dfo - digital financial officer - giugno 2018

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DIGITAL FINANCIAL OFFICER

giugno 2018 Blast21 Srl - 20123 Milano, Via M. Bandello 15 Trimestrale - anno II - Numero 6 - giugno 2018 Poste Italiane SpA - Sped. in a.p. - D.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB milano

DIGITAL FINANCE: ON

Tra fattura elettronica, big data e fintech, ecco le novitĂ della prossima trasformazione digitale IN QUESTO NUMERO Intervista Ansaldo Energia e UBI Banca insieme per la filiera Aziende PerchĂŠ chiedere un rating Made in Italy


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sommario TRIBUNA Canon per il nuovo ruolo del CFO

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SCENARI Quando (e come) esternalizzare le vendite

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Non è più tempo di fogli di calcolo

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La crisi torna in soffitta

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Lo stile italiano supera i 90 miliardi

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Distretti industriali, è un piacere

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Asia Pacifico: il rischio protezionismo pesa sull’export

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Circolante. Se le FinTech trasformano il mercato

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L’e-commerce guarda ai prodotti

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DOSSIER E-fattura, da obbligo a opportunità

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INTERVISTA Ansaldo Energia con UBI Banca per credito e servizi alla filiera

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INFORMAZIONI DALLE AZIENDE Alcatel-Lucent Enterprise & CCH Tagetik: una soluzione Cloud per la gestione del reporting finanziario

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FOCUS I big data a supporto delle decisioni

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Big data e machine learning per prevenire le frodi

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AZIENDA Trasparenza e MiniBond: perché chiedere un rating Made in Italy 2 dfo - giugno 2018

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sommario

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DIGITAL FINANCIAL OFFICER

www.dfo.media Numero 6 - Giugno 2018 Direttore responsabile Alberto Grisoni - agrisoni@aziendabanca.it Redazione Barbara Botti - bbotti@aziendabanca.it Simone Rizzo - srizzo@aziendabanca.it Gaja Calderone Advertising Mariuccia Ritrovato - mritrovato@aziendabanca.it Hanno collaborato Elena Giordano, Francesca Ruggiero, Rosaria Barrile, Paolo Fioroni Progetto grafico e Impaginazione Clementina Occhipinti Stampa - Àncora Arti Grafiche Crediti Immagini Copertina Plasteed; Pag. 06 Kanuman; Pag. 07 kireewong; Pag. 09 Kinga; Pag. 40 Rawpixel.com; Pag. 42 ImageFlow; Pag. 48 Lightspring. Tutte le immagini provengono da shutterstock Redazione Blast21 Srl - Via F. Caracciolo, 68 - 20155 Milano Tel. 02 49536590 4 numeri l’anno. L’abbonamento andrà in corso, salvo diversa indicazione, dal primo numero raggiungibile. Italia 10 euro. La copia 3,90 euro. Arretrati il doppio. Estero 20 euro. Sped. in a.p. - D.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Milano Autorizzazione tribunale di Milano n. 74 del 7/02/2017. È vietata la riproduzione, anche parziale, di quanto pubblicato senza la preventiva autorizzazione scritta di Blast21.

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Ai sensi del decreto legislativo 196/2003, le finalità del trattamento dei dati relativi ai destinatari del presente periodico, o di altri dello stesso Editore, consistono nell’assicurare una informazione tecnica, professionale e specializzata a soggetti identificati per la loro attività professionale. L’Editore, titolare del trattamento, garantisce ai soggetti interessati i diritti di cui all’art.13 del suddetto decreto. Gentile lettore, alcune copie del mensile AziendaBanca sono inviate gratuitamente per finalità di marketing diretto. Il destinatario finale può, in qualunque momento, contattare la redazione per richiedere l’aggiornamento o la rimozione del proprio nominativo dalla mailing list.

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nomi

4 4 Planning......................................18 A AksĂŹa Group SGR............................ 11 Alcatel-Lucent Enterprise.............. 40 American Express........................... 30 Arbo SpA........................................10 Atradius..........................................26 B Balladore Davide............................ 15 Bas Group.......................................10 Benedit Gonzalo............................. 13 Bertocco Pierpaolo........................ 16 Bluvacanze.....................................14 BPER Banca...................................... 7 Bracchi............................................10 Bravo Capital..................................10 Bruno Laura....................................13 C Canon.............................................15 Casagrande Valerio........................ 14 CashMe..........................................30 CCH Tagetik....................................40 Coface.............................................. 6 Confindustria Moda....................... 22 CPM Italy........................................16 Credimi...........................................30 CRIF Ratings...................................46 CRM................................................11 D Della Valle Margherita................... 14 Deloitte...........................................48

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E Ersel Investimenti........................... 10 Euler Hermes................................... 8 F FactorIt...........................................30 Family Firm Institute........................ 9 Ferrari.............................................14 Filippi Daniele................................46 FinDynamic....................................30 G General Finance............................. 30 Gigli Matteo...................................14 H Hotelsclick.com.............................. 12 I IDC..................................................43 InFinance........................................30 Intesa (Gruppo IBM)...................... 34 Intesa Sanpaolo........................20, 24 Italmobiliare...................................11 K Kantox............................................12 Keros Digital...................................14 L L’Aromatika.....................................11 M Mancini Massimo........................... 26 Marenzi Claudio.............................22 Mezzalira Investment Group......... 10

N Netcomm.......................................33 O Observere.......................................12 P Parma Calcio..................................14 Pezone Tommaso........................... 14 Picca Piccon Antonio...................... 14 Prometeia...................................9, 20 PwC.................................................. 8 S Sanofi.............................................13 Scognamilio Roberto...................... 44 Sighinolfi Marco............................. 14 Sitland............................................10 Spezin Finanziaria.......................... 14 T TAS Group......................................44 Tecno Pool......................................11 Terranova Daniele.......................... 12 Tesch Andreas................................26 The One............................................ 7 Traverso Luigi.................................34 Turani Marco..................................18 V Vodafone Italia...............................14 W Workday.........................................13 X Xenon Private Equity...................... 11 XL Catlin.........................................13


editoriale

IL CONCETTO DI SETTORE

Alberto Grisoni Direttore di DFO

Ogni giorni riceviamo decine di comunicati stampa in redazione. Ne leggiamo attentamente meno della metà: la gran parte viene scartata, dopo una rapida valutazione dell’oggetto dell’email, perché poco pertinente con le nostre testate. Qualche settimana fa, un’email mi ha particolarmente colpito. Riguardava una compagnia aerea che ha deciso di lanciare “una nuova azienda digital”. Obiettivo: creare una piattaforma digitale per la pianificazione dei viaggi, di turismo o di business che siano. Sempre qualche settimana fa c’era stata un’altra notizia molti simile: la catena alberghiera AccorHotels, francesissima, si era offerta di intervenire per rafforzare i conti di Air France-KLM. L’obiettivo è lo stesso: creare sinergie. Sembra che la parola d’ordine sia integrazione: nel turismo, settore stravolto da anni dal digitale e da modelli di business innovativi, non è più sostenibile operare su una sola parte del viaggio (trasporto, alloggio, ristorazione, attività in loco…) ma ci si propone come un unico punto di riferimento per il viaggiatore che deve progettare la propria esperienza. Non è solo marketing, c’è una strategia precisa dietro. Competere lavorando sulla scala ma anche vendendo prodotti aggiuntivi al cliente. È il modello a piattaforma che distingue i big di internet. Non a caso, qualche giorno prima che questo numero andasse in tipografia, Amazon ha rivisto i servizi compresi nel suo abbonamento “Prime”, di cui ha recentemente aumentato il prezzo. Prima era nato come un forfait per la spedizione gratuita di moltissimi prodotti. Poi ha incluso anche una piattaforma di film, serie TV e documentari in streaming. Adesso ha inglobato un enorme quantità di libri in formato digitale liberamente leggibili e un servizio di streaming di musica. Il tema non è il viaggio, ma il tempo libero. Le aziende più grandi e innovative stanno conquistando il cliente lavorando sui suoi bisogni: ha ancora senso competere (e investire) ragionando in termini di settore? Buona lettura

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brevi - mercato

La Turchia cresce, ma i ritardi di pagamento non migliorano

Crescita economica non significa meno ritardi sui pagamenti. È così in Turchia dove, secondo uno studio di Coface, nonostante la ripresa, sono quasi il 73% le aziende che ricorrono alle vendite a credito e i termini di pagamento superano anche i 180 giorni. L’industria tessile e le costruzioni i comparti meno puntuali I tempi medi di pagamento in Turchia si aggirano intorno ai 121 giorni e la situazione non è destinata a migliorare nel corso del 2018: oltre il 45% del campione di imprese intervistate la pensa così. Secondo il 55,5% degli intervistati, del resto, nel 2017 i ritar6 dfo - giugno 2018

di sono aumentati. E sono le aziende di maggiori dimensioni le più ritardatarie. Tra i settori meno puntuali dominano il comparto tessile, quello delle costruzioni e del legno-arredo. Al segmento agri-food, invece, spetta la medaglia d’oro tra i settori con i termini di pagamento più ridotti (circa 90 giorni in media). Conseguenze sui flussi di cassa La conseguenza è che i flussi di cassa, come ha affermato il 50% del campione, si sono deteriorati nel corso del 2017 rispetto all’anno precedente, anche a causa di una più diffusa difficoltà nel recupero crediti, segnalata dal 51,8% delle azien-

de analizzate. Inoltre l’economia turca è storicamente esposta alle fluttuazioni dei tassi di cambio e a conseguenti periodi di forte deprezzamento della lira turca. Prospettive di crescita Eppure la ripresa c’è. Come sottolinea il 37,9% del panel intervistato, infatti, l’economia nazionale continuerà nel suo percorso di sviluppo nel 2018, sostenuta dall’aumento delle vendite, con i settori dei metalli, chimico, ICT, automotive, costruzioni, tessile-abbigliamento e retail tra i più dinamici. E le aspettative sono rosee anche per l’export (è così per il 55,4% delle aziende).


mercato - brevi

BPER sostiene l’export negli USA del FOOD ITALIANO Supportare il Made in Italy verso la crescita negli USA. È con questo obiettivo che BPER ha stretto un accordo con THE ONE Company, azienda che fa da ponte tra l’agroalimentare italiano e l’export oltreoceano. Una piattaforma a misura di esportatori La partnership vede al centro la piattaforma BPER Estero, portale da cui le imprese interessate all’internazionalizzazione possono accedere a strumenti, corsi e formazione

online. E si rivolge soprattutto alle aziende del Made in Italy attive nel settore del Food & Beverage. THE ONE Company, tramite i suoi uffici a Milano e New York, è infatti da 10 anni impegnata al fianco delle imprese agroalimentari e dell’industria alimentare italiana e nel tempo ha assistito clienti come Caffè Motta e Fattorie Osella. Il “sogno americano” delle PMI italiane Gli Stati Uniti contano del resto su un volume di vendita superiore ai

4mila miliardi di dollari l’anno e un bacino di consumatori da 325 milioni di persone. Sono quindi un mercato ricco di opportunità per le PMI italiane. «L’evoluzione dei mercati spinge le aziende a ricercare anche all’estero segmenti di business sempre più specifici e diversificati - commenta Michele Bandini, Responsabile Internazionalizzazione Imprese per il Gruppo BPER. La nostra banca a questo proposito vuole costruire una rete di supporto ai suoi clienti sempre più personalizzata e altamente qualificata».

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brevi - mercato

Tempi di incasso. La media globale sale a cifre record I tempi di incasso non migliorano, anzi siamo tornati a 10 anni fa. Nel 2017 la media del Days Sales Outstanding (DSO) è risultata pari a 66 giorni a livello globale, il tempo più lungo dal 2007. L’Italia migliora di due giorni il DSO ma si ferma a quota 83. Tempi di incasso lunghi per due settori su tre Il report di Euler Hermes, che raccoglie queste cifre, non lascia intravedere nessun trend positivo nemmeno per il 2018. Anzi la media globale dei tempi di incasso potrebbe crescere ancora di un giorno, coinvolgendo più o meno tutti i settori. Due mercati su tre vivono infatti questa problematica già da tempo: elettronica,

meccanica ed edilizia fanno peggio di tutti con oltre 85 giorni di DSO medio. Se la cavano bene soltanto le imprese del commercio al dettaglio (agroalimentare, trasporti e tempo libero) con tempi di pagamento molto più brevi rispetto alla media. Ancora una volta, il B2C batte quindi il B2B in termini di DSO. L’Italia migliora ma resta indietro a livello globale L’Italia non conta su numeri migliori rispetto alla media globale, però almeno ha visto diminuire il DSO medio negli ultimi anni, passando a 83 giorni nel 2017, contro gli 85 del 2016 e gli 88 del 2015. Difficile fare meglio, del resto, rispetto ai magnifici sette, i Paesi con i

DSO più bassi: Nuova Zelanda (43 giorni), Danimarca, Finlandia, Austria, Svizzera, USA e Paesi Bassi (con una media di 51 giorni). Ma anche di nazioni come Germania (54 giorni), Canada (54), Brasile (62) e Regno Unito (53) e la Russia con un DSO da 56 giorni. La Cina in fondo alla classifica Siamo però ben distanti dal fanalino di coda, la Cina, che nel 2017 ha raggiunto addirittura quota 92 giorni di DSO medio. I giorni medi di incasso della Cina sono infatti saliti di altri 3 giorni lo scorso anno, coinvolgendo ben 12 settori su 18, dominati da imprese che riportano livelli medi di attesa anche superiori ai 136 giorni.

