Bloglobal Weekly N°30/2013

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WWW.BLOGLOBAL.NET NUMERO 30/2013, 20—26 OTTOBRE 2013

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We e k l y

RASSEGNA DI BLOGLOBAL OSSERVATORIO DI POLITICA INTERNAZIONALE

BloGlobal Weekly N°30/2013 - Panorama

MONDO - Focus CINA-INDIA - A margine dell'incontro del 23 ottobre a Pechino tra il Primo Ministro indiano Manmohan Singh e l'omologo cinese Li Keqiang, India e Cina hanno firmato un importante accordo di cooperazione militare sulle zone di confine, aprendo così la strada alla soluzione di un contenzioso territoriale tra i due Paesi sulle regioni himalayane che dura da decenni nonostante l'armistizio del 1962. Il protocollo, di cui tuttavia non si conoscono ancora i dettagli tecnici, prevede l'obbligo per entrambi gli eserciti di pattugliare aree di incerta competenza e proibisce loro l'utilizzo della forza, o la minaccia della stessa, nel caso di scontri a fuoco o episodi di tensione; le forze di sicurezza si dovrebbero altresì impegnare ad informare la controparte in caso di pattugliamenti, con il diritto però di chiedere chiarimenti in casi dubbi che potrebbero portare a confronti più serrati. Questo meccanismo di comunicazione potrebbe peraltro essere esteso in futuro anche tra i rispettivi Ministeri della Difesa. L'intesa, che nelle © BloGlobal.net 2013


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aspettative dei due leader segna l'inizio di una nuova stagione di amicizia tra le due nazioni, arriva dopo la crisi iniziata nel mese di aprile di quest'anno a seguito dello sconfinamento, secondo New Delhi, di alcune decine di chilometri della cosiddetta "line of actual control", nel Ladakh nord-occidentale (noto come Aksai Cin, nello Stato di Jammu e Kashmir), da parte delle truppe cinesi. Ciò aveva condotto l'India a formare nel mese di giugno un corpo di 50mila uomini con lo scopo di proteggere la zona di Daulat Beg Oldi. Non si tratta ad ogni modo del primo tentativo di compromesso: già nel 2005 i due Paesi avevano firmato l’“Accordo sui principi politici guida per risolvere la questione dei confini”, fissando i principi guida per la consultazione bilaterale e la risoluzione della questione territoriale. Necessità ribadita ancora nel 2009 quando Singh e l'allora Premier cinese Wen Jiabao avevano raggiunto un'intesa di forma a margine del Vertice ASEAN in Thailandia. Nel corso del summit sono stati inoltre siglati 8 ulteriori accordi di cooperazione in materia economico-commerciale (tra cui i più importanti quelli su trasporti e operazioni doganali) volti ad aumentare l'interscambio a 100 milioni di dollari entro il 2015 a fronte di una flessione di circa il 10% nel corso del 2012: le esportazioni indiane verso la Cina (che resta il principale partner economico per New Delhi) sono infatti calate di circa il 20%, mentre quelle cinesi del 5%. La leadership indiana ha infatti lamentato la poca apertura del mercato cinese nei propri confronti, limite che ora vorrebbe ridurre puntando su farmaceutica, agricoltura e telecomunicazioni e spingendo sull'attrazione di capitali cinesi nel proprio territorio. Singh ha peraltro puntato ad ottenere sufficienti garanzie circa la non pericolosità per l'economia indiana delle tre dighe cinesi attualmente in progettazione sul fiume Brahamaputra. Un appianamento di contrasti che, dunque, sembra essere finalizzato a rafforzare le rispettive economie, ma a cui gli Stati Uniti non possono non guardare con timore visti gli stretti rapporti con l'India anche in funzione anti-cinese. D'altra parte la stessa New Delhi non vede di buon occhio le relazioni (anche militari) che Pechino intrattiene con Islamabad, per quanto il neo-Premier Sharif non ha escluso - insieme alla distensione con i Talebani - anche una nuova politica di dialogo con il vicino indiano che anche il Dragone potrebbe difficilmente accettare. RUSSIA - Un ordigno esploso su un autobus locale di Volgograd, l’ex Stalingrado sovietica, città a pochi chilometri dalla polveriera del Caucaso settentrionale, ha ucciso 6 persone e ferito oltre 30. La Commissione antiterrorismo russa, parte del Servizio di Sicurezza Federale, ha fatto sapere che gli investigatori stanno lavorando sulla scena e, allo stesso tempo, che aprirà un’inchiesta per fare chiarezza sui tragici eventi del 21 ottobre. Secondo le indagini degli inquirenti, l’attentato sarebbe opera di una cellula islamista proveniente da Makhachkala, capitale della piccola repubblica caucasica del Daghestan. Le autorità russe hanno concentrato i sospetti su una donna kamikaze, al secolo Haida Asyalova, una donna convertita all’Islam e sposata con un uomo moscovita, Dmitrij Sokolov, anch’egli convertito e a capo di una banda locale dedita ad attività vicine al radicalismo islamista. L’agenzia russa Interfax, citando fonti delle forze dell’ordine daghestane, avrebbe assicurato che la donna si sarebbe avvalsa dell’aiuto di Ruslan Kasanbiev e Kurban Omarov, anch’essi membri del raggruppamento islamista partito da Makhachkala per compiere la strage dell’autobus. Il Daghestan – salito agli onori della cronaca per essere stata la patria di Dzhokhar e Tamerlan Tsarnaev (i due attentatori di Boston) – insieme ad Inguscezia, Kabardino-Balkaria e Cecenia, è da anni teatro di un conflitto a bassa intensità tra le autorità centrali moscovite e i gruppi indipendentisti e da oltre un decennio anche un epicentro della ribellione islamista radicale. Nel tentativo di arginare il fenomeno terroristico nel Caucaso, il governo moscovita ha lanciato un’importante campagna di counter-insurgency che ha già portato all’eliminazione di diversi membri di gruppi islamisti. Nonostante la risposta ferrea, la situazione nel Nord Caucaso non accenna a stabilizzarsi, mentre si espande a macchia d'olio in tutta la regione l'influenza dei gruppi salafiti radicali favoriti dalla porosità dei confini dell’area poco presidiati e dal caos siriano che vede sempre più un proliferare di gruppi caucasici legati alla causa jihadista. Infatti, come hanno fatto notare alcuni organi di stampa, l’attacco islamista a Volgograd potrebbe essere un messaggio politico rivolto alle autorità russe in vista anche dell’importante evento internazionale delle Olimpiadi invernali del febbraio 2014 a Sochi, città a pochi chilometri dalla luogo dell’attentato. All’indomani dei fatti di Volgograd, le autorità e la popolazione sono sempre più preoccupate dal possibile ritorno della minaccia terroristica che nella recente storia del Paese ha già lasciato importanti tracce come la crisi del teatro Dubrovka (2002), gli attentati di Beslan (2004) e l’esplosione alla metro di Mosca (2010) e all'aeroporto di Domodedovo (2011).


