DFO 9 marzo 2019

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DIGITAL FINANCIAL OFFICER

marzo 2019 Blast21 Srl - 20123 Milano, Via M. Bandello 15 Trimestrale - anno III - Numero 9 - marzo 2019 Poste Italiane SpA - Sped. in a.p. - D.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB milano

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LE FACCE DEL RISCHIO INFORMATICO Dispositivi, supply chain, dipendenti, tecnologie, policy interne… la gestione del rischio informatico è complessa e richiede il coinvolgimento del top management. Perché dopo il GDPR il possibile impatto economico e reputazionale è diventato altissimo

IN QUESTO NUMERO Intervista – Furla Soluzione confirming per la supply chain

HR e Finance Una relazione guidata dai dati




sommario

SCENARI La crisi dei talenti 22 HR e Finance. Una relazione 24 guidata dai dati Gdo al bivio 26 Chi ha paura dei 28 fondi attivisti? Le imprese nel mercato 30 dei bond L’italia protegge le proprie 32 invenzioni

INTERVISTA Soluzione confirming 34 per la supply chain

SPECIALE Sicurezza. Le otto 37 facce del rischio

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sommario

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DIGITAL FINANCIAL OFFICER

www.dfo.media Numero 9 - Marzo 2019 Direttore responsabile Alberto Grisoni - agrisoni@aziendabanca.it Redazione Barbara Botti - bbotti@aziendabanca.it Gaja Calderone - gcalderone@aziendabanca.it Simone Rizzo - srizzo@aziendabanca.it Advertising Mariuccia Ritrovato - mritrovato@aziendabanca.it

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Hanno collaborato Rosaria Barrile Progetto grafico e Impaginazione Clementina Occhipinti Stampa - Àncora Arti Grafiche Crediti Immagini Copertina: BeeBright/shutterstock Pag. 30: Vintage Studio /shutterstock Pag. 34: TY Lim / shutterstock Pag. 37: Brilliantist Studio / shutterstock Pag. 40: ratlos / shutterstock Redazione Blast21 Srl - Via F. Caracciolo, 68 - 20155 Milano Tel. 02 49536590 4 numeri l’anno. L’abbonamento andrà in corso, salvo diversa indicazione, dal primo numero raggiungibile. Italia 10 euro. La copia 3,90 euro. Arretrati il doppio. Estero 20 euro. Sped. in a.p. - D.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Milano Autorizzazione tribunale di Milano n. 74 del 7/02/2017. È vietata la riproduzione, anche parziale, di quanto pubblicato senza la preventiva autorizzazione scritta di Blast21.

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Ai sensi del decreto legislativo 196/2003, le finalità del trattamento dei dati relativi ai destinatari del presente periodico, o di altri dello stesso Editore, consistono nell’assicurare una informazione tecnica, professionale e specializzata a soggetti identificati per la loro attività professionale. L’Editore, titolare del trattamento, garantisce ai soggetti interessati i diritti di cui all’art.13 del suddetto decreto. Gentile lettore, alcune copie del mensile AziendaBanca sono inviate gratuitamente per finalità di marketing diretto. Il destinatario finale può, in qualunque momento, contattare la redazione per richiedere l’aggiornamento o la rimozione del proprio nominativo dalla mailing list.

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nomi

A AirPlus............................................12 Alessandrini Maurizio.................... 15 Alix Partners...................................28 AllFunds..........................................20 Aon.................................................37 Atradius....................................12, 40 Aulari Daniele.................................12 AXA XL............................................15 B Banca Carige..................................21 Bassetto Devis................................34 Branch Vincent...............................15 C Campagnolo...................................32 Campinos Antonio......................... 32 Campio Nicola................................21 Cangiano Roberto.......................... 21 Cavatorta Enrico............................. 20 Chiesi Farmaceutici........................ 32 Citi.................................................... 9 Coface.............................................. 7 Coletti John....................................15 Confindustria Moda....................... 13 Cordara Emanuele......................... 20 Corsi Alessandro............................ 21

F Favale Stefano.................................. 9 Finint Investments Sgr................... 10 Furla...............................................34 G G.D..................................................32 Gampack........................................19 Genovese Fabio Massimo.............. 21 Gimel..............................................21 GLS.................................................21 Grandi Navi Veloci.......................... 20 Gruppo Calvi..................................17 Guidewire Software....................... 15 H Huawei...........................................32 Hydreco DBH..................................16 I IDEA CCR II.....................................17 IGI Investimenti Sei........................ 18 illimity.............................................17 Intesa Sanpaolo................................ 9 J Jointly............................................... 6 K Korn Ferry......................................22

D D’Amico International Shipping....... 8 Daly Declan...................................... 7 De Cecco........................................10 Di Maio Pietro................................20 DigiTouch........................................21 Duplomatic MS..............................16

L Lavazza...........................................20 LeasePlan Italia..............................20 LG...................................................32 Limonta Sport................................18 Lubelli Luigi....................................20 Luxottica.........................................19

E Elettra Investimenti........................ 15 EPO.................................................32 Equita Group..................................30 EssilorLuxottica..............................19

M Mancini Massimo........................... 40 Mediobanca...................................26 MinibondItaly.it..............................10 Mistertango....................................11

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N N26.................................................11 Nuovaplast.....................................18 O Oracle.............................................24 Orbian.............................................. 9 Orienta Partners............................. 16 P Passione Unghie.............................16 Pirelli..............................................32 Progressio Sgr................................19 PwC.................................................. 6 Q QuattroR Sgr..................................17 S Salgomma......................................16 Salvatore Ferragamo...................... 21 Samsung.........................................32 Sata.................................................16 Sbroggiò Mauro............................. 10 Scardia Virginia...............................21 Serafini Alessandro........................ 20 Siemens..........................................32 Soldo..............................................11 Sports & Leisure Group.................. 18 T Talentia Software........................... 15 Telecom Italia.................................32 Trussardi.........................................17 U UniCredit.......................................... 6 UniCredit Factoring........................ 34 United Technologies...................... 32 Università Bocconi......................... 30 Vismara Andrea..............................30 Z Zucchi.............................................20


editoriale

BATTUTE A PARTE

Alberto Grisoni Direttore di DFO

La battuta sulla fattura elettronica come equivalente della sigaretta elettronica, “serve a smettere di fatturare”, è ormai diventata obsoleta. Ma rappresenta bene lo stoico atteggiamento italico con cui le nostre PMI hanno affrontato la piccola rivoluzione della e-invoice arrivata a inizio anno. Con molta pazienza e un po’ di ironia. Nelle prime settimane, di fatturazione elettronica ho sentito parlare ovunque. Persino il mio barbiere, che generalmente mi parla di politica o di calcio, mi ha chiesto che cosa fosse “questa storia della fattura elettronica”. Mi è capitato di intercettare anche una battuta al bar, tra due piccoli commercianti del quartiere in cui ha sede la redazione. I media ci hanno messo del loro. Amplificando le notizie sulle prime difficoltà tecniche (penso che a tutte le aziende sia stata respinta almeno una e-fattura) e diffondendo qualche notizia incontrollata, leggi i dubbi su una possibile “frode dell’IBAN” con tanto di modifica delle coordinate del conto corrente su cui effettuare il bonifico da parte di presunti hacker. IBAN che spesso e volentieri non è presente nel flusso XML e va quindi inviato a parte (con la copia cortesia, perché ci fa la cortesia di essere comprensibile) al cliente. L’azienda che ci fornisce il servizio di fatturazione elettronica, tanto per raccontarvene una, mi ha spiegato che l’IBAN non può essere inserito nell’XML “per la privacy. Sa: è un dato riservato”. Dando così una sfumatura del tutto nuova e inaspettata al rapporto tra cliente e fornitore: l’invio dei riferimenti per il bonifico non è una richiesta di pagamento. Direi più una confidenza, un segreto condiviso con un amico. Il peggio è passato? È presto per dirlo. Le aziende si sono abituate alla novità. Adesso è tempo che la novità si dimostri utile e non solo l’ennesimo sforzo di adeguamento alla legge (oltre al costo aziendale di adeguare i sistemi). Aspettiamo i prossimi mesi per vedere se PMI e commercialisti lavoreranno più speditamente, se le grandi aziende riusciranno a gestire in modo più semplice i pagamenti e gli incassi. In sostanza, se diventeranno realtà le previsioni di risparmi complessivi di tempo e di denaro che hanno accompagnato questa novità. Altrimenti, pazienza: continueremo a scherzarci su. Buona lettura

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PMI E WELFARE. NUOVA OFFERTA DA UNICREDIT E JOINTLY I servizi welfare di Jointly e il “Benefit Pack” di UniCredit si uniscono nella nuova offerta “UniCredit Welfare”: a disposizione delle PMI clienti della banca una gamma di soluzioni dedicate ai dipendenti, dalla salute ai prodotti finanziari. L’offerta di UniCredit Welfare… UniCredit Welfare si può richiedere in filiale. L’azienda ottiene così l’accesso alla piattaforma Jointly, dove i dipendenti possono trovare tutti i servizi di welfare offerti dal brand (dalle esperienze turistiche alle visite mediche, dai corsi di lingua agli abbonamenti per cinema e musei, dalle badanti alle baby sitter), insieme alla possibilità di fare acquisti a prezzi scontati, premi, gratifiche e crediti welfare previsti dal CCNL di riferimento. Il tutto in aggiunta al “Benefit Pack” di UniCredit, con offerte su prodotti finanziari, come i prestiti personali e i mutui. …a misura di PMI UniCredit, del resto, già dal 2017 offre piattaforme e servizi di welfare dedicati ai dipendenti del gruppo e alle maggiori aziende clienti della banca. UniCredit Welfare allarga l’insieme dei destinatari anche alle aziende di piccole e medie dimensioni, per le quali le soluzioni di welfare strutturate sono troppo onerose e complesse da implementare.

IMPRESE FAMILIARI E RISCHIO SUCCESSIONE “Successo più che successione”. Un’indagine di PwC riassume così lo spaccato delle famiglie imprenditoriali italiane, che guardano sempre di più alla crescita internazionale ma non alla corretta gestione della successione. Imprese familiari in crescita… La Global Family Business Survey 2018 vede infatti il business delle imprese familiari in crescita rispetto al 2017: è così per il 69% degli intervistati (nel 2016 il 59%), mentre appena il 9% del campione segnala un calo delle vendite (18% nel 2016). Risultati in linea con quelli delle imprese 6 dfo - marzo 2019

famigliari a livello globale, che lasciano ben sperare per il futuro. Non a caso l’82% degli intervistati italiani prevede una crescita ulteriore entro il 2020. …e aperte all’export Le imprese famigliari italiane sono spiccatamente orientate all’export: il 90% vende all’estero, contro il 70% dei “family business” di altri Paesi. Il 92% delle italiane prevede di crescere ancora oltreconfine nei prossimi 5 anni, sia in termini di Paesi raggiunti sia di espansione in nuovi settori. Del resto le aziende familiari nostrane hanno, secondo PwC, un piano strate-


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RITARDI DI PAGAMENTO: NESSUNA PUNTUALITÀ IN POLONIA La ripresa economica c’è, ma i tempi di pagamento non migliorano. Succede in Polonia dove, nonostante la crescita del PIL del 5,1%, quasi la totalità delle imprese (ben il 99%) lamenta ancora ritardi sui pagamenti alla scadenza delle fatture. In media 59,9 giorni di ritardo Sono gli ultimi dati di Coface, che fotografano un mercato che vive sì il livello più elevato di espansione economica dal 2011, ma dove la puntualità nei pagamenti è ancora lontana. Parliamo del resto di una media di 59,9 giorni di ritardo, 3 giorni in meno rispetto al 2017 ma ancora troppi. Trasporti e costruzioni tra i meno puntuali Con ritardi di pagamento di 26 giorni, il tessile è il settore che se la pas-

sa meglio. Mentre tra i comparti meno puntuali troviamo quelli dei trasporti e delle costruzioni (rispettivamente 140 e 150 giorni). Insieme al settore della distribuzione, che si è distinto l’anno scorso per l’aumento più marcato dei giorni di ritardo (dai 15 si è passati ai 44 giorni). «Lo studio sui pagamenti in Polonia conferma che anche in altri Paesi della CEE si assiste allo stesso trend. L’atti-

gico più completo rispetto alle loro corrispondenti in altri Paesi, hanno cioè un piano documentato e con ricavi e costi ben definiti (61% del campione). Scarsa attenzione per il passaggio generazionale … Tanto competitive nell’esportazione, così come sulla digitalizzazione, le imprese famigliari italiane sono indietro nello sviluppo di politiche precise sul passaggio generazionale. Eppure proprio nel nostro Paese, l’81% degli eredi sceglie di proseguire l’attività imprenditoriale di famiglia, contro il 65% della media degli altri Paesi.

vità economica solida potrebbe mascherare le difficoltà che le imprese stanno affrontando – spiega Declan Daly, CEO di Coface Europa centrale e orientale. La forte competitività e l’aumento dei costi hanno ridotto i margini, colpendo altresì la liquidità delle imprese. Con il rallentamento della crescita economica, le imprese opereranno in un contesto meno favorevole».

… e per la gestione dei conflitti Altra nota dolente, le politiche e le procedure per gestire eventuali conflitti generazionali: sono presenti nel 63% delle imprese famigliari italiane, contro la media globale dei family business, all’84%. Mancano, ad esempio, patti tra soci (il 30% in Italia, il 56% a livello globale), patti di famiglia (12% vs 27%), “Consigli di Famiglia” (21% vs 32%), meccanismi per la soluzione dei conflitti (15% vs 30%). Il 60% dei rispondenti italiani non ha neppure un piano di successione, a fronte di una media globale pari al 44%.