IL 2018 DELLE IPO? PRIMI TRE MESI CON UN +172% Un inizio anno con il segno più per le IPO europee. Secondo i dati di PwC, la raccolta nel primo trimestre del 2018 ha già più che raddoppiato il risultato relativo al Q1 2017 e cresce del 172%. Volatilità e incertezza non frenano le IPO Nonostante la maggiore volatilità e correzioni significative sui mercati finanziari a livello globale, le IPO europee hanno saputo quindi mantenere un trend positivo. Le 67 IPO del 2018 hanno raccolto nei primi tre mesi 12,5 miliardi, cifra ben oltre i 4,6 miliardi raccolti dalle 54 IPO dello stesso periodo del 2017. Un risultato che si spiega in parte con il numero maggiore di IPO ma anche con la capacità di resistere all’incertezza causata dai negoziati della Brexit, alla potenziale guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina e alle attese di rialzo dei tassi d’interesse. In UK e Germania le IPO più attive La Borsa di Londra si conferma per ora la più attiva, nonostante un calo nella raccolta delle 16 IPO finalizzate (pari a 8 dfo - giugno 2018

1,3 miliardi di sterline) rispetto alle 20 IPO del primo trimestre del 2017 (1,8 miliardi). Deutsche Borse ha invece registrato la raccolta maggiore in questo primo periodo dell’anno, con 5,8 miliardi di euro, pari al 46% della raccolta totale europea, grazie all’IPO di Siemens’ Healthineers (3,7 miliardi di euro) e a quella di DWS (1,3 miliardi di euro). Borsa Italiana ha registrato infine 6 IPO sul segmento AIM Italia, per una raccolta di 856 milioni di euro, in crescita rispetto ai 142 milioni raccolti dalle 4 IPO sull’AIM Italia nel Q1 del 2017. Investitori ancora molto prudenti Il settore più dinamico è ancora quello finanziario, che rappresenta il 39% della raccolta europea, seguito dal settore healthcare (36%). Le 5 maggiori IPO in Europa sono state finalizzate comunque nella parte inferiore della forchetta di prezzo: gli investitori restano quindi molto prudenti. Rimangono limitate inoltre le IPO di società controllate da fondi di PE, pari a 10 IPO per una raccolta di un miliardo, a conferma della preferenza per way out verso operatori privati.


mercato - brevi

Aziende familiari. Solo una su 4 sopravvive al fondatore Passaggio generazionale? Per tre quarti delle imprese familiari è un problema. Solo il 25% delle aziende, secondo il Family Firm Institute, infatti sopravvive al proprio fondatore e appena il 15% arriva alla terza generazione. È senza dubbio una fotografia allarmante, soprattutto se consideriamo che nei prossimi 5 anni circa un’azienda a conduzione familiare su 5 dovrà affrontare un passaggio generazionale. Come emerso anche da un incontro organizzato a Genova il 5 aprile da Generali e dallo studio Legale e Tributario Russo De Rosa, il nodo è che sempre più spesso la seconda generazione di imprenditori si ritrova ad affrontare un momento così delicato da sola e senza l’adeguata formazione giuridica e culturale.

PIR e PMI? Il potenziale è alto, ma serve accelerare Un’occasione d’oro per le PMI, ma ancora poco conosciuti. Sono i PIR, strumento che in un solo anno ha fatto confluire 4,5 miliardi di euro nelle casse delle piccole e medie imprese non quotate, a cui però manca ancora la spinta per affermarsi sul mercato. PIR: ancora poco diffusi tra i risparmiatori … I dati raccolti da Prometeia e presentati nel corso del Focus PMI 2018 a Milano parlano chiaro: per le imprese i PIR rappresentano un’opportunità da non lasciarsi sfuggire e in grado di colmare un funding gap che ammonterebbe a circa 33 miliardi di euro. Ma si tratta di strumenti ancora poco familiari tra i risparmiatori italiani, tanto che nel 2017 hanno rappresentato solo il 15% dei flussi investiti dalle famiglie. E che di certo per ora si mantengono lontani dai numeri raggiunti da altre forme di investimento, sempre a sostegno del-

le PMI, diffuse nel resto d’Europa: tra queste soluzioni c’è l’ELTIF ad esempio, che permette di investire anche solo 10mila euro. … e somme investite limitate Le agevolazioni fiscali, anche se solo per gli investimenti a lungo termine (almeno 5 anni), di sicuro una spinta ai PIR la hanno data. Tuttavia la strada è ancora lunga. Una strategia potrebbe essere quella di puntare sulle famiglie con grandi patrimoni: la possibilità di investire più di 30mila euro l’anno aumenterebbe, secondo lo studio, di circa il 3% l’interesse dei nuclei familiari con patrimonio superiore a 25mila euro, mentre lo farebbe crescere del 5% tra i nuclei oltre i 100mila euro di patrimonio. Le PMI target dei PIR Il target principale dei PIR sono del resto le imprese con fatturato tra i 50 e i 500 milioni e con classe di merito medio-

alta. Un gruppo di realtà non da poco se consideriamo che già quelle con fatturato massimo da 50 milioni sono 158mila in tutta Italia, con un’incidenza del 29% sul valore della produzione dell’economia nazionale. Inoltre la crescita media annua delle PMI italiane tra il 2014 e il 2016 è stata più del doppio rispetto al totale delle imprese. I PIR: volàno verso la digitalizzazione E la maggior parte di queste guarda con sempre più attenzione all’export e all’Industria 4.0, obiettivi che richiedono investimenti notevoli e per i quali i PIR giocano un ruolo fondamentale. L’Italia resta infatti ancora ferma al 14esimo posto in termini di investimento tecnologico rispetto al resto d’Europa e le stime parlano solo di un misero 3% di incremento del progresso hi-tech nei prossimi anni: serve quindi accelerare e reperire nuove risorse in tempi brevi. giugno 2018 - dfo 9


brevi - M&A

in collaborazione con BPVPartners

Bracchi rileva la bassanese Bras Group Bas Group, operatore veneto della logistica è stata acquisita dalla bergamasca Bracchi, attiva nella logistica tecnica di società attive nel settore degli ascensori, scale mobili, macchine agricole e movimento terra, componentistica elettromeccanica, nella farmaceutica e nella cosmesi. Nel 2017 ha registrato un fatturato di oltre 90 milioni di euro e occupa circa 220 dipendenti nelle 4 sedi: Italia,

Polonia, Slovacchia e Germania. Bas Group opera nel settore della logistica per il fashion e il beverage e nei trasporti nazionali e internazionali, con le società Logistic Net, Bas Sped, Bas Express e Il Corriere. Nel 2017 ha registrato un fatturato di quasi 30 milioni di euro e occupa 150 dipendenti. Grazie a questa acquisizione, all’espansione internazionale e alla continua crescita dei propri clien-

ERSEL INVESTIMENTI E BRAVO CAPITAL ARRIVANO AL 100% DI ARBO SPA Ersel Investimenti, insieme a Bravo Capital Partner ha acquisito il 100% del capitale di ARBO S.p.A, leader nella distribuzione di ricambi e accessori per impianti di riscaldamento e condizionamento. Con sede a Fano (PU), Arbo oggi conta 33 filiali e complessivamente 188 dipendenti in Italia. L’acquisizione è stata supportata da un pool di banche composto da BPER Banca, MPS Capital Services e Crédit Agricole Cariparma. Il financing prevede inoltre linee ancillari per supportare lo sviluppo futuro del gruppo Arbo. Ersel Investment Club aveva investito in Arbo nel 2011, quando aveva rilevato da Quadrivio SGR l’80% del capitale per 14 milioni di euro, affiancando nell’azionariato i fratelli Andrea ed Enrico Bonazzoli, figli del fondatore, e il management, guidato allora dall’AD Giordano Ghedini. Da allora il fatturato della società è cresciuto da 32 milioni di euro a circa 60 milioni. 10 dfo - giugno 2018

ti, Bracchi proietta un fatturato di gruppo pari a circa 130 milioni euro nel 2018 rafforzando la leadership nella logistica tecnica e nei servizi di trasporto a livello europeo. Bracchi è controllata da IGI Private Equity attraverso il Fondo IGI Investimenti Cinque e Cinque Parallel insieme ai fondi Siparex Mid Cap II e Siparex Investimenti 2, dalla famiglia Annoni e alcuni manager della società.

MEZZALIRA INVESTMENT GROUP ACQUISTA SITLAND Mezzalira Investment Group (MIG) ha portato a termine l’acquisizione di Sitland per aumentare le sinergie strategiche nel settore dell’arredo. Così Domino s.p.a., socio unico di Sitland, ha ceduto la controllata a Mig Seating srl del Gruppo Mezzalira. Domino s.p.a. è stata assistita dallo studio padovano AC Law con il fondatore avvocato Roberto Ceccon coadiuvato dagli avvocati Silvia Salmaso, Alessia Ceccon e Federica Ceccon.Mig Seating s.r.l. è stata assistita dall’avvocato Alessandro Rostello, partner dello studio legale vicentino AR&A. L’operazione è stata realizzata con il sostegno finanziario di Unicredit corporate nord est. Con questa operazione il gruppo MIG di Mezzalira affianca ai marchi Jesse (arredo casa), Sinetica (arredo ufficio) e Rotaliana (illuminazione), l’attività di produzione, vendita e commercializzazione di sedie per ufficio, contract e spazi collettivi in cui dal 1977 è specializzata Sitland di Nanto (Vicenza) fondata da Sergio Bellin, con un fatturato di oltre 20 milioni di euro e l’85% del giro di affari in export.


M&A - brevi

XENON PRIVATE EQUITY ACQUISISCE LA PADOVANA TECNO POOL Il fondo Xenon Private Equity VI SICAR ha perfezionato l’acquisizione del gruppo Tecno Pool, produttore di impianti per il trattamento e la trasformazione di prodotti alimentari con sede a Padova. Fondata nel 1980 dal Presidente Leopoldo Lago, la società è guidata oggi dall’Amministratore Delegato Michela Lago. Tecno Pool ha realizzato oltre 3350 impianti in tutto il mondo, per l’80% all’estero, e ha registrato nel 2016 37 milioni di euro di ricavi.

ITALMOBILIARE ACQUISISCE IL 60% DE L’AROMATIKA, TITOLARE DEL MARCHIO CAFFÈ BORBONE Italmobiliare, la finanziaria della famiglia Pesenti, ha acquisito il 60% de L’Aromatika Srl, società napoletana attiva nella torrefazione di caffè e nella produzione e commercializzazione di caffè in grani e in formato monoporzionato in cialde e capsule a marchio “Caffè Borbone”. In base agli accordi raggiunti, Aromatika srl sarà controllata da una NewCo nella quale Italmobiliare - a fronte di un investimento di circa 140 milioni di euro - deterrà il 60%, mentre il 40% farà capo al fondatore Massimo Renda, che resterà come Presidente Esecutivo della società. Aromatika, con sede a Caivano (Napoli), nasce come torrefazione e confezionamento di caffè nel 1996 e all’inizio degli anni 2000 lancia il marchio Borbone. I passi successivi di rafforzamento sul mercato sono rappresentati dallo sviluppo di cialde e capsule compatibili e distribuite attraverso negozi specializzati e il canale online a cui si è più recentemente aggiunto lo sbarco nella GDO.

Aksìa Group SGR acquisisce CRM La società di Private Equity indipendente Aksìa Group SGR SpA annuncia l’acquisizione del 100% dell’azienda modenese C.R.M. Srl, da oltre 40 anni leader nella produzione di piadine, tigelle, sfogliate, focaccine e basi per pizza, distribuite con il proprio marchio e per conto delle migliori insegne della grande distribuzione. C.R.M., azienda fondata nel 1974 da Renzo Montagnani e Carla Rebecchi è una storia di successo tutta italiana che nell’arco di quattro

decenni è passata dall’essere un piccolo produttore locale ad uno degli attori principali del mercato. L’azienda, che ha un fatturato annuo di 20 milioni di euro e EBITDA pari a circa il 20%, ha da sempre puntato sull’innovazione e sulla qualità del prodotto e delle materie prime nel rispetto dei sapori dell’antica tradizione. Con l’operazione la famiglia Montagnani passerà la gestione dell’azienda ad Aksìa Group SGR SpA, che inserirà nuove figure manageriali per raffor-

zare la struttura esistente con l’obiettivo di permettere al gruppo di consolidare una forte crescita. giugno 2018 - dfo 11


brevi - tecnologia

Rischio di cambio. Hotelsclick.com si affida a Kantox L’automazione per ridurre il rischio di cambio. È la strategia che ha scelto Hotelsclick.com, portale per prenotare hotel in tutto il mondo, adottando la tecnologia di Kantox: un software gestionale a supporto della tesoreria. Un software contro il rischio di cambio Hotelsclick.com vende solitamente in una valuta ma deve pagare i for-

nitori in un’altra. La conseguenza è che il margine effettivo sulle vendite è fortemente dipendente dal mercato valutario. Grazie a Kantox, specializzata inoltre in soluzioni di trading per la compravendita di valute estere, l’azienda può ora prevedere l’esposizione al rischio di cambio, anche su migliaia di prenotazioni ogni giorno. «Prima di usare Kantox – spiega il CEO di Hotelsclick.com

Nicola Rizzardini – era difficile per la tesoreria di Hotelsclick gestire ordinatamente tutta l’esposizione al rischio di cambio che si generava ogni giorno con migliaia di prenotazioni. Dato che tra booking e pagamento al fornitore c’è sempre un gap temporale variabile, l’effetto era l’incertezza sulla marginalità delle vendite: a volte poteva andare bene, a volte molto male».

Controlli fiscali simulati: arriva Observere Ispezione della Guardia di Finanza? Ecco il servizio per simularla. Si chiama Observere, è il frutto di un’idea di due ex ufficiali della GdF e permette alle aziende di rivelare problematicità in tema di fiscalità, privacy e antiriciclaggio. Un team di 7 professionisti Come funziona? Si prende appuntamento tramite il sito e si inviano al team di Observere tutti i documenti contabili legati alla propria attività. A quel punto i 7 professionisti, tutti ex controller delle autorità, li analizzano e redigono un report che viene consegnato all’azienda, molto simile al verbale che farebbero i veri ufficiali della Guardia di Finanza. In questo modo le imprese possono capire per tempo come intervenire per risolvere le criticità, prima dei controlli veri e propri. 12 dfo - giugno 2018

Dalla fiscalità al GDPR, fino all’antiriciclaggio Il team di Observere analizza tutti gli aspetti legati alla fiscalità: dalla documentazione extracontabile materiale a quella immateriale. I professionisti entrano nell’azienda e “intervistano” i dipendenti, recuperano fatture e scritture contabili e si confrontano con i commercialisti. Sotto esame anche l’adeguamento al GDPR, in vigore dal 25 maggio, quindi la compliance al diritto d’accesso e portabilità dei dati personali e non solo. I controller di Observere analizzano infatti le misure di cybersecurity a tutto tondo, oltre al rispetto delle norme antiriciclaggio (in linea con il modello 231/2001). «Una verifica simulata è un modo per sapere quali potrebbero essere le contestazioni amministrative e penali nell’ipotesi di un controllo vero – commenta Daniele

Terranova, socio fondatore di Observere. L’obiettivo è poter sanare in tempo le eventuali violazioni emerse, valutare il proprio management e accertarsi se alcune operazioni, ancorché legittime, possano essere “fraintese” e dar luogo a contenziosi con l’Amministrazione Finanziaria».


tecnologia - brevi

Workday: HR e Finance nel cloud centro gli utenti” e su un approccio di co-design: i clienti hanno infatti la possibilità di condividere con l’azienda idee e best practice, coinvolgendo direttamente i team prodotto nelle innovazioni future. E un approccio “digital native” che permette di adattare le soluzioni anche alle richieste regolamentari dei diversi mercati.

Workday arriva in Italia. Il fornitore di applicazioni aziendali cloud per il Finance e le risorse umane aprirà a Milano la propria sede nel 15esimo mercato EMEA. Digital Native Creata nel 2005, Workday ha superato i 2.100 clienti in tutto il mondo. La sua soluzione si basa su una piattaforma cloud che promette di “mettere al

Già in uso nelle multinazionali In Italia, le soluzioni sono utilizzate da circa 450 aziende internazionali con sede nel nostro Paese: tra queste AstraZeneca, Rolls Royce, Roquette e Sanofi. «Quello che ci distingue – commenta Gonzalo Benedit, President EMEA & APJ di Workday (in foto) – è che siamo nati da zero con l’obiettivo di utilizzare le tecnologie emergenti per fornire una user experience completamente nuova. La customer satisfaction resta la nostra priorità: è rimasta al di sopra del 95%, con un picco del 98% raggiunto quest’anno».