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STATI UNITI – La vicenda del Datagate, che sta scuotendo da mesi gli Stati Uniti ed i loro alleati, si arricchisce di nuovi particolari. Le rivelazioni del quotidiano francese Le Monde hanno evidenziato come gli americani della National Security Agency abbiano intercettato nel solo periodo tra il 10 dicembre 2012 e l’8 gennaio 2013 un volume pari a 70 milioni di telefonate francesi. L’Ambasciatore americano a Parigi è stato immediatamente convocato al Quai d’Orsay. Secondo Le Monde, l’intelligence americana avrebbe spiato non solo individui sospettati di atti di terrorismo, ma anche persone di alto livello politico e del mondo del business. Il Ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, ha affermato che le intercettazioni americane “sono inaccettabili. Gli Stati Uniti devono smettere subito perché la cooperazione nella lotta al terrorismo non giustifica la violazione della privacy di milioni di nostri connazionali”. Mentre il Segretario di Stato americano, John Kerry, affermava che “di questo parleremo con la Francia, nostro vecchio alleato”, dalla Casa Bianca il portavoce del National Security Council, Caitlin Hayden, ha minimizzato dichiarando che Washington raccoglie informazioni “proprio come fanno tutte le altre nazioni: è una prassi”. Per quanto riguarda l’Italia, il deputato Claudio Fava ha poi confermato che una delegazione del Copasir negli Stati Uniti a cavallo tra settembre ed ottobre aveva già avuto delucidazioni sull’attività di spionaggio della NSA: “abbiamo avuto la conferma che telefonate, sms, e-mail tra Italia e Stati Uniti, in entrata e in uscita, sono oggetto di un programma di sorveglianza elettronica del governo USA regolato esclusivamente dalle leggi federali, che, per quanto i nostri interlocutori ci hanno ribadito, sono dunque la sola bussola che governa questo tipo di attività di spionaggio. Non ci sono stati forniti dati sulla dimensione del traffico sorvegliato, ma indicazioni sul metodo che viene utilizzato. Mi è sembrato un tentativo di glasnost da parte di chi ha la coda di paglia. Ma di chi sa anche che ciò di cui si discute è prassi nota al nostro governo e ai nostri Servizi”. A distanza di pochi giorni, anche la Germania è stata travolta dallo scandalo. Il governo tedesco ha infatti notificato che addirittura il cellulare della Cancelliera Angela Merkel sarebbe stato intercettato dalla NSA. La Merkel ha telefonato al Presidente USA, Barack Obama, per definire “inaccettabile questo spionaggio sugli amici. Il problema non riguarda soltanto me, ma praticamente ogni cittadino tedesco. Una nuova fiducia deve essere ristabilita”. Come già aveva fatto Parigi, anche Berlino ha convocato l’Ambasciatore americano per esprimere formalmente protesta e domandare ulteriori chiarimenti. Il Presidente dell’Europarlamento, il tedesco Martin Schultz, ha proposto di sospendere i negoziati sulla Transatlantic Trade and Investment Partnership in segno di protesta. Si è aggiunta la voce del Presidente della Commissione Europea, José Barroso, che ha definito “totalitario” il metodo perseguito dalla NSA: “in Europa la privacy è fondamentale. Nella DDR si spiavano le persone: conosciamo i totalitarismi”. Il successivo incontro del Consiglio Europeo ha preso atto che lo spionaggio americano ha generato “profonde preoccupazioni” tra i cittadini. La Merkel ha invitato i governi europei ad “accordarsi su un quadro di futura cooperazione” e di lavorare con gli Stati Uniti nel gruppo di lavoro già esistente per la protezione dei dati. Tuttavia, pare che i governi europei siano orientati a chiarire la questione con gli americani più per via bilaterale che utilizzando gli strumenti comunitari. Come ha affermato il Primo Ministro italiano, Enrico Letta, “abbiamo chiesto chiarimenti al Dipartimento di Stato. Un ragionamento bilaterale è in corso”. UNIONE EUROPEA - Gli scorsi 24 e 25 ottobre i 28 Capi di Stato e di Governo dell'UE sono tornati a riunirsi a Bruxelles dove, a parte le nuove rivelazioni sul caso Datagate che ha coinvolto in primo luogo Francia e Germania, si è ampiamente discusso, come da previsioni, dell'emergenza immigrazione a seguito della tragedia di Lampedusa dello scorso 3 ottobre e dei continui sbarchi che nelle ultime settimane stanno avvenendo sulle coste italiane. In attesa che vengano compiuti significativi passi in avanti su una politica di immigrazione comune, su spinta del Premier Letta - che nei giorni precedenti aveva dichiarato di non accettare più situazioni di compromesso - il Consiglio ha comunque esortato sia i Paesi membri a rafforzare le attività di Frontex - l'agenzia che si occupa del coordinamento delle attività per il controllo delle frontiere esterne - sia la task-force formata da Commissione europea, Europol, Frontex e Servizio per l’Azione Esterna dell’UE (e costituitasi ad hoc nei giorni scorsi) ad individuare azioni prioritarie per un uso più efficiente degli strumenti europei. Sull'operato della task-force dovrà riferire la Commissione in occasione del Consiglio Affari Interni del 5-6 dicembre e gli stessi temi dovranno essere riproposti dalla Presidenza lituana in occasione del Vertice dei Capi di Stato e di governo di fine anno (20-21 dicembre). Tuttavia solo a giugno 2014 verranno affrontati temi a carattere più giuridico, come l'asilo, quando saranno definiti orientamenti strategici per l'ulteriore programmazione legislativa ed opera-


