N°17, 20 LUGLIO – 2 AGOSTO 2014 ISSN: 2284-1024
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BloGlobal Weekly Report Osservatorio di Politica Internazionale (OPI) © BloGlobal – Lo sguardo sul mondo Milano, 2 agosto 2014 ISSN: 2284-1024 A cura di: Giuseppe Dentice Danilo Giordano Maria Serra
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FOCUS LIBIA ↴
Nel giorno dell’insediamento a Tobruk del nuovo Parlamento libico (2 agosto), nel Paese non accennano a diminuire gli scontri e le violenze tra milizie contrapposte. Dopo la battaglia all’aeroporto di Tripoli dei giorni scorsi e l’incendio divampato il 27 luglio ad un deposito di carburante sempre vicino l'aeroporto, la forte situazione di instabilità ha spinto tutti gli Stati che avevano una qualche rappresentanza nel Paese a forzare il rientro verso i rispettivi Stati di appartenenza. Nella capitale libica sono rimaste aperte soltanto le Ambasciate di Italia e Regno Unito, mentre facendo seguito all’abbandono americano e turco dello scorso weekend, Francia, Germania, Cina e Filippine hanno deciso di lasciare il Paese. La Francia, che dal 30 luglio ha evacuato quasi tutto il proprio personale diplomatico facendo arrivare la fregata Montcalm nel porto di Tripoli, ha deciso di continuare a mantenere i contatti con il governo libico, svolgendo, però, l’attività diplomatica da Parigi. Il caos che regna in Libia preoccupa anche i Paesi vicini, tra i quali l’Egitto che teme possibili sconfinamenti delle milizie libiche sul proprio territorio e il rientro massiccio degli oltre 700mila egiziani che lavorano nel Paese. Oltre a rafforzare la presenza militare lungo il confine condiviso del Deserto Orientale anche per evitare infiltrazioni jihadiste – come nel caso dell’attacco islamista il 19 luglio a Farafra dove sono morte 22 guardie di frontiera egiziane –, Il Cairo, per voce del Presidente Abdel Fattah al-Sisi e del Ministro degli Esteri Sameh Shoukry, ha affermato che l’Egitto «sostiene l'unità della Libia» e che il governo egiziano […]«è contrario ad ogni
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ingerenza negli affari interni del Paese e condanna chi all'interno della Libia o all'esterno abbia inserito l'Egitto negli sviluppi in corso» perché « Il Cairo considera la questione come puramente libica». Alla luce di una situazione sempre più caotica e fuori controllo, la nuova Camera dei Rappresentanti, eletta il mese scorso ma non ancora riunitasi, ha convocato per il 2 agosto una riunione d’urgenza a Tobruk, anticipando di due giorni la seduta inaugurale prevista per il 4 agosto a Bengasi, capitale della Cirenaica e città nella quale sembra ormai calare il controllo legale delle autorità locali. Rimane tuttavia assai remota la possibilità che la Camera dei Rappresentanti riesca a trovare una soluzione al disordine imperante in Libia e ad imporre il proprio potere sulle milizie armate. Infatti, l’attuale crisi è figlia anche di una situazione di generale insicurezza dettata dal proliferare di gruppi armati di vario genere, mai smilitarizzati negli ultimi tre anni, e dell’assenza di un processo state-building dalla caduta del regime di Mu’ammar Gheddafi nel 2011. Il risultato odierno è quello di una presenza invasiva delle milizie armate, ognuna delle quali trova un proprio riferimento politico e tribale nei gruppi presenti nel Parlamento libico aumentando così lo stato di insicurezza generale. Una situazione che ha investito anche la Tripolitania e la sua capitale. A fronteggiarsi sono le due milizie principali, sia per forza politica, sia per numero di uomini e armi, ossia Misurata e Zintan che, sin dalla caduta di Gheddafi, si contendono il controllo della città. L’attuale fase di battaglia ruota tutta intorno alla conquista dell’aeroporto internazionale di Tripoli: le milizie di Misurata, alleate con unità islamiste, cercano di conquistare lo strategico punto di snodo, da tempo nelle mani delle milizie di Zintan. I combattimenti hanno trasformato l’intera capitale in un’unica zona di guerra, dalla quale da alcuni giorni si levano alti nel cielo i fumi grigi derivanti dal fuoco appiccato ai due giganteschi depositi petroliferi, situati lungo la strada che conduce all’aeroporto. Nelle ultime tre settimane gli scontri tra milizie rivali nella capitale hanno provocato la morte di circa trecento persone, rendendo difficile qualsiasi tipo operazione. Si pensi all’impossibilità di spegnere una cisterna di petrolio da parte dei vigili del fuoco. Se la Tripolitania è diventata un nuovo punto di interesse per gli osservatori internazionali, la Cirenaica continua invece ad essere ancora il teatro dove si concentrano le maggiori violenze del Paese. A preoccupare soprattutto sono i combattimenti in corso a Bengasi fra le truppe fedeli al Generale dissidente Khalifa Haftar e le brigate islamiste vicine ad Ansar al-Sharia. Il 29 luglio queste ultime hanno annunciato di aver preso il controllo definitivo, dopo giorni di combattimenti che hanno provocato 75 morti, del quartier generale delle forze speciali libiche della brigata al-Saiqa, di stanza a Bengasi. Secondo i media locali, le milizie islamiste, dopo aver bombardato per giorni la caserma delle forze speciali, hanno obbligato i soldati del colonnello Wanis Abu Khamada ad abbandonare l’infrastruttura. Questa vittoria rappresenta un duro colpo per l’Operazione Dignità lanciata il 16 maggio dal Generale Haftar per eliminare i militanti islamisti dal Paese: le forze speciali rappresentavano,