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TRASPORTO NAVALE. D’AMICO TESTA IL “JAPANESE OPERATING LEASE” Il lease back si fa strada nel trasporto marittimo. La formula è stata scelta da D’Amico International Shipping per la vendita di una delle proprie navi cisterna in modalità “japanese operating lease”. A firmare il contratto di vendita e lease back è stata la controllata D’Amico Tankers (Irlanda). Protagonista la MT Cielo di Houston, una nave LR1 di portata lorda pari a 75mila tonnellate, attualmente in costruzione presso Hyundai Mipo, Co-

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rea del Sud e con consegna prevista per gennaio 2019. Un’operazione da oltre 38 milioni di dollari La nave è stata venduta per un importo pari a 38,6 milioni di dollari statunitensi. E permetterà a D’Amico Tankers di generare cassa per un importo pari a circa 10,2 milioni di dollari, contribuendo quindi al rafforzamento del Gruppo, in vista del

rinnovo della flotta. In base all’operazione, D’Amico Tankers manterrà il pieno controllo della nave con un contratto di noleggio a “scafo nudo” da 10,2 anni. D’Amico Tankers può inoltre riacquistare la nave dopo circa 5 anni. A oggi, la flotta comprende 48,5 navi cisterna a doppio scafo e il gruppo ha inoltre contratti in essere con Hyundai Mipo Dockyard per la costruzione di due nuove navi cisterna.


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ISP CON ORBIAN PER LE FILIERE INTERNAZIONALI Intesa Sanpaolo allarga la piattaforma per la gestione del circolante delle filiere. Grazie all’accordo con Orbian, operatore internazionale per la supply chain, nuove soluzioni digitali per lo smobilizzo crediti sono ora disponibili in 50 Paesi. Si tratta del “confirming”, un nuovo sistema per il factoring offerto da Intesa Sanpaolo in collaborazione con Mediocredito Italiano a tutti gli attori delle filiere. Il confirming permette di ottimizzare la relazione tra capofiliera e fornitori: questi ultimi ottengono un accesso al credito più veloce, riducendo di conseguenza i rischi commerciali. L’accordo siglato con Orbian permette di raggiungere nuovi Paesi e l’integrazione della piattaforma con i software gestionali del cliente, che potrà anche personalizzare le interfacce. «Attraverso l’accordo con Orbian, Intesa Sanpaolo è in grado di fornire un servizio globale ai propri clienti – aggiunge Stefano Favale, Responsabile della Direzione Global Transaction Banking di Intesa Sanpaolo - Divisione Corporate & Investment Banking. Con il Confirming Internazionale si amplia l’offerta Intesa Sanpaolo a supporto delle aziende italiane e straniere e delle loro filiere di produzione, in un contesto in cui le potenzialità del credito di filiera sono ancora in larga parte da sfruttare».

AZIENDE. LE PRIORITÀ PER IL 2019 Crescere con l’M&A, pensare come i titani della tecnologia e prestare sempre maggiore attenzione alla responsabilità sociale di impresa. Secondo la ricerca di Citi “2019 Corporate Finance Priorities”, sono queste alcune delle principali azioni che le aziende dovranno mettere in atto nel nuovo anno. Pensiero tech Pensare come i titani della tecnologia è un importante mantra da tenere a mente: big data, cloud computing e intelligenza artificiale stanno rivoluzionando il business model tradizionale e i grandi della tecnologia sono pronti a erodere fette di mercato colpendo il fianco scoperto delle aziende. I “tech titans” (definiti così dalla ricerca Citi) non solo riescono a ottenere un ritorno medio sugli investimenti più che doppio rispetto alle altre aziende (19,8% contro l’8,5% nel 2018, a livello globale), ma sono anche pronti a spendere l’80% dei profitti in ricerca e sviluppo. Questi “nemici” devono

quindi diventare amici: attraverso classiche acquisizioni o partnership che permettano di mescolare competenze tradizionali e innovative. Acquisizioni. Occhio ai rischi Una strategica e robusta crescita deve quindi guidare le aziende nel 2019. E deve essere portata avanti, ancora una volta, attraverso acquisizioni e fusioni: operazioni che nel 2018 hanno raggiunto un valore superiore ai 4mila miliardi di dollari. Ma attenzione: quando si valutano operazioni di M&A bisogna sempre tenere conto dei crescenti rischi di esecuzione, avverte Citi. Le normative stringenti, le pressioni del mercato e anche la presenza di investitori attivisti hanno infatti avuto un deciso impatto sulle operazioni di acquisizione e fusione degli ultimi anni, determinando anche un aumento delle transazioni sospese. Cessioni in vista Alle tante operazioni di M&A del 2018 seguiranno però le molte ces-

sioni del 2019. Le grandi acquisizioni, infatti, spesso lasciano all’acquirente risorse non fondamentali per la sua strategia. Di conseguenza, le aziende che nei due anni precedenti hanno effettuato un’acquisizione annunceranno una cessione durante il 2019. E il tempismo sarà fondamentale: vendendo al momento giusto le aziende potranno trovare il migliore acquirente, capace di garantire un importante ritorno economico. L’importanza della responsabilità di impresa Negli ultimi cinque anni la tematica responsabilità di impresa è diventata prioritaria per molte aziende: sono gli investitori, spesso, a domandare alle aziende una attenzione crescente verso la corporate responsibility. E le aziende hanno risposto mettendo in atto pratiche ambientali e sociali. Il risultato è un punteggio ESG in crescita del 16% in cinque anni, con le aziende europee in testa. marzo 2019 - dfo 9


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TRENTINO. OLTRE 36 MILIONI ALLE IMPRESE DA FININT Finint Investments Sgr continua a sostenere le imprese del Trentino: 36,5 milioni di euro di finanziamenti, di cui 21,6 milioni in minibond, sono stati concessi nel corso del 2018 tramite il Fondo Strategico. Nato per sostenere l’imprenditoria regionale, il Fondo Strategico Trentino Alto Adige è un fondo di investimento alternativo di diritto italiano. Direttamente e indirettamente, nel 2018 il Fondo ha sottoscritto prestiti obbligazionari emessi da 6 aziende: 4 di Bolzano, per un controvalore di 13,6 milioni e 2 di Trento, per un controvalore di 8 milioni. A queste somme si sono poi aggiunti altri 14,9 milioni di euro, concessi attraverso le convenzioni bancarie stipulate dal Fondo.

Dall’agroalimentare al lavaggio industriale Il Fondo ha finanziato diversi settori industriali. Tra le imprese sostenute ci sono ad esempio Dolomiti Fruits, azienda produttrice di succhi di frutta e ortaggi, che ha emesso un minibond da 3 milioni di euro per sviluppare una nuova linea produttiva; Niederstätter, impresa specializzata nella vendita di macchinari per l’edilizia, container e prefabbricati; Tratter Engineering, società che produce stampi per materie plastiche; e Lavanderie dell’Alto Adige, azienda attiva nel lavaggio industriale di abbigliamento da lavoro. I numeri del Fondo di Finint Dal suo avvio il Fondo ha realizzato

investimenti per 176 milioni di euro, sottoscrivendo 45 operazioni di prestiti obbligazionari emessi da 40 imprese e stipulando 8 convenzioni bancarie. Queste ultime hanno permesso il finanziamento di 292 imprese del territorio, per un controvalore di circa 54 milioni di euro. «Nonostante il contesto di forte competitività del mercato del credito, siamo orami vicini all’utilizzo di tutte le risorse del Fondo – afferma Mauro Sbroggiò, Amministratore Delegato di Finint Investments Sgr. Nel corso del 2019 adotteremo inoltre nuovi strumenti di finanziamento, ancora più innovativi, per favorire l’accesso a forme alternative al canale bancario anche per le imprese di piccole dimensioni».

MINIBOND: IL MERCATO CRESCE, IN CALO TAGLIO E CEDOLA MEDIA 53 nuove emissioni, per un ammontare da 4,5 miliardi di euro. Ha chiuso così il 2018 il mercato dei minibond italiano, confermando il trend in crescita del 2017. Appaiono in riduzione però il taglio e la cedola media. Il Barometro Minibond Market Trends firmato MinibondItaly.it ci parla infatti di un mercato ExtraMot Pro appena giunto alla soglia delle 345 emissioni dall’apertura, per un ammontare di 19 miliardi di euro. Nel 2018 ben 45 sono state però le emissioni con taglio inferiore a 50 milioni di euro (per un ammontare oltre i 100 milioni). Un segmento in crescita: anche solo guardando l’ultimo trimestre, le emissioni di questo taglio sono passate dalle 11 del trimestre precedente a 15, raggiungendo un totale da 37 milioni. L’identikit del minibond sotto i 50 milioni È in calo del resto anche il taglio medio degli stessi minibond sotto i 50 milioni: al termine del 2018 è risultato pari a 7 milioni. Discorso identico per la cedola media, scesa a fine dell’anno scorso a quota 5,07%. La scadenza media è invece rimasta stabile sui 4,8 anni, così come il fatturato medio dell’emittente (84,4 milioni) . Boom di emissioni nell’Industria e nel Food Sono cresciute invece le emissioni da parte di aziende dei settori Industrial, Food & Beverage e Media & ICT, per un controvalore di circa 33 milioni. Il pastificio De Cecco, ad esempio, ha emesso nel 2018 due prestiti obbligazionari: il primo da 21 milioni e quotato su ExtraMot Pro di Borsa Italiana e il secondo da 4 milioni non quotato. 10 dfo - marzo 2019


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CARTE PREPAGATE PER AZIENDE: LE ULTIME NOVITÀ Una carta, tutte le spese aziendali sotto controllo. Se sei il titolare di una azienda o l’ufficio amministrativo di un’impresa, non puoi farne a meno: ecco alcune delle più note prepagate pensate in particolare per liberi professionisti, partite IVA o piccole imprese. Le carte prepagate Soldo Soldo offre forse uno dei più completi servizi per le carte prepagate ricaricabili aziendali. Le carte Soldo sono contactless, funzionano su circuito Mastercard e permettono a titolari di azienda, CFO e uffici ammnistrativi o di contabilità di tenere sempre sotto controllo tutte le spese, sia da mobile tramite l’app Soldo, sia da PC con la web console. Entrambe permettono anche di classificare le spese, allegare gli scontrini alle transazioni, svolgere analisi sui dati, etc. Il prezzo? Soldo propone due pacchetti. Per una piccola azienda il costo è di 7 euro al mese per carta prepagata aziendale, a cui vanno aggiunti 5 euro per l’emissione. Le commissioni sui pagamenti sono però azzerate, così come quelle sui depositi. Se invece il cliente è un’impresa più grande, che desidera più di 30 carte business per i dipendenti, Soldo offre un piano personalizzato con un supporto dedicato e la possibilità di integrazione con i software di gestione delle note spese. La carta carburante Soldo Drive Soldo Drive è invece esclusivamente una carta carburante: anche in questo caso parliamo di una carta prepagata ricaricabile aziendale contactless, attiva sul circuito Mastercard, con la possibilità in più di scaricare costi e IVA del rifornimento. Il tutto in linea con la nuova

normativa. La carta carburante Soldo Drive si può aggiungere al pacchetto da 7 euro al mese con 2 euro mensili in più, così come al pacchetto personalizzato per le aziende più grandi. N26 Business Se invece stiamo cercando un servizio totalmente a zero spese c’è il conto N26 Business. N26 è una banca a tutti gli effetti e offre anche una carta ricaricabile aziendale Mastercard contactless. Il conto si apre online in meno di 8 minuti e tutte le spese aziendali si possono gestire tramite l’app N26, così come da web, con la possibilità di “taggare” ogni pagamento e scaricare l’estratto conto in formato csv. La carta invece offre prelievi gratis in euro e un cashback dello 0,1% su ogni spesa. N26 Business Black Il conto N26 Business Black costa invece 9,90 euro al mese ma offre un carta

Business Black che, oltre al cashback e ai prelievi gratis in euro, prevede zero commissioni all’ATM anche per le altre valute. In più il conto include un pacchetto assicurativo Allianz con una copertura medica per i viaggi all’estero e una promo per utilizzare il sito di fatturazione online Debitoor. La Mastercard Mistertango Tra le carte prepagate aziendali non dobbiamo dimenticare poi la Mastercard business firmata Mistertango. Attiva in tutta l’Area Euro, Mistertango offre un conto di pagamento per inviare e riceve denaro da mobile, ma è pensata anche per accettare transazioni tramite il proprio sito di ecommerce (integrando le API). La carta prepagata Mistertango è gratuita e permette prelievi a zero commissioni fino a 200 euro al mese. L’apertura del conto e la richiesta della carta si completano online. marzo 2019 - dfo 11


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AIRPLUS. SI TORNA A VIAGGIARE NEL 2019 Scenario positivo e al rialzo per i viaggi d’affari. Nel 2019 si viaggerà di più e anche la spesa nel settore, di conseguenza, crescerà. Secondo le stime della quattordicesima edizione dell’AirPlus International Travel Management Study, infatti, il mercato dei viaggi d’affari è in rialzo in tutto il mondo: quasi la metà (45%) dei 777 travel manager intervistati in 24 Paesi prevede che la propria azienda viaggerà di più nel 2019 (contro un 35% del 2018). Nel 2019 si viaggerà di più L’Italia segue perfettamente questo andamento globale: il 42% dei travel manager italiani si aspetta l’incremento del mercato, contro un 4% che ne prevede un calo. Ad avere un impatto

positivo sul settore sarà anche l’economia: lo pensa il 38% (contro un 18% del 2018) dei travel manager, mentre solo un 5% paventa un’influenza negativa. D’altronde, sono numerosi i fattori che minacciano di rallentare l’economia globale: Brexit, rallentamento nella crescita cinese e le dispute commerciali internazionali. Più viaggi, più costi Se aumentano i viaggi, crescono anche i costi. A livello mondiale il 51% dei travel manager si aspetta che la propria azienda aumenti il livello di spesa nella prenotazione dei viaggi e in Italia la percentuale si aggira sul 45%. Inoltre, secondo i travel manager italiani, l’aumento più importante riguarderà

le tariffe aeree (45% degli intervistati), a seguire quello dei pernottamenti e del noleggio auto (42%), meeting e convention (29%) e trasporto ferroviario (25%). «Dal nostro osservatorio privilegiato abbiamo registrato come il 2018 si sia chiuso con una crescita generale per il mercato del business travel – afferma Daniele Aulari, Country Manager AirPlus International Italia. Le imprese italiane hanno continuato a investire e ci dicono che continueranno a farlo anche nel 2019, a dispetto delle forti incertezze economiche internazionali. Noi di AirPlus cercheremo anche quest’anno di essere al fianco delle aziende, fornendo loro strumenti e tecnologia che sempre più le aiutino nella semplificazione dei processi».

