OPI Weekly Report N°15/2016

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N°15, 29 MAGGIO – 11 GIUGNO 2016 ISSN: 2284-1024

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Weekly Report Osservatorio di Politica Internazionale (OPI) © BloGlobal – Lo sguardo sul mondo Milano, 12 giugno 2016 ISSN: 2284-1024 A cura di: Matteo Anastasi Davide Borsani Marta Cioci Giuseppe Dentice Danilo Giordano Antonella Roberta La Fortezza Giorgia Mantelli Fabio Rondini Maria Serra Alessandro Tinti

Questa pubblicazione può essere scaricata da: www.bloglobal.net Parti di questa pubblicazione possono essere riprodotte, a patto di fornire la fonte nella seguente forma: Weekly Report N°15/2016 (29 maggio – 11 giugno 2016), Osservatorio di Politica Internazionale (OPI), Milano 2016, www.bloglobal.net

Photo Credits: AP; Reuters; Reuters/Stringer; Goran Tomasevic/Reuters; Reuters/Rodi Said; Jack Guez; ANSA; L’Indro.


FOCUS IRAQ-SIRIA ↴

Due offensive separate a Falluja in Iraq e a Manbij in Siria ambiscono ad intaccare duramente le risorse del gruppo Stato Islamico (IS). Il 5 giugno le forze di sicurezza irachene e le milizie sciite hanno accerchiato Falluja, centro d’irradiazione degli attentati jihadisti nella provincia di Anbar e nella vicina Baghdad, mentre le brigate curde e arabe raccolte nelle Syrian Democratic Forces hanno raggiunto Manbij sottraendo ai guerriglieri del Califfato la strada che dal checkpoint di Jarabulus sulla frontiera turca è stata sinora il principale canale di accesso e approvvigionamento per Raqqa. Al contempo, le manovre dell’esercito siriano verso Taqba espongono i miliziani dell’IS a un terzo fronte.

TERRITORI CONTROLLATI DALLO STATO ISLAMICO AL 31.05.2016 – FONTE: AFP, THOMAS VAN LINGE, ISW

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L’offensiva su Falluja è tuttavia entrata in una fase di stallo a causa dei 50.000 residenti intrappolati nel fuoco incrociato dei miliziani islamisti e dei contrattaccanti. Il Primo Ministro Haider al-Abadi ha dunque ordinato di rallentare le operazioni e di presidiare gli accessi allo scopo di proteggere la popolazione civile, benché l’evacuazione dalla città non sembri un’ipotesi realistica data la stima di almeno 2.500 militanti pronti a difendere il centro urbano. La decisione è però contestata dai gruppi paramilitari confluiti nel Fronte di Mobilitazione Popolare che hanno sostenuto l’avanzata su Falluja. Contrariamente a quanto disposto all’avvio dell’attacco, il comandante dell’Organizzazione Badr, Hadi al-Amiri, ha dichiarato che le milizie sciite entreranno nella città, seppur solo una volta evacuati i residenti. Tuttavia, l’imposizione di un termine di dieci giorni e i numerosi episodi di abusi contro la popolazione sunnita acuiscono i timori di una radicalizzazione delle violenze settarie. Il blocco parlamentare sunnita ha accusato i gruppi armati sciiti di aver rapito e ucciso i civili in fuga dalla città. Mentre il 7 giugno un’autobomba è esplosa a Karbala aumentando l’impazienza delle milizie sciite, al-Amiri ha commentato lo spostamento della trentasettesima brigata dell’esercito iracheno a sud di Mosul nella base di Makhmur come un tradimento della battaglia combattuta a Falluja.

BATTAGLIA DI FALLUJA (UPDATE AL 9 GIUGNO 2016) – FONTE: INSTITUTE FOR THE STUDY OF WAR

La marcia delle forze curdo-siriane su Raqqa, giunta alle porte di Manbij, è assistita non solo dai reparti speciali statunitensi, ma anche da quelli francesi. Benché Parigi abbia confermato la sola presenza nel Kurdistan iracheno di circa 150 advisor 2


militari, fonti vicine al Ministero della Difesa attesterebbero la presenza di unità di élite anche nel nord della Siria. Analogamente, il Times ha rivelato che i commando britannici sono entrati in territorio siriano dalla Giordania per prestare soccorso ai ribelli dell’Esercito Libero Siriano presso al-Tanf, villaggio sotto scacco dei guerriglieri dell’IS. Anche soldati turchi sarebbero sconfinati a nord di Aleppo, ancora martoriata dagli scontri tra le forze pro-Assad e le opposizioni. In particolare, Jabhat alNusra ha ripreso alle truppe governative larghi tratti della periferia meridionale ed esploso colpi di artiglieria su Handarat, mentre l’aviazione siriana ha nuovamente ricorso a barili bomba e ordigni al fosforo nelle zone controllate dalle forze ribelli, dove tra l’8 e il 9 giugno tre strutture ospedaliere sono state colpite. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani la stessa flotta russa avrebbe provocato la morte di almeno 23 civili nei bombardamenti su Idlib; nei raid, i caccia da combattimento russi avrebbero bersagliato un ospedale pubblico. Il protrarsi dei combattimenti sfilaccia ulteriormente il recupero dei colloqui di pace sotto egida ONU. L’Inviato speciale per la Siria, Staffan de Mistura, ha da ultimo ipotizzato la data del 1° agosto per la riapertura dei negoziati.