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va nell'ambito di libertà, sicurezza e giustizia. All'ordine del giorno anche la preparazione del Vertice di Vilnius del 28 e 29 novembre sul Partenariato Orientale, relativamente al quale il Consiglio ha espresso l'auspicio di poter concludere l'Accordo di Associazione con l'Ucraina, oltre che con la Repubblica moldava e la Georgia. Restando sul piano esterno il Consiglio Affari Generali del 21 ottobre a Lussemburgo ha raggiunto una posizione comune sull'apertura del capitolo 22 di negoziato con la Turchia (Politica regionale e coordinamento negli investimenti strutturali), convocando la Conferenza di Adesione, a livello ministeriale, per il 5 novembre a Bruxelles. Sul piano interno, anche se sono visibili i segnali di ripresa, l'UE dovrà proseguire gli sforzi per aumentare il potenziale di crescita e, a tal proposito, oltre ad un dibattito approfondito sul completamento dell'unione economica e monetaria (e dunque su quello dell'unione bancaria, sulla quale verrà discusso più ampiamente durante il summit di dicembre), il Consiglio ha affrontato due importanti temi: l'economia digitale, l'innovazione e i servizi - quali settori che hanno un decisivo potenziale di crescita e occupazionale, oltre a garantire maggiore competitività con i colossi americani e cinesi - e la disoccupazione giovanile. Il Consiglio ha esortato gli Stati membri ha presentare entro la fine dell'anno i piani per poter rendere operativo dal 1 gennaio 2014 lo schema di garanzia per i giovani (Youth Guarantee Scheme), il fondo da 6 miliardi di euro istituito lo scorso giugno per aiutare gli under 25 ad entrare nel mercato del lavoro.

