OPI Weekly Report N°14/2016

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N째14, 22-28 MAGGIO 2016 ISSN: 2284-1024

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Weekly Report Osservatorio di Politica Internazionale (OPI) © BloGlobal – Lo sguardo sul mondo Milano, 29 maggio 2016 ISSN: 2284-1024 A cura di: Matteo Anastasi Davide Borsani Agnese Carlini Marta Cioci Giuseppe Dentice Danilo Giordano Antonella Roberta La Fortezza Violetta Orban Fabio Rondini Maria Serra Alessandro Tinti

Questa pubblicazione può essere scaricata da: www.bloglobal.net Parti di questa pubblicazione possono essere riprodotte, a patto di fornire la fonte nella seguente forma: Weekly Report N°14/2016 (22-28 maggio 2016), Osservatorio di Politica Internazionale (OPI), Milano 2016, www.bloglobal.net

Photo Credits: Ansa; AFP; In Terris; The Telegraph.


FOCUS AFGHANISTAN ↴

Il 25 maggio a Quetta, in Pakistan, durante una riunione straordinaria della Rabbahi Shura, il massimo organo di indirizzo politico dei talebani, il gruppo insurrezionalista ha nominato Mawlawi Haibatullah Akhundzada nuovo leader dell’organizzazione. La nomina di Akhundzada rappresenta dunque la conferma della morte del predecessore Mohammad Akhtar Mansour, ucciso il 21 maggio da un drone statunitense mentre si trovava su un’auto in viaggio nella provincia pachistana del Belucistan. Secondo fonti ufficiali del governo statunitense, lo strike che ha ucciso Mansour è avvenuto alle 6.00 di mattina, a sud ovest della città di Ahmad Wal. La morte di Mansour «rappresenta un passo importante nel nostro sforzo di portare la pace e la prosperità in Afghanistan» ha dichiarato Barack Obama, impegnato nelle stesse ore in un’importante visita in Vietnam. Il Presidente statunitense ha inoltre sottolineato come la morte di un alto grado talebano non cambierà l’approccio politico e militare di Washington nell’area, confermando la continuità di operazioni attraverso droni da combattimento e la rinuncia ad azioni terrestri. Un’altra fonte dell’esercito USA ha specificato che l’attacco contro Mansour si era reso necessario in quanto il mullah stava pianificando nuovi attacchi nel Paese ai danni delle truppe statunitensi e della coalizione internazionale. Mansour aveva assunto il comando dei talebani poco meno di un anno fa, a seguito dell’annuncio della morte per malattia dello storico leader del gruppo, il Mullah Omar. La sua nomina era stata molto contestata dalle diverse anime che compongono il 1


gruppo, in particolare perché in molti gli avrebbero preferito nella carica di Mullah, Mohammad Yakoob, figlio di Omar. Dopo aver preso il comando del gruppo, Mansour aveva incrementato gli attacchi contro le forze governative afghane e la coalizione, arrivando a conquistare, seppur per pochi gironi, la città di Kunduz; i successi ottenuti non gli avevano garantito il sostegno ufficiale da parte delle varie fazioni talebane, nonostante avesse assegnato importanti incarichi di comando alle frange dissidenti, in particolari quelle pachistane.

AREA IN CUI È AVVENUTO LO STRIKE USA – FONTE: ESRI, US OFFICIAL, AP

Dal punto di vista tecnico lo strike statunitense ha rappresentato un’importante novità, come sottolineato da diversi analisti militari. Mansour è stato ucciso mentre era in viaggio in un’area remota della provincia pachistana del Belucistan, dove gran parte della dirigenza talebana ha stabilito le proprie basi dal 2001. Sino ad ora, nonostante la presenza dei talebani fosse ben conosciuta, le forze USA non avevano mai operato attacchi in quest’area. L’azione, inoltre, è stata condotta non dalla CIA, che gestisce le operazioni dei droni in Pakistan, bensì dal Pentagono: lo strike potrebbe dunque configurarsi tecnicamente come un attacco militare ad un Paese con il quale gli Stati Uniti non sono in guerra e di cui sono invece alleati. Rappresentanti del governo pachistano hanno confermato che il Primo Ministro era stato avvertito dello strike, ma solo dopo il suo compimento, e hanno ribadito che considerano tale attacco come una violazione della loro sovranità, riaprendo così un dibattito antico e ormai ricorrente nelle relazioni internazionali contemporanee. Per quanto riguarda il nuovo leader dei talebani, Akhundzada, le notizie sul suo conto sono poche e frammentate: sembra che abbia 47 anni e sia nativo dell’area di Sperwan, distretto di Pajwayi, nella provincia afghana di Kandahar, una delle roccaforti del movimento talebano. Akhundzada pare inoltre essere uno specialista nell’esegesi