BATTAGLIA DI MANBIJ (UPDATE AL 29 MAGGIO 2016) – FONTE: SOF ALLEATE

Nel frattempo, la situazione umanitaria resta grave e risente della ricomposizione delle linee di combattimento. L’Ufficio per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA) delle Nazioni Unite ha messo in guardia che la convergenza su Raqqa dell’esercito lealista da sud e dell’YPG curdo alla testa delle Syrian Democratic Forces 3


da nord potrebbe sfollare oltre duecentomila persone. Se l’approvazione formale del governo di Damasco non si traduce nell’apertura effettiva di corridoi umanitari per portare soccorso alla popolazione civile, un primo convoglio è infine arrivato a Daraya, nei pressi della capitale, dietro mediazione russo-statunitense. Dal 2012 la cittadina, ormai prostrata dall’assedio delle forze leali al regime, non riceveva assistenza umanitaria.

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BREVI FRANCIA-TERRORISMO, 31 MAGGIO – 6 GIUGNO ↴ Nei giorni precedenti l’avvio di UEFA Euro 2016, la massima manifestazione europea di calcio per squadre nazionali, l’anti-terrorismo USA ha lanciato un nuovo allarme sulla possibilità concreta di attentati terroristici in Europa. Rilanciando il warning pronunciato poche settimane Intelligence,

James

Clapper,

i

prima

dirigenti

dal

della

Direttore Homeland

della Security

National e

del

Counterterrorism statunitensi hanno messo nuovamente in guardia i cittadini USA in Europa, in particolare quelli in vacanza in Francia, sede tra giugno e luglio dei Campionati europei di calcio e del Tour de France, sui rischi di altri attentati durante “eventi importanti” e in “siti turistici”. In base alle informazioni rielaborate dalle agenzie USA, una vasta gamma di soft target (stadi, ristoranti, centri commerciali, trasporti, cinema, teatri e raduni di vario genere) sarebbero obiettivo sensibile per i terroristi. La notizia, confermata da tutte le principali strutture di intelligence continentali, è stata tuttavia ridimensionata nella sua portata. Infatti, secondo il Direttore del Servizio centrale anti-terrorismo dell’Italia, Lamberto Giannini, «esiste un’attenzione elevata ma non vi sono segnali specifici né evidenze particolari» in merito. Nel frattempo in Ucraina, un cittadino francese di estrema destra, originario della Lorena, è stato arrestato il 21 maggio dalle autorità locali durante un’ispezione al checkpoint di Yahodyn, al confine con la Polonia. Vasily Gritsak, Direttore della Sluzhba Bezpeky Ukrayiny (SBU, i Servizi di Sicurezza ucraini), ha spiegato in un’intervista alla televisione transalpina BFM TV che l’uomo arrestato pianificava almeno 15 attentati contro siti di massima rilevanza in Francia (tra cui una moschea, una sinagoga, un ufficio di riscossione delle imposte, aree pubbliche riservate ad Euro 2016, veicoli della polizia), da effettuare presumibilmente durante i Campionati europei di calcio. L’uomo – ha spiegato ancora Gritsak – sarebbe stato mosso da «sentimenti di forte contrarietà nei riguardi della politica del suo governo su immigrati, Islam e globalizzazione». Fin dal dicembre 2015, il soggetto era entrato in contatto con i gruppi ribelli del Donbass, riuscendo ad acquisire un vero e proprio arsenale militare: 125 Kg di tritolo, 5 kalashnikov, 5.000 proiettili, due lanciagranate anti-carro, 100 detonatori e 20 passamontagna. Pur confermando l’arresto dell’uomo, le autorità francesi hanno tuttavia spiegato che la «notizia [è] da prendere con estrema cautela», poiché, a loro dire, desta più di qualche perplessità, per quanto preparato ed esperto in tali operazioni, l’eventuale attuazione di attacchi multipli da parte di un solo soggetto. Ad ogni modo l’allerta è massima nel Paese, come confermato anche dal Presidente François Hollande, alle prese anche con i problemi degli scioperi sociali a seguito della proposta di revisione della legge sul lavoro. Per sventare qualsiasi tipo di minaccia terroristica in Francia, il governo ha deciso di

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schierare nelle 10 città che ospiteranno Euro 2016 circa 100.000 uomini della sicurezza (42.000 poliziotti, 30.000 gendarmi, 12.000 guardie giurate e 10.000 militari). Massima allerta verrà rivolta nei confronti dei siti reputati sensibili e della rete dei trasporti, possibili target da parte dei terroristi.