MONDO - Brevi ARABIA SAUDITA, 23 ottobre – Dopo la clamorosa rinuncia al seggio di membro non permanente del Consiglio di Sicurezza, l’Arabia Saudita avrebbe assestato un altro duro colpo nel rapporto bilaterale con gli Stati Uniti. Infatti, a distanza di pochi giorni, il principe Bandar bin Sultan al-Saud, capo delle attività di intelligence nel Regno, durante un incontro con dei diplomatici europei avrebbe criticato apertamente l'amministrazione Obama per il mancato intervento contro Assad e per le aperture all'Iran, rimproverando agli USA il mancato sostegno politico all'azione saudita nel vicino Bahrain, dopo le rivolte del 2011. Sempre il principe Bandar avrebbe minacciato una revisione della collaborazione con la CIA e le altre agenzie di sicurezza USA, sottolineando che “l'allontanamento da Washington è di grandi proporzioni”. Non è chiaro, tuttavia, se le dichiarazioni del principe Bandar abbiano il sostegno di re Abdullah ma è evidente che la spaccatura tra i due Paesi è sempre più profonda. Un altro principe, Turki al-Faisal – dal 1979 al 2001 a capo dell'intelligence saudita – aveva già criticato duramente la politica di Obama in Medio Oriente degli ultimi anni. Oltre alle aperture all’Iran e al non intervento in Siria, a incrinare lo storico binomio potrebbe influire anche il fattore energetico. Il recente boom nella produzione di petrolio non convenzionale, sta rendendo Washington meno dipendente dalle forniture estere e in particolare da quelle saudite che per anni hanno rappresentato il principale fattore di stabilità nelle relazioni bilaterali. Secondo le rilevazioni dell'International Energy Agency (IEA), riprese anche dal Wall Street Journal, Washington entro la fine del 2013 diventerà il più grande produttore di greggio e gas naturale al mondo a discapito degli attuali leader, rispettivamente, Riyadh e Mosca. CUBA, 22 ottobre – Il Presidente cubano Raul Castro ha annunciato che le due monete circolanti nel Paese, il Peso Nacional (utilizzato per il pagamento di stipendi e pensioni) e il Peso Cubano Convertibile (agganciato al dollaro ed usato per l’acquisto di beni e servizi più costosi), saranno prossimamente unificate per agevolare l’uniformità dei prezzi e dei salari. Il cambio era fissato a 25 Pesos Nacional per 1 Peso Convertibile. La doppia circolazione monetaria, in vigore dal 1994, era diventata una delle principali contraddizioni in un Paese che vorrebbe fare dell’uguaglianza il proprio punto di forza: la presenza di due mercati paralleli ha infatti progressivamente acuito la disparità di reddito e di benessere tra chi aveva accesso solo al Peso Nacional e chi al Peso Convertibile. In uno scarno comunicato ufficiale, Castro ha reso noto che "il Consiglio dei Ministri ha approvato la messa in opera di un calendario di esecuzione delle misure che condurranno alla riunificazione della moneta", senza fornire ulteriori dettagli. Intanto, dall’1 novembre, Cuba avvierà la sua prima zona economica speciale di libero scambio nella baia di Mariel, a circa 50 km da L’Avana. Si tratta di un porto container del valore di 900 milioni, finanziato dal Brasile, che mira ad accrescere il traffico di merci soprattutto con Messico, Brasile e Cina in relazione all’ampliamento del Canale di Panama e, più in generale, ad attrarre investimenti dall’estero. Il Ministro del Commercio cubano, Rodrigo Malmierca, ha chiarito che un’ulteriore espansione del progetto, in caso di esito positivo, non è da escludere.