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in effetti, un importante elemento del dispositivo militare predisposto dall’unico leader libico rimasto. Subito dopo, Mohamed al-Zahawi, un rappresentante ufficiale del gruppo armato, ha rivendicato ad una radio locale la nascita dell’emirato islamico di Bengasi. Tuttavia, Khalifa Haftar, ha smentito le dichiarazioni del gruppo. «L'esercito libico nazionale ha perso il controllo di alcuni quartieri di Bengasi e si è ritirato da determinate posizioni per ragioni tattiche», ha detto Haftar ad al-Arabiya, facendo presumere a breve una violenta controffensiva. Nel frattempo si rincorrono contrastanti le voci di una sua possibile fuga verso l’Egitto o la Tunisia. Anche la situazione umanitaria è al collasso, con migliaia di libici ed egiziani in fuga dal Paese. L’agenzia di stampa statale della Tunisia, TAP, riporta che il 1° agosto il Paese ha chiuso il valico di confine con la Libia, quello di Ras Jedir, dopo che centinaia di egiziani in fuga dalle violenze hanno cercato di sfondare le barriere protettive. Durante le operazioni di chiusura del valico sono morti due egiziani in situazioni non ancora del tutto chiarite. Nei giorni scorsi il governo tunisino aveva avvertito di non essere in grado di sopportare da sola il peso di grandi flussi umani lungo le proprie frontiere, come quelli avvenuti nel 2011 nel pieno della rivolta anti-Gheddafi, e che aveva sollecitato l’intervento dell’ONU.
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UCRAINA ↴
Mentre proseguono le indagini sull'abbattimento del volo MH17 della Malaysia Airlines – il 31 luglio è infatti giunta a Grabovo, il luogo dello schianto, la delegazione dell'OSCE, accompagnata da quattro ispettori olandesi, quattro australiani e almeno 68 poliziotti malesi, mentre Mosca ha deciso di inviare i rappresentanti dell'Agenzia federale russa per il trasporto aereo, Rosaviazia – l'Unione Europea ha dato il via alla cosiddetta “fase tre” delle sanzioni contro la Russia. Al termine di una lunga maratona negoziale avviata dal Consiglio Europeo del 16 luglio, il 30 luglio i 28 Paesi UE hanno trovato un accordo su un nuovo e più vasto pacchetto di misure economiche che prevede: 1) Il divieto di acquisto e di vendita di obbligazioni, di azioni o di altri strumenti finanziari emessi dopo il 1° agosto 2014 dai maggiori istituti di credito e finanziari russi con più del 50% di controllo pubblico, da banche di sviluppo, dalle loro sussidiarie e da chiunque agisca per loro conto, con lo scopo di restringere l'accesso della Russia al mercato di capitali europei; 2) Il divieto di erogazione di ulteriori strumenti finanziari, quali ad esempio il brokering; 3) Un embargo sull'import-export di armi e di materiale ad esse collegato da/alla Russia in ottemperanza alla Common Military List dell'UE; 4) Il divieto di vendita diretta o indiretta di beni ad uso duale, comprese le tecnologie militari, alla Russia e ai soggetti che ricevono tecnologie militari russe;
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5) La vendita di equipaggiamento o di tecnologie energetiche in Russia dovrà essere preventivamente sottoposta all'autorizzazione delle autorità competenti degli Stati membri; 6) Il divieto di vendita, fornitura o esportazione di determinate tecnologie destinate all'esplorazione in campo petrolifero; 7) Il divieto di vendita, fornitura o trasferimento di tecnologia ed equipaggiamento strategico per la creazione, l'acquisizione e lo sviluppo di progetti infrastrutturali, per il trasporto, le telecomunicazioni e il settore energetico in Crimea e a Sebastopoli; 8) L'UE ha inoltre comminato ulteriori restrizioni nei confronti di tre entità: la Joint-Stock Company Concern Almaz-Antey, corporation russa leader nella ricerca, nello sviluppo e nella produzione di sistemi d'arma, missilistici e radar; la compagnia aerea Dobrolet, che opera tra la Russia e la Crimea; la Russian National Commercial Bank, impegnata negli ultimi mesi in acquisizione di capitali in Crimea. Colpite infine anche otto personalità: Alexey Alexeyevich Gromov, vice capo dello staff dell'amministrazione presidenziale; Oksana Tchigrina, portavoce della Repubblica Popolare di Lugansk; Boris Litvinov, Presidente del Consiglio Supremo della Repubblica Popolare di Donetsk; Sergey Abisov, Ministro degli Interni della Repubblica di Crimea; i businessman Arkady Romanovich Rotenberg (SGM Group e TPS Avia), Yury Kovalchuk (Rossiya Bank), Nikolay Shamalov (Rosinvest and Rossiya Bank) e Konstantin Valerevich Malofeev, ritenuti coinvolti nella destabilizzazione dell'Ucraina Orientale.