LE MISURE DI PREVENZIONE TERRORISTICA FRANCESI – FONTE: ISPI/IMERICA (INFOGRAFICA COMPLETA AL SEGUENTE LINK)

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GIORDANIA, 29 MAGGIO-6 GIUGNO ↴ Come previsto dalla nuova e sempre più complessa legge

elettorale

Abdullah

II

ha

approvata

lo

annunciato

scorso lo

marzo,

scioglimento

Re del

Parlamento e del governo guidato da Abdullah Ensour. Al suo posto è stato nominato Hani Mulki, che traghetterà il Paese a nuove elezioni entro i prossimi quattro mesi (presumibilmente intorno al 20 settembre) come previsto dalla Costituzione. La decisione è il coronamento di un percorso più ampio di revisione costituzionale sorto all’indomani di vaste proteste di piazza, che si susseguivano da oltre un anno, e di richieste riformiste in senso maggiormente democratico. Nonostante l’importante tentativo, gli oppositori alla nuova legge elettorale hanno affermato che essa continuerà a garantire ampio potere ai clan e alle tribù, particolarmente quelle fedeli al Re e al governo, continuando a limitare la rappresentanza politica dei transgiordani (i giordani di origine palestinese), che rappresentano ormai oltre il 60% della popolazione totale. Le priorità del nuovo Premier, a livello di politica interna, saranno l’incentivazione degli investimenti interni e la riduzione del debito pubblico (attualmente al 93,8% del PIL), strumenti utili a rilanciare la stagnate economia giordana, in crisi per le conseguenze della guerra civile siriana, per l’ascesa dello Stato Islamico tra Siria e Iraq e, non ultimo, per l’afflusso notevole di immigrati all’interno dei propri confini. Sul versante esterno è invece viva la necessità di assicurarsi importanti partner, in particolare riallacciando i rapporti con Israele e rafforzando quelli, già vivi, con l’Arabia Saudita: scelte geopolitiche necessarie in considerazione dell’elevata vulnerabilità del Paese, attorniato, appunto, da crisi e focolai di tensione. Intanto, il 6 giugno almeno cinque persone, fra cui due ufficiali, sono state uccise in un attacco contro una caserma dell’intelligence nel nord del Paese, al confine con la Siria, presso il campo profughi di Buqaa. L’azione è stata condotta alle prime ore del mattino da miliziani armati di mitragliatori automatici e bombe a mano. Al momento non ci sono state rivendicazioni ufficiali.

KAZAKISTAN, 5 GIUGNO ↴ Un commando di uomini non meglio identificati ha fatto irruzione in due negozi di armi, per poi attaccare una postazione militare e ingaggiare un violento scontro a fuoco con le forze di polizia locali ad Aktobe, città nel nord-ovest del Kazakistan a 100 Km dal confine con la Russia. Nello scontro a fuoco sono stati uccisi i 6 attentatori, mentre i feriti sono almeno 11. Il bilancio tuttavia è destinato a crescere – attualmente si contano 18 vittime – a seguito 7


dell’avvio di operazioni di counterterrorism da parte della polizia e dell’esercito in tutto il territorio nazionale. Secondo il portavoce del Ministero dell’Interno, gli uomini armati non sarebbero normali criminali ma appartenenti «a movimenti religiosi radicali e non tradizionali». Infatti, sebbene in un primo momento le autorità kazake avessero indirizzato le proprie attenzioni nei confronti di realtà jihadiste consolidate e attive da tempo nel Paese e in tutta l’Asia Centrale, come il Movimento Islamico dell’Uzbekistan (MIU) e l’Unione dei Mujaheddin dell’Asia Centrale (UMAC), la rivendicazione dell’attacco da parte del gruppo Armata di Liberazione del Kazakistan (ALK) – organizzazione pressoché sconosciuta al governo che avrebbe come obiettivo finale della propria azione la destituzione, anche con fini violenti, del regime del Presidente Nursultan Nazarbayev, al potere del Paese dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica – ha colto di sorpresa le istituzioni di Astana. Al di là della qualificazione dell’atto come terrorismo e del ripetersi dell’azione in Aktobe – già teatro nel 2011 di un altro attentato –, non esistono al momento informazioni precise o accreditabili di una certa veridicità sul gruppo. Secondo alcuni analisti, l’organizzazione potrebbe essere una sorta di offshoot del MIU e dell’UMAC, che convoglierebbe al suo interno gli scontenti delle due leadership e/o alcuni avventuristi in cerca di nuova visibilità nel panorama estremista locale. Una situazione tale che potrebbe di fatto condurre ad un nuovo frazionamento del quadro jihadista transnazionale centro-asiatico, alimentando e rendendo il livello di minaccia terroristica in Kazakistan e nell’area ancor meno decifrabile che in passato.