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ISRAELE, 23 ottobre – Si sono tenute nello Stato ebraico importanti elezioni municipali che hanno visto, nelle principali città, la conferma dei sindaci uscenti. Gerusalemme, Tel Aviv e Nazareth, anche da un punto di vista simbolico-politico, vedevano le sfide più interessanti. Grande vincitore di questa tornata elettorale è stato l’astensionismo: soltanto il 42,6% degli aventi diritto si è recato alle urne (nel 2008 era stato il 51%); affluenza ancora più netta nelle grandi città (a Gerusalemme ha votato il 36% contro il 43,2% del 2008, mentre a Tel Aviv il 31% contro il 35,5%). A Gerusalemme sfida interna al campo della destra: da un lato Nir Barkat, sindaco uscente e appoggiato dal Premier Benjamin Netanyahu – che in settimana ha incontrato il Segretario di Stato Kerry e il Premier Letta per discutere del processo di pace palestinese, della crisi siriana e del nucleare iraniano –, dall’altro, il candidato religioso Moshe Lion, sostenuto dagli ultraortodossi di Israel-Beitenu di Avigdor Lieberman e dagli ebrei sefarditi di Ariyeh Deri, attuale leader di Shas, subentrato alla storica guida spirituale, il rabbino Ovadia Yosef, dopo la morte di questi in luglio. Barkat ha ottenuto il 51% dei voti, mentre Leon il 45%. Grande sconfitto di questa elezione è stato Lieberman che puntava attraverso la conquista della municipalità di Gerusalemme a sfruttare politicamente la vittoria per chiedere un rimpasto di governo a livello nazionale. In questa consultazione la comunità araba della città ha boicottato le elezioni per protestare contro il controllo esercitato da Israele e la politica di implementazione delle colonie a Gerusalemme Est. A Tel Aviv, la sfida è stata tutta interna alla sinistra, con il sindaco uscente, il laburista Ron Hulday, che ha sconfitto l’esponente della sinistra radicale, Nitzan Horowitz, il quale ha condotto una campagna elettorale a favore dei diritti della classe operaia, degli omosessuali, dei lavoratori immigrati africani e della lotta alla povertà. A Nazareth, infine, il rappresentante comunista e cristiano Ramiz Jaraisi ha vinto sulla parlamentare musulmana, Haneen Zoabi, candidata del partito nazionalista arabo Balad e nota alle cronache nazionali per aver preso parte alla spedizione della flotilla umanitaria del 2010 per forzare il blocco sulla Striscia di Gaza. LUSSEMBURGO, 20 ottobre – Con il 33,6% dei voti il Partito Popolare Cristiano-sociale (Chrëschtlech Sozial Vollekspartei, CSV) del Primo Ministro uscente Jean Claude Junker si è confermato il primo partito del Paese, seppur in perdita di consensi rispetto alle elezioni del 2009 (37,3%) e toccando il peggior risultato dal 1999. In calo anche gli alleati del Partito Socialista dei Lavoratori (Lëtzebuerger Sozialistesch Aarbechterpartei, LSAP) di Etienne Schneider che, pur mantenendo immutato il numero dei seggi, perdono altri 3 punti percentuali. In leggera flessione anche gli ecologisti del Déi Gréng di François Bausch (dall'11,4% al 10,1%) e i conservatori euroscettici dell’Alternativ Demokratesch Reformpartei (dal 7,6% al 6,6%) di Robert Mehlen. A questo generalizzato calo del centro-sinistra è dunque corrisposta la vittoria morale dei liberali del Demokratesch Partei (DP) di Xavier Bettel che ottiene il 4% in più rispetto alle scorse consultazioni, attestandosi al 18,2% e raggiungendo in termini di seggi il LSAP. Juncker, dunque, alla guida del Granducato dal 1995, dovrà ora scegliere se riproporre la coalizione uscente tra CSV e LSAP o aprire la strada ad un asse CVS-DP, inaugurando probabilmente una nuova stagione politica. E' quello che si aspettano forse gli stessi cittadini lussemburghesi (che hanno fatto registrare un'alta affluenza alle urne) dopo lo scandalo che ha coinvolto i Servi Segreti nazionali (accusati di abuso di potere e di uso privato del denaro pubblico) e che ha indotto Juncker ad aprire nello scorso luglio una crisi di governo e ad indire elezioni anticipate. Il Premier era stato infatti accusato di essere responsabile della mancanza di controllo sugli agenti e di non aver informato la commissione parlamentare competente perché potesse attivare la magistratura. LIBIA, 24 ottobre – Sono passate due settimane dall’arresto/sequestro del Premier Alì Zeidan ma il Paese nordafricano continua a non conoscere pace. Ai problemi politici interni dettati dall’alta litigiosità e dalla frammentazione delle forze rappresentate nell’Assemblea Nazionale, si aggiungono gli omicidi politici – non ultimo l’assassinio da parte di ignoti a Bengasi di Adel Khalil alTawani, colonnello dell'aviazione libica – e le tendenze separatiste regionali. Infatti, dopo il Fezzan, regione meridionale e ponte naturale verso l’Africa nera, autoproclamatasi provincia autonoma lo scorso 27 settembre, anche la Cirenaica, territorio orientale della Libia già proclamatasi autonoma lo scorso giugno, ha annunciato di aver formato un governo indipendente dalla Tripolitania. Caos interno che favorisce, inoltre, i trafficanti di uomini protetti dalle milizie e la proliferazione di gruppi armati jihadisti (come dimostra la recente scoperta in Algeria, non lontano dal confine libico, di un importante arsenale militare forse in mano agli islamisti e diretto ai ribelli nel Nord del Mali). Per combattere l’immigrazione clandestina e favorire un processo di state-building la NATO, su richiesta del governo libico, ha inviato un piccolo team di consulenza (esperti, civili e militari) che avrà base a Bruxelles ma andrà regolarmente in Libia. L’attivazione della missione speciale della NATO si fa sempre più necessaria anche a fronte del pesante flusso di immigrati giunti nelle ultime settimane in Europa attraverso Lampedusa. Secondo i dati diffusi da Frontex, nel 2012