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degli hadith (detti) del profeta Maometto ed in tale veste era costantemente consultato dal Mullah Omar. Con la sua nomina i talebani hanno puntato, probabilmente, a scegliere una figura esperta, di compromesso che possa riuscire ad unire nuovamente le varie anime del movimento, al fine di affrontare la minaccia rappresentata dallo Stato Islamico. Proprio in questa direzione va inquadrata la scelta di nominare Mullah Yakoob quale vice di Akhundzada. Al fianco di Akhundzada ci sarà anche Sirajuddin Haqqani, figlio del fondatore dell’omonima rete di islamisti, la Haqqani Network, tra i piÚ pericolosi gruppi armati che operano in Afghanistan e Pakistan, con importanti legami economici con i Paesi del Golfo.

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SIRIA-IRAQ ↴

Il 24 maggio i miliziani curdi siriani dell’YPG e le brigate arabe confluite nelle Forze Democratiche Siriane (SDF) hanno iniziato ad avanzare a sud di Ayn Issa verso Raqqa, centro di gravità dello Stato Islamico (IS) in Siria. L’operazione è coperta dal fuoco della coalizione internazionale diretta dagli Stati Uniti, i cui reparti speciali (circa duecento unità) seguono direttamente sul terreno l’offensiva delle SDF. I militari americani sono stati ritratti con indosso le mostrine dell’YPG – circostanza che, malgrado l’aperta collaborazione tra Washington e la milizia curda, è stata stigmatizzata come “inaccettabile” dal Ministro degli Esteri turco Mevlüt Çavuşoğlu a fronte della vicinanza tra YPG e PKK. Il 21 maggio il Generale del Comando Centrale (CentCom) Joseph Votel si era recato a Kobane e Hasakah per concordare con i vertici militari delle SDF e del YPG l’assistenza prestata dai commando americani; nei giorni precedenti il diplomatico Brett McGurk, appuntato da Obama Ambasciatore della coalizione anti-IS, avrebbe incontrato Salih Muslim, leader del Partito curdo di Unione Democratica (PYD). I colloqui di alto livello testimoniano l’importanza dell’avvicinamento alla “capitale” del sedicente Califfato islamico, tanto che il Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha offerto il coordinamento delle missioni aeree su Raqqa. Mentre si stringono le difese attorno alla roccaforte jihadista, i guerriglieri dell’IS hanno rilanciato gli attacchi a nord di Aleppo lungo il corridoio di Azaz, il lembo di terra conteso che dalla frontiera curda demarca il cantone curdo di Afrin e l’area presidiata dalle forze ribelli da quelle governative, mettendo nel mirino la cittadina di Marea. Il 23 maggio sette kamikaze jihadisti si sono fatti esplodere a Tartus, nei pressi della base navale russa, e Jableh. Il grave bilancio della raffica di attentati, che hanno colpito in profondità l’area a maggioranza alawita è di centoquarantotto persone. Il Presidente russo Vladimir Putin ha rinnovato l’alleanza con il governo 4


di Damasco, mentre il Ministro degli Esteri siriano Walid al-Mualled in una lettera inviata alle Nazioni Unite ha attribuito la responsabilità politica dell’escalation terroristica ai «regimi estremisti di Riyadh, Ankara e Doha».