ISRAELE, 8 GIUGNO ↴ A Tel Aviv, due uomini hanno aperto il fuoco contro la clientela del ristorante “Sarona Market”, non distante dai palazzi del Ministero della Difesa israeliano, uccidendo quattro persone e ferendone sedici. Gli attentatori sono due cugini palestinesi provenienti da Yatta, villaggio nelle vicinanze di Hebron, in Cisgiordania: uno è morto, colpito durante la fuga, mentre l’altro è stato arrestato. Il bilancio delle vittime sarebbe potuto essere assai più ingente: le armi dei due assalitori, probabilemente riproduzioni artigianali della mitraglietta svedese “Carl Gustav m/45”, diffusa in Medio Oriente negli anni Cinquanta, hanno infatti smesso improvvisamente di funzionare. Sebbene l’esecutivo abbia immediatamente individuato in Hamas il responsabile dell’atto terroristico, l’organizzazione al potere nella Striscia di Gaza dal 2005 ha negato qualsiasi suo coinvolgimento. Tuttavia la dirigenza del gruppo si è complimentata con gli assalitori per l’attentato definendolo, come altre volte in passato, «un atto eroico». Benché non vi siano dirette e dimostrate correlazioni tra l’atto e un coinvolgimento o una regia esterna di Hamas, è in ogni modo reale la presenza, da alcuni anni ormai, dell’organizzazione in Cisgiordania, in particolare, nell’area di Hebron, storicamente una zona di forti tensioni tra ebrei e palestinesi e 8


di atti di terrorismo da ambo le parti. In quest’area uomini di Hamas appunto avrebbero stretto alleanze operative con la tribù araba dei Qawasameh, già al centro di numerose indagini di polizia israeliana per questioni riguardanti la criminalità locale e da parte dello Shin Bet in quanto, appunto, coinvolta in operazioni di terrorismo contro la popolazione ebraica. Infatti, uomini della tribù Qawasameh hanno rapito e ucciso nel giugno-luglio 2014, tre ragazzini israeliani a Yeshiva, dando origine poche giorni dopo il ritrovamento dei loro cadaveri all’ultima guerra nella Striscia di Gaza tra Hamas e Israele. La reazione del governo di Tel Aviv è stata immediata e ha portato al varo di misure straordinarie che sospendono i permessi di ingresso a tutti i cittadini palestinesi nei territori israeliani, esclusi i casi di emergenza sanitaria o umanitaria. Un simile provvedimento è in linea con la posizione sempre più conservatrice assunta dall’esecutivo e dal Premier Benjamin Netanyahu, che prosegue nella sua linea di assoluta intransigenza, sia nei confronti dei rapporti con i palestinesi, sia nei riguardi delle forze politiche di opposizione.

LIBIA, 10 GIUGNO ↴ Continua l’offensiva su Sirte da parte delle forze di Misurata

e

Tripoli.

Il

portavoce

dell’esercito

di

Misurata, alleato del governo di unità nazionale di Tripoli, Mohamed al-Gasri, ha dichiarato che la liberazione della città è ormai soltanto questione di giorni. Le forze di Misurata hanno, infatti, il controllo sia degli accessi marittimi di Sirte sia delle zone limitrofe alla città, compreso il campo militare di Taqreft, il campo al-Jalett, l’area Abou Hadi e il ponte al-Ghorbyat. I miliziani dello Stato Islamico (IS) sono assediati nella sala congressi di Ougadougou, quartier generale di DAESH a Sirte. Secondo fonti locali vi sarebbero state molte perdite tra le fila dell’IS e molti degli jihadisti, di fronte all’offensiva militare subita, avrebbero cercato di scappare via mare mentre altri avrebbero tentato di confondersi con la popolazione locale. Sul fronte politico rimangono ancora tesi i rapporti tra Tripoli e Tobruk che ora si fanno guerra anche tramite le banconote: la testata britannica The Guardian ha riportato la notizia secondo la quale nell’est, controllato da Tobruk, le banche abbiano iniziato, a partire dal 3 giugno, ad usare nuove banconote stampate in Russia. Sadiq al-Kabir, governatore della Banca Centrale di Tripoli, ha chiesto al Consiglio presidenziale libico di vietare che le nuove banconote dell’est vengano messe in circolazione. L’azione di Tobruk sarebbe infatti illegale, illegittima ed, esacerbando lo scontro tra i due governi, non farebbe che rafforzare la tensione e la divisione della Libia. Altro punto di scontro è stata la decisione della Lega Araba, presa nella riunione di fine maggio tenutasi al Cairo, di riconoscere come legittimo il governo di Tripoli affidando a questo il seggio libico all’interno degli organismi della Lega. Da sottolineare, infine, l’incontro tra il Ministro della Difesa libico, Mahdi al-Barghouti, e il capo della missione russa in Libia, Ivan Molotkov, durante il quale vi sarebbe stata una richiesta da parte del 9


governo di Tripoli a Mosca di assistenza militare, nei termini di formazione e addestramento, per l’esercito libico fedele a Tripoli. Molotkov ha incontrato anche il Premier Fayez al-Serraj, al quale avrebbe precisato che da parte russa non potrà mai esserci un governo legittimo finché non vi sarà un riconoscimento da parte del Parlamento di Tobruk.