Il 30 luglio il Dipartimento del Tesoro USA ha reso nota l'estensione delle sanzioni già inflitte alla Bank of Moscow, alla Russian Agricultural Bank e alla VTB BANK OAO, inibendone la transazioni con le società americane. Mentre il rappresentante permanente della Russia presso l'UE Vladimir Chizhov ha dichiarato che le sanzioni europee sono incompatibili con le norme dell'Organizzazione Mondiale del Commercio, oltre a ritorcersi contro la stessa economia europea, un debole tentativo di soluzione diplomatica della crisi è andato in scena in Bielorussia: su proposta di Petro Poroshenko, il Presidente bielorusso Alexander Lukashenko il 31 luglio ha ospitato a Minsk un vertice a porte chiuse tra Kiev (rappresentata dall'ex Presidente Leonid Kuchma), Mosca (rappresentata dall'Ambasciatore Mikhail Zubarov) e OSCE (nella persona dell'inviata svizzera Heidi Tagliavini). Sul fronte interno ucraino sembra momentaneamente rientrata la crisi di governo a seguito delle dimissioni annunciate – ma respinte dalla Rada il 31 luglio – del Primo Ministro Arseniy Yatsenyuk il 24 dello stesso mese e che avevano paventato elezioni politiche anticipate: la decisione era infatti inizialmente dovuta all'uscita dalla coalizione di governo dell'UDAR di Vitali Klitschko e di Svoboda, nonché dalla
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bocciatura dello stesso Parlamento della legge per finanziare l'offensiva dell'esercito contro i separatisti filo-russi. È stata tuttavia ora introdotta una tassa di guerra: il prelievo coatto di 1,5% dello stipendio per finanziare le operazioni militari nell'Est. Sul campo, infine, continuano gli scontri, anche se sempre più circoscritti nelle aree intorno a Donetsk (le forze di sicurezza avrebbero ripreso il controllo della città chiave di Avdiivka, nei pressi dell'aeroporto della stessa Donetsk e strategica per il taglio dei rifornimenti ai separatisti) e a Lugansk: 36 le persone uccise e una sessantina quelle rimaste ferite dal 27 al 29 luglio nei bombardamenti condotti a Gorlivka, mentre secondo un Rapporto dell'ONU – ritenuto dalla Russia “poco obiettivo ed ipocrita” – sarebbero almeno 1.100 i morti finora nel conflitto, oltre 3mila i feriti e più di 100mila le persone fuggite dalle zone di combattimento.
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BREVI BULGARIA, 23 LUGLIO ↴ Il Primo Ministro Plamen Oresharski ha rassegnato le proprie dimissioni in vista delle elezioni politiche anticipate, già previste per il prossimo 5 ottobre dopo il deludente risultato politico ottenuto dal Partito Socialista Bulgaro (BSP) alle elezioni europee dello scorso 25 maggio: solo il 18,9% contro il 36,8% dell'asse conservatore GERB-RB. La sconfitta dei socialisti ha infatti fatto riemergere la crisi politico-istituzionale a cui le consultazioni anticipate del maggio 2013 – dopo cioè le dimissioni del contestato Boyko Borisov – avrebbero dovuto metter fine. Fin dall'insediamento del governo nei primi giorni di giugno, Oresharski era stato tuttavia sottoposto a pressioni popolari a causa delle accuse nei suoi confronti di collusione con la mafia, di agire in continuità con il suo predecessore e in particolare a seguito della decisione – poi revocata – di nominare Delyan Slavchev Peevski, già accusato di corruzione nel corso della carriera politica, a capo del Dipartimento di Sicurezza Nazionale (il cui acronimo ДАНС- DANS ha dato origine al movimento di protesta “DANSwithme”). Le manifestazioni contro le politiche del governo non si sono peraltro mai pienamente arrestate. All'accelerazione delle dimissioni del leader di BSP ha concorso inoltre la crisi del sistema bancario bulgaro scoppiata nel mese di luglio. L'assalto dei cittadini agli sportelli della Banca Centrale Commerciale e della First Invstment Bank a seguito dell'invio ai correntisti di messaggi falsi sulla situazione degli Istituti, ha provocato una crisi di liquidità, inducendo da un lato la Banca nazionale a prendere temporaneamente il controllo della BCC e dall'altro lo stesso Istituto Centrale e il governo a varare, con il benestare dell'Unione Europea, un pacchetto di aiuti di Stato al sistema bancario nazionale di 1,7 miliardi di euro (pari al 4% del PIL) per evitarne il collasso.