ALIMENTARE. LA CORSA (A OSTACOLI) DELL’EXPORT CONTINUA Prosegue il successo dell’alimentare Made in Italy. Il comparto ha superato i 137 miliardi di fatturato nel 2017 e le esportazioni sono cresciute del 3,1% nel I semestre del 2018. Anche se il settore non è ancora al riparo dai rischi macroeconomici globali. L’alimentare Made in Italy verso un +2% nel 2019 È un quadro dunque positivo quello tratteggiato da Atradius. L’alimentare dovrebbe crescere ancora del 2% nel corso del 2019, confermando i risultati con il segno più del 2017: il fatturato è arrivato a valere ben l’8% del PIL 12 dfo - marzo 2019

alla vigilia del 2018, per un comparto che contava 385mila addetti impegnati in oltre 6.800 imprese. Nel primo semestre del 2018 anche le esportazioni non hanno conosciuto freni, mentre è rimasto più contenuto l’aumento dei consumi sul mercato interno (+0,9%). Soprattutto per via della frammentazione e della forte concorrenza ancora viva nel retail alimentare. L’export in UE: tra rischio insolvenze... Primo mercato di sbocco per l’alimentare del nostro Paese resta l’Unione Europea: è pari al 66% il valore complessivo


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MODA: OLTRE 95 MILIARDI DI EURO DI FATTURATO La moda si conferma ancora uno dei settori più importanti per la bilancia commerciale italiana, con fatturati in crescita nonostante un rallentamento percentuale. Lo confermano i dati di preconsuntivo del 2018 presentanti da Confindustria Moda, la Federazione confindustriale che raggruppa le aziende del settore Tessile, Moda e Accessorio. Il fatturato complessivo del settore ha raggiunto nell’anno appena concluso i 95,7 miliardi di euro, in crescita del 0,9% rispetto ai 94,8 miliardi di euro del consuntivo 2017. Dopo la crescita sostenuta del 2017, l’ex-

port del settore ha raggiunto i 63,4 miliardi di euro, per un incremento pari al 2,6% rispetto ai 61,8 miliardi di euro del 2017. In crescita anche l’import, a quota 35,1 miliardi di euro nel 2018 (+3,1% rispetto al 2017). Prosegue anche il miglioramento del saldo della bilancia commerciale, in positivo per 28,3 miliardi di euro, in crescita di circa 592 milioni di euro rispetto al 2017 (+2,1%). Se si guarda alla ripartizione geografica dell’export nel corso dei primi dieci mesi del 2018, in ambito UE - che registra globalmente una sostanziale stabilità (+0,4%)

dei prodotti agroalimentari esportati dall’Italia, secondo gli ultimi dati Ismea. E principali destinazioni sono Germania, Francia e Regno Unito. Tutti mercati però dove i rischi commerciali non mancano. In Germania ad esempio sono in crescita i casi di ritardo e di insolvenza, soprattutto nel segmento della carne, delle bevande e dei prodotti ortofrutticoli. Così come gli episodi di frode alimentare che colpiscono i segmenti del pesce, frutta e verdura. … e flessioni nella produzione Stesso discorso per la Francia, dove la produzione alimentare è risultata in flessione dello 0,6% nel 2017, seguita

rispetto al corrispondente periodo del 2017- si confermano ai primi posti, quali partner d’elezione per le aziende del settore Francia (2,4%), Germania (0,9%), Regno Unito (6,5%). Si confermano invece più dinamici i flussi diretti fuori dai confini comunitari, cresciuti nell’insieme del 4,3%. Tra i mercati extra-UE la Svizzera, che ha registrato un incremento del 14,2%, si segnala per il suo ruolo peculiare, per molte categorie di prodotti, di principale piattaforma logistica per la successiva riesportazione in altri mercati.

da un ulteriore calo nel primo semestre dello scorso anno (-1,1%). E dove i ritardi sui pagamenti non sono quindi mancati, così come restano diffusi anche in UK. Incertezze anche oltre l’Europa Fuori dall’UE, invece, particolarmente interessanti secondo Atradius sono i Paesi del NAFTA, USA e Messico in primis. Negli Stati Uniti, tuttavia, la forte concorrenza determinerà nel 2019 una flessione sui margini di profitto delle imprese, nonostante le previsioni di crescita del 2,2% per il settore. Mentre il Messico si ritroverà in difficoltà per via della guerra dei dazi. marzo 2019 - dfo 13


brevi - mercato

L’EXPORT MADE IN ITALY: RISCHI E OPPORTUNITÀ Per l’anno in corso si stima una crescita di export addizionale per il nostro Paese per oltre 23 miliardi di euro. I settori vincenti saranno quelli che riusciranno ad avere la capacità di investire in ricerca e sviluppo e di proporre ai mercati soluzioni all’avanguardia, sia di prodotto sia di processo, basate su nuove tecnologie come IoT e AI, per soddisfare le richieste di una clientela sempre più preparata e sofisticata. I nuovi rischi Le principali destinazioni del Made in Italy, anche nel 2019, saranno Francia e Germania in primo luogo. Ma occhio ai rischi che si possono verificare durante l’anno: le imprese dovranno prepararsi infatti ai maggiori costi del commercio, alla diversificazione degli scambi e all’aumento del rischio politico. Ma oltre a questi rischi c’è una piaga difficile da combattere per le nostre imprese; ed è il fenomeno della contraffazione, che se eliminata porterebbe la produzione interna a una crescita di quasi 20 miliardi di euro. Il fenomeno della contraffazione Oggi la merce contraffatta viaggia per mare, in aereo, su gomma. E i prodotti falsi vengono venduti nelle bancarelle per strada, in capannoni e magazzini, negli appartamenti privati, attraverso siti web e consegnati via corriere, generando ingenti danni sia per il made in Italy, sia in termini di sicurezza dei consumatori e sfruttamento delle persone impiegate nella filiera della produzione e commercializzazione della merce taroccata. I controlli ci sono ma il settore della contraffazione riesce ad evolversi grazie alle nuove strategie di elusione dei controlli e al ricorso sempre più frequente a internet. Cosa esportiamo In ogni caso, la crescita su base annua del made in Italy è pari al 10,6%, risultato di un rialzo deciso nei paesi extra14 dfo - marzo 2019

UE (+11,5%) e di un quasi analogo (+8,1%) progresso in Europa. La meccanica sarà il leader del made in Italy all’estero, con circa 5,8 miliardi di transazioni commerciali addizionali rispetto al 2018, seguita dal comparto tessile, chimico e agroalimentare. I settori ad alto fatturato Ma quali sono i settori produttivi il cui fatturato dovrebbe crescere più della media nazionale nel corso del 2019? Sono i mezzi di trasporto (+4,7%), metallurgia (+4,1%), elettromeccanica (+3,7%), logistica (+3,2%). Questi settori producono un fatturato di circa 500 miliardi di euro, pari al 21,7% del giro d’affari di tutti i comparti considerati. I dati si inseriscono in un quadro caratterizzato da una crescita modesta dell’economia italiana, sostenuta da investimenti ed export. Crescono meno della media nazionale le aziende agricole (+1,8%), il largo consumo (+2,1%), il sistema moda (+1,7%), l’informazione e la comunicazione (+2,1%). Meno debiti finanziari Oltre alla crescita di fatturato, per avere un quadro completo dello stato di salute dell’economia italiana, si devono fare i conti con la sostenibilità del debito. La minore incidenza prevista dei debiti finanziari rispetto al MOL premia i settori della chimica farmaceutica (1,8%), dell’hi-tech (2,1%) e i servizi (2,6%). Francesco Megna Responsabile Commerciale in Banca


tecnologia - brevi

AXA XL CON GUIDEWIRE PER IL CYBER RISK MANAGEMENT Quantificare l’impatto finanziario dell’esposizione al cyber risk. Per raggiungere questo obiettivo AXA XL ha scelto di utilizzare Cyence Risk Analytics, soluzione firmata Guidewire Software. Con Cyence, AXA XL punta a una più accurata elaborazione dei modelli di rischio. Il ramo assicurativo della società dedicato al settore cyber ha del resto già utilizzato Cyence in Nord America per potenziare la propria offerta. Sfruttando la capacità di analisi in tempo reale, insieme alle funzioni per la previsione dei sinistri cyber, il team ha rafforzato il processo di sottoscrizione. Tanto che la soluzione sarà ora imple-

mentata a livello globale e in tutte le linee di business. «I rischi cyber sono assai diversi dai rischi tradizionali a cui il settore assicurativo fornisce copertura da decenni, se non da secoli – spiega John Coletti, Chief Underwriting Officer, Cyber & Technology, Media & Telecommunications (TMT) per AXA XL in Nord America. Sono in continua evoluzione e, proprio perché aggiungono un elemento di immediatezza nel panorama dei rischi per i nostri clienti, richiedono un nuovo approccio. Attraverso la nostra partnership con il team Cyence di Guidewire, siamo in grado di assistere i nostri broker e clienti nella

comprensione della minaccia cyber in un contesto concreto». «I rischi cyber costituiscono una preoccupazione condivisa e comprensibile per gli assicuratori Property e Casualty, rischi che possono essere difficili da individuare – aggiunge Vincent Branch, Chief Executive di Accelerate, il team dedicato all’innovazione di AXA XL. Attraverso il processo di “ascolto” dei dati di Cyence, vengono raccolte enormi quantità di dati tecnici e comportamentali, che sono elaborati mediante tecniche di apprendimento automatico per fornire modelli informatici personalizzati per i rischi del ventunesimo secolo».

ELETTRA RIPENSA IL REPORTING CON TALENTIA Pianificazione finanziaria, budget e reporting più efficienti e in linea con gli standard IAS/IFRS. Per rispondere a questa sfida, Elettra Investimenti si è affidata a una nuova suite, verso la redazione del bilancio consolidato. La partnership Elettra-Talentia Attraverso Talentia Financial Performance, nuova soluzione firmata Talentia Software, e in collaborazione con il Gruppo Formula, Elettra ha infatti potuto ottimizzare e integrare tutti processi di pianificazione finanziaria. Elettra è una holding attiva nel settore della produzione di energia elettrica, termica e nell’efficientamento energetico e aveva l’obiettivo di rivedere il reporting economico-

patrimoniale, migliorando la comunicazione verso terzi. Talentia Financial Performance Talentia Financial Performance è una suite software modulare composta da due pacchetti: Budgeting & Planning e Talentia Consolidation & Reporting. In modalità on-premise e cloud, la piattaforma offre un mix di servizi per elaborare dati, condurre analisi e fornire una visione completa della situazione aziendale in tempo reale. Il bilancio e il “doppio binario” Già dal 2017, del resto, Elettra collabora con Talentia per la realizzazione del bilancio consolidato con il doppio

binario, rispettando i principi OIC/IAS. «Avevamo l’esigenza di realizzare un bilancio che potesse esporre la situazione finanziaria di tutto il gruppo – racconta Maurizio Alessandrini, Direttore Finanziario di Elettra Investimenti – pur consentendo alle singole società di poter redigere il bilancio annuale secondo i principi OIC. In questo processo, il doppio binario è essenziale per poter disporre della nota integrativa OIC e di quella IAS, prevedendo anche la possibilità di simulazioni e valutazioni dell’impatto delle scritture di transition sui bilanci delle singole società. La soluzione Talentia Financial Performance, ci ha agevolato nell’intero processo, rendendo semplici e veloci tutti i passaggi». marzo 2019 - dfo 15


brevi - M&A

in collaborazione con BPVPartners

SATA ACQUISISCE L’INTERO CAPITALE DI SALGOMMA Il gruppo industriale piemontese Sata Spa è stato affiancato dagli studi Giovannelli e Associati e MCA Professionisti Associati nell’acquisizione di Salgomma Srl, assistita dallo studio Fubini Jorio Cavalli e Associati. Il Gruppo Sata, attivo nelle lavorazioni meccaniche per il settore automotive, delle macchine movimento terra e delle macchine agricole, ha acqui-

stato la totalità del capitale sociale di Salgomma Srl, fondata nel 1951 e attiva nel settore della produzione di articoli tecnici in gomma destinati ai settori automotive, elettrodomestico ed edilizio. L’operazione è stata perfezionata in parte mediante ricorso a mezzi propri e in parte mediante ricorso a un finanziamento bancario erogato da Banco BPM.