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gli attraversamenti illegali lungo i confini esterni dell’UE sono stati 72.437, mentre gli arrivi in Italia nel periodo 1° agosto 2012 - 10 agosto 2013 sono stati 24.277, in gran parte imbarcati dalle coste libiche (fonte Ministero degli Interni). Situazioni, queste, che rendono la Libia un Paese sempre più sull’orlo del baratro. MALI, 24 ottobre – Le truppe francesi hanno lanciato un'operazione antiterrorismo su vasta scala nel nord-est del Mali con la collaborazione delle forze di sicurezza di Bamako e con quelle della missione di peacekeeping MINUSMA, insediatasi nel territorio lo scorso luglio dopo il ritiro della maggior parte delle truppe transalpine dal Paese africano. "Operazione Hydre", che vede impegnati almeno 1500 uomini, non sarebbe una risposta ai recenti attacchi commessi dai gruppi jihadisti (l'ultimo dei quali a Tessalit, ad opera di AQIM, in cui sono rimasti uccisi Caschi Blu del Ciad), ma sarebbe un'azione pianificata da tempo e volta - secondo quanto riferito dagli stessi comandi militari e dal colonnello Gilles Jaron - ad esercitare pressioni sui movimenti terroristici e ad evitare il loro riformarsi. Le azioni dovrebbero svolgersi in particolar modo nell'Adrar degli Ifoghas, regione montuosa nordorientale, in cui si sarebbero rifugiati cellule jihadiste fuggite dopo la ripresa del controllo delle città di Kidal, Gao e Timbuctù da parte del governo centrale. Tutto questo al fine anche di creare maggiori condizioni stabilità in vista delle elezioni legislative che si svolgeranno in due turni i prossimi 24 novembre e 15 dicembre. PAKISTAN, 24 ottobre – Il Primo Ministro del Pakistan, Nawaz Sharif, ha incontrato a Washington il Presidente statunitense Barack Obama per cercare di porre fine agli attacchi dei droni americani sul territorio pakistano e per discutere il ruolo futuro di Islamabad in relazione all’Afghanistan. Il vertice si è concluso senza il raggiungimento di qualche accordo particolare. A margine, Sharif ha dichiarato che “Pakistan e Stati Uniti collaborano intensamente contro il terrorismo. Siamo d’accordo che dobbiamo rafforzare ulteriormente questa cooperazione. Ho parlato anche della questione dei droni, nel nostro incontro, sottolineando la necessità di porre fine ai raid”. Washington ha replicato, in merito ai droni, che le leggi internazionali “sono pienamente rispettate”, nonostante un recente rapporto dell’Ong Amnesty International avesse etichettato gli attacchi dei velivoli senza pilota come “crimini di guerra”. Sull’Afghanistan, Obama ha affermato che è sua intenzione raggiungere con Kabul un accordo che soddisfi anche le esigenze pakistane; si è detto dunque fiducioso di ottenere un quadro generale che "sarà buono non solamente per l'Afghanistan, ma proteggerà a lungo termine anche il Pakistan". Intanto, sulle pagine del Washington Post, Bob Woodward (giornalista reso famoso dal Watergate) ha documentato che tra il 2007 e il 2010 i vertici della CIA e la diplomazia di Islamabad avevano avuto un alto scambio di informazioni sulle attività dei droni all’interno dei confini pakistani; anzi, in alcuni casi lo stesso Pakistan avrebbe invitato gli americani ad utilizzare tali velivoli sul proprio territorio. SIRIA, 22 ottobre – Si è tenuta a Londra una conferenza dei Friends of Syria, gruppo di dieci Paesi composto tra gli altri dagli Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Italia, Turchia e monarchie del Golfo. Il titolare del Foreign & Commonwealth Office, William Hague, ha definito “importante e produttivo” l’incontro, che puntava a convincere l’opposizione siriana a partecipare alla conferenza di Ginevra-2 in programma il prossimo 23 novembre. In realtà, il Presidente della Syrian National Coalition, Ahmad al-Jarba, ha immediatamente chiarito che ciò sarà impossibile finché non sarà dichiarato come obiettivo principale la dipartita di Bashar alAssad. Il Segretario di Stato americano, John Kerry, ha dovuto constatare che “la guerra durerà fino a quando ci sarà lui”. Anche il Segretario generale della Lega Araba, Nabil al-Arabi, affiancato a sua volta dall’inviato speciale dell’ONU, Lakhdar Brahimi, ha invitato sia il regime sia l’opposizione a presenziare a Ginevra. Al-Jarba ha dichiarato esplicitamente che, nel caso in cui alcune fazioni decidessero di presenziare, è più che probabile la scissione dell’opposizione. Nel frattempo, Assad ha rilasciato un’intervista ad una tv libanese, dichiarando che è sua intenzione ricandidarsi alla guida del Paese in vista delle elezioni del 2014: “non vedo perché no. Tutto dipende da due fattori: il primo è il mio desiderio personale, il secondo è la volontà del popolo siriano”. La replica di Kerry è stata chiara: “non conosco una singola persona convinta che l’opposizione acconsenta a una sua partecipazione al governo” futuro. Assad si è poi mostrato perplesso sul processo che porterà a Ginevra-2: “chi sono i gruppi che parteciperanno ai colloqui? Rappresentano davvero il popolo siriano o solo il Paese che li ha creati?”.