STATI UNITI, 6-7 GIUGNO ↴ Hillary Clinton ha raggiunto i 2.383 delegati necessari per

la

candidatura

automatica

per

il

Partito

Democratico e sarà la prima donna a correre per la Casa Bianca nella storia degli Stati Uniti. La vittoria nelle primarie a Porto Rico e nelle Isole Vergini, nonché l’appoggio di alcuni superdelegati si sono dimostrati fattori decisivi per consentire all’ex First Lady di raggiungere il quorum prima ancora delle votazioni decisive tenutesi il 7 giugno in California, Nord e Sud Dakota, Montana, New Jersey e New Mexico. In questo penultimo round di primarie (l’ultimo in programma il 24 giugno a Washington DC), la Clinton ha ottenuto vittorie in California, New Jersey, New Mexico e Sud Dakota, mentre Bernie Sanders ha ottenuto la maggioranza delle preferenze in Montana e Nord Dakota. Benché sconfitto e nonostante gli inviti di Obama al ritiro in favore dell’unità del partito, il Senatore del Vermont ha dichiarato di non volersi ritirare dalla corsa presidenziale e di proseguire la propria candidatura fino alla Convention democratica del 25-28 luglio di Philadelphia. Sul versante repubblicano, Donald Trump ha vinto con larghi consensi in tutti gli Stati chiamati al voto, ma il vespaio di polemiche seguito alle sue dichiarazioni sulla provenienza etnica del giudice Gonzalo Curiel, incaricato di giudicare sulle presunte truffe alla Trump University, hanno indebolito la sua leadership. Secondo Trump, l’origine messicana del magistrato non consentirebbe a Curiel di essere imparziale dinnanzi alle idee e posizioni espresse dal tycoon in politica migratoria.

Dichiarazioni

criticate

anche

dallo

speaker

della

Camera

dei

Rappresentanti Paul Ryan, il repubblicano al momento di rango istituzionalmente più elevato, che ha bollato le esternazioni di Trump come “razziste”. Pur avendo colto solo in parte la richiesta di maggiore moderazione lanciata dal leader repubblicano, dichiarando, nel suo ultimo discorso pubblico, di voler smorzare i toni e di voler rendere fieri i propri sostenitori per la scelta da loro compiuta, “The Donald” ha anche ammesso di aver in programma un prossimo intervento nel quale non lesinerà gli attacchi contro la sfidante democratica Clinton. L’esigenza di unire il partito alle proprie spalle, dunque, è una questione fondamentale per entrambi i candidati in vista della campagna presidenziale, i cui toni difficilmente si abbasseranno nelle prossime settimane.

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TURCHIA, 7-8 GIUGNO ↴ Il centro di Istanbul è stato scosso da un attentato che ha causato 12 morti e 42 feriti. La bomba, piazzata all’interno di un’automobile, è stata fatta esplodere al passaggio di un autobus della polizia anti-sommossa turca. L’attentato è stato rivendicato dal gruppo dei Falconi per la liberazione del Kurdistan (TAK). A sole 24 ore dall’episodio, un altro attentato, messo in atto con modalità molto simili al primo, ha provocato altre 5 vittime e circa 30 feriti. Quest’ultimo ha avuto luogo nella città di Midyat, nella provincia di Mardin, a circa 20 Km dal confine siriano. L’obiettivo dell’attentato, rivendicato il giorno seguente dal PKK, sono state, ancora una volta, le forze di polizia turche. Intanto, nonostante le richieste da parte dell’UE rivolte alla Turchia di rivedere le proprie leggi in materia di anti-terrorismo, Recep Tayyip Erdoğan continua il proprio progetto di rafforzamento in senso presidenziale del regime di governo tramite una strategia volta a contenere le opposizioni. Così il Presidente turco ha annunciato che il Consiglio di Sicurezza Nazionale (MGK), riunitosi il 30 maggio sotto la sua stessa presidenza, ha deciso di qualificare il movimento Hizmet, che fa riferimento al predicatore turco in esilio negli Stati Uniti, Fethullah Gülen, come “movimento terrorista alla stregua del PKK”. Nurullah Albayrak, avvocato di Gülen, ha parlato di una decisione “assurda”: non vi sono prove, infatti, che il movimento Hizmet abbia mai fatto uso di violenza o di metodi coercitivi. Il movimento ispirato da Gülen è stato preso di mira a partire dal 2013 a seguito delle inchieste avviate dalla magistratura in relazione ad episodi di corruzione nei centri di potere turchi; Erdoğan è, infatti, convinto che i sostenitori di Hizmet, presenti nella magistratura e nelle forze dell’ordine, stiano attentando al suo governo dall’interno. Negli scorsi giorni tutte le strutture appartenenti al gruppo Hizmet sono state requisite e circa 700 civili presumibilmente collegati al gruppo sono stati arrestati e posti in stato di fermo in attesa di un processo.