UN CLUB DEAL GUIDATO DA ORIENTA PARTNERS INVESTE IN PASSIONE UNGHIE Shearman & Sterling, Pavia e Ansaldo, McDermott Will & Emery LLP e Simmons & Simmons hanno agito nell’ambito dell’acquisizione da parte di un Club Deal di investitori guidato da Orienta Partners, società specializzata in investimenti in PMI italiane, di Passione Unghie, azienda leader in Italia nei prodotti e accessori per decorazione, cura e ricostruzione delle unghie. Il brand è stato fondato nel 2011 da Christiana Asekun e Fabio Covioli, ed è nato dalla passione di Christiana Asekun per il mondo del Nail Care proponendo ai propri clienti- centri estetici, nail spa ed onicotecniche - prodotti di alta qualità, innovativi ed in linea con i trend più avanzati, esclusivamente online tramite il proprio sito web. Con questa operazione Passione Unghie, che nel 2018 ha generato un fatturato di 17,6 milioni di euro, si rafforza con l’obiettivo di allargare la propria presenza su nuovi mercati europei, ampliare l’offerta prodotti e sviluppare l’organizzazione e la struttura in funzione della forte crescita registrata negli ultimi anni. 16 dfo - marzo 2019

DUPLOMATIC MS ACQUISISCE IL 100% DI HYDRECO Si è conclusa l’acquisizione da parte di Duplomatic MS S.p.A. del 100% delle azioni di Hydreco DBH Holding Limited (“Hydreco”), società holding del Gruppo Hydreco attivo nella progettazione e distribuzione di componenti e sistemi per la trasmissione e la regolazione dell’energia oleoidraulica per applicazioni principalmente mobili. Duplomatic è un player del mercato del controllo di movimento e con l’operazione rafforza il suo posizionamento, ampliando il portafoglio prodotti, i settori, gli ambiti di applicazione e le geografie servite.


M&A - brevi

IDEA CCR II INVESTE NEL GRUPPO CALVI HOLDING Gli studi legali Orrick e Molinari e Associati hanno fornito assistenza nella sottoscrizione di un accordo che prevede l’ingresso di IDEA CCR II nel capitale del Gruppo Calvi con una quota del 26%. Inoltre, l’accordo prevede anche l’immissione di risorse finanziarie da parte del fondo IDEA CCR II e illimity (banca specializzata nel credito alle PMI nata dalla fusione tra Spaxs e Banca Interprovinciale) per complessivi 13,5 milioni e un parziale rifinanziamento, per 34 milioni, dell’esposizione

esistente da parte di illimity. L’accordo consente di rafforzare ulteriormente il percorso di sviluppo già intrapreso dal Gruppo Calvi. Circa 13 milioni di nuove risorse finanziarie a supporto del piano industriale, destinate ad investimenti, consentiranno alla società di consolidare la propria leadership, proseguendo il percorso di costante crescita registrato negli ultimi anni dall’attuale management del gruppo. La partnership consentirà inoltre di irrobustire la struttura finanziaria del

Gruppo e di dare ulteriore impulso alle sinergie tecnologiche, produttive e commerciali per l’ampliamento delle gamme di fabbricazione e per il mantenimento dei già elevati standard qualitativi delle varie società del gruppo, che attualmente è il principale provider globale di soluzioni su disegno e specifica del cliente per la produzione di profilati speciali in tutte le tipologie di acciaio, metalli duri e titanio e di applicazioni per la logistica industriale e per l’automazione.

QUATTROR SGR RILEVA IL 60% DI TRUSSARDI. PRONTO IL PIANO PER IL RILANCIO DEL GRUPPO QuattroR Sgr, società di gestione del risparmio indipendente fondata con l’obiettivo di promuovere il rilancio e lo sviluppo di imprese italiane di mediograndi dimensioni in temporanea crisi finanziaria, ha finalizzato l’acquisizione della maggioranza di Trussardi S.p.A., con una partecipazione di circa il 60%. L’operazione è stata effettuata attraverso la creazione di una Newco, partecipata al 70% da QuattroR e da Tomaso Trussardi al 30%, che controlla l’86% della holding Finos, azionista unico di Trussardi S.p.A.. L’ingresso di QuattroR fornirà a Trussardi il sostegno economico e finanziario per implementare il nuovo piano quinquennale di sviluppo internazionale insieme a Tomaso Trussardi, che assumerà il ruolo di Presidente del Consiglio di Amministrazione della Società. Fondata nel 1911, Trussardi è riconosciuta a livello internazionale tra i simboli del Made in Italy in tutto il mondo. Con un fatturato di circa 150 milioni nel 2018, Trussardi oggi è presente in 47 Paesi con le sue linee Trussardi, Trussardi Jeans e licenze attraverso una rete unica e selezionata di oltre 160 negozi monomarca in Italia, Europa e Asia, oltre a più di 1.800 punti vendita multimarca, corner e department store. marzo 2019 - dfo 17


brevi - M&A

in collaborazione con BPVPartners

IL GRUPPO BELGA SPORTS & LEISURE OTTIENE UN FINANZIAMENTO PER COMPLETARE L’ACQUISIZIONE DI LIMONTA SPORT

Gli studi Baker McKenzie e Gianni Origoni Grippo Cappelli & Partners (GOP) hanno prestato assistenza, per gli aspetti di diritto italiano, in relazione al finanziamento bancario concesso al gruppo belga Sports & Leisure Group (SLG) per finanziare

l’operazione di leveraged buy out del gruppo italiano Limonta Sport e controllate. Sports and Leisure Group è uno dei leader internazionali del settore attivo tramite i brand Domo Sports Grass, Fungrass e Namgrass, presente anche nei campi da tennis

e nei campi in erba a fini decorativi. Limonta Sport, con 55 milioni circa di euro di fatturato e circa 11 milioni di margine operativo lordo, ha sede a Cologno al Serio, in provincia di Bergamo, con altri stabilimenti produttivi ad Ascuncion (Paraguay) e Huizhou (China). La società fa parte di un gruppo internazionale, Limonta Group, leader nel tessile con ricavi pari a 360 milioni annui e 1300 dipendenti. Limonta Sport è quindi la divisione specializzata nel settore sportivo, che unisce nei manti in erba fibre eco-compatibili a basso impatto ambientale che hanno saputo conquistare il mercato.

IGI INVESTIMENTI SEI RILEVA LA MAGGIORANZA DEL CAPITALE DI NUOVAPLAST Il fondo IGI Investimenti Sei, gestito da IGI Private Equity Sgr ha comprato la maggioranza del capitale di Nuovaplast Srl, leader tecnologico attivo nella trasformazione di PET per la produzione di preforme di alta qualità. L’operazione è stata condotta tramite il veicolo Clio Srl, che ha comprato il 74,7% di Nuovaplast, mentre l’imprenditore Roberto Tomasoni ha mantenuto una quota del 25,3%. Con sede a Villa Lempa (Teramo), Nuovaplast nel 2018 ha generato un fatturato complessivo di oltre 50 milioni di euro. La società conta 45 dipendenti e da oltre 20 anni è al servizio di aziende produttrici di acqua minerale, olio, latte, detergenti e dell’industria cosmetica. 18 dfo - marzo 2019


M&A - brevi

ESSILORLUXOTTICA COMPLETA L’ACQUISTO DI AZIONI LUXOTTICA Nell’ambito dell’operazione che ha dato vita al colosso mondiale dell’occhialeria EssilorLuxottica, gli studi Linklaters, Cleary Gottlieb, Legance – Avvocati Associati e Herbert Smith Freehills hanno assistito EssilorLuxottica con riguardo ai profili legati al finanziamento per massimi Euro 3.200.000.000 volto a finanziare l’acquisto in cash di azioni Luxottica nell’ambito delle procedure di Sell Out e Squeeze Out, e correlata emissione di Cash Confirmation.

PROGRESSIO INVESTE IN GAMPACK Progressio Sgr, in qualità di gestore del “Fondo Progressio Investimenti III”, ha acquisito una partecipazione di controllo in Gampack, società piacentina operante nel campo della progettazione, produzione e commercializzazione di macchine e sistemi di imballaggio secondario completamente automatici e semi automatici. Fondata a Podenzano (Piacenza) nel 2004, nella cosiddetta “packaging valley italiana”, l’azienda è attiva nella produzione di macchinari e sistemi di imballaggio per il packaging

secondario (incartonatrici e fardellatrici) completamente automatici e dedicati in particolare al settore beverage. Gampack ha una forte vocazione all’export (circa l’80% del fatturato) ed impiega circa 50 dipendenti. Giuseppe Gazzola, che ricoprirà la carica di Presidente della società continuando a fornire il suo contributo in una logica di continuità operativa, ha individuato insieme a Progressio Amedeo Scapin, manager con ampia esperienza nel settore, quale nuovo amministratore

delegato della società, con l’obiettivo di prepararla alle nuove sfide. L’attuale struttura organizzativa, che ha contribuito agli ottimi risultati raggiunti fino ad oggi, verrà rafforzata con l’inserimento di una squadra di manager con ampia esperienza, favorendo così il raggiungimento degli obiettivi ambiziosi che Gampack si pone. La strategia di crescita condivisa da tutti i soci di Gampack prevede diverse direttrici: l’espansione in nuove aree geografiche (oggi le vendite sono concentrate in Spagna, Italia e Francia), l’ampliamento del portafoglio prodotti (oltre alle macchine per il secondario si potrebbero offrire ai clienti altre componenti, quali ad esempio palletizzatori e conveyor), il rafforzamento in altri settori oltre al beverage (in cui la società sporadicamente ha già operato in passato, quali farmaceutico, cosmetica o food). Tali obiettivi potranno essere raggiunti organicamente, ma anche tramite acquisizioni e a tal proposito sono già state individuate alcune aziende target potenziali. marzo 2019 - dfo 19


carriere

LAVAZZA. ENRICO CAVATORTA NUOVO CFO Enrico Cavatorta lascia il ruolo di Chief Financial and Corporate Officer di Ynap (Gruppo Richemont) per entrare in Lavazza come nuovo CFO. Cavatorta, dopo 4 anni in Ynap, 15 in Luxottica ed esperienze in Piaggio e yoox Net-A-Porter, assume in Lavazza la responsabilità della direzione amministrazione, finanza e controllo, dell’area M&A e dei programmi di integrazione delle nuove società recentemente acquisite da Lavazza. Ma anche della funzione Information Technology, degli acquisti indiretti e dell’area Csr. Il manager riporta all’Amministratore Delegato, Antonio Baravalle.

GNV: PIETRO DI MAIO È CFO Nuovo Direttore Finanziario per GNV (Grandi Navi Veloci). Si tratta di Pietro Di Maio, precedentemente Chief Financial Officer di Marinvest, azionista di maggioranza della società. Pietro Di Maio ha iniziato la sua carriera a New York in MSC USA, per poi passare nel 1995 in PwC, occupandosi di revisione contabile, ristrutturazioni aziendali, Merger&Acquisition, IPO e Vendor&Acquisition. Dal 2009 il manager è passato a collaborare poi con i fondi d’investimento Synergo SGR e Halcor Sarl, per i quali ha ricoperto il ruolo di Chief Financial Officer.

NUOVO DIRETTORE FINANZIARIO PER LEASEPLAN ITALIA Alessandro Serafini è il nuovo Direttore Finanziario di LeasePlan Italia. Il manager prende il posto di Alberto Viano, da gennaio 2019 Amministratore Delegato della società. Dopo una precedente esperienza nel settore, Serafini è arrivato in LeasePlan nel 2007 come General Account Supervisor. Successivamente è stato Controller Business Unit Top Clients e Administration & General Accounting Manager. Mentre negli ultimi due anni, nel ruolo di Controller, ha gestito il processo di trasformazione aziendale.

ZUCCHI: EMANUELE CORDARA NUOVO DIRETTORE FINANZIARIO Emanuele Cordara è il nuovo Direttore Finanziario di Zucchi, gruppo attivo nel settore della produzione e distribuzione di biancheria per la casa. Anche Dirigente preposto dell’azienda, Cordara ha maturato oltre 20 anni di esperienza nel settore della finanza aziendale e, nello specifico, nei settori: audit, reporting, forecasting, sviluppo di business plan e acquisti. Dopo avere ricoperto dal 2008 al 2017 la carica di CFO per Le Group Chantelle, ha proseguito il percorso professionale nel ruolo di Chief Accounting Officer del Gruppo Trussardi. 20 dfo - marzo 2019

ALLFUNDS: LUIGI LUBELLI È CFO Il Gruppo AllFunds ha nominato Luigi Lubelli Direttore Finanziario e Membro del Comitato Esecutivo. La nomina è in linea con il processo di crescita a livello internazionale della piattaforma di distribuzione di fondi. Luigi Lubelli, già CFO e membro del Comitato Direttivo del Gruppo Assicurazioni Generali, in AllFunds ha il compito di guidare la società verso i nuovi obiettivi di business. Precedentemente ha lavorato in realtà internazionali come Mapfre, Morgan Stanley, Citibank e Banco Exterior de España (ora BBVA).


carriere

CARIGE: FABIO MASSIMO GENOVESE È CFO Fabio Massimo Genovese è il nuovo Chief Financial Officer di Banca Carige. Il manager subentra ad Andrea Soro. Managing Director della seconda banca d’investimento cinese, la Haitong Bank London, con l’incarico di Responsabile Globale per le relazioni con le istituzioni finanziarie, Genovese porta in Carige un’esperienza trentennale nell’Investment Banking con focus sui clienti finanziari (banche, assicurazioni e società di asset management). In precedenza ha lavorato presso realtà come JP Morgan, UBS, Lehman, Nomura, Haitong Securities, dove si è occupato di finanza straordinaria: collocamenti di titoli di debito, cartolarizzazioni, M&A, operazioni di funding e relazioni con investitori internazionali. Dal 2012 al 2015 è stato anche Membro Indipendente del Consiglio di Amministrazione di Banca Generali e Membro del Comitato Nomine e Remunerazione.