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ANALISI E COMMENTI AMERINDIA: LA FRONTIERA GLOBALE DEI BENI COMUNI di Francesco Trupia – 21 ottobre 2013 Dal 30 settembre moltissime città degli Stati federali del Brasile sono caratterizzate dalle numerose mobilitazioni organizzate dai movimenti indigeni nazionali, decisi a protestare contro le possibili riforme costituzionali che – a parer degli stessi attivisti – aiuterebbero l’ingresso di potenti corporations interessate dalle risorse naturali del Paese. Alla mobilitazione, indetta dalla Articulación de Pueblos Indígenas, partecipano altre sigle: l’Istituto Socio-Ambientale, il Consiglio Indigenista Missionario e il Centro per il Lavoro indigenista. L’ennesimo attacco alle risorse sudamericane da parte dei noti colossi economici ha scosso l’attiva società civile che – come affermava Octavio Paz – in America Latina ha essenzialmente una struttura democratico-partecipativa. In un ottica ecologicoqualitativa piuttosto che economico-quantitativa, la lotta per la difesa dei beni comuni è divenuta il simbolo del Continente. L’Amerindia [1] è divenuta quel bene comune la cui difesa si contrappone alla logica dei mercati globalizzati e dei numerosi processi di privatizzazione avallati dai governi nazionali. Che si tratti di disboscamento dell’Amazzonia, dell’edificazione di grandi dighe, dell’installazione di “zone economiche speciali”, il nemico dei beni comuni appare la micidiale tenaglia dello Stato e delle corporations. [continua a leggere sul sito] GLI INTERESSI ITALIANIA IN SIRIA: UN PARALLELISMO CON LA GUERRA IN LIBIA. FRANCIA E ITALIA A CONFRONTO di Giuseppe Consiglio – 23 ottobre 2013 L’inasprirsi della crisi siriana con la minaccia di intervento da parte degli USA e la conseguente mobilitazione di Russia e Cina per impedire l’escalation militare nella polveriera mediorientale, ha ancora una volta mostrato l’incapacità dell’Unione Europea di agire come un attore unitario e indipendente dagli interessi strategici degli Stati membri. All’interventismo britannico, stroncato dal no della Camera dei Comuni che con una maggioranza di 285 voti contro 272 ha spento le ambizioni del Premier Cameron, fa da contraltare il categorico rifiuto della Germania ad avviare azioni belliche contro il regime di Assad. Hollande, dal canto suo, dopo una iniziale e certamente prematura presa di posizione in favore di una partecipazione diretta alle operazioni di velivoli francesi, si è dovuto scontrare con l’evolversi degli scenari diplomatici culminati nell’accordo Lavrov–Kerry sullo smantellamento dell’arsenale chimico siriano, che spiazza di fatto il governo francese. E l’Italia? A parte le timide e reiterate dichiarazioni, peraltro ampiamente condivise dall’opinione pubblica, in cui il governo ribadisce l’assoluta contrarietà ad un intervento militare se non sotto l’egida dell’ONU, non sembra aver svolto un ruolo politico all’altezza degli interessi economici in gioco nella regione. [continua a leggere sul sito] LA PENISOLA ISOLATA: SUL SINAI NESSUNA LUNGIMIRANZA di Sara Brzuszkiewicz – 24 ottobre 2013 In poco meno di tre anni l’Egitto ha scritto una delle pagine più importanti e complesse della propria storia: il popolo ha smesso di tacere, migliaia di persone sono morte per la loro idea di democrazia, un Presidente è stato eletto, due sono stati deposti, quattro governi, inclusi quelli ad interim, si sono avvicendati al potere. Mentre gli occhi del mondo erano fissi sulle piazze del Cairo e sulle strade di Alessandria, è probabile che gli eventi potenzialmente più destabilizzanti per il Paese e per l’intero Medio Oriente si stessero verificando altrove: nel Sinai. Territorio storicamente complesso ed al tempo stesso fondamentale dal punto di vista geopolitico, il Sinai ha ospitato soltanto negli ultimi due mesi alcuni degli episodi più sanguinosi dell’Egitto post-Mubarak. Il 5 agosto sedici soldati di stanza alla frontiera di Karm Abou Salem vengono colti di sorpresa e uccisi durante l’iftar, il pasto serale che segna la fine quotidiana del digiuno di Ramadan. Cinque membri del commando sarebbero poi