AREE DI COMBATTIMENTO LUNGO IL CONFINE TURCO

La contrapposizione continua peraltro a frenare il passo incerto dei negoziati di pace. Adel al-Jubeir, Ministro degli Esteri saudita, ha appurato da Mosca che le distanze sul futuro di Assad restano marcate. Il sottosegretario ONU per gli Affari Umanitari, Stephen O’Brien, ha informato il Consiglio di Sicurezza del mancato accesso dei convogli umanitari alle zone sotto assedio. Su trentacinque richieste inoltrate a Damasco, il governo siriano ha garantito l’apertura di corridoi in soli quattordici casi. Secondo le ultime stime ONU poco meno di 600.000 civili sono intrappolati tra le maglie del conflitto. Il persistere degli assedi, ha ricordato O’Brien, ha reso la fame e l’esaurimento delle scorte medicinali strumenti di guerra. Intanto, i gruppi islamisti Jaysh al-Islam e Faylaq a-Rahman si sono infine accordati per un cessate il fuoco nel Goutha orientale, laddove le rivalità conflagrate in aperte ostilità avevano contribuito a rafforzare la presa delle truppe governative. Significativamente, l’intesa è stata mediata a Doha dall’Alto Comitato per le Negoziazioni, ossia dalla delegazione filo-saudita che i colloqui di pace a Ginevra hanno sinora riconosciuto come espressione principale delle opposizioni ad Assad. Nonostante la crisi politica che erode il consenso del Premier al-Abadi, negli ultimi due mesi le forze di sicurezza irachene hanno riconquistato buona parte

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della sponda meridionale dell’Eufrate. I successi militari riflettono un più rarefatto controllo territoriale dell’IS, che tuttavia continua a sferrare attentati dinamitardi lungo la cosiddetta “cintura” di Baghdad e nella stessa capitale.

ATTACCHI JIHADISTI NELLA CINTURA DI BAGHDAD – FONTE: THE NEW YORK TIMES

Anche per questa ragione, il governo iracheno ha avviato una campagna per liberare Falluja, prima città nel gennaio 2014 a cadere in mano ai seguaci di Abu Bakr al-Baghdadi, dalle infiltrazioni terroriste e così sradicare le cellule responsabili degli attacchi al cuore del Paese. La crescente vulnerabilità politica ha infatti convinto al-Abadi a modificare l’ordine della priorità militari, anteponendo la riconquista di Falluja all’avanzata verso Mosul – come invece auspicato dal Pentagono, che il 14 maggio attraverso il Colonnello Steve Warren aveva dichiarato che non ci fossero ragioni militari per divergere l’attenzione su Falluja. Il 23 maggio l’esercito iracheno e le milizie sciite del Fronte di Mobilitazione Popolare hanno dato il via all’accerchiamento della città, occupando i sobborghi di Garma e Naimiyah e assicurando un tratto dell’autostrada che congiunge Amiriyat al-Falluja alla base militare di Habaniya. Le milizie sciite filo-iraniane – tra cui Kata’ib Hezbollah, la brigata Badr e Harakat al-Nujaba – sono anch’esse coinvolte nell’operazione, come pure il comandante della Guardia Rivoluzionaria iraniana, Qassem Suleimani. Benché alcuni gruppi paramilitari sciiti siano bollati quali organizzazioni terroristiche dagli Stati Uniti, Washington non ha posto veti alla copertura aerea. Tuttavia, le milizie sciite hanno acconsentito a non entrare nel centro cittadino, presidiandone soltanto gli ingressi, a fronte del timore di violenze e rappresaglie settarie contro la popolazione in maggioranza sunnita.

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Nell’imminenza dell’assalto a Falluja le Nazioni Unite e il Comitato Internazionale della Croce Rossa hanno espresso preoccupazione per i centomila civili residenti nella città, già isolati dagli approvvigionamenti di generi di prima necessità e a forte rischio di diventare scudi umani in una sanguinosa guerriglia urbana.