L’esperienza di Sanofi Tra i clienti italiani c’è Sanofi. «In ogni Paese utilizzavamo sistemi separati di gestione dei processi HR – racconta Laura Bruno, Direttore Risorse Umane Sanofi Italia e Malta – mentre con il passaggio a Workday abbiamo prima armonizzato alcuni processi HR, poi abbiamo integrato i moduli di Core HR, Recruiting, Compensation e Time Management, oltre all’Organizational Management a livello Global». Ogni dipendente Sanofi può gestire il proprio profilo, assumendosi la responsabilità della gestione delle proprie aspirazioni e interessi di carriera, aggiornando costantemente il profilo. «Oggi ogni dipendente ha la visione di tutte le posizioni aperte in Sanofi in tutto il mondo – prosegue Laura Bruno. La digitalizzazione in azienda è strategica e Workday ci sta accompagnando in un percorso di evoluzione che mette il dipendente al centro».

XL CATLIN ASSICURA L’AUTOMAZIONE INDUSTRIALE Una polizza per l’automazione a 360 gradi. È XL Catlin a lanciarla sul mercato grazie a un team specializzato in robotica e automazione. La copertura va dalla responsabilità civile a quella per errori, fino alla business continuity. La soluzione è pensata per tutti i settori industriali che fanno uso di tecnologie autonome, dai veicoli alla robotica, e assicura contro i principali rischi connessi: errori e omissioni ad esempio, ma il nuovo prodotto targato XL Catlin interviene anche nel caso di interruzioni dei sistemi informatici o delle attività aziendali. Un team di esperti per assicurare l’automazione Si chiama Global Autonomy Centre of Excellence il team messo insieme da XL Catlin per dare vita alla nuova po-

lizza. Provenienti da tutti il mondo, gli esperti del team offrono supporto e assistenza ad assicuratori, broker e clienti: dall’analisi dei dati, necessaria per costruire un prodotto assicurativo su misura del cliente, fino alla sottoscrizione della polizza, alle richieste di indennizzo e al risk engineering. XL Catlin e l’automazione industriale Nel campo dell’automazione XL Catlin è attiva dal 2016 quando ha stretto un accordo con Oxbotica, azienda inglese specializzata in robotica mobile e sistemi autonomi. Nel 2017 la società è entrata inoltre a far parte del consorzio DRIVEN, sostenendo il progetto di una flotta di veicoli autonomi tra Oxford e Londra entro il 2019. giugno 2018 - dfo 13


carriere

PARMA CALCIO. CASAGRANDE NUOVO CFO DEL CLUB Parma Calcio 1913 rinnova i vertici con l’ingresso di Valerio Casagrande come nuovo Chief Financial Officer della società. Nato a Borgomanero (Novara) il 13 settembre 1977, Casagrande ha ricoperto negli ultimi 7 anni per la Lega di Serie B il ruolo di Responsabile Finanza e Controllo di Gestione. In passato ha lavorato anche per Italmobiliare (holding finanziaria del gruppo Italcementi), è stato consulente per Protiviti (società di consulenza americana) e Revisore esterno per Deloitte.

KEROS DIGITAL: MATTEO GIGLI È CFO Matteo Gigli è il nuovo Chief Financial Officer di Keros Digital, azienda fondata in Svizzera nel 2014 che fornisce via cloud soluzioni tecnologiche omnichannel alle imprese. Classe 1971, Gigli ha lavorato inizialmente come Audit Manager presso Kpmg per poi approdare in Guess, prima come Financial Planning Director e in seguito con il ruolo di European Controller. Dal 2012 è stato inoltre Emea Service Controller in Acer.

NUOVO CFO PER VODAFONE ITALIA Margherita Della Valle, Deputy CFO di Vodafone, è il nuovo Chief Financial Officer della società. La manager subentra all’attuale CFO Nick Read, che diventa CEO al posto di Vittorio Colao. Vodafone vanta oggi 536 milioni di abbonati con Sim card mobile, 19,7 milioni di utenze di rete fissa e ha concluso acquisizioni da oltre 18 miliardi di euro, come quella di Unitymedia.

SPEFIN FINANZIARIA: TOMMASO PEZONE È CFO Tommaso Pezone si unisce al team di Spefin Finanziaria come nuovo Chief Financial Officer. Il manager ha la responsabilità della Direzione Amministrazione e Finanza della società, oltre che della contabilità generale. Pezone ha quindi anche il compito della redazione del bilancio, di seguire il processo di pianificazione e il controllo gestionale, oltre all’incarico della gestione della liquidità, del controllo fiscale e del processo acquisti. In precedenza Pezone è stato Responsabile del bilancio in Banca Regionale di Sviluppo, dove si è specializzato inoltre nelle segnalazioni di Vigilanza. Ha curato, in seguito, l’implementazione della struttura contabile della banca in occasione della migrazione del sistema informatico, redatto i prospetti informativi di aumento di capitale e partecipato alla redazione del piano industriale.

FERRARI. PICCA PICCON SUBENTRA A GILI COME NUOVO CFO Antonio Picca Piccon è il nuovo Chief Financial Officer del gruppo Ferrari. Operativo ufficialmente dal 30 luglio, il manager sostituisce Alessandro Gili, che lascerà l’azienda di Maranello a fine maggio. Picca Piccon proviene da Ariston Thermo Group, dove ha ricoperto dal novembre 2014 il ruolo di CFO, oltre che di Responsabile dell’area legale e affari societari e dell’ICT. In precedenza ha lavorato per 15 anni nel gruppo Fiat e in Fiat Chrysler Automobiles, dove ha ricoperto diversi ruoli nell’ambito dei servizi finanziari: è stato CFO per il gruppo Iveco, CEO di Fga Capital (oggi FCA Bank) e infine Tesoriere e Responsabile dei servizi finanziari per FCA. 14 dfo - giugno 2018

MARCO SIGHINOLFI NUOVO CFO DI BLUVACANZE Marco Sighinolfi è il nuovo Chief Financial Officer del Gruppo Bluvacanze. Il manager prende il posto di Simone Gardella, che entra in Msc Cruises, e riporta direttamente al CEO Domenico Pellegrino. Laureato in Economia e Commercio all’Università di Pavia, Sighinolfi ha iniziato il suo percorso professionale in PricewaterhouseCoopers. Dal 2002 ha lavorato per alcune multinazionali americane quotate: prima come Finance Manager in Eds (servizi IT) e dal 2005 come Financial Director di Tyco (impianti e servizi di sicurezza). Nel 2014 è diventato invece CFO del Gruppo Boscolo (Hotels e Tour Operator).


Canon - tribuna

CANON PER IL NUOVO RUOLO DEL CFO È la tecnologia il perno intorno a cui costruire il nuovo ruolo del CFO nelle aziende. Tra servizi personalizzati e soluzioni verticali per gestire informazioni e documenti nelle aree Finance e Acquisti

N

on c’è dubbio, la trasformazione digitale, le nuove normative e l’evoluzione delle piattaforme tecnologiche spingono i CFO ad un importante percorso di innovazione all’interno delle aziende. Possiamo dire che, negli ultimi anni, il CFO è la figura che ha subìto più cambiamenti in chiave strategica rispetto a tutte le altre funzioni core delle aziende. I CFO oggi assumono quindi il ruolo di leadership nella trasformazione delle informazioni operative e finanziarie dove la tempestività del dato è il fattore chiave. La tecnologia a fianco del CFO A tal proposito abbiamo effettuato una ricerca di mercato tra i protagonisti europei delle funzioni Finance e Acquisti per comprendere come l’ottimizzazione e l’allineamento dei processi in queste divisioni contribuisca a migliorare l’efficienza e la reddittività aziendale. La ricerca ha evidenziato che la tecnologia è destinata a svolgere un ruolo centrale per semplificare i processi e accelerare l’evoluzione del CFO verso un ruolo di partner commerciale per la creazione del valore.

Dove investono le aziende La tecnologia che le aziende intendono adottare nei prossimi due anni evidenzia l’interesse per l’efficienza, la gestione dei costi e delle spese e l’analisi dei KPI. Le aziende che stanno programmando di adottare, nei prossimi due anni, le tecnologie P2P necessarie per ottimizzare la fatturazione sono in forte crescita: • Fatturazione elettronica (56%); • Acquisizione fatture (55%); • Elaborazione fatture (54%). Altrettanto apprezzata è la gestione delle spese, con il 35% delle aziende che attualmente adottano questa tecnologia e il 55% che pensa di utilizzarla entro i prossimi due anni. Dalla ricerca emerge anche l’apprezzamento per l’analisi dei KPI. Servizi altamente personalizzati Canon offre ai clienti “nuove” esperienze nell’erogazione dei servizi, che diventano altamente personalizzati attraverso una modalità in cui il cliente e l’azienda traggono dalla loro relazione un reciproco vantaggio. Nell’area Finance, offriamo servizi e soluzioni dedicate in funzione della industry e del mercato, integrando le informazioni tra il sistema interno e il sistema banca, fornitore/ cliente e tutelando la sicurezza dei dati in linea con la normativa GDPR. Nel settore assicurativo, oltre all’intero ciclo delle polizze assicurative, gestiamo la gestione delle schede antiriciclaggio, mentre nel banking offriamo servizi verticali per la gestione della documen-

Davide Balladore, Product Business Developer Manager di Canon Italia

tazione annessa alla cessione dei crediti tra due istituti finanziari. Ottimizzare il flusso documentale Abbiamo una suite di servizi per la gestione di flussi verticali, come ad esempio la gestione delle fatture passive attraverso portali web personalizzati in grado di ottimizzare la riconciliazione dispute fornitore, la gestione dei rimborsi/resi e la creazione di workflow approvativi. Canon mette a disposizione del CFO una value proposition completa e affidabile in grado di gestire, integrare e ottimizzare qualsiasi flusso documentale, mettendo a disposizione un team di esperti ed una suite di servizi completa. Davide Balladore, Product Business Developer Manager di Canon Italia giugno 2018 - dfo 15


scenari - CFO & CMO

QUANDO (E COME) ESTERNALIZZARE LE VENDITE L’outsourcing della forza vendita può assumere diverse forme ed è ampiamente diffuso in alcuni settori. Sempre più imprese stanno cercando di capire perché esternalizzare le vendite mantenendone il controllo. Ne parliamo con Pierpaolo Bertocco, Managing Director di CPM Italy

D

omanda. In che cosa consiste l’outsourcing delle vendite e perché le aziende lo stanno guardando con maggiore interesse? Risposta. L’esternalizzazione della funzione vendite, o parte di essa, è un tema sempre più sentito negli ultimi anni ed è legato prevalentemente alla necessità di flessibilità sempre maggiore imposta dalle nuove dinamiche di

mercato. Dare in outsourcing una rete vendita significa delegare ad un player esperto nello svolgere funzioni operative (negoziazione controllata, all’interno di un rigoroso modello commerciale; verifica della presenza del prodotto ed eventuale riordino, spinta al sell-in e al sell-out in accordo con le campagne commerciali, consulenza sul miglior assortimento/ quota spazio dedicato al prodotto) che nelle strutture tradizionali vengono gestite interna-

“ Pierpaolo Bertocco, Managing Director di CPM Italy 16 dfo - giugno 2018

L’outsourcing delle vendite è un modello che va interiorizzato dal management aziendale


CFO & CMO - scenari

Ci sono 3 modelli di outsourcing

mente. È quindi un modello che deve essere non solo compreso ma interiorizzato dal management aziendale per essere poi adottato con profitto. D. In molte aziende c’è la percezione di esternalizzare qualcosa di strategico. R. Mentre l’outsourcing di servizi di consulenza o commodity è universalmente accettato (dai servizi di paghe e contributi alla consulenza tributaria, fiscale e legale fino ai servizi di pulizia e sicurezza) la parte delle vendite fatica a comprenderne i benefici reali e vive spesso il cambio di paradigma come un’imposizione e non come un vantaggio. Ciò malgrado, il trend nell’esternalizzazione della funzione vendite è in crescita costante, sebbene con un ritmo piuttosto lento. D. Esiste un solo modello di outsourcing delle vendite oppure ce ne sono diversi? R. Ve ne sono diversi che possono essere riassunti in 3 modelli: un’esternalizzazione guidata dall’headcount e quindi attuata attraverso società interinali, dove iL controllo e la parte operativa resta totalmente all’interno dell’azienda; un’esternalizzazione che potrebbe essere definita mediana, ovvero attraverso l’utilizzo di agenti al posto di dipendenti, dove il focus è la variabilizzazione dei costi, e l’esternalizzazione tipica attraverso un contratto di appalto, dove la gestione operativa di mezzi e persone e la responsabilità dei risultati è totalmente in carico all’outsourcer

D. Quali settori sono più abituati all’out-sourcing delle vendite e perché? R. Certamente le aziende del settore finanziario, fast-moving consumer goods, Consumer Electronics fanno ampio utilizzo di reti di vendita in outsourcing, magari in compresenza con una rete diretta. Tuttavia anche il canale retail tradizionale trova nell’outsourcing, soprattutto con l’utilizzo di agenti, un modello ampiamente applicato. D. Ma come si mantiene il controllo su una forza vendita esternalizzata? R. Il mancato controllo di una rete in outsourcing è un falso mito legato, specialmente nei contratti di appalto, all’impossibilità di dare indicazioni direttive o di merito al venditore pena la possibilità di co-employment. In realtà ci sono diverse leve di controllo: ogni team ha un responsabile in diretto contatto con l’azienda. Inoltre il reporting dinamico permette di vedere in tempo reale l’andamento dell’attività da diverse angolazioni (trend, vendite vs obiettivo, per area, venditore, filiale, etc.). Oltre a questo, l’attività di outsourcing è misurata con KPIs che ne regolano rigidamente la direzione e sono generalmente più rilevanti rispetto a quanto sia possibile applicare internamente ad un venditore. Infine, ma molto importante, il modello di outsourcing di una rete vendita poggia su un assunto imprescindibile: generare valore per il cliente in modo da mantenere l’appalto il maggior tempo possibile. È quindi un approccio win-win che di per sé garantisce il massimo commitment da parte dell’outsourcer per mantenere o incrementare il proprio business.