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stati uccisi una volta penetrati in territorio israeliano. Secondo la stampa egiziana gli attentatori erano membri del Jihad Islami, organizzazione fondamentalista di origine palestinese. Il 19 dello stesso mese undici uomini trucidano venticinque poliziotti appena congedati. Il 7 ottobre l’allerta delle forze egiziane è tornata massima a causa dell’esplosione di un’autobomba ad El-Tour, nel Sinai del Sud, che ha colpito la sede della sicurezza centrale provocando due morti e più di quaranta feriti tra poliziotti, attentatori e civili. L’attentato si è verificato tra l’altro lo stesso giorno di un’azione ad Ismailia, sul delta del Nilo, nella quale sono rimasti uccisi altri cinque membri delle forze dell’ordine. L’agenzia stampa palestinese Ma’an riferisce infine che tra l’11 e il 12 ottobre quattro fondamentalisti sono poi stati uccisi dall’esplosione anticipata dell’ordigno che stavano assemblando per colpire un convoglio militare egiziano diretto al villaggio di Al-Houra. Questi rappresentano soltanto gli ultimi di moltissimi segnali delle tensioni oggi in atto nella penisola con radici ben più lontane nel tempo. [continua a leggere sul sito]

LE VIGNETTE DI BLOGLOBAL di Luigi Porceddu

Questa opera è distribuita con licenza Creative Commons Attribuzione — Non commerciale — Non opere derivate 3.0 Italia. BloGlobal Weekly N° 30/2013 è a cura di Maria Serra, Giuseppe Dentice e Davide Borsani


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