FRANCIA-SAHEL, 1° AGOSTO ↴ E’ operativa l’operazione Barkhane, una nuova missione militare di counterterrorism a guida francese che amplierà e sostituirà i compiti di Serval, l’operazione lanciata da Parigi nel gennaio del 2013 in Mali per fermare l’avanza nel Paese dei ribelli Tuareg e dei jihadisti di AQIM e del MUJAO, e di Epervier in Ciad, attiva fin dal 1986 per sventare un colpo di Stato, appoggiato dalla Libia di Gheddafi, ai danni dell’allora Presidente Hissène Habré. In sostanza le due missioni verranno fuse per dare vita a Barkhane. La nuova missione francese ha come obiettivo appunto quello di contrastare il terrorismo militante nella fascia sahelo-sahariana. Barkhane prevede la presenza di 3.000 soldati francesi – di cui per ora un migliaio schierati a Gao, in Mali e altri 1.200 a N’Djamena – che nel corso dei prossimi mesi saranno
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dispiegati tra Mauritania, Mali, Burkina Faso, Niger e Ciad – Paesi francofoni e appartenenti al partenariato politico-economico G5 –, e avrà il suo quartier generale nella capitale ciadiana di N’Djamena. Altre basi regionale, equiparate a una sorta di vice Stati Maggiori di N’Djamena, saranno stabilite a Gao (Mali), Niamey (Niger) e Ouagadougou (Burkina Faso) mentre le basi operative avanzate saranno localizzate a Faya-Largeau (Ciad), Madama (estremo nord del Niger) e Tessalit (nord del Mali al confine con l’Algeria), quest’ultimi tutti centri già sconvolti da fenomeni di terrorismo jihadista. Tatticamente le truppe saranno composte da squadriglie ridotte (30-50 persone) costituite da elementi delle forze speciali e dell’intelligence francesi in grado di spostarsi in modo più fluido e rapido da un Paese all’altro. Le forze sul campo avranno in dotazione tre droni, sei caccia, 20 elicotteri, dieci aerei da trasporto, più di 200 veicoli e si serviranno di informatori locali affidabili. Come spiegato dal Ministro della Difesa Jean Yves LeDrian non sono previste scadenze all’operazione militare in loco. Infine, la missione sarà guidata da un veterano esperto di scenari di duerra come il Generale Jean-Pierre Palasset, già al comando dell’Operazione Licorne in Costa d’Avorio nel 2010-11 e del quartier generale delle forze francesi in Afghanistan nel 2011-12 e con alle spalle importanti ruoli in Kosovo e in Bosnia Herzegovina.
FONTE: FRANCE 24
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ISRAELE-PALESTINA, 1° AGOSTO ↴ La tregua umanitaria di 72 ore che sarebbe dovuta iniziare dalle 8 di mattina ora di Gaza del 1° agosto, e raggiunta difficoltosamente a sorpresa la sera precedente grazie alla mediazione del Segretario di Stato John Kerry, è durata soltanto 120 minuti. A scatenare la nuova rottura il rapimento avvenuto nei pressi di Rafah del soldato israeliano, il sottotenente Hadan Goldin, e l’uccisione di due suoi commilitoni da parte di Hamas. A confermare il rapimento è stato Moussa Abu Marzouk, vice capo dell’ufficio politico del movimento islamista in Egitto, il quale ha da subito messo in dubbio la possibilità che il soldato sia ancora vivo. Sempre Abu Marzuk nel fornire maggiori dettagli sull’accaduto spiegava che il rapimento è avvenuto prima dell’entrata in vigore della tregua, ossia alle 7,10 ora locale, ma sia Washington, sia Tel Aviv hanno immediatamente smentito la ricostruzione dei fatti dimostrando attraverso immagini satellitari come la cattura sia avvenuta durante le ore del cessate il fuoco. Goldin sarebbe stato rapito nella mattinata del 1° agosto mentre la sua squadra stava compiendo una penetrazione nella Striscia di Gaza attraverso il tunnel di Kerem Shalom. Dura la reazione israeliana che ha subito lanciato un nuovo raid aereo uccidendo 40 Palestinesi. Il portavoce del Premier, Mark Regev, ha espresso sdegno per il rapimento del soldato israeliano e ha risposto alle accuse circa la durezza degli attacchi come una risposta necessaria dovuta anche al fatto che Hamas ha violato per la quinta volta dall’inizio di Protective Edge (8 luglio) i termini di una tregua. Anche la Casa Bianca e il Dipartimento di Stato USA hanno accusato Hamas di non volere la pace. Come conseguenza del rapimento Goldin, l’Egitto ha annullato tutti gli incontri con le rappresentanze palestinesi (Hamas e Jihad Islamica in particolare) mirati al raggiungimento di un più ampio accordo di cessate il fuoco permanente. Intanto sul terreno attacchi e rappresaglie non conoscono tregua. Dopo 25 giorni di conflitto è salito a 1.450 il bilancio dei Palestinesi uccisi e 8.500 i feriti, mentre sarebbero 63 i soldati israeliani morti.