Il mancato controllo di una rete in outsourcing è un falso mito

A.G. giugno 2018 - dfo 17


scenari - CFO & CIO

NON È PIÙ TEMPO DI FOGLI DI CALCOLO Il salto di qualità richiesto ai Chief Financial Officer impone anche un miglioramento degli strumenti a loro disposizione: mentre il mondo guarda con interesse alle prime applicazioni di intelligenza artificiale e machine learning, è impensabile restare ancorati ai vecchi fogli di calcolo

L

a maggior parte dei CFO continua a usare i fogli di calcolo per la pianificazione finanziaria, nonostante il rischio di errori, l’assorbimento di tempo e le inefficienze dello strumento. Ne parliamo con Marco Turani, Channel Director di 4 Planning. Domanda. Come giudicherebbe la cultura della pianificazione finanziaria presso le PMI? Risposta. La cultura della gestione finanziaria a breve, intendendo perciò cash liquidity, proiezione saldi banca, manovre finanziarie a breve, piani di riposizionamento,

La pianificazione finanziaria strategica è poco sentita nelle PMI

18 dfo - giugno 2018

ecc., è sentita nelle PMI perché ha impatti sulla liquidità a breve (30/60/90 gg.) e riguarda manovre di uso giornaliero. Solitamente questo ambito è coperto da soluzioni di tesoreria o gestione finanziaria. D.Che cosa manca ai Direttori Finanziari e ai CFO? La pianificazione finanziaria strategica, quindi proiezione a medio/lungo termine con scenari di simulazione, analisi what if, calcolo del rating previsionale, ecc. Questa è, purtroppo, poco sentita a causa di una scarsa cultura finanziaria nelle PMI. Spesso ci si imbatte infatti in aziende dove non esiste la figura del CFO. In generale, ai CFO mancano gli strumenti e le tecnologie per pianificare la finanza strategica; quasi sempre si appoggiano a fogli excel che non permettono sicurezza e profondità delle informazioni e, soprattutto, rendono molto difficile fare simulazioni. D. Il “foglio di calcolo” resta comunque diffusissimo: quali limiti ha questo strumento e perché molte aziende non vogliono abbandonarlo? R. La maggior parte delle aziende si appoggia a fogli excel per pianificare la finanza. I limiti dello strumento sono la poca profondità del dato, i calcoli basati su medie e non puntuali, la bassa sicurezza delle informazioni presenti, la difficoltà a fare simulazioni, i tempi di aggiornamento e mantenimento molto alti (spesso si tratta di fogli molto comples-


CFO & CIO - scenari

Big data e intelligenza artificiale non sono ancora a portata di PMI

Marco Turani, Channel Director di 4 Planning

si), rimanendo uno strumento di produttività individuale. Notiamo che c’è meno resistenza, rispetto al passato, al cambiamento, proprio perché i CFO si stanno convincendo della necessità di avere soluzioni transazionali, magari basate sullo sviluppo automatico di una partita doppia previsionale, che permettano tempi di elaborazione veloci e sicure per avere più tempo da dedicare all’analisi degli scenari. D. Allora quel è lo strumento ideale per il CFO di una PMI italiana? R. Lo strumento ideale è una soluzione transazionale che permetta la pianificazione finanziaria, economico e patrimoniale,

Rispetto al passato c’è meno resistenza al cambiamento

che gestisca i vari budget, che permetta simulazioni e confronti di scenari e anche il calcolo del rating previsionale. I risultati principali devono essere: cash flow previsionale mensilizzato, simulazione di copertura del fabbisogno finanziario, PFN con affidamenti e coperture, fonti impieghi, rendiconto finanziario, ecc. Non ultimo, il collegamento con il back end ERP aziendale per prelevare informazioni relative a chiusure infrannuali, budget, scadenzari a breve. D. I megatrend dei big data e dell’intelligenza artificiale sono interessanti a oggi per le PMI? R. Questi temi non sono ancora a portata delle PMI. Prima di tutto si dovrebbe completare/implementare, a livello di sistemi informativi, la parte riguardante le soluzioni di pianificazione finanziaria (qui i big data potrebbero dare una mano) e poi pensare a soluzioni di AI. Questi investimenti vengono sicuramente compensati dal fatto che il tempo dedicato all’implementazione e sviluppo della pianificazione viene drasticamente ridotto per lasciare più tempo all’analisi del dato che, di conseguenza, vuol dire maggior qualità delle informazioni. A.G. giugno 2018 - dfo 19


scenari - settori industriali

LA CRISI TORNA IN SOFFITTA Lo afferma l’ultimo Rapporto Asi -“Analisi dei Settori Industriali”, realizzato dall’Ufficio Studi di Intesa Sanpaolo in collaborazione con Prometeia

D

opo quasi dodici anni finalmente, nel 2019, il fatturato dell’industria manifatturiera italiana tornerà ai livelli pre-crisi, cioè del 2007. Ad affermarlo con dati alla mano, è l’ultimo Rapporto Asi – “Analisi dei Settori Industriali” realizzato dall’Ufficio Studi di Intesa Sanpaolo in collaborazione con la società di consulenza Prometeia. Il raggiungimento del traguardo non sarà quindi minacciato dai rallentamenti previsti per l’anno in corso e che vengono invece considerati fisiologici. In estrema sintesi, difficilmente potrà essere replicato l’andamento del 2017 considerato uno dei migliori anni del post crisi: il fatturato è aumentato del 4,3% a valore e del 2,9% a prezzi costanti, grazie al contributo sia della domanda interna, sostenuta dalla ripresa del ciclo degli investimenti, sia di quella proveniente dall’estero nonostante il rafforzamento dell’euro sul finire dell’anno. I segnali di rallentamento emersi nella prima parte del 2018, dovuti soprattutto all’incertezza politica interna ed internazionale non devono tuttavia preoccupare eccessivamente, come ha precisato Gregorio De Felice, capo della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo: «Si tratta di una fisiologica normalizzazione dei tassi di sviluppo, anche alla luce dell’ottimo andamento degli ordini. Nel nostro scenario l’industria manifatturiera italiana vedrà un consolidamento del trend espansivo, con i livelli di attività che cresceranno del 2,4% nel 2018 e del 2,1% nel 2019 a prezzi costanti. Alla fine del biennio, il fatturato si ri-

20 dfo - giugno 2018

porterà sui valori del 2007 mentre tra il 2020 e il 2022 si assisterà a un graduale rallentamento del ritmo di crescita dell’attività al di sotto del 2% in linea con il consueto ripiegamento ciclico della domanda». Le prospettive nel medio termine Se si passa dall’analisi generale a quella per settori, la Meccanica emerge come la protagonista indiscussa all’interno del panorama manifatturiero italiano, con un tasso di crescita del fatturato decisamente superiore alla media (+4,2% a prezzi costanti). Grazie al contributo positivo del canale estero, il settore rimarrà tra i più dinamici anche nel medio termine (+3,1% nella media 2018-22), nonostante un progressivo rallentamento degli investimenti. Nel periodo 2018-22, tuttavia, si prevedono buone performance anche per il Largo consumo (+2.6% in media d’anno), per il comparto degli Autoveicoli e delle moto (+2.3%), la Farmaceutica (+2.2%) e l’Elettrotecnica (+2.2%), per effetto del riposizionamento del manifatturiero italiano su settori a maggiore contenuto tecnologico. Per i settori di consumo tipici del Made in Italy, invece, sarà determinante, come ha aggiunto Alessandra Lanza di Prometeia «la capacità di cogliere la crescita della domanda mondiale di beni di alta gamma, che consentirà alle imprese italiane di mantenersi su un sentiero di espansione del fatturato, sebbene a tassi inferiori alla media manifatturiera. Il Sistema Moda dovrebbe registrare un incremento del 1,5%, nella media del periodo 201822, i Mobili dell’1,3%, l’Alimentare e bevande dell’1,3%. In coda alla classifica delle prospettive settoriali, si posizionano invece l’Elettronica e gli Elettrodomestici, penalizzati dall’elevata concorrenza internazionale e da una base produttiva


ormai fortemente ridotta. Nonostante le buone prospettive di crescita del fatturato, la redditività MARGINI E REDDITIVITÀ VENDITE IN MIGLIORAMENTO e redditività delleDELLE vendite in miglioramento diffuso invece manterrà un profilo di recupero più len- Margini DIFFUSO miglioramenti più forti all’aumentare delle dimensioni aziendali to nel 2018 e nel medio termine. Il processo di InInItalia, Italia, miglioramenti più forti all’aumentare delle dimensioni aziendali rinnovamento che ha caratterizzato il manifattuEbit in % del fatturato (ROS) per paese ITALIA: variazione del ROS 2013-’16 riero negli ultimi anni, attenuerà infatti, progresvalori mediani elaborazioni su valori mediani sivamente, i suoi effetti positivi sul quadro fiInt. chimici (5.1) 5.0 Altri Intermedi (4.5) nanziario. Nello specifico, sulla base delle nostre Autov. e moto (3.4) 4.5 Largo consumo (6.7) stime, sia il ROI che il ROE potranno assestarsi sui Prod. costr. (4.1) 4.0 Elettrodom. (4) buoni livelli raggiunti nel 2017, sfiorando rispetMobili (3.5) 3.5 Elettrotecnica (4.9) tivamente il 9% e l’8% nell’orizzonte del 2022». 3.0

Migliora il saldo commerciale Il commercio estero contribuirà positivamente ai livelli di attività del manifatturiero lungo tutto il periodo di previsione. Il rallentamento della domanda interna, considerato come naturale, infatti, frenerà la crescita delle importazioni di manufatti mentre cresceranno le esportazioni ad un ritmo di circa il 3.5% medio annuo. Queste dinamiche, inoltre, si rifletteranno in un continuo miglioramento del saldo commerciale che è previsto superare i 115 miliardi di euro nel 2022. Il principale contributo all’attivo del saldo verrà dalla Meccanica, che da sola garantirà 11 dei 25 miliardi di incremento del surplus, ma anche dalle performance dell’Alimentare e bevande e della Farmaceutica, settori fino a pochi anni fa in deficit strutturale con l’estero. Ma lo scenario, per quanto positivo, appare esposto a numerose incognite. La minaccia rappresentata dalle misure protezionistiche in via di approvazione da parte di alcuni Paesi grava sulla geografia degli scambi mondiali anche se l’intensità dell’impatto sarà variabile da settore a settore. Gli effetti della crisi Il processo di trasformazione dell’industria italiana, innescato come reazione alla crisi economica, ha di fatto restituito una base produttiva più piccola, ma più forte e competitiva. Le imprese sopravvissute, mediamente più grandi, hanno conseguito miglioramenti importanti sul fronte

2.5 2.0 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016 Germania

Francia

Spagna

Meccanica (5.1) Prod. metallo (4.6) Metallurgia (2.7) Alim. e bevande (3) Farmaceutica (7.1) Sistema moda (3.7) Elettronica (3.5)

Italia

-2 delta 2014-15

-1

0

1

2

delta 2016

Fonte: Rapporto Asi – “Analisi dei Settori Industriali” Ufficio Studi di Intesa Sanpaolo e Prometeia

93° Rapporto Analisi dei Settori Industriali | Milano, 16 maggio 2018 6

della marginalità delle vendite, della produttività del lavoro, della solidità patrimoniale e finanziaria. La crescita cumulata del fatturato delle imprese italiane nel periodo 2013-2016 è stata del 14,4% mentre la redditività delle vendite (ROS) al 2016, in crescita da 4 anni consecutivi è stata pari al 4,1% . Il valore aggiunto in percentuale del fatturato nel 2016, in progressivo aumento dal 2012, è stato pari al 24 per cento. Ma secondo Cristina Rossi, Partner di Prometeia, «in termini di rotazione del capitale, le differenze si mantengono consistenti e continuano a essere favorite le imprese tedesche e francesi. In termini di ROI è cambiato il posizionamento relativo tra i Paesi: convergono i risultati di Spagna e Germania, ma Francia e Italia si mantengono su livelli inferiori. Per l’Italia, che mostra nell’ultimo triennio un ROI allineato a quello francese, il vantaggio in termini di ROS continua ad essere compensato dalla minore efficienza nella rotazione del capitale». R.B. giugno 2018 - dfo 21

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settori industriali - scenari


scenari - settore moda

LO STILE ITALIANO SUPERA I 90 MILIARDI Nel 2017 la maggior spinta al settore “Tessile, Moda e Accessorio” proviene dall’export che ha raggiunto poco meno di 61,8 miliardi di euro contro i 58 miliardi del 2016

I

l fiore all’occhiello del made in Italy, costituito dalla moda e dagli accessori, si conferma ancora una volta un volano per la crescita del sistema Paese raggiungendo i 94,2 miliardi di euro di fatturato nel 2017. A poco più di un anno di distanza dalla nascita di

Confindustria Moda, costituita a gennaio 2017 e operativa a tutti gli effetti da inizio 2018, sono stati infatti resi noti per la prima volta in modo uniforme i dati complessivi del settore che comprende calzature, concia, pelletteria, pellicceria, occhialeria, orefice-

ria-gioielleria e tessile-abbigliamento. Grazie alla nascita di un ufficio studi comune, è stato possibile infatti ottenere un’unica fotografia di un settore composito e che come sottolineato dal Presidente di Confindustria Moda, Claudio Marenzi, rappresenta «il 50% dell’avanzo della bilancia commerciale italiana».

