Cina interna

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OSSERVATORIO DI POLITICA INTERNAZIONALE

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Research Paper Osservatorio di Politica Internazionale (OPI) © BloGlobal – Lo sguardo sul mondo Milano, giugno 2015 ISSN: 2284-0362 Comitato Scientifico Federiga Bindi, Ennio Di Nolfo, Germano Dottori, Beatrice Nicolini, Gianluca Pastori Coordinatrice editoriale OPI Maria Serra Autore Paolo Balmas OPI Research Fellow. Analista geopolitico, specializzato nell’area Asia-Pacifico (con particolare attenzione al Giappone) e nel campo produzione e approvvigionamento degli armamenti. Ha svolto ricerche sulla geostrategia nella regione artica; sulla produzione di armamenti nei paesi balcanici; sulla regione del Caucaso (con attenzione all’Azerbaijan); su vari aspetti del mercato dell’energia e del trasporto marittimo. Ha svolto un corso di Introduzione all’intelligence presso l’Istituto Studi Ricerche Informazioni Difesa (Istrid) patrocinato dal Centro Alti Studi per la Difesa (Casd). Ha collaborato al progetto Istrid Analysis di cui è stato membro del Consiglio direttivo. Laureato in Lingue e Civiltà orientali (curriculum di Laurea in Storia e Cultura giapponese) e diplomato presso l’Istituto giapponese di cultura (Japan Foundation di Roma); è traduttore per la casa editrice CasadeiLibri. È autore di diversi saggi fra cui “Shinto. Alle radici della tradizione giapponese” e “Kami and hotoke in japanese popular culture”. Attualmente collabora con Transatlantico.info come analista e consulente.

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Pubblicato nel giugno 2015


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INDICE INTRODUZIONE: IL TEMPO DELLE RIFORME __________________ 1 PARTE I

La sfida cinese tra geografia e politica _________ 4

PARTE II

La Zona economica chiave _____________________ 7

PARTE III

Le fonti energetiche ___________________________ 12

PARTE IV

La riforma agraria ____________________________ 17

PARTE V

La riforma economica ________________________ 20

CONCLUSIONI: LA CINA CHE VERRÀ

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Bibliografia – sitografia essenziale ________________________________ 24

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Note _____________________________________________________________________ 23


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INTRODUZIONE La Repubblica popolare cinese compirà 66 anni il prossimo 1° ottobre 2015. Essa è un’espressione politica molto giovane rispetto ai seimila anni, e anche più, di storia che vantano le genti che ancora oggi la popolano. La Rivoluzione maoista si è impegnata sin dalle prime ore a diffondere e imporre un’ideologia e un sistema di governo in modo tale da unire il più saldamente possibile le diverse realtà e culture con cui si misurava man mano che espandeva il proprio potere. I tentativi di imporre un sistema economico collettivista hanno introdotto cambiamenti radicali – considerati allora irreversibili – soprattutto nelle campagne. Il primo atto della neonata Repubblica consistette nel distribuire equamente, per la prima volta nella storia, alcune decine di milioni di ettari coltivabili a circa trecento milioni di contadini eliminando la classe dei grandi proprietari che da sempre avevano gestito le ricchezze della fertile terra cinese [1]. A volte tali politiche sono state fallimentari, altre volte hanno raggiunto obiettivi sorprendenti. Sebbene sia difficile comprendere i reali parametri di un passato recente così importante, ma privo di analisi approfondite e avvolto sempre in varie forme di giudizio politico e a volte anche di pregiudizio razziale, di certo si ricorda quanto sia stato caro il prezzo pagato per ottenere qualsiasi tipo di miglioramento. Ad esempio, si pensi al periodo del “Grande balzo in avanti” e alla rottura con l’URSS (1958-1962) professati da Mao Zedong. Nelle campagne, alle comuni agricole fu imposta la presenza degli altoforni per la produzione autonoma dei manufatti in metallo; il complesso industriale del Paese, invece, si ampliò da una base di nove milioni di operai a una di venticinque milioni nell’arco di un solo anno (fra il 1957 e il 1958). La politica degli altoforni richiese l’attività delle “squadre d’urto” che lavorarono anche la notte. Il Quotidiano del popolo ricordava ai rappresentanti locali del Partito Comunista Cinese (PCC) di far dormire gli operai-contadini almeno sei ore al giorno. I risultati non furono