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BREVI GRECIA, 24 MAGGIO ↴ Al termine di una lunga maratona negoziale, i Ministri delle

Finanze

dell’eurozona

hanno

raggiunto

un

accordo sull’erogazione di 10,3 miliardi di euro – di cui una prima tranche da 7,5 miliardi entro la metà di giugno, necessaria per rimborsare alcune obbligazioni in scadenza a luglio – nei confronti della Grecia nell’ambito del programma di 86 miliardi concordato nell’estate del 2015. Il nuovo impegno è giunto all’indomani dell’approvazione da parte di Atene (23 maggio) della nuova manovra economica, essenzialmente basata sull’aumento delle tasse indirette, sull’accelerazione dei processi di privatizzazione e su alcune variazioni di bilancio che si sommano ai 3,6 miliardi di tagli alla spesa, per un’operazione di ristrutturazione dal valore complessivo di 5,4 miliardi di euro. L’Eurogruppo ha inoltre raggiunto un’intesa con il Fondo Monetario Internazionale (FMI) sull’alleggerimento del debito: una condizione posta come imprescindibile dall’organizzazione di Washington (fortemente voluto nel piano dalla Germania) per continuare a partecipare al programma di salvataggio greco e che dunque Berlino, che ha sempre opposto la propria resistenza alla revisione delle condizioni prima della conclusione dello stesso, ha dovuto accettare.

QUOTE DEL DEBITO GRECO – FONTE: THE WASHINGTON POST

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Come spiegato dal Direttore Europa del FMI, Poul Thomsen, si garantirà dal 2018, anno di conclusione del terzo programma di aggiustamento, che i bisogni finanziari lordi di Atene non superino il 15% e il 20% del PIL rispettivamente nel medio termine e nel lungo termine. La data del 2018, d’altra parte, consentirà alla Germania di superare l’appuntamento elettorale del 2017 e di non offrire quindi argomentazioni in merito alla destra nazionalista. Mentre il nuovo accordo sulla Grecia è stato dunque salutato con favore sia delle istituzioni creditizie sia dalle stesse autorità elleniche, il governo Tsipras prosegue la propria politica di ricerca di ulteriori interlocutori economici: nell’incontro ad Atene con il Presidente russo Vladimir Putin (27-28 maggio), si è discusso di commercio ed investimenti, in particolare nel settore delle infrastrutture. Oltre a ribadire il proprio interesse nel processo di privatizzazione della rete ferroviaria greca e del porto di Salonicco, il Cremlino punta ad aprire un progetto concorrenziale

al

Trans-Adriatic

Pipeline

(TAP):

nonostante

le

difficoltà

di

realizzazione derivanti dallo stato attuale delle relazioni russo-turche, l’IGI Poseidon potrebbe rappresentare anche nell’ottica di Atene un’opportunità per rafforzare il proprio ruolo di hub energetico e dunque commerciale nel Mediterraneo in un’ottica di maggiore assertività nei confronti di Bruxelles e delle istituzioni europee.

LIBIA, 23 MAGGIO ↴ Il Consiglio europeo in formazione Esteri ha prorogato di un anno e allargato il mandato della missione EUNAVFOR MED, Operazione Sophia. In particolare l’allargamento del mandato è stato deciso in seguito alla richiesta avanzata dal Premier libico in pectore, Fayez al-Serraj, presso l’Alto Rappresentante per la politica estera dell’UE, Federica Mogherini, di avviare rapidamente un programma di sostegno da parte dell’Unione nell’addestramento della Marina e della Guarda Costiera libiche così come dei servizi di sicurezza. In particolare la conseguente decisione del Consiglio parla di «capacity building, training e condivisione delle informazioni» con la Guardia Costiera e la Marina libiche. Per quanto la richiesta di al-Serraj fosse necessaria per poter modificare il mandato in questo senso, l’azione di addestramento avverrà comunque in acque internazionali non essendovi ancora un mandato ONU: senza questo non è infatti possibile realizzare la terza e ultima fase della missione EUNAVFOR MED, che prevede l’entrata nelle acque territoriali libiche. Al mandato originario della missione europea è stata inoltre aggiunta una specifica azione della missione, in alto mare, al largo delle coste libiche, in riferimento al controllo del rispetto dell’embargo stabilito dalle Nazioni Unite sulle armi. Intanto, con la chiusura della rotta balcanica, l’accordo siglato tra l’UE e la Turchia e ovviamente l’arrivo di condizioni climatiche maggiormente favorevoli comincia a registrarsi un nuovo aumento degli sbarchi. La Libia è uno dei principali Paesi di partenza di questi “Boat People”. Ahmed Maiteeq, vice Presidente del Consiglio presidenziale di Tripoli, durante un convegno sulla Libia 9


tenutosi a Roma, avrebbe sostenuto la necessità, per gestire gli attuali flussi migratori, di ripartire da un’intesa simile al patto sui respingimenti concluso nel 2009 dal regime di Gheddafi con l’allora governo Berlusconi.