NIGERIA-CAMERUN, 27 LUGLIO ↴ Più di 200 miliziani islamici di Boko Haram hanno sconfinato nel vicino Camerun dove hanno assalito la città di Kolofata, situata nell’estremo nord, provocando la morte di 16 persone. Sempre gli assalitori hanno rapito la moglie del vice Primo Ministro Amadou Ali, il sultano di Kolofata e il sindaco della città. Secondo i primi resoconti delle autorità, l’assalto sarebbe stato pianificato nel
dettaglio perché i
miliziani indossavano
uniformi
di
militari
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camerunensi e circolavano a bordo di veicoli che sembravano “ufficiali”. Per la stampa locale l’attacco di Kolofata è stato un colpo a sorpresa che sta spingendo le autorità di Yaoundé a modificare la risposta al problema terrorismo. La prima reazione del Presidente Paul Biya è stata quella di sollevare dal loro incarico due alti ufficiali dell’esercito per essersi fatti cogliere impreparati dinanzi all’attacco: il Tenente Colonnello Tchanuo Ngongang, comandante del 34° battaglione di fanteria motorizzata, e il Colonnello Gédéon Youssa, comandante della gendarmeria, entrambi in servizio nella regione nord del Paese. L’attacco è il terzo sconfinamento di Boko Haram in Camerun, dove il gruppo islamista potrebbe decidere di estendere le proprie attività: per tutta risposta, la scorsa settimana, Camerun, Nigeria, Niger e Ciad si sono impegnati a costituire una forza armata regionale per coordinare e rafforzare la lotta a Boko Haram. Il Camerun ha dispiegato un imponente dispositivo militare nelle regioni settentrionali al confine con la Nigeria per rispondere agli attacchi dei terroristi dove negli ultimi giorni erano frequenti gli sconfinamenti. Alla minaccia islamista si è aggiunta, come diretta conseguenza, l’emergenza umanitaria alla quale deve far fronte il Camerun: qui hanno già trovato rifugio decine di migliaia di civili in fuga dalla confinante Nigeria.
REPUBBLICA CENTRAFRICANA, 30 LUGLIO ↴ Nel nord della Repubblica Centrafricana, nella città di Batangafo, alcuni membri dei ribelli musulmani Séléka sono stati attaccati da uomini armati, definiti dai testimoni come appartenenti ai cristiani anti-Balaka. Uno dei portavoce dei Séléka, Ahmat Ibrahim Nadjad, ha accusato ufficialmente le milizie anti-Balaka di aver violato la tregua, attaccando le posizioni dell’ex coalizione ribelle: una denuncia che finora non è stata confermata dalla parte rivale, né da fonti governative. L’attacco, che è durato diverse ore, rappresenta una violazione dell’accordo di cessazione delle ostilità che era stato raggiunto solo alcuni giorni fa nella città di Brazzaville. L’accordo, siglato mercoledì 23 luglio nella capitale della Repubblica del Congo, dovrebbe rappresentare, secondo i firmatari, una tappa fondamentale verso il raggiungimento definitivo della pace e l’organizzazione delle elezioni previste nel 2015. Il cessate il fuoco, siglato da Séléka, anti-Balaka e altri quattro gruppi armati, prevede che le parti pongano immediatamente fine alle ostilità, mettano da parte i propri uomini, provvedano ad eliminare le barricate e a permettere la libera circolazione nelle zone controllate. Coloro che erano al tavolo negoziale del Forum di Brazzavile si sono dichiarati molti soddisfatti dall’accordo raggiunto, mentre i gruppi non presenti hanno mostrato il loro scetticismo. In effetti, l’accordo prevede la cessazione delle ostilità, ma non dice nulla riguardo al disarmo, alla smobilitazione e al reinserimento dei combattenti. «L’accordo non andava firmato dal momento che la sicurezza dei musulmani nel paese rimane incerta» ha detto il
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portavoce Nadjad, rappresentante di una fazione dissidente all’interno dei Séléka che ha contestato da subito l’accordo. Nel frattempo, sul piano politico, il Presidente del Consiglio Nazionale di Transizione, Alexandre Ferdinand Nguendet, ha avviato ampie consultazioni con tutte le formazioni politiche. Sulla carta la Presidente Catherine Samba Panza si è impegnata a formare un nuovo esecutivo per una gestione «consensuale ed inclusiva» della transizione che terrà conto di «tutte le sensibilità geografiche, politiche, comunitarie e sociali del Paese».