Un altro momento fondamentale della recente storia economica cinese fu l’apertura all’Occidente di Deng Xiaoping e l’introduzione del principio di proprietà privata. Anche in questo caso i benefici non poterono diffondersi presso la popolazione intera. Tuttavia, da allora, la Repubblica Popolare è riuscita a costruire un ambiente relativamente saldo che ha permesso dagli anni Ottanta del Novecento a oggi una crescita vertiginosa, fino a dare vita alla seconda economia del mondo. I risultati di questa vittoria, chiaramente, non sono tutti positivi. Innanzitutto, il divario che si è creato fra la popolazione rurale interna e quella cittadina, in particolare quella costiera, è troppo profondo e richiede un intervento deciso e immediato per assicurare una maggiore distribuzione della ricchezza. In secondo luogo, la produzione di energia si fonda ancora sul carbone. Ciò ha imposto l’attuazione di una strategia politica volta alla progressiva sostituzione di questa fonte, attraverso un nuovo sistema di approvvigionamento e una riforma del settore piuttosto delicata, visto che alcune province vivono essenzialmente dell’attività d’estrazione carbonifera. In questo ambito, risulta tutta la

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eccezionali; in alcune province furono, anzi, disastrosi.

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complessità della politica cinese, come insieme di province assai diverse l’una dall’altra e come potenza tanto marittima che continentale [2]. Inoltre, bisogna ricordare che l’economia cinese ha intrapreso una inevitabile trasformazione, un passaggio ancora in atto dal settore manifatturiero a quello dei servizi come principale produttore di capitali. Infine, ciò avviene in un momento in cui la crescita esponenziale che ha conosciuto la Repubblica Popolare ha rallentato la propria corsa. Bisogna sottolineare che “rallentare la corsa” non vuol dire che l’economia cinese sia in perdita o in decrescita; vuol dire che cresce ancora, ma con margini più bassi. I risultati ufficiali dell’ultimo trimestre (gennaio-marzo 2015) segnalano una crescita del 7% rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente, ma in calo dello 0,3% rispetto al trimestre subito precedente (ottobredicembre 2014). Le esportazioni sono aumentate del 4,9%. A calare sono invece i valori assoluti di scambio. Ciò è dovuto a un calo importante delle importazioni (-17,3%). Inoltre, a variare sono, sempre in valori assoluti, lo scambio con i due principali partner commerciali, rispettivamente UE e USA (-2,1% per il primo e +3,2% per il secondo). Le condizioni generali in cui versa la Cina e la sua popolazione definiscono realmente la necessità di affrontare un lunga serie di riforme strutturali più o meno incisive e profonde. Ma sarebbe un errore associare tale necessità agli ultimi decenni di politica interna senza collocare questo bisogno impellente di trasformazione nel momento storico che sta vivendo l’intero pianeta. Oggi lo sguardo è rivolto essenzialmente al superamento della crisi economica, alla normalizzazione dei rapporti con la Federazione Russa e alla soluzione della minaccia terroristica globale. Al di là di questi spettri che occupano l’intero campo mediatico, si prospetta un nuovo flusso di sviluppo economico che cambierà definitivamente la società realizzata dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. In Europa la società si è plasmata sull’onda del Piano Marshall. I nuovi piani che guideranno, o almeno si offrono come guida, sono il TTIP (per i Paesi che si affacciano sull’Oceano Atlantico) e il TPP (per quelli sull’Oceano Pacifico). A questi, però, vanno aggiunte le iniziative d’investimento asiatiche e dei BRICS. La Cina è emarginata dai primi due, ma leader negli altri. In sostanza, Pechino si sta preparando agli sconvolgimenti che l’attuale sistema di scambio economico mondiale sta cominciando ad assapovare una dimensione di predominio continentale che la storia le ha da sempre concesso (malgrado le parentesi storiche più recenti); sta elaborando le possibilità di offrirsi come alternativa, almeno in alcuni ambiti più vicini e congeniali alla propria posizione geografica, alla superpotenza che da settant’anni gestisce le sorti dell’economia mondiale attraverso il dollaro. Le sfide sono immense, sia da un punto di vista esterno che interno. Inoltre, l’attuale congiuntura lascia intravedere una lunga serie di rischi che Pechino dovrà affrontare, dalle spinose questioni sulla sicurezza a quelle relative all’integrità territoriale. In qualsiasi caso, sono due le caratteristiche che si riconoscono come costanti nell’esistenza della Cina e che non possono essere tralasciate in nessun caso. La prima riguarda la popolazione rurale. Ciclicamente, prima di ogni cambiamento sostanziale dell’assetto economico e/o amministrativo, coloro che coltivavano la terra in Cina si sono resi protagonisti di agitazioni, se non di vere e proprie insurrezioni. La citata condizione di disuguaglianza fra zone urbane e zone rurali lascia molto spazio