STATI UNITI-ESTREMO ORIENTE, 24-27 MAGGIO ↴ Il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha compiuto un importante viaggio in Asia Orientale. Il Vietnam e il Giappone, dove si è tenuto il Vertice del G7 a Ise-Shima, sono state le due tappe. Il Capo della Casa Bianca ha incontrato il Presidente vietnamita Tran Dai Quang annunciandogli che gli Stati Uniti, dopo oltre quarant’anni, avrebbero cancellato l’embargo sulla vendita di armi al Vietnam in un’ottica, evidentemente, di contenimento dell’espansionismo della Cina nel continente, che preoccupa sia Washington sia Hanoi. Una mossa, quella degli americani, che tra l’altro segue di pochi giorni l’allentamento di un altro embargo economico, quello al Myanmar, in una logica non molto diversa. Obama ha affermato, infatti, che «le gradi nazioni non devono comportarsi da bulli con le piccole», riscuotendo applausi dai vietnamiti. La delegazione statunitense ha sollevato poi con il governo vietnamita anche il delicato punto dei diritti umani. Riconoscendo la difficile situazione locale, Obama ha sottolineato come «nonostante ci siano stati alcuni modesti progressi, speriamo ne arrivino altri grazie alle riforme in preparazione o approvate». A Ise-Shima, in Giappone, si è tenuto il 26 maggio il 42° Vertice del G7, a quarant’anni dal primo summit informale del genere tenutosi presso il Castello di Rambouillet, in Francia. Crescita economica, terrorismo, ruolo economico della Cina e migrazioni sono stati i quattro temi principali al centro dei negoziati. Sono emerse differenti posizioni, soprattutto tra europei e giapponesi, sull’ascesa cinese e sul suo fattore stabilizzante o meno per l’economia mondiale e, all’interno degli stessi Capi di governo dell’Europa, sulle misure di austerity, sostenute da tedeschi e britannici, o di stimolo, preferite da italiani e francesi, al cui fianco si sono schierati anche gli americani. Così come per migrazioni e terrorismo, comunque, anche sul terreno dell’economia non sono state prodotte iniziative comuni. L’ultima tappa di Obama è stata quella al Peace Memorial Park di Hiroshima, la città che nel 1945 fu colpita dalle armi atomiche statunitensi. Accolto dal Primo Ministro Shinzo Abe, in una visita dall’alto valore simbolico il Presidente americano ha affermato che «dobbiamo cambiare la nostra mentalità nei confronti della guerra» e «riconoscere la nostra comune natura umana»: «dobbiamo avere il coraggio di sfuggire alla logica della paura e perseguire un mondo senza armi atomiche».