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ALTRE DAL MONDO AF-PAK, 31MAGGIO – 5 GIUGNO ↴ Dopo l’uccisione lo scorso 25 maggio del Mullah Akhtar Mansour, guida politica e spirituale dei talebani, tra Afghanistan e Pakistan sono stati compiuti una serie di attentati da parte dello stesso gruppo. I più rilevanti hanno causato la morte di due soldati e il ferimento di altri tre nella zona di Baizai e l’uccisione di 5 militari nel distretto di Mohmand Agency. I talebani hanno inoltre rivendicato la morte di 12 persone a seguito di un attentato contro quattro autobus civili nei pressi dell’Ali Abad District. Infine, il più recente riguarda l’uccisione del parlamentare Sher Wali Wardak lo scorso 5 giugno. Il gruppo avrebbe rivendicato l’attacco come una risposta politica all’uccisione da parte del governo di sei prigionieri talebani. Sembrerebbe, infatti, che il dialogo per la pace tra il governo afghano e il gruppo insorgente sia attualmente in una fase di stallo.

ALGERIA, 29-31 MAGGIO ↴ L’intelligence algerina ha completato una vasta operazione anti-terrorismo nelle foreste del massiccio di Errich, nei pressi del villaggio di Imouhsidhen, nel nord del Paese. L’impiego di oltre 4.000 militari ha garantito la neutralizzazione di un gruppo di terroristi legati ai battaglioni el-Farouk ed el-Ghoraba, già affiliati ad al-Qaeda nel Maghreb Islamico (AQIM) e operativi a nord-est, nelle zone di Lakhdaria e Tizi Ouzou. Si tratterebbe di un gruppo fuoriuscito da AQIM e confluito in Jund al-Khalifa, l’organizzazione terroristica algerina che ha giurato fedeltà al Califfato in seguito all’uccisione del turista francese Hervè Pierre Gourdel, decapitato nel settembre del 2014. Secondo fonti governative, nell’operazione sarebbero stati uccisi almeno dieci terroristi e altrettanti sarebbero stati arrestati.

FILIPPINE, 27-30 MAGGIO ↴ Il portavoce regionale dell’esercito delle Filippine, il maggiore Filemon Tan, ha comunicato alla stampa che le forze di sicurezza nazionali hanno intrapreso una serie di operazioni, durate più di tre giorni, contro alcuni miliziani islamici appartenenti al gruppo Maute. Gli scontri sono avvenuti nell’area di Lanao del Sur, situata nel sud del Paese nella regione autonoma di Mindanao, dove il gruppo Maute, il mese precedente, aveva rapito e decapitato due lavoratori dell’industria del legno. Il bilancio finale degli scontri è di 54 morti tra i miliziani islamici e due tra i soldati. Il gruppo Maute, al pari di alcuni rappresentanti del principale gruppo ribelle filippino Abu Sayyaf, ha dichiarato fedeltà allo Stato Islamico.

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GERMANIA-TURCHIA, 2 GIUGNO ↴ Con un solo voto contrario e un astenuto, il Bundestag tedesco ha approvato una mozione – presentata congiuntamente da CDU, SPD e Verdi – che definisce come “genocidio” l’uccisione di 1,5 milioni di armeni da parte dall’Impero Ottomano tra il 1915 e il 1916. Sebbene a livello internazionale già 29 Stati (oltre all’Unione Europea complessivamente) riconoscano tale crimine, la decisione tedesca ha suscitato le dure reazioni da parte di Ankara, che ha richiamato il proprio Ambasciatore a Berlino e ha minacciato ulteriori ritorsioni contro la Germania. Al contrario non appare plausibile ritenere che lo strappo diplomatico possa sortire effetti sul recente accordo tra Turchia e UE sulla gestione dei flussi migratori. L’assenza in sede di voto del Cancelliere Merkel – che ha inoltre dichiarato come le relazioni bilaterali tra i due Paesi siano straordinariamente estese –, e le critiche nei confronti del testo anche da parte del Ministro degli Esteri Frank-Walter Steinmeier, sembrano piuttosto inquadrare la faccenda in uno scenario di politica interna della Germania.

ITALIA, 7 GIUGNO ↴ Una donna italiana convertita all’Islam e il marito, un cittadino tunisino, sono stati arrestati a Brescia dalla DIGOS locale e dalla Polizia di Stato, su mandato della Procura bresciana, con le accuse di arruolamento con finalità di terrorismo. Dopo l’arresto, il Ministero dell’Interno ha espulso dall’Italia l’uomo per ragioni di sicurezza con effetto immediato. Gli inquirenti, che stavano indagando sulla coppia da oltre un anno, hanno fermato i due soggetti poco prima che partissero per la Siria, confermando l’esistenza di un fenomeno rimasto ancora marginale in Italia, ossia quello dell’arruolamento di soggetti convertiti e potenzialmente radicalizzati che vanno nei territori siro-iracheni per combattere il jihad tra le fila dello Stato Islamico.