STATI UNITI, 31 LUGLIO ↴ Con 225 voti favorevoli e 201 contrari, la Camera dei Rappresentanti del Congresso USA ha approvato una risoluzione presentata dal Partito Repubblicano, e promossa dallo speaker John Boehner, per l'avvio di un'azione legale nei confronti del Presidente Barack Obama accusato di abuso di ufficio e di oltrepassare i propri limiti costituzionali. In particolare Obama avrebbe ricorso troppo frequentemente allo strumento del decreto, scavalcando così le funzioni dello stesso Congresso, come accaduto per l'approvazione della riforma del sistema sanitario e dell'innalzamento del salario minimo in ambito federale. La risoluzione, che prevede la possibilità dell'apertura di una procedura di impeachment, e che rischia di innalzare il livello di scontro tra il GOP e l'amministrazione Obama arrestando il processo di riforme promesso dallo stesso Presidente, è stata comunque minimizzata dai democratici, che l'hanno definita come una trovata politica in vista delle elezioni di medio-termine del prossimo mese di novembre, spiegando che si ritorcerà contro gli stessi repubblicani. A margine della pubblicazione del nuovo Rapporto sullo stato dell'occupazione, Obama ha intanto confermato che per il sesto mese consecutivo negli Stati Uniti sono stati creati almeno 200mila nuovi posti di lavoro ogni mese, anche se il tasso di disoccupazione resta al 6,2% (e dunque sotto le attese degli analisti); dopo la frenata dei primi tre mesi, nel secondo trimestre 2014 il PIL statunitense è ad ogni modo cresciuto del 4% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, andando al di là delle aspettative del 3%.
THAILANDIA, 1° AGOSTO ↴ La giunta militare al potere dallo scorso 22 maggio, ossia quando il Generale Prayuth Chan-ocha aveva proclamato in diretta tv la fine dell’esperienza politica dell’ex Premier Yingluck Shinawatra, ha autorizzato la formazione di un nuovo Parlamento ad interim compo-
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sto da 200 membri, la maggior parte dei quali provenienti dall’esercito e dalla polizia (111 rappresentanti). I restanti soggetti sono rappresentanti della società civile e della politica tradizionale che si sono sempre opposti al Pheu Thai, il Partito Democratico a lungo retto dalla famiglia Shinawatra. Sempre a tempo sarà anche la carica di Primo Ministro, la quale dovrebbe essere assegnata nei prossimi giorni al Generale Prayuth. Questi avrà il compito di formare un governo tecnico e di traghettare il Paese a future elezioni. Sebbene queste fossero state previste entro la fine di luglio 2014, la giunta militare ha preferito rinviare le consultazioni preferendo stilare una road map per pacificare la Thailandia e prepararla al ritorno di un potere civile. Ad ogni modo le elezioni generali dovrebbero essere fissate nell’ottobre del 2015. Nonostante la comunità internazionale faccia pressioni affinché la transizione sia ancora più rapida, il Re Bhumibol Adulyadej, determinante figura di coesione nazionale, aveva dato il suo benestare alla transizione militare firmando il 25 luglio la nuova Costituzione transitoria presentatagli dal Consiglio Nazionale per la Pace e l’Ordine, il nome formalmente riconosciuto per indicare la giunta al potere. Proprio il documento, composto da 48 articoli, prevede tra gli aspetti principali la formazione di un’Assemblea Nazionale, che avrà il compito di indicare il Primo Ministro e un esecutivo di non oltre 35 ministri, e la concentrazione delle questioni riguardanti la sicurezza nazionale nella persona del Generale Prayuth.
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ALTRE DAL MONDO ARGENTINA, 31 LUGLIO ↴ Per la seconda volta in tredici anni, Buenos Aires è giunta formalmente in default tecnico. A scatenare la procedura questa volta è stato il mancato pagamento di 1,3 miliardi di dollari tra crediti e interessi a due hedge fund (fondi di investimento) statunitensi che avevano rifiutato una nuova ristrutturazione del debito già accettata dalle altre parti creditrici. L’impossibilità di ottemperare a queste obbligazioni ha portato la società finanziaria Standard & Poor’s a tagliare il rating argentino da "CCC-" o a “selective default”.
CAMBOGIA, 30 LUGLIO ↴ Ha preso il via nella capitale Phnom Penh il secondo filone di processi del Tribunale Speciale delle Nazioni Unite questa volta con l’accusa di genocidio nei confronti delle comunità vietnamita e musulmane di etnia chan durante il governo di Pol Pot contro i due più alti leader dei Khmer Rossi ancora in vita, Nuon Chea e Khieu Samphan, rispettivamente il “fratello numero 2” e l'ex Presidente della “Kampuchea democratica”. Gli stessi imputati il 7 agosto dovrebbero subire il verdetto del primo ciclo di processi al loro carico per le accuse di crimini contro l’umanità.