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STATI UNITI, 26 MAGGIO ↴ Donald Trump ha superato il quorum di 1.237 delegati richiesti per la candidatura automatica per il Grand Old Party (GOP). La convention repubblicana di Cleveland dovrà quindi solo formalizzare l’incoronazione del tycoon per la corsa alla Casa Bianca. Rimasto l’unico candidato in corsa per le primarie del GOP, grazie alla vittoria nello Stato di Washington (76% dei voti) e al decisivo sostegno conferitogli da 30 delegati unpledged (il cui voto non è vincolato agli esiti delle primarie), Trump è riuscito a ottenere complessivamente 1.238 delegati, un numero destinato ad aumentare con le votazioni del 7 giugno, penultimo round di primarie in cinque Stati, tra cui California e New Jersey. A poche ore dalla conferma di aver raggiunto il cosiddetto “magic number”, Trump ha tenuto una conferenza stampa a Bismarck (Nord Dakota), nella quale ha annunciato di voler scegliere un vice Presidente donna o proveniente da “minoranze”, di voler dare nuovo vigore all’industria energetica attraverso un piano nazionale basato su fonti tradizionali con ruolo maggiore ricoperto dal fracking e, infine, di dare la sua disponibilità per un confronto televisivo con Sanders e Clinton entro il 7 giugno. Il dibattito sarebbe un’occasione per il Senatore del Vermont per proporsi come l’unico candidato in grado di battere il tycoon e rappresenterebbe una sconfitta per Hillary, che ha rifiutato di confrontarsi in dibattiti televisivi con Sanders. Anche sul fronte democratico si è votato nello Stato di Washington, dove ha vinto Hillary Clinton, ma il voto si è rilevato ininfluente, poiché la maggioranza dei delegati messi a disposizione in quello Stato è stata conquistata da Bernie Sanders il 26 marzo. La vittoria dell’ex First Lady si dimostra importante psicologicamente per vari motivi, in primis perché Sanders aveva trionfato nelle ultime primarie democratiche in West Virginia, Indiana e Rhode Island, in secondo luogo perché gli ultimi sondaggi nazionali di ABC News/Washington Post, Rasmussen Reports, Fox News vedono Trump vincitore contro la Clinton rispettivamente con un vantaggio di 2, 5 e 3 punti percentuali, infine perché lo scandalo “e-mailgate” e l’inchiesta aperta dall’ispettore generale del Dipartimento di Stato sul trasferimento di e-mail contenenti documenti segreti nel server privato della Clinton creano imbarazzo e possono compromettere la corsa di Hillary.

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ALTRE DAL MONDO AUSTRIA, 22-23 MAGGIO ↴ I voti degli austriaci all’estero hanno consegnato ad Alexander Van der Bellen una risicata vittoria nel ballottaggio per l’elezione del nuovo Presidente austriaco. Il candidato indipendente, ma appoggiato da una lista dei Verdi, ha ottenuto il 50,3% dei voti espressi, convogliando sulla sua persona le preferenze dell’elettorato moderato e tradizionalista (conservatore e socialista) e riuscendo a battere di misura il candidato dell’estrema destra Norbert Hofer, che ha ottenuto il 49,7% dei favori popolari. Lo scarto tra i due candidati è stato determinato soltanto da 31.000 voti, ossia i voti per corrispondenza che hanno ribaltato la situazione iniziale che vedeva Hofer in vantaggio di quattro punti percentuali sullo sfidante. Sfide centrali del mandato del nuovo Capo di Stato saranno dunque quelle legate all’immigrazione e al rilancio delle riforme e dell’economia.

CINA-KIRGHIZISTAN, 24 MAGGIO ↴ Il Ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, ha incontrato in Kirghizistan la sua controparte, Erlan Abdyldaev, per discutere delle relazioni tra i due Paesi e di altre questioni rilevanti di comune interesse. Durante l’incontro Wang ha ribadito l’importanza per il suo Paese di mantenere relazioni di buon vicinato ed amicizia con il Kirghizistan, oltre che a manifestare interesse per un rafforzamento della cooperazione bilaterale, reciprocamente vantaggiosa sotto il profilo strategico nel lungo termine. A tal proposito, Wang ha sottolineato la rilevanza kirghiza all’interno dell’iniziativa cinese di New Silk Road Economic Belt, auspicando che Bishkek diventi un importante partner nella definizione del progetto. Da parte sua, il Kirghizistan si è impegnato a riconoscere la politica di “una sola Cina” e a combattere congiuntamente le “tre forze del male”: terrorismo, separatismo ed estremismo.

IRAN-INDIA, 24 MAGGIO ↴ Il Presidente iraniano Hassan Rohuani e il Primo Ministro indiano Narendra Modi hanno siglato a Teheran una serie di accordi bilaterali, alcuni dei quali dalla notevole rilevanza strategica. Molteplici i settori coinvolti: dalle infrastrutture al commercio, dalla cultura all’intelligence. L’intesa più significativa è certamente quella che porterà all’investimento di cinquecento milioni di dollari indiani per lo sviluppo del porto di Chabahar, nel Golfo dell’Oman. Il progetto prevede la costruzione di due terminal e cinque posti di ancoraggio multicargo che saranno sviluppati da India Ports Global Private Ltd e dall’organizzazione portuale e marittima iraniana. L’investimento ha per l’India una triplice valenza. Anzitutto, contrastare, in Asia Centrale e Meridionale, la potenza cinese, che ha recentemente sostenuto l’ammodernamento del porto di Gwadar, in Pakistan. Ulteriore obiettivo è ridurre i costi di trasporto del petrolio iraniano, di cui l’India è fra i principali acquirenti con circa quattrocentomila barili al giorno. 12