MALI, 29 MAGGIO -10 GIUGNO ↴ A pochi giorni di distanza uno dall’altro, la missione delle Nazioni Unite in Mali (MINUSMA) è stata oggetto di due attentati terroristici: lo scorso 29 maggio almeno cinque militari sono morti in un’imboscata nella regione di Mopti, nel centro del Paese, mentre lo scorso 31 maggio il centro della missione a Gao, nel nord del Mali, e la sede del Servizio di lotta alle mine, istituto partner delle Nazioni Unite, sono stati presi d’assalto da un gruppo di uomini armati appartenenti ad AQIM (ramo di alQaeda nel Maghreb islamico), provocando la morte di un peacekeeper di nazionalità cinese e di tre civili. Forze congiunte francesi e della MINUSMA sono stazionate nel nord del Mali da ormai 3 anni, da quando i ribelli tuareg e separatisti dell’Azawad (il nord del Mali) si sono uniti ai jihadisti negli sforzi offensivi per sottrarre la regione al controllo del governo di Bamako. Nell’ultimo anno i militanti hanno messo a segno un’impressionante serie di attacchi principalmente nel nord del Paese. Nel solo mese di maggio, 12 caschi blu della missione MINUSMA sono stati uccisi. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha chiesto l’invio suppletivo di 2.500 uomini per rafforzare la presenza delle truppe della missione. Secondo quanto riferito dal 13


portavoce del Segretario Generale, Stephane Dujarric, i rinforzi dovrebbero includere una forza di reazione rapida, una divisione aerea e degli specialisti in convogli ad alta sicurezza. Alla fine di questo mese, il Consiglio di Sicurezza sarà chiamato a decidere sulla suddetta richiesta.

NATO, 5 GIUGNO ↴ Ha preso il via in Polonia una delle maggiori esercitazioni militari condotte dalla NATO dalla fine della Guerra Fredda. “Anakonda-16”, questo è il suo nome, durerà fino al 20 giugno e coinvolge oltre 30.000 soldati provenienti da 19 Paesi membri dell’Alleanza Atlantica e 5 Stati partner, tra cui Ucraina e Georgia. Mosca non ha tardato a esprimere la propria contrarietà a manovre che, a suo dire, sono destabilizzanti per l’Europa e costituiscono una provocazione nei confronti della Russia stessa. Le ha risposto il Comandante dell’esercito USA in Europa, il Generale Ben Hodges, affermando che le prime provocazioni sono state a firma russa proprio in Georgia nel 2008 e più recentemente in Ucraina.

PERÙ, 5 GIUGNO ↴ Dopo quasi una settimana di attento conteggio dei voti, la Commissione elettorale peruviana ha ufficialmente proclamato Pedro Pablo Kuczynski, ex economista della Banca Mondiale e già Ministro delle Finanze con Alejandro Toledo (2001-2006), vincitore del ballottaggio nelle elezioni presidenziali. Kuczynski ha vinto di misura (50,12% vs 49,88%), battendo a sorpresa con uno scarto dello 0,24% Keiko Fujimori, la figlia dell’ex dittatore di origine giapponese Alberto. La Fujimori è stata a lungo in testa nei sondaggi nazionali, nonché è stata la netta vincitrice del primo turno del 10 aprile scorso con oltre il 40% delle preferenze. Kuczynski, che si insedierà il prossimo 28 giugno per un mandato di cinque anni, dovrà governare con una maggioranza estremamente debole e un Parlamento pressoché controllato dall’opposizione della Fujimori – il suo partito è risultato il più votato in termini di maggioranza relativa. Al centro del mandato politico del neo Presidente vi saranno un’implementazione dell’agenda liberista – in continuità, dunque, con quanto fatto dai suoi predecessori –, una decisa lotta alla corruzione e un tentativo di ridurre in maniera vigorosa le diseguaglianze sociali.

POLONIA, 1° GIUGNO ↴ Con l’invio dell’official warning, l’Unione Europea ha aperto la procedura di infrazione nei confronti della Polonia a seguito dell’approvazione della legge che affida al Ministro del Tesoro la nomina delle direzioni delle emittenti radiotelevisive pubbliche. La vicenda si inscrive nel contesto di crescenti tensioni tra Bruxelles e Varsavia circa i rischi connessi a quest’ultima di un possibile indebolimento dello Stato di diritto: sin dalle elezioni dello scorso ottobre, infatti, l’UE ha ripetutamente espresso preoccupa-

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zione verso le riforme varate dal governo nazional conservatore, tra le quali il permesso per la polizia di effettuare controlli della rete Internet senza mandato della magistratura, la modifica alla legge che disciplina il funzionamento della Corte Costituzionale (provvedimento intorno al quale si snoda un braccio di ferro tra le istituzioni polacche) e la proibizione totale dell’aborto.