CINA, 29 LUGLIO ↴ Ancora un attentato terroristico nella regione Xinjiang nella Cina nordoccidentale. Un gruppo di uomini armati di coltelli avrebbe ucciso all’incirca 100 persone. La polizia avrebbe ucciso anche decine di membri della banda e le indagini preliminari hanno confermato che si è trattato di “attacco terroristico premeditato”. Secondo le ricostruzioni dell’agenzia Xinhua i fatti di sangue si sarebbero registrati nella prefettura di Kashgar. Una dinamica che ricorda molto da vicino quella avvenuta nel marzo scorso in una stazione dei treni nello Yunnan. Le indagini nei prossimi giorni faranno chiarezza se questi eventi sono concatenati e se hanno a che fare con il terrorismo degli Uighuri, la minoranza musulmana e turcofona che vive nello Xinjiang.
ITALIA-BALCANI, 26-29 LUGLIO ↴ Il Ministro degli Esteri Federica Mogherini si è recata in una visita di sistema nei Balcani occidentali per rafforzare la cooperazione politica ed economica con i singoli Stati dell’area. Nella sua quattro giorni di incontri diplomatici con i massimi vertici di Serbia, Montenegro, Bosnia Herzegovina, Kosovo, Macedonia e Albania, il Ministro ha spiegato l’importanza strategica di queste realtà non solo per il nostro sistema-Paese ma anche per lo sviluppo e la cooperazione pacifica verso l’Europa, ribadendo ancora
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una volta come i Western Balkans siano una priorità politica all’interno del programma italiano del semestre di presidenza dell’Unione Europea.
IRAQ, 24 LUGLIO ↴ Il Parlamento di Baghdad ha eletto con 211 voti favorevoli il curdo Fuad Massum come nuovo Presidente della Repubblica, riempiendo un vuoto istituzionale dovuto alla prolungata malattia del suo predecessore Jalal Talabani. La nomina di Massum, uno dei principali esponenti dell’Unione Patriottica del Kurdistan (PUK), e quella di Salim al-Juburi come Speaker del Parlamento conferma una regola non scritta di condivisione del potere in atto dal 2005 che vuole che il Capo dello Stato sia curdo, che il leader del Parlamento sia sunnita e che il Premier sia sciita. Al momento resta più complicata la nomina del successore di Nouri al-Maliki a causa anche dei molteplici interessi in gioco interni e transnazionali.
SIRIA, 22 LUGLIO ↴ Il Consiglio Nazionale Siriano, il maggiore dei blocchi di opposizione al regime di Assad, ha decretato lo scioglimento del proprio governo ad interim guidato da Ahmad Tumeh, annunciandone la formazione di uno nuovo entro un mese. La decisione, che ha tuttavia incontrato le resistenze di alcuni membri all'interno, è arrivata a seguito della nomina di Hadi al-Bahra al posto di Ahmed al-Jarba.
TUNISIA-ALGERIA, 22 LUGLIO ↴ Dopo il più grave attentato terroristico mai registrato nel governatorato di Kesserine, nei Monti Chaambi al confine con l’Algeria, nel quale sono morti 14 soldati tunisini, i governi di Algeri e di Tunisi hanno posto le basi per una cooperazione in ambito di sicurezza creando delle postazioni avanzate per il controllo della frontiera comune, che si estende per circa 1.000 chilometri, allo scopo di impedire le infiltrazioni terroristiche da ambo i lati del confine.
TURCHIA, 22 LUGLIO ↴ Sono almeno 76 i poliziotti, tra cui alcuni alti ufficiali, arrestati in 22 province turche con l'accusa di aver utilizzato un'inchiesta – peraltro chiusa per mancanza di prove – su un presunto gruppo terroristico (il Selam-Tevhid) per ascoltare illegalmente le telefonate del Primo Ministro Recep Tayyp Erdogan e del suo entourage. Già nella metà di giugno erano state arrestate 11 persone con l'accusa di intercettazioni illegali ai danni del Premier. Così la nuova ondata è stata descritta come un nuovo attacco alla “struttura parallela” allo Stato, mentre per Yurt Atayun – ex capo dell'anti-terrorismo di Istanbul, anch'egli in fermo –, si tratta di una manovra politica alla vigilia
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delle elezioni presidenziali del 10 agosto per le quali il leader dell'AKP è dato per favorito.
VENEZUELA, 25 LUGLIO ↴ È stato arrestato nell’isola caraibica di Aruba il Generale Hugo Carvajal su espressa richiesta del Dipartimento di Giustizia statunitense che lo ricercava da tempo con le accuse di traffico di droga e di collaborazionismo con la guerriglia colombiana. Carvajal, oltre ad essere stato ai vertici della Direzione dell’intelligence militare venezuelana e a capo dell’Ufficio per la Lotta alla Delinquenza Organizzata e al Finanziamento al Terrorismo, era stato nominato di recente Console venezuelano ad Aruba ed era in attesa del placet definitivo del governo locale per poter assumere le sue funzioni diplomatiche. Il Venezuela ha condannato l'arresto definendolo illegale ed arbitrario e contrario alla Convenzione internazionale di Vienna riguardante lo status e le garanzie dei diplomatici.