Ancora, grazie a questo progetto, l’India avrà facile accesso agli Stati del Caucaso e dell’Asia Centrale, con conseguente aumento degli scambi commerciali, non solo con Teheran, ma anche con Russia e Afghanistan. In tal senso, l’accordo sul porto di Chabahar è stato sugellato da un ulteriore intesa tripartita fra Afghanistan, India e Iran.

RUSSIA-GCC, 26 MAGGIO ↴ Si è tenuto a Mosca il summit strategico bilaterale Russia-Consiglio di Cooperazione del Golfo, il quarto negli ultimi cinque anni, il primo a tenersi nella capitale russa. Il Vertice informale, costituito in questa veste con i Ministri degli Esteri dei Paesi aderenti al forum, era da tempo atteso per chiarire strategie e obiettivi dell’agenda internazionale russa e araba nei principali dossier regionali e internazionali e per rafforzare la cooperazione bilaterale in numerosi settori di rilevanza strategica, come l’energia, l’industria, l’agricoltura e i servizi. Nella nota conclusiva del summit, i partecipanti hanno ribadito la necessità di trovare una soluzione politica alle crisi dell’area (Siria, Libia, Iraq e Yemen) attraverso l’implementazione dei canali ufficiali delle Nazioni Unite. Allo stesso tempo, i leader hanno acconsentito alla necessità di dover rafforzare la cooperazione economica, gli scambi commerciali e gli investimenti infrastrutturali al fine di creare le condizioni ideali anche dal punto di vista sociale per un clima distensivo utile alle de-escalation presenti e future.

TUNISIA, 20-22 MAGGIO ↴ In occasione del decimo Congresso del partito tunisino Ennahda, tenutosi a Rades, 9 Km a sud-est di Tunisi, il leader Rachid Ghannouchi ha annunciato la storica decisione di separare l’attività politica da quella religiosa, provvedimento in favore del quale ha votato oltre l’80% dei congressisti. Alla base della decisione del partito vi è la volontà, come ha sottolineato Ghannouchi, di concentrarsi sui problemi quotidiani degli individui più che sulla predicazione religiosa e sulla tendenza all’islamizzazione della società tunisina. Simili esternazioni segnano una rottura programmatica con i Fratelli Musulmani (da cui, pur non direttamente, deriva la formazione politica di Ghannouchi) e pongono il partito in difesa della transizione laica e liberal-democratica, avviatasi in Tunisia dopo la rivoluzione del 2011 e sugellata dalla nuova Costituzione e dalle elezioni del 2014. Ennahda è attualmente la seconda forza politica del Paese, ma la prima in Parlamento a seguito della scissione di cui è stato vittima il partito secolare Nidaa Tounés, trionfatore alle ultime elezioni dell’ottobre 2014.

UNGHERIA-RUSSIA, 25 MAGGIO ↴ I Ministri degli Esteri russo Sergej Lavrov e ungherese Peter Szijjarto si sono incontrati mercoledì 25 maggio a Budapest. L’incontro, che segue la visita di Putin dello scorso mese di febbraio nella capitale ungherese, ha rappresentato l’occasione non

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solo per ribadire quanto le relazioni energetiche tra i due Stati rimangano estremamente profonde (Mosca fornisce due terzi del gas e tre quarti del petrolio consumati dall’Ungheria, oltre ad essere impegnata nel progetto di riammodernamento della centrale nucleare di Paks attraverso la corporazione statale russa Rosatom), ma anche per imbastire le trattative per una più stretta cooperazione regionale alla luce della significativa flessione registrata tra il 2015 e il primo semestre del 2016 nel flusso dei commerci (il 47%). Oltre al tradizionale settore energetico, la sinergia dovrebbe pertanto riguardare anche quello alimentare, farmaceutico, delle infrastrutture, oltre che quello militare con una possibile modernizzazione di aeromobili sovietici in servizio nell’esercito ungherese.