RUSSIA-ISRAELE, 7 GIUGNO ↴ In occasione del Vertice a Mosca tra il Presidente russo Vladimir Putin e il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu – il secondo in meno di dodici mesi – per celebrare il 25° anniversario della ripresa delle relazioni diplomatiche, le parti hanno firmato accordi bilaterali su pensioni (che riguarderebbero gli 1,5 milioni di cittadini russi ed ex sovietici emigrati dall’URSS verso lo Stato ebraico prima del 1992) ed energia, nonché discusso della possibile instaurazione di una zona di libero scambio tra l’Unione Economica Eurasiatica e Israele. La dichiarazione del Presidente russo di favorire il processo di riconciliazione tra Tel Aviv e Ankara (accomunati da reciproci interessi commerciali ed energetici nonostante le inconciliabili posizioni sul contrabbando di armi verso Hamas e Hezbollah) risulta controversa nel contesto dell’inasprimento delle relazioni tra Russia e Turchia (dovuto a questioni relative a curdi e Stato Islamico, nonché all’abbattimento del caccia russo lo scorso novembre), ma riflette la volontà del Cremlino di essere percepito come un attore globale in grado di mantenere rapporti funzionanti e di ridurre le tensioni regionali in un contesto in cui ambisce ad accrescere la propria influenza.

SOMALIA, 9 GIUGNO ↴ Una base usata da truppe etiopi in Somalia è stata presa d’assalto da un gruppo armato appartenente ad al-Shabaab. Il commando ha fatto irruzione nella base di Halgan, 300 Km a nord della capitale Mogadiscio, dopo aver lanciato un’autobomba all’ingresso. Lo scontro a fuoco che ne è seguito ha provocato la morte di oltre un centinaio di militari etiopi. I soldati facevano parte del contingente dell’AMISOM, la missione dell’Unione Africana composta da 22.000 unità che ha l’incarico di ristabilire la sicurezza in Somalia, devastata da oltre due decenni di guerra civile. L’Etiopia è uno dei cinque Paesi che contribuiscono con i propri soldati alla missione ed è la prima volta che la loro base viene attaccata dai jihadisti. Dal giugno dello scorso anno, alShabaab ha assaltato tre basi dell’Unione Africana uccidendo 54 soldati del Burundi a Leego, 19 dell’Uganda a Jannaale e oltre 100 militari del Kenya a el-Ade, nel sud del Paese.

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ANALISI E COMMENTI LA PARTITA DEL QATAR IN MEDIO ORIENTE: LE RELAZIONI CON LA TURCHIA LORENZO MARINONE ↴ Nel marzo del 2014 Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti (EAU) e Bahrain interruppero bruscamente i rapporti diplomatici con il Qatar decretando il ritiro degli Ambasciatori. Ufficialmente la motivazione addotta verteva sulle indebite ingerenze dell’Emirato nei loro affari interni. Lo strappo fu ricucito 8 mesi più tardi. Non si trattava, ad ogni modo, di un evento inedito: già tra il 2002 e il 2007 l’Arabia Saudita aveva ritirato l’Ambasciatore a causa delle ripetute critiche a Riyadh trasmesse dal canale satellitare al-Jazeera, di base a Doha e principale veicolo del soft power qatarino. Queste frizioni mettono in luce quanto le relazioni bilaterali tra le monarchie gemelle del Golfo e il Qatar siano tradizionalmente connotate da un andamento altalenante, marcato dalla precisa volontà di Doha di non allinearsi supinamente alle posizioni e agli interessi regionali dell’Arabia Saudita, gigante sunnita e principale competitor dell’Iran nell’area (…) SEGUE >>>

LE AMBIZIONI DI ERDOĞAN NELLA TURCHIA IN CAMBIAMENTO ALBERTO GASPARETTO ↴ Le elezioni parlamentari del giugno 2015 in Turchia avevano decretato una situazione di stallo politico: nessuno dei partiti – nemmeno l’AK Parti (o AKP, Partito per la Giustizia e lo Sviluppo) di Recep Tayyp Erdoğan che aveva vinto le precedenti tre tornate elettorali (2002, 2007, 2011) – aveva ottenuto la maggioranza assoluta per formare un nuovo governo. I tentativi di creare comunque una compagine politica per sostenere un esecutivo sono tuttavia falliti e il Presidente Erdoğan si è trovato costretto ad indire nuove elezioni per il mese di novembre. In questa occasione l’AKP ha stravinto ottenendo il 49,5% dei voti, tradotti in 317 seggi, la maggioranza assoluta. Ora può governare da solo e Erdoğan si appresta a divenire quel “sovrano” incontrastato che può scegliere la forma del sistema politico-istituzionale che più lo aggrada o identifica. Rispetto alle elezioni dello scorso anno, lo scenario politico è davvero cambiato. In quella tornata, il grande vincitore era stato l’HDP, il partito filocurdo che, con il 13,12% dei voti, aveva ottenuto gli stessi parlamentari del terzo classificato, il nazionalista MHP (16,29%) (…) SEGUE >>>

A cura di OSSERVATORIO DI POLITICA INTERNAZIONALE Ente di ricerca di “BLOGLOBAL-LO SGUARDO SUL MONDO” Associazione culturale per la promozione della conoscenza della politica internazionale C.F. 98099880787 www.bloglobal.net

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