TABELLA 1 - QUADRO SETTORIALE CONFINDUSTRIA MODA, 2016-2017 (Milioni di euro)

Lo fotografia del settore La congiuntura favorevole che ha interessato l’economia mondiale nel corso del 2017 ha coinvolto anche l’industria italiana del Tessile, Moda e Accessorio. Secondo le stime preliminari elaborate dal Centro Studi di Confindustria Moda, il fatturato è cresciuto del 3,2% anche se i dati relativi al 2016 non sono omogenei e, quindi, non confrontabili rispetto ai dati presentati nel marzo dello scorso anno. Il precedente quadro settoriale inoltre non considerava il settore conciario, che è stato invece incluso in quest’ultima rilevazione. Il complesso manifatturiero rappresentato da Confindustria Moda, che è secondo solo alla meccanica in termini di fatturato, comprende attualmente 66.751 aziende, in grado di occupare quasi 581 mila addetti. In corso d’an-

Fatturato (*) Var. % Export Var. % Import Var. % Saldo Commerciale Var. % Azienda (numero)* Var. % Addetti (numero)* Var. % Propensione all’export (%)

2016 91 243 58 696 33 021 25675 67 375 580 212 64,3

2017 94 167 3,2 61 756 5,2 34 043 3,1 27 712 7,9 66 751 -0,9 580 993 0,1 65,6

(*) Dati di pre-consuntivo Fonte: Stime Confindustria Moda su dati ISTAT, Movimprese, Indagini Interne

22 dfo - giugno 2018


settore moda - scenari

no le aziende hanno assistito ad una flessione dello 0,9% (corrispondente a una riduzione pari a 624 unità), mentre gli addetti sono in leggero aumento (0,1%): tale andamento viene spiegato dal Centro Studi come la spia di un riposizionamento verso un nuovo punto di equilibrio a seguito del processo di ridimensionamento che ha colpito, pur con intensità diversa, tutti i settori considerati. Nell’export crescita a doppia cifra per i gioielli Nel 2017 la maggior spinta al settore “Tessile, Moda e Accessorio” è arrivata, ancora una volta, dai mercati esteri dove ha mediamente messo a segno una crescita pari al 5,2%, portandosi a poco meno di 61,8 miliardi di euro contro i 58 miliardi del 2016. Nel periodo in esame, tra i settori “best perfomer”, ovvero interessati da incrementi a doppia cifra, si segnalano pelletteria, pellicceria ed oreficeria. Meno marcati invece risultano gli incrementi per gli altri comparti: calzature e tessileabbigliamento (che coprono rispettivamente il 15% e il 49% dell’export totale) registrano una crescita di circa il 3,5% mentre l’occhialeria conquista un 2,4 per cento. Parallelamente, i flussi in entrata, in virtù di un aumento su base annua del +3,1%, superano i 34 miliardi di euro. Il settore, che di fatto ingloba le tendenze che investono le singole industrie considerate, presenta complessivamente con l’estero un rilevante surplus commerciale, che nel 2017 risulta pari a 27,7 miliardi di euro contro i 25 miliardi del 2016 (per un incremento pari al 7,9%). Con riferimento alle due principali macro-

aree geografiche, la UE copre il 47,8% dell’export a valore, mentre assicura il 44% dell’import. In maniera complementare, il complesso delle aree extraUE assorbe invece il 52,2% dell’export, mentre vede originare il 56% dell’import. Se si guarda alla performance registrata presso ciascun Paese, in ambito UE si confermano ai primi posti, quali partner d’elezione per le aziende del settore, Francia, Germania, Regno Unito e Spagna, tutti contraddistinti da dinamiche favorevoli. In particolare, la Francia cresce del 5,7%, la Germania del 3,7%, il Regno Unito del 4,1%, la Spagna del 5%. In ambito extra-UE, va segnalata la Svizzera, in aumento del 17,2%, divenuta per molte delle merceologie che rientrano nel settore la principale piattaforma logistica per la successiva riesportazione in altri mercati. L’export verso gli Stati Uniti mostra una moderata crescita, pari allo 0,8%, per un totale di 5,4 miliardi di euro. Con riferimento al Far East, Hong Kong cresce del 3,2% portandosi a quasi 3,8 miliardi, la Cina registra un aumento del 14,1% oltrepassando i 2,2 miliardi, la Corea del Sud evidenzia un 8,5%, salendo a quota 1,4 miliardi; di contro, il Giappone si riduce del 2,9%. La Russia, dopo le perdite accusate nel biennio 2014-2015, ritorna ad acquistare per un valore di quasi 1,7 miliardi. Rallenta l’import da Cina e Turchia Relativamente ai main supplier, la Cina, nonostante il lieve calo accusato nel 2017 (1,3%), si conferma il primo fornitore per il complesso dei prodotti, con 6,8 miliardi di euro, ovvero il 20% del totale di settore importato. Segue a distanza un gruppo di Paesi UE, tradizio-

nali partner delle imprese del settore: l’import da Francia e Germania cresce del 9,5%, quello dalla Spagna dell’8%, mentre si riduce la Romania del 2,8 per cento. Continuando a scorrere la classifica dei principali mercati di approvvigionamento, si registra il persistere del trend positivo nel caso del Bangladesh (4,3%), mentre la Turchia registra una contrazione pari al 3,9%. Anche lato import la Svizzera presenta un ritmo di crescita sostenuto (del 22,3%); all’aumento dei Paesi Bassi (5,1%) fa, invece, da contraltare la riduzione del Belgio (2,6%). Se si considerano i fornitori di prodotti per almeno 1 miliardo di euro, in fondo alla lista si colloca l’India che sperimenta un incremento dell’1,6 per cento. Previsioni per il 2018 poco rosee Nonostante il buon andamento del 2017, vi sono più dubbi che certezze circa le performance che il settore potrà mettere a segno nel 2018. «L’industria italiana del “Tessile, Moda e Accessorio” nel 2018 avrà un rallentamento rispetto al 2017 - ha dichiarato Cirillo Marcolin, Vice Presidente di Confindustria Moda, in occasione dell’inaugurazione della nuova sede dell’associazione a Milano, spiegando che questo sarà dovuto soprattutto a una serie di fattori esterni». In particolare, potrebbero pesare negativamente sul comparto, «le tensioni internazionali, l’incremento della valuta cinese, il calo del rublo, l’incremento del prezzo del greggio» e per quanto riguarda la situazione interna, «lo stallo della politica italiana». R.B. giugno 2018 - dfo 23


scenari - distretti industriali

DISTRETTI INDUSTRIALI, È UN PIACERE Rappresentano le eccellenze dell’industria italiana da ogni punto di vista. Viaggio all’interno di aziende che vogliono continuare a crescere; i numeri del Rapporto Intesa Sanpaolo

L

a domanda è d’obbligo: la crisi ha fatto meno paura ai distretti industriali italiani, oppure questi ultimi hanno posto in essere strategie vincenti, e il loro stato di salute è complessivamente migliore rispetto a quello delle aziende che non hanno raggruppamenti significativi cui appoggiarsi? La risposta è scontata: la crisi economico-finanziaria partita nel

2008, che oggi viene analizzata in un arco temporale quasi decennale, ha “picchiato duro” ovunque. Ma i distretti hanno reagito meglio, i loro numeri sono più interessanti. Questo è quanto emerge dalla decima edizione del Rapporto annuale che la Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo dedica all’evoluzione economica e finanziaria delle imprese distrettuali. L’indagine ha studiato i bilanci aziendali degli anni 2008-16 di quasi 18.000 imprese appartenenti5a 153 distretti industriali e di quasi 54.000 Distretti industriali: crescita superiore alla media … DISTRETTI INDUSTRIALI: CRESCITA SUPERIORE ALLA MEDIA imprese non-distrettuali attive negli stessi settori di specializzazione. Innanzitutto lo stato Evoluzione del fatturato tra il 2008 e il 2016 dell’arte: i risultati positivi e interessanti parto(var. % a prezzi correnti; valori mediani) no – relativamente agli ultimi due anni, 2016 e 25,7 2017- dalla crescita cumulata del fatturato delAgro-alimentare 17,0 le imprese distrettuali, che è stata pari al +4,6% 11,5 Intermedi (con l’Ebitda margin pari al 7,6%). Nel periodo 7,2 2008-2017, la crescita del fatturato nei distretti 11,2 Sistema moda è stata pari al 13%, a fronte del +8,7% delle aree 4,4 non distrettuali. In questo ultimo lasso di tem10,2 Totale 5,9 po, la crescita dei distretti è stata superiore alla 3,9 media in tantissimi settori merceologici, specie Metalmeccanica 4,0 in quello dell’Agroalimentare, degli Intermedi, -0,1 del sistema Moda. Contestualmente, migliore è Sistema casa -4,5 stata anche la produttività del lavoro. Il quadro -10 -5 0 5 10 15 20 25 30 non può essere interpretato in altri modi: c’è vivacità, tra queste aziende, una sorta di “freDistretti Aree non distrettuali schezza imprenditoriale” che consente di supeFonte: Intesa Sanpaolo Integrated Database rare le sfide in modo più rapido e coerente con Fonte: Intesa Sanpaolo Integrated Database le esigenze del mercato. Il Rapporto evidenzia 24 dfo - giugno 2018


distretti industriali - scenari

anche l’evoluzione positiva dei fatturati, a partire dal 2012, delle imprese del Mezzogiorno, specie se guidate da giovani (ossia under 35), capaci di gestire il ricambio generazionale. Nei distretti, un’impresa su dieci è gestita da under 35, con punte del 15,5% nel Mezzogiorno e del 20% nella Metalmeccanica e nel Sistema moda. Per quanto riguarda i mercati internazionali, per il 2017 si attendono ottime performance da parte dei distretti, anche sui mercati internazionali: a sospingere l’industria italiana saranno soprattutto la metallurgia, i prodotti in metalli, i beni di consumo legati alla moda, la meccanica. Elementi distintivi: qualità e territorio Il Rapporto di Intesa Sanpaolo indica 20 distretti che si potrebbero definire di eccellenza, a livello italiano. Ovviamente tutte le macro-aree sono rappresentate, anche se la prevalenza è di Nord Est (10) e Nord Ovest; il Centro e il Mezzogiorno fanno parte della classifica rispettivamente con due e tre distretti. Elementi di forza per il Paese, e numericamente più rilevanti, risultano essere il distretto dell’Agroalimentare (6) e quello della Metalmeccanica (7). I primi tre posti della classifica, a livello di performance di crescita e redditività, sono occupati dall’Occhialeria di Belluno, dalla Gomma del Sebino Bergamasco, dal Prosecco di Conegliano-Valdobbiadene. Seguono i Salumi di Parma, la Meccatronica dell’Alto Adige, i Vini del veronese. Come indica anche la classifica, l’Agroalimentare è una filiera in cui i numeri sono andati crescendo in modo importante. Da citare sono soprattutto, a livello di performance, prodotti quali l’olio, le conserve, la pasta i dolci, il lattiero-caseario e il vino. Elemento fortemente trainante, proprio per questa filiera, è la possibilità di vantare prodotti Dop e Igp, che fungono da “attrattore” per la clientela, sia italiana che internazionale, e che posizionano in alto l’asticella della qualità e della reputation di quei territori. Per quanto riguarda, invece, il settore della Meccanica, va ri-

PERCHÉ FUNZIONANO? Quali sono i fattori di competitività dei distretti industriali italiani, che li fanno essere punto di forza della nostra economia? Certamente la capacità di adattamento proattivo: meno aziende a livello numerico rispetto al passato, ma con un fatturato superiore. I distretti hanno compreso che bisogna affrontare i mercati esteri, anche molto lontani, avendo in mano leve strategiche potenti (i marchi registrati, i brevetti, le certificazioni di qualità, le certificazioni ambientali) e posizionando filiali produttive e commerciali là dove si vuole fare crescere il business (oggi la distanza media delle esportazioni distrettuali supera i 400 chilometri). Cosa resta da fare? Le imprese dei distretti sono ancora caratterizzate da una finanza poco aperta al mercato. il Rapporto evidenzia come sia una necessaria una svolta, in tal senso, sia per ridurre i rischi finanziari, sia per consolidare la struttura dimensionale (per contrastare i competitor stranieri) e far sì che le aziende restino saldamente in mani italiane.

levato come questo sia uno dei protagonisti del cambiamento e dell’innovazione del mercato: il riferimento è all’offerta di prodotti di macchinari 4.0 e al fatto che queste stesse aziende (specie le medie e le grandi) hanno fatto acquisti di tecnologia ICT durante lo scorso anno e sono sempre più interconnesse con i propri fornitori di tecnologia (questa affermazione è frutto dell’analisi della distanza in chilometri tra fornitore e cliente). Indipendentemente dal settore merceologico, va infine rilevato come i distretti industriali italiani siano stati capaci di credere nelle potenzialità della leadership al femminile leggermente di più di quanto abbiano fatto le industrie tout court. È pari al 23,8% la quota di imprese femminili nei distretti (23,1% è il dato relativo alle aree non distrettuali). La presenza di aziende gestite da donna spicca soprattutto tra le micro imprese (con fatturato inferiore a due milioni di euro) e nel Sistema moda (abbigliamento, maglieria, oreficeria e calzature). E.G. giugno 2018 - dfo 25


scenari - Atradius

ASIA PACIFICO:

IL RISCHIO PROTEZIONISMO PESA SULL’EXPORT Il pericolo di una guerra dei dazi preoccupa le aziende esportatrici, mentre favorisce quelle focalizzate sul mercato interno. I tempi di pagamento si allungano, stabili i crediti inesigibili, mentre aumenta il ricorso all’assicurazione del credito 26 dfo - giugno 2018

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n freno all’export, ma anche un’opportunità di crescita per i fatturati domestici. Le aziende della regione Asia Pacifico, rivela il Barometro Atradius sui comportamenti di pagamento in quest’area, vivono in modo diverso l’incremento delle misure protezionistiche da parte dell’amministrazione USA e il rischio di una guerra dei dazi anche nella regione asiatica. Le aziende esportatrici temono un calo di fatturato, mentre quelle con una ri-

levante quota di business sul mercato domestico vedono nelle barriere commerciali un’opportunità di crescita. Il 52% degli esportatori cinesi è pessimista Le previsioni di crescita del PIL globale nel 2018, pari al 3,2%, dovranno confrontrarsi con il peggioramento del contesto commerciale globale in seguito alla nuova fase protezionistica. I risultati di Atradius parlano di un 45% di espor-


Atradius - scenari

tatori asiatici che si attende un calo del fatturato tra il 10% e il 20% proprio per la nuova guerra dei dazi. In Cina, il 52% delle aziende fornitrici è pessimista sul fatturato legato all’export in seguito all’introduzione di barriere commerciali come tariffe o restrizioni mirate. E la preoccupazione si estende alle altre economie profondamente intrecciate con quella cinese: Indonesia (68%), Taiwan (48%) e Hong Kong (47%). Approccio lungimirante per il flusso di cassa Le aziende asiatiche focalizzate sul mercato interno puntano invece a cogliere le opportunità: la vede così il 29% degli intervistati indonesiani, anche grazie alla crescita del 5,3% del PIL interno previsto per quest’anno e per il 2019.

«La crescita del PIL globale dovrebbe rimanere forte quest’anno – spiega Andreas Tesch, Chief Market Officer di Atradius – per poi scendere leggermente al 3% nel 2019. Sebbene la crescita sia sempre più ampia, con recuperi nel commercio e negli investimenti in corso, i rischi per queste brillanti prospettive sono aumentati e stanno ponendo sfide significative alle imprese. Il protezionismo degli Stati Uniti, compresa la minaccia di una guerra commerciale, le incertezze relative alla politica monetaria statunitense, il rallentamento della crescita della Cina e i rischi geopolitici possono seriamente ostacolare la crescita, abbassare la fiducia delle imprese e innescare il deterioramento del contesto di insolvenza nella regione. È quindi essenziale che i fornitori adotti-

L’Asean resta uno sbocco fondamentale dell’economia italiana

no un approccio lungimirante per proteggere il loro flusso di cassa». Alla ricerca di nuovi mercati Il nuovo protezionismo americano porta le aziende esportatrici dell’Asia Pacifico a cercare nuovi partner commerciali in nuove aree. In primis l’Australia, dove

giugno 2018 - dfo 27


scenari - Atradius

il 54% delle aziende fornitrici intervistate non si aspetta un impatto negativo sul fatturato delle loro imprese. Il 51% del campione giapponese condivide la stessa visione ottimistica. I tempi di pagamento crescono, anche con l’e-invoice In Asia Pacifico cresce anche la sensibilità verso i rischi collegati al credito commerciale: la percentuale di vendite B2B nazionali ed estere negoziate a credito nella regione è diminuita per il terzo anno consecutivo, dal 45,9% del 2017 al 43,6% del 2018. Il 68,2% degli intervistati ritiene che i tempi di pagamento siano stati accelerati dall’introduzione della fatturazione elettronica, attualmente utilizzata dal 60,2% delle imprese. Guardando all’Asia Pacifico nel complesso, però, i tempi di pagamento tra aziende sono saliti a 57

Le aziende esportatrici asiatiche cercano nuovi mercati e partner commerciali

28 dfo - giugno 2018

Massimo Mancini, Country Manager Italia di Atradius

giorni nel 2018, rispetto ai 55 del 2017. Solo Cina e Singapore, nell’intera regione, non hanno registrato un aumento dei tempi di pagamento.