NICOLA CAMPIO CFO DI GLS Nuovo Chief Financial Officer per il corriere espresso GLS. Si tratta di Nicola Campio, ai vertici dell’azienda in Italia insieme al nuovo General Manager Francesco Pellerano. Nel ruolo di Director of Finance and Administration, Nicola Campio prende il posto di Pellerano, che ora riporta direttamente a Klaus Schädle, Group Area Managing Director. Campio ha maturato una lunga esperienza professionale in diverse aziende come Celio e Fintyre, dove ha ricoperto il ruolo di Chief Financial Officer.

NUOVO DIRETTORE FINANZIARIO PER DIGITOUCH Virginia Scardia è il nuovo Chief Financial Officer del Gruppo DigiTouch: la nomina è ufficiale dal primo gennaio 2019. Scardia prende il posto, nel ruolo di CFO, di Michela Rizzo, che assume invece l’incarico di Chief HR & Organization Officer, a capo della nuova funzione centrale di Risorse Umane e Organizzazione. Il nuovo Direttore Finanziario riporta direttamente all’Amministratore Delegato Paolo Mardegan e avrà il compito della gestione della direzione amministrazione, finanza e controllo.

SALVATORE FERRAGAMO: ALESSANDRO CORSI NUOVO CFO Il Consiglio di Amministrazione di Salvatore Ferragamo ha preso atto delle dimissioni del CFO Ugo Giorcelli e ha nominato al suo posto Alessandro Corsi, con efficacia dall’11 gennaio 2019. Il manager, che svolge anche l’incarico di Dirigente Strategico, dopo un’esperienza iniziale nell’area finanziaria del Gruppo General Electric, è entrato in Salvatore Ferragamo nel 2003 occupandosi di Pianificazione e Controllo, diventando poi Director of Group Business Development ed e-commerce. Ha anche partecipato al progetto di IPO della società rivestendo la funzione di Direttore Investor Relations fino al 2013, anno in cui ha assunto la responsabilità di Director Region EMEA. In seguito, nel 2018, è diventato Chief Strategy Officer.

GIMEL. ROBERTO CANGIANO È IL NUOVO CFO Roberto Cangiano assume l’incarico di Chief Financial Officer di Gimel, società specializzata in abbigliamento di lusso per ragazzi. Il manager ha il compito di affiancare il CEO, Alberto Dalena, nell’attuazione del piano di sviluppo della società pugliese, che a fine novembre è stata acquisita da Italglobal Partners per il 70%. Cangiano vanta una lunga carriera all’interno di varie società specializzate in revisione contabile, tra cui Arthur Andersen, Deloitte & Touche e BDO. Dottore commercialista e revisore contabile, il manager è anche stato membro della Commissione Tecnica dell’Ordine dei dottori commercialisti di Bari e di ASSIREVI. marzo 2019 - dfo 21


scenari - CFO & HR

LA CRISI DEI TALENTI Investire nei talenti del futuro. Perché tra una decina di anni tutto il mondo dovrà fronteggiare una carenza di personale qualificato. Che potrebbe costare ben 8mila miliardi di dollari

M

anodopera qualificata cercasi. Le aziende di tutto il mondo, Europa e Italia comprese, devono iniziare ora a investire sui talenti. Perché propri oggi ha preso il via una crisi del capitale umano che porterà a una perdita di reddito a livello globale superiore agli 8mila miliardi di dollari. Per avere una idea, la cifra corrisponde al PIL combinato di Germania e Giappone. E per mitigare questo rischio, aziende e organizzazioni devono assolutamente concentrarsi ora sulla formazione dei talenti. Mancano più di 85 milioni di talenti Le stime sono di Korn Ferry, società di consulenza che ha pubblicato uno studio ad hoc sul tema: “The Talent Crunch”, in cui pone l’accento sull’impatto finanziario che una mancanza di manodopera specializzata può avere a livello globale su un arco temporale non poi così ampio, ovvero il 2030. Se non si inizia ad agire adesso, tra undici anni la carenza di lavoratori qualificati sarà pari a 85,2 milioni di persone. Con una conseguente perdita di opportunità di reddito di 8.452 miliardi di dollari. I settori più a rischio... La ricerca si è concentrata su tre settori ad alta intensità di conoscenza, che fanno anche da traino per la crescita dell’economia globale: servizi finanziari e aziendali; tecnologia, media e telecomunicazioni; settore manifatturiero. 22 dfo - marzo 2019

Il primo dei settori analizzati (servizi finanziari e commerciali) è uno dei più importanti del mondo in termini di contributo al PIL, ma è anche quello più minacciato da gravi carenze di talenti. Nel 2030 mancheranno più di 10 milioni di risorse, pari a oltre 45 volte la forza lavoro globale di un colosso quale HSBC. I primi 5 centri finanziari dello studio (Stati Uniti, Cina, Regno Unito, Germania e Francia) potrebbero dire addio a ben 870,47 miliardi di dollari di redditività, di cui la metà solo negli US. ... soprattutto in Europa E l’Europa potrebbe mettere a rischio la propria posizione globale a causa del talent crunch: le gravi carenze di competenze, porteranno infatti a una produzione non realizzata dei Paesi UE per un totale di 1,33 miliardi di dollari, in particolare per via della mancanza di talenti nel settore dei servizi finanziari e commerciali. Le stime prevedono, ad esempio, per il Regno Unito un talent crunch pari a un quinto della sua forza lavoro nel settore. Con un tale problema su scala europea, è inoltre improbabile che i benefici della libera circolazione dei lavoratori appartenenti all’Unione stessa forniscano una soluzione alla carenza di competenze, secondo lo studio. L’India e i suoi talenti Guardiamo anche verso l’Asia: il Giappone, che è il sesto più grande centro finanziario del mondo, non riuscirà a generare nel 2030


CFO & HR - scenari

fatturato per 113,62 miliardi di dollari: oltre il 18% del valore potenziale del settore. L’unica economia dove non mancheranno risorse umane sarà l’India, per la quale è stato calcolato un surplus di manodopera altamente specializzata in servizi finanziari e aziendali entro il 2030. Il settore tech Anche se la tecnologia è alla base di tutti i settori dell’economia globale, il suo avanzamento è messo in crisi da gravi problemi di talento. Questo deficit è evidente nella ricerca di Korn Ferry, che prevede per il 2030 una carenza pari a 4,3 milioni di lavoratori (59 volte il numero attuale di dipendenti di Alphabet, la società madre di Google). Gli Stati Uniti, al momento il principale mercato tecnologico mondiale, perderanno oltre 160 miliardi dollari a causa di carenze di competenze settoriali. E la Cina, che ha lavorato a lungo per trasformarsi in un centro tech all’avanguardia, potrebbe non riuscire a generare più di 44 miliardi di dollari di entrata per lo stesso motivo. Il fronte EMEA va di pari passo: nel 2030 in UK si perderà il 9% delle entrate potenziali. Mentre, ancora una volta, l’India è l’unico Paese che avrà una eccedenza di lavoro qualificato (1,3 milioni di lavoratori). Robotica e AI hanno bisogno di talenti Ma guardiamo anche al futuro promesso dalla tecnologia. Dall’analisi emerge in modo chiaro come anche le aziende che utilizzano già la robotica avranno un crescente bisogno di talento umano con competenze avanzate, per esempio per ridistribuire le persone dalla fabbrica - dove i robot eseguono lavori ripetitivi - ai laboratori di ricerca. Problema fondamentale è la discrepanza tra i progressi tecnologici, tra cui l’automazione, l’intelligenza artificiale e l’apprendimento automatico, e le competenze e le esperienze

Nel 2030 mancheranno oltre 85 milioni di persone qualificate

che i lavoratori devono avere per sfruttare questi strumenti avanzati. In altre parole, la tecnologia non può offrire i guadagni di produttività promessi se non ci sono abbastanza uomini con le giuste competenze. La crisi nel manifatturiero Infine, Korn Ferry guarda all’industria manifatturiera, che deve essere solida per soddisfare la domanda interna di prodotti e generare entrate dall’esportazione, fornendo attrezzature e strumenti necessari a tutti i settori. Il mercato della produzione è quindi uno dei più importanti per lo sviluppo dei mercati, ma anche qui si dovranno fare i conti con la crisi: entro il 2030 si conta una carenza globale di 7,9 milioni di lavoratori, l’equivalente di 39 volte il numero di dipendenti Ford in tutto il mondo. Cina e Russia guideranno però il surplus globale di lavoratori manifatturieri altamente qualificati fino al 2020, per poi incontrare anche loro il problema del talent crunch. E tutti i mercati del Vecchio Continente sperimenteranno questo deficit, che si tradurrà in quasi 2 mila miliardi di dollari di output non realizzati in tutta la regione EMEA nel 2030. Ma proprio la consapevolezza del talent crunch dovrebbe quindi portare le regioni europee ad aggiornare tempestivamente le competenze qualificate. E alleviare la carenza di talenti. G.C. marzo 2019 - dfo 23


scenari - CFO & HR

HR E FINANCE. UNA RELAZIONE GUIDATA DAI DATI Visioni di business a breve termine e differenze culturali sono i principali ostacoli alla collaborazione tra risorse umane e direzione finance. Ma un approccio data-driven potrebbe consentire alle due aree di unire le loro forze a vantaggio dell’azienda

D

ati, analytics e anche intelligenza artificiale possono unire maggiormente due funzioni aziendali come l’HR e il Finance. Così distanti tra loro sia a livello culturale, sia per approccio al business. Eppure questo gap può e deve essere superato all’insegna della collaborazione, secondo una recente ricerca firmata Oracle. Parola d’ordine: collaborare Lo studio, condotto su scala globale, ha coinvolto oltre 1.500 professionisti di entrambe le aree in un’ampia varietà di settori e Paesi (Italia inclusa), presso aziende con ricavi annuali da 100 milioni di dollari e oltre. E ha messo in luce che, per sfruttare con successo il valore dei dati e adattarsi ai cambiamenti nel mercato del lavoro, i team che si occupano di risorse umane devono intervenire su tecnologie di analytics, competenze e processi. E collaborare, dunque, con il Dipartimento Finance per generare un vantaggio competitivo all’interno dell’azienda. Necessario, 24 dfo - marzo 2019

allora, dotarsi di competenze per raccogliere e analizzare i dati rilevanti per entrambe le divisioni, al fine di prendere decisioni efficaci a livello di business. Un approccio strategico I vantaggi di questo approccio sono da porre in primo piano: secondo la stragrande maggioranza degli intervistati (88%) la collaborazione tra Responsabili HR e Finance potrà migliorare le performance di business, oltre che rendere l’organizzazione più agile (76%); e per oltre la metà (57%) delle realtà coinvolte si potrà ottenere una visione olistica sul business grazie alla collaborazione. Obiettivo, quindi, diventare dei veri e propri partner strategici per l’impresa. Perché partire dai dati? Per farlo, è necessario guardare con attenzione al mercato dei talenti, oggi sempre più competitivo: le nuove tecnologie si inseriscono nei processi di recruiting, i costi


CFO & HR - scenari

per l’acquisizione dei talenti aumentano e c’è una crescente domanda di nuove competenze. Per lavorare in modo corretto ed efficiente, i dipartimenti HR devono allora rivedere il loro approccio alle tecnologie di analytics, al tema delle competenze e collaborare soprattutto di più. La consapevolezza non manca: nel 2019 il 95% dei professionisti HR e finance ha intenzione di avviare delle collaborazioni data-driven. Ma per usare i dati in modo efficiente, si torna sul tema delle competenze necessarie. La ricerca ha infatti evidenziato come quasi la metà degli intervistati (49%) oggi non può usare gli analytics per fare previsioni mentre l’81% non è nemmeno in grado di basarsi sui dati predittivi per stabilire quali azioni intraprendere in futuro. Un problema di competenze Verrebbe allora da pensare che è tutta una questione di tecnologie. In realtà l’ostacolo è nelle persone: anche se le applicazioni di analytics si sono diffuse nei reparti delle risorse umane e del finance, senza una collaborazione efficace e una maggiore capacità di far emergere valore dalle informazioni, si ottengono vantaggi limitati. Naturalmente, tema centrale sono le competenze mancanti per risolvere problemi e agire sulla base dei dati (secondo il 70% degli intervistati), fare ragionamenti e analisi in termini quantitativi (67%) e usare gli analytics per prevedere i bisogni della forza lavoro. Gap culturali e nuove visioni di business Per migliorare, entrambe le divisioni devono inoltre superare l’abitudine ad avere una visione incentrata sul breve termine: il 71% degli intervistati, infatti, dichiara che i loro team si focalizzano su obiettivi trimestrali e non su una visione strategica per il futuro. Inoltre, è necessario affrontare le differenze culturali:

quasi un terzo ritiene che abitudini e modi di pensare tradizionalmente diversi siano un ostacolo importante. Tra le altre barriere, il 27% menziona il disallineamento tra le competenze ma anche il persistere (per il 17%) di silos informativi. Arriva anche l’intelligenza artificiale In realtà, la tecnologia spalanca la porta a enormi opportunità, che risorse umane e finance devono trovare il modo di cogliere insieme. Su questo fronte, non solo gli analytics ma anche l’intelligenza artificiale sembra offrire un vantaggio ulteriore a questo approccio collaborativo: già un quarto degli intervistati difatti sta usando questa nuova tecnologia principalmente per individuare le persone a rischio di uscita dall’azienda e per creare modelli di acquisizione dei talenti, ma raramente la usa per prevedere le performance dei dipendenti o per trovare i talenti migliori sul mercato. Nel corso del 2019, ben il 71% ha però in programma di usare l’AI per identificare i candidati che promettono le migliori performance, creare processi di acquisizione e gestione dei talenti (58%), individuare i dipendenti a rischio creando modelli per valutare i livelli di attrition (52%), supportare con chatbot le interazioni con i dipendenti (38%). Un nuovo mercato dei talenti Insomma, se così tanti professionisti HR prevedono di investire molto in intelligenza artificiale nel corso del 2019 e di aprirsi alla collaborazione con il finance in ottica datadriven, presto non solo si potranno vedere i risultati in termini strategici di questa scelta ma anche notare una maggiore competizione tra le aziende per individuare i talenti giusti attraverso nuovi approcci. G.C. marzo 2019 - dfo 25


scenari - GDO

GDO AL BIVIO L’andamento dei margini non tiene il passo con l’aumento delle vendite. Si salvano solo i discount a cui va la palma della redditività