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rare; sta gettando le basi per mantenere lo spazio conquistato negli ultimi anni e ritro-

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all’analisi di una tale eventualità. Il timore è che le riforme non raggiungano la popolazione in tempo. Si apre così un aspetto fondamentale dell’assetto politico cinese: l’estensione del Paese e la differenza che esiste fra le varie province costituiscono una difficoltà fattuale, nonché l’impossibilità di applicare cambiamenti strutturali e portarli a un regime di piena efficienza in un arco di tempo breve. Per questo motivo, le riforme attuate negli ultimi mesi in Cina hanno assunto una forma sperimentale e sono state applicate solo in alcune province o in poche città. Si tratta solo dell’inizio di un processo che dovrà conoscere vari stadi di realizzazione. La seconda caratteristica, invece, riguarda la “zona economica chiave”. Sebbene in tempi remoti fosse posizionata altrove, sono quasi due millenni che l’economia cinese si regge sull’attività sviluppata nelle regioni bagnate dal fiume Azzurro (Yangtze kiang o Chang jiang) [3]. Ancora oggi, tale regione ricopre un’importanza fondamentale nel processo di sviluppo che Pechino sta gestendo. Sebbene sia chiaro che alcuni processi interni non possono più essere distinti dalle dinamiche esterne, il presente Research Paper si propone di offrire una visione complessiva di quali siano i principali dilemmi che affliggono la politica interna della Cina e le direzioni che sono state intraprese per risolverli, tralasciando appunto le ripercussioni che questi potranno avere sulla politica estera e, viceversa, l’influsso di agenti esterni sulle

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scelte effettuate dal governo cinese.

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PARTE I

LA SFIDA CINESE TRA GEOGRAFIA E POLITICA La Cina ha una popolazione di circa un miliardo e trecentocinquanta milioni di persone che vivono su una superficie di quasi nove milioni e seicentomila km2. Questi numeri straordinari sono gestiti attraverso una struttura amministrativa territoriale piuttosto complessa costituita da 22 province; 5 province autonome (Tibet, Xinjiang, Ningxia Hui, Guangxi Zhuang e Mongolia interna); 2 regioni ad amministrazione speciale (Hong Kong e Macao); 4 municipalità (Pechino, Tianjin, Shanghai e Chongqing). Il Governo centrale ha un rapporto ben differente con queste tipologie amministrative che caratterizzano un totale di 33 entità distinte fra loro. Il sistema comunista ha sezionato le province in una progressione gerarchica che passa dalla prima suddivisione a livello di prefettura fino alla capillare presenza dei comitati di villaggio o di quartiere. Questi, come a volte interi comuni, possono essere espressione di una determinata etnia che li costituisce. La complessità del rapporto fra popolazione, amministrazione e territorio deve essere analizzata in base a una lunga serie di fattori. Si elencano quelli di maggiore rilievo: la distribuzione delle risorse naturali; la comunità economica che si è sviluppata grazie alla navigabilità dei fiumi (principalmente l’Azzurro); lo sviluppo del sistema di trasporto e della rete ferroviaria; lo sviluppo delle grandi città costiere; la distanza e la sicurezza delle province autonome occidentali (Tibet e Xinjiang); l’arretratezza di alcune regioni rurali; non ultimo, il futuro delle regioni ad amministrazione speciale (Hong Kong e Ma-

FIGURA 1: DIVISIONI AMMINISTRATIVE E CONTESE TERRITORIALI – FONTE: WIKIMEDIA COMMONS

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cao).

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l’horario eleitoral gratuito [2], sistema che gestisce gratuitamente il minutaggio degli kkkkk

A cura di OSSERVATORIO DI POLITICA INTERNAZIONALE Milano, giugno 2015

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