagellate dalla tramontana in inverno, spavalde sotto il sole che le brucia in estate. Questa terra, che oggi tutti vogliono proteggere, non riconosce nessuna altra forza se non la propria, espressa dalle rughe sul viso di cuoio dei suoi butteri. Gente viva che si intreccia con lei che tanto sa dare pretendendo in cambio rispetto e comprensione. Ha il cuore del cacciatore di Carducci che “sta sull’uscio a rimirar tra le rossastre nubi stormi di uccelli neri come esuli pensieri nel vespero migrar...” questa terra silenziosamente interiorizza e si emoziona quando, al tramonto, il sole, prima di tuffarsi in mare, la sfiora con dolcezza ricamandola con sfumature di colori inimmaginabili. Lei dà tutto se, appunto, la sai capire; chi la vive, chi la assapora, chi la accarezza sa come conquistarla come suoi cavalieri, suoi amanti stremati.
Sì, questa terra sa dare, ma solo se la sai apprezzare come sai apprezzare il suo vino, il Sangiovese, coinvolgente passione e dura scontrosità che evoca “esuli pensieri”. È figlio di questo terroir che è argilla, roccia, arenaria, clima dai mille respiri. È un terroir unico, semplicemente perché la sua componente essenziale è data dagli uomini che lo amano e lo maledicono.
Il vino prende vita come un figlio, e come un figlio è il frutto di chi lo ha generato. Un terroir quindi che non può prescindere dal fenotipo di chi lo ama; terroir caratteriale che si prende l’anima intorno alla brace su cui sfrigola carne o attorno al focolare dove mani callose e stanche stringono il bicchiere dove il rosso è cullato. Sì, certo, il Sangiovese Maremmano rispecchia il lavoro enologico in cantina, ma la dedizione e la perseveranza, al riparo dal sole, non tradiranno mai la filosofia di vita che si tramanda da generazioni. Lui non è austero come il Chianti rinascimentale né elegante come il sinuoso Brunello, ma chi cerca di modificarlo sbaglia, mentre chi cerca di assecondarlo vince, come chi si confronta con un fanciullo ribelle e intelligente. Dalle miniere dell’Amiata sino alle spiagge dorate, dove i pini si specchiano nel mare, è un alternarsi di colli, di clivi, di pianure dove corrono frutteti, dove si beano bovini
Bibenda 86 duemilaventuno MAREMMA
delle gigantesche corna, dove i vigneti sono schierati come eserciti in attesa di chissà quali battaglie. I palmenti, vestigia etrusco-romane, dimostrano l’antico e indissolubile legame tra questo vino e chi ama la Maremma. La laboriosità per il progredire nella produzione e qualità vinicola, esplorando nuove strade, non è però condizionata dall’integralista visione di vita di questa gente; Bolgheri è la dimostrazione di come questo terroir possa dare altro. E che altro! La Maremma carducciana, con i suoi dolci colli, è una terrazza aperta sul mare, circondata dall’intenso verde che si impossessa delle sue rive; qui i nomi storici dell’enologia italiana hanno dimostrato quanto questa terra può dare; le vette vinicole raggiunte esaltano questo caleidoscopico terroir che, come un bimbo, non può essere separato da chi lo ama con indistruttibile passione, anche se diversi sono i vitigni, diverso è l’approccio produttivo e differente appare la filosofia di vita.
Il maestrale d’autunno, la tramontana d’inverno, il sole d’estate non mutano; le colline, le pianure, le pinete, il mare sono sempre lì; il profumo della macchia mediterranea ancora tutto pervade. Diverso è il percorso ma identico il principio: chi cerca di modificare sbaglia, chi asseconda vince. La mano esperta e geniale di chi ha saputo lavorare questa terra con vitigni lontani ha vinto perché accettato dal terroir e dagli uomini dalla pelle bruciata dal sole. La tenacia e l’antica indole sono identiche, lucide sempre a recepire, per loro e per questa terra meravigliosa, le nuove esperienze e le altre che verranno senza mai tradire le generazioni passate. Il matrimonio non maremmano, tra il vecchio e il nuovo, tra un verace toscano e un elegante straniero, è esempio di connubio perfetto, dimostrando che nel vino, come nella vita, tutto sempre è movimento e spesso rivoluzione. Ognuno ha i suoi avi, ognuno ha valori differenti ma a volte è questo essere lontani che rende vicini; ecco dove porta l’amore estremo per questa terra per chi, da sempre, la suda ogni giorno difendendo il terroir caratteriale, affrontando, sempre curioso, mille novità. Il Sangiovese resterà il cuore di questo territorio con le sue spigolosità e la sua malinconica dolcezza. Il suo colore, il profumo dei frutti rossi, la morbidezza, che cerca equilibrio con l’asperità, non si modificheranno, fino a quando non si stravolgerà la filosofia di questa gente. Il cacciatore sull’uscio avrà sempre la sua struggente emozione; i ricordi lontani perderanno i contorni, ma in lui convivono un passato e un futuro da protagonista in questa terra unica.
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