C

rescita record di vendite e utili al top, ma margini industriali in calo. È questo in sintesi l’andamento della Grande distribuzione organizzata nel nostro Paese, così come emerge dall’indagine sul settore realizzata dall’Ufficio Studi di Mediobanca sulla base dei dati di bilancio dei principali player dal 2013 al 2017. Il fatturato aggregato dei maggiori operatori italiani, rappresentativi del 97% del mercato della Gdo alimentare nazionale, si è assestato nel 2017 a 83 miliardi di euro (al netto di Iva), con un incremento rispetto al 2016 pari al 4,4%. La crescita delle vendite, la più elevata dal 2014, tuttavia non è andata di pari passo con l’andamento dei margini. Il Margine operativo netto ha infatti registrato un calo del 5,5%. Di contro, tuttavia, il contributo delle voci non ricorrenti ha consentito invece al risultato ante imposte e al risultato netto di crescere del 7,2%. Secondo l’Ufficio Studi tale divergenza spiegherebbe perché la redditività del capitale investito (Roi) dell’industria della Gdo ha chiuso il 2017 al 4,8%, in calo dal 5,2% del 2016, mentre la redditività netta (Roe) ha registrato un aumento 5,3%, in crescita dal 4,9% del 2016. In aggregato, i maggiori operatori della Gdo hanno chiuso il 2017 con utili pari a 1.095 milioni di euro, il migliore risultato aggregato dal 2013. Se si guarda al quadro generale, tali dati, evidenziando da un lato la crescita delle vendite e dall’altra rendimenti operativi calanti, sembrerebbero anticipare l’imminente consolidamento del settore, a discapito degli operatori meno 26 dfo - marzo 2019

performanti. Secondo gli esperti dell’Ufficio studi Mediobanca, tuttavia, la disaggregazione dei dati svela uno scenario ancora più articolato, caratterizzato da dinamiche eterogenee per tipologia di operatore. La crescita dei discount Le catene di discount hanno realizzato tra il 2013 e il 2017 la maggiore crescita media annua delle vendite, pari al 9,6% (9,7% nel solo 2017). Allo stesso modo la distribuzione organizzata, che comprende forme consortili e di unione volontaria, è stata molto dinamica con un incremento del 5,6% medio annuo dal 2013 (6,1% nel 2017). Il mondo cooperativo Il mondo cooperativo che fa capo alla Lega delle Cooperative (Legacoop), che comprende i due maggiori operatori del settore, si conferma fanalino di coda: mentre Conad ha realizzato dal 2013 una crescita media annua del 3,1% (contro il 5,3% nel 2017), le Coop hanno segnato un progresso medio del giro d’affari dello 0,7% nel periodo (3,4% nel solo 2017). Infine, la grande distribuzione, che comprende gruppi societari gerarchici, ha visto ripiegare in media il proprio fatturato dal 2013 dello 0,2%, segnando una lieve ripresa dello 0,2% nel 2017. Resta ancora modesto il contributo dell’e-commerce del fatturato: esso rappresenta, ad esempio, solo il 2,4% del fatturato di Supermarkets Italiani contro il 4-5% dichiarato dai maggiori operatori


Una semplice regressione del Roi rispetto sia all’incidenza degli Iper sia alla loro metratura media segnala l’esistenza di relazioni lineari inverse, come atteso, ma anche dotate di una certa capacità esplicativa, con R-quadro attorno a 0,40 (Graf. 8). Ciò pare quindi assegnare le grandi superfici al set di variabili indipendenti in grado di discriminare le performance reddituali (Roi) degli operatori della GDO Gdo italiana, ovviamente insieme con altre variabili ‘latenti’ che caratterizzano la modalità di offerta dei grandi operatori.

scenari

5. Alcuni dati di dettaglio sui singoli operatori Scendendo nel dettaglio dei singoli operatori la Tab. 1 che segue offre una sinossi di alcuni indicatori segnaletici della dinamica commerciale, della redditività del capitale, dell’efficienza e della struttura patrimoniale per i venti operatori qui esaminati.

internazionali. Scendendo nel dettaglio dei singoli operatori, i maggiori incrementi delle vendite nel 2017 hanno interessato il gruppo Crai (14,2%), la catena discount Eurospin (11,1%), la Végé (9,8%) e la catena discount Lillo-MD (8,8%) che ha preceduto la tedesca Lidl (8,5%). Hanno superato la soglia di crescita del 5% anche Agorà (7,5%), Despar (6,9%) e Conad (5,3%). Considerando invece l’arco che va dal 2013 al 2017, il maggiore tasso di crescita medio annuo è della Lillo-MD (15,6%) che precede Crai (9,8%), Lidl (9,2%), Végé (8%) ed Eurospin (7,7%). Il rendimento del capitale (Roi) riferito ai raggruppamenti vede in testa nel 2017 i discount (19,9%) che precedono la distribuzione organizzata (9,2%) e la grande distribuzione (3,5%). All’interno del mondo cooperativo Conad segna il 7,9% contro lo 0,6% del gruppo Coop. Con riferimento alla redditività dei singoli operatori, sempre in base al rendimento del capitale investito (Roi) del 2017, il gruppo più redditizio è Eurospin (23%) che precede Lillo MD (18,6%) e Lidl (16,9%); seguono Agorà (12,5%), Végé e Crai (11,7%) e C3 (11%). Le differenti performance dei gruppi dipendono da una molteplicità di fattori (ubicazione, tipologia e assortimento dell’offerta, riconoscibilità del brand e sua fidelizzazione, ecc.) tra i quali figura anche la presenza più o meno intensa nelle grandi superfici (Iper) che rappresentano il format in questo momento più in difficoltà. Supermarkets Italiani detiene il primato quanto a utili netti cumulati nel periodo 2013-2017: con 1.245 milioni di euro essa precede Conad con 872 milioni, Eurospin con 817 milioni, Selex con 618 milioni, Lidl con 398 milioni e Végé a 320 milioni. I fattori distintivi della crescita Se si rapportano gli utili cumulati nel periodo alla consistenza dei mezzi propri iniziali, i discount non hanno tuttavia concorrenti: il gruppo Lillo-MD ha accumulato utili pari a 2,6 volte

INDICATORI DELLA PERFORMANCE COMMERCIALE, DELLA REDDITIVITÀ, DELL’EFFICIENZA E DELLA STRUTTURA Tab 1 – Indicatori della performance commerciale, della redditività, dell’efficienza e della struttura FINANZIARIA (*) finanziaria (*) Società

Lillo-MD Crai Lidl Végé Eurospin Agorà Despar D.it C3 Sun Selex Conad Supermarkets Italiani Canova 2007 Coop Carrefour Pam Bennet Auchan Penny Market

Var. % media annua del fatturato (13-17)

Var % del fatturato (16-17)

Var % dei dipendenti (13-17)

Roi (2017)

Roe (2017)

Rotazione del magazzino (2017, giorni)

Debt equity ratio 2017 (in %)

15,6 9,8 9,2 8,0 7,7 7,5 6,0 5,6 4,7 4,7 3,6 3,1

8,8 14,2 8,5 9,8 11,1 7,5 6,9 3,2 4,2 3,9 4,1 5,3

13,1 -1,4 38,1 61,3 58,0 25,6 25,8 0,0 17,5 6,6 5,5 -10,4

18,6 11,7 16,9 11,7 23,0 12,5 6,2 10,2 11,0 7,6 7,9 7,9

30,2 16,7 24,3 13,8 21,7 10,9 5,5 12,6 10,1 5,6 7,8 10,0

21 26 20 43 17 24 33 29 47 35 33 16

207,5 150,5 71,6 62,6 10,3 21,1 46,4 29,8 31,4 61,7 52,6 40,5

2,8

1,2

12,1

9,7

15,3

20

66,8

1,1 0,7 0,6 -0,7 -3,3 -5,0 n.c.

1,6 3,4 0,3 -0,4 -3,1 -1,2 n.c.

7,1 -0,9 -2,1 0,7 -12,3 -14,4 n.c.

7,1 0,6 -2,1 3,6 3,7 -11,3 -4,4

10,4 0,0 -7,1 3,1 3,4 -45,1 5,6

30 25 31 39 40 38 24

226,7 196,2 63,1 47,8 29,6 337,2 0,0

(*) Dati desunti da bilanci consolidati, se redatti. Le variazioni includono l’effetto della modifica dei perimetri societari.

(*) Dati desunti da bilanci consolidati, se redatti. Le variazioni includono l’effetto della modifica dei perimetri societari.

Lillo-MD ha realizzato la maggiore crescita del fatturato dal 2013 con il 15,6% medio annuo davanti a Fonte: Ufficio Studi Mediobanca Crai al 9,8%. In ordine decrescente seguono gli altri discount e alcuni operatori della Distribuzione Organizzata: Lidl (9,2%), Végé (8%), Eurospin (7,7%) e Agorà (7,5%). Supermarkets Italiani è il primo

il patrimonio netto iniziale, Eurospin e Lidl pari a 1,6 volte. Tutti gli altri operatori hanno multipli inferiori all’unità. La capacità reddituale del segmento discount nel suo complesso appare quindi nettamente superiore a quella degli altri: esse cumulano il 33,8% degli utili aggregati pur rappresentando il 14,5% in termini di fatturato e l’11,7% in termini occupazionali. Anche la struttura finanziaria dei discount presenta fattori distintivi: i debiti finanziari rappresentano nel 2017 appena il 46,7% dei mezzi propri (erano il 70,5% nel 2013) e a ciò si aggiunge il fatto che le disponibilità liquide ammontano al 90,3% dei debiti finanziari.

17

R.B. marzo 2019 - dfo 27


scenari - fondi attivisti

CHI HA PAURA DEI FONDI ATTIVISTI? Un rapporto di Alix Partners sottolinea il timore, in molte aziende europee, per le strategie dei fondi attivisti. I manager le vedono spesso come un pericolo, ma non sviluppano strategie di risposta adeguate. E, spesso, chiudono un occhio su inefficienze che aprono la strada ai fondi

M

etteranno nel mirino almeno una dozzina di aziende italiane nei prossimi 18 mesi. E la loro avanzata preoccupa moltissimo i manager. I fondi attivisti, però, non sono necessariamente un male, secondo i risultati di uno studio firmato Alix Partners. Dalle interviste, condotte su 500 aziende quotate in Europa (con un certo sbilanciamento sul mercato UK) emerge una certa inquietudine tra i top manager. Il 68% ha risposto di essere preoccupato dall’attivismo degli investitori: la percentuale è particolarmente alta nei settori Oil&Gas, Automotive e nei servizi finanziari. “Gestire l’attivismo” è una priorità in crescita per il 65%: e a livello di settori il problema è in agenda per telco, prodotti farmaceutici, vendita al dettaglio, beni di consumo.

I fondi attivisti sono necessariamente un male?

28 dfo - marzo 2019

La difficoltà nasce dal cambiamento… Le aziende più allarmate sono, giustamente, quelle che operano in settori in profonda trasformazione: se è vero che il digitale impatta sul business di tutti, non c’è dubbio che per qualcuno l’impatto è maggiore. Pensiamo al Fashion, settore in cui il mercato italiano vale 4 miliardi, ma le aziende nostrane ne fatturano 45 grazie all’export. Alla competizione globale si sommano la trasformazione del modello distributivo, operata anche dall’e-commerce (pensiamo alla piccola rivoluzione dei resi gratuiti) così come il progressivo tramonto del concetto di “stagione”, a favore di un rinnovamento più frequente dell’offerta. … anche nei servizi finanziari Ragionamenti analoghi si possono fare per il commercio, ovviamente. Telco e media sono in crisi (di identità, non solo di ricavi) da almeno dieci anni. E per i settori finanziari, beh, non c’è dubbio che siano in fase di grande trasformazione. E che attirino moltissimo l’interesse dei fondi attivisti: basti pensare agli investimenti di Bain Capital sui


fondi attivisti - scenari

campioni nazionali dei pagamenti elettronici in diversi mercati. Squali o risanatori? La provocazione che emerge dai dati di Alix Partners (società di consulenza specializzata in “creazione del valore e risanamento della performance”) è particolarmente stimolante: i fondi attivisti sono davvero un pericolo oppure, presentando piani industriali alternativi, possono rilanciare l’azienda, risolvendo inefficienze che il management non ha affrontato in tempo (e da tempo)? La risposta è, ovviamente: dipende. Dipende dal fondo, dalla società, dalle scelte degli azionisti, dalla solidità del piano industriale presentato. Dipende in sostanza dal singolo caso. Perché l’Italia? Per le aziende italiane, in particolare, si pone la questione della scala e della competizione globale. Il nostro Paese mantiene in diversi settori delle eccellenze, ma di piccole dimensioni: la nostra industria è frammentata. La capacità di creare aggregazione tra realtà diverse comporta anche la generazione di sinergie e di economie di scala. E l’ingresso di investitori attivi potrebbe, in alcuni casi, cambiare modelli immobili, spesso con governance non trasparentissime. Allo stesso tempo, le piccole dimensioni di molte società non facilitano l’ingresso nei radar dei fondi internazionali.