YEMEN, 23 MAGGIO ↴ Due attentatori suicidi hanno compiuto un attacco nel distretto di Khormaksar ad Aden, sede della capitale provvisoria del governo Hadi, ai danni di giovani reclute che erano in fila davanti a un centro militare di reclutamento dell’esercito. Fonti della sicurezza menzionate dall’emittente panaraba al-Arabiya hanno affermato che il primo kamikaze ha fatto esplodere l’autobomba di cui era alla guida, mentre il secondo, a piedi, ha azionato il proprio giubbetto esplosivo fuori dalla casa di un ufficiale. Gli attentati, che hanno causato almeno 45 vittime e 60 feriti, sono stati rivendicati dalla cellula locale dello Stato Islamico, il Wilayat Yaman.

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ANALISI E COMMENTI LA COREA DEL NORD E L’AMBIZIOSO PROGRAMMA MISSILISTICO AGNESE CARLINI ↴ Gli Stati Uniti e i suoi alleati ritengono da sempre che lo sviluppo e la produzione di missili balistici da parte della Corea del Nord rappresentino una seria minaccia alla sicurezza e alla stabilità della regione. Con l’ascesa al potere del leader Kim Jong-un, il Paese ha mostrato un interesse sempre maggiore al potenziamento di queste capacità: dalla primavera del 2012 all’aprile 2016 sono stati almeno cinque i test missilistici condotti da Pyongyang. Reperire informazioni in merito al programma missilistico nordcoreano, come ad esempio il suo sviluppo nel corso degli anni o la dottrina strategica, è particolarmente difficile se non inefficace. Quello che si sa, finora, è che il Paese ha a disposizione circa 700 missili balistici di corta gittata (SRBMs), capaci di colpire la Corea del Sud, un centinaio di Musudan, missili balistici a raggio intermedio (IRBMs) e 200 Nodong, missili balistici a medio raggio che minacciano la sicurezza del Giappone. Inoltre Pyongyang ha sviluppato due missili balistici intercontinentali (ICBMs), Teapodong-2, che hanno provocato una forte reazione da parte dell’intera comunità internazionale. Ad oggi, la preoccupazione più grande per l’Occidente è poter scoprire il vero potenziale tecnico della Corea del Nord di miniaturizzare una testata nucleare per adattarla ai propri missili e, inoltre, poter scoprire la capacità di spiegare missili balistici intercontinentali che potrebbero colpire gli Stati Uniti o qualsiasi altro Paese “nemico” di Pyongyang. Dal canto suo, la Comunità internazionale ha risposto duramente al programma missilistico imponendo dure sanzioni e portando a termine estenuanti negoziazioni, oltre a proibire l’esportazione dei suoi missili. Secondo la maggior parte delle fonti a disposizione dell’Occidente, la Corea del Nord ricevette il suo primo sistema missilistico balistico dall’Egitto tra la fine degli anni Settanta e gli inizi degli anni Ottanta. Alla fine del decennio, dopo aver prodotto gli Hwasong-5, Pyongyang iniziò la produzione dei missili a lungo raggio Hwasong-6 per poi testare negli anni Novanta i Nodong, missili balistici a medio raggio. Si crede che questi ultimi siano alla base della produzione dei missili Ghauri del Pakistan e degli Shaahab-3 iraniani, utilizzati durante la guerra Iraq-Iran. Ciononostante, questa capacità della Corea del Nord di esportare la propria tecnologia missilistica, soprattutto ai Paesi del Medio Oriente, durò ben poco sia a causa di un calo della domanda estera, sia per la pressione esercitata dalla Comunità internazionale nei confronti dei Paesi beneficiari (…) SEGUE >>> A cura di OSSERVATORIO DI POLITICA INTERNAZIONALE Ente di ricerca di “BLOGLOBAL-LO SGUARDO SUL MONDO” Associazione culturale per la promozione della conoscenza della politica internazionale C.F. 98099880787 www.bloglobal.net

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