Stabili i crediti inesigibili Il livello di crediti B2B inesigibili è sostanzialmente stabile rispetto al 2017 e il motivo principale di inesigibilità resta il fallimento o la cessazione di attività del cliente. «L’incertezza delle politiche commerciali globali e la minaccia del protezionismo – commenta Massimo Mancini, Country Manager Italia di Atradius – continueranno ad avere grandi effetti non solo sull’area Asia Pacifico, ma anche sull’economia italiana per la quale l’Asean continua a rappresentare uno sbocco fondamentale. Per questo la protezione dei propri crediti commerciali rappresenta uno strumento in grado di favorire una crescita sicura, in un contesto sempre più incerto e mutevole». A.G.



scenari - FinTech e credito

CIRCOLANTE. SE LE FINTECH TRASFORMANO IL MERCATO Factoring digitale, invoice trading, dynamic discounting. La gestione del capitale circolante si rinnova e diventa sempre più hi-tech. E la spinta verso l’innovazione arriva da parte delle FinTech, nuovi operatori pronti a confrontarsi con l’offerta più tradizionale.

O

30 dfo - giugno 2018

peratori tradizionali vs. FinTech. Tra factoring, invoice trading, P2P lending e dynamic discounting, anche nel mondo della gestione del capitale circolante l’ultima frontiera è la sfida con i nuovi player tecnologici. Al convegno “La gestione efficiente del Circolante, fra FinTech e operatori tradizionali” di inFinance si è profilata però l’idea non tanto di una competizione, quanto di una collaborazione all’insegna di obiettivi comuni.

oggi (114,7 miliardi). Manifattura e commercio all’ingrosso sono i settori più affezionati al factoring: valgono rispettivamente il 31% e l’11% sul totale. È così in particolare nel Lazio, in Lombardia e in Piemonte, le regioni dove il comparto è più florido e dove naturalmente sono le aziende corporate a registrare le maggiori operazioni (con un turnover da 156,7 milioni), seguite dalle piccole e dalle medie imprese, che però contano su un numero maggiore di cedenti attivi.

Factoring e Reverse: se i player tradizionali … La partita si gioca sul campo dell’efficienza. E nel mondo del factoring per ora mantengono ben salda la propria posizione gli operatori tradizionali. Parliamo infatti di un mercato che nel 2017 ha raggiunto un turnover da 221,6 miliardi, vale oltre il 12% del PIL e per oltre il 70% è in mano alle prime 5 grandi realtà del settore: Mediocredito Italiano, UniCredit Factoring, Ifitalia, Factorit e Banca IFIS. Per le imprese il factoring, come ha raccontato FactorIt, è un’opportunità sempre più interessante: basti pensare che 10 anni fa il mercato valeva circa la metà rispetto a

… guardano alle FinTech Spetta ai player tradizionali il primato anche nel mondo del reverse factoring, quando

Il mercato del factoring è raddoppiato in 10 anni


FinTech e credito - scenari

cioè è l’impresa debitrice a utilizzare i servizi di factoring, a differenza di quanto accade nel factoring tradizionale, sottoscrivendo un contratto con ognuna delle imprese fornitrici. Tra gli operatori del reverse factoring ci sono però anche aziende che non rientrano nella Top 5, sono specializzate, stand alone e mantengono un approccio sartoriale. Un esempio è General Finance, azienda nata nel 1982 e associata ad Assifact, che nel 2017 ha raggiunto 361 milioni di euro di turnover finanziato, 183 clienti cedenti e 6mila debitori ceduti, anche attraverso un modello proprietario per la valutazione del rischio di credito (GF Score). E non è un caso se è tra le realtà più aperte al FinTech. Come è emerso nel corso del convegno, la strada vincente è infatti quella della collaborazione: nuove sinergie, fusioni e acquisizioni rappresentano senza dubbio un’opportunità per innovare. Il factoring digitale targato Credimi Le FinTech del resto sono pronte e disponibili a cooperare. Credimi è una di queste. Piattaforma che permette alle aziende di cedere le fatture con un processo 100% paperless, Credimi è anche attiva nel credito digitale di filiera a supporto di clienti e fornitori. Parliamo di factoring digitale: cessioni pro solvendo e cessioni pro soluto (entrambi o con notifica o tramite procedura confidenziale). A questo si aggiunge poi l’offerta dedicata al reverse factoring che consente ai fornitori del capofiliera di cedere pro soluto le fatture emesse nei suoi confronti. Nata solo nel 2017, Credimi ha finanziato oltre 110 miliardi di euro di fatture e impiega meno di 48 ore per la valutazione del rischio di credito. Non sono previsti inol-

LA PAROLA

FACTORING Anticipazione di credito bancario, a fronte di fatture, a impese fornitrici. Nel 2017 ha raggiunto un turnover da 221,6 miliardi (il 12% del PIL). REVERSE FACTORING Anticipazione di credito all’impresa debitrice, a differenza di quanto accade nel factoring tradizionale, sottoscrivendo un contratto con ognuno dei fornitori. Nel 2017 ha raggiunto il valore di 16 miliardi (+13% rispetto all’anno precedente). INVOICE TRADING Vendita di crediti commerciali passando dalla negoziazione dei crediti su una piattaforma digitale, come in una sorta di asta al rialzo. I crediti sono acquistati in “modalità crowd” dagli utenti del portale. Nel 2017 cedute fatture per un importo totale da 132,5 milioni. DYNAMIC DISCOUNTING Concessione di un anticipo alla PMI fornitrice in cambio di uno sconto. Lo sconto è detto “dinamico” perché proporzionale ai giorni di anticipo.

tre né costi fissi né commissioni di chiusura del rapporto: si pagano esclusivamente gli smobilizzi effettivamente richiesti. E gli unici documenti necessari sono le carte di identità dei soggetti che operano sulla piattaforma (solo in casi particolari è richiesto anche l’estratto conto). CashMe e l’Invoice trading L’incontro tra FinTech e mondo del circolante non si limita però al factoring. CashMe è ad esempio una piattaforma di invoice trading. Permette cioè di vendere crediti commerciali passando dalla negoziazione dei giugno 2018 - dfo 31


scenari - FinTech e credito

crediti, come in una sorta di asta al rialzo. Dopo un test di due dilligence sulle fatture, l’azienda le carica sul portale e alla chiusura dell’asta riceve un acconto fisso pari al 90% del valore nominale della fattura. CashMe trattiene solo una commissione calcolata sul valore nominale del credito ceduto. L’Invoice trading è una “branca” del crowdinvesting e nel 2017 è stato il comparto con i risultati più brillanti: sono state infatti cedute fatture per un importo totale da 132,5 milioni, battendo a livello di capitale raccolto l’equity crowdfunding e a livello di prestiti erogati il crowdlending. Finanziamenti alternativi: il Dynamic discounting Le FinTech del circolante accelerano quindi. E il successo si spiega sempre di più con la difficoltà delle PMI nell’accesso al credito, che le porta verso forme di finanziamento alternative. Tra queste c’è il dynamic discounting, con cui il cliente concede un anticipo alla PMI fornitrice in cambio di uno sconto. E lo sconto è detto “dinamico” perché proporzionale ai giorni di anticipo. FinDynamic è una delle piattaforme che

12mila imprese hanno sottoscritto polizze sul credito commerciale

32 dfo - giugno 2018

L’invoice trading cresce a ritmi importanti

permettono tutto questo, anche in questo caso con un processo completamente paperless e digitale. Attiva nel retail, nel Food & Beverage, nel Made in Italy e nel settore industriale, FinDynamic ha già permesso ad aziende e fornitori di migliorare ROI e saving rafforzando l’intera filiera. Ottimizzare il cashflow e assicurare il credito Oltre ai player tradizionali del circolante e alle FinTech, partecipano alla sfida però anche altre realtà. È il caso di American Express, che ha messo a punto un nuovo modello di ottimizzazione dei flussi di pagamento tra clienti e fornitore: al centro ci sono naturalmente i pagamenti con carte di credito Amex e un sistema di gestione delle fatture, degli ordini e degli estratti conto mensili pensato per ridurre i DSO (Days Sales Outstanding) e a aumentare i DPO (Days Payables Outstanding). Quando parliamo di credito è importante però anche il ruolo delle compagnie assicurative. 12mila sono le imprese in Italia che hanno sottoscritto polizze contro il rischio sul credito commerciale. S.R.


e-commerce - scenari

L’E-COMMERCE GUARDA AI PRODOTTI Il commercio elettronico cresce del 15% e nel 2018 raggiungerà i 27 miliardi di euro di valore. Rispetto ai negozi fisici la quota di mercato resta molto minoritaria, ma il trend di crescita è destinato a consolidarsi nei prossimi anni

È

un settore da 27 miliardi. Il commercio elettronico si conferma uno dei pochi ambiti a crescere a due cifre (+15% le previsioni per il 2018) ed è al centro di una continua innovazione di servizi. Lo testimonia bene il grande interesse per l’evento annuale di settore, il Netcomm, tenutosi a Milano lo scorso maggio. Chi fattura sul mobile… “Colpa” di un consumatore sempre più connesso, per cui lo smartphone è il punto di accesso a servizi e informazioni. Nel 2018 si prevede che un terzo delle vendite online passeranno dal cellulare, con alcuni esercenti particolarmente evoluti che sul canale mobile realizzano due terzi del loro fatturato. E la spinta riguarda soprattutto i prodotti. Spazio ai prodotti Se alcuni ambiti, come turismo e trasporti (9,7 miliardi di valore) e assicurazioni (1,3 miliardi) vengono ormai ritenuti “maturi” e crescono annualmente “solo” del 5%, ci sono grandi aspettative sulla vendita di prodotti online. Con i vantaggi immaginabili in termini di costi di distribuzione, ma anche grazie allo sviluppo, negli ultimi anni, di un sistema di logistica capace di consegnare una media di quasi 1 milione di pacchetti ogni giorno lavorativo.

Chi crescerà nell’e-commerce Al commercio elettronico continuano a guardare con interesse l’informatica e l’elettronica, che insieme fatturano 4,6 miliardi di euro ma crescono ancora del 18%. L’abbigliamento, con 3 miliardi, e persino l’editoria, con 1 miliardo. Sono considerati settori “emergenti” l’alimentare, con 1,1 miliardi ma un +34% di crescita; l’arredamento, con 1,26 miliardi e un +44%; le auto e soprattutto i ricambi, con 610 milioni di vendite e + 26% in un anno. Il futuro si decide oggi Certo, l’e-commerce pesa per il 6,5% delle vendite mentre oltre il 90% degli acquisti continua (e continuerà a lungo) a passare per i negozi fisici. Ma quello dell’online è un commercio diverso, con le sue nicchie (in crescita) e con un pubblico fidelizzato e destinato a crescere. Che non sceglie l’online solo per la comodità: in Francia e in Germania i clienti cercano soprattutto un vasto assortimento, cioè la possibilità di scegliere. In Italia prevale la ricerca di prezzi bassi e occasioni. I futuri dominatori del mercato dovranno investire nel prossimo futuro in strumenti come big data e algoritmi, per personalizzare la relazione con il cliente ed essere rilevanti rispetto agli altri. E dotarsi di sistemi di pagamento, incasso e risoluzione delle controversie capaci di fornire le giuste garanzie al cliente. P.F. giugno 2018 - dfo 33


dossier - Intesa

E-FATTURA, DA OBBLIGO A OPPORTUNITÀ Date certe per l’implementazione della fatturazione elettronica non solo verso la PA. Sono pronte le aziende italiane? Quali ostacoli incontreranno e di quali benefici potranno godere?

I

l 30 aprile scorso, come comunicato anche sul sito dell’Agenzia delle Entrate, è stato firmato dal direttore, Ernesto Maria Ruffini, il provvedimento relativo alle regole per la fatturazione elettronica tra privati. Il provvedimento: “Fissa, nel rispetto dei tempi previsti dallo Statuto dei diritti del contribuente, le modalità per l’applicazione dell’e-fattura, che, come previsto dalla legge di Bilancio 2018, partirà il 1° luglio per le cessioni di carburante e per i subappalti della PA e da gennaio 2019 per tutte le operazioni”. La fatturazione cambia L’Italia digitalizza sempre di più le sue procedure e l’obbligo della fatturazio34 dfo - giugno 2018

ne elettronica arriverà tra pochissimi mesi anche nelle transazioni tra privati e pure in relazione al consumatore finale. «Ciò significa – come spiega Luigi Traverso, Direttore Offering Dematerializzazione B2B di Intesa, Gruppo IBM – che a breve cambierà in modo radicale la fisionomia della fatturazione per i contribuenti, Italia su Italia. Alcune aziende avevano già avviato questa procedura, o perché fornitrici di beni o servizi per la Pubblica Amministrazione, o perché avevano già adottato sistemi EDI, ossia di Electronic Data Interchange. Per loro, certamente, l’impatto sarà meno importante, in quanto queste realtà sono

già abituate a gestire file con tracciato record standard imposti da società terze. I loro sistemi informativi interni, o i provider che gestiscono il trasferimento dei dati, sono già allineati e pronti a seguire la normativa. Stiamo però parlando solamente del 10% di tutte le aziende presenti nel nostro Paese». Dal PDF all’XML Cosa succede al restante 90%? Attualmente queste imprese o si affidano ancora alla carta, o emettono fatture telematiche (ossia trasmesse in modo digitale, tramite formato PDF). Il cambiamento atteso è di portata rilevante, in quanto salvare un documento in


Intesa - dossier

PDF, stamparlo e inviarlo non è come predisporre un tracciato strutturato, che non prevede la stampa, ma la creazione di un formato Xml, come imposto dall’Agenzia delle Entrate. «Tutti gli elementi previsti nella fattura, ossia le informazioni – spiega Traverso- vengono inserite in un tracciato dettagliato in campi, poi viene creato il file Xml. Il documento viene verificato dal Sistema di Interscambio e, se risulta corretto, viene inviato al destinatario, cui giunge un tracciato strutturato. Questo è l’unico documento considerato ufficiale e originale, che mittente e destinatario devono tenere nel tempo e conservare, tramite conservazione sostitutiva di legge. L’obiettivo virtuoso cui tende lo Stato è quello di far sì che le aziende possano elaborare le fatture all’interno dei Sistemi Informativi». I vantaggi della standardizzazione Il percorso è chiaro e semplice, negli intenti: se si dispone di un tracciato standard uguale per tutti, è possibile impostare i Sistemi Informativi in modo da ricevere questo stesso tracciato e da elaborarlo in automatico nella contabilità. «Ossia, le aziende arrivano a inserire all’interno dei Sistemi informativi tutte le informazioni contenute in fattura senza data entry, dunque senza possibilità di errore. Le aziende che già – si pensi all’automotive, al settore sanitario – hanno impostato scambi di dati tramite Edi, hanno già da tempo beneficiato degli automatismi legati alla registrazione della fattura. Acquisendo solo documenti in tracciato, è possibile riconciliare i dati con quelli già presenti nel sistema, in modo automatico e digitalizzato».

Le opportunità fornite dall’e-fattura Al di là degli aspetti legati alla normativa, oltre al data entry eliminato e alla correttezza dei dati imputati a sistema, all’allineamento dell’Erp da compiersi una sola volta e per sempre, di quali benefici possono godere le aziende? Innanzitutto, le persone dell’area amministrativa sono liberate da lavori routinari. Poi, le aziende possono subito verificare, attraverso i record, la bontà della fattura e avviare eventuali analisi di Business Intelligence. «Inoltre, essendo le transazioni finanziarie basate ugualmente sull’uso di file, è anche possibile “avere a bordo” dei Sistemi Informativi tutti i dati relativi al ciclo dell’ordine, attivo e passivo. Questi dati consentono di avviare analisi predittive e di costruire un quadro prospettico del business, a livello commerciale e finanziario: una migliore visione strategica». Come accennato, alcuni settori merceologici hanno da tempo avviato

Luigi Traverso, Direttore Offering Dematerializzazione B2B di Intesa, Gruppo IBM

processi completamente digitalizzati attraverso l’Edi. «Sono occorsi anni per far comprendere l’opportunità del trasferimento automatico dei dati. Penso per esempio ai fornitori della Grande Distribuzione, che si sono trovati ad adattarsi agli obblighi imposti dai propri clienti. Adesso queste filiere sono avvantaggiate e soddisfatte, in quanto hanno aumentato efficienza e competitività. Avviare oggi, da zero, la creazione dell’e-fattura è “altro” rispetto a un intero sistema Edi. È un punto di partenza, che non garantirà benefici immediati. Mi attendo reazioni preoccupate da parte di alcune aree, come il commercio al dettaglio e i piccoli imprenditori. Ma a tendere ci saranno buoni risultati», completa Luigi Traverso. I tempi per passare all’e-fattura Se la richiesta è standard (trasformazione del documento in Xml, invio per la verifica, conservazione a norma, per ciclo attivo e passivo), i tempi sono risicati e le attività sono a cura del provider di riferimento. Per le piccole realtà sono anche a disposizione servizi sul web. Se, invece, intervengono ragioni di opportunità per migliorare, contestualmente, l’efficienza, le aziende possono rivolgersi a un intermediario che sia esperto in progetti di digitalizzazione (Edi, scambio dati), che vanti l’accreditamento verso il Sistema di Interscambio e che sia un conservatore accreditato che abbia anche un’apertura verso l’internazionale (per gestire i rapporti con la PA europea). E.G. giugno 2018 - dfo 35


intervista - Ansaldo Energia

ANSALDO ENERGIA CON UBI BANCA PER CREDITO E SERVIZI ALLA FILIERA

Un accordo per fornire servizi e prodotti dedicati alla filiera dell’energia: protagoniste Ansaldo Energia e UBI Banca

A

36 dfo - giugno 2018

inizio maggio, Ansaldo Energia e UBI Banca hanno firmato un accordo per avviare un progetto di sostegno della filiera dell’energia, accompagnando le imprese del settore nei processi di crescita e internazionalizzazione con consulenza e prodotti bancari ad hoc.

molte aziende del segmento PMI – spiega l’Ing. Antonio Fioretti, Responsabile Approvvigionamenti di Ansaldo Energia – ma non mancano aziende appartenenti a grandi gruppi. La selezione del primo gruppo di fornitori non ha seguito un criterio rigido, ma

I primi fornitori coinvolti La partnership parte da un primo pool di aziende fornitrici di Ansaldo Energia, che potranno accedere alla consulenza strategica e a forme di credito di UBI Banca, compreso il sostegno a investimenti che rientrano tra le agevolazioni del Piano Nazionale Industria 4.0. «Sono state prevalentemente coinvolte

Si parte da un primo pool di fornitori


Ansaldo Energia - intervista

in prevalenza sono state coinvolte aziende della filiera che supportano la supply chain di fabbrica, o aziende della componentistica d’impianto nell’ottica di copertura dello SoW di Ansaldo Energia come EPC Contractor». Il pacchetto di prodotti e servizi Queste imprese fornitrici di Energia accederanno «a un’offerta molto diversificata in termini di prodotto – commenta Marica Campilongo, Responsabile Global Relationship Manager Large Corporate di UBI Banca – e comprende il finanziamento del circolante, per supportare le esigenze di liquidità tramite linee di credito a breve termine dedicate; il sostegno agli investimenti, per finanziare il

fabbisogno di capitale a breve e a medio lungo termine, mediante l’investimento in beni immateriali e materiali a copertura dei rischi di fornitura, ad esempio bid bond, performance bond, advance payment bond. Una efficace gestione dei crediti, ottimizzando il cash flow dell’azienda mediante forme consolidate quali il factoring e il reverse factoring; il supporto all’internazionalizzazione, con specialisti presenti in ogni fase dell’approccio verso

Marica Campilongo, Responsabile Global Relationship Manager Large Corporate di UBI Banca

giugno 2018 - dfo 37


intervista - Ansaldo Energia

Il principale vantaggio è l’avere un interlocutore specializzato

nuovi mercati; e la consulenza per agevolazioni e contributi a fondo perduto, quali crediti di imposta promossi dai vari organismi di governo nazionali e comunitari». 38 dfo - giugno 2018

I benefici per la filiera Il progetto con Ansaldo Energia è un esempio di collaborazione tra una grande azienda e una Banca per rafforzare la propria filiera. «Il vantaggio principale – prosegue Campilongo – è nell’essere affiancati da un interlocutore specializzato nel settore finanziario in grado di consentire di cogliere le occasioni offerte dal mercato e risolvere i problemi connessi grazie alle multiformi professionalità messe in campo. Per noi di UBI Banca, avere un approccio strategico significa considerare la filiera un concetto che richiede soluzioni ad hoc, che può


Ansaldo Energia - intervista

includere ad esempio finanziamenti legati alla presenza di un magazzino mediante l’uso di FinTech e di relativi meccanismi di controllo basati su logiche blockchain». Come (e dove) affiancare le PMI Il ruolo della funzione Corporate Investment riguarda sia le attività “quotidiane” sia le esigenze di carattere straordinario. «E ci proponiamo per affiancare anche le aziende della filiera di Ansaldo Energia. Con le nostra strutture di M&A e Capital Market (Debt Capital Market e Equity Capital Market) vogliamo far crescere le piccole e medie imprese mediante aggregazioni, fusioni, acquisizioni, entrata di partner industriali e finanziari nel capitale, accesso al mercato del debito, ad esempio mediante emissione di prestiti obbligazionari o accesso al mercato dell’equity, mediante quotazione su mercati quali Alternative Investment Market (AIM), o mediante utilizzo di strumenti quali SPAC». Integrare le specializzazioni La consulenza specializzata sarà erogata seguendo una logica di integrazione delle specializzazioni. «Ai nostri professionisti, ubicati presso le nostre 7 Macro Aree territoriali, che coprono l’intero territorio domestico – precisa Campilongo – si affiancano per specifici argomenti le persone dell’Area Crediti, di SF Consulting (oltre 250 specialisti del Credito agevolato), di UBI Factor e di UBI Leasing, della nostra struttura Estero, della struttura Welfare, e ancora, nella nostra struttura di Corporate Investment Banking, un ulteriore team

Assisteremo le PMI della filiera nelle attività quotidiane e nelle esigenze straordinarie

di persone dedicate alla realizzazione di operazioni di natura straordinaria. Tutti questi specialisti hanno una consolidata competenza corporate, oggi ancora più focalizzata e rafforzata sui temi di maggiore attualità e di specifico interesse a seconda dei settori, delle aree geografiche e delle diverse filiere di riferimento, contraddistinte da differenti bisogni». Focus sull’estero Per l’internazionalizzazione, in particolare, agirà un team di specialisti su 26 centri operativi in Italia e otto Uffici di Rappresentanza esteri, «ubicati nelle maggiori piazze di interesse produttivo, commerciale, economico e finanziario – conclude Campilongo. Contiamo anche su 5 filiali operative e un Business Consultant. Con questa rete di professionisti riusciamo ad affiancare le PMI in tutte le fasi del loro percorso di internazionalizzazione: pianificazione, ingresso, gestione corrente e crescita nei settori e nei Paesi di rispettivo interesse». A.G. giugno 2018 - dfo 39


informazioni dalle aziende - CCH Tagetik

ALCATEL-LUCENT ENTERPRISE & CCH TAGETIK:

UNA SOLUZIONE CLOUD PER LA GESTIONE DEL REPORTING FINANZIARIO Appoggiandosi alle soluzioni CCH Tagetik, Alcatel-Lucent Enterprise ha ottenuto un risparmio stimato di 500.000 euro, diminuendo i tempi di chiusura dei conti annuali di oltre due mesi. L’investimento verrà ammortizzato in meno di un anno

A

lcatel-Lucent Enterprise è un’azienda leader nel settore delle comunicazioni in Francia e in Europa ed è tra i principali fornitori di soluzioni e servizi di comunicazione, dal desktop al Cloud, con 20 controllate in 42 Paesi. Da quando è diventata un’azienda indipendente, nel 2014, Alcatel riscontrava problemi a livello di affidabilità dei dati finanziari, difficoltà nel processo di reporting, nel consolidamento multivaluta e nella contabilità multi-standard. Inizialmente abbiamo scelto di effettuare il reporting di gruppo utilizzando Excel, sulla base dei dati emessi dai software contabili delle varie aziende. Tuttavia, dovendo gestire 20 controllate in 42 Paesi l’azienda si è trovata a 40 dfo - giugno 2018

fare i conti con particolari esigenze a livello di sicurezza, di performance e di produttività a seguito delle quali era necessario semplificare gli strumenti e i processi di consolidamento, e accelerare la realizazione di un reporting affidabile. Rischiavamo di commettere errori in fase di inserimento dei dati, applicare formule sbagliate, utilizzare una versione datata dei file di reporting, o di compilare in maniera errata le varie informazioni finanziare trasmesse dalle nostre aziende. Quando ci accorgevamo di un errore nel conto economico consolidato, impiegavamo circa due o tre ore per correggerlo. Non avevamo visibilità dell’ordine e della riconciliazione delle fatture compilate dai crediti,

pertanto avevamo difficoltà a risalire all’origine dell’errore e analizzare le discrepanze. Il nuovo sistema basato su cloud doveva fornire la flessibilità utile a permettere ad ogni azienda di configurare in maniera indipendente le regole specifiche del proprio Paese e rispondere alle relative esigenze di reporting. Allo stesso tempo, la soluzione doveva essere in grado di tracciare e verificare i dati emessi da ogni azienda al fine di rispondere alle esigenze di consolidamento a livello di gruppo. Inoltre, il sistema avrebbe dovuto far risparmiare al team ore di lavoro manuale, migliorare l’accuratezza e i tempi di produzione del reporting ed essere semplice da implementare, usare e manutenere. Infine,


CCH Tagetik - informazioni dalle aziende

il nuovo Sistema doveva accelerare e semplificare la comunicazione dei dati alla Direzione Generale in modo da rendere le tabelle immediatamente accessibili e disponibili nei meeting. Dopo aver analizzato diverse offerte, Alcatel-Lucent Enterprise ha scelto CCH Tagetik. A convincerci che questa era la giusta soluzione per i nostri probleimi sono state tanta variabili: la lunga storia di CCH Tagetik, la sua forte presenza internazionale, le referenze dei suoi clienti, la definizione di obiettivi funzionali alle attività di business del Gruppo, la metodologia progettuale proposta, l’impegno contrattuale e l’approccio finanziario. Ad Ottobre 2016, CCH Tagetik è entrata nel dipartimento finanzia-

rio e abbiamo deciso di collocare le nostre informazioni finanziarie e tutti i processi di reporting e consolidamento sul Cloud, questo perchè la soluzione si collega ai software contabili di tutte le nostre aziende e fornisce una visione completa delle informazioni finanziarie del gruppo. Queste informazioni vengono poi inserite nel nostro report annuale. Inoltre, gli elementi estratti da questa piattaforma finanziaria unificata sul Cloud possono essere utilizzati dai revisori contabili, che apprezzano molto la semplicità con cui è possibile tracciare ogni singolo importo. Con CCH Tagetik siamo infatti in grado di definire il reporting mensile in 8 giorni invece di 10, e di portare a termine la stan-

dardizzazione di tutti i report con una settimana di anticipo fornendo dati sempre affidabili. In aggiunta a questo, la soluzione sul Cloud ci fa risparmiare più di due mesi nella chiusura dei conti annuali e il team dedicato è passato da 6 a 4 persone. Inoltre, anche l’aspetto economico non è da sottovalutare, CCH Tagetik Cloud permetterà infatti ad Alcatel-Lucent Enterprise di risparmiare annualmente circa 500.000 euro e verrà ammortizzato in meno di un anno. Per tutti questi motivi possiamo affermare che CCH Tagetik è stata la scelta vincente! Bernd Stangl, Chief Financial Officer di Alcatel-Lucent Enterprise giugno 2018 - dfo 41


focus - BIG DATA e CFO

BIG DATA

I A SUPPORTO DELLE DECISIONI

42 dfo - giugno 2018


BIG DATA e CFO - focus

Non c’è solo l’automazione dei processi di analisi, dietro il grande interesse per i big data. Il vero potenziale è nel creare informazione con cui pianificare strategie e gestioni di business, anche in ambito Finance

I

l dato come elemento competitivo. Se i sistemi di business analytics sono sul mercato (e nelle aziende di dimensioni maggiori) ormai da diversi anni, il vero potenziale dei big data resta ancora incompreso. Trasformare i dati in un fattore produttivo, capace di essere elemento di distinzione e competizione rispetto alla concorrenza, è infatti un passo che poche imprese sono riuscite a fare. Questione di cultura Secondo una recente survey di IDC, è una questione di cultura aziendale. Nelle realtà di maggiori dimensioni, gli strumenti di analisi dei dati ci sono. Quello che manca sono le soluzioni, i processi e le figure professionali necessari per elaborare i risultati delle analisi e usarli a supporto delle decisioni del top management in tutti gli ambiti. Un’azienda centrata sul dato. Solo 1 big su 10 In Italia, persino tra le imprese “Enterprise”, solo il 9% ha implementa-

to una strategia che sfrutta i dati per la competizione a lungo termine. Quasi una big su due sta ancora razionalizzando i sistemi e la strategia digitale, senza trarre vantaggi competitivi dai dati. Ed è altamente probabile che tra le PMI la percentuale sia di gran lunga maggiore. I sistemi IT non aiutano Anche per il CFO, i dati già presenti in azienda offrono enormi possibilità di elaborazione, analisi e previsione. Il problema è individuarli, verificarne la correttezza, estrarli, elaborarli e mantenerli aggiornati: ad esempio per quanto riguarda clienti, competitor, marginalità e processi e potere così pianificare investimenti o prendere decisioni. Il primo problema, come noto, sono i sistemi esistenti in azienda: i dati in gran parte sono lì. In sistemi progettati in anni in cui la logica di apertura e collaborazione del digitale non era ancora immaginabile. Saperli superare, trasformando i sistemi IT e la cultura aziendale, potrà fare la differenza per lo scenario competitivo dei prossimi anni. giugno 2018 - dfo 43


focus - TAS Group

BIG DATA E MACHINE LEARNING PER PREVENIRE LE FRODI Per chi tiene le redini finanziarie di un’azienda, contrastare le frodi nei pagamenti significa tutelare il conto economico ed evitare perdite anche sostanziose, ma anche assicurare un servizio migliore al cliente finale. I modelli predittivi basati sui big data aumentano l’efficacia dei metodi di detection tradizionali e sono un’arma potente a disposizione del CFO

I modelli predittivi per il fraud management si basano su un presupposto semplice: un comportamento anomalo può essere l’indizio di una frode. Meno semplice, fino a ieri, era tradurre in pratica la semplicità di questa intuizione e, nel concreto, offrire strumenti informativi capaci di individuare l’anomalia e di associarla a una possibile truffa. Oggi il potente binomio big data - machine learning e l’aumento della capacità computazionale hanno prodotto questi strumenti, portando a maturazione il concetto di intelligenza artificiale che covava in accademia e nei laboratori di ricerca. «Il machine learning è studiato da molti anni, ma solo di recente ha trovato applicazione al servizio delle aziende e delle amministrazioni – riflette Roberto Scognamiglio, Program Manager Global Payments Solutions di TAS Group». Il grup44 dfo - giugno 2018

po, specializzato in software per l’innovazione nei sistemi di pagamento, le carte, i mercati finanziari e i processi ERP, ha da poco sviluppato un’estensione importante della propria piattaforma cl-Fraud Protect, che integra tre modelli predittivi in una soluzione creata per BancoPosta, il gigante italiano delle carte prepagate. Un sistema conforme alle raccomandazioni EBA in tema di sicurezza dei pagamenti digitali, che dal 2014 individua nell’analisi dei comportamenti degli utenti e nella loro tipizzazione in schemi caratteristici uno strumento chiave per identificare i tentativi di frode nelle transazioni. La soluzione, rilasciata in una prima tranche tra il dicembre del 2016 e l’inizio 2017, è stata premiata come la più innovativa nell’ambito di un concorso indetto dall’Associazione Prestatori di Servizi di Pagamento nel luglio 2017 ed è stata valutata con un case study da Ovum, specialista internazionale nel campo della consulenza tecnologica. Una soluzione a moduli complementari «I fenomeni fraudolenti sono in continua evoluzione e un sistema antifrode basato solo sull’utilizzo di regole deterministiche non sempre riesce a rispondere in maniera tempestiva ai cambiamenti dei comportamenti – osserva Scognamiglio. Per questo, abbiamo applicato il machine learning alla nostra suite antifrode per i pagamenti con carta, integrando il sistema di


TAS Group - focus

regole deterministiche con un motore basato sui modelli predittivi». Grazie alla continua analisi delle transazioni in corso, il software perfeziona l’applicazione degli algoritmi e impara a riconosce i comportamenti anomali, indici di una possibile condizione fraudolenta. Gli strumenti di analisi basati sull’intelligenza artificiale e sui big data non sostituiscono ma affiancano gli algoritmi già in uso: «La suite opera attraverso due motori complementari, entrambi i quali elaborano tutte le transazioni – chiarisce Scognamiglio». Prevedere le anomalie sconosciute Come funzionano i modelli predittivi e in che cosa differiscono dagli algoritmi normalmente impiegati nella rilevazione delle frodi? Qual è il loro valore aggiunto? «Le regole deterministiche sono regole di monitoraggio che attraverso controlli specifici segnalano le transazioni che con maggiore probabilità nascondono una frode. I controlli implementati nelle regole derivano dall’osservazione dei fenomeni fraudolenti già avvenuti in passato – spiega Scognamiglio. I modelli predittivi, invece, sono algoritmi statistici in grado di analizzare un gran numero di informazioni e di identificare i possibili comportamenti fraudolenti. Il motore degli algoritmi predittivi individua le deviazioni dai pattern abituali di comportamento, intercettando una varietà maggiore di attacchi e rilevando velocemente nuovi fenomeni di frode». In altre parole, la regola deterministica funziona analizzando, per ogni singola transazione, elementi prestabiliti che fanno presupporre una truffa, come l’entità del pagamento o la provenienza geografica, i quali vengono determinati studiando le transazioni fraudolente note, già avvenute in passato. Il modello predittivo lavora sui dati in tempo reale, avendo come base cognitiva lo storico dei comportamenti del singolo cliente e delle singole tipologie di carta e di pagamento.

L’addestramento del motore «I modelli predittivi integrati nella soluzione per BancoPosta si basano su una profondità storica di un anno e mezzo per ogni titolare di carta, che formano una base cognitiva di oltre due miliardi di operazioni – continua Scognamiglio. L’analisi dei dati ha richiesto un tempo lungo, circa sei mesi di lavoro. Ora puntiamo a industrializzare il processo, per ridurre il tempo di produzione dei modelli a un paio di Roberto Scognamiglio, Program Manager Global Payments Solutions mesi». La sostanza non cambia: di TAS Group un periodo di osservazione sufficientemente lungo e una base dati adeguata consentono al software di riconoscere se lo schema di comportamento in atto durante il pagamento corrisponde a transazioni genuine o può essere indice di atti fraudolenti. L’antifrode in due mosse La suite viene alimentata con tutte le transazioni che arrivano alla fase autorizzante, elaborate dai due motori di analisi secondo logiche di monitoraggio differenti. Spiega ancora Scognamiglio: «Il motore SCUDO svolge un ruolo di prevention, applicando regole che bloccano la transazione se la carta o il suo intestatario compaiono nelle black list di sistema. Il blocco è temporaneo, in attesa di ulteriori controlli. Il motore BASE svolge invece un ruolo di detection, inviando la segnalazione delle transazioni sospette al centro di monitoraggio. Entrambi i motori sono assistiti da algoritmi predittivi che, lavorando sulla storia pregressa delle carte, assegnano uno score a ogni transazione. Lo score indica il livello di rischiosità dell’operazione: per le transazioni che superano un valore di soglia prestabilito, parte il blocco oppure la segnalazione». F.R. giugno 2018 - dfo 45


aziende - CRIF

TRASPARENZA E MINIBOND: PERCHÉ CHIEDERE UN RATING MADE IN ITALY Cogliere le opportunità dei MiniBond. Ma anche migliorare la disciplina finanziaria interna e la trasparenza verso le controparti finanziarie e commerciali. Ci sono diverse ragioni per cui un’azienda può richiedere un rating. Anche a un’agenzia italiana, come ci spiega Daniele Filippi, Responsabile Commerciale di CRIF Ratings

D

omanda. Perché le imprese oggi dovrebbero richiedere un rating? Risposta. II rating è fondamentale per incrementare la visibilità dell’impresa verso gli investitori, domestici e internazionali, consentendo a questi di prendere decisioni di investimento più consapevoli del rischio di credito sottostante e all’impresa di diversificare le proprie fonti di finanziamento e avere maggiore flessibilità per sostenere i propri piani di crescita. Il rating deve però essere caratterizzato da metodologie rigorose, riconosciute nei settori e negli ambienti finanziari a livello europeo. D. Per quali interlocutori dell’impresa il rating può rivelarsi particolarmente utile? R. Il rating può essere altrettanto utile per accreditarsi a livello nazionale e internazionale verso controparti non solo finanziarie ma anche commerciali (fornitori, clienti, partner, agenzie del credito, gare d’appalto) rafforzando la per46 dfo - giugno 2018

cezione di trasparenza e di affidabilità creditizia, trattandosi di strumento di comunicazione finanziaria universalmente riconosciuto. Grazie al rating le imprese possono anche accrescere la disciplina finanziaria interna volta al miglioramento del proprio rating nel tempo, in coerenza con i piani d’investimento e di sviluppo. D. Quali imprese possono sostenere un processo di rating? R. Tutte le imprese possono affrontare il processo di rating, particolarmente indicato a tutte quelle imprese che hanno una visione prospettica di crescita e che si vogliono dotare degli strumenti idonei per affrontare il mercato. Strumenti che consistono nel dotarsi di un buon sistema di controllo interno, per redigere in maniera efficiente report periodici e piani finanziari pluriennali, al fine di consentire all’agenzia di rating una corretta valutazione del proprio profilo finanziario. Il rating in questo caso diventa lo strumento più efficace per rappresentare l’impresa nei confronti degli investitori, delle istituzioni finanziarie e di tutto il mercato locale e internazionale. D. Perché scegliere una realtà italiana come CRIF, anziché le grandi agenzie internazionali? R. A differenza di molti nostri concorrenti, abbiamo una conoscenza profonda sia del contesto nazionale, fondamentale quando si fa riferimento a piccole e medie imprese e alle di-


CRIF - aziende

tra i minus possiamo elencare un CdA il più delle volte caratterizzato da un numero minore di consiglieri indipendenti e la maggioranza assoluta del capitale sociale in mano alla famiglia, tra i plus possiamo evidenziare il ricorso ad un forte management indipendente ed esterno alla famiglia, politiche finanziarie conservative con dividendi al di sotto del 50% e una maggiore trasparenza informativa. Questi aspetti tipici delle PMI italiane sono quindi valorizzati in maniera più importante da un’agenzia di rating locale come CRIF Ratings rispetto a una major. Daniele Filippi, Responsabile Commerciale di CRIF Ratings

namiche specifiche dei settori e delle filiere, sia dei mercati internazionali, con le implicazioni relative a minacce e opportunità. Tutto ciò grazie alle figure che compongono il team di CRIF Ratings, con analisti e professionisti provenienti dalle principali agenzie e istituzioni finanziarie europee e grazie ad una presenza significativa e pluriennale di CRIF in molti paesi europei e in quattro continenti. Siamo perciò in grado, a differenza di altri, di valutare un’azienda anche sulla base del contesto in cui opera e non solo per gli indicatori di bilancio e i valori di fatturato, che paragonati al mercato internazionale potrebbero essere poco indicativi. D. Ci può fare qualche esempio? R. Nello specifico della Governance, da uno studio di CRIF Ratings dell’anno scorso, che poneva a confronto tre aziende, di cui due italiane e una estera, su tre settori industriali quali Food, Pharmaceutical e Fashion è emerso che il sistema governance italiano è caratterizzato da un’impronta tipicamente famigliare che porta con sé vantaggi che compensano le differenze con gli standard internazionali. Se

D. C’è molta attenzione per i MiniBond come opportunità di diversificazione delle fonti di finanziamento. Come pensa evolverà questo mercato? R. Indubbiamente il mercato dei minibond rappresenta un’opportunità per le imprese di piccole e medie dimensioni. L’esempio più virtuoso è quello di un utilizzo finalizzato a un nuovo investimento, quale lo sviluppo di una nuova linea, di un nuovo prodotto/servizio o, ancora, all’espansione geografica. Sostanzialmente il minibond andrebbe considerato uno strumento per il finanziamento di un piano di crescita a medio-lungo termine. Con la curva dei tassi d’interesse appiattita, ancora maggior cautela deve essere prestata nel prezzare correttamente i rischi sottostanti e la correlazione fra rischio di credito e rendimento atteso. Con la prossima ondata di emissioni, ci si aspetta una standardizzazione dei termini, un rispetto e una cultura di approccio allo strumento maggiore. Per quanto riguarda le potenzialità di ulteriore sviluppo di questo strumento, sarà sempre correlato alla politica monetaria della Banca Centrale Europea e al successo del piano per la Capital Market Union promosso dalla Commissione Europea. P.F. giugno 2018 - dfo 47


closing time

Politica e protezionismo USA preoccupano i CFO italiani Trump e l’incertezza politica spaventano i CFO italiani. Un Direttore Finanziario su due teme l’instabilità del governo e nella Top 5 delle preoccupazioni troviamo anche il protezionismo a stelle e strisce. Ecco i dati dell’ultimo CFO Survey targato Deloitte. Preoccupano incertezza politica e Trump … Insieme al Regno Unito, siamo del resto il Paese in cui si registrano i più alti livelli della cosiddetta “incertezza percepita”: da noi il 53% dei CFO considera il contesto esterno come altamente incerto (+54 punti percentuali rispetto al dato rilevato nell’autunno 2017); in UK la percentuale arriva all’86%. Rispetto a sei mesi fa è cresciuta di 13 punti percentuali la paura legata all’instabilità

48 dfo - giugno 2018

politica e il protezionismo favorito dal Presidente Trump di certo non rassicura nessuno: in questo caso parliamo di una crescita di 21 punti (un timore per il 47% dei CFO nostrani). … ma non la mancanza di manodopera e le assunzioni Ci distinguiamo quindi dagli altri Paesi europei, dove invece a preoccupare di più i CFO c’è la mancanza di manodopera qualificata: il 55% dei manager di 11 dei 20 Stati analizzati la pensa così; nel 2017 la percentuale si fermava al 37%. Il tema assunzioni non sembra riguardare più di tanto invece i CFO italiani: il 36 degli intervistati è convinto che il numero dei dipendenti della propria azienda aumenterà nel prossimo anno (contro il 25% degli altri CFO EMEA).

I timori non frenano l’ottimismo dei CFO Al di là dei timori, l’ottimismo infatti non manca. E non solo in Italia. Il 63% dei CFO EMEA e il 52% dei CFO italiani prevedono un aumento dei ricavi nei prossimi 12 mesi: 5 punti percentuali in più rispetto all’autunno 2017 e il livello più alto raggiunto dal 2015. Fiducia in crescita in tutta l’Eurozona Anche le aspettative in termini di margini sono positive, con il 23% di CFO EMEA e il 40% dei CFO nostrani ottimisti. I CFO dell’Eurozona mostrano del resto un livello di fiducia più elevato rispetto a quello al di fuori dell’UE (35% vs 13%). In Spagna ad esempio l’incertezza ha raggiunto il minimo storico dello 0%.


dfo

DIGITAL F IN A N C IA L OFFICER

giugno 2018 M. Bandello 15 23 Milano, Via Blast21 Srl - 201 - giugno 2018 o II - Numero 6 /2003 Trimestrale - ann a.p. - D.L. 353 in d. Spe Poste Italiane SpA 1, DCB milano ma com 1, 2/2004 n. 46) art. 27/0 L. In v. (con

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Tra fattura data elettronica, big le e FinTech, ecco ssima novità della pro digitale trasformazione MERO IN QUESTO NU Intervista ae Ansaldo Energi e em si in UBI Banca per la filiera Aziende un Perché chiedereItaly in e rating Mad

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