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ANALISI E COMMENTI LE CHIAVI DEL PIVOT PASSANO ANCHE PER JAKARTA ALESSANDRO TINTI ↴ Con il governo iracheno di Nouri al-Maliki assediato dalla guerriglia orchestrata dai militanti sunniti di al-Qaeda e dell’ISIS, l’Afghanistan stritolato nella morsa della depressione economica e delle scorrerie talebane, lo stallo apparente della guerra civile siriana e le agitazioni separatiste deflagrate in Ucraina che hanno alzato la posta del confronto di posizione con Mosca, si potrebbe congetturare che l’amministrazione statunitense debba necessariamente smorzare l’enfasi sul rebalancing programmatico nell’Asia-Pacifico. Al contrario, lo svolgimento del U.S.-ASEAN Defense Forum alle Hawaii gli scorsi 1-3 aprile ed il successivo itinerario di incontri al vertice intrapreso dal Segretario della Difesa Chuck Hagel (si tratta del quarto viaggio ufficiale nella regione asiatica dall’assunzione della guida del Pentagono nel febbraio 2013) testimoniano la solidità della direzione diplomatica prefigurata dalla presidenza Obama (…) SEGUE >>>
LE INFRASTRUTTURE IN AFRICA ORIENTALE, LA NUOVA FRONTIERA DELLA COMPETIZIONE REGIONALE
CHIARA GIGLIO ↴ Un vero e proprio boom nello sviluppo delle infrastrutture di trasporto e una corsa a rinnovare il settore della logistica sono attualmente le due tendenze dominanti nel panorama economico dell’Africa Orientale. Alcuni Paesi di questa parte del continente sono a oggi impegnati in imponenti investimenti in progetti infrastrutturali, in quella che sembra affermarsi come una dinamica sempre più competitiva a livello regionale. In Kenya è in corso la costruzione di una linea ferroviaria ad alta velocità tra Mombasa e Nairobi e di un nuovo porto a Lamu, a cui si aggiunge un piano da 635 milioni di dollari per l’ampliamento dello Jomo Kenyatta airport; l’Etiopia porta avanti il suo controverso progetto di Grande Diga Etiopica della Rinascita sul Nilo Blu che la mette in competizione con l’Egitto; in Tanzania sono in atto il potenziamento della ferrovia Tazara (Tanzania-Zambia Railway) e la costruzione di un porto a Bagamoyo, uno dei più grandi investimenti infrastrutturali nell’intera regione (…) SEGUE >>>
L’ITALIA NELLO SPAZIO, SUCCESSI E NUOVE OPPORTUNITÀ VIOLETTA ORBAN ↴ I primi passi dell’Italia verso la conquista dello spazio risalgono alla fine del Trecento con la nascita a Venezia della parola “razzo” nell’ambito della guerra con Genova. La Repubblica veneziana si serviva durante gli assedi di uno strumento bellico denominato “rocchetta”, cioè di un razzo che bruciava polvere pirica, la quale è ritenuta una fortuita scoperta cinese del Duecento. Lo studio e il perfezionamento dei principi e
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delle tecniche della propulsione a razzo è proseguito nei Secoli successivi insieme alle ricerche in altri settori delle attività spaziali e ha condotto il Paese all’avanguardia in questo campo. Membro fondatore nel 1958 del comitato ONU per l’uso pacifico dello spazio extra-atmosferico (UNCOPUOS), nel 1964 l’Italia è divenuta il terzo Paese al mondo, dopo USA e URSS, a mandare in orbita un proprio satellite nell’ambito del progetto San Marco (…) SEGUE >>>
PROTECTIVE EDGE: I LIMITI DI UN’OPERAZIONE TATTICA LIMITATA GIUSEPPE DENTICE ↴ Con il richiamo dei riservisti da parte di Israele, lo scorso 8 luglio è stato dato il via nella Striscia di Gaza all’operazione militare Protective Edge (Margine di Sicurezza). Dopo dieci giorni di raid aerei e di bombardamenti della marina israeliana, il governo e gli Stati Maggiori dell’esercito hanno deciso di avviare un’offensiva terrestre, la prima dal ritiro unilaterale di Tel Aviv dal territorio nel 2005. Dall’8 luglio le vittime stimate fra i Palestinesi sono 1.400 unità e più di 7.500 sarebbero i feriti, mentre sul fronte israeliano si registrano 59 vittime (tra cui 3 civili). Secondo le cifre diffuse dalle Nazioni Unite sarebbero all’incirca 200mila gli sfollati interni. Per entrambe le fazioni si tratta dell’offensiva militare più sanguinosa a Gaza dell’ultimo decennio. Dati impressionanti per un conflitto, il più antico della storia contemporanea, che si arricchisce di un nuovo capitolo e che non sembra far scorgere all’orizzonte una possibile via d’uscita dallo stallo politico, militare e diplomatico nel quale sembra dirigersi. (…) SEGUE >>>
A cura di OSSERVATORIO DI POLITICA INTERNAZIONALE Ente di ricerca di “BLOGLOBAL-LO SGUARDO SUL MONDO” Associazione culturale per la promozione della conoscenza della politica internazionale C.F. 98099880787 www.bloglobal.net
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