Mancano le competenze per trattare con i fondi attivisti

Manca una strategia per gestirli Tornando alla survey di Alix Partners, infatti, emerge che il 53% delle società quotate non ha idea di come difendersi dalla eventuale “offensiva” di un fondo attivista. Nessuna strategia: d’altronde, definirne una (per non parlare di implementarla) comporterebbe dei costi. Ancora peggio: nel 32% si segnala un basso livello di competenza interna nel trattare con i fondi attivisti. E la percentuale è particolarmente alta nei servizi finanziari. Il 57% delle aziende pensa che ricorrerà maggiormente a consulenti esterni nei prossimi 12-24 mesi.

E non tutti gli attivisti sono uguali Da tenere presente, infine, anche un ulteriore trend evidenziato da Alix Partners: la specializzazione dei gestori attivi. Un termine ombrello che ormai comprende sia fondi che puntano a entrare e uscire da un’azienda in tempi brevi sia player che fanno investimenti più strutturati (e lungamente valutati) puntando al medio o lungo periodo. A.G. marzo 2019 - dfo 29


scenari - finanziamenti alle imprese

LE IMPRESE NEL MERCATO DEI BOND Per l’Italia è una novità ma in Europa è da tempo che le imprese non si rivolgono più al tradizionale canale bancario per ottenere un finanziamento. Una disintermediazione che cresce nel nostro Paese, a favore di forme di finanziamento alternative come il mercato obbligazionario

I

nversione di marcia per le imprese italiane. Se fino a qualche anno fa in Italia il canale preferenziale di finanziamento delle aziende erano gli istituti di credito, ora le imprese si avvicinano sempre più al mercato di capitali. La motivazione è semplice: da una parte, il peso del credit crunch ha sicuramente chiuso i rubinetti del credito e spostato quindi l’attenzione delle aziende in cerca di liquidità verso nuove forme di finanziamento alternative; dall’altra, la difficile posizione economica delle banche ha portato a una maggiore consapevolezza

30 dfo - marzo 2019

delle imprese sui rischi legati a un eccessivo ricorso al canale bancario. Nuovo ma non inconsueto È un passaggio graduale quello a cui stiamo assistendo, secondo il sesto position paper del centro di ricerca BAFFI CAREFIN dell’Università Bocconi redatto in collaborazione con Equita e presentato in occasione dell’evento “The Italian corporate bond market: what is happening to the capital structure of italian non-financial companies?. Ma non è certo qualcosa di anomalo: negli altri Paesi europei, infatti, le imprese ricorrono da tempo sia a finanziamenti bancari sia di mercato. Ed è solo dal 2017 che le nostre aziende hanno iniziato a svincolarsi dagli istituti di credito per rivolgersi al mercato di capitali, portandosi in linea con Paesi quali la Germania: dal 2009 al 2017, il debito bancario in Italia si è ridotto di 118 miliardi, mentre le emissioni di titoli di debito sono aumentate di 83 miliardi.


finanziamenti alle imprese - scenari

Uno sguardo lungo 10 anni Nel dettaglio, tra il 2007 e il 2017, le offerte di obbligazioni societarie e minibond di società non finanziarie italiane hanno raggiunto cifre da record per il nostro Paese: 401 obbligazioni societarie e 208 minibond, corrispondenti rispettivamente a oltre 260,8 miliardi e 1,7 miliardi. L’offerta di obbligazioni societarie è quindi più che quadruplicata, raggiungendo un volume di emissioni annuo di quasi 45 miliardi di euro su 67 offerte del 2017 (nel 2007 erano di poco superiori ai 10,5 miliardi su 12 offerte). Le emissioni obbligazionarie prive di rating e ad alto rendimento hanno contribuito notevolmente a questa crescita: infatti, mentre le emissioni investment grade rappresentavano poco più del 90% di tutte le offerte nel 2007, il loro contributo è sceso al 52% dopo 10 anni, mentre le emissioni obbligazionarie non investment grade sono salite al 49%. Nuova domanda, nuova offerta Lo studio mette quindi in evidenza come i finanziamenti di mercato, attraverso l’emissione di bond, stiano crescendo: sia per quanto riguarda la domanda, sia dal lato dell’offerta di capitale di debito. Difatti, ciò che si cerca di colmare è un gap delle fonti di finanziamento offerte alle imprese e derivante appunto dal calo dei prestiti da parte delle banche che, nel giro di 10 anni, hanno ridotto di oltre 175 miliardi (-2,2% a/a) le cifre erogate; ma anche dalla volontà delle imprese di diversificare maggiormente le fonti di finanziamento delle proprie attività. Lato offerta, invece, la riduzione del credito bancario, in risposta ai maggiori requisiti di capitale richiesti agli istituti di credito, è compensato da una maggiore presenza di investitori a caccia di alti rendimenti.

Gli ostacoli Si apre un nuovo mercato, ma non mancano gli ostacoli: la qualità e le dimensioni dell’impresa possono infatti rivelarsi un limite nell’accesso a queste nuove forme di finanziamento alternative. Il mercato obbligazionario, difatti, è prevalentemente concentrato su emissioni che vantano un rating alquanto alto, incapace quindi di coprire interamente il funding gap delle imprese e la necessità di diversificazione delle fonti di finanziamento. In altre parole, più l’azienda è grande maggiore è la probabilità di entrare nel mercato dei bond, dati gli elevati costi fissi dell’emissione e anche le forti asimmetrie informative che impediscono alle imprese più piccole di accedere al mercato. Più investitori domestici per le PMI È necessario quindi promuovere al contempo lo sviluppo di una base di investitori domestici più ampia e forte, capace di garantire anche alle piccole e medie imprese italiane l’accesso a forme di finanziamento basate su alternative di mercato. Così da trarre vantaggio dalla diversificazione delle fonti di finanziamento. «Benché sia aumentato negli anni, il ricorso ai mercati da parte delle imprese rimane tendenzialmente limitato ad aziende di dimensioni rilevanti e con un livello di indebitamento esistente elevato – commenta Andrea Vismara, Amministratore Delegato di Equita Group. Il mercato obbligazionario per le imprese più piccole rimane ancora molto meno sviluppato di quanto sarebbe auspicabile e la ragione principale, a nostro parere, è che non è stato posto sufficiente sforzo nello sviluppo dell’elemento più importante affinché tale mercato possa crescere: gli investitori specializzati». G.C. marzo 2019 - dfo 31


scenari - brevetti

L’ITALIA PROTEGGE LE PROPRIE INVENZIONI Confermata la crescita di richieste di brevetti in Italia: le domande sono aumentate quasi dell’1% e il settore dei trasporti fa da traino. Inoltre, la Lombardia e il capoluogo meneghino sono ai primi posti per il numero di richieste

C

on una crescita dello 0,9%, le domande di brevetti italiane inoltrate all’European Patent Office (EPO) nel 2018 hanno raggiunto quota 4.399. Permettendo al nostro Paese di posizionarsi al decimo posto nella classifica europea per richieste di brevetti. È un mercato che cresce da ben quattro anni, dopo un calo

CRESCITA DELLE DOMANDE DI BREVETTI ITALIANI ALL’UFFICIO BREVETTI EUROPEO

3 649

2014

3 986

2015

4 154

2016

Fonte: European Patent Office 2019 32 dfo - marzo 2019

4 360

2017

+0,9%

4 399

2018

registrato tra il 2011 e il 2014. «Sono molto compiaciuto di riscontrare che le richieste di brevetto provenienti dall’Italia siano aumentate per il quarto anno consecutivo, a conferma di una tendenza in crescita chiara e sostenibile dell’attivismo sui brevetti presente in Italia – commenta António Campinos, Presidente di EPO. Si tratta di una conseguenza dell’aumento degli investimenti in Ricerca & Sviluppo e del ruolo centrale dei brevetti nella protezione legale delle invenzioni a intero beneficio dell’economia italiana. La robusta crescita nel settore dei trasporti, attualmente uno dei più dinamici e competitivi a livello globale, merita una menzione particolare». Più brevetti nei trasporti... Il settore dei trasporti, e in particolare l’automotive, è infatti diventato il primo in Italia con quasi 400 richieste e un +21% sul 2017. È l’incremento maggiore registrato nel settore all’interno del Gruppo dei nove più grandi Paesi europei: le società italiane, con il 4% di tutte le richieste relative ai trasporti, si posizionano difatti al terzo posto dopo Germania e Francia.


brevetti - scenari

... insieme a ingegneria chimica e macchinari elettrici Oltre al settore dei trasporti, cresce in modo deciso anche la registrazione di brevetti nel campo dell’ingegneria chimica (+37%) e dei macchinari elettrici, di apparato ed energia. In particolare, molti brevetti sono stati richiesti nel settore delle tecnologie legate alle energie pulite (+21%) e delle macchine tessili e cartarie (+15%). Nonostante un calo del 2,7% nel comparto macchinari speciali (dalle macchine agricole e alimentari fino alle stampanti 3D), l’Italia mantiene, a livello globale, un posizionamento forte nel settore, con una quota del 4% di tutte le richieste ricevute da EPO lo scorso anno.

al numero di brevetti alquanto bassa. Nella classifica per città, Milano fa la parte del leone con oltre il 20% di richieste, superando di gran lunga Torino (7,1%), Bologna (6,7%) e Roma (4,6%).

Le società italiane più prolifiche Uno sguardo va rivolto anche alle società che si sono rivolte a EPO. Con 54 richieste, G.D si posiziona come la società più attiva nella richiesta di brevetti. A seguire, Pirelli (51 richieste), Chiesi Farmaceutici (37), Campagnolo (36) e Telecom Italia (31). Rientra nella top ten italiana del 2018 anche l’Istituto Italiano di Tecnologia.

Tecnologia medica al top Sempre guardando all’Europa, quello della tecnologia medica rimane il settore in cui sono confluite la maggior parte delle richieste di brevetti (+5%), seguite ancora una volta da comunicazione digitale e computer technology. Il settore che ha registrato la crescita più rapida è quello delle scienze legate alla vita, dove i comparti farmaceutico e biotecnologico fanno un balzo del 13%.

Lombardia: fiore all’occhiello per i brevetti Lombardia e Milano si confermano come prima regione e città in classifica. La regione lombarda è in tredicesima posizione a livello europeo per richieste a EPO, anche se con una lieve diminuzione rispetto all’anno precedente (-1,5% sul 2017), mentre svetta tra le regioni italiane (con una quota del 32% di tutte le richieste), seguita da Emilia Romagna (17,1%; +7%) e Veneto (13,5%; +2%). Queste tre regioni insieme contano per più del 60% di tutte le richieste italiane a EPO. Ma anche altre regioni iniziano a crescere: l’incremento maggiore si è registrato in Abruzzo (+146%) e Puglia (+42%), naturalmente con una base di partenza relativa

Uno sguardo europeo In tutta Europa è aumentato il numero di richieste di registrazione dei brevetti a EPO, a eccezione della Francia (-2,8%) e della Finlandia (-3,8%). Oltre all’Italia, le richieste sono cresciute in Danimarca (+14,4%), Belgio (+9,7%), Regno Unito e Svizzera (entrambe +7,8%), Svezia (+7,1%), Spagna (+6,3%), Germania (+4,7%), Austria (+3,8%) e Paesi Bassi (+1,4%).

Siemens di nuovo in testa, Huawei seconda Per quanto riguarda invece le società europee, Siemens, con quasi 2.500 domande, è la società che ha presentato più richieste di brevetti nel 2018 (posizione di testa che aveva abbandonato dopo il 2011), scambiandosi di posizione con la cinese Huawei, ora seconda in classifica. Seguono le coreane Samsung e LG e la United Technologies americana. Nella top ten trovano quindi spazio quattro società europee, tre statunitensi, due coreane e una cinese. G.C. marzo 2019 - dfo 33


intervista - Furla

SOLUZIONE CONFIRMING PER LA SUPPLY CHAIN Furla guarda al supply chain finance e integra una piattaforma confirming per supportare le aziende che lavorano all’intero della filiera. Un servizio che è già stato adottato dai fornitori maggiori e che ora è pronto per essere esteso anche a quelli minori. Con la possibilità di incrementare gli investimenti nel processo produttivo 34 dfo - marzo 2019

U

na piattaforma digitale per gestire i pagamenti dei fornitori e sostenere l’intera filiera produttiva. Furla, azienda con radici italiane protagonista nel mercato mondiale della pelletteria e degli accessori, ha scelto di implementare U-FACTOR, la piattaforma confirming cross border creata da UniCredit Factoring: un servizio dedicato al supporto e al finanziamento delle aziende che lavorano in filiera. Con tanti vantaggi, in primis la semplificazione dei rapporti tra le imprese e i fornitori, neutralizzando i rischi di ritardato o mancato pagamento.


Furla - intervista

Una soluzione confirming per migliorare i cicli finanziari

far evolvere la propria supply chain italiana ed europea, migliorandone i cicli finanziari e consentendo ai fornitori di indirizzare le maggiori risorse finanziarie disponibili a investimenti strutturali. Abbiamo pertanto sviluppato con U-FACTOR di UniCredit una soluzione di “confirming”, con la quale Furla conferma la volontà di pagare a scadenza una fattura, mentre il fornitore ha la possibilità di cedere pro-soluto il credito che ne deriva a condizioni economiche particolarmente vantaggiose, perché basate sulla solvibilità di Furla». I tempi di pagamento italiani D’altronde, in Italia i tempi di incasso delle fatture sono molto dilazionati: circa 56 giorni (dati Intrum Justitia, European Payment Index 2018), oltre la media europea, che si ferma a 34 giorni. Per accrescere la competitività delle aziende è quindi necessario oggi intervenire sui termini di pagamento e accorciare i tempi di incasso delle fatture. Ottimizzando inoltre il capitale circolante. Se il factoring è confirming «Furla – afferma Devis Bassetto, Chief Corporate Officer dell’azienda – aveva la necessità di

Devis Bassetto, Chief Corporate Officer di Furla marzo 2019 - dfo 35


intervista - Furla

La soluzione è già utilizzata dai grandi fornitori

Si parte dai grandi fornitori La soluzione è già entrata nel vivo, ma non coinvolge ancora tutti i fornitori della filiera. «Inizialmente – spiega Bassetto – è stata proposta ai fornitori di materie prime e alle filiere produttive. A fronte del favorevole accoglimento, è in fase di estensione anche ai fornitori delle aree non core del business. Nei primi sei mesi si è scelto di coinvolgere i fornitori più importanti per volumi ma il progetto è ora in fase di estensione anche ai fornitori minori». Tesoreria e supply chain in prima linea In fase di implementazione sono stati maggiormente coinvolti, naturalmente, i dipartimenti di tesoreria e supply chain. E ora l’azienda può gestire i pagamenti dei propri fornitori e sostenerli finanziariamente in Italia e all’estero. Con efficientamenti del ciclo passivo, velocità di esecuzione e capacità di onboarding internazionale. I vantaggi per Furla... Inoltre, i benefici che Furla ha potuto por36 dfo - marzo 2019

tare a casa grazie alla piattaforma digitale sono già evidenti. «In primis, non è più necessario l’utilizzo di linee finanziarie – elenca Bassetto. In secondo luogo, abbiamo la possibilità di mantenere una connotazione contabile di debito verso i fornitori fino alla scadenza. E poi ci sono i vantaggi in termini di riduzione dei rischi di frode, la piena integrazione nel processo di pianificazione finanziaria e l’importante controllo grazie alla forte automazione. Infine, nessun impatto ricade su NFP (Non-Farm Payroll, anche conosciuti come libri paga non agricoli, NdR) né sul NWC (Net Working Capital, o capitale circolante netto, NdR)». ... e per le aziende fornitrici Ma anche i fornitori beneficiano a loro volta di una serie di vantaggi fondamentali per migliorare l’intero ciclo produttivo. Ad esempio, anche le imprese della supply chain possono evitare «l’impiego di linee finanziarie, possono cedere pro-soluto il credito a condizioni finanziarie che sfruttano l’elevata solvibilità di Furla – conclude Bassetto – oltre a vantare una grande flessibilità che può essere attivata al bisogno. Inoltre, le aziende fornitrici possono impiegare gli affidamenti, prima dedicati al factoring, per investimenti strutturali volti a migliorare l’intero ciclo produttivo. Infine, grazie a questa piattaforma si riducono i rischi di frode e si può godere di una piena integrazione del processo di pianificazione finanziaria e di controllo». G.C.


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SICUREZZA. LE OTTO FACCE DEL RISCHIO Secondo il recente Cyber Security Risk Report di Aon le aziende devono fare i conti con diverse aree ad alto rischio in ambito cyber. Tutta l’azienda è coinvolta: dal CdA fino ai dipendenti, passando dai fornitori

O

tto aree di rischio da presidiare: tecnologia, supply chain, IoT, business operations, dipendenti, M&A, regolamentazione e Consigli di Amministrazione. Perché nel 2018 oltre la metà dei professionisti che operano nella sicurezza informatica ha subito un attacco proveniente dall’interno dell’azienda, mentre ben una azienda su cinque ha dovuto fare i conti con una violazione dei dati a causa di dispo-

sitivi connessi. A evidenziare le aree ad alto rischio per l’anno in corso è Aon, nel suo Cyber Security Risk Report 2019 “What’s Now and What’s Next”. E non si parla solo di tecnologia, perché è il denaro a muovere gli attacchi dei cyber criminali. Un esempio? Il valore delle operazioni di M&A che si sono concluse lo scorso anno supererà i 4mila miliardi di dollari e i criminali informatici, ormai è assodato, prendono di mira marzo 2019 - dfo 37


speciale - azienda e rischio cyber

le aziende oggetto di acquisizione da parte di organizzazioni più grandi proprio nel periodo tra l’annuncio del deal e il closing dell’operazione. Il rischio intrinseco della tecnologia D’altronde, la tecnologia ha ampliato le porte di accesso ai cyber attacchi: dall’editoria all’automotive, tutti i settori si trovano di fronte a servizi e modelli di business in evoluzione ma alle opportunità si affiancano una serie di rischi diversi rispetto a quelli del passato, che le aziende dovranno sapere anticipare e gestire mano a mano che proseguirà il processo di trasformazione digitale. Supply chain: le terze parti sono l’anello debole Anche la supply chain è sotto attacco. Sono due i principali trend che aumenteranno la vulnerabilità della catena di distribuzione: uno è legato alla espansione dei dati operativi esposti agli hacker, dai dispositivi mobili agli hedge device, come l’Internet of Things (IoT); l’altra tendenza è la crescente dipendenza delle aziende da fornitori di servizi terzi o, addirittura, quarti. Questi trend offrono ai criminali informatici nuove falle nella catena di approvvigionamento e richiedono una gestione del rischio che coinvolga il top management e il Consiglio di Amministrazione. Applicando una gestione del rischio lungimirante per promuovere business operation affidabili e redditizie. Eppure un quarto delle aziende non ha ancora messo in campo un approccio di tipo cloud first per la sicurezza (dati IDG Research) e quasi il 60% delle aziende nel Regno Unito e negli Stati Uniti ha subito un data breach attraverso terze parti (dati Ponemon Institute). Tuttavia, solo il 35% di queste aziende colpite valuta ora programmi di gestione del rischio delle terze parti come 38 dfo - marzo 2019

realmente efficaci. Ma attenzione, perché la regolamentazione giuridica, nell’ambito della sicurezza informatica, ritiene responsabili le aziende anche nel caso in cui la violazione di dati sia dipesa da un fornitore. IoT: quanti dispositivi connessi? Quale azienda oggi non possiede sistemi di conferenza, telecamere di sicurezza, stampanti e sistemi di automazione degli edifici? Bene, questi dispositivi di IoT sono un potenziale rischio per la sicurezza informatica. E molte imprese non presidiano abbastanza questo aspetto. Sarebbe invece il caso di tenere un inventario di tutti i dispositivi connessi che interessano il business, per evitare possibili violazioni. Difatti, il 52% delle aziende che ha agito in questo modo ha dichiarato di possedere mille dispositivi IoT (dati Ponemon Institute, 2018) mentre la media individuata dal report sarebbe di oltre 15mila dispositivi connessi. Col passare del tempo, inoltre, il numero di dispositivi IoT crescerà, anche grazie all’attuale diffusione di cellulari connessi e dal futuro passaggio alla rete 5G. il 21% delle aziende ha subito, lo scorso anno, una violazione di dati per via di dispositivi connessi non garantiti e il 18% ha dichiarato che gli attacchi sono stati causati da dispositivi di terze parti. Ecco perché un inventario efficace a livello organizzativo, insieme alla implementazione di un processo di monitoraggio, saranno di fondamentale importanza per le aziende nei prossimi anni. Le business operation sotto attacco Non c’è niente di più facile per un hacker che sfruttare la connettività a internet per espandere il proprio attacco all’interno dell’azienda. E anche se, oggi, la rete consente di migliorare le mansioni operative, le infezioni da malware possono bloccare i sistemi alla base delle business operations.


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Pensiamo ai sistemi manifatturieri ma anche, banalmente, a una rete elettrica. Il malware Notpeya ha causato miliardi di dollari di danni ad aziende multinazionali appartenenti a diversi settori (dallo shipping al farmaceutico, dalla costruzione al manifatturiero). I ransomware possono portare al fermo delle operazioni di business criptando i dati dell’azienda, come è successo con il memorabile WannaCry, che ha attaccato più di 230mila computer e chiesto alle aziende violate il riscatto in bitcoin per riavere accesso ai propri dati. Se si aggiungono scorciatoie operative o processi di backup inefficaci, l’impatto di un attacco cyber sulle business operation può avere ripercussioni ancora più gravi. Le organizzazioni devono quindi essere più consapevoli e preparate all’impatto legato alla connettività. Nuove policy per i dipendenti È stato ripetuto più volte, ma è l’uomo l’anello debole della sicurezza. Ecco perché i dipendenti rimangono una delle cause più comuni di violazione, anche se inconsapevoli. Inoltre, il cloud computing sta intensificando il problema dello Shadow IT (sistemi e soluzioni usati all’interno dell’azienda senza un’approvazione esplicita, NdR). È obbligatorio quindi per l’azienda stabilire un approccio di riduzione del rischio interno: una governance dei dati solida, condivisione delle politiche di sicurezza informatica e implementazione di controlli di accesso e di protezione dei dati efficaci. Le acquisizioni diventano più rischiose Ai criminali fanno anche gola le aziende che vengono acquisite da organizzazioni maggiori: i professionisti che operano in prima linea nelle operazioni di M&A devono quindi essere pronti a prevedere specifiche policy di sicurezza informatica nei lori piani per assicurarsi la buona riuscita del deal.

Bisogna ridurre il rischio interno con nuove policy per i dipendenti

La regolamentazione ha bisogno di equilibrio L’applicazione di leggi, regolamenti e standard in ambito cyber è aumentata nel 2018, ponendo le basi per un aumentato rischio di conformità nel 2019. Tuttavia, la regolamentazione e la conformità alle normativa non possono diventare l’unico obiettivo: le imprese devono trovare il giusto equilibrio tra le nuove regolamentazioni e le minacce informatiche in continua evoluzione. I CdA al lavoro per la sicurezza Il presidio della sicurezza informatica è quindi priorità nei Consigli di Amministrazione: gli ultimi episodi di data breach hanno visto un aumento delle responsabilità a carico dei manager e si sono verificati dei casi in cui gli azionisti di aziende violate hanno fatto causa ai loro manager. Secondo una survey del 2018 condotta dal BDO Center for Corporate Governance and Financial Reporting, tre quarti dei CdA dichiarano di essere maggiormente coinvolti nella sicurezza informatica rispetto all’anno precedente. I CdA devono continuare a innalzare quindi la soglia di attenzione per la gestione del rischio cyber, non solo intraprendendo azioni per riparare ai danni conseguenti un incidente informatico, ma anche nell’ambito di una preparazione e pianificazione proattiva della sicurezza informatica. G.C. marzo 2019 - dfo 39


closing time

NO-DEAL BREXIT? SAREBBE IMPENNATA PER LE INSOLVENZE

No-Deal, più insolvenze. Improbabile ma possibile, la Brexit senza intese avrebbe conseguenze allarmanti in tutta l’UE, secondo Atradius: in UK le insolvenze potrebbero sfiorare anche il +14% entro il 2020, il +0,5% in Italia. Più a rischio i maggiori esportatori… Anche solo la possibilità del No-Deal Brexit, cioè l’uscita dall’UE senza accordo formale, spaventa infatti gran parte dei Paesi europei. I più a rischio sarebbero i mercati maggiormente attivi dal punto di vista commerciale con il Regno Unito. Ma l’incertezza coinvolgerebbe un po’ tutto il Vecchio Continente. …come Irlanda, Olanda e Belgio In Irlanda ad esempio i casi di man40 dfo - marzo 2019

cato pagamento potrebbero arrivare a crescere addirittura del 4%, in particolare nel settore manifatturiero, dove il 44% del valore aggiunto complessivo proviene dalle esportazioni in UK. Più contenuto ma comunque significativo sarebbe invece l’aumento delle insolvenze in Paesi come Olanda, Belgio e Danimarca: parliamo di un +1,5%. Dove i comparti tessile, chimico e di produzione dei macchinari sarebbero i più colpiti. Minore impatto in Italia Spagna, Portogallo e Germania possono invece stare più tranquilli, benché sempre a rischio: l’incremento qui non dovrebbe superare l’1%. E il discorso non è tanto

diverso anche per Italia, Francia e Austria (+0,5%). Così come per il resto dei 27 Paesi dell’Unione. «In uno scenario di mancato accordo sulla Brexit – commenta Massimo Mancini, Country Manager di Atradius per l’Italia – prevediamo che l’impatto sulle insolvenze in Europa possa essere localizzato e settoriale. La dinamica positiva dei flussi commerciali tra Italia e Regno Unito suggerisce alle nostre aziende di proteggere il proprio business soprattutto in quei settori trainanti dell’export quali macchinari, autoveicoli, agroalimentare e chimico, che sono anche quelli più esposti alle possibili ricadute negative di un’uscita a seguito di mancato accordo».


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Smart Home to, ca cresce il mer ai dati ne io nz te ma at

Intervista L’innovazione, secondo Iren

ero 1 • marzo • Anno I • Num una di Milano no e presso il Trib ma 1, DCB Mila sa di Registrazion 27/02/2004 n. 46) art. 1, com L. dello 15 • In atte In v. Ban (con M. 03 Via 23 Milano, - D.L. 353/20 201 a.p. • in Srl d. t21 Spe Blas Spa • Poste